Contract
Proposta di accordo tra Governo e Regioni sui criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica di laboratorio
LA CONFERENZA PERMANENTE
PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Visto l'art. 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che attribuisce a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi, secondo quanto disposto dall'art. 4 del medesimo decreto;
Visto l'art. 4, comma 1, del predetto decreto legislativo, nel quale si prevede che in questa Conferenza Governo, Regioni e Province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, possono concludere accordi al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze per svolgere attività di interesse comune;
Visto l’articolo 1, comma 796, lett. o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” nella parte in cui prevede che “le regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad approvare un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate.”;
Viste le “Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei Servizi di medicina di laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale” predisposte dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali;
Considerata la necessità di promuovere l’adozione di efficaci strumenti di governo dell’attività di diagnostica di laboratorio al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate e, contemporaneamente, incrementare l’efficienza delle strutture e l’uso ottimale delle risorse pubbliche;
Ritenuto che, per il raggiungimento di questi obiettivi, sia opportuna la condivisione e la diffusione di criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta;
Acquisito l'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome, espresso in questa seduta, ai sensi dell'art. 4, comma 2 del richiamato decreto legislativo,
SANCISCE ACCORDO nei termini sottoindicati
tra il Ministero della salute e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nei seguenti termini:
1. Ai fini di una migliore razionalizzazione dell’attività di diagnostica di laboratorio, il documento oggetto del presente Accordo, che si allega quale parte integrante, contiene criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta, ferma restando l’autonomia delle singole Regioni, in particolare di quelle che hanno già avviato il processo di razionalizzazione della rete delle strutture di laboratorio, alla traduzione operativa degli stessi ritenuta più consona alle specifiche realtà territoriali;
2. Il documento di cui si tratta non innova in alcun modo i Livelli essenziali di assistenza di cui al DPCM 29 novembre 2001 e non determina alcun onere aggiuntivo di spesa.
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Il Segretario Il Presidente
Criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica di laboratorio1
I mutamenti demografici determinati dall’invecchiamento della popolazione, la sopravvivenza di portatori di patologie croniche altamente inabilitanti, l’esigenza di diminuire il ricovero ospedaliero, favorendo la deospedalizzazione, determinano la necessità di migliorare l’assistenza a livello territoriale. In tale contesto l’erogazione dei servizi di laboratorio riveste un ruolo strategico, che andrà via aumentando per tipologia e complessità delle indagini diagnostiche.
La necessità di assicurare una continuità tra assistenza ospedaliera e territoriale andrà ad aumentare le esigenze di standardizzazione, di confrontabilità dei risultati, nonché di omogeneità dei livelli di riferimento e dei criteri interpretativi. In carenza di queste condizioni, la spesa sarà destinata ad aumentare in modo inappropriato per ripetizione di esami, tempi di risposta ed errori. La risposta a questi problemi è un diverso sistema di governance clinica basato sulla creazione di reti e di network di strutture, pubbliche e private, che siano in grado di dare risposte coerenti ai bisogni clinici dei cittadini, sia in regime di ricovero che ambulatoriale.
L’aumento della tipologia e complessità dei test di laboratorio e dei requisiti richiesti per l’accreditamento e la regolarizzazione delle strutture rende necessario il superamento della frammentazione per garantire la qualità delle prestazioni.
Il concetto di “rete di laboratori” presuppone, anche per il servizio pubblico, il superamento dell’incontrollata implementazione, in ogni sede, di qualsiasi attività di laboratorio, anche la più specialistica (es. genetica). Questo a tutela sia dell’economicità di scala che delle soglie di attività minime per garantire una sufficiente esperienza degli operatori. Il concetto deve trovare la sua prima applicazione all’interno delle stesse Aziende
“Documento elaborato da Ministero del Lavoro, della salute e delle Politiche Sociali sulla bozza presentata da FISMeLAB, integrata con i contributi di FEDERLAB e ANISAP e condivisa con AGENAS”.
sanitarie ed in particolare nelle Aziende Ospedaliero Universitarie dove il fenomeno della frammentazione risulta spesso particolarmente rilevante.
Con la legge finanziaria del 20072 è stato previsto l’obbligo per tutte le Regioni di presentare un piano di riorganizzazione della rete, pubblica e privata, dei laboratori clinici e nel gennaio di quest’anno, sotto l’egida dell’AGENAS e del Ministero della salute, sono state predisposte delle “Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei Servizi di medicina di laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale”. Sia l’una che le altre sono provvedimenti di fondamentale rilievo volti ad orientare e a guidare le decisioni che, autonomamente, le Regioni debbono assumere nell’area della laboratoristica.
Al di là dei processi di razionalizzazione, comunque indispensabili, e prima ancora di rivisitare il tariffario, si ritiene di dovere enfatizzare il ruolo centrale del nomenclatore. La caratteristica e la tipologia degli esami da mantenere all’interno dei LEA e i percorsi diagnostico-assistenziali debbono essere centrati sulla Medicina Basata sulle Evidenze (EBM). L’azione fondamentale è quella di rimuovere gli esami obsoleti e inutili, per qualità di informazione, come prerequisito per operare le scelte di riorganizzazione della diagnostica di laboratorio.
Non tutte le Regioni hanno stabilito e concretamente realizzato il percorso di accreditamento istituzionale nei confronti delle strutture pubbliche e private dei laboratori di analisi (tolta frase tra parentesi). Si tratta anche in questo caso di potere verificare concretamente, sul campo, l’idoneità delle strutture pubbliche e private a svolgere con efficacia ed appropriatezza l’attività analitica: ai sensi del dPR 14.01.1997, bisogna imporre i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie.
Fondamentale importanza assumono gli aspetti organizzativi, perché obbligano le strutture a dotarsi di figure professionali adeguate per numerosità, tipologia e qualificazione in rapporto ai volumi e tipologia di attività. Le Regioni dovranno regolamentare i carichi di
2 Legge 27 dicembre 2006, n. 296, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)" (pubblicata nella G. U. n. 299, 27 dicembre 2006 – Suppl. ord. n. 244), articolo 1, comma 796, lett. o): “ (…) le regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad approvare un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate.”
lavoro massimo erogabili da ogni struttura di laboratorio, parametrandoli all’organizzazione tecnologica, alla dotazione strutturale ed al personale posseduto. Il Ministero della Salute provvederà a promuovere l’emanazione di linee guida tali da rendere omogenei sul territorio nazionale i criteri di calcolo dei carichi di lavoro massimo erogabili dalle strutture di laboratorio.
Insieme a tutto questo debbono essere previsti programmi specifici di controllo interno di qualità e la partecipazione a schemi di valutazione esterna di qualità (VEQ), presupposti indispensabili per dare oggettiva dimostrazione delle performance analitiche e quindi della qualità dei servizi erogati. Le regioni definiranno le modalità con le quali dovrà essere garantita la partecipazione ai programmi VEQ, raccomandando preferibilmente quelli di valenza sovraregionale, nazionale o internazionale, che dovranno essere gestiti da organismi professionali e non da aziende produttrici o distributrici di prodotti del settore.
In ogni caso deve essere valutato l’effettivo raggiungimento delle buone performance da parte dei singoli laboratori, considerando del tutto insufficiente la sola adesione ai programmi.
Nei criteri di accreditamento dovrà essere prevista una soglia minima di attività, al di sotto della quale non si può riconoscere l’idoneità al riconoscimento di produttore accreditato. La soglia minima proposta come riferimento è di un volume di attività di 800.000 esami di laboratorio complessivamente erogati/anno, prodotti in sede e non tramite service, nel caso di prestazioni di biochimica-clinica, ematologia e coagulazione di base. Considerazioni diverse e più articolate andranno previste per i laboratori specializzati (ad esempio nell’area della microbiologia, dell’anatomia patologica, della genetica medica). Tale soglia minima dovrà essere raggiunta in tre anni di attività, partendo da un volume minimo di 100.000 esami di laboratorio complessivamente erogati/anno. Alla soglia minima di attività dovrà corrispondere un valore economico della produzione pari al numeri esami di laboratorio/anno moltiplicato il costo medio del mix di prestazioni erogate dai laboratori con la stessa configurazione.
Nel percorso di riorganizzazione, tolta frase deve essere ben definito che cosa siano e debbano essere i punti prelievo. Anche in questo caso, vanno rispettati gli standard qualitativi previsti dalle norme e va preservata la sicurezza del cittadino, assicurando il
pronto intervento in caso di eventi avversi (tolto lipotimia e shock). La capillarizzazione dell’offerta di attività di prelievo va consentita nella misura in cui è assicurata la qualità delle fasi pre-analitica e post-analitica, sempre più rilevanti nel garantire la qualità complessiva delle strutture e per le quali andrà sviluppato un idoneo monitoraggio. Di conseguenza, i processi di raccolta, di pre-trattamento, di trasporto dei campioni biologici e di refertazione devono rispondere agli standard di qualità descritti in letteratura e previsti nei documenti di regolamentazione dei laboratori clinici.
Rispettando queste caratteristiche, i punti prelievo possono costituire uno strumento di risposta alla chiusura delle piccole strutture, pur dipendendo sempre da strutture di laboratorio.
Tutto questo si realizza solo attivando meccanismi di reale aggregazione fra strutture di laboratorio, volte non tanto alla sopravvivenza delle stesse, ma ad un reale progetto di miglioramento della qualità complessiva. Tradotto in termini pratici, questo significa che le modalità di aggregazione potranno prevedere la creazione, ad esempio, di cooperative, di strutture consortili oppure ATI, anche di tipo pubblico-privato, che divengano esclusivi interlocutori delle Regioni e che rientrino pertanto nei meccanismi di governo delle stesse, sostituendo e riducendo le singole strutture pre-accreditate. Tolta frase. L’aggregazione non deve rappresentare un meccanismo formale di sopravvivenza, ma la reale riorganizzazione dell’offerta del privato in ambito di diagnostica di laboratorio.
Per rendere possibile questo progetto di aggregazione, è necessario che le singole Regioni normino il sistema del “service di laboratorio” fra strutture operanti nella rete, ossia la possibilità per le strutture di laboratorio di definire il proprio “core business” in termini di tipologia di esami eseguiti “in house” e poter utilizzare altre strutture per esami che, per numerosità, complessità e/o necessità di strumentazione e personale molto qualificato, vanno consolidati all’interno di poche realtà.
Lo scambio di campioni biologici, a livello regionale e fra soggetti accreditati, ha il valore di soddisfare l’utenza e preservare, nel contempo, la qualità del servizio. Per alcuni esami specialistici, le Regioni potranno consentire “service” verso strutture altamente qualificate, al fine di garantire la qualità complessiva del servizio, incluso il counseling interpretativo. Vi è da rilevare che in molte realtà questa tipologia di service esiste nei fatti,
anche al di fuori di un contesto normativo che, viceversa, è assolutamente indispensabile per coniugare efficienza a qualità e a sicurezza per l’utente.
Nella normativa sul service vanno inseriti requisiti di tutela delle modalità di trasporto e consegna dei campioni, della possibilità di identificazione per l’utente finale della struttura che ha eseguito l’esame (per esempio, per richieste e approfondimenti in tema di interpretazione dei risultati), di corretti meccanismi di contabilizzazione delle prestazioni erogate e di rapporti trasparenti con il sistema sanitario regionale. Va, inoltre, previsto il divieto, per le strutture accreditate, di utilizzare il “service di laboratorio” servendosi di strutture non accreditate; viceversa, le strutture solamente autorizzate potranno, per il service di laboratorio, avvalersi, oltre che di strutture autorizzate, anche di quelle accreditate. L’aggregazione delle strutture e la creazione di una rete integrata di laboratori a livello regionale e sub-regionale sembra ancor più necessaria in virtù dei processi di informatizzazione che, con i progetti di “ricetta on line” o di “tessera sanitaria informatizzata”, necessitano di un governo degli erogatori da parte del sistema regionale in grado di garantire, nel rispetto della libera scelta del cittadino, concrete certezze in termini di qualità e sicurezza dei servizi erogati dalle strutture “accreditate”. Pertanto, sarà necessario prevedere sistemi di governance della rete integrata che si va costituendo e che deve garantire, oltre che il rispetto degli standard organizzativi e tecnologici, la standardizzazione analitica, la confrontabilità dei risultati, l’omogeneità dei valori di riferimento e dei criteri interpretativi e delle politiche di appropriatezza della richiesta di esami di laboratorio. Solo in questo modo, sarà possibile saldare l’efficienza all’efficacia dei processi di riorganizzazione della
diagnostica di laboratorio.
Nella costruzione della rete, specialmente a livello territoriale, dovranno inoltre essere disegnati sistemi integrati di offerta di altre diagnostiche, ad esempio d’immagine, che sono integrativi e complementari nei processi diagnostico-terapeutici del paziente.
In sintesi, l’eccessiva parcellizzazione e frammentazione dell’offerta laboratoristica privata a livello di alcune regioni è indicatore di mancata governance dei processi di offerta e di spesa, ma soprattutto della carente applicazione di dispositivi legislativi esistenti e ormai datati nel tempo.
La revisione del sistema nomenclatore/tariffario è assolutamente indispensabile nel contesto dei progetti di riorganizzazione dei laboratori clinici, al fine di evitare il permanere di esami obsoleti, inappropriati e ridondanti e, nel contempo, di permettere l’erogazione di servizi ed esami innovativi che, sulla base delle prove, abbiano dimostrato efficienza ed efficacia clinica.
I criteri indicati vanno applicati nel rispetto dell’autonomia delle regioni nell’organizzazione dei servizi di medicina di laboratorio, in particolare di quelle che hanno già avviato il processo di accreditamento e razionalizzato la rete delle strutture di laboratorio, in osservanza delle disposizioni vigenti.