TRIBUNALE DI MILANO, 2 settembre 2008, n. 10793 - Pres. e Est. De Sapia - Italtel s.p.a. ed EmmeEsse s.p.a. c. S.I.SV.EL. s.p.a. e altri
Contraffazione
Contraffazione di brevetto e standard normativi
TRIBUNALE DI MILANO, 2 settembre 2008, n. 00000 - Xxxx. x Xxx. Xx Xxxxx - Xxxxxxx s.p.a. ed EmmeEsse s.p.a. c. S.I.SV.EL. s.p.a. e altri
I
Brevetto - Invenzioni di standard - Contraffazione (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, artt. 45, 52 e 66)
Se uno standard (MPEG-2) normativo impone l’utilizzo di un banco di filtri di sintesi per sintetizzare il segnale a banda larga e se un brevetto contiene un insegnamento conforme allo standard senza porre alcuna limitazione sulle possibili soluzioni tecniche adottabili per realizzare i filtri di sintesi, sussiste contraffazione per ciò solo che il circuito integrato con funzione di decoder audio e video sia compatibile con lo standard.
II
Risarcimento del danno - Condanna generica - Provvisionale (C.p.c. art. 278; X.Xxx. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 125)
Qualora sia stata chiesta condanna generica al risarcimento del danno con liquidazione dello stesso in separato giudizio, e non si possa dubitare della sussistenza del danno, la domanda può essere ac- colta anche per quanto concerne il pagamento di una provvisionale.
III
Brevetto - Contraffazione - Acquirente - Garanzia del fornitore - Sussiste (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, artt. 45 e 66; c.c. artt.1476 e 1494)
Il fabbricante di un circuito integrato la cui funzione integra gli estremi della contraffazione di un brevetto altrui è tenuto a manlevare - se non ricorrono limitazioni negoziali o consuetudinarie - l’ac- quirente dei circuiti in questione che sia incorso nella responsabilità per la contraffazione del bre- vetto altrui trattandosi della normale garanzia del fornitore (in applicazione di questo principio il Tribunale ha condannato ST-Microelectronics a manlevare Italtel responsabile di contraffazione nei confronti di S.I.SV.EL.
IV
Brevetto - Contraffazione - Distributore - Garanzia del fornitore - Non sussiste (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, artt. 45 e 46; c.c. artt. 1476 e 1494)
Il venditore di decoder fabbricati utilizzando circuiti integrati che costituiscono contraffazione di brevetto altrui non beneficia della garanzia di cui beneficia il proprio xxxxx causa nei confronti del fornitore dei circuiti integrati perché non sussiste alcun rapporto fra lui stesso e il fabbricante dei circuiti (in applicazione di questo principio il Tribunale ha rigettato la domanda di garanzia proposta da EmmeEsse nei confronti di ST-Microelectronics).
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 23 e 26 ottobre 1998 le società Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.p.a. conve- nivano in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, le so- cietà Sisvel - Società italiana per lo sviluppo dell’elet- tronica s.p.a., BRV - Bayerische Rundfunkwerbung, IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, France Telecom, Telediffusion de France e Koninklijke Philips Electronics N.V. esponendo:
1) che Italtel è un’importante società controllata con- giuntamente da Stet e Siemens, che opera, tra l’altro, nel settore delle apparecchiature elettroniche e degli strumenti per il trattamento dei segnali digitali; che es- sa produce e distribuisce “set top boxes”, cioè ricevitori digitali di segnali televisivi provenienti dal satellite; che un “set top box” è un dispositivo idoneo a convertire se- gnali digitali in forma analogica e a rendere disponibile in uscita il segnale televisivo convertito che viene in- viato su di una presa (scart) della quale sono muniti tutti i moderni televisori; che in base ad un accordo di collaborazione con SGS Thomson, ora ST Microelec- tronics, del 28 febbraio 1996, nonché in base ad un rap- porto di fornitura con la stessa SGS Thomson del 30 aprile 1997, quest’ultima ha sviluppato un circuito inte- grato che può essere considerato il cuore del “set top box” di Italtel, che provvede ad effettuare le operazioni necessarie per le funzioni di decodifica MPEG; che la Emme Esse s.p.a. è la distributrice per l’Italia dei citati prodotti Italtel.
2) che in data 10 aprile 1998 la Società italiana per lo sviluppo dell’elettronica, Sisvel s.p.a., ha rivendicato il pagamento di royalties per lo sfruttamento da parte della Italtel dei brevetti posti a protezione dello standard MPEG Audio Layer 1 e 2; che Italtel, effettuate le ne- cessarie verifiche tecniche, ha precisato che nel “set top box” di sua produzione gli algoritmi di decodifica MPEG non sono implementati su di un processore ge- neral purpose ma sono implementati su di un circuito integrato fabbricato appositamente dal costruttore ST Microelectronics, il quale aveva dichiarato di possedere tutti i diritti necessari per la libera commercializzazione del microchip, anche per l’impiego nel “set top box”.
3) che la società Sisvel non ha titolo per azionare bre- vetti di cui sono titolari altri soggetti.
4) che i brevetti in questione non sono validi; che la protezione invocata non può essere concessa per inter- venuto esaurimento dei diritti; che non sussiste interfe- renza fra i prodotti fabbricati da Italtel e i brevetti azio- nati; che, in caso di fondatezza delle pretese della Si- svel, Italtel dovrebbe essere manlevata dalla fornitrice dei circuiti integrati; che lo standard MPEG ha definito le modalità in base alle quali deve essere processato sia il segnale video che il segnale audio, al fine di eliminare talune componenti di tali segnali e quindi realizzare un’operazione di “compressione”; che tale operazione di compressione ha la funzione di ridurre la banda del se- gnale da trasmettere e quindi di allocare un maggior
numero di comunicazioni simultanee in un canale tra- smissivo di tipo satellitare; che l’operazione di compres- sione in esame non viene eseguita da Italtel, ma dalle apparecchiature di trasmissione del segnale televisivo e anzi dal microchip ivi inserito; che le apparecchiature di ricezione del segnale debbono a loro volta effettuare un’operazione duale, ossia un’operazione di decompres- sione finalizzata alla ricostruzione del segnale originario; che il “set top box” fabbricato da Italtel ingloba dei cir- cuiti integrati che effettuano la decompressione del se- gnale; che tale operazione di decompressione è realizza- ta totalmente attraverso il circuito integrato fornito alla Italtel dalla ST Microelectronics, identificato con la si- gla STI3520A.
5) che la Sisvel, nella diffida, in data 10 aprile 1998, ha fatto riferimento ai seguenti brevetti, riguardanti Io standard MPEG: 1. brevetto tedesco 3.440.613, nella ti- tolarità di IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, dal titolo “Method of trammitting a transmission signal”; 2. brevetto tedesco 3.639.753, nella titolarità di BRV - Bayerische Rundfunkwerbung, dal titolo “Method of transmitting or storing masked sub-band coded radio signals”, che corrisponde al brevetto europeo 290.581, il cui contenuto viene così riassunto: «Il se- gnale audio viene suddiviso in sottobande per mezzo di filtri QMF secondo una tecnica già nota. La quantità di informazioni da trasmettere viene ridotta adottando nella trasmissione di ciascun gruppo di campioni di se- gnali (sample values) di ciascuna sottobanda un livello massimo del segnale da trasmettere e un minimo nume- ro di livelli di quantizzazione, un numero che sia cioè sufficiente a tenere il rumore di quantizzazione poco sotto la soglia di mascheramento del rumore che produ- ce nell’orecchio umano il segnale ricevuto in quell’i- stante. Per ciascun gruppo di campioni è quindi neces- sario trasmettere anche un fattore di scala che ne indica il valore di picco e il numero di livelli di quantizzazio- ne»; 3. brevetto europeo 568.532, rivendicante la prio- xxxx del brevetto tedesco 4.102.324, nella titolarità di IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, riguar- dante la trasmissione dei fattori di scala relativi ai suc- cessivi gruppi di campioni di segnale audio nella codifi- ca a blocchi; 4. brevetto europeo 595.944, rivendicante la priorità del brevetto tedesco 4.124.493, nella titola- xxxx di IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, re- lativo ad «una formula per determinare le soglie di udi- bilità e quindi i necessari livelli di quantizzazione e i fat- tori di scala da adottare per i singoli gruppi di campioni di segnale»; 5. domanda di brevetto tedesco 4.229.372, nella titolarità di IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, avente per oggetto il «classificare lato codifica- tore le informazioni relative alla quantizzazione in un numero limitato di tipi»; 6. brevetto europeo 400.755, nella titolarità di Koninklijke Philips Electronics N.V., France Telecom e Telediffusion de France, rivendicante
«una formula di derivazione dei coefficienti dei filtri nel caso in cui il numero dei coefficienti del filtro standard
(prototipo) è dispari, mentre il numero dei filtri di ban- da è pari»; 8. brevetto europeo 402.973, nella titolarità di Koninklijke Philips Electronics N.V., riguardante «Il formato del segnale all’uscita del codificatore in sotto- bande»; 9. domanda di brevetto europeo 599.824 A2, nella titolarità di Koninklijke Philips Electronics N.V., intitolato «Digital transmission system for transmitting a digitai Information signal, including intensity-stereo enco- ding of subband signals»; 10. domanda di brevetto euro- peo 599.825 A2, nella titolarità di Koninklijke Philips Electronics N.V., dal titolo «Digital transmission system for transmitting a digitai Information signal, including tran- smission of an additional signal in the subband frames»; 11. domanda di brevetto europeo 660.540 A2, nella titola- xxxx di Koninklijke Philips Electronics N.V., dal titolo
«Decoder for subband decoding a subband encoded digitai informations signal»; 12. domanda di brevetto europeo
708.533 A2, nella titolarità di Koninklijke Philips Elec- tronics N.V., intitolato “Transmission signal”.
6) che Xxxxxx sostiene che la contraffazione dei citati brevetti sia imputabile ad Italtel per il fatto che questa inserisce nel “set top box” un microchip, ossia un “mi- crocircuito integrato”, definito dalla L. n. 70/1980 “to- pografia di un prodotto a semiconduttore”; che Italtel ha ricevuto dalla fornitrice ST Microelectronics «una descrizione generale del procedimento di fabbricazio- ne» del circuito integrato in esame, ma «non è riuscita a sapere se il circuito integrato fornito da ST riproduce il contenuto dei brevetti che sono stati illustrati nel pa- ragrafo precedente»; che «la stessa fornitrice ST non è in grado infatti di compiere siffatta verifica neppure con un’operazione, di reverse ingeneering»; che non si com- prende come la Sisvel sia in grado di «contestare l’av- venuta contraffazione dei menzionati brevetti»; che «la prova della contraffazione spetta al titolare dei brevet- ti».
7) che «le topografie dei prodotti a semiconduttori, os- sia ... i disegni dei circuiti integrati sono creazioni intel- lettuali che non rientrano, per se stessi considerati, nel novero delle invenzioni brevettabili e neppure tra le opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore»; che il brevetto sulle topografie dei prodotti a semiconduttori, rispetto alla disciplina generale sulle invenzioni indu- striali, si trova nella stessa posizione del brevetto per modello di utilità e «non può ricevere protezione se viene descritta e rivendicata in un brevetto per inven- zione industriale anziché in una registrazione retta dalla legge speciale all’uopo emanata»; che, ai sensi dell’art. 2, ultimo comma, L. n. 70/1989, «la tutela concessa alle topografie non si estende a concetti, processi, sistemi, tecniche o informazioni codificate e incorporati nelle tipografie stesse», con la conseguenza che «questi con- cetti, processi, sistemi, tecniche e informazioni sono li- beramente appropriabili da chiunque mediante la loro incorporazione in una topografia caratterizzata da un di- segno tridimensionale diverso rispetto a quella brevet- tata».
8) che due brevetti cui ha fatto riferimento Sisvel (bre- vetto tedesco 3.440.613 e domanda di brevetto tedesco
4.229.372) hanno validità ed efficacia limitate alla Germania; che «gli altri brevetti in quanto rivendicano le formule matematiche che generano il codice di com- pressione e di errore che si vuole utilizzare nella trasmis- sione del segnale sono nulli», ai sensi dell’art. 12 L.I., che vieta la brevettazione dei metodi matematici; che tali brevetti sono «comunque nulli per difetto di novità e/o di attività inventiva», come risulta da «una ricerca con la quale sono stati selezionati ben 120 brevetti che sono molto probabilmente pertinenti nel contesto di una verifica diretta ad accertare se i brevetti azionati da Xxxxxx possiedano i requisiti di novità e di attività in- ventiva», che, in particolare, venti dei brevetti «dedotti come possibili anteriorità presenta citazioni comuni ... che sono segno di rilevanza sotto il profilo dell’efficacia anteriorizzante».
9) che i brevetti menzionati da Sisvel vertono su meto- di per trasmettere un segnale sottoposto ad un’operazio- ne di compressione; che, invece, «Italtel commercializ- za unicamente apparecchiature riguardanti la stazione di ricezione dei segnali televisivi, ossia il cosiddetto set top box»; che, pertanto, i brevetti riguardanti il metodo per trasmettere un segnale televisivo non risultano vio- lati da Italtel; che neppure può ritenersi che Italtel «sia responsabile della contraffazione di quei brevetti che, pur rivendicando sia la stazione trasmittente che la sta- zione ricevente, non rivendicano in modo indipenden- te stazioni di ricezione del segnale televisivo».
10) che nel caso di specie si è verificato l’esaurimento dei diritti di brevetto di Philips non solo nei confronti della ST Microelectronics, beneficiaria della licenza sub doc. 51, ma anche della Italtel, acquirente dei circuiti integrati dalla ST Microelectronics;, che Sisvel non è legittimata a far valere brevetti che il titolare (Philips) ha dato in licenza e la licenziataria ST, dante causa di Italtel, è tenuta a garantirne la pacifica utilizzazione; che lo standard di compressione del segnale televisivo MPEG non può non operare già nella fase di trasmis- sione del segnale, attraverso apparecchiature di trasmis- sione sicuramente fabbricate con l’impiego di micro- chip autorizzati dai titolari dei brevetti; che le emittenti a loro volta trasmettono il segnale compresso affinché tutti gli utilizzatori lo possano ricevere previa operazio- ne di decompressione; che non è «configurabile un’uti- lizzazione dello standard MPEG da parte dei fabbricanti delle apparecchiature di trasmissione senza che il titola- re del brevetto che copre lo standard abbia esaurito il suo diritto esclusivo anche nei confronti di chi riceve il segnale compresso e lo decomprime per averlo in chia- ro».
11) che Sisvel non si è limitata a diffidare Italtel dal proseguire l’attività di fabbricazione e vendita del “set top box”, ma si è rivolta a clienti di Italtel affermando che prodotti da questa commercializzati costituiscono contraffazione dei brevetti per i quali anche Italtel era
stata diffidata; che tale comportamento configura con- correnza sleale per denigrazione o illecito aquiliano.
12) che essendo stata proposta la domanda di nullità dei brevetti azionati da Xxxxxx è competente il giudice del luogo in cui è stato eletto domicilio nella pratica di brevettazione (art. 75 L.I.) e cioè il Tribunale di Milano nel cui circondario è stato eletto domicilio.
Tanto premesso, le società attrici chiedevano che ve- nisse accertata: a) la carenza di legittimazione di Sisvel a far valere i brevetti di cui non è titolare; b) l’impossi- bilità per un circuito integrato di costituire contraffazio- ne di brevetti per invenzione industriale in relazione ai concetti e ai metodi matematici che incorpora; c) la non azionabilità in Italia del brevetto tedesco 3.440.613 e della domanda di brevetto tedesco 4.229.372; d) la nullità per difetto dei requisiti di no- vità, attività inventiva, industrialità e sufficiente descri- zione dei brevetti richiamati dalla Italtel; e) l’assenza di contraffazione dei brevetti di cui sopra da parte del “set top box” di produzione Italtel; f) la responsabilità di Si- svel per concorrenza sleale per denigrazione o per atto illecito denigratorio, con i conseguenti provvedimenti inibitori e risarcitori; g) «per l’ipotesi in cui i convenuti costituendosi facciano domanda riconvenzionale di contraffazione dei brevetti di cui sopra disporre la chia- mata in causa di ST Microelectronics da cui le attrici chiedono di essere garantite».
La società Sisvel Società Italiana per lo Sviluppo dell’e- lettronica s.p.a., ritualmente costituitasi,
1) contestava le deduzioni prospettate dalle attrici os- servando
2) che essa può agire a tutela dei brevetti, come da let- tere dei titolari dei brevetti, che produceva (…).
3) che nella presente vicenda non si discute della pro- tezione di circuiti integrati, che non sono oggetto dei brevetti per cui si discute; che “i circuiti integrati sono invece dei componenti utilizzati nei sistemi o prodotti brevettati» che «Il problema non è quello di sapere se i circuiti integrati siano o no proteggigli, ma quello di sa- pere se i prodotti Italtel violino o no i brevetti i que- stione».
4) che «Non vi è dubbio che i metodi matematici non sono considerati come invenzioni», mentre «prodotti e procedimenti sono brevettabili anche se si basano su formule matematiche».
5) che «Philips vende vari componenti, i quali possono essere usati per usi non contraffattori (là dove non ci sono brevetti) o per usi leciti in relazione a brevetti esi- stenti (là dove ci sono licenze)», che «Il problema di assicurarsi della legittimità dell’uso di dispositivi (in sé legittimi) appartiene al costruttore dell’apparecchio», che in relazione all’esaurimento che deriverebbe dalla trasmissione del segnale televisivo, «bisognerebbe di- mostrare che l’emittente ... possiede una licenza» che riguardi «anche la produzione di apparecchiature ido- nee a ricevere detto messaggio», che occorre distingue- re «tra le rivendicazioni che coprono la trasmissione di
segnali e quelle che coprono il ricevimento di segnali e la relativa produzione di apparecchiatura».
6) che «I requisiti di brevettabilità vanno ricercati nella disciplina europea e non nella legge nazionale»; che
«La brevettabilità può essere negata solo se, partendo dall’anteriorità più prossima, la soluzione di cui al bre- vetto appare ovvia»; che «Questo esame manca total- mente nella ... esposizione avversaria»; che «contropar- te ha tralasciato di considerare e allegare un altro bre- vetto europeo, e precisamente il brevetto europeo n.
290.581 di BRW ... valido e contraffatto da Italtel ed Emme Esse».
7) che «I brevetti di cui si discute incorporano uno standard. Chi voglia effettuare trasmissioni MPEG deve utilizzare questi brevetti ... Chi trasmette o riceve se- gnali MPEG ... usa necessariamente i brevetti»; che la prova della contraffazione non si ricava dall’esame dei circuiti integrati e degli schemi elettrici, ma dal funzio- namento degli apparecchi, che funzionano secondo lo standard, in particolare seguendo sicuramente quella parte dello standard che è obbligatoria.
8) che nella presente vicenda occorre verificare se i brevetti siano validi e stabilirne la contraffazione, «con- frontando lo standard (e cioè le caratteristiche che i prodotti ... devono necessariamente possedere) con la rivendicazione dei brevetti».
La predetta convenuta chiedeva, quindi, che previo ac- certamento della validità dei brevetti indicati dalle at- trici, nonché del brevetto europeo n. 290.581, ne fosse accertata la contraffazione da parte delle società Italtel ed Emme Esse, con le conseguenti pronunce inibitorie e risarcitone (in separato giudizio), con una provvisio- nale di lire 1.000.000.000.
Si costituivano anche le società BRV - Bayerische Rundfunkwerbung, IRT - Institut Fur Rundfunktech- nick GmbH, France Telecom, Telediffusion de France e Koninklijke Philips Electronics N.V., che in punto vali- dità dei brevetti e loro contraffazione svolgevano dedu- zioni analoghe a quelle prospettate dalla Sisvel, formu- lando, altresì, identiche conclusioni.
Alla presente causa veniva riunito il processo promosso dalle società attrici nei confronti della ST Microelec- tronics s.r.l. allo scopo di essere garantite con riferimen- to all’azione di contraffazione svolta dalle convenute e alla relativa domanda risarcitoria.
La ST Microelectronics s.r.l. si costituiva in giudizio contestando le deduzioni formulate dalle società attrici ed esponendo:
1) che la posizione delle predette era contraddittoria, in quanto a pag. 12 dell’atto di citazione della causa R.G.
n. 13265/98 affermano che neppure il produttore «è in grado di conoscere esattamente il contenuto del chip», men- tre nella presente sede sostengono «che quel chip rende contraffattorio il prodotto in cui è inserito»; che nel giudizio R.G. n. 13265/98 «gli stessi attori in contraffa- zione ... hanno affermato che ... (essa) non ha nulla a che vedere con la contraffazione di tali brevetti, mo-
strando così di ritenere che il (proprio) chip ... non contraffa i brevetti»; che Italtel per accertare la sua re- sponsabilità «non deve dimostrare che questo chip, svolge nel set top box la funzione di decodifica MPEG, bensì che il chip svolge tale funzione riproducendo gli insegnamenti dei brevetti Sisvel».
2) che il Tribunale di Milano non è competente sotto il profilo territoriale, in quanto essa ha sede ad Agrate Brianza, nel circondario del Tribunale di Monza; che trattandosi di un credito di valore, ai sensi dell’art. 1182.4 cc, il forum solutionis coincide con il domicilio del debitore; che non può farsi riferimento al luogo di stipulazione del contratto, in quanto le attrici non alle- gano che i contratti fatti valere in giudizio siano stati conclusi nel circondario di questo Tribunale; che le at- trici non hanno allegato la presenza di clausole contrat- tuali (ex artt. 28 e 29 c.p.c.) nelle quali essa avrebbe ac- cettato la competenza del foro di Milano; che la com- petenza di questo Tribunale non può fondarsi neppure sulla connessione per garanzia, ai sensi dell’art. 32 c.p.c., in quanto nel caso di specie non sussiste un’ipo- tesi di garanzia propria; che neppure può farsi riferimen- to alla connessione per accessorietà, alla connessione oggettiva e alla connessione impropria, in quanto tali ipotesi non giustificano lo spostamento della compe- tenza per territorio.
3) che non risultava ammissibile la riunione con la cau- sa R.G. n. 13265/98, che avrebbe costituito una non consentita impugnazione del diniego di chiamata del terzo, già disposto in quel giudizio.
4) che il presente giudizio deve essere sospeso sino alla definizione di quello R.G. n. 13265/98, avente per og- getto il pregiudiziale accertamento della contraffazione qui posta a base della domanda di garanzia.
5) che essa non ha mai avuto rapporti contrattuali con la s.p.a. Emme Esse, per cui va dichiarata la nullità della citazione, per omessa indicazione dei fatti costitutivi della pretesa, (Omissis), essere affermata la propria ca- renza di legittimazione passiva (Omissis) alternativa va respinta la domanda.
6) che nel caso di specie non sussiste la lamentata con- traffazione, sia per l’invalidità dei brevetti Sisvel, sia per il fatto che il chip non riproduce l’insegnamento di tali brevetti; che in relazione ai brevetti europei nn. 400.755 e 402.973 e alle domande divisionali di brevet- to europeo nn. 599.824, 599.825, 660.540 e 708.533, essa ha ottenuto dalla Philips «il diritto di fabbricare e vendere prodotti fabbricati secondo gli insegnamenti contenutivi», non configurandosi contraffazione; che
«l’autorizzazione a valersi dei brevetti Xxxxxx, concessa dai titolari a chi realizza la fase di trasmissione-codicisti- ca MPEG esaurisce il diritto esclusivo anche nei con- fronti di chi riceve e decodifica il messaggio».
7) che ove fosse dimostrato che il proprio chip rende contraffattone il set top box di Italtel, non potrebbe con- figurarsi la propria responsabilità per l’implicita garanzia del fornitore o per il master agreement richiamato da
Italtel; che in relazione al master agreement, di cui all’«accordo di collaborazione del 28 febbraio 1996», nel testo dello stesso non è prevista alcuna espressa ga- ranzia a favore di controparte; che da un accordo in cui le prestazioni delle parti tendono ad un fine comune
«non può discendere alcun obbligo implicito di garan- zia sul risultato delle reciproche prestazioni»; che va, al- tresì, esclusa la garanzia fondata sul rapporto di fornitu- ra, anch’esso basato sull’accordo di collaborazione cita- to; che nel settore dei circuiti integrati è prassi consoli- data «esclusione di garanzie da parte del fornitore»; che un produttore di microelettronica che realizza un nuo- vo chip ... si trova «nell’impossibilità tecnica di effet- tuare un controllo esaustivo sulle possibili contraffazio- ni di brevetti di terzi che potrebbero essere cagionate da ciascuna delle diverse parti del suo chip»; che «Il pro- duttore di chip esclude costantemente ogni garanzia al- l’acquirente del suo prodotto circa il fatto che gli algo- ritmi contenuti nelle logiche cablate ... non violano di- ritti di proprietà intellettuale di terzi»; che nel caso di specie essa ha seguito tale prassi, «come risulta dall’art. 10 delle condizioni generali di fornitura ... vigenti al momento della fornitura dei chip ad Italtel» (…); che tale esclusione risulta, altresì, giustificata dagli usi del settore e dal contenuto dell’accordo di collaborazione; che ai fini della realizzazione del chip, venne stipulato un contratto tra Italtel e la propria collegata inglese, SGS Thomson Microelectronics Ltd. (STUK), «che aveva ad oggetto - tra l’altro - la licenza di parte del software contenuto nel set top box (software license agree- ment, prodotto come nostro doc. 2)»; che l’art. 5 del contratto prevede che il licenziatario (Italtel) «deve te- nere indenne non solo il licenziante ... ma anche le affi- liatesi che essa ST può considerarsi “affiliate”, essendo controllata dalla capogruppo olandese (…); che ai sensi del citato art. 5 del contratto, essa «è titolare del diritto di vedersi manlevata da Italtel di tutti danni che doves- sero derivargli da cause intentate per violazioni di diritti di proprietà intellettuale cagionate dalla vendita dei set top box di Italtel» che «L’esistenza di una simile clausola conferma come Italtel, nell’ambito della collaborazione con il gruppo ST per realizzare il set top box di cui è cau- sa, abbia accettato di regolare i suoi rapporti con le im- prese del gruppo in modo che ogni responsabilità per eventuali contraffazioni ... ricadesse interamente sulla stessa Italtel»; che la fornitura del chip rientra nella col- laborazione fra Italtel e il gruppo ST, per cui ai sensi del citato art. 5 del contratto di licenza risulta esclusa «ogni garanzia in termini di proprietà intellettuale da parte (sua) sul chip di cui si tratta».
8) che ove essa venisse condannata al pagamento di somme a titolo di «contraffazione di diritti di proprietà intellettuale cagionata dalla vendita del set top box, essa
... avrebbe ... titolo per rivalersi nei confronti di ltaltel» ai sensi dell’art. 5 del contratto di licenza.
9) che per effetto delle deduzioni che precedono, Italtel sarebbe tenuta a manlevarla per ogni somma che essa
dovesse essere condannata a pagare in favore della s.p.a. Emme Esse o delle titolari dei brevetti.
Tanto premesso la ST Microelectronics chiedeva, in xxx xxxxxxxxxxx, in rito, che fosse dichiarata l’incompe- tenza del Tribunale di Milano, essendo competente quello di Monza e che venisse accertata la nullità del- l’atto di citazione della s.p.a. Emme Esse. Nel merito, che fossero respinte tutte le domande svolte nei suoi confronti. In via riconvenzionale, che Xxxxxxx venisse condannata a garantirla per ogni somma che dovesse essere condannata a pagare nel presente processo, ope- rando la compensazione in relazione alle somme che eventualmente dovesse essere tenuta a corrispondere a tale società.
Nel corso dell’istruzione, veniva respinta un’istanza cautelare formulata dalle società convenute ed erano ammesse ed espletate c.t.u. e relativo supplemento in ordine alla validità e alla contraffazione dei brevetti azionati da Xxxxxx.
Il G.I., sulle conclusioni di cui in epigrafe, rimetteva, poi, la causa davanti al collegio per la decisione.
Motivi della decisione
Competenza territoriale
Deve essere innanzitutto esaminata l’eccezione di in- competenza territoriale del Tribunale di Milano, solle- vata dalla ST Microelectronics s.r.l., che ha indicato come competente il Tribunale di Monza, avendo essa sede in Agrate.
Tale eccezione risulta infondata in quanto il contratto di fornitura sulla base del quale Italtel ha convenuto in giudizio ST Microelectronics è stato stipulato in Mila- no (…).
Il contratto in esame è stato predisposto dalla Italtel sotto forma di lettera, datata Milano 30 aprile 1997, inoltrata alla SGS - Thomson Microelectronics, ora ST Microelectronics, e si è evidentemente concluso con la comunicazione dell’accettazione ad Italtel, sempre a Milano.
Qualora si ritenesse che il contratto si fosse concluso presso la SGS - Thomson Microelectronics, va osserva- to che la predetta viene indicata nel testo del contratto come avente sede ad Assago, nell’ambito del circonda- rio del Tribunale di Milano.
L’accordo, inoltre, prevedeva alla clausola n. 15 la com- petenza del Tribunale di Milano. Tale pattuizione risol- vendosi nella conferma del Tribunale già competente, non necessita di specifica approvazione.
Di conseguenza, la domanda formulata dalla Italtel nei confronti di ST appare correttamente radicata presso questo Tribunale, sia ai sensi dell’art. 20 c.p.c., essendo Milano il luogo in cui è sorta l’obbligazione dedotta in giudizio, sia per effetto della clausola 15 del contratto.
ST si difende osservando, tra l’altro, che la società attri- ce nell’atto di citazione non richiama il contratto a suo
tempo stipulato, al fine di radicare la causa presso que- sto Tribunale.
Tale impostazione non risulta condivisibile e va confer- mata l’infondatezza dell’eccezione, in quanto l’attore non è tenuto a manifestare il criterio seguito per l’indi- viduazione della competenza territoriale, essendo, inve- ce, il convenuto onerato della contestazione della com- petenza sotto tutti i profili.
Legittimazione attiva di Sisvel
Va, ora, esaminata l’eccezione di carenza di legittima- zione attiva di Xxxxxx (o meglio di carenza di titolarità dal lato attivo dei rapporti dedotti in giudizio), formula- ta dalle società Italtel ed Emme Esse, che deducono che la predetta società non ha titolo per azionare brevetti di proprietà di società terze e aggiungono, in sede di com- parsa conclusionale, che Sisvel non aveva fornito alcu- na prova dell’esistenza e del contenuto del rapporto che essa ha con i titolari dei brevetti.
Tale eccezione deve essere respinta.
E invero, Sisvel attraverso la produzione del contratto di licenza in data 15 dicembre 1999-2 febbraio 2000 (…) ha dimostrato di rivestire la qualità di licenziataria esclusiva (art. 2.01 del contratto) di tutti i brevetti coinvolti nello standard MPEG-1 e MPEG-2, e in parti- colare dei brevetti EP ‘755 ed EP ‘973 (…). Poteri di natura sostanziale si sommano, quindi, alla posizione processuale adottata.
Nella qualità di licenziataria esclusiva, Xxxxxx ha titolo per azionare e difendere i brevetti di cui all’allegato 1 del contratto, come confermato dalla clausola 3.07 del- lo stesso.
La presenza in giudizio delle società titolari dei brevetti in questione (BRV - Bayerische Rundfunkwerbung, IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, France Telecom, Telediffusion de France e Koninklijke Philips Electronics N.V.), che si sono costituite unitamente al- la s.p.a. Sisvel, conferma la concessione della licenza e del potere di difendere i relativi brevetti.
Nullità brevettuale
Ciò premesso, si osserva che all’esito dell’espletamento della c.t.u. e del relativo supplemento, le società attrici, avendo preso atto che il consulente ha ritenuto con- traffatte due sole privative, il brevetto europeo n. 400.755 e il brevetto europeo n. 402.973, hanno di- chiarato di voler rinunciare all’azione di nullità nei confronti di tutti gli altri brevetti.
La trattazione sarà, pertanto, limitata ai due brevetti so- pra citati.
Con riferimento alla domanda di nullità di tali brevetti (EP ‘973 ed EP ‘755), si osserva che le attrici hanno de- dotto l’inutilizzabilità della relazione peritale, in quanto il consulente aveva riscritto i brevetti, svolgendo atti- vità a lui non consentita. In particolare, aveva riqualifi- cato come indipendente la rivendicazione n. 21, di EP ‘973 (riguardante «il formato del segnale all’uscita del
codificatore in sottobande»), integrandone il contenu- to al fine di attribuire autonoma protezione ad un rice- vitore dotato delle caratteristiche del sistema di trasmis- sione digitale rivendicato dal brevetto (…).
Le attrici richiamano la sentenza del Tribunale di Ro- ma del 9 settembre 2004 (Giur. ann. dir. ind., 2005, 4832), dove si afferma che nell’interpretazione del bre- vetto «non sono utilizzabili per analogia le norme degli artt. 1362 ss. c.c. sull’interpretazione del contratto», es- sendo preferibile «Il ricorso all’analogia juris, facendo appello a principi generali che reggono il sottosistema brevettuale, nonché, quello, ad esso collegato, del dirit- to della concorrenza e quindi al contemperamento del- la tutela dell’inventore con quella dell’affidamento dei terzi ...». Affermano che il c.t.u. avrebbe dovuto pren- dere atto che «la rivendicazione n. 21 non riguarda af- fatto un dispositivo di ricezione in sé considerato, ma riguarda pur sempre un sistema completo di trasmissio- ne e di ricezione senza minimamente descrivere né co- me avviene la decodifica né come è strutturato il deco- dificatore ...» (…).
Reputa il Tribunale che l’impostazione prospettata dalle società attrici non sia condivisibile.
E infatti, il c.t.u. si è limitato a prendere atto che la ri- vendicazione n. 21 del brevetto EP ‘973 configura so- stanzialmente una rivendicazione indipendente, pur es- sendo strutturata come una rivendicazione dipendente e come tale ne ha ritenuto la validità.
Precisa in particolare il consulente che «La privativa brevettuale è definita, nella sua forma più ampia:
– dalla rivendicazione indipendente 1, che concerne un sistema di trasmissione comprendente un trasmettitore e un ricevitore;
– dalla rivendicazione 18 la quale, anche se formalmen- te dipendente da una qualsiasi delle rivendicazioni da 1 a 17, ha per oggetto solo un trasmettitore e è quindi una rivendicazione indipendente;
– dalla rivendicazione 20 la quale pur facendo riferi- mento alla rivendicazione di trasmettitore 19, concerne un supporto di registrazione; e
– dalla rivendicazione 21 la quale, anche se formalmen- te dipendente da una qualsiasi della rivendicazione di sistema da 1 a 16, concerne solo un ricevitore e è quin- di una rivendicazione indipendente» (…).
Prosegue il c.t.u., rilevando che «La rivendicazione di ricevitore 21 fa riferimento ad una qualsiasi delle riven- dicazioni di sistema da 1 a 16: per questo motivo la ri- vendicazione 21 si divide, a sua volta, in una moltepli- cità di rivendicazioni le quali hanno tutte in comune le caratteristiche del ricevitore facente parte del sistema di trasmissione di rivendicazione 1. La rivendicazione 21 che fa riferimento alla rivendicazione 1 è quella che de- finisce il ricevitore nella sua forma di tutela più ampia
...» (…).
Xxxxxxxxx, inoltre, il perito che «secondo l’insegnamen- to del brevetto, affinché il ricevitore possa funzionare correttamente, esso deve essere ... in grado di determi-
nare quanti pacchetti di informazione sono presenti nel frame. Per risolvere questo problema il brevetto insegna ad includere, all’inizio della trama, prime informazioni (bl6-bl9) relative al bit rate, seconde informazioni (b20-b2l)relative alla frequenza di campionamento e terze informazioni (b22) relative alla presenza di slot fittizi» (…).
Evidenzia, poi, che «la presenza di informazioni correla- te al numero dei pacchetti contenuti in ciascuna trama appare unicamente nella rivendicazione dipendente 2...»(…). In conclusione il consulente afferma che «la rivendicazione 21 è valida solo quando richiama la ri- vendicazione 2, che a sua volta dipende dalla rivendi- cazione 7» (…). Negli stessi termini in cui si esprime il testo originale della rivendicazione 21: «77 ricevitore del sistema di trasmissione come rivendicato in una qualsiasi delle rivendicazioni da 1-2 a 16» (…).
Successivamente il c.t.u., al solo scopo di facilitare la lettura (lo scrivente ritiene di interpretare la rivendica- zione 21, facente riferimento alle rivendicazioni 1-2, prospetta un testo che ingloba le rivendicazioni 1, 2 e 21 (…).
Tale testo (…) non comporta la riscrittura delle riven- dicazioni, rispetto alle quali viene solo enfatizzato il col- legamento, già risultante in brevetto, fra le rivendica- zioni 1, 2 e 21.
Ne consegue che deve essere confermata la valutazione del c.t.u. circa la parziale validità del brevetto in esame, nei termini di cui sopra.
Passando, ora, ad esaminare il brevetto EP ‘755, le so- cietà attrici criticano la valutazione effettuata dal c.t.u., rilevando che la privativa in questione si caratterizza per la selezione, fra elementi noti della tecnologia della compressione digitale, di «singoli dati specificamente definiti come particolarmente utili per ottenere il risul- tato della riduzione della quantità di dati da trasmettere che è comune a tutta la tecnologia in questione...» (…). Di conseguenza, non sarebbe accettabile «la pre- tesa di Xxxxxx secondo la quale il brevetto conferirebbe la protezione su qualsiasi sistema di codifica/decodifica dotato di un filtro standard passa-basso aggiungendo un primo coefficiente uguale a zero...»(…).
A tal proposito il c.t.u. premette che il brevetto in que- stione «concerne un sistema di trasmissione e ricezione digitale in cui un segnale a larga banda in forma cam- pionata e quantizzata (vale a dire di tipo PCM) viene suddiviso temporalmente fra M filtri di analisi, tutti ap- prossimativamente della stessa larghezza di banda, si da ottenere M segnali in bande secondarie, con riduzione della frequenza di campionamento di un fattore M (c.d. codificazione in bande secondarie). In ricezione un fil- tro di sintesi fonde gli M segnali delle bande secondarie in un unico segnale a banda larga...» (…).
Con riferimento all’anteriorità opposta (US-A- 4,799,179), rileva che la stessa non costituisce anticipa- zione dell’invenzione in esame, in quanto si limita ad insegnare «ad addizionare i coefficienti nulli alle estre-
mità dei filtri ... tramite la modulazione con diverse fasi di un filtro prototipo, ottenendo così un filtro passa banda per ogni sottobanda. Nel brevetto EP 400 755, invece, il banco di filtri di sintesi è ottenuto senza mo- dulazione del filtro standard, semplicemente attribuen- do i vari coefficienti del filtro ai fattori moltiplicativi (…). Quanto al requisito dell’originalità, il c.t.u. precisa che non risulta evidente, partendo dall’insegnamento di US-A-4,799,179 la possibilità di realizzare un banco di filtri di sintesi senza modulazione del filtro standard, semplicemente attribuendo i vari coefficienti del filtro ai fattori moltiplicativi» (…). La critica all’operato del consulente appare, quindi, destituita di fondamento, e pertanto deve essere ribadita la validità del brevetto EP’755.
La domanda di nullità dei citati brevetti, EP ‘755 ed EP’973, va, di conseguenza, respinta.
La licenza incrociata
Prima di passare all’esame della domanda di contraffa- zione, può essere opportuno esaminare la difesa prospet- tata in giudizio dalla ST Microelectronics, che ha de- dotto di essere titolare di una licenza incrociata in rela- zione ai brevetti per cui è causa, rilasciata dalla medesi- ma Philips. La ST Microelectronics osserva, innanzitut- to, che essa è licenziataria dei brevetti oggetto di causa, come risulta dal Cross License Agreement del 27 aprile 1990 (…), confermato dal successivo contratto di li- cenza incrociata stipulato con Philips in data 19 dicem- bre 2000 (…). Il primo contratto prevedeva la conces- sione da parte di Philips a Thomson SA e a SGS Thomson Microelectronics NV, unica azionista di ST Microelectronics s.r.l. (…), di una licenza mondiale gratuita, non trasferibile, non esclusiva e indivisibile, relativa a tutti i suoi brevetti per tutti i Paesi del mon- do, a fronte della concessione di analoga licenza in fa- vore di Philips, da parte delle predette società.
La Sisvel e le altre convenute contestano tale imposta- zione, osservando che la licenza in questione non si estende ai brevetti EP ‘973 ed EP ‘755, che non rientra- no nella titolarità esclusiva di Philips, ma appartengono anche a IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, France Telecom e Telediffusion de France (EP ‘973) e a France Telecom e Telediffusion de France (EP ‘755).
Tale impostazione appare condivisibile, nei limiti che seguono.
E invero, la licenza incrociata del 1990, nella traduzio- ne offerta dalla medesima ST (…), prevede che per brevetti si intendono«tutti i brevetti ... con riguardo ai quali ... ciascuna parte e/o le sue Società controllate avranno il diritto di concedere licenza nella misura in cui tale concessione possa essere effettuata senza il pa- gamento di royalties o altro corrispettivo finanziario a terzi a meno che le altre parti non accettino di pagare la loro equa porzione di tali royalties o altro corrispetti- vo finanziario».
Analogamente, il contratto del 2000 (…), che confer-
ma l’impianto di cui al contratto precedente (…), pre- vede all’art. 1, par. 08, che «Il termine Brevetti Philips significa e comprende ognuno e tutti i brevetti possedu- ti o la cui licenza è controllata da Philips o dalle sue So- cietà Consociate», e ribadisce (all’art. 4.02) che tali brevetti sono quelli in relazione ai quali Philips è libera
«di concedere in licenza a ST ai sensi del presente Contratto senza dover pagare Royalties o altri compen- si a qualsivoglia terza parte diversa da un impiegato di Philips o delle Consociate Philips».
In relazione a tali contratti si è posta la questione della legge regolatrice, che viene indicata in quella francese (…), come da clausola 10 del contratto del 1990 e 7.07 del contratto del 2000 (…).
Da questa deduzione si fa discendere la possibilità per il contitolare di rilasciare licenze non esclusive e ciò al fi- ne di far rientrare nel campo di operatività della licenza incrociata i brevetti EP ‘973 ed EP ‘755, ove ritenuti in regime di comproprietà.
Ciò premesso, si osserva che, prima ancora di valutare le facoltà concesse al contitolare dalla legge francese, deve essere richiamato il testo delle clausole contrat- tuali che identificano i brevetti sottoposti a licenza in- crociata (…).
Tali clausole inseriscono nei rispettivi rapporti negoziali una significativa limitazione, nel senso dell’esclusione dalla licenza incrociata dei brevetti che prevedono «Il pagamento di royalties o altro corrispettivo finanziario a terzi», quali, devono ritenersi, i brevetti oggetto di comproprietà, «a meno che le altre parti non accettino di pagare la loro equa porzione di tali royalties o altro corrispettivo finanziario» (contratto del 1990).
Nel contratto del 2000, si conferma che «Le licenze ... riguarderanno esclusivamente i Xxxxxxxx che Philips e le Consociate Philips sono libere di concedere in licenza a ST ai sensi del presente contratto senza dover pagare Royalties o altri compensi a qualsivoglia parte terza...». Ciò premesso, si rileva che in caso di cointestazione nella normativa francese (art. 613-29, lett. e, Codice della proprietà industriale francese, sub doc. n. 22 di ST, già citato) è previsto il pagamento di un equo in- dennizzo da parte del contitolare che concede la licenza d’uso non esclusiva a terzi.
La necessità di un pagamento in favore degli altri conti- tolari e la mancata accettazione da parte di ST di paga- re la sua porzione di royalties (confermata dalla resisten- za nel presente giudizio, dove sostiene di nulla dovere), impediscono di ritenere che i brevetti oggetto di com- proprietà (EP ‘755) rientrino nella sfera di operatività della licenza incrociata.
La società ST si difende osservando, tra l’altro, che essa
«non è mai stata neppure avvertita da Philips del fatto che la licenza di un qualsivoglia brevetto comportasse il pagamento di royalties o altro corrispettivo finanziario a terzi» (…).
Tale osservazione, però, non appare decisiva, in quanto entrambi i contratti di licenza incrociata non prevedo-
no alcun obbligo di comunicazione, e anzi si limitano ad identificare i brevetti oggetto di licenza sulla base di una categoria generale: tutti quelli che non prevedono compensi in favore di terzi.
La predetta deduzione risulta, inoltre, smentita dalla lettera inviata dalla Philips alla ST in data 17 maggio 1999, sia pure inoltrata in corso di causa (…), dove si afferma che i brevetti EP ‘755 ed EP ‘973 sono esclusi dalla licenza incrociata e possono essere concessi in li- cenza solo dietro pagamento di royalties.
Ciò chiarito, si osserva che il brevetto EP ‘755 risulta essere nella titolarità di Koninklijke Philips Electronics N.V., France Telecom e Telediffusion de France (…), con la conseguente applicazione del regime di contito- larità.
Da quanto detto ne deriva che il brevetto EP ‘755 non rientra nell’ambito di operatività del contratto di licen- za incrociata, in quanto, come già anticipato, essendo in regime di cointestazione, la concessione di una licen- za, sia pure non esclusiva, comporterebbe il pagamento di royalties in favore dei terzi contitolari.
Il brevetto EP ‘973, invece, è stato registrato dalla sola Philips (…), e solo successivamente, in data 23 feb- braio 2000, ne è stata disposta la cointestazione, in pari misura, anche alle società IRT - Institut Fur Rundfunk- technick GmbH, France Telecom e Telediffusion de France (…).
Ciò premesso, si osserva che, ai sensi dell’art. 9.01 del contratto di licenza incrociata del 27 aprile 1990, «nes- suna parte potrà cedere alcuno dei propri diritti deri- vanti dal presente Contratto senza il preventivo con- senso scritto delle altre parti, le quali non potranno ri- fiutarlo irragionevolmente»(…).
Per effetto di tale clausola, la parziale cessione da parte di Philips alle società IRT - Institut Fur Rundfunktech- nick GmbH, France Telecom e Telediffusion de France del brevetto EP ‘973, si configura come violazione degli accordi adottati nell’ambito del contratto di licenza in- crociata e risulta inopponibile alla ST Microelectro- nics, alla quale non è stato richiesto il “preventivo con- senso scritto”.
L’evidenziata violazione degli accordi adottati in occa- sione della stipulazione della licenza incrociata non può considerarsi sanata per effetto della sottoscrizione del successivo contratto del 2000.
Infatti, ai sensi dell’art. 3.03 di tale accordo, «Nulla di quanto è contenuto nel presente Contratto può essere interpretato come una limitazione dei diritti e obblighi delle parti del presente Contratto ai sensi del preceden- te contratto di licenza sottoscritto il 27 aprile 1990» (…).
Ne consegue che persiste l’inopponibilità alla ST della successiva cointestazione del brevetto EP ‘973 e tale brevetto deve ritenersi rientrare nell’ambito di operati- vità della licenza incrociata.
Contrariamente a quanto dedotto da ST, le conclusioni raggiunte comportano che, in relazione al brevetto EP
‘755, non possa farsi riferimento al principio dell’esauri- mento dei diritti di brevetto, considerato che il primo atto di immissione sul mercato (da parte di ST) non può ritenersi avvenuto con il consenso dei contitolari dei brevetti.
Contraffazione
Occorre, ora, procedere all’esame della domanda di contraffazione, formulata in via riconvenzionale dalle convenute nei confronti delle società Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.p.a. e da queste ultime sotto forma di ac- certamento negativo, che sarà limitata al brevetto EP ‘755, posto che il brevetto EP ‘973 rientra nella licenza incrociata, rilasciata da Philips in favore di ST, di cui si è detto.
A tal riguardo il c.t.u. espone che «Gli attori produco- no (Italtel) e distribuiscono (MS) un ricevitore satelli- tare da loro stessi definito come set-top-box» e precisa che «Le apparecchiature set top box prodotte dall’attrice sono quindi conformi allo standard ISO/MEC 13818-3 e, in particolare, alla normativa ISO/IEC 11172-T (…).
Al suo interno, il circuito integrato STi 3520A svolge la funzione di decoder audio e video MPEG-2, come
«risulta sia dall’accordo di collaborazione SGS/Italtel del 28 febbraio 1996 (…) sia da una scheda tecnica dell’integrato stesso, pubblicala) dalla ST nel 1995 (…)» (…).
Il c.t.u. precisa, altresì, che «La normativa ISO/IEC 11172-3 prevede indicazioni obbligatorie e indicazioni non obbligatorie per il trattamento dell’’informazione audio. La parte vincolante della normativa comprende la normativa, in senso stretto, e gli allegati A (decodifi- ca) e B (Fattori di scala, bit di risoluzione). La parte non vincolante» è costituita dagli altri allegati (…).
Ciò premesso, il c.t.u. evidenzia che il decodificatore contenuto nel set top box interferisce con le rivendica- zioni 33 e 35, del brevetto EP ‘755, come illustrato alle pagg. 52-54 della relazione peritale, cui si rimanda.
Le società attrici non condividono le conclusioni rag- giunte dal c.t.u. e rilevano che non può procedersi al- l’accertamento presuntivo della contraffazione, sulla pre- messa dell’utilizzo dello standard MPEG-2, che prevede l’uso del brevetto EP ‘755, in quanto «nel decoder sono possibili soluzioni semplicemente compatibili con lo standard ma diverse fra di loro e come tali non necessa- riamente riconducibili nell’ambito di protezione di ... EP 755» (…).
Le attrici criticano, inoltre, le modalità di accertamen- to della contraffazione utilizzate dal c.t.u. In particolare, osservano che il consulente ha confrontato la rivendi- cazione n. 33 di EP ‘755 con la normativa ISO/IEC 11172-3, invece che con il set top box Italtel (…).
Le predette aggiungono che «Il brevetto rivendica una struttura hardware per il decodificatore e le sue parti principali, e precisamente l’unità di elaborazione e i fil- tri» e rilevano che «poiché la relazione del c.t.u. non
contiene ... indicazioni sulla struttura del chip incorpo- rato nel set top box (salvo dire che è un decodificato- re...)» non può concludersi «che la norma e il brevetto sono identici perché in entrambi si ricostruisce il segna- le a larga banda partendo dai segnali di un insieme di sottobande». Infatti, «Lo stesso brevetto descrive e ri- vendica un certo numero di realizzazioni sia dell’unità elaborativa sia dei filtri, e ne consegue che l’algoritmo della norma possa essere implementato in vari modi che non sono necessariamente coincidenti con quelli oggetto del brevetto» (…).
ST Microelectronics rileva che le norme contenute nello standard ministeriale non individuano l’architet- tura di un chip, ma si limitano ad indicare una modalità di architettura che lo standard definisce esemplificativa e precisa che il proprio chip è strutturato secondo moda- lità diverse rispetto alle rivendicazioni brevettuali (…). Il c.t.u. ha esaurientemente risposto alle critiche sopra evidenziate all’esito del supplemento di c.t.u. disposto dal giudice istruttore al fine di chiarire le problematiche prospettate in giudizio.
Nella relazione supplementare il c.t.u. ribadisce la natu- ra obbligatoria dello standard, evidenziando che «la normativa ISO/IEC 11172-3 è composta da una nor- mativa in senso stretto e da alcuni allegati indicati co- me A-H. la prefazione (foreword) della normativa ISO/IEC 11172-3 sancisce l’obbligatorietà delle regole riportate nella normativa in senso stretto e degli allega- ti A e B (cfr. In Part 3 of this International Standard annex A and annex B contain normative requirement and are an integral part of this standard. All over annexes are informa- tive and contain no normative requirement). Coerente- mente gli allegati A e B sono qualificati come normative mentre gli allegati C-H (quelli che nella prefazione so- no indicati come quelli contenenti no normative require- ment) sono qualificati come informative (…)».
In relazione all’obbligatorietà dello standard, va aggiun- to che non appare fondata l’affermazione di ST, secon- do la quale la versione del testo ISO/IEC 11172-3 del 1996 avrebbe eliminato il riferimento al termine e al concetto di “Normative”, presente nel testo del 1993 (…). Infatti, su ogni pagina del testo del 1996, prodotto da ST quale doc. n. 18, compare la dicitura: “ISO/IEC 11172-3: 1993 (E)”, che chiarisce trattarsi del medesi- mo testo del 1993.
Ciò premesso, il consulente, con riferimento all’utilizzo del banco di filtri, si pone il problema «se la normativa ISO/IEC 13818-3 imponga l’utilizzo del banco di filtri ivi descritto per sintetizzare il segnale a banda larga», cui dà la seguente condivisibile risposta: «Il diagramma di flusso di cui alla figura A.2 dell’allegato A della nor- mativa (che come spiegato ha natura obbligatoria) mo- stra chiaramente la presenza di un banco di filtri di sin- tesi (…)».
Il c.t.u. prosegue rilevando la conformità del decodifica- tore di cui alla rivendicazione 33 del brevetto EP ‘755 (e di conseguenza anche il ricevitore di cui alla rivendi-
cazione 35) a quanto previsto nella parte obbligatoria della normativa ISO/IEC 11172-3 e conclude osservan- do che quanto indicato nelle «rivendicazioni 33 e 35 del brevetto EP 400 755 sia imposto obbligatoriamente dalla normativa ISO/IEC II 172-3 ovvero ISO/IEC 13818-3» (…).
Il consulente precisa, inoltre, che «La rivendicazione 33 del brevetto EP 400 755 non pone alcuna limitazio- ne sulle possibili soluzioni tecniche adottabili per realiz- zare i filtri di sintesi (che poi altro non sono se non op- portuni algoritmi) del decodificatore rivendicato e, in particolare, non impone alcuna soluzione hardware» e spiega che «La rivendicazione 33 specifica le caratteri- stiche dei filtri di sintesi digitali del decodificatore in particolare il numero dei filtri, il numero di ingressi e di uscite su ogni filtro, il numero di coefficienti di molti- plicazione dei filtri, la larghezza di banda dei filtri, le ca- ratteristiche dei coefficienti di moltiplicazione dei filtri per ricostruire un segnale in banda larga partendo da se- gnali di sottobanda. Tuttavia la rivendicazione 33 del brevetto EP 400 755 non pone alcuna limitazione sulle modalità di realizzazione - siano esse hardware e/o software - per realizzare un decodificatore avente dei fil- tri di sintesi con le caratteristiche ivi specificate» (…). Poiché «Nel set-top-box di Italtel è presente il circuito integrato STi3520A, avente la funzione di decoder au- dio e video MPEG-2» e «Il circuito integrato è MPEG compliant ... ne consegue che il circuito integrato STi 3520A effettua la ... decodifica con un banco di filtri conforme alla rivendicazione 33 del brevetto EP 400 755» (…).
I chiarimenti così forniti dal c.t.u. superano e assorbono tutte le obiezioni sollevate dalle attrici e da ST, con la conseguenza che risulta comprovato l’utilizzo, da parte del set-top-box di Italtel e del chip STi 3520A di ST, di un banco di filtri di sintesi conforme alla normativa MPEG, a sua volta conforme alle rivendicazioni 33 e 35 del brevetto EP 400 755.
In tali termini risulta, quindi, dimostrata in giudizio la contraffazione del brevetto in esame, onde va accolta la relativa domanda e disposta l’inibitoria della prosecu- zione dell’illecito.
Apparendo satisfattiva l’adottata inibitoria, vanno di- sattese le domande di pubblicazione della sentenza e di imposizione di una penale da inottemperanza.
Risarcimento danni da contraffazione Passando, ora, all’esame della domanda di risarcimento danni da contraffazione, si osserva che Xxxxxx ha chie- sto, senza opposizione delle società attrici, provvedersi sull’an debeatur, con condanna generica al risarcimento danni, rimettendosi la quantificazione degli stessi a “se- parato giudizio”, previa condanna al pagamento di una provvisionale, pari ad euro 500.000,00.
Non potendo dubitarsi della sussistenza del danno, quanto meno pari alle royalties non corrisposte in rela- zione ai decoder prodotti e commercializzati, andrà pro-
nunciata condanna generica di Italtel ed Emme Esse al risarcimento dei danni subiti da Xxxxxx.
Con riferimento alla provvisionale richiesta, occorre considerare l’accertamento della contraffazione relativo ad uno solo dei due brevetti in esame (EP 755), sussi- stendo per l’altro la licenza incrociata (EP ‘973); il nu- mero di decoder stimato in 500.000 pezzi, entro il 1998, come risulta dall’Accordo per Attività congiunta tra: SGS Thomson Microelectronics s.r.l. e Italtel, (…); l’ammontare delle royalties verosimilmente applicate nel settore, indicato in causa da Sisvel (….).
Sulla base delle richiamate premesse e tenuto conto che la determinazione della provvisionale dovrà essere effettuata con modalità necessariamente presuntiva e quindi, prudenziale, va disposto il pagamento a titolo di provvisionale sul risarcimento del danno da contraffa- zione della somma di euro 200.000,00, in favore di Si- svel e a carico di Italtel.
Concorrenza sleale
Deve essere, infine, disattesa la domanda di concorren- za sleale per denigrazione formulata dalle società attrici nei confronti di Xxxxxx, considerato che tale società si è limitata a proporre alla s.p.a. Stream (cliente delle so- cietà attrici) l’acquisizione della licenza per la commer- cializzazione, tra l’altro, di decoder (…) e tenuto conto del fatto che uno dei brevetti indicati dalla predetta so- cietà è risultato privo di licenza (…).
Manleva
Va, ora, esaminata la posizione della ST Microelectro- nics s.r.l., nei confronti della quale le società Italtel ed Emme Esse hanno chiesto che venisse adottata la con- danna a titolo di manleva, in relazione ai danni liquida- ti nel presente giudizio per contraffazione di brevetto.
Deducono le attrici che la decodifica MPEG è total- mente realizzata con il sottosistema che Italtel acquista da ST, come confermato dal c.t.u. (…).
Svolgono, quindi, domanda di manleva nei confronti di ST sulla base: 1) degli obblighi di garanzia del forni- tore e 2) degli accordi contenuti nel c.d. master agree- ment.
ST resiste alla domanda osservando che non può confi- gurarsi la propria responsabilità per l’implicita garanzia del fornitore o per il master agreement richiamato da Italtel.
Precisa che nel master agreement, di cui allo «accordo di collaborazione del 28 febbraio 1996», non è prevista al- cuna espressa garanzia a favore della controparte e che nel settore dei circuiti integrati è prassi consolidata «l’e- sclusione di garanzie da parte del fornitore».
Ciò premesso si osserva che nel caso di specie ST non fornisce alcuna prova della sussistenza di usi contrari al- la prestazione di garanzia del fornitore.
Xxxx, dalle condizioni generali di contratto per Tanno 1998 (…), a proposito dei diritti di proprietà intellet- tuale si afferma: «A causa della complessità delle tecni-
che di fabbricazione di componenti elettronici e dei re- lativi diritti di proprietà intellettuale, il Venditore non è in grado di dichiarare che i suoi prodotti non violano i diritti di proprietà intellettuale di terze parti. Nel caso che una tèrza parte proponga un’azione legale asserendo che i prodotti forniti ali Acquirente violano i diritti di proprietà intellettuale di tale terza parte, il Venditore si impegna a sua discrezione e a sue spese, ad instaurare una difesa o a cercare una transazione...». Tale disposi- zione esclude che vi siano usi contrari alla garanzia del fornitore e conferma la sussistenza dell’invocata garan- zia.
Contrariamente a quanto dedotto da ST, neppure dal- l’accordo di collaborazione del 28 febbraio 1996 deriva un’esenzione di responsabilità (…).
E infatti, dal testo del citato accordo non si ricava alcu- na limitazione, che del resto, non può derivare dal fatto che il set-top-box venga realizzato in collaborazione da ST e Italtef.
Ne consegue che deve ritenersi sussistere la garanzia del fornitore in relazione alle singole prestazioni rese da cia- scuna delle parti del contratto.
Quanto alla garanzia di ST, si osserva che all’art. 1.a dell’accordo è previsto che «SGS-Thomson Microelec- tronics s.r.l. fornirà: - i dispositivi, le loro evoluzioni tec- nologiche ... (…)».
Ciò chiarito, si osserva che ST richiama, inoltre, il Software licerne agreement (…), affermando che da tale accordo deriva una garanzia, in suo favore e a carico di Italtel, in relazione al software del chip ST3520A.
Tale impostazione non appare condivisibile.
Infatti, l’oggetto del citato contratto non risulta essere il chip ST3520A, ma il software relativo al set-top-box, con la conseguenza che da tale accordo non può ricavarsi alcuna “garanzia inversa” relativamente al chip ST3520A fornito da ST ad Italtel.
Pertanto, ST non può sottrarsi alla garanzia del fornito- re in relazione ai chip acquistati da Italtel.
Per tale ragione ST dovrà rifondere ad Italtel la somma di euro 200.000,00 che la predetta sarà tenuta a corri- spondere a Sisvel, per effetto della presente sentenza.
La domanda di garanzia proposta dalla s.r.l. Emme Esse, deve essere, invece, disattesa, in quanto non sussiste al- cun rapporto di fornitura fra ST e tale società.
Le conclusioni raggiunte assorbono ogni altra questione relativa Xxx debeatur dibattuta in causa.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, previa com- pensazione nella misura di un terzo delle spese delle so- cietà convenute (soccombenti quanto al brevetto EP ‘973). Si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunciando nelle cause riunite promosse da Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.p.a. con atto di citazione notificato il 23 e 26 ottobre 1998 nei confronti di Sisvel - Società italiana per lo sviluppo dell’elettronica s.p.a., BRV - Bayerische Rundfunkwer-
bung, IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, France Telecom, Telediffusion de France e Koninklijke Philips Electronics N.V., e con atto di citazione notifi- cato il 14 luglio 1999 nei confronti di ST Microelectro- nics s.r.l., ogni contraria istanza eccezione o deduzione disattesa, così provvede:
1) respinge la domanda di nullità dei brevetti europei
n. 400.755 e n, 402.973, proposta da Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.p.a.;
2) dichiara le società Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.r.l. re- sponsabili di contraffazione del brevetto europeo n. 400.755, disponendo l’inibitoria della commercializza- zione del set-top-box per cui è causa;
3) condanna le predette società Italtel s.p.a. e Xxxxx l- ssc s.r.l. al risarcimento dei danni da contraffazione del brevetto 755, in favore della s.p.a. Sisvel, da liquidarsi in separato giudizio;
4) condanna Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.p.a. al paga- mento in favore della Sisvel della somma di euro 200.000,00 a titolo di provvisionale in relazione al ri- sarcimento del danno di cui al capo che precede;
5) condanna la s.r.l. ST Microelectronics a rifondere al- la s.p.a. Italtel la somma di euro 200.000,00 che la pre-
detta è tenuta a corrispondere alla s.p.a. Sisvel, per ef- fetto della presente sentenza;
6) respinge la domanda di manleva proposta dalla s.r.l. Emme Esse nei confronti di ST;
7) respinge la domanda di contraffazione del brevetto EP 402.973;
8) respinge la domanda di concorrenza sleale per deni- grazione formulata dalle attrici nei confronti della s.p.a. Sisvel;
9) previa compensazione nella misura di un terzo, con- danna le società Italtel s.p.a. ed Emme Esse s.p.a. alla ri- fusione delle spese di giudizio sostenute da Sisvel - So- cietà italiana per lo sviluppo dell’elettronica s.p.a., BRV
- Bayerische Rundfunkwerbung, IRT - Institut Fur Rundfunktechnick GmbH, France Telecom, Telediffu- sion de France e Koninklijke Philips Electronics N.V., liquidate in euro 7.000,00 per esborsi, euro 6.000,00 per diritti ed euro 28.720,00 per onorari, oltre alle spese di
c.t.u. e relativo supplemento;
10) condanna la ST Microelectronics s.r.l. al pagamento delle spese di lite riferibili alla sua posizione, sostenute dalla Italtel, liquidate in euro 1.500,00, per esborsi, euro 3.000,00, per diritti ed euro 15.000,00, per onorari.
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxxxxx
L’Autrice affronta i diversi temi trattati dalla sen- tenza, che enuncia alcuni principi generali su que- stioni di diritto e processuali che spesso si pongono nel contenzioso industrialistico. Dal punto di vista sostanziale, la questione, raramente dibattuta, è quella della contraffazione di brevetti incorporanti standard normativi.
una scelta del mercato, nel senso che un determinato standard tecnico diviene quello richiesto dal mercato, al quale le aziende si devono uniformare al fine di poter entrare ed essere competitive in quel mercato (c.d. standard di fatto).
È evidente che la presenza di privative industriali o intellettuali su tecniche o tecnologie la cui adozione è obbligatoria complica lo scambio e la comunicazione all’interno dei mercati, dando luogo, come si diceva, a molti problemi legati anche alla concorrenza (2). Poi-
Invenzioni di standard e contraffazione
Il primo, interessante, argomento trattato dalla sentenza del Tribunale ambrosiano è quello della con- traffazione di un’invenzione di standard.
Data la peculiarità dell’argomento, generalmente poco affrontato e quasi sempre solo in relazione agli aspetti legati alla concorrenza (1), mi pare opportuno premettere qualche nozione di base sull’invenzione co- siddetta “di standard”.
L’“invenzione di standard” è un’invenzione che protegge una soluzione tecnica standard.
Lo standard tecnico è l’insieme delle caratteristiche che un prodotto deve avere per poter circolare su un determinato mercato.
La presenza di tali caratteristiche può essere impo- sta dalla legge, e in questo caso si parla di standard nor- mativo (o di diritto) oppure può essere determinata da
Note:
(1) Il tema della proteggibilità degli standard attraverso diritti di privati- va è da sempre al centro del dibattito relativo ai problemi di antitrust, per lo più in materia di proprietà intellettuale. Per una panoramica su stan- dard, proprietà intellettuale e concorrenza si vedano: Xxxx Xxxxxxxxx, Prassi di definizione degli standard e diritti di proprietà intellettuale, in Riv. dir. ind., 2007, I, 5; Xxxxxxxx, Attività di standardizzazione, diritti di proprietà in- tellettuale e antitrust in Riv. dir. ind., 2004, I, 138; Frassi, Riflessioni sul dirit- to d’autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale, ivi, 2002, I, 370; Ghi- dini, Profili evolutivi del diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorren- za, Milano, 2001, 107 ss. In giurisprudenza si devono ricordare i casi Ma- xxxx (RTE/Commissione, caso T-69/89, BBC/Commissione, caso T-70/89, ITP/Commissione, caso T-76/89) e Ladbroke (Trib. CE, 12 giugno 1997, caso T-504/93, in AIDA, 1998, 503, 437 sui rapporti tra diritto d’autore e concorrenza e sull’obbligato di concessione di licenze.
(2) Per fare solo alcuni esempi, si pensi ai problemi relativi all’esistenza di privative su tecniche standard che divengono normativamente tali successivamente al deposito della privativa che le incorpora, o al caso di
(segue)
ché è evidente che se un brevetto è essenziale all’imple- mentazione di una certa tecnologia, questa potrà essere realizzata solo violando almeno una rivendicazione di detto brevetto, il problema spesso viene risolto tramite la concessione di licenze obbligatorie (3).
Il concetto dell’invenzione di standard può apparire in sé strano. Quando il possesso di determinati requisiti tecnici o tecnologici è essenziale per poter partecipare ad un determinato mercato, ed è, per di più, imposto dalla legge, appare peculiare che sia proprio la legge a determinare, di fatto, un monopolio su quella tecnolo- gia. Che l’accesso a quel mercato, cioè, venga bloccato (rectius: vincolato) da chi è arrivato per primo.
Quello che può a prima vista apparire come uno squilibrio del mercato imposto dalla legge, ovvero la possibilità per un operatore di vincolare gli altri opera- tori che vogliano competere sullo stesso mercato, es- sendo questi ultimi “obbligati” a utilizzare il suo brevet- to in base ad una norma di legge, a mio parere non è altro che una giusta applicazione, da parte del sistema legislativo, del principio “first come, first served”, che non deve stupire all’interno di un mercato concorren- zialmente libero retto da un ordinamento che garanti- sce un diritto di privativa a chi, per primo, giunge ad un’invenzione (o, mi sia permessa la battuta, all’Ufficio Xxxxxxxx).
D’altronde, mi viene in mente che anche nel caso delle invenzioni principali e dipendenti, chi voglia at- tuare l’invenzione dipendente, dovendo attuare quella protetta dal brevetto principale, deve necessariamente chiedere l’autorizzazione al titolare di quest’ultimo; e ciò avviene, in genere, al prezzo del pagamento di una licenza.
Proseguendo nel parallelo, così come il rifiuto in- giustificato del titolare del brevetto principale viene “sanzionato” con l’obbligo di questi di concedere una li- cenza qualora il brevetto successivo rappresenti «un im- portante progresso tecnico di considerevole rilevanza economica» (art. 71 C.p.i.), anche nelle invenzioni di standard l’ingiustificato rifiuto di concedere licenza ai competitors comporta spesso l’obbligatorietà della stessa. Tornando al caso di cui si tratta, lo standard nor- mativo per cui è causa è il cosiddetto MPEG-2 (4), si- stema di codifica digitale che viene utilizzato nella tele-
visione digitale e nel DVD-Video.
Nelle trasmissioni satellitari è, infatti, necessario comprimere l’enorme quantità di dati che costituiscono un segnale televisivo dopo che questo è stato trasforma- to in segnale digitale.
La compressione si realizza attraverso l’utilizzo del- lo standard MPEG-2. Utilizzando la compressione si ot- tiene una forte riduzione della quantità di dati da tra- smettere permettendo così di sfruttare un unico canale satellitare per la trasmissione di più programmi televisi- vi.
Il segnale compresso deve essere, poi, decompresso, cioè decodificato, da parte delle apparecchiature che ri-
cevono il segnale, in modo da poter ricostruire il segna- le originario.
E proprio un’apparecchiatura di decompressione del segnale audio-video, denominata set top box e pro- dotta da Italtel è al centro della causa definita dalla sen- tenza in commento. Tale apparecchiatura (decoder) conteneva, infatti, un circuito integrato (microchip), fornito a Italtel da ST Microelectronics e svolgente la funzione di decodifica attuata dallo standard.
Sisvel, essendo licenziataria esclusiva di alcuni brevetti relativi allo standard, li aveva azionati nei con- fronti delle attrici Italtel ed Emme Esse (quest’ultima distributrice per l’Italia del set top box di Italtel), richie- dendo il pagamento di royalties per lo sfruttamento de- gli stessi.
Queste promuovevano, quindi, un’azione nei con- fronti di Xxxxxx, al fine di far accertare che il proprio prodotto non costituiva contraffazione dei brevetti da quest’ultima azionati, nonché un’ulteriore azione nei confronti della fornitirce del microchip, ST Microlectro- nics, al fine di essere da questa manlevate.
Osservavano le attrici che un circuito integrato quale è il microchip non può costituire contraffazione di brevetti per invenzione industriale in relazione ai con- cetti e ai metodi matematici che incorpora. Ciò in base all’art. 45 C.p.i. che, come noto, prevede che non pos- sano costituire oggetto di invenzione i metodi matema- tici.
La convenuta spostava, però, l’attenzione sul fatto che sono invece brevettabili i prodotti e i procedimenti che si basano su formule matematiche.
Bisogna dire, a questo punto, che il gruppo di stan-
Note:
(segue nota 2)
chi omette dolosamente di dichiarare il possesso di tecnologie analoghe a quelle soggette a standardizzazione, magari utilizzando il periodo di se- gretezza delle domande di brevetto. Sono, questi ultimi, i c.d. torpedo o submarine patents, sui quali si veda ancora Xxxxxxxx, op. cit., 158.
(3) È questo il caso degli enti di standardizzazione, che in genere si dota- no di linee guida che i membri dell’associazione devono rispettare, tra le quali, per l’appunto, quella di concordare con il titolare della privativa la sua disponibilità a concedere licenze non discriminatorie. Sull’argomen- to si veda Cavani, Standard tecnici “normativi” e disciplina della concorrenza, testo della relazione al convegno “Diritto e mercato: proprietà intellettuale e antitrust”, Perugia 25 e 26 maggio 2001, reperibile su internet all’indirizzo xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxx/.../Xxxxxx.xxx. che cita come esempio l’ETSI Standard body nel settore delle telecomunica- zioni, ove la disponibilità a concedere licenze non esclusive, a condizioni eque e non discriminatorie è addirittura posta come condizione di acces- so all’ente. Un’altra ipotesi è quella di chi detiene i brevetti sulle so- luzioni tecniche imposte dallo standard e non le utilizza. In questo caso la disciplina antitrust prevede l’obbligo di concedere licenze en- tro certi limiti.
(4) L’MPEG, acronimo di Moving Pictures Experts Group, è un comitato tecnico congiunto delle organizzazioni internazionali ISO (International Organization for Standardization)e IEC (Internetional Electrotechincal Commission) incaricato di definire standard (MPEG-1, MPEG-2 ecc.) per la rappresentazione in forma digitale di audio, video e altre tipologie di contenuti multimediali in modo da soddisfare un’ampia varietà di ap- plicazioni.
dardizzazione MPEG non rilascia delle specifiche tecni- che su come debba essere realizzato il codificatore o il decodificatore MPEG.
Il gruppo rilascia, invece, delle specifiche che indi- xxxx come debba essere composto il formato del file MPEG in modo che ogni costruttore possa realizzare il codificatore e il decodificatore come meglio crede, pur attenendosi al formato del file definito dal consorzio MPEG.
Ciò permette al titolare del brevetto sullo standard di muoversi con una certa autonomia all’interno dello standard normativo imposto e gli concede la facoltà, co- me è stato ritenuto nel caso di specie, di vincolare at- traverso il brevetto un numero indefinito di soluzioni tecniche idonee a realizzare lo standard.
Questo è tranciante rispetto all’affermata non con- traffazione del brevetto di standard da parte degli algo- ritmi che stanno alla base del funzionamento del mi- crocircuito integrato (microchip) che realizza quanto im- posto dallo standard tecnico, ovvero la funzione di de- coder audio e video MPEG-2.
E, infatti, il Tribunale, all’esito di una c.t.u. e di un supplemento di c.t.u., afferma che i brevetti oggetto di causa non pongono limitazioni circa la modalità di rea- lizzazione di un decodificatore avente le caratteristiche (obbligate) dello standard, così che, se i dispositivi di decodifica devono essere conformi allo standard norma- tivo e poiché i brevetti azionati incorporano lo stesso standard, allora ogni dispositivo fabbricato nel rispetto dello standard interferisce necessariamente con i brevet- ti che lo incorporano.
Il che equivale ad affermare che, essendo il micro- chip sicuramente conforme alla normativa, così come lo è il brevetto, il prodotto che incorpora il microchip costituisce necessariamente contraffazione del brevet- to.
L’affermazione è disarmante e corrisponde alla tesi della convenuta in base alla quale ai fini della contraf-
nelle controversie relative alla contraffazione di un tito- lo di proprietà industriale, ritenendo di aver subito un danno risarcibile da parte delle società attrici, convenu- te in riconvenzione, a causa della contraffazione della privativa licenziatale, svolgeva domanda di condanna generica al risarcimento e, quindi, di pronuncia del Tri- bunale solo sull’an debeatur, con determinazione succes- siva del quantum. Chiedeva, inoltre, la comminatoria di una provvisionale a carico delle riconoscende contraf- fattrici.
Il Tribunale, accogliendo tali richieste, ha applica- to un principio enunciato costantemente dalla Supre- ma Corte (5), basato sulla lettera dell’art. 278 c.p.c., per cui una volta accertata la sussistenza del diritto, il Collegio si può pronunciare sulla condanna generica e rinviare per la liquidazione del danno ad una successiva fase processuale.
È interessante notare che nelle controversie atti- nenti la proprietà industriale, una parte della giuri- sprudenza ritiene che l’accertata violazione dei diritti di proprietà industriale costituisca di per sé atto po- tenzialmente produttivo di danno (il “famoso” danno in re ipsa) e sia, perciò, un presupposto sufficiente per l’accoglimento della condanna generica al risarcimen- to (6).
Altre pronunce, invece, richiedono un quid pluris ai fini dell’emanazione della condanna generica, quali, ad esempio, la prova di un pregiudizio concreto (7) o l’indicazione da parte dell’attore delle prove di cui que- sti si vorrà giovare ai fini della quantificazione del dan- no (8).
Il primo orientamento aderisce al dettato della norma processuale, la quale statuisce la possibilità di pronuncia di condanna generica quando, semplice- mente, sia accertata la sussistenza di un diritto, essendo limitato l’accertamento che il Giudice deve compiere alla potenzialità dannosa del fatto accertato; tant’è vero
xxxxxxx non rileverebbero i circuiti integrati (che, però,
sembrano essere quelli che permettono al decoder di funzionare), ma rileverebbe unicamente il funziona- mento degli apparecchi, che funzionano “sicuramente secondo lo standard”.
Senonché, si potrebbe obiettare, in base alla sola sentenza e senza conoscere gli atti di causa né il conte- nuto integrale della c.t.u., che la soluzione prospettata, apparentemente tautologica, tralascia di considerare la possibilità che il microcircuito integrato in base al qua- le funzionava il decodificatore Italtel fosse dotato di una certa autonomia costruttiva e ideativa, cosa che se probabilmente non avrebbe portato il Tribunale ad escludere la contraffazione, avrebbe forse meritato un maggior approfondimento, anche in sede di consulenza tecnica.
Condanna generica e provvisionale
La licenziataria dei brevetti, come spesso accade
Note:
(5) Ex multae: Cass., Sez. III, 24 maggio 2004, n. 9996, in Giust. civ. Mass., 2004, 5; Cass., Sez. III, 10 agosto 2000, n. 10595, in Dir. econo- mia assicur., 2001, 221; Cass., Sez. I, 15 aprile 1998, n. 3800, in Giust. civ. Mass., 1998, 802.
(6) Si vedano, ad esempio Cass., Sez. I, 22 gennaio 1993, n. 782, in Giur. ann. dir. ind., 1993, 3017 e, per la giurisprudenza di questo Tribu- nale: Trib. Milano, 17 novembre 1994, ivi, 95, 700. Si veda anche Trib. Milano, 12 luglio 2006, n. 8649/06 per la quale: «nessuna contraffazione dell’altrui brevetto può considerarsi improduttiva di danni. Una privati- va va infatti considerata quale bene normalmente produttivo - sia sotto il profilo del vantaggio monopolistico attribuito al titolare che produca, sia sotto quello della redditività assicurata dalla concessione di licenza a terzi - dotato di un valore capitale che viene irrimediabilmente eroso dall’attività contraffattiva».
(7) App. Milano, 12 giugno 2001, in Giur. ann. dir. ind., 2003, 4489.
(8) Trib. Milano, 11 gennaio 1996, in Giur. ann. dir. ind., 96. In questo senso si era già espressa Cass., Sez. Un., 23 aprile 1986, n. 2859, la quale aveva specificato che la richiesta di pronuncia solamente sull’an debea- tur non esonera l’attore dall’indicazione dei mezzi di prova dei quali in- tende avvalersi per la determinazione del quantum.
che la successiva sentenza di liquidazione ben potrebbe statuire anche l’inesistenza del danno qualora si accer- tasse che lo stesso non si è concretamente verificato (9).
La pronuncia in commento, conforme al prevalen- te orientamento del Tribunale di Milano (10), sembra, invece, aver ritenuto di poter procedere all’emanazione di una condanna generica in quanto la sussistenza di un pregiudizio concreto derivante dalla contraffazione è stata sufficientemente provata, anche nel suo ammon- tare.
Tale ammontare viene quantificato dal Tribunale, già in sede di condanna generica, pari quantomeno alle royalties che il contraffattore avrebbe dovuto corrispon- dere al titolare del brevetto.
Sempre sulla base della già fornita prova della sus- sistenza del danno, coerentemente con il dettato della legge (11), il Tribunale ha ritenuto di poter concedere una provvisionale, seppure, in via prudenziale, di entità ridotta rispetto alla richiesta formulata dalla convenu- ta-attrice in riconvenzione, sempre calcolata sulla base delle royalties che il contraffattore avrebbe dovuto ver- sare.
La pronuncia è certamente una delle poche ad aver riconosciuto una provvisionale in un caso di con- traffazione di brevetto. I pochi precedenti in materia sono per lo più in senso negativo (12).
Nel calcolare la provvisionale, il Tribunale ha adottato il menzionato criterio delle royalties che il con- traffattore avrebbe dovuto pagare per lo sfruttamento del brevetto, calcolate nella misura di quelle indicate dall’attrice in riconvenzione come le royalties comune- mente applicate nel settore.
Tale criterio, esplicitamente contemplato già nel testo dell’art. 125 C.p.i. precedente alla novella dovuta al recepimento della cosiddetta Direttiva Enforcement (13), è, oggi, addirittura il limite al di sotto del quale il Giudice non può andare nel valutare il danno quando liquidi «una somma globale stabilita in base agli atti di causa e alle presunzioni che ne derivano» (art. 125 n. 2 C.p.i.).
Il Tribunale sembra, quindi, aver escluso, quan- tomeno in questa fase, l’applicazione del principio della royalty ragionevole (14), ovvero della royalty in uso nel settore opportunamente maggiorata nella sua entità per tener conto del fatto che il licenziatario nella maggior parte dei casi sottoscrive delle condi- zioni (quali il pagamento di un acconto sulle royalty sotto forma di minimo garantito - entrance fee, down payment, up front payment; l’invio di rendiconti perio- dici, l’accettazione di forme di revisione volontaria o controllo contabile ecc.) che giustificano un conteni- mento negoziale delle royalties; condizioni cui non soggiace evidentemente il contraffattore al quale sa- rebbe, dunque, giusto applicare una royalty maggiore (15).
Sarebbe interessante approfondire se, in sede di li-
quidazione del danno, il Tribunale abbia ritenuto di au- mentare la royalty già calcolata in base agli usi commer- ciali del settore.
Garanzia del fornitore e manleva
La sentenza ha accolto la richiesta delle attrici Ital- tel ed EmmeEsse di essere manlevate dalla società ST Microeletronics, fornitrice dei circuiti integrati inseriti nei dispositivi ritenuti in contraffazione del brevetto. Ciò sulla scorta di quella che, sia dalle parti sia dal Tri- bunale, viene definita la “normale garanzia del fornito- re”.
Occorre ricordare che il contratto di fornitura non è un contratto tipico; tale denominazione viene spesso utilizzata, impropriamente, negli usi commercia-
Note:
(9) Così Cass., Sez. II, 31 luglio 2006, n. 17297, in Giust. civ. Mass.
2006, 7-8, 47.
(10) App. Milano, 12 giugno 2001, cit.; Trib. Milano, 7 giugno 2001, in Giur. ann. dir. ind., 2001, 935; App. Milano, 9 giugno 1998, ivi, 1999, 486; App, Milano, 22 maggio 1998, ibidem, 465; App. Milano, 28 no- vembre 1997, ivi, 1997, 834.
(11) In dottrina X. Xxxxxx, Diritto processuale dei brevetti e dei marchi, Mi- lano, 2009, 338.
(12) X. Xxxxxx, op. cit., che richiama Trib. Milano 26 febbraio 1996, in
Giur. ann. dir. ind., 1996, 3470.
(13) Direttiva 2004/48/CE del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.
(14) Il criterio della cosiddetta “royalty reasonable” fu elaborato nell’am- bito dell’ordinamento statunitense che impone al giudice, quale para- metro residuale minimo di risarcimento del danno e in difetto di una prova concreta dei mancati profitti, il riconoscimento della royalty ra- gionevole a favore del titolare del brevetto violato (Patent Act, sez. 284; sul tema Sena, I diritti sulle invenzioni e sui modelli ornamentali, Mila- no, 1990, 520). Nella giurisprudenza italiana precedente il Codice della Proprietà Industriale, tale criterio aveva trovato applicazione in ipotesi di violazione di diritti d’autore (Cass. 11 ottobre 1997, n. 9880) oltre che in varie controversie inerenti la violazione di privative industriali. Si vedano:App. Milano, 25 maggio 2001, in Giur. ann. dir. ind., 2003, 140; Trib. Vicenza 17 giugno 2002, ibidem, 298 in base alla quale «il me- ro richiamo al criterio della giusta royalty non vale, neppure con tutte le inevitabili carenze che qualsiasi criterio comporta, ad esaurire il danno prodotto…Siffatta liquidazione non tiene nel minimo conto il pregiudi- zio rappresentato dallo sviamento della clientela connesso all’utilizzo il- lecito del brevetto…pone, ingiustificatamente, nella stessa condizione di licenziatario obbligatorio il titolare del brevetto e finisce per premiare il contraffattore, il quale si vede chiamato a pagare - per di più in ritardo e solo a seguito di una vertenza giudiziaria - quanto avrebbe pagato il soggetto che avesse correttamente contrattato una licenza col titolare»; Trib. Alba, 26 febbraio 2001, ivi, 2001, 603; Trib. Torino 14 agosto 1989, ivi, 1989, 2441. In dottrina: Xxxxxxx, Il risarcimento dei danni da contraffazione di brevetto e la restituzione degli utili: le novità dopo il recepi- mento della direttiva enforcement, in Impresa c.i., 2006, 1425; Bichi, La li- quidazione del danno da contraffazione e le prospettive riconosciute dall’art. 125 del D.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, in Riv. dir. ind., 2005, 390; Cartel- la, Il risarcimento del danno nella contraffazione di marchio, in questa Rivista, 2001, 141.
(15) Circa l’entità della maggiorazione, ad esempio, Trib. Milano, 12 lu- glio 2006, n. 8649/06 ha condannato un contraffattore a versare una royalty pari al 10% del prezzo di vendita. Si segnala, sul tema Xxxxxx, Licensing Intellectual Property to Europe: developments in Eastern Europe in Intellectual Property Journal, I, n. 3, August 1990, 181, che effettua un calcolo in base al quale la royalty andrebbe aumentata sino al 70%.
li per indicare il contratto di compravendita o l’appal- to.
Volendo, dunque, ricondurre la “normale garanzia del fornitore” a un’ipotesi tipizzata, riterrei di parlare, nel caso di specie, di garanzia contrattuale del vendito- re.
Come noto, tra le obbligazioni del venditore ex art. 1476 c.c., vi è quella di garantire il compratore dall’evi- zione e dai vizi della cosa venduta. Ove un terzo riven- dichi diritti sul bene compravenduto che, pertanto, ne diminuiscono il valore, il venditore è tenuto a risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa (art. 1494, comma 2, c.c.).
Questa ricostruzione, in assenza di riferimenti normativi nella sentenza, mi sembra quella più verosi- mile.
Le parti attrici, dunque, invocando tale garanzia, hanno richiesto di essere manlevate da parte della for- nitrice dei microchips ST Microelectronics.
La ST Microelectronics, dal canto suo, si oppone- va a tale richiesta invocando l’esistenza di una clausola, all’interno delle condizioni generali di contratto, in ba- se alla quale, stante la propria impossibilità di garantire l’assenza di diritti di proprietà industriale di terzi sui prodotti oggetto del contratto, essa si impegnava, peral- tro a propria discrezione, a tenere indenne l’acquirente dalle spese di una eventuale azione che terzi titolari di diritti di proprietà industriale sui beni oggetto del con- tratto avessero proposto.
Prima di esaminare la validità dell’eccezione, è da osservare che anche il termine manleva è usato impro- priamente e che, più opportunamente, si dovrebbe par- lare di garanzia.
Infatti, la clausola (o patto) di manleva, determina contrattualmente il trasferimento della responsabilità per inadempimento da un soggetto ad un altro, fattispe- cie che non mi sembra corrispondere alla clausola sopra riportata. In questa, infatti, nessun soggetto esonera l’al- tro dalla responsabilità per danni che possano essere ri- chiesti da terzi, né alcuno si assume detta responsabi- lità.
Xxxx, il Tribunale ha ritenuto che proprio questa clausola non escludesse e, anzi, confermasse l’esistenza della garanzia cui la fornitrice era tenuta nei confronti dell’acquirente.
L’interpretazione fornita dal Tribunale appare con- vincente.
Infatti, per essere considerata clausola di esonero dalla responsabilità ex art. 1229 c.c., come avrebbe vo- luto ST Microelectronics, la clausola in oggetto avreb- be dovuto indicare esplicitamente la mancata assunzio- ne di responsabilità da parte del fornitore in caso di la- mentate violazioni di diritti di terzi, ovvero prevedere il trasferimento di tale responsabilità ad altro soggetto (c.d. clausola di manleva).
Al contrario, la suddetta clausola, così come for- mulata, si limitava ad enunciare che il venditore non
poteva garantire che il bene prodotto non violasse di- ritti di terzi, senza, però, prendere posizione sulla re- sponsabilità nel caso in cui tale eventualità si fosse veri- ficata.
Non essendo stata nemmeno provata l’esistenza di usi consuetudinari contrari a detta garanzia (anche que- sti invocati dalla convenuta ST), il Tribunale ha, giu- stamente, condannato la ST Microelectronics a tenere indenne l’attrice/acquirente.
Assenza di garanzia del fornitore nei confronti del rivenditore
Individuando nel contratto tra l’attrice e la so- cietà fornitrice il fondamento della garanzia cui è tenu- ta quest’ultima, il Tribunale spiega anche la decisione di non ritenere sussistente la medesima garanzia in fa- vore del rivenditore dei dispositivi ritenuti in contraf- fazione.
Afferma, infatti, il Tribunale che tra la distributri- ce dei decoder e la fornitrice dei microchip inseriti nei de- coder non esisteva alcun rapporto di fornitura, ovvero nessun contratto.
Il ragionamento sembra riprendere lo schema delle vendite a catena, dove ogni acquirente/rivenditore può rivolgersi esclusivamente nei confronti del proprio dan- te causa diretto.
Infatti, la responsabilità contrattuale che genera la garanzia può derivare unicamente da un contratto tra le parti, e ciò vale anche per le vendite a catena, nono- stante in esse vi sia identità di oggetto e di contenuto delle rispettive obbligazioni.
Di conseguenza, ciascuna vendita conserva la pro- pria autonomia strutturale, sicché non è consentito tra- sferire nei confronti dei precedenti venditori l’azione ri- sarcitoria del danneggiato (16).
Se però il fornitore non può essere considerato responsabile contrattualmente, mi pare rimanga al rivenditore la facoltà di agire nei confronti del forni- tore ex art. 2043 c.c. (ferma restando la possibilità di rivolgersi al proprio xxxxx causa su base contrattua- le).
Volendo trovare un altro appiglio, si può osservare che, fermo restando che i singoli atti di contraffazione danno luogo a singole fattispecie illecite - dato che il diritto di esclusiva è leso da ogni soggetto che con qua- lunque atto di commercio sfrutti una privativa altrui - tutti i soggetti coinvolti nella contraffazione possono ri- tenersi solidalmente responsabili tra di loro in base al- l’art. 2055 c.c.
La norma è applicabile anche ad un caso di con- traffazione di brevetto, quale è quello in commento, po-
Nota:
(16) In questo senso: Xxxx., Sez. III, 31 maggio 2005, n. 11612, in Giu- st. civ. Mass., 2005, 5; Cass., Sez. II, 30 agosto 2002, n. 12704, in Con- tratti, 2003, 470; Cass., Sez. II, 6 dicembre 1995, n. 12577, in Giust. civ. Mass., 1995, 12.
sto che, ai fini della sua applicabilità, non rileva che il fatto dannoso sia derivato da più azioni, dolose o colpo- se, costituenti fatti illeciti anche diversi, purché le sin- gole azioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno.
In quest’ottica, poiché conseguenza della solida- rietà è la possibilità di regresso di colui che ha risarcito il danno nei confronti degli altri coautori dell’illecito, il distributore XxxxXxxx, condannato a risarcire il ti-
tolare della privativa per aver posto in commercio i decoder contenenti il dispositivo riconosciuto in con- traffazione, avrebbe probabilmente potuto svolgere azione di regresso nei confronti degli altri convenuti in riconvenzione, ovvero nei confronti dell’altra attri- ce, fornitrice dei decoder, e della convenuta, xxxxxx- cante dei dispositivi integrati, quantomeno per recu- perare una parte del danno che è stata condannata a risarcire.