Separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari
Separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari
Dossier n° 542 - A.C. 1742 - A.C. 2240 - A.C. 488 - A.C. 762 - A.C. 1605 - A.C. 2000 - A.C. 2712 - A.C. 3647 - A.C. 2597 - A.C. 2601 -
A.C. 3871 - A.C. 4255
7 marzo 2017
Contenuto
Le proposte di legge C. 1742 e abbinate intendono introdurre nel nostro ordinamento il principio della
separazione delle attività bancarie commerciali da quelle speculative.
Nel descrivere il contenuto delle diverse proposte di legge si possono individuare tre gruppi:
C. 1742 e Meloni e C. 2240 Bianconi: che prevedono la modifica dell'articolo 10 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB - decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), in materia di separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari;
C. 488 Caparini, C. 762 Xx Xxxxx, C. 1605 Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, C. 2000 Xxxxxxx, C. 2712 Xxxxxxx e C. 3647 Paglia: che attribuiscono una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento bancario mediante separazione tra banche commerciali e banche d'affari;
C. 2597 Consiglio regionale della Toscana, C. 2601 Schullian, C. 3871 Consiglio regionale dell'Abruzzo e C. 4255 Villarosa, che introducono il principio di separazione bancaria, modificando il TUB, dettando un'apposita disciplina e prevedendo una delega volta a differenziare il trattamento fiscale.
Modifica del TUB (C. 1742, C. 2240)
Le due PDL introducono nel TUB il principio della separazione dell'attività di commercio in proprio di strumenti finanziari dalle restanti attività esercitate dalle banche, attribuendo alle banche il termine di un anno per esercitare l'opzione in favore dell'attività che intendono svolgere.
In particolare l'articolo 1 introduce nell'articolo 10 del D.Lgs. n. 385 del 1993 (TUB) il comma 3-bis nel quale si stabilisce che le banche che svolgono attività di commercio in proprio di strumenti finanziari non possono svolgere anche le altre attività previste dall'articolo, e cioè la raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito, nonché ogni altra attività finanziaria e le attività connesse o strumentali.
Più in dettaglio, il vigente articolo 10 del TUB prevede che la raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria, la quale ha carattere d'impresa. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche. Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.
La proposta C. 2240 prevede un'eccezione per i prodotti relativi al debito pubblico della Repubblica
italiana.
Le proposte attribuiscono inoltre alle banche il termine di un anno per esercitare l'opzione in favore dell'attività che intendono svolgere e per adattare ad essa il loro assetto societario (articolo 2).
Delega per la riforma dell’ordinamento bancario (C. 488, C. 762, C. 1605, C. 2000, C. 2712 e C. 3647)
Con questo gruppo di proposte si dispone la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, al fine di tutelare le attività finanziarie di deposito e di credito concernenti l'economia reale, differenziando tali attività da quelle legate all'investimento e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali, mediante modifica, integrazione e coordinamento della disciplina vigente recata dal TUB (articolo 1).
Vengono fornite le definizioni di banche commerciali (banche che esercitano l'attività di credito nei confronti dei cittadini, delle famiglie, delle imprese e delle comunità e che effettuano la raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione per l'esercizio dell'attività di credito) e di banche d'affari (banche che investono nel mercato finanziario, svolgendo attività legate alla negoziazione e all'intermediazione di valori mobiliari in genere).
Il Governo è delegato ad adottare entro dodici mesi (ovvero sei mesi per le pdl C. 762 e C. 3647) uno o più
decreti legislativi recanti norme per la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari.
A tal fine sono indicati i seguenti principi e criteri direttivi (dove non diversamente precisato, i criteri sono comuni a tutte le pdl):
prevedere il divieto per le banche commerciali di svolgere, direttamente o indirettamente, qualsiasi attività propria delle banche d'affari, delle società di intermediazione mobiliare e, in generale, di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate a effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico; la pdl C. 762 consente tali attività entro il limite del 20 per cento degli asset totali della banca e comunque con una soglia massima di 10 miliardi;
prevedere distinti titoli abilitativi per le banche commerciali e le banche d'affari (C. 762; C. 2712; C. 3647);
prevedere il divieto per le banche commerciali di effettuare attività legate alla negoziazione e all'intermediazione dei valori mobiliari (C. 1605 e C. 488 );
definire le attività e i servizi svolti dalle banche che operano con persone fisiche e giuridiche con esigenze di base, nonché quelli svolti dalle banche con attività e servizi complessi non rivolti a tale clientela, definendo i distinti titoli abilitativi per le banche commerciali e per le banche d'affari (C. 3647);
prevedere il divieto, per le banche commerciali, di detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commerciale di qualsiasi natura con banche d'affari, banche d'investimento, società di intermediazione mobiliare e società finanziarie; introdurre inoltre il divieto per le banche commerciali di essere partecipate dalla banche d'affari (C. 2712) ovvero il divieto di partecipazioni incrociate (C. 3647);
stabilire il divieto, per i rappresentanti, i direttori, i soci di riferimento e gli impiegati delle banche d'affari, delle banche d'investimento, delle società di intermediazione mobiliare e in generale di tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico, di detenere posizioni di controllo e di ricoprire cariche direttive nelle banche commerciali;
definire i requisiti di indipendenza per il management delle banche e introdurre il divieto di ricoprire cariche direttive e di detenere posizioni di controllo in banche diverse da quelle in cui operano (C. 3647); prevedere una regolamentazione interna al gruppo o al conglomerato finanziario che assicuri l'autonomia alle banche che svolgono attività di intermediazione creditizia tradizionale (C. 3647); prevedere l'obbligo, per le banche commerciali, di operare in condizioni di sostanziale equilibrio tra le scadenze delle attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie; in particolare si prevede, per le banche che effettuano la raccolta dei depositi a breve termine, il divieto di erogare finanziamenti a medio o a lungo termine (C. 762);
prevedere il divieto di trasferire rischi e perdite derivanti dall'attività di trading sulla liquidità e sulla insolvibilità delle banche commerciali, nonché sul portafoglio e sui depositi della loro clientela (C. 3647); stabilire sanzioni proporzionate e dissuasive per le banche che non ottemperino ai princìpi individuati prevedendo, per le infrazioni di maggiore gravità, la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria; prevedere un congruo periodo, comunque non superiore a dodici/diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del primo decreto legislativo, durante il quale le banche devono risolvere le incompatibilità introdotte in attuazione della legge;
prevedere un trattamento fiscale più favorevole per le banche commerciali rispetto a quello per le banche d'affari.
Si prevede che gli schemi dei decreti legislativi siano trasmessi alle Camere entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per l'esercizio della delega, per acquisire il parere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro trenta giorni (ovvero quaranta – C. 762 e C. 2712, o quarantacinque giorni - C. 1605, C. 488) dalla data dell'assegnazione. Decorso il termine per l'espressione dei pareri, i decreti possono essere comunque adottati. La pdl C. 3647 prevede inoltre l'ipotesi in cui il Governo non intenda conformarsi al parere parlamentare: in tal caso trasmette il nuovo testo alle Camere le quali dispongono di ulteriori trenta giorni per il parere. La stessa pdl prevede anche il termine di un anno per ulteriori decreti correttivi.
È prevista, infine, la clausola di invarianza finanziaria: dall'attuazione della legge e dei decreti legislativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (C. 2000, C. 2712 e C. 3647).
Nuova disciplina (C. 2597, C. 2601, C. 3871 e C. 4255)
Le proposte di legge in commento prevedono la separazione delle attività finanziarie di deposito e di credito relative all'economia reale da quelle legate agli investimenti ad alto rischio e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali, allo scopo di evitare di distrarre fondi pubblici e di scongiurare il fallimento di istituti di credito, a danno dei contribuenti.
A tal fine è modificato l'articolo 13 del TUB, che disciplina l'albo delle banche attive in Italia, prevedendo la sua articolazione in due sezioni relative, rispettivamente, alle banche commerciali e alle banche d'affari (nuovo comma 1-bis).
Le banche commerciali esercitano l'attività di deposito e di credito nei confronti dei cittadini, delle famiglie, delle imprese e delle comunità. Le stesse possono promuovere presso i propri clienti esclusivamente investimenti classificati a basso rischio, tra cui titoli di Stato e obbligazioni di società
partecipate dallo Stato, purché: a) il capitale investito non superi i due terzi del totale depositato presso l'istituto bancario stesso; b) il capitale investito non superi la quota massima di 250.000 euro (C. 2597 e C.2601).
È fatto esplicito divieto alle banche commerciali di: a) svolgere direttamente o indirettamente qualsiasi attività propria delle banche di affari e più in generale di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate a effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico; b) detenere partecipazioni o stabilire accordi di natura commerciale con banche di affari, società di intermediazione o società finanziarie non autorizzate a effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico.
È fatto esplicito obbligo alle banche commerciali di operare in sostanziale equilibrio tra le scadenze delle attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie.
Le banche di affari esercitano l'attività di investimento, di negoziazione e di intermediazione nel mercato finanziario. È fatto esplicito divieto per chiunque ricopra una carica o un incarico professionale all'interno di una banca di affari di ricoprire cariche direttive nelle banche commerciali. È fatto esplicito divieto alle banche di affari di detenere partecipazioni o stabilire accordi di natura commerciale con le banche commerciali.
La pdl C. 3871 prevede inoltre l'incompatibilità tra le cariche direttive in due o più banche, siano esse d'affari o commerciali.
Si prevede un anno di tempo dalla data di entrata in vigore della legge per l'adeguamento da parte delle banche alle nuove disposizioni introdotte.
Le pdl C. 2601 e C. 3871 contengono una delega al Governo per adottare, entro un anno, un decreto legislativo volto a prevedere un trattamento fiscale più favorevole per le banche commerciali rispetto alle banche d'affari, nel rispetto dell'invarianza finanziaria. La pdl C. 2597 prevede, a tal fine, un intervento da parte del Parlamento.
Sono infine previste delle sanzioni pecuniarie per la violazione delle disposizioni contenute nelle proposte di legge. Per la violazioni di maggiore gravità si prevede la possibilità di revocare l'autorizzazione bancaria.
La separazione tra banche commerciali e banche di investimento
Al fine di comprendere meglio il contenuto delle proposte di legge appare opportuno segnalare come il tema della separazione tra le diverse attività bancarie costituisca uno degli aspetti più controversi, fin dai primi decenni del ‘900, del dibattito, sia in ambito scientifico, sia in ambito legislativo, circa la regolamentazione delle attività creditizie e finanziarie, ancora in corso nei Paesi economicamente più avanzati.
Negli Stati Uniti, il collasso di gran parte del sistema delle banche commerciali portò il presidente Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxx a firmare, il 16 giugno 1933, il Banking Act noto come Glass-Xxxxxxxx Act (dal nome dei proponenti, rispettivamente senatore, già segretario al Tesoro, e membro del Congresso del partito democratico) che introdusse una separazione fra banche commerciali e banche di investimento e istituì la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), un'agenzia indipendente di assicurazione dei depositi alla quale furono conferiti anche poteri di vigilanza. Il Glass-Xxxxxxxx Act rimase in vigore per più di sessanta anni e fu abrogato solo dal Gramm-Xxxxx-Bliley Act del 12 novembre 1999, il quale abrogò anche alcune norme del Bank Holding Company Act del 1956 che impedivano alle banche commerciali di svolgere attività assicurativa consentendo così l'avvento del c.d. «broad banking». Questo intervento normativo, favorendo il predominio delle politiche creditizie più rischiose delle banche di investimento rispetto a quelle commerciali, verrà in seguito individuato come uno dei fattori che ha contribuito alla crisi dei mutui subprime del 2007 (cfr.
X. Xxxxxxx, Storia della legislazione bancaria, finanziaria e assicurativa, Marsilio, 2012)
A seguito della crisi finanziaria iniziata nel 2007 in alcuni Paesi sono stati introdotti vincoli espliciti allo svolgimento di talune attività, al fine di separare l'attività creditizia da quella finanziaria e di negoziazione svolte dalle banche in conto proprio, avendo come obiettivo quello di eliminare i sussidi indiretti alle attività più rischiose, separandole da quelle con alto contenuto di pubblica utilità, quali l'erogazione di credito e la prestazione di servizi di pagamento.
Interventi normativi di "separazione" sono stati adottati negli Stati Uniti, dove il Xxxx-Xxxxx Act ha introdotto la cosiddetta Xxxxxxx rule, dal nome del suo ideatore, l'economista statunitense Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx, ex presidente della Federal Reserve. La norma limita l'attività speculativa delle banche, che non possono investire i propri capitali in Borsa, come strumenti derivati e partecipazioni in hedge funds, al di sopra del 3%. La Xxxxxxx rule separa le attività di "commercial" da quelle di "investment" banking e ha lo scopo di tutelare i risparmiatori da attività troppo speculative ed evitare nuovi crack finanziari, rendendo più stabile il sistema creditizio. Lo stesso sistema è presente anche nel Regno Unito e prende il nome di Xxxxxxx reform. Analoghe iniziative sono state adottate in Francia, con la Loi de Separation Bancaire e in Germania con la Gesetz zur Abschirmung von Risiken. Nell'Unione europea il dibattito sull'opportunità di introdurre misure analoghe si è aperto con il Rapporto Liikanen, cui ha fatto seguito una proposta di Regolamento presentata dalla Commissione Europea nel gennaio dello scorso anno (si veda in seguito).
Si riscontrano alcune differenze nelle forme di separazione previste dalle diverse discipline: mentre la proposta della Commissione europea e la Xxxxxxx rule vietano talune attività (quali il proprietary trading) all'interno dei gruppi bancari, la legge francese, quella tedesca e quella inglese si limitano a chiedere che esse siano svolte da entità separate all'interno dei gruppi (cfr. X. Xxxxxxx, La transizione verso un sistema
finanziario più stabile, 2015). L'attuazione degli elementi fondamentali del Xxxx-Xxxxx Act (che contiene la Xxxxxxx rule) è stata più volte posticipata negli Stati Uniti; al momento è prevista per il 2017. Anche le misure di natura strutturale introdotte in alcuni ordinamenti europei (Regno Unito, Francia, Germania e Belgio) che richiederanno alle banche di separare le attività di investimento dall'attività bancaria tradizionale, non sono state ancora attuate (I. Visco, Audizione presso la 6° Commissione del Senato, 22 aprile 2015).
In Italia la legge di riforma bancaria del 1936 ha ridisegnato l'intero assetto del sistema creditizio, prevedendo, tra l'altro, la separazione fra banca e industria e la separazione fra credito a breve e a lungo termine. Nel 1993 la normativa è stata profondamente riformata con l'approvazione del nuovo testo unico in materia bancaria e creditizia (c.d. TUB), di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. L'articolo 10, comma 3, del TUB prevede che «le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali».
Il 14 gennaio 2014, durante un'audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei deputati, il presidente della CONSOB Xxxxxxxx Xxxxx ha affermato che la risposta più efficace alla persistente finanziarizzazione dell'economia e alla prevenzione dei rischi sistemici è quella di implementare con convinzione un modello di separazione tra i diversi comparti dell'attività di intermediazione finanziaria, impedendo commistioni tra l'attività di banca commerciale e quella di banca d'investimento. Per la CONSOB ciò ridurrebbe gli effetti di contagio, legati ad una eccessiva assunzione di rischi, verso il settore bancario tradizionale, preservandone la capacità di trasferire risparmio all'economia reale e di sostenere la crescita delle imprese.
Le riforme in ambito bancario in Europa e in Italia
Stante l'attuale contesto socioeconomico e soprattutto la particolare attenzione alle crisi degli istituti bancari, negli ultimi anni vi è stata una produzione normativa consistente nel settore bancario e creditizio.
In primo luogo, è stata intensa l'attività di recepimento della disciplina europea in materia bancaria e creditizia alla luce del nuovo quadro dell'Unione Bancaria.
Si è proceduto alla riforma complessiva del sistema bancario nazionale, dapprima con il decreto-legge n. 3 del 2015 con riferimento alle banche popolari, continuando poi con le fondazioni bancarie e con l'autoriforma delle banche di credito cooperativo, confluita nel decreto-legge n. 18 del 2016.
Il legislatore nazionale è poi intervenuto allo scopo di garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e, complessivamente, per potenziare gli strumenti di tutela dei consumatori.
Sotto il primo profilo, l'attività di recepimento della normativa europea in materia bancaria ha inteso attuare nell'ordinamento interno le disposizioni che delineano il nuovo assetto dell'Unione bancaria, nonché la disciplina dei requisiti di capitale degli istituti di credito, così come ulteriori e connessi aspetti civilistico-contabili.
In tale quadro, decreto legislativo n. 72 del 2015 ha recepito, a livello legislativo, la direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (c.d. CRD IV), operando altresì operato una complessiva riforma del sistema sanzionatorio in materia bancaria e finanziaria.
I decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 2015 hanno recepito la direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Detta direttiva (direttiva BRRD - Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di risoluzione della crisi.
Dall'altro lato, l'esigenza di rifondare il sistema bancario italiano, come conseguenza della crisi economico- finanziaria e alla luce dell'attuale contesto socioeconomico e di vigilanza, si è concretizzata anzitutto in misure legislative di rango primario e secondario (riforma delle banche popolari, avviata con il decreto- legge n. 3 del 2015).
Dall'altro lato, il Governo ha avviato un dialogo con i rappresentanti di categoria delle fondazioni bancarie, al fine di avviare un processo di autoriforma. Il Ministero dell'economia e delle finanze (autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria) e l'ACRI, l'associazione rappresentativa delle stesse, hanno firmato il 23 aprile 2015 un Protocollo d'intesa che definisce in modo più analitico della legge i parametri di riferimento cui le fondazioni conformeranno i comportamenti, con l'obiettivo di migliorare le pratiche operative e rendere più solida la governance.
Il decreto-legge n. 18 del 2016 reca la riforma delle banche di credito cooperativo (articoli 1 e 2). In sintesi, si prevede che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo (BCC) sia consentito solo agli istituti appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo; parallelamente vengono innalzati i limiti al numero minimo di soci (500) e al valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro) in una BCC. Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo può continuare l'attività bancaria solo a seguito di un'autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A..
Con riferimento invece alla trasparenza nei rapporti tra banche e clienti ed al potenziamento degli strumenti di tutela dei consumatori, il legislatore nazionale ha tra l'altro:
avviato il processo di attuazione della direttiva 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull'accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base (decreto-legge n. 3 del 2015 e atto del Governo n. 367);
recepito nell'ordinamento interno la direttiva sul credito ipotecario 2014/17/UE (cd. Mortgage Credit Directive), adottata per garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivano contratti di credito relativi a beni immobili (mutui ipotecari).
Con riferimento all'attività parlamentare, il 14 gennaio 2016 la VI Commissione finanze della Camera ha deliberato l'avvio di una indagine conoscitiva sulle tematiche relative ai rapporti tra operatori finanziari e creditizi e clientela. In particolare, l'attività conoscitiva intende valutare, sotto i profili della correttezza, trasparenza e adeguatezza, l'operatività degli intermediari finanziari e creditizi, l'attività di vigilanza svolta in questo campo, nonché il quadro normativo e regolamentare in materia, sia a livello europeo, sia a livello nazionale. Si intende altresì analizzare l'impatto sui risparmiatori del nuovo meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie introdotto dalla disciplina europea ed approfondire le questioni afferenti alla tutela della privacy in tale ambito, nonché le tematiche concernenti l'educazione finanziaria del pubblico. Il termine dell'indagine conoscitiva è fissato al 14 maggio 2017.
Si segnala inoltre che il 27 luglio 2016 la VI Commissione Finanze della Camera ha concluso l'esame, in sede referente, di alcune proposte di legge abbinate in tema di educazione finanziaria. Il 13 giugno 2016 si è svolto alla Camera dei deputati un seminario istituzionale sulle tematiche relative all'educazione finanziaria, nell'ambito dell'esame delle predette proposte di legge. Il testo è poi confluito nell'articolo 24-bis del decreto-legge n. 237 del 2016 sulla tutela del risparmio nel settore creditizio.
Tale decreto tra l'altro, disciplina la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità. Reca inoltre interventi di rafforzamento patrimoniale degli istituti creditizi.
La 6a Commissione Finanze del Senato ha approvato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea. Con particolare riferimento alla tutela dei risparmiatori e degli investitori, la Commissione rileva che appare quanto mai opportuna l'introduzione di sistemi di informazione corretta, sintetica e chiara dei rischi assunti dai risparmiatori nel decidere forme di investimento che, nel previgente regime, hanno tradizionalmente assunto un carattere di scarsa rischiosità, anche in relazione alla solidità finanziaria della singola banca (su tutti il contratto di deposito); contestualmente appare urgente intervenire a tutela dei risparmiatori con una misura di forte restrizione della possibilità di collocare strumenti finanziari particolarmente rischiosi da parte delle banche, con riferimento a determinate fasce di clienti.
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
Il 29 gennaio 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sulla riforma strutturale del settore bancario.
La proposta mira alla separazione delle attività finanziarie più rischiose delle banche da quelle di intermediazione tradizionale. In particolare, la disciplina proposta prevede:
il divieto di negoziazione per conto proprio in strumenti finanziari e in merci, al solo scopo di ottenere un utile per la banca;
il potere dell'autorità di vigilanza, e addirittura l'obbligo in determinate circostanze, d'imporre il trasferimento di attività di negoziazione ad alto rischio (attività di supporto agli scambi, operazioni complesse in derivati e cartolarizzazioni, ecc.) a entità giuridiche distinte all'interno del gruppo, per scongiurare il rischio che la banca aggiri il divieto di svolgere determinate attività effettuando attività occulte di negoziazione per conto proprio che, per le proporzioni troppo grandi che assumono o l'elevato indebitamento che generano, possono mettere a repentaglio la banca nel suo complesso e il sistema finanziario in genere. La banca avrà la possibilità di non separare le attività se sarà in grado di dimostrare all'autorità di vigilanza che i rischi generati sono attenuati tramite altri mezzi;
le norme che disciplinano i rapporti economici, giuridici, operativi e di governance tra l'entità di negoziazione distinta e il resto del gruppo bancario.
La proposta riprende alcune raccomandazioni del Gruppo di lavoro presieduto da Xxxxx Xxxxxxxx sulla riforma strutturale delle banche (di cui ha fatto parte, tra gli altri, anche il banchiere italiano Xxxxx Xxxxxxxxxxxx), che era stato incaricato nel 2011 dall'allora Commissario europeo per il mercato interno e i servizi finanziari, Xxxxxx Xxxxxxx, di elaborare ipotesi di intervento strutturale sul settore bancario, con il doppio obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria e migliorare il livello di protezione dei consumatori.
Nel rapporto finale del gruppo di lavoro, tra le altre cose, si proponeva di separare legalmente le attività di deposito da quelle di trading ad alto rischio (in titoli e derivati), qualora tali attività superino il 25% del giro di affari di un gruppo bancario (o, in alternativa, 100 miliardi di euro). Inoltre, si suggeriva di pagare una parte
dei bonus dei banchieri in titoli di Stato, e di porre comunque un limite alle retribuzioni dei manager.
La proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria, è ancora all'esame del Consiglio dell'UE e del Parlamento europeo. In particolare, il 19 giugno 2015 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico, che costituisce la base per avviare i negoziati con il Parlamento europeo.
Il testo concordato dal Consiglio prevede che il regolamento si applichi agli enti a rilevanza sistematica a livello globale (conformemente alla direttiva 2013/36/UE sui requisiti patrimoniali) o alle entità che negli ultimi tre anni abbiano attività totali di almeno 30 miliardi di euro e attività di negoziazione pari ad almeno 70 miliardi di euro. Queste banche sarebbero assegnate a due classi di capitale a seconda che la somma delle loro attività di negoziazione degli ultimi tre anni superi o meno 100 miliardi di euro. Alle banche che superano la soglia si applicherebbero obblighi di comunicazione più severi, una valutazione dei rischi più approfondita e azioni di vigilanza diverse.
Il regolamento non si applicherebbe a enti con un totale di depositi ammissibili (ai sensi della direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi) inferiore al 3% delle loro attività totali o con un totale di depositi al dettaglio ammissibili inferiore a 35 miliardi di euro.
FI0541
Servizio Studi Dipartimento Finanze
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