Contract
La riforma normativa attuata con il c.d. Jobs Act ha ribadito con il decreto legislativo 81/15 come nel nostro ordinamento “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
Uno degli interventi normativi più importanti avvenuti sulla normativa del contratto a tempo indeterminato è sicuramente il decreto legislativo 23/15. Quest’ultimo ha introdotto nel nostro ordinamento il c.d. “contratto a tutele crescenti” che ha previsto nuove regole relativamente alla risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato superando in parte il sistema di tutele storicamente previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il decreto 23 introduce una modalità di calcolo che da dei criteri per definire a priori l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato per motivi economici.
Alcune delle novità introdotte con il decreto n. 23/15 sono state in parte riviste con il D.L. 12 luglio 2018 n. 87 (convertito nella L. 9 agosto 2018 n. 96) che ha modificato il testo del D.Lgs. 23/2015 innalzando il valori di riferimento per il calcolo dell’indennità da dare al lavoratore in caso licenziamento per motivi economici. Su questa modalità di calcolo dell’indennità è inoltre intervenuta anche la Corte Costituzionale1 che ha dichiarato illegittima la parte dell’art. 3 in cui viene definita la suddetta modalità di calcolo dell’indennità.
1.2 La risoluzione
Nel contratto a tempo indeterminato, non essendoci una durata predefinita, uno degli aspetti più importanti, soprattutto dal punto di vista di un eventuale contenzioso, è sicuramente rappresentato dal momento della risoluzione del contratto, evento sul quale vale quindi la pena soffermarsi. Nel nostro ordinamento, infatti, solo nel caso di contratto a termine le parti convengono una durata predeterminata al cui avverarsi il rapporto di lavoro si risolve automaticamente.
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, come tutti i contratti, può essere risolto su iniziativa congiunta delle parti o per volontà di una delle singole parti contrattuali.
Vediamo sinteticamente le diverse possibilità di risoluzione:
1.2.1 Risoluzione consensuale
Lavoratore e Datore convengono di comune accordo di sciogliere il contratto di lavoro, ne definiscono le tempistiche e si liberano di ogni onere legato al periodo di preavviso.
1.2.2 Recesso di una delle parti
a) Recesso del Dipendente: dimissioni
Il lavoratore recede dal rapporto per propria volontà nei termini del preavviso contrattualmente previsto. Vi può anche essere l’ipotesi delle dimissioni date per giusta causa, in tal caso, il lavoratore recede dal rapporto volontariamente ma per motivi che la legge o i contratti collettivi reputano a questi non imputabili (per es. trasferimento a sede distante oltre 50 km dalla residenza oppure mancata erogazione della retribuzione oltre certi termini previsti dal CCNL, etc.).
Si ricorda che sia nel caso di risoluzione consensuale che in quello di dimissioni il lavoratore dovrà effettuare l’apposita procedura on line prevista dal decreto del Ministero del Lavoro del 15 dicembre 2015.2
La procedura on line si applica a tutti i rapporti ad eccezione delle dimissioni/risoluzione consensuale avvenute:
• in sedi protette ex art. 2113 c.c. ovvero davanti alle commissioni di certificazione;
• durante il periodo di prova;
• nel lavoro domestico;
• da parte di lavoratori con bambini fino ai 3 anni di età, per i quali rimane l’obbligo di convalida presso l’Ispettorato territoriale del lavoro;
• nel lavoro marittimo.
b) Recesso del Datore di lavoro: licenziamento
Licenziamento “individuale”
1. per giustificato motivo oggettivo: il Datore recede il rapporto nei termini del preavviso contrattualmente previsto a fronte di oggettive motivazioni non imputabili al lavoratore (es. criticità economiche, soppressione della posizione, riorganizzazione di funzioni ecc.);
2. per giustificato motivo soggettivo: il Datore recede il rapporto, nei termini del preavviso contrattualmente previsto, a fronte di motivazioni riconducibili al Dipendente;
3. per giusta causa: il Datore recede il rapporto a fronte gravi/gravissime motivazioni riconducibili al Dipendente, non è previsto il preavviso a causa della gravità delle ragioni che hanno portato al recesso.
Licenziamento “collettivo”
Si verifica qualora il Datore che occupa più di 15 dipendenti, in applicazione della norma di riferimento e delle procedure previste dalla Legge L. 223/91, intenda licenziare almeno 5 lavoratori, nell'arco di 120 giorni, in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività o di lavoro, o quando lo stesso intenda cessare l’attività.
Al termine della procedura di legge, in assenza di diverso accordo con le Organizzazioni Sindacali di riferimento il criterio di scelta dei lavoratori il cui rapporto cesserà nei termini del preavviso contrattualmente previsto, sarà determinato dall’applicazione in concorso tra loro di tre criteri: anzianità, carichi di famiglia e esigenze tecnico produttive ed organizzative.
Per quanto attiene le conseguenze del provvedimento di recesso da parte del datore impugnato e sottoposto a giudizio opera una normativa complessa ed articolata recentemente sostanzialmente modificata dalla nuova disciplina del lavoro “Jobs Act”.