LA NOZIONE DI CONTRATTO
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LA NOZIONE DI CONTRATTO
SEZIONE I – CONTRATTO E NEGOZIO
SOMMARIO:
1. Negozio giuridico e contratto. 2. L’autonomia privata. 3. Gli atti unilaterali.
1. NEGOZIO GIURIDICO E CONTRATTO
In conformita` alla ben nota concezione sviluppata dalla pandettistica tede- sca del diciannovesimo secolo, il contratto1 sarebbe null’altro che una figura particolare di negozio giuridico 2. In particolare si tratterebbe di un negozio giu- ridico bilaterale, formato da due dichiarazioni reciproche, la proposta e l’accet- tazione, adesive l’una rispetto all’altra.
1 OSTI, Contratto, NDI, IV, Torino, 1938, 36; ALLARA, La teoria generale del contratto, 2a ed., Torino, 1955; MESSINEO, Contratto (dir. priv.), ED, IX, Milano, 1961, 784; GROSSI, Sulla natura del contratto, Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, Milano, 1986, XV, 609; CENDON (cur.), I contratti in generale, Torino, 2000; ALPA-BESSONE (cur.), I contratti in generale, Torino, 1991.
2 VASSALLI, Sommario delle lezioni sulla teoria dei negozi giuridici, Roma, 1934; XXXXXX, Teoria del negozio giuridico, Padova, 1947, ristampa inalterata 1961, il quale asserisce che e` tuttora saldo il dogma dell’autonomia della volonta`, XIII, anche se ammette che ora vi sono piu` eccezioni al dogma della volonta` di un tempo, XXVIII; in senso marcatamente dichiarazioni- stico: BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1950; SCOGNAMIGLIO R., Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, con recensione di CARRESI, RTPC, 1952, 482; XXXXXXX, Il negozio giuridico: lezioni di storia del diritto italiano, 2a ed., Milano, 1959; CA- RIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, s.d.; XXXXXXX, Il ne- gozio giuridico, Milano, 1988; XXXXXXX, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal BGB, RDC, 1998, I, 535; FALZEA, L’atto negoziale nel sistema dei comportamenti giuridici, RDC, 1996, I, 1.
La teoria generale del negozio giuridico, ed in particolare il tentativo di ag- gregare le varie fattispecie, come per esempio il contratto, il matrimonio, il te- stamento, e cosı` via, al fine di giungere a concetti sempre piu` vasti ed onnicom- prensivi, si inquadra in un approccio dogmatizzante del diritto che fu per l’ap- punto tipico della pandettistica tedesca del diciannovesimo secolo.
Cosı` come dalle varie figure contrattuali tipiche si e` giunti ad elaborare una teoria generale del contratto, cosı` i fautori del negozio giuridico auspicavano che fosse possibile aggregare il piu` unitariamente possibile le varie figure negoziali tradizionali, come per esempio il contratto, il matrimonio, il testamento, e cosı` via. In questa prospettiva qualsiasi atto, unilaterale o plurilaterale, implicante la volonta` del soggetto, finalizzato a produrre un certo effetto giuridico, costituisce
un negozio giuridico 3.
Un tale metodo venne recepito anche in Italia, specie nella prima meta` del ventesimo secolo, quando la dottrina italiana appariva particolarmente recettiva nei confronti del mondo giuridico tedesco 4; sebbene il codice civile italiano del 1942 sia stato elaborato quando l’influenza della dogmatica tedesca aveva rag- giunto il suo apice in Italia, esso non ha peraltro recepito una tale figura gene- rale. Il codice civile del 1942, diversamente dal BGB, non ha infatti previsto ne´ una parte generale, ne´ una teoria generale della manifestazione di volonta` e del negozio giuridico.
Il libro quarto dedicato alle obbligazioni ed ai contratti e` incentrato sulla figura del contratto. In queste condizioni la disciplina del contratto funge pero` da fondamentale punto di riferimento anche per gli atti unilaterali. Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti tra vivi a contenuto patrimoniale (art. 1324 c.c.).
Sebbene il legislatore italiano non abbia recepito la figura generale del ne- gozio giuridico, essa ha svolto per molti anni un ruolo centrale nell’ambito delle costruzioni dogmatiche elaborate dalla dottrina 5.
In tempi piu` recenti l’importanza della figura e` pero` diminuita. In dottrina si e` infatti vieppiu` diffusa la convinzione circa l’inutilita` di creare concetti o cate-
3 XXXXXX, op. cit., 1 ss., definisce il negozio giuridico come « la manifestazione di volonta` di una o piu` parti che mira a produrre un effetto giuridico».
4 SACCO, Negozio giuridico (Circolazione del), in Digesto, sez. civ., 4a ed., XII, Torino, 1995, 86; sul negozio giuridico utili riferimenti anche in FERRI G.B., Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 3 ss., 7, 13 ss.; ID., Negozio giuridico, Digesto, sez. civ., 4a ed., XII, Torino, 1995, 76; IRTI, Itinerari del negozio giuridico, Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, I, 1973, 229; SCOGNAMIGLIO C., Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992, 3 ss., 23, nota 31, 48 ss.; XXXXXXX, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal XXX, XXX, 0000, X, 000; ID., Il negozio giuridico tra scienza e diritto positivo, Milano, 1998.
5 Il concetto di negozio giuridico compare spesso altresı` a livello di legislazione speciale, nonche´ di giurisprudenza: si veda sul punto l’accurata indagine di FERRERO, Sul negozio giuri- dico, in Scritti Xxxxxxxx, Milano, 2002, II, 1005.
gorie onnicomprensive, quando poi la disciplina concreta dei vari istituti non consente generalizzazioni cosı` estese. Per esempio sarebbe del tutto inutile ela- borare una teoria generale dei vizi del consenso, comprensiva di contratto, ma- trimonio e testamento, dato che la disciplina concreta dei vizi del consenso e` differente a seconda che si tratti di contratto, matrimonio, o testamento.
2. L’AUTONOMIA PRIVATA
Uno dei cardini della nozione moderna di contratto nell’ambito della tradi- zione giuridica occidentale e` costituito dall’autonomia privata 6. Autonomia si- gnifica che l’individuo e` libero di contrattare e di non contrattare, di determi- nare liberamente il contenuto del contratto, nonche´ di concludere qualsivoglia tipo di accordo, ancorche´ non espressamente contemplato dal legislatore (art. 1322, 2o co., c.c.).
L’autonomia privata ovviamente incontra limiti dovuti al fatto che l’accordo raggiunto dai privati non deve porsi in contrasto con l’interesse generale, e non deve recare nocumento a terze persone.
Il secolo d’oro dell’autonomia privata e` indubbiamente stato il diciannove- simo secolo, quando imperversava il volontarismo, ed era diffusa la convinzione che l’ordinamento non dovesse intralciare in alcun modo il libero esplicarsi del- l’iniziativa privata anche in materia contrattuale; salvo il limite dell’illiceita`, in- tesa come contrarieta` alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume.
La volonta` e` la causa prima del diritto; in questa affermazione si sintetizza il credo filosofico del diciannovesimo secolo. Lo Stato, la legge, l’atto giuridico si pensava discendessero in modo immediato dall’autonomia della volonta` 7.
In seguito, nel ventesimo secolo, in tutto l’occidente industrializzato si e` as- sistito ad una forte espansione della legislazione vincolistica, tesa a porre limiti sempre piu` pressanti all’autonomia privata.
In alcuni casi si e` trattato di provvedimenti tesi a controllare il contenuto stesso del contratto, imponendo la sostituzione di clausole in contrasto con il dettato legislativo (art. 1339 c.c.), prezzi d’imperio 8, o ancora l’integrazione del contratto (art. 1374 c.c.) 9.
6 CARRESI, Autonomia privata nei contratti e negli atti giuridici, RDC, 1957, I, 265; DI MAJO, Liberta` contrattuale e dintorni, RCDP, 1995, 9; CALOv, Il ritorno della volonta`, Bioe- tica, nuovi diritti e autonomia privata, Milano, 1999; GRISI, L’autonomia privata. Diritto dei contratti e disciplina costituzionale dell’economia, Milano, 1999; SOMMA, Autonomia privata e struttura del consenso contrattuale, Milano, 2000; ID., Autonomia privata, RDC, 2000, II, 597; ID., Il diritto fascista dei contratti: raffronto con il modello nazional sociali- sta, RCDP, 2000.
7 BEUDANT, Le droit individuel et l’Xxxx, Xxxxx, 0000.
8 GOBBO, Il controllo dei prezzi industriali in Italia, Bologna, 1982; Cass., 22.12.1994, n. 11032, GC, 1995, I, 1237.
9 RODOTAv, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969.
In altri casi ancora dell’imposizione dell’obbligo stesso di concludere il con- tratto (art. 2597 c.c.).
Ancora piu` massicci sono stati ovviamente i provvedimenti limitativi dell’au- tonomia privata adottati nell’ex Unione Sovietica, dove la pianificazione del- l’economia aveva praticamente escluso ogni liberta` circa la determinazione del contenuto del contratto; salvo forse aspetti del tutto accessori 10. Il prezzo, nonche´ ancora la quantita` e la qualita` dei beni che dovevano essere prodotti dalle varie imprese di Stato era gia` predeterminato a livello di piano, e cosı` pure le altre imprese con cui dovevano essere conclusi i contratti per l’acquisto delle materie prime e dei semilavorati, e per la vendita dei prodotti finiti.
L’area ex socialista ha pero` sempre costituito un discorso a parte. A partire dalla fine degli anni ottanta lo sfaldamento dell’ex Unione Sovietica ha comun- que accelerato il processo di transizione dal piano al mercato, ed il conseguente tendenziale ritorno nell’alveo della tradizione giuridica occidentale.
Sebbene negli ordinamenti occidentali non si sia mai giunti ad una pianifi- cazione e ad una ingerenza dello Stato nell’economia paragonabile a quella ti- pica degli ordinamenti dell’est europeo, in dottrina si e` parlato diffusamente di crisi dell’autonomia privata; quasi come se il maggior dirigismo statale tipico del ventesimo secolo avesse comportato un venir meno della liberta` contrattuale dei privati cittadini.
In effetti tra contratti imposti, prezzi d’imperio, illiceita`, sostituzione auto- matica di clausole, e integrazione del contratto sembrerebbe restare ben poco della piena liberta` contrattuale tipica del diciannovesimo secolo.
In realta`, sebbene i controlli ed i limiti dell’autonomia privata siano indub- biamente aumentati, non pare che il fenomeno in questione abbia comportato un venir meno dell’autonomia privata. Piuttosto si e` trattato di un tentativo da parte del legislatore di distinguere il buono dal cattivo, vale a dire le manifesta- zioni lecite dell’autonomia privata da quelle illecite.
L’autonomia privata e la liberta` contrattuale e` infatti in linea di principio un bene, sempre che non si ponga in contrasto con l’interesse generale, o causi in qualche modo pregiudizio a terzi.
L’autonomia privata, al pari della concorrenza commerciale, e di qualsiasi altro diritto, incontra limiti oltrepassare i quali significa commettere un abuso. In questa prospettiva gli interventi limitativi del legislatore che si sono verificati nel corso del ventesimo secolo, non hanno tanto avuto la funzione di mettere in crisi l’istituto, quanto quella di circoscriverne il campo di operativita`; distin- guendo in particolare le forme di esercizio lecite dell’autonomia privata rispetto a quelle illecite.
10 AJANI, Diritto dell’europa orientale, Torino, 1996.
3. GLI ATTI UNILATERALI
Xxx contratti occorre distinguere gli atti unilaterali, i quali consistono nella dichiarazione di volonta` di una sola parte. Sono atti unilaterali l’atto di fonda- zione (art. 14 c.c.), la procura (art. 1387 c.c.), le promesse unilaterali (art. 1987 c.c.), e cosı` via.
Gli atti unilaterali, diversamente dai contratti, non sono disciplinati in ter- mini generali dal legislatore, ma solo con riferimento alle singole fattispecie. Ai sensi dell’art. 1324 c.c. risulta pero` stabilito che le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi
contenuto patrimoniale 11.
Deve pertanto trattarsi di atti unilaterali: a) tra vivi, con esclusione degli atti a causa di morte come per esempio il testamento; nonche´ b) a contenuto patri- moniale, con esclusione degli atti unilaterali a contenuto non patrimoniale come per esempio il riconoscimento di figlio naturale.
Agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale saranno pertanto in primo luogo applicabili le norme sull’interpretazione del contratto; quelle sulla forma, che in linea di principio e` libera, salva diversa prescrizione legisla- tiva; quelle in tema di invalidita`, nullita` ed annullabilita`, e cosı` via.
L’art. 1334 c.c. precisa ulteriormente che gli atti unilaterali producono ef- fetto a partire dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati. Non e` quindi sufficiente la loro emanazione, ma occorre che pervengano a conoscenza del destinatario.
SEZIONE II – CONTRATTO E RAPPORTI PATRIMONIALI
SOMMARIO:
1. Il termine contratto. 2. La definizione di contratto. 3. Costituire, regolare o estinguere. 4. Rapporti giuridici. 5. L’intento giuridico. 6. I patti parasociali. 7. Le lettere di intenti. 8. La patrimonialita` del rap- porto. 9. I contratti ad interessi non patrimoniali.
1. IL TERMINE CONTRATTO
Il termine contratto deriva dal latino contrahere, e fa riferimento ad un’at- tivita` congiunta di per lo meno due soggetti, finalizzata al raggiungimento di un certo scopo 12.
11 IRTI, Per una lettura dell’art. 1324 c.c., XXX, 0000, I, 559.
12 XXXXXX, Promesse e contratto, RDC, 1994, I, 823; FRANZESE L., Il contratto oltre privato e pubblico, Padova, 1998; SOMMA, Il discorso concettuale come mark of a certain idea, Ri-
L’espressione contratto richiama quindi alla mente l’idea di accordo, di scambio dei consensi, di raggiungimento di un’intesa vincolante tra le parti.
Le accezioni del termine contratto sono peraltro numerose 13.
Da un punto di vista terminologico l’espressione contratto puo` in primo luogo indicare il testo contrattuale redatto dai contraenti, sempre che essi ab- biano utilizzato la forma scritta.
Da un punto di vista sostanziale il termine contratto indica viceversa il rag- giungimento di un accordo, di un’intesa, tra due o piu` soggetti.
Il termine contratto assume comunque un significato tecnico piu` ristretto rispetto a quelli piu` generici di accordo, promessa 14, patto, convenzione 15, in- tesa16, che compaiono a volte nel linguaggio legislativo 17.
Specie in certe aree, come per esempio il diritto di famiglia, il legislatore preferisce usare altre espressioni, come per esempio quella di convenzione, tra- dizionalmente considerata piu` adatta ad indicare gli accordi, ancorche´ di carat- tere patrimoniale, raggiunti tra i coniugi.
In altri casi tradizionalmente si preferisce l’espressione patto, come per esempio in materia di prelazione (pactum protomiseos). Questo puo` essere un indice delle differenze strutturali riscontrabili, sotto il profilo della causa, degli interessi perseguiti, e cosı` via 18.
flessioni storico-comparative in tema di strutture del consenso contrattuale, RCDP, 2001, 258; XXXXXXXXX E., Il contratto e l’operazione economica, RDC, 2003, I, 93; XXXXXX (cur.), Con- tratto e mercato, Torino, 2004; XXXXXXXXXX (cur.), L’accordo contrattuale, Roma, 2006; XXXXXXX- XXXXXXX, Tradizione civilistica e complessita` del sistema, valutazioni storiche e prospetti- ve della parte generale del contratto, Milano, 2006; SACCO, Contratto (genotipi e fenotipi), Digesto, sez. civ., Agg., ****, Torino, 2009, 127.
13 Sui vari significati dell’espressione contratto: XXXXXXXXXXX, Complessita` del procedi- mento di formazione del contratto ed unita` del negozio contrattuale, RTPC, 1964, I, 1352; TAMPONI, Contributo all’esegesi dell’art. 1419 c.c., RTPC, 1978, 105, 133 ss.; XXXXX G.B., La nozione di contratto, in I contratti in generale, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 1999, I, 3, 12; CERQUETTI, Le regole dell’interpretazione tra forma e contenuto del contratto, Perugia, 2008, 11.
14 XXXXXXX XXXXXXXXXX, Lineamenti della promessa di matrimonio secondo il nuovo co- dice civile, RDC, 1939, 12; anche per una ricostruzione storica e comparativa: MOCCIA, Pro- messa e contratto, RDC, 1994, I, 819.
15 Tradizionalmente il termine e` riferito agli accordi di natura non patrimoniale: GUGLIEL-
XXXXX, I contratti normativi, Padova, 1969, 119 ss.
16 Cass., 1.2.1999, n. 827, GCo, 1999, II, 223, con nota di DELLI PRISCOLI, La dichiarazione di nullita` dell’intesa anticoncorrenziale da pare del giudice ordinario; il legislatore parla volutamente di intese anticoncorrenziali in modo tale da inglobare anche accordi di natura non contrattuale, come per esempio i gentlemen’s agreements, o ancora semplici ipotesi di paral- lelismo consapevole: PARDOLESI, Parallelismo e collusione oligopolistica, FI, 1994, IV, 72.
17 XXXXXXXX, Xxxxxxxx, accordo, convenzione, patto (la terminologia legislativa nella materia dei contratti), RDCo, 1988, I, 3-18.
18 Piu` ampiamente, Cap. 9.
2. LA DEFINIZIONE DI CONTRATTO
Il legislatore non si accontenta peraltro di far riferimento al significato cor- rente, usuale, di contratto nel linguaggio comune, ma si premura di fornire una definizione di contratto.
In particolare ai sensi dell’art. 1321 c.c.: « Il contratto e` l’accordo di due o piu` parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuri- dico patrimoniale».
Stando alla lettera di questa norma sembrerebbe quasi che il contratto si risolva nel puro accordo tra le parti; in realta` il 1321 c.c. deve essere coordinato con il 1325 c.c. che completa l’elenco dei requisiti minimi previsti per la pre- senza di un valido contratto. Il 1321 c.c. definendo il contratto come un accordo, si limita ad indicare una parte per il tutto; si tratta dunque di un tipico esempio di sineddoche 19.
Specie in passato la dottrina si e` lungamente interrogata circa il significato, nonche´ l’effettiva rilevanza delle definizioni giuridiche, che di tanto in tanto ven- gono enunciate dal legislatore.
Puo` peraltro ritenersi che i dubbi circa la loro rilevanza giuridica sono ormai stati completamente superati 20.
La dottrina concorda infatti che anche le definizioni giuridiche hanno una funzione precettiva ben precisa, in particolare esse assolvono l’importante fun- zione di definire l’ambito di operativita` di una certa disciplina; il che e` partico- larmente evidente in materia di contratto, dove l’art. 1321 c.c. svolge l’impor- tante funzione di definire l’ambito di operativita` della disciplina del contratto. In queste condizioni si tratta peraltro di individuare, sulla base della lettura della norma in questione, a sua volta oggetto di interpretazione, quali sono gli
elementi in presenza dei quali si e` in presenza di un contratto.
A) Il primo elemento e` sicuramente quello dell’accordo, vale a dire dello scambio dei consensi tra due o piu` parti.
La nozione di scambio dei consensi, di accordo, e` pero` sicuramente generica rispetto a quella di contratto, cosı` come definito dall’art. 1321 c.c.
L’accordo non e` infatti necessariamente un contratto.
La nozione di accordo, ancorche´ giuridicamente rilevante, e` infatti sicura- mente piu` ampia rispetto a quella di contratto.
B) Occorre quindi far riferimento ad elementi ulteriori; in particolare l’ele- mento che connota l’accordo, trasformandolo in un contratto giuridicamente ri- levante, e` costituito dal contenuto dell’accordo; in particolare si ha contratto
19 MONATERI, La sineddoche, Milano, 1984.
20 BELVEDERE, Il problema delle definizioni nel codice civile, Milano, 1977; DELLA CASA, Sulle definizioni legislative nel diritto privato, Torino, 2004; LANTELLA-XXXXXX-DEGANELLO, Operazioni elementari di discorso e sapere giuridico, Torino, 2004.
solo se si tratta di accordi finalizzati a costituire, regolare o estinguere tra loro rapporti giuridici patrimoniali.
La compravendita e` pertanto un contratto, proprio perche´ si tratta di un accordo finalizzato a produrre effetti giuridici di carattere patrimoniale.
Il matrimonio, l’adozione, e piu` in generale gli accordi familiari, non sono contratti proprio perche´ non solo finalizzati a costituire, modificare o estinguere rapporti di natura matrimoniale.
Questo ovviamente non significa che il matrimonio o l’adozione non abbia- no a loro volta effetti di carattere patrimoniale ben precisi; tradizionalmente si ritiene pero` che in questo genere di accordi prevalga la componente persona- le rispetto a quella patrimoniale, con la conseguenza di relegare gli aspetti patrimoniali in un secondo piano, vale a dire sotto il profilo delle conseguenze che in base all’ordinamento derivano dall’instaurazione del vincolo di carattere personale.
3. COSTITUIRE, REGOLARE O ESTINGUERE
Il legislatore parla genericamente di costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Da un punto di vista sistematico il contratto costituisce dunque un fatto giuridico, ed in particolare un atto umano bilaterale, lecito, il cui effetto e` per l’appunto quello di costituire, regolare o estinguere rapporti giuridici.
Il contratto puo` dunque costituire rapporti giuridici, puo` regolarli durante la loro esistenza, ed infine puo` estinguerli.
Da un punto di vista sistematico si nota quindi una corrispondenza quasi perfetta con la nozione di vicende del rapporto giuridico, salvo l’uso da parte del legislatore del termine regolare, il cui significato e` leggermente piu` ampio ri- spetto a quello di modificare; in particolare si puo` regolare un rapporto anche quando ci si limita ad accertarlo 21.
4. RAPPORTI GIURIDICI
Notevole rilevanza assume altresı` la precisazione, che si desume dalla defi- nizione legislativa di contratto, in base alla quale si tratta di accordi finalizzati ad incidere esclusivamente sul piano dei rapporti giuridici, che per l’appunto pos- sono essere costituiti, regolati o estinti; a contrario se ne puo` desumere che il contratto non puo` in linea di principio venire ad incidere su realta` o meglio
21 In dottrina si e` parlato a questo proposito anche di negozio regolamentare, inteso come negozio di secondo grado, finalizzato a fissare, confermare, interpretare, risolvere, assorbire e cosı` via un contratto precedentemente concluso tra le parti: SCOGNAMIGLIO G.D., Considerazioni sul pactum de non petendo, RN, 1086, 641, 609, ivi, riferimenti.
ancora su piani diversi, come per esempio quello delle fattispecie e quello degli effetti giuridici.
La fattispecie si pone a monte, gli effetti giuridici a valle; o meglio ancora la fattispecie costituisce un prius, gli effetti un posterius.
In questa prospettiva l’autonomia privata non potrebbe venire ad incidere a) ne´ sul piano delle fattispecie legali, come per esempio eliminando il requisito della causa o della forma ove richiesto, b) ne´ su quello degli effetti, per esempio stabilendo che l’accordo non e` vincolante sul piano giuridico.
In realta` entrambe queste affermazioni meritano di essere riviste.
Per quel che riguarda il primo punto, la negazione della possibilita` di modi- ficare le fattispecie legali non appare del tutto corretta.
Le parti non possono ovviamente venire ad escludere o modificare elementi previsti da norme di carattere imperativo a pena di nullita` (art. 1418 c.c.). Un eventuale accordo finalizzato per esempio ad eliminare la causa, o la forma ove richiesta a pena di nullita` (artt. 1350, 1351 c.c.), non potrebbe ovviamente es- sere valido, ma sarebbe a sua volta inficiato da nullita` per contrasto con norme imperative.
Questo non significa peraltro che le parti siano completamente prive di ogni possibilita` di manovra.
In particolare nulla impedisce alle parti di modificare elementi della fatti- specie regolati da norme di carattere dispositivo; come per esempio escludere la garanzia per vizi od evizione nella compravendita, o prevedere forme di respon- sabilita` maggiori, in virtu` per esempio di una clausola penale, e cos`ı via 22.
Si consideri ancora che le fattispecie legali sono in gran parte costituite da norme di carattere suppletivo, la cui funzione e` proprio quella di fornire un as- setto di regole standard, anche in assenza di una diversa e specifica previsione da parte dei contraenti; si pensi per esempio ai vizi del consenso, alla rescis- sione, alla risoluzione del contratto per inadempimento, impossibilita` ed ecces- siva onerosita` sopravvenuta, e cos`ı via.
Si tratta di conseguenze che discendono normalmente dalla conclusione di un contratto; questo pero` non significa che le parti possono disporre in senso contrario, per esempio in virtu` di clausole di irresolubilita`, riferite ai casi di ina- dempimento, impossibilita` ed eccessiva onerosita` sopravvenuta, e cosı` via. Le clausole di assunzione del rischio sono infatti generalmente ammesse sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.
22 E` stata per esempio giudicata valida la clausola inserita in un contratto di assicurazione che escludeva la possibilita` di contestare la falsita` delle informazioni fornite: Cass., 22.5.1958, n. 1718, RDCo, 1960, II, 1, con nota contraria di XXXXX: «La clausola di incontestabilita` per dichiarazioni inesatte o reticenti, prevista in un contratto d’assicurazione dopo la decor- renza di un dato termine, e` applicabile anche se l’assicurato muoia prima che sia de- corso il termine».
In queste condizioni il problema non sembra tanto quello di escludere la possibilita` per i contraenti di modificare le fattispecie legali, quanto quello di stabilire in quali casi cio` e` possibile ed in quali casi cio` risulta vietato 23.
Anche in questo caso fondamentale importanza assume la distinzione tra norme derogabili ed inderogabili.
Ne consegue pertanto che, salvo il limite costituito da norme imperative, nulla osta alle parti di modificare anche le fattispecie legali.
Ne consegue pertanto che mentre le parti non hanno la facolta` di escludere il ricorso alla forma scritta, ove prescritta a pena di nullita` (artt. 1350, 1351 c.c.), nulla esclude che le parti possano prevedere l’impiego di formalita` parti- colari, anche ove non richiesto dal legislatore (art. 1352 c.c.).
Parimenti l’autonomia privata puo` in qualche misura operare in materia di garanzie e privilegi 24.
Un discorso comparabile puo` essere ripetuto per quel che riguarda le norme di diritto processuale.
Anche in questo ambito l’accordo tra le parti, xxxx` valido solo nel caso in cui non si ponga in contrasto con norme di carattere imperativo.
In giurisprudenza si e` cosı` ritenuto valido l’accordo con cui le parti assume- vano reciprocamente l’impegno di non far eseguire una sentenza prima del suo passaggio in giudicato 25; sempre secondo la Corte di Cassazione, l’accordo con cui le parti hanno assunto l’impegno di effettuare un tentativo di conciliazione prima di agire in giudizio ha una rilevanza meramente interna tra le parti, con conseguente obbligo di risarcire i danni, ma non esclude la possibilita` di agire comunque in giudizio, vista l’irrinunciabilita` dei diritti processuali 26.
23 Non e` per esempio consentito disporre del possesso separatamente rispetto al diritto di proprieta`: Cass., 27.9.1996, n. 8528, RN, 1998, 279; GI, 1998, 934: « Il contratto preliminare atipico con cui le parti, in base all’autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), si siano ob- bligate, rispettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione possessoria e` nullo, ai sensi degli artt. 1418 e 1325 c.c., per impossibilita` dell’oggetto»; Cass., 8.8.1996,
n. 7283; XXXXXX, Circolazione del possesso e autonomia privata, Napoli, 2003.
24 PARENTE, Nuovo ordine dei privilegi ed autonomia privata, Xxxxxx, 0000.
25 Cass., 12.8.1991, n. 8774, GI, 1992, I, 1, 484; FI, 1992, I, 1845: «E` legittima l’obbliga-
xxxxx reciproca negativa assunta dalle parti di non far eseguire una sentenza, prima del suo passaggio in giudicato, sebbene questa sia gia`, per legge, eseguibile. Infatti, in questo caso, l’interesse privato di evitare reciproche attribuzioni patrimoniali e incombenze processuali tra le parti, a seconda delle vicende del processo di cognizione, coincide con criteri di economia processuale».
26 Cass., 13.7.1992, n. 8476, GI, 1993, I, 1, 1518: « L’inosservanza di una clausola con- trattuale che obblighi le parti, prima di promuovere l’azione giudiziaria, ad esperire un tentativo di amichevole componimento della lite puo` determinare unicamente conse- guenze di natura sostanziale, come l’obbligazione di risarcimento del danno, ma non ha rilevanza nel sistema processuale e non comporta l’improcedibilita`, neppure tempora- nea, dell’azione giudiziaria promossa senza aver ottemperato all’obbligo in discorso, non implicando detta clausola rinuncia alla tutela giurisdizionale, atteso anche che i presup- posti processuali per la validita` del procedimento, rispondendo ad esigenze di ordine
Il contratto puo` altresı` costituire nuovi soggetti di diritto nei casi previsti dalla legge; si pensi per esempio alle associazioni ed alle societa`.
5. L’INTENTO GIURIDICO
Piuttosto delicata e` altresı` la questione circa la rilevanza dell’intento giuri- dico.
Le parti sono ovviamente libere di esprimere liberalmente il loro intento ne- goziale, senza dover necessariamente utilizzare con precisione i termini giuri- dici; si consideri ancora che in questo i contraenti sono aiutati dal fatto che le norme sono per lo piu` formulate utilizzando il linguaggio corrente.
A partire dai tempi di Betti ci si interroga peraltro se ai fini della produzione dell’effetto giuridico occorre altresı` la volonta` delle parti 27, o se viceversa l’effetto giuridico si produce di per se´, indipendentemente dalla volonta` dei contraenti. A questo quesito viene tradizionalmente data una risposta negativa, dato che gli effetti giuridici si producono indipendentemente ed a volte anche in con-
trasto con la volonta` delle parti 28.
Rientra in altre parole nella competenza dei contraenti determinare il con- tenuto del contratto; decidere quali clausole inserire e quali non; compete vice- versa all’ordinamento giuridico stabilire quali effetti ne conseguono.
Le parti operano cioe` sul piano del contenuto e cioe` del fatto, il diritto su quello degli effetti che ne conseguono; i quali si producono quindi indipenden- temente dalla volonta` delle parti (intento giuridico positivo).
Diversa e` la situazione che si trova nei Paesi di common law, dove l’inten- zione di creare un rapporto giuridico e` normalmente considerata essenziale ai fini della distinzione tra gli accordi giuridicamente vincolanti e quelli rilevanti solo sul piano dell’onore 29.
Utili indicazioni in questo senso derivano altresı` dall’art. 2.101 dei Pecl di Xxxxx, ai sensi del quale il contratto e` concluso quando a) le parti hanno ma- nifestato l’intento di vincolarsi giuridicamente e b) hanno raggiunto un accordo sufficiente.
In questa prospettiva anche in Italia alcuni autori hanno rivalutato questo requisito considerandolo rilevante 30.
pubblico, possono trovare ragione di esistenza soltanto nella legge e non nell’autonomia privata».
27 BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1950; si veda inoltre XXXXXXXXXX, Appunti sul patto di prelazione, RDCo, 1921, II, 56, 61, ivi, richiami all’animus obligandi, 62.
28 Trib. Roma, 10.10.1955, TR, 1956, 150.
29 XXXXXX, An Introduction to the Law of Contract, cit., 161 ss.
30 Cass., 28.1.1955, n. 223, RDCo, 1956, II, 1, con nota di XXXXXXXX, Patto di prelazione e negozi di cortesia, 4; ROPPO, Il contratto, in Tratt. dir. priv., dir. da Iudica-Zatti, Milano, 2001, 11.
Ancora piu` delicata e` la questione opposta, vale a dire quella dell’intento giuridico negativo.
La dottrina, parimenti a partire dai tempi di Xxxxx, ha iniziato ad interrogarsi circa la possibilita` per i contraenti di escludere gli effetti giuridici dell’accordo 31. Il problema e` stato affrontato specie negli ordinamenti di common law, dove una tale possibilita` e` generalmente ammessa; in particolare in tali ordina- menti e` consentito concludere gentlemen’s agreements, vale a dire accordi vin- colanti esclusivamente sul piano dell’onore, con impossibilita` quindi di far ri-
corso alla tutela giuridica in caso di inadempimento 32.
In particolare accordi di questo genere sono diffusi specie in ambiti partico- larmente ristretti ed omogenei, nei quali la presenza di sanzioni extragiuridiche, come per esempio l’esclusione da un certo contesto di contrattazioni, sono in genere piu` che sufficienti a fungere da deterrente contro il rischio di inadempi- mento 33.
Da alcun anni il dibattito sui gentlemen’s agreements e` arrivato anche in Italia, dove la dottrina si e` espressa in senso per lo piu` favorevole 34. Scarsa e` la giurisprudenza in argomento, dove pero` salvo un vecchio precedente che si era espresso in senso contrario 35, si notano alcune recenti aperture36.
Il discorso deve in realta` essere affrontato per gradi.
In senso favorevole e` possibile considerare che a) si tratta in definitiva di una libera scelta dei contraenti, e b) che i gentlemen’s agreements sono gene- ralmente ammessi negli ordinamenti di common law, dove non si sono mai ve- rificati particolari problemi di carattere applicativo.
In senso contrario occorre pero` tener conto altresı` del rischio che esclu- dendo l’efficacia del contratto sul piano giuridico, vengano meno quelle tutele e quelle garanzie previste dall’ordinamento a favore specie delle parti piu` deboli.
31 BETTI, op. cit., 80, nota 1, ivi, riferimenti.
32 TRIMARCHI, Il problema giuridico delle pratiche concordate fra oligopolisti, in Studi Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, IV, Napoli, 1972, 689; OPPETIT, L’engagement d’honneur, D., 1979, Ch. 109; XXXXXXXX, Gentlemen’s Agreement, RDC, 1990, II, 731; MARTINI, Gentlemen’s agreement, in Digesto, sez. civ., 4a ed., VIII, Torino, 1992, 639; SICA S., Gentlemen’s agreements e intento giuridico, Napoli, 1995; DI XXXXXX, Gentlemen’s agreement e contratto, GC, 2000, I, 1176; XXXXXXX, I Gentlemen’s Agreements sono giuridicamente vincolanti?, XxX, 2003, I, 100.
33 Si veda in proposito il classico studio di XXXXXXXX, Non Contractual Relations in Bu- siness: a Preliminary Study, in Am. Soc. Rev., 1963, 55.
34 XXXXX, op. cit., 84, 87; XXXXX, op. cit., 1a ed., 493; 3a ed., II, 22; BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, 2a ed., Milano, 2000, 319; ROPPO, op. cit., 15 ss.; XXXXXXX, Le lettere di patronage, in Digesto, sez. com., 4a ed., VIII, Torino, 1992, 570; XXXXXXX, op. cit., 649, secondo cui l’esclu- sione dell’efficacia vincolante dell’accordo puo` essere dovuta o all’intento delle parti o al parti- colare contesto sociale (per esempio famiglia, comunita`, ecc.), nel cui ambito e` avvenuto l’ac- cordo; in questa prospettiva se l’accordo e` concluso tra persone con interessi convergenti oc- correrebbe escludere il carattere giuridico dell’intesa.
35 Trib. Roma, 10.10.1955, TR, 1956, 150.
36 Trib. Xxxxxxx, 0.0.0000, GC, 2000, I, 1175.
Si pensi per esempio alla disciplina dei contratti dei consumatori, alle clau- sole vessatorie, e cosı` via.
Anzi una clausola di questo genere se inserita in un contratto del consu- matore sarebbe sicuramente vessatoria, e quindi da considerarsi come non apposta.
Residuano i contratti posti in essere da soggetti con un analogo potere con- trattuale; si pensi per esempio ai contratti conclusi tra imprenditori, e cosı` via. Anche in questo ambito possono peraltro residuare alcune perplessita` a con-
sentire di porre il rapporto esclusivamente sul piano dell’onore.
Ancora una volta si tratta di un problema di limiti dell’autonomia privata.
Nessun problema ovviamente se le parti si limitano ad escludere certi effetti o certe conseguenze giuridiche.
Come abbiamo gia` avuto modo di rilevare, l’autonomia privata ha una limi- tata operativita` anche a livello di fattispecie, per esempio escludendo la garanzia per evizione o per vizi, e cosı` via. In termini generali l’autonomia privata non puo` pero` derogare norme di carattere imperativo; si pensi per esempio alle clausole limitative della responsabilita`, non consentite nei casi di dolo e di colpa grave (art. 1229 c.c.).
In queste condizioni pare dunque evidente che un patto che escludesse in ogni caso l’applicabilita` della responsabilita` contrattuale (art. 1218 c.c.) si por- rebbe in contrasto per l’appunto con l’art. 1229 c.c., norma di carattere sicura- mente imperativo.
Ancora piu` delicato diventa il discorso se lo si estende anche alla responsa- bilita` delittuale (art. 2043 c.c.).
Si tratterebbe infatti di chiarire se l’autonomia privata possa escludere non solo l’applicazione della disciplina del contratto (art. 1218 c.c.), ma anche quella del fatto illecito (art. 2043 c.c.).
Un tempo la dottrina lo escludeva categoricamente; ora si ammette per lo piu` una limitata applicazione delle clausole limitative della responsabilita` anche nel settore della responsabilita` delittuale, ancorche´ nei limiti di cui all’art. 1229
c.c. 37; con l’ulteriore precisazione che l’esclusione della responsabilita` non puo` operare anche in materia di integrita` fisica, pena la violazione di un’altra norma di carattere sicuramente imperativo, vale a dire il divieto degli atti di disposi- zione del proprio corpo di cui all’art. 5 c.c. Non e` infatti consentito disporre della propria integrita` fisica.
Ancora diverso e` il discorso che occorre fare con riferimento ai rimedi di carattere restitutorio, arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.) e ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.).
37 PONZANELLI, Le clausole di esonero della responsabilita` civile, Milano, 1984; DELOGU,
Le modificazioni convenzionali della responsabilita` civile, Padova, 2000.
Una clausola con la quale viene esclusa la possibilita` di chiedere la ripeti- zione dell’indebito o di agire in arricchimento senza causa, potrebbe a sua volta porsi in contrasto con quanto richiesto dal legislatore in materia di requisiti for- mali della donazione (art. 982 c.c.), o per lo meno integrare gli estremi delle donazioni indirette, con conseguente applicazione di quanto disposto dall’art. 809 c.c.
Ne consegue un quadro sicuramente complesso, in cui e` comunque difficile ritenere che la decisione delle parti di vincolarsi esclusivamente sul piano del- l’onore escluda del tutto la rilevanza giuridica dell’accordo.
a) In primo luogo un tale accordo puo` aver luogo esclusivamente in materia di contratti conclusi tra soggetti con analogo potere contrattuale.
b) In secondo luogo nessun problema particolare si pone con riferimento alle norme derogabili; in questa prospettiva, anche la responsabilita` contrattuale e quella delittuale possono essere escluse nei limiti di cui all’art. 1229 c.c.
c) Xxx` delicato e` il discorso se sia possibile andare ancora oltre, con conse- guente disapplicazione completa dell’art. 1218 c.c., anche oltre i limiti di cui all’art. 1229 c.c., norma di carattere sicuramente imperativo.
d) In ogni caso e` pero` possibile ritenere che non sia in linea di principio possibile andare ancora oltre, con conseguente disattivazione anche dei rimedi generali, quali la responsabilita` civile (art. 2043 c.c.) e l’arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.).
Sotto un altro profilo puo` assumere rilevanza altresı` il fatto che il contratto sia stato soltanto concluso, o anche eseguito, per lo meno in parte.
1) Se l’accordo non viene adempiuto da entrambe le parti non si pongono particolari problemi. Ciascuna parte potra` difendersi semplicemente rifiutando di adempiere a sua volta (art. 1460 c.c.). Si tratta di uno strumento di autotu- tela, concepibile anche in assenza di disciplina giuridica del rapporto.
2) Piu` delicata puo` essere la questione nel caso in cui una parte abbia gia` adempiuto; nei casi di questo genere puo` peraltro ritenersi che possano entrare in gioco i rimedi generali, quali la responsabilita` civile (art. 2043 c.c.), l’arricchi- mento senza causa (art. 2041 c.c.) e la ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.).
3) Se infine l’accordo ha ricevuto regolare esecuzione da entrambe le parti, puo` ritenersi che entri in gioco l’art. 2034 c.c., con conseguente soluti retentio e consolidazione dello scambio.
6. I PATTI PARASOCIALI
Particolarmente frequente e` la conclusione di accordi vincolanti esclusiva- mente sul piano dell’onore e della correttezza in materia societaria. Si tratta dei
c.d. xxxxx parasociali mediante i quali gruppi di azionisti si impegnano a concor- dare in comune le strategie di voto, la scelta delle varie cariche sociali, e cosı`
via 38. Si pensi per esempio ai sindacati di voto, ai sindacati di blocco, alle clau- sole di prelazione, e cos`ı via.
In passato particolarmente discussa era la rilevanza, nonche´ la liceita` di que- sto genere di accordi 39. In tempi piu` recenti il legislatore ha innovato in questa controversa materia riconoscendo esplicitamente la piena validita`, ed efficacia anche sul piano strettamente giuridico, dei c.d. patti parasociali, in qualunque forma stipulati, purche´ comunicati alla Consob, depositati nel registro delle im- prese e pubblicati nella stampa quotidiana (artt. 122, 123, d.l. 58/98; art. 2341 ter c.c.) 40; essi non possono avere durata superiore a cinque anni, salvo rinnovo (art. 2341 bis, 1o co., c.c.).
Si tratta di un intervento che ha definitivamente risolto i dubbi sulla validita` di tali accordi, che peraltro tendono a svuotare le funzioni degli organi assem- bleari, tramite una precostituzione delle decisioni 41.
7. LE LETTERE DI INTENTI
Un altro istituto che si e` delineato negli ultimi tempi nella prassi e` costituito dalle c.d. lettere di intenti 42. Si tratta di documenti che vengono elaborati di comune accordo dai contraenti, i quali evidenziano l’intenzione delle parti di giungere alla conclusione di un contratto. Le lettere d’intenti possono contenere semplici indicazioni relative all’oggetto del contratto, o viceversa una disciplina contrattuale gia` del tutto compiuta. La loro caratteristica fondamentale e` pero` quella di non essere giuridicamente vincolanti 43. Per quanto completa e perfetta sia l’intesa raggiunta dalle parti, essa non impegna le parti ad attuare il rapporto, e tanto meno a concludere in futuro il contratto. Le lettere di intenti potranno
38 COTTINO, Le convenzioni di voto nelle societa` commerciali, Milano, 1958; VISENTINI B., I sindacati di voto: realta` e prospettive, RS, 1988, 1; XXXXXX, Il problema delle convenzioni di voto, GCo, 1989, 201.
39 OPPO, Negozi parasociali, Milano, 1942; ID., Xxxxx parasociali: ancora una svolta le- gislativa, RDC, 1998, II, 215; SANTONI, Patti parasociali, Napoli, 1985; XXXXXXX, I contratti parasociali, Milano, 1987; ID., Xxxxx xxxxxxxxxxx, in Digesto, sez. com., 4a ed., XI, Torino, 1995, 12; XXXXXXXX, Controllo congiunto e accordi parasociali, Milano, 1997; RIOLFO, I patti para- sociali, Xxxxxx, 0000.
40 TORINO R., I contratti parasociali, Milano, 2000.
41 COTTINO, Il D.L. 24 febbraio 1998, n. 58. Il nuovo regime delle societa` quotate: prime considerazioni, GI, 1998, 1295.
42 DRAETTA, Letters of Intent and Other Precontractual Documents, 2a ed., Londra, 1994.
43 Cass., 14.5.1998, n. 4853, Contr., 1998, 547, con nota di VENCHIARUTTI: «Le parti che, con riferimento ad una scrittura privata, abbiano per essa usata la formula “lettera di inten- ti”, adottando un’espressione con cui, nel linguaggio commerciale, si esprimono i pre- supposti dei futuri contratti nella fase delle trattative precontrattuali che precedono la stipulazione di un negozio soltanto eventuale (e, pertanto, non doveroso per i suoi sotto- scrittori), mostrano l’esclusivo intento di predisporre le clausole da recepire nel futuro contratto nell’eventualita` della positiva conclusione delle trattative stesse».
trasformarsi in un vero e proprio contratto solo nel momento in cui le parti de- cideranno di recepirne i contenuti in un contratto giuridicamente vincolante. Fino a quel momento esse saranno vincolanti esclusivamente sul piano del- l’onore e della correttezza professionale.
8. LA PATRIMONIALITAv DEL RAPPORTO
Ai sensi dell’art. 1321 c.c., il contratto puo` avere ad oggetto esclusivamente rapporti giuridici patrimoniali 44. La norma corrisponde a quanto stabilito dal- l’art. 1174 c.c. in materia di patrimonialita` della prestazione 45.
In base a quanto stabilisce l’art. 1174 c.c. la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve cor- rispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.
A) Questo non significa che la prestazione deve necessariamente essere fi- nalizzata al soddisfacimento di interessi di natura patrimoniale del creditore, o comunque attinenti alla sfera della vita materiale o al soddisfacimento di bisogni primari.
Come dice specificamente l’art. 1174 c.c. la prestazione puo` anche essere finalizzata a soddisfare interessi di natura non patrimoniale del creditore.
Si pensi per esempio a chi acquista un biglietto per sentire un concerto, per vedere una rappresentazione teatrale, o a chi acquista un libro di poesie, e cosı` via 46. La musica, il teatro, la letteratura, e cosı` via non attengono infatti alla vita materiale dell’uomo, ma sono finalizzati a soddisfare bisogni di natura piu` elevata.
B) L’art. 1174 c.c. precisa peraltro che la prestazione deve in ogni caso es- sere suscettibile di valutazione economica.
Il requisito della patrimonialita` della prestazione avrebbe la funzione di con- sentire di distinguere i rapporti giuridici dalle relazioni sociali.
In realta` il significato e la portata della regola di cui all’art. 1174 c.c. e` assai controverso. Si discute infatti se la patrimonialita` della prestazione debba essere accertata in base alle valutazioni correnti nell’ambiente sociale (criterio oggetti- vo), o se viceversa tutto sia rimesso alle valutazioni delle parti (criterio soggettivo).
44 Il requisito della patrimonialita` non compariva nell’art. 1098 codice civile del 1865, nonche´ nelle definizioni di illustri studiosi del passato, come per esempio SAVIGNY, Le obbliga- zioni, tr. it., Torino, 1915, II, 6; FERRI G.B., op. cit., 18, ivi, riferimenti; sulla nozione di patri- monialita` si veda inoltre: CARRESI, Contratti e atti unilaterali, in Studi Vassalli, Torino, 1960, I, 269 ss., secondo il quale la formazione della categoria del negozio giuridico ha determinato una progressiva svalutazione del requisito della patrimonialita`, 272.
45 DI BONA, I negozi giuridici a contenuto non patrimoniale, Napoli, 2000, 13 ss.; FON-
XXXXXXXX, Prestazione, in Digesto, sez. civ., Appendice, ***, Milano, 2007, II, 962.
46 Cass., 20.10.1984, n. 5324, Q., 1986, 176, con nota di XXXXXXXXX, Il problema della pa- trimonialita` della prestazione con riferimento all’attivita` di culto e di assistenza spiri- tuale svolte dal religioso per contratto in casa di cura privata; DFP, 1984, 942; DE, 1985, II, 170; FI, 1985, I, 807.
In pratica la giurisprudenza propende nettamente per questa seconda solu- zione, ritenendo sufficiente che sia stato pattuito un corrispettivo per la presta- zione, ovvero una clausola penale per l’inadempimento 47.
Questo svuota in parte il requisito della patrimonialita` del contratto, dato che qualunque prestazione, ancorche´ finalizzata a soddisfare bisogni di carat- tere non patrimoniale, per la quale sia stato comunque pattuito un corrispettivo, puo` integrare gli estremi di un valido scambio 48.
Per patrimonializzare una prestazione e` infatti sufficiente prevedere un cor- rispettivo o una penale in caso di inadempimento.
Piu` dubbio se l’ordinamento possa andare a sindacare anche la meritevo- lezza in concreto dell’accordo (art. 1322, 2o co., c.c.); si pensi per esempio ad accordi futili 49, come per esempio l’impegno di suonare il violino ogni notte di plenilunio in un teatro vuoto, e cosı` via 50.
Sembra pero` preferibile ritenere che non vi siano particolari limiti sotto il profilo dell’impegno assunto, salva ovviamente la sua possibilita` e liceita`.
9. I CONTRATTI AD INTERESSI NON PATRIMONIALI
Il problema e` semmai quello di capire fino a che punto possa essere ravvisata la consistenza economica dello scambio 51.
47 Cass., 18.6.1968, n. 1995, GI, 1969, I, 1, 1558; Cass., 8.2.1961, n. 265, GC, 1961, I, 585:
« Il carattere patrimoniale della prestazione che forma oggetto dell’obbligazione, si stabi- lisce in relazione alla possibilita` della sua valutazione in una somma di denaro, in quanto la sua esecuzione richieda l’impiego di beni o di servizi, ovvero in quanto il suo inadempimento comporti, per patto contrattuale, l’applicazione di una sanzione pure di contenuto patrimoniale».
48 Cass., 27.4.1914, FI, 1914, I, 1446, con nota di Xxxxxxx; Cass., 4.5.1982, n. 2756: « Il contratto con cui una parte si obbliga in favore dell’altra ad una prestazione d’opera avente per contenuto l’assistenza materiale o morale, anziche´ ad una prestazione di de- naro o di altre cose fungibili, pur non costituendo contratto di rendita vitalizia, e` piena- mente ammissibile nel nostro ordinamento»; sempre in materia di contratti di assistenza atipica: Cass., 19.2.1996, n. 1280, Contr., 1996, 464, con nota di Xxxxxxxx; FI, 1996, I, 1241; GI,
1996, I, 1, 1048; si veda inoltre: Xxxx., 20.10.1984, n. 5324, FI, 1985, I, 807: « L’accordo con il quale il sacerdote si impegna a svolgere continuativamente una determinata attivita` spi- rituale e religiosa in favore di un soggetto privato o di un ente pubblico, dietro corrispet- tivo, ha per oggetto una prestazione essenzialmente professionale, suscettibile di valuta- zione patrimoniale dal momento che il compenso e` giustificato dall’impegno devoluto dal sacerdote...».
49 BETTI, op. cit., 120, parla di negozio irrilevante.
50 Si tratterebbe peraltro di capire che differenza vi e` tra un impegno di questo tipo e quello, perfettamente lecito ed ammissibile, assunto da un sacerdote di celebrare messe a paga- mento in privato: Xxxx., 20.10.1984, n. 5324, DFP, 1984, 942; DE, 1985, II, 170; FI, 1985, I, 807.
51 Cass., 23.12.1998, n. 7044, GI, 1990, I, 1, 1320, con nota di Xxxxxxx, ha giudicato valido l’accordo intervenuto in corso di separazione in virtu` del quale il marito assumeva l’impegno di trasferire un immobile a favore della moglie e questa rinunziava a costituirsi parte civile nel procedimento penale a carico del marito.
Si immagini per esempio che uno zio prometta ad un nipote 10 mila euro se riuscira` a laurearsi entro i prossimi cinque anni; o ancora all’accordo con cui si promette ad una persona una somma di denaro se non si risposera`, se non si dedichera` ad attivita` politica, se prendera` gli ordini sacerdotali, e cosı` via.
In dottrina si e` dubitato che nei casi di questo genere possa ravvisarsi la consistenza economica di uno scambio, e come conseguenza ulteriore di un con- tratto giuridicamente vincolante. Si e` parlato piuttosto di contratti ad interessi non patrimoniali 52, proprio perche´ finalizzati a soddisfare interessi di natura non patrimoniale del disponente; come per esempio l’interesse a che altri si sposi, prenda la laurea, o non si dedichi all’attivita` politica.
Si tratterebbe infatti di chiarire se uno scambio tra una prestazione patri- moniale (es. 10 mila euro) ed una finalizzata a soddisfare interessi non patrimo- niali (es. l’interesse dello zio a che il nipote prenda la laurea) possa essere suf- ficiente o meno ad integrare gli estremi della causa del contratto (art. 1325 c.c.). Ma se e` vero che l’obbligazione puo` essere finalizzata a soddisfare anche interessi di natura non patrimoniale (art. 1174 c.c.), e come conseguenza ulteriore anche il contratto, fonte dell’obbligazione stessa, non dovrebbero sorgere difficolta` a configurare accordi giuridicamente vincolanti anche nei casi di questo genere, salvi ovviamente i profili di liceita` e di possibilita` del-
l’accordo 53.
Vero e` che nella nostra tradizione giuridica si preferisce convogliare il di- scorso nell’alveo degli atti a titolo gratuito. Quando ci occuperemo degli ele- menti accidentali del contratto, vedremo infatti che l’ordinamento consente in una certa misura di attuare scambi di questo genere, purche´ leciti, in virtu` della previsione di una condizione o della apposizione di un modo o onere ad una disposizione a titolo gratuito 54.
Finalita` analoghe possono inoltre essere raggiunte con la promessa al pub- blico; si immagini per esempio un mecenate che prometta 1000 euro a tutti i giovani residenti in una certa citta` che riusciranno a laurearsi entro cinque anni dall’iscrizione all’universita`, e cosı` via.
52 GORLA, Il contratto, I, 1954, 226.
53 Secondo SACCO-DE NOVA, op. cit., II, 36, 37, 39 gli accordi che contengono lo scambio tra una prestazione patrimoniale ed una prestazione non patrimoniale sono contratti.
54 Si veda in particolare XXXXXXXXX, La donazione modale, Milano, 1966; Cass., 24.2.1982,
n. 1134, GC, 1982, I, 1554: « L’attribuzione patrimoniale di un quadro ad una parrocchia perche´ sia destinato alla contemplazione dei fedeli nella chiesa, non costituisce “datio ob causam” (contratto innominato del genere “do ut facies”, in cui l’“accipiens” si impegna a devolvere a terzi l’utilita` ricevuta) ma donazione, con la quale l’ente destinatario ac- quisisce al proprio patrimonio il bene, per il perseguimento dei propri fini istituzionali con il vincolo della destinazione pertinenziale alla chiesa, a beneficio della comunita` dei fedeli».
In queste condizioni resterebbe infatti da chiarire come mai una promessa con identico oggetto non possa essere valida nel caso in cui venga rivolta non ad una pluralita` di soggetti, ma ad una persona singola 55.
SEZIONE III – I RAPPORTI DI CORTESIA
SOMMARIO:
1. Le prestazioni di cortesia. 2. Il lavoro gratuito. 3. Le lettere di patronage.
1. LE PRESTAZIONI DI CORTESIA
Specie nella tradizione occidentale si e` assistito ad un processo di progres- siva giuridificazione dei rapporti. Si pensi per esempio alla mediazione che ori- ginariamente era considerata un rapporto di cortesia 56. Noi viviamo in un mondo in cui la maggior parte dei rapporti, specie di natura patrimoniale, sono in qualche misura giuridicamente rilevanti. Un discorso a parte deve essere fatto per quel che riguarda i rapporti di natura non patrimoniale 57, nonche´ all’interno della famiglia; in questi contesti il processo di giuridificazione si e` infatti com- piuto in termini assai piu` limitati che non nel settore dei rapporti patrimoniali in senso stretto. Secondo una nota immagine riferita ad Xxxxxx Xxxxx Xxxxxx, la stessa famiglia appariva come un’isola appena lambita dal diritto.
La giuridificazione non ha inoltre interessato l’intero settore dei rapporti so- ciali, di cortesia, e cosı` via.
In altri settori ancora la giuridificazione e` stata solo parziale come per esem- pio in materia di obbligazioni naturali, le quali sono insuscettibili di azionabilita` diretta ma implicano soluti retentio in caso di adempimento spontaneo.
Un primo banco di prova per valutare i rapporti tra la sfera del giuridica- mente rilevante e quella del giuridicamente irrilevante e` costituito dai c.d. rap- porti di cortesia 58.
55 GORLA, Il dogma del consenso o accordo, e la formazione del contratto di mandato gratuito nel diritto continentale, XXX, 0000, I, 923, 930, nota 30, nonche´ in Studi Vassalli, 1960, II.
56 DI CHIO, Mediazione e mediatori, in Digesto, sez. com., IX, Torino, 1993, 374, 376.
57 Adesso si vedano pero` anche: XXXXXX, Verso la depatrimonializzazione del diritto pri- vato, Rass.DC, 1980, 644; DE CUPIS, Sulla depatrimonializzazione del diritto privato, RDC, 1982, II, 482; PERLINGIERI, Depatrimonializzazione e diritto civile, Rass.DC, 1983, 41.
58 LIPARI, Rapporti di cortesia, rapporti di fatto, rapporti di fiducia, RTPC, 1968, 415; XXXXXXXX, Gli atti di cortesia, in Studi Pugliatti, Milano, 1977, I, 2, 1601; ID., Prestazioni di cortesia, in Digesto, sez. civ., 4a ed., XIV, Torino, 1995, 268; XXXXXXXXX, Rapporti non vincolan- ti e regole di correttezza, Padova, 1977; DE DIVITIIS, Cortesia e fondamento giuridico della
Si tratta di relazioni che si pongono per l’appunto sul piano della cortesia, dell’onore, dei rapporti sociali, e cosı` via.
Classico esempio e` quello dell’invito a cena; se una persona invita un amico per la cena e poi quando questi si presenta alla porta, si rifiuta di farlo entrare, nessun giudice sarebbe probabilmente disposto a ravvisare gli estremi di una responsabilita` di carattere contrattuale.
Un discorso comparabile puo` essere ripetuto per altri tipi di prestazioni cor- tesi, come per esempio l’impegno assunto alla stazione di custodire momenta- neamente la valigia di un altro viaggiatore, e cosı` via.
Ma si pensi ancora al trasporto amichevole di cose e persone, a chi assume l’impegno di recarsi in farmacia a prendere un medicinale, al professionista che fornisce assistenza gratuita ad un amico, ad un artigiano che sempre per motivi di amicizia ripara gratuitamente l’impianto elettrico della casa, alla vicina che nell’assenza dei genitori assume l’impegno gratuito di guardare per un breve periodo di tempo un bambino, e cos`ı via. Gli esempi si possono ovviamente mol- tiplicare, tenuto conto della vastita` ed eterogeneita` delle ipotesi in cui si assu- mono impegni per l’appunto a titolo di mera cortesia.
Nei casi di questo genere sorge ovviamente il problema della rilevanza giu- ridica di questi impegni.
Troppo semplicistico sarebbe infatti considerare che si tratta di impegni as- sunti su di un piano diverso da quello giuridico, con la conseguenza che la loro violazione puo` comportare al limite un’applicazione di sanzioni sociali, come per esempio la rottura del rapporto di amicizia, e cosı` via.
In realta` il diritto non puo` disinteressarsi del tutto di questi rapporti, proprio per la loro frequenza e per la gravita` delle conseguenze che a volte possono conseguire in caso di inadempimento o cattivo adempimento.
A) In Italia il problema e` stato discusso soprattutto in materia di trasporto di cose o persone a titolo di cortesia; si pensi in particolare ad una persona che offra un passaggio ad un amico o carichi in auto un autostoppista 59.
Il codice civile non contempla espressamente la fattispecie, o meglio ancora distingue a seconda che si tratti di trasporto a titolo oneroso o di trasporto a titolo gratuito, assimilando il regime del trasporto gratuito a quello del trasporto a titolo oneroso (art. 1681, 3o co., c.c.).
La nozione di trasporto gratuito e` pero` stata per lo piu` intesa in senso re- strittivo, con esclusivo riferimento ai casi di trasporto bensı` gratuito, ma inte- ressato, in cui cioe` il trasportatore e` mosso, ancorche´ indirettamente, da motivi
prestazione, RTPC, 1978, 1772; SACCO-DE NOVA, Il contratto, 2 voll., in Tratt. dir. civ., dir. da Sacco, 3a ed., Torino, 2004, II, 16, nota 2, ivi, riferimenti; XXXXXXX L., L’atto di cortesia, Studi Palazzo, Torino, 2009, I, 675.
59 SALV. ROMANO, Il trasporto di cortesia, in Studi Mossa, Padova, 1961, III, 312; XXXXXXX, Il trasporto amichevole, Napoli, 1977.
di interesse personale di carattere patrimoniale; con conseguente esclusione del trasporto di pura cortesia. Tipici esempi di trasporto gratuito sono il trasporto dei dipendenti da parte del datore di lavoro, del potenziale acquirente di un’au- tomobile da parte del venditore, e cos`ı via 60.
Diversa e` la situazione che troviamo nel codice della navigazione; in parti- colare l’art. 414 di questo codice riserva al trasporto amichevole un regime an- cora differente rispetto a quello che e` tipico del trasporto gratuito (art. 413 cod. nav.).
In questa prospettiva il problema che si e` posto e` proprio quello di colmare la lacuna presente nel codice civile relativa al trasporto amichevole; lacuna che secondo la dottrina sarebbe agevolmente colmabile, proprio considerando l’art. 414 cod. nav. espressione di un principio generale applicabile ad ogni tipo di trasporto di cortesia, compreso quindi anche quello terrestre61.
La Corte di Cassazione in un primo tempo aveva invece optato per l’assimi- lazione del trasporto amichevole a quello gratuito, con conseguente contrattua- lizzazione della figura 62.
In seguito ha invece assunto la prevalenza l’idea che in caso di rapporto amichevole non si instaura una relazione di tipo contrattuale, salvo ovviamen- te il ricorso alle regole della responsabilita` delittuale in caso di incidente (art. 2043 c.c.) 63.
Soluzione attualmente per lo piu` condivisa sia dalla dottrina 64 che dalla giu- risprudenza 65.
Salvo quindi l’inevitabile riferimento alle norme di chiusura dell’ordina- mento, nonche´ alla responsabilita` che puo` sorgere anche tra persone non legate da rapporti di natura contrattuale (art. 2043 c.c.), il rapporto si svolge su di un piano di indifferenza per il diritto.
B) Un altro gruppo di casi concerne il deposito di cortesia 66.
Tipici esempi sono quelli del viaggiatore che alla stazione acconsente di cu- stodire per pochi minuti la valigia di un altro viaggiatore.
60 Cass., 15.9.1981, n. 5098, AC, 1982, 147.
61 FLAMINI, op. cit.
62 Cass., 29.3.1950, n. 848, FI, 1950, I, 1010; si veda peraltro anche: Cass., 15.9.1981,
n. 5098, AGCSS, 1981, 742; AC, 1982, 147.
63 Cass., 13.10.1951, n. 2635, FI, 1951, I, 1487; Cass., 1.8.1986, n. 4924; Cass., 5.3.1990,
n. 1700, GI, 1990, I, 1, 1596; RDCo, 1990, II, 261.
64 BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1950, 90; XXXXXXXX, op. cit., 274; SACCO-DE NOVA, op. cit., 3a ed., II, 18; XXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. priv., dir. da Iudica-Zatti, Milano, 2001, 13.
65 Cass., 27.2.1979, n. 1291, AGCSS, 1979, 337; Cass., 21.7.1979, n. 4389, RGCir, 1981,
420.
66 Cass., 14.7.1952, n. 2188, FI, 1952, I, 1, 1508, con nota di PACIFICI, In tema di presta-
zioni di cortesia; Cass., 15.6.1991, n. 6804; XXXXXXXXXX, Deposito gratuito e deposito di corte- sia, RTPC, 1953, 290.
Cosa succede nei casi di questo genere se chi ha preso in consegna la valigia l’abbandona a sua volta perche´ e` sopraggiunto il treno che stava attendendo? Ovviamente anche nei casi di questo genere e` possibile ritenere che sorga per lo meno una responsabilita` di natura delittuale fondata sull’art. 2043 c.c. A maggior ragione nel caso in cui si tratti di un cane, di un bambino, e cosı`
via.
La giurisprudenza in un caso relativo alla presa in consegna di alcuni buoi
sulla piazza del mercato, poi successivamente abbandonati, ha viceversa xxxxx- xxxx gli estremi di un vero e proprio contratto di deposito gratuito, con conse- guente configurabilita` della responsabilita` contrattuale 67.
Probabilmente questa soluzione e` stata favorita dalla tipicita` del rapporto, nonche´ dal fatto che i buoi erano stati presi in consegna, con conseguente con- figurabilita` di una fattispecie codicistica tipica, vale a dire il contratto di depo- sito gratuito.
C) Del resto problemi analoghi possono porsi anche in caso di comodato amichevole 68, di mutuo amichevole, di mandato amichevole in cui la presenza di una fattispecie tipica codificata dal legislatore puo` indurre l’interprete ad assi- milare la fattispecie amichevole a quella gratuita.
Soluzione che peraltro non si e` verificata in materia di trasporto amichevole dove e` prevalso l’inquadramento extracontrattuale della fattispecie.
D) Oltre alla responsabilita`, un altro punto cardine della teoria dei rapporti di cortesia e` costituito dal recesso.
La prestazione amichevole, salvi gli eventuali profili di responsabilita` extra- contrattuale (art. 2043 c.c.), non obbliga il promittente ad effettuare in concreto la prestazione. In particolare colui il quale ha assunto l’impegno ha sempre la facolta` di recedere, non solo prima dell’inizio dell’esecuzione, ma anche dopo il suo inizio.
Salvi ovviamente casi limite, in cui il recesso integri gli estremi di un vero e proprio abuso del diritto di recesso; si pensi per esempio al caso in cui il trasportatore decida di abbandonare in piena notte il trasportato in aperta campagna 69.
Del resto profili di responsabilita`, sempre in casi limite, possono altresı` rav- visarsi, specie sotto il profilo dell’offesa, nel caso in cui sia il beneficiario della prestazione a rifiutarla dopo che il promittente si sia gia` attivato ai fini del- l’adempimento; si pensi per esempio ad una persona che dopo essere stata in- vitata a cena non si presenti all’ora prevista 70. Un discorso comparabile puo` es- sere ripetuto nel caso in cui una persona si rifiuti senza motivo di stringere la
67 Cass., 14.7.1952, n. 2188, GI, 1953, I, 1, 195.
68 CARRESI, Il comodato come rapporto di cortesia, RTPC, 1949, 288.
69 XXXXXXXX, op. cit., 277.
70 XXXXXXXX, op. cit., 275.
mano o non risponda al saluto, sempre che in cio` sia possibile ravvisare gli estremi dell’ingiuria 71.
E) Si consideri ancora che dal piano del rapporto di cortesia e` sempre pos- sibile passare a quello del rapporto giuridicamente vincolante. Fondamentale e` a questo proposito il ruolo svolto dalla volonta` delle parti, nonche´ le circostanze in cui concretamente ha luogo la conclusione dell’accordo.
Se una persona promette ad un amico di portarlo a fare una gita in montagna durante il fine settimana, o ancora di ospitarlo nella sua casa di campagna per alcuni giorni, normalmente non nasce un rapporto vincolante sul piano del di- ritto; se pero` l’amico promette in cambio del trasporto di pagare le spese del- l’autostrada, della benzina o del pernottamento, il rapporto si sposta sempre di piu` nell’area del giuridicamente rilevante.
E` infatti concepibilissimo un contratto in virtu` del quale alcune persone de-
cidono di effettuare un viaggio insieme e di ripartire in parti uguali le spese di viaggio 72, e cosı` via.
2. IL LAVORO GRATUITO
Un discorso a parte deve essere effettuato per quel che riguarda il lavoro effettuato gratuitamente.
Anche l’attivita` lavorativa puo` infatti essere prestata a titolo gratuito 73.
Il discorso ovviamente deve essere articolato a seconda che si tratti di lavoro autonomo o di lavoro subordinato.
A) Se si tratta di lavoro autonomo, sia di natura materiale che intellettuale, non vi sono particolari problemi a configurare prestazioni lavorative gratuite ef- fettuate per pura cortesia; si pensi per esempio al meccanico che ripara gratui- tamente la macchina di un amico, all’elettricista che ripara gratuitamente un guasto, o ancora all’avvocato o al medico che effettuata prestazioni di carattere professionale gratuite a favore di parenti, amici, conoscenti, e cos`ı via.
Nei casi di questo genere e` possibile ritenere che:
a) il professionista non sia tenuto ad effettuare l’incarico, e che quindi possa in linea di principio sempre recedere; salvi ovviamente gli eventuali profili di tutela dell’affidamento del promissario;
71 Problema e` infatti quello di chiarire se sia configurabile l’ingiuria anche in presenza di comportamenti meramente omissivi.
72 SALV. ROMANO, op. cit., RDC, 1960, 490.
73 Cass., 5.5.1956, n. 1427, GC, I, 1247: « La prestazione di opere o di servigi senza quel corrispettivo che, se sussistente, darebbe vita ad un contratto di opera o di lavoro, non integra l’ipotesi della donazione, in quanto l’attivita`, cosı` spiegata, sia pure senza corri- spettivo, non implica ne´ quell’arricchimento del patrimonio di chi ne usufruisce, ne´ il correlativo impoverimento del patrimonio di chi la presta che e`, invece, elemento essen- ziale dell’esistenza della donazione».
b) nel caso in cui la prestazione sia comunque stata effettuata non sorga il diritto a percepire la retribuzione, salvi gli estremi della donazione rimunerato- ria (art. 770 c.c.); il professionista ha inoltre sempre la facolta` di rinunciare alla retribuzione 74;
c) salva ancora l’applicabilita` dell’art. 2043 c.c. ove l’esecuzione della pre- stazione abbia causato danni in capo al promissario o anche a terzi.
Si consideri tuttavia che in alcuni casi la giurisprudenza ha ritenuto che la prestazione professionale gratuita possa integrare gli estremi di un vero e pro- prio contratto gratuito, ma interessato, con conseguente applicabilita` dell’art. 1218 c.c. 75.
Illuminante puo` essere a questo proposito il parallelo con la analoga distin- zione rinvenibile in materia di trasporto, tra trasporto gratuito (art. 1681, 3o co., c.c.), connotato dalla presenza di un interesse di natura patrimoniale in capo al vettore, ed il trasporto di pura cortesia.
B) Piu` delicato e` il discorso relativamente al lavoro subordinato 76.
Il contratto di lavoro subordinato e` essenzialmente oneroso (art. 36, 1o co., Cost.), tanto e` vero che il diritto alla retribuzione non e` suscettibile di rinunzia (art. 2123 c.c.) 77.
In questo quadro non sembrerebbe residuare spazio per prestazioni di ca- rattere lavorativo subordinato gratuito.
In realta` l’attivita` lavorativa gratuita e` un fenomeno molto diffuso, oltre che in forte espansione; basti per esempio pensare al lavoro domestico, all’impresa familiare, alle comunita` religiose, all’apprendistato, al praticantato, nonche´ an- cora al volontariato.
74 Cass., 17.5.1960, n. 1212, GI, 1961, I, 611: « La prestazione d’opera professionale del- l’avvocato puo` essere gratuita per ragioni di amicizia, parentela, convenienza, come quella di qualsiasi altro locatore d’opera. La rinuncia alla retribuzione (che e` un diritto disponibile del professionista) puo` essere anteriore o posteriore alla prestazione»; PANUC- CIO, op. cit., 273.
75 Particolarmente significativa a questo proposito pare Xxxx., 22.1.1976, n. 185, FI, 1976, I, 618: « La prestazione gratuita di consulenza tecnica connessa ad un’attivita` di vendita di prodotti antiparassitari si inquadra in un vero e proprio rapporto contrattuale di prestazione d’opera intellettuale, distinto come tale, dalle relazioni di mera cortesia le quali, fatta eccezione per l’ipotesi di responsabilita` extracontrattuale, si svolgono al di fuori della sfera di influenza dell’ordinamento statale, non rispondendo ad un interesse giuridicamente rilevante dell’autore della prestazione medesima». Xxx, si riconosce altresı` che un analogo effetto vincolante puo` avere l’affidamento ingenerato dall’altrui promessa od attivita`.
76 XXXXXX, Osservazioni sulla prestazione gratuita di lavoro subordinato, RTPC, 1959, 1366; LEGA, In tema di lavoro gratuito, DEc, 1960, 1037; XXXXXXXX, Xxxxxx prestato contro promessa di adozione, MGL, 1965, 412; ROMAGNOLI, La prestazione di lavoro nel contratto di societa`, Milano, 1967; XXXXXXXXX, Il lavoro gratuito, Milano, 1978; PIZZOFERRATO, Gratuita` e la- voro subordinato, LD, 1995, 430.
77 GHERA, Diritto del lavoro, Bari, 1996, 66.
Del resto anche la giurisprudenza, specie in questi ambiti, ammette ampia- mente la possibilita` di prestazioni lavorative gratuite, con conseguente esclu- sione del diritto alla retribuzione.
A questi fini e` importante tener conto del gioco delle presunzioni.
In particolare la giurisprudenza presume che si tratti di un contratto di la- voro a titolo oneroso, salva la prova contraria 78; se invece si tratta di attivita` lavorativa svolta in un contesto famigliare, religioso, e cosı` via, presume la gra- tuita` salvo prova contraria 79.
a) Uno dei settori in cui tradizionalmente si ravvisa la gratuita` delle presta- zioni lavorative e` l’ambito familiare; si pensi in particolare al lavoro casalingo o nell’azienda familiare 80.
Ed e` proprio per circoscrivere per lo meno in parte una tale presunzione di gratuita` che il legislatore ha introdotto l’art. 230 bis c.c. in tema di azienda fa- miliare, con conseguente valorizzazione del contributo lavorativo prestato dai familiari nell’ambito dell’azienda familiare.
b) Qualche dubbio interpretativo permane soprattutto con riferimento alla famiglia di fatto; la giurisprudenza ha infatti escluso che l’art. 230 bis x.x. xx xxxxxxx xxxxx xxxx xxxxxxxx xx xxxxx 00; questa lacuna puo` pero` essere colmata dall’applicazione dei rimedi restitutori ordinari (art. 2041 c.c.) 82.
78 Cass., 11.4.1981, n. 2123; Cass., 22.3.1983, n. 2007; Trib. Xxxxxxxxxxx, 00.0.0000, GI,
1985, I, 2, 234; Cass., 12.11.1985, n. 5550; Cass., S.L., 16.6.1989, n. 2913, RGL, 1990, II, 53: « La
presunzione di onerosita` di qualunque prestazione obiettivamente riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato e resa al di fuori di vincoli particolari (come quelli di famiglia o di religione) comporta che, una volta accertato l’avvenuto svolgimento delle prestazioni lavorative, spetta a colui che di queste si e` giovato dimostrare la gratuita` delle medesime, non essendo di per se´ indicativa di tale gratuita`... la modesta entita` quanti- tativa delle prestazioni predette, che puo` incidere solo sulla determinazione del relativo compenso»; Cass., 30.10.1991, n. 11559, RGL, 1992, II, 474; Cass., S.L., 16.2.1993, n. 1895;
Cass., 28.3.1998, n. 3290.
79 Cass., S.L., 8.1.1983, n. 141, GC, 1983, I, 2673.
80 XXXXXXXX, Delle cosiddette prestazioni affectionis vel benevolentiae causa, DG, 1957, 519; XXXXXX, La prestazione di lavoro nella comunita` familiare, Milano, 1960; XXXXXXXX, Il lavoro nella famiglia, RDL, 1999, I, 591; Cass., 3.3.1969, n. 676; Cass., S.L., 8.1.1983, n. 141, GC, 1983, I, 2673; Cass., S.L., 3.12.1984, n. 6311; Cass., 14.12.1994, n. 10664; Cass., 24.8.1990,
n. 8633: « Perche´ sia riconosciuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra conviventi legati da vincoli di parentela o affinita` e` necessario superare la presunzione di gratuita` del rapporto in conseguenza della comunanza spirituale ed economica esi- stente. Compete al parente fornire prova adeguata dell’onerosita` della prestazione».
81 CALOv, La giurisprudenza come scienza inesatta (in tema di prestazioni lavorative in seno alla famiglia di fatto), FI, 1988, I, 2306; Cass., S.L., 2.5.1994, n. 4204, GI, 1995, I, 1, 844; FI, 1995, I, 1935; NGCC, 1995, I, 278; VN, 1995, 296; GI, 1995, I, 1, 2112: «E` manifesta-
mente infondata la questione di legittimita` costituzionale dell’art. 230 bis c.c., nella parte in cui esclude dai soggetti tutelati il convivente more uxorio, posto che elemento caratte- rizzante l’impresa familiare e` la famiglia legittima».
82 XXXXXXX, Xxxxxx fra conviventi more uxorio: cambia l’orientamento della giuri- sprudenza?, DL, 1991, 377; MANNA, Il punto sulla prestazione lavorativa del convivente
c) Un discorso comparabile puo` essere ripetuto a proposito dell’attivita` svolta dai religiosi nell’ambito dell’ente 83; anche nei casi di questo genere si pre- sume la gratuita`, salva la prova in senso contrario 84. Questo comporta ovvia- mente l’inapplicabilita` della legge dello Stato italiano anche sotto il profilo della previdenza sociale e dell’assicurazione obbligatoria 85. Presunzione di gratuita` che peraltro non opera nel caso in cui si tratti di attivita` svolta al di fuori del- l’ente a favore di terzi.
d) Xxxxxxxxx rilevanza sociale assume infine il fenomeno del volontariato, la cui ascesa deve probabilmente essere messa in connessione con la crescente crisi del welfare state 86. In ogni caso anche in questo contesto opera la presun- zione che si tratti di attivita` svolta a titolo gratuito, salva la prova in senso con- trario 87.
Piu` problematico e` semmai cercare di inquadrare da un punto di vista giu- ridico il lavoro gratuito.
La difficolta` maggiore consiste infatti nel carattere necessariamente oneroso del contratto di lavoro subordinato.
La dottrina si e` cosı` sbizzarrita nel formulare soluzioni 88.
Secondo alcuni occorrerebbe far riferimento alla disciplina della donazio- ne 89; in particolare, ove si ammetta che la donazione puo` avere anche ad og- getto prestazioni di fare 90, nulla osta alla configurabilita` di un vero e proprio contratto di donazione di attivita` lavorative.
more uxorio e un possibile ridimensionamento della presunzione di gratuita`, RCDL, 1996, 329.
83 XXXXXXX, Considerazioni sul lavoro degli ecclesiastici e dei religiosi nell’ordina- mento italiano, GI, IV, 1985, 85; SANTONI, Rapporti di lavoro e fattore religioso, Napoli, 1988; BOTTA, L’attivita` lavorativa dei religiosi, in Studi in onore di Xxxxxxxx, Modena, 1990, I, 228; XXXXXXXXX, Dottrina. Note sul lavoro svolto dai religiosi, AC, 1992, 129.
84 Cass., 13.5.1982, n. 2987; Cass., S.L., 8.1.1991, n. 69, GC, 1991, I, 2100; Pret. Xxxx,
00.0.0000.
85 Cass., S.L., 20.10.1984, n. 5324, DFP, 1984, 942.
86 MENGHINI, Nuovi valori costituzionali e volontariato, Milano, 1989; ID., Il lavoro nella legge quadro del volontariato, RGL, 1992, I, 67; COLOMBO, Le organizzazioni di volontariato, aspetti civilistici e fiscali, Milano, 1993; XXXXXXXX, Autonomia privata e legge nella disci- plina del volontariato, GI, 1993, IV, 1; ITALIA-ZUCCHETTI, Le organizzazioni di volontariato, Milano, 1998; RANCI, Oltre il welfare state, nuove solidarieta` e trasformazioni del welfare state, Bologna, 1999; BOZZAO-CELOTTO, Volontariato (Lavoro nelle organizzazioni di), in Di- gesto, sez. com., XVI, Torino, 1999, 466.
87 Cass., S.L., 10.6.1986, n. 3846.
88 BOZZAO-CELOTTO, op. cit., 477 ss.
89 BIONDI, Le donazioni, Torino, 1961, 392; CATAUDELLA, La donazione mista, Milano, 1970, 168.
90 D’XXXXXX, Intento di liberalita` e attribuzione patrimoniale. Profili di rilevanza do- nativa delle obbligazioni di fare gratuite, Padova, 1996, 3, 176; GIANOLA, La donazione di fare, RDC, 2001, I, 385; ID., La relazione fra gratuita` e liberalita`, Milano, 2002.
In realta` non e` mai successo che qualcuno si sia recato da un notaio per assumere l’impegno di effettuare prestazioni lavorative gratuite 91.
Altri ancora hanno allora suggerito di far riferimento alla figura delle libera- lita` d’uso (art. 770, 2o co., c.c.) 92, alle obbligazioni naturali (art. 2034 c.c.), o ancora alle prestazioni di cortesia.
Piu` macchinosa e` invece l’idea di far riferimento alla disciplina del como- dato; in questa prospettiva cos`ı come e` possibile concedere in comodato gra- tuito un bene, cosı` sarebbe possibile concedere in uso gratuito le proprie ener- gie lavorative 93.
In dottrina prevale comunque l’idea che il lavoro gratuito sia riconducibile ad una fattispecie contrattuale atipica, ammissibile ai sensi dell’art. 1322, 2o co., c.c., parallela rispetto al contratto di lavoro subordinato, ma differente in quanto gratuita 94.
Utili indicazioni in questo senso derivano altresı` dalla legge quadro sul volon- tariato che ha riconosciuto e disciplinato il fenomeno (art. 2, l. 11.8.1991, n. 266). Il legislatore non ha pero` chiarito la natura giuridica del rapporto di volon-
tariato, nonche´ la sua fonte.
In dottrina prevale comunque l’opinione che si tratti di un vero e proprio rap- porto di natura contrattuale atipico, per l’appunto di volontariato, con le connesse responsabilita` in caso di inadempimento o cattiva esecuzione dell’incarico 95.
Qualche dubbio sorge semmai sotto il profilo causale; alcuni hanno fatto ri- ferimento al contratto associativo, con cui il volontario aderisce all’associazione di volontariato; altri hanno ravvisato la causa del contratto proprio nello scopo di solidarieta` che connota la fattispecie.
3. LE LETTERE DI PATRONAGE
Notevoli dubbi interpretativi sono sorti anche in materia di lettere di patro- nage 96.
91 MENGHINI, op. cit., 92; XXXXXXXX, Liberalita` e solidarieta`, Padova, 1994, 200 ss.
92 ASSANTI, Autonomia negoziale e prestazione di lavoro, Milano, 1961, 285.
93 XXXXXXX, Xxx xxxxxxxx, in Comm. cod. civ., dir. da Scialoja e Branca, sub art. 0000, Xxxxxxx-Xxxx, 1953, 177-179; CARRESI, Il comodato, il mutuo, in Tratt. dir. civ., dir. da Vas- xxxxx, Torino, 1957, 39.
94 TREU, Onerosita` e corrispettivita` nel rapporto di lavoro, Milano, 1968, 18, 27; Cass., 13.5.1982, n. 2987.
95 BOZZAO-CELOTTO, op. cit., 480, 483, ivi, riferimenti.
96 CHIOMENTI, Le lettere di conforto, RDCo, 1974, I, 346; SEGNI, Le lettere di patronage come garanzia personale impropria, RDC, 1975, I, 126; XXXXXX XXXXXXXX, Le lettere di patro- cinio, RDCo, 1980, I, 157; DI XXXXXXXX, Le lettere di patronage, Milano, 1984; AA.VV, Xxx xxxxxxx xx xxxxxxxxx, Xxxxx, 0000; ATTI, Il patronage ed i gruppi di societa`, CeI, 1985, 878; XXXXXX, In tema di fideiussione, patronage, promessa del fatto del terzo, GI, 1985, I, 2, 362; XXXXXXX, Le lettere di patronage, Milano, 1986; XXXXXXX, Le lettere di patronage, in Digesto, sez. com., 4a ed., VIII, Torino, 1992, 563; XXXXXXXX, Il patronage tra promessa unilaterale atipica e pro-
Si tratta di dichiarazioni rese in forma scritta, per lo piu` rivolte ad una banca, di contenuto molto variabile, con cui una capogruppo fornisce informazioni nonche´ assicurazioni circa la solvibilita` della controllata; spesso con l’aggiunta del proprio interessamento, nonche´ della propria disponibilita` ad esercitare le necessarie influenze e pressioni affinche´ la controllata tenga effettivamente fede ai suoi impegni 97. A questi fini non sarebbero peraltro sufficienti indicazioni ge- neriche di intervento in caso di inadempimento 98.
Si tratta di una prassi che ha tratto origine negli ordinamenti di common law ed in seguito si e` affermata anche in Italia 99.
Le ragioni del crescente successo della fattispecie devono probabilmente ricercarsi nel fatto che, in virtu` per l’appunto dell’emissione di lettere di patro- nage, il gruppo riesce ad aumentare la sua capacita` di ottenere credito, anche senza la necessita` di ricorrere alle forme piu` tradizionali di garanzia, quali per esempio la fideiussione 100, e cos`ı via 101.
I problemi maggiori sorgono ovviamente in ordine all’inquadramento giuri- dico, nonche´ alle conseguenze dell’eventuale inadempimento della controllata. Si tratta in altre parole di chiarire se le dichiarazioni della controllante sono rilevanti esclusivamente sul piano dell’onore, per assenza di intento giuridico, o se viceversa e` configurabile una qualche responsabilita`, di natura contrattuale o
extracontrattuale, in capo al soggetto che ha rilasciato la lettera.
A questo proposito puo` dirsi che sono state formulate, sia in dottrina che in giurisprudenza, praticamente tutte le soluzioni possibili ed immaginabili.
In generale, salvo ipotesi marginali 102, e` pero` possibile rilevare una tendenza degli interpreti a considerare giuridicamente vincolanti le lettere di patronage; semmai molto variabile e` il loro inquadramento giuridico.
messa del fatto del terzo, GCo, 1999, I, 884; PAPALE, Lettere di patronage: gli sviluppi della giurisprudenza in Francia e in Italia, RDC, 2000, I, 307; DI BRACCIO, Brevi riflessioni a margine di una sentenza del tribunale di Torino, in tema di lettere di patronage, GI, 2001, 1445; GAETA, Lettere di patronage deboli e responsabilita` precontrattuale, DPSoc, 2001, 72.
97 XXXXXXXX, Sulla c.d. responsabilita` da affidamento nella capogruppo, RDC, 2002, II, 321.
98 Trib. Milano, 11.1.1988, GCo, 1988, II, 585; BBTC, 1988, II, 532: « Le dichiarazioni con le quali una banca, nel collocare obbligazioni tra i propri clienti, genericamente assicuri che essa “interverra`” in caso di inadempimento... non costituiscono espressione di un intento negoziale della banca di prestare garanzia fideiussoria».
99 XXXXXXX, Voce cit., 567.
100 Si noti tuttavia che anche la fideiussione non richiede in linea di principio formalita` particolari: Cass., 26.9.1979, n. 4961: « La volonta` di prestare fideiussione – pur dovendo essere espressa e risultare, quindi, senza incertezze o ambiguita` – non esige solennita` di forme e l’accertamento di essa, che costituisce indagine di fatto riservata al giudice di merito, puo` essere basato sulle risultanze della prova testimoniale, avvalorate da ele- menti indiziari di particolare evidenza e significativita` ».
101 XXXXXXX, op. cit., 13.
102 App. Roma, 4.10.1979, GI, 1982, I, 2, 781; Trib. Milano, 30.5.1983, BBTC, 1984, II, 333;
App. Roma, 17.10.1989, GC, 1989, I, 2652.
Specie nei primi tempi la questione veniva vista sotto il profilo dei rapporti tra le lettere di patronage e la fideiussione, e la conclusione era per lo piu` nel senso di escludere la possibilita` di una identificazione delle due fattispecie 103. Si consideri ancora che ai sensi dell’art. 1937 c.c. la volonta` di prestare fideiussione deve essere espressa; il che ovviamente riduce le possibilita` di ricondurre la fattispecie nell’alveo della fideiussione 104.
Preso pero` atto di questa diversita` rispetto alla fideiussione, la giurispru- denza propendeva per risolvere la questione caso per caso, facendo per lo piu` riferimento ad altre figure tipiche, in particolare la promessa del fatto del terzo di cui all’art. 1381 c.c. 105, a volte il mandato di credito (art. 1958 c.c.) 106; solu- zione quest’ultima peraltro non agevolmente configurabile ove si consideri che nel caso di specie l’istituto di credito non assume alcuna obbligazione nei con- fronti del patronnant di erogare il credito.
In alcuni casi si asseriva l’atipicita` della garanzia fondata sulle lettere di pa- tronage 107; in altri casi ancora, in conformita` all’insegnamento di parte della dottrina, si faceva riferimento alla responsabilita` extracontrattuale108.
103 App. Roma, 4.10.1979, GI, 1982, I, 2, 781; App. Roma, 4.12.1979, FI, 1980, I, 1168; BBTC,
1981, II, 88: « Dalla lettera di patronage con la quale la societa` controllante assicura il pun- tuale adempimento degli impegni da parte della societa` controllata, non puo` desumersi alcun elemento che consenta la configurazione di una obbligazione fideiussoria, la quale postula una manifestazione di volonta` chiara ed univoca»; Trib. Roma, 18.7.1985, BBTC, 1986, II, 450. Per l’avvicinamento delle due fattispecie: Trib. Milano, 17.10.1994, BBTC, 1996, II, 346; Trib. Roma, 18.12.2002, GI, 2004, 989; App. Cagliari, 14.7.2004, XXXxxxx, 0000, 87.
104 Lo sviluppo delle lettere di patronage potrebbe anzi essere visto come un tentativo di eludere l’applicazione proprio di questa norma.
105 Trib. Xxxxxx, 00.0.0000, GI, 1982, I, 2, 780; a questi fini non rilevando neppure che la possibilita` di controllo in realta` non sussista: Trib. Milano, 30.5.1983, BBTC, 1984, II, 333; Trib. Milano, 1.12.1983, GI, 1985, I, 2, 362; Trib. Milano, 12.11.1992, GI, 1994, I, 2, 154; Trib. Monza, 12.10.1993, Contr., 1995, 511: « Le lettere di patronage forti contengono una promessa del fatto del terzo».
106 Trib. Milano, 30.5.1983, BBTC, 1984, II, 333: « Un mandato di credito ex art. 1958 c.c., ravvisabile in una richiesta rivolta ad una banca in una lettera di patronage di voler concedere nuove linee di credito al patrocinio, puo` essere perfezionato mediante il consenso manifestato dalla banca con il comportamento concludente costituito dall’effet- tiva erogazione al patrocinio del finanziamento oggetto della richiesta»; App. Milano, 5.2.2005, GM, 2005, 1548.
107 Trib. Xxxx, 00.0.0000, BBTC, 1986, II, 450; Trib. Bologna, 14.9.1988, BBTC, 1990, II,
252; GI, 1989, I, 2, 564; RN, 1989, 1198: « La lettera di patronage con la quale il patrocinante “assicura” che le societa` patrocinate “non saranno mai insolventi e poste in liquidazione, e che adempiranno regolarmente gli obblighi assunti perche´ io procurero` ad essi i mezzi necessari per pagare i debiti contratti” comporta per il patrocinante l’assunzione unila- terale di una obbligazione di risultato con contenuto di garanzia atipica».
108 App. Roma, 17.10.1989, GC, 1989, I, 2652; Trib. Firenze, 30.11.1993, GC, 1994, I, 1405:
« L’emissione di una c.d. lettera di patronage non comporta, in capo al patron, una ob- bligazione contrattuale, ma, eventualmente, una responsabilita` aquiliana concretantesi nel fatto di chi, con la sua dichiarazione, induce il terzo a contrarre e mantiene poi un comportamento contrario al contenuto della dichiarazione».
In tempi piu` recenti permane la convinzione che non sia comunque possibile fare di ogni erba un fascio 109; pur nella vasta congerie di ipotesi che possono essere ricondotte al concetto di lettera di patronage, si assiste al crescente ten- tativo di tipizzare maggiormente la figura, o nel senso di riconoscerne decisa- mente il carattere atipico, o nel senso comunque di distinguere a seconda dei contenuti, del tenore, nonche´ delle affermazioni o eventualmente promesse contenute nelle lettere di patronage.
In particolare si va sempre piu` diffondendo la distinzione tra lettere di pa- tronage deboli e forti 110.
In questa prospettiva si distingue a seconda che il patronnant si sia limitato a fornire informazioni erronee nel corso delle trattative, con conseguente con- figurabilita` di una responsabilita` ai sensi degli artt. 1337, 1338 c.c. 111, o al limite 2043 c.c., o viceversa abbia assunto una vera e propria obbligazione di garanzia atipica ai sensi dell’art. 1333 c.c. 112.
I vantaggi di questa costruzione, in particolare far riferimento alla figura del contratto unilaterale di cui all’art. 1333 c.c., sono molteplici; in primo luogo il contratto si perfeziona senza la necessita` di accettazione; in secondo luogo si tratta di un’obbligazione di natura contrattuale, con conseguente inversione del- l’onere della prova in caso di inadempimento (art. 1218 c.c.) 113; in terzo luogo si tratta di una responsabilita` autonoma rispetto a quella del soggetto garantito; ne consegue la possibilita` di farla valere anche nel caso di impossibilita` di adempi- mento conseguente a fallimento da parte del soggetto garantito; soluzione vice- versa non consentita ove si opti per la figura della promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.) 114.
109 Trib. Milano, 30.5.1983, BBTC, 1984, II, 333.
110 XXXXXXX, op. cit., 10.
111 Cass., 27.9.1995, n. 10235; Trib. Xxxxxx, 00.0.0000, GI, 2001, 1445: « La lettera di pa- tronage a contenuto informativo e` fonte di responsabilita` ai sensi degli artt. 1337 e 1338
c.c. se le informazioni fornite sono false, reticenti, fuorvianti»; Trib. Cagliari, 23.10.2001, XXXxxxx, 0000, 421: « La lettera di patronage avente contenuto meramente informativo (lettera c.d. debole) non e` fonte di obbligazioni negoziali per lo scrivente, la cui respon- sabilita` puo` essere accertata esclusivamente in via precontrattuale».
112 Trib. Milano, 22.6.1995, BBTC, 1997, II, 396; Cass., 27.9.1995, n. 10235, Soc., 1996, 288;
GI, 1996, I, 1, 738; GC, 1996, I, 3007: « Le lettere di patronage, che abbiano carattere impe- gnativo, creano obbligazioni giuridicamente rilevanti, dovendosi inquadrare nello schema dell’art. 1333 c.c.»; App. Xxxx, 00.0.0000, Gius, 1999, 125; Contr., 1999, 234; FI,
1999, I, 3050; Trib. Xxxxxxx, 00.0.0000, DResp., 2002, 643; Cass., 3.4.2001, n. 4888, GI, 2001,
2254, con nota di Xxxx; Cass., 25.9.2001, n. 11987, SI, 2002, 393; Trib. Cagliari, 23.10.2001,
XXXxxxx, 0000, 421; Trib. Roma, 18.12.2002, GCo, 2003, II, 781; GM, 2003, 1661.
113 XXXXXXX, Voce cit., 572. Salva ovviamente la possibilita` di avvalersi di presunzioni di colpevolezza (res ipsa loquitur), anche nell’alveo della responsabilita` delittuale: si veda in par- ticolare Cass., 30.8.1995, n. 9157.
114 Trib. Milano, 1.12.1983, BBTC, 1984, II, 383. Parla di garanzia atipica anche XXXXXXX,
op. cit., 14; ID., Voce cit., 565, 575, 578.
La giurisprudenza precisa inoltre per lo piu` che l’obbligazione assunta dal
patronnant e` di mezzi e non di risultato 115.
L’evoluzione e` dunque nel senso di una crescente tipizzazione di varie ipo- tesi di lettere di patronage, e conseguente diversificazione del loro regime. Fermo ancora il principio per cui la loro efficacia vincolante puo` essere og-
getto di presunzione, salva la prova in senso contrario 116.
Nonostante il perdurare di alcuni margini di incertezza, specie sotto il profilo della distinzione tra i vari casi prospettabili, il cui accertamento e` peraltro riser- vato al giudice di merito ed insindacabile in Cassazione 117, vi sono alcuni punti ormai fermi.
In primo luogo deve trattarsi di lettere redatte per iscritto; in questa pro- spettiva diverso e` il regime delle eventuali informazioni rese oralmente o per telefono, le quali al limite, in caso di falsita`, possono porre un problema di re- sponsabilita` precontrattuale (artt. 1337, 1338 c.c.) o comunque extracontrat- tuale (art. 2043 c.c.) 118.
Ne consegue che ai fini della ricostruzione dell’effettiva volonta` del dichia- rante occorre far riferimento ai normali criteri ermeneutici dettati dal legislatore in materia di contratto119.
La giurisprudenza e` inoltre costante nell’asserire che anche le obbligazioni di garanzia assunte tramite lettere di patronage, sono soggette al limite di cui all’art. 1938 c.c., con riferimento alle obbligazioni future o condizionali 120.
In questo modo si e` voluto tutelare il patronnant contro il rischio dell’as- sunzione di impegni indeterminati o non determinabili al tempo dell’emissione della lettera.
SEZIONE IV – DIRITTI DELLA PERSONALITAv E CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO
SOMMARIO:
1. I diritti della personalita`. 2. Il diritto alla vita ed all’integrita` fisica. 3. I trapianti d’organo. 4. Il living will. 5. La bioetica. 6. La procreazione medicalmente assistita. 7. Il consenso dell’avente diritto. 8. Il consenso informato in campo medico.
115 Trib. Milano, 22.6.1995, BBTC, 1997, II, 396; GI, 1996, I, 2, 258; Trib. Xxxxxx, 00.0.0000,
GI, 2001, 1445.
116 XXXXXXX, Voce cit., 569; Trib. Milano, 30.5.1983, BBTC, 1984, II, 333.
117 Cass., 9.5.1985, n. 2879, DF, 1985, II, 704; GCo, 1986, II, 537; Trib. Xxxxxxx, 00.0.0000,
NGCC, 1997, I, 596.
118 XXXXXXX, Voce cit., 566.
119 Trib. Roma, 18.7.1985, BBTC, 1986, II, 450; Cass., 27.9.1995, n. 10235; Cass., 25.9.2001,
n. 11987, SI, 2002, n. 393.
120 Trib. Roma, 18.12.2002, Soc., 2003, 1005; BBTC, 2004, II, 326; GCo, 2003, II, 781; GI,
2004, 989.