RIVISTA FONDATA DA F. GALGANO E M. BIN
ISSN 1127-2872
Pubblicazione annuale
Anno XXII
2017
e impresa/Europa
RIVISTA FONDATA DA X. XXXXXXX E X. XXX
Diretta da
Tariffa R.O.C Poste Italiane s.p.a.- Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. I, comma I, DCB Milano
Xxxxxx Xxx e Xxxxxxxxx Xxxxx
• Cinque voci sui danni punitivi
• Proprietà: il sottosuolo; circolazione dei beni culturali
• Tutela del consumatore: le clausole “floor”; vendita di pacchetti turistici
• Appalti “verdi”
• Contratti commerciali internazionali: i Principi dell’Aja sulla scelta della legge applicabile
• Diritto privato europeo: la standardizzazione dei contratti
• Vigilanza assicurativa: Solvency II; Eiopa
• Proprietà intellettuale: brevetto unitario; tutela dell’opera d’arte
• Piattaforme digitali
• Protezione dati personali
• La residenza abituale in materia matrimoniale
• Trust e trapianti giuridici
• Legge europea 2016-2017
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/XXX
XXXXXXX XXXXXXXXX XXXXXXX XXXX
Patrimoni culturali, tesori nazionali: il protezionismo degli Stati membri dell’UE nella circolazione dei beni culturali (1)
SOMMARIO: 1. Il patrimonio culturale: un approccio di diritto comparato. – 1.1. Definizioni adottate dagli strumenti internazionali. – 1.2. Definizioni adottate dalla normativa europea. – 1.3. Il rapporto tra ‘patrimonio culturale’, ‘tesoro nazionale’ e ‘patrimonio nazionale’: l’eccezione al libero commercio. – 1.4. Il tesoro nazionale e la componente culturale nei Trattati europei: quali tutele per le opere d’arte contemporanee? – 1.5. La nozione di ‘tesoro/patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale’ nella Direttiva 2014/60. – 1.6. Un’armonizzazione improbabile? La pluralita` di livelli normativi. – 2. Patrimoni culturali, tesori nazionali e modelli di protezione. – 2.1. Il francese patrimoi- ne/tre´sors nationaux. – 2.2. Il treasure inglese. – 2.3. La visione italiana. – 2.4. Alcune riflessioni in prospettiva comparata. – 3. Considerazioni conclusive.
1. – La tutela del patrimonio culturale per il giurista, come per il cultore di altre discipline, e` un tema versatile, multiforme e complesso. La definizione di cultural heritage ‘patrimonio culturale’ accolta in sede internazionale comprende ormai molteplici beni, tangibili e non, come, ad esempio, le tradizioni orali, le coreografie, i rituali e le cerimonie (2). Anche
(1) Questo saggio e` il risultato di una ricerca svolta nell’ambito del progetto HEU- RIGHT HERITAGE (xxxx://xxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxxx/ [ultimo accesso 7 agosto 2017]). Gli autori hanno contribuito nella stessa misura alla ricerca bibliografica e alla redazione del testo, dopo averne piu` volte discusso il contenuto e la forma, anche a seguito della parte- cipazione al Convegno internazionale Cultural Heritage in the ffuropean Union: Legal Per- spectives and Contemporary Challenges, tenutosi a Varsavia nel 2017. Ai fini della valutazione dei prodotti della ricerca, i paragrafi 1, 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6 sono da attribuire a Xxxxxxx Xxxx, i paragrafi 2, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4 a2.4 a Xxxxxxx Xxxxxxxxx. Il paragrafo 3 riflette le riflessioni conclusive condivise dagli autori.
(2) All’inizio del XXI secolo, tre importanti Convenzioni sono intervenute sulla defi- nizione di cultural heritage. La Convenzione UNESCO 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, che provvede alla protezione del patrimonio culturale sommerso dalle acque (2 novembre 2001, in vigore dal 2 gennaio 2009); la Convenzione UNESCO 2003 relativa alla tutela del patrimonio culturale immateriale, che enuclea la nozione di ‘patrimo- nio immateriale’ (17 ottobre 2003, in vigore dal 20 aprile 2006, 2368 UNTS 1), nozione che figura anche tra i concetti centrali della Convenzione UNESCO del 2005 sulla diversita` delle espressioni culturali (20 Ottobre 2005, in vigore dal 18 marzo 2007, in UNESCO, Records of the General Conference, 33rd session, Paris, 2005, (2 vol., 2005), vol. I, p. 83). Per l’approfondimento della nozione di patrimonio culturale immateriale (o intangibile): X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX (cur.), Il patrimonio culturale intangibile nelle sue diverse
Contratto e impresa/ffuropa 2017
l’osservatore meno attento avra` notato il numero crescente di Convenzioni internazionali che contribuiscono alla creazione e allo sviluppo di una politica transnazionale a protezione del patrimonio culturale che si vuole condiviso dall’umanita` (3). In particolare, queste Convenzioni mostrano un impegno politico comune per contrastare il commercio illecito di beni culturali, si tratti di opere d’arte, oggetti archeologici o antichi, monete, esemplari rari, o di manufatti che costituiscono testimonianze della vita culturale delle popolazioni indigene. Le legislazioni nazionali a loro volta vietano, o limitano l’esportazione di una variegata moltitudine di beni culturali, ma in questa materia valgono talvolta due pesi e due misure. A fronte di un regime protettivo del patrimonio culturale nazionale, gli Stati non di rado aprono la porta all’importazione di beni culturali tutelati altrove, rifiutando di applicare la legislazione protettiva dello Stato d’ori- gine, che ne vieterebbe, o limiterebbe l’esportazione.
La stampa non manca di informarci, quotidianamente, di eventi scioc- canti, molto spesso riferibili alla distruzione di patrimoni culturali in zone di conflitto, o, pur in assenza di conflitti, di condotte negligenti da parte di soggetti (pubblici o privati) preposti alla conservazione dei beni, o di celebri istituzioni culturali coinvolte nell’acquisto di beni di provenienza illecita. Per scongiurare che gli eventi bellici in Iraq e in Siria si trasformassero in ulteriori occasioni di commercio illecito di beni culturali, e` intervenuta anche l’UE adottando il Regolamento 1210/2003 sui beni culturali iracheni e il Regolamento 1332/2013 sul patrimonio culturale siriano, che impongo- no restrizioni alla circolazione dei beni culturali rimossi da quei Paesi vie- tandone l’importazione, l’esportazione e il commercio (4). Nel 2014 l’Unione e l’UNESCO hanno varato l’operazione congiunta ffmergency Safeguarding
dimensioni, Milano, 2012. Piu` in generale si veda: X. XXXXXX, Le nuove frontiere della protezione internazionale del patrimonio culturale, materiale ed immateriale, in Studi in onore di Xxxxxxxxxxxxx Xxxxxx, a cura di X. X’Xxxxx, Milano, 2012, p. 221 ss.
(3) Tra le opere piu` recenti: X. XXXXXXX, International Law and the Protection of Cultural Heritage, Xxxxxx-Xxx Xxxx, 0000; J.A.R. XXXXXXXX, R.K. XXXXXXXX (eds.), Hand- book on the Law of Cultural Heritage and International Trade, Cheltenham UK-Northamp- ton MA USA, 2014; X. XXXXX, Xxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxx, Xxxxxx, 0000; X. XXXXX, La circulation des biens culturels: de`ıtermination de la loi applicable et me´thodes de re`glement des litiges, Leiden, 2016; J.A.R. XXXXXXXX, Trading and Returning Cultural Objects under International Law, in Santander Art and Culture Law Review (d’ora innanzi: SAACLR) 2/ 2016, pp. 179-194.
(4) Rispettivamente Regolamento (CE) n. 1210/2003 del Consiglio del 7 luglio 2003 relativo a talune specifiche restrizioni alle relazioni economiche e finanziarie con l’Iraq e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 2465/1996, GUCE X 000, 0 xxxxxx 0000, x. 0, x Xxxxxxxxxxx (XX) n. 1332/2013 del Consiglio del 13 dicembre 2013 che modifica il
of the Syrian Heritage (5) per arrestare la perdita del patrimonio culturale siriano, confermando la stretta cooperazione fra le istituzioni a livello internazionale. L’impegno politico congiunto e` stato rafforzato il 24 marzo 2017, con la risoluzione 2347 (2017) (6) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la quale invita gli Stati membri a intraprendere azioni per contrastare il commercio e il traffico illecito di beni culturali quando hanno origine in un contesto di conflitto armato e sono opera di gruppi terroristici. Anche i leader del G20, nell’incontro dell’8 luglio 2017, hanno dichiarato il loro impegno a lottare contro le fonti alternative di finanzia- mento del terrorismo, fra cui il trafugamento e il contrabbando di oggetti di antichita` (7). L’Unione ha, infine, reso nota la Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’importazione di beni culturali (8). Il nuovo strumento vuole impedire l’importazione nell’UE di beni culturali esportati illegalmente da un paese terzo, e tende a ridurre il traffico di beni culturali e a contrastare il finanziamento del terrorismo, proteggendo contestualmente il patrimonio culturale, soprattutto nei paesi di origine in cui sono in corso conflitti armati. Nel maggio del 2017 e` stata inoltre adottata la Convenzione c.d. ‘di Nicosia’, sui reati relativi ai beni culturali (9), promossa dal Consiglio d’Europa, un’altra istituzione fonda- mentale nel quadro che si va delineando. La Convenzione sviluppa la cooperazione internazionale nella lotta contro i reati relativi ai beni cultu- rali. Si tratta dell’unico trattato internazionale dedicato specificamente all’incriminazione del traffico illecito di beni culturali. La nuova Conven- zione tende a reprimere diversi reati, tra cui il furto, gli scavi illegali, l’importazione e l’esportazione illecita di beni culturali, nonche´ l’acquisi- zione e la commercializzazione dei beni cosı` ottenuti. Riconosce inoltre
Regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situa- zione in Siria, GUUE L 335, 14 dicembre 2013, p. 3.
(5) UNffSCO-ffU: Launch of the ffmergency Safeguarding of the Syrian Heritage pro- ject,xxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xxx/xx/xxxxxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxxx-xxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx-xxxxxx- tives/emergency-safeguarding-of-syria-heritage/ [ultimo accesso 7 settembre 2017]).
(6) Resolution 2347 (2017) Adopted by the Security Council at its 7907th meeting, on 24 March 2017, xxxx://xxxxx.xxx/xx/xxxxxxxxxxx/xxx/0000 [ultimo accesso 7 settembre 2017]).
(7) G20 Leaders´ Declaration Shaping an interconnected world, placeStateHamburg, 7/8 July 2017, xxxxx://xxx.x00.xxx/xxxxxxxxxxxxxxx/X00-xxxxxxx-xxxxxxxxxxx.xxx [ultimo ac- cesso 7 settembre 2017]).
(8) Bruxelles, 13.7.2017 COM(2017) 375 final 2017/0158 (COD), [ultimo accesso 7 settembre 2017].
(9) 3 May 2017, CETS no. 221. Sullo stato delle ratifiche cfr. xxxx://xxx.xxx.xxx/xx/ web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/221/signatures?p_auth=3cffMoo4F [ultimo accesso: 6 settembre 2017].
come reato la falsificazione di documenti e la distruzione, o il danneggia- mento intenzionale dei beni culturali. Il nuovo testo e` aperto alla firma di tutti gli Stati del mondo.
Lo straordinario sforzo compiuto nell’elaborazione di norme dedicate alla tutela dei beni culturali e del patrimonio culturale, nonche´ i tentativi di armonizzazione e di unificazione del diritto dei beni culturali perseguiti con gli strumenti giuridici internazionali costituisce un’importante evolu- zione delle norme internazionali applicabili alla tutela del patrimonio cul- turale. Non a caso, di recente, uno dei massimi studiosi della materia ritiene che al riguardo vi sia un nuovo diritto internazionale consuetudi- nario in via di formazione (10). Ad esempio, sul piano internazionale si sta affermando la regola secondo cui il bene culturale di uno Stato gode di immunita` rispetto ad eventuali procedimenti di esecuzione quando l’og- getto viene prestato su base temporanea ad un museo straniero, per un evento o una mostra (e` la c.d. ‘immunita` dal sequestro’) (11). Naturalmente queste norme sono favorite dalle istituzioni sovranazionali: nel caso speci- fico, il c.d. Piano d’azione della Commissione europea per la promozione delle collezioni museali (Action Plan for the ffU Promotion of Museum Collections’ Mobility and Loan Standards 2006) (12) ha suggerito che, per promuovere la mobilita` delle collezioni museali, cioe` i prestiti di beni culturali e di opere d’arte, sia necessario offrire standard uniformi a ga- ranzia della restituzione delle opere che gli Stati membri dell’UE recipro- camente si concedono per esporle nei rispettivi musei.
Le controversie relative alla circolazione dei beni culturali sicuramente affascinano lo studioso di diritto comparato. In queste liti, infatti, vengono a confronto i vari regimi giuridici che ne disciplinano la circolazione (13).
(10) X. XXXXXXXXX, La protezione internazionale dei beni culturali: un diritto consuetu- dinario in formazione? in X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX (cur.), La tutela internazionale dei beni culturali nei conflitti armati, Milano, 2007, p. 3 ss.; ID., Plurality and Interaction of Legal Orders in the ffnforcement of Cultural Heritage Law, in X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX (eds.), ffnforcing International Cultural Heritage Law, Oxford, 2013, p. 9 ss.
(11) X. xxx XXXXXXXXXX, State Immunity and Cultural Objects on Xxxx, Xxxxxx, 0000;
X. XXXXXX, The Settlement of International Cultural Heritage Disputes, Oxford, 2014, p. 76 ss.
(12) Disponibile all’indirizzo xxxx://xxx.xxxxxxx-xxx-xxxxxx.xx/xxxxxxxxx/XX/xxxxxx/ documents/policy/Action_Plan_for_the_ffU_Promotion.pdf, p. 4, e xxxx://xxx.xxxxxxx-xxx- xxxxxx.xx/xxxxxxxxx/XX/xxxxxxxx/XXX/XXX_Xxxxxxxx_xx_Xxxxxxxxxxx_Xxxxxx_Xxxx_0_Xx- ly10.pdf [ultimo accesso: 25 luglio 2017].
(13) Oltre alla bibliografia gia` citata nelle note precedenti, v. X. XXXXX, La circolazione internazionale dei beni culturali: diritto internazionale, diritto comunitario e diritto interno, 2a ed., Milano, 2007; X. XXXXXXXXX, voce Beni culturali (circolazione dei) (diritto internazionale privato), in ffnc. Dir., Xxxxxx XX, t. 2, Milano, 2008, pp. 91 -114; X. XXXX, H. E.G.S.
Spesso queste dispute sono risolte con procedure stragiudiziali, prima di raggiungere i tribunali: mediazione, missioni diplomatiche, dichiarazioni congiunte, accordi bilaterali, cooperazione tripartita sotto la supervisione dell’UNESCO, ecc. (14) Cos`ı, gli attori giuridici nazionali (legislatori, giu- dici, avvocati, funzionari ministeriali, notai...) contribuiscono a loro volta alla comprensione del fenomeno e allo sviluppo degli stessi concetti di cultural heritage e cultural property, il secondo generalmente tradotto con l’espressione beni culturali. I beni culturali si riferiscono ad una parte del patrimonio culturale, alla massa diversificata di ‘documenti’ di tutti i tipi ai quali nelle nostre societa` si riconosce un particolare interesse ar- cheologico, artistico, storico o etnologico (15). I meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie in questo campo hanno precedenti illustri. Possiamo ricordare, ad esempio, il viaggio di Xxxxxx a Parigi per recupe- rare i tesori d’arte italiani che le armate napoleoniche avevano portato in Francia. Xxxxxx era stato uno degli artisti preferiti di Xxxxxxxxx e questo fatto, unitamente alla pubblicazione dell’opuscolo di Quatreme`re de Xxxxxx sulla Re´publique des artes et des sciences, basato sul principio diviser c’est de´truire (16), lo aiuto` a recuperare alcuni capolavori dello Stato papale, come il Lacoonte, l’Apollo del Belvedere, la Trasfigurazione di Raffaello e la Deposizione di Xxxxxxxxxx, oltre a numerosi manoscritti (17). Piu` recentemente, la restituzione dell’Obelisco di Axum all’Etiopia e della Venere di Cirene alla Libia da Parte dell’Italia (18) possono essere citati come esempi di soluzioni giuridiche cercate e trovate al di fuori del cir- cuito delle corti. Tuttavia, le soluzioni transattive di questo tipo e le azioni diplomatiche non toccano le norme nazionali sui beni culturali, che resta- no molto eterogenee. Secondo quali criteri gli Stati assegnano quel “sup- plemento spirituale” (19) alla materialita` degli oggetti che prendono quindi
SCHNEIDER (eds.), Art, Cultural Heritage and the Market: ffthical and Legal Issues, Berlino, 2014. In2014. In proposito si vedano i saggi di Xxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxx raccolti nel Vanderbilt Journal of Transnational Law (2005), numero 4.
(14) M.-X. XXXXXX, A, XXXXXX, A. L. BANDLE (cur.), Resolving Disputes in Cultural Property /La re´solution des litiges en matie`re de biens culturels, Zurich, 2012.
(15) X. XXXXXXXX, Introduction a` la conservation arche´ologique (1990), transl. Intro- duction to Archeological Conservation, in N. S. XXXXX et al (cur.), Historical and Philosophical Issues in the Conservation of Cultural History, Los Angeles, 1996, pp. 247 – 259.
(16) X. XXXXXXXX, Diviser c’est de´truire: ffthical Principles and Legal Rules in the Field of Return of Cultural Property, in Riv. dir. int., 2011, pp. 341 – 395.
(17) X. XXXXX, Xxxxxxx Xxxxxx, la Repubblica delle arti ed il diritto internazionale, in
Riv. dir. int., 1992, pp. 879 – 902.
(18) XXXXXXXX, cit. nota 16, p. 341 ss.; X. XXXXXXXX (ed.) La restituzione dei beni culturali rimossi con particolare riguardo alla pratica italiana, Milano, 2014.
(19) BERDUCOU, cit. nota 15, p. 247.
il nome di beni culturali? Sono oggetti che simboleggiano la capacita` di ciascuna societa` di rappresentare il presente e soprattutto il passato, come pure il passato ed il presente di altre comunita`, che non possiedono piu` quegli oggetti? Ed il loro futuro? La maggior parte di questi oggetti sono potenziali portatori di molteplici significati e informazioni sulla storia del- l’umanita`: tutti questi ‘documenti’ sono beni culturali? Anche quando la definizione di bene culturale varia da Stato a Stato, essi hanno un destino comune nella prospettiva della loro “conservazione” (20), la quale mira a garantirne la durata e l’integrita` nel tempo, nonche´ l’accessibilita` ai loro fruitori. Tra queste esigenze si pone una questione di bilanciamento di interessi, poiche´ l’utilita` sociale dell’oggetto culturale trasmessa dalla rive- lazione del suo messaggio (estetico, storico, piu` ampiamente culturale) richiede che le ragioni della fruizione siano conciliate con quelle della conservazione.
Con l’obiettivo di bilanciare gli interessi in gioco ed armonizzare il frammentato (dis)ordine giuridico che attiene ai patrimoni culturali degli Stati due attori principali, l’UNESCO e l’UNIDROIT (Istituto internazio- nale per l’unificazione del diritto privato), hanno dunque proposto l’ado- zione di alcune Convenzioni internazionali (21). Bisogna far capo ad esse per provare a chiarire quale contenuto assume sul piano internazionale la nozione di cultural heritage e il suo corrispettivo linguistico italiano ‘pa- trimonio culturale’ (22).
1.1. – Cultural property, espressione resa in italiano con beni culturali, e` la prima nozione adottata dall’Art. 1 della Convenzione dell’Aja del 1954, per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, e dai suoi due Protocolli (1954 e 1999) (23). La nozione rinvia ad un elen- cazione esemplificativa che comprende: a) i beni, mobili o immobili, di
(20) BERDUCOU, op. cit., p. 250.
(21) Per un elenco, XXXXXXXX, cit. nota 16. Sulla questione dell’efficacia e dell’efficienza di questi strumenti il dibattito e` sempre aperto: sulla Convenzione Unidroit del 1995 cfr. X. XXXXX, The Impact of the UNIDROIT Convention on International case law and practice. An Appraisal, in Unif. L. Rev., 2015, pp. 626-636; M. CORNU, Recasting Restitution: Interactions between ffU and International Law, in Unif. L. Rev., 2015, pp. 637-646.
(22) Come si dira` meglio oltre, e` chiaro che la nozione richiama una serie di concetti e di indici che sono stati elaborati da cultori di diverse discipline. Cfr. pero` fin d’ora la classica trattazione di X. XXXXX, The Modern Cult of Monuments: Its ffssence and Its Develop- ment (1928), trad ing. in N. S. XXXXX et al (cur.), Historical and Philosophical Issues in the Conservation of Cultural History, cit. nota 15, pp. 69-83.
(23) In sintesi x. X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX (xxx.), Il diritto dei beni culturali, 3a ed., Bologna, 2006.
grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come i monu- menti architettonici, di arte o di storia, religiosi o laici; le localita` archeo- logiche; i complessi di costruzioni che, nel loro insieme, offrono un inte- resse storico o artistico; le opere d’arte, i manoscritti, libri e altri oggetti d’interesse artistico, storico, o archeologico; nonche´ le collezioni scientifi- che e le collezioni importanti di libri o di archivi o di riproduzione dei beni sopra definiti; b) gli edifici la cui destinazione principale ed effettiva e` di conservare o di esporrei beni culturali mobili definiti al capoverso a), quali i musei, le grandi biblioteche, i depositi di archivi, come pure i rifugi destinati a ricoverare, in caso di conflitto armato, i beni culturali definiti al capoverso a); c) i centri comprendenti un numero considerevole di beni culturali, definiti ai capoversi a) e b), detti “centri monumentali”.
Da questo nucleo iniziale hanno preso le mosse i successivi strumenti internazionali. Cultural property, resa con la medesima terminologia beni culturali, e` l’espressione utilizzata anche dalla Convenzione dell’UNESCO del 1970, concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprieta` dei beni culturali (24), mentre la Convenzione UNIDROIT del 1995 sui beni cultu- rali rubati o illecitamente esportati (25) nella sua versione in lingua inglese ha introdotto una diversa terminologia, poiche´ parla di cultural objects, di cui viene offerta la definizione nell’art. 2 della Convenzione. L’espressione inglese e` pero` correntemente resa in italiano con la terminologia usuale, cioe` beni culturali. Questa continuita` si spiega consultando la versione francese della medesima Convenzione, la quale si esprime avendo come punto di riferimento i bien culturels.
Rispetto alla Convenzione dell’Aja del 1954, la Convenzione UNI- DROIT del 1995 definisce in termini ben piu` ampi i beni culturali, come
(24) La traduzione in italiano e` disponibile all’indirizzo xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxxx- xxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxxxxx/XxxxxxxXxxxx/xxxxxxxxx/00x00000x0000_xxxxxxxxxxx_Xxx- sco_1970.pdf [ultimo accesso: 25 luglio 2017]. Tra le opere fondamentali: X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, The 1972 World Heritage Convention: a Commentary, Oxford, 1988; sulla sua implementazione, in prospettiva comparata: X. XXXXXXXXXXXX, Models of Implementation of the 1970 UNffSCO Convention: Can Their ffffectiveness Be Determined?, in L.V. XXXXX, X. XXXXXXX-XXXXXX, X. XXXXX (eds.), Realizing Cultural Heritage Law: Festschrift for Xxxxxxx X’xxxxxx, Institute of Art and Law, Crickadarn 2013, pp. 9-25.
(25) Il testo nella traduzione italiana non ufficiale ma autorizzata dal Segretariato UNIDROIT e` disponibile all’indirizzo xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxx/xxxxxx/xxxx_xxxxxxx- t_1995_it.pdf [ultimo accesso: 25 luglio 2017]. XXXXX, cit. supra nota 21; X. XXXXXXXXX, The 1995 UNIDROIT Convention: An Indispensable Complement to the 1970 UNffSCO Convention and an Inspiration for the 2014/ł0/ffU Directive, in SAACLR 2/2016, pp. 149-164.
quelli che, “a titolo religioso o profano, sono importanti per l’archeologia, la preistoria, la storia, la letteratura, l’arte o la scienza” (Art. 2 Convenzio- ne UNIDROIT 1995); le categorie di beni rilevanti agli effetti della Con- venzione sono poi individuate tramite un elenco allegato alla Convenzione stessa (26). Si vuole cosı` porre ogni Stato in grado di pretendere la resti- tuzione degli oggetti culturali rubati, o illecitamente esportati, evitando una perdita che impoverirebbe il patrimonio culturale nazionale come prevede l’Art. 2 della Convenzione UNESCO 1970.
La nozione di bene culturale si articola, pertanto, in relazione alla qualita` dell’oggetto in relazione al contesto in cui esso e` inserito e tramite il valore comunicativo che l’oggetto possiede per determinate comunita`. Infatti, i patrimoni culturali esprimono sempre messaggi di valore meta- individuale (27).
Tra i punti di forza delle succitate Convenzioni ricordiamo proprio il nuovo vocabolario introdotto, diretto ad esaltare l’importanza della pro- tezione del patrimonio culturale, instillando un senso di responsabilita` sia nel soggetto pubblico che in quello privato: la restituzione unilaterale (o addirittura spontanea) di beni culturali oggetto di traffico illecito e` dive- nuta piu` comune dopo questi interventi normativi (28). Peraltro le Con- venzioni internazionali hanno forse sopravvalutato la capacita` coesiva del- l’aggettivazione ‘culturale’. ‘Cultura’ e` un termine riferito ad una varieta` di ideali non necessariamente condivisi, sul cui significato non vi e` unanime consenso: il vocabolo e` notoriamente sfuggente.
(26) Questo l’Allegato alla Convenzione: “a. Collezioni ed esemplari rari di zoologia, botanica, mineralogia e anatomia; oggetti che presentano un interesse paleontologico; b. beni inerenti alla storia, compresa la storia delle scienze e della tecnica, la storia militare e sociale, nonche´ la vita di dirigenti, pensatori, eruditi ed artisti nazionali, e gli avvenimenti di importanza nazionale; c. prodotti di scavi archeologici (regolari e clandestini) e di ritrova- menti archeologici; d. elementi provenienti dallo smembramento di monumenti artistici o storici e da siti archeologici; e. oggetti di antichita` aventi oltre cent’anni di eta`, come iscrizioni, monete e sigilli incisi; f. materiale etnologico; g. beni di interesse artistico come:
(i) quadri, dipinti e disegni interamente fatti a mano su qualunque supporto ed in qualsiasi materia (ad esclusione dei disegni industriali e degli articoli lavorati a mano); (ii) produzioni originali dell’arte statuaria e della scultura, in tutte le materie; (iii) incisioni, stampe e litografie originali; (iv) assemblaggi e montaggi artistici originali in qualunque materia; h. manoscritti rari ed incunaboli, libri, documenti e pubblicazioni antiche d’interesse partico- lare (storico, artistico, scientifico, letterario ecc.), singoli o in collezioni; i. francobolli, mar- che da bollo e simili, singoli o in collezioni; j. archivi, compresi gli archivi fonografici e cinematografici; k. oggetti d’arredo di oltre cent’anni di eta` e strumenti musicali antichi”.
(27) Cosı` X. XXXXXXX, Il diritto di proprieta`, in Tratt. dir. civ. e comm. Cicu-Messineo- Mengoni, Milano, 1995, p. 326 ss.
(28) J. A.R. XXXXXXXX, Trading and Returning Cultural Objects under International Law, cit. nota 3, p. 189.
Schiere di intellettuali hanno ragionato nei secoli sul termine ‘cultura’. Per riprendere un itinerario classico, il vocabolo risale al latino colere; verbo che evoca uno stato in cui la natura e` ridefinita dagli sforzi umani. L’idea della coltivazione da parte dell’individuo viene poi trasferita alle comunita` e ad una dimensione meta-individuale del progresso sociale. L’Illuminismo francese esprimeva questa idea attraverso il termine ‘civilta`’, attribuendo alla ‘cultura’ un significato misurabile qualitativamente secon- do standard universali, mentre invece gli scritti di J.G. Xxxxxx, in aperto rifiuto del concetto cosmopolita, collegavano il termine ffultur all’agenda del nazionalismo romantico, che esaltava le diversita` nazionali (29). Da un lato, un significato di cultura che infonde un senso di unita`, funzionale alla costruzione della statualita` moderna; dall’altro, un concetto a tutela del particolarismo locale, minacciato dalle tendenze unificatrici. ‘Cultura’, dunque, parola eclettica e polifonica, come emerge anche dalle riflessioni che hanno condotto ad accogliere la nozione di bene culturale immateria- le. I suoi molteplici significati gettano dubbi sull’utilita` di usare questo termine come strumento euristico in funzione esplicativa. Tra diritto e cultura c’e` una relazione circolare: la cultura produce un insieme di valori, di regole ed istituzioni, le quali condizionano il modo di agire di una data comunita`, anche sul piano normativo, e allo stesso tempo, il diritto e le sue prassi possono riconoscere valore normativo ad una determinata cultura, o ad una pluralita` di culture. Il diritto adopera un linguaggio performativo: costitutivo, nel momento stesso in cui l’enunciato e` proferito, della situa- zione cui fa riferimento. Cos`ı l’atto di enunciare il contenuto della ‘cultura’ costruisce il patrimonio e l’identita` culturale stessa nel mondo del diritto. Non si tratta di fatti o accadimenti naturali: spetta alla dimensione del diritto, inteso come un complesso costrutto sociale imbevuto di storia, indissociabile dai rapporti che disciplina e sanziona, costruire quella no- zione per i propri fini. Vediamo dunque come il diritto europeo sta co- struendo questa nozione.
1.2. – La Convenzione UNIDROIT del 1995 ha fornito le basi per ulteriori sviluppi europei (30). A partire dagli anni ‘90, infatti, dopo che
(29) X. XXXXX, When Law Became Cultivated: ‘ffuropean Legal Culture’ between ffultur and Civilization, in X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX (eds.), Towards a ffuropean Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxx-Xxxxx, Xxxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 351-374, p. 354. Per lo sguardo antro- pologico: X. XXXXXX, Culture: The Anthropologists’s Account, Cambridge, Mass., 1999; M. AUGE´ , L’antropologo e il mondo globale, Milano, 2013.
(30) X. XXXXXXXXX, The 1995 UNIDROIT Convention, cit., nota 25, p. 155.
con l’Accordo di Schengen (1985), l’Atto unico europeo (1986) e il Trattato di Maastricht (1992) cadevano le barriere doganali agli scambi e alle liberta` di circolazione le istituzioni europee hanno predisposto un sistema di con- trolli sulle esportazioni dei beni culturali, al fine di integrare la protezione offerta dalle norme nazionali che si presentavano come eterogenee, nel quadro di un mercato in cui erano ormai cadute le barriere doganali. Il Regolamento 3911/92 (31) predisponeva controlli uniformi alle esportazioni dei beni culturali nazionali dall’Europa verso gli Stati terzi; la Direttiva 93/ 7 (32) facilitava invece il rientro di alcuni oggetti culturali rimossi illecita- mente dal territorio di uno Stato membro, introducendo in Europa il diritto ad un equo compenso per i possessori in buona fede di certi beni culturali, per contribuire cos`ı al mantenimento del patrimonio culturale nazionale. Entrambi gli strumenti riguardavano solo i beni culturali che appartenevano ad una delle categorie elencate nell’Allegato che entrambi recavano, ed ambedue rispondevano alla necessita` di conciliare la libera circolazione delle merci con la determinazione degli Stati membri di proteggere il proprio ‘tesoro nazionale’ (ex Art. 30 Trattato CE, ora Art. 36 TFUE).
Come e` noto, la Direttiva 93/7 e` stata criticata sia dagli Stati membri, sia dalle istituzioni europee, per il suo ristretto ambito di applicazione, per il termine breve entro il quale era possibile agire per la restituzione (un anno dal momento in cui l’autorita` dello Stato membro richiedente veniva a conoscenza della posizione dell’oggetto e dell’identita` del suo possessore) e per la scarsa chiarezza circa i requisiti da rispettare per ottenere il rientro del bene culturale (33). Sul finire degli anni ‘90 il problema principale riguardava comunque le opere d’arte, ed in particolare se esse dovessero essere un prodotto commerciabile come gli altri (34).
(31) Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3911/92 del 9 dicembre 1992, in GUCE L 395, 31 dicembre 1992, p. 1.
(32) Direttiva del Consiglio 93/7/CEE del 15 marzo 1993, in GUCE L 74, 27 marzo 1993, p. 74.
(33) Tra i commenti alla direttiva: X. XXXXX, La circolazione internazionale dei beni culturali, cit. nota 13; ID., The Implementation of Directive 2014/ł0/ffU and the Problems of the Compliance of Italian Legislation with International and ffU Law, in SAACLR 2/2016, pp. 71-84; X. XXXX, voce Beni culturali (diritto dell’Unione europea), in Digesto, disc. priv., sez. civ., Agg., Torino, 2010, pp. 73-101; X. XXXXXX (cur.), La globalizzazione dei beni culturali, Bologna, 2010; X. XXXXX, La circolazione dei beni culturali nel diritto europeo: limiti ed obblighi di restituzione, Napoli, 2011; X. XXXXXX, ffreditare il futuro: dilemmi sul patrimonio culturale, Bologna, 2016. V. anche Xxxxxx Xxxxxx, Xxxxx xxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxx´ ko, Xxxxx Xxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx X. Xxxxxxxx, Xxx Xxxxx, tutti saggi contenuti nella rivista Santander Art and Culture Law Review, n. 2/2016.
(34) Ad esempio cfr. J. H. XXXXXXXXXX, Commentary, Xxxxxxxx’ Wretched museum Closure, Xxxxxx.xxx, February 4, 2009, xxxxx://xxx.xxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxx-xxxx-
Un buon compromesso tra la libera circolazione delle merci e la tutela dei beni culturali, secondo le istituzioni europee, e` stato raggiunto con il Regolamento 116/2009 (35), relativo all’esportazione di beni culturali, che e` in linea di continuita` con il precedente regolamento del 1992. Il piu` recente Regolamento 1215/2012 sulla giurisdizione in materia civile e commerciale e sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie (36) ha invece introdotto una disciplina di diritto internazionale privato favorevole al proprietario di un bene culturale. Costui sara` in grado di avviare il pro- cedimento per far valere la pretesa diretta al recupero dell’oggetto presso il Tribunale del luogo dove si trova l’oggetto stesso, oppure dinanzi al giu- dice o ogni altra autorita` competente che abbiano il potere di decidere la controversia, secondo le regole in vigore negli Stati contraenti (come aveva gia` previsto l’Art. 8 (1), Convenzione UNIDROIT 1995). La Direttiva 2014/60 (37) (che riscrive la citata direttiva 93/7) sulla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, mette a sua volta sotto pressione il possessore del bene culturale. Infatti, qualora sia ordinata la restituzione del bene, egli potra` ottenere un equo inden- nizzo in base alle circostanze del caso concreto, ma solo se e` in grado di dimostrare di aver usato, all’atto dell’acquisto, la “diligenza richiesta” (38). L’applicazione del Regolamento 116/2009 e della Direttiva 2014/60 evidentemente esigono la fiducia reciproca e la solidarieta` tra gli Stati membri. Questa cooperazione reciproca richiede che ciascuno Stato mem- bro controlli l’esportazione non solo dei propri beni culturali nazionali, ma anche di quelli degli altri Stati membri (39). In particolare, le autorita` preposte dagli Stati membri dovrebbero essere in grado di verificare se un certo dipinto, scultura, libro, manoscritto, o moneta sia un ‘tesoro nazionale’, o costituisca elemento del ‘patrimonio nazionale’ di un altro Stato membro dell’UE. Fin da principio, il compito non e` apparso ele- mentare, anche perche´ le 15 categorie contenute nell’Allegato del Regola- mento e della Direttiva (sopra citati) erano piuttosto ambigue. Nel caso del
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(35) Regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo all’esportazione di beni culturali (Versione codificata), GUCE L 39, 10 febbraio 2009, p. 1.
(36) Art. 7, x.xx 4 Regolamento (UE) 1215/2012, GUUE L 351, 20 dicembre 2012,
p. 1.
(37) Direttiva 2014/60/UE, GUUE L 159, 28 maggio 2014, p. 1.
(38) Art. 10 Direttiva, ispirato all’Art. 4(4) Convenzione UNIDROIT 1995.
(39) X. XXXXXX, The Protection of Cultural Property: Recent Developments in placecoun-
try-regionGermany in the Context of New ffU Law and the 1970 UNffSCO Convention, in
SAACLR 2/2016, pp. 85-102.
Regolamento, esso forniva (e tutt’ora fornisce) solo grezzi filtri per definire i tesori culturali nazionali in base a riferimenti temporali e a soglie econo- miche, ma la maggior parte degli Stati membri non classifica il patrimonio nazionale sulla base del valore monetario. Nel caso della Direttiva 7/93, un bene culturale tutelato difficilmente soddisfaceva i criteri contenuti nelle 15 categorie elencate nel suo Allegato (40). Proprio la difficolta` insita nel determinare cosa costituisse il patrimonio nazionale (o quali beni fossero da classificare come national treasures, secondo alcuni sistemi) ha costitui- to un grave ostacolo all’applicazione della Direttiva 7/93. Anche per que- sta ragione, la Direttiva 2014/60 ha abrogato l’Allegato, prevedendo con- testualmente lo scambio di informazioni tramite il nuovo sistema c.d. IMI (Articolo 7 Direttiva 2014/60), effettivo dalla primavera del 2016 (41). Il sistema amministrativo IMI offre alle autorita` preposte degli Stati membri la possibilita` di uno scambio piu` rapido delle informazioni. Senza uno sforzo diretto a rendere piu` chiaro il contenuto della nozione di patrimo- nio nazionale/national treasure e`, tuttavia, possibile che un elevato numero di richieste di restituzione inviato tramite il sistema IMI non venga accolto: infatti, non tutte le autorita` nazionali sono preparate ad individuare con precisione i beni che rientrano nella nozione di ‘patrimonio’ o ‘tesoro’ nazionale. Cosı` le soluzioni giuridiche introdotte dalla Direttiva 2014/60 potrebbero, nel complesso, avere un’efficacia molto ridotta (42).
1.3. – Una diversa questione, connessa alla precedente, riguarda il rapporto tra la nozione di ‘patrimonio culturale’, un concetto liminale (43) che e` rilevante anche per varie discipline non giuridiche, e la nozione di ‘tesoro nazionale’. Quest’ultima e` presente nella versione inglese e francese del TFUE e in trattati sul commercio internazionale, mentre la nozione di
(40) X. XXX XXXXX, The Implementation of Directive 2014/ł0/ffU in the Netherlands, in
SAACLR 2/2016, pp. 103-118, p. 115.
(41) Esso e` stato previsto dal Regolamento (UE) n. 1024/2012 del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno, che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione («regolamento IMI»), GUUE L 316 del 14.11.2012, p. 1. Sul sistema IMI cfr. X. XXXXXXXXXX, The Internal Market Information System (IMI) on the Return of Cultural Objects – Its Principles, Application, and ffvaluation of Its ffffectiveness for the Protection of Cultural Heritage, in SAACLR 2/2016, pp. 247-262.
(42) X. XXXXXXXXXX, cit. nota prec.
(43) M. S. XXXXXXXX, I beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1976, pp. 3-38; XXXXXX, cit. nota 33; X. XXXXXXXXX, A Dynamic ffvolution of Concept and Scope: From Cultural Property to Cultural Heritage, in A. Y. XXXXXXXXX (ed.), Standard-Setting in UNffSCO Normative Action in ffducation, Science and Culture, Leiden 2007, pp. 221-236.
‘patrimonio nazionale’, e` accolta nella versione italiana e spagnola del TFUE, e ritorna in simili espressioni contenute in altre versioni linguisti- che del medesimo Trattato.
Sul piano linguistico, il vocabolo ‘tesoro’ evoca un oggetto di straor- dinario valore economico, che viene ritrovato in modo accidentale e for- tuito, come accade a chi trova qualcosa di raro, abbandonato o nascosto, sepolto, di cui nessuno puo` provare di essere legittimo proprietario (44). ‘Nazionale’ d’altra parte potrebbe riferirsi al luogo fisico in cui il tesoro e` stato ritrovato, o al luogo in cui l’opera d’arte o l’oggetto culturale in generale sono stati creati, oppure potrebbe riferirsi alla nazionalita` del creatore, o al luogo che l’oggetto rappresenta, o a cui si riferisce. Tuttavia, quando i due termini formano l’espressione ‘tesoro nazionale’, i significati originali svaniscono, per acquisirne uno diverso: i tesori nazionali sono ascritti a specifiche comunita` nazionali, indipendentemente dal fatto che siano stati creati da uno dei membri di tali comunita`, o nel loro territorio, o siano stati ispirati dal contesto sociale di un determinato Stato (45). Le norme riguardanti il patrimonio culturale sono evidentemente in rapporto dialettico con le norme che disciplinano il commercio interna- zionale, sia a livello mondiale, che in ambito europeo. Tanto nell’ambito dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1947 e nella sua versione WTO del 1994 (Art. XX (f)), quanto nei Trattati europei in vigore (Art. 36 TFUE), gli Stati hanno il diritto di limitare la libera circolazione dei beni culturali per proteggere i propri ‘tesori nazio- nali’ di valore artistico, storico o archeologico, al fine di trovare un equili- brio tra interessi e valori confliggenti, economici e culturali (educativi,
sociali) (46).
(44) Per es. cfr. Art. 932 c.c. it., in X. XXXXXXX-XXXXX, Cultural Property in Cross- Border Litigation: Turning Rights into Claims, Berlin, 2015, p. 31, o in common law la doctrine of the law of finds in FORREST, International Law, cit. nota 3, p. 307-308. Cfr. anche
C. HOEFLY, National Treasure: a Survey of the Current International Law Regime for Un- derwater Cultural Heritage, 4 Xxxx. St. J.L. C Int’l Aff. 2016, pp. 814-839.
(45) La dimensione collettiva dei cosiddetti diritti culturali e` discussa da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx: X. XXXXXXXXXX (ed.), Cultural Rights as Collective Rights: An International Law Perspective, Xxxxxx-Xxxxxx, 0000. V. anche P.A. XXXXXXXX, From a Given to a Con- struct: Heritage as a Commons, in Cultural Studies, 2013, pp. 359-390; L. V. PROTT, Inter- national Standards for Cultural Heritage, in World Culture Report, UNESCO, Paris 1998, pp. 222-236, e la riflessione piu` risalente di X. XXXXXX, Le Bien Commun des patrimoines, Patrimoine culturel, patrimoine naturel, Colloque, Paris, 12 et 13 de´cembre 1994, Xxxxx, 0000.
(46) Per un commento in proposito v. FRIGO, cit. nota 3.
Sul piano linguistico, possiamo notare che l’Art. XX (f) del GATT adotta una formula collimante nelle sue tre versioni ufficiali, in lingua inglese, francese e spagnola. Infatti, la versione inglese parla di ‘national treasures of artistic, historic or archaeological value’, quella francese di ‘tre´sors nationaux ayant une valeur artistique, historique ou arche´ologi- que’, quella spagnola di ‘tesoros nacionales de valor art´ıstico, histo´rico o arqueolo´gico’. Invece, come vedremo meglio, le diverse versioni linguisti- che dell’Art. 36 TFUE presentano significative variazioni in proposito, rinunciando ad avvalersi per alcune lingue dell’espressione ‘national trea- sures’, o di quelle che ne costituiscono il calco puntuale sul piano lingui- stico.
Nell’Unione europea, secondo l’Art. 36 TFUE, gli Stati membri pos- sono deviare dalle regole volte a garantire la libera circolazione delle merci attraverso misure restrittive, atte a proteggere il ‘patrimonio’ (nella versio- ne italiana) che possieda valore artistico, storico o archeologico, salvo che costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, o una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri. In questo modo, importanti reperti archeologici, o opere del settore delle arti visive risalenti nel tempo, in genere custodite nei musei, godono di protezione (47).
Secondo l’indicazione offerta da alcuni interpreti, gli Stati membri possono avvalersi dell’eccezione prevista dall’Art. 36 TFUE unicamente per salvaguardare gli “elementi essenziali e fondamentali del patrimonio artistico nazionale” (48). La Corte di Lussemburgo non ha pero` mai chia- rito il significato dell’espressione “tesori nazionali”, o delle espressioni equivalenti nelle altre lingue del Trattato. Tuttavia, la politica protezionista di uno Stato membro, diretta a ritenere qualunque bene culturale sul proprio territorio, potrebbe essere considerata come un ostacolo al libero commercio nell’area del mercato comune europeo.
Prima di approfondire come si pone il tema anche alla luce delle diverse formule linguistiche usate dall’Art. 36 TFUE, ricordiamo che in questa materia gli Stati hanno adottato politiche sensibilmente diverse. Infatti, alcuni Stati promuovono una visione dei beni culturali come in-
(47) X. XXX, Free Trade and Cultural Diversity in International Law, Oxford and Por- tland, 2013, p. 145.
(48) X. XXXXXXXXX, Le commerce de l’art et le Marche´ Commun, in Rev. trim. dr. eur., 1985, pp. 451-462, p. 455; l’Autore fu rapporteur nella causa: Xxxxx xx Xxxxxxxxx, X- 0/00, Commissione Comunita` ffuropea c. Repubblica Italiana, sentenza del 10 dicembre 1968, Racc. 423. Vedi nello stesso senso: X. XXXXXX, The Merchant, the Thief C the Citizen: The Circulation of Works of Art Within the ffuropean Union, 34 Common Market Law Rev., 1997, pp. 1173-1195, a p. 1181.
scritti in una determinata cultura, altri, invece, ritengono che i beni cultu- rali dovrebbero essere soggetti a regimi protettivi modellati secondo sche- mi universalmente riconosciuti da tutti gli Stati (49). La standardizzazione globale dei regimi giuridici di protezione dei beni culturali dovrebbe, anzi, essere scontata, giacche´ rifletterebbe valori universalmente riconosciuti a protezione della cultura come diritto umano. Xxxx Xxxxxxxx, che e` stato tra i principali sostenitori di questa seconda visione, proposta anche da importanti musei, rappresenta la dicotomia sopra accennata distinguendo tra due categorie: i cultural nationalists e i cultural internationalists (50). Oltre alle due categorie appena ricordate presumiamo che ve ne sia alme- no una terza, i cultural intra-nationalists: infatti, significative azioni a tutela del patrimonio culturale provengono proprio da popolazioni indigene che vivono sul confine fra diverse nazioni, o da piccolissime comunita` locali che diventano quasi ‘per caso’ i custodi di beni culturali. E` certamente vero che la difesa dell’integrita` di un certo patrimonio spetta allo Stato in
virtu` del principio dell’uti possidetis, ed e` anche vero che il principio dell’uti possidetis puo` dare riscontri positivi. Gli argomenti contro la po- sizione assunta da Xxxxxxxx sono numerosi e piuttosto solidi, come spie- ga Xxxx Xxxxxx. Egli respinge in maniera convincente l’argomento degli internazionalisti, secondo cui la protezione del patrimonio culturale attra- verso misure restrittive da parte degli Stati puo` solo incoraggiare il traffico illecito dei beni culturali (51).
Non si tratta di una disputa accademica tra le tante.
Xxxxxxxxx Xxxxxx, Professore emerito di Storia dell’arte classica e di Archeologia presso la Scuola Normale di Pisa, in Italia Spa: l’assalto al patrimonio culturale (52), ha spiegato eloquentemente che le ragioni dell’u- na o dell’altra posizione rappresentano i poli opposti di un discorso ideo- logico sulla cultura. Per questo eminente studioso, i rischi a breve e a lungo termine derivanti dall’incapacita` di immaginare la cultura come un tessuto urbano e sociale vivente, un’idea si e` sviluppata in Italia nel corso della storia, sono tali da mettere a repentaglio tutto il sistema di protezione del patrimonio culturale (53).
(49) J. H. XXXXXXXX, Two Ways of Thinking About Cultural Property, 80 American Journal of International Law, 1986, pp. 831 – 853.
(50) Ibid., cit nota prec.
(51) N.J. XXXXXX, Historical and Social Perspectives on the Regulation of the Internatio- nal Trade in Archaeological Objects: The ffxamples of country-regionGreece and country- regionplaceIndia, 38 Vanderbilt Journal of Transnational Law, 2005, pp. 1051-1066.
(52) S. SETTIS, Italia SpA: L’assalto del patrimonio culturale, rist. Torino, 2007.
(53) Ibid., cit nota prec.
1.4. – L’eccezione al libero commercio (menzionata nel precedente paragrafo), incapsulata nella tutela dei tesori/patrimoni nazionali dall’Art. 36 TFUE, di primo xxxxxxx sembra non far riferimento diretto alla cultura, o al presunto valore culturale che gli oggetti contemplati dalla norma dovrebbero possedere per essere protetti. Potremmo pensare che, nel redigere questo articolo del Trattato, si sia preferito elidere il riferimento alla nozione di “cultura”, ben sapendo che si tratta di nozione controversa. Tuttavia, la versione in lingua tedesca del medesimo Art. 36 TFUE, in luogo di treasure, o di (elemento del) patrimonio, utilizza l’espressione bene culturale (ffulturgut). La medesima scelta e` compiuta, ad esempio, dal testo polacco del Trattato. Pertanto, il Trattato chiama anche la compo- nente culturale in causa.
Abbiamo riferito sopra le opinioni favorevoli ad un’interpretazione restrittiva dell’eccezione posta nell’Art. 36 del Trattato che, in quanto eccezione, non dovrebbe dar luogo ad un’applicazione estensiva.
Dobbiamo ora esaminare la variabilita` delle espressioni linguistiche usate nell’Art. 36 TFUE per stabilire se sia o meno possibile una inter- pretazione “europea autonoma” di tutti i segni linguistici adoperati nelle diverse versioni ufficiali del testo, affinche´ la Corte di Giustizia possa garantire l’interpretazione uniforme del Trattato (54) nell’ambito dei com- piti ad essa affidati dall’art. 19 TUE (sulla scia dell’abrogato Art. 220 del Trattato CE).
A noi sembra che l’Art. 36 TFUE sfugga a questa soluzione interpre- tativa. La cautela della Corte di Giustizia al riguardo e` pienamente giu- stificata e comprensibile alla luce di altre disposizioni dei Trattati europei. Infatti, l’Art. 167 TFUE stabilisce che l’Unione non ha competenza legi- slativa in materia culturale, ma che essa deve contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri, nel rispetto delle loro diversita` nazionali e regionali. A sua volta, l’Art. 3, comma 3, TUE stabilisce che l’Unione e` tenuta a rispettare la ricchezza della sua diversita` culturale e linguistica, pur vigilando sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.
(54) Cfr., fra gli altri, X. XXXXXXX, Il ruolo della Corte di Giustizia delle Comunita` ffuropee nell’interpretazione dei testi multilingue, in Le politiche linguistiche delle Istituzioni Comunitarie dopo l’allargamento, a cura di X. XXXXXXXXX, X. XXXXX, Xxxxxx, 0000, p. 93 ss.;
X. XXXXX, L’interpretazione della Corte del Lussemburgo del testo multilingue: una rassegna giurisprudenziale, in ffuropa e linguaggi giuridici, a cura di X. XXXXX, X. XXXXXXX, Milano, 2008, pp. 383-432.
Il quadro normativo ora ricordato determina, dunque, la seguente situazione: e` competenza degli Stati Membri definire quanto e` parte del patrimonio culturale nazionale, cioe` e` tesoro nazionale/national treasure/ tre´sor national, bene culturale nazionale, ecc., di valore artistico, storico, o archeologico, ai sensi dell’Art. 36 TFUE. La questione relativa alla com- petenza dell’Unione e` dirimente rispetto alla possibilita` di ottenere un’in- terpretazione uniforme del Trattato sul punto, sebbene, secondo la Com- missione, gli Stati Membri non godano di una liberta` incondizionata in proposito (55). Per la medesima ragione, non si puo` ritenere grave il fatto che il Trattato non abbia scelto un’unica formula linguistica per esprimere concetti che rinviano a scelte nazionali di diverso carattere. Al contrario, in qualche misura, la discrepanza linguistica ricorda che nella materia ope- rano regimi differenziati a livello nazionale, estranei al quadro delle mate- rie nelle quali l’Unione possiede competenze proprie. Infatti l’Unione ha solo competenze di sostegno per coordinare o completare l’azione dei Paesi dell’UE ai sensi dell’Art. 6 TFUE.
Lo sforzo condotto dall’Unione per valorizzare il patrimonio culturale europeo e` quindi vincolato da queste premesse. Tuttavia, l’Unione ha sviluppato un’agenda culturale europea (2007/C 287/01), e un piano di lavoro per la cultura europea (2015-2018) che abbraccia il patrimonio culturale (2014/C 463/02). Inoltre, l’Unione ha definito il proprio patri- monio culturale come una risorsa strategica per un’Europa sostenibile, al fine di rafforzare la competitivita` dei settori culturali e creativi europei (Europa creativa 2011) (56). In particolare, l’Articolo 2 del Regolamento 1295/2013 (57) istituisce il programma ‘Europa creativa’ ed afferma che il patrimonio culturale e` incluso nei settori culturali e creativi, le cui attivita` implicano valori culturali e/o artistici comuni e altre espressioni creative.
(55) Comunicazione della Commissione al Consiglio relativa alla protezione del patri- monio artistico, storico, o archeologico nazionale nella prospettiva della soppressione delle frontiere interne nel 1992, C0M (89) 594 def., para. 5: “Tenuto conto della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa ad altre eccezioni alla libera circolazione del le merci, spetta a ciascuno Stato membro determinare I criteri atti ad identificare I beni culturali suscettibili di essere considerati come facenti parte del “patrimonio nazionale”; tuttavia, tale definizione della nozione di “patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale” non puo` essere determinata unilateralmente dagli Stati membri senza un controllo delle istituzioni comuni- tarie”. In proposito, per le varie tesi che sono a confronto, I.A. STAMATOUDI, Cultural Property Law and Restitution: A Commentary to International Conventions and ffuropean Union Law, Cheltenham, 2011, p. 122 ss.
(56) Comunicazione della Commissione Europa creativa – Un nuovo programma qua- dro per i settori culturali e creativi (2014-2020), COM/2011/0786 def.
(57) Regolamento (UE) 1295/2013, GUUE L 347, 20 dicembre 2013, p. 221-237.
La decisione 2017/864 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017 ha, infine, proclamato il 2018 Anno europeo del patrimonio culturale, per valorizzare il “patrimonio culturale dell’Europa” quale ri- sorsa condivisa, sensibilizzare alla storia e ai valori comuni e rafforzare il senso di appartenenza a uno spazio comune europeo (58). Fin qui abbiamo posto l’attenzione sulle norme di diritto pubblico e di diritto internazio- nale ed europeo che possono ostacolare il commercio e, dunque, la circo- lazione dei beni culturali (come ad esempio, le licenze all’esportazione). Xxxxxxxxx, le norme nazionali a tutela del diritto di proprieta` sul bene possono a loro volta giocare a favore della tutela del rapporto tra un bene e un determinato territorio. Cosı`, nel noto caso Xxxxxxx del 2007, la Corte d’appello d’Inghilterra e Xxxxxx ha applicato la lex rei sitae per determinare l’appartenenza di alcuni oggetti archeologici, riconoscendo che: “the claim is an attempt to assert rights of ownership, not to enforce export restric- tions”, e ordinando di conseguenza la restituzione all’Iran di 18 vasi inta- gliati, ciotole e tazze risalenti al 3000 a.C., provenienti da scavi illeciti della regione di Jiroft in Iran (59).
In effetti, va ricordato che i tesori nazionali spesso sono di proprieta` di collezionisti privati, i quali possono permettersi di pagare il prezzo di mercato delle opere d’arte o, piu` in generale, degli oggetti culturali come reperti archeologici, manoscritti rari, monete, ecc. (60). Alcuni commenta- tori hanno gia` rammentato quali problemi si manifestano quando i privati intendono distruggere gli oggetti d’arte di valore in loro possesso (61): Xxxxxx, per esempio, un collezionista francese del 19 secolo, voleva bru- ciare la sua collezione prima di morire. Xxxxx Xxxxx, l’uomo d’affari giap- ponese che ha comprato Au Mulin de la Galette di Xxxxxx e il ritratto del dottor Xxxxxx di xxx Xxxx vorrebbe che quelle opere fossero cremate con lui (ancora non e` morto); ma si pensi alle opere di xxx Xxxx e Xxxxxxx che sono state tagliate a pezzetti e vendute separatamente per aumentare il
(58) GUUE, L 131, 20 maggio 2017, p. 1-9.
(59) Il caso e` commentato in FRIGO (2015), cit. nota 21.
(60) Si prenda ad es., la Xxxx Xxx Xxxxxxx Private Collection: Xxxxxxxx ha messo all’asta opere di questa collezione per un valore di oltre 264 milioni di dollari nel febbraio 2009 (X. XXXXXXXX, Saint Laurent Art Sale Brings… NY Times 2009, xxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/0000/ 02/24/arts/design/24auction.html?mcubz=1); Xxxx Xxxxx ha acquistato il Codex Leicester di Xxxxxxxx nel 1994 per 31 milioni di dollari (X. XXXXX, Xxxxxxxx Notebook sells. NY Times 1994, xxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/0000/00/00/xx/xxxxxxxx-xxxxxxxx-xxxxx-xxx-00.0-xxx- lion.html?mcubz=1).
(61) J.L. SAX, Playing Darts with a Rembrandt: Public and Private Rights in Cultural Treasures, XxxxxxxxxXxx Xxxxx, 0000. Altre notizie sono tratte dalla stampa nazionale ed internazionale.
valore economico di ogni frammento (questa era comunque una prassi antica ben nota, applicata a incunaboli e libri). D’altro canto e` noto che i tesori nazionali sono piu` spesso in mano pubblica, in virtu` degli stru- menti approntati dagli Stati (sui quali v. paragrafi 2.1 e seguenti), in modo da assicurare il rispetto dell’interesse generale (62). Ma non e` facile indivi- duare quale sia l’interesse generale. E quand’anche coincidesse con la diffusione della cultura e la fruizione dell’opera, esso non e` agevole da tutelare. Anche le opere d’arte in mano pubblica, infatti, talvolta subisco- no un destino infausto, come quelle in mano privata: un bambino ha vomitato sulle tegole di bronzo che compongono l’opera “Venus Forge” di Xxxx Xxxxx al Tate Museum di Londra; qualcuno e` salito sul pulpito di gesso di Xxxxxxxx Xxxxxx del 19 secolo nella Cattedrale di Pisa e lo ha danneggiato; qualcun altro ha baciato un dipinto di Xx Xxxxxxx al Mu- seum of Contemporary Art di Avignone, lasciando evidenti sbavature di xxxxxxxx sulla tela; l’Urlo di Munch e` stato rubato due volte presso la Galleria Nazionale di Oslo e i ladri hanno lasciato una nota: Grazie per la scarsa sicurezza (63). Cosa dire, per concludere, sulla capacita` degli Stati, titolari di tesori nazionali, di proteggerli adeguatamente? Le difficolta` sono palesi, se si pensa, ad esempio, al divieto imposto a Xxxx Xxxxxxx di esporre alcune sue tele, alla sua condanna al carcere per pornografia e immoralita`, o, in tempi molto piu` vicini a noi, al caso Cattelan, in cui il Comune di Milano non volle ripristinare l’installazione che raffigurava bambini ‘impiccati’ (sospesi) ad una quercia secolare nel centro di Milano e ‘liberati’ nottetempo da un cittadino?
Se e` opportuno che i beni culturali appartengano a una pluralita` di soggetti, dai collezionisti privati, fondazioni e musei privati, agli enti e fondazioni pubbliche, ai musei civici, quale dovrebbe essere il modo per garantirne una fruizione plurale e diffusa? E come garantire la liberta` di espressione dell’artista e di ogni singolo individuo che in maniera molto soggettiva percepisce la forza estetica e il significato dell’opera stessa?
(62) Per un’approccio comparato al tema: X. XXXXXXXXX, X. XXXXX (cur.), Comparative Property Law Global Perspectives, Cheltenham, 2017; X. XXXXXXX, Community, State, Indi- viduals and the Ownership of Cultural Objects, in J.A. SA´ NCHEZ XXXXXXX (ed.), La Conven- cio´n de la UNffSCO de 1970. Sus nuevos desaf´ıos/The 0000 XXxxXXX Xxxxxxxxxx. Xxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxx, 0000, pp. 135-149.
(63) I fatti sono riportati in vari volumi de La storia dell’arte, di La Biblioteca di Repubblica, Milano, pubblicati nel 2006 e nei volumi Scoprire l’arte, sempre ne La Biblio- teca di Repubblica, Firenze, pubblicati nel 2017.
1.5. – L’Articolo 2 (1) della Direttiva 2014/60 definisce il bene cultu- rale come quel bene che viene classificato o definito da uno Stato membro, prima o dopo essere illecitamente uscito dal suo territorio, tra i beni del “patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale” (64), secondo la legislazione nazionale o le procedure amministrative nazionali, ai sensi dell’Art. 36 TFUE. La Direttiva, quindi, rafforza la protezione dei cosid- detti tesori nazionali degli Stati membri, come gia` il Regolamento 116/ 2009 (65). Tuttavia, come si e` gia` detto (sopra paragrafi 1.3 e 1.4), la nozione di quanto costituisce ‘tesoro nazionale’ nella versione inglese e francese della Direttiva, ovvero ‘patrimonio artistico, storico o archeologi- co nazionale’ nelle versioni italiane e spagnole, e cosı` via, varia da Stato a Stato. Gli strumenti normativi internazionali e sovranazionali tendono quindi piuttosto a coordinare attraverso regole di mutuo riconoscimento i rispettivi regimi, provvedendo invece entro limiti angusti alla loro armo- nizzazione (66).
La Commissione europea nelle relazioni presentate ogni tre anni dal- l’entrata in vigore della Direttiva 93/7 ha esaminato i fattori che ne ave- vano limitato l’efficacia: tra i piu` importanti era indicato il fatto che, per pretendere la restituzione, i beni tutelabili a livello nazionale dovevano appartenere ad una delle categorie elencate nell’Allegato della direttiva, e soddisfare determinati criteri relativi alla loro datazione e al valore. La Direttiva 2014/60 non modifica lo status quo ante e la sua ricezione negli Stati membri non conduce i diritti nazionali a una maggiore armonia. Anzi, in qualche misura, si manifesta qui un fenomeno di path dependency: la nozione di ‘tesoro nazionale’/’patrimonio nazionale’/’bene culturale nazio- nale” viene tuttora valutata da alcuni Stati membri in base all’Allegato della precedente Direttiva 93/7, nonostante esso non sia piu` in vigore (67)
(64) Nella versione ufficiale inglese il rinvio alla nozione di treasure e` evidente: “‘cul- tural object’ means an object which is classified or defined by a Member State, before or after its unlawful removal from the territory of that Member State, as being among the ‘national treasures possessing artistic, historic or archaeological value’ under national legi- slation or administrative procedures within the meaning of Article 36 TFEU” (…). Anche la versione francese del testo richiede che il bene culturale sia classificato come tre´sor national.
(65) Cfr. il Considerando 7 del Reg. in oggetto.
(66) J. M. XXXXX, The Problem of National Treasure in International Law, 12 Oregon Review of International Law, 2010, pp. 141-174.
(67) “A. 1. Reperti archeologici aventi piu` di 100 anni provenienti da: — scavi e scoperte terrestri o sottomarine; — siti archeologici; — collezioni archeologiche. 2. Elemen- ti, costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi e provenienti dallo smembramento dei monumenti stessi, aventi piu` di 100 anni. 3. Quadri e pitture diversi da quelli delle categorie 3 bis o 4, fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale. 3 bis. Xxxxxxxxxx, guazzi e pastelli fatti interamente a mano, su qualsiasi supporto.
(v. paragrafo 1.2). Cos`ı ad esempio, la legge polacca sulla protezione e la tutela dei monumenti (68) contiene un elenco che e` una copia integrale dell’Allegato della Direttiva 93/7: solo gli oggetti culturali che possono essere classificati secondo l’Allegato saranno inseriti nella lista del ‘tesoro nazionale polacco’ (Lista del tesoro, Dziedzictwa). Questa lista e` stata inse- xxxx nella legge con la modifica del 2014 (69), mentre veniva pubblicata la nuova Direttiva 2014/60, come strumento indispensabile per proteggere gli oggetti culturali piu` importanti del patrimonio nazionale della Polonia, quale la Dama con l’ermellino di Xxxxxxxx xx Xxxxx (1489-90), fino al 2016 di proprieta` di un ente privato, il Princes Czartoryski Foundation. La voce popolare e` che la lista del tesoro nazionale sia stata creata al solo fine di limitare i prestiti internazionali del dipinto di Xxxxxxxx conservato a Cra- covia (70). Quello che il legislatore davvero aveva in mente, secondo i commentatori, era un controllo molto serrato su quel ‘tesoro nazionale’. In pratica la normativa polacca e` un esempio di ancoramento alla prassi precedente, dato che limita la circolazione di beni culturali in base a categorie definite, per natura, data e valore, sulla scorta della vecchia Direttiva 93/7 (71).
4. Mosaici, diversi da quelli delle categorie 1 o 2, fatti interamente a mano, con qualsiasi materiale, e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto o con qualsiasi materiale.
5. Incisioni, stampe, serigrafie e litografie originali e relative matrici, nonche´ manifesti originali. 6. Opere originali dell’arte statuaria o dell’arte scultoria e copie ottenute con il medesimo procedimento dell’originale diverse da quelle della categoria 1. 7. Fotografie, film e relativi negativi. 8. Incunaboli e manoscritti, comprese le carte geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione. 9. Libri aventi piu` di 100 anni, isolati o in collezione. 10. Carte geografiche stampate aventi piu` di 200 anni. 11. Archivi e supporti, comprendenti elementi di qualsiasi natura aventi piu` di 50 anni. 12. a12. a) Collezioni ed esemplari provenienti da collezioni di zoologia, botanica, mineralogia, anatomia. b) Collezioni aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico. 13. Mezzi di trasporto aventi piu` di 75 anni. 14. Altri oggetti di antiquariato, non contemplati dalle categorie A 1-A 13, aventi piu` di 50 anni. I beni culturali rientranti nelle categorie A 1-A 14 sono disciplinati dalla presente direttiva soltanto se il loro valore e` pari o superiore ai valori di cui al punto B”. Per un commento, B. T. XXXXXXX, ffU Legislation Pertaining to Cultural Goods, in B. T. XXXXXXX (ed.), Art and Cultural Heritage, New York, 2006, pp. 191-194.
(68) Ustawa z dnia 23 lipca 2003 r. o ochronie zabytko´w i opiece nad zabytkami: Legge del 23 luglio 2003, come modificata nel 2014, disponibile nel sito del Parlamento polacco all’indirizzo xxxx://xxxx.xxxx.xxx.xx/XxxxxxxXxxxxxx?xxxXXX00000x000x0.
(69) P. STEC, The Lady or the Tiger? Legal Pitfalls of Implementing the Return of Cultural Goods Directive, in SAACLR 2/2016, pp. 135-144, e da W. W. XXXXXXXX, Ratifi- cation of the 1995 UNIDROIT Convention on Stolen or Illegally ffxported Cultural Objects, in Light of Directive 2014/ł0/Uff on the Return of Cultural Objects Unlawfully Removed from the Territory of a Member State: The Perspective of Poland, in SAACLR 2/2016, pp. 165-178.
(70) STEC, cit. nota precedente, p. 135. (71) XXXXXXXX, cit. nota 70, p. 170.
Un diverso aspetto, accanto alla peculiare applicazione path-dependent della nuova Direttiva, riguarda proprio il suo recepimento negli Stati membri e le molteplici interpretazioni di ‘tesoro/patrimonio artistico na- zionale’, tenendo anche conto delle diverse versioni linguistiche della Di- rettiva 2014/60 e dell’Art. 36 TFUE (messe in luce sopra) (72).
Nel recepire la Direttiva, gli Stati hanno privilegiato un approccio protezionista. Per esempio, la bozza di Legge polacca sul tesoro nazionale, da poco divenuta legge (73), all’Art. 2 x.xx 4) adotta un’ampia definizione di tesoro nazionale. Essa comprende praticamente tutti i beni culturali, inclusi gli archivi e i materiali facenti parte della Biblioteca nazionale, gli oggetti inseriti negli inventari dei musei, anche quando non fanno parte del piu` generico “patrimonio culturale” nazionale (74). Anche la nuova legge tedesca sulla protezione della proprieta` culturale (75) nel recepire la Direttiva adotta una nozione estesa di “Nationales ffulturgut” (bene culturale nazionale), che comprende tutte le collezioni pubbliche statali e gli oggetti di culto dei vari enti ed istituti religiosi. Inoltre, ogni altro oggetto culturale “di valore” (in quanto il suo trasferimento ad altro Stato costituirebbe una perdita per il patrimonio nazionale) puo` essere registrato e ricevere la stessa protezione del bene culturale. Il decreto legislativo italiano n. 2 del 7 gennaio 2016 (76) ha modificato le norme sulla circola- zione internazionale e la restituzione degli oggetti rubati o illecitamente esportati del Codice dei beni culturali e del paesaggio (77). La definizione di “beni culturali” include ora tutti gli oggetti che vengono “meramente definiti” come tali (78). Questa modifica ha escluso il ricorso alla lista contenuta nell’Allegato della vecchia Direttiva ed ha considerevolmente esteso l’ambito di applicazione del regime di protezione. Di conseguenza, ad esempio, per la legge italiana e` possibile richiedere la restituzione di
(72) X. XXXXX, La circolazione internazionale dei beni culturali, cit. nota 13, pp. 71-74.
(73) Xxxxxx x xxxx 00 xxxx 0000 x. x xxxxxxxxxx xxxxxxxxxx xxxxx kultury: Legge del 25 maggio 2017 sulla restituzione della proprieta` culturale nazionale, disponibile nel sito del Parlamento polacco all’indirizzo xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xx/0000/000x/0.
(74) Cfr. STEC e XXXXXXXX, cit. nota 70.
(75) Gesetz zur Neuregelung des ffulturgutschutzrechts – KGSG: legge del 31 luglio 2016 che riforma la precedente legge a tutela della proprieta` culturale, Bundesgesetzblatt (BGBl.) 2016 I S. 1914.
(76) Attuazione della direttiva 2014/60/UE relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012, Gazzetta Ufficiale, n. 7, 11 febbraio 2016. Per il commento X. XXXXX, The Implementation of Directive 2014/ł0/ffU, cit. nota 33.
(77) Disponibile all’indirizzo xxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxxxx-xxxxxxx/0000/ 11/20/codice-dei-beni-culturali-e-del-paesaggio [ultimo accesso: 25 giugno 2017].
(78) XXXXX, cit. nota 33. Artt. 73 e ss. Codice dei beni culturali e del paesaggio.
oggetti di interesse per la paleontologia, la numismatica, o di interesse scientifico, anche se non appartengono alle collezioni elencate negli inven- tari di musei, archivi, biblioteche o istituzioni ecclesiastiche (79). Anche la Francia, che per prima nel Febbraio del 2015 ha recepito la Direttiva 2014/60, accoglie una definizione molto ampia di tesoro nazionale nel suo Code du patrimoine (80). L’Art. 111 (1) Code du patrimoine prevede che, oltre alle categorie di beni culturali gia` note sulla scorta della prece- dente direttiva, sia da considerare tesoro ogni altro bene di importanza significativa per il patrimonio culturale nazionale dal punto di vista storico, artistico o archeologico: una valutazione che, in concreto, spetta all’auto- xxxx` amministrativa francese.
In breve, gli Stati membri dell’UE conservano una liberta` praticamen- te illimitata nel definire che cosa sia un bene culturale, e nel classificare tale bene come tesoro nazionale, o come componente del patrimonio storico, artistico o archeologico nazionale (81). Per inciso, la legge federale austriaca relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio, ha adottato due definizioni di bene culturale (82): la prima si riferisce all’Art. 2 della Direttiva 2014/60 e rinvia alla nozione di tesoro nazionale ai sensi dell’Art. 36 TFUE; allo stesso tempo, il bene culturale sara` protetto dalle disposizioni della Convenzione UNESCO del 1970 in quanto il bene sia parte del patrimonio culturale della nazione ai sensi degli Articoli 1, 4 e 5 della Convenzione medesima. Vedremo in che modo le autorita` austriache preposte alla tutela del patrimonio culturale inter- preteranno queste due definizioni, l’una rivolta ai rapporti tra gli Stati membri, l’altra a proiezione universale.
In conclusione, le disposizioni dei Trattati UE e la Direttiva 2014/60 consentono agli Stati membri di attuare una protezione molto ampia dei propri beni culturali.
1.6. – A complicare il quadro da un’altra prospettiva giunge, infine, il fenomeno del c.d. soft law. L’autoregolamentazione privata interessa an- che il settore dei beni culturali, principalmente i professionisti che operano
(79) XXXXX, cit. nota 33.
(80) Code du patrimoine, disponibile all’indirizzo xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxxx.xx/xxxxxx- Xxxx.xx?cidTexte=-LffGITffXT00000ł07423ł [ultimo accesso: 25 giugno 2017].
(81) V. anche STEC, cit. nota 70, p. 112 ss.
(82) X. XXXXX´ KO, The Implementation Process of Directive 2014/ł0/ffU of the ffuropean Parliament and of the Council in Austrian Legislation, in SAACLR 2/2016, pp. 119-134, p
123. Una versione non ufficiale in inglese della legge austriaca si trova all’indirizzo http:// xxx.xxxxxxxxxxx.xxx.xx.xx/XxxXxxx.xxx?XxxXxxx0000 [ultimo accesso: 26 giugno 2017].
nel settore, ma anche i cittadini fruitori di questi beni. I codici etici in materia di acquisizione e circolazione dei beni culturali sono elaborati da una varieta` di soggetti. A titolo di esempio, si possono ricordare il codice etico e le linee guida dell’Associazione americana dei musei (AAM), il codice etico per i musei appartenenti all’International Council of Museums (ICOM), le linee guida sui prestiti di oggetti antichi e di arte antica dell’Association of Art Museum Directors (AAMD) (83) o il codice etico della Confe´de´ration internationale des Ne´gociants d’oeuvres d’Art (CI- NOA). Nonostante la loro natura non vincolante, questi ‘codici’ (84) in- fluenzano, con il loro effetto reputazionale, i comportamenti e le regole che gli operatori osservano nelle contrattazioni. Anche l’UNESCO ha dimostrato di essere sensibile a questo profilo e ha preparato un modello di Codice etico internazionale (International Code of ffthics for Dealers in Cultural Property UNESCO, 1999) per chi opera nel settore dei beni culturali, destinato a governare la circolazione dei beni culturali (85).
Al di la` della dicotomia tra diritto formale e soft-law, e` bene distin- guere le varie istanze etiche che animano tanto le norme giuridiche forma- li, quanto quelle accolte a titolo di autoregolamentazione, o come modelli non vincolanti. Esse infatti traducono pretese morali di carattere diverso. Alcune sono radicate in questioni di giustizia, per esempio quelle che reprimo gli acquisti sleali e immeritati (si pensi alle questioni correlate alla restituzione dei beni sottratti alle vittime dell’Olocausto). Altre riflettono esigenze connesse alla nostra socialita` (la necessita` di vivere in comunita`) ed appaiono piu` strettamente legate alla funzione comunicativa del patri- monio culturale.
Osservato da quest’ultima angolazione, il tema del patrimonio cultu- rale declina “un altro modo di possedere” per riprendere il titolo di un notissimo saggio di Xxxxx Xxxxxx (86), vale a dire rappresenta frequente- mente una “istanza di socialita`”, illustrata in un saggio esemplare di Xxxx
Xxxxx (87). E` la stessa istanza messa in crisi dalla “grande trasformazione”
(83) X. XXXXX, Le roˆle des re`gles de de´ontologie entre droit de l’art et re´gulation du marche´, in J. droit int., 2007, pp. 883-898; P. FORTE, Codice etico di ICOM d disciplina dei musei in Italia, AffDON, 2/2010, xxxx://xxx.xxxxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx/0000/0/xxxxx.xxx.
(84) Sul mutato ruolo delle codificazioni v. X. XXXXXXXXXX, X. XXXXX (cur.), Codici: Una riflessione di fine millennio, Milano, 2002.
(85) CLT/CH/INS-06/25 rev.. V. il testo all’indirizzo: xxxx://xxxxxxx.xxxxxx.xxx/xxx- ges/0012/001213/121320M.pdf [ultimo accesso: 26 agosto 2017].
(86) P. GROSSI, Un altro modo di possedere. L’emersione di forme alternative di proprieta` alla coscienza giuridica postunitaria, Milano, 1977; ID., “Un altro modo di possedere” rivisi- tato, in Agricoltura, istituzioni, mercati, 2007, pp. 11-20.
(87) X. XXXXX, Il Museo Guarnacci di Volterra, la Fabbrica di porcellane Ginori e i
alle origini dell’economia di mercato moderna, di cui ci parla con passione Xxxx Xxxxxxx (88). Un’istanza di socialita`, dunque: un nucleo di aspettative civiche, che inizia a formarsi quando il fenomeno dell’appropriazione/ proprieta` (da parte di privati o enti pubblici) si scontra nella pratica con l’uso delle risorse concepito come collettivo (89), delle comunita`, di cui oggi molte discipline oltre al diritto (dall’urbanistica, architettura, alla sociologia, antropologia) si stanno occupando.
2. – La comprensione dei principali modelli di tutela dei beni culturali e` dunque necessaria per cogliere quanto e` in gioco nell’attuale dibattito sulla protezione del patrimonio culturale.
Le leggi nazionali in materia possono essere raggruppate in cinque categorie che si possono cosı` sintetizzare: dalla piu` restrittiva nazionaliz- zazione (divieto assoluto di esportare), passando per l’embargo su certe categorie di beni, o l’esportazione dietro autorizzazione o licenza, o tramite una procedura di certificazione distinta per classi di oggetti culturali, fino a alla libera esportazione, senza restrizioni.
Prima dell’intervento dell’Unione europea, gli Stati europei hanno regolato la circolazione degli oggetti culturali facenti parte del tesoro na- zionale/patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale sulla base della presenza (o assenza) di quegli oggetti sul territorio, in relazione al modo di rappresentare la ‘proprieta` culturale’ e di apprezzarne il valore sociale simbolico e a volte quello economico. La politica culturale degli Stati europei sembra aver privilegiato la poliedrica ‘comunita` dei fruitori’, affin- che´ le (scarse) risorse pubbliche ed in parte anche quelle private siano correttamente utilizzate per mantenere, preservare e godere di ciascun tesoro nazionale.
palazzi di Firenze: (dall’aurea giurisprudenza della Rota fiorentina al codice civile del 1942), Foro it., 1972, V, c. 31, rist.; ID., Diritto comparato e diritto comune europeo, Milano, 1981,
p. 769 ss.
(88) X. XXXXXXX, La grande trasformazione, tr. it., Torino, 2000; C. XXXX, X. XXXX (eds.), Market and Society: the Great Transformation Today, placeCityCambridge, 2009.
(89) Il concetto di uso pubblico puo` consistere, come riteneva X. XXXXXX, La dottrina delle persone giuridiche e corpi morali esposta con speciale considerazione del diritto moderno italiano, 2 ed., Firenze 1900, 263: “nella facolta` di prendere acqua, aria, giocare, passeggiare in qualche fondo privato; nell’accesso pubblico in qualche biblioteca, galleria o museo privato per goderne i tesori artistici che vi stanno rinchiusi”. L’uso pubblico viene valoriz- zato dalle proposte di ripensamento della sistemazione del diritto dei beni: X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXX` (cur.), Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprieta` pubblica, Bologna, 2007.
Abbiamo gia` detto che il tasso di eterogeneita` di nozioni e definizioni relative al cultural heritage e` piuttosto alto, come emerso dalla presenta- zione dei vari strumenti europei ed internazionali adottati negli ultimi cinquant’anni. D’altra parte, la definizione di cio` che costituisce un bene culturale (che comprende le rappresentazioni immateriali) o un oggetto culturale (legato alla materialita` della cosa/monumento/documento) rap- presenta un enorme sforzo di sintesi rispetto ad una pluralita` di indici utilizzati come ‘marcatori’ della nozione. Questi indici forniscono una gamma di possibili soluzioni divergenti. Per esempio, le nozioni di cui si discute solitamente non includono – tra i beni protetti – gli oggetti privi di un eccezionale valore economico, qualora tale valore non certifichi un reale apprezzamento da parte del mercato, anche se sulla carta possono essere ritenuti preziosissimi beni culturali. Non vi e` quindi alcuna coinci- denza necessaria tra cio` che e` un bene, o oggetto culturale per il mercato, e cio` che lo sara` per lo Stato o per una determinata comunita`, come e` stato spiegato dagli economisti (90).
Alla radice, vi e` la pluralita` di interessi che la disciplina dei beni culturali deve conciliare. Il fatto che un paese sia piu` o meno fortunato rispetto ad altri, in termini di presenza di beni o oggetti culturali sul proprio territorio, e` un fattore che ha portato alla differenziazione dei modelli nazionali di tutela del patrimonio culturale. Come e` noto, ci sono paesi inclini all’esportazione ed altri piu` propensi a favorire l’importazione e l’atteggiamento differente circa il regime applicabile alla circolazione dei beni culturali e` principalmente causato della diversa composizione del patrimonio culturale di ciascuno. A cio` si aggiunga il diverso modo di concepire i beni culturali in relazione alle comunita` locali e al ruolo, attivo o passivo, che esse rivestono nella societa`. In sintesi, le normative nazionali sulla circolazione dei beni culturali in ogni paese parlano una lingua di- versa, in relazione ai propri cittadini e al territorio, tenuto conto anche del fatto che l’evoluzione delle tradizioni giuridiche, sebbene avvenuta senza ignorare le esperienze degli ‘altri’, vi ha attinto in modo ‘selettivo’.
Di seguito presentiamo le diverse origini e il funzionamento di alcuni modelli nazionali di protezione dei beni culturali rilevanti per il mercato europeo, senza alcuna ambizione di completezza (91). Il termine di para-
(90) F. FORTE, X. XXXXXXXXX, Manuale di economia e politica dei beni culturali, Xxxx, 0000.
(91) Punto di riferimento e` l’opera di J. H. XXXXXXXX, X. X. XXXXX, X. X. XXXXX (eds.),
Law, ffthics and the Visual Arts, 5a ed., Alphen aan den Rijn, 2007.
gone extraeuropeo e` offerto dagli Stati Uniti, attori economici di prima grandezza sul mercato dei beni culturali e dell’arte.
2.1. – La Francia protegge i propri tre´sors nationaux da almeno un paio di secoli. Le leggi francesi hanno anticipato quelle di altri ordinamenti di civil law e hanno fornito un modello molto attraente, anche se le attuali legislazioni italiana e spagnola, per esempio, non possono affatto essere appiattite sull’esperienza francese (92). Non e` necessario approfondire in questa sede la genesi del concetto di ‘nazione’ per cogliere lo spirito che ha animato gli Stati moderni nel diciannovesimo secolo. Possiamo limitarci a ricordare il pensiero dell’Abbe´ Gre´goire (Xxxxx Xxxxxxxxx) negli anni tu- multuosi della rivoluzione francese, in cui molti beni di valore culturale erano messi a repentaglio dal furore popolare. Egli era stato incaricato di indagare su eventuali danni causati ai beni distrutti o saccheggiati durante la rivoluzione, e volle quindi rispondere al quesito essenziale, vale a dire, perche´ la nuova Repubblica francese si sarebbe dovuta interessare al de- stino di mobili, fregi, tappeti, libri ed opere d’arte (la grande collezione di Xxxxxxxxx Xxxxxx nota con il nome di Muse´e des Monuments Franc¸ais sotto il vecchio regime aborrito). Con un’energia intellettuale straordina- ria, fornı` una risposta solida, mostrando che il patriottismo non puo` af- fermarsi distruggendo i simboli del proprio passato. L’Abbe´ Gre´goire ce- lebro` cosı` l’idea di liberta` che aveva animato la rivoluzione e, allo stesso tempo, affermo` che una nazione come la Francia, che aveva scelto di celebrare proprio la liberta`, doveva riconoscere e proteggere gli oggetti che incorporano il genio delle generazioni passate, che servono da stimolo per la creativita` e lo sviluppo dei talenti per le generazioni future. Questi oggetti speciali appartengono alla nazione e non essendo di nessuno, in realta` appartengono a tutti (93). Nell’eta` della Restaurazione, gli ideali repubblicani di uguaglianza e liberta` cedevano il passo ad una diversa prospettiva circa la protezione del patrimoine, intrisa di sentimentalismo e nostalgia per un passato glorioso e mitico, che fu idealizzato secondo una
(92) M. L. CATONI (cur.), Il patrimonio culturale in Francia, Milano, 2007; X. XXXXX POLI, “La causa della conservazione del bello”. Modelli teorici e statuti giuridici per il patri- monio storico-artistico italiano nel secondo Ottocento, Milano, 2006; X. XXXXXXX, Per le antichita` e le belle arti. La legge n. 3ł4 del 20 giugno 1909 e l’Italia giolittiana, Bologna, 2004. Vedi anche: J. M. SAX, Heritage Preservation as a Public Duty: The Abbe´Xxxxxxxx and the Origins of an Idea, 88 Mich. L. Rev., 1990, pp. 1142 – 1169.
(93) «Le respect public entoure particulie`rement les objets nationaux qui, n’e´tant a` personne, sont la proprie´te´ de tous (…) Tous les monuments de sciences et d’arts son tre`s commande´s a` la surveillance de tous les bons citoyens».
sensibilita` abbastanza lontana da quella precedente. A seguito dei primi trent’anni di demolizioni e restauri (un esempio: l’Abbazia di Cluny, mo- numento dell’architettura romanica, fu distrutta nel 1811, per atti “di vandalismo” secondo Xxxxxxxxxxxxx), Xxxxxx Xxxx pubblico` il famoso opuscolo Guerre aux demolisseurs! (1825) contro la demolizione dei mo- numenti francesi. Esso ben rappresenta lo spirito dei tempi e fu utilizzato per le successive rielaborazioni del concetto di patrimonio (94). Nel 1830 per la prima volta il Ministero degli interni ottenne un credito di 3.200 Franchi francesi per la conservazione dei monumenti nazionali. Da allora, nel bilancio francese non manchera` mai una somma di denaro destinata a questo scopo.
Cos`ı, molti beni culturali, gia` appartenenti alla nobilta` o alla Chiesa, furono incorporati nel patrimonio dello stato (patrimoine), o assoggettati a vincoli pubblici, fino a quando, nel 1913, fu adottato il metodo di classi- ficazione dei beni culturali, il quale consacro` definitivamente il “valore artistico e storico dei monumenti di piu` alto interesse nazionale” (95). La matrice originaria della normativa francese sulla protezione dei beni culturali e l’attenzione per una loro circolazione oculata sopravvive nella normativa attuale, anche se oggi il concetto di nazione e` meno si- gnificativo di allora e i valori che giustificano la protezione del patrimonio culturale non dipendono piu` unicamente dalla sovrana reg`ıa statale, ma sono condivisi di concerto con le ‘comunita`’ di riferimento, nuovi soggetti indeterminati ma cruciali (96). La matrice originale appena tratteggiata serve, dunque, per capire il significato del vocabolo patrimoine nel Codice francese del 2004 (97). Inoltre, puo` servire a comprendere come sia possi-
(94) X. XXXX (1825) Pamphlets pour la sauvegarde, Guerre aux de´molisseurs !, Apt, 2006, ristampato, con traduzione a fronte, in M.L. XXXXXX (cur.), Il patrimonio, cit., nota 93, p. 268.
(95) Mutuato da una precedente legge placeStatedel 30 marzo 1887: cfr. X. XXXXXXX, Founding Religious Heritage in Local Law in Alsace-Moselle, in A. FORNEROD (ed.), Funding Religious Heritage, London, 2015, pp. 41-52; F. LAFARGE, La protezione giuridica del patri- monio culturale in Francia dalla meta` del XIX secolo alla legge del 1913, in M.L. CATONI (cur.), Il patrimonio, cit. supra nota 93, p. 67 ss.; X. XXXXXXX, The care of ancient monu- ments; an account of the legislative and other measures adopted in ffuropean countries for protecting ancient monuments and objects and scenes of natural beauty, and for preserving the aspect of historical cities, disponibile all’indirizzo xxxxx://xxxxxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx- mon00brow_0 [ultimo accesso 6 luglio 2017].
(96) F. LAFARGE, Il codice francese del patrimonio del 2004, Breve presentazione, in M.L. XXXXXX (cur.), Il patrimonio, cit. nota 93, p. 141 ss., p. 155 ss.
(97) Cit. supra nota 81. Per un commento, v. X. XXXXXX, La nascita dell’idea di patri- moine in Francia tra Rivoluzione, Impero e Restaurazione, in M.L. XXXXXX (cur.), Il patri- monio.., cit. nota 93, p. 23 ss.; X. XXXXXXX, Tutela del patrimonio, “politiche della bellezza”e
bile per il governo francese chiedere al Louvre di organizzare importanti mostre in alcuni paesi – Abu Dhabi, ad esempio, mentre il governo bri- tannico non puo` chiedere la stessa cosa al British Museum. Xxxxxxxxx, oggi le ragioni del collezionismo privato ricevono in Francia una protezione ben piu` elevata di quella di un tempo. Ne e` testimonianza il notissimo caso Xxxxxx, durato oltre dieci anni e conclusosi nel 1996, nel quale lo Stato francese e` stato costretto a corrispondere un indennizzo milionario a fronte del mancato introito del collezionista Xxxxxx legato alla vendita della tela “Il giardino del dottor Xxxxxx ad Auvers” di xxx Xxxx (1890) sul mercato nazionale piuttosto che su quello internazionale, a seguito della dichiarazione del bene come bene di interesse nazionale (98).
2.2. – Sul versante opposto troviamo l’esperienza inglese, che matura fra il XVIII e il XIX secolo, di pari passo con il crescente numero di collezionisti privati attivi oltre Manica. La nozione di cultural property prende infatti corpo in relazione ad un obbligo socialmente percepito, imposto ai proprietari di beni culturali, di rendere tali beni accessibili al pubblico (99).
Una prima concreta tutela dei beni culturali d’importanza nazionale giunse a maturazione con la Legge di tutela dei monumenti antichi del 1883 (Ancient Monuments Protection Act). Questa legge fu influenzata dall’idea francese di patrimoine de la nation e dalle riforme italiane, ma la sua
identita` nazionali fra Xxxx e Novecento: un confronto fra Italia e Francia, in M.L. CATONI (cur.), Il patrimonio.., cit. nota 93, p. 213, e 215-216.
(98) Il sig. Xxxxxx aveva acquistato la tela a New York nel 1955 e l’aveva condotta in Francia nel 1957; dopo averla fatta stimare al principio degli anni ‘80 desiderava portarla nella sua casa in Svizzera per poterla eventualmente vendere sul mercato internazionale. Egli tuttavia non riuscı` a ottenere un certificato valido per l’esportazione poiche´ il dipinto fu dichiarato parte del patrimonio nazionale francese (monumento storico non esportabile) con Decreto del 28 luglio 1989, dopo che la Commissione francese sui monumenti nazionali
aveva avviato un procedimento amministrativo per bloccare la sua richiesta. Cos`ı il signor Xxxxxx propose ricorso dinanzi al Conseil d’ff´tat, contestando la validita` del Decreto 28 luglio 1989 ma perse la causa. Riuscı` quindi a vendere l’opera di xxx Xxxx a un banchiere di
Parigi per 55 milioni di Franchi francesi, meno di 1/5 del valore attributo all’opera sul mercato internazionale, domandando alle corti ordinarie per richiedere allo Stato francese il risarcimento per il danno subito. Nel 1996 la Corte di Cassazione pose fine alla controversia, condannando lo Stato a pagare al sig. Xxxxxx la differenza, ossia 145 milioni di Franchi francesi. Sulla vicenda: J. H. XXXXXXXX, X.X. XXXXX, X. X. URICE, Law, ffthics, and the Visual Arts, cit. nota 92, p. 135 ss.
(99) Si veda al riguardo soprattutto: J.L. SAX, Is Anyone Minding Stonehenge? The Origins of Cultural Property Protection in ffngland, 78 Cal. L. Rev. 1990, pp. 1543 – 1567, a
p. 1558; ID., Imaginatively Public: The ffnglish ffxperience of Art as Heritage Property, 38
Vanderbilt Journal of Transnational Law, 2005, pp. 1097 – 1140.
portata fu piuttosto limitata. Essa incontro` la forte opposizione dei soste- nitori dell’idea blackstoniana di proprieta` privata, che respinsero la pro- posta di trasformare il proprietario di oggetti culturali in una sorta di fiduciario, trustee della cultural property. Si opposero all’introduzione di una regola che aveva lo scopo di tradurre in obbligo legale cio` che era percepito come un dovere eminentemente sociale, un cambiamento che avrebbe prodotto una vera e propria metamorfosi dei fondamenti del diritto di proprieta` inglese (100). La legge promulgata fu dunque a mala- pena efficace, anche perche´ non comprendeva il potere statale di espro- priare i monumenti in questione per salvarli dal destino loro imposto dal proprietario negligente (cioe` per ragioni di pubblica utilita`), un potere che aveva invece lo Stato italiano, in base alla legge sull’espropriazione per pubblica utilita` del 1865 (101). La Legge del 1883 pero` innesco` una vivace discussione sul patrimonio nazionale, anche sotto l’influenza di Xxxx Xx- xxxx, che aveva familiarita` con il contesto francese in cui era radicato il concetto di patrimonio della nazione. Al giorno d’oggi la questione e` governata da una legge un piu` incisiva, relativa ai monumenti antichi e alle aree archeologiche del 1979, l’Ancient Monuments and Archaeological Areas Act.
Al volgere del XX secolo, veniva altresı` costituito il National Act Collections Fund (1903) e nel 1922 il Cancelliere dello Scacchiere annun- ciava “l’elenco fondamentale”: una lista di pochissime opere di valore eccezionale, un primo tentativo di definire il tesoro nazionale, che anticipo` l’attuale sistema di controllo delle esportazioni, amministrato dal Diparti- mento del commercio ai sensi della legge Import, ffxport and Customs Powers (Defence) Xxx 0000 (e successive modifiche del maggio 2002) (102). Dopo la seconda guerra mondiale, il governo britannico opero` su due fronti: da un lato, promulgando una sequenza di Town and Country Plan- ning Acts molto efficaci per quanto riguarda la protezione del patrimonio nazionale; dall’altro, nominando il c.d. Comitato di Waverly. Si trattava di una Commissione di esperti che aveva il compito di rivedere i criteri per ammettere all’esportazione le opere d’arte e gli oggetti di interesse cultu- rale (1950), e il potere di concedere o negare la licenza per l’esportazione
(100) BALZANI cit. nota 93 e nota 98.
(101) Sul concetto di pubblica utilita` X. XXXXX, Xxxxxxx a Mose´. Appunti sulla proprieta` ecclesiastica prima e dopo l’eta`del diritto comune, in A ffnnio Xxxxxxx, X, Xxxx 0000, pp. 345- 367, p. 359. Si veda anche il contributo di X. XXXXX, I diritti d’uso pubblico nella dottrina di Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx fra interpretazione e creazione del giurista, in Diritto@storia, n. 5, 2006. (102) X. XXXXXX, Definition of National Treasures in the Context of Cultural Property Legislation-The British ffxperience, in 14 International Legal Practitioner, 1989, pp. 21-23.
dei beni culturali. Il Comitato di Waverly appronto` alcuni criteri, che sono validi ancor oggi e sono costruiti come domande: 1) l’oggetto culturale e` strettamente connesso alla storia nazionale e alla vita della nazione, cosic- che´ la sua esportazione sarebbe una sventura (misfortune)?; 2) l’oggetto e` di eccezionale rilevanza estetica?; 3) e` di straordinaria importanza per lo studio di qualche settore particolare dell’arte, della storia, o per l’educa- zione in generale? 4) l’insieme degli oggetti a cui appartiene l’oggetto de quo e` cosı` strettamente collegato alla storia britannica e alla vita nazionale che la sua esportazione o dispersione sarebbe una sventura?
Si tratta di criteri fra loro alternativi, volti comunque a rallentare la procedura che conduce all’esportazione dell’oggetto al fine di consentire un certo lasso di tempo ad un eventuale compratore britannico per racco- gliere fondi ed acquistare l’oggetto, conservandolo cosı` sul suolo naziona- le (103). In sostanza, il Comitato non ha mai adottato una definizione statica di ‘tesoro nazionale’ e continua a fare affidamento su tali criteri e sul parere di consulenti esperti ai quali rivolge quelle domande.
Per comprendere in concreto come opera la tutela basata su tali criteri possiamo far capo alla Relazione sull’Esportazione di opere d’arte e oggetti culturali di interesse 2015 – 2016 (104), una relazione annuale redatta da un certo numero di valutatori indipendenti, di cui e` reso pubblico il nome, sul funzionamento dei controlli all’esportazione degli oggetti di interesse cul- turale, come richiesto dalla sezione 10, paragrafo 1, dell’ffxport Control Xxx 0000. La relazione e` in debito con il Comitato di Waverly sopra menzionato e i suoi consulenti esperti, e con il personale dell’Arts Council per il costante lavoro di identificazione dei beni di eccezionale importanza per la nazione britannica al fine di mantenere questi beni nel Regno Unito. Nel 2016, 21 opere d’arte hanno soddisfatto i Xxxxxxxx criteria e sono state successivamente vincolate, differendone temporaneamente l’esporta- zione; 9 sono state trattenute nel paese, per un ammontare pari a 7 milioni di sterline. L’opera d’arte piu` costosa acquistata dal Regno Unito e` il capolavoro fiammingo del 15 secolo “San Luca ritrae la Vergine ed il bambino” della bottega di Dieric Bouts il Vecchio, acquistato da The Bowes Museum per 2,3 milioni di sterline con l’aiuto dell’Heritage Lottery
(103) X. XXXXXXX, ffxport Restrictions, The placeCityWaverley Criteria and ffakins’ “The Gross Clinic”, Nov 20, 2006, disponibile online.
(104) ffxport of Works of Art and Objects of Cultural Interest, disponibile all’indirizzo xxxxx://xxx.xxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxx_xxxx/xxxx/000000/xxx- port_Objects_Cultural_Interest_2015-1ł.pdf [ultimo accesso 6 luglio 2017].
Fund e del National Heritage Memorial Fund per 1,9 milioni di sterline (l’Art Fund ha coperto la restante quota) (105).
La natura dinamica dei Waverly criteria permette di includere beni che attualmente non rientrano fra quelli tutelati nell’ambito dei tesori protetti, ma che potrebbero rientravi qualora diventino parte di una collezione, o soddisfino i requisiti dell’importanza nazionale, estetica o educativa. Sotto questi auspici, il Regno Unito e` stato in grado di rivendicare, ad esempio, “le Tre Grazie” di Xxxxxxx Xxxxxx e le sculture di Xxxxxxxx Xxxxxxx (106). Ma l’esempio piu` famoso (e controverso) e` sicuramente quello dei Marmi del Partenone (o Marmi di Xxxxx), dal nome del Conte che aveva ottenuto l’autorizzazione dall’Impero Ottomano – che all’epoca estendeva il suo potere sulla Grecia – per rimuovere i marmi dall’Acropoli, portandoli con se´ oltremanica. Ad oggi il Regno Unito sostiene che i Xxxxx siano parte del tesoro nazionale e si rifiuta di restituirli, a fronte delle richieste della Grecia, la quale rivendica il fatto che essi siano invece parte della gloriosa storia di Atene, un simbolo della Grecia. La comunita` internazio- nale, attraverso l’opera di mediazione di talune istituzioni internazionali, sembra propendere per il riconoscimento dei Marmi come patrimonio culturale dell’umanita` e per il loro mantenimento sul suolo britannico fintanto che il British Museum che li ospita li conservera` e ne rendera` agevole l’accesso ai visitatori di tutto il mondo.
Va infine ricordato il Treasure Act del 1996 che ha riformato le regole sulle cose ritrovate, il quale attribuisce alla Corona tutti i diritti sui tesori ritrovati, riconoscendo ai ritrovatori un pagamento ex gratia pari al valore di mercato del tesoro scoperto (una somma normalmente divisa con il proprietario del terreno). Resta valida una regola tradizionale consuetudi- naria, secondo la quale gli oggetti culturali che non costituiscono un tesoro archeologico appartengono al proprietario del terreno, almeno in Inghil- terra, Galles e Irlanda del Nord. Per incoraggiare la notifica dei ritrova- menti al Governo, il Regno Unito ha introdotto un programma che con- duce alla segnalazione volontaria di reperti archeologici, oggi prassi molto diffusa. Le informazioni fornite tramite segnalazione volontaria permetto- no un ampio accesso a cio` che si trova sul territorio. La legge inglese ha
(105) X. XXXXXXXX, La riforma della circolazione dei beni culturali fa entrare l’Italia in ffuropa, 4 aprile 2017, Il Sole 24 ore disponibile online.
(106) X. XXXXXXXXXX, The Return of Cultural Treasures, 3a ed., placeStateNew York, 2007.
poi introdotto sgravi fiscali per i privati proprietari di oggetti culturali e ha incoraggiato la formazione di collezioni nazionali (107).
In sintesi, senza adottare una nozione statica di tesoro nazionale o di bene culturale (come invece hanno fatto gli ordinamenti di civil law), il Regno Unito riconosce una protezione diffusa ai beni culturali suddivisa tra diversi soggetti, compresi gli enti pubblici, quelli semi-pubblici e pri- vati. Tra questi, ricordiamo il National Trust, fondato nel 1895 da tre filantropi vittoriani, registrato come una Charity, che svolge importanti funzioni di conservazione del paesaggio e del patrimonio culturale (108). Il compito dello Stato e` principalmente quello di trovare e suddividere, tra i vari soggetti, le risorse finanziarie necessarie per la conservazione del tesoro nazionale sotto tutela. Lo Stato non ha il compito di sviluppare e attuare direttamente una politica culturale a favore della comunita`, ma
piuttosto sostiene gli sforzi che i membri della comunita` profondono in questo senso. E` sintomatico che questi sforzi siano sostenuti in larga
misura dai proventi della lotteria nazionale.
Tra i punti di convergenza fra esperienza inglese e francese, dobbiamo ricordare la presenza di fiorenti mercati di arte a Londra e a Parigi. Inoltre, ne´ la Francia, ne´ il Regno Unito hanno ratificato la Convenzione UNI- DROIT del 1995, ritenuta un ostacolo allo sviluppo del mercato dell’arte (senza guadagni significativi in termini di garanzia di tutela effettiva dei beni culturali) (109).
2.3. – Quasi certamente le prime leggi sulla tutela dei beni culturali sono ‘italiane’ se possiamo riferirci cosı` all’Italia prima che essa fosse uno Stato unitario. All’inizio del secolo XIX, l’Editto del cardinale Xxxxx-Xxx- xxxxx rese illegale l’esportazione di oggetti culturali fuori Roma senza auto- rizzazione (1802). Vi erano precedenti nella legislazione del Granducato di Toscana (110). L’Editto di Pacca permetteva di esportare capolavori fuori
(107) TURNOR, cit. nota 103, p 22.
(108) Sul suo operato v. xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxxxxx/xxxxx-xxx-xxxxxxxx- trust [ultimo accesso 6 luglio 2017]; cfr. X. XXXXXXXX, La natura giuridica del National Trust. Il Charitable Trust, in X. XXXXXXX (cur.), La tutela privatistica dei beni ambientali e culturali tra prescrizione e cooperazione: modello inglese e prospettive italiane, Padova, 2004.
(109) X. XXXXXX, Une Convention internationale qui de´range: la Convention UNIDROIT sur les biens culturels, in Me´langes en l’honneur de X. Xxxxxxxx, a cura di R.J. Xxxxx, X. X. Sicilianos, Parigi, 1999, p. 177 ss.
(110) F. LAFARGE, C. PROFETI, Les lois du Gran- Duche´ de Toscane relatives a` l’exporta- tion d’oeuvres d’art (1737-1859): entre perfectionnisme le´gislatif et inte´reˆts e´conomiques, in X. XXXXXX (cur.), Normes juridiques et pratiques judiciaires du Moyen aˆge a` l’e´poque contem- poraine, Dijon, 2007, pp. 347-355.
Roma solo dopo aver richiesto il permesso allo Stato Pontificio, e lo Stato aveva prelazione sull’oggetto (1820). Due secoli prima, il Granduca di Toscana aveva imposto il divieto di esportare i quadri ‘piu` belli’ da Firenze (Divieto di estrazione da Firenze di pitture buone, 1602). L’Editto di Xxxx- xxxxxxxx del 1626 (seguito dall’Editto Albani nel 1733) aveva reso illegale l’esportazione di sculture in marmo e ferro da Roma senza una previa autorizzazione (111). Nel secolo della formazione degli Stati unitari, invece, vi fu solo un tiepido intervento legislativo in materia, che riguardo` la requisizione dei monumenti e degli edifici di interesse storico che avessero subito danneggiamenti a causa della mancata manutenzione (Legge n. 2359/1865). Il Regno d’Italia si limito` a mantenere in vigore le legislazioni degli Stati preunitari pur senza dotarsi delle strutture amministrative che potessero rendere realmente efficaci le legislazioni precedenti. La Legge n. 286/1871 faceva esplicito rinvio alle leggi degli stati preunitari. Fu solo con la breccia di Porta Pia che l’emergenza di tutela dei beni archeologico- artistici torno` ad entrare con prepotenza all’interno dell’agenda politica del Regno. I casi di trafugamenti di opere d’arte erano all’ordine del giorno: sottratti da chiese, conventi, musei e biblioteche a profitto di collezionisti, italiani e stranieri, senza che lo Stato fosse in grado di opporre una decisa resistenza allo scempio, non potendo vieppiu` rivendicarne la proprieta`. L’attesa legge di tutela del 1902 si configuro` dunque come un evento prestigioso di adempimento “al debito sacro pel governo” ma venne mo- dificata subito ripetutamente, dimostrandosi tutt’altro che efficace (112). La protezione del patrimonio, intrisa di sentimentalismo e nostalgia per il glorioso passato, fu idealizzata come in Francia (sopra paragrafo 2.1). Il noto caso del furto dal Louvre della Xxxxx Xxxx da parte di Xxxxxxxx Xxxxxxxx nel 1913, e il conseguente processo che si svolse nel giugno del 1914 presso il Tribunale di Firenze si svolgono all’insegna di un melo- drammatico amor di patria, che conduce i giudici fiorentini a formulare una sentenza molto clemente (113).
Il diritto italiano, come quello francese, ha attribuito allo Stato la competenza a definire il patrimonio nazionale come testimonia l’eloquente riferimento alla nazione che leggiamo nell’Art. 9, comma 2, della Costitu-
(111) X. XXXXX, La circulation des biens culturels, cit. nota 3, p. 27 ss.
(112) X. XXXXXX, X. XXXXXXX, I beni culturali e paesaggistici, Padova, 2006; X. XXXXXXXX, Una politica dei beni culturali, Torino 1974, p.60 ss.; X. XXXXXX, La formazione dello Stato unitario, in X. XXXXXXX, X. XXXXX (cur.), Verso una gestione dei beni culturali, Milano, 1978,
p. 69 ss. Cfr. anche X. XXXXXXXXX, Contributo allo studio della circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, Milano, 2008.
(113) X.-X. LE NAOUR, Il furto della Gioconda, Bologna, 2013.
zione (la Repubblica tutela il paesaggio naturale e il patrimonio storico e artistico della nazione), e a regolamentare le esportazioni, secondo quanto dispone il nostro Codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato con Decreto legislativo n. 42/2004. Il Codice ribadisce l’importanza del patri- monio culturale per l’identita` del popolo italiano (Art. 1 (2)); il patrimonio culturale e` composto, tra gli altri elementi, da oggetti che rappresentano l’arte, la storia, l’archeologia, l’antropologia, da archivi, biblioteche, musei, pinacoteche e gallerie d’arte (Artt. 2, paragrafo 2 – 10 (2) (a)). Questo Xxxxxx ha voluto indicare all’interprete un ordine sistematico e coerente, ma anche dopo le modifiche del 2008, vi e` solo parzialmente riuscito (114). In tema di circolazione dei beni culturali, il sistema italiano non concede molte aperture: la rimozione permanente di una serie di beni culturali mobili dal territorio italiano e` generalmente vietata (Artt. 65, 68) e l’uscita temporanea dei beni culturali dal territorio italiano e` consentita a condi- zioni rigorose (Artt. 66, 67). Il DDL concorrenza approvato il 3 maggio 2017, che recepisce i contenuti del disegno di legge n. 2085/2016 della legge annuale sulla concorrenza e sul mercato, ha modificato l’articolo 68 del Codice. Al fine di avere regole piu` indulgenti sull’esportazione dei beni culturali, il nuovo articolo introduce due criteri. Il primo, favorisce la circolazione dell’arte contemporanea, e pertanto eleva la soglia temporale per il vincolo delle opere in possesso di privati, passando da 50 anni a 70 anni dalla data di creazione dell’opera, in caso di artista defunto. Il Mini- stero puo` tuttavia vincolare anche le opere infra settantennali di autore non piu` vivente, se d’interesse culturale eccezionale per il patrimonio italiano (115). Il secondo, sempre per favorire la circolazione di tali beni, introduce una singola soglia di valore di € 13.500, sotto la quale l’opera d’arte di oltre 70 anni potra` essere esportata liberamente (116); la soglia sara` rispettata con semplice autocertificazione, valida per tutte le categorie di beni. Pertanto, gli uffici dell’esportazione e le soprintendenze dovranno sapere valutare la congruita` del valore auto-dichiarato dai titolari delle opere in uscita dal nostro Paese. La riforma ha inoltre assegnato al MI- BACT la revisione con decreto dei criteri previsti dalla Circolare del 1974 per le esportazioni ed estensione degli stessi criteri per le dichiarazioni di
(114) F. LAFARGE, La circolazione internazionale dei beni culturali, dopo le modifiche al Codice, AffDON, 1/2009, xxxx://xxx.xxxxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx/0000/0/xxxxxxx.xxx.
(115) Nell’Ue sono 100 anni e la Germania ha appena introdotto i 70 anni.
(116) La soglia di 13.500 Euro rappresenta il valore piu` basso in Europa: in Francia per i dipinti il valore e` di 150 mila euro, 180 mila sterline nel Regno Unito e 300 mila euro in Germania; dall’applicazione della soglia restano esclusi reperti archeologici, archivi, incu- naboli e manoscritti.
interesse culturale (c.d. notifica); infine, ha introdotto un passaporto vali- do cinque anni per le opere d’arte (come in Francia), per facilitare l’uscita e la restituzione delle opere d’arte italiane.
Il perimetro italiano entro il quale la riforma si snoda e` ben rappre- sentato dai seguenti dati messi a disposizione fino all’agosto 2016 (117): su 9.765 richieste di certificati di circolazione nell’UE, in 228 casi sono state rilasciate licenze all’esportazione e in 75 sono state negate; 47 sono stati i decreti di dichiarazione di interesse, 11 le prelazioni e gli acquisti coattivi su beni presentati agli Uffici Esportazione, per un valore di 1.978.900 Euro. Il “Ritratto a figura intera di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx”, un dipinto di Xxxxxx Xxxxxx e` stato acquistato per 1,1 milione di Euro per Palazzo Barberini, ed e` stato l’acquisto piu` costoso dello Stato italiano.
2.4. – Rispetto alle esperienze europee che abbiamo considerato nei paragrafi precedenti, la protezione del patrimonio culturale negli USA e` caratterizzata da discontinuita` e ritardi sul piano legislativo. Una nozione generale di patrimonio o di bene culturale non appartiene all’esperienza nordamericana. L’espressione ‘patrimonio culturale’ e` stata introdotta dal- la Legge federale che disciplina la restituzione da parte di agenzie federali e istituzioni finanziate dal governo federale di oggetti culturali (tra cui vestigia umane, oggetti funerari, oggetti sacri e oggetti piu` genericamente indicati ‘del patrimonio culturale’) appartenenti ai popoli indigeni, il Na- tive American Graves Protection and Repatriation Act del 1990 (118). Il NAGPRA disciplina le scoperte accidentali e gli scavi sui territori dei nativi americani e su quelli federali, tutelando tali oggetti come beni cul- turali. Le disposizioni non si applicano ai ritrovamenti o agli scavi sulle terre dei privati o su quelle statali, ma hanno comunque applicazione se gli artefatti e i prodotti culturali dei nativi americani rientrano sotto il con- trollo di un’istituzione che riceve finanziamenti federali.
Risale al 1906 l’Antiquities Act: come il suo successore, l’Archaeological Resources Protection Act del 1979 (modificato nel 1988) (119), viene appli- cato solo alla proprieta` federale, o alle terre controllate dal governo fede- rale. Le risorse archeologiche sono definite come qualsiasi materiale (com- prese vestigia umane) che attesti l’attivita` e la vita dell’uomo, che risalga ad almeno 100 anni prima, e che sia di interesse archeologico, o che sia in
(117) Fonte: Servizio IV “Circolazione” – Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio. Dati al 30 agosto 2016, Online.
(118) Pub. L. 101-601, 25 U.S.C. 3001 et seq., 104 Stat. 3048.
(119) Pub.L. 96-95 as amended, 93 Stat. 721, codified at 16 U.S.C. §§ 470aa-470mm.
grado di fornire una conoscenza, scientifica o umanistica, del comporta- mento degli esseri umani nel passato, e del loro adattamento culturale. I ritrovamenti archeologici in questi terreni – circa un terzo del territorio degli Stati Uniti – sono di proprieta` del governo federale. I singoli Stati della Federazione hanno promulgato leggi simili per i loro rispettivi terri- tori. Gli oggetti archeologici ritrovati su un terreno privato vengono nor- malmente trattati come qualsiasi oggetto di proprieta` privata. Alcune leggi statali regolano gli scavi, solo due Stati si riservano la proprieta` degli oggetti trovati durante gli scavi su terreni privati.
Sempre a livello federale e` penalmente sanzionato il commercio di beni provenienti da scavi illeciti, secondo le leggi vigenti in ciascun Stato, ma la multa non puo` essere superiore a 10 mila dollari. In ogni caso, ne´ la prima legge federale in materia, il Monuments Act del 1906, ne´ la piu` recente Archeological Resources Protection del 1979 hanno disciplinato la tutela dei reperti paleontologici, la cui titolarita` e` del proprietario del terreno. In pratica, il livello di protezione degli oggetti rinvenuti durante gli scavi offerti da queste leggi sembra piuttosto basso.
Le classiche regole di common law, che attribuiscono alla Corona tutti i diritti sul tesoro ritrovato, sono state prontamente abbandonate negli Stati Uniti. Nella maggior parte degli Stati, il tesoro e` di proprieta` di chi lo trova, o appartiene al ritrovatore e al proprietario del terreno. Una regola diversa vale solo per i relitti delle navi.
Nel 1966 il Congresso USA ha approvato il National Historic Preser- vation Act (modificato nel dicembre 2016 e codificata nel Titolo 54, United States Code) (120) a tutela dello “spirit and direction of the US
Nation, founded upon and reflected in its historic heritage” (sez. 1, b (1)). E` stato introdotto il Registro Nazionale dei luoghi storici e dei luoghi d’interesse storico nazionale, che elenca luoghi ed oggetti degni di essere
conservati secondo alcuni indici. La lista e` di competenza dell’Advisory Council on Historic Preservation che dipende dal Dipartimento federale dell’Interno. Infine, ancora a livello federale, il National Trust for Historic Preservation in the US sostiene la conservazione degli edifici storici e di interi quartieri, anche se su scala piu` ridotta rispetto a quanto avviene in Gran Bretagna.
Ad oggi, gli Stati Uniti non hanno adottato alcun controllo rigoroso sull’esportazione dei beni culturali. Nel commentare questa singolarita`,
(120) Disponibile all’indirizzo xxxx://xxxxxxx0xx000x00xx0xx00x.xxxxxxxx.xxxxxx- xxx.xxx/xx-xxxxxxx/xxxxxxx/0000/00/xxxxXxxxx00Xxx000x.xxx [ultimo accesso 6 luglio 2017].
Xxxxxx Xxx, nel suo volume Playing Darts with a Xxxxxxxxx (121), osserva che le lacune evidenti che presenta il diritto statunitense derivano da una certa rappresentazione (o ideologia) del diritto di proprieta`, l’idea classica di proprieta` radicata nella classi piu` agiate, che ha escluso le persone meno abbienti (122). Altri studi, come quello di Xxxxxxx Xxxxxxxxx del 2008, registrano una rappresentazione tradizionale del diritto di proprieta`, che non si occupa di una serie di questioni lasciate in ombra dalla lacunosa normativa in vigore negli Stati Uniti, e suggeriscono di sviluppare in modo piu` articolato la relazione dialettica fra centro e periferia, tra pubblico e privato in questa materia (123).
Cos`ı non deve sorprendere che alcune controversie in materia di beni culturali negli Stati Uniti dipendano dall’applicazione del National Stolen Property Xxx 0000 (NSPA). Questa legge federale fu inizialmente introdot- ta per colpire con sanzioni penali l’illecito trasporto interstatale o interna- zionale di veicoli rubati, al fine di impedirne il commercio; poi il suo ambito e` stato esteso a ricomprendere altri reati. Oggi essa reprime anche il traffico illecito di reperti archeologici statali, provenienti da Stati che rivendicano la proprieta` pubblica di molti beni culturali, principalmente dei reperti archeologici (124). Ai fini della condanna si dovra` provare che l’imputato sapeva che l’oggetto era stato rinvenuto in modo improprio (scavi illeciti), o che era stato esportato illecitamente dal paese di origine, una prova ardua da fornire per la pubblica accusa, dato che il silenzio e la segretezza normalmente avvolgono il commercio di questi beni (125). Le sentenze che applicano questa legge sono pero` oramai numerose e dimo- strano come l’eterogenesi dei fini, dopo tutto, sia un tema senza tempo: cosı`, la proprieta` pubblica di alcuni beni culturali e` tutelata dai giudici attraverso una legge penale voluta per proteggere il bene di maggior valore
(121) Cit. supra nota 62.
(122) J. L. SAX, Playing Darts with a Xxxxxxxxx.., cit nota 61. Sulla ‘public trust doctrine’ vedi: C. XXXX, Xxxxxx Xxx and the Idea of the Public Trust, Issues in Legal Scho- larship, Xxxxxx Xxx and the Public Trust, (2003): Article 8, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000- 8323.1050. Cfr. anche J. L. Sax, Property Rights and the ffconomy of Nature: Understanding Xxxxx v. placeStateSouth Carolina Coastal Council, 45 Stan. L. Rev. 1992, pp. 1433 – 1456. Non a caso, Xxx ha scritto anche in difesa dell’acqua come bene comune.
(123) G.S. XXXXXXXXX, The Social-Obligation Norm in American Property Law, 94
Xxxxxxx L. Rev. 2009, pp. 745-820.
(124) X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxx and Xxxxxxx: Universal Recognition of National Owners- hip of Antiquities, 14 Art Antiquity C L. 2009, pp. 21 – 48.
(125) K. L. XXXXXXXX, X. X. XXXX, National Treasure: A Comparative Analysis of Domestic Laws Criminalizing Illicit ffxcavation and ffxportation of Archaeological Objects, 65 Xxxxxx L. Rev. 2014, pp. 431 – 465.
simbolico nella societa` dei consumi del XX secolo: la proprieta` privata di veicoli.
3. – Le norme internazionali ed europee in materia di patrimonio culturale non hanno ridotto le disparita` tra stati come l’Italia x Xxxxxxx, che, per mezzo di politiche pubbliche, riservano allo Stato ampi poteri di controllo e gestione del patrimonio culturale, e altri come il Regno Unito o gli Stati Uniti, che non hanno optato per assegnare allo Stato un ruolo primario nella materia (126). All’interno dell’Unione europea, la configura- zione del patrimonio culturale fa capo essenzialmente agli Stati. Tuttavia, questa prima indicazione non scioglie ogni problema. L’Unione ha quindi debitamente provveduto a regolare la circolazione dei beni culturali attra- verso le proprie frontiere, e a facilitare la restituzione di beni all’interno dell’Unione, qualora essa sia domandata in forza di un titolo di proprieta`, o in violazione di norme di diritto pubblico, nonche´ a facilitare lo scambio di informazioni di carattere amministrativo in merito alla circolazione di tali beni. Ci sembra piu` in generale che sia opportuno usare con parsimo- nia il termine ‘cultura’ in funzione aggettivale oggi in Europa, e che per- tanto non sia utile distillare un patrimonio culturale necessariamente ‘eu- ropeo’, come patrimonio distinto rispetto al patrimonio degli Stati Mem- bri, salvo che esso faccia capo direttamente a beni che si collegano diret- tamente all’Unione (si pensi agli archivi dell’Unione, ad esempio, o alla tutela dei suoi edifici). Infine, e` da rifiutare una definizione statica, idea- lizzata di tesoro/patrimonio nazionale, perche´ scoraggia un impegno di tipo diffuso degli individui e della comunita` a preservare e a valorizzare il patrimonio culturale, che in sintesi rappresenta la capacita` di fornire una comprensione scientifica ed umanistica del passato e dell’orizzonte futuro da trasmettere alle prossime generazioni. In questo ambito l’Unione euro- pea puo` certamente ancora fare molto, cosı` come hanno fatto moltissimo le istituzioni internazionali che promuovono la tutela del patrimonio cul- turale a livello mondiale.
(126) K. D. XXXXXX, The War on Antiquities: placecountry-regionUnited States Law and Foreign Cultural Property, 84 Notre Dame Law Review 2009, pp. 1835-1875.