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IL CONTRATTO DI CONVIVENZA: CONTENUTO, FORMA E PUBBLICITÀ
Durante i lavori preparatori alla legge 76 del 20 maggio 2016, l’attenzione dei media si èconcentrata quasi esclusivamente sui temi relativialle coppie omosessuali. È stata meno consideratala parte del provvedimento che si occupa dellaconvivenza tra persone non sposate o non legateda un’unione civile; per conseguenza, non hannosuscitato grande attenzione neppure le regole riservateai “contratti di convivenza”, ovvero a quegliaccordi destinati a disciplinare i rapporti economicinella famiglia di fatto.
Il numero delle convivenze di coppia extramatrimoniali è progressivamente cresciuto a partire dagli anni Ottanta, anche al netto delle convivenze omosessuali.
Ma il numero delle convivenze che ha scelto di regolare i rapporti patrimoniali di convivenza con uno specifico contratto, sia nella prospettiva di regolare le modalità di apporto dei mezzi economici durante la convivenza, sia nella prospettiva di una definizionedelle conseguenze di uno scioglimento della stessa, e` sempre stato estremamente limitato.
Le motivazioni per cui due persone scelgono di non contrarre matrimonio, ed oggi anche unione civile, sono di ordine sociologico e psicologico e non strettamente giuridiche.Alla base della scelta sta una complessa interazione psicologica tra desiderio di non legarsi ed il timore che il mondo degli interessi (economici, in questo caso) e dei contratti si impadronisca di una rapporto (di convivenza) che vuole restare confinato nel mondo dei sentimenti. Oppure che da un contratto derivino obbligazioni e rapporti che non si intendono avere o mantenere.
Prova di ciò è la constatazione che prima della legge n. 76/16 contratti di convivenza sono stati conclusi solo laddove uno dei conviventi aveva l’interesse di proteggere uno o più dei propri beni (normalmente la casa di abitazione) dalla possibile futura aggressione da parte di propri creditori o vedere riconosciuta dallo Stato la propria situazione di convivente per usufruire di applicazione di norme a sé favorevoli (vedasi richiesta di permesso di soggiorno, richiesta di misure di detenzione domiciliare, pensione di reversibilità).
La normativa introdotta nonha fatto per adesso cambiare la tendenza. Ho chiesto al Responsabile del Servizio demografico del Comune di Empoli, ove io risiedo e lavoro, che conta 48.500 abitanti, il numero delle convivenze dichiarate ed il numero dei contratti di convivenza trascritti dall’entrata in vigore della legge 76/16 ad oggi ed i numero dei matrimoni civili e concordatari celebrati negli stessi anni:
I dati sono i seguenti:
ANNO 2016
Matrimoni civili celebrati 191
Matrimoni concordatari registrati 85 Unioni civili celebrate 3
Convivenze di fatto registrate 1 di cui con contatto di convivenza 0
ANNO 2017
Matrimoni civili celebrati 220
Matrimoni concordatari registrati 74 Unioni civili celebrate 3
Convivenze di fatto registrate 0 di cui con contatto di convivenza 0
Ciò dimostra che stiamo per fare un esercizio di stile nell’occuparci dei contratti di convivenza introdotti dalla legge n.76/16.
DOTTRINA PRECEDENTE ALLA LEGGE 76/2016
In precedenza all’entrata in vigore della legge in oggetto, ed in assenza di disciplina, la dottrina avevaelaborato soluzioni dirette a disciplinare i rapporti patrimoniali fra conviventi attraverso il contratto in tre diversi momenti della convivenza:
1. durante il periodo di convivenza,
2. successivamente alla cessazione della convivenzaper cause diverse dalla morte, 3.successivamente alla cessazione della convivenza per morte di un convivente.
Con riferimento al primo momento, la dottrina avevapensato a regimi convenzionali di contribuzione,operanti sul piano obbligatorio quindi solo fra le parti, o ad accordiimplicanti la costituzione o il trasferimento di dirittireali, opponibili dunque anche ai terzi.
Era statoriconosciuto ad ambedue i conviventi il diritto di recessoda esercitare allorché la convivenza cessasse, cosìcome era stato ritenuto ammissibile l’inserimento diuna condizione risolutiva, in cui l’evento fosse costituitodal venir meno del rapporto tra i partner.
Con riferimento alla fase successiva alla cessazionedella convivenza, erano stati prospettati patti contenentiobblighi di mantenimento o alimentari di unpartner a favore dell’altro, oppure diretti a disciplinarela sorte dell’immobile già destinato ad abitazionecomune; essi erano stati configurati come accordi sottopostialla condizione sospensiva del venir menodel rapporto ed il loro oggetto è stato in linea generaleconsiderato lecito e meritevole di tutela.
Erano stateinfine ritenute ammissibili attribuzioni con effetto postmortem, utilizzando lo strumento del contratti a favoredi terzo con prestazione da esigere dopo la morte del conviventestipulante (art. 1412 c.c.).
L’esperienza ci ha insegnato che la conclusione di un contratto di convivenza è avvenutasolo laddove uno dei conviventi abbia avuto l’interesse di proteggere uno o più dei propri beni (normalmente la casa di abitazione) dalla possibile futura aggressione da parte di propri creditori. In tali casi, infatti, il convivente proprietario ha accettato, ad esempio, di porre in essere un vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ., immediatamente trascritto, a favore del convivente per il caso in cui la convivenza fosse venuta meno ed a tutela delle esigenze abitative del convivente stesso e, eventualmente, dei figli della coppia non ancora economicamente autonomi.
Il quesitoche si pone dopo la legge 76/16 è se la tipizzazione del contrattodi convivenza impedisca il riconoscimento di altri schemistrutturati come contratti atipici ed espressivi dellalibertà contrattuale.
La novità della legge n.76/16 è l’aver creato uno strumento che permette ai conviventi diraggiungere alcuni effetti rilevanti per i terzi, checon i mezzi del diritto civile generale non sarebberostati realizzabili.
La scelta della legge non implicanecessariamente che entro la nuova figura tipizzatasiano assorbite altre modalità di regolazionedei rapporti patrimoniali tra conviventi, così darendere
invalidi tutti quei patti che, modellandosisecondo i principi generali del diritto privato, si discostinodallo schema previstodalla nuova legge; dalla tipizzazione del contratto di convivenza deriva solo che contenuti ulteriori rispetto a quelli indicati dal comma 53 non sono opponibili ai terzi.
CONTRATTO DI CONVIVENZA INTRODOTTO DA LEGGE n.76/16
La disciplina del contratto di convivenza è data dai commi dal 50 al 64 della legge 76/2016. Ci soffermiamo in questo scritto solo sulle norme in tema di contenuto, forma e pubblicità.
Ricordo che per dottrina ormai unanime il disposto dei comma 50/64 si applica solo ai conviventi che abbiano i requisiti di cui ai comma 36 e 37, ovvero a “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o da un’unione civile” che abbiano registrato all’anagrafe la loro convivenza.
Da ciò deriva l’obbligo per il notaio o l’avvocato richiesti di formare un contratto di accertarsi dello stato libero di entrambi i richiedenti e del loro convivere anagraficamente, prima di ricevere l’atto. Il contratto di convivenza è definito dal comma 50come quello con cui “i conviventi di fatto possonodisciplinare i rapporti patrimoniali relativi allo lorovita in comune”.
Il contrattoè riservato appunto i “conviventi di fatto”, definitidal comma 36 come “due persone maggiorenni unite stabilmenteda legami affettivi di coppia e di reciprocaassistenza morale e materiale”, non vincolate da altrilegami di parentela, affinità o adozione, ovvero da matrimonio o unione civile.
È questo un presuppostoessenziale del contratto tipizzato; ciò si desume dal disposto del comma 57 che fa derivaredall’assenza della convivenza descritta al comma 36 la “nullità insanabile che può essere fatta valereda chiunque vi abbia interesse”.
La definizione di convivenza di fatto consta quindi di tre elementi:
1) un elemento oggettivo: l’esistenza di due persone unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale;
2) un elemento negativo: l’assenza tra tali due persone di rapporti di parentela, affinità, adozione e matrimonio, oltre che di vincolo di unione civile;
3) un elemento pubblicitario: la registrazione anagrafica, ovvero, più precisamente, la risultanza di un’unica famiglia anagrafica per entrambi i conviventi ai sensi dell’art. 4 del regolamento anagrafico, non modificata ex art. 13 del regolamento stesso.
Per assicurare coerenza alla legge, occorreintendere il richiamo ai rapporti di parentela e affinitàprevisti dal comma 36 nella stessa estensioneprevista dall’art. 87 c.c. e, suo tramite, dal comma4, lett. c).
Ai sensi del comma n. 37, per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di costituzionedi nuova famiglia o di nuova convivenza (ovvero mutamenti intervenuti nella loro composizione).
Detta circostanza, tuttavia, non viene ritenuta un presupposto per la validità della convivenza, ma elemento probatorioai fini dell’inizio della convivenza.
In assenza dell’elemento pubblicitario, tuttavia, è opportuno essere cauti nello stipulare contratti di convivenza.
In tema di legge applicabile, il comma64 precisa che ai contratti diconvivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti: se detta legge è differente, la legge delluogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata, fatte salve le norme nazionali, europee edinternazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima.
CONTENUTO
Il contratto di convivenza deve contenere l'indicazione dell'indirizzo di ciascuna parte al quale sono effettuate le comunicazioni inerenti al contratto medesimo. Da notare l’improprietà di linguaggio del legislatore, che non fa riferimento agli istituti codicistici di residenza e dimora (art.43 cc).
Il contenuto tipico del contratto di convivenza è:
1. l'indicazione della residenza comune con definizione della sua modalità d’uso;
2. le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo, definendo gli obblighi di contribuzione reciproca nelle spese comuni o nell'attività lavorativa domestica ed extradomestica; la fissazione della misura e della modalità di contribuzione; la previsione di situazioni che giustifichino la non contribuzione (Oberto).
3. il regime patrimoniale della coppia, con possibilità di optare per la comunione dei beni, regime che può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza, restando esclusi tutti gli istituti non richiamati espressamente dalla lett. c) del comma 53, quali il fondo patrimoniale e la comunione convenzionale;
Secondo una teoria restrittiva con il contratto di convivenza non si possono disciplinare quei rapporti patrimoniali che attengono allo scioglimento della convivenza di fatto ed agli effetti di ordine patrimoniale che ne derivano, in quanto, a loro volta, già disciplinati da altre norme della l.
n. 76/2016 (commi 42- 44 e 49), oppureal diritto comune o alla legislazione speciale.
Il contratto di convivenza in oggetto assume le caratteristiche di una convenzione di regime o normativa, con la conseguenza che, come accade in tutti gli altri contratti di regime o normativi, molte delle norme di cui agli artt. 1321 - 1469 cod. civ., dovranno ritenersi derogate dalla legge speciale proprio in forza della portata previsionale ed organizzativa.
In caso di lacune, le norme da applicare analogicamente dovranno rinvenirsi, in linea di massima, all’interno della disciplina del matrimonio, pure con la cautela richiesta alla luce della scelta di fondo del legislatore del 2016.
Secondo una teoria estensiva con il contratto di convivenza disciplinato dalla legge 76/16 si possono disciplinare i rapporti ‘‘patrimoniali’’ ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali (ad es. la nomina di tutore/amministratore di sostegno) e taluni rapporti ‘‘extrapatrimoniali’’ quali la designazione dell’altro quale rappresentante per le decisioni in materia di salute in caso di propria
incapacità e per la donazione di organi, trattamento del corpo e celebrazioni funerarie in caso di morte.
Quindi il contratto può avere quale contenuto eventuale ed atipico:
1. le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza al fine di evitare, nel momento della rottura, discussioni e rivendicazioni;
2. la designazione dell'altro quale proprio rappresentante, con poteri pieni o limitati, in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute, ed in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie;
3. l’indicazione del convivente come futuro tutore, curatore o amministratore di sostegno, in caso ne ricorrano i presupposti.
Il contratto può regolamentare la ripartizione dei compiti e costi di mantenimento, l'istruzione e l'educazione dei figli della coppia di conviventi .
Si tratterebbe, comunque, di pattuizioni non vincolanti per il Giudice chiamato a decidere nell’interesse del minore in caso di cessazione della convivenza.
Le parti possono prevedere che la contribuzione si esplichi mediante la partecipazione alle spese o mediante la messa a disposizione del lavoro casalingo o di uno o più immobili di cui il convivente è proprietario o ha disposizione.
I conviventi possono anche derogare al criterio della proporzionalità per quanto riguarda i loro rapporti personali, poiché detto principio è inderogabile solo per le coppie coniugate. Non possono farlo per quanto riguarda i figli.
E’ valida la subordinazione dell’obbligo al perdurare della convivenza, precisazione che consente al soggetto di non essere tenuto a contribuire laddove essa cessi. Tale previsione è consigliabile per il convivente unico obbligato.
Può essere previsto una durata minima dell’obbligo di contribuire indipendentemente dal perdurare della convivenza. Trattasi di diritto patrimoniale come tale rinunciabile.
Del pari può essere previsto che il recesso unilaterale, esercitato ex comma 59 lett. B, non determini il venir meno dell’obbligo assunto.
Le parti possono riservarsi, con apposite clausole inserite nel contratto di convivenza, la facoltà di recesso. L'esercizio della facoltà di recesso potrà, a seconda di quanto pattuito dalle parti essere totalmente libero, ovvero essere subordinato al verificarsi di determinati eventi o condizioni, essere gratuito o essere subordinato al pagamento, all'altra parte, di un corrispettivo (multa penitenziale).
Non si tratterà mai di contratti “standard”, ma occorrerà verificare insieme ai clienti le esigenze specifiche della coppia per disciplinare i diversi aspetti patrimoniali, consentendo di tutelare tramite il contrato la parte debole della coppia.
Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto. Pertanto la violazione di taluno degli obblighi assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta.
Il dies a quo del contratto è la data della stipula dello stesso, salvo che le parti non abbiano diversamente pattuito.
La durata "naturale" del contratto di convivenza coincide con la durata del rapporto di convivenza. E' logico quindi subordinare gli effetti del contratto alla permanenza del rapporto di convivenza.
Ciò non toglie che vi siano alcuni accordi destinati a produrre i loro effetti proprio a partire dalla cessazione del rapporto di convivenza: si pensi a tutti gli accordi che fissano le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza. Se nel contratto sono contenuti anche accordi di questo tipo, alla cessazione del rapporto di convivenza, il contratto continuerà a trovare applicazione proprio per disciplinare la fase di definizione dei rapporti patrimoniali e la divisione dei beni comuni.
FORMA
Il comma 51 impone apena di nullità la forma scritta, che può essere l’atto pubblico o la scrittura privata con sottoscrizione autenticata da Notaio o da un avvocato. L’inciso “a pena di nullità” è riferito alla espressione che precede “sono redatti in forma scritta” e non a quella che segue “con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata…”, che indica le possibilità fra cui i conviventi possono scegliere.
La formalità imposta appare eccessiva, salvo per il caso in cui i conviventi disciplinino il regime degli acquisti.
La legge non introduce nessuna menzione obbligatoria né per il Notaio né per l’Xxxxxxxx.Xx giudizio di conformità è co-sostanziale all’autentica dell’atto; ciò non impedisce al Notaio od all’Avvocato di esplicitare il giudizio di conformità.
Con specifico riferimento all’autentica rilasciata dall’Avvocato, si è asserito che non si può applicare analogicamente a questo, stante la loro specialità, le norme della legge notarile, con la conseguenza che l’avvocato autenticante ex comma 51 non ha nessun obbligo di repertoriazione, conservazione dell’originale, registrazione, verifica esterna istituzionale della legalità dell’attività di autenticazione svolta
L’autentica rilasciata dall’avvocato è una scrittura privata che accede ad una scrittura privata e che consiste nella asseverazione resa da un professionista iscritto ad un albo (Mecenate) .
Ai fini della responsabilità penale l’Avvocato asseverante è un privato esercente un servizio di pubblica necessità solo ai fini della genuinità della firma.
La responsabilità dell’Avvocato opera nel rapporto con il cliente nel cui interesse agisce, ed quindi è di ordine professionale.
L’asseverazione dell’avvocato contiene un giudizio di corrispondenza, cioè di genuinità della firma e di conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico.
L’Avvocato non ha il dovere di provvedere alla registrazione dell’atto e non è responsabile fiscalmente nei confronti dell’Erario, a differenza del Notaio (art 10 TUR DPR 131/1986).. Nondimeno ha il dovere professionale di rappresentare al cliente la necessità di procedere alla registrazione dell’atto, richiesta per procedere all’iscrizione nei registri anagrafici e quindi per l’opponibilità ai terzi (art 65 , 2 e 3, TUR DPR 131/1986).
Il contratto non autenticato e asseverato ha validità solo fra le parti.
Il comma 54 precisa che ‘‘il regime patrimoniale scelto dal contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al “comma51º’’, quindi adottando la medesima forma scelta per la redazione del contratto originario. Secondo certa dottrina la dichiarazione scritta di scioglimento della convivenza soddisfa il requisito anche ai fini del recesso dal contratto di convivenza.
PUBBLICITA’
Il comma 52 prevede che‘‘ai fini dell’opponibilità ai terzi, il professionista che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione ai sensi del comma 51º deveprovvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30.5.1989, n. 223”.
Non sono previste sanzioni per il ritardo nella trasmissione da parte del professionista alla stregua di quanto previsto nella normativa in materia di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio.
Le esigenze di pubblicità e opponibilità sono a lorovolta comprensibili alla luce del contenuto che ilcontratto può assumere e che è esteso, in base alcomma 53, all’adozione del regime patrimonialedella comunione dei beni, modellato sulla disciplina che il codice civile prevede per i coniugi.
Secondo una tesi restrittiva il contenuto atipico del contratto non è opponibile ai terzi, anche laddove il contratto sia iscritto nei registri anagrafici. Il contratto di convivenza ha contenuto tipico e quindi le pattuizioni ulteriori hanno valore solo fra le parti.
Secondo una tesi estensiva la pubblicità rende opponibile il contrattodi convivenza nel suo complesso, e quindi può riguardareanche alcune previsioni pattizie che, in lineagenerale, opererebbero solo sul piano obbligatorioe quindi con effetti relativi ai soli contraenti;è il caso, per esempio, del comodato della casa diabitazione attribuito da un convivente ad un altro,che diverrebbe in questo caso opponibile ai terziche divenissero acquirenti del bene o sottoponesserolo stesso ad esecuzione forzata.
Si collocanoinoltre in modo simmetrico le norme che richiedono le stesse forme e la medesima pubblicità per glieventi che sciolgono il contratto di convivenza pervolontà delle parti, ed in particolare la disposizioneche pretende la forma dell’atto pubblico o dellascrittura privata autenticata per l’espressione delmutuo dissenso e del recesso (comma 60) e quellache richiede al professionista che ha raccolto il recesso(e il mutuo dissenso) di provvedere alla suapubblicità (comma 61).
La preoccupazione per la certezza nei confronti deiterzi si manifesta anche con riguardo alle altre ipotesidi scioglimento del contratto. Il comma 62 prevede che la parte che ha contratto matrimonio o unione civile notifichi l’estratto del relativo atto al professionista; la legge non
afferma esplicitamente che il professionista ne debba curare la pubblicità, ma, considerato che il comma successivo richiede gli adempimenti pubblicitari per il caso di morte, si impone per analogia un obbligo conforme, anche perché, ritenendo diversamente, la notificazione dell’evento al professionista diverrebbe un’informazione fine a se stessa e senza alcun effetto per i soggetti interessati.
Infatti nel caso dimorte di uno dei conviventi, il comma 63 richiedeche il convivente superstite o gli eredi del defuntonotifichino al professionista che ha redatto il contrattol’estratto dell’atto di morte, affinchéquesti “provveda ad annotare a margine del contrattodi convivenza l’avvenuta risoluzione del contrattoe a notificarlo all’anagrafe del comune di residenza”.
Tale norma pone forti problemi applicativi laddove si consideri che l’Avvocato non ha obbligo di Raccolta al pari del Notaio; la Raccolta è istituto pubblicistico normato dall’art 61 legge notarile.
Si deve concludere quindi che l’annotazione a margine dell’atto di convivenza riguarda solo i contratti formati per atto pubblico e scrittura privata con sottoscrizione autenticata dal Notaio. L’avvocato sarà solo tenuto a notificare l’estratto dell’atto di morte all’anagrafe del comune di residenza dei conviventi.
Firenze, 7.12.17 Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx
Bibliografia
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Xxxxxxxxx il contratto di convivenza nella legge 20.5.2015 76 nuova giurisprudenza civile commentata 12 2016
Villa la gatta frettolosa è i contratti di convivenza, il corriere giuridico 10 2016