Contract
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE FALLIMENTARE
riunito in camera di consiglio e così composto: dott.ssa presidente, Xxxxxxxx Xxxxx
dott. giudice, Xxxxx Xxxxxxxx dott.ssa Xxxxx Xxxxxx giudice rel. ha emesso il seguente
DECRETO
nel giudizio di risoluzione del concordato x.XXX di XXX
S.p.A. in liquidazione e concordato preventivo n. XXX, tra XXX s.p.A., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso – giusta procura in calce al ricorso – dal Prof. Avv. XXX ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via XXX n. 54 – ricorrente,
e XXX S.p.A. in liquidazione e concordato preventivo x.XXX, in persona del liquidatore x.x.XXX, rappresentato e difeso – giusta procura a margine della memoria di costituzione - dall’avv. XXXed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via XXX n. 60 – convenuto
e il Liquidatore giudiziale XXX - convenuto contumace
Con ricorso ex art. 186 l. fall., depositato il 18.04.2015, XXX S.p.A. ha domandato l’accertamento e la declaratoria dell’inadempimento della XXX S.p.A. alle obbligazioni contenute nel piano concordatario omologato n. XXX e, per l’effetto, la risoluzione del concordato medesimo. La proposta di concordato si articolava in due parti: in primo luogo essa si fondava sull’accettazione della proposta irrevocabile d’acquisto del ramo d’azienda XXX S.r.l. già formulata da XXX S.r.l.; era prevista, inoltre, la stipula tra le suddette società di un contratto estimatorio del
xxxxxxxxx residuo con impegno all’acquisto da parte di XXX
S.r.l. Il piano prevedeva, altresì, che il ramo d’azienda XXX e il magazzino residuo fossero trasferiti in favore dell’affittuaria XXX s.r.l.
Alla proposta originariamente presentata sono seguite due modifiche con le quali sono state riviste le allocazioni di alcune poste debitorie.
Con decreto del XXX il Tribunale di Roma ha omologato il concordato stabilendo le modalità di liquidazione e di sorveglianza dell’adempimento.
Con informativa del XXX il liquidatore giudiziale evidenziava le molteplici criticità insorte per l’esecuzione del piano concordatario. Veniva, quindi, fissata un’adunanza per la convocazione dei creditori della società in cui si comunicavano tali difficoltà.
Con il ricorso ex art. 186 l.fall. XXX s.p.a. lamentava l’inadempimento della XXX S.p.A. alle obbligazioni assunte con il concordato in quanto: a) pur essendo stati stipulati gli accordi di cessione e il contratto estimatorio con XXX
s.r.l. e XXX S.r.l. le cessionarie non avevano provveduto al pagamento del prezzo; b) sotto altro profilo, la cessione dei rami d’azienda XXX e XXX, in ogni caso, avrebbe comportato un prezzo di realizzo sensibilmente inferiore a quanto originariamente previsto; c) il corrispettivo per la cessione integrale del patrimonio (consistente in beni e crediti) di XXX S.p.A. era stato sensibilmente sovrastimato. Chiedeva pertanto di accertare e dichiarare l’inadempimento alle obbligazioni concordatarie e, per l’effetto, di risolvere il concordato, con ogni ulteriore provvedimento consequenziale.
Si costituiva XXX S.p.A. in liquidazione la quale preliminarmente eccepiva la tardività del ricorso proposto da XXX S.p.A. per mancato rispetto del termine perentorio previsto dall’art. 186, co.3, l. fall.;ai sensi dell’art.
186, co. 3, l. fall. il ricorso per la risoluzione del concordato deve infatti essere presentato entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato; il piano concordatario prevedeva il soddisfacimento dei creditori entro due anni dalla data di omologa del concordato medesimo. Essendo l’omologa intervenuta con decreto del 19.03.2012, il termine biennale per la conclusione della liquidazione dell’attivo sarebbe decorso il 18.03.2014, momento dal quale far decorrere l’anno entro cui proporre il ricorso ex art. 186 l. fall. Chiedeva, pertanto di dichiarare la decadenza della ricorrente dal potere di richiedere la risoluzione del concordato e, per l’effetto, di dichiarare illegittimo il ricorso.
All’udienza dell’8.07.2015 le parti si riportavano ai propri scritti difensivi e il G.D. riservava al Collegio la decisione assegnando termini per il deposito di memorie e documenti.
Va in via preliminare esaminata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata da parte convenuta.
Al riguardo si osserva che il disposto di cui all’art.
186 l. fall. prevede che il ricorso per la risoluzione del concordato deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato. Si tratta pacificamente di un termine avente natura decadenziale la cui decorrenza va valutata tenuto conto del momento in cui la prestazione divenga effettivamente esigibile, giacchè in assenza di essa non può essere configurabile neppure in astratto alcun inadempimento. Sul punto va condiviso quanto , anche di recente, espresso dalla Suprema Corte , che ha affermato che tale termine decorre dall’esaurimento delle operazioni di liquidazione solo nel caso in cui non sia stata fissata nel concordato la data di scadenza dell’ultimo pagamento che quindi, in tali
casi, costituisce il dies a quo da tenere in considerazione (cfr. Xxxx, civ. sent. n. 27666/2011).
Nel caso di specie il piano concordatario e le successive modifiche si limitano ad indicare la complessiva tempistica del soddisfacimento dei creditori (due anni per l’appunto) senza riportare in maniera dettagliata e specifica le scansioni temporali dei singoli adempimenti. Non sono inoltre stabilite le date entro cui si avrebbero dovuto essere eseguiti riparti parziali, né ad oggi risulta che alcun riparto sia stato in concreto effettuato.
Non può pertanto condividersi la tesi di parte convenuta circa l’intervenuta decadenza di XXX s.p.a., il cui ricorso va quindi reputato tempestivamente proposto.
Va poi esaminata la questione della ipotizzabilità al caso di specie dell’invocata risoluzione; trattandosi di concordato con cessione dei beni , infatti, molteplici sono le perplessità circa la concreta applicabilità dell’invocata risoluzione per inadempimento .
Poiché il concordato consiste infatti nella cessione ai creditori dell’integrale patrimonio, il debitore deve essere considerato adempiente con la sola consegna dei beni agli organi della procedura, senza che possa lui imputarsi alcunchè per la mancata soddisfazione dei creditori nella misura prevista nella proposta, misura indicativa e mai fonte di obbligazione; ne deriva che la domanda di risoluzione non trova accoglimento nei casi in cui l’entità la somma ricavata dalla vendita dei beni o dalle cessioni si discosti anche notevolmente da quella necessaria al soddisfacimento dei creditori nella misura indicata nella proposta, non potendosi in tali casi configurare un inadempimento di un obbligazione che il debitore non si sia assunto (cfr. Cass. civ. sent. n. 13817/2011).
Né al caso in esame può essere applicata la nota giurisprudenza di legittimità secondo la quale , quando il
concordato preventivo con cessione dei beni, salva previsione espressa di totale e immediata liberazione del debitore, sia venuto meno alla sua naturale funzione, e cioè quando le somme ricavate dalla vendita dei beni ceduti siano insufficienti a soddisfare anche in minima parte i creditori chirografari e integralmente i creditori privilegiati, deve essere risolto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, indipendentemente dalla sussistenza di colpa in capo al debitore; seguendo tale impostazione la liberazione del debitore si ha soltanto quando i creditori conseguono le somme loro spettanti dal ricavato della liquidazione (cfr. Cass. civ. sent. n. 13446/2011), e nella valutazione dell’inadempimento rilevante ai fini della dichiarazione di risoluzione del concordato preventivo occorre fare riferimento esclusivamente alla componente oggettiva dell’inadempimento stesso - inteso come impossibilità di eseguire il piano e di soddisfare i creditori secondo le previsioni - e non alla componente soggettiva - imputabilità al debitore dell’inadempimento-.
Tali principi non possono infatti trovare applicazione al caso di specie , atteso che essi si riferiscono alla disciplina ante riforma del 2006, secondo la quale “… il concordato non si risolve se nella liquidazione dei beni si sia ricavata una percentuale inferiore al quaranta per cento”.
Va pertanto esaminato se , nella specie, la proponente si sia resa o meno inadempiente agli obblighi assunti, e se tale inadempimento possa qualificarsi di non scarsa importanza.
Va sul punto rilevato che, come anche riferito dal liquidatore nella sua relazione, le condizioni per il rispetto di quanto previsto dal piano non sussistono, posto che non sarà possibile né il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati, né quello parziale nelle percentuali
individuate nel piano dei creditori chirografari; e sul punto XXX S.p.A. non ha interloquito né articolato difesa alcuna.
La disposizione di cui all’art. 186 l. fall. nel suo contenuto richiama quanto previsto dall’art. 1455 c.c. che dispone che il contratto non si può risolvere se “l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”; ed ai fini del vaglio sulla sussistenza o meno di un grave inadempimento occorre fare riferimento ai principi generali in materia contrattuale e, in particolare, verificare quali siano le obbligazioni concretamente assunte dal proponente e l’esigibilità delle stesse.
Orbene va sul punto rilevato che la XXX s.p.a. ha predisposto un piano di concordato liquidatorio , con la cessione dei beni; le modalità previste nel piano consentono pertanto di ritenere che la società proponente abbia assolto alle proprie obbligazioni attraverso la cessione integrale del patrimonio della società , che si sostanzia nella cessione a XXX S.r.l. e XXX s.r.l. dei rami d’azienda e nella alienazione degli altri beni ; alcun inadempimento della XXX
S.p.A. è pertanto nella specie ravvisabile , nè la obbiettiva incapienza dei beni ceduti – da liquidare sul mercato- ovvero l’inadempimento alle obbligazioni di acquisto assunte da XXX e XXX appaiono addebitabili alla proponente; non sussistono quindi le condizioni per la invocata risoluzione del concordato.
Dalle considerazioni sin qui esposte non può che derivare il rigetto del ricorso.
La obbiettiva opinabilità delle questioni affrontate comporta la integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
il tribunale, definitivamente pronunciando sul ricorso per risoluzione del concordato ex art. 186 l. fall., proposta
da XXX S.p.A. nei confronti di XXX S.p.A. in liquidazione e concordato preventivo e del Liquidatore giudiziale così decide:
- Rigetta il ricorso;
- Dichiara compensate tra le parti le spese di lite.
Manda alla cancelleria per le comunicazioni. Così deciso in Roma il 15/10/2015
Il giudice estensore Il presidente