Contract
Si è conclusa l’Assemblea Organizzativa della FISAC CGIL Banca d’Italia con la conferma di Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx nel ruolo di Segretario Coordinatore. Ai lavori ha partecipato Xxxxx Xxxxx Xxxx – Segretario Nazionale FISAC CGIL.
Assemblea Organizzativa FISAC CGIL Banca d’Italia DOCUMENTO POLITICO IL FUTURO CHE VOGLIAMO
IL CONTESTO
Il contesto internazionale. – L’Assemblea organizzativa della FISAC CGIL Banca d’Italia si apre in un contesto di forte incertezza e preoccupazione, dovuto al rapido susseguirsi di eventi tragici negli ultimi anni e da una crescente instabilità internazionale, politica ed economica, in cui proliferano focolai bellici che investono pesantemente le relazioni internazionali, le politiche interne nazionali e, con esse, le condizioni di vita e di lavoro della popolazione, anche nel mondo occidentale, il cui ruolo di roccaforte dei diritti e della pace sembra sempre più destinato a essere messo in discussione. In questo contesto, mentre stentano ancora ad avviarsi concrete politiche volte a contrastare i cambiamenti climatici, ancora timide e tardive, gli effetti ormai ben visibili di questi ultimi lasciano prefigurare scenari drammatici, in cui le disuguaglianze sono destinate ed ampliarsi, i conflitti a inasprirsi e, di conseguenza i flussi migratori a intensificarsi: tutto questo richiede il ritorno a un ruolo forte della cooperazione a livello internazionale.
La CGIL condanna ogni forma di terrorismo e di violenza e si schiera, sempre e comunque, per la pace, ripudiando ogni forma di conflitto. I recenti eventi bellici che stanno interessando l’Ucraina e la Striscia di Gaza, così come ogni altro conflitto nel mondo, passato e presente, delineano come unica protagonista e vincitrice la violenza, che inevitabilmente si consuma, sempre, sulla popolazione civile, sui bambini, le donne e i fragili, con un unico effetto di devastazione e morte. Ogni guerra è un crimine, che nulla ha a che vedere con le cause ideologiche, religiose, economiche o politiche poste di volta in volta come suo pretesto, ma si aggiunge solo alla storia della violenza.
Per questo è indispensabile tornare a perseguire i propositi di pace nati dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con una governance mondiale delle relazioni internazionali, a partire dal rafforzamento del ruolo e delle funzioni dell’ONU, oggi sempre più svuotata e, troppo spesso, impantanata nelle logiche individuali dei singoli Stati membri, come dimostrato dalla vicenda del conflitto medio-orientale la cui unica prospettiva di soluzione, per la FISAC CGIL, è il rispetto delle Risoluzioni dell’ONU che prevedono la creazione di due Stati.
Il contesto nazionale. – La nostra Organizzazione è da tempo impegnata a contrastare, sia nel nostro paese sia a livello europeo, le politiche improntate unicamente sui tagli alla spesa pubblica, che lungi dal ridurre il debito hanno invece compresso il welfare pubblico, ampliando le disuguaglianze tra gli stati, le regioni, le persone, con una crescente marginalizzazione dei più fragili. La CGIL rivendica una nuova politica economica, fondata sulla leva redistributiva del fisco e sul rilancio degli investimenti e sulla centralità del tema del lavoro nell’agenda dei partiti.
Gli Esecutivi che da tempo si susseguono confermano nel tempo una linea di politica economica sbagliata e inadeguata, che continua a non dare risposte all’emergenza salariale di molti strati della popolazione, alla precarietà sempre più diffusa, all’emergenza in cui versa la sanità pubblica, mentre si persevera nei condoni, non dando alcun segnale serio di lotta all’evasione e all’elusione fiscale.
È necessaria una legge sulla rappresentanza per rafforzare la contrattazione nazionale e per l’istituzione di un salario minimo in attuazione degli artt. 36 e 39 della Costituzione; occorre dare impulso a leggi di iniziativa popolare per superare la precarietà, modificare le norme che hanno deregolamentato il subappalto a cascata nei settori pubblici e non tutelato le lavoratrici e i lavoratori negli appalti privati.
Su questi aspetti la CGIL si è mossa su più fronti, nazionali e internazionali: il 12 dicembre 2023 ha partecipato a Bruxelles alla manifestazione dei sindacati europei contro le politiche di austerità e per i salari, la contrattazione collettiva e una legge sulla rappresentanza, in conclusione di quanto approvato dal Congresso della Confederazione Europea dei Sindacati tenutosi a maggio 2023 a Berlino che ha indicato un percorso per la mobilitazione europea dei sindacati, sotto lo slogan “On the road for a fair deal for workers”; ha avviato una mobilitazione iniziata nel maggio scorso con le manifestazioni interregionali tenutesi a Milano, Bologna e Napoli, fino alla campagna di assemblee, con la consultazione straordinaria certificata, che si sono svolte a partire dal mese di settembre, nonché lo sciopero nazionale articolato in più giornate e suddiviso per regioni nel mese di novembre 2023.
La CGIL e la FISAC. – La complessità del mondo moderno, la velocità del progresso tecnologico, l’evoluzione delle modalità di interazione interpersonale, sempre più basate sulla connessione e sui social, ma anche dei rapporti lavorativi, in cui si è fatto strada il lavoro agile, costituiscono opportunità per le persone e per la società. Rappresentano però anche nuove sfide poiché rischiano di generare isolamento e individualismo, se non ispirate a logiche e interessi collettivi. In questo quadro i valori confederali della CGIL appaiono indispensabili per comprendere e affrontare le dinamiche in atto in tutti i comparti del mondo del lavoro, in ottica collettiva. Nondimeno, come Organizzazione sindacale, la CGIL è chiamata a ripensare il proprio ruolo e le proprie modalità di azione e interazione, per mantenere e rafforzare la rappresentanza e la tutela e diffondere il valore dell’agire insieme agli altri. Per far questo serve rinnovare linguaggi, modelli, funzioni, organizzazione.
La CGIL, il cui modello organizzativo si è delineato negli anni Settanta del secolo scorso, in un quadro economico e sociale molto diverso da oggi, deve avviare a breve un percorso di semplificazione organizzativa sempre più basata sulla centralità del territorio e sulla vicinanza alla popolazione.
Analogo ragionamento deve riguardare anche la federazione FISAC CGIL, che vede la progressiva riduzione dell’articolazione territoriale e del numero di lavoratori bancari, dovute alle dinamiche in atto nel settore bancario e assicurativo, sospinte dalla rivoluzione tecnologica e che quindi dovrà avviare una riflessione sulla propria organizzazione, in ottica di semplificazione, proprio al fine di dare maggiore coerenza alla funzione di rappresentanza.
FISAC CGIL Banca d’Italia. – Anche in Banca d’Italia, coerentemente con la nostra storia, riteniamo fondamentale far vivere i valori confederali: la dimensione collettiva, infatti, consente una visione ampia delle dinamiche del mondo del lavoro e delle dinamiche negoziali, senza i quali non è possibile dare piena efficacia all’azione sindacale, con orizzonti complessivi e di lungo periodo.
Al contrario, l’Istituto continua a “navigare a vista”, stretto da una parte dalle decisioni prese a livello di Eurosistema e, dall’altra, da un contesto istituzionale e politico italiano caratterizzato dal progressivo indebolimento della classe lavoratrice e da iniziative e visioni di corto respiro.
Anche per tali motivi gli atti gestionali del Direttorio continuano ad aver caratteri minimalisti, a non progettare il futuro della Banca e men che mai a dare risposte alle esigenze che emergono dal territorio e dai cittadini del Paese.
Dal punto di vista contrattuale, anziché porsi come esempio nella tutela dei diritti, le Delegazioni aziendali richiamano il contesto esterno solo laddove si intenda comprimere le retribuzioni e perseguire risparmi sul costo del lavoro, mentre esso viene completamente ignorato laddove vi sia convenienza per la Banca a far prevalere l’autonomia organizzativa dell’Istituto. Esempi in tal senso sono innumerevoli, basti pensare all’introduzione del mito della competizione meritocratica che ha guidato la riforma della carriera direttiva, al proseguire della logica liquidatoria della rete territoriale, alla dismissione di attività e mansioni, appaltate e subappaltate o, più di recente, ai protocolli di salute e sicurezza adottati in pandemia, che in tutto il mondo del lavoro sono stati oggetto di contrattazione tra le parti, mentre all’interno del nostro Istituto sono stati di sola e diretta emanazione della Banca.
D’altra parte, la Banca continua a gestire le relazioni sindacali e il rapporto con i colleghi con modalità vecchie ormai di decenni, spesso con caratteri paternalistici e opportunistici, mentre l’inasprimento delle relazioni aziendali e la compiacenza delle organizzazioni autonome, continuano a rivelarsi tanto inefficaci nel difendere i lavoratori quanto incapaci a spingere la Banca ad avviare una seria riflessione sulle scelte fatte finora e da fare.
Emerge ancor più la necessità che la FISAC, da sola o insieme ad altre XX.XX., promuova una strategia di rilancio dell’azione istituzionale che passi innanzitutto per la valorizzazione del personale. In questo contesto, riteniamo fondamentale garantire alle colleghe e ai colleghi l’opportunità di essere parte attiva nella formulazione delle proposte e nell’elaborazione delle strategie.
La FISAC CGIL vuole essere un’organizzazione partecipata, in cui il confronto interno sia continuo e aperto al contributo di iscritti e non iscritti. Anche la riscrittura con la Banca e le altre XX.XX. di una nuova convenzione per i diritti sindacali può rispondere a questo proposito. Le modalità con cui si esercitano le libertà sindacali all’interno del nostro Istituto devono essere aggiornate rispetto ai cambiamenti nel frattempo intervenuti nella compagine del personale, nelle modalità di lavoro.
È altrettanto necessario, in un’ottica confederale, che le compagne e i compagni della nostra Organizzazione siano coinvolti maggiormente negli organismi della Federazione, anche al fine di costruire sintesi più complessive rispetto ai problemi che si presentano; allo stesso modo è necessario promuovere al nostro interno una maggiore cultura della partecipazione alle iniziative federali e confederali volte a portare avanti un’Italia più giusta e più attenta alle tematiche del lavoro. La nostra Organizzazione intende in questo modo partecipare attivamente al dibattito nazionale, svolto a livello federale e confederale, facendosi portatrice delle idee, osservazioni e iniziative dei propri iscritti attraverso propri delegati.
Occorre rafforzare il nostro quadro dirigente e di iscritti anche attraverso il coinvolgimento attivo dei lavoratori e iniziative di formazione soprattutto per chi si affaccia per la prima volta nella nostra organizzazione, individuando forme di comunicazione che raggiungano più facilmente i lavoratori, anche sfruttando le tecnologie e le piattaforme online.
Le piattaforme rivendicative e le ipotesi d’accordo sulle materie più importanti devono essere sottoposte al giudizio dei lavoratori attraverso referendum.
PERSONALE E CARRIERE
La nostra Organizzazione Sindacale è da sempre favorevole ad una riunificazione delle carriere in Banca d’Italia con una
disciplina regolamentare unica, in quanto la duplicità di carriere, manageriale/alte professionalità e operativa, crea solo divisioni e disparità di trattamento per il personale e favorisce la parte datoriale.
È appena il caso di ricordare che il nostro Istituto si avvia a vedere l’Area manager costituire il 60% del totale, una situazione che non crediamo abbia paragoni in nessuna organizzazione e che evidenzia l’urgenza di un ripensamento complessivo di una carriera unica, con un’articolazione della Aree più rispondente all’operatività e all’organizzazione aziendale (ad esempio, una suddivisione in tre aree professionali).
La riforma della carriera direttiva e la creazione dell’Area manageriale/Alte professionalità, come denunciato da tempo dalla FISAC, ha introdotto elementi di competizione nelle unità operative che hanno peggiorato il clima lavorativo e causato distorsioni nel sistema degli avanzamenti di carriera, compromettendo anche il riconoscimento della crescita professionale del personale. Più in generale, l’intero impianto della riforma del 2016 si fonda sul massimo arbitrio della Banca nel determinare i percorsi di carriera del personale.
È di piena evidenza che un tale sistema va ripensato e non può essere in alcun modo trasposto nell’area operativa.
I principi cardine per la rivisitazione della carriera manageriale/alte professionalità e per la riforma della carriera operativa sono: massima trasparenza e piena motivazione delle procedure selettive e di avanzamento (job posting, vacancy, passaggi di segmento e area); definizione compiuta dei compiti/mansioni di ciascun segmento; progressione economica certa e lineare, secondo il principio di una performance positiva nel periodo valutativo.
In merito alla carriera operativa, il cui negoziato sembra essersi nuovamente arenato, per il palese disinteresse della Banca, occorre superare le anomalie e gli anacronismi presenti nell’attuale contratto, definendo chiari percorsi di carriera e di sviluppo mansionistico, che tutelino le retribuzioni. Da respingere invece sono i tentativi della Banca volti unicamente a conseguire l’obiettivo della flessibilità incondizionata e del “mansionario unico”, nonché del risparmio conseguito con la chimera di una apparente meritocrazia, legata di volta in volta agli artifici proposti dalla Banca (formazione, obiettivi, ecc.), tanto fantasiosi quanto irrealizzabili, e volti unicamente a conseguire, come per la riforma della carriera direttiva, arbitrio e risparmi sul lavoro.
L’ORARIO DI LAVORO
Le tematiche riguardanti l’orario di lavoro rivestono da sempre una grande importanza per la totalità della compagine lavorativa, in quanto è sempre più sentita l’esigenza di raggiungere l’obiettivo di una migliore qualità della vita e di conciliare l’attività lavorativa con le numerose problematiche che le persone e le famiglie moderne si trovano a fronteggiare. Si pensi, ad esempio, alla cura dei figli, all’assistenza agli anziani e alle persone non completamente autosufficienti e in generale, alle particolari situazioni di tutte le persone in condizioni di svantaggio e fragilità, cui lo Stato continua a non garantire il giusto supporto con adeguate politiche di welfare.
La recente evoluzione delle modalità di lavoro attraverso sistemi di lavoro agile può dare una risposta concreta a tali esigenze. Si tratta di una modalità lavorativa che, peraltro può fornire soluzioni anche rispetto a altre problematiche di ampio respiro: in tema di cambiamenti climatici, la riduzione degli spostamenti casa-lavoro fornisce contributo alla riduzione delle emissioni di gas serra, nonché ai problemi legati al congestionamento delle aree metropolitane e all’incremento del
costo degli immobili nei centri storici.
Con il percorso avviato nel nostro contesto lavorativo, inteso a potenziare gli strumenti di flessibilità lavorativa, sono stati raggiunti importanti risultati negli ultimi anni, da ultimo attraverso la firma del contratto sul lavoro ibrido, che ha inserito nel nostro Istituto questa modalità e che è prossimo ad una revisione che dovrà necessariamente tener conto del buon esito della prima applicazione, superare le disparità presenti e condurre ad una piena realizzazione applicativa. L’azione sindacale, quindi, può e deve rimanere in prima linea nel proporre e migliorare strumenti innovativi che possano anche fungere da modello nel variegato panorama delle realtà lavorative.
Per questo motivo ci sembra indispensabile individuare i seguenti principi e le seguenti linee di azione prioritarie da condurre nel corso dei prossimi anni, precisando che la riflessione sindacale deve rimanere costantemente aperta sul tema, pronta ad individuare nuove esigenze e nuovi strumenti, anche in relazione al mutare delle condizioni sociali e dei progressi tecnologici.
Inclusione, contrasto alla discriminazione e pari opportunità. Nell’utilizzo delle diverse forme di flessibilità occorre un radicale mutamento di quei retaggi culturali che considerano questi strumenti quali mere “concessioni” piuttosto che opportunità per le persone e per l’organizzazione. È necessario in particolare promuovere il principio di inclusione, fortemente sostenuto dalla FISAC CGIL, in modo da consentire a tutti di accedervi. Inoltre, le scelte individuali relative all’orario di lavoro (ad esempio part- time, lavoro in presenza/delocalizzato, utilizzo delle flessibilità) non devono essere di per sé motivo di discriminazione ed emarginazione in ambito lavorativo e ostacolo alle opportunità di crescita personale e professionale. Occorre una cultura aziendale aperta e che favorisca il diffondersi di modelli innovativi e flessibili che siano in grado di avere positivi riflessi sul benessere delle persone, sul lavoro e sul clima organizzativo. È necessario, dunque, opporsi a ogni forma di discriminazione, più o meno espressa, che comporti pregiudizio alle opportunità personali in ragione dell’utilizzo di qualsivoglia forma di flessibilità.
Tutela della genitorialità. È doveroso impegnarsi nella tutela dei genitori, promuovendo misure per la conciliazione vita-lavoro, come l’inserimento di giorni di congedo parentali e giorni di assenza per malattia bambino interamente retribuiti, l’applicazione puntuale e non discriminatoria degli istituti volti alla difesa di tali fondamentali interessi anche nelle assunzioni e nei trasferimenti del personale. È indispensabile infine prevedere delle ulteriori forme di congedo e/o flessibilità per i genitori che presentano dei disturbi del comportamento e/o dell’apprendimento, così come è auspicabile, per tali situazioni, uno specifico riconoscimento economico per le cure sostenute.
Potenziamento del lavoro da remoto. È necessario continuare il percorso per garantire un’efficace applicazione delle tecnologie che consentono di erogare la prestazione di lavoro a distanza. A tal fine è necessario innanzitutto procedere alla rimozione degli ostacoli che impediscono la piena realizzazione dell’accordo sul lavoro ibrido in vigore e lavorare al miglioramento dello stesso. Nella nostra realtà si percepisce ancora una certa resistenza alla piena applicazione dell’accordo raggiunto in tema di lavoro a distanza e questo nonostante le positive evidenze che si stanno manifestando. Bisogna dunque individuare l’origine degli ostacoli tuttora presenti, soprattutto quando non abbiano alla base effettive esigenze organizzative o siano legati a forme di pregiudizio e dare piena applicazione all’accordo sottoscritto, specie con riguardo al tema delle rotazioni mansionistiche e delle possibili estensioni dei giorni disponibili. Come già più volte sostenuto dalla FISAC CGIL Banca d’Italia, occorre inoltre superare la logica della ripartizione delle fasce di delocalizzabilità sulla base delle unità operative in favore di un approccio più moderno e realistico fondato sulle attività in concreto espletate, essendo molteplici e variegate le attività svolte dalle singole unità di base, pienamente svolgibili da remoto. In forza dei principi di inclusione e non discriminazione occorre superare le disparità di trattamento, che interessano in particolare le Divisioni GSP e le Filiali STC, con meccanismi (quali la rotazione) che consentano il massimo accesso al lavoro da remoto a tutto il personale, prevedendo meccanismi perequativi per chi svolge attività non delocalizzabili. È nel contempo necessario tutelare l’istituto del telelavoro ed eliminare le discriminazioni che lo caratterizzano, assicurando forme di ristoro (buoni pasto, sedute ergonomiche, ecc.).
Riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio. É opportuno continuare il percorso volto a perseguire l’obiettivo di riduzione dell’orario di lavoro, già all’attenzione dei tavoli di trattativa di molti contesti lavorativi e oggetto di accordi, da ultimi quelli siglati nel settore bancario, che prevede la riduzione dell’orario settimanale di lavoro a parità di retribuzione. Questa previsione deve trovare una immediata applicazione anche in Banca d’Italia.
Infatti, accanto all’enumerazione degli indubbi riflessi positivi generalmente conseguibili in termini di produttività e di occupazione, è opportuno evidenziare che il progresso degli ultimi anni ha consentito di informatizzare attività e processi di lavoro ed è giusto che il tempo di conseguenza liberato sia restituito a coloro che questo progresso hanno determinato, cioè
ai lavoratori. D’altronde non si spiegherebbe altrimenti l’utilità dell’evoluzione e dello sviluppo tecnologico se ad essi non corrispondesse il miglioramento delle condizioni dell’umanità e la maggiore realizzazione dell’individuo in tutti i suoi aspetti.
Monitoraggio delle forme contrattuali flessibili maggiormente evolute esistenti nel panorama lavorativo, studio e approfondimento di modelli innovativi. Riveste fondamentale importanza l’analisi di quei contesti lavorativi nei quali siano stati raggiunti risultati di comprovata efficacia. Tale attività può condurre a riflettere, ad esempio, sulle opportunità di introdurre nuove articolazioni dell’orario di lavoro e nuovi strumenti.
Miglioramento della fruibilità di permessi e congedi. Occorre individuare gli aspetti delle attuali previsioni regolamentari che possano essere migliorati e snelliti (es. congedi straordinari, utilizzo dei brevi permessi orari, Banca delle ore, ecc.).
LA BANCA D’ITALIA: ORGANIZZAZIONE E FUNZIONI
Le funzioni che il nostro Istituto svolge, come Banca centrale nazionale e come membro di organismi internazionali, rivestono assoluto rilievo per il Paese e per i cittadini e, in questa veste, dovrebbero essere strategicamente organizzati e potenziati, in ottica di lungo periodo, per offrire il miglior servizio possibile.
Al contrario, nel tempo, la Banca non ha mostrato una capacità organizzativa ispirata a tale scopo ma, anzi, come già evidenziato nel documento che ha accompagnato l’ultima nostra Assemblea organizzativa, ha intrapreso un percorso di declino, caratterizzato dalla progressiva dismissione o riduzione di attività, da riorganizzazioni interne continue e prive di qualunque visione strategica e dal sistematico sottodimensionamento delle risorse necessarie per svolgere bene qualsivoglia progetto.
Accanto alle funzioni istituzionali è necessario menzionare le attività amministrative, su cui troppo spesso manca attenzione poiché meno visibili all’esterno e, quindi, apparentemente meno “nobili”: le numerose e variegate attività svolte in questi ambiti, che vanno dalla gestione del personale, agli appalti, alla gestione degli stabili e del patrimonio immobiliare, al supporto informatico (solo per citarne alcune) richiedono spiccata professionalità ed esperienza e toccano ambiti su cui il rischio reputazionale e operativo è forte. Anche qui, è palese il disinteresse della Banca, a cominciare dagli aspetti relativi alle dotazioni organiche e alla formazione, mentre è evidente come si tratti di funzioni vitali per il funzionamento dell’Istituto e l’adempimento dei compiti di natura istituzionale.
Di tutta questa situazione, inevitabilmente, soffre il ruolo stesso che la Banca svolge e l’immagine che dà di sé all’esterno, soffrono i compiti svolti e i servizi offerti, soffrono i lavoratori, a tutti i livelli, sia in Amministrazione centrale che nella rete territoriale.
La FISAC continua a richiamare la necessità di una Banca all’altezza dei suoi compiti e che, in un contesto sempre più complesso e sfidante, sappia progettare il proprio futuro, arricchendo tali compiti e dotandoli di risorse, rimanendo punto di riferimento per la cittadinanza su tutto il territorio.
L’AMMINISTRAZIONE CENTRALE
La riforma del 2016, che ha trasformato la Banca in una collezione di Dipartimenti, avrebbe necessitato, per correggere le inevitabili tendenze centrifughe, di strutturare una nuova governance con una sorta di comitato interdipartimentale che si occupasse della gestione complessiva dell’Istituto, concentrando il Direttorio sulle strategie generali. Questo anche per consentire un equilibrio nelle esperienze e nelle sensibilità del Vertice che gestisce quotidianamente la Banca. La divergenza
della vita dei vari Dipartimenti, accentuata spesso dalla riconduzione a progetti BCE a loro volta non necessariamente coordinati tra loro, è aggravata da una penuria ormai cronica di organici che lascia sulla carta molti progetti importanti della Banca, e ritarda o svilisce lo svolgimento dei compiti istituzionali. Così spesso la reputazione della Banca beneficia dell’effetto annuncio a cui però segue molto meno sul piano pratico per l’assenza delle risorse umane e materiali per sviluppare tutte le potenzialità dei progetti stessi, non permettendo alla Banca di fornire appieno ai cittadini i servizi che pure ha annunciato. Altre banche centrali dell’Eurosistema interpretano il loro ruolo al servizio dell’economia nazionale in modo più stringente, come si evince dalla loro ben diversa dotazione di organico e di strutture territoriali. Il trend calante impostato dai vertici della Banca, al di là appunto degli annunci, non è dunque iscritto dal destino dell’appartenenza al SEBC, ma è una scelta dettata dalla linea di minor resistenza, perdente nel medio periodo.
Dal punto di vista organizzativo, proseguono inesorabili le iniziative di riorganizzazione amministrativa che coinvolgono Dipartimenti, funzioni e attività, la cui frequenza palesa l’assenza di un progetto complessivo e denota la volontà di procedere in un accentramento verso l’Amministrazione centrale, con un depauperamento progressivo della rete e delle funzioni, spesso senza tener conto delle esigenze effettive di organici e professionalità necessari per svolgere i compiti. Una situazione simile si vive nelle realtà dell’A.C. considerate di secondaria importanza dalla Banca, come le segreterie. Questo perché è del tutto assente in Banca, inspiegabilmente e in contraddizione con qualunque altra realtà aziendale, un organismo dedicato alla governance della rete territoriale, che ne programmi e organizzi le funzioni caratteristiche accanto a quelle che vengono svolte in concomitanza con l’Amministrazione centrale. Così accade che, mentre da una parte l’Amministrazione centrale avoca a sé funzioni, anche quando avrebbero per loro natura una vocazione territoriale, continua a rivolgersi alla rete per svolgerli, ma spesso in maniera non programmatica, se non emergenziale. In questo modo rimane del tutto ignorato il corretto rilevamento dei carichi di lavoro che si sovrappongono nelle varie Strutture e si evita di fare scelte concrete in materia di organici.
Dal punto di vista delle principali funzioni svolte, è evidente che molte di esse rivestono una rilevanza particolare, nel panorama nazionale e internazionale, e andrebbero pertanto gestite con un approccio maggiormente strategico.
La vigilanza della Banca d’Italia, ad esempio, rimane un punto di forza dell’Istituto e un riferimento anche in ambito internazionale e segnatamente nell’Eurosistema. Già in altri documenti abbiamo analizzato come la nascita dell’Unione Bancaria e del SSM sia avvenuta senza alcun dibattito pubblico nel nostro Paese e abbia visto il vertice della Banca sottostimare la natura del cambiamento salvo poi provare affannosamente un recupero in extremis.
L’SSM, ormai da vari anni avviato, è in continuo rodaggio e richiede al personale capacità di adattamento e di coordinamento con la BCE, con altre autorità europee (AMLA, SRB) con altre unità della banca (SNA UIF) e con autorità esterne (recente avvio del dialogo con i revisori contabili).
Anche in questo ambito, le politiche di corto respiro e di continua rincorsa di calendari dettati da altri pesano sul personale.
Sebbene poi siano trascorsi solo quattro anni dall’ultima riorganizzazione al livello territoriale della vigilanza, è evidente come il modello abbia mancato gli obbiettivi dichiarati dalla banca (rafforzare l’azione decentrata, rendere più equilibrata la distribuzione delle attività e valorizzare il patrimonio di professionalità distribuite presso la rete); sul personale “addetto” alle vigilanza nelle filiali, gravano un molteplicità di compiti (in parte svolti in autonomia in parte delegati) di vigilanza prudenziale, di tutela, di servizio alle collettività, senza che ne sia riconosciuto appieno il valore e la complessità. La
stanchezza per i carichi di lavoro aggrava la demotivazione del personale già pesantemente influenzata da un quadro organizzativo percepito come non stabile e destinato ad essere rivisto.
Anche il sistema dei pagamenti è interessato da radicali cambiamenti connessi sia ad aspetti tecnologici sia all’ingresso di nuovi operatori e prodotti che hanno profondamente modificato il panorama a livello internazionale e nazionale. La creazione dell’euro digitale è la risposta, per certi versi obbligata, che l’Eurosistema sta dando alle sfide sia degli operatori privati (cripto-valute, stablecoins) sia sul piano geo-politico (yuan digitale). Va da sé che l’introduzione a pieno titolo di una valuta digitale sostenuta dalla BCE rivoluzionerebbe il mondo dei pagamenti così come della circolazione monetaria ma anche il modello di business delle banche. Vi sarebbero anche numerose ricadute professionali, sia in riduzione che in espansione, tutti aspetti che dovranno essere attentamente valutati anche nei loro risvolti concernenti il personale della Banca. Non si tratta di agitare improbabili scenari luddisti ma di rilanciare, come costume della nostra organizzazione, sul piano delle competenze e della qualità del lavoro. Del resto non mancano già ora le nuove attività a cui siamo chiamati. Solo per rimanere nell’ambito del Dipartimento, oltre ai vari progetti connessi a Target2 e TIPS, c’è stata in questi anni la nascita del Milano HUB, con una inedita formulazione organizzativa che ha aiutato l’interlocuzione con gli operatori del fintech.
Anche le attività connesse al modello di rating della Banca (ICAS) sono in sviluppo ma risentono dell’assenza di risorse garantite dalla Banca. Valutiamo positivamente la nascita delle 7 Divisioni ICAS in altrettante Filiali dell’Istituto, ma facciamo osservare che le risorse destinate a questi compiti, inclusi i colleghi dell’AC, assommano ad alcune decine contro le oltre
1.000 dedicate ad essi dalla Banque de France.
Altrettanto cruciali sono le funzioni svolte dai servizi informatici, che garantiscono la continuità operativa delle funzioni dell’Istituto, con un ruolo sempre più strategico nel quadro dell’evoluzione tecnologica odierna e dei nuovi rischi informatici (si pensi solo alla cyber-security), così come quelle legate alla gestione dell’immenso patrimonio informativo (basi dati ecc.) che la Banca gestisce e allo sfruttamento dello stesso per le varie funzioni.
Le alte professionalità richieste, l’aggiornamento continuo e la continuità operativa diventano quindi cruciali per un corretto svolgimento delle funzioni: si tratta di risorse immateriali e appartenenti alle persone su cui è necessario che la Banca investa costantemente sia nel numero delle assunzioni sia nell’utilizzo, onde evitare sovraccarichi di lavoro e situazioni di stress eccessivo.
LA RETE TERRITORIALE
Nel momento in cui scriviamo, siamo ancora in attesa di conoscere il nuovo progetto di riorganizzazione della rete delle Filiali annunciato già da molto tempo di tempo dalla Delegazione aziendale, formalizzato nel nuovo Piano strategico, ma ancora non reso ufficiale.
La FISAC ribadisce la propria contrarietà ad ogni ipotesi di ulteriore riduzione della presenza dell’Istituto nel nostro Paese e continua anzi a ribadire il ruolo fondamentale delle Filiali, che andrebbero intese non come strutture ancillari a sé stanti ma come parte integrante, a pieno titolo, dell’Istituto, sulla quale distribuire compiti e funzioni, in modo particolare per quanto riguarda quelle che necessitano della presenza e del contatto col territorio. Nonostante il periodo trascorso dalla precedente ristrutturazione, l’Amministrazione non ha mai svolto una seria valutazione, congiuntamente con le XX.XX., rispetto alle procedure operative nonché all’efficienza e all’efficacia nello svolgimento dei compiti istituzionali sul territorio. Oltre a queste gravi mancanze, la Banca non ha mai tenuto conto dei problemi emersi nella rete delle filiali, a cominciare dalla
cronica deficienza di organico di molte Strutture e soprattutto delle Divisioni GSP e le Filiali STC: questo problema ha finito per acuirsi in periodi difficili come quello attraversato durante la pandemia, laddove la scarsità di personale ha impedito spesso il giusto ricambio dei colleghi in presenza, mentre il ruolo indispensabile svolto nel comparto del ricircolo del contante mostrava pienamente la sua funzione strategica.
D’altra parte, come già evidenziato, manca a livello organizzativo un organismo preposto alla governance della rete territoriale, il cui destino è pertanto costantemente segnato da una mera ottica di ridimensionamento e non alla gestione e valorizzazione dei compiti caratteristici e di quelli svolti congiuntamente o per delega dell’Amministrazione centrale, determinando un effetto di impoverimento delle funzioni svolte e della percezione del ruolo dell’Istituto nella percezione collettiva.
Già l’attuale articolazione territoriale, come più volte fatto presente alla Banca, non risulta in grado di soddisfare le esigenze della cittadinanza.
Esistono infatti compiti, su cui peraltro la Banca si è spesso data ambiziosi obiettivi, che possono essere concretamente svolti unicamente a livello territoriale, come quelli inerenti la circolazione monetaria, l’educazione finanziaria, la ricerca economica e la vigilanza di tutela o che potrebbero essere introdotti, come i controlli in materia di antiriciclaggio, o più efficacemente potenziati, come quelli svolti dall’ABF.
Si tratta di attività che solo le Filiali possono svolgere poiché richiedono una forte presenza sul territorio, anche di prossimità, con tutti gli attori istituzionali presenti a livello locale. Inutile affermare, a titolo di esempio, di voler perseguire un’ampia diffusione dei temi finanziari tra gli studenti e la popolazione in generale, se tale azione si vuol attuare con poche strutture distribuite nel paese, magari con una sola Filiale per regione e a organici invariati: è evidente che l’efficacia dell’azione sul territorio non è possibile se non con un rinnovato investimento in termini di risorse sulla rete, nell’ambito di una rinnovata capacità di programmazione strategica.
Si può dimostrare facilmente, infatti, come sia lo sviluppo di rapporti tra le nostre strutture periferiche e le realtà locali a consentire di acquisire maggiori informazioni per comprendere gli andamenti economici, come accade nelle Divisioni ARET, esempio di collaborazione tra la rete delle Filiali e l’Amministrazione centrale; lo stesso vale, pertanto, per quanto riguarda circolazione monetaria, i servizi e le consulenze in tema di usura e antiriciclaggio, gli sportelli di informazione e di tutela per i cittadini che presentano dubbi o lamentele verso il sistema bancario e l’insieme delle attività di verifica di tutela dei clienti bancari, ma soprattutto per rafforzare la funzione indispensabile di educazione finanziaria, anche al fine di togliere il nostro paese dagli ultimi posti in Europa per la conoscenza di base della cultura finanziaria.
La FISAC continua a ritenere che il confronto con la Banca, ma anche con organismi esterni all’Istituto, costituisca una delle principali modalità con cui il sindacato svolge riflessioni e propone soluzioni alle molte carenze dell’attuale (e forse futuro) modello organizzativo.
BANCONOTE
La produzione di banconote e il ricircolo del contante sono le funzioni principali che, storicamente, caratterizzano il ruolo della Banca centrale.
L’evoluzione tecnologica e i connotati stessi della moneta, sempre meno legata alla materialità delle banconote e sempre più ai sistemi e strumenti di pagamento elettronici, sembrano sminuire questo ruolo, troppo spesso percepito come dispendioso e arretrato.
La recente pandemia ha tuttavia insegnato molto in proposito, in merito alla crucialità di questa funzione per i cittadini, specie in momenti di tensione in cui anche piccoli malfunzionamenti o incrinature nella fiducia possono generare effetti disastrosi nel Paese: nella sfortunata circostanza, la dedizione dei lavoratori dello stabilimento di Banconote (così come delle Filiali STC e delle Divisioni GSP) rimane encomiabile e dovrebbe costituire riferimento essenziale per la Banca.
Al contrario, l’impressione che la Banca tenda a concentrare le sue mire di risparmio proprio su questo settore core è palpabile: basti pensare alla figura dell’operaio di 3^ junior introdotta dapprima nel Servizio Banconote e poi, con un recente concorso bandito, nelle maglie della circolazione monetaria, a cui per ragioni inesistenti, se non quella del bieco risparmio su costi del lavoro, spettano meno stipendio e meno prospettive degli altri lavoratori.
Palpabile è anche la percezione che la circolazione monetaria sia ancora sotto il mirino di possibili riforme, che investirebbero inesorabilmente – e di nuovo – la rete territoriale.
La FISAC CGIL ritiene che il ruolo del contante sia ancora essenziale, soprattutto per la democraticità dello strumento, che impedisce di tagliare fuori dal circuito economico proprio le fasce più fragili, ovvero chi è meno “connesso” o meno “tecnologico”, anche considerando che troppo spesso sembrano molto evidenti i “costi della moneta” cartacea mentre meno attenzione sembra prestarsi a quelli della moneta e degli strumenti elettronici di pagamento.
La nostra Organizzazione rivendica pertanto il ruolo fondamentale della Banca d’Italia nella produzione di Banconote e nella circolazione monetaria e continuerà a tutelare queste funzioni e i lavoratori che vi sono assegnati, che soffrono in maniera particolare le carenze di organici e le strategie di risparmio dell’Amministrazione. Ritiene urgente risolvere la disparità relativa agli operai di 3^ jr. e si oppone a qualunque ulteriore ipotesi di abbassamento dei salari di ingresso, che la Banca cavalca periodicamente richiamando i livelli salariali esterni, cieca rispetto a un contesto in cui la presenza di lavoratori poveri è ormai un flagello e l’unico argomento vincente, per la CGIL, è proprio quello della definizione di salari minimi dignitosi.
L’UIF
La crescente attenzione a livello internazionale della tematica AML è sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare che in ambito europeo, a livello normativo, è stato pubblicato il nuovo cd. “AML Package”, composto dalla sesta direttiva antiriciclaggio e, per la prima volta, anche da tre regolamenti, caratterizzati da un maggiore dettaglio e dall’applicabilità diretta, senza il “filtro” nazionale del recepimento (per una armonizzazione massima degli Ordinamenti), e a livello organizzativo/strutturale sarà istituita la nuova autorità europea antiriciclaggio, Anti Money Laundering Authority (AMLA), con compiti di supervisione e di supporto e coordinamento delle FIU nazionali. La nuova Autorità potrebbe avere sede in Italia.
In termini generali, vi è uno stretto e inscindibile legame tra la lotta e la prevenzione del riciclaggio e il nostro Istituto: la Banca d’Italia si occupa di antiriciclaggio sia quale Autorità di vigilanza, in quanto Autority di regolazione e controllo sul
settore finanziario, sia in quanto al suo interno trova collocazione la UIF (Unità di Informazione Finanziaria) che, in posizione di indipendenza ed autonomia funzionale, svolge compiti di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, sia infine quando destina il suo personale alla CSR, che come qualsiasi altra banca è tenuta a svolgere compiti in materia AML, con l’istituzione di una funzione specialistica dedicata.
Nonostante ciò, rilevano in materia gravi e crescenti carenze di organico.
L’UIF si trova ad affrontare compiti in costante aumento e una normativa in continua evoluzione con risorse umane scarse da un punto di vista quantitativo e spesso giovani e ancora da formare per affrontare le delicate questioni che di volta in volta si presentano. Queste carenze di personale hanno l’ovvia conseguenza di rinviare l’esame di segnalazioni apparentemente poco rilevanti che in seguito possono rivelarsi invece molto importanti. Sono necessari forti investimenti nella compagine dell’UIF e nelle dotazioni, che ne permettano un efficace svolgimento dei compiti.
Parimenti la nuova Unità specializzata, denominata Supervisione e normativa antiriciclaggio, conta appena tre divisioni, nonostante i molteplici compiti assegnati in materia, con un organico del tutto sottodimensionato: essenzialmente è lo stesso della previgente divisione Verifiche antiriciclaggio e usura, più qualche mirato innesto tramite provvedimenti di utilizzo, job posting e assunzioni.
Infine è incredibile che la Funzione antiriciclaggio sia focalizzata su una sola risorsa, il Responsabile con tutto ciò che ne consegue in termini di continuità operativa e in violazione della normativa della stessa Banca d’Italia e delle linee guida dell’EBA che prescrivono che deve esservi un sostituto del responsabile e che alla funzione devono essere destinate risorse qualitativamente e quantitativamente adeguate.
La FISAC CGIL Banca d’Italia ritiene che il nostro Istituto debba effettuare interventi organizzativi e gestionali che siano davvero efficaci ed in grado di rispondere alle sfide che abbiamo di fronte, anche con il coinvolgimento della rete territoriale, tenendo nella dovuta considerazione le importanti esperienze e le grandi professionalità presenti nell’Istituto, che possono rappresentare una ricchezza per il Paese nel garantire quel senso di legalità e sicurezza di cui si sente sempre più il bisogno ai diversi livelli. Non ha senso, infatti, da un lato affermare di voler potenziare i controlli in materia antiriciclaggio e dall’altro non impiegare in questi controlli le strutture che maggiormente conoscono i relativi contesti sociali e anche criminali nonché i soggetti vigilati/segnalanti.
La FISAC confida poi che le nuove sfide che si apriranno con la messa in funzione dell’AMLA siano affrontate dalla Banca d’Italia con la necessaria attenzione, utilizzando al meglio e facendo valere nelle deputate sedi internazionali le eccellenze umane che possiede in materia.
GLI APPALTI
Non è recente il processo che ha condotto, anche nel nostro Paese, alla prevalenza delle logiche di privatizzazione e appalto in molti settori una volta appannaggio statale, dai trasporti alle comunicazioni, fino alla sanità e alla previdenza. La crescita esponenziale del debito pubblico ha condotto a preferire tale modello, nella convinzione che la canalizzazione di attività verso l’offerta privata avrebbe ridotto il deficit e stimolato l’economia e che concorrenza e mercato avrebbero preservato gli interessi coinvolti nella fruizione dei servizi.
A distanza di tanto tempo, gli effetti di queste scelte hanno dimostrato l’esatto contrario, poiché il debito pubblico non è diminuito, i prezzi non sono scesi, i servizi sono spesso peggiorati.
Nonostante questo, la spinta alla privatizzazione e all’esternalizzazione di attività non sembra cessare, cosa ancor più grave se si riflette sul fatto che a esserne penalizzati sono la diffusione e l’inclusività di servizi che dovrebbero avere le caratteristiche di bene pubblico e il lavoro. È chiaro infatti che l’offerta di servizi privati risulta ampia e conveniente dove c’è una domanda elevata, risulta ridotta o nulla e proibitiva dove c’è poca utenza. È altresì chiaro che le aziende che ricevono incarichi in appalto tendono, secondo logiche privatistiche, a massimizzare gli utili andando anzitutto a comprimere i costi: questo si riversa non solo sull’offerta ma soprattutto sul costo del lavoro, determinando spesso condizioni di sfruttamento, precarietà e riduzione dei salari.
Da queste dinamiche non è esente la Banca d’Italia, sia nelle politiche che sceglie di intraprendere, sia come ente appaltatore.
Sotto il primo profilo, è evidente come negli ultimi anni la tendenza sia andata verso un risparmio di costi sempre più spinto, che ha condotto alla cessione, se non all’abbandono, di alcune attività. Ne sono esempio l’abbandono della carriera Xx.xx.xx., sostituita dall’appalto dei servizi di reception a ditte private o, recentemente l’annuncio di voler dismettere quasi tutte le mense interne, sostituendole con l’erogazione di buoni pasto al personale.
Sotto il secondo profilo, è chiaro che la Banca non può svolgere internamente ogni attività, ma necessita del ricorso agli appalti a aziende esterne. Purtroppo il criterio per lo svolgimento delle gare è sempre più spesso principalmente quello economico, a scapito della qualità del servizio erogato. Inoltre, la responsabilità della Banca non si esaurisce nella conduzione di gare regolari dal punto di vista legislativo o procedurale, ma va oltre, interessando il modo in cui le attività appaltate vengono svolte e con quali condizioni per i lavoratori coinvolti, in quanto la Banca è responsabile della corretta esecuzione dei contratti. Sempre più spesso accade che le ditte appaltatrici dimostrino comportamenti scorretti nei confronti dei lavoratori, alcuni senza contratto per mesi, altri con ferie imposte, altri ancora non pagati per mesi o sottopagati.
La FISAC CGIL, anche interessata dalle categorie confederali, si è spesso interfacciata con la Banca per risolvere questioni spinose legate ai lavoratori degli appalti, trovando spesso anche riscontro e collaborazione; è tuttavia necessario un salto di qualità nella gestione degli appalti, che intervenga a monte nelle condizioni proposte alle ditte appaltatrici già in sede di bando di gara, in modo che la conduzione dell’appalto eviti di produrre situazioni negative per i lavoratori degli appalti, che rimangono l’anello debole della catena. In questo senso, la Banca d’Italia deve assumere appieno la propria responsabilità sociale nella gestione degli appalti. È inoltre necessario che la Banca d’Italia vigili costantemente in fase esecutiva, per garantire il pieno rispetto della qualità dei servizi erogati e delle condizioni di lavoro del personale delle ditte appaltatrici, prevedendosi un sistema sanzionatorio efficace, dalla corresponsione di adeguate penali, fino alla sospensione e risoluzione del contratto nei casi più gravi di inadempimento. La FISAC si adopererà per introdurre nei contratti di appalto della Banca clausole migliorative delle condizioni lavorative dei dipendenti delle aziende appaltatrici riguardanti gli orari di lavoro, gli inquadramenti economici e la fruizione del servizio mensa.
FONDO PENSIONE E LUMP SUM
La FISAC intende continuare a perseguire l’obiettivo di ridurre il divario nel trattamento previdenziale tra assunti prima e
dopo il 1993, costituito principalmente dall’indennità di liquidazione, attraverso un incremento progressivo delle risorse disponibili per la lump sum anche attingendo dalle eccedenze che si determineranno nelle riserve di bilancio a garanzia del trattamento di quiescenza ante ’93.
I cambiamenti nel modo di lavorare indotti dalla crescente digitalizzazione delle procedure di lavoro e dall’espansione del lavoro a distanza, inducono esigenze di rinnovamento della compagine del personale. La FISAC ritiene che i riassetti condivisi degli inquadramenti e della rete territoriale vadano operati alla luce dei nuovi compiti che la Banca ha annunciato, anche se non sviluppato, e in un’ottica di rinnovamento della compagine, con un adeguato turn over che eviti riduzioni del personale.
WELFARE E CASC
Le politiche di welfare rientrano appieno tra quelle che, interessando servizi meritevoli di interesse collettivo, quali l’istruzione, la salute e la cura dei minori e dei fragili, dovrebbero avere natura pubblica.
Tuttavia le note politiche di compressione della spesa pubblica nonché l’evoluzione delle normative fiscali hanno invece indirizzato verso servizi di natura privatistica.
La FISAC CGIL ribadisce l’importanza della natura pubblica dei servizi di welfare, auspicando che sia lo Stato a farsene carico, a beneficio dell’inclusione della capillarità territoriale, che troppo spesso vede proprio i territori più disagiati come quelli meno coperti dall’offerta. La partecipazione alle iniziative confederali, anche con manifestazioni e strumenti di lotta, diventa in questo senso essenziale ed è nostro compito sensibilizzare e stimolare la partecipazione di tutti, poiché gli interessi hanno natura collettiva e collettivamente vanno tutelati.
Storicamente, la Banca d’Italia ha a lungo reso servizi di welfare ai dipendenti attraverso il CASC, che assumeva un ruolo di erogatore di servizi alla persona (borse di studio, ecc.) accanto a quello di Centro ricreativo aziendale. L’evoluzione della normativa fiscale, che ha reso tassabili le erogazioni individuali di servizi, ha condotto, come noto ad una revisione delle funzioni del sodalizio, che è rimasto come Centro ricreativo, spostando i servizi alla persona sul Welfare aziendale, attraverso l’erogazione di fringe benefit.
Il primo periodo di esercizio del welfare aziendale, durato tre anni con l’aggiunta di un anno di proroga, per il 2024, ha scontato le difficoltà legate alla pandemia, che per molti aspetti hanno prodotto difficoltà di fruizione per i colleghi. Accanto a questo, si sono presentati problemi di copertura territoriale, farraginosità delle procedure e limitatezza degli stanziamenti per scopi meritevoli di interesse (ad es. quelli rivolti alla cura e ai minori). In vista del prossimo rinnovo contrattuale, sarà quindi importante puntare su un welfare inclusivo, in grado di coprire tutti i territori con procedure snelle e orientato soprattutto alle prestazioni di sostegno alle famiglie e ai fragili.
Il Centro di aggregazione aziendale della Banca – CASC –, pur nella sua rinnovata veste, ha continuato a svolgere in questi anni il suo ruolo aggregativo, svolgendo apprezzabili iniziative attraverso le sue Sezioni e Rappresentanze in tutta Italia. Un ruolo che deve essere preservato e incentivato, specie nel contesto lavorativo e sociale attuale, in cui le ripetute chiusure di Filiali in passato e il lavoro a distanza più di recente hanno accresciuto le distanze e ridotto i momenti di aggregazione tra i dipendenti e i pensionati, che costituiscono invece collante essenziale, a beneficio di quella coesione che ha sempre
caratterizzato il personale della Banca d’Italia. È pertanto interesse della FISAC preservare il ruolo aggregativo del CASC, il cui valore rimane, per il nostro Istituto, essenziale.
CSR
La CSR rappresenta un bene prezioso da salvaguardare nell’interesse della stessa Banca d’Italia e di tutti i soci, in quanto non costituisce solo un “benefit” ma è funzionale a garantire l’autonomia e l’indipendenza del personale della Banca d’ Italia da quegli stessi soggetti che è chiamata a vigilare e regolamentare. Riteniamo pertanto che sia il nostro Istituto che i Consiglieri e i soci debbano impegnarsi a mantenerla e valorizzarla.
La CSR è una banca che per le dimensioni assunte, nel confronto con gli altri intermediari, necessita di personale qualificato che sia almeno il doppio di quello attuale, sia per gli uffici centrali sia presso le Rappresentanze, essendo inaccettabile che nel suo piano organici la Banca, che pure si è impegnata con la Convenzione a dare personale adeguato alla Cassa per svolgere le sue funzioni, neppure rilevi il relativo fabbisogno teorico.
Va inoltre ricordato che il personale che lavora in Cassa offre un servizio per tutti i soci ed è a tutti gli effetti personale della Banca d’Italia, dovendo quindi usufruire delle stesse opportunità in termini di inquadramento e di avanzamenti di carriera.
La FISAC CGIL Banca d’Italia ritiene che la nostra Cassa necessiti del massimo supporto sindacale sia per scegliere esponenti altamente capaci e qualificati per ricoprire le delicate cariche sociali sia per sostenere un equilibrato sviluppo delle attività e dell’organico.
ASSICURAZIONE SANITARIA
Il nostro contratto collettivo prevede l’adesione ad una assicurazione sanitaria su base volontaria sia per i dipendenti che per i pensionati. In alcune aree del Paese le strutture convenzionate per gli esami diagnostici e le cure sono numericamente carenti o non sono facilmente raggiungibili, rendendone disagevole l’utilizzo: in questo modo viene meno proprio il ruolo che dovrebbe svolgere l’assicurazione sanitaria, ovvero di riequilibrare le carenze del Servizio sanitario nazionale, in particolar modo nelle zone più scoperte e disagiate. È necessaria pertanto un’azione di stimolo nei confronti della Compagnia assicuratrice affinché provveda ad una migliore copertura territoriale dei centri sanitari.
La CGIL continuerà a battersi in ogni modo per mantenere e migliorare il servizio sanitario pubblico, un tempo eccellenza del nostro Paese. È opportuno, perciò, fare ogni pressione sulle forze politiche e le istituzioni preposte, coinvolgere lavoratori e cittadini in azioni di lotta e protesta per difendere e ampliare questi diritti.
La necessità di questa lotta è emersa in modo evidente durante la pandemia dovuta al Xxxxx, che ha coinvolto l’intero pianeta a partire dal 2020 ed ha inciso pesantemente sulla salute delle persone; i più anziani e i più fragili ne hanno pagato e ne pagano il prezzo più pesante. Nel nostro Paese la pandemia ha mostrato inequivocabilmente gli effetti dei tagli progressivi della spesa per la sanità pubblica nonché della contrazione del personale medico e infermieristico, determinando, anche in regioni tradizionalmente eccellenti, un peggioramento del servizio sanitario nazionale.
Le liste di attesa per visite, esami diagnostici, terapie e interventi sono sempre più lunghe e molti nostri concittadini sono
costretti a rinunciare alle cure non potendosi permettere economicamente l’assistenza privata. LE POLITICHE DI GENERE E PER L’INCLUSIONE DELLE DIVERSITA’
Le tematiche per l’inclusione di tutte le diversità devono trovare pieno e legittimo spazio nella riflessione e nell’azione civile e sindacale. Le disparità fondate sul genere, in primo luogo, lungi dall’essere debellate, caratterizzano ancora la nostra società in quanto retaggio di una vecchia cultura patriarcale ormai superata, o prossima ad esserlo. Rimangono fortemente presenti in un contesto in cui femminicidi avvengono anche per mano di giovani uomini. Sembra spesso assente la consapevolezza di come permangano forme di condizionamento educativo-culturale e sociale-familiare responsabili dell’estenuante e continuo conflitto interiore rispetto allo stereotipo di quello che una donna “dovrebbe essere”, mentre è evidente come nelle esperienze quotidiane esse si insinuino ancora nelle pieghe dei pensieri, rimettendo in discussione le conquiste fatte, spesso ad un costo piuttosto elevato.
Sotto questo aspetto, le tematiche di genere aggiungono una nuova rivitalizzazione all’azione sindacale, mostrando come le donne possano rappresentare una variabile decisiva: la presenza di un Coordinamento donne nella nostra organizzazione è fonte di costante riflessione e dibattito, ma soprattutto di stimolo all’azione.
In secondo luogo nel contesto dell’azione, sindacale e civile, si tratta di elaborare, promuovere e condurre politiche inclusive a tutti i livelli, attive e incisive, perché le disparità non si producono spontaneamente, “per natura”, ma vengono costruite e stratificate nella società e ad esse occorre perciò opporsi fattivamente e senza indugi, fino a quando non saranno i fatti a dimostrare che quella stessa società è riuscita definitivamente ad elaborare e far propria l’attitudine a vedere la persona al di là delle differenze. Occorrono in generale politiche tese a non discriminare, su cui dobbiamo continuare a sensibilizzarci e a sensibilizzare la Banca.
La FISAC CGIL intende inoltre indispensabile affrontare in modo attivo il tema del gender pay gap, dalle cui dinamiche la Banca non è affatto estranea. Si tratta di un fenomeno concreto e misurabile su cui occorre agire affrontando e rimuovendo tutti gli elementi che lo determinano, ancora oggi, sia sotto il profilo stipendiale che sotto quello contributivo/previdenziale: l’eliminazione di questo gap costituisce una battaglia centrale per la nostra organizzazione.
Il tema potrà essere affrontato dal sindacato anche nel contesto delle politiche di salute e sicurezza sul lavoro sulla base di quanto indicato nel rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) (Prevenire e affrontare la violenza e le molestie nel mondo del lavoro attraverso misure di salute e sicurezza sul lavoro): i sistemi di salute e sicurezza sul lavoro infatti possono contrastare le cause profonde della violenza e delle molestie, affrontando i rischi legati a un’organizzazione del lavoro inadeguata, i fattori connessi a mansioni o modalità di lavoro specifiche (ad esempio lavorare da soli o interagire costantemente con terzi) e a condizioni di lavoro che generano livelli di stress elevati, sfociando anche in violenza e molestie.
Non meno importante, ce lo indica chiaramente la cronaca quotidiana, è affrontare il tema delle molestie e della violenza. L’introduzione di un Codice contro le molestie, avvenuta nel marzo 2022, e fortemente sollecitata dalla FISAC, ha segnato senza dubbio una svolta importante. Ma un testo rimane un pezzo di carta se non vive e non agisce, per cui occorrerà continuare a monitorare il buon funzionamento del codice in tutti gli ambienti di lavoro e rispetto a tutte le forme di molestie e violenza – esemplificate nel Codice tesso – che in essi possono aver luogo.
LE POLITICHE DEI PENSIONATI
L’attività sindacale della FISAC CGIL si avvale costantemente della partecipazione di una rappresentanza della compagine dei pensionati, che ne costituiscono parte integrante, per un confronto continuo sulle idee, sulle problematicità, sulle proposte all’interno dell’organizzazione sindacale e, in un contesto più ampio, sulla situazione nazionale e internazionale.
Il nostro Paese è fortemente condizionato da una forte evasione fiscale scarsamente contrastata e da continui provvedimenti governativi in materia di condoni fiscali, di applicazione di tassazioni “piatte” per gli autonomi, pratiche che minano alla base il principio di progressività e giustizia fiscale e che provoca una sorta di rassegnazione e impotenza da parte delle categorie sociali che pagano le tasse per intero. Gli stipendi e le pensioni sono penalizzati da quanto sopra, dai rincari del costo della vita e da politiche retributive insoddisfacenti. In particolare, le pensioni hanno subito nel corso degli anni sostanziali perdite di potere d’acquisto soprattutto per le classi medie a seguito di politiche di rivalutazione solo parziali degli adeguamenti inflattivi. Le perdite sono state particolarmente evidenti nell’ultimo biennio caratterizzato da alti livelli di inflazione e da un meccanismo di recupero altamente penalizzante. Il nostro Sindacato dovrà esercitare ogni azione per costringere a invertire queste scelte politiche.
Al nostro interno, la crescente diffusione di strumenti di informatizzazione delle procedure della CSR, del portale Gaia e Welfare nonché il venire meno del sostegno dei colleghi in servizio operanti nelle Filiali coinvolte nelle chiusure degli ultimi anni ha causato parecchie difficoltà operative ai pensionati più anziani e poco informatizzati. Un migliore e più diffuso supporto telefonico in materia da parte del nostro Istituto sarebbe necessario, così come si potrebbe valutare di aiutare le persone con l’offerta di semplici corsi di tutoraggio, anche da tenere localmente, per l’utilizzo delle procedure da utilizzare.
L’istituto dei flexible benefit riguarda anche la platea dei pensionati, che accedono a tali benefici tramite il portale del credito welfare. Grazie agli interventi richiesti all’Amministrazione dalla nostra Organizzazione sindacale sono state migliorate nel tempo alcune problematiche; rimangono tuttavia alcune criticità da risolvere. In particolare, bisognerà rendere più accessibile la gestione del portale da parte degli utenti (molti pensionati non hanno ancora effettuato l’accesso e molti si lamentano per la complessità di utilizzo) e prevedere l’introduzione di ulteriori casistiche per l’utilizzo del credito disponibile.
Una consistente porzione di pensionati, nei decenni trascorsi, ha trovato una garanzia abitativa nelle case di Banca, comprate a garanzia delle pensioni dei dipendenti della Banca d’Italia. Anni fa la Banca, attraverso un’operazione di bilancio, ha ceduto quasi tutto il comparto immobiliare alla Sidief, ad oggi una importante società immobiliare a livello nazionale; la conduzione di questo grande patrimonio si è trasformata sempre di più in una gestione privatistica, abbandonando l’aspetto sociale ed inclusivo che aveva connotato la gestione della Banca sugli immobili in questione.
Bisognerà aprire un confronto con la controparte per ripristinare un trattamento meno commerciale del rapporto inquilino/Sidief.
Si ritiene molto importante continuare l’intensa attività svolta finora dall’Intersindacale dei pensionati, perché idee e soluzioni si confrontino e perché l’unità sindacale ha sempre assicurato una maggiore forza contrattuale. È altresì auspicabile riprendere l’incontro annuale sulle problematiche dei pensionati con il Segretario generale della Banca, come peraltro chiesto recentemente dall’Intersindacale.
Negli anni la consegna delle tessere sindacali sconta alcuni ritardi e in alcuni casi (pochi) anche il mancato recapito
all’interessato, anche a causa di una procedura un po’ farraginosa che implica alcuni passaggi fra gli organismi preposti. Per risolvere le criticità si potrebbe riflettere su una proposta, interessando la Federazione, per la dematerializzazione delle tessere, eventualmente ricorrendo alla stampa su richiesta dell’interessato.
RAPPORTI CON LA BANCA E RELAZIONI SINDACALI
Già nel documento congressuale del 2019 il tema del progressivo deteriorarsi delle relazioni sindacali era posto al centro della discussione. Attualmente la Banca prosegue la sua politica di progressivo depauperamento di quelle che sono le prerogative sindacali, con la tendenza sempre più accentuata a modificare “de facto” la normativa con interpretazioni restrittive degli accordi e iniziative non concordate. Le trattative, ormai quasi esclusivamente on line, retaggio lasciato dal periodo del Covid, non aiutano il confronto diretto mentre, contemporaneamente, la Banca continua a tenere impegnate le XX.XX. con tavoli permanenti. Molti sono gli esempi di trattative che si sono protratte inutilmente, una per tutte quella sulla riforma della carriera operativa. Anche trattative su aspetti già in parte definiti nelle relazioni sindacali, come l’efficienza aziendale o l’erogazione dell’IPCA, sono state oggetto di ripetuti ed infruttuosi incontri, che non si concludono se non quando l’unica via d’uscita prevede l’accettazione di quanto proposto inizialmente dalla Banca.
È necessario un cambio di passo nelle relazioni sindacali. Se non si può prescindere dal rispetto e dal riconoscimento reciproco per delle sane relazioni sindacali, elementi non sempre sono stati presenti attualmente nella delegazione trattante. Il corretto contraddittorio tra le parti misura anche il grado di cultura aziendale e la capacità di XX.XX. ma anche della delegazione trattante di trovare soluzioni a beneficio delle lavoratrici e dei lavoratori ma anche dell’Istituto stesso.
Le relazioni sindacali sono ovviamente condizionate anche dalle libertà sindacali che permettono alle organizzazioni di portare avanti le proprie finalità. Per questo, se già era urgente nel 2019 una revisione della “Convenzione sulle relazioni sindacali”, ora che il numero dei dipendenti complessivi è ancora diminuito, e tendenza che sembra destinata a proseguire ancora, è chiaro che occorre definire Convenzione rispondente alla nuova realtà.
Vanno riviste e riparametrate ai nuovi numeri dei dipendenti la misura delle agibilità sindacali e le soglie minime per la costituzione delle rappresentanze locali.
Se sembrava che su questo si fosse arrivati alla presa d’atto anche della Banca sulla necessità di modificare la Convenzione, di fatto il tavolo tecnico partito nel 2019 è fermo per il disinteresse della Banca a arrivare a un nuovo accordo in materia. In questa discussione, come già ravvisato, andrà inserita anche la richiesta di ridiscutere poteri e regole di funzionamento della Commissione per le pari opportunità.
Un altro fronte importante è il rapporto tra le Organizzazioni Sindacali. La FISAC CGIL ha sempre mantenuto aperto il dialogo con tutte le Organizzazioni Sindacali, così come avviene in molti altri settori, a partire da quello bancario e assicurativo.
Lo sviluppo di tavoli unitari deve però portare all’acquisizione di risultati, frutto delle proposte condivise dalle XX.XX. che animano il tavolo unitario. Questo è un passaggio fondamentale: occorre che questi tavoli si definiscano attorno a proposte e richieste condivise da portare alla controparte, e non possono ridursi ad aggregazioni momentanee su proposte indefinite che danno un vantaggio alla Banca e lasciano perplessi i lavoratori. Rimane, per la nostra Organizzazione, la massima apertura alla valutazione di percorsi unitari ma rimane anche il massimo rigore sulla condivisione di proposte e soglie di
acquisizione per procedere alla firma degli accordi. Questo punto è importante per le prossime trattative che dovremo affrontare, dalla riforma della carriera operativa (su cui come organizzazione abbiamo da tempo una piattaforma strutturata) alla revisione dell’accordo sul lavoro agile, tanto per citarne alcune. Cercare convergenze, in primis con i sindacati confederali, in analogia con quanto avviene anche all’interno delle Confederazioni, ma avendo come base di discussione quelli che nelle nostre piattaforme, sono elementi irrinunciabili.
Rimane anche convinzione di questo O.S. che ogni trattativa debba iniziare con il consenso dei colleghi sulla presentazione delle piattaforme per il rinnovo del contratto, nonché la previsione di un referendum confermativo una volta arrivati a conclusione di importanti trattative negoziali.
Il proposito da perseguire per la FISAC CGIL è quello di tenere i lavoratori al centro delle scelte, per far vivere i principi democratici e di partecipazione, a tutti i livelli, che da sempre caratterizzano la nostra Organizzazione.
RAPPORTI CON LA BCE E DIALOGO SOCIALE
Riveste sempre più importanza l’interlocuzione con la BCE sui temi riguardanti i lavoratori. Tale interlocuzione sembra essersi rinforzata negli ultimi anni, anche grazie ai periodici incontri di “Dialogo sociale” tra esponenti della BCE e rappresentanze sindacali.
Tali incontri sono un utile strumento per riflettere sulle tematiche più rilevanti ed è opportuno ribadire che la nostra sensibilità rispetto agli argomenti proposti è alta come pure la nostra disponibilità al confronto.
In proposito, è anche necessario sottolineare che, pur mantenendo la più ampia apertura e la più ampia disponibilità al dialogo rispetto alle questioni presentate alla compagine sindacale, siano esse più o meno formalizzate, il confronto locale sui temi la cui competenza non è attribuita esplicitamente dai trattati internazionali alla BCE stessa, deve intendersi libero e parimenti libera deve intendersi la libertà del sindacato nel valutare le proposte pervenute, soprattutto quando le stesse incidano in maniera determinante sulle liberà sindacali stesse, sul lavoro, nonché sui diritti soggettivi delle persone.
Crediamo fermamente nel confronto in ambito europeo, soprattutto se lo stesso è indirizzato ad individuare gli strumenti più opportuni per il miglioramento della realtà organizzativa e lavorativa ed è verso questo obiettivo che continueremo ad improntare la nostra azione.
Parimenti rimarremo attenti a tutelare, in qualsiasi sede, i diritti dei lavoratori nonché ad affermare il nostro ruolo e le nostre prerogative.
DOCUMENTO POLITICO FINALE
L’assemblea organizzativa assume la relazione del segretario coordinatore e gli interventi delle compagne e dei compagni come base per lo sviluppo dell’azione del nostro sindacato.
Da anni, la Banca sta vivendo un periodo di declino, con progressivo abbandono di funzioni, chiusura di filiali, riduzione del personale. Le filiali, già vittime di numerose chiusure e ristrutturazioni, vengono di frequente spogliate dei propri compiti. Gli stessi annunci della Banca confermano invece che le stesse possono fornire servizi fondamentali per la collettività che
richiederebbero significativi investimenti, con un’inversione di tendenza della dinamica degli addetti. Tra gli altri progetti citiamo il potenziamento dell’ABF, delle verifiche attinenti all’antiriciclaggio o la trasparenza nei rapporti contrattuali, dell’educazione finanziaria, dell’ICAS come anche ricordato di recente dal Governatore nell’incontro con le XX.XX. Purtroppo a questi annunci la Banca fa seguire poco.
Le strutture dell’A.C. sono state interessate da numerose riorganizzazioni, spesso non rispondenti a logiche operative ma principalmente tese ad assecondare i meccanismi della riforma della carriera direttiva, con la creazione di nuovi organi e posizioni che consentano il raggiungimento di obiettivi per l’attribuzione di livelli economici e avanzamenti volti a ridurre il problema degli “imbuti” nella progressione di carriera creata dalla riforma stessa.
La politica della Banca di creare un grado di ingresso a stipendio ridotto facendo ricadere sui nuovi assunti risparmi sui costi è assolutamente da contrastare. Abbiamo già visto i danni prodotti al servizio Banconote con il grado di operaio di 3^ jr, da noi fortemente osteggiato, con la figura “vuota” del team leader e un orario di lavoro su 4 giorni che ha dimostrato chiaramente di non funzionare né per il Servizio né per i lavoratori. Le gravi deficienze in termini di organico presenti all’UIF, inaccettabili per l’importanza e la delicatezza delle funzioni svolte, confermano la visione miope della Banca sul tema degli organici.
Il declino che l’Amministrazione si è auto-imposta si riflette nell’ambiente di lavoro, dove si registra disillusione e indebolimento del tradizionale senso di appartenenza all’istituzione. Si moltiplicano le contrapposizioni: tra centro e periferia, tra “anziani” e giovani, tra operativi e direttivi, tra famiglie professionali. La nuova carriera direttiva ha imposto un contesto ultra competitivo per raggiungere obiettivi individuali e conquistare livelli economici, consegnando i colleghi alla discrezionalità dei valutatori nell’opacità più assoluta senza conseguire maggiore efficienza che era la motivazione che la Banca aveva posto alla base della riforma.
La riforma della carriera operativa, dovrà basarsi su principi ben diversi come la valorizzazione del personale, la formazione permanente e la cooperazione, fornendo un esempio positivo anche per la riformulazione della carriera direttiva e così preparare le basi per una riunificazione del contratto di tutti i lavoratori della Banca. L’amministrazione mantiene un atteggiamento ostile verso la carriera operativa come si vede anche dal ridicolo numero di posti manageriali di provenienza interna.
Per le donne che lavorano in Banca persistono forme di discriminazione nei profili di carriera e in ambito valutativo; l’azione sindacale continuerà a promuovere il pieno superamento del gender pay gap. Il nostro sindacato fa della questione di genere un obiettivo di tutta l’organizzazione. Il coordinamento donne continuerà nella sua opera di analisi e proposte.
La Banca si è data da diversi anni l’obiettivo strategico dell’inclusione delle differenze attraverso il lavoro della Commissione Pari Opportunità, l’istituzione del Gestore delle Differenze, l’incoraggiamento della costituzione della rete BdI friendly rivolta alle persone LGBTQIA+. Il nostro Istituto, che da sempre si propone come modello virtuoso per la P.A., si trova adesso un passo indietro per quanto concerne la “carriera alias”. Proponiamo dunque che l’amministrazione la preveda per tutto il personale, trovando modalità per renderla funzionante anche nelle procedure d’assunzione.
L’auto-imposto declino della Banca si registra anche sul tema degli appalti, una tematica su cui la CGIL si è spesa molto, anche con la promozione di un’iniziativa referendaria; resteremo vigili sulle gare d’appalto e sul rispetto dell’appalto stesso per tutelare sia l’interesse dei colleghi ad avere un buon servizio sia i diritti dei lavoratori delle ditte appaltatrici.
Per ottenere avanzamenti per il personale è opportuno convergere con altre XX.XX. su piattaforme condivise nel rispetto reciproco e con lo strumento del referendum confermativo degli accordi. La frammentazione dei tavoli sindacali e gli sterili dissidi favoriscono solo la controparte. Il dibattito ha confermato l’obiettivo di un ulteriore rinnovamento, anche generazionale del nostro sindacato. La formazione è importante per preparare la nuova leva di quadri sindacali, così come l’ascolto e il confronto coi lavoratori. Vecchie e nuove modalità di comunicazione vanno messe al servizio di questo confronto.
Si ribadisce che i pensionati sono parte integrante della Fisac CGIL Banca d’Italia e che la loro partecipazione alla vita quotidiana del nostro sindacato costituisce un fondamentale e sostanziale arricchimento per il dibattito e lo sviluppo della nostra azione.