COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA Presidente
(RM) SIRENA Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) POZZOLO Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CARATELLI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) MARINARO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 21/07/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente lamenta la mancanza di chiarezza delle clausole contrattuali che regolano la restituzione delle spese anticipatamente versate, in ipotesi di estinzione anticipata del finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio stipulato con l’intermediario resistente il 21.05.2009.
Con reclamo del 02.07.2015 chiedeva il rimborso pro quota di detti oneri, per un totale di euro 2.894,26. L’intermediario riconosceva come dovuta solo la somma complessiva di euro 1.759,01, ma, in ragione dell’esistenza di un ulteriore prestito intestato al ricorrente, con importo scaduto e non pagato di euro 13.507,03, rifiutava di provvedere al rimborso, eccependo la compensazione parziale tra i suddetti ammontare.
Con ulteriore reclamo del 07.08.2015, il ricorrente, tramite il proprio legale, rifiutava la compensazione prospettata dalla convenuta, in quanto l’importo scaduto e non pagato, relativo all’ulteriore prestito, risulta oggetto di transazione tra le parti, con la quale è stato concordato un piano di rientro. Piano di rientro che il ricorrente oggi sta pagando regolarmente.
Il comportamento dell’intermediario risulta, pertanto, ingiustificato, non essendosi verificata alcuna insolvenza e non risultando il ricorrente decaduto dal beneficio del termine.
Peraltro, l’estinzione del finanziamento di cui è causa risale al 30.06.2013, mentre l’ulteriore prestito è successivo.
Il ricorrente chiede oggi all’ABF la restituzione di euro 1.759,01, così come riconosciuto dalla resistente stessa.
L’intermediario resiste al ricorso ed espone quanto segue.
In data 21.05.2009 il ricorrente sottoscriveva un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, per un montante di euro 31.8200,00, da rimborsarsi in
n. 120 rate mensili da euro 265,00 cadauna.
Nel maggio 2013, veniva emesso un conteggio estintivo, calcolato al 30.06.2013, che rassegnava un saldo pari a euro 16.853,06. L’importo veniva corrisposto dal ricorrente con bonifico del 04.06.2013 e il contratto n. 800000200268 veniva estinto.
In sede di estinzione anticipata, veniva rimborsata al ricorrente la somma di euro 519,33, a titolo di commissioni non maturate. Nel mese di agosto 2013, le Compagnie assicuratrici restituivano al ricorrente euro 69,98 ed euro 282,89, a titolo di oneri assicurativi non goduti.
In data 02.07.2015, il ricorrente presentava formale reclamo per ottenere la restituzione dei costi non goduti e/o maturati e l’intermediario si mostrava disponibile a rimborsare euro 1.759,01, importo calcolato secondo il criterio pro rata temporis.
Evidenziava, tuttavia, la presenza di un ulteriore finanziamento – il n. 890002181181
– in capo al cliente, che presentava un importo scaduto e non pagato. Invitava, pertanto, il ricorrente a contattare l’ufficio recupero stragiudiziale del credito, per individuare una soluzione bonaria alla vicenda, che tenesse conto della compensazione tra le somme a credito e a debito tra le parti.
Il 07.08.2015, l’attore contestava il contenuto del riscontro al reclamo, stante l’intervenuto accordo transattivo relativamente all’importo scaduto e non pagato del prestito n. 890002181181.
L’intermediario, allora, comunicava nuovamente l’impossibilità di poter procedere al ristoro e il ricorrente adiva l’ABF.
Con le proprie controdeduzioni, la resistente riconosce nuovamente come dovuto l’importo di euro 1.759,01, a titolo di restituzione delle commissioni finanziarie e accessorie, al netto di quanto già restituito in sede di estinzione anticipata.
Per quanto concerne gli oneri assicurativi, invece, sostiene che il ricorrente abbia già ottenuto gli importi spettanti da parte delle Compagnie assicuratrici e, in ordine alla richiesta di restituzione della quota parte di spese di istruttoria, evidenzia che si tratta di spese up front e non recurring.
Con riferimento alla compensazione tra le posizioni debitorie e creditorie delle parti, argomenta che la propria eccezione trova fondamento nell’art. 1241 c.c., ricorrendone tutti i presupposti; si tratta, invero, di crediti entrambi certi, liquidi ed esigibili.
Già alla data del ricorso, infatti, il ricorrente aveva ricevuto comunicazioni di sollecito e decadenza dal beneficio del termine. In data 05.05.2015, veniva notificato anche un decreto ingiuntivo per l’importo di euro 13.022,82, oltre a interessi moratori da 23.03.2015 fino al saldo.
A seguito del decreto ingiuntivo, parte ricorrente formulava una proposta transattiva alla banca che accettava in data 25.05.2015.
L’accordo prevedeva il versamento di n. 87 rate mensili, di cui n. 86 da euro 150,00 cadauna e l’ultima da euro 100,00, a partire dal 15.06.2015.
Si precisava espressamente che l’accordo aveva meri fini transattavi e non aveva alcun effetto novativo ai sensi dell’art. 1230 c.c. Inoltre, in difetto di puntuale e rituale pagamento, anche di una soltanto delle rate, il cliente doveva intendersi automaticamente dichiarato dal beneficio del termine, con conseguente possibilità per la banca di agire in ogni più opportuna sede per il recupero del credito vantato.
Xxxxxx, nonostante il ricorrente affermi di essere puntuale nella corresponsione delle mensilità e alleghi al proprio ricorso le contabili di pagamento delle rate di giugno e luglio 2015, l’intermediario afferma che l’attore non abbia rispettato l’accordo transattivo.
Secondo quanto espressamente pattuito in sede di transazione, l’accordo non può più ritenersi valido, con conseguente automatica decadenza dal beneficio del termine del ricorrente.
L’intermediario evidenza che il decreto ingiuntivo emesso in data 18.04.2015 , non opposto e passato in giudicato, prova l’effettivo ammontare del credito.
Alla luce di tutto quanto esplicato, emerge, secondo la resistente, la sussistenza di tutti i presupposti necessari per l’operare della compensazione, ricorrendo i requisiti della certezza, dell’esigibilità e della liquidità richiesti dall’art. 1243 c.c.
La banca si impegna, pertanto, in un’ottica di totale trasparenza, a trasmettere al ricorrente l’indicazione aggiornata del debito residuo del finanziamento n. 890002181181, a seguito della compensazione con il credito di euro 1.637,58 vantati dal ricorrente nei confronti della convenuta per il rapporto di cui oggi è causa.
Rappresenta, infine, che il contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio prevede, all’art. 6, che la cessionaria “è autorizzata a trattenere e compensare dal netto ricavo della cessione tutte le somme corrisposte al cedente a titolo di anticipazione nonché nell’ipotesi di concorrenza con altri prestiti e/o pignoramenti gravanti sulla retribuzione, tutte le somme occorrenti per la loro estinzione”.
La resistente chiede, in via principale, di respingere la pretesa creditoria del ricorrente, per l’operare della compensazione legale con il maggior credito vantato dalla banca. In via subordinata, chiede di ridefinire l’entità dell’importo di cui il ricorrente chiede il rimborso, detraendovi tutti i rimborsi già ricevuti, con la conseguenza che l’eventuale importo residuo ammonterebbe a euro 1.873,06.
DIRITTO
Al fine di pervenire alla decisione della controversia occorre preliminarmente rilevare che nel ricorso si precisa di aver inviato un reclamo all’intermediario per ottenere la restituzione di euro 2.894,26, a titolo di commissioni e oneri assicurativi non maturati.
Si precisa altresì che l’intermediario riconosceva come dovuto solamente l’importo di euro 1.759,01 e concentra le richieste finali all’Arbitro su quest’importo.
Nonostante il ricorso non appaia di estrema chiarezza, tale circostanza emerge da più passaggi degli scritti difensivi.
Ciò posto, sembra di tutta evidenza che la domanda del ricorrente incontri la posizione della resistente in punto di quantificazione degli oneri da retrocedere (euro 1.759,01).
Ne deriva che il momento controverso della fattispecie risiede nella possibilità per l’intermediario di eccepire la compensazione con altro (e maggiore) credito vantato nei confronti del ricorrente.
In particolare, si tratta di un ulteriore prestito personale concesso dall’intermediario (n. 890002181181), per il quale il ricorrente ha ricevuto una lettera di decadenza dal beneficio del termine. Con quest’ultima, la banca richiedeva la restituzione in unica soluzione di euro 10.693,36.
Seguiva, in data 15.04.2015, l’emissione di un decreto ingiuntivo da parte del Tribunale competente in favore dell’intermediario, per l’importo di euro 13.022,82, oltre interessi come da domanda e spese di procedura.
Le parti, poi - come affermato da entrambe - si accordavano per una soluzione bonaria della vertenza. In particolare, la banca accettava una proposta transattiva formulata dal legale del ricorrente.
Il ricorrente contesta che il suddetto atto transattivo impedirebbe la compensazione eccepita dalla resistente, risultando il debito de quo in regolare pagamento.
Produce, per dimostrarlo, n. 2 ricevute di versamento da euro 150,00 cadauna, risalenti al 26.06.2015, al 28.07.2015.
Per contro, l’intermediario produce una lista di movimenti inerenti il prestito personale oggetto di transazione, da cui si evince che sono stati effettuati pagamenti solo nei mesi di giugno, luglio, agosto, settembre e novembre 2015.
Ad avviso del Collegio l’eccezione di compensazione proposta dalla resistente deve essere però dichiarata inammissibile e ciò in quanto la stessa non può essere esaminata in questa sede risultando estranea al perimetro dell’oggetto del procedimento che è stato definito con il ricorso.
Con l'eccezione di compensazione infatti la banca non porta nel procedimento un fatto giuridico (dedotto in via di eccezione), ma introduce un rapporto giuridico, l’effetto di una fattispecie, che potrebbe costituire l’oggetto di un autonomo processo.
Trattasi in questo caso di una eccezione riconvenzionale che, secondo l’insegnamento della S.C., consiste in una prospettazione difensiva che, pur ampliando il tema della controversia, è finalizzata, a differenza della domanda riconvenzionale, esclusivamente alla reiezione della domanda attrice, attraverso l'opposizione al diritto fatto valere dall'attore di un altro diritto idoneo a paralizzarlo (Cass. 15 aprile 2010, n. 9044).
Per cui se pur è vero che l’intermediario non ha proposto una domanda riconvenzionale, con l’eccezione di compensazione – avente natura riconvenzionale – inevitabilmente propone un allargamento dell’oggetto del procedimento.
Appare dunque evidente che l’Arbitro al fine di accogliere l’eccezione proposta dovrebbe delibare - sia pur ai soli fini sopra indicati - in ordine ad un diverso rapporto in
essere tra le parti su iniziativa della banca e non del cliente e ciò collide con la struttura e con la funzione del sistema ABF come normativamente delineato.
Se questo Collegio dovesse decidere sull’eccezione di compensazione si pronuncerebbe quindi non su un fatto, ma su un rapporto che deriva da una eccezione riconvenzionale proposta dalla banca che non solo paralizza (in parte o in tutto la pretesa del ricorrente), ma che accerta sia pur incidentalmente un diritto della medesima (c.d. accertamento costitutivo incidenter tantum).
D’altronde la compensazione è un modo satisfattivo di estinzione dell’obbligazione, nel senso che essa determina lo stesso risultato pratico dell’adempimento. Accogliendo l’eccezione della banca resistente, pertanto, quest’ultimo otterrebbe dall’ABF una pronuncia che soddisfa “per equivalente” la sua pretesa creditoria nei confronti del cliente. Un esito del genere non è tuttavia consentito nel sistema ABF, il quale prevede che quest’ultimo possa pronunciarsi soltanto su un diritto del cliente, ma non anche su un diritto dell’intermediario (e tanto meno con una pronuncia equivalente al suo adempimento).
Preclusione che ovviamente non opera per il conto corrente (bancario), perché lì non si verifica una vera e propria compensazione nel senso degli artt. 1243 ss. c.c., ma soltanto la progressiva determinazione del quantum dovuto dall’una o dall’altra parte, il quale si cristallizza infine con la chiusura del conto stesso.
Il procedimento ABF è invero strutturato al fine di dare risposta alle richieste dei soli clienti i quali con il reclamo e poi con il ricorso definiscono il confine entro il quale sarà poi decisa la controversia, senza che l’intermediario possa nemmeno in via di eccezione (riconvenzionale) ampliare lo stesso.
P.Q.M.
Il Collegio dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente l’importo di euro 1.759,01 con interessi legali dalla data del reclamo al saldo. Dichiara inammissibile l’eccezione sollevata dall’intermediario.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1