Corso di Laurea Magistrale
Corso di Laurea Magistrale
Amministrazione Finanza e Controllo. Consulenza Amministrativa.
Il Contratto a Progetto alla luce della Riforma Fornero.
Relatore
Ch. Xxxx. Xxxxx Xxxxx
Laureando Xxxxxxx Xxxxxx Matricola 822832
Anno Accademico 2012/2013
IL CONTRATTO A PROGETTO ALLA LUCE DELLA RIFORMA FORNERO | |
Introduzione | 3 |
Capitolo 1. Tra Autonomia e subordinazione: la Parasubordinazione | 5 |
1.1 Lavoro subordinato e lavoro autonomo | 5 |
1.1.2 La bipartizione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato | 7 |
1.2 Il mercato del lavoro flessibile | 10 |
1.2.1 Riflessioni sulle prospettive future delle tipologie di lavoro flessibile | 12 |
1.3 La parasubordinazione | 12 |
1.3.1 Le norme intervenute sulla parasubordinazione alla luce delle interpretazioni dottrinali | 14 |
1.3.2 La revisione del contratto di collaborazione: dalla Legge 14 febbraio 2003 n. 30 al Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276 | 16 |
1.3.3 La riforma Fornero Legge 92/2012 | 20 |
Capitolo 2. Contratto a Progetto. Inquadramento giuridico | 23 |
2.1 Premessa | 23 |
2.2 La definizione del lavoro a progetto. Le peculiarità del progetto | 24 |
2.2.1 L’oggetto sociale del committente | 27 |
2.2.2 Il requisito della coordinazione | 29 |
2.2.3 L’autonomia del lavoratore a progetto | 31 |
2.2.4 L’assegnazione di compiti non esecutivi e ripetitivi | 35 |
2.2.5 L’irrilevanza del tempo di lavoro | 38 |
2.3 La forma del contratto a progetto | 39 |
2.3.1 I requisiti del contratto: la durata | 41 |
2.3.2 I requisiti del contratto: la descrizione del progetto e il risultato finale | 43 |
2.3.3 I requisiti del contratto: il corrispettivo e i criteri per la sua individuazione | 44 |
2.3.4 I requisiti del contratto: il coordinamento tra committente e collaboratore | 44 |
2.3.5 I requisiti del contratto: tutela della salute e della sicurezza del collaboratore | 45 |
2.3.6 Effetti provocati dai vizi di forma | 46 |
2.4 Il corrispettivo dovuto al collaboratore a progetto | 47 |
2.5 L’obbligo di riservatezza | 50 |
2.6 Il diritto di invenzione | 55 |
2.7 I diritti connessi alla gravidanza, infortunio e malattia e sicurezza sul lavoro | 60 |
2.8 Estinzione del contratto e preavviso | 64 |
2.8.1 Estinzione del rapporto per giusta causa | 65 |
2.8.2 Estinzione del rapporto per oggettivi motivi di inidoneità | 67 |
2.9 Il regime sanzionatorio | 69 |
2.10Il nuovo regime delle partite IVA | 75 |
2.10.1 Il presupposto della durata della collaborazione | 77 |
2.10.2 Il presupposto del corrispettivo derivante dalla collaborazione | 78 |
2.10.3 Il presupposto della postazione fissa presso le sedi del committente | 81 |
2.10.4 Esclusione della presunzione | 82 |
Capitolo 3. Gli aspetti previdenziali fiscali e assicurativi del lavoro a progetto | 85 |
3.1 L’origine e l’evoluzione della Gestione separata | 85 |
3.2 Gli adempimenti del collaboratore a progetto | 87 |
3.3 Gli obblighi a carico del committente | 88 |
3.4 La contribuzione e le aliquote contributive | 90 |
3.5 Le prestazioni pensionistiche | 92 |
3.6 Le prestazioni temporanee o a sostegno del reddito | 96 |
Conclusioni | 103 |
Bibliografia | 106 |
Sitografia | 111 |
2
Introduzione
Ho deciso di affrontato il tema del lavoro a progetto, perché la recente Riforma ne ha modificato alcuni aspetti. Una considerazione in termini generali porta ad affermare che gli esperti abbiano opinioni discordanti sulle novità introdotte dalla nuova disciplina.
La Riforma del mercato del lavoro Legge 28 giugno 2012, n. 92, nota come “Riforma Fornero” è avvenuta in tempi molto rapidi. L’iter di approvazione del disegno di Xxxxx è stato largamente sostenuto dal voto favorevole della maggioranza parlamentare. La situazione di crisi del Paese ha contribuito a spingere il governo tecnico a intraprendere questa Riforma proponendola come necessaria per mantenere la competitività all’interno del mercato del lavoro dell’Unione Europea. In realtà, la tendenza è stata quella di restringere le tutele costituzionali, auspicando che un mercato del lavoro più libero e flessibile, facesse ripartire il Paese. Tale elaborato è un’analisi avente ad oggetto i cambiamenti apportati dalle nuove disposizioni in riferimento al contratto a progetto. Ho scelto di analizzare questa tipologia contrattuale poiché rappresenta uno dei modelli più diffusi per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Ho voluto, inoltre, evidenziare gli aspetti favorevoli e le criticità che possono insorgere con l’utilizzo di tale fattispecie.
Nel primo capitolo “Tra Autonomia e Subordinazione: la Parasubordinazione” ho voluto presentare gli aspetti peculiari del lavoro subordinato e del lavoro autonomo evidenziando le differenze tra le due macro aree. Ho approfondito la tesi, sollevando il problema che tutt’oggi sussiste nel mercato del lavoro, consistente nella dicotomia tra lavoro autonomo e subordinato. A seguito delle Riforma Biagi sono state introdotte varie forme di contratti atipici, volti a creare maggior flessibilità all’interno del mercato del
lavoro. Ho poi ripercorso, in sintesi, le norme intervenute per regolare la parasubordinazione alla luce delle interpretazioni fornite dalla dottrina.
Il corpo centrale della tesi è rappresentato dal secondo capitolo “Contratto a Progetto. Inquadramento giuridico.” L’obiettivo che mi son posta nella trattazione di tale argomento, è stato quello di analizzare gli elementi di novità introdotti dalla Riforma Fornero, confrontandoli con la precedente normativa. Si tratta di un’analisi dettagliata degli articoli dal 61 al 69-bis del Decreto Legislativo 276/2003, aggiornato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92. Ho via via esaminato gli elementi caratterizzanti la fattispecie del lavoro a progetto, la forma del contratto, il corrispettivo spettante al collaboratore a progetto, i diritti e gli obblighi cui è sottoposto, le cause che portano alla cessazione del rapporto ed infine il regime sanzionatorio previsto dagli articoli 69 e 69-bis.
Il terzo capitolo “Gli aspetti previdenziali e assicurativi del lavoro a progetto” chiarisce com’è regolato sotto il profilo previdenziale tale rapporto e ho delineato in questa parte gli adempimenti in capo al committente e al collaboratore. Vengono, inoltre, esaminate le tutele delle pensioni riconosciute ai soggetti iscritti alla Gestione separata, le prestazioni temporanee e a sostegno del reddito.
CAPITOLO 1 Tra Autonomia e Subordinazione: la Parasubordinazione.
1.1 Lavoro subordinato e lavoro autonomo.
Il codice civile stabilisce che tra datore di lavoro e prestatore possa instaurarsi un rapporto di subordinazione, ovvero un rapporto autonomo. La distinzione tra subordinazione e autonomia appare fondamentale per individuare il campo di applicazione della disciplina lavoristica.
L’art. 2094 c.c. – Libro V, Titolo II “Del lavoro nell’impresa” - definisce il prestatore di lavoro subordinato come il soggetto che presta la propria attività manuale o intellettuale in cambio di un'adeguata retribuzione. Il subordinato accetta di sottostare ai poteri tipici del datore di lavoro: il potere direttivo1, il potere di controllo2, e il potere disciplinare.3 Il rapporto di natura subordinata può essere individuato da alcuni elementi: l’oggetto della prestazione coincide con la forza lavorativa della persona; l’assenza di rischio economico; la continuità della prestazione intesa come disponibilità temporale del lavoratore; l’orario di svolgimento dell’attività espressione del potere organizzativo del datore di lavoro; il
luogo di lavoro stabilito dal soggetto a capo dell’organizzazione; la retribuzione in genere
1 Potere direttivo: assolve una duplice funzione: strumento di qualificazione del rapporto di lavoro subordinato e strumento di organizzazione del lavoro. Per un maggior approfondimento si rimanda agli articoli 2094 c.c., 2086 c.c., 2104 c.c.; XXXXX E., Diritto del lavoro, Bari, 2011.
2 Potere di controllo: la ratio è duplice: corretto adempimento della prestazione lavorativa e assicurare l’integrità del patrimonio aziendale. Per un maggior approfondimento si rimanda agli articoli 1,2,3,4,5,6 dello Stat. Lav.; XXXXX E., Diritto del lavoro, Bari, 2011.
3 Potere disciplinare: potere di adottare specifiche sanzioni nei confronti del dipendente che violi gli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà. Per un maggior approfondimento si rimanda all’art 2106c.c., art. 7 Stat. Lav.; XXXXX E., Diritto del lavoro, Bari, 2011.
elargita ad intervalli periodici solitamente mensili ed infine la distribuzione da parte del titolare degli strumenti di lavoro necessari al dipendente. La subordinazione è l’elemento cardine che contraddistingue un rapporto di lavoro autonomo da quello subordinato, questo è stato confermato dalla Corte di Cassazione: “occorre accertare l’esistenza del vincolo di subordinazione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, e disciplinare del datore di lavoro, potere che comporta l’emanazione di ordini specifici, oltre l’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative.” 4 Analizzando attentamente l’art. 2094 c.c., si possono evidenziare due termini che qualificano il lavoro subordinato: la collaborazione e la dipendenza.
La “collaborazione” non è una caratteristica esclusiva che contraddistingue il rapporto subordinato, poiché anche il lavoratore autonomo può collaborare con il committente e ancor più il collaboratore coordinato e continuativo. Il concetto di “collaborazione” non è da solo sufficiente a definire se in un rapporto sussista o meno in vincolo di subordinazione. La “dipendenza” è ritenuta dalla dottrina maggioritaria una subordinazione socio-economica del lavoratore, in quanto esso svolge la sua attività utilizzando mezzi e strumenti del datore di lavoro. In ragione di questo rapporto di monocommittenza il titolare dell’organizzazione è legittimato ad appropriarsi del risultato del lavoro ottenuto dai propri dipendenti.
L’ordinamento giuridico riconosce maggiori tutele al lavoratore subordinato perché è considerato parte debole, economicamente e giuridicamente, rispetto al datore ritenuto soggetto forte.
4 Cass. sez. lav., n. 2931/2013.
Il lavoro autonomo non dispone di un articolo ad hoc. Il concetto di autonomia è riconducibile all’art. 2222 c.c. – Libro V, Titolo III “Del lavoro autonomo” – Contratto d’opera, il prestatore d’opera è colui che “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.” Il lavoratore autonomo è ritenuto dal legislatore parte forte, per questa ragione non dispone di molte norme a sua tutela. Il soggetto indipendente sopporta il rischio della propria attività lavorativa e non è protetto dall’incertezza economica che il suo lavoro può generare. L’individuo che opera autonomamente può liberamente stabilire le modalità esecutive della prestazione, senza dover sottostare ad un potere superiore. Il committente è interessato al risultato finale della prestazione, non al metodo con cui il collaboratore esercita e organizza la sua professione. Riassumendo gli aspetti caratteristici del lavoro autonomo sono: l’assenza di subordinazione gerarchica verso il committente; la non continuità della prestazione; la mancanza di vincoli di tempo; la possibilità di svolgere la propria attività indipendentemente da un luogo di lavoro; l’assunzione del rischio economico; la prevalenza del lavoro personale ed infine l’erogazione del corrispettivo dell’opera o del servizio alla conclusione della prestazione lavorativa
1.1.2 La bipartizione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato.
Nella disciplina del diritto del lavoro l’espressione “zona grigia” è stata frequentemente utilizzata per indicare l’insicurezza qualificatoria tra autonomia e subordinazione. La “zona grigia” cui si fa riferimento, rappresenta la difficoltà degli
esperti in materia, di qualificare un determinato rapporto di lavoro. Il giuslavorista si trova in difficoltà a delineare il confine di quest’area, perché si tratta di un non-luogo, pertanto questa scarsa delimitazione fa sorgere un’ampia serie di problemi. 5
L’attuale mercato del lavoro ospita lavoratori considerati standard, i quali possono contare su un contratto di lavoro a tempo indeterminato e lavoratori non standard, che hanno una tipologia contrattuale definita atipica o precaria. A tale ripartizione, si aggiungono i lavoratori autonomi. All’interno di questa categoria possono configurarsi situazioni molto diverse tra loro. In dottrina si è soliti distingue tra lavoratori autonomi “veri” e lavoratori autonomi“finti” che operano in condizione di dipendenza economica. Questa ripartizione tra soggetti garantiti e non garantiti, genera delle situazioni d’inefficienza del mercato del lavoro. L’UE ha sollecitato gli stati membri ad adottare misure volte a limitare la segmentazione del mercato del lavoro e realizzare l’importante obiettivo di bilanciamento tra sicurezza professionale e flessibilità in entrata e in uscita. Per superare la dicotomia tra lavoratori subordinati e lavoratori autonomi “finti”, si sono susseguite molteplici soluzioni. Nell’ipotesi di un lavoratore “autonomo non genuino” si realizza un abuso della qualificazione del contratto, per ciò esso presentando elementi caratteristici del rapporto di lavoro dipendente sarà ricondotto ad un contratto di lavoro subordinato con gli obblighi che tale conversione pone in capo al datore di lavoro e i diritti a favore del lavoratore.
Si manifestano casi in cui il rapporto di lavoro non presenta elementi del lavoro subordinato, ma necessita anch’esso di protezione. Nel corso degli anni venne avanzata una proposta per cercare una soluzione al problema. Si suggerì uno Statuto dei Lavoratori
5 MARTELLONI F., Lavoro coordinato e subordinazione. L’interferenza delle collaborazioni a progetto, Bologna, 2012.
nel quale dovevano essere individuati “un nucleo di diritti universali e indisponibili” applicabili a tutti i rapporti di lavoro “economicamente dipendente” sia subordinati che autonomi. Con esclusione dei diritti di cui non si può liberamente disporre, si prevedeva la possibilità per la contrattazione collettiva di regolare i diritti anche in deroga alle norme di legge.6 Xxxxxx Xxxxxx e gli altri sostenitori di un contratto unico proponevano un accordo caratterizzato da una fase iniziale di inserimento, periodo durante il quale il lavoratore poteva essere licenziato con solo obbligo da parte del datore di lavoro di corrispondere un indennizzo. In seguito il rapporto diveniva stabile e vigeva la tutela contro il licenziamento ingiustificato ma graduata a seconda di diversi fattori.
In conclusione, le protezioni riconosciute come essenziali in un contratto di lavoro subordinato, dovrebbero essere riconosciute a tutti i lavoratori che operano secondo una dipendenza economica.7 La riforma del 2012 c.d. Riforma Fornero del Governo Xxxxx non ha considerato le molteplici proposte avanzate in questi anni volte ad eliminare incisivamente la dicotomia autonomia/subordinazione. Il Legislatore - con la legge n.92/2012 - è intervenuto senza apportare significativi mutamenti alla legge vigente preferendo intervenire per reprimere gli abusi e i comportamenti elusivi. La riforma in sostanza non è andata a eliminare il dualismo tra coloro che godono di protezione e coloro che ne sono privi, le nuove disposizione vanno a colmare qualche vuoto normativo, ma non intervengono sul problema più consistente: la frammentazione del lavoro. In sintesi si può affermare che la riforma riparte dalla usuale ripartizione – lavoro autonomo e lavoro subordinato – seppur in un’ottica mirata a contrastare le prassi elusive delle norme imperative in materia di diritto del lavoro.
6 Della proposta del Ministro del Lavoro si trova traccia nell’art. 8 legge n.148/2011.
7NOVELLA M., Diritto del Lavoro, Torino, 2012.
1.2 Il mercato del lavoro flessibile.
In un contesto internazionale fortemente concorrenziale, assume molta importanza la flessibilità delle prestazioni lavorative alle esigenze del sistema economico e produttivo. Con il termine “flessibilità” si intendono tutte quelle nuove forme contrattuali, che presentano minor vincoli per i datori di lavoro, finalizzate a rendere il mercato del lavoro maggiormente adattabile ai bisogni della produzione e volte a facilitare l’incontro tra domanda e offerta. Un problema attuale molto sentito nell’ultimo decennio è il crescente tasso di disoccupazione strettamente connesso al processo di globalizzazione e ai rapidi e costanti mutamenti dell’organizzazione economico-produttiva. Senza dubbio, la crisi economica ha giocato un certo peso nel peggioramento del mercato del lavoro, ma la frammentazione dei contratti di lavoro era iniziata dal 2004. Già in quegl’anni era elevata la percentuale di lavoratori impiegati con contratti atipici, a scapito del contratto subordinato a tempo pieno e indeterminato. La crisi ha portato ad evidenziare un aspetto sensibile: la forza lavoro giovanile, la quale ha risentito maggiormente della caduta occupazionale. I giovani spesso sono considerati in modo marginale, oscillano tra la situazione di non impiego, disoccupazione o sono confinati a forme di lavoro non standard. La maggior perdita di occupati in recessione si è registrata proprio nella fascia di età tra i ventiquattro e i ventinove anni.8 Questo dato non sorprende, infatti il canale di accesso preferito dalle imprese per i lavoratori che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro è una tipologia contrattuale non standard. In caso di crisi dell’organizzazione i primi soggetti destinati a cessare la propria attività saranno coloro
8 Meno 293 mila unità nel 2010, cfr. XXXX, 0000, pag. 102; D’ATTOMA I., XXXXXXXXX X., 2011, pag. 5.
che effettuano la loro prestazione con le forme contrattuali sopra indicate. 9 L’attuale situazione della segmentazione del mercato del lavoro è frutto di scelte legislative, volte ad assecondare le richieste delle imprese, che chiedevano una minor rigidità del fattore lavoro. Negli anni si è amplificato il bisogno di flessibilità da parte delle organizzazioni, il legislatore, agli inizi degli anni Duemila, ha risposto apportando delle modifiche incisive in materia lavoristica introducendo nuove tipologie contrattuali flessibili come: il lavoro intermittente, il lavoro ripartito, la somministrazione del lavoro e molti altri. Queste forme contrattuali rappresentarono per le imprese canali di accesso favorevoli in termine di regole, costi retributivi e soprattutto costi contributivi. Il lavoro non standard – più adattabile alle esigenze delle imprese, meno tutelato e meno oneroso – ha contribuito a creare “un impoverimento della professionalità e scarsi investimenti sul capitale umano.”10 Ad oggi si può affermare che il diritto del lavoro può assumere un ruolo rilevante per far uscire il Paese dalla crisi in cui versa. E’ opportuno anche criticare le scelte di politica del diritto finora adottate, infatti differenti disposizioni in materia, potrebbero incidere positivamente sul mercato del lavoro, eliminando il dualismo ancora presente nel nostro sistema e regolando l’eccessiva frammentazione oggi in atto. Agendo in questa direzione si preserva la dinamicità – essenziale per essere competitivi a livello globale –attuando un trattamento equo per tutti i lavoratori.
9 CARINCI M.T., Il rapporto di lavoro al tempo della crisi. Relazione tenuta dal prof.ssa Carinci al XVII Congresso Nazionale “Il Diritto del Lavoro al tempo della Crisi ”, organizzato dall’Associazione Italiana di Diritto del Lavoro e della Sicurezza sociale (A.I.D.LA.S.S.), tenutosi dal 7 al 9 giugno 2012 a Pisa.
10 CARINCI M.T., op. cit.
1.2.1 Riflessioni sulle prospettive future delle tipologie di lavoro flessibile.
Le diverse tipologie di lavoro flessibile consentono all’imprenditore di poter scegliere di organizzare in modo ottimale la propria attività produttiva, in quando i modelli contrattuali a sua disposizione sono sufficientemente variegati. Son talmente numerosi da generare una possibile difficoltà nella ponderazione costi-benefici. La riforma Xxxxx per rispondere alle richieste di un mercato che sollecitava minor rigidità ha introdotto molteplici forme contrattuali atipiche rendendo il mercato del lavoro più flessibile. Ha inserito nuovi modelli assuntivi per moltiplicare le opzioni tra cui il datore di lavoro poteva scegliere, così facendo è andato ad alimentare ciò che viene definito il supermarket delle possibilità occupazionali.11
1.3 La parasubordinazione.
La parasubordinazione è espressione delle numerose trasformazioni avvenute nel mercato del lavoro. Il legislatore non fornisce una definizione precisa del termine “parasubordinazione” ma viene impiegato per raggruppare diverse tipologie contrattuali non definite unitariamente. Questi modelli contrattuali presentano tratti caratteristici del lavoro subordinato e in parte aspetti propri del lavoro autonomo.12 Secondo la dottrina
11 XXXXXXX G., Tipologie di lavoro flessibile, Torino, 2009.
12 Per maggior approfondimenti, ICHINO, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, Milano, 1989; GHERA, La subordinazione e i rapporti atipici nel diritto italiano, in Dir. Lav. 2004, 1103 ss.
maggioritaria la parasubordinazione è una species del lavoro autonomo. L’unico riferimento normativo è l’art. 409 c.p.c., importanti studi hanno approfondito la figura giuridica della parasubordinazione per definirne i caratteri salienti. È doveroso richiamare i requisiti fondamentali della collaborazione coordinata e continuativa indicati nell’art. 409 c.p.c., in quanto ripresi dal legislatore nel 2003 per definire il contratto di lavoro a progetto. La continuità viene intesa come periodicità della prestazione che perduri in un intervallo di tempo apprezzabile. L’assenza di occasionalità della prestazione, in dottrina viene definita “continuatività” intesa come ripetizione di più “opera” e prestazioni di attività perdurante nel tempo e collegate al nesso di continuità.13 La caratteristica di questo elemento consiste nell’esigenza di dover soddisfare un interesse durevole del committente. La giurisprudenza ha spiegato che la continuità si esprime quando la prestazione lavorativa si protrae nel tempo oppure, nel caso in un cui una serie di prestazioni vengono ripetute e complessivamente possono essere considerate come un’unica prestazione.14 La connessione tra le parti non deve essere meramente ridotta all’accettazione dell’opera e al versamento del corrispettivo. Con coordinazione si intende un collegamento funzionale tra l’attività professionale svolta dal prestatore di lavoro e la struttura organizzativa del committente.15 Ciò avviene con un’ingerenza non invasiva nell’attività del collaboratore. Per contro, il termine stesso prevede l’esistenza di un accordo tra le parti sui modi e le tempistiche di realizzazione della prestazione. Il coordinamento può rappresentare un limite per il committente poiché non può stabilire in
13 Sulla continuità Cass. 5 Dicembre 1997 n.12368 in Xxxx.xx.
14 PROIETTI M., Il contratto a progetto, in Quaderni del diritto, Pistoia, 2013.
15 Cass. 15 febbraio 1996, n. 1158, in Giust. Civ. Mass.,1996, pag. 197.
modo univoco le modalità di svolgimento della prestazione apportata dal collaboratore.16 La personalità della prestazione richiede l’apporto prevalentemente personale del prestatore, ciò non esonera la presenza di altri soggetti, ma non deve venir meno la prevalenza della sua personale partecipazione ne l’esclusività della responsabilità. Il requisito della prestazione prevalentemente personale è ritenuto fondamentale dalla giurisprudenza. Si ritiene che la prevalenza del lavoro personale deve essere valutato sia in termini quantitativi ma anche qualitativi, analizzando l’entità numerica e il contributo del lavoro altrui che non deve sovrastare l’insostituibilità della prestazione del collaboratore. Così definite le collaborazioni coordinate e continuative danno spazio ad un’immensità di applicazioni, un impiego conveniente nel mondo del lavoro, ma anche ad utilizzi abusivi per eludere gli aspetti vincolanti del lavoro subordinato. L’utilizzo di queste forme di collaborazione permette alle imprese di nuova generazione di essere più flessibili, abbattendo notevolmente i costi di produzione – in quanto minore è il numero di personale impiegato con contratti di tipo subordinato - ed eliminando i limiti che rendono più ostico il licenziamento.
1.3.1 Le norme intervenute sulla parasubordinazione alla luce delle interpretazioni dottrinali.
L’esigenza di tutele ha portato la dottrina a definire molteplici soluzioni le quali hanno inciso sull’attuale assetto normativo. Tra le prime proposte il progetto
16 XXXXXXX A., Parasubordinazione, “para-autonomia”, lavoro a progetto, dattiloscritto, 2010.
Alleva17distingueva le categorie di rapporto di lavoro in base all’introduzione o meno del soggetto all’interno dell’organizzazione. Un ulteriore proposta che animò le aule parlamentari fu il progetto di legge noto come Xxxxxxxxx, 18 prendeva nome dal suo proponente. In una visione rigida tendeva ad applicare ai lavoratori atipici, le tutele tipiche del lavoro dipendente, rendendoli cloni dei soggetti impiegati con contratti di subordinazione. Le tutele che il d.d.l. Xxxxxxxxx proponeva erano la parità di trattamento tra donne e uomini, l’igiene e la sicurezza nel luogo di lavoro, la libertà di opinione, la tutela della salute e agli atti non discriminatori. Essenziale era la previsione della forma scritta del contratto, il cui impiego in modo improprio generava la conversione del contratto in subordinato a tempo indeterminato. Il contratto doveva poi indicare l’oggetto della prestazione, la durata e il corrispettivo. Il disegno di legge proponeva delle sanzioni contro i rapporti fittizi e simulati volti a celare un rapporto di natura subordinata. Questa proposta scoraggiava l’impiego di tale forme contrattuali tanto patologico quanto genuino. 19 Il progetto era stato pesantemente criticato da chi riscontrava “la contemporanea presenza di formulazioni ambigue e di un apparato sanzionatorio rigido e micidiale.”20
17ALLEVA P.G., Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Prima proposta di legge, (a cura di X. Xxxxxx), La disciplina del mercato del lavoro, proposte per un testo unico, Roma, 1996, pag. 195.
18 Disegno di Legge n. 5651, XIII legislatura, su iniziativa dei senatori XXXXXXXXX, DE XXXX, XXXXXXX, GRUOSSO, PILONI, XXXXXXX XXXXXXX, XXXXXXXX, XXXXXXXXXXX E GUERZONI.
19 Il disegno di legge enunciato, in Quad.dir.lav.rel.ind., 1998, 21, pag. 285, dimostrò numerosi ostacoli ad essere accolto, in quanto comportava una sproporzionata limitazione alla facoltà del committente di organizzare la sua attività. Era previsto infatti, un diritto di preferenza di collaborazione per stipulare contratti analoghi; la possibilità di recedere dal rapporto solo per una giusta causa ed altre disposizioni previste dallo Statuto dei Lavoratori.
20 XXXX X., Note a proposito dell’iniziativa legislativa in materia di lavori atipici. I cosiddetti “lavori atipici”. Aspetti sociologici, giuridici ed esigenze dell’impresa, Roma, 2000, pag. 44.
Un’altra corrente riteneva che la collaborazione coordinata e continuativa si ponesse come un tertium genus 21 ossia una tipologia che si collocava tra l’autonomia e la subordinazione, con caratteristiche sfumate che non trovavano un chiaro collocamento in una delle due categorie. Secondo questa interpretazione il lavoro coordinato doveva essere considerato come autonomo, ma si sosteneva dovesse godere di un minimum di tutele tratte dalla disciplina della subordinazione. La previsione di una tutela minima per le forme di lavoro rese a favore di terzi, si riteneva necessaria per l’aspetto che riguardava i diritti fondamentali del lavoratore. A conferma di quanto su enunciato si possono consultare i lavori successivi – lo Statuto dei lavoratori - di Treu e Xxxxx, i quali nei loro progetti condividono e supportano la previsione di una tutela minima. Un ultimo provvedimento di fonte governativa - contenuta nel Libro Bianco – abbandonò chiaramente qualsiasi forma di definizione o classificazione di una tipologia contrattuale in continuo cambiamento. 22 Questa soluzione prevedeva delle tutele in ragione della materia, non delle tipologie contrattuali, fatta eccezione un livello minimo di garanzie previste per tutte le forme di lavoro a favore di terzi.
1.3.2 La revisione del contratto di collaborazione: dalla Legge 14 febbraio 2003 n. 30 al Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276.
21 Per un approfondimento: DE XXXX XXXXXX X., XXXXXXX R., PERSIANI M., in
Quad.dir.lav.rel.ind.,1998, 21, pag. 331.
22 BIAGI M. – XXXXXXXXXXX M., Le proposte legislative in materia di lavoro subordinato: tipicizzazione di un tertium genus o codificazione di uno Statuto dei lavori? – in Lav.Dir., 1999, 4, pag. 571.
La Legge delega 30/200323 rubricata “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro”, all’art. 4 lettera c) rispetto all’originaria formulazione mantiene la “riconduzione della fattispecie a uno o più progetti e programmi di lavoro o fasi di esso” ; la “previsione di tutele fondamentali a presidio della dignità e della sicurezza dei collaboratori (…) nonché alla sicurezza nei luoghi di lavoro, anche nel quadro di intese collettive”; la “previsione di un adeguato sistema sanzionatorio nei casi di inosservanza delle disposizioni di legge”; il “ricorso ai sensi dell’art. 5 ad adeguati meccanismi di certificazione della volontà delle parti contraenti.”
Vengono introdotte delle previsioni per la stipulazione dei contratti: l’atto deve avere la forma scritta, deve essere riportata la durata della collaborazione, l’indicazione del corrispettivo - rapportato alla qualità e alla quantità del lavoro eseguito – la tutela della maternità, della malattia e dell’infortunio. Le collaborazione coordinate e continuative si differenziano dal lavoro meramente occasionale - il quale ha una durata inferiore ai trenta giorni durate l’arco dell’anno solare con il medesimo committente - salvo che il compenso percepito non superi i cinquemila euro.
All’art. 6 della L. 30/2003 viene evidenziato – in realtà non riferendosi solamente al lavoro progetto – che la tipologia contrattuale esaminata non può essere applicata all’interno della Pubblica Amministrazione, salvo ove le disposizioni siano esplicitamente richiamate.
Analizzando i criteri a cui il Governo avrebbe dovuto conformarsi nel promulgare il decreto, si prediligeva la via dell’autonomia, infatti, le prestazioni dovevano essere rese
23 La L.30/2003 è entrata in vigore il 13 marzo 2003 nota come Riforma Biagi.
“con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione.”24 Questi erano i confini entro cui l’Esecutivo avrebbe dovuto operare, poiché molteplici erano state le osservazioni provenienti dalle parti sociali. Gran parte della dottrina ha criticato la L.30 del 2003 perché sosteneva che le istanze provenienti dal mondo accademico - promotore di significativi stimoli riformatori – e le osservazioni sollevate dal panorama imprenditoriale non erano state considerate. I giudizi sfavorevoli sono stati parzialmente attenuati dall’intento del legislatore, volto a eliminare le pratiche abusive e l’uso fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative. 25 Il legislatore attuando questa scelta ha manifestato di essere ancora fortemente basato sulla dicotomia autonomia/subordinazione, eliminando dall’ordinamento le collaborazioni coordinate e continuative classiche e permettendo la permanenza soltanto di quelle forme di collaborazione incentrate su un vero rapporto di lavoro autonomo, in quanto indirizzate a realizzare un progetto o un programma.26
Più sostenitori ritenevano che il lavoro a progetto rientrasse nella tipologia di lavoro autonomo e in quanto tale non potessero essere previste delle tutele specifiche. Da questa interpretazione si sollevò la necessità di rivedere i parametri di riferimento, per rendere concreta la possibilità di utilizzare questa forma di collaborazione nell’impresa. 27 La riforma del mercato del Lavoro avvenne con il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276
24 Art. 4 lett. c) L. n. 30/2003.
25 XXXXXXX A., op. cit., 2010.
26 Per maggior approfondimenti sul tema: VALLEBONA A. La riforma dei lavori, Milano, 2004: “ Il lavoro parasubordinato è stato forzatamente ricondotto, salvo le eccezioni già ricordate, nell’istituto del lavoro a termine per un progetto, impedendo nel settore privato ogni altra forma di lavoro autonomo coordinato e continuativo con seri dubbi di legittimità costituzionale”.
27 CONFIDUSTRIA, Schema di decreto legislativo da emanarsi ai sensi degli articoli da 1 a 7 della Legge 14 febbraio 2003, n. 30. Emendamenti 26 giugno 2003.
rubricato: “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, l’obiettivo era allargare le tutele ai soggetti imprigionati in false collaborazioni coordinate e continuative e combattere la precarizzazione del mercato del lavoro, che rappresentava il dato caratterizzante il lavoro nel nostro paese. L’intento era limitare questa pratica diffusa e ricondurre le xx.xx.xx. o al lavoro subordinato o al lavoro a progetto, quest’ultimo rappresentava una forma di lavoro autonomo che se non veniva rispettato prevedeva come sanzione la riconduzione ad un contratto subordinato a tempo indeterminato.28Questa fu la linea adottata dal Legislatore, in risposta a quanto aveva proposto la Commissione Europea29 nel 2003 riguardo alla Strategia30 Europea per l’Occupazione.
L’intervento riformatore a livello teorico prevedeva dei principi indiscutibili. La dottrina ha ampliamente espresso l’ambiguità del testo normativo, questo ha indotto nel corso degli anni, un moltiplicarsi di interpretazioni. Per tale ragione la norma è divenuta terreno fertile per prassi elusive, sebbene ostacolate in via di principio, di fatto la norma era raggirabile.
E’ provato che la forma contrattuale del contratto a progetto è ampliamente utilizzata come strumento preferenziale per l’ingresso nel mondo del lavoro. E’ privilegiata la forma del contratto al progetto al contratto subordinato a tempo determinato per la facilità con cui le parti possono recedere ante tempus.
28 Relazione di accompagnamento al Decreto di attuazione della Riforma Biagi.
29 Per maggiori informazioni : xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxx_xx.xxx, consultato nel mese di luglio 2013.
30 La misura suggerita prevedeva l’individuazione di tre obiettivi strategici: la piena occupazione, la qualità e la produttività, la coesione sociale e l’inclusione.
Per i rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato il recesso ante tempus è previsto solo in presenza di giusta causa viceversa, in un rapporto di lavoro a progetto le parti possono decidere di concludere il rapporto di collaborazione anticipatamente rispetto al termine finale o alla conclusione del progetto non solo per giusta causa, ma anche al verificarsi di altre fattispecie pattuite dalle parti.
1.3.3 La Riforma Fornero Legge 92/2012.
La Riforma del mercato del mercato del lavoro ha apportato delle modifiche al rapporto di lavoro a progetto. Il legislatore è intervenuto dando una definizione più restrittiva di “progetto” rispetto alla definizione originaria. L’intento del legislatore – cosi come si può evincere dall’art.1, 1°co., L. 92/2012 – è quello di creare nuove opportunità occupazionali, contrastando l’uso improprio degli elementi di flessibilità introdotti dalle tipologie contrattuali. I critici sostengono che questa previsione più stringente del “progetto” costituisca una limitazione all’autonomia privata e che ciò comporti un deterrente al suo utilizzo. Con questi presupposti si allontanerà il lavoro a progetto - e in generale i rapporti di collaborazione - dalla flessibilità, alimentando le probabilità di una fuga nel sommerso e nell’illegalità. La revisione della norma in ambito di lavoro autonomo attuata dalla Legge Fornero n. 92/2012, ha suscitato in dottrina opinioni contrastanti: X. Xxxxxx sostiene che la riforma ha portato un incisivo mutamento del contenuto, ha anche espresso che: “per la prima volta da quarant’anni viene messa in cantiere una riforma che non opera soltanto al margine, ma punta al nucleo centrale del
diritto del lavoro.” 31 Una diversa opinione è sostenuta da Xxxx il quale afferma: “il legislatore ha seguito le orme della normativa preesistente, intervento con correzioni specifiche su tre tipi, del lavoro a progetto, delle c.d. partite IVA e dell’associazione in partecipazione invece di procedere a una revisione complessiva su basi nuove della disciplina del lavoro autonomo ed eventualmente associato.” 32 Il lavoro a progetto continua ad essere nel settore privato la forma preferita anche se le conseguenze sugli interventi apportati dalla Riforma dividono la dottrina, come già era avvenuto nella valutazione del modello originario. Xxxxxxx X. ritiene che gli elementi introdotti dalla riforma siano di fatto superflui e restrittivi, infatti, critica il fatto che si presume che il rapporto di lavoro sia paragonabile al lavoro subordinato, se l’attività esercitata dal collaboratore a progetto è la medesima di quella svolta dal dipendente dell’impresa committente, con esclusione delle prestazioni caratterizzate da un’elevata professionalità.33 Altri esperti sostengono che tale riforma abbia apportato alcune utili precisazioni, in tal senso Xxxx X. ritiene opportuno la sostituzione dell’antecedente formulazione “programmi o fasi di lavoro” con “progetti specifici”. Allo stesso tempo Xxxx reputa sia stato poco significativo sottolineare che il progetto deve essere collegato ad un risultato finale, in quanto il risultato si può ottenere con la realizzazione del progetto. Infine altri ancora sostengono che la riforma per quanto concerne le modifiche apportate al lavoro autonomo, comprese quelle riferite al lavoro a progetto, tendano a restringere l’autonomia privata, in quanto perseguono l’obiettivo di indurre il mercato ad
31 XXXXXX X. relazione tenuta al convegno organizzato dal Centro Nazionale Studi di Diritto del Lavoro “Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx” – Pescara, 11 maggio 2012.
32 TREU T., Flessibilità e tutele nella riforma del lavoro, in W.P. C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT. 155/2012.
33 MAGNANI M., La Riforma del mercato del lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, 2012.
utilizzare prevalentemente il contratto di lavoro subordinato. A supporto di quanto appena affermato Xxxxxxx X. facendo riferimento al contratto a progetto rileva con interventi critici che: “le contestuali modifiche sulla fattispecie e sugli effetti rappresentano un forte deterrente all’utilizzo dello strumento contrattuale.” 34 Questo breve paragrafo ha voluto sommariamente riportare i pareri contrastanti di esperti di diritto del lavoro a riguardo delle novità introdotte dalla Riforma Fornero.
34 MARAZZA M., Il lavoro autonomo dopo la Riforma Monti, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, 2012.
CAPITOLO 2. Contratto a Progetto. Inquadramento giuridico.
2.1 Premessa.
L’obiettivo di limitare l’area delle collaborazioni coordinate e continuative è avvenuta con la Legge Biagi, la quale prevedeva che le xx.xx.xx. dovessero essere stipulate in forma scritta, riportando un progetto specifico, programma di lavoro o fase di esso a cui era collegato il rischio di conversione in lavoro subordinato a tempo indeterminato. Il D.lgs.
n. 276/2003 imponeva un nuovo requisito essenziale – il quale andava a sommarsi agli elementi già previsti nell’art. 409 n.3 c.p.c. - che avrebbe permesso di distinguere tra collaborazioni genuine e quelle illegittime, l’art. 61 d.lgs. n. 276/2003, stabiliva che salvo “eccezioni” le collaborazioni dovevano essere riconducibili a “progetti specifici, programmi di lavoro o fasi di esso.”35
Il legislatore non aveva predisposto un contenuto specifico per il progetto, ma si limitava a prevedere che dovesse esistere un progetto per non rischiare delle conseguenze poco vantaggiose per il datore di lavoro. La lacuna lasciata ha dato adito a due diverse interpretazioni: alcuni sostenevano che il progetto fosse una mera modalità organizzativa della produzione, altri lo paragonarono alla prestazione che doveva essere svolta da parte del collaboratore. La circolare Ministeriale del Lavoro n. 1/2004 intervenne apportando chiarezza riguardo la determinazione del progetto, il programma di lavoro o fasi di esso, affermando che il progetto consisteva in un’attività ben identificata e collegata al raggiungimento di un risultato finale. L’attività del lavoratore veniva valutata secondo le modalità di svolgimento della prestazione. Il programma di lavoro consisteva in
35 MARTELLONI F., Xxxxxx coordinato e subordinazione. L’interferenza delle collaborazioni a progetto, Bologna, 2012
un’attività che non era riconducibile propriamente ad un risultato finale. La fase faceva riferimento al programma di lavoro e rappresentava una parte di esso. Sia il programma sia la fase di lavoro si contraddistinguevano per la creazione di un risultato parziale che doveva essere integrato da altre lavorazioni. Il progetto poteva far riferimento sia all’attività principale sia ad un’attività accessoria dell’organizzazione. La decisione spettava al committente, in base ai bisogni dell’impresa. La disposizione più importante introdotta dalla circolare Ministeriale del 2004 fu l’individuazione di un progetto che non poteva essere generico, bensì si doveva contraddistinguere per la sua specificità. La presenza di un progetto specifico permetteva di evidenziare eventuali mancanze del collaboratore e di conseguenza incidere sul compenso previsto, il quale era collegato alla realizzazione del progetto, programma o fase di esso. Seppur il progetto o il programma dovevano essere stabiliti dal committente, in autonomia, il collaboratore doveva gestirli autonomamente, in funzione del risultato e nel rispetto del coordinamento previsto con il datore di lavoro o con un suo preposto. Ciò che realmente era importante per definire un rapporto come parasubordinato o subordinato era l’effettiva attività svolta dal collaboratore. La circolare n.1/2004 aveva precisato che le modalità di attuazione del lavoro e i tempi erano definiti autonomamente dal collaboratore, in quanto vincolato unicamente alla realizzazione del progetto, programma o fase di esso.
2.2 La definizione di lavoro a progetto. Le peculiarità del progetto.
La riforma Fornero L.92/2012 ha introdotto importanti modifiche alle collaborazioni a progetto. I commi 23-25 dell’art. 1 della Riforma hanno modificato gli artt. 61-69 della Legge Biagi. Il legislatore ha concentrato l’attenzione sulla creazione di una flessibilità
controllata fondata sulla realizzazione di “uno o più progetti specifici.” La nuova disciplina, una volta per tutte, pone fine alle diverse opinioni riconducendo il lavoro a progetto all’interno del lavoro autonomo. L’art. 61 novellato dall’art. 1, 23° co., L. 92/201236 dopo aver ribadito la disciplina dei rappresentanti di commercio e degli agenti, afferma: “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.”
Va in primis sottolineato che le nuove disposizioni si potranno applicare solo ai contratti di lavoro a progetto stipulati dopo l’entrata in vigore della novella, per le collaborazioni in corso trovano applicazione le norme vigenti prima della riforma.
36 Ferma restando la disciplina degli agenti e dei rappresentanti di commercio, i quali godono di una disciplina particolare art. 1742 ss. c.c., sono esclusi dall’applicazione delle norme sul contratto a progetto i soggetti che svolgono prestazioni occasionali, le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è propedeutico l’iscrizione in appositi albi professionali, le collaborazioni coordinate e continuative rese a favore delle associazioni o delle società sportive dilettantistiche. La nuova formulazione esclude l’attuazione delle disposizioni previste per i collaboratori a progetto, anche ai componenti di organi di amministrazione o controllo delle società e ai partecipanti a collegi e commissioni, nonché a chi riscuote la pensione di vecchia. La disciplina non trova impiego neppure nel campo della pubblica amministrazione.
Rispetto alla precedente impostazione normativa, vi sono importanti novità: la formulazione previgente collegava il rapporto di collaborazione “ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro […]in funzione del risultato”, oggi la norma prevede un “progetto specifico che deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale.” L’intervento effettuato è stato compiuto con l’obiettivo di superere le ambiguità che si erano create tra il progetto e il risultato realizzato che avevano indotto a sminuirne l’effettività. Prima della riforma doveva essere riportato la mera indicazione del progetto, oggi il legislatore richiede che venga chiaramente indicata la descrizione del progetto. Si precisa che è necessario indicare il contenuto che caratterizza il progetto e il risultato finale che si intende raggiungere.37 In altre parole, il progetto deve obbligatoriamente rivelare l’attività esercitata dal collaboratore, in relazione alla quale si auspica il raggiungimento di un risultato finale che possa essere accertato. Il risultato finale è parte del progetto e contemporaneamente elemento essenziale per la sua validità, per questa ragione deve essere puntualmente descritto nel contratto.38Ciò che si evince è che il risultato finale non può essere un’attività genericamente svolta dal committente, bensì deve trattarsi di una materiale modifica della realtà che il collaboratore si impegna ad eseguire in un periodo di tempo. Collegare il progetto al risultato dell’attività svolta dal collaboratore, ha l’intento di differenziare tale prestazione da quelle aventi ad oggetto un mero obbligo di fare, come avviene nei rapporti di lavoro subordinato. Con la formulazione prescelta il legislatore ha confermato quanto sostenuto dalla giurisprudenza, infatti, ha mirato a distinguere la specifica attività affidata al collaboratore, da quella più
37 Circolare Ministero del Lavoro 12 dicembre 2012 n. 29
38 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nella riforma Monti, in Lavoro e Diritto, 3-4/2012 pag. 541 ss.
amplia dell’impresa committente. Il rifermento all’oggetto sociale non è da intendersi in modo rigido, come se dovesse essere necessariamente prevista la forma di società di capitali per l’impresa committente, bensì si intende come l’attività ordinaria svolta.39
2.2.1 L’oggetto sociale del committente.
Continuando ad analizzare l’art. 61 novellato si afferma che il progetto “non può consistere in una mera riproduzione dell’oggetto sociale del committente.” Questa precisazione del Legislatore va a supportare la tesi della giurisprudenza, la quale riteneva essenziale una specificità del progetto. A tal proposito è stata molto importante la sentenza del Tribunale di Milano - 18 luglio 2011 – in merito alla quale i giudici hanno affermato che il progetto non deve necessariamente essere caratterizzato da specialità. Esso può rientrare nelle normali attività svolte all’interno dell’impresa, ma è indispensabile che il progetto si differenzi dall’attività svolta dall’organizzazione, costituendo un obbiettivo che si affianca all’attività principale ma non si confonda con essa.40 Con ciò si vuole evidenziare come è normale che il progetto rientri nel core business aziendale, ma deve avere dei contenuti e degli scopi propri. Deve avere una sua specificità, ciò non significa che il progetto debba essere individuato essenzialmente in capo ad un singolo collaboratore, ma non si può neppure eseguire una standardizzazione di molteplici contratti in tutto identici tra loro e altresì all’oggetto sociale.41 Il progetto deve avere
39 MARTELLONI M., Xxxxxx coordinato e subordinazione. L’inferenza delle collaborazioni a progetto,
Bologna, 2012.
40 Circolare Ministero del Lavoro 12 dicembre 2012 n. 29
41 XXXXXXXX M., Xxxxxx a progetto, xx.xx.xx. e prestazioni occasionali dopo la Riforma Fornero, Napoli, 2013.
un’originalità parziale, tale da consentire la distinzione dall’attività principale o eventualmente circoscriverlo rispetto ad essa.42 Nei casi in cui il progetto consista in una mera riproduzione dell’oggetto sociale, siamo di fronte ad un contratto non genuino.
In sintesi, l’attività affidata al collaboratore deve essere precisa, delimitata funzionalmente e temporalmente e collegata ad un chiaro risultato finale. 43 I compiti che richiamano l’attività istituzionale e ordinaria del committente non potranno essere esclusi dal progetto purché siano identificabili in base al risultato finale44 o in base al risultato parziale destinato ad essere integrato da altre lavorazioni.45
La riforma Fornero, sembra non avere superato le indicazioni della circolare del ministero del lavoro 14 giugno 2006 n. 17, la quale prevedeva che il progetto potesse essere connesso con l’attività dominante o accessoria dell’organizzazione - senza sovrapporsi ad essa - ma doveva essere originariamente stabilito dalle parti, il risultato in tutti gli elementi qualificanti. Una simile interpretazione della norma, induce a svilire, secondo alcuni commentatori, l’elemento di novità46 che era stato attribuito al progetto specifico. Se si ritiene, che il progetto possa essere ricollegato all’attività principale o accessoria dell’impresa, ci si pone in antitesi con quanti avvalorano la tesi che il progetto debba essere caratterizzato da un’eccezionalità o un’esclusione dal ciclo aziendale, a tal proposito c’e chi sostiene che “il lavoro a progetto non può essere normalità ma deve
42 A favore di tale orientamento si veda Trib. Torino, 5 aprile 2005; Trib. Modena, 21 febbraio 2006, Trib. Milano, 24 gennaio 2011, in LG 2011.
43 Trib. Ravenna, 24 novembre 2005, in Xxx. Xxxx.,0000, 3, pag. 273.
44 Trib. Milano, 10 novembre 2005, in Xxx. Xxxx.,0000, 10, pag. 1005.
45 Trib. Ravenna, 24 novembre, 2005, in Lav. Giur., 2006, 3, pag. 273.
46 TREU T., I chiarimenti del Ministero su lavoro a progetto, in Contratti e contrattazione collettiva, 2004, 2, pag.3.
essere un’ideazione, con un risultato specifico, diverso dalla routine già ripetuta senza novità e ormai prevedibile.”47
2.2.2 Il requisito della coordinazione.
Il legislatore anche se non esplicitamente fa intendere che nel lavoro coordinato a progetto, il collaboratore non assume l’obbligo di attuare l’opus perfectum caratteristica propria del lavoro autonomo, bensì assume l’incarico ad eseguire un’attività continuativa, preventivamente specificata, che deve inserirsi nell’altrui organizzazione produttiva.
L’art. 61 del d.lgs. 276/2003 oggi riformato dalla Legge Fornero, elenca numerosi elementi, l’unico che sembra essere meno riconducibile all’autonomia è la coordinazione. Con il termine coordinazione il legislatore intende una connessione tra l’attività esercitata dal collaboratore e ciò che il committente si propone di raggiungere, vale a dire il risultato, di cui l’art. 61 d.lgs. 273/2003 fa riferimento. L’espressione “avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente”, non esprime nulla sulla natura e sui modi del coordinamento, ma indirettamente evidenzia la distinzione tra le attività attribuibili, rispettivamente al committente e al collaboratore.48 Resta ferma l’impossibilità del committente di pretendere dal collaboratore lo svolgimento di attività che escludono il progetto originariamente stabilito. Nel prevedere ciò, si ritiene che il committente non debba svolgere un’ingerenza troppo invasiva nella prestazione svolta dal collaboratore. Detto questo resta la questione di come debba attuarsi effettivamente il coordinamento tra
47 MISCIONE, Il collaboratore a progetto, in Lav.Xxxx., 2003.
48 XXXXX X., Prime chiose sulla nuova disciplina delle collaborazioni a progetto, in W.P. C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT. 151/2012.
l’attività del collaboratore e l’organizzazione del committente senza che venga limitata l’autonomia che il legislatore vuole tutelare nella fase di svolgimento della collaborazione.49 Il tribunale di Roma nella sentenza del 9 maggio 2006 ha disposto che il coordinamento deve essere esercitato e non subito dal collaboratore, il giudice ha sostenuto che nell’ambito del progetto la definizione delle modalità e dei tempi di lavoro deve essere lasciata al collaboratore “il quale operando all’interno del ciclo produttivo del committente, dovrà necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell’organizzazione del committente.” Affinché lo svolgimento della prestazione per il collaboratore avvenga in autonomia, è necessario che il committente, nel momento in cui instaura la collaborazione, definisca rigorosamente l’incarico da attribuire.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che “ogni attività umana, di per se considerata, può formare oggetto di un rapporto di natura sia autonomo che subordinata […] è necessario, ai fini della qualificazione del rapporto, invece indagare su quali siano state le concrete modalità di espletamento del rapporto medesimo.”50 Quando è necessario indagare sulla tipologia di rapporto ciò che diventa più ostico è capire l’applicazione pratica, in quanto la tipologia di contratto a progetto ha dei limiti che bisogna tenere in considerazione. A tal proposito si è espresso il Ministero del Lavoro con la circolare n. 16 del 4 luglio 2012, sull’utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi, formalmente riconducibili alla tipologia contrattuale dell’art. 2222 c.c., ma che sostanzialmente operano in cantieri inseriti nel ciclo produttivo delle imprese esecutrici dei lavori, svolgendo la stessa attività dei lavoratori dipendenti delle stesse imprese.
49 MARTELLONI F., Xxxxxx coordinato e subordinazione. L’interferenza delle collaborazioni a progetto, Bologna, 2012.
50Cass. 3 aprile 2000, n. 4036, in GCM, 711.
2.2.3 L’autonomia del lavoratore a progetto.
L’autonomia gestionale, come ampliamente detto sopra, è un requisito essenziale di questa tipologia contrattuale. Al collaboratore deve essere riconosciuta sia la libertà di poter liberamente scegliere i mezzi per pianificare la propria attività, sia la determinazione dei tempi nei quali svolgere la sua prestazione. E’ doveroso sottolineare che il coordinamento, a cui deve attenersi il collaboratore, non prevede l’organizzazione su turni con costante monitoraggio dell’attività più volte al giorno da parte del committente. E’ proprio l’autonomia che sancisce la differenza tra un lavoratore subordinato e il collaboratore. L’indipendenza riconosciuta ai soggetti che operano con un contratto a progetto viene di fatto attenuata, dalla disposizione contenuta all’art. 66 51, 4° comma, ammettendo l’ipotesi che il collaboratore possa esercitare la sua attività anche nei luoghi di lavoro del committente. La giurisprudenza a tal proposito ha riscontrato che è possibile individuare nello svolgimento della prestazione da parte di un collaboratore a progetto, elementi peculiari del lavoro subordinato. A tal proposito una sentenza del 200552 ha sostenuto che il rapporto di lavoro a progetto è da ricondursi alla sfera dei rapporti di lavoro subordinati se si ravvisi il “vincolo dell’orario di lavoro”e “l’esercizio del potere disciplinare con atti di controllo e di verifica tradotti in richiami.” Per contro la sentenza del 24 novembre 2005, del Tribunale di Ravenna53, afferma che “non siamo di fronte ad elementi di subordinazione” nei casi in cui: “la collaboratrice interloquisce con la
51 Art. 66, comma 4, d.lgs. 276/2003.
52 X.Xxxx. Xxxxxx 00 marzo 2005.
53 X.Xxxx. Xxxxxxx 00 novembre 2005 in Lav. Giur., 2006, 3, pag. 273.
collaborata ma non viene diretta da questa; dispone di un’autonomia decisionale nel trattare con i clienti ed anche rispetto ai dipendenti; gestisce il tempo di lavoro non essendo legata agli orari; non ha il badge per segnare l’orario di lavoro come gli altri dipendenti; ha fatto delle assenze, ha goduto di ferie, ma non vi è prova che abbia dovuto chiedere permessi ad alcuno per usufruirne; nello svolgimento della propria attività, opera nell’ambito della propria piena discrezionalità tecnica, adoperandosi nel conseguimento del progetto nella propria autonomia professionale, senza nessuna forma di eterodirezione da parte dell’impresa; è tenuta unicamente a coordinarsi con la realtà aziendale in cui si va ad inserire l’ufficio commerciale da realizzarsi, aderendo alle linee guida commerciali seguite dall’azienda; si rapporta direttamente con la legale rappresentante dell’azienda senza sottostar ad alcuna dipendenza gerarchica né, tanto meno, potere disciplinare di sorta.”
La soluzione adottata con le nuove disposizioni sul contratto di lavoro a progetto, consente alle parti di stabilire in sede contrattuale, le modalità di coordinamento del lavoratore a progetto con l’impresa committente. Per quanto riguarda l’esecuzione della prestazione prevista, resta ferma però l’impossibilità per il committente di assoggettare il collaboratore a qualsiasi forma di subordinazione, in quanto deve essere garantita l’autonomia di quest’ultimo nell’esecuzione della prestazione. La sanzione prevista nel caso in cui non dovessero essere rispettati i requisiti generali del progetto, consiste nella trasformazione del contratto in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data della sua instaurazione.
I parametri dell’autonomia possono essere identificati: nella esecuzione dell’attività lavorativa, definita da un contratto e collegata alla realizzazione di un progetto; dal nesso
organizzativo che si deve instaurare tra committente e collaboratore e nell’irrilevanza del tempo impiegato per lo svolgimento della prestazione. Il decreto delegato, fa una distinzione nel contesto dell’autonomia, all’interno del lavoro autonomo, rientra sia il contratto d’opera, sia il contratto che ha per oggetto lo svolgimento di un’attività intellettuale. Con il contratto d’opera il prestatore “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincoli di subordinazione con il committente”54, per i contratti che hanno ad oggetto un’attività intellettuale, si fa riferimento agli articoli 2229 ss. c.c., per l’esercizio della quale è obbligatoria l’iscrizione ad albi o elenchi appositi, ai quali si applicano le disposizioni sul contratto d’opera in generale. Questa distinzione in genere viene giustificata dal fatto che, si tende a valutare la professione intellettuale come una prestazione ne tecnica ne manuale, bensì caratterizzata da aspetti di creatività considerati predominanti rispetto a quelli materiali. Il decreto delegato, si fa carico di questa particolarità, escludendo dalla fattispecie di lavoro a progetto “le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione ad appositi albi professionali esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.”55 Questa formulazione ha sollevato delle critiche, in quanto si ritiene sarebbe stato più corretto scrivere “albi professionali esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo”, in questo modo non sarebbero state escluse quelle professioni intellettuali che non hanno ancora ottenuto a livello legislativo un apposito albo. La Legge 92/2012 da una propria visione del terzo comma dell’art. 61, d.lgs. 276/2003, affermando che l’esclusione delle disposizioni previste per il contratto a progetto, fa riferimento alle “sole collaborazioni coordinate e continuative il
54 Art. 2222 c.c.
55 Art. 61, comma 3 d.lgs. 276/2003.
cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali.” In particolare, aver stabilito l’esclusione dalle disposizioni sul lavoro a progetto, alle sole collaborazioni il cui contenuto sia ricollegabile alle professioni protette, induce a distinguere tra: attività professioni intellettuali tipiche ed esclusive – per lo svolgimento delle è richiesta l’iscrizione ad un albo - e attività non esclusive, esercitabili da esperti o professionisti non iscritti ad un albo. Solo per le prime professioni citate, il contenuto della prestazione può considerarsi un’attività protetta in senso stretto, mentre per le seconde si prescinde questo collegamento. Ne deriva che, l’esclusione dalle norme sul lavoro a progetto è possibile solo nei casi in cui il professionista iscritto all’albo, trae dal contratto di collaborazione prestazioni esclusive, il cui contenuto concreto si riferisce a quella attività professionale specifica. Per i soggetti iscritti ad un albo, che svolgono attività non esclusive, si applicano le norme sul contratto a progetto.56 Per meglio capire, è noto che la professione legale, comprende sia l’attività di rappresentanza e difesa in giudizio, sia la consulenza. Nel primo caso, il contenuto è riconducibile all’attività professionale per la quale è richiesta l’iscrizione all’albo, questo incarico risulta sempre sottratto dalle disposizioni sul contratto a progetto. Al contrario, l’attività di consulenza, non essendo esclusiva, può essere praticata anche da un soggetto non iscritto all’albo. In quest’ultima fattispecie non si esclude l’applicazione delle norme sul contratto a progetto, anche nel caso in cui il professionista è iscritto all’albo. Si vuole con ciò affermare che, l’iscrizione ad un albo non è automaticamente esenzione soggettiva all’obbligo del
56 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nella riforma Monti, in Lav. Dir., 2012, 3-4, pag.555.
progetto, ma la deroga alla norma si riferisce all’esercizio delle specifiche attività professionali per le quali è obbligatoria l’iscrizione all’albo. 57
2.2.4. L’assegnazione di compiti non esecutivi e ripetitivi.
L’art. 61 stabilisce al primo comma che “il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale”, il legislatore con tale disposizione vuole evidenziare la genuinità del contratto a progetto. Con questa norma si vuole evitare che dal contenuto del contratto o dalle modalità di svolgimento della collaborazione, emergano i caratteri della “semplicità” o “abitualità”. Con “compiti meramente esecutivi” si intende la semplice esecuzione di quanto stabilito, di volta in volta dal committente, senza nessuna possibilità di autonomia da parte del collaboratore, il quale deve svolgere delle attività che non permettono un’autodeterminazione delle modalità esecutive.58 Per quanto concerne i “compiti meramente ripetitivi” si intendono quelle attività per le quali non sono necessarie indicazioni da parte del committente. Si tratta di mansioni semplici, le quali non richiedono particolari disposizioni di carattere operativo come ad esempio l’attività di barista o cameriera.
La novella, sembra dare ragione a qualche commentatore del d.lgs. 276/2003, il quale sosteneva che la riforma volesse limitare il campo di applicazione alle prestazioni di
57 XXXXXXX A., op. cit., pag. 556.
58 Circolare Ministeriale 12 dicembre 2012, n. 29.
lavoro “di alta qualifica o comunque di contenuto ben delimitato.”59 Ne deriva che siamo di fronte ad una collaborazione a progetto nel momento in cui viene riconosciuta autonomia operativa nello svolgimento dei compiti assegnati al collaboratore. Il nuovo concetto di progetto sembra voglia ritagliarsi un ambito di applicazione più circoscritto rispetto al passato, consentendo l’utilizzo alle professioni più qualificate. Infatti, a tal proposito la contrattazione collettiva individua le professioni ad alta professionalità, alle quali possono essere attribuiti compiti ripetitivi o esecutivi, mentre se tali funzioni fossero addebitate a figure professionali non qualificate, potrebbero indurre a pensare che si sia realizzata l’esistenza di un rapporto di subordinazione, in quanto sono attività svolte in modo analogo ai soggetti dipendenti dell’impresa committente. La norma ha sollevato alcune perplessità: parte della dottrina ritiene che non è determinabile l’autonomia della prestazione dalla esecutività e dalla ripetitività, bensì dal modo in cui la prestazione è svolta effettivamente. Per la prima volta con tale disposizione si è notato che è stato “superato il consolidato principio secondo cui qualsiasi attività lavorativa economicamente valutabile, poteva essere dedotta in un contratto di lavoro subordinato od autonomo a seconda delle modalità di svolgimento della prestazione.” 60 La nota effettuata è senz’altro corretta, ma non è priva di critiche, infatti, è stata sollevata una violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto molti rapporti di lavoro non subordinato svolgono compiti ripetitivi e esecutivi, ma in questo contesto risultano discriminate attività aventi le stesse peculiarità, solamente perché collocate all’interno del
59 MISCIONE, Il collaboratore a progetto, in Lav.Xxxx., 2003, 9, pag. 818.
60 MARAZZA M., Il lavoro autonomo dopo la riforma del governo Xxxxx, in WP C.S.D.L.E “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, 2012.
contratto a progetto. 61 E’ importante rilevare che il lavoratore a progetto, si trova a dirigere un progetto programmato da altri, non si può quindi escludere, che vengano svolte attività talvolta ripetitive e esecutive. Dopo la Riforma Biagi, Miscione62 sostenne che l’attività esecutiva del progetto, dovesse essere esclusivamente ideativa o creativa, e non semplicemente operativa, tale proposta al tempo non riscosse particolare successo, ma potrebbe oggi essere confermata dalla novella.
Solleva ulteriori perplessità il fatto che il legislatore, trattando una materia facente parte del lavoro autonomo, faccia rinvio alla contrattazione collettiva, di fatto non presente in questo campo del mercato del lavoro, prevedendo nel caso in cui non fosse presente una specificazione contrattuale, la piena facoltà al giudice di stabilire quali compiti sono da intendersi come esecutivi e quali non lo sono. Se si rilevasse la presenza nel progetto, di compiti meramente esecutivi, ne conseguirebbe la sanzione di conversione del contratto in subordinato a tempo indeterminato. La prova contraria è ammessa ma è a carico del committente. Appare invece spropositato, il problema sollevato dalla dottrina, la quale si è soffermata sul termine “compiti” assegnabili al collaboratore, ritenendo tale terminologia ambigua, “sostiene che compiti diversi da quelli espressamente indicati (…) possano essere legittimamente ricompresi nel progetto.” 63 Il legislatore ha usato un concetto generico, ma questo non distoglie l’attenzione dalla ratio, che appare molto nitida all’interno della norma, la quale viene supportata dalla disciplina dei regimi presuntivi introdotti dagli artt. 69 e 69 bis.
61 XXXXXXX A., op. cit., pag .551.
62 MISCIONE M., professore ordinario di Diritto del Lavoro presso l’università di Trieste.
63 PINTO V., Prime chiose sulla nuova disciplina delle collaborazioni a progetto, in W.P. C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT. 151/2012.
E’ utile analizzare qualche caso che ha dovuto scontrarsi con l’imponente presenza del progetto, casi che oggi alla luce delle modifiche apportate dalla L. 92/2012, sembrano preclusi per le nuove disposizioni previste sulla flessibilità in entrata. L’esempio calzante è rappresentato dalla attività svolta nei call center, il progetto doveva riferirsi ad ogni singola campagna, la cui durata indicava il termine per la durata del rapporto di lavoro.64 Il progetto doveva essere preciso e doveva contenere alcuni elementi specifici. Era necessario però distinguere tra campagna out bound e quelle in bound. Per le campagne in uscita dal call center verso l’utente si poteva prefigurare un contratto a progetto genuino, in quanto il collaboratore si doveva attivare per contattare in un tempo prefissato, l’utenza di un prodotto o un servizio ricollegabile ad uno specifico committente. Il contenuto di tale prestazione era modulabile sulla base di un risultato stabilito dalle parti. Non si poteva invece affermare altrettanto per le campagne in entrata, in quanto l’operatore riceveva delle telefonate ed era suo compito fornire tutte le informazioni necessarie al cliente. Il contenuto di questa prestazione era molto variabile e imprevedibile, quindi era impossibile per l’operatore prestabilire l’oggetto. Per tale ragioni, il raccordo alle collaborazioni coordinate e continuative risulta inapplicabile. La L. 92/2012 ha apportato dei cambiamenti sia per le campagne in bound sia out bound, infatti dal 18 luglio 2012, è vietata l’applicazione del contratto a progetto anche alle campagne in uscita.
2.2.5 L’irrilevanza del tempo di lavoro.
64 Circola Ministero del Lavoro, 14 giugno 2006, n. 17.
L’autonomia nella decisione delle modalità temporali, si presta come strumento per realizzare un rapporto di collaborazione elastico e flessibile. Questo permette di non irrigidire l’attività di lavoro a periodi determinati. Il Consiglio di Stato65 a tal proposito ha differenziato il concetto orario di lavoro e quello di irrilevanza dell’orario. I giudici amministrativi, si sono espressi affermando che nel contratto a progetto “è irrilevante” non simboleggia che alle parti che decidono di utilizzare questa tipologia contrattuale sia preclusa la possibilità di definire una modalità temporale della prestazione, se necessaria a raggiungere l’obiettivo individuato nell’accordo tra i soggetti. Nel contratto a progetto con l’espressione “irrilevanza del tempo di lavoro”, si vuole intendere che non costituisce il connotato essenziale del rapporto. In alcune fattispecie di lavoro a progetto, può accadere che il collaboratore sia presente nel luogo di lavoro per un intervallo di tempo preciso, questo ha una importanza cruciale all’interno del rapporto, perché il coordinamento tra collaboratore e organizzazione, può essere essenziale per realizzare il progetto. In conclusione non è l’orario di lavoro, eventualmente stabilito dalle parti, a qualificare il legame bensì l’obiettivo finale prefissato dal committente, indipendentemente dal tempo impiegato.
2.3 La Forma del contratto a progetto.
L’art. 62 d.lgs. 276/2004 sancisce che il contratto a progetto debba essere stipulato in forma scritta e debba contenere, alcuni elementi, la durata della prestazione di lavoro - determinata o determinabile -, l’identificazione specifica del contenuto del progetto del
65 Consiglio di Stato 3 aprile 2006, n. 1743.
risultato finale che si intende raggiungere con la collaborazione, il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, le forme di coordinamento del collaboratore con l’organizzazione ed eventuali misure a tutela della salute e sicurezza del lavoratore. Non è chiaro se la forma scritta del contratto sia necessaria solo ai fini probatori o se debba ritenersi essenziale per l’esistenza del contratto.66 La distinzione è importante perché le conseguenze per la mancanza della forma scritta sono diverse, nel caso in cui la forma scritta sia richiesta ad substantiam essa diventa un elemento essenziale del contratto e la sua inosservanza provoca la nullità dello stesso. Nella fattispecie in cui la forma scritta è richiesta ad probationem, l’accordo tra le parti, avvenuto senza l’osservanza della forma prevista dalla legge, non può essere nullo. In questo contesto la mancanza della forma scritta del contratto può comportare una limitazione della prova, infatti non trovano applicazione le prove più comuni quali la prova testimoniale e per presunzione. Per il contratto a progetto, la prova scritta è da ritenersi ad probationem67, in quanto il requisito della forma, è inserito sia a tutela del contraente più debole, sia a garantire la certezza e la trasparenza delle relazioni giuridiche. 68 Visto l’elenco preciso che il contratto deve contenere, si ritiene che il legislatore abbia previsto la forma scritta per riconoscere una tutela minima in capo al collaboratore. La forma scritta ad probationem, nel caso in cui non fosse prevista nel contratto, non determina la nullità dello stesso. Tale tesi è sostenuta dalla sentenza del Tribunale di Ravenna del 24 novembre 2005, n. 14, la quale ha deliberato che il contratto a progetto non è nullo -in accordo con quanto previsto dall’art.
66 PERULLI A., Tipologie contrattuali a progetto e occasionali, in Gragnoli- Perulli, La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, pag. 739.
67 XXXXX X., Prime chiose sulla nuova disciplina delle collaborazioni a progetto, in W.P. C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT. 151/2012.
68 XXXXXXX A., op. cit., pag. 757.
62 d.lgs. 276/2003- nella circostanza in cui manchi la forma scritta, in quanto sostiene che si possa lavorare a progetto anche prima della redazione del contratto per iscritto, senza mai dover sopportare conseguenze diverse dalle limitazioni ai fini probatori.69
2.3.1 I requisiti del contratto : la durata.
Come sopra esposto l’art. 62 d.lgs. 276/2003 effettua un’elencazione di elementi che il contratto deve contenere ai fini della prova. Tra questi si indica la durata, determinabile o determinata, della prestazione di lavoro.70 Il contratto a progetto può avere una durata determinata dall’indicazione di una data o al verificarsi di un determinato evento. Sicuramente non è ammesso un rapporto di lavoro a progetto indeterminato nella durata, il legislatore ha stabilito infatti, che il rapporto si concluda nel momento in cui viene soddisfatto l’oggetto per il quale è stato redatto. La disposizione è stata letta come se il legislatore intesse introdurre una nuova ipotesi di lavoro a termine, quindi sfavorevole per il collaboratore. Questa interpretazione non è condivisibile in quanto la ratio della riforma è incentrata ad evitare un abuso nell’utilizzo delle collaborazioni a progetto, la previsione di una durata è volta a indicare un termine minimo posto a favore del prestatore di lavoro. A supporto di questa lettura della norma, si può richiamare la disciplina generale dei contratti, la quale stabilisce che la previsione di un termine è da intendersi a favore del debitore, ciò implica che il creditore non può pretendere la prestazione fino al momento
69Tribunale di Ravenna sentenza del 24 novembre 2005, n. 14, in xxx.xxxxxxxxxxx.xxxxxx00xxx.xxx , consultato nel mese di agosto 2013.
70 Art. 62, comma 1, lett. a), d.lgs. 276/2003.
della scadenza.71 Nella fattispecie del lavoro a progetto, il risultato stabilito non può essere preteso fino al momento della scadenza del termine concordato per iscritto dal contratto. Come sopra già enunciato, la forma scritta ad probationem, prevede la validità del contratto anche senza l’indicazione della durata. D’altronde, l’eventuale conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, opera esclusivamente se manca l’individuazione di uno specifico progetto. 72 Non bisogna infatti dimenticare che le collaborazioni a progetto rientrano nella categoria di lavoro autonomo, e per tale ragione, a prevalere è il risultato finale non la durata. Xxxxxxxx affermare che, mentre nel contratto di lavoro subordinato, il modello dominate è il contratto a tempo indeterminato, l’indicazione di un termine è sfavorevole per il lavoratore, nella fattispecie lavoro autonomo, il termine simboleggia la previsione di un minimo garantito. 73
Alcuni autori ritengono che l’elemento di novità è rappresentato dal fatto che in un contratto di lavoro autonomo possa essere prevista in anticipo la durata della collaborazione, la quale può essere determinata solo con la definizione dell’orario di lavoro in cui si svolge la prestazione. La giurisprudenza 74ha precisato che, in un rapporto di lavoro a progetto è si irrilevante l’orario di lavoro, ma ciò non significa che le parti debbano precludersi la possibilità di concordare una prestabilita misura temporale della prestazione, se essenziale ai fini del raggiungimento dell’obiettivo contrattualmente individuato.
71 Art. 1183 c.c.
72 Art. 69, comma 1, d.lgs. 276/2003
73 LUNARDON F., Xxxxxx a progetto e lavoro occasionale, a cura di CARINCI F., Milano, 2004, pag. 34.
74 TIRAMBOSCHI M., Accordi liberi per l’orario, nota a Consiglio di Stato, 3 aprile 2006, n. 1743.
2.3.2 I requisiti del contratto: la descrizione del progetto e il risultato finale.
Continuando l’analisi dell’art.62 d.lgs. 276/2003, si osserva che la Riforma Fornero alla lettera b) ha abrogato la precedente disposizione sostituendola con “descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire.”75 La modifica apportata dalla L.92/2012, prevede l’indicazione di un progetto specifico, individuato nel suo contenuto caratterizzante, quale elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione. Il legislatore ha individuato alcuni elementi minimali che devono essere rispettati. Il progetto, come più volte evidenziato, deve avere la caratteristica della specificità, il collaboratore deve poter organizzare liberamente la propria attività lavorativa, ma allo stesso tempo deve coordinarsi con le esigenze dell’organizzazione. Si annovera inoltre l’obbligo di individuare un ambito specifico di azione - per il committente - che formi l’aspetto peculiare della collaborazione, senza che questo coincida con l’oggetto sociale del committente. Il progetto, non può consistere in compiti meramente esecutivi e ripetitivi e dovrà essere ricondotto ad un determinato risultato finale. In definitiva, stante la nuova disposizione dell’art. 61, comma 1, del d.lgs. 276/2003 è necessario specificare l’obiettivo che si vuole raggiungere nel periodo di tempo stabilito, il quale dovrà trovare riscontro nel risultato finale effettivamente realizzato.
75 Art. 62, comma 1, lett. b), d.lgs. 276/2003.
2.3.3 I requisiti del contratto: il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione.
Un elemento importante è l’indicazione del corrispettivo, nello specifico: i criteri per la sua determinazione, i tempi e le modalità di pagamento ed eventualmente la disciplina per il rimborso delle spese. La norma lascia piena autonomia alle parti di definire i criteri per determinare il corrispettivo. Xxxxxxx autore76 sostiene non ci siano elementi di novità rispetto al principio di libertà sancito dalle disposizioni sul lavoro autonomo, le parti sono libere di stabilire il corrispettivo al momento della stipulazione del contratto d’opera o possono determinarlo attraverso criteri che le parti stesse hanno individuato. Si è notato come i soggetti nella determinazione del corrispettivo, possono far riferimento alle tariffe nazionali, le quali costituiscono un parametro oggettivo. Il prezzo può anche non essere stabilito in quanto è utile solo ai fini di prova, non per la validità del contratto, ma a favore dell’art. 2225 c.c. è previsto che il corrispettivo, se non è stato determinato dalle parti e non è determinabile secondo le tariffe professionali o gli usi, viene stabilito dal giudice.77 Il corrispettivo generalmente viene elargito alla conclusione della prestazione, ma le parti possono concordarsi ed effettuare dei pagamenti rateali o in anticipo.
2.3.4 I requisiti del contratto: il coordinamento tra committente e collaboratore con riguardo all’autonomia nell’esecuzione della prestazione.
All’art. 62 lettera d) del d.lgs. 276/2003 si afferma che il lavoratore a progetto debba coordinarsi con il committente, ma si mette in evidenza che in ogni caso non può essere
76 PERULLI A., op. cit., pag. 744.
77 Art. 2225 c.c.
pregiudicata l’autonomia del collaboratore nell’eseguire la prestazione. In sede di stipulazione del contratto le parti possono accordarsi nell’esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, con ciò si intendono l’insieme delle modalità con cui viene svolta la prestazione, dirette alla realizzazione del progetto.78 Resta ben chiaro che non si possono prevedere tentativi di assoggettamento del collaboratore a qualsiasi forma di subordinazione, in quanto deve restare intatta l’autonomia nell’esecuzione della prestazione da parte del prestatore. Le forme di coordinamento, possono essere modificate solo con il consenso di entrambe le parti durante lo svolgimento della collaborazione, fatto salvo l’accordo tra i soggetti di definire, volta per volta, le regole di realizzazione della prestazione. In linea con la riforma – volta ad evitare comportamenti fraudolenti - si prevede la forma scritta, diretta a porre dei limiti al potere di coordinamento del committente, in modo che non possa esplicitarsi nel potere direttivo tipico del lavoro subordinato. 79 Come più volte affermato, per il contratto a progetto vige il principio dell’irrilevanza del tempo impiegato per l’esercizio della prestazione, ma non si esclude la possibilità tra le parti di predeterminare un orario di lavoro, se questo è utile a realizzare nei migliori dei modi il coordinamento tra il committente e il collaboratore.
2.3.5 Misure a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro del collaboratore a progetto, tenuto in considerazione quanto stabilito dall’art. 66, 4° comma.
78 XXXXXXX – XXXXXXXXXX, Prime chiose sulla nuova disciplina delle collaborazioni a progetto, in Arg. Dir. Lav., 2004.
79 XXXXXXX A., op. cit., pag. 749.
Nel contratto, per espressa volontà di legge, dovranno essere precisate, nel caso in cui la prestazione si svolga nei luoghi del committente, le misure a tutela della salute e della sicurezza del prestatore di lavoro a progetto. Tali previsioni fanno riferimento all’attività commissionata al collaboratore, alle quali si affiancano le disposizioni più generali previste dal D.lgs. 81/2008.80 Va inoltre considerato, che in base all’art. 66, 4° comma del d.lgs. 276/ 2003 al lavoratore a progetto vanno applicate le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tale argomento verrà approfondito con l’analisi dell’art. 66 del d.lgs. 276/2003.
2.3.6 Effetti provocati dai vizi di forma.
La forma scritta del contratto a progetto, come già evidenziato, è richiesta ad probationem, quindi ai soli fini di prova, ciò significa che la mancanza non comporta la nullità del contratto ma solo l’impossibilità di provare l’esistenza di un rapporto genuino. A sostegno di questa tesi bisogna affermare che la carenza di una descrizione per iscritto del progetto può portare alla mancanza di progetto che determina l’invalidità del contratto.81 È stato da più autori sostenuto che l’assenza della forma scritta rende difficile l’individuazione di un progetto specifico, “l’assenza di forma scritta del contratto tout court e dell’indicazione del progetto nel contratto, si presenta pericolosamente vicina
80 Il Governo, ha emanato il D.lgs. 9 Aprile 2008, n. 81, allo scopo di riordinare la normativa vigente, in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, tenendo in considerazione le peculiarità delle nuove tipologie contrattuali, soprattutto riguardo al lavoro a progetto.
81 BALLESTRERO M.V. – DE XXXXXX X., Collaborazioni coordinate e continuative, lavoro a progetto, lavoro autonomo, a cura di NOVELLA M., Torino, 2013, pag. 132.
all’ipotesi di assenza di progetto.” 82 E’ necessario ricordare che il giudice non può fondare la sua decisione su un dato prettamente formale, come la mancanza dell’indicazione per iscritto del progetto, ma dovrà valutare la sua assenza in concreto.83 Il Tribunale di Ravenna nella sentenza del 24 novembre 2005, n. 14 afferma che la sanzione prevista dall’art. 69, 1° comma di conversione del rapporto in un contratto subordinato a tempo indeterminato, può avvenire solo per la mancanza di un progetto specifico, bisogna quindi accertare che oltre alla mancanza formale del progetto manchino anche i requisiti sostanziali. Questa affermazione è in linea con quanto predispone l’art. 62, il quale afferma che la forma scritta è richiesta ad probationem, e prevedere la conversione del contratto per la mancanza della forma scritta, significherebbe richiedere la forma scritta a pena di nullità (ad substantiam). Alcuni autori ritengono che il progetto e la durata previsti dall’art. 62 siano da considerare quali elementi essenziali che non possono mai venir meno in un contratto a progetto. Come già specificato in precedenza, la mancanza della forma scritta per il progetto e la durata possono generare delle difficoltà solo dal punto di vista probatorio, poiché nel caso in cui non si riesca a dimostrare l’esistenza del progetto, si applica la sanzione prevista dall’art. 69, 1° comma.
2.4 Il corrispettivo dovuto al collaboratore a progetto.
L’originaria disposizione in materia di corrispettivo si fondava sulla previsione di un “compenso normalmente predisposto per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel
82 LUNARDON F., op. cit., pag. 51.
83 Tribunale di Milano, sentenza 23 marzo 2006, n. 822 in xxx.xxxx.xxxxx.xx, consultato nel mese di agosto 2013.
luogo di esecuzione del rapporto.” 84 Tale disposizione era stata successivamente arricchita nel 2007, grazie ad un intervento che ha introdotto un ulteriore parametro di commisurazione del compenso. Le parti avrebbero dovuto accordarsi sul corrispettivo considerando la retribuzione abitualmente corrisposta per prestazioni di analoga professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento.85 Questo apparve un notevole progresso in quanto solitamente i compensi dei lavoratori a progetto erano notevolmente inferiori rispetto alle retribuzioni dei lavoratori subordinati. 86 All’interno della legge finanziaria del 2007 era previsto il rinvio alla contrattazione collettiva e in tal modo si prevedevano, attraverso accordi nazionali, condizioni più vantaggiose per il lavoratore a progetto.
Una modifica corposa della disciplina del lavoro a progetto è stata apportata dalla legge n.92/2012 con l’art. 63 del d.lgs. 276/2003, secondo cui “il compenso dei lavoratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito.”87 Il legislatore ha “esteso” al lavoro a progetto, il concetto di proporzionalità della retribuzione espresso dall’art. 36 della Costituzione, di norma applicato al lavoro subordinato. L’art. 36 della Costituzione italiana afferma “che ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro(…).”88 Di ciò si ha conferma al 1° comma dell’art. 63, il quale ravvisa la necessità che il corrispettivo, non possa “essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in
84 Ex Art. 63 del d.lgs. 276/2003 oggi abrogato dalla L. 92/2012.
85 Art 1, comma 772, l. n. 296/2006.
86 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nella riforma Monti, in Lav. Dir., 2012, pag. 559.
87 Art. 63, comma 1, d.lgs. 276/2008.
88 Art. 36 Costituzione Italiana.
ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria, ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.”89
Le modifiche da ultime introdotte consentono di ancorare la determinazione del compenso a parametri oggettivi – garantendo in questo modo la proporzionalità della retribuzione – e a quanto prescritto dall’autonomia collettiva per prestazioni simili di natura subordinata.90
È inoltre previsto, che in mancanza di contrattazione collettiva specifica il compenso non potrà essere minore “alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza ed esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto91.”
La nuova disciplina del corrispettivo prevede il riferimento obbligatorio ai trattamenti economici previsti dai contratti collettivi ed ha lo scopo di garantire ai lavoratori a progetto un corrispettivo almeno paragonabile a quello dei lavoratori subordinati che svolgono mansioni di uguale valore. La ratio che spiega l’intervento legislativo sul punto è quella di evitare il ricorso ai lavoratori a progetto in quanto considerati come “manodopera a basso costo.”92
89 Art. 63, comma 1 d.lgs. 276/2003.
90 XXXXXXX A, op. cit., pag, 560.
91 Art. 63, comma 2, d.lgs. 276/2003.
92 BALLESTRERO M.V. – DE XXXXXX X., Collaborazioni coordinate e continuative, lavoro a progetto, lavoro autonomo, a cura di NOVELLA M., Torino, 2013, pag. 132.
Con riferimento alle disposizioni che regolano il corrispettivo del lavoratore a progetto, si può affermare che si è realizzato un avanzamento con la previsione del criterio della proporzionalità nella definizione del compenso, mentre resta ancora oggi non garantito il principio - a fondamento della retribuzione prevista per i lavoratori subordinati
- della sufficienza. Riflettendo il criterio della sufficienza nella retribuzione potrebbe non essere previsto nell’art. 63 del d.lgs. 276/2003 in quanto la figura del lavoratore a progetto rientra nella fattispecie del lavoro autonomo, può esercitare la sua attività senza vincoli di subordinazione e impegnare le sue energie lavorative a favore di più committenti.
2.5 L’obbligo di riservatezza.
Analizzando le disposizioni contenute nel d.lgs. 276/2003, e con particolare riferimento alle norme che regolano il lavoro a progetto, emergono caratteristiche peculiari del lavoro autonomo, come per esempio, l’autonomia del collaboratore - il quale non deve sottostare al potere direttivo del committente - e il vincolo del risultato da conseguire. Contemporaneamente, ci sono aspetti che rievocano istituti tipici del lavoro subordinato. L’obbligo di riservatezza rappresenta un richiamo all’obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c.) 93 richiesto ai lavoratori dipendenti. In sostanza l’art. 64 estende al collaboratore a progetto il contenuto dell’art. 2105 c.c. con un cambio di rubrica. 94 Alcuni autori ritengono che la compresenza di elementi tipici del lavoro subordinato, ed elementi
93 Art. 2105 c.c. rubricato: “Obbligo di fedeltà”.“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”
94 LUNARDON F., op. cit., pag. 59.
caratteristici del lavoro autonomo, rendano le tutele previste per i lavoratori a progetto “non correttamente calibrate.” 95
All’art. 64, comma 1, si sostiene, che salvo diverso accordo, il collaboratore può svolgere la sua attività a favore di più committenti.
La pluricommittenza permette al collaboratore a progetto di beneficiare di più opportunità lavorative, in linea con la flessibilità ed elasticità collegata alla tipologia contrattuale. Può accadere che il committente richieda lo svolgimento dell’attività in esclusiva. Si ritiene che in assenza di indicazioni specifiche, la limitazione da parte del committente nei confronti del collaboratore può avvenire contestualmente alla stipulazione del contratto, o successivamente all’avvio del rapporto di collaborazione.96 Il collaboratore che si obbliga a prestare la propria attività per un unico committente, avrà diritto a ricevere un compenso superiore.97
Al legislatore va sollevata una critica, ossia quella di non essere intervenuto, regolandola, sull’ipotesi di un accordo di esclusività che come noto limita fortemente l’autonomia del lavoratore a progetto. Bisogna sottolineare che la monocommittenza assume un carattere di straordinarietà, nelle intenzioni del legislatore fortemente indirizzato verso una collaborazione a favore di più committenti.98
95 ZILIO GRANDI G., Sub. Art. 64, in Tipologie contrattuali a progetto e occasionali, a cura di XXXXXXX- XXXXXXXX, La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, commentario al D.lgs. 276/2003, pag. 755.
96 XXXXX V., op. cit., pag. 24.
97 XXXXXXXXX D., Xxxxxxx e obblighi del collaboratore a progetto, in Il lavoro nella Xxxxxxxxxxxxxx, 0/0000, pag.31.
98 XXXXX XXXXXX G., Sub. Art. 64, in Tipologie contrattuali a progetto e occasionali, a cura di XXXXXXX- XXXXXXXX, La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, commentario al D.lgs. 276/2003, pag. 757.
Al comma 2 dell’art. 64, si afferma “che il collaboratore a progetto non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.”99 Le posizioni giuridiche passive che ricadono in capo al collaboratore a progetto sussistono nell’obbligo di non concorrenza tra i committenti e l’obbligo di riservatezza il quale presuppone il divieto di diffondere notizie proprie del committente e l’interdizione a compiere atti che potrebbero essere pregiudizievoli per il committente. Seppur il lavoro a progetto rientra nel contesto del lavoro autonomo, i predetti precetti sono volti a garantire e tutelare il committente, il quale ha interesse a mantenere competitiva la sua impresa e una buona posizione di mercato. La disposizione al 2° comma richiama il contenuto negativo degli obblighi imposti dall’art. 2105 c.c. al lavoratore subordinato. In questo contesto non ha rilevanza se il rapporto è subordinato o autonomo, i concetti di concorrenza e pregiudizio sono paragonabili a quelli dell’art. 2105 c.c.
Con riferimento all’obbligo di non concorrenza, il collaboratore a progetto non può svolgere attività in concorrenza con i committenti. Questa disposizione è in linea, oltre che con l’art. 2105 c.c., anche con le disposizioni più generiche che si riferiscono al rapporto obbligatorio in generale, secondo il quale le parti devono comportarsi secondo le regole della correttezza100 e buona fede.101 Una precisazione sul punto risulta necessaria. In questo contesto si parla di concorrenza quando il collaboratore, esercitando l’attività per fini di guadagno, può sviare la clientela del committente in quanto opera nel
99 Art. 64, comma 2 d.lgs.276/2003.
100 Art. 1175 c.c. : “il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza”.
101 Art. 1375 c.c. : “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”.
medesimo territorio e settore produttivo. Tale previsione contrasta con la possibilità del collaboratore di svolgere l’attività per più committenti102, soprattutto se la sua prestazione è specialistica. Per questa ragione c’e chi sostiene103che il divieto sia riferibile all’attività del collaboratore e non alle tipologie di attività svolte dai suoi committenti. Questa tesi però, viene smentita dalla norma, la quale ha sancito il divieto per “attività in concorrenza con i committenti”utilizzando una forma plurale. Qualcuno si è posto il quesito se il divieto vale anche al termine del rapporto di collaborazione o se tale obbligo è ravvisato come accessorio, sussistente per il solo periodo in cui è dovuta la prestazione principale.104 La risposta è univoca, l’obbligo di non concorrenza vincola il collaboratore solamente durante il periodo di validità del contratto. Le parti possono accordarsi per stabilire un termine diverso al divieto di concorrenza che può estendersi anche per una durata superiore a quella del contratto stesso. In assenza di un accordo tra i soggetti, il divieto di concorrenza cessa con l’estinzione del contratto.105
Il secondo limite posto a capo del committente contiene un duplice divieto: l’obbligo di non divulgare notizie riservate, e la seconda proibizione consiste nel non diffondere informazioni attinenti ai programmi e all’organizzazione di essi. Tale obbligo a differenza di quello di non concorrenza, permane anche dopo la cessazione del rapporto, e comporta in caso di violazione una responsabilità risarcitoria del collaboratore. 106
102 Come previsto dall’art. 64, comma 1.
103 ZILIO GRANDI G., op. cit., pag. 760.
104 LUNARDON F.; op. cit., pag. 60.
105 XXXXXXXXX D., Xxxxxxx ed obblighi …, op. cit., pag. 35
106 XXXXXXXXX D., Xxxxxxx ed obblighi …, op. cit., pag. 35.
Il terzo limite riguarda il compimento di atti che comportano un pregiudizio all’attività dei committenti 107 . Questo limite riguarda qualsiasi tipologia di atti pregiudizievoli all’impresa, che non son contenuti negli altri due divieti. Tale precetto permane per tutta la durata del contratto.
In generale, nei contratti a progetto, vengono inserite apposite clausole di riservatezza e divieti di concorrenza volte a tutelare possibili comportamenti scorretti, anche in buona fede, del collaboratore. Il collaboratore si può avvalere di conoscenze specifiche che vanno a formare il suo bagaglio professionale, che spesso non può essere scisso poiché deriva dalla esperienza maturata negli anni di professione, nonostante ciò, è tenuto a non divulgare notizie sensibili dell’impresa, oltre che il know how di cui sia venuto a conoscenza durante la collaborazione. In caso contrario verrà applicata la sanzione civilistica, di risarcimento del danno, e il committente avrà il diritto di recedere prima della cessazione del rapporto per giusta causa.
L’obbligo di riservatezza acquisisce rilevanza penale, come predisposto dagli art. 622
c.p.108 e 623 c.p.109. I soggetti che ricoprono una funzione speciale o abbiano una qualifica particolare, proprio per la natura della loro professione, possono essere venuti a conoscenza di informazioni particolarmente sensibili e riservate, per questa ragione sono sottoposti al rispetto del segreto professionale. La sanzione, prevista per chi integra il reato, sopravvive anche alla cessazione del contratto di collaborazione.
Allo scadere del rapporto di collaborazione non viene predisposta alcuna estensione dell’obbligo di riservatezza e non concorrenza, diversamente da quanto accade per il
107 Art. 64, comma 2, d.lgs. 276/2003.
108 Art. 622 c.p. “Rivelazione di segreto professionale”.
109 Art. 623 c.p. “Rivelazione di segreti scientifici o industriali”.
lavoratore dipendente, che è considerato un potenziale attore di “concorrenza differenziata.”110
2.6 Il diritto di invenzione.
Ai sensi dell’art. 2590 c.c. “il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. I diritti e gli obblighi delle parti relative all’invenzione sono regolati da leggi speciali.” Prendendo in esame il diritto di invenzione per i lavoratori subordinati emerge che l’autore dell’invenzione può rivendicare nei confronti di tutti la paternità dell’opera ed opporsi a qualsivoglia deformazione o modificazione che possa recare pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. 111 Per quanto concerne l’utilizzo economico dell’opera da parte dell’autore della stessa - in ogni forma e modo - risulta attenuato dalle limitazioni imposte dalle leggi speciali.112
Ora si pone il quesito se quanto previsto per il lavoratore subordinato, possa applicarsi anche al collaboratore a progetto.
Ai sensi del comma 1, dell’art. 65, il lavoratore a progetto ha il diritto di ottenere il riconoscimento come autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto lavorativo. Il legislatore in riferimento al diritto di invenzione per il collaboratore a
110 TRIONI, L’obbligo di fedeltà nel rapporto di lavoro, Milano, 1982. Con il termine “Concorrenza
differenziata” si intende la situazione in cui può trovarsi il lavoratore subordinato il quale, interrompendo il rapporto di lavoro con l’azienda, dispone di informazioni che potenzialmente potrebbero permettergli di esercitare un’attività in concorrenza con l’ex datore di lavoro.
111 L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 20, comma 1.
112 L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 12, comma 1.
progetto rimanda “senza neppure nominarlo”113 a quanto previsto all’art. 2590 c.c. e alle leggi speciali.
I diritti e gli obblighi delle parti sono disciplinati da leggi speciali, ma anche da quanto stabilito dall’art. 12 bis, L. 633/1941 114 - legge sul diritto d’autore – cui fa riferimento l’art. 65 d.lgs. 276/2003. Con questa previsione, in assenza di disposizioni più favorevoli per il lavoratore autonomo si ritiene ammissibile l’applicazione delle norme previste per il lavoratore subordinato, in particolare l’art. 2590 x.x. x xxx xxxxxxxx xxx 00 xx 00 xxx Xxxxx Xxxxxxx 1127/1939.115 Il rinvio alle leggi speciali esprime la volontà del legislatore di cercare un compromesso tra l’esigenza dell’organizzazione e quella dell’autore dell’invenzione, il quale desidera vedere riconosciuti i risultati conseguiti. La norma n. 1127/1939 in tema di brevetti per invenzioni industriali, prevede tre fattispecie diverse di invenzioni, le prime esplicitate dall’art. 23 r.d. 1127/1939, la cui linea di confine ha sollevato delle critiche in dottrina, la terza ipotesi è contenuta all’interno dell’art. 24 r.d. 1127/1939. La prima tipologia, riguarda le invenzioni di servizio, 116 prevede che l’attività inventiva derivi dall’oggetto del contratto - quindi rientra nel progetto – e a tal scopo è prevista una retribuzione. In questa circostanza i risultati originati dall’invenzione appartengono al datore di lavoro,117all’inventore spetta il diritto di essere riconosciuto autore. 118 Il collaboratore che decide di impegnarsi in questa collaborazione non ha alcun diritto patrimoniale d’autore, in quando l’oggetto del
113 PEDRAZZOLI, op. cit., pag. 793.
114 L. 22 aprile 1941, n. 633.
115 X.X. 00 giugno 1939, n.1127. Ora D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.
116LUNARDON F. op. cit., pag. 61. Le invenzioni di servizio richiedono un duplice requisito: l’attività inventiva come oggetto del contratto e un corrispettivo che tenga conto di tale attività.
117 UBERTAZZI L, Profili soggettivi del brevetto, Milano, 1985, pag. 11.
118 Art. 23, comma 1, X.X. 00 giugno 1939, n. 1127.
contratto è rappresentato dall’obbligo assunto che consiste nell’attività inventiva. Il lavoratore non ha il diritto di ricevere un compenso aggiuntivo per l’invenzione, il suo corrispettivo è già commisurato alla prestazione dovuta. Di parere diverso è la Cassazione che con sentenza 6 marzo 1992, n. 2732119 ha riconosciuto un’integrazione del compenso all’inventore in ragione alla mansione assunta. Questa decisione non è stata accolta in modo favorevole dalla dottrina.
La seconda tipologia120 riguarda le invenzioni aziendali, questa ipotesi si realizza se non è prevista una retribuzione per l’attività inventiva e l’invenzione avviene durante lo svolgimento del contratto e nel corso dell’orario di lavoro.121 In questa circostanza a differenza della precedente disposizione si prevede che “il diritto di brevetto spetti al datore di lavoro, mentre all’inventore è dovuto un equo premio.”122 La giurisprudenza, a tal proposito si divide: alcuni sostengono che il premio debba essere riconosciuto al lavoratore anche se l’imprenditore non richiede il rilascio del brevetto, altri esperti ritengono che debba essere corrisposto un incentivo al collaboratore solo ed esclusivamente se l’organizzazione richiede e utilizza il brevetto. Le disposizioni contenute all’art. 23 r.d. 1127/1939 non sono state prive di critiche in dottrina. Alcuni autori ritengono che il discrimine tra invenzioni di servizio e invenzioni aziendali “sia considerare o meno l’attività inventiva come oggetto del contratto.”123 L’ipotesi prevista
119 Cass. 6 marzo 1992, n. 2732, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1992, n. 2745.
120 Art. 23, comma 2, X.X. 00 giugno 1939, n. 1127.
121 LUNARDON F. op. cit., pag. 61.
122 XXXXXXX V., art. 2590, in Del diritto di brevetto per invenzioni industriali,a cura di SCIALOJA A. e BRANCA G. Commentario del codice civile del 1987, pag. 124.
123 DI XXXXXXX X., I brevetti per invenzioni e per modello, in Il Codice civile. Commentario, a cura di XXXXXXXXXXX, Milano, pag.187.
al comma 2, dell’art. 23, si realizza se durante l’esercizio dell’attività non inventiva, il soggetto effettua una creazione. Nel caso contrario, si ricade nel 1° comma della norma.
Un’altra corrente124 sostiene la teoria che prevede un collegamento tra l’invenzione del lavoratore e i compiti assegnati - nota come causalità adeguata – in questo senso se sussiste una conseguenza diretta tra l’attività svolta dal collaboratore e l’invenzione, la fattispecie realizzata è specificata dal 1° comma dell’art. 23, viceversa si rientra nell’ipotesi del comma 2, se l’invenzione è conseguenza di un’attività anche inventiva, ma non conferita specificatamente. In giurisprudenza, la prassi è limitare le ipotesi di cui al 1° comma, e allargare i casi di applicazione dell’art. 23, comma 2, in quanto non esiste in nessun ordinamento una regola così tassativa che esclude qualsiasi compenso all’autore dell’invenzione.125
La terza tipologia è disciplinata dall’art. 24, r.d. 1127/1939 riguarda le invenzioni occasionali che si realizzano qualora non fossero realizzate le ipotesi di cui all’art. 23. Le invenzioni occasionali, sono quelle che si verificano nel contesto aziendale in cui il collaboratore presta la propria attività, ma sono conseguite fuori dall’orario di lavoro e dall’ambito aziendale, senza un preciso incarico o ordine di esecuzione nell’adempimento del contratto utilizzando le conoscenze acquisite in azienda. 126 I diritti patrimoniali dell’invenzione spettano all’autore, al datore spetta il diritto di prelazione sull’acquisto del brevetto o di una licenza.127 Il prestatore ha diritto a ricevere un prezzo per l’invenzione ma a questo dovrà essere decurtato l’apporto che il datore ha fornito per realizzare
124 UBERTAZZI L.C., Profili soggettivi del brevetto, Milano, 1985, pag. 124.
125 DI XXXXXXX X., I brevetti per invenzioni e per modello, in Il Codice civile. Commentario, a cura di XXXXXXXXXXX, Milano, pag. 190.
126 XXXXXXXX M., Xxxxxx a progetto … op. cit., p.59.
127 Art. 24, R.D. 1127/1939.
l’invenzione attraverso la sua azienda. Il diritto di prelazione da parte del datore di lavoro può essere esercitato nei tre mesi successivi alla comunicazione dell’invenzione da parte del collaboratore. Nell’ipotesi in cui il lavoratore non rendesse nota la scoperta realizzerebbe un illecito, il datore può tutelarsi ricorrendo a delle misure sanzionatorie.128Questa disposizione nei rapporti di collaborazione a progetto non può essere applicata in quando non sussiste un rapporto di dipendenza. Bisogna però ricordare che come previsto all’art. 64 d.lgs. 276/2003 il collaboratore non può compiere “atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi”129, la non comunicazione può indurre a realizzare la violazione di tale disposizione, con conseguente possibilità per il committente di recedere dal contratto per giusta causa. La dottrina, in conclusione, ritiene applicabile al lavoratore a progetto, le regole stabilite per il lavoratore subordinato riguardo alle invenzioni.
Data la particolare conformazione del contratto a progetto si ipotizza che la maggior parte delle invenzioni ricada all’interno della terza tipologia ossia invenzioni occasionali.
Il rinvio speciale previsto dall’art. 65, comma 2, concerne l’art. 12 bis L. 633/ 1941130 il quale, salvo patto contrario, assegna al committente il diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per l’elaborazione o per la banca dati creata dal collaboratore a progetto nel caso in cui l’invenzione sia avvenuta svolgendo le sue mansioni o su precise indicazione fornite dallo stesso committente. La dottrina ritiene che l’invenzione avvenuta in adempimento dell’obbligo contrattuale appartenga al committente.
128 DI XXXXXXX X. op. cit., pag. 195.
129 Art. 64 d.lgs. 276/2003.
130 L. 22 Aprile 1941, n. 633, art. 12 bis.
La criticità sorge nel momento in cui le invenzioni si discostino dall’attività contrattualmente pattuita. Se la realizzazione del programma o della banca dati ricade all’interno dell’art. 23, 131comma 2, le parti potranno accordarsi per riconoscere il diritto patrimoniale al committente e premio equo a favore del collaboratore. Viceversa, se la realizzazione del programma o della banca dati realizza la fattispecie di cui all’art. 24, 132i risultati conseguiti da questa invenzione spettano al lavoratore a progetto.
2.7 I diritti connessi alla gravidanza, infortunio, malattia e la sicurezza sul lavoro.
L’art. 66 del decreto 276/2003, è rubricato “Altri diritti del collaboratore a progetto”, si articola in quattro commi. Da una lettura generale risulta divisibile in due parti: la prima racchiude i primi tre commi e risulta collegata all’introduzione di alcune tutele per il collaboratore, la sospensione del rapporto in caso di malattia, infortunio e gravidanza; la seconda parte, corrispondente al comma 4, concerne la sicurezza del lavoratore a progetto. In dettaglio il primo comma dell’art. 66 stabilisce che il rapporto di collaborazione, in caso di gravidanza, infortunio o malattia si sospende per la durata dell’evento. L’aspetto da evidenziare è che ciò avviene senza l’erogazione del corrispettivo. Nelle tre ipotesi, quindi, il rapporto non si estingue, ma non è erogato alcun corrispettivo al soggetto. Un aspetto comune a tutte e tre le fattispecie 133 prevede la possibilità di introdurre delle clausole che permettono di regolamentare la disciplina della sospensione attraverso la
contrattazione individuale.
131 X.X. 00 giugno 1939, n.1127.
132 X.X. 00 giugno 1939, n.1127.
133 Si vedano commi 2 e 3, art. 66, d.lgs. 276/2003.
Analizzando l’ipotesi della gravidanza della collaboratrice a progetto si può osservare che viene applicata la sospensione del rapporto di lavoro senza corrispettivo e una proroga di centottanta giorni, qualsiasi sia la durata della sospensione determinata dalla gravidanza, salvo più favorevole disposizione del contratto individuale.
Si ritiene applicabile alle lavoratrici a progetto la disciplina prevista per le lavoratrici dipendenti, art. 16 D.lgs. 151/2001, la quale prevede che è vietato adibire al lavoro la donna nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto. La proroga concessa alla collaboratrice in gravidanza acquista un’utilità in quanto consente, una volta che la lavoratrice torna a lavoro, di concludere il progetto nel tempo che le rimane a disposizione. In questa circostanza se il progetto deve essere attuato entro un termine definito, la sospensione potrebbe compromettere il risultato collegato al progetto e far venir meno lo scopo del rapporto di collaborazione tra le parti.134 Al committente, è riconosciuta la possibilità di ridurre o escludere il compenso spettante al collaboratore qualora il risultato concordato non sia stato raggiunto o comunque anche nel caso in cui l’utilità ne sia stata danneggiata. Il presupposto per ottenere l’indennità di maternità è l’accredito di almeno tre mensilità di contribuzione nei dodici mesi antecedenti al parto.135L’indennità di maternità è elargita nei due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla data medesima. E’ necessario inoltrare una domanda di liquidazione all’istituto previdenziale competente - l’INPS - entro un anno dalla data del parto con tutti gli allegati necessari (il certificato di nascita, il documento che attesti la qualità di madre …) ad attestare il diritto a ricevere la prestazione. Come previsto per il
134 Il Ministero del Lavoro in data 15 maggio 2009 con il protocollo 7177 ha previsto che nel caso in cui il
progetto oggettivamente individuabile dal contratto venga meno il rapporto può considerarsi esaurito, fermo restando le tutele previste in capo al lavoratore dal D.M. 12 luglio 2007.
135 XXXXXXXX M., Xxxxxx a progetto … op. cit., pag.264.
lavoro dipendente, l’indennità spetta anche nel caso in cui a fruirne sia il padre collaboratore ovvero anche nel caso in cui la collaboratrice madre abbia ottenuto, dall’organo competente, il provvedimento di adozione o affidamento. Il legislatore ha utilizzato il termine “gravidanza” ma intendeva riferirsi ad una nozione più amplia e generica di “maternità”.
Il secondo comma dell’art. 66, interviene sul collegamento tra la produzione dell’effetto sospensivo e la durata del rapporto di lavoro.136 La disposizione afferma, nelle ipotesi di infortunio e malattia, la sospensione del contratto non genera una proroga dello stesso, bensì a scadenza si estingue. Salvo una diversa disposizione del contratto individuale, il legislatore prevede la possibilità per il committente di recedere dall’accordo se la sospensione del contratto si estende oltre un arco temporale superiore ad un sesto della durata indicata nel contratto se determinata, ovvero superiore ai trenta giorni per i contratti di durata determinabile.137 Sorge spontaneo un quesito. Se il progetto è inserito in un contesto temporale da cui dipendono altre attività, la sospensione potrebbe generare oltre che un grave danno al committente, anche il rischio dell’inutilità della attività connesse al progetto. L’interruzione potrebbe compromettere il risultato collegato al progetto e far venir meno lo scopo del rapporto di collaborazione tra le parti. È importante evidenziare come il legislatore abbia previsto una disciplina diversificata per il lavoratore a progetto a seconda che la durata del suo rapporto sia determinata o determinabile.
Nella prima ipotesi, la sospensione della collaborazione può dare la facoltà al committente di recedere dal contratto se la malattia o l’infortunio si estende ad un periodo superiore ad un sesto della durata che era stata predeterminata dall’accordo tra le parti.
136 LUNARDON F., op. cit., pag. 62.
137 Art. 65 d.lgs. 276/2003.
Nella seconda fattispecie, se la sospensione si protrae per più di 30 giorni il collaboratore può recedere dal contratto.
Di fronte alla stessa tipologia contrattuale, la previsione di una durata determinata o determinabile dispone in caso di recesso due trattamenti differenziati.
Alcuni autori 138 si sono posti il problema se il recesso ante tempus è da ricollegare ad un unico episodio di malattia e infortunio, o a più interruzioni non collegate tra loro avvenute durante il rapporto. L’interpretazione a cui si è giunti opta per un unico episodio di sospensione.
La norma inizialmente non imponeva al committente l’obbligo di sottoporre ad un controllo il lavoratore a progetto, pur permanendo l’onere dell’invio, ai fini di prova, un certificato medico, è stata integrata dalla legge finanziaria del 2007 139 la quale ha riconosciuto l’indennità di malattia.140 È stato stabilito che il soggetto debba presentare il certificato rilasciato dal medico all’INPS, entro in termine perentorio di due giorni dal rilascio dello stesso. A partire dal 1 gennaio 2007, l’istituto previdenziale può verificare l’effettiva incapacità lavorativa del collaboratore e può prevedere in caso di assenza ingiustificata la stessa disciplina applicata al lavoratore subordinato.
Ai lavoratori a progetto sono applicate le norme sulla sicurezza e sull’igiene del lavoro previsti dal D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81,141 nel caso in cui la loro prestazione venga svolta nei luoghi di lavoro del committente. Vengono applicate anche le norme di tutela degli infortuni, malattie professionali e le disposizioni in materia previdenziale. L’entrata in vigore del D.lgs. 9 aprile 2008, n.81 ha portato ordine e riformato le norme vigenti in
138 PINTO V., op. cit., pag. 28.
139 L. 296/2006, art. 1, comma 788
140 Circolare INPS, 16 aprile 2007, n. 76.
141 Il D.lgs. 9 aprile 2008 n.81 è stato emanato in attuazione all’art. 1, L. 3 agosto 2007.
materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso la previsione di un testo unico. Il nuovo testo normativo ha specificato che le disposizioni previste, vengono applicate ai lavoratori a progetto che prestano la loro attività nei luoghi di lavoro del committente. All’art. 4 lettera l) d.lgs. 81/2008 viene specificato che ai fini degli obblighi in materia di sicurezza connessi alla presenza di un determinato numero di lavoratori non si considerano i collaboratori a progetto che prestano la loro attività a favore di più committenti.
Rimane un vuoto normativo - giustificato dalla dottrina “nell’assicurare un’impostazione che si differenziasse in maniera netta con il precedente progetto di legge Smuraglia”142- riguardo alle pause annuali, settimanali e giornaliere, e molteplici diritti riconosciuti dal Libro Bianco, ma non hanno ottenuto un riscontro da parte del legislatore.
2.8 Estinzione del contratto e preavviso.
Ai sensi dell’art. 67 d.lgs. 276/2003, il contratto a progetto può essere considerato un contratto di durata in quanto si conclude alla scadenza del termine fissato dalle parti o al raggiungimento del progetto che costituisce l’oggetto del contratto.143 Se il progetto viene realizzato prima del termine pattuito dalle parti questo non comporta una diminuzione del compenso, che andrà elargito nell’ammontare pattuito dai soggetti in modo pieno.144Con questa affermazione, viene rilevato che non sempre è possibile collegare la realizzazione del progetto ad un termine, in quanto in alcuni casi l’apposizione di una scadenza risulta
142 DE XXXX X., Dal lavoro parasubordinato al lavoro a progetto, xxx.xxx.xxxxx.xx, in WP C.S.D.L.E., Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2003.
143 Art. 67, comma 1, D.lgs. 276/2003.
144 Circolare Min. Lav. 8 gennaio 2004, n. 1.
inutile. Se il progetto è stato realizzato, l’attività cessa in quanto il progetto che giustificava l’esistenza del rapporto è stato raggiunto.
Allo stesso modo, gli obblighi che vincolavano il committente e il collaboratore si estinguono. Come esposto sopra, il divieto di concorrenza e il compimento di atti pregiudizievoli nei confronti del committente, decade con l’estinzione del contratto.
L’obbligo per il collaboratore di non diffondere notizie e apprezzamenti riguardanti i programmi e la loro organizzazione, permane anche con la cessazione del rapporto.
2.8.1 Estinzione del rapporto per giusta causa.
Ai sensi del novellato art. 67, comma 2, “le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere possibili la realizzazione del progetto.”145 Il nuovo articolo riconosce la facoltà di recedere per giusta causa ad entrambi le parti.
Questa norma ha sanato una difformità introdotta dalla Legge Biagi la quale prevedeva la possibilità per il committente di recedere liberamente dal rapporto contrattuale a titolo oneroso, dando solo il preavviso.146 Era necessario un intervento in materia in quanto rappresentava un’anomalia intollerabile, all’interno delle garanzie generali previste per i contratti più comuni. Si pensi ad esempio alla disposizione di cui all’art. 2227 c.c., il quale sancisce che nel rapporto di lavoro autonomo il committente può recedere dal contratto, anche se la prestazione dell’opera è già in atto, ma deve
145 Art. 67, comma 2, d.lgs. 276/2003.
146 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nella riforma Monti, in Lav. Dir., 4/2012, pag. 556.
indennizzare il prestatore delle spese sostenute del lavoro eseguito e del mancato guadagno.147 In generale il contratto d’opera, l’appalto, la commissione, sono tutti regolati dal principio secondo il quale il committente ha l’obbligo di compensare il risultato parziale realizzato dal prestatore sino all’estinzione e inoltre deve prevedere il risarcimento del danno per il mancato guadagno. 148 Ora è previsto una tutela per il lavoratore a progetto, il quale in caso di recesso ingiustificato da parte del committente avrà diritto a ricevere il rimborso dei lavori eseguiti fino alla data del recesso per un ammontare stabilito dal contratto e nel rispetto dei minimi stabiliti dal settore si attività, come previsto dal novellato art. 63, inoltre devono essere corrisposte eventuali spese sostenute dal collaboratore - per esempio per l’acquisto di materiali - e infine il mancato guadagno, derivante dalla parte di prestazione che non ha potuto effettuare, tale ammontare è rappresentato dall’utile che il prestatore avrebbe potuto realizzare se avesse concluso il progetto stabilito.
La nozione di giusta causa deriva dall’art. 2119 c.c.149 le parti possono recedere dal contratto se si verifica una causa “che non consente la continuazione neppure provvisoria del rapporto”, ciò accade quando viene a mancare l’elemento fiduciario tra le parti, l’inadempimento per portare alla risoluzione immediata del contratto deve essere notevole. Il fatto che determina l’estinzione del rapporto per giusta causa deve avere determinate caratteristiche: deve essere grave, al punto tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria senza che necessariamente questa azione causi un danno al committente; deve essere connesso al rapporto di lavoro; deve essere tale da
147 Art. 2227 c.c.
148 PERULLI A.. op. cit., pag, 556
149 Art. 2119 c.c. "Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine […] qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria, del rapporto.”
rendere impossibile la continuazione del rapporto a progetto. Alcuni casi di fatti che determinano l’estinzione del rapporto per giusta causa potrebbero essere inadempimenti gravi del committente come abusi o infedeltà. È necessario evidenziare che il comportamento adottato dal collaboratore, fuori dall’azienda non è un elemento che può indurre alla cessazione del rapporto tra le parti a meno che tale evento non vada ad incidere sul rapporto di lavoro e sia tale da generare sfiducia nel committente: ad esempio il collaboratore svolge un’attività produttiva dello stesso genere al di fuori dell’azienda, ciò genera una concorrenza con la prestazione per il quale è stato stipulato il contratto a progetto. Non costituisce causa di recesso per giusta causa invece, lo svolgimento di un’attività estranea al rapporto da parte del collaboratore 150 anche se questa potrebbe diminuire le energie lavorative del collaboratore, il contratto a progetto generando un’obbligazione di risultato non è quindi riconducibile al rapporto di lavoro subordinato.151
2.8.2 Estinzione del rapporto per oggettivi motivi di inidoneità.
Come riportato sopra, il legislatore riconosce al committente la facoltà di recedere dal rapporto qualora emergano “oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto.”152 La legge giustifica il recesso immediato del committente se nel corso dello svolgimento della prestazione alcuni comportamenti attuativi del progetto facciano emergere un’inidoneità professionale del
150 XXXXXXXX M., op. cit., pag. 65
151 Tribunale di Milano, sentenza 25 luglio 2007.
152 Art. 67, comma 2, d.lgs. 276/2003.
collaboratore tale da non consentire un adempimento esatto dell’obbligazione da parte del collaboratore.153 Tale possibilità di recesso, è consentita solo nel caso in cui i profili di inidoneità professionale non erano noti al committente prima della stipulazione dell’accordo, utilizzando la normale diligenza prevista dall’art. 1176 c.c. 154 Questa interpretazione restrittiva è volta a tutelare il collaboratore, in quanto è responsabilità del committente selezionare con particolare attenzione le competenze dei soggetti ai quali decide di affidare un progetto.
La dottrina si è chiesta perché il legislatore abbia distinto il recesso per giusta causa dal recesso per inidoneità professionale. È noto che il recesso per giusta causa ricomprende aspetti soggettivi, ricollegabili alla diligenza o alla perizia del collaboratore, quindi “oggettivi profili di inidoneità professionale155” potevano essere riconducili già all’interno del recesso per giusta causa.156
Il decreto delegato non ha fornito una definizione precisa di inidoneità professionale, questa mancanza potrebbe alimentare i contenziosi su questa materia sensibile.
È necessario provare a chiarire cosa si intende per “oggettivi profili di inidoneità professionale.” L’art. 1176 c.c. il quale fa riferimento ai criteri oggettivi della diligenza e della perizia nelle obbligazioni di fare in riferimento ad un obbiettivo prestabilito. Nella fattispecie in esame, l’idoneità professionale richiesta al collaboratore è da intendersi
153 PINTO V., Prime chiose sulla nuova disciplina delle collaborazioni a progetto, in W.P. C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT. 151/2012.
154 Art. 1176 c.c. “Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.”
155 Art. 67, comma 2, d.lgs. 276/2003.
156 PERULLI A., op. cit., pag. 558.
come “un parametro oggettivo di precisione e abilità tecnica al quale il debitore deve conformare il proprio comportamento.”157
L’inidoneità deve quindi essere tale da rendere impossibile la realizzazione del progetto - si intende con ciò far riferimento alla regola generale della responsabilità del debitore, di cui all’art. 1218 c.c. 158 - . Il collaboratore a progetto è considerato inadempiente se non raggiunge il risultato concordato e nel qual caso risponde sia per il mancato adempimento, sia per l’inadempimento inesatto.159
2.9 Il regime sanzionatorio.
La Riforma 92/2012 ha modificato l’art. 69 d.lgs. 276/2003 rubricato “Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici e conversione del contratto.” Ma resta invariata la disposizione, di cui al 1° comma, la quale prevede che i rapporti di collaborazione attuati senza l’individuazione di un progetto specifico vengono considerato rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, fin dalla data della stipulazione. Con mancata individuazione del progetto deve intendersi sia la mancata indicazione formale del contenuto del progetto, sia la “mancata corrispondenza tra il progetto e l’attività svolta”160, sia la “mancanza degli elementi sostanziali del progetto”161, come
157 XXXXXXX G.F., La responsabilità contrattuale del prestatore di lavoro, Milano, 1957, pag. 30.
158 Art. 1218 c.c. “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.” In riferimento al collaboratore a progetto, non si libera fornendo la prova contraria della non colpa.
159PERULLI X., op. cit., pag. 559.
160 Trib. Milano, 23 marzo 2006.
161 Trib. Ravenna 24 novembre 2005.
indicato dagli art. 61 e 62 d.lgs. 276/2003. Il progetto non può declinarsi nella mera puntualizzazione dei compiti affidati al lavoratore senza esplicitare il risultato che si vuole raggiungere e le attività legate al suo conseguimento.162 La mancanza del progetto, come specificato sopra, riconduce il rapporto alla fattispecie dominante, ossia il contratto subordinato a tempo indeterminato. L’innovazione di rilievo, di tale disposizione, è rappresentata dalla ricaduta applicativa, in quanto “non sarà più possibile per il committente a fronte di un progetto mancante o carente, provare la natura comunque autonoma del rapporto in questione.”163 La rigidità della previsione è sostenuta dalla L.92/2012, la quale dispone che “l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza induce ad un rapporto subordinato a tempo interminato.”164In tal senso è da ritenere che il progetto rappresenta per il legislatore un elemento essenziale del contratto. In mancanza di tale requisito al committente non può essere riconosciuta la facoltà di dare prova della natura autonoma e non subordinata del rapporto. Il primo comma della norma in esame è stato interpretato come un effetto punitivo: in quanto la mancanza del progetto induce alla conversione del rapporto e inoltre l’espressione “si considerano” vale come una conversione tout court in quanto l’effetto reale, che si realizza alla mancanza del progetto, è la presunzione assoluta di subordinazione.165
La novità introdotta dalla riforma Fornero riguarda il 2° comma, il quale dispone che “salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin
162 Trib. Milano 2 agosto 2006, in Lav. Giur., 2007, 1, pag. 67.
163 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nella riforma Monti, in Lav. Dir., 3-4/2012, pag. 553.
164 Art. 69, comma 1.
165 LUNARDON F., op. cit., pag. 72.
dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente.”166
Il comma 2, art. 69 regolamenta l’ipotesi in cui il collaboratore svolga la sua attività di collaborazione a progetto, con modalità similari a quelle del lavoratore dipendente. In questa circostanza può attuarsi una presunzione relativa di subordinazione, ma è riconosciuto al committente il diritto, in sede di giudizio, di dimostrare la genuinità della collaborazione.
Il giudice, per stabilire se un rapporto integra gli estremi della subordinazione, esamina la presenza di alcune elementi caratteristici del lavoro dipendente, quali la continuità della prestazione, il rispetto di specifici orari di lavoro, la previsione con scadenze regolari di un corrispettivo, l’assenza di autonomia in capo al collaboratore, l’imposizione di ordini e lo svolgimento di attività ripetitive ed esecutive.167In sintesi il personale ispettivo, deve verificare che il collaboratore non svolga in modo prevalente e con continuità la propria attività con le medesime modalità previste per il lavoratore subordinato.
La disposizione non preclude che il collaboratore svolga le medesime attività dei lavoratori dipendenti, purché le eserciti con modalità organizzative radicalmente diverse.168
Viceversa, qualora il collaboratore svolga attività “diverse” ma con le stesse modalità caratterizzanti la prestazione resa dai lavoratori dipendenti della stessa impresa, trova
166 Art. 69, comma 2, d.lgs. 276/2003 riformato dalla L. 92/2012, art. 1, comma 23, lett. g).
167 Per maggior approfondimenti, Cass. SS. UU. 30 giugno 1999, n. 379.
168 Circ. Min. Lav. 12 dicembre 2012, n. 29.
applicazione la presunzione relativa di subordinazione. In questa circostanza se la prestazione si è svolta con le modalità tipiche della subordinazione – rispettando un orario di lavoro, o sottoponendosi al potere direttivo - si attuerà la riqualificazione del contratto. Al fine della conversione bisogna tener in considerazione “la tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti”- con ciò si intende il rapporto che concretamente si è instaurato tra i soggetti - non obbligatoriamente sarà un contratto subordinato a tempo indeterminato, potrà essere un rapporto di lavoro a tempo parziale, a termine oppure una delle fattispecie previste dal decreto legislativo 276/2003.
E’ opportuno evidenziare come la previsione normativa, di cui al comma 2, art. 69, non si applica ai soggetti che esercitano prestazioni di elevata professionalità individuati dai contratti collettivi.169Al secondo comma dell’art. 69 da un lato viene introdotta una presunzione relativa di subordinazione per le attività svolte in modo analogo a quelle dei lavoratori dipendenti, dall’altro si escludono dalla presunzione i soggetti che effettuano delle prestazioni di “elevata professionalità.”170 In via teorica, si può affermare che la presunzione di subordinazione sin dall’inizio del rapporto – introdotta dalla Riforma Fornero – può essere superata dal committente che dimostra la natura autonoma della collaborazione, ricorrendo all’impiego di collaboratori con elevata professionalità. La previsione legislativa infatti, non esclude la possibilità che il collaboratore svolga la “medesima attività dei lavoratori dipendenti, purché con modalità organizzative completamente diverse.”171
169 Art. 69, comma 2.
170 Art. 69, comma 2.
171 Circ. Min. Lav. 12 dicembre 2012, n. 29.
Le novità introdotte dalla Riforma Fornero, trovano attuazione solo per i contratti di collaborazione a progetto stipulati dopo l’entrata in vigore della norma, ossia dal 18 luglio 2012.
Antecedentemente alla Novella le soluzioni riguardanti la natura - assoluta o relativa - della presunzione di subordinazione hanno sollevato diverse interpretazioni. Alcuni autori sostenevano che non fosse possibile per il committente dimostrare la veridicità del rapporto, neppure provando che la prestazione lavorativa fosse caratterizzata da autonomia esecutiva e organizzativa. 172 Un'altra corrente di pensiero riteneva che la presunzione di subordinazione dovesse intendersi come relativa, prevedendo l’onere di dimostrare in giudizio l’autonomia del collaboratore per evitare la conversione del contratto subordinato a tempo indeterminato.173
Nel trascorrere degli anni, salvo qualche eccezione si è consolidata l’interpretazione che la presunzione in esame è juris et de jure.
Alla luce della nuova previsione di cui all’art. 69, il legislatore ritiene che la lettura dell’art. 69 deve essere intesa come presunzione assoluta la quale non accetta prova contraria. Questa interpretazione è ormai condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria.
La mancanza del progetto o comunque il fatto che non sia stato specificatamente individuato, realizza una grave omissione ed è corretto prevedere una sanzione, ma stabilire che il rapporto venga trasformato in un contratto subordinato a tempo
172 DE XXXX XXXXXX X., L’impatto del lavoro a progetto sulla sistematica del diritto del lavoro, in Dopo la flessibilità, cosa?, di XXXXXXXX L., 2006, Bologna, pag. 116. DI XXXXXX A., Il lavoro a progetto tra elementi quantificanti e indici della subordinazione, XXX, 0000, pag. 71.
173 L’opinione appena esposta era la più condivisa in dottrina soprattutto da: TIRABOSCHI M., Il lavoro a progetto: profili teorico-ricostruttivi, in Diritto del lavoro. I nuovi problemi, L’omaggio all’accademia a Xxxxxx Xxxxxxxx, 2005, Padova, pag. 1455 ss.. MARTELLONI F., Il valore sistematico del lavoro a progetto, in LD, 2- 3/2006, pag. 367 ss. XXXXXXX A., Il lavoro a progetto tra problema e sistema, in Lav. Dir., 2004, pag. 112.
indeterminato, può essere ritenuto un provvedimento eccessivo in quanto non sussiste nessuna relazione necessaria tra la mancanza di un requisito - seppur essenziale del contratto a progetto - e “l’assoggettamento del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro.”174 E’ probabile incorrere in casi in cui il progetto è correttamente individuato ma l’attività si svolga celando un rapporto di subordinazione o ancora può verificarsi l’ipotesi di contratti in cui il progetto manchi o non sia specificato, ma che la prestazione sia propriamente autonoma. Questa riflessione ha portato ad affermare che l’impossibilità di provare la natura giuridica della prestazione - cosi come disposto dell’art. 69 - prevedendo come sanzione l’invalidità del contratto a progetto e la conversione in un rapporto subordinato a tempo indeterminato, possa sollevare dei dubbi di incostituzionalità della norma. Il committente non potendo fornire prova contraria della prestazione ricevuta dal collaboratore, vede leso l’art. 24 della Costituzione175, il quale sancisce “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del giudizio.”176
L’art. 69 comma 3, è rimasto invariato, prevede che il controllo del giudice deve essere limitato ai principi generali previsti dall’ordinamento, e deve consistere nell’accertamento in concreto dell’esistenza del progetto. La verifica non può essere attuata “fino al punto di sindacare sulle valutazioni e le scelte tecniche, organizzative o produttive di competenza esclusiva del committente.”177
Nel caso in cui il giudice dovesse rilevare l’assenza di autonomia, dovrà valutare quale tipologia contrattuale, esprime nel migliori dei modi, la volontà delle parti, in
174 “Eterodirezione” definizione prevista dalla sentenza della Cass. S.U., 30 giugno 1999, n. 379.
175 XXXXX X., Le collaborazioni (coordinate e continuative) a progetto, in RGL, I, 2004, pag. 96.
176 Art. 24 Cost.
177 Art. 69, comma 3.
quanto la norma parla di lavoro subordinato generico, ammettendo quindi tutte le tipologie contrattuali che vi rientrano178.
2.10 Il nuovo regime delle partite IVA.
Il lavoro autonomo è prevalentemente ricollegato alla figura dell’imprenditore o alle professioni liberali. Tra questi due estremi si collocano le nuove forme di lavoro autonomo che la letteratura ha identificato come “lavoro autonomo di seconda generazione.”179 Nel corso degli anni la giurisprudenza e il legislatore hanno introdotto numerosi parametri per cercare di delineare il campo di applicazione delle partite iva e al contempo far emergere il falso lavoro autonomo. Un’indagine condotta da Rapelli sugli I- pro 180dimostra che nonostante il periodo di crisi all’interno del contesto Europeo, la percentuale di crescita delle partite Iva è in costante aumento. L’Italia vanta il primato ponendosi in classifica tra le posizioni più alte anche rispetto alla Gran Bretagna, alla Germania e alla Francia. I problemi che possono sorgere in capo ai soggetti che decidono di utilizzare lo strumento della partita Iva possono riguardare la discontinuità nello svolgimento della prestazione e le fluttuazioni del reddito. Queste variabili portano a considerare il lavoratore autonomo di nuova generazione come un contraente debole.
178 XXXXXXXX M., op. cit., pag. 70.
179 FUMAGALLI A., Il lavoro autonomo di seconda generazione. Scenari del postfordismo in Italia, Bologna, 1997.
180 RAPELLI, ha condotto nel 2012 un indagine sugli Indipendent professionals (I-pros), si identificano in questa definizione i lavoratori autonomo che svolgono prettamente una attività intellettuale, senza dipendenti. Gli I - pros svolgono attività collegate al terziario, hanno un età compresa tra i 25-50 anni.
Il legislatore del 2012 è intenzionato a reprimere l’impiego abusivo del lavoro autonomo attraverso le partite Iva.181 L’impegno di cui si è fatta carico la Riforma Fornero è stato contrastare il tentativo di fuga dalle collaborazioni a progetto mediante l’uso delle partite Iva.182 Il Capo I, Titolo VII del d.lgs. 276/2003 ha subito un’integrazione attraverso l’introduzione dell’art 69-bis183che disciplina le prestazioni rese da persona titolare di “posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.”184 L’elemento che determina l’applicazione dell’imposta è lo svolgimento abituale e in modo professionale dell’attività. Se un soggetto svolge un lavoro autonomo occasionalmente, secondo le disposizioni tributarie il suo reddito confluirà in “redditi diversi”.185
Il legislatore ha stabilito che la disposizione prevista all’art. 69-bis, si applica ai soggetti che svolgono un lavoro autonomo con un reddito annuo superiore ai 5.000 euro.
La riforma eccede con le presunzioni facendo ricadere l’onere della prova sul committente. La norma prevede che al verificarsi di determinate condizioni previste dalla legge, salvo prova contraria del committente, il rapporto si considera di prestazione d’opera coordinata e continuativa.
La presunzione di collaborazione coordinata e continuativa si attua quando si realizzano almeno due dei tre presupposti: a) “la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessivamente superiore agli otto mesi annui per due
181 A seguito della riforma del 2003 il numero di partite Xxx è cresciuto esponenzialmente.
182 BANO F., “Il popolo delle partite Iva” all’ombra del lavoro a progetto, in Lav. Dir., n.2/2013, pag. 194.
183 Art. 69-bis d.lgs. 276/2003, introdotto dall’ art. 1, comma 26, L. 92/2012.
184 Per meglio capire le presunzioni previste dall’art. 69-bis occorre ricordare che l’Iva “si applica sulla cessione di beni e servizi effettuate all’interno dello Stato italiano nell’esercizio di impresa o di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.
185 Art. 67/1 lett. l) TUIR.
anni consecutivi”186; b) “quando il corrispettivo derivante dalla collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione, costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dei due anni solari consecutivi”187; c) “che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.”188
Se intercorrono contemporaneamente due dei tre presupposti, la prestazione resa dal titolare di partita Iva, è considerata un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, salvo prova contraria del committente. L’instaurazione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, richiede necessariamente che l’attività sia ricollegabile ad uno o più progetti specifici189 In questa circostanza è palese che il progetto è assente: “questa previsione rischia di determinare l’automatica trasformazione del rapporto di lavoro autonomo in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.”190
2.10.1 Il presupposto della durata della collaborazione.
Analizzando il primo presupposto lett. a) occorre precisare che il testo originario della norma 191 prevedeva per l’accertamento della sussistenza dell’ipotesi, un termine pari ad
186 Art. 69-bis, comma 1, lett. a). 187 Art. 69-bis, comma 1, lett. b). 188 Art. 69-bis, comma 1, lett. c). 189 Art. 61, d.lgs. 276/2003
190 PERULLI A., Il lavoro autonomo .e parasubordinato nella riforma, in Lav. Dir., 3-4/2012, pag.561.
191 L. 92/2012
un anno. Con l’art. 46-bis, comma 1, lett. c)192 è stato innalzato a due anni consecutivi. Venendo meno la previsione dell’anno solare si fa riferimento all’anno civile (1 gennaio – 31 dicembre). La circolare Ministeriale193 ha chiarito in relazione a ciascun anno, la soglia di otto mesi debba essere almeno pari a 241 giorni anche non continuativi. Seppur la norma è entrata in vigore il 12 luglio 2012, il conteggio della soglia è iniziato a gennaio 2013, con la conseguenza che le verifiche riguardanti il rispetto dei limiti previsti partirà dall’anno 2014. La formulazione del precetto non lascia spazio ad equivoci in quanto per il raggiungimento della soglia di otto mesi bisogna “calcolare la durata effettiva della prestazione e non già il tempo pattuito nel contratto.”194
Ai fini dell’accertamento il soggetto potrà ricorrere a tutti gli elementi documentali - fatture, lettere di incarico - che attestano il periodo di attività durante il quale si è compiuta la prestazione. È inoltre consentito ricorrere alla prova testimoniale fornita da altri lavoratori o terzi per determinare la durata dell’incarico.
2.10.2 Il presupposto del corrispettivo derivante dalla collaborazione.
La seconda presunzione si riferisce al corrispettivo percepito dal collaboratore. La diposizione è stata modificata rispetto al testo originario – che si basava su un solo anno solare – prevedendo l’innalzamento a due anni consecutivi.
Per “corrispettivi complessivamente percepiti”, si intende il compenso derivante esclusivamente da prestazione autonome. Il legislatore fa infatti esplicito richiamo ai soli
192 Decreto sviluppo n. 83/2012, Legge di conversione n. 134/2012.
193 Circolare Min. Lav. 32/2012.
194 MARAZZA M, Il lavoro autonomo dopo la riforma del Governo Xxxxx, in ADL, 2012, pag. 875.
compensi “fatturati” 195 - non quelli effettivamente incassati - ne deriva che ai fini dell’accertamento dell’ipotesi sono escluse le somme percepite per prestazioni di lavoro subordinato o di lavoro accessorio o di altra natura.196
La dottrina ha posto l’attenzione sulla previsione “anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo xxxxxx xx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx”000xxx precisamente l’intento del legislatore è ricomprendere in un unico centro di interessi tutti i soggetti giuridici che pur essendo a capo di attività distinte operino stabilmente in modo coordinato.198
Nel contesto del lavoro autonomo, emerge la nozione di gruppo di società, che mette in evidenza un collegamento economico-funzionale tra imprese e il rischio di un’elusione degli obblighi e delle responsabilità previste dalle norme del diritto del lavoro.199
Alla luce dell’attenzione riconosciuta al fenomeno della parasubordinazione, ha acquisito un rilievo importante la questione della dipendenza economica. Con riguardo al lavoro autonomo economicamente dipendente a livello europeo si è generato un grande dibattito. Un accenno particolare merita il Libro Verde dell’Ue il quale ha apportato un rinnovamento al diritto del lavoro. Nell’ambizioso progetto affrontato ha utilizzato il termine “lavoro economicamente dipendente” per definire un rapporto autonomo genuino, nel quale è presente una forte dipendenza economica con il committente. Il Libro Verde specifica che la dipendenza economica del collaboratore al committente non simboleggia necessariamente una situazione di vulnerabilità.
195 Art. 69-bis, comma 1, lett. b). 196 Circolare Min. Lav. 32/2012. 197 Art. 69-bis, comma 1, lett. b). 198 XXXXX V., op. cit., pag. 18.
199 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nella Riforma, in Lav. Dir., 2012 pag. 562. MARAZZA M., Il lavoro autonomo dopo la riforma del Governo Xxxxx, in ADL, 2012, pag. 883. A riguardo si veda Xxxx. 9 dicembre 2009, n. 25763.
Una critica sollevata da autori autorevoli200 afferma come la dipendenza economica - riferita al criterio reddituale - nella maggior parte degli ordinamenti europei, non costituisce il discrimine tra lavoro autonomo e subordinato. L’Italia introducendo questa disposizione si allontana dall’interpretazione fornita da Germania e Spagna, quest’ultimi infatti utilizzano la durata del rapporto e la monocommittenza per individuare il lavoro economicamente dipendente riconducendolo all’interno della fattispecie del lavoro autonomo genuino, prevedendo delle tutele particolari affinché non si ricada in un falso rapporto di lavoro autonomo. L’ordinamento italiano per contro, attribuisce alla dipendenza economica - citata all’art 69-bis - una connotazione negativa. La dipendenza economica che può sorgere diviene il presupposto per l’applicazione della sanzione che riconduce il rapporto nell’alveo del lavoro subordinato.201 La conseguenza può essere per alcune fattispecie considerata sproporzionata, infatti “normalmente il committente può essere del tutto ignaro sul reddito dei lavoratori.”202
E’ necessario considerare che la dipendenza economica seppur come elemento di presunzione può trasformare un rapporto autonomo, in una collaborazione coordinata e continuativa. Questa norma può indurre a ritenere impropriamente che la dipendenza economica sia l’elemento che individua la falsa autonomia.
200 PERULLI A., op. cit., pag.564.
201 PERULLI A., op. cit., pag.564.
202 RAZZOLINI O., Lavoro economicamente dipendente e requisiti quantitativi nei progetti di legge nazionali e nell’ordinamento spagnolo, in DLRI, 2011, pag. 631.
2.10.3 Il presupposto della postazione fissa presso le sedi del committente.
L’ultimo requisito riguarda la postazione fissa nella sede del committente. Va innanzitutto chiarito che “con postazione fissa”203 non si intende una postazione ad uso esclusivo del collaboratore. La condizione si verifica quando durante la collaborazione il soggetto possa fruire di una postazione nei locali del committente, indipendentemente dalla possibilità di utilizzare qualsiasi attrezzatura utile all’esecuzione dell’attività.204 È opportuno riportare il pensiero di Xxxxxxx, il quale ritiene che con tale presunzione si intende un inserimento all’interno dell’organizzazione “di livello più elevato della semplice esecuzione della prestazione nei locali del committente.”205
Analizzati le condizioni previste - al 1° comma dell’art. 69-bis - occorre esaminare gli effetti che la realizzazione dei presupposti può generare. Il comma 4, dell’art. 69- bis, prevede che se il soggetto titolare di partita Xxx, soddisfa due dei tre requisiti previsti, il rapporto si trasforma in collaborazione coordinata e continuativa, con effetto immediato per i rapporti instaurati dopo l’entrata in vigore della legge. Concretamente in base ad una doppia presunzione, il lavoratore autonomo che opera con partita Iva può transitare dal lavoro autonomo puro, al lavoro subordinato a tempo indeterminato, passando attraverso la “stazione fantasma” 206 delle collaborazioni coordinate e continuative. 207 La
203 Art. 69-bis, comma 1, lett. c).
204 Circolare Min. Lav. 32/2012.
205 MARAZZA M., Il lavoro autonomo dopo la riforma del Governo Xxxxx, in ADL, 2012, pag. 884.
206 CARINCI F., Complimenti, dottor Xxxxxxxxxxxx: il disegno di legge governativo in materia di riforma del mercato del lavoro, in MAGNANI M., La Riforma del mercato del lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT. 155/2012, 2012.
207 In questa circostanza è inapplicabile la disposizione contenuta all’art.69-bis, comma 5, la quale disciplina gli effetti previdenziali del passaggio alle collaborazioni coordinate e continuative nel caso in cui l’incarico previsto
disposizione di conversione immediata ad un contratto di natura subordinata non verrà attuata se l’incarico previsto inizialmente dal contratto d’opera è ricollegabile ad un progetto specifico. Per i contratti già esistenti invece, si è concordato il termine di un anno per consentire gli “opportuni adeguamenti.”208Questo lasso di tempo sembra abbia lo scopo di trasformare il rapporto preesistente in uno più stabile ma solleva anche il sospetto che il committente utilizzi a suo favore il periodo concesso dal legislatore per adeguare a ribasso almeno due dei tre requisiti, in modo da non realizzare il presupposto della coordinazione.209
2.10.4 Esclusione della presunzione.
Al comma 2 e 3 dell’art. 69-bis, operano le ipotesi nelle quali pur ricorrendo i presupposti di cui al comma 1, la presunzione è comunque esclusa.
La prima fattispecie di esclusione si verifica se contemporaneamente210 la prestazione lavorativa si contraddistingue per elevate competenze teoriche acquisite attraverso importanti percorsi formativi, ovvero da capacità pratiche assimilate durante l’esercizio concreto di un’attività.211 I requisiti della “competenza” e della “capacità pratica” possono essere ricondotti all’istituto della certificazione delle competenze regolato dalla L.92/2012
dal contratto d’opera sia ricollegabile ad un progetto. La mancanza del progetto, induce direttamente alla
conversione del contratto, come previsto all’art. 69, comma 1.
208 Art. 69-bis, comma 4.
000 XXXXXXX-XXXXXXXXXX X., Xxxxx lavoro autonomo e lavoro autonomo economicamente debole ma genuino: due notizie a confronto, in Rivista italiana del diritto del lavoro, 2013, pag. 116.
210 Come ha precisato la Circ. Min. Lav. n. 32/2012. “La presunzione […]non opera qualora la prestazione lavorativa presenti i seguenti requisiti”tale disposizione fa intendere che l’esclusione opera se sussistono entrambe i requisiti di cui al comma 2.
211 Art. 69-bis, comma 2, lett. a).
art.4, commi 64-68. Il “grado elevato” e la “rilevanza” delle esperienze maturate, possono essere dimostrati attraverso diplomi di scuola secondaria, laurea, dottorato o master. Allo stesso modo la “qualifica” o la “specializzazione” hanno validità di certificazione se conseguite in forza ad un rapporto di lavoro dipendente o di un’attività autonoma svolta almeno da un decennio.212
La seconda previsione - lett. b), del comma 2 - di esclusione concerne la prestazione di lavoro svolta da un lavoratore autonomo con un reddito annuo non inferiore a circa
18.000 euro. 213 Pertanto l’esclusione si verificherà solo superando il reddito derivante esclusivamente da lavoro autonomo previsto dalla norma.
L’ultima esonero si concretizza quando la prestazione è resa nell’esercizio di attività professionali per le quali la legge impone l’iscrizione ad un preciso ordine professionale. Per quanto concerne la deroga operata al comma 3 dell’art. 69-bis, si fa rifermento agli “ordini professionali, ovvero appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati”, si intendono esclusivamente quelli tenuti o controllati da pubbliche amministrazioni per i quali l’iscrizione può avvenire solo in seguito al superamento di un esame di Stato o la valutazione di uno specifico organo preposto.214
L’art. 69-bis va coordinato con l’art 61, comma 3 il quale prevede che sono escluse dall’applicazione delle norme previste per i lavoratori a progetto 215 “le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione ad appositi albi
212 Circ. Min. Lav. n. 32/2012.
213 Art. 69-bis, comma 2, lett. b. Il testo originale prevede “[…]non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233.”
214 Art. 2, D.M. 20 dicembre 2012.
215 Norme previste al capo I, Titolo VII d.lgs. 276/2003
professionali.”216 L’iscrizione ad albi professionali non è condizione sufficiente a priori per escludere l’applicazione del capo I, Titolo VII, ai professionisti intellettuali. La Riforma apportata dal ministro Xxxxxxx stabilisce una distinzione tra attività tipiche svolte dai professionisti iscritti ad un albo, e attività di collaborazione autonoma, che pur essendo svolta dai suddetti professionisti non è esercitabile in xxx xxxxxxxxx xx xxxx.000
Le deroghe introdotte dalla Novella, hanno il compito di enfatizzare il contenuto professionale dell’attività, sostenendo che conoscenze elevate ed esperienze importanti possono essere considerati dei parametri attendibili per ritenere che l’attività in oggetto non nasconda una falsa autonomia.218
La riforma ammette la possibilità per il committente di fornire prova contraria, esso dovrà dimostrare che si tratta di una prestazione autonoma pura senza vincolo di coordinamento. Dar prova di ciò è molto arduo, in quanto sono elementi difficili da attestare. Detto ciò, la presunzione semplice di cui all’art.69-bis in realtà si avvicina ad una presunzione assoluta di subordinazione, questo rappresenta un ostacolo all’utilizzo del lavoro autonomo che porterà ad estendere il campo della subordinazione e limitare quello dell’autonomia.219
216 Art. 61, comma 3.
217 Ad esempio l’attività di consulenza legale.
218 TREU T., Flessibilità e tutele nella riforma del lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, IT 155/2012.
219 XXXXXXX A., op. cit., pag. 546.
CAPITOLO 3. Gli aspetti previdenziali e assicurativi del lavoro a progetto
3.1 L’origine e l’evoluzione della Gestione Separata.
A metà degli anni Novanta è cresciuta l’esigenza di assicurare i lavoratori parasubordinati attraverso un riconoscimento previdenziale e una dignità giuridica pari a quella riconosciuta ai lavoratori subordinati.
La Gestione Separata è un fondo pensionistico finanziato dai contributi previdenziali obbligatori erogati dai lavoratori assicurati.
L’istituzione della Gestione separata, nota anche come Quarta gestione assicurativa, avviene con l’art. 2, comma 26, L. 335/1995220 il quale afferma “i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, un’attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49 comma 1, ora art. 53 del Testo Unico delle imposte sui redditi221, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 47, 1° comma, lett c)-bis, attualmente art. 50 lett. c)-bis, del D.P.R. 917/1986.”
Tra i soggetti meritevoli di tutela previdenziale rientrano coloro che prestano un’attività professionale ai sensi dell’art. 53, 1° comma, D.P.R. 917/1986 e una serie di categorie previste dal legislatore tra le quali sono ricompresi i lavoratori a progetto.222 L’iscrizione è obbligatoria per tutti i lavoratori autonomi che non hanno una propria cassa previdenziale e quando ce l’hanno è alternativa alla stessa. La registrazione è obbligatoria
220 L. 8 agosto 1995, n. 335.
221 D.P.R. 917/1986.
222 Art. 61, 1 comma, d.lgs. 276/2003.
per tutti i co. co. pro., mentre per le prestazioni occasionali diviene obbligatoria solo se viene oltrepassata la soglia di cinquemila euro.223
La Gestione Separata fornisce un diverso livello di protezione nel senso che è necessario distinguere tra: collaboratori già dotati di un’assistenza previdenziale e lavoratori che non hanno nessun tipo di tutela.
La volontà di garantire una pari dignità ai lavoratori è solo teorica infatti le aliquote contributive di riferimento non sono elevate e il sistema di calcolo contributivo per la determinazione della prestazione lascia intuire una copertura pensionistica molto ridotta soprattutto per i giovani collaboratori in quanto il numero degli iscritti è rilevante.224
Il Decreto 19 novembre 2010, del Dipartimento della Gioventù225 ha previsto un incentivo economico pari a cinquemila euro per le imprese private, e le associazioni cooperative, che assumono con un contratto a tempo indeterminato soggetti iscritti alla banca dati prevista dall’Inps.
L’Inps con la circolare 115/2011226 ha creato una “Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori.” Per potersi iscrivere i soggetti al momento della presentazione della domanda devono soddisfare determinati presupposti: non devono avere un’età superiore ai trentacinque anni; devono essere genitori di figli minorenni; ed essere titolari di un contratto di lavoro a progetto.227 L’ultimo requisito richiesto ai fini della presentazione della domanda può essere sostituito da soggetti che hanno cessato uno dei rapporti previsti
223 PROIETTI M., Il contratto a progetto. Aggiornato alla Riforma Fornero e al c.d. Decreto Sviluppo n.83/2012, in Quaderni del diritto, Pistoia, 2012, pag.33.
224 Un analisi sulla condizione previdenziale degli atipici è fornita da XXXXXXX M., La difficile tutela sociale e previdenziale dei lavoratori atipici e a bassa qualifica, in Sistema Previdenza, 2000, pag. 19.
225 Pubblicato nella G.U. il 27 dicembre 2010, n. 301.
226 Circ. Inps, 5 settembre 2011, n. 115
227 Per le altre categorie contrattuali, vedere Circ. Inps. 115/ 2011.
dalla legge, a cui si deve aggiungere un’ulteriore previsione consistente nella registrazione dello stato di disoccupazione presso i Centri dell’impiego.
L’incertezza sollevata dalla L. 335/1995, art. 2, comma 26, ha portato il legislatore ad apportare degli interventi correttivi. Il D.M. 281/1996 ha regolato le modalità e i tempi per il versamento dei contributi individuando le aliquote, la ripartizione della contribuzione a carico del committente e del collaboratore e ha definito gli elementi da considerare per la determinazione della base imponibile. In materia è stato poi previsto l’introduzione del
D.M. 282/1996. Tale disposto disciplina il rapporto organizzativo e funzionale della Gestione Separata. Infine la L. 662/1996, art. 1. comma 212, ha provveduto a definire le scadenze per i versamenti contributivi da parte dei lavoratori autonomi.
3.2 Gli adempimenti del collaboratore a progetto.
Il collaboratore per poter iscriversi alla Gestione Separata deve presentare alla sede Inps competente nel territorio228 la copia del contratto e il modello di iscrizione229- a partire dal 1° giugno 2011 per i collaboratori a progetto può avvenire esclusivamente per via telematica230 - nel quale sono indicate le generalità anagrafiche del committente e del collaboratore, l’attività oggetto della collaborazione, la data di inizio della collaborazione e l’eventuale iscrizione ad un albo professionale.
La presentazione della copia del contratto non può essere considerata prova inconfutabile della natura - autonoma o subordinata - del rapporto. Sarà necessaria una
228 Nella sede amministrativa in cui il collaboratore esegue la sua attività.
229 Dovrà contenere oltre che il documento contrattuale, anche l’esposizione dettagliata del progetto, delle modalità di esecuzione, del coordinamento e della tutela delle prestazioni.
230 Circ. Inps, 4 maggio 2011, n. 72.
valutazione successiva che attesti le concrete modalità di svolgimento della collaborazione. L’unico obbligo imposto dalla legge è la comunicazione della attività svolta, dei dati anagrafici, del codice fiscale e del domicilio, come previsto ai sensi dell’art.2, comma 27, della L. 335/1995.231
Se il collaboratore non provvede a presentare la domanda, ma il committente effettua il versamento dei contributi previsti, l’istituto previdenziale trattiene il versamento e provvede ad aprire d’ufficio una posizione individuale per il collaboratore.
L’obbligo di iscrizione alla Gestione separata avviene solo con riferimento al primo rapporto di lavoro e non ogni qualvolta si aggiungono altri rapporti con distinti committenti.
Se viene a modificarsi la qualifica del lavoratore - ad esempio nel caso in cui intraprende un’attività di lavoro autonomo in qualità di professionista non iscritto all’albo o a casse professionali - dovrà effettuare una registrazione alla Gestione Separata anche se già presente.232
3.3 Gli obblighi a carico del committente.
Nel momento dell’instaurazione della collaborazione il committente è tenuto a comunicare il fatto al competente servizio per l’impiego nonché ha l’onere di riportare sul Libro unico del Lavoro233i dati dei collaboratori. 234 Per ciascun lavoratore devono essere
231 Messaggio Inps, 19 gennaio 2005, n. 1968.
232 Messaggio Inps, 8 novembre 2005, n. 36780.
233 Introdotto dal D.L. 112/2008 convertito con modifica nella L. 133/ 2008.
indicati: gli estremi anagrafici, il codice fiscale, la retribuzione prevista e le somme predisposte a titolo di rimborso spese, le ritenute effettuate e le detrazioni fiscali.235
Il committente è obbligato mensilmente a versare il contributo previsto. Il mancato versamento o l’adempimento in misura minore a quella stabilita comporta l’erogazione di sanzioni amministrative.
Con il D.L. 269/2003 art . 44, comma 9, si è stabilito l’onere per il committente “di trasmettere mensilmente agli enti previdenziali in via telematica entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento, i dati retributivi e le informazioni utili al calcolo dei contributi, al fine dell’implementazione delle posizioni assicurative individuali e dell’erogazione delle prestazioni.”236
Sempre al committente spetta il dovere di comunicare annualmente i compensi elargiti ai collaboratori durante l’anno. Il modello con il quale avviene la comunicazione è denominato GLA237 e si compone di due parti: la prima il foglio GLA/R, riporta i dati di riconoscimento del committente e il resoconto degli adempimenti effettuati durante tutto il corso dell’anno238; la seconda parte è costituita dal foglio GLA/C numerato in modo progressivo per ciascun collaboratore che riporta i dati di tali soggetti e i contributi dovuti in riferimento ai mesi per i quali è stato effettuato il pagamento dei compensi. Occorre dare precisa indicazione nel modello 770 - nella sezione riservata ai dati previdenziali -
234 Il libro univo del lavoro, sostituisce il libro matricole e xxxxx. Sono obbligati alla tenuta del Libro, tutti i committenti privati, compresi quelli agricoli e dello spettacolo, dell’autotrasporto. Restano esclusi dal precetto i datori di lavoro domestico e i datori di lavoro pubblici.
235 Circ. Min. Lav. 21 agosto 2008, n. 20.
236 D.L. 269/2003.
237 In precedenza era denominato GLA/D.
238 In questa sezione viene inoltre riporto il totale dei fogli GLA/C allegati.
dei compensi corrisposti e dei relativi oneri previdenziali pagati la cui trasmissione avviene esclusivamente per via telematica.
Il committente ha l’obbligo di rilasciare al collaboratore il modello CUD con il quale certifica i contributi previdenziali effettivamente dovuti e versati.
La cessazione del rapporto di collaborazione avvenuta sia per scadenza del termine sia per altra causa deve essere comunicata dal committente all’ufficio dei servizi per l’impiego nel termine di cinque giorni dalla risoluzione del rapporto.
3.4 La contribuzione e le aliquote contributive.
La contribuzione prevista per l’anno 2013 per i lavoratori a progetto a favore della Gestione Separata Inps, nel caso di lavoratori non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, è il 27,72%. Tale aliquota contributiva è suddivisa in due quote pari al 27% per le prestazioni di vecchiaia, d’invalidità e superstiti, e per lo 0,72% per quelle di maternità, di malattia, di assegno per il nucleo familiare e di degenza ospedaliera.239
Per i soggetti titolari di pensione diretta – anzianità, vecchiaia, invalidità – non diretta
– indiretta e di reversibilità - e per i collaboratori iscritti ad altre forme di assicurazione obbligatoria come previsto per i collaboratori professionisti il contributo è pari al 20%.240
La ripartizione dell’onere contributivo rimane fissata nella misura di due terzi a carico del committente ed un terzo a carico del collaboratore. Il versamento deve avvenire da
239 Circolare Inps, 12 febbraio 2013, n. 27.
240 Circolare Inps, 12 febbraio 2013, n. 27.
parte del committente entro il 16° giorno del mese successivo a quello di erogazione del compenso.241
Per i professionisti iscritti alla Gestione Separata l’onere contributivo è tutto in capo ai soggetti stessi e il versamento dei contributi avviene in modo telematico attraverso il modello F 24.
I contributi previdenziali vanno calcolati sulla base imponibile determinata secondo le regole dettate ai fini fiscali. Vanno a formare la base imponibile tutte le somme percepite dal collaboratore, anche sotto forma di erogazioni liberali242 sempreché compatibili con le disposizioni dettate per i lavoratori dipendenti.
Definita la base imponibile il contributo è dovuto entro un limite massimo annuo rivalutato sulla base di indici Istat di variazione del costo della vita, che per il 2013 è pari a 99.034 euro.243
Si può osservare che i contributi richiesti ai soggetti iscritti alla Gestione Separata non assicurati presso altre forme pensionistiche sono più elevati rispetto a quelli previsti per gli artigiani e i commercianti ma inferiori a quelli complessivamente applicati ai lavoratori dipendenti.244
L’aliquota contributiva ai sensi dell’art. 2, comma 57, della Riforma Fornero è progressivamente cresciuta anno per anno “per il 2012 era prevista un’aliquota pari al
241 In materia di riscossione unificata si vedano d.lgs. 241/1997 e 422/1998.
242 Le erogazioni liberali vanno a costituire parte della base imponibile, se superiori a euro 258,23. Circolare Inps 7 febbraio 2001, n. 32.
243 Circolare Inps, 12 febbraio 2013, n. 27.
244 Per i commercianti per l’anno 2012 era previsto un aliquota del 21,39% fino a 44.204 euro, e del 22.39% da
44.204.01 a 73.673 euro per i titolari e i soci.
Per gli artigiani per l’anno 2012, l’aliquota contributiva era pari a 21.30% fino a 44.204 euro, del 22.30% per un reddito da 44.204,01 a 73.673 euro per titolari e soci.
27%, per il 2013 pari al 27%, per il 2014 pari al 28%, per il 2015 pari al 30%, per il
2016 pari al 31%, per il 2017 pari al 32% e del 33% a decorrere dal 2018.”245 Si osserva che a decorrere dall’anno 2014 sarà previsto l’aumento di un punto percentuale ogni anno sino ad arrivare nel 2018 con una percentuale pari al 33% per i soggetti non forniti di altra forma di tutela previdenziale obbligatoria. Per le persone iscritte ad altra forma di previdenza obbligatoria e per i collaboratori titolari di pensione l’aliquota salirà al 24%.
Sebbene questa previsione di aumento dell’aliquota contributiva sia stata compiuta per garantire un incremento della copertura previdenziale e un finanziamento alle prestazioni assistenziali di fatto la parificazione dell’aliquota contribuiva ai lavoratori dipendenti - prevista per il 2018 - spinge il datore di lavoro a prediligere i contratti subordinati a tempo indeterminato, scoraggiando l’impiego dei contratti di collaborazione.
L’aumento previsto per i collaboratori iscritti alla Gestione Separata con partita Iva e senza albo professionale può notevolmente nuocere alla loro attività professionale.246
3.5 Le prestazioni pensionistiche.
Il diritto a ricevere la prestazione previdenziale si realizza se si verifica l’evento assicurato e se viene soddisfatto il requisito contributivo previsto dalla legge. Gli eventi riguardano: il raggiungimento dell’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia; la perdita totale o parziale della capacità lavorativa; la morte del lavoratore o del pensionato, i quali superstiti beneficiano di una pensione di reversibilità o indiretta.
245 Art. 2, comma 57, L.92/2012.
246 XXXXXXXX M., op. cit., pag. 246.
Per i soggetti iscritti alla Gestione separata - obbligatoria dal 2006 - si prevede che le regole di accesso e di calcolo della pensione stabilite dal legislatore avvengano con il sistema contributivo.247 Alcuni autori hanno criticato questa modalità di calcolo ritenendo che l’abbandono del sistema contributivo è in realtà ostacolato da esigenze “di politica economica e previdenziale ma anche di coerenza con il sistema.” 248 Gli elementi essenziali richiesti per godere della pensione di vecchiaia hanno subito notevoli mutamenti. La Riforma Fornero - a decorrere dal 1° gennaio 2012 - ha previsto che per poter accedere alla pensione di vecchiaia devono essere realizzati i seguenti requisiti: aver raggiunto i 66 anni di età per gli uomini, 63 e 3 mesi per le donne e almeno 20 anni di anzianità contributiva, inoltre l’assegno di pensione non deve risultare di un importo inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale mensile249.
In via alternativa, non è necessario soddisfare la predetta soglia minima da parte di chi è in possesso di un’età pari a 70 anni– sia per gli uomini che le donne – in tal caso è sufficiente anche un’anzianità contributiva “effettiva” di soli 5 anni.
I requisiti di accesso - l’età e l’anzianità contributiva - richiesti per godere della pensione di vecchiaia sono state riviste in aumento ciò viene giustificato dall’incremento delle aspettative di vita.
Il D.L. 201/2011 convertito con modifica nella L. 214/2011 ha previsto la possibilità di una pensione anticipata, conseguibile dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 con 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne. Per l’anno 2014 i requisiti saliranno a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne. Dal 2012 si
247 D.M. 282/1996, art. 1.
248 SANDULLI, Xxxxxx previdenziale e assistenziale dei lavoratori atipici nell’ordinamento italiano, in Lav. Dir., 3, 2003, pag. 438.
249 Per l’anno 2012 era pari a 644,00 euro mensili.
ammette la possibilità di accedere al trattamento di pensione anticipata se si possiedono due caratteristiche: un’ età di 63 anni sia per gli uomini che per le donne, almeno 20 anni di contribuzione “effettiva” e che l’ammontare della prima rata di pensione ricevuta non risulti inferiore all’importo soglia pari a 2,8 l’importo mensile dell’assegno sociale250.
Sia la pensione di vecchiaia, che quella anticipata decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale si è presentata la domanda.
Il secondo evento che scaturisce il diritto a ricevere una pensione di natura economico-previdenziale spetta all’assicurato che “a causa di infermità fisico o mentale, non dipendente da causa di servizio, nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere una qualsiasi attività lavorativa”251.
Per richiedere la pensione di inabilità è necessario che il collaboratore abbia versato almeno cinque anni di contribuzione nella nuova gestione, di cui almeno tre nel quinquennio precedente la domanda.
Il soggetto inabile ha diritto ad essere liquidato considerando tutta la contribuzione disponibile nelle diverse gestioni previdenziali “nel caso in cui sia iscritto a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia o superstiti.”252
Per la pensione di inabilità oltre ad essere richiesto l’elemento contributivo, è necessario certificare il requisito sanitario. L’accertamento viene effettuato dalle commissioni mediche instaurate presso l’Istituto previdenziale che verificano la
250Requisiti per il diritto alla pensione anticipata, in xxx.xxxx.xx, consultato nel mese di settembre 2013. Sulla quota retributiva del trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente al 1° gennaio 2012 è applicata una riduzione pari a 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni; tale riduzione è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni (ovvero rispetto ai 60 anni di età).
251 L. 12 giugno 1984, art. 2, n. 222.
252 L. 228/2012, art 1, comma 240.
sussistenza degli elementi che portano a dichiarare l’inabilitazione del soggetto e quindi la previsione della pensione per inabilità.253
L’assegno di invalidità, invece è previsto per i soggetti “assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo.”254Anche in questa circostanza è necessario che il soggetto soddisfi il presupposto di aver versato per almeno cinque anni i contributi di cui almeno tre nel quinquennio precedente la domanda per l’assegno di invalidità. La somma conferita viene erogata per un periodo pari a tre anni, allo scadere dei quali deve essere reiterata una specifica domanda per un ulteriore triennio, naturalmente solo nel caso in cui esitano le condizioni che hanno motivato l’istanza. In ogni momento il collaboratore può essere sottoposto ad accertamenti sanitari per controllare il suo stato sia d’ufficio su iniziativa dell’istituto previdenziale, che per volontà del collaboratore.
In ipotesi di decesso del collaboratore i familiari hanno diritto a ricevere una pensione indiretta - se la morte avviene in concomitanza del rapporto di collaborazione – la quale spetta ai superstiti se il collaboratore al momento del decesso risulta aver versato per almeno quindici anni i contributi, oppure nel caso in cui abbia versato cinque anni di contributi di cui almeno tre nel quinquennio antecedente la data della morte.
I parenti hanno il diritto a ricevere una pensione di reversibilità - se il decesso ha luogo durante il trattamento di quiescenza - se il deceduto era già detentore di una polizza di vecchiaia o di inabilità.
253 È riconosciuta la possibilità di presentare domanda per la pensione di inabilità reversibile nel caso in cui
avvenga il decesso del pensionato. La decorrenza è pattuita al primo giorno del mese successivo la data di presentazione della richiesta.
254 L. 222/1984, art. 1.
In entrambe le fattispecie al momento della morte i familiari devono risultare a carico del collaboratore. Hanno diritto a ricevere la pensione nel seguente ordine: il coniuge, i figli – anche adottivi e affidati – i genitori, i fratelli xxxxxx, e le sorelle nubili.
3.6 Le prestazioni temporanee o a sostegno del reddito.
Ai collaboratori a progetto vengono riconosciute le prestazioni cosiddette temporanee si tratta di prestazioni non pensionistiche con una durata definita la cui attuazione richiede oltre che la titolarità degli elementi contributivi e assicurativi, anche il verificarsi dell’evento tutelato: maternità, malattia.
Il presupposto per ottenere l’indennità di maternità è “l’accredito di almeno tre mensilità di contribuzione nei dodici mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto.”255 L’indennità è riconosciuta per i due mesi che precedono la data del parto e per i tre mesi a seguire la nascita .
Per ottenere l’indennità è necessario presentare una domanda di liquidazione all’Inps accompagnata dalla documentazione che attesti la nascita, entro un anno dalla data del parto. Può usufruire dell’indennità anche il padre collaboratore o la collaboratrice madre che ha deciso di adottare un bambino o le venga affidato attraverso un provvedimento rilasciato delle autorità competenti.
255 D.M. 4 aprile 2002, art. 1, comma 2.
L’indennità di paternità “è prevista per i tre mesi successivi alla data del parto, o per il tempo restante che sarebbe stato di competenza della madre, nel caso in cui sia deceduta o versi in uno stato di grave infermità.”256
Per gli affidamenti e le adozioni è previsto il riconoscimento di un’indennità previa un’attendibile documentazione257 che certifichi il fatto, “pari ai tre mesi successivi al concreto ingresso del bambino nella famiglia del lavoratore o della lavoratrice, purché non abbia superato i sei anni di età”258
L’indennità giornaliera corrisposta prevede sia erogata una somma pari all’80% di 1/365 del reddito - derivante dalla dichiarazione del committente – per l’attività svolta nei dodici mesi antecedenti il periodo indennizzabile.
Il congedo parentale è un diritto riconosciuto ai collaboratori a progetto e ai liberi professionisti che abbiano titolo all’indennità di maternità e che siano iscritti alla Gestione separata. Le misure dell’indennità e le istruzioni per accedervi sono indicate nella Circolare Inps n. 77 del 13 maggio 2013, il congedo parentale può essere richiesto nel primo anno di vita del bambino, e può avere una durata massima di tre mesi. Il diritto è riconosciuto anche ai genitori adottivi e affidatari, nel primo anno di arrivo in famiglia del minore. L’indennità riconosciuta è pari al 30% del reddito preso a riferimento per l’erogazione dell’indennità di maternità.
La legge finanziaria 2007 ha previsto a carico dell’Inps il riconoscimento dell’indennità per malattia “entro il limite massimo di giorni pari ad un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a 20 giorni nell’arco
256 D.M. 4 aprile 2002, art. 4, comma 1.
257Figli adottati o affidati, in xxx.xxxx.xx consultato nel mese di settembre 2013. Sono indicati i documenti da fornire per ottenere l’indennità.
258 D.M. 4 aprile 2002, art. 2.
dell’anno solare.”259Per ottenere l’indennità il collaboratore deve possedere nell’anno solare precedente la malattia un reddito individuale non superiore al 70% del massimale contributivo e avere versato i contributi per almeno tre mesi – anche non continuativi –nei dodici mesi antecedenti la malattia. Dal 1° gennaio 2007 sono previste anche per i collaboratori a progetto controlli sullo stato d’incapacità a lavorare con l’attuazione delle medesime sanzioni previste per il lavoratore dipendente per assenza non motivata.
Il legislatore in risposta alle richieste di maggior tutele a favore dei lavoratori a progetto ha stabilito con la legge finanziaria 2007, art. 1 comma 788°, un’indennità giornaliera di malattia, a carico dell’Inps, “entro il limite massimo di giorni pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a venti giorni nell'arco dell'anno solare. 260”L’indennità spetta a condizione che il rapporto di lavoro sia validamente in essere nel periodo in cui viene stabilita la prognosi dal certificato medico e che il lavoratore realmente non presti alcuna attività lavorativa. Anche in questa fattispecie il collaboratore può essere sottoposto al controllo sullo stato di incapacità lavorativa da parte dell’istituto previdenziale, con l’applicazione delle sanzioni previste in caso di assenza ingiustificata, per i lavoratori subordinati. Xxxxxx sul collaboratore l’onere di inviare telematicamente all’Inps, il certificato medico rilasciato dal medico curante, nel termine perentorio di due giorni dal rilascio.
A partire dal 1° gennaio 2000 l’indennità giornaliera per ricovero ospedaliero viene elargita qualora nei dodici mesi antecedenti la data del ricovero, risultano versate almeno tre mensilità anche non in modo continuativo presso la Gestione separata. Un ulteriore requisito essenziale è che non si tratti di soggetti iscritti contemporaneamente ad altra
259 L. 269/2006, art. 1, comma 788 nota come “Legge finanziaria 2007”.
260 L. 269/2006, art. 1, comma 788, nota come “Legge Finanziaria 2007”.
gestione pensionistica obbligatoria ne devono essere titolari di pensione. L’indennità riconosciuta è calcolata tenendo in considerazione i contributi versati presso la Gestione separata in misura percentuale rispetto al massimale di contribuzione vigente nell’anno in cui si verifica l’evento. Le aliquote applicate sono: dell’ 8% nel caso di accredito di quattro mensilità; del 12% nel caso di accredito da cinque ad otto mensilità, del 16% nel caso di accredito da nove a dodici mensilità. In tutti i casi il versamento delle mensilità può essere anche non continuativo ma deve avvenire essenzialmente nei 12 mesi che precedono la data del ricovero. Per ottenere l’indennità è necessario presentare un’apposita domanda a pena di decadenza entro il termine di 180 giorni dalla data di dimissione ospedaliera, 261 deve essere allegata la relativa documentazione che attesti l’avvenuta degenza e un’autocertificazione nella quale viene riportato il reddito individuale conseguito l’anno precedente.
Rientra tra le prestazioni a sostegno del reddito la corresponsione di un assegno per il nucleo familiare. Il D.M. 4 aprile 2002 ha esteso ai soggetti iscritti alla Gestione separata la disciplina dell’assegno per il nucleo familiare di cui alla L. 153/1988. Si è prevista l’estensione dell’assegno ai soggetti iscritti alla Gestione separata262per aiutare le famiglie dei lavoratori parasubordinati purché tali soggetti non risultino iscritti ad altre forme pensionistiche obbligatorie e non siano pensionati.
L’importo dell’assegno varia in base al numero dei componenti, alla tipologia, e al reddito percepito dal nucleo stesso, secondo quanto decretato dalle tabelle pubblicate annualmente. Il nucleo familiare del collaboratore per essere valutato come idoneo a ricevere l’assegno deve rientrare in una delle seguenti conformazioni: a) entrambi i
261 Circolare Inps, 16 aprile 2002, n. 81.