Contract
IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO: TRA PROJECT FINANCING E SOCIETA’ MISTE
A cura di XXXXXXX XXXXXXX* e XXXXXXX XXXXX**
SOMMARIO: 1. PREMESSA. 2. CARATTERI GENERALI DEL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO. 3. PPP DI TIPO "CONTRATTUALE." 3.1. IL PROJECT FINANCING. 3.2. IL QUADRO NORMATIVO VIGENTE. 3.3. LA CONCESSIONE DI LAVORI PUBBLICI. 4. Il PPP "ISTITUZIONALIZZATO". 4.1. LA SOCIETA’ MISTA. 5. CONSIDERAZIONI FINALI.
1. PREMESSA
L’intento dell’odierno lavoro è quello di consegnare al lettore una serie di elementi di comprensione per meglio orientarlo nella complessa opera di decodificazione di un tema particolarmente articolato come il partenariato pubblico-privato (PPP), evidenziando gli aspetti più rilevanti della disciplina di matrice europea e della normativa adottata al riguardo dal legislatore interno.
Innanzitutto, verranno sinteticamente rappresentate ed approfondite le linee fondamentali dettate in
subiecta materia, a partire dal Libro Verde adottato dalla Commissione europea il 30 aprile 2004.1
In particolar modo, si traccerà la distinzione in esso prevista tra forme di PPP di tipo “contrattuale” e PPP di tipo “istituzionalizzato”.
*Sono da attribuirsi ad Xxxxxxx Xxxxxxx i paragrafi 2, 3, 3.1., 3.2., 3.3. ** Sono da attribuirsi a Xxxxxxx Xxxxx i paragrafi 1, 4, 4.1., 5.
1 Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo sui partenariati pubblico-privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (2006/2043(INI)); cfr. inoltre, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per la ripresa e i cambiamenti strutturali a lungo termine: sviluppare i partenariati pubblico-privato (COM (2009) 615.
Nello stesso tempo, verranno analizzate le diverse tipologie di PPP esistenti nel contesto italiano, focalizzando l’attenzione sulla concessione di lavori pubblici e sull’istituto della società mista.
Infine, sarà affrontata la disciplina del project financing, sofisticata tecnica di finanziamento, il cui tratto caratterizzante consiste nell’utilizzo di risorse contributive private.
Com’è noto, la disciplina concernente la finanza di progetto, prevista dal Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, è stata oggetto, anche recentemente, di una serie di modifiche legislative orientate, da un lato, a favorirne l’utilizzazione e, da un altro, a garantire il coinvolgimento del mercato finanziario nel suo complesso.
L’importanza dei meccanismi di collaborazione tra settore pubblico e privati, dunque, risiede nel fatto che essi potrebbero costituire un valido ed efficace strumento per la risoluzione delle crisi finanziarie qualora venisse effettuata una corretta razionalizzazione della disciplina favorendo, così, l’estensione dell’utilizzo delle diverse forme di PPP.
2. CARATTERI GENERALI DEL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO
Con l’espressione “partenariato pubblico-privato” s’intende l’insieme di quei modelli di collaborazione tra il settore pubblico e il settore privato che hanno come obiettivo finale la realizzazione dell’interesse pubblico. Tale forma di cooperazione pubblico-privato ha origini anglosassoni2 ma la sua prima codificazione è stata elaborata in ambito comunitario. L’impiego di siffatta tipologia di partnership è legato, principalmente, al verificarsi delle crisi finanziarie. Infatti, l’erogazione agli utenti di servizi e la realizzazione d’infrastrutture pubbliche mediante l’ausilio di partners privati consentono alla pubblica amministrazione di ottenere agevolmente i finanziamenti necessari.3
2È opportuno segnalare che finanziamenti privati in progetti pubblici trovarono per la prima volta attuazione per effetto delle misure adottate del governo Xxxxxxxx. Difatti,essi avevano come obiettivo da un lato quello di ridurre l’intervento nel mercato da parte dello Stato, dall’altro quello di diminuire i controlli del governo statale sulla spesa pubblica locale. In realtà, occorre evidenziare che tale fenomeno ha origini ancora più remote; invero si rivengono siffatte forme di collaborazione già a partire dalla Roma Repubblicana. Inoltre, verso la metà del XVII secolo era prassi dei Governi concedere ai privati concessioni per l’erogazione di servizi pubblici essenziali con l’intento di ridurre i costi dovuti ad una non efficiente burocrazia statale.
0 Xxxx. Xx. Xx. Xxxx. X. 0/0000: “(…) la ratio dell’istituto va rinvenuta nella difficoltà dell’amministrazione di reperire risorse necessarie ad assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio alla collettività. In un quadro di questo tipo, il ricorso a capitali ed energie private diventa momento quasi ineludibile nel difficile compito di garantire un’azione amministrativa efficiente ed efficace, fortemente improntata a criteri di economicità(…)”.
La necessità di riequilibrare l’assetto della finanza pubblica, depauperata dalle profonde crisi che hanno colpito l’economia mondiale, ha reso necessaria l’adozione di misure di ripresa tese a frenare il moltiplicarsi dei rischi economici. Di qui l’indispensabilità di tale strumento di cooperazione quale utile rimedio al superamento di situazioni di stallo che investono il settore economico- finanziario mediante, da un lato, la fruizione delle capacità tecnico-professionali degli operatori privati e, dall’altro, il riparto dei rischi gravanti su entrambi i partners, facendone ricadere, tuttavia, il cosiddetto “rischio d’impresa” essenzialmente sui soli operatori privati.
Così facendo, vengono garantite efficienza ed efficacia all’azione amministrativa in un quadro unitario finalizzato all’attuazione del principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost.
A ben vedere, occorre rilevare che alcune forme di partenariato pubblico-privato (PPP) possono dar luogo all’alterazione del principio europeo della concorrenza, soprattutto se si tiene conto delle tecniche adottate per la scelta del partner privato.
Documento fondamentale in materia è rappresentato dal “Libro verde relativo ai Partenariati pubblico-privati e al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni” che è stato adottato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004 (Com 2004/327).4
Pare opportuno sottolineare come il Libro Verde della Commissione non fornisca alcuna definizione di partenariato pubblico-privato ma, da un canto, ne mostri i tratti essenziali e, da un altro, si limiti ad eseguire una ripartizione tra la gamma dei PPP di tipo strettamente “contrattuale” e quelli c.d. “istituzionalizzati”.
Si tratta, dunque, di una forma di collaborazione tra autorità pubbliche ed imprese private che ricomprende le seguenti attività: il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o una fornitura di un servizio.
La Commissione Europea ha posto l’accento su una doppia finalità: 1) quella di garantire opere e servizi pubblici, anche in situazioni di restrizione del bilancio statale, e 2) quella di assicurare l’utilizzo di metodologie proprie del settore privato, al fine di ottenere un miglior rapporto qualità/prezzo senza pregiudizio per l’interesse pubblico.
La Commissione, inoltre, ha evidenziato come questa forma di cooperazione tra settore pubblico e settore privato non sempre sia capace di fornire la migliore soluzione da adottare e che sia sempre opportuno valutare in concreto il risultato ottenibile.
4Cfr. Decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004 – Decisione Eurostat n.18/2004
Il Libro Verde, inter alia, individua quattro caratteristiche del partenariato pubblico-privato.
In primo luogo, stabilisce che i PPP sono caratterizzati da una durata medio-lunga. Essa deve essere particolarmente lunga e, nello stesso tempo, idonea a far instaurare una collaborazione tra pubblico e privato capace di eseguire puntualmente il progetto predisposto.
In secondo luogo, è richiesto il finanziamento privato. La Commissione, tuttavia, rileva che, in alcuni casi, possono associarsi anche finanziamenti pubblici di esiguo valore. Difatti, l’apporto contributivo privato assume un ruolo preponderante.
In terzo luogo, deve essere realizzata una ripartizione di funzioni tra partner pubblico e privato tale che il primo definisca gli obiettivi da perseguire ed eserciti il controllo sulle varie operazioni, residuando in capo al partner privato il compito di occuparsi della maggior parte delle fasi progettuali (progettazione, realizzazione, attuazione e finanziamento).
Infine, è necessaria una ben precisa ripartizione dei rischi. Essi, di regola, gravano per la maggior parte sul partner privato nonostante quest’ultima condizione non sia necessaria per la realizzazione dei PPP. Ciò che al riguardo assume rilevanza è l’aver effettuato una puntuale ripartizione dei rischi.
I progetti che possono essere realizzati per mezzo delle forme di cooperazione tra pubblico e privato in discorso possono essere così individuati:5
1) progetti dotati di una intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi dautenza. Sono iniziative in cui i ricavi commerciali prospettici consentono al settore privato un integrale recupero dei costi di investimento. Il coinvolgimento del settore pubblico è limitato all’identificazione delle condizioni necessarie per consentire la realizzazione del progetto;
2) progetti che richiedono una componente di contribuzione pubblica. Sono iniziative icui ricavi commerciali da utenza sono di per sé stessi insufficienti a generare adeguati ritorni economici, ma la cui realizzazione genera rilevanti esternalità positive in termini di benefici sociali indotti dalla infrastruttura;
3) progetti in cui il soggetto privato fornisce direttamente servizi alla pubblica amministrazione. Sono tutte quelle opere pubbliche – carceri, ospedali, scuole – perle quali il soggetto privato che le realizza e gestisce trae la propria remunerazione esclusivamente (o principalmente) da pagamenti effettuati dalla Pubblica Amministrazione.
Come cennato in precedenza, il Libro Verde adottato dalla Commissione Europea effettua una distinzione tra due forme di partenariato pubblico-privato: PPP strettamente “contrattuale” e PPP “istituzionalizzato”.
La differenza risiede nel fatto che la prima tipologia di partenariato si fondi sostanzialmente su convenzioni stipulate tra partner pubblico e partner privato; viceversa, il secondo modello di partenariato si caratterizza per la creazione di un organismo terzo, distinto dalle due parti.
Entrambe le tipologie di PPP presumono che la gestione dell’opera o del servizio pubblico avvenga in cooperazione tra pubblico e privato permettendo, in fatto, di differenziarle dalle esternalizzazioni.
Il diritto europeo non prevede un regime giuridico appositamente costituito per il fenomeno dei PPP. Tuttavia, ad esso sono applicabili i principi previsti da TFUE e, in particolare, il principio della libera concorrenza, i principi sulla libertà di stabilimento e sulla libera prestazione di servizi ed, inoltre, i principi di trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità e mutuo riconoscimento. Principi, questi ultimi, che devono orientare l’operatore pubblico nella scelta del partner privato.
Da tanto ne consegue che ai partenariati pubblico-privato si applichino i principi comunitari in materi di appalti pubblici. Il contratto di partenariato pubblico-privato trova cittadinanza all’interno del sistema ordinamentale italiano, invece, nell’art. 3, comma 15 ter, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici).
Le norme successive contengono un’elencazione delle forme di PPP esistenti. Ciononostante, le norme contenute nel T.U. degli appalti regolamentano essenzialmente le sole forme di partenariato di tipo contrattuale. Il partenariato di tipo “istituzionalizzato” è, invece, disciplinato indirettamente per il tramite dell’articolo 32 del d.lgs. 163/2006 che al comma 3 esclude espressamente l’applicabilità delle norme del Codice alle società pubbliche “(…) limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le seguenti condizioni: 1) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica; 2) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal presente codice in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita; 3) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo (…)”. In sostanza, la norma si riferisce alle società miste costituite nel rispetto delle norme comunitarie di cui si dirà meglio infra. Parimenti, le norme del d.lgs. n. 163/2006 trovano applicazione nei confronti delle società strumentali, vale a dire quelle chiamate a gestire servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, per effetto dell’articolo 32, comma 1, lett. c).
Aspetto, quest’ultimo, che trova il suo naturale complemento nell’articolo 30, comma 5, del d.lgs. 163/2006 a tenore del quale “(…) Restano ferme, purché conformi ai principi dell'ordinamento comunitario le discipline specifiche che prevedono, in luogo delle concessione di servizi a terzi, l'affidamento di servizi a soggetti che sono a loro volta amministrazioni aggiudicatrici (…)”.
Le tipologie di partenariato espressamente regolamentate dal diritto interno si specificano nelle concessioni di lavori e servizi, nel project financing, nelle società miste e, se ricorrono determinate condizioni, nell’affidamento al general contractor. Con l’art. 44 d.l. n. 1 del 2012 è stato introdotto tra i contratti di partenariato anche il c.d. “contratto di disponibilità”. Quest’ultimo, in particolare, costituisce un contratto a prestazioni corrispettive nel quale la finalità pubblica è perseguita attraverso un’opera che resta di proprietà privata. Nello specifico, l’art. 160 ter d.lgs. 163/2006, rubricato “contratto di disponibilità”, evidenzia al comma 2 che l’affidatario - ovvero il privato - assume il rischio della costruzione e della gestione dell’opera.
L’art. 3, comma 15ter, contempla, inoltre, anche la disciplina della “locazione finanziaria”. L’enucleazione di tale forma contrattuale appare, secondo parte della dottrina6, alquanto discutibile atteso che tra le forme di partenariato andrebbe, al massimo, inserito il solo leasing operativo. Di diverso avviso, invece, sembra essere l’AVCP7 che, con determinazione 22 maggio 2013 n. 48, inquadra la locazione finanziaria come forma di partenariato pubblico-privato.
3. IL PPP DI TIPO “CONTRATTUALE”
Nell’affrontare più dettagliatamente il tema del partenariato di tipo “contrattuale”, pare opportuno segnalare che la Commissione Europea ne aveva individuate due forme. Infatti, esso assorbe, da un lato, il c.d. modello concessorio e, da un altro , la Private Finance Iniziative (PFI).9
Il modello di tipo concessorio risulta caratterizzato da un legame diretto tra il privato e l’utente finale del servizio, fermo restando la presenza del controllo pubblico. In altre parole, il partner
6Cfr. X. Xxxxxxx, Il partenariato pubblico-privato con particolare riguardo al project financing e al contratto di disponibilità in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx
7 L’AVCP è stata recentemente soppressa dall’articolo 19 del d.l. n. 90/2014.
8 Per una lettura integrale del testo della determinazione dell’AVCP n. 4/2013 si rinvia al sito xxx.xxxx.xx
9Agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso la Gran Bretagna ha adottato un modello di PFI il quale si prefiggeva di affidare al privato, attraverso un unico contratto, tutte le seguenti fasi: progettazione, finanziamento, costruzione gestione e manutenzione dell’opera.
privato riscuote i propri compensi per l’attività svolta direttamente dagli utenti del servizio pubblico.
Quest’ultimo elemento costituisce il dato differenziale rispetto alla PFI. Infatti, con la Private Finance Iniziative è il partner pubblico a corrispondere il compenso - di regola attraverso pagamenti periodici - al privato. Sul privato grava, invece, il rischio di realizzazione e di gestione dell’opera pubblica. Tale particolare forma di partnership contrattuale viene per lo più adottata nella realizzazione di opere c.d. “fredde o tiepide” (ad. es. scuole ed ospedali).
In ambito comunitario il concetto di concessione di opere pubbliche appare notevolmente più circoscritto poiché la Direttiva 2004/18/CE10 si riferisce unicamente alla concessione di lavori pubblici e non a quella di pubblica utilità.
L’elemento caratterizzante la concessione è indubbiamente dato dalla circostanza per la quale l’attività di gestione dell’opera d’interesse generale viene “ammortizzata” attraverso le somme corrisposte dagli utenti per la fruizione dell’opera stessa. Così facendo, il rischio di gestione ricade interamente sul privato.
Delineata la cornice europea del partenariato comunitario, occorre, brevemente, tracciare le linee essenziali dell’istituto per come regolamentato dall’ordinamento giuridico italiano. Come in precedenza già rilevato, l’art. 3, comma 15ter, del d.lgs. n. 163/2006 include tra le forme di partenariato “contrattuale” la concessione di lavori e di servizi, il project financing, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità e l’affidamento al general contractor in presenza di specifici presupposti.
Le ipotesi più diffuse di partenariato contrattuale, indubbiamente, sono costituite dalla concessione e dal project financing di cui si dirà meglio infra. Vale la pena, tuttavia, ricordare brevemente in questa sede alcune caratteristiche dell’affidamento di lavori pubblici al cosiddetto “contraente generale”.
L’istituto dell’affidamento al “contraente generale” è disciplinato dall’art. 176 del Codice dei contratti pubblici. Esso, per effetto del combinato disposto con l’art. 3 comma 15ter, è ricompreso tra le forme di PPP “ove il corrispettivo per la realizzazione dell’opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell’opera per il committente o per utenti terzi”. In caso
10 La Direttiva n. 2004/18/Ue è stata abrogata dalla Direttiva n. 2014/24/Ue che unitamente alle Direttive n. 2014/23/Ue e 2014/25/Ue dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 18 aprile 2016.
contrario, infatti, il rischio continuerebbe a gravare sulla P.A. e non potrebbe includersi tra le forme di PPP.
In particolare, nell’ordinamento giuridico italiano l’ambito operativo della figura, di origini anglosassoni, del general contractor ricomprende le attività destinate alla realizzazione di infrastrutture strategiche e di insediamenti produttivi. A mente degli articoli 173 e 176 del d.lgs. n. 163/2006, l’ente aggiudicatore ha la facoltà di affidare la realizzazione delle suddette opere ad un soggetto dotato di competenze specifiche maturate nei citati ambiti materiali, sia tecnico- professionali che organizzative e finanziarie.
Il contraente generale, infatti, assume una molteplicità di obbligazioni tra cui quella di progettare, di realizzare l’infrastruttura e di attivarsi nell’esecuzione di tutte le attività ad essa connesse in cambio del corrispettivo pagato dal soggetto aggiudicatore in tutto o in parte al termine di ultimazione dei lavori.
Si tratta, pertanto, di un soggetto dotato di forti capacità manageriali che, ciononostante, è privato dell’attività di gestione dell’opera che viene affidata a terzi eventualmente da lui stesso selezionati. Sotto questo aspetto è evidente la differenza rispetto all’istituto della concessione.
Le prestazioni cui il general contractor è obbligato sono analiticamente elencate dal comma 2 dell’art. 176. Esse sono riconducibili:
a) allo sviluppo del progetto definitivo e alle attività tecnico amministrative occorrenti al soggetto aggiudicatore per pervenire all’approvazione dello stesso da parte del CIPE, ove detto progetto non sia stato posto a base di gara
b) all’acquisizione delle aree di sedime; la delega di cui all’articolo 6, comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001 n. 327, in assenza di un concessionario, può essere accordata al contraente generale;
c) alla progettazione esecutiva;
d) all’esecuzione con qualsiasi mezzo dei lavori e alla loro direzione;
e) al prefinanziamento, in tutto o in parte, dell’opera da realizzare;
f) ove richiesto, all’individuazione delle modalità gestionali dell’opera e di selezione dei soggetti gestori;
g) all’indicazione, al soggetto aggiudicatore, del piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiale e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità, secondo le forme stabilite tra quest’ultimo e gli organi competenti in materia”.
La griglia normativa richiamata mostra abbastanza nitidamente che sul contraente generale grava l’onere di anticipazione del finanziamento, in tutto o in parte, dell’opera da realizzare. Infatti, il bando deve predeterminare il valore della quota dell’opera realizzata dal contraente generale con anticipazione di risorse proprie nonché i tempi e i modi di pagamento del prezzo (art. 176 comma 12). L’oggetto del contratto, in altre parole, si sostanzia in un’obbligazione di risultato con annesso onere di prefinanziamento dell’opera.
Ulteriore aspetto che in questa sede merita essere ricordato è la facoltà riconosciuta al general contractor di provvedere alla realizzazione dei lavori, alternativamente, id est o in via diretta o attraverso sub-affidamento totale a soggetti terzi che dovranno, di conseguenza, possedere gli stessi requisiti di qualificazione richiesti per il contraente generale. In tal caso, trova applicazione l’articolo 118 “(…) fermo restando che in sede di offerte egli ha il compito di individuare le imprese esecutrici in una quota non inferiore al 30% dei lavori da eseguire mediante sub- affidamento (…).”
L’aggiudicazione avviene secondo le regole dell’evidenza pubblica e, nello specifico, mediante procedura ristretta, come previsto dall’articolo 177. Salvo quanto disposto dal Capo IV, i rapporti tra contraente generale e soggetti terzi sono rapporti di diritto privato, disciplinati, pertanto, dal codice civile.
È evidente che, l’utilizzazione dell’istituto de quo potrebbe garantire alla P.A., al termine di ultimazione dei lavori, l’ottenimento di un’opera completa e “pronta all’uso”.
Ovviamente, l’affidamento a contraente generale è unitario e avviene secondo le regole dell’evidenza pubblica .
3.1. IL PROJECT FINANCING
Il project financing integra una tecnica di finanziamento caratterizzata dall’apporto contributivo privato.
Tecnica molto diffusa nei Paesi anglosassoni, si è sviluppata intorno agli anni ’20 del secolo scorso nel Nord America laddove le banche assumevano il rischio finanziario riguardante progetti per la realizzazione di infrastrutture petrolifere. Essa è espressione del PPP di tipo “contrattuale” e costituisce una sorta di completamento della concessione di opere pubbliche. La disciplina è correntemente prevista dagli artt. 153 ss. d.lgs. 163/2006.
L’adozione di tale tecnica di finanziamento è indissolubilmente legata alla natura dell’opera che si vuole finanziare; generalmente, si tratta di opere pubbliche che hanno la capacità di autofinanziarsi e, pertanto, risultano in qualche modo “appetibili” per i finanziatori privati i quali, per questo motivo, prima di concedere il finanziamento, analizzano il progetto da realizzare.
La logica d’impresa che spinge il privato consiste nel poter trarre dalla gestione dell’opera un profitto calibrato sui rischi sostenuti: ecco perché è necessario che l’opera di interesse pubblico o di pubblica utilità sia in grado di generare flussi di cassa.
In primo luogo, l’impiego di un siffatto strumento finanziario permette di garantire la realizzazione di opere di particolare interesse pubblico, riducendo l’aggravio dei costi sul bilancio pubblico e facendo assumere il rischio finanziario ai soggetti privati. In secondo luogo, il privato è maggiormente favorito poiché un eventuale fallimento del progetto non è potrà mai ricadere completamente sul proprio bilancio.
Com’è ovvio, la fase gestionale riveste una spiccata centralità giacché solo una gestione efficiente ed efficace permetterebbe di creare flussi di cassa idonei a compensare il capitale di rischio impiegato.
Un’operazione di project financing può essere suddivisa in tre fasi:
• Progettazione e costruzione (in questa fase le risorse finanziarie vengono garantite dagli istituti finanziatori a favore del progetto);
• Start-up (si verifica se il progetto è idoneo a generare flussi di cassa attraverso la sottoposizione a test di verifica);
• Gestione operativa (il progetto comincia a generare flussi di cassa).11
È evidente che la finanziabilità dell’operazione ovvero il carattere self-liquidating del progetto costituiscono fattore imprescindibile per l’operazione stessa e, per tali circostanze, giova preliminarmente accertarne in concreto la redditività. È consentita, così, da un lato, la copertura dei costi sostenuti per la realizzazione e, dall’altro, il rimborso del capitale di rischio investito. Ecco perché nell’implementazione del progetto assume un ruolo preponderante la predisposizione del piano economico-finanziario. Inoltre, la capacità della società di progetto di emettere obbligazioni (project bond) permette di moltiplicare le fonti di finanziamento: la società ottiene in tale maniera immediatamente liquidità e un maggiore coinvolgimento del mercato dei finanziatori privati.
11L’istituto, di origine anglosassone, è stato introdotto per la prima volta con la legge delega 21 dicembre 2001 n. 443 (c.d. Legge Obiettivo) e con il successivo decreto attuativo del 20 agosto 2002 n. 190. La disciplina è stata, poi, trasfusa nell’art. 176 d.lgs. 163/2006.
Le opere che possono essere oggetto di project financing possono essere così distinte:
• Opere calde. Si tratta di quelle infrastrutture pubbliche che hanno un’elevata capacità di generare ricavi così da coprire i costi sostenuti per la realizzazione del progetto;
• Opere tiepide. Rientrano in questa categoria le opere pubbliche che producono un quantitativo di flussi di cassa inidoneo a compensare l’intero investimento e richiedono una percentuale di contribuzione pubblica;
• Opere fredde. Vi appartengono quelle opere che possono essere utilizzate direttamente dalla pubblica amministrazione che in cambio remunera il privato.
In dottrina è molto discussa la natura giuridica del project financing12. L’orientamento maggioritario13ritiene sussistere al riguardo la fattispecie del collegamento negoziale piuttosto che considerare l’intera procedura come un contratto tipico; in realtà, in essa si sommano profili progettuali e contrattuali nel senso che vengono a crearsi vari rapporti contrattuali attorno all’operazione di finanziamento.
La struttura tipica utilizzata in Italia di project financing è quella dei BOT (build, operate and transfert): la società di progetto costruisce e gestisce l’infrastruttura fino al recupero completo dell’investimento iniziale dopo di ché trasferisce l’opera all’amministrazione aggiudicatrice.
Dagli artt. 152, comma 3, e 156, comma 1, è possibile derivare la particolare flessibilità del project financing che può essere utilizzato sia per finanziare opere che servizi pubblici14.
La ratio dell’istituto è quella non di finanziare il settore privato per la realizzazione di opere d’interesse pubblico o di pubblica utilità bensì quella di sostenere finanziariamente un progetto che ha se stesso la capacità di recuperare l’investimento effettuato.
Nonostante gli indubbi effetti benefici dell’istituto in parola sulle casse pubbliche, si registrano, a tutt’oggi, diffuse difficoltà che ne impediscono il definitivo decollo. Nel dettaglio, ciò che impedisce un ampio utilizzo di tale meccanismo di finanziamento sono, da un lato, la complessità del procedimento di aggiudicazione e di allocazione dei rischi e, dall’altro, gli elevati costi associati a competenze non sempre adeguate nell’ambito della P.A.
12Per una esaustiva analisi cfr. X. XXXXXXXX, Il project financing e le opere pubbliche in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
13 X. XXXXXXX, Il project finance e il collegamento contrattuale, inContr. Impr., 1996; contra C. PAGLIETTI, Profili civilistici del project financing, in Nuova giur. civ. comm., 2003.
14Cfr. art. 278 d.p.r. 207/2010 (c.d. regolamento di esecuzione contratti pubblici).
3.2. LA NORMATIVA VIGENTE: CENNI
L’art. 3, comma 15ter, del Codice degli appalti pubblici inserisce tra le forme di PPP “l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto”.
La primigenia codificazione della materia risale alla legge quadro n. 109/1994, meglio conosciuta come “legge Merloni”, poi novellata per effetto della legge n. 215/1995 (c.d. Merloni-bis). Tuttavia, sarà la legge n. 415 del 1998 (la legge cd. “Merloni-ter”) a collocare la finanza di progetto all’interno della legge quadro n. 109/1994 attraverso l’inserimento degli articoli dal 37bis al 37nonies. In seguito, la materia sarà ancora novellata dalla legge n. 166/2002 (c.d. Xxxxxxx- xxxxxx)15che riconoscerà al promotore il diritto di prelazione. Tale diritto, però, verrà successivamente espunto dal nostro ordinamento con per effetto del d.lgs. n. 113/2007, in quanto contrastante con i principi comunitari tutt’oggi previsti dal TFUE ed attinenti alla libera concorrenza, alla parità di trattamento e al divieto di discriminazioni16. La ratio dell’espunzione risiede nel fatto che il diritto di prelazione farebbe assumere al promotore un’indebita posizione di vantaggio rispetto agli altri concorrenti.
Certamente più significativa e profonda sono state le novità apportate alla disciplina del project financing dal d.lgs. n. 152/2008 che non solo ha abrogato gli artt. 154 e 155 ma ha anche riscritto completamente l’art. 153 d.lgs. 163/2006 inserendo ben tre opzioni procedimentali.
La previgente disciplina prevedeva un unico procedimento ad iniziativa di parte distinto in tre fasi.17 Nello specifico, in un primo momento, era selezionata la migliore proposta; poi si procedeva al raffronto tra l’offerta e i due competitors; infine, veniva avviata la procedura negoziata.
In sostanza, la fase di presentazione e valutazione comparativa delle proposte ed il momento dell’evidenza pubblica erano palesemente distinte.
L’odierna disciplina, invece, si compone di tre modelli procedimentali.
Il primo è quello è interamente costruito sulla gara unica (gara monofase) che, ai sensi del comma 1 dell’art. 153, riguarda lavori pubblici o lavori di pubblica utilità inseriti nella programmazione
15 La legge comunitaria 2004, come rimedio alla procedura d’infrazione sfociata poi in una assoluzione per l’Italia, ha modificato l’art. 37bis l. 109/1994 prevedendo un’adeguata pubblicità per quanto concerne il diritto di prelazione del promotore.
16 Cfr. X. Xxxxx. Ce, sez.II, 21 febbraio 2008, in C-412-04 Commissione Ce c. Repubblica Italiana.
17Prescrizione contenuta nell’art. 37bis legge 109/1994 c.d. legge quadro in materia di lavori pubblici.
triennale e nell’elenco annuale di cui all’art. 128 del Codice degli appalti, nonché negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice in base alla normativa vigente. L’opera viene affidata per il tramite di una concessione e tutta la progettazione costituisce onere in capo al concessionario18. Pare opportuno segnalare che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1 del 15 aprile 2010, ha sostenuto l’autonomia tra la fase d’individuazione del promotore e quella successiva di gara per l’affidamento della concessione.
Siffatto modulo procedimentale prevede un bando per ogni singola opera pubblica senza prelazione e - in seguito al d.l. 22 giugno 2012 n. 83 - l’indizione della gara sulla base di uno studio di fattibilità predisposto dall’Amministrazione e l’impiego del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. A base della gara, pertanto, viene posto lo studio di fattibilità e non il progetto preliminare diversamente da come accade per l’affidamento della concessione di opere pubbliche. Lo studio di fattibilità può essere predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice oppure adottato ai sensi del comma 19.
In questa procedura a gara unica il bando richiede ulteriori requisiti rispetto a quello previsto per la concessione di lavori pubblici.
Il comma 3 dell’art. 153 specifica che l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere al promoter di apportare modifiche al progetto e, solo in seguito ad accettazione ed eventuale adeguamento del PEF, la concessione viene aggiudicata. Inoltre, se le modifiche proposte non sono accolte, la P.A. si rivolge ai successivi partecipanti in graduatoria. La concessione è affidata con l’approvazione del progetto preliminare. Il bando di gara deve anche contenere il disciplinare di gara ex comma 7.
Il comma 8 dell’art. 153 circoscrive la partecipazione alla procedura a coloro che, oltre ai requisiti generali dell’art. 38, possiedono anche i requisiti previsti dal regolamento del concessionario anche associando o consorziando altri soggetti. Le offerte contengono un progetto preliminare, una bozza di convenzione, il PEF, e l’asseverazione di un istituto di credito, di una società di servizi o di una società di revisione.
Il secondo modello viene, invece, previsto dal comma 15. Tale modello prevede il bando con diritto di prelazione (reintrodotto rispetto al precedente decreto correttivo) e la doppia gara (gara bifasica). Al termine della procedura di gara, il promotore non ottiene automaticamente l’aggiudicazione ma solamente il diritto di prelazione qualora egli decida di adeguare la propria offerta a quella
18 Ad. Plen. 28 gen. 2012 n. 1 ha specificato che l’atto di scelta del promotore (con il quale quest’ultimo assume una vera ed effettiva posizione di vantaggio) è immediatamente ed autonomamente lesivo, e, pertanto, immediatamente impugnabile da parte degli interessati.
economicamente più vantaggiosa. In questo caso, l’affidamento della concessione è integralmente in capo al privato.
Rispetto al primo modulo procedurale la gara appare alquanto libera da formalità.19
Ebbene, tale modello prevede la previa pubblicazione del progetto preliminare; poi una nuova gara fondata sul progetto preliminare approvato e le offerte del promotore valutate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Se vi sono diverse offerte economicamente più vantaggiose rispetto al promotore, questi ha quarantacinque giorni di tempo per adeguare la propria offerta a quella del miglior offerente e, così facendo, si aggiudica il contratto con obbligo a suo carico di rimborso delle spese di partecipazione alla gara al miglior offerente. In caso contrario, il miglior offerente diventerà aggiudicatario con rimborso delle spese al promotore.
Infine, il terzo modello è previsto dal comma 16 dell’art. 153. È il modello ad iniziativa privata che trova applicazione nel caso di inerzia serbata dalla Pubblica Amministrazione. In altri termini, se la
P.A. non procede alla pubblicazione di bandi di gara, l’iniziativa viene assunta dai privati. Sono i privati a presentare le proposte entro e non oltre quattro mesi qualora la P.A., pur essendo tenuta a pubblicare i bandi entro sei mesi dall’approvazione dell’elenco annuale di cui al comma 1, non lo abbia fatto.
Entro sessanta giorni dalla scadenza del suddetto termine, la P.A. aggiudicatrice pubblica un avviso contenente i criteri di valutazione delle proposte. Entro novanta giorni da detta pubblicazione possono essere presentate proposte nuove o rielaborate. In seguito, le proposte sono esaminate entro sei mesi dal termine precedente.
Se la P.A. ritiene che le proposte siano di pubblico interesse, successivamente si addiviene ad una doppia gara; viceversa, se sono necessarie modifiche al progetto preliminare la P.A. procede al dialogo competitivo20.
A ben vedere, appare netta la differenza tra le procedure ad iniziativa della P.A. e quelle ad iniziativa privata. Infatti, secondo quanto previsto dal comma 16, la valutazione delle proposte compiuta dall’amministrazione ha ad oggetto il pubblico interesse; per converso, negli altri due
19 Cons. St., sez. V, n. 3319 del 28 maggio 2009.
20 Qualora i presupposti per procedere al dialogo competitivo non siano esistenti, la dottrina considera come non presentata alcuna proposta di pubblico interesse e, pertanto, sostiene l’interrompersi della procedura. Sul punto v. X. XXXXX, Appalti Pubblici, Milano,Xxxxxxx editore, 2013 p. 70-71.
schemi procedurali il “pubblico interesse” viene definito a priori dalla amministrazione aggiudicatrice ed è su quello che i privati devono calibrare la propria iniziativa.
È appena il caso di sottolineare che il d.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito nella legge n. 106/2011, ha novellato il comma 19 prevedendo una sorta di quarto modello che si caratterizza nella sua dinamica procedimentale per la forte somiglianza al modello vigente prima della novella del 2008. Più nel dettaglio, una approvato il progetto preliminare, esso viene posto a base di gara per l’affidamento della concessione. Al proponente, denominato “promotore”, viene riconosciuto il diritto di prelazione.
L’adozione di quest’ultimo modello risponde alle critiche mosse in passato da certa dottrina21 che aveva sostenuto che il vincolo di programmazione triennale avrebbe avuto non solo la finalità di evitare la realizzazione di opere superflue per il soddisfacimento dell’interesse pubblico ma anche avrebbe finito per costituire un vincolo allo stesso utilizzo del project financing.
Di particolare importanza, poi, è l’art. 156 del d.lgs. n. 163/2006 che disciplina la società di progetto (SPV cioè Special Purpose Vehicle) il cui scopo è quello di raccogliere il finanziamento e destinarlo alla realizzazione dell’opera. Aspetto di non poco momento è che la SVP surrogherà l’aggiudicatario dell’appalto nel rapporto di concessione divenendo parte a titolo originario. In questo modo, è possibile separare i flussi di cassa ottenuti dalla gestione del progetto dagli altri ricavi di diverse attività principali dei promotori, garantendo quella separazione patrimoniale e giuridica tra il progetto (per mezzo della società di progetto) e i promotori richiesta dal Legislatore.
L’art. 157 del Codice degli appalti pubblici si occupa, invece, delle obbligazioni emesse dalla società di progetto. Si tratta di obbligazioni nominative o al portatore emesse anche in deroga ai limiti di cui agli articoli 2412 e 2483 c.c.22, purché destinati alla sottoscrizione ad opera di investitori qualificati ( c.d. project bond).
21F. GRECO., La natura giuridica delle procedure di project financing dopo il terzo decreto correttivo al codice degli appaltiin xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXX, in AA.VV., La disciplina dei contratti pubblici, a cura di X. Xxxxx x X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000.
22L’art. 2412 c.c., rubricato Limiti all’emissione, stabilisce: “(…) La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite.
Il limite di cui al primo comma può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali.
Gli articoli 158 e 159, invece, riguardano gli aspetti patologici della vicenda negoziale. Entrambi investono l’aspetto risolutivo ma, mentre l’articolo 158 ha una portata generale, l’articolo 159 concerne l’ipotesi di risoluzione del rapporto concessorio per inadempimento del concessionario.
La necessità di garantire una maggiore accessibilità al mercato dei capitali attraverso un più fruibile utilizzo di project bonds ha reso indispensabili alcune modifiche alla griglia normativa di riferimento. In particolare, l’art. 13 del d.l. n. 133 del 12 settembre 2014,23 recante “Misure urgenti
Non è soggetta al limite di cui al primo comma, e non rientra nel calcolo al fine del medesimo, l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi.
Al computo del limite di cui al primo comma concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere.
I commi primo e secondo non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.
Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale, la società può essere autorizzata con provvedimento dell'autorità governativa, ad emettere obbligazioni per somma superiore a quanto previsto nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti, delle modalità e delle cautele stabilite nel provvedimento stesso.
Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività (…).” Inoltre, l’art. 2483 c.c., rubricato Emissione di titoli di debito prevede che“(…) Se l'atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di debito. In tal caso l'atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione.
I titoli emessi ai sensi del precedente comma possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione dei titoli di debito, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.
La decisione di emissione dei titoli prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso ed è iscritta a cura degli amministratori presso il registro delle imprese. Può altresì prevedere che, previo consenso della maggioranza dei possessori dei titoli, la società possa modificare tali condizioni e modalità.
Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività (…)”. 23L’art. 13 d. l. n. 133 del 12 settembre 2014, in G.U. n. 212 del 12 settembre 2014, rubricato “Misure a favore dei project bond”, così dispone: 1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 157: 1) al comma 1, le parole "del regolamento di attuazione" sono sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 100"; dopo le parole: "decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58" sono inserite le seguenti: "fermo restando che sono da intendersi inclusi in ogni caso tra i suddetti investitori qualificati altresi' le società ed altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile"; le parole: "sono nominativi" sono sostituite dalle seguenti: "possono essere dematerializzati"; le parole "non si applicano gli articoli 2413 e da 2414-bis a 2420 del codice civile" sono sostituite dalle seguenti: "non si applicano gli articoli 2413, 2414- bis, commi 1 e 2, e da 2415 a 2420 del codice civile"; 2) al comma 2, le parole: "I titoli e la relativa documentazione di offerta devono" sono sostituite dalle seguenti: "La documentazione di offerta deve"; 3) al comma 3, dopo le parole: "avvio della gestione dell'infrastruttura da parte del concessionario" sono inserite le seguenti: "ovvero fino alla scadenza delle obbligazioni e dei titoli medesimi";4) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: "4-bis Le garanzie, reali e personali e di qualunque altra natura incluse le cessioni di credito a scopo di garanzia che assistono le obbligazioni e i titoli di debito possono essere costituite in favore dei sottoscrittori o anche di un loro rappresentante che sarà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime. 4-ter Le disposizioni di cui al presente articolo non pregiudicano quanto previsto all'articolo 176, comma 12, del presente decreto in relazione alla facoltà del contraente generale di emettere obbligazioni secondo quanto ivi stabilito"; b) all'articolo 159: 1) al comma 1 dopo le parole: "gli enti finanziatori" sono inserite le seguenti: "ivi inclusi i titolari di obbligazioni e titoli similari emessi dal concessionario" 2) al comma 2-bis le parole: "di
per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive,” ha inciso alcune parti dell’art. 157 del d.lgs. n. 163/2006 inserendo due nuovi commi: il 4bis ed il 4ter. Inoltre, la novella del 2014 ha modificato gli articoli 159, commi 1 e 2bis, 160 comma 1, 160ter, comma 6 secondo periodo, l’art. 2414bis del codice civile ed, infine, alcune modifiche hanno riguardato anche il d.l. 83/2012, convertito nella legge del 7 agosto 2012, n. 134.
Le novità legislative emerse dal decreto legge c.d. “Sblocca Italia”, da un lato, appaiono orientate a favorire l’equiparazione tra la definizione d’investitore qualificato e quella prevista dalla normativa fiscale, mercé le modifiche apportate al c.d. decreto sviluppo 83/2012, estendendo la suddetta qualifica anche a società o a soggetti giuridici controllati dagli stessi investitori qualificati. In questo senso va interpretato l’inciso introdotto al comma 1 dell’art. 157 che, appunto, stabilisce “che sono da intendersi inclusi in ogni caso tra i suddetti investitori qualificati altresì le società ed altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile”; da un altro lato, gli aggiustamenti legislativi introdotti dal d.l. n. 133/2014 puntano ad ampliare la fruibilità di siffatti titoli obbligazionari nel mercato dei capitali attraverso l’eliminazione dei project bonds aventi forma nominativa obbligatoria.24
Inoltre, sempre nell’ottica di favorire gli investitori nel mercato dei capitali, vengono snellite le procedure di costituzione e di trasferimento delle garanzie prestate a favore degli obbligazionisti, come è possibile ed agevolmente ricavare dal nuovo comma 4bis dell’art. 157 il quale prevede che le garanzie “che assistono le obbligazioni o i titoli di debito possono essere costituite in favore dei
progetto costituite per" sono eliminate e sono sostituite con le parole "titolari di"; c) All'articolo 160, comma 1, dopo le parole: "che finanziano" sono inserite le seguenti: "o rifinanziano, a qualsiasi titolo, anche tramite la sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari,"; dopo le parole "beni mobili" sono inserite le seguenti: ", ivi inclusi i crediti,". d) All'articolo 160-ter, comma 6, al secondo periodo, dopo le parole "Il contratto individua, anche a salvaguardia degli enti finanziatori" sono inserite le seguenti: "e dei titolari di titoli emessi ai sensi dell'articolo 157 del presente decreto".
2. All'articolo 2414-bis del codice civile e' aggiunto, in fine, il seguente comma: "Le garanzie, reali e personali e di qualunque altra natura e le cessioni di credito in garanzia, che assistono i titoli obbligazionari possono essere costituite in favore dei sottoscrittori delle obbligazioni o anche di un loro rappresentante che xxxx' legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime.". 3. All'articolo 1 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente: "3. Le garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle emissioni di obbligazioni e titoli di debito da parte delle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonche' le relative eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni, nonche' i trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito, sono soggetti alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa di cui rispettivamente al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 e al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.". b) il comma 4 e' abrogato.
24Cfr. Comunicato del Consiglio dei Ministri n. 27 del 29 agosto 2014 in xxx.xxxxxxx.xx
sottoscrittori o anche di un loro rappresentante che sarà legittimato a esercitare in nome e per conto dei sottoscrittori tutti i diritti, sostanziali e processuali, relativi alle garanzie medesime”. In tal modo, le predette garanzie vengono estese perfino ai crediti del concessionario e possono, pertanto, ricoprire qualsiasi forma di finanziamento. Infine, giova sottolineare che il novellato ultimo comma dell’art. 157 chiarisce, senza mezzi termini, che restano salve le disposizioni al riguardo applicate all’emissione di obbligazioni da parte del contraente generale.
Da ultimo, va ricordato che l’art. 19 del d.l. 69/2013, convertito nella l. 9 agosto 2013 n. 98, ha introdotto il comma 21bis all’art. 153 al fine di assicurare la “bancalità”. In questo modo viene garantita, quindi, anche per le operazioni in finanza di progetto il coinvolgimento degli istituti di credito. L’intervento legislativo risponde, inoltre, all’esigenza che connota lo stesso DNA proprio della disciplina del project financing. In altri termini, s’intende finanziare, attraverso l’ausilio degli istituti bancari, progetti bisognosi d’ingenti investimenti economici al fine di far fronte alle carenze di capitale sofferte dal bilancio pubblico.
L’importante ruolo ricoperto dagli istituti finanziari emerge, ulteriormente, dalla possibilità per gli stessi di impedire la risoluzione del rapporto concessorio designando una società che subentri nella concessione al posto del concessionario25.
Il rinvio operato dal comma 21bis dell’art. 153 all’articolo 144, commi 3bis 3ter e3quater, permette, in altre parole, di assicurare, anche nelle operazioni in finanza di progetto, il segnalato coinvolgimento degli istituti bancari nelle scelte concernenti la realizzazione delle opere pubbliche assicurando, così, concrete aspettative di finanziamento26.
0.0.XX CONCESSIONE DI LAVORI PUBBLICI
Altra ipotesi di partenariato pubblico privato contrattuale, certamente di maggiore diffusione, è la concessione. L’istituto in parola è stato da ultimo interessato da alcune modifiche legislative introdotte dal c.d. “Decreto del fare”, il d.l. n. 69/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013 n. 98.
25Cfr. art. 159 d.lgs. 163/2006.
26 ROMITELLI G., Appalti pubblici: cosa cambia dopo il decreto del fare; in Il Sole 24 Ore del 26 agosto 2013.
In generale, la normativa nazionale fa riferimento all’istituto della concessione all’interno del Codice dei contratti pubblici (il più volte citato d.lgs. 163/2006), fornendo una duplice definizione. Invero, l’art. 3, comma 11, nella formulazione derivata dalla l. n. 214/2011, stabilisce che la concessione di lavori pubblici consiste in un contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto, avente ad oggetto l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, con le stesse caratteristiche di un appalto di lavori pubblici ad eccezione del fatto che il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. In aggiunta, l’art. 3, comma 12, definisce la c.d. “ concessione di servizi” caratterizzandola e differenziandola rispetto all’appalto pubblico di servizi sulla base del corrispettivo che coincide, nel caso di specie, con il diritto di gestione del servizio così come specificato dal comma 2 dell’art. 30.
Il discrimen tra il contratto di concessione di lavori o di servizi e l’appalto di opere o servizi risiede proprio nelle modalità di versamento del corrispettivo e nella diversità dei soggetti tenuti a corrispondere lo stesso. Già il Libro Verde della Commissione europea si preoccupava di sottolinearne espressamente le diversità. In seguito, nell’ordinamento interno l’AVCP, oggi ANAC, con la determinazione n. 2 dell’11 marzo 2010, aveva evidenziato la differenzia tra concessione e appalto pubblico. La diversità, nella ricostruzione compiuta dall’AVCP, risiederebbe nella diversa ripartizione dei rischi; infatti, nel caso della concessione, graverebbe sul privato, oltre al rischio imprenditoriale, presente anche nel contratto di appalto, anche il rischio di gestione dell’opera o del servizio.27
Le norme che regolamentano la concessione di lavori pubblici sono quelle contenute negli artt. 142 seg. del d.lgs. 163/2006.
27 Nello specifico, Determinazione n. 2/2010 AVCP: “Caratteristica peculiare dell’istituto concessorio è l’assunzione da parte del concessionario del rischio connesso alla gestione dei servizi cui è strumentale l’intervento realizzato, in relazione alla tendenziale capacità dell’opera di autofinanziarsi, ossia di generare un flusso di cassa derivante dalla gestione che consenta di remunerare l’investimento effettuato.
Nella concessione di lavori pubblici l’imprenditore, di regola, progetta ed esegue l’opera ed attraverso la gestione e lo sfruttamento economico dell’opera stessa ottiene in cambio i proventi a titolo di corrispettivo per la costruzione, eventualmente accompagnato da un prezzo.”….. “In assenza di alea correlata alla gestione, non si configura la concessione bensì l’appalto, nel quale vi è unicamente il rischio imprenditoriale derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione rispetto al corrispettivo che si percepirà a seguito dell’esecuzione dell’opera. Nella concessione, al rischio proprio dell’appalto, si aggiunge il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l’opera realizzata e/o il c.d. rischio di disponibilità”.
Nello specifico, come cennato, l’impianto generale contenuto nelle norme innanzi segnalate, ha subito degli “aggiustamenti” per mano del c.d. “Decreto del fare”, convertito nella legge n. 98/2013, che hanno riguardato gli artt. 143 e 144 e che possono riassumersi, essenzialmente, negli aspetti di seguito elencati:
- le dichiarazioni del soggetto concedente;
- i presupposti per ottenere la revisione del piano economico-finanziario (PEF);
- la previsione di una consultazione preliminare con gli operatori economici;
- il coinvolgimento degli istituti finanziari già all’atto di avvio delle procedure di gara;
- la possibilità di prevedere clausole di risoluzione del contratto di concessione per mancato reperimento dei finanziamenti privati.
Tali novità sono state introdotte al fine di superare le difficoltà esistenti nella realizzazione dei PPP, causate soprattutto dall’incapacità di pervenire alla conclusione del finanziamento desiderato.
Viene, così, favorita la “bancalità” ed il closing finanziario.
Più in particolare, gli elementi fondanti della novella del 2013, riguardo l’articolo 143, possono così sintetizzarsi:
a) il comma 5 dell’art. 143 (concernente la cessione, a titolo di prezzo, al concessionario in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili) viene modificato per effetto di integrazioni: “all’atto della consegna dei lavori il soggetto concedente dichiara di disporre di tutte le autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta, permessi o altri atti di consenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente e che detti atti siano legittimi, validi ed efficaci”;
b) viene emendato il comma 8 del suddetto articolo ampliando le ipotesi di revisione del piano economico-finanziario e prevedendo la necessaria previa verifica dal parte del CIPE, sentito il NARS (Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità);
c) è stato inserito un nuovo comma 8bis il quale prevede che la convenzione definisce i presupposti e le condizioni del PEF e che le variazioni non imputabili al concessionario, determinanti una modifica del piano, ne comportano la revisione;
d) è stata prevista una ulteriore definizione di PEF legata ad indicatori di redditività, di capacità di rimborso del debito, nonché la procedura di verifica e la cadenza temporale degli adempimenti connessi.
L’articolo 144, invece, concerne le procedure di affidamento delle concessioni di lavori pubblici. L’affidamento può avvenire sia con procedura aperta sia ristretta purché il criterio utilizzato per la scelta dell’offerente sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il comma 3bis è stato integrato, per effetto del d.l. n. 69/2013 convertito con modifiche nella legge
n. 98/2013, mediante l’introduzione nella procedura ristretta di una consultazione preliminare con gli operatori economici. Ciò avviene al fine di verificare le criticità di progetto sotto il profilo della finanziabilità con possibilità di aggiornamento dei termini di presentazione delle offerte. Peraltro, le modifiche escludono dalla consultazione preliminare l’importo delle misure di defiscalizzazione cui all’art. 18 l.183/2011 (legge stabilità 2012) e all’art. 33 del d.l. 179/2012, nonché eventuali contributi pubblici.
Di particolare rilevanza è il comma 3ter a norma del quale il bando di gara può prevedere che l’offerta sia corredata dalla sottoscrizione della manifestazione d’interesse dell’istituto finanziatore a reperire finanziamenti per la realizzazione dell’opera, anche in considerazione dei contenuti dello schema di contratto e del piano economico-finanziario.
Viene, dunque, confermato il ruolo dell’istituto finanziatore in termini di “terzo soggetto” con cui la
P.A. è chiamata a dialogare.28
Il successivo comma 3quater prevede la possibilità da parte della P.A. di introdurre clausole di risoluzione in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento. Ciò sarebbe, inoltre, possibile anche in mancanza di sottoscrizione o del collocamento di obbligazioni di progetto di cui all’art. 157, entro un congruo termine, non superiore a ventiquattro mesi dalla data di approvazione del progetto definitivo.
Va precisato che il concessionario può comunque utilizzare ulteriori e diverse forme di contribuzione.
La risoluzione non comporta il rimborso delle spese sostenute da parte del concessionario.
Infine, nel caso di finanziamento parziale del progetto, e comunque per uno stralcio tecnicamente ed economicamente funzionale, il bando di gara può prevedere che il contratto di concessione rimanga valido limitatamente alla parte che regola la realizzazione o la gestione del medesimo stralcio funzionale.
28 In particolare si vedano gli artt. 143 comma 7 e 153 comma 9 d.lgs. 163/2006.
4. IL PPP “ISTITUZIONALIZZATO”
Il partenariato pubblico-privato “istituzionalizzato” è una forma di cooperazione che evolve verso la costituzione di un organismo distinto di natura terza. Tale operazione può avvenire mediante creazione ex novo di un ente dotato di personalità giuridica oppure per effetto del passaggio di un’impresa pubblica al privato, fermo restando il controllo pubblico sulla gestione e sulle decisioni strategiche.
In altri termini, il partenariato pubblico-privato genera, quale ipotesi principe, dei moduli societari a capitale misto, vale a dire in parte pubblico ed in parte privato. La scelta del partner privato avviene secondo le regole dell’evidenza pubblica fissate dalla disciplina comunitaria.
La comunicazione interpretativa della Commissione (C-2007/6661), a suo tempo, ha chiarito che a livello comunitario non esiste una normativa specifica sulla costituzione di un PPP istituzionalizzato che, dunque, viene regolato dai principi generali del diritto europeo in materia di appalti pubblici e concessioni. Il testo comunitario evocato, una volta affermata l’applicabilità dei principi comunitari previsti in materia di appalti, tra i quali trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità, evidenzia i momenti salienti della procedura costitutiva di un PPPI. Nello specifico, essa è teleologicamente orientata sia verso la costituzione di una nuova impresa, il cui capitale è detenuto congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, che verso la partecipazione del partner privato ad una preesistente impresa pubblica. Nondimeno importante è apparsa la possibilità che la procedura di aggiudicazione al partner privato avvenga mediante dialogo competitivo.
Ovviamente, nel caso in cui la selezione del socio privato non rientri nel perimetro di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici e concessioni, troveranno sempre e comunque applicazione i principi sanciti dai Trattati europei.
4.1. LA SOCIETA’ MISTA
La società mista integra un organismo unitario a partecipazione pubblica e privata utilizzato frequentemente come modello di gestione dei servizi pubblici locali. Esso, in particolare, viene soprattutto costituito per la gestione di servizi pubblici di rilevanza economica e per attività strumentali in luogo dell’affidamento in house ed in alternativa alle esternalizzazioni. Ciò non
esclude, come osservato in innumerevoli pronunce giurisprudenziali nazionali ed europee29, che tale figura organizzativa venga impiegata anche in ambiti estranei ai servizi pubblici locali ma comunque funzionali all’esercizio dell’azione amministrativa.
L’istituto della società mista è, dunque, collocabile all’interno del fenomeno del partenariato pubblico-privato. Nello specifico, l’art. 3, comma 15ter, del d.lgs. n. 163/2006 espressamente inserisce il meccanismo regolatorio della società mista tra i contratti de quibus.
Il paradigma normativo nazionale, prima dell’esito referendario dell’11 e 12 giugno 2011, conferiva un’importanza centrale all’articolo art. 113 comma 5 lett. b) del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (T.U.E.L.)30. Oggi, per effetto degli stravolgimenti legislativi intervenuti nell’ultimo triennio 2011- 2014, è possibile rinvenire un ulteriore significativo dato di diritto positivo nell’art. 1, comma 2, del Codice dei contratti pubblici che prevede espressamente che “(…) nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o la gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con le procedure dell’evidenzia pubblica (…)31.
L’inquadramento dell’istituto nelle forme di partenariato pubblico-privato di tipo “istituzionalizzato” è avvenuto a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2008 la quale ha riconosciuto l’applicabilità dei principi contenuti nei Trattati europei alle società miste32.
Tuttavia, all’epoca della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, la Corte di Giustizia non aveva ancora preso una chiara posizione sull’ammissibilità dell’affidamento diretto a società miste. Infatti, essa si era pronunciata, incidenter tantum, l’11 gennaio 2005 nella causa X-00/00, Xxxxx Xxxxx sostenendo
29Ex multis, Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza del 20 aprile 012, n. 2348; Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza del 16 marzo 2009, n. 1555; Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza dell’8 luglio 2008, n.4603; CGCE, sentenza del 15 ottobre 2009, C-196/2008.
30In esso è confluito l’art. 22 l. 142/1990.
31Il comma 5 dell’articolo 113 bis del d.lgs. 267/2000, così recitava: “5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: (…)b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; (…)”.Tale comma risulta abrogato per effetto del combinato disposto dell’art. 23bis d.l. 25 giugno 2008 n. 112 conv. L. 6 agosto 2008 n. 133 e dall’art. 12 d.p.r. 168/2010. L’art. 23bis d.l. 25 giugno 2008 n. 112 è stato abrogato con referendum abrogativo in seguito al d.p.r. 18/7/2011 n. 113. L’art. 4 d.l. 13.8.2011 n. 138 riprende gran parte del contenuto dell’art. 23 bis. La Corte Cost. 199/2012 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo tale articolo perché contrastante con il recedente referendum.
32 Sul tema si rinvia a X. XXXXX, “Società miste e affidamenti in house nella più recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale”; Xxxxxxx Editore (2009); pag. 61-64.
che deroghe ai principi comunitari (concorrenza e parità di trattamento tra le imprese) sarebbero state permesse solamente per il modello dell’in house providing.
Al riguardo, è opportuno evidenziare i diversi tentativi, sia della dottrina sia della giurisprudenza nazionale,33 tesi a rendere compatibile tale istituto con la normativa comunitaria e, in particolar modo, con il principio della concorrenza.
La questione, infine, è stata rimessa nel 2007 all’Adunanza Plenaria.34 Il giudice a quo, in quell’occasione, riepilogò i tre indirizzi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria del tempo. Un primo orientamento marcava l’inequivocabile distinzione tra affidamento diretto e affidamento mediante gara; un secondo indirizzo accreditava la tesi dell’affidamento diretto a società miste senza alcuna procedura di evidenza pubblica; infine, una terza posizione intermedia, riprendendo il parere del Consiglio di Stato, Sezione II, n. 456/2007, ammetteva il ricorso alla società mista solo nell’ipotesi in cui, senza costituire di per sé affidamento diretto, rappresentasse una modalità organizzativa con cui la P.A. avrebbe potuto controllare l’affidamento in parola al “socio operativo” della compagine societaria, motivando adeguatamente la scelta. Le società miste venivano, così, incluse nelle forme di partenariato “istituzionalizzato” e da ciò ne veniva fatta discendere la necessità di rispettare il principio comunitario della libera concorrenza.
L’Adunanza Plenaria, recepì quest’ultimo indirizzo di natura intermedia, peraltro in linea anche con la giurisprudenza della CGE, ed, inoltre, aggiunse che: “(…) allo stato e in mancanza di indicazioni precise da parte della normativa e della giurisprudenza comunitaria , non sia elaborabile una soluzione univoca o un modello definitivo. Si corre il rischio di dar luogo a interpretazioni preater legem, che potrebbero non trovare l’avallo della Corte di Giustizia (…)”35.
La Corte di Giustizia, con la sentenza Acoset Spa del 15 ottobre 2009, C-196/08, ha successivamente confermato l’orientamento del Consiglio di Stato espresso nel parere della Sezione II, n. 456/2007.
In particolare, i giudici lussemburghesi hanno osservato che l’affidamento diretto in genere è inammissibile con specifico riferimento alle società miste. L’elusione dei principi dell’evidenza
33In particolare, Cons. St., sez. V, 3672/2005 ha considerato la società mista come concessione esercitata sotto forma di società. Di contrario avviso la Sezione Siciliana del Consiglio di Stato (C.G.A. Sicilia 589/06 ) che riteneva sussistente la violazione delle regole della concorrenza. Cfr. X. XXXXX, “Società miste e affidamenti in house nella più recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale”; Xxxxxxx Editore (2009); op. cit.
34Cons. St., sez. V, 5587/2007.
35Per un approfondimento sul tema si rinvia a X. XXXXX, “Società miste e affidamenti in house”; Xxxxxxx Editore (2009); op. cit.
pubblica è possibile solo se l’affidamento è interno alla P.A. mentre è da escludersi nel caso in cui il servizio venga totalmente esternalizzato. Ciò che connota le società miste, dunque, è una sorta di esternalizzazione parziale nella quale l’affidamento si realizza all’atto di scelta del partner privato atteso che ne vengono determinati compiti, funzioni, durata e meccanismi di liquidazione della quota in caso di mancata nuova aggiudicazione all’esito della nuova gara indetta dopo la cessazione del rapporto.36
L’affidamento diretto di un servizio pubblico a società con capitale misto, pertanto, consegue direttamente alla scelta del partner privato, che deve avvenire sempre con gara, e che, pertanto, non sarà un mero “socio finanziario” ma un vero e proprio “socio operativo” o “industriale”.
In seguito, l’art. 4, comma 8, del d.l. n. 95 /2012, convertito con modifiche nella legge n. 135/2012, ha cristallizzato il divieto di affidamento diretto del servizio a beneficio delle società in house chiamate a gestire i SPL di rilevanza economica omettendo, tuttavia, qualsiasi riferimento alle società miste37 per la cui costituzione continuano ad applicarsi i principi comunitari dell’evidenza pubblica nella scelta del partner privato come, del resto, anticipato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 24/201138.
5. CONSIDERAZIONI FINALI
Gli argomenti affrontati svelano le potenzialità degli strumenti di cooperazione pubblico-privato trattati non solo nell’ambito della realizzazione di opere pubbliche ma anche in tema di erogazione di servizi per la collettività.
36 X. XXXXXXX, Nuovo sistema di diritto amministrativo Vol. II, Bari, Diritto e Scienza, pp.1061 ss.
37Testualmente, la disposizione statuisce: “A decorrere dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza naturale e comunque fino al 31 dicembre 2014” (La Corte costituzionale, con sentenza n. 229 del 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 8 nella parte in cui si applica alle Regioni ad autonomia ordinaria).
38 Infatti, scrivono i supremi Giudici: “(…) Nel caso in esame, all’abrogazione dell’art. 23-bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili ipotesi sia dalla giurisprudenza di questa Corte − sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997 –, sia da quella della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato); dall’altro, conseguirebbe l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica (…)”.
Al riguardo, è opportuno segnalare la presenza di recenti interventi legislativi che sembrano proiettati ad evidenziare la centralità assunta nel nostro ordinamento dall’istituto del partenariato pubblico-privato.
Nello specifico, va segnalata la Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessioni per la quale è fissato come termine di recepimento il 18 aprile 2016.
Da tale articolato normativo si desume l’importante ruolo che i PPP hanno assunto nel Public Procurement Network.
Il testo di legge in parola prevede, tra l’altro, l’unificazione della disciplina delle concessioni di lavori e di quella di servizi e la permanenza del rischio operativo in capo al concessionario privato nonché l’estensione delle disposizioni previste per gli appalti in tema di procedure di ricorso.
Il contesto legislativo italiano, a sua volta, si caratterizza per il tentativo organico del Governo contenuto nel documento denominato “Destinazione Italia”39, il cui obiettivo consiste nel coinvolgere gli investimenti esteri e nell’incrementare la competitività delle imprese italiane. In particolare, la “Misura n. 36”, al fine di favorire l’estensione dell’utilizzo dei PPP, prevede di coinvolgere i capitali privati nella realizzazione di opere complesse riguardanti settori strategici (ad es. autostrade, ferrovie); la “Misura n. 37”, inoltre, dichiara l’obiettivo di sviluppare i PPP nell’ambito delle piccole e medie infrastrutture al fine di superare i limiti della finanza pubblica attraverso la creazione di una disciplina speciale dei PPP al di fuori del Codice dei contratti pubblici.
Non meno importante risulta essere il Comunicato del Consiglio dei Ministri n. 27 del 29 agosto 2014 il cui scopo è quello di favorire l’aumento degli investimenti privati e il maggior utilizzo di project bond e dal quale emerge che il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge delega per il recepimento delle Direttive n. 2014/23/Ue, n. 2014/24/Ue e n. 2014/25/Ue che dovrebbero dare la stura ad un unico Codice dei Contratti e delle Concessioni Pubbliche.
In conclusione, il quadro legislativo appena delineato sembra valorizzare appieno l’utilizzo del partenariato pubblico-privato, favorendone la razionalizzazione delle forme e garantendone una sempre maggiore appetibilità.
39Si tratta di un documento programmatico varato dal Governo lo scorso 19 settembre 2013 che definisce un complesso di misure finalizzate a favorire in modo organico e strutturale l’attrazione degli investimenti esteri e a promuovere la competitività delle imprese italiane, che verranno introdotte progressivamente nell’ordinamento secondo una tempistica che costituirà l’agenda del Governo.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
A.A. V.V., Le società pubbliche in Enciclopedia del diritto, Milano, Xxxxxxx editore.
AVCP, Parere sulla Normativa del 20/3/2008-rif. AG6-08 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
AVCP, Determinazione n.2/2010 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
AVCP, Determinazione 22 maggio 2013 n. 4 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
XXXXXXX F., Nuovo sistema del diritto amministrativo Vol. II, Bari, Diritto e Scienza, 2013. CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, Milano, Xxxxxxx editore, 2013.
XXXXXXXXX A./XXXXXXXXXX X., L’appalto di opere pubbliche, Tomo 1, Xxxxxxx editore, 2012.
Comunicato del Consiglio dei Ministri n. 27 del 29 agosto 2014 in xxx.xxxxxxx.xx
DI XXXXXXXX X./XXXXXXX A., Gli appalti pubblici dopo le recenti novità e il decreto del “fare”, Maggioli Editore, 2013.
Finanza di Progetto 100 domande e risposte, Ed. 2009 in xxx.xxxx.xx
X. XXXXXXX, Il partenariato pubblico-privato con particolare riguardo al project financing e al contratto di disponibilità xxxxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx
X. XXXXX., La natura giuridica delle procedure di project financing dopo il terzo decreto correttivo al codice degli appaltiin xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx;
X. XXXXX, La finanza di progetto: fu vera gloria? Alcune riflessioni sul project financing alla luce delle recenti pronunce del Consiglio di Stato, V Sezione, 10 novembre 2005, n. 6287, del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 22 dicembre 2005, n. 974, e della l. 23 dicembre 2005, n 266 (Finanziaria 2006) in Rivista Trimestrale degli Appalti, Maggioli editore, 2006.
XXXXX X., Appalti pubblici, Disciplina, procedura e nuovi profili processuali, Milano, Xxxxxxx editore, 2013.
XXXXX G., Società miste e affidamenti in house. Nella più recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale, Milano, Xxxxxxx editore, 2009.
Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni Com(2004)327.
MASTRAGOSTINO F., La collaborazione pubblico-privato e l’ordinamento amministrativo,
Torino, Giappichelli editore, 2011.
MATTALIA M., Il project financing come strumento di partenariato pubblico privato in Foro Amm. CDS, fasc.6, 2010 pp. 1246 ss.
X. XXXX, in AA.VV., La disciplina dei contratti pubblici, a cura di X. Xxxxx e X. Xxxxx, Milano, 2007.
C. PAGLIETTI, Profili civilistici del project financing, in Nuova giur. civ. comm., 2003.
X. XXXXXXX, Il project finance e il collegamento contrattuale, inContr. Impr., 1996.
XXXXXX X., Finanza di progetto, Contributo pubblico, Controllo ed equità, relazione presentata in occasione del Forum PA nell’ambito del Convegno: Strumenti di finanza innovativa negli Enti locali, 8 maggio 2006, Roma in xxx.xxxx.xx.
RICCHI M./XXXXXXXXX L., PPP Finanza di progetto e diritto di prelazione, abstract.
ROMITELLI X., Appalti pubblici: cosa cambia dopo il decreto del fare; in Il Sole 24 Ore del 26 agosto 2013.
XXXXXXXXXX X./FACCINCANI L., Project finance nel partenariato pubblico-privato e valutazione del piano economico-finanziario in Riv. Dottori comm., fasc. 1, 2012, p. 127.
SAPORITO A., Il project financing e le opere pubbliche in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
SERCAMM, Project financing, 2011 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xxx.xx.
XXXXXX A., Partenariato pubblico-privato ed investimenti infrastrutturali in Concorrenza e Mercato, fasc.0, 2012, p. 891.