DIRITTO DELLE SUCCESSIONI E CONTRATTO: STATO DELL’ARTE E PROSPETTIVE FUTURE.
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DIRITTO DELLE SUCCESSIONI E CONTRATTO: STATO DELL’ARTE E PROSPETTIVE FUTURE.
Di Xxxxxxx Xxxxxx
Sommario: 1. Premessa. – 2. Le diverse species di patti successori e la ratio del divieto. – 3. I negozi trans mortem. – 4. I negozi post mortem. – 5. Il negozio fiduciario. – 6. Patto di famiglia e trust. – 7. Il Regolamento europeo n. 650/2012 sulle successioni. – 8. Le nuove frontiere del di- ritto successorio: la c.d. eredità digitale. Conclusioni.
ABSTRACT. Sullo sfondo del rapporto tra autonomia privata e divieti di legge, il saggio ricerca in ambito successorio un nuovo punto di equilibrio tra la possibilità di regolamentare la successione mortis causa per mezzo dello strumento contrattuale e i limiti imposti dal divieto di cui all’art. 458
c.c. e dalla successione necessaria, attraverso una disamina degli schemi negoziali che la prassi ha generato e delle novità legislative, anche nel panorama europeo.
The essay analyzes the relation between the private autonomy and its limits in the inheritance sphere, especially the effective possibility to regulate the succession mortis causa through negoti- ating schemes that the practice has generated and legislative innovations, also in the European panorama.
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1. Premesse.
La complessità che avvolge il tema della devolu- zione del patrimonio per il tempo successivo alla morte del suo titolare deriva in larga misura dai li-
Il divieto in questione segna, invero, il confine da tracciare fra contratti inter vivos, dove la morte di uno dei contraenti figura al più come mero pre- supposto, e contratti in cui l’evento della morte del disponente assume invece rilevanza causale4, di
miti che il diritto successorio impone all’autonomia guisa che soltanto questi ultimi, ricadendo nel divie-
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privata1. Sotto questo profilo, emblematico appare il divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c.2, il quale non consente la chiamata all’eredità per mez- zo dello strumento contrattuale e rende, pertanto, il testamento l’unico atto negoziale mortis causa uti- lizzabile dal disponente per regolare la propria suc- cessione3.
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Il perno di un discorso sul ruolo dell’autonomia privata in ambito successorio non può che essere proprio l’art. 458 c.c., nella sua funzione d’ordine e di principio, la cui violazione ha imposto e continua a imporre la verifica caso per caso di tutte le opera- zioni contrattuali sospette di aver violato, fra le pie- ghe delle clausole che la fantasia dei privati non ha mancato di inventare, il tabù dei patti successori.
1 In dottrina per un inquadramento generale del fenomeno suc- cessorio si rinvia a X. XXXXXXXX, Diritto delle successioni, Ro- ma, 2004, 5 ss.; ID., Manuale di diritto ereditario e delle dona- zioni, Torino, 2006, 1 ss., spec. 25 ss.; X. XXXXXXX, voce “Suc- cessione, II) Successione a causa di morte”, in Enc. giur. Trec- cani, XXX, Roma, 1993, 1 ss.; X. XXXXXXX, Successioni e do- nazioni, Milano, 2002, 5 ss.; X. XXXXXXX FERRARA, Le succes- sioni per causa di morte, I) Parte generale, Tomo I, Principi – Problemi fondamentali, Napoli, 1959, 30 ss.; A. DE CUPIS, voce “Successione, I) Successione nei diritti e negli obblighi”, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1250 ss.; X. XXXXX, Successioni in generale, in Comm. cod. civ. a cura di X. XXXXXXXX – X. XXXXXX, Libro secondo: Successioni. Artt. 456 – 511, Bologna
– Roma, 1980, 1 ss.; X. XXXXXXXXX, Le obbligazioni testamenta- rie, Milano, 1980.
2 Su cui v. il recente contributo di X. XXXXXX, I patti successori, in Materiali per una revisione del codice civile, vol. 1, a cura di
X. XXXXXXX – X. XXXXXXX, Xxxxxx, 0000, passim.
3 Tra coloro che ritengono che la permanenza del divieto dei patti successori dimostri che il diritto ereditario sia il settore del diritto civile poco sensibile ad adattarsi ai mutamenti della real- tà socio-economica si segnala X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxxxxx (dir. civ.), in Noviss. dig. it., XVIII, Torino, 1971, 748; X. XXXXXX, Ideologie e tecniche della riforma del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1967, I, 90; X. XXXXXXXXX XXXX, Il testamento, I, Profilo negoziale dell’atto, Milano, 1976, 4 ss. Tra le trattazioni più analitiche si veda X. XXXXXXX, Morte del disponente e auto- nomia negoziale, Milano, 2001; X. XXXXXXX, Il divieto dei patti successori. Contributo allo studio dell’autonomia privata nella successione futura, Napoli, 2012; D. A. X’XXXXX, Regolamen- tazione convenzionale della successione: contributo allo studio dei patti successori istitutivi, Napoli, 2012; X. XXXXXX, Percor- si del diritto ereditario attuale e prospettive di riforma del di- vieto dei patti successori, in xxxxxxxxx.xx, 2013, 700; in chiave comparatistica v. X. XXXXXXX, Le successioni in diritto compara- to, in Tratt. dir. civ., diretto da X. XXXXX, Torino, 2002, 155 ss.;
X. XXXXXX, Uno sguardo comparatistico sui patti successori e sulla distribuzione negoziata della ricchezza d’impresa, in Riv. dir. priv., 2013, 391 ss.; F. P. XXXXXXX, Il divieto di patti succes- sori nella prospettiva di un diritto europeo delle successioni, Napoli, 2014.
to, devono ritenersi nulli5.
A differenza di altri ordinamenti6, il nostro si- stema delle successioni non ammette la categoria del contratto mortis causa, con il quale si dispone della demise7 dei rapporti patrimoniali in dipenden- za della morte dell’autore8; con ciò a volere rimar-
4 Più in generale, può dirsi mortis causa quell’atto che regola rapporti e situazioni che vengono a formarsi in via originaria con la morte del soggetto, ovvero che dalla morte traggono una loro autonoma qualificazione: per tali atti l’evento della morte assume, quindi, un significato di coefficienza causale. Sul pun- to, x. X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit. 39 ss.; X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, I xxxxx successori, in Trattato di di- ritto delle successioni e donazioni diretto da X. XXXXXXXX, I, Xx- xxxx, 2009, 63 ss.; X. XXXXXXXXX, Il divieto dei patti successo- ri, in Trattato breve delle successioni e donazioni, a cura di X. XXXXXXXX, X, 0x xx., X, Xxxxxx, 0000, 25 ss.; X. XXXXXXXX PUGLIESE DI XXXXXXX, La successione per causa di morte. Par- te generale, Torino, 2009, 29 ss.; X. XXXX, Divieto di patti suc- cessori, in Comm. Cod. Civ. diretto da X. XXXXXXXXX, Torino, 2010, 29 ss.;
5 Cfr. M.V. DE XXXXXX, voce Patto successorio, in Enc. dir., XXXII, Milano,1982, 536.
6 I sistemi di common law non conoscono tale divieto; il BGB tedesco si limita, invece, a vietare i patti successori dispositivi e non anche quelli istituivi e rinunciativi; lo ZGB svizzero am- mette la stipula di contratti ereditari, seppur nel limite della quota disponibile; la legislazione francese, infine, prevede, an- che a seguito della riforma apportata dalla legge 23 giugno 2006 n. 728, numerose eccezioni al divieto generale di cui all’art. 1130 del Code Napoléon. Cfr., per alcuni spunti compa- ratistici, M.V. DE XXXXXX, voce Patto successorio, cit., 533 ss.;
X. XXXXX, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1992, 23 ss.; con particolare riguardo all’ordinamento francese v. X. XXXXXXX, Il modello francese, in X. XXXXXXX e X. XXXXX, Sistemi giuridici comparati, Torino, 2002, 287 ss.; nella dottri- na francese si rinvia a M. C. FORGERARD – X. XXXXX – X. XXXXX, Le nouveau droit des successions et des lìbéralités. Loi du 23 juin 2006. Commentaire & formules, Defrenois, Parigi, 2007; A. M. XXXXXXX, Reforme des successions xx xxx xxxxxxxx- xxx. Xxx x. 0000-000 du 23 juin 2006, in Rev. Trim. Dr. Civ., 2006, 613.
7 Termine indicante il trasferimento o la cessione di un diritto. Di qui il significato traslato – che ho voluto attribuire – di «de- voluzione della ricchezza in un’ottica successoria».
8 Il tratto saliente del negozio «a causa di morte» è individuato dalla dottrina nell’assoluta inefficacia nei confronti dei terzi prima che si verifichi l’evento morte. Cfr., per tutti, X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile9, Napoli, 2002, 222; ma soprattutto X. XXXXXXXXXXX, voce Atto mortis causa, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 232 ss. Gli studi di Xxxxxxxxxxx hanno influenzato tutta la dottrina seguente, che ha continuato ad approfondire la distinzione tra atto mortis causa, illecito, e post mortem o sotto modalità di morte, lecito seguendo la strada già intrapresa in precedenza dallo stesso Xxxxxxxxxxx. Cfr., in tal senso, X. XXXXXXX, Promesse post mortem e patti successori, in Rass. Dir. Civ., 1991, 789 ss.; X. XXXXXXXX, Negozio mortis causa o post mortem, in Giust. Civ., 1991, I, 956 ss.; X. XXXXXXXXX, Xxxxx successori: il sottile confine tra nullità e va-
care, nell’impianto codicistico, la diarchia tra «suc- cessione legale»9 e «successione testamentaria»10,
quale alternativa esclusiva della devoluzione a cau- sa di morte (arg. ex art. 457, 1° comma, c.c.)11.
lidità negoziale, in Notariato, 1995, 554 ss.; I. XXXXXXXX, Il di- vieto dei patti successori, in Studium Juris, 1996, 601 ss.; X. XXXXXX, Liberalità imputabili alla legittima e divieto di patti successori, in Riv. Giur. Sarda, 1999, 467 ss.
9 Per un quadro generale sulla successione legittima si rinvia a
X. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 311 ss.; ID., voce: “Successione, III) Successione legittima”, in Enc. giur. Treccani, XXX, Roma, 1993, 1 ss.; X. XXXXXXX, Le suc- cessioni per causa di morte, X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, Milano, 1944, 49 ss e 157 ss.; C. M. BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia - Le successioni, cit., 711 ss.; X. XXXXXXXX, Diritto delle successioni, cit., 142 ss.; ID., Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 185 ss.; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 321 ss.; X. XXXXXXXX, La voca- zione necessaria e la vocazione legittima, in Tratt. dir. priv. diretto da X. XXXXXXXX, Volume 5, Tomo I, Successioni, Torino, 1997, 426 ss. e 487 ss.; X. XXXXXXX, Diritto civile e commer- ciale, Volume IV: la famiglia. Le successioni. La tutela dei di- ritti. Il fallimento, Padova, 2004, 185 ss.; X. XXXXXXX, Succes- sioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima, in Tratt. dir. civ. e comm. già diretto da X. XXXXX e X. XXXXXXXX e continuato da X. XXXXXXX, Vol. XLIII, Tomo 1, Milano, 1999, 3 ss.; X. XXXXXXXXXX, voce: “Successione, III) Successione legittima, c) Diritto privato”, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1323 ss.; X. XXXXXXXXX, voce: “Successioni (di- ritto civile): successione legittima”, in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, 765 ss.; X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXX, voce: “Successione legittima”, in Noviss. Dig. it., Appendice, VII, Torino, 1987, 620 ss.
10 Numerosi sono i contributi dottrinali relativi al testamento e alla successione testamentaria: tra i tanti, senza pretesa di esau- stività, cfr. X. XXXXXX, Il testamento (Riproduzione dell’edizione del 1936), Napoli, 1978, 3 ss.; ID., La successione testamentaria, in Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxx. X, Xxxxxx, 0000, 1 ss.; ID., Principi di diritto testamentario, Torino, 1957, 25 ss.;
X. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, cit., 337 ss.; ID., voce: “Successioni (diritto civile): successione testamentaria”, in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, 805 ss.; ID., voce: “Successione testamentaria”, in Noviss. Dig. it., Xxxxxxxxx, VII, Torino, 1987, 636 ss.; X. XXXXXXX, Le successioni per cau- sa di morte, cit., 205 ss.; C. M. BIANCA, Diritto civile, 2. La fa- miglia - Le successioni, cit., 727 ss.; X. XXXXXXXXX XXXX, Delle successioni testamentarie, in Comm. cod. civ. a cura di X. XXXXXXXX e X. XXXXXX, Libro secondo: Successioni. Artt. 587 – 600, Bologna – Roma, 1993, 1 ss.; ID., Il testamento, in Tratt. dir. priv. diretto da X. XXXXXXXX, volume 6, Xxxx XX, Succes- sioni, Torino, 1997, 1 ss.; ID., Il testamento, I) Profilo negoziale dell’atto: appunti delle lezioni, Milano, 1976, 1 ss.; X. XXXXXXXX, Diritto delle successioni, cit., 155 ss.; ID., Il testa- mento: lineamenti, Padova, 1995, 1 ss.; ID., Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 201 ss.; X. XXXXXXX, Succes- sioni e donazioni, cit., 369 ss.; A CICU, Testamento, Milano, 1951, 1 ss.; X. XXXXXXXXX, Il testamento: norme e casi, Padova, 1995, 1 ss.; ID., voce: “Testamento”, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XXXX, Xxxx, 0000, 1 ss.; A. DE CUPIS, voce: “Successione, V) Successione testamentaria”, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1378 ss.; X. XXXXXXX, Successione per testamento e trasforma- zioni sociali, Milano, 1972, 1 ss.; X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, Volume IV: la famiglia. Le successioni. La tutela dei diritti. Il fallimento, Padova, 2004, 201 ss.; X. XXXXX, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, vol. I, Milano, 1947, 1 ss.; X. XXXXXX, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970, 1 ss.; X. XXXXXXX, Formalismo negoziale e testa- mento, Milano, 1966, 1 ss.; M. L. LOI, Le successioni testamen- tarie (artt. 587 – 623 c.c.), in Giur. sistem. dir. civ. e comm.
fondata da X. XXXXXXX, Torino, 1992, 1 ss.; X. XXXXXX, Favor legis e testamento, Milano, 1970, 1 ss.; X. XXXXXXXXXX, voce “Testamento, b) Diritto privato”, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 471 ss.; X. XXXXXX, Il testamento, Milano, 1998, 1 ss.
11 Come affermato nella Relazione del Ministro Guardasigilli Xxxx Xxxxxx al Codice Civile del 4 aprile 1942 «il principio fondamentale del nostro diritto successorio, per cui le forme di successione sono due, la legale e la testamentaria, ho considera- to di escludere espressamente l’ammissibilità della terza possi- bile causa di delazione ossia del contratto come titolo di succes- sione, stabilendo il divieto della cosiddetta successione pattizia o patto successorio». Sul punto si veda X. XXXXXX, Disposizioni di beni mortis causa in forma «indiretta», in Riv. not., 1967, 644; ID., Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, in ID., Raccolta di scritti, III, Milano, 1993, 195 ss. e già in Vita not., 1971, 147; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, cit., 222; X. XXXXXXXXX XXXX, Appunti in tema di simulazione del testamento, in in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, 1218 ss. In proposito cfr., pure, X. XX XXXXX, voce: “Suc- cessione, I) Successione nei diritti e negli obblighi”, cit., 1250 ss.; X. XXXXX, Successioni in generale, in Comm. cod. civ. a cura di X. XXXXXXXX e X. XXXXXX, Libro secondo: Successioni. Artt. 456 – 511, Bologna – Roma, 1980, 1 ss. Per la verità, si discute se sia ammissibile una duplice fonte della vocazione, legale e testamentaria, ovvero se la causa immediata della vo- cazione sia sempre e solo la legge. Nel diritto romano, a diffe- renza di oggi, la successione legittima e quella testamentaria si trovavano, reciprocamente, in rapporto di esclusione (nemo pro parte testatus, pro parte intestatus decedere potest): la prima interveniva in forma puramente sussidiaria, qualora mancasse totalmente la seconda. La regola romanistica è caduta in disuso già nel diritto intermedio; ad ogni modo, essa non è certo pre- sente nell’attuale sistema giuridico, nel quale è ammissibile il concorso delle due forme di delazione rispetto al patrimonio di uno stesso de cuius (art. 457, comma 2, c.c.). Si veda, in propo- sito, X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, cit., 41 ss.; nonché X. XXXXXXXXX XXXX, Il testamento, cit., 11 ss.; ID., Il te- stamento, I) Profilo negoziale dell’atto: appunti delle lezioni, cit., 20, il quale considera soltanto la chiamata a titolo di erede, precisando che, in quella a titolo di legato, la fonte legale è ri- dotta a un numero esiguo di ipotesi (artt. 540, comma 2, 548, comma 2, 580 e 594 c.c.); in argomento v. anche X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Vocazione legale e vocazione testamentaria, in Riv. dir. civ., 1942, 193 ss.; X. XXXXXX, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, in Raccolta di scritti, tomo I, Milano, 1980, 17 ss., 27 ss. e 33 ss., il quale osserva che il testatore potrebbe solo designare concretamente la persona del successore, mentre la designazione astratta sarebbe opera della legge. Più precisa- mente, sia lo scioglimento del vincolo, che lega i beni alla per- sona del titolare, sia la successione a causa di morte non dipen- derebbero dalla volontà del singolo: lo scioglimento del vincolo deriverebbe dalla morte del titolare e la successione xxxxxx xxx- xx sarebbe comunque prevista e regolata dalla legge. Va però detto che l’illustre X. xxxxxxxxx, accanto alla vocazione e alla delazione, l’autonoma figura della “designazione”, alla quale si ricollegano determinati effetti, ad esempio ex art. 58 ss. c.c., e che potrebbe non tradursi in delazione effettiva, nell’ipotesi in cui il designato sia morto prima dell’apertura della successione. Contra X. XXXXXXX FERRARA, Le successioni per causa di mor- te, I) Parte generale, Xxxx X, Xxxxxxxx – Problemi fondamenta- li, Napoli, 1977, 76 ss., secondo il quale la “designazione” po- trebbe essere considerata una figura giuridica autonoma, distin- ta dalla vocazione e dalla delazione, solo qualora si accogliesse la premessa del carattere esclusivamente legale della vocazione. In caso di accoglimento della tesi della duplice fonte della vo-
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Non è un caso, quindi, che si sia parlato di crisi del diritto successorio rispetto alle vicende circolatorie del contratto, sì da tenere fuori il primo dai circuiti distributivi della ricchezza12, mostrando più di qualsiasi altro ambito il peso dei suoi anni13.
del libro secondo: la riforma degli artt. 561 e 563
c.c. (art. 2, comma 4-novies, lett. a, d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005, e art. 3 l. n. 263/2005) e l’introduzione degli artt. da 768-bis a 768-octies c.c. recanti la disciplina del patto di famiglia (nuovo
Effettivamente, può constatarsi come il libro Capo V-bis del Titolo III relativo alla divisione
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secondo del codice civile sia stato oggetto di minimi interventi da parte del legislatore in seguito all’entrata in vigore del codice, specie se lo si compara con gli interventi legislativi effettuati sugli altri libri del codice: oltre agli adeguamenti resisi necessari in conseguenza della caduta del regime fascista (d.r.l. n. 25/1944 e d. leg. lgt. n. 287/1944), e successivamente con la riforma del diritto di famiglia (l. n. 151/1975), altre novelle legislative hanno interessato solo marginalmente o di riflesso il diritto successorio (si pensi, ad esempio, agli adattamenti collegati alle riforme via via succedutesi in materia di filiazione – dalla l. n. 184/1983 fino alla l. n. 219/2012). Peraltro, solo due
ereditaria)14.
Va detto, però, che la dottrina ha sollecitato più volte un intervento riformatore da parte del legislatore, finalizzato a colmare la distanza tra la disciplina normativa e la realtà sociale e dei traffici15, testimoniata da un fenomeno di fuga della prassi verso meccanismi atipici di circolazione della ricchezza tra privati16, non sempre del tutto adeguati allo scopo, anche in ossequio a quanto previsto negli altri ordinamenti xxxxxxx00.
In generale si assiste, nell’epoca post-moderna18, a una maggiore presa di campo dell’autonomia privata rispetto al potere ordinante statuale, che invece caratterizzava soprattutto la stagione del
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recenti interventi si segnalano come
significativamente innovativi dell’originario ordito
xxxxxxx (legale e testamentaria), la premessa verrebbe a cadere, con conseguente impossibilità di ammettere la figura della “de- signazione”. È corretto ritenere che la delazione si riferisca all’elemento oggettivo della successione, mentre la vocazione a quello soggettivo, ossia ai destinatari della medesima. Si tratte- rebbe, dunque, di due differenti angoli visuali.
12 Cfr., in proposito, X. XXXXXX, Ipotesi sul diritto privato, in ID. (a cura di), Il diritto privato nella società moderna, Bolo- gna, 1971, 13 ss. Denuncia negli stessi anni lo iato tra la disci- plina successoria italiana e le trasformazioni sociali in essere già a quel tempo X. XXXXXXX, Successione per testamento e tra- sformazioni sociali, Xxxx, 0000. Cfr., in tempi più recenti, an- che X. XXXX, I fenomeni a rilevanza successoria, Napoli, 2008. In senso parzialmente difforme X. XXXXXX, Il contratto con causa successoria. Contributo allo studio del patto di famiglia, Padova, 2008, 1 ss. Si è anche evidenziato che in corrisponden- za dell’ascesa della classe media e quindi di una maggiore dif- fusione del benessere a ceti sociali che prima non erano in gra- do di accumulare ricchezza da trasmettere alle più giovani ge- nerazioni si è ampliato lo spettro di soggetti in condizione di elaborare un programma successorio. In tal senso, X. XXXXXXXXXXX, Successioni (dir. civ.), in Nov. dig. it., XVIII, Torino, 1972, 748 ss.; X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Parte speciale: successione legittima, in Trattato di Di- ritto Civile e Commerciale, diretto da X. XXXX e X. XXXXXXXX, XLII, t. 1, Milano, 1999, 11, nota 22; X. XXXXXXXX, Concetto, e fondamento, della successione mortis causa, in Trattato di Di- ritto delle Successioni e Donazioni diretto da X. XXXXXXXX, I, Milano, 2009, 42; ID., Autonomia negoziale e diritto ereditario, in Riv. not., I, 2000, 795 in cui l’A. critica la posizione espressa da X. XXXXXX.
13 È largamente condivisa, infatti, l’idea che il legislatore sia stato incapace di adeguare il diritto successorio all’evoluzione delle relazioni sociali ed economiche nel corso dei decenni suc- cessivi all’emanazione del codice civile vigente. Cfr., in propo- sito, X. XXXXX, Per una riforma del divieto dei patti successori, in Riv. dir. priv., 1997, 6 ss., il quale ritiene che il diritto suc- cessorio non sia affatto in declino, invitando a prestare atten- zione al diritto vivente e non solo ai meccanismi successori ti- pici previsti dal Libro secondo del Codice Civile.
14 Per questa disamina v. X. XXXXXX, Percorsi del diritto eredi- tario attuale e prospettive di riforma del divieto dei patti suc- cessori, in Jus civile, 2013, 10, 701, spec. nt. 3.
15 Cfr. X. XXXXXXXX, Le possibili riforme del diritto ereditario, in Giur. it., 2012, 1942 ss.; X. XXXXXXXX, Sulla possibile riforma della successione necessaria, in Trattato di Diritto delle Suc- cessioni e Donazioni, diretto da X. XXXXXXXX, Milano, III; 2009, 279 ss.; X. XXXXXXX, Attribuzioni mortis causa e complessità delle forme di redistribuzione sottese alla successione necessa- ria, in Riv. dir. civ., 6/2021, 1057 ss.
16 Per queste notazioni v. X. XXXXXX, Percorsi del diritto eredi- tario attuale e prospettive di riforma del divieto dei patti suc- cessori, cit., 701; v. pure X. XXXXXXX, Contributo allo studio delle disposizioni testamentarie « in forma indiretta », in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx,0000, 919 ss.;
X. XXXXXXX XXXXXXX, Le successioni mortis causa in generale, in Diritto Civile, diretto da X. XXXXXX e X. XXXXXXXX, Xxxxxx, XX, 0000, 7. Contra X. XXXXXXXX, Attualità e destino del divieto di patti successori, in AA. VV., La trasmissione familiare della ricchezza. Limiti e prospettive di riforma del sistema successo- rio, Padova, 1995, 5; X. XXXXXXX, «Quid novi» in tema di suc- cessioni mortis causa?, in Nuova giur. civ. comm., II, 1997, 13. Mette in luce l’inadeguatezza delle principali alternative elabo- rate dalla prassi X. XXXXXX, Il contratto con causa successoria, cit., 15 ss.
17 Il legislatore, dal canto suo, ha raccolto solo in parte queste sollecitazioni e con risultati insoddisfacenti in termini di attua- lizzazione del diritto delle successioni. Con una certa dose di approssimazione, può dirsi che le crescenti espressioni dell’autonomia privata in ambito successorio si ricollegano alla necessità di reagire all’evoluzione della complessità dei rappor- ti economici e sociali che vengono in considerazione al mo- mento della morte di un soggetto, quali il mantenimento di sog- getti legati al disponente da rapporti di convivenza e non di co- niugio o che hanno prestato servizi in favore del de cuius o più semplicemente motivi di risparmio fiscale o ancora la trasmis- sione di un’attività imprenditoriale.
18 Su cui v. X. XXXXXXXXX, Il diritto pos-moderno: un concetto inutile o addirittura dannoso?, in A proposito del diritto post- moderno, Atti Seminario Leonessa, 22-23 settembre 2017, a cura di X. XXXXX – X. XXXXX, in L’unità del diritto, Collana del dipartimento di Giurisprudenza, vol. 12, Quaderni del Dottora- to, Roma, 2018, 63 ss., spec. 68.
diritto proto-moderno o liberale19. E ciò in quanto l’autonomia privata è riuscita via via a sopperire alla crisi della legge, sovvertendo di fatto l’ordine pregresso in cui era la legge ad occuparsi delle necessità dei privati. Vi è riuscita, senz’altro, di pari
indiretta»25, per indicare quei negozi diversi dal testamento con cui un soggetto può disporre del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di vivere, da contrapporre alla categoria delle liberalità tra vivi non donative.
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passo con l’ascesa del soggettivismo interpretativo La questione cruciale per la nostra discussione è
che tanto connota la giurisprudenza contemporanea, ove il giudice sempre più spesso veste i panni del legislatore20.
A tali processi non sfugge certamente il diritto successorio e così i giuristi hanno iniziato a interrogarsi sulle ragioni del declino del testamento, quale principale strumento per regolare la vicenda successoria che si apre con la morte della persona, e ad approfondire lo studio dei modi o degli strumenti alternativi di regolamentazione della demise, nella percezione sicura della perdurante esigenza di regolare il fenomeno successorio al di fuori della successione legittima21.
Vi è chi ha parlato, in proposito, di «negozi connessi alla morte»22, di «successioni contrattuali anomale»23, di «fenomeni parasuccessori»24 o ancora di «disposizioni testamentarie in forma
19 A questo proposito si rinvia alla sequenza storico-sociologica riportata in X. XXXXXXX, Diritto privato e capitalismo – Regole giuridiche e paradigmi di mercato, Napoli, 2010, 10 ss. e 22 ss. 20 Per questo ordine di critiche cfr., ex multis, X. XXXXX, Xxxxxxx e legge nell’agone del postmoderno, in A proposito del diritto post-moderno, Atti Seminario Leonessa, 22-23 settembre 2017, cit., 29 ss., spec. 33; X. XXXXX, Diritto postmoderno o regres- sione premoderna?, in A proposito del diritto post-moderno, Atti Seminario Leonessa, 22-23 settembre 2017, cit., 15; X. XXXXXXXXX, Contro la giurisprudenza creativa, in Questione giustizia, 2016, IV, 13 ss.; X. XXXX, Giudici e legislatori, in Contratto e impr., 2017, 1 ss.; X. XXXXXXXXXX, Eclissi del di- ritto civile, Milano, 2015, passim, in part. 87 ss.; ID., L’aporia tra ius dicere e ius facere, in Eur. dir. priv., 2016, 981 ss.; X. X’XXXXX, Argomentazione per princìpi ed efficacia orizzontale dei diritti (Spunti per una discussione), in X. X’XXXXX e X. XXXXXXXXXXX, L’armonizzazione degli ordinamenti dell’Unione europea tra principi e regole. Studi, Torino, 2018, 184 ss.; ID., L’insostituibile leggerezza della fattispecie, in Ars interpretan- di, 2019, 49 ss.; X. XXXXXXX, Buona fede, ragionevolezza e «effi- cacia immediata» dei principî, Napoli, 2017, 53 ss.
21 Per questi rilievi si rinvia a X. XXXX, Fenomeni parasucces-
xxxx, in voce Successione, in Enc. giur. Treccani, XXX, Roma, 2002, 1; cfr. anche X. XX XXXXX, Le disposizioni testamentarie modificative ed estintive del rapporto obbligatorio, Milano, 2005, 11, spec. note 13 e 14, il quale affronta la questione del declino quantitativo e qualitativo del testamento.
22 Cfr. F. A. MONCALVO, I negozi «connessi alla morte». Il mandato post mortem, in Tratt. dir. succ. e don., diretto da X. XXXXXXXX, I, La successione ereditaria, Milano, 2009, 225.
23 La prima articolata indagine in questa materia si deve a X. XXXXXXX, Autonomia contrattuale e successioni anomale, Na- poli, 1983, 1 ss.; cfr. pure X. XXXX – X. XXXXXXXX, Le succes- sioni anomale legali, in Successioni e donazioni a cura di X. XXXXXXXX, X, Xxxxxx, 0000, 621 ss.
24 Con questa espressione si allude al più ampio complesso di fatti destinati ad assumere rilevanza al momento della morte di un soggetto. Cfr., in proposito, X. XXXX, I fenomeni c.d. para- successori, in Riv. not., 1988, 1139 ss.
se continua ad avere un senso mantenere nel nostro ordinamento il divieto dei patti successori, magari escludendo alcune fattispecie dalla morsa dell’art. 458 c.c. sull’esempio del legislatore francese (Loi 2006-728), oppure se non sia più giusto riconoscere in termini generali, alla luce dei molteplici negozi successori ormai presenti nel nostro ordinamento, la possibilità in capo ai privati di regolamentare la propria successione in forma negoziata, quale terza via da percorrere per la devoluzione del patrimonio ereditario.
In quest’ultimo senso, mi sembra, d’altronde, che deponga il Reg. UE n. 650/2012, il quale, sebbene non introduca il patto successorio a livello europeo26 – non interferendo con le competenze del legislatore nazionale – riconosce, tuttavia, il patto successorio quale strumento di pianificazione ereditaria27, al pari del testamento; con la
25 Cfr. X. XXXXXXX, Contributo allo studio delle disposizioni te- stamentarie «in forma indiretta», in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, II, Milano, 1998, 919 ss.
26 La disciplina europea non decreta la validità del patto succes- sorio né dal punto di vista sostanziale né formale di un tale ne- gozio, così come si desume dal Considerando n. 49 del Reg. n. 650/2012, in cui si prevede che: «un patto successorio è un tipo di disposizione a causa di morte la cui ammissibilità e accetta- zione variano nei diversi Stati membri. Al fine di agevolare l’accettazione negli Stati membri dei diritti successori acquisiti per effetto di un patto successorio, il presente regolamento do- vrebbe determinare quale legge disciplina l’ammissibilità di tali patti, la loro validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti nonché le condizioni del loro scioglimento».
27 L’idea di patto successorio, che si ricava dal testo del Rego- lamento, corrisponde a quella generalmente accolta negli ordi- namenti che vietano l’istituto, nonché a quella dell’art. 8 della Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile alle successioni a causa di morte del 1˚ agosto 1989. L’art. 3 par. 1 lett. b) Reg. UE n. 650/2012 definisce, infatti, il patto successorio come
«l’accordo, anche derivante da testamenti reciproci, che confe- risce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo». L’oggetto del patto successorio definito nel Regolamento deve essere necessariamente costituito da diritti relativi alla succes- sione di una o più delle parti del patto, con esclusione dei diritti sulla successione dei terzi rimasti estranei ad esso. Per conver- so, restano esclusi gli accordi che attribuiscono diritti o trasferi- scono beni in occasione dell’apertura della successione ma al di fuori della vera e propria vicenda successoria. In tale prospetti- va, il Regolamento esclude dall’ambito di applicazione ogni genere di accordi tra vivi, come pure strumenti aventi effetti analoghi come la comproprietà con reversibilità a favore del coniuge superstite (art. 1 par. 1 lett. g). A questo proposito, è utile richiamare la sentenza della Corte giustizia Unione Euro- pea, Sez. I, 09/09/2021, n. 277/20, in cui si chiarisce che
«l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio
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conseguenza che il divieto dell’istituto previsto in varie legislazioni dei Paesi membri non costituirebbe parte dell’ordine pubblico di questi Stati ai sensi degli artt. 35 e 40 lett. a) del Reg. n. 650/2012.
La delega, recependo probabilmente le sugge- stioni provenienti dall’esperienza del contratto ere- ditario presente nel BGB31 e movendo forse dall’esempio francese32 della donation-partage33, lascia fermo il divieto dei patti dispositivi dei diritti
Presso di noi, da ultimo, in una prospettiva de spettanti da una successione non ancora aperta, ma
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iure condendo di “semplificazione” che palesa una maggiore sensibilità alla regola giuridica predispo- sta dai privati, si staglia il disegno di legge 28 feb- braio 2019 (DDL S. 1151)28, il quale sembra privi- legiare tecniche flessibili e immediate di normazio- ne di costruzione privata, sia con riguardo ai rappor- ti familiari in senso lato, con la previsione, inter alia, dei c.d. accordi “prematrimoniali”, volti a re- golare i rapporti personali e patrimoniali, anche in vista di una crisi29, ma soprattutto con riferimento alla disciplina delle successioni mortis causa. Qui desta particolare attenzione la possibilità di stipulare patti sulle successioni future, intesi alla devoluzione dei beni del patrimonio ereditario in essi determinati ai beneficiari ivi indicati, ovvero a permettere la ri- nunzia irrevocabile di successibili alla successione generale o con riguardo a particolari beni, restando inderogabile la quota di riserva prevista dagli artico- li 536 e ss. c.c. A quest’ultimo proposito, emerge, inoltre, la volontà di trasformare la quota riservata ai legittimari in una quota del valore del patrimonio ereditario al tempo dell’apertura della successione, garantita da privilegio speciale sugli immobili che
prevede l’introduzione nell’ordinamento successo- rio di xxxxx xxxxxxxxxx, tramite i quali sarebbe consen- xxxx attribuire in vita beni determinati ai vari succes- sibili, senza che con ciò trovi ingresso la designa- zione contrattuale di erede34, e di xxxxx xxxxxxxxxxxx, mediante i quali alcuni successibili (e ragionevol- mente i legittimari) potrebbero rinunciare ad ogni pretesa successoria o comunque ad una pretesa su determinati beni35. Così risulterebbe aperta la strada ad un possibile governo su base negoziale della vi- cenda successoria e, conseguentemente, ridimensio- nato il ruolo del testamento quale unica ed esclusiva espressione dell’autonomia privata in ordine alla devoluzione del patrimonio della persona.
2. Le diverse species di patti successori e la ratio del divieto.
L’unitaria disciplina dei patti successori desumibile dal tenore letterale dell’art. 458 c.c. non corrisponde, a ben vedere, a una tipica e unitaria
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ne fanno parte o, in mancanza di immobili, da privi-
legio generale sui mobili costituenti l’asse eredita- rio30.
2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al rico- noscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, deve esse- re interpretato nel senso che un contratto in forza del quale una persona prevede il trasferimento futuro, alla sua morte, della proprietà di un bene immobile ad essa appartenente ad altre parti contraenti costituisce un patto successorio, ai sensi di tale disposizione».
28 Su cui v. X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXXXXXXXX –
X. XXXXX, Proposte di riforma del Codice civile: prime rifles- sioni, in Il Corriere giuridico, 5/2019, 589 ss.
29 Per la verità, la delega mira a consentire, in generale, la stipu- lazione di “accordi” tra i nubendi, tra i coniugi, e tra le parti di una programmata o attuata unione civile. Tali accordi avranno lo scopo di regolare i rapporti personali e quelli patrimoniali tra le parti, anche in previsione dell’eventuale crisi del rapporto, nonché a stabilire i criteri per l’indirizzo della vita familiare e l’educazione dei figli, fermo restando comunque il rispetto del- le norme imperative, dei diritti fondamentali della persona umana, dell’ordine pubblico e del buon costume.
30 Su cui v. i rilievi di X. XXXXXXX, La fisionomia del testamen- to tra volontà negativa e traduzione in regola successoria, in Pers. e merc., 3/2020, 305; X. XXXXXXXXX, La tutela dei credi- tori personali del legittimario leso o pretermesso, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, aprile 2019, 29 ss. Sulla tute- la dei creditori del legittimario v. pure il volume di I. L.
XXXXXX, La tutela dei creditori del legittimario, Torino, 2020,
passim.
31 Nel BGB i patti successori (Erbverträge) sono ammessi e trovano disciplina nei §§ 1941 e 2274 ss. a fianco del testamen- to, dal quale differiscono perché con i primi il disponente si impegna nei confronti di un altro soggetto, perdendo la possibi- lità di revocare le disposizioni mortis causa. In argomento v. X. XXXXXXX, Le successioni in diritto comparato, Torino, 2002, 34 ss.
32 In Francia, si ritiene che ai fini dell’esistenza di un patto suc- cessorio sia necessario: a) che vi sia una convenzione che abbia ad oggetto beni suscettibili di far parte della successione di uno dei contraenti (patti istitutivi) o che si pensi di acquistare dalla successione di un terzo; b) che l’oggetto del negozio rientri in una successione non ancora aperti; c) che si realizzi una modi- ficazione delle regole di diritto successorio concernenti le quote spettanti agli eredi necessari. Per questa descrizione si rinvia a
X. XXXXXXX, I contratti post mortem, in Rass. dir. civ., 3/2012, 777 ed ivi riferimenti di dottrina francese; v. pure X. XXXXXX, L’espansione del’autonomia privata in ambito successorio nei recenti interventi legislativi francesi e italiani, in Contr. Impr. Europa, 1/2009, 427 ss.
33 Su cui v. B. PORTALE, Lezioni di diritto privato comparato, Torino, 2007, 21 ss.
34 Il tema è fortemente avvertito in caso di mere convivenze
non altrimenti formalizzate, come osserva X. XXXXXXX, Quota di riserva e patti successori, in X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXXXXXXXX – X. XXXXX, Proposte di riforma del Codice ci- vile: prime riflessioni, in Il Corriere giuridico, 5/2019, 591.
35 L’attuazione del disegno di legge imporrà, per ragioni di ca- rattere sistematico, di rivedere anche le disposizioni in tema di patto di famiglia.
xxxxxxx di patto successorio36. Si è soliti distinguere, infatti, tre tipologie di patti successori37, che rimandano a distinte ipotesi di autoregolamentazione di privati interessi, accomunate solo dal fatto di riferirsi ad una
dal tipico strumento testamentario, ma funzional- mente speculare a quest’ultimo: donde la natura di un vero e proprio atto mortis causa41.
La seconda tipologia di patti successori com- prende, invece, i cosiddetti patti «dispositivi», i qua-
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successione non ancora aperta, sebbene siano li, a differenza di quelli istitutivi, sono negozi nor-
diverse quanto alle specifiche finalità che in astratto potrebbero essere realizzate38.
Il divieto in esame, peraltro, può riguardare an- che tipologie negoziali con struttura unilaterale, tan- to da rendere vana, di fatto, la ricerca di una defini- zione unitaria di patto successorio39. Ciononostante, gli unici elementi in comune a tutte le convenzioni successorie, oltre alla individuazione di una situa- zione giuridica soggettiva oggetto di una futura suc- cessione, possono ravvisarsi nell’esistenza antece- dente all’apertura della successione di un negozio non testamentario e nell’irrilevanza della previsione o meno di un corrispettivo, stante il tenore letterale dell’art. 458 c.c., a mente del quale ogni patto suc- cessorio è in quanto tale colpito da nullità, a pre- scindere dal suo carattere oneroso o gratuito40.
Procedendo per ordine, la prima tipologia che viene in rilievo è quella dei patti successori cosid- detti «istitutivi» di cui all’incipit dell’art. 458 c.c., attraverso i quali due soggetti convengono di istitui- re uno di essi, e/o terze persone, quali loro eredi (o legatari), disponendo così della propria futura suc- cessione attraverso un atto strutturalmente diverso
36 In senso contrario X. XXXXX, I patti successorî e il divieto di disposizione della delazione. Tra storia e funzioni, Napoli, 2015, 20, il quale ritiene che sia possibile una loro reductio ad unum. Sul volume di X. XXXXX si segnala anche la recensione di X. XXXXXX, Recensione a Xxxxxxxx Xxxxx, I patti successorî e il divieto di disposizione della delazione. Tra storia e funzio- ni, Xxx, Xxxxxx, 0000, pp. XII-232, in Dir. Succ. Fam., 3/2016, 975 ss.
37 In argomento X. XXXXXXXX, Disposizioni generali sulle suc- cessioni. Artt. 456 - 461 c.c., in Comm. cod. civ. fondato da X. XXXXXXXXXXX e continuato da F. D. BUSNELLI, Milano, 2006, 94 ss.; X. XXXX, I patti successori, in Testamento e Patti successo- ri, Milano, 2006, 463 ss.; X. XXXXXXX, I patti successori: ra- gione del divieto e tendenze evolutive, Bologna, 2007, 9 ss.
38 Cfr. X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 39 ss.; X.
XXXXXXXX – X. XXXXXXX, I xxxxx successori, cit., 63 ss.; X. XXXXXXXXX, Il divieto dei patti successori, cit., 25 ss.; X. XXXX, Divieto di patti successori, in Comm. cod. civ. diretto da X. XXXXXXXXX, Torino, 2009, 29 ss.
39 Quanto alla disposizione testamentaria effettuata in adempi- mento di un patto successorio, ovvero di una promessa unilate- rale, è preferibile ritenere applicabile nel primo caso l’art. 626 c.c., nel secondo caso l’art. 624 c.c., in luogo di ritenere nulla la disposizione stessa per difetto di spontaneità. In senso confor- me X. XXXXXXX, voce: “Successione, cit., 4.
40 Per questi rilievi v. X. XXXXXXXX, Attualità e destino del divie- to dei patti successori, in La trasmissione familiare della ric- chezza. Limiti e prospettive di riforma del diritto successorio, Padova, 1995, 1 ss. Sul diritto ereditario come spazio residuale sottratto al governo della libertà contrattuale v., pure, le consi- derazioni di X. XXXXX, Economia e società. III. Sociologia del diritto, Milano, 1980, 179.
malmente bilaterali, con cui una parte dispone a fa- vore dell’altra dei diritti che suppone di acquistare, in futuro, sulla successione altrui, così trasferendo (o obbligandosi a trasferire) all’altra parte diritti che le deriveranno da una successione mortis causa di un altro soggetto, che formalmente rimane estraneo al patto medesimo42. Qualora il futuro de cuius prenda, invece, parte all’accordo, accanto al patto dispositivo si avrebbe un collegato patto istitutivo, con conseguente nullità di entrambi gli accordi.
Questo tipo di pattuizione, quindi, ha natura di negozio inter vivos, giacché ha per oggetto la futura eredità altrui, non potendo neppure astrattamente essere considerato titolo di una delazione ereditaria nei confronti di colui che ne risulta, direttamente o indirettamente, il beneficiario. Si tratta, infatti, di negozi caratterizzati dalla peculiarità che i diritti o i beni che ne sono oggetto dovrebbero essere acqui- stati a causa di morte; sicché, il relativo divieto può essere considerato come specifica eccezione legisla- tivamente prevista al principio espresso dall’art. 1348 c.c., quale ipotesi di nullità per impossibilità dell’oggetto43.
Xxxxxxxxx, il divieto dei patti dispositivi, secon- do quanto previsto dell’art. 458 c.c., colpisce ogni singolo negozio che abbia ad oggetto, in positivo o in negativo, diritti successori futuri, a prescindere cioè dalla struttura effettivamente bilaterale
41 L’impostazione che siffatta disposizione successoria sia in- quadrata nella più generale categoria degli atti mortis causa, di cui fa parte anche il testamento, rende il contratto successorio in parola un negozio mortis causa, ma non anche un negozio di ultima volontà come il testamento, dal momento che – a diffe- renza di quest’ultimo – il patto istitutivo si connota per l’irrevocabilità. Si esclude che costituisca patto successorio la mera promessa verbale del de cuius di testare a favore di una persona, non essendo idonea a creare alcun vincolo giuridico e, pertanto, viene a mancare la menomazione della libertà testa- mentaria, oggetto della tutela legislativa. Sul punto v. M.V. DE XXXXXX, voce Patto successorio, cit., 535.
42 In argomento v. X. XXXXX, Disposizioni generali sulle succes- sioni (art. 456 - 511), in Comm. X. XXXXXXXX – X. XXXXXX, Bo-
logna – Xxxx, 0000, 101 ss.; M. V. XX XXXXXX, I patti sulle successioni future, Napoli, 1976, 66; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 44; X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, in Manuali notarili, IV, a cura di X. XXXXXXXX, Padova, 2011, 44 ss; X. XXXXXXXXX, Il divieto di patti successori, cit., 49; X. XXXXXXXXXXX, Il divieto di patti suc- cessori fra autonomia e ordine pubblico, in Notariato, 2003, 431 ss.
43 A ben vedere, l’invalidità di tutti i negozi con cui si dispone di diritti successori futuri e, quindi, fuori dalla fase ereditaria vera e propria, risiede ancora prima nell’indeterminabilità dell’oggetto del negozio.
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dell’atto. In tal senso, nella seconda parte dell’art. 458 c.c. è presente il termine «ogni atto» e, quindi, riferibile sia ai c.d. patti dispositivi, sia ai c.d. patti rinunziativi, rispetto alla prima parte della norma, relativa ai soli patti istitutivi. Il divieto commina la
dall’espressa disposizione dell’art. 458 c.c.50. Di qui dovrebbe comunque considerarsi nulla anche la ri- nuncia all’azione di riduzione da parte del legittima- rio leso o pretermesso, per impossibilità giuridica dell’oggetto, oppure addirittura per mancanza di
nullità della disposizione negoziale di diritti facenti causa (in concreto), in quanto trattasi di una forma
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parte di una successione non ancora aperta, a pre- scindere dalle caratteristiche strutturali e/o funzio- nali di quello che è il mezzo in concreto adoperato per realizzarlo, sottraendo all’autonomia privata la disponibilità di tali diritti44.
Infine, la terza specie è quella dei patti cosiddetti
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«rinunziativi»45, nei quali, secondo l’impostazione prevalente46, rientra ogni forma di rinuncia a una eredità futura47, ivi inclusa la rinuncia unilaterale che pure, in quanto tale, tecnicamente non costitui- sce certo un “patto”48.
Il divieto dei patti rinunziativi va correlato, pe- raltro, al disposto di cui all’art. 557, 2° comma, c.c., a mente del quale è vietato ai legittimari, finché vi- ve il donante, di rinunciare, sia espressamente sia tacitamente (prestando il loro assenso alla donazio- ne), all’azione di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima. Da questo punto di vista, la disposizione richiamata costituirebbe nient’altro che un’ipotesi di applicazione specifica del divieto di patti rinunziativi, potendosi considerare la rinuncia anticipata all’azione di riduzione quale atto dismis- sivo di diritti su una successione non ancora aperta e, in particolare, al diritto di far valere in giudizio la propria quota di legittima49.
Per la verità, ogni rinuncia a diritti provenienti da una successione non ancora aperta, proprio in quanto diritti futuri, come tali non attualmente esi- stenti nel patrimonio del rinunciante, potrebbe esse- re considerata nulla anche a prescindere
44 In proposito, la dottrina prevalente ravvisa la nullità di siffat- ta pattuizione anche quando si tratta di negozi con i quali le par- ti vogliono semplicemente regolare la loro futura – comunque eventuale – posizione successoria. In tal senso v. X. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico del testamento. Contributo ad una teoria dell’atto di ultima volontà, Milano, 1954, 43 ss.;
M. V. XX XXXXXX, I patti sulle successioni future, cit., 191; X. XXXX, I fenomeni a rilevanza successoria. Un’analisi dell’evoluzione del sistema successorio alla luce dei recenti interventi del legislatore, Napoli, 2008, 126; X. XXXXXXXXX., Il divieto dei patti successori, cit., 54 ss.
45 Come nel caso dei patti dispositivi si tratta, anche qui, di ne- gozi inter vivos.
46 Cfr. M. V. DE XXXXXX, I patti sulle successioni future, cit.,
191; X. XXXX, I fenomeni a rilevanza successoria, cit., 126; X. XXXXXXXXX., Il divieto dei patti successori, cit., 54 ss.
47 Anche con riferimento ai patti rinunziativi è nulla non solo la rinuncia immediata e diretta, ma altresì l’assunzione dell’obbligo di rinunciare ad una futura eredità.
48 Così X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 42.
49 Così X. XXXX, I fenomeni a rilevanza successoria, cit., 21.
di tutela irrealizzabile prima dell’apertura della suc- cessione51.
A questo punto, la corretta individuazione della ratio del divieto in commento è cruciale al fine di potere delimitare esattamente l’ambito di applica- zione della norma, atteso che si tratta di norma proibitiva il cui perimetro applicativo deve essere rigorosamente tracciato52, così da evitare che la di- sposizione neghi la realizzabilità di interessi in sé meritevoli di tutela.
Occorre interrogarsi, però, sulla opportunità di procedere in maniera diversificata a seconda della tipologia di patto successorio53 o se, per converso, sia possibile muovere da una comune ratio del di- vieto di cui all’art. 458 c.c., in un’ottica sistematica. Orbene, la dottrina tradizionale54 ritiene la nor- ma in esame quale corollario dell’art. 457 c.c., sot- tolineando come, tenuto conto del principio di tipi- cità delle fonti della delazione di cui all’art. 457, la
50 Non può negarsi che la nullità dei patti successori rinunziati- vi, in ossequio al combinato disposto degli artt. 1346 e 1418 c.c., trovi fondamento nella inammissibilità in astratto di ogni disposizione o rinuncia da parte di un soggetto a ciò non legit- timato (in quanto non titolare della situazione giuridica ‘rinun- ciata’) e, in ogni caso, nell’inammissibilità di negozi dispositivi aventi un oggetto indeterminato o indeterminabile. Cfr., al ri- guardo, X. XXXXXXXXXXX, voce «Atto mortis causa», cit., 233. 51 In argomento G. CASU, I xxxxx successori, cit., 476; X. XXXXX, Disposizioni generali sulle successioni, cit., 100 ss.; sulla pos- sibilità di esperire l’azione di riduzione da parte dei creditori dei legittimari pretermessi si rinvia a X. XXXXXX, Dell’azione di riduzione da parte dei legittimari pretermessi, in Not., 2019, 1133 ss.
52 Si consideri, infatti, che, trattandosi di patti nulli, troveranno applicazione tutte le norme relative alla nullità dei contratti, in particolare gli artt. 1419, 1421, 1422 e 1423 c.c.; con l’ulteriore conseguenza che, in caso di loro adempimento, troverà applica- zione la disciplina di cui all’art. 2033 c.c., dato che la loro illi- ceità non sembra configurare ex art. 2035 contrarietà al buon costume.
53 Come suggerisce X. XXXXXXX, Disposizioni generali sulle successioni, in Successioni - I, in Tratt. Dir. Priv. diretto da X. XXXXXXXX, Xxxxxx, 0000, 41; ma già X. XXXXXXXXX, Solidarietà privata e autonomia privata, Napoli, 1970, 289-290.
54 Cfr. X. XXXXXXX, Divieto di patti successori, in Comm. Cod. Civ. diretto da X. XXXXXX, II, Torino, 1991, 7; G. GROSSO - X. XXXXXXX, Le successioni - Parte generale, in Tratt. Dir. Civ. diretto da X. XXXXXXXX, XX, 1, Torino, 1977, 92; X. XXXXXXXXXXXX, Delle successioni - Disposizioni generali - Suc- cessioni legittime, in Comm. Cod. Civ. diretto da X. XXXXXXX, II, 1, Torino, 1971, 21; X. XXXXXXXXXX, Delle successioni in gene- rale, artt. 456-535, in Comm. Cod. Civ. diretto da X. XX XXXXXXX, Xxxxxx, 0000, 59; X. XXXXXXX, Successioni e dona- zioni, cit., 39.
disposizione successiva55 non farebbe altro che ri- badire tale principio sotto forma di xxxxxxx00, espri- mendolo in negativo57. Se non fosse, però, che il ri- ferimento alla legge e al testamento, quali uniche fonti regolatrici della successione mortis causa, può
Del resto, la spiegazione del divieto in esame, in termini di tipicità della delazione59, non può valere altrettanto per i patti dispositivi e rinunziativi, nulli al pari dei patti istitutivi, ma rispetto a questi onto- logicamente diversi. I patti istitutivi60, come già an-
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semmai rappresentare il risultato logico del ragio- ticipato, hanno infatti natura di veri e propri atti
namento che qui si richiama, ma non la spiegazione dei criteri che giustificano nel nostro ordinamento la presenza del divieto dei patti successori58.
55 È interessante osservare, quanto al confronto con la prece- dente disciplina del codice del 1865, la diversa collocazione topografica del divieto dei patti successori, atteso che nel previ- gente codice era prevista una disciplina desumibile nell’ambito del diritto dei contratti, mentre nell’attuale codice la disposizio- ne è presente nel libro dedicato alle successioni. Sul punto v.
X. XXXXXXXX, Disposizioni generali sulle successioni. Artt. 456 - 461 x.x., xxx. , 00 xx; X. XXXX, I xxxxx successori, cit., 463 ss.; X. XXXXXXX, I patti successori: ragione del divieto e ten- denze evolutive, cit., 9 ss.
56 La giurisprudenza tradizionale ha ravvisato il patto successo- rio in quella convenzione in cui: 1) il vinculum iuris originato dal patto deve avere la specifica finalità di costituire, modifica- re o estinguere diritti relativi a una successione non ancora aperta; 2) la cosa o i diritti oggetto della convenzione devono essere considerati dai contraenti come entità della futura suc- cessione o, comunque, essere compresi nella stessa; 3) il pro- mittente deve intendere in tal modo provvedere, in tutto o in parte, alla propria successione; 4) l’acquirente deve contrattare come avente diritto alla successione; 5) il trasferimento dal promittente al promissario deve aver luogo mortis causa, cioè a titolo di eredità o di legato. Al riguardo, va precisato che se l’ultimo requisito è riferibile esclusivamente ai patti istitutivi, che – come si è detto – sono i soli ad avere natura di atti mortis causa, il primo, invece, non può che riguardare i patti dispositi- vi e rinunziativi, poiché l’istituzione di erede o legatario è cer- tamente anteriore all’apertura della successione. Il terzo requisi- to, poi, altro non è se non il riflesso della natura negoziale dell’accordo; mentre il secondo e il quarto appaiono speculari, perché la circostanza che taluno disponga dei propri beni consi- derandoli parte di una successione non ancora aperta non può che presupporre la consapevolezza della sua futura qualità di erede. Per questi rilievi si rinvia a X. XXXXXXX, I contratti post mortem, cit., 776, nt. 29. Sul versante giurisprudenziale cfr., ex multis, Cass. 29.7.1971, n. 2404, in Giust. Civ., 1971, I, 1536; conforme Cass. 16.4.1975, n. 1434, in Giust. Civ., 1975, I, 1107; Cass. 16.2.1995, n. 1683, in Vita not., 1996, 260 e in
Corr. Xxxx., 1995, 571; Cass., 9.5.2000, n. 5870, in Riv. not., 2001, 227 ss., con nota di X. XXXXXXX, Xxxxx successori: con- ferma di un’erosione; Cass. 1.10.2003, n. 14590; Cass., 3.3.2009, n. 5119; Cass., 19.9.2009, n. 24450; Cass., 12.2.2010,
n. 3345, in Foro it., 2011, I, c. 2160; Cass. civ., Sez. II, Ordi- nanza, 24.05.2021, n. 14110.
57 Secondo questa linea di ragionamento, alquanto formalistica, il divieto dei patti successori è posto quasi in un rapporto di causa-effetto con la disposizione che precede, in modo che l’inammissibilità a contrario di terze possibilità di delazione non possa che costituire (anche) il fondamento giustificativo del divieto di cui all’art. 458 c.c.: sicché, sotto questo profilo, il divieto dei patti successori rappresenterebbe una norma di chiu- sura del sistema, volta ad evitare la frammentazione della vi- cenda successoria in una pluralità di fasi, difficilmente compa- tibili coi meccanismi di protezione dei legittimari.
58 Cfr. X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, 1, cit., 40; X. XXXXXXXXX., Il divieto dei patti successo- ri, cit., 54 ss.
mortis causa61, mentre quelli dispositivi e rinunzia- tivi hanno natura di atti (non necessariamente bila- terali) inter vivos, i quali hanno ad oggetto diritti facenti parte di una futura (ed eventuale) successio- ne altrui. Per cui, riguardo ai patti dispositivi e ri- nunziativi, è da escludere ogni possibile riferimento all’art. 457, atteso che tali patti non possono assur- xxxx a fonti di delazione; sicché, il fondamento del loro divieto dovrà essere logicamente diverso62.
Un altro indirizzo, invece, individua il fonda- mento del divieto di cui all’art. 458 c.c. nel perse- guimento di un fine essenzialmente idealistico, cioè quello di evitare il rischio del votum captandae mortis o, altrimenti, del votum corvinum63, i quali esprimono, in buona sostanza, il desiderio dell’altrui morte in vista del vantaggio patrimoniale che da tale
59 La circostanza che nel nostro ordinamento le uniche fonti della delazione ereditaria siano la legge e il testamento, con conseguente esclusione di ogni forma di delazione contrattuale, porta a ritenere il patto istitutivo nullo per illiceità della causa, in quanto contrario alla norma imperativa di cui all’art. 458 c.c. che ne dispone la comminatoria.
60 Sul ridimensionamento, in xxx xxxxxxxxxxxxxx, xxx xxxxxxx xxx xxxxx xxxxxxxxxx xx rinvia a X. XXXXXXX, Il divieto dei patti succes- sori, cit., passim; nonché a X. XXXXX, I patti successorî, cit., passim, il quale riconduce il divieto di cui all’art. 458 c.c. all’atto dispositivo della delazione. Tale lettura sembra in realtà smentita dalla stessa lettera del dato normativo, che considera i patti successori istitutivi come le convenzioni con cui taluno dispone della propria successione, mentre la delazione riguarda il profilo del diritto a far propria l’eredità o a conseguire il lega- to, con ciò ponendosi su un piano differente rispetto a quello che l’art. 458 c.c. considera vietato. Ad analoghi risultati, ma con un percorso argomentativo diverso, mira la ricostruzione di
D.A. D’XXXXX, Regolamentazione convenzionale della succes- sione, cit., passim, secondo il quale il divieto dei patti successo- ri istitutivi deve essere svincolato dalla prospettiva funzionale, ritenendo determinante il profilo materiale e contenutistico, per cui un atto sarà contrario al divieto solo ove risulti che il parte- cipante all’atto diverso dal disponente abbia inciso sul regola- mento negoziale, sul presupposto che il divieto dei patti succes- sori avrebbe ad oggetto la proibizione di una regolamentazione cumulativa di più interessi oltre quelli successori.
61 Xxxxxxx individuarsi due indici rivelatori di un’attribuzione patrimoniale mortis causa: da un lato, l’entità del bene oggetto dell’attribuzione deve essere commisurata al tempo della morte dell’attribuente; dall’altro, il beneficiario deve essere fin dall’inizio considerato come soggetto esistente in quel medesi- mo momento.
62 Cfr., sul punto, X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 39 ss.; X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, I xxxxx successori, cit., 63 ss.;
X. XXXXXXXXX, Il divieto dei patti successori, cit., 25 ss.; X. XXXX, Divieto di patti successori, cit., 29 ss.
63 Cfr. X. XXXXX, Disposizioni generali sulle successioni (art. 456 - 511), cit., 83.
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evento traggono i beneficiari di una pattuizione suc- cessoria.
Per quanto la precisazione possa risultare super- flua, alla base di questa impostazione si scorgono considerazioni essenzialmente etiche, che richiama-
getto di critiche70. In particolare, è stato osservato che il nostro codice civile ammette la contrattazione su beni futuri (art. 1348), prevedendo lo scambio verso corrispettivo sia di beni oggettivamente futuri (art. 1472), sia di beni soggettivamente futuri (art.
no un ampio concetto di «buon costume»64. In senso 1478), nonché numerosi contratti aleatori tipici (si
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contrario, si osserva che il proposito di vietare ogni convenzione che potrebbe ingenerare il desiderio dell’altrui morte è del tutto estraneo al nostro ordi- namento, che anzi non sembra preoccuparsi di scongiurarlo65, se solo si considerano le numerose disposizioni che collegano benefici patrimoniali all’evento morte66: quali, ad esempio, l’assicurazione sulla vita a favore di terzi (art. 1920 c.c.) o la rendita vitalizia (art. 1872 ss. c.c.)67. Per di più, con riguardo ai patti rinunziativi appare arduo sostenere che il divieto sia fondato sull’esigenza di evitare il votum corvinum, atteso che un tale deside- rio sarebbe riferibile a quei soggetti che traggano indirettamente vantaggio dalla rinuncia altrui68.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
Anche la teoria che fonda il divieto in esame sul pericolo di prodigalità69, insito sia nei patti disposi- tivi, sia in quelli meramente rinunziativi, è stata og-
64 Si è sostenuto con particolare riferimento ai patti dispositivi che l’argomento dell’intrinseca immoralità di riporre nella mor- te altrui affidamenti e speranze di vantaggi patrimoniali sarebbe di per sé idoneo a giustificarne il divieto ai sensi dell’art. 458
c.c. nei termini della contrarietà al buon costume, non potendo ammettersi un atto negoziale che abbia il proprio presupposto nella morte altrui e che abbia per oggetto i beni di quella stessa persona, in quanto contrario alla radicata morale comune. Cfr.
X. XXXXXX, voce «Patto successorio», in Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., Torino, 2003, 1001 ss.; X. XXXXXXXX, Disposizioni gene- rali sulle successioni. Artt. 456 - 461 c.c., cit., 94 ss.; X. XXXX, I patti successori, cit., 463 ss.; X. XXXXXXX, I patti successori: ragione del divieto e tendenze evolutive, cit., 9 ss.
65 Per la verità, il rischio del votum corvinum come tradizio- nalmente inteso è per sua natura inevitabile, potendo insorgere in chiunque rivesta la posizione di successibile e a prescindere dall’adozione di qualunque strumento negoziale e da qualunque divieto.
66 Precisamente, il rischio dell’eccessiva prodigalità sussiste- rebbe in quanto connaturato nell’indeterminatezza e nell’indeterminabilità giuridica dei diritti successori futuri di cui si vuole disporre anticipatamente. Cfr. X. XXXXXXX, Succes- sioni e donazioni, cit., 39 ss.; X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, I patti successori, cit., 63 ss.; X. XXXXXXXXX, Il divieto dei patti successori, cit., 40; X. XXXX, Divieto di patti successori, cit., 29;
X. XXXXXXX, Storia dei patti successori, Milano, 1986, 91.
67 In queste come in altre ipotesi, in termini prospettici, non è da escludere l’eventualità che in chi si aspetta un beneficio col- legato alla morte altrui insorga il desiderio che un altro soggetto cessi di vivere il prima possibile.
68 Così X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, op. ult. cit., 90 e 217. Anche se, proprio per la considerazione di cui alla nt. 62, il soggetto che anticipatamente rinuncia ai diritti successori potrebbe desi- derare la morte del de cuius per varie ragioni, anche emotive, tra cui quelle che giustificano la rinuncia medesima.
69 X. XXXXX, Disposizioni generali sulle successioni, cit., 104;
M. V. XX XXXXXX, , I xxxxx sulle successioni future, cit., 59 ss; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 40.
pensi, ad esempio, agli artt. 1472, comma 2, 1861
ss., 1872 ss., 1882 ss., 1934 e 1935)71. Da questo deriva che il pericolo di atti depauperatori del pa- trimonio da parte del disponente – il quale decida in maniera azzardata di disporre anticipatamente di di- ritti che, non solo non rientrano nella sua disponibi- lità, ma che nemmeno è in grado di quantificare in maniera esatta – non costituisce di per sé un freno alla contrattazione privata72.
Alla tipicità delle forme di delazione, la dottrina è solita aggiungere una spiegazione in termini di tu- tela della libertà testamentaria, considerata principio di ordine pubblico interno invalicabile73. In partico- lare, con riferimento ai patti successori istitutivi, la prevalente dottrina74 ravvisa la ratio del divieto proprio nella necessità di tutelare in maniera assolu- ta la libertà testamentaria e, segnatamente, la piena revocabilità del testamento. La struttura contrattuale della pattuizione, intrinsecamente bilaterale, sebbe-
70 Cfr. M. R. XXXXXXX, Il divieto di patti successori e le alter- native convenzionali al testamento, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da X. XXXXXXX, I contratti atipici, Tomo 2, To- rino, 1999, 1187; F. ZABBAN - X. XXXXXXXXXX - F. DELFINI, Del-
le successioni - Art. 456-809 - Commentario al codice civile, Milano, 1993, 19 ss.
71 Cfr. X. XXXXXXXXX, Il divieto di patti successori, cit., 52.
72 Con riguardo ai patti rinunziativi, si adduce – al fine di impe- dire il compimento di atti di depauperamento patrimoniale troppo avventati da parte di chi effettua la rinuncia – anche il divieto di donazione di beni futuri ex art. 771 c.c. Cfr., in tal senso, X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., 47. In senso contrario, va affermato che l’art. 771 c.c. si pone per sua natura come norma eccezionale non suscettibile di applicazione analo- gica. Su punto si rinvia a X. XXXX, La negozialità degli atti di rinuncia, Milano, 2008, 13 ss.; X. XXXXX, voce «Rinunzia (dirit- to pubblico e privato)», in Nov. Dig. It., XV, Torino, 1968, 1140 ss.; X. XXXXXX, La fattispecie e gli effetti giuridici preli- minari, Milano, 1939, 423 ss.
73 X. XXXXXXXXXXX, op. cit., 431 ss. Sul concetto di ordine pub- blico interno v. X. XXXXXX, voce Ordine pubblico (dir. intern. priv.), in Enc. dir., XXX, Milano,1980, 1116, il quale precisa che «l’ordine pubblico interno è costituito di norme dal conte- nuto rigido, inquadrate nell’ordinamento statale, le quali, a dif- ferenza dei principi di ordine pubblico internazionale, funzio- nano soltanto con riguardo al sistema interno di norme di cui fanno parte. Esse, in altri termini, non riguardano il funziona- mento del diritto internazionale privato, ma esauriscono la loro funzione nell’ambito del diritto interno, o del diritto straniero, applicabili, i quali determinano, ciascuno per suo conto, il pro- prio ordine pubblico interno, cioè le proprie norme inderogabili dalla volontà privata».
74 X. XXXXX, Disposizioni generali sulle successioni, cit., 101;
M. V. XX XXXXXX, I patti sulle successioni future, cit., 60; M. BIANCA, Diritto civile, 2, La famiglia - Le successioni, cit., 556 ss.
ne avente natura di atto mortis causa, impedirebbe ex se lo scioglimento unilaterale del vincolo da par- te del disponente, privandolo così automaticamente di ogni facoltà di revocare tale atto75.
Tuttavia, l’individuazione del fondamento del
tale prospettiva, dunque, l’ordinamento valorizze- rebbe l’interesse individuale del testatore a essere il solo a decidere della sorte del proprio patrimonio82.
Per la verità, il principio secondo cui il testamen- to rappresenti l’unico negozio mediante il quale sia
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
divieto in esame nell’esigenza di tutelare la revoca- consentito ai privati di disporre del loro patrimonio,
bilità delle disposizioni del de cuius può risultare fuorviante76, se si pensa che, in virtù dell’art. 1373 c.c., non è affatto pacifica la possibilità di convenire un diritto di recesso ad nutum a favore soltanto di una parte e per qualunque tipologia contrattuale77. Sicché, anche tale tesi non risulta esente da critiche, giacché nemmeno il principio dell’«assoluta libertà testamentaria» sembra sufficiente a spiegare un di- vieto sconosciuto ad altri ordinamenti78.
Un’ulteriore impostazione79 identifica il fonda- mento del divieto, oltre che nella tutela della facoltà di revocare il testamento, soprattutto nell’esigenza di assicurare una generale protezione alla spontanei- tà del volere di colui che dispone a causa di morte80. Il divieto dei patti successori istitutivi, quindi, rile- verebbe allo scopo di impedire che colui che dispo- ne della propria successione sia influenzato, in qua- lunque modo, dalla volontà di terze persone81. In
75 Per ovviare a questa ratio sarebbe stato sufficiente che il le- gislatore avesse previsto una facoltà di revoca o recesso ex lege a favore del disponente, al pari di quanto stabilito per la disci- plina di numerosi contratti tipici, armonizzando la struttura con- trattuale con la revocabilità dell’atto di ultima volontà. Cfr., in proposito, X. XXXXXXXX, Delle successioni. Parte generale, Na- poli, 1935, 106; M. V. XX XXXXXX, I patti sulle successioni futu- re, cit., 57; X. XXXXXXX, Storia dei patti successori, cit., 90 ss. 76 In senso conforme al testo x. Xxxx. 00 agosto 1990, n. 8335 in Giust. Civ., 1991, 953 ss., con nota di X. XXXXXXXX, Nego- zio «mortis causa» o «post mortem»?; e in Giust. Civ., 1991, 1791 ss., con nota di X. XX XXXXX, Xxxxx successori, donazioni
«mortis causa» e contratto a favore di terzo con prestazione da eseguirsi dopo la morte dello stipulante.
77 M. C. XXXXXX, Il contratto in generale, Milano, 2002, 509 ss. 78 Cfr. M. V. DE XXXXXX, voce «Patto successorio», cit., 553; X. XXXXX, Il problema dei patti successori tra diritto vigente e pro- spettive di riforma, in Riv. not., 1998, 1222; X. XXXXXXXXX, Il divieto di patti successori, cit., 49.
79 X. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico del testamento, cit., 104; M. V. DE XXXXXX, I patti sulle successioni future, cit., 60;
X. XXXXXXXX, voce «Successioni (diritto civile) Successione te- stamentaria», in Noviss. Dig. It., XVIII, Torino, 1971, 806.
80 In questo senso, cfr. Cass. 21 novembre 2017, n. 27624, ri- chiamata da X. XXXXXXX, «Per una riforma del divieto dei patti successori». Rileggendo Xxxxxxxx Xxxxx, in xxx.xxxxxxxxx.xx, 2018, 2, 143.
81 Non può negarsi che nell’ambito del diritto successorio as- suma particolare rilievo la volontà più intima e strettamente privata della persona, rispetto a quanto vale in ambito contrat- tuale in cui vige il principio della tutela dell’altrui affidamento. Tale assunto troverebbe conferma, peraltro, nel fatto che nell’interpretazione del testamento occorre fare riferimento esclusivamente alla volontà del testatore, esulando le aspettati- ve dei beneficiari delle disposizioni testamentarie e tenendo in considerazione una volontà unilaterale e personalissima, la qua- le deve essere valutata secondo criteri squisitamente soggettivi,
in vista della futura successione a causa di morte, non costituisce un ostacolo insuperabile, né vale a spiegare una proibizione così radicale qual è l’art. 458 c.c.83.
L’insensatezza ideologica dell’assoluta libertà testamentaria è evidente non soltanto per le ragioni di cui si è detto, ma anche perché in contrasto con il principio di portata più ampia di cui all’art. 1322 c.c., che trova applicazione anche in ambito succes- sorio; nello stesso senso, vanno considerati: la pre- visione di cui all’art. 1372 c.c., che sancisce il carat- tere della vincolatività (al pari della legge) della vo- lontà espressa nel contratto dalle parti84, e il dispo- sto di cui all’art. 1374 c.c. che, con una certa dose di ridondanza, obbliga le parti a quanto è espresso nel contratto e alle conseguenze che a qualsiasi tito- lo (anche esterno) da esso derivino o comunque ad esso si ricolleghino.
A confutare l’idea che la ratio dei patti successo- ri sia quella di salvaguardare la revocabilità delle disposizioni fino all’exitus del disponente è, altresì, la disciplina della donazione, il cui legame con la disciplina delle successioni – com’è noto – è abba-
ovverossia che tengano conto del significato specifico secondo il senso in cui è stata intesa dal suo stesso autore.
82 In altri termini, secondo questa impostazione, il divieto di cui all’art. 458 c.c. avrebbe la (duplice) ratio, da un lato, di permet- tere la revoca o modifica di qualsiasi disposizione relativa alla propria successione (arg. ex art. 679 c.c.), dall’altro, di salva- guardare l’esigenza che siffatte disposizioni siano prese nelle forme testamentarie. Ne consegue, a stretto rigore, l’invalidità del patto successorio a efficacia pur solo obbligatoria o sotto forma di mera promessa unilaterale di dispozione mortis causa che fosse altrimenti efficace. In senso contrario v. X. XXXXXXXXX, Il divieto di patti successori, cit., 45.
83 Si potrebbe obiettare che gli interessi sottesi alla vicenda suc- cessoria siano di valore più alto rispetto a quelli dedotti nell’ambito dei contratti. E tuttavia, un tale assunto mostrerebbe i segni di una ideologia ipocrita degli interessi, che non riflette la realtà, perché gli interessi (patrimoniali e non) di cui si tratta in ambito successorio sono esattamente gli stessi delle vicende circolatorie inter vivos. Ragion per cui appare condivisibile la posizione di X. XXXXXX, Prospettive della libertà di disposizione ereditaria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 805, il quale sug- gerisce la «necessità di ricercare un nuovo punto di equilibrio tra l’esigenza di salvaguardare la necessità determinativa del defunto e quella di garantire interessi che potrebbero risultare compromessi dalla vicenda successoria», invitando a riflettere
«sulla necessità di coniugare il contratto con la trasmissione dei beni mortis causa».
84 Ciò in quanto i negozi successori sono sempre espressione di una determinata volontà, per cui non è ragionevole discrimi- narne gli effetti.
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stanza stretto85. La donazione, che è un contratto (arg. ex art. 1372 c.c.), è irrevocabile, salvi i casi tassativi di cui all’art. 800 c.c.: di guisa che il do- nante non può più riprendere ciò che ha donato, neppure se successivamente si penta del suo gesto o
vincoli affettivi, quale che ne fosse la formalizza- zione. Se all’istituto, infatti, si intenda ancora confe- rire il ruolo di preservazione dell’unità familiare, allora si dovrebbe decretare il fallimento del tentati- vo, atteso che oggi essa acuisce i contrasti endofa-
se i rapporti tra le parti cambino in peius dopo l’atto miliari e non li elimina di certo88. Non sorprende
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di donazione. Da questo si ricava che la volontà del disponente, una volta determinatasi, sia insuscettibi- le di ritrattazione, nonostante le consapevoli ricadu- te che da un atto di liberalità di questo tipo conse- guono.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
Non resta, dunque, come unica ratio del divieto in esame – compatibile con il dato normativo – che la salvaguardia della successione cosiddetta neces- saria, la quale, però, non è altro che il risultato di un’opzione di politica del diritto, limitativa dell’autonomia privata86. E allora la questione di fondo sul divieto dei patti successori può essere ri- formulata, in termini più sistematici, chiedendoci se sia ancora giusticato opporre all’autonomia privata un mero portato storico-ideologico, qual è quello della successione necessaria, o se non sia più in li- nea con l’evoluzione culturale riconoscere, anche in ambito successorio, una piena libertà in capo ai pri- vati di regolare la propria demise: non più sul pre- supposto della prossimità al de cuius, sibbene sulla base di esigenze concrete e di vario tipo, come me- glio si vedrà nel prosieguo, che trascendano i rap- porti meramente formali87, anche sulla base di solidi
85 Non v’è dubbio che il richiamo della disciplina delle dona- zioni operato dalle disposizioni in tema di azione di riduzione (artt. 2652 n. 8, 2690, n. 5, c.c.) consenta di cogliere maggior- mente l’importanza del carattere di irrevocabilità delle prime e il peso della volontà nel compimento dell’atto di che trattasi.
86 Cfr., in proposito, X. XXXXXXX, Attribuzioni mortis causa e complessità delle forme di redistribuzione sottese alla succes- sione necessaria, cit., 1058, il quale osserva che «rebus sic stantibus, la stabilità degli assetti patrimoniali post mortem, conseguiti attraverso un ampliamento dell’autonomia privata, trovi una pietra di inciampo nelle prerogative degli eredi neces- sari»; nonché V. BARBA, il quale, in Trasformazioni della fami- glia e successioni mortis causa, in Riv. dir. priv., 2017, 513 ss., spec. 518 ss., pone adeguatamente in luce come «se, da un lato, la successione necessaria tutela la famiglia, dall’altro lato, la libertà di disporre, espressione del principio di autonomia, è fondamentale strumento di realizzazione della persona». Si v. anche ID., I nuovi confini del diritto delle successioni, in Dir. succ. fam., 2015, 333 ss.; ID., Il diritto delle successioni tra so- lidarietà e sussidiarietà, in Rass. dir. civ., 2016, 345 ss. Ha de- dicato al fenomeno, di recente, un contributo che compendia i temi della pianificazione successoria nell’ottica della progressi- va perdita di efficienza della disciplina legale della successione, anche con riferimento alla tutela dei legittimari, X. XXXXXX, voce Contrattualità successoria, in Enc. dir., I Xxxxxxxx, I, Contratto, diretto da X. X’XXXXX, Milano 2021, 486 ss.
87 Nella proiezione di un’abolizione del divieto dei patti succes- sori e di una progressiva estensione dell’autonomia privata in campo successorio si inserisce certamente il ridimensionamento della successione necessaria: prospettiva che non deve scanda- lizzare se solo si tiene conto che, già in alcune fattispecie tipiz- zate, i diritti dei legittimari sono stati “disinnescati” e trasfor-
allora che lo sgretolarsi del fondamento etico e giu-
mati da diritti ad una quota sul patrimonio del de cuius a sem- plici diritti di credito ad una somma di denaro. Basti pensare, al riguardo, al patto di famiglia, ma anche alla riforma dell’azione di restituzione spettante ai legittimari, che nel 2005 (arg. ex art. 2 c. 4 novies lett. a, n. 2, del D. Lgs. 14 marzo 2005, n. 35, con- vertito con modificazioni nella L. 14 maggio 2005, n. 80) ha modificato gli artt. 561 e 563 c.c., imponendo un limite tempo- rale di vent’anni per la restituzione dei beni donati. Sul tema, senza pretesa di esaustività, v. X. XXXXXX, Le proposte di ri- forma della successione necessaria, in Giur. it., 2012, 1942 ss.; ID., La riforma della successione necessaria, in Lezioni di dirit- to civile, Torino 2020, 4a ed., 343 ss. ID., Attribuzioni liberali e “riqualificazioni della causa”, in Riv. dir. civ., 2013, 10491 ss.; ID., La successione necessaria tra proposte di abrogazione e istanze di riforma, in Riv. not., 2007, 803 ss.; X. XXXX, Memen- to mori. La ragion d’essere della successione necessaria in Ita- lia, in Fam. pers. succ., 2009, 540 ss.; S. DELLE MONACHE, Abolizione della successione necessaria?, in Riv. not., 2019, p. 815 ss.; X. XXXXXXXX, Sulla possibile riforma della successione necessaria, in Tratt. dir. succ. e donaz. diretto da X. XXXXXXXX, III, La successione legittima, Milano 2009, ss.; ID., Sulla novel- lazione delle norme relative alla successione necessaria, in Ri- cerche giuridiche, 2013, 283 ss.; X. XXXXXXXX, Le possibili ri- forme del diritto ereditario, in Giur. it., 2012, 1941 ss.; M. CINQUE, Sulle sorti della successione necessaria, in Riv. dir. civ., 2011, I, 493; X. XXXXXXXX, Sulla progettata abrogazione della successione necessaria, in X. XXXXXXXXXXX – X. XXXXXX –
X. XXXXXXX (a cura di), Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxxx, III, Milano 2008, 2055 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Il diritto ereditario all’affacciarsi del nuovo millennio: problemi e prospettive, in Tradizione e modernità nel diritto successorio dagli istituti classici al patto di famiglia, a cura di S. DELLE MONACHE, Pa- dova 2007, 318; M. COMPORTI, Riflessioni in tema di autono- mia testamentaria, tutela dei legittimari, indegnità a succedere, in Familia, 2003, I, 27 ss.; X. XXXXXXX, Competitività e danno- sità della successione necessaria (a proposito dei novellati art. 561 e 563 c.c.), in Giust. civ., II, 2006, 3. Di recente un quadro di insieme del dibattito, anche alla luce delle riforme che hanno interessato, nel senso di uno “svecchiamento”, altri ordinamenti europei, è offerta da A.M. XXXXXXXX, La riforma della succes- sione necessaria e le quote di riserva facoltative, in Riv. crit. dir. priv., 2021, 61 ss., ma già ID., A proposito di riforma del diritto successorio, in Dir. fam. e succ., 2018, 95; v. anche X. XXXXXX, L’espansione dell’autonomia privata in ambito suc- cessorio nei recenti interventi legislativi francesi ed italiani, in Contratto e impr. Eur., 2009, 427 ss.; X. XXXXXXXXX, Autono- mia privata tra famiglia e successioni, in X. XXXXXXXXX (a cura di), Il sistema del diritto di famiglia dopo la stagione delle ri- forme, Pisa 2019, 572 ss.; X. XXXXXXXX, Successione necessaria e conflitti di interessi nella evoluzione dei modelli familiari, in Dir. succ. fam., 2017, 403 ss.; P. LAGHI, Famiglie “ricompo- ste” e successione necessaria: problematiche attuali, soluzioni negoziali e prospettive “de iure condendo”, in Contratto e impr., 2017, 1342; E. AL MUREDEN, Famiglie che si sovrap- pongono nel tempo e successione necessaria, in Giur. it., 2012, 1945 ss.
88 L’osservazione è di S. DELLE MONACHE, Abolizione della successione necessaria?, cit., 816.
ridico su cui si basa il legame tra successione neces- saria e solidarietà familiare abbia condotto a perio- diche proposte di riforma dell’intero istituto: basti ricordare come, nel 2006, sull’onda della denunciata matrice “arcaica”, se ne sia invocata l’abolizione89.
il venir meno del disponente non costituisce l’elemento causale dell’attribuzione, bensì costituisce un elemento accidentale del negozio (una condizione sospensiva o risolutiva, oppure un termine). Qui, dunque, l’evento morte si sposta dal
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Al contrario, il recente disegno di legge delega per profilo eziologico del negozio a quello temporale di
la revisione del codice civile si rivela tutt’altro che eversivo, sotto questo profilo, giacché non accoglie la soluzione prospettata nel progetto di legge del 27 settembre 2006, nel senso della completa abroga- zione della disciplina riservata ai legittimari, limi- tandosi a «trasformare la quota riservata ai legitti- mari dagli articoli 536 e seguenti del codice civile in una quota del valore del patrimonio ereditario al tempo dell’apertura della successione, garantita da privilegio speciale sugli immobili che ne fanno par- te o, in mancanza di immobili, da privilegio genera- le sui mobili costituenti l’asse ereditario»90.
3. I negozi trans mortem.
Dal punto di vista strutturale ciò che accomuna i patti successori, in linea generale, è che essi trovino nell’evento morte la loro causa giustificativa, collegando a tale momento il trasferimento dei diritti negoziati e prevedendo, altrimenti, in caso di premorienza del beneficiario rispetto al disponente, che il diritto oggetto del contratto resti nel patrimonio di quest’ultimo (c.d. “clausola si premoriar”).
Circoscritto questo nucleo qualificante gli accordi che ricadono nel divieto dei patti successori, è possibile riscontrare alcune fattispecie negoziali che non meritano di essere ricomprese nella proibizione di cui all’art. 458 c.c. Al di là dello schema tipicizzato del patto di famiglia (di cui agli artt. da 768-bis a 768-octies c.c.), introdotto con la legge 14 febbraio 2006, n. 55, la giurisprudenza e la dottrina hanno riconosciuto la validità dei contratti cosiddetti trans-mortem e dei negozi con effetti post mortem, connotati dal diverso ruolo che l’evento morte assurge nella struttura negoziale91, in quanto
89 Il riferimento è al d.d.l. 27 settembre 2006, su cui v. A. PALAZZO, La funzione suppletiva della successione necessaria, la tutela dei soggetti deboli e la diseredazione (Riflessioni sul progetto per l’abolizione della categoria dei legittimari), in Persona e danno, 2007, 1 ss.
90 Cfr. art. 1, lett. c) disegno di legge delega 19 marzo 2019, n. 1151. In dottrina v. X. XX XXXXXXX, La successione necessaria nel recente disegno di legge delega per la revisione del codice civile, in La Nuova Giur. Civ. Comm., 1/2020, 188 ss.
91 In senso contrario v. X. XXXXXXXX, Il divieto del patto suc- cessorio istitutivo nella pratica negoziale, in Riv. not., 1992, 1411 ss., secondo cui la teorica qui brevemente esposta perde di consistenza nella pratica negoziale. Nel senso dell’irrilevanza della distinzione tra atti mortis causa e con effetti post mortem, sembrano anche – in giurisprudenza – Cass. 24.4.1987 n. 4053
stabilizzazione degli effetti92.
Sul piano giuridico assume rilievo il meccanismo negoziale che si adotta per raggiungere un certo risultato, onde la valutazione rimessa all’interprete, in questi casi, è solo quella della meritevolezza degli interessi di cui all’art. 1322 c.c.93, ovviamente pur sempre entro i limiti previsti dall’art. 458 c.c., che a codice immutato non può oggettivamente trascurarsi. Ne deriva, quindi, che nella valutazione del negozio successorio l’interprete dovrà apprezzare non tanto l’elemento soggettivo della spinta a disporre secondo un determinato assetto, quanto il momento obiettivo successivo, ossia l’aspetto funzionale del negozio o per meglio dire gli effetti finali che si producono con esso94.
e Cass. 17.8.1990 n. 8335 richiamate da X. XXXXXXXX, Rifles- sioni su liberalità non donative e funzione successoria, a mar- gine di Cass. n. 106/2017, in I Contratti, 4/2017, 424.
92 La dicotomia tra negozi post mortem e negozi mortis causa è venuta in rilievo anche nell’ambito degli atti di liberalità, in cui è stata operata in concreto la distinzione tra condizione e causa del contratto. Segnatamente, è stato chiarito come la tradiziona- le nullità della donazione mortis causa non sia automaticamente estendibile alle ipotesi di liberalità cum moriar (in cui la morte funge da termine per l’attribuzione traslativa) e si premoriar (cioè il caso della donazione condizionata alla sopravvivenza del donatario al donante). Ciò in quanto occorre valutare la
«causa concreta» del negozio che viene in rilievo al fine di sta- bilire se la morte assuma una funzione eziologica, ricadendo, nel qual caso, nel divieto di cui all’art. 458 c.c., ovvero di sem- plice elemento accidentale che condiziona gli effetti di un atto che permane pur sempre inter vivos. In quest’ultima ipotesi, infatti, il differimento degli effetti alla morte del donante non inciderebbe sull’attualità dello spoglio, posto che il donatario acquista immediatamente un diritto sottoposto a termine o con- dizione, vale a dire un’aspettativa legalmente tutelata. Cfr. Trib. Pordenone 6 aprile 2016, in Dir. succ. fam., 2017, 213 ss., con nota di X. XXXXXXXXX, La donazione cum praemoriar non è un patto successorio.
93 In tema v. X. XXXXXXX, voce Meritevolezza degli interessi, in Enc. dir., vol. I, Contratto (a cura di X. X’XXXXX), Milano, 2021, 667 ss.; X. XXXXXXXXX, La «meritevolezza» del contratto. Una lettura dell’art. 1322, comma 2, c.c., Torino, 2019, 3 ss.;
A. M. XXXXXXXX, La causa del contratto tra meritevolezza de- gli interessi ed equilibrio dello scambio, in Riv. dir. civ., 6/2012, 573 ss.; X. XXXXXXXXX, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, in Contr. impr., 2004, 549.
94 In tal senso cfr. X. XXXX, voce “Successione, X) Fenomeni parasuccessori”, in Enc. giur. Treccani, XXX, Roma, 1993, 2, il quale chiarisce che «il problema centrale è quello della validi- tà dei regolamenti negoziali alternativi al testamento. Infatti se si considera che il risultato ultimo cui mira il soggetto (benefi- ciante) che pone in essere un regolamento negoziale alternativo al testamento è sempre quello di costituire o trasmettere in capo al soggetto destinatario (beneficiato) la titolarità di un diritto
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Xxxxxx, nella disamina degli strumenti negoziali alternativi al testamento per regolare la successione mortis causa95, appare opportuno menzionare separatamente dai negozi post mortem la categoria dei c.d. negozi «transmorte»96, le cui caratteristiche
fattispecie di cui all’art. 1411 c.c. presenta, infatti, tutte le caratteristiche che connotano i negozi trans- mortem: in primo luogo, il trasferimento del bene dalla sfera giuridica patrimoniale del disponente avviene prima della morte, atteso che per effetto del
essenziali sono: i) che l’uscita del bene dal contratto si assume immediatamente l’obbligazione
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patrimonio del disponente avvenga prima della morte di quest’ultimo97; ii) che l’attribuzione del bene in favore del beneficiario divenga definitiva soltanto dopo la morte del beneficiante, salvo una possibile e parziale anticipazione degli effetti di tipo successorio; iii) che il disponente possa ad libitum suum e fino alla sua morte modificare ulteriormente l’assetto patrimoniale predisposto98.
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Lo schema negoziale che si presta maggiormente, in astratto, a rappresentare questo modello negoziale, quale meccanismo alternativo al testamento, è il contratto a favore di terzo99. La
reale o di credito, esattamente come potrebbe fare con un te- stamento, risulta evidente come la principale difficoltà sia quel- la di realizzare l’intento attraverso un regolamento negoziale valido che non impinga nel divieto dei patti successori, ben po- co rilevando, sotto il profilo strettamente giuridico, sia i motivi che inducono il beneficiante a disporre (salvo il caso previsto dall’art. 1345 c.c. in cui si tratti di un motivo illecito comune ad entrambe le parti), sia l’oggetto stesso della disposizione (pur- ché, ovviamente lecito)». Sulla valutazione demandata all’interprete di un atto giuridico, sia esso negoziale o non, si rinvia a X. XXXXXXXXXXX, In tema di tipicità e atipicità nei con- tratti, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Pro- blemi di diritto civile, Napoli, 2003, 391 ss., spec. 397.
95 Su cui v. S. DELLE MONACHE, La libertà di disporre mortis causa, in Riv. dir. civ., 2/2019, 466 ss.; X. XXXXXXXX, Fenomeno successorio e strumenti di programmazione patrimoniale alter- nativi al testamento, in Riv. not., 2008, 1007 ss.; X. XX XXXXXX, Il testamento ed i negozi transmorte dal punto di vista dell’anziano, in Giur. mer., 2011, 2295 ss.
96 Dubita della utilità di costruire una categoria di negozi trans- mortem, potendo al più essere sussunti nella categoria degli atti post mortem, X. XXXXXXX, Contributo allo studio delle disposi- zioni testamentarie «in forma indiretta», cit., 928 e nt. 20.
97 La funzione dei negozi transmorte è quella, in effetti, non di regolare la successione, bensì di anticiparne gli effetti e, per tale ragione, possono divenire rilevanti dal punto di vista delle nor- me sulla collazione, sulla riduzione e sull’imputazione.
98 Il profilo di diversificazione rispetto ai negozi post mortem è rappresentato dall’assenza in questi ultimi di uno degli elementi costitutivi appena illustrati dei negozi transmorte, ossia la revo- cabilità; il che rende, a rigore, i negozi post mortem un’alternativa imperfetta al testamento.
99 Secondo quanto disposto dall’art. 1411 c.c. si tratta del nego- zio attraverso il quale le parti, stipulando in nome proprio, pro- ducono l’acquisto da parte di un terzo che vede accrescere il proprio patrimonio. Tale negozio costituisce uno strumento a causa variabile, atteso che lo stipulante può determinare che una certa prestazione sia eseguita a favore di un terzo vendendi, solvendi o donandi causa: del che, al fine di determinare la cau- sa del negozio, occorre avere riguardo all’animus dello stipu- lante. La norma in esame, infatti, subordina il riconoscimento della validità della stipulazione a favore del terzo all’esistenza di un interesse dello stipulante, che può essere anche di caratte- re non patrimoniale. Al contrario, l’animus del promittente non incide in ordine alla qualificazione del negozio, svolgendo uni-
di eseguire una certa prestazione a favore del terzo100; in secondo luogo, il fatto che l’attribuzione del bene al beneficiario divenga definitiva soltanto dopo la morte del disponente può essere disposto prevedendo nel negozio a favore di terzo che il promittente differisca l’esecuzione della sua prestazione a favore del terzo ad un momento successivo alla morte dello stipulante101; infine, quanto al requisito della revocabilità del negozio, tale possibilità è prevista espressamente dal codice civile102.
Altra fattispecie che può essere annoverata nell’alveo nei contratti trans-mortem è quella dell’assicurazione sulla vita a favore di terzi di cui all’art. 1920 c.c. Tale fattispecie si differenzia da quella appena descritta in ragione delle proprie
camente il ruolo di uno strumento idoneo a trasferire ricchezza, così come non può rilevare l’animus del terzo, che non parteci- pa al negozio dal quale scaturisce il diritto attribuitogli. Donde, le caratteristiche di tale schema negoziale possono essere com- pendiate nel fatto: i) che il diritto del terzo abbia il suo fonda- mento nel contratto; ii) che si tratti di un diritto autonomo e che sorga direttamente in capo al terzo; iii) che quest’ultimo non sia mai parte del contratto.
100 Nel concreto, con riguardo al contratto a favore di terzi con- cluso con animo liberale, lo stipulante eroga al promittente un corrispettivo che è a quest’ultimo da lui dovuto, e non dal terzo; sicché, il contratto può considerarsi a tutti gli effetti quale stru- mento mediante il quale il primo si serve per fare acquisire al terzo stesso il diritto alla prestazione, che costituisce l’oggetto della liberalità.
101 Qualora la prestazione in favore del terzo venga eseguita dopo la morte dello stipulante e sia caratterizzata dall’intento liberale, ci si trova di fronte ad un negozio transmorte, sotto forma di una donazione indiretta. Nel qual caso, il beneficiario, anche se non potrà pretendere immediatamente la prestazione, come di regola accade nel contratto a favore di terzi, acquista comunque il diritto immediatamente, per effetto della stipulazione, così come previsto dall’art. 1412, comma 2, c.c., a mente del quale, se il terzo premuore allo stipulante, la prestazione deve essere eseguita in favore degli eredi. Per tali ragioni, rispetto alla donazione mortis causa, il momento della morte dello stipulante assurge a termine di efficacia del negozio, vale a dire a termine dal cui scadere dipende l’acquisto del diritto. In ogni caso, dovranno riconoscersi come applicabili le norme sulla collazione, la riduzione e l’imputazione rispetto a quanto ricevuto dal beneficiario. Interessanti spunti si ricavano in G. W. XXXXXXX, Il rapporto fra il divieto stabilito dall'art. 549 c.c. e l’azione di riduzione. Ricognizione del sistema alla luce dell’asserita autonomia del modo testamentario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 4/2018, 1275 ss.
102 In tal senso, l’art. 1412 c.c., nella prospettiva di una utilizza- zione in funzione successoria, limita l’irrevocabilità al solo ca- so di rinuncia scritta al potere di revoca da parte dello stipulan- te, per l’ipotesi in cui la prestazione del promittente sia differita dopo la morte dello stipulante medesimo.
caratteristiche che rendono tale negozio funzionalmente idoneo a realizzare un’alternativa ad una disposizione testamentaria; al punto che un’autorevole dottrina103 ha ritenuto che questo contratto possa considerarsi un negozio a tutti gli
c.c. – il diritto del terzo sorgerebbe solo dopo la morte dello stipulante e la fattispecie dovrebbe considerarsi attribuzione indiretta a causa di morte, che, a seconda dei casi, potrebbe essere atto di adempimento di una prestazione dovuta o una
effetti mortis causa, tenuto conto della piena liberalità. In quest’ultimo caso, ben potranno
revocabilità del beneficio ex art. 1921 x.x., xx xxxxxx xx xxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxx000.
In senso contrario, è stato evidenziato che la fattispecie in esame non configura un negozio mortis causa, atteso che, in primo luogo, l’oggetto dell’attribuzione al terzo beneficiario non fa parte del patrimonio del beneficiante105; in secondo luogo, la morte qui rappresenta il termine di efficacia e non la causa, che trova il suo titolo invece nel contratto106; infine, depone in senso contrario alla qualificazione di negozio mortis causa l’immediata operatività della stipulazione in favore del terzo, così come si evince dal fatto che il beneficio è trasmissibile agli eredi di quest’ultimo107.
Per dimostrare che la morte rappresenti il termine di efficacia e non la causa dell’attribuzione bisogna verificare se l’acquisto si ricolleghi al contratto, anziché alla designazione, tenuto conto della differenza tra la fattispecie dell’assicurazione sulla vita a favore di terzi di cui all’art. 1920 c.c. e quella del contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 c.c. Ne deriva che, qualora la designazione sia posta in essere nelle forme inter vivos, in tale momento il terzo acquista il diritto e la fattispecie dovrà considerarsi quale attribuzione indiretta tra vivi108. Per converso, nel caso in cui l’attribuzione sia fatta attraverso una disposizione testamentaria – potendo la stessa avere efficacia solo dopo la morte del disponente, stante il disposto di cui all’art. 1920
trovare applicazione le norme dettate per la collazione, la riduzione e l’imputazione, seppure con alcune peculiarità. Del resto, se pure l’intento di chi stipula l’assicurazione è ovviamente quello di porre il beneficiario nella condizione di acquisire l’indennità al momento della sua morte, l’art. 1923, comma 2, c.c. prevede che la disciplina dettata per la collazione, l’imputazione e la riduzione delle donazioni sia fatta salva esclusivamente riguardo ai premi pagati109.
La scelta del legislatore di fare riferimento ai premi, anziché al diritto all’indennità, deriva dal carattere aleatorio proprio del contratto di assicurazione, in base al quale l’arricchimento del beneficiario, anche se dipende dal regolare pagamento dei premi da parte dell’assicurato, non può essere considerato come conseguenza di un depauperamento corrispettivo del patrimonio di chi ha stipulato l’assicurazione110.
Secondo quanto disposto dall’art. 1923, comma 2, c.c. con riguardo ai premi pagati, dunque, l’assicuratore che ha ricevuto il pagamento non è obbligato alla collazione. Per converso, saranno obbligati alla collazione i soggetti indicati nell’art. 737 c.c., ossia i beneficiari della donazione indiretta, quali aventi diritto all’indennità che, al fine di adempiere all’obbligo che su di loro grava, dovranno far fronte con il loro patrimonio, non potendo fare conto sul patrimonio dell’assicuratore, del quale non hanno la disponibilità111.
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103 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. Vassalli, Torino, 1960, 320 ss.
104 In argomento A. MUSTO, Il profilo identitario degli strumen- ti alternativi al testamento: l’unità assiologica nella variabilità strutturale degli atti inter vivos con funzione successoria vieta- ta, in Dir. fam. pers., 2010, 1158 ss.; F. PARENTE, Le disposi- zioni “in forma indiretta” connesse alla morte, in Rass. dir. civ., 2008, 107 ss.
105 Movendo da tale considerazione, è stato rilevato, inoltre, che la circostanza secondo cui il bene oggetto di attribuzione al ter- zo non faccia parte del beneficiante potrebbe influire sulla qua- lificazione della fattispecie in esame quale attribuzione indiret- ta.
106 X. XXXXXX, Famiglia di fatto e convivenze: tutela dei sog- getti interessati e regolamentazione dei rapporti patrimoniali in vista della successione, in Fam. e dir., 6/2006, 663 con ivi rife- rimenti di dottrina sui negozi transmorte nell’ambito familiare. 107 In senso conforme X. XXXX, sub art. 456-564, in Commenta- rio del Codice Civile a cura di X. XXXXXXXXX, Torino, 2009, 29 ss.; X. XXXXXXXX, Negozi “mortis causa” e negozi “trans mor- tem”, in Studium Iuris, 4/2014, 436 ss.
108 In questi termini X. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico del
testamento, cit., 300 ss.
109 Tale assunto, con particolare riferimento alla collazione, tro- va riscontro nell’art. 741 c.c. che, nel dichiarare l’applicabilità di questo istituto anche alle donazioni compiute allo scopo di soddisfare particolari esigenze di vita dei congiunti, prevede che sia soggetto a collazione, tra l’altro, ciò che il defunto ha speso per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita. Più in generale, comunque, Xxxxx rammentare che tutte le donazioni, dirette e indirette, debbono intendersi sogget- te a collazione in virtù della previsione generale di cui all’art. 737 c.c.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
110 Cfr. X. XXXXXXXX, Xxxxxxxx successorio e strumenti di pro- grammazione patrimoniale alternativi al testamento, cit. 1007 ss.; X. XX XXXXXX, Il testamento ed i negozi transmorte dal punto di vista dell’anziano, cit., 2295 ss.
111 Da quanto sopra deriva che la norma di cui all’art. 1923, comma 2, c.c. pone un limite alla collazione, in virtù del carat- tere aleatorio del contratto di assicurazione, fissando il suo og- getto in una somma corrispondente all’ammontare dei premi pagati dal donante, non incidendo sulla regola che vuole il be- neficio convenuto in favore del terzo, e cioè il diritto all’indennità, quale oggetto della collazione. Tale impostazione, ancorché contraria ai principi generali in materia di contratti a favore di terzo, appare tuttavia in linea con i principi che go-
Nell’alveo dei contratti trans-mortem va ricompreso, ancora, il negozio di rendita vitalizia a titolo oneroso di cui all’art. 1872 c.c., mediante il quale si realizza uno scambio di una prestazione a carattere istantaneo contro una prestazione
prevede come effetto l’accrescimento della quota del socio deceduto a favore dei soci superstiti e l’insorgenza in capo a questi ultimi e a favore degli eredi del primo di un diritto di credito la cui entità è commisurata ai parametri stabiliti nella clausola
periodica, la quale è comparata alla vita del stessa114. Al riguardo, il legislatore ha previsto
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beneficiario o di altra persona (arg. ex art. 1873 c.c.). Precisamente, la prestazione a carattere istantaneo può consistere nel trasferimento di un bene mobile o immobile o nella cessione di un capitale; quella periodica, invece, nella corresponsione di una somma di denaro o nella dazione di una certa quantità di altre cose fungibili.
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Con particolare riferimento ai profili successori, l’art. 1875 c.c. prevede espressamente la costituzione di una rendita vitalizia a favore del terzo, onde escludere la necessità della forma rigida per realizzare una donazione, anche per il caso in cui la stessa importi per il terzo beneficiario una
all’art. 2469 c.c. la possibilità per i soci di introdurre all’interno dello statuto eventuali disposizioni limitative della libera trasferibilità delle partecipazioni sia per atto tra vivi sia per successione a causa di morte115. Si tratta di una disposizione tesa sia ad evitare l’automatica trasmissione delle partecipazioni agli eredi, che può assumere profili penalizzanti, sia ad impedire l’ingresso in società di soggetti potenzialmente dannosi116.
In dottrina, sono state peraltro individuate due differenti tipologie di clausola di consolidazione, vale a dire quella “pura” e quella “impura”117:
liberalità112. A questo proposito, rileva altresì nel
panorama della categoria negoziale in esame la figura del vitalizio alimentare o contratto di mantenimento, la quale si distingue dalla rendita vitalizia comune per la variabilità della prestazione periodica in funzione dei bisogni del creditore, in cui il corrispettivo del trasferimento del bene mobile o immobile o della cessione di un capitale è caratterizzato qui dalla corresponsione di vitto, alloggio, vestiario e di tutto quant’altro necessario al mantenimento del beneficiario, per tutta la sua vita e adeguatamente alla sua posizione sociale; il che, evidentemente, se stipulato a favore di un terzo, realizza una valida alternativa ad una disposizione testamentaria, così come sopra evidenziato in relazione alla rendita vitalizia.
Infine, meritano un cenno le clausole di predisposizione successoria destinate a regolare la sorte della partecipazione del socio alla sua morte e, in particolare, la c.d. clausola di consolidazione nei contratti di società113, ossia quel patto tra soci che
vernano la collazione, quale istituto che tende a ricondurre il patrimonio del defunto nella condizione in cui si sarebbe trova- to se le donazioni non fossero state compiute. Del resto, tenuto conto che il riferimento ai premi pagati costituisce un limite alla collazione, l’oggetto della donazione indiretta rimane pur sem- pre il diritto all’indennità, ove l’ammontare dei premi pagati risulti superiore al valore di quest’ultima. In tale ottica, sarà comunque l’indennità a dovere costituire il punto di riferimento per la collazione, e ciò conformemente a quanto accade nella donazione indiretta in cui l’oggetto della stessa deve costituire il punto di riferimento per la collazione in ogni fattispecie di contratto a favore di terzi, anche qualora il valore di quanto cor- risposto dallo stipulante al promittente risulti superiore al valore del diritto convenuto in favore del terzo.
112 Cfr. X. XXXX, Sub art. 456-564, cit., 29 ss; X. XXXXXXXX,
Negozi “mortis causa” e negozi “trans mortem”, cit., 436 ss.
113 Cfr. X. XXXXXXX, Le clausole di consolidazione in caso di morte di un socio nelle società personali; le clausole di conso-
lidazione pure e semplici e quelle con liquidazione del mero capitale; problemi di validità, in Quaderni di Vita notarile, n. 2, Palermo, 1982, 207 ss.; X. XXXXX, Società di capitali e suc- cessione mortis causa, ivi, 148 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Il conte- nuto atipico del testamento, cit., 47 e 84; M. V. XX XXXXXX, I patti sulle successioni future, Napoli, 1976, 146 ss.; X. XXXX, I fenomeni c.d. parasuccessori, in Riv. not., 1988, 1169 ss.
114 In argomento v. X. XXXXXXXXX, Successione nella quota so- ciale, successione nell’impresa e autonomia statuta- ria, in Quaderni di giurisprudenza commerciale, 2002, 131 ss;
X. XXXXXXX, Effetti organizzativi della clausola di intrasferibi- lità mortis causa della quota di S.r.l.: considerazioni sistemati- che, in Xxx. xxx., 0000, XX, 1375 ss.; Cfr. C. E. XXXX, Xxxxx vali- dità della clausola di consolidazione in capo ai soci superstiti della quota del socio defunto di società a responsabilità limita- ta, in Giur. comm., 1997, II, 733 ss.
115 Invero, la trasferibilità della quota sociale rappresenta la re-
gola; per cui, affinché lo statuto possa prevedere una deroga, tale clausola deve chiaramente indicarne la limitazione e le ra- gioni. Qualora la clausola statutaria preveda l’intrasferibilità assoluta delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento, senza prevederne condizioni e limiti, nonché nel caso in cui vengano posti condizioni o limiti che nel caso con- creto impediscano il trasferimento per causa di morte, il socio o i suoi eredi possono comunque esercitare il diritto di recesso. Quest’ultimo, dal canto suo, ha suscitato non poche perplessità, tenuto conto che gli eredi, non assumendo la qualità di soci, non potrebbero vantare titolo per l’esercizio. A tale assunto è stato ribadito, però, che la disciplina del diritto di recesso è sta- ta prevista dal legislatore per tutelare, da un lato, i soci che, in tal modo, possono valutare e selezionare i nuovi soggetti che intendano partecipare alla compagine sociale e, dall’altro, il singolo socio che ritenga non conveniente continuare a investire su un’impresa cui non ripone più fiducia. Per questo ordine di considerazioni si rinvia a X. X’XXXXX, Clausole di consolida- zione societaria e patti successori, in Notariato, 2003, III, 671 ss.
116 Sul punto cfr. X. XXXXXXX, Trasmissione agli eredi di quote sociali, in Le Società, 1989, 1157 ss.
117 In argomento X. XXXXXXX, Le clausole di consolidazione in caso di morte di un socio nelle società personali; le clausole di consolidazione pure e semplici e quelle con liquidazione del mero capitale; problemi di validità, in Quaderni di vita notari- le, 1982, II, 207 ss.; X. XXXXXXXXX, Clausole in funzione succes-
mentre la prima – formalmente invalida anche dopo la riforma del 2003 – ricorre laddove non sia prevista l’attribuzione di alcun diritto patrimoniale in favore dei successori del defunto118; la seconda specie – ritenuta, per converso, valida – è
sulla determinazione dell’oggetto del negozio, sia sulla determinazione dei soggetti beneficiari, quale elemento causale, in quanto ciascun socio trasferisce, con effetto reale differito, la quota di partecipazione di cui risulterà titolare al momento
caratterizzata dal riconoscimento agli eredi del della morte a favore di coloro che saranno soci a
socio defunto del controvalore della quota oggetto di liquidazione119.
Si tratta, allora, di verificare se l’accordo stipulato dalla compagine sociale, con il quale sia stata convenuta la redistribuzione della quota del socio che verrà a mancare a causa di morte, possa rientrare all’interno dei negozi alternativi al testamento che potrebbero violare il divieto di cui all’art. 458 c.c., sul presupposto che tale accordo sarebbe volto a disporre contrattualmente di un bene ereditario120. Si è sostenuto, infatti, che la fattispecie in esame configuri un negozio mortis causa, in quanto tale rientrante nel divieto di cui all’art. 458 c.c.121, atteso che la morte del socio inciderebbe sia
tale momento. Epperò, tale clausola non spiega alcun effetto durante la vita del disponente, onde non può riconoscersi alcun trasferimento a titolo successorio nel patrimonio degli eredi di elementi già presenti nel patrimonio del de cuius; al contrario, si può constatare una piena coincidenza con gli effetti di un legato ad effetti reali122. Tale conclusione risulta avvalorata, peraltro, dalla giurisprudenza di legittimità, che ammette la validità di siffatta pattuizione solo nell’ipotesi in cui sia prevista l’attribuzione di alcunché in favore dei successori per legge123.
Con una pronuncia risalente, la Corte di Cassazione aveva chiarito che la clausola apposta
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D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
nello statuto che prevedeva, in caso di morte di uno
xxxxx negli statuti delle società di persone, in Giur. comm., 1995, I, 94 ss.
118 Ciò implica che al verificarsi dell’evento morte, i soci ve-
dranno accrescere la loro quota di partecipazione alla società, senza dover corrispondere alcunché agli eredi del de cuius, ov- vero corrispondendo beni di valore inferiore alla partecipazione sociale di quest’ultimo; il che si porrebbe non tanto in contrasto con l’art. 458 c.c., quanto, per la verità, in lesione dell’aspettativa sull’eredità in capo ai legittimari. I legittimari, in questo caso, anziché invocare l’applicazione del divieto di cui all’art. 458 c.c., che riposa su ragioni altre rispetto alle esi- genze dedotte nella clausola in questione, potranno esperire i rimedi previsti in ipotesi di lesione della quota di riserva loro spettante. Conseguentemente, il criterio della corrispettività e onerosità del trasferimento delle partecipazioni sociali più che interferire con la natura inter vivos o mortis causa dell’attribuzione, mira a contemperare tre diversi interessi: quello dei soci a evitare che soggetti estranei entrino nella com- pagine sociale e, dunque, a mantenere la coesione della società; il diritto degli eredi a non veder intaccata la loro quota di riser- va e l’esigenza dei creditori a non veder pregiudicate le loro ragioni. In dottrina cfr. X. XXXXXXXXXXX, Interessi dell’impresa e interessi familiari nella vicenda successoria, in AA. VV., La trasmissione familiare della ricchezza. Limite e prospettive di riforma del diritto successorio, Padova, 2004, 131. Nelle stesso senso si è pronunciata la Suprema Corte escludendo che con la clausola in esame fosse violato il disposto dell’art. 458 c.c., sul presupposto che tale disposizione, costituendo un’eccezione all’autonomia negoziale, non può essere estesa ai rapporti che non integrano la fattispecie tipizzata in tutti i suoi momenti. Cfr. Cass. civ., Sez. I, 12.2.2010, n. 3345, in Giust. civ., 9/2010, con commento di X. XXXXXX, I difficili rapporti tra patti di fami- glia e xxxxx successori.
119 Cfr. X. XXXXXX, Clausole di opzione su quote e divieto dei patti successori, in Le Società, 2010, 797 ss.
120 In argomento X. XXXXXXXX, Sulla clausola di intrasferibili-
tà mortis causa della quota di società a responsabilità limitata, in Notariato, 2004, I, 59 ss.
121 Xxxxx parte della dottrina nega che vi sia rapporto tra clauso- la di consolidazione e patto successorio perché «il patto di con- solidazione riveste alla fin fine natura di scommessa, una scommessa particolare che nelle sue linee rappresenta una for- ma di patto tontinario». Così X. XXXXXXX, ult. op. cit., 218.
dei soci, la possibilità per la società di distribuire ai membri superstiti la quota del defunto, dietro liquidazione da parte di questi ultimi agli eredi del de cuius del valore della stessa risultante dall’ultimo bilancio, non integrasse la violazione divieto di patti successori124. In particolare, secondo l’interpretazione data dalla Suprema Corte, la previsione statutaria in oggetto rappresenterebbe un modo di liquidazione di un asset societario volto a evitare lo scioglimento della società e non una convenzione finalizzata a disporre di un bene oggetto di successione. Donde, l’effetto consolidativo in capo ai soci non sarebbe riconducibile al fenomeno successorio, né a quello della semplice liberalità, bensì si tratterebbe di una convenzione sociale reciproca, le cui disposizioni sarebbero rimaste sospese fino alla realizzazione di un evento incerto come la premorienza. Per tali ragioni, tenuto conto che il pagamento del valore della quota da parte dei soci sopravvissuti sarebbe rimasto sospeso fino alla realizzazione dell’evento morte, i soci riceverebbero la quota mortis tempore e non mortis causa.
Successivamente, la giurisprudenza di legittimità mutava orientamento, sancendo la nullità della clausola di consolidazione, per espressa violazione del divieto di cui all’art. 458 c.c., nella particolare ipotesi in cui fosse disposto che, alla morte di uno dei soci, le azioni o le quote si trasferissero agli altri soci superstiti, senza la previsione di un compenso
122 In tal senso cfr. X. XXXX, “Successione, X) Fenomeni para- successori”, cit., 6.
123 Cfr. Cass., 16 aprile 1975, n. 1434, in Giur. it., 1976, I, 1,
591.
124 Cfr. Cass. 17 Marzo 1951, n. 685 in Foro it., 1951, I, 1579.
ai successori legittimi o per testamento, in ragione del fatto che il de cuius avrebbe disposto in vita negozialmente della propria successione, privando gli eredi o i legatari dei diritti derivanti dalla partecipazione al capitale sociale125. Avverso tale
titolarità delle suddette partecipazioni, bensì il corrispondente valore economico129. Di talché, gli effetti di questi accordi sono anticipati alla fase antecedente alla morte e l’oggetto della disposizione viene determinato all’atto della stipulazione. Tali
orientamento è stato osservato che al verificarsi effetti immediati giustificano, inoltre, la
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dell’evento morte di un socio rispetto agli altri – che costituisce un criterio temporale o condizionante sufficiente per produrre gli effetti di indirizzamento della partecipazione voluti dal de cuius – la cessione determina, da un parte, l’effetto secondo cui ogni membro della compagine sociale rimasto in vita acquisterà, in proporzione alla partecipazione già posseduta, la partecipazione del socio defunto; dall’altra, la cessione postula che gli eredi del de cuius diverranno titolari di un diritto di credito, corrispondente al controvalore economico della partecipazione, alla cui corresponsione sono tenuti i soci superstiti in forza dell’accordo stipulato126. In tale prospettiva, la giurisprudenza di legittimità successiva ha affermato nuovamente la validità di tali clausole, in ragione del fatto che non sussiste alcun collegamento diretto tra la morte del socio e la consolidazione della quota del defunto alla compagine sociale rimanente. Tale clausola, infatti, consente che la quota entri inizialmente nel patrimonio degli eredi, pur se connotata da un limite di trasferibilità, dipendente dalla facoltà degli altri soci di acquisirla esercitando il diritto di opzione loro concesso dallo statuto127.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
In definitiva, la morte è qui considerata unicamente come l’evento che determina l’operatività della clausola e non come causa della stessa, secondo la struttura, pienamente lecita, dei negozi trans-mortem. Si tratta, quindi, di un fattore temporale e non causale di una successione che avviene comunque sulla base della legge o del testamento e che non viene affatto limitata da una disposizione statutaria di tipo consolidativo128. In tal modo, non resta vincolata la libertà testamentaria del socio, il quale potrà liberamente designare il proprio successore nella proprietà delle partecipazioni, anche se poi il diritto così trasmesso sarà limitato in ragione del fatto che l’oggetto del trasferimento dal patrimonio del de cuius al patrimonio dell’erede o del legatario non sarà la
125Cfr. Cass. 16 aprile 1975, n. 1434, in Giust. civ., 1975, II,
110.
126 Cfr. X. XXXXXXX, Divieto di patti successori e clausole sta- tutarie c.d. di consolidazione, in Giur. it., 2011, 561 ss.
127 Cfr. Cass. 12 febbraio 2010, n. 3345, in Le Società, 2010, 797 ss.
128 In argomento A. MUSTO, Il profilo identitario degli strumen- ti alternativi al testamento: l’unità assiologica nella variabilità strutturale degli atti inter vivos con funzione successoria vieta- ta, cit., 1158 ss.; F. PARENTE, Le disposizioni “in forma indiret- ta” connesse alla morte, cit., 107 ss.
trasmissione del diritto agli eredi del beneficiario in caso di premorienza di quest’ultimo al disponente.
4. I negozi post mortem.
L’espressione negozio post mortem non descrive una categoria giuridica unitaria, ma soltanto l’elemento comune di una serie di fattispecie eterogenee, ciascuna delle quali è soggetta a una propria disciplina giuridica, sebbene siano tutte finalizzate alla realizzazione del medesimo scopo, e cioè il trasferimento della ricchezza di un soggetto, per il tempo successivo alla sua morte, attraverso una negozio alternativo al testamento130. Si tratta, nello specifico, di contratti inter vivos finalizzati a produrre effetti di destinazione alla morte del disponente, quale elemento condizionante gli effetti in parola del negozio, in quanto essi verranno a sussistere solo dopo la morte del soggetto131. Al contrario, si definisce atto mortis causa, secondo la definizione più autorevole, quello avente la funzione di «regolare i rapporti patrimoniali e non patrimoniali del soggetto per il tempo e in dipendenza della sua morte, e che nessun effetto, nemmeno prodromico o preliminare, è perciò destinato a produrre, e produce, prima di tale evento», ossia «l’atto che ha a proprio contenuto il regolamento di una situazione rilevante giuridicamente dopo la morte del suo autore»132. Ciò che è importante rimarcare, con riguardo all’atto mortis causa, quindi, è che esso regola rapporti e situazioni che sorgono in conseguenza della morte del soggetto o che dall’evento morte traggono una autonoma qualificazione133; mentre il
129 Sul tema I. XXXXXXXXXX, Il trasferimento mortis causa della partecipazione di società a responsabilità limitata, in Notariato, 2016, I , 39 ss.
130 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico del testamento, cit., 30 ss.
131 I caratteri appena descritti consentono, perciò, di escludere dai negozi post mortem non soltanto le disposizioni testamenta- rie, ma anche gli atti di ultima volontà inseriti in programmi distributivi regolati dallo statuto successorio a causa di morte. Sul tema cfr. X. XXXXX, I patti successori e il divieto di dispo- sizione della delazione. Tra storia e funzioni, Napoli, 2015, 1 ss.
132 Il riferimento è a X. XXXXXXXXXXX, voce Atto mortis causa, cit., 232 ss.; v. pure X. XXXX, voce “Successione, X) Fenomeni parasuccessori”, cit., 3.
133 In altri termini, affinché la disposizione possa qualificarsi come atto mortis causa, come tale suscettibile di porsi in con-
negozio post mortem è destinato a regolare una situazione preesistente al decesso134, sia pure subordinandone gli effetti al momento dell’evento morte135. Pertanto, nei negozi post mortem la causa di morte risulta esclusa136 e il negozio, a differenza
Il campo di indagine, in punto di fattispecie138, si restringe allora ai negozi inter vivos che, in ragione della loro vocazione a regolare interessi del soggetto per il tempo successivo alla sua morte, contemplino quest’ultima come mero accadimento
di quello mortis causa, può considerarsi valido137. avente funzione di sospendere o, semplicemente, di
limitare nel tempo gli effetti del negozio139. Sicché,
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flitto con il divieto dei patti successori, l’oggetto della disposi- zione deve costituire un quod superest, cioè deve determinarsi in termini di attribuzione al momento della morte del disponen- te. Siffatta circostanza non è stata ravvisata, nel caso di una clausola di remissione del debito residuo alla morte del mutuan- te inserita in un contratto di mutuo, ritenuta alla stregua di un negozio post mortem (in quanto disposizione immediatamente produttiva di effetti, anche se differiti alla morte del mutuante) dal Trib. Udine, 20.10.2014, in NGCC, 2015, con nota in senso critico di X. XXXXXXXX, «La remissione del debito alla prova del divieto dei patti successori istitutivi».
134 Di guisa che il beneficiario acquista una posizione giuridi- camente rilevante già per il solo fatto della conclusione del ne- gozio. Al contrario del testamento il quale, ante mortem, deve considerarsi sul piano dell’aspettativa tamquam non esset: tant’è vero che prima della morte del testatore nessuna posizio- ne giuridica soggettiva sorge in capo ai beneficiari dell’atto e nessuna responsabilità può imputarsi al suo autore.
135 In argomento si rinvia a X. XXXXX, Il profilo identitario de- gli strumenti alternativi al testamento: l’unità assiologica nella variabilità strutturale degli atti inter vivos con funzione succes- xxxxx vietata, cit., 1158 ss.; F. PARENTE, Le disposizioni “in forma indiretta” connesse alla morte, cit., 107 ss.
136 Movendo da questa premessa, una volta fissata la nozione di atto mortis causa e delineate le sue caratteristiche, si tratta di valutare caso per caso se in una determinata fattispecie concreta ne ricorrano gli elementi (come nell’istituzione contrattuale di erede o di legatario, oppure nella donatio de residuo si praemo- riar), ovvero se ci si trovi di fronte ad uno schema negoziale ove la morte serve ad identificare il momento di produzione degli effetti finali dell’atto (come nell’ipotesi della donatio si moriar, si praemoriar o cum moriar), con conseguente validità della previsione negoziale. Si comprende, quindi, che restano esclusi dal novero dei negozi post mortem anche gli atti di de- stinazione testamentari, il trust testamentario, la costituzione per testamento della fondazione, la costituzione per testamento del fondo patrimoniale, la sostituzione fedecommissoria, la di- sposizione fiduciaria e, ovviamente, il patto di famiglia. Con particolare riferimento agli atti di destinazione testamentari si rinvia a v. X. XXXXXXX, Il testamento quale fonte di vincoli di destinazione, in Riv. dir. civ., 2015, 253 ss.; X. X’XXXXX, La proprietà «destinata», in Riv. dir. civ., 2014, 525 ss.; X. XXXXX, La disposizione testamentaria di destinazione, in Nuo- va g. civ. comm., 2014, I, 86 ss.; X. XXXXX, Vincolo testamenta- rio di destinazione: il primo precedente dei tribunali italiani, in Fam. e dir., 2013, 783; X. XXXXXX, Il vincolo testamentario di destinazione, in Fam. pers. e succ., 2011, 384; X. XXXXXXXXXXX, Il controllo di «meritevolezza» degli atti di destinazione ex art. 2645-ter c.c., in Il foro nap., 2014, 54 ss.; X. XXXXXXXX, Auto- nomia negoziale e vincoli negli atti di destinazione patrimonia- le, Napoli, 2015; V. BARBA, Disposizioni testamentarie di de- stinazione, in Il foro nap., 2016, 325 ss.
137 La Suprema Corte ha chiarito che non costituisce un patto successorio vietato, ma un valido negozio inter vivos, l’accordo in base al quale il disponente si riconosca, sin da giorno della stipulazione, debitore della controparte, ma differisca dopo la sua morte l’estinzione del debito riconosciuto, poiché il decesso costituisce termine di adempimento. In questi termini Cass. 3.3.2009, n. 5119, richiamata da X. XXXXXXX, I contratti post mortem, cit., 776, nt. 28.
deve qualificarsi come valido negozio post mortem l’atto che, fin dal momento della sua conclusione, determini un meccanismo traslativo in senso debole, immediato e stabile, nelle sfere giuridiche delle parti contraenti o dei terzi destinatari dei suoi effetti diretti, attribuendo loro l’«aspettativa»140 di situazioni soggettive giuridicamente rilevanti, la cui acquisizione avverrà solo dopo la morte del disponente, ma – si badi – non per causa di morte141.
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Quanto sopra vale, ovviamente, anche per i negozi post mortem con effetti di destinazione142, in
138 Vale la pena di ricordare, in proposito, l’avvertimento di X. XXXXXX, Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, in ID., Raccolta di scritti, III, Milano, 1993, 152, secondo cui l’interprete non può mai esimersi da un «esame penetrante della fattispecie», allo scopo di verificare se non vi sia un intento fraudatorio della legge.
139 Secondo X. XXXXX, I patti successori e il divieto di disposi- zione della delazione. Tra storia e funzioni, Napoli, 2015, 178- 184, si tratterebbe di quegli atti tra vivi che non importino una disposizione della delazione.
140 Parla, invece, di «titolarità» X. XXXXXXX, I contratti post mortem, cit., 777, il quale, a sua volta, richiama quasi testual- mente X. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipico del testamento, cit., 168 e X. XXXXXX, Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, cit., 195.
141 Sul piano pratico-applicativo, mi pare che i negozi post mor- tem comportino conseguenze analoghe ad un qualsiasi contratto preliminare, nel senso di prevedere un’acquisizione “prenotata” della titolarità di un diritto sopra uno o più beni. Con ciò non intendo, xxxxxxxxx, che il negozio post mortem sia un contratto preliminare, bensì che la prestazione oggetto del negozio post mortem o, se si preferisce, l’adempimento del negozio stesso è differito al termine indicato dalle parti, coincidente con la morte del disponente. Al pari del contratto preliminare, dunque, il ne- gozio post mortem costituisce un «programma contrattuale»; onde esso produrrà effetti solo obbligatori tra le parti, procra- stinati peraltro alla morte del disponente. Gli effetti reali sono conseguenza, invece, dell’adempimento del negozio medesimo; di guisa che può dirsi che l’accordo in questione realizzi anche effetti reali, seppur in via indiretta.
142 Com’è noto, il legislatore, con l’art. 2645-ter c.c. (introdotto con la l. 30 dicembre 2005, n. 273), rubricato «Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche ammini- strazioni, o ad altri enti o persone fisiche», senza disciplinare il contenuto sostanziale del «negozio di destinazione», ha consen- tito la trascrizione dei vincoli di destinazione, che consentono l’esecuzione sul patrimonio destinato solo per i debiti contratti a tale scopo. È appena il caso di precisare che la destinazione patrimoniale, al fine di avere una completa efficacia nei con- fronti di ogni soggetto, richiede l’opponibilità erga omnes, ot- tenibile solo mediante il ricorso ad idonei strumenti pubblicitari (qual è, per l’appunto, la trascrizione), onde creare un patrimo-
cui quest’ultima si assume a «elemento condizionato» del negozio143, ossia come impressione di un certo vincolo su un bene144 o su un complesso di beni la cui segregazione è procrastinata alla morte del disponente. Proprio
dall’operazione negoziale, valutando sia la struttura sia la funzione che l’atto di privata autonomia è destinato a realizzare, poiché è solo in tal modo che sarà dato sapere se il regolamento di interessi sia da dichiararsi nullo perché in contrasto con il divieto
questa tipologia di atti presenta la caratteristica dei patti successori (istitutivi), oppure sia un valido
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comune di incidere sul diritto oggettivo determinando le regole applicative ad attività future145. Donde scaturiscono due diverse obbligazioni: la prima, avente ad oggetto un non facere, consistente nel non mutare la destinazione impressa, la seconda, avente ad oggetto un facere, consistente nel gestire il bene in modo conforme al vincolo. A queste poi si aggiunge, nel caso dei negozi di destinazione con effetti post mortem, l’ulteriore obbligazione di facere, consistente nel trasferire il bene o i beni alla morte dell’autore.
Così segnati i criteri attraverso i quali è possibile affermare la validità dei negozi che si reputano essere elementi condizionanti di questa analisi e individuato il tratto tipico dell’effetto di destinazione – reso, peraltro, compatibile nel nostro ordinamento giuridico anche quando questo si accompagni ad una segregazione – occorre avere
contratto ad effetti post mortem. Con l’intesa che non si tratta, soltanto, in questa prospettiva, di verificare gli evidenti e possibili limiti di ammissibilità, sperimentando i vari strumenti negoziali attraverso cui realizzare una delazione patrimoniale146, ma soprattutto di analizzare i problemi e i principi disciplinari che tali tecniche possono proporre, valutandone le interferenze con il sistema circolatorio e, vieppiù, con quello successorio147.
Tra le fattispecie sussumibili nel modello negoziale in esame, viene in rilievo soprattutto il mandato post mortem148, ossia quel contratto attraverso il quale una parte si obbliga a compiere, per conto dell’altra (cioè il de cuius), uno specifico incarico successivamente alla sua morte. Sul piano puramente descrittivo, il mandato post mortem si distingue sia dal c.d. mandato testamentario149 – che
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riguardo al concreto assetto di interessi realizzato
146 Nel concreto, ciò può essere realizzato sia inserendo nel te- stamento una o più clausole dirette a tal fine, sia tramite la sti-
nio ‘separato’, in deroga al principio espresso dall’art. 2740 c.c. Cfr., in proposito, X. XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., 0000, XX, 000 xx.; X. XXXXXXX, La destina- zione di beni allo scopo, in Diritto civile diretto da X. XXXXXX e
X. XXXXXXXX, II. Successioni, donazioni, beni, t. 2. La proprietà e il possesso, Milano, 2009, 388 ss.; X. XXXXX, voce Atto di de- stinazione, in Enc. dir., Xxxxxx X, Milano, 2012, 53 ss. con ivi ampi riferimenti di dottrina, anche straniera. Di contrarietà del trust di diritto internazionale all’art. 2740 c.c. parlavano, ben prima della novella di cui all’art. 2645-ter c.c., X. XXXXXXXXX, Il trust nell’ordinamento italiano dopo la Convenzione de l’Aja, in Vita not., 1998, 1323; X. XXXXXXXXXX, Trust e diritto civile italiano, ivi, 1327.
143 Cfr., sul tema, X. XXXXX, Xxxxxx post mortem ed effetti di destinazione. Interferenze con la disciplina dei legittimari: la riduzione delle liberalità indirette, in Riv. dir. priv., 1/2016, 49 ss.; X. XXXXX – X. XXXXXX, I contratti di destinazione patrimo- niale, in Tratt. dei contratti, dir. da X. XXXXXXXX – X. XXXXXXXXX, Torino, 2012.
144 Con riguardo ai vincoli di destinazione impressi al possesso- re o al detentore v. X. XXXXXXXXXX, Vincoli di destinazione, in Dizionari del diritto privato, I, Diritto civile, a cura di X. XXXX, Milano, 1980, 885.
145 Cfr., in proposito, X. XX XXXXX, Considerazioni sull’art. 2645-ter c.c.: destinazioni di patrimoni e categorie dell’iniziativa privata, in Rass. dir. civ., 2007, 987 ss., spec. 990, che precisa che «in chiave funzionale tali regole costitui- scono l’organizzazione delle menzionate attività per il perse- guimento di un interesse ([…] quello sintetizzato nella destina- zione). (…) Attribuzione e destinazione si pongono infatti su piani differenti, l’una sul piano logico costruttivo, l’altra su quello teleologico: la prima rappresenta lo schema logico astrat- to che, volta per volta, è colorato da un concreto orientamento funzionale; la seconda rappresenta il contenuto funzionale con- creto di uno schema logico astratto (diremmo, l’organizzazione)».
pulazione di un contratto di mandato con cui il mandatario si obbliga ad eseguire, dopo la morte del mandante, l’attività pro- grammata.
147 Cfr., per queste precisazioni, X. XXXXX, Negozi post mortem
ed effetti di destinazione, cit., 57.
148 In argomento cfr. X. XX XXXXX, Il mandato post mortem exe- quendum, in Per. fam. succ., 2011 688 ss; X. XXXXXXX, Testa- mento e istituti alternativi, Padova, 2008, 57 ss; X. XXXXXXX, In tema di contratto post mortem, in Nuova giur. civ. comm., 2006, 497 ss.; X. XXXXXXXX, Osservazioni sul mandato da ese- guirsi dopo la morte del mandante, in Riv. dir. comm., 1964, 304; A. LUMINOSO, Mandato, commissione, spedizione, in Tratt. civ. comm. Xxxx, Messineo, Mengoni, Milano, 1984, 360 ss.; X. XXXXXXXXX, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Tratt. dir. civ. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 000, 201 ss.; X. XXXXXXXX, Il
«mandatum post mortem», in Riv. dir. civ., 1930, 51 ss.
149 Con particolare riferimento ai negozi che traggono origine da una disposizione testamentaria avente ad oggetto il conferi- mento ad un terzo del potere di agire per la gestione degli inte- ressi che il disponente vuole regolamentare dopo la sua morte, gli stessi non possono ricondursi tout court allo schema di cui agli artt. 1703 e ss. c.c., in quanto il procedimento attraverso cui viene conferito il potere non è idoneo a generare un accordo contrattuale: infatti, ancorché sussista il concorso della volontà del testatore e quella del destinatario della disposizione, manca proprio l’incontro delle volontà, in quanto l’atto che dovrebbe integrare gli estremi di una proposta e quello che dovrebbe rap- presentare la conseguente accettazione restano due atti indipen- denti l’uno dall’altro e vengono a costituire non un unico nego- zio, bensì due negozi distinti. Detto in altre parole, mentre nei negozi inter vivos la manifestazione di volontà del destinatario della proposta è conosciuta dal proponente, il quale, allorquan- do la dichiarazione giunga al suo indirizzo, deve essere in vita; nelle fattispecie in esame, invece, l’atto che dovrebbe fungere da accettazione interviene soltanto dopo che il proponente abbia cessato di vivere. Del resto, l’eventuale irrevocabilità della
si identifica in quella determinata disposizione unilaterale150, contenuta in un testamento, attraverso
la quale si conferisce a un terzo il potere di agire con riferimento alla categoria di interessi non
patrimoniali che il disponente vuole regolamentare
xxxxxxxx testamentaria contenente una siffatta proposta sarebbe del tutto priva di effetti, stante il già richiamato principio della
per il tempo in cui avrà cessato di vivere – sia dal
c.d. mandato post mortem exequendum151 – quale
piena e assoluta libertà di revocare le disposizioni a causa di
negozio bilaterale la cui esecuzione, differita alla
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morte. Pertanto, i predetti schemi negoziali se, da un lato, esu- lano dallo schema delineato dall’art. 1703 c.c., dall’altro, sem- brano integrare gli estremi di un negozio autorizzativo, unilate- rale, recettizio e liberamente revocabile, volto ad attribuire al terzo il potere di agire per l’attuazione della volontà espressa dal testatore nell’atto di ultima volontà. . In ogni caso, essendo tali atti contenuti in un atto a struttura necessariamente unilate- rale, tendono ad autorizzare lo svolgimento di un’attività gesto- ria sostanzialmente analoga a quella tipica del mandato, sebbe- ne il terzo, a differenza del mandatario, rimane libero di eserci- tare il potere conferitogli dal testatore. Per tali ragioni, se il di- sponente intende utilizzare lo strumento testamentario per di- sporre compiutamente dei propri interessi per il tempo in cui avrà cessato di vivere, ben potrà inserirvi specifiche clausole dirette ad attribuire all’erede, al legatario, o ad un terzo il potere di agire per la soddisfazione delle proprie esigenze. Tali dispo- sizioni, tuttavia, nel caso possiedano un contenuto patrimoniale dovranno assumere la forma dell’onere o modus testamentario; al contrario, qualora abbiano natura non patrimoniale possono acquisire un autonomo rilievo ed essere predisposte anche in favore di un terzo. In tal senso, depone la stessa formulazione del testo normativo di cui all’art. 587, comma 2, c.c. il quale consente che siffatte previsioni, oltre ad essere contenute in un testamento ed avere come destinatari i successori universali o particolari, possano essere dettate anche in favore di soggetti diversi. Xxxxxx, stante la peculiare natura che le connota, tali fattispecie sono soggette sia ai principi dettati in tema di perso- nalità, formalità e revocabilità dell’atto testamentario, sia alle disposizioni contrattuali che offrono alla volontà del de cuius una tutela più efficiente. Sotto questo profilo, è evidente la so- stanziale affinità funzionale con gli atti che formano oggetto di un contratto di mandato, regolati dalle norme dettate dagli artt. 1703 e ss. c.c. È presente, infatti, una forte analogia tra la posi- zione rivestita dal terzo titolare del predetto potere gestorio e la figura del mandatario, a cui viene spesso ricondotta anche quel- la dell’esecutore testamentario. D’altra parte, sia l’esecutore che il terzo incaricato ex testamento, sebbene liberi di decidere se eseguire o meno l’incarico, ove scelgano di adempierlo, sono poi tenuti a portarlo a termine, salvo il sopraggiungere di gravi cause ostative. Inoltre, in entrambi i casi, l’erede che a causa dell’ingiustificato abbandono dell’incarico abbia sopportato delle spese o abbia subito un danno è legittimato ad agire in via risarcitoria, essendo l’incaricato, al pari dell’esecutore o di un comune mandatario, responsabile ai sensi degli artt. 703, 709
c.c. e 1710, 1713 c.c. Per converso, se porta a termine il com- pimento dell’affare graverà sull’erede l’obbligo di rimborsargli le spese sostenute secondo quanto previsto dagli artt. 712 e 1720 c.c., salva la diversa volontà del testatore xxxx a non gra- vare il successore universale di siffatto onere. Le affinità fun- zionali rappresentate determinano, in applicazione delle norme dettate per il mandatario, che sia il terzo incaricato ex testamen- to che l’esecutore testamentario debbano svolgere il loro com- pito con la diligenza del buon padre di famiglia e siano tenuti a rendere il conto della gestione agli eredi del testatore ex artt. 709 e 1713 c.c. Sul modus testamentario si rinvia a X. XXXXXXXXXX, Il modus testamentario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, 898 ss.; G. W. ROMAGNO, Considerazioni riguardo alla posizione del divieto di pesi e di condizioni nell'ambito del sistema di tutela dei diritti successori riservati, in Riv. not., 3/2018, 483 ss.
150 La struttura del negozio testamentario, quale atto «unilatera- le», si pone in contrapposizione alla normale struttura bilaterale
morte del mandante, si estrinseca in uno o più atti meramente esecutivi rispetto ad un’attribuzione patrimoniale già realizzatasi, inter vivos, dal dominus. Le predette figure, sebbene abbiano la medesima finalità del mandato post mortem, essendo dirette a realizzare una tipica finalità successoria, pongono tuttavia problemi differenti. In effetti, quanto agli incarichi a contenuto non patrimoniale conferiti mediante un testamento o tramite un mandato post mortem exequendum, sebbene costituiscano atti di natura mortis causa, muovono da motivazioni autonome e differenti da quelle che presiedono la sfera operativa delle norme che regolano la circolazione dei beni e che escludono la vocazione ereditaria di tipo contrattuale152. Tali fattispecie, quindi, pongono il problema dell’individuazione della disciplina ad essi applicabile, stante la loro natura e la relazione funzionale esistente tra l’attività del terzo autorizzato dal de cuius ad esercitare il potere gestorio e un comune mandatario153.
La questione della compatibilità della figura in rassegna con i principi generali dell’ordinamento è dibattuta in dottrina. Un primo orientamento afferma la validità in ogni caso di tale negozio, in quanto l’art. 1722, n. 4, c.c., che prevede l’estinzione del mandato per la morte del mandante, ha natura di norma dispositiva154; onde la
del mandato, che richiede necessariamente l’accettazione del mandatario. Sottolinea la struttura contrattuale del mandato post mortem X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Napo- li, 1994, rist. corretta della 2a edizione, 312 ss., spec. nt. 6; non- ché C. M. XXXXXX, Diritto civile, 2, La famiglia – Le successio- ni, cit., 563, il quale osserva che il contratto in questione non può ritenersi concluso ove manchi il consenso del mandatario, ovvero ove esso intervenga dopo la morte del mandante, la qua- le determinerebbe il venir meno degli effetti della relativa pro- posta contrattuale ai sensi dell’art. 1329, cpv., c.c.
151 Per quanto concerne il mandato post mortem exequendum, esso è idoneo a compiere operazioni negoziali che, a seconda delle modalità prescelte, rientrano nei negozi ad effetti post mortem, ovvero nei negozi trans-mortem, dacché la morte del mandante non costituisce causa del diritto del mandatario, che risulta già acquisito inter vivos, ma solo momento in cui l’esecuzione del contratto è differita.
152 In argomento cfr. X. XXXX, Sub art. 456-564, cit., 29 ss; X. XXXXXXXX, Negozi “mortis causa” e negozi “trans mortem”, cit., 436 ss.
000 Xxx. X. XXXXXXX, Xx tema di contratto post mortem, cit., 497 ss.; X. XXXXXXXX, Osservazioni sul mandato da eseguirsi dopo la morte del mandante, cit., 304.
154 Cfr., in tal senso, X. XXXXXXXXX, Il mandato, la commissio- ne, la spedizione, cit., 24 ss.; X. XXXXXXXX, Il mandato e la commissione, cit., 126.
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circostanza che il negozio si perfezioni prima della morte vale ad escludere la configurabilità di un patto successorio, poiché l’obbligazione non sorge in capo agli eredi a titolo originario, ma si trasmette loro iure successorio. Al contrario, l’orientamento
di beni già divenuti estranei al patrimonio del de cuius in vita dello stesso159.
La correttezza dell’impostazione seguita dalla prevalente dottrina, in merito al carattere derogabile della disposizione di cui all’art. 1722, n. 4, c.c.,
più restrittivo ritiene il mandato post mortem trova conferma in precisi riferimenti normativi che
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invalido, assumendo che la norma anzidetta abbia natura di norma imperativa e che lo schema in parola costituisca un negozio mortis causa: in quanto tale vietato dall’art. 458 c.c.155. Diverso orientamento, peraltro prevalente, è quello che ritiene opportuno valutare caso per caso, onde distinguere il mandato mortis causa (ad esempio, rilevando il carattere della irrevocabilità da parte dell’erede, così da farne discendere la nullità ai sensi del divieto dei patti successori156), dal mandato inter vivos post mortem exequendum, giudicato valido.
Dal canto suo, la giurisprudenza di legittimità ha statuito la nullità del mandato avente ad oggetto il compimento di un’attività giuridica finalizzata ad una attribuzione patrimoniale e valido, al contrario, quello avente ad oggetto una mera attività materiale o esecutiva157. Ciò in quanto, nel primo caso, il bene oggetto del trasferimento esce dalla sfera patrimoniale del mandante-beneficiante soltanto dopo la sua morte; sicché, fino a tale momento non si produce alcuno spostamento patrimoniale158. Al contrario, sarebbe valido ed efficace il mandato che comporti, dopo la morte del mandante, il compimento di atti meramente esecutivi di attribuzioni patrimoniali già avvenute durante la vita del mandante: come, ad esempio, la consegna
attribuiscono al mandato una efficacia ultrattiva rispetto alla morte del mandante160: basti pensare, ad esempio, all’art. 1723, cpv., c.c. che prevede l’ipotesi del mandato conferito anche nell’interesse di terzi, qual è normalmente il mandato post mortem, con riferimento all’interesse del terzo beneficiario dell’attività posta in essere dal mandatario incaricato, il quale non si estingue per morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante161; o ancora, l’art. 1728 c.c. secondo il quale la morte del mandante non fa venire meno l’obbligo del mandatario, che abbia iniziato ad eseguire l’incarico conferitogli, di proseguire nell’esecuzione dell’attività affidatagli dal mandante, quando vi sia pericolo nel ritardo.
Parimenti, pur in mancanza di espressa previsione normativa, è da ritenere che, nell’ipotesi di mandato collettivo per un «affare d’interesse comune», la morte di uno dei mandanti (o la sua sopravvenuta incapacità) non abbia efficacia estintiva (arg. ex art. 1726 c.c.)162.
Dal punto di vista degli eredi del mandante si os- serva una normale vicenda successoria, con il su- bingresso di questi ultimi nella posizione contrattua- le del loro dante causa163. Il che determina, con tutta evidenza, due ordini di problemi: il primo connesso ai poteri degli eredi del mandante rispetto al manda- tario, primo tra tutti quello di revoca del mandato164; il secondo legato agli interessi sottesi al mandato stesso, che potrebbe perseguire vere e proprie finali-
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155 Cfr. X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit., 312 ss., il quale ammette come unica deroga l’ipotesi testuale della ultrattività del mandato avente ad oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio dell’impresa, per il carattere imper- sonale ed obiettivo dell’interesse perseguito (art. 1722, n. 4, c.c.); vedasi soprattutto, per il carattere inderogabile della rego- la mandatum mortem finitur, X. XXXXXXXXX, Le obbligazioni testamentarie, Milano, 1965, 558.
156 In quest’ordine di idee X. XXXXXXXXXXX, Il contenuto atipi- co del testamento, cit., 126. Secondo X. XXXXXXXXX, Xxxxxxx fiduciario e mandato post mortem, in Giur. comm., 1975, II, 700, il mandato post mortem si differenzia da un patto succes- sorio istitutivo, poiché difetterebbe la coincidenza tra la parte che stipula il patto e il beneficiario dell’eventuale attribuzione patrimoniale a causa di morte. Per cui, l’eventuale nullità del patto non dipenderebbe da una diretta violazione dell’art. 458 c.c., bensì dal fatto che il contratto sarebbe diretto a realizzare un determinato assetto successorio, andando ad usurpare la fun- zione esclusiva assegnata dall’ordinamento giuridico al negozio testamentario.
157 Cfr. Cass., 4 ottobre 1962, n. 2804, in Foro it., 1963, I, 49. 158 La notazione è di X. XXXX, “Successione, X) Fenomeni pa- rasuccessori”, cit., 6.
159 Così X. XXXXXXXX, Il mandato e la commissione, in Tratt. dir. priv. (diretto da X. XXXXXXXX), 00, x. XX, Xxxxxx, 0000, 36 ss.
160 Xxxxxx, non si ravvisano ostacoli alla trasmissibilità del rap- porto contrattuale in capo agli eredi del mandante, a seguito del decesso del loro dante causa. Privo di fondamento, infatti, è il sospetto di una pretesa violazione del principio «ab heredis persona obligatio incipere non potest», nel caso di mandato che sopravviva alla morte del mandante, giacché le reciproche ob- bligazioni tra le parti derivano direttamente dal contratto di mandato, stipulato in vita dal mandante. Per cui, la morte di quest’ultimo rappresenta soltanto l’evento al verificarsi del qua- le l’obbligo del mandatario di eseguire un determinato incarico diviene attuale.
161 X. XXXXXXXXX, Il mandato, la commissione, la spedizione, cit., 205.
162 Cfr., in proposito, F. A. MONCALVO, Sul mandato da ese- guirsi dopo la morte del mandante, in Fam., pers. e succ., 1/2010, 56 ss.
163 Sul punto v. X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 14.
164 Su cui si rinvia alla disamina di F. A. MONCALVO, Sul man- dato da eseguirsi dopo la morte del mandante, cit., 59 ss.
tà mortis causa, trattandosi nel qual caso di stru- mento negoziale la cui reale finalità consisterebbe nella regolamentazione convenzionale di rapporti giuridici che trarrebbero origine dalla morte del mandante. Ciò che verrebbe a porre il mandato post
un’attività meramente esecutiva con riguardo ad at- tribuzioni patrimoniali già disposte in vita dal man- xxxxx, che, per questa ragione, non incidono sulla successione vera e propria, dal momento che i beni di che trattasi sono preventivamente usciti dal pa-
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mortem in una situazione di contrasto con il divieto trimonio del mandante, onde non verrebbero co-
previsto all’art. 458 c.c.
Proprio i due ordini di problemi di cui sopra var- rebbero, secondo taluno165, a spiegare l’effettiva ra- tio dell’art. 1722, n. 4, c.c., che avrebbe carattere imperativo essendo in stretta correlazione con la di- sposizione contemplata all’art. 458 c.c., nel senso che la disposizione citata sarebbe posta a presidio del principio del divieto dei patti successori; con la conseguenza che la morte del mandante costituireb- be causa di scioglimento del contratto. Sennonché, l’impostazione in commento va disattesa per la sua opacità, dovendo valutarsi caso per caso, in base al- la specifica natura dell’incarico conferito e da ese- guirsi dopo la morte del mandante166: va da sé, in- fatti, che la mera circostanza che l’obbligazione as- sunta dal mandatario debba eseguirsi dopo la morte del mandante non rappresenti un indice probante della sicura contrarietà della figura in esame rispetto ai limiti imposti all’autonomia privata dagli artt. 457 e 458 c.c.167.
In definitiva, la questione della validità o meno del mandato post mortem si risolve tenendo in debi- to conto la natura del contratto-base (i.e. il manda- to), onde ammettersi la validità dello stesso allor- quando esso abbia ad oggetto la consegna, dopo la morte del mandante, di beni dei quali quest’ultimo abbia disposto in vita: si pensi, ad esempio, al man- datario che faccia pervenire al donatario, dopo la morte del donante, il bene donatogli dal mandan- te168. In questo caso, il mandato ha ad oggetto
165 X. XXXXXXXXX, Le obbligazioni testamentarie, cit., 556 ss.
166 È di questo avviso la dottrina prevalente: tra cui v. X. XXXXXXX, Sistema del diritto privato italiano, II, Torino, 1962, 461 ss.; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle do- nazioni, cit., 23; X. XXXXXXXXX, Il mandato, la commissione, la spedizione, cit., 23; X. XXXXXXXXX, Negozio fiduciario e man- dato post mortem, cit., 702.
167 Cfr., per tutti, X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 23. Sul versante giurisprudenziale v. so- prattutto Cass. 4 ottobre 1962, n. 2804, in Foro it., 1976, I, 4, 52, la quale ha affermato che «la validità del mandato da ese- guirsi post mortem è condizionata alla circostanza che la natu- ra dell’affare non sia in contrasto con le norme fondamentali che disciplinano la successione mortis causa, e, in specie, la successione testamentaria». Perché «nel nostro diritto, la vo- lontà del defunto, relativamente ai beni dell’eredità non può operare post mortem che come volontà testamentaria, nelle forme, nei modi e con i limiti determinati dalla legge».
168 Del pari, il mandato post mortem è da ritenersi valido qualo- ra abbia ad oggetto il compimento di atti a contenuto non pa- trimoniale: come, ad esempio, il mandato che venga conferito affinché sia curata la cremazione delle spoglie del mandante, ovvero la modalità della sepoltura o ancora il luogo del funera-
munque a far parte di essa169.
Per converso, l’inammissibilità di un mandato che contempli il trasferimento post mortem di un bene del defunto-mandante va ricondotta non al di- vieto dei trasferimenti mortis causa con forma di- versa rispetto a quella testamentaria (cioè al divieto dei patti successori), sibbene ai profili funzionali del contratto medesimo, poiché con la morte del man- xxxxx si innesca non tanto un meccanismo risolutivo degli effetti del contratto di mandato, quanto una vera e propria chiusura del patrimonio del defunto- mandante, che impedisce al mandatario (superstite) di togliere dal patrimonio del de cuius e di trasferire ad altri un determinato bene. In altre parole, il con- tratto di mandato non può eseguirsi, nei termini di un trasferimento, dopo la morte del mandante, per impossibilità dell’oggetto; con esso si potrà, al più, portare a termine un’attività già espletata, durante la vita del mandante, orientata in questa direzione. Questo ragionamento trova ulteriore conferma nel rilievo che, allorquando il mandato post mortem re- lativo all’ipotesi in questione sia inserito nell’ambito di una scheda testamentaria, esso co- munque non sarebbe idoneo a perseguire l’effetto (i.e. il trasferimento) desiderato dal mandante- testatore. Sicché, in definitiva, il problema del man- dato post mortem non è rappresentato dalla compa- tibilità della figura in esame al divieto dei patti suc- cessori di cui all’art. 458 c.c., ma più seriamente dalle conseguenze sul patrimonio che la morte del disponente determina, le quali hanno come ricaduta finale l’impossibilità da parte del mandatario di “di- sporre” di un bene ormai non più di proprietà del suo mandante170.
le. Cfr., al riguardo, Xxxx., Sez. I Civ., 23.5.2006 n. 12143, in NGCC, 4/2007, 1, 496 con nota di X. XXXXXXX, In tema di mandato post mortem, con ivi ulteriori riferimenti di giurispru- denza e dottrina. Analoghe osservazioni valgono con riguardo all’incarico di provvedere alla pubblicazione postuma di opere letterarie (arg. ex art. 24, l. 22.4.1941, n. 633, art. 93 della me- desima l. 633/1941 e art. 96 l. 633/1941).
169 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., 23; X. XXXXXXXX, Mandato, commissione, spedizione, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da X. XXXX – X. XXXXXXXX e continuato da X. XXXXXXX, vol. XXXII, Milano, 1984, 126.
170 Si potrebbe, allora, pensare che il mandato possa operare quale mera modalità di trasferimento di determinati beni nel contesto di una successione (legittima o testamentaria) regolata da altro titolo; posto che la giurisprudenza di legittimità ammet- te che un mandato post mortem possa essere conferito senza rigore di forma, anche oralmente. Ma anche quest’ultimo dub- bio risulta inconferente, perché se la disposizione attributiva
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5. Il negozio fiduciario.
Il tema della destinazione patrimoniale e, in
risultante dal testamento, ovverosia non rivestito della forma testamentaria173.
Per la verità, il negozio fiduciario è una figura di antica tradizione, variamente articolato, attraverso il quale, secondo lo schema classico, il disponente
particolare, quello dell’affidamento fiduciario171 dei (fiduciante) si accorda con il gerente (fiduciario)
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beni è sempre stato vicino a quello dell’autonomia testamentaria172, tant’è vero che il codice del ’42 ha disciplinato la fiducia testamentaria all’art. 627 c.c., per negare validità al vincolo obbligatorio non
affinché quest’ultimo, nell’interesse del primo e in base alle sue istruzioni, gerisca il bene, destinandolo dopo la morte del primo, per un certo scopo e attribuendone la proprietà, alla fine della
destinazione, al soggetto designato dal disponente
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fosse riconducibile al testamento o addirittura alla legge, questi titoli azzererebbero l’altro (cioè il mandato), stante il principio più sopra ricordato in base al quale un titolo di successione as- sorbe in sé qualsiasi altro.
171 La letteratura sul negozio fiduciario è assai copiosa. Cfr., ex multis, X. XXXXXXXXX, Delle fiducie nel diritto civile italiano (1882), in Opere giuridiche, I, Roma, 1947, 20 ss.; F. XXXXXXX, I negozi fiduciari, in Scritti in onore di Xxxxxxxx, Milano, 1905, 745 ss.; G. MESSINA, I negozi fiduciari (1910), in Scritti giuri- dici, Milano, 1948; X. XXXXX, Sul trasferimento di merci a sco- po di garanzia, in Ann. Dir. Comp., 1929, III, 832 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXX, I negozi fiduciari, Padova, 1933; X. XXXXXXXX, Xxxxxx indiretti e negozi fiduciari, in Riv. dir. comm., 1933, I, 414 ss.; X. XXXXXXXXX, Del negozio fiduciario e della sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico, in Riv. dir. comm., 1936, I, 945; X. XXXXXXXXX, Fiducia e rappre- sentanza indiretta, in Diritto civile – Metodo, Teoria, Pratica, Saggi, Milano, 1951, 201 ss.; X. XXXXXXXXX, Le disposizioni fiduciarie nell’art. 627 c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, 1077 ss.; X. XXXXXX, Il negozio fiduciario, Milano, 1964; X. XXXXX, voce Negozio fiduciario, in Nov. dig. it., vol. XI, Torino, 1965, 202 ss.; X. XXXXXX, L’accordo fiduciario e il problema della sua rilevanza, in Studi Scaduto, Padova, 1970; V. M. XXXXXXXXX, voce “Negozio fiduciario”, in End. dir., XXVIII, Milano, 1978, 33 ss.; X. XXXXXXXXX, Intestazione fiduciaria, in
X. XXXX (a cura di), Dizionari di diritto privato, I, Diritto civile, Milano, 1980, 455 ss.; ID., voce “Negozio giuridico. III) Nego- zio fiduciario”, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000; X. XXXXXXXXX, Fiducia e fiducie in diritto privato: dai negozi fidu- ciari ai contratti uberrimae fidei, in Riv. dir. civ., 1983, I, 136 ss.; X. XXXXXXXXX, Proprietà fiduciaria e proprietà del manda- tario, in Quadr., 1990, I, 1 ss.; X. XXXXXXX, Fiducia e Trust: due esperienze a confronto, ivi, 1990, 239 ss.; X. XXXXXXX, So- cietà fiduciarie e negozio fiduciario, Milano, 1978; ID., La fi- ducia, in Manuale di dir. priv. eur., II, Proprietà. Obbligazioni. Contratti, Milano, 2007, 607 ss.; ID., La fiducia: tipi, problemi (e una proposta di soluzione), in X. XXXXXXX (a cura di), La fiducia e i rapporti fiduciari. Tra diritto privato e regole del mercato finanziario, in Atti del Convegno di Bergamo 22-23 aprile 2012, Milano, 2012, 31 ss.; X. XXXXXX, Rappresentanza e fiducia, in X. XXXXXX – X. XXXXXXXXX (a cura di), Mandato, fiducia e Trust, Milano, 2003, 158 ss.; X. XXXXX, Trusts, Mila- no, 2001; ID., Il contratto di affidamento fiduciario, in Riv. not., 2012, 513 ss.; X. XXXXXXX, Il negozio fiduciario, Torino, 2002; X. XXXXXXXXXXXX, Negozi di destinazione, trust e negozio fiduciario, in X. XXXXXX – X. XXXXXXX (a cura di), Gli stru- menti di articolazione del patrimonio. Profili di competitività del sistema, Milano, 2010, 3 ss.; M. BIANCA, La fiducia attribu- tiva, Torino, 2012; X. XXXXX, Il contratto fiduciario, in I con- tratti di destinazione patrimoniale, a cura di X. XXXXX e X. XXXXXX, Torino, 2014, 35 ss.; X. XXXXXXX, Intestazione fiducia- ria e circolazione della partecipazione, in Oss. dir. civ. com., 2016, 63 ss.
172 Il rilievo è di X. XXXXXXX, Destinazione patrimoniale e testa- mento, in NGCC, 4/2019, 832 ss.
medesimo174. Nello specifico, suole distinguersi un modello di fiducia c.d. xxxxxxx, in cui il bene viene acquistato direttamente in capo al fiduciario, per mezzo della intestazione del bene sotto nome xxxxxx, da un modello di fiducia c.d. dinamica, in cui il bene da vincolarsi è di proprietà del fiduciante, che lo trasferisce al fiduciario per i fini a lui impartiti. Quest’ultima fattispecie, peraltro, richiama lo schema della fiducia ‘romanistica’, in cui convivono patti ad effetti reali (l’eventuale trasferimento del bene al fiduciario, il suo ritrasferimento al fiduciante o ad un terzo da costui indicato175) e patti obbligatori, che impegnano il fiduciario ad usare le sue facoltà in modo conforme alle istruzioni impartite dal fiduciante176.
173 Cfr. X. XXXXXXX, Atti di destinazione e negozio fiduciario comparati con l’affidamento fiduciario, in AA. VV., Contratti di convivenza e contratti di affidamento fiduciario quali espres- sioni di un diritto civile postmoderno, in Atti dei Convegni di Bologna, 26 novembre 2016 e Roma, 3 marzo 2017, Milano, 2017, 136, il quale ritiene il negozio fiduciario «una creazione della prassi, un concetto della dottrina e della giurisprudenza». 174 Cfr. X. XXXXX, Negozi post mortem ed effetti di destinazio- ne, cit., 57.
175 Risale al diritto romano, peraltro, la distinzione tra fiducia
cum amico e fiducia cum creditore: nella prima, avente scopo gestorio, il trasferimento dei beni al fiduciario è diretto a con- sentire a quest’ultimo di disporne in vista del soddisfacimento degli interessi espressi dal fiduciante, per finalità di vario tipo; nella seconda, invece, lo scopo è di garanzia, atteso che il fidu- ciante trasferisce la proprietà dei beni al suo creditore in garan- zia dell’esatto adempimento del proprio debito, con l’intesa che la proprietà di tali beni ritorni in capo al fiduciante una volta soddisfatto il credito. Cfr. X. XX XXXX, L’(in)adempiere del fi- duciario nel negozio fiduciario, in Le Società, 12/2008, 1479, spec. nt. 5.
176 Tale modello di fiducia è stato, inoltre, ricostruito dalla dot- trina sia in forma monistica, cioè come schema negoziale unita- rio, avente un’autonoma causa fiduciae, sia in forma pluralisti- ca, vale a dire come pluralità di negozi, reali ed obbligatori, fra loro funzionalmente collegati, in cui la causa tipica degli atti compiuti è indirizzata allo scopo fiduciario perseguito. Per la forma monistica si rinvia a X. XXXXXXXXX, Del negozio fiducia- rio e della sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico, cit., 945; X. XX XXXXXXX, Il concetto del negozio giuridico e la vendita a scopo di garanzia, in Giur. it., 1946, I, 2, 236; X. XXXXXXXXX, Intestazione fiduciaria, cit., 455 ss.; mentre per la forma pluralistica v., per tutti, X. XXXXXX, Il negozio fiduciario, cit., 279 ss.; X. XXXXXXX, “Pactum fiduciae” ed interposizione
Diversamente, lo schema della fiducia ‘germanistica’ prevede una scissione tra titolarità formale del diritto e legittimazione al relativo esercizio, in virtù di un negozio di autorizzazione che appunto legittima il fiduciario a intestarsi e
rende inapplicabili al pactum fiduciae le disposizioni in tema di mandato. Per converso, in altre pronunce, i due negozi vengono chiaramente sovrapposti, ritenendo il mandato senza rappresentanza come la figura negoziale meglio
disporre di beni del fiduciante177. idonea ad assorbire gli intenti propri del negozio
Si è affermato che tutte le ipotesi di fiducia sarebbero accomunate dall’esistenza di un patto inteso a «trasformare in funzione l’altrui titolarità del diritto»178, per consentire al fiduciario di impiegare a vantaggio di un altro soggetto (un terzo o lo stesso fiduciante) determinati beni, siano essi ricevuti dal fiduciante o altrimenti reperiti, al quale devono poi pervenire179. Da qui, il problema che accompagna da sempre il patto fiduciario, cioè l’estraneità agli schemi legali usuali di un diritto funzionalizzato180. Non sorprende, quindi, che il rapporto fiduciario sia stato variamente articolato, nella prassi, agganciando lo scopo fiduciario
fiduciario, con conseguente applicazione al negozio fiduciario delle norme del codice civile che disciplinano il mandato senza rappresentanza184.
Con riguardo alla forma che l’impegno fiduciario (cioè di trasferimento finale del bene al fiduciante o, eventualmente, al terzo da questi indicato) deve assumere, le Sezioni Unite, con la sentenza 6 marzo 2020, n. 6459185, hanno composto il contrasto giurisprudenziale emerso, negli ultimi anni, con riguardo al pactum fiduciae immobiliare, affermando che non è richiesta la forma scritta ad substantiam ai fini della validità e vincolatività del
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perseguito al contratto di mandato (c.d. xxxxxxxxxx),
ovvero al trust181.
Xxxxxx, in materia di rapporti tra fiducia e mandato emerge una certa incoerenza tra le varie decisioni giurisprudenziali182, giacché in alcune sentenze la fiducia viene espressamente distinta dal mandato, adottando quale criterio ‘distintivo’ la durata dell’operazione perseguita con il negozio fiduciario rispetto al mandato che, invece, si esaurisce in uno o più atti determinati183; il che
reale, in Corr. giur., 7/1993, 855 ss. con ivi riferimenti di dot- trina, anche in chiave comparatistica, e di giurisprudenza.
177 Cfr., al riguardo, X. XXXXXXXXXX, Il negozio fiduciario tra tradizione romanistica e germanistica, in Obb. e Contr., 4/2007, 349 ss.
178 X. XXXXXXX, La fiducia, cit., 607.
179 Per questi rilievi v. C. A. VALENZA, Forma del patto fidu- ciario avente ad oggetto beni immobili, in Giur. it., 2020, 288. 180 X. XXXXXXX, La fiducia, cit., 607.
181 Su cui v. X. XXXXX, La fiducia e il trust, in X. XXXXXXX – X. XXXXXXX (a cura di), Lezioni di diritto civile (casi, questioni e tecniche argomentative), Milano, 2013, 11, 479 ss.; X. XXXXXXX, Xxxxxxx e negozio fiduciario: dalla “riservatezza” alla “trasparenza”, in I. XXXXXXXXX (a cura di), I trusts in Italia oggi, Milano, 1996, VIII, 81 ss.; ID., Tipicità e numerus clausus dei diritti reali, in X. XXXXXXX – X. XXXXXXX (a cura di), Trattato dei Diritti Reali, I, (Proprietà e possesso), Milano, 2008, 67 ss., 125 ss.
182 Per una puntuale ricostruzione del problema si rinvia a X. XXXXX, Conflitto di interessi genitori-figli, trust e “mandato fi- duciario” tra omissioni di giudizio ed errori di diritto, in I Contratti, 3/2017, 290, spec. nt. 53.
183 Cfr., ex multis, Cass. civ., 3.5.1993, n. 5113, in Mass. giust. civ., 1993, 799, che richiama altri precedenti; più di recente, x. Xxxx. civ., 10.5.2010, n. 11314, in Mass. giust. civ., 2010, 713. Contra, in dottrina, X. XXXXXXX, Fiducia e trust: due esperien- ze a confronto, in AA. VV., Fiducia, trust, mandato ed agency, Milano, 1991, 31, il quale ha rilevato laconicamente che «il cri- terio distintivo (si ha fiducia nelle operazioni destinate a durare nel tempo, che si concretizzano in più operazioni complesse; si ha mandato quando si tratti di uno o più atti determinati) appare piuttosto evanescente».
184 In tal senso v., ex plurimis, Cass. civ., 20.5.1976, n. 1798, in Rep. Foro it., 1976, voce “Contratto in genere”, nt. 78; Cass. civ., 30.1.1985, n. 560, in Dir. e giur., 1987, 268 ss.; Cass. civ.,
29.5.1993, n. 6024, in Corr. giur., 1993, 855 ss.
185 Cfr. Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459, in Foro it., (2020), I, 1941 ss. Cfr., al riguardo, X. XXXXXX, Forma e strut- tura dei negozi fiduciari immobiliari: la soluzione delle Sezioni Unite e le suggestioni dell’esperienza notarile, in La nuova giur. civ. comm., 2020, 851 ss.; X. XXXXX, Struttura e forma del pactum fiduciae nella ricostruzione delle Sezioni Unite, in Le nuove leggi civili commentate, 2020, 1107 ss.; X. XXXXXXX, Un dialogo con la giurisprudenza sulla forma del “mandato fidu- ciario” immobiliare. (Patto fiduciario immobiliare), in Corr. Giur., 2020, 589 ss.; X. XXXXXXXXX, Le Sezioni Unite sulla forma del pactum fiduciae con oggetto immobiliare. (Patto fi- duciario), in I Contratti, 2020, 257 ss.; X. XXXXXXX, La rico- gnizione degli accordi fiduciari. (Patto fiduciario), in Notaria- to, 2020, 282 ss. Il più “incondizionato apprezzamento” alla sentenza esprime X. XXXXXX, Oltre la fiducia. Per una teoria della prassi, in Foro it., 2020, I, 1951 ss., il quale – assumendo la decisione delle sezioni unite «quasi a paradigma della stagio- ne di passaggio che stiamo vivendo, perché deve fare i conti con una giurisprudenza spalmata lungo la traiettoria di molti lustri e deve quindi misurarsi con modelli concettuali radical- mente diversi» – in essa coglie «quasi la linea di uno spartiac- que tra il modo tradizionale di impostare il ragionamento giuri- dico, che ancora guarda alla regolarità di paradigmi formali, e la prospettiva del postmoderno, che si rivolge invece al modo di svolgimento di una prassi storicamente definita e cerca di in- tenderla nella maniera più idonea a conseguire un risultato di giustizia»; M. PALAZZO, Le forme del negozio fiduciario avente ad oggetto beni immobili, in Giur. it., 2020, 2625 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, La forma del pactum fiduciae in un negozio fi- duciario avente ad oggetto diritti reali su beni immobili: basta la parola? Nota a Cass. civ., Sezioni unite, 6 marzo 2020, n. 6459, in Riv. not., 5/2020, 930. La pronuncia delle Sezioni Uni- te prende le mosse dai quesiti formulati dalla seconda sezione civile con l’ordinanza del 5 agosto 2019, n. 20934: su cui v., tra i tanti, i commenti di X. XXXXXXXXX, Xxxxx forma del pactum fiduciae con oggetto immobiliare, in I Contratti, 2020, 1, 57 ss.;
X. XXXXXXX, La forma del patto fiduciario immobiliare, in Corr. giur., 2019, 12, 1475 ss.; C. A. XXXXXXX, Xxxxxxx fiduciario – forma del patto fiduciario avente ad oggetto beni immobili, in Giur. it., 2020, 2, 283 ss.
negozio186. Più nel dettaglio, le Sezioni Unite hanno curato di precisare che la dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce
Visti i tratti essenziali della «fiducia» e considerati i principali rischi connessi all’inadempimento del fiduciario, occorre precisare che siffatto schema rileva in ambito successorio sia perché l’intestazione fiduciaria, compiuta in vita dal
autonoma fonte di obbligazione, ma, de cuius a favore di un soggetto, potrebbe costituire
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rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario; realizzando, ai sensi dell’art. 1888 c.c., un’astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria. Ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio187, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario188.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
186 Le Sezioni Unite in commento superano l’idea che l’accordo fiduciario debba necessariamente avere forma scritta e che la dichiarazione unilaterale con la quale il fiduciario si obblighi a eseguire il trasferimento non possa essere vincolante. In questo senso già Cass. civ., 15.5.2014, n. 10633, in Foro it., 2860 e in I Contratti, 2015, 12, con nota di X. XXXXXXX, Impegno unila- terale del fiduciario al trasferimento del bene ed esecuzione in forma specifica, nella cui massima si statuisce che “la dichia- razione unilaterale scritta, con cui un soggetto, in attuazione di un precedente accordo fiduciario stipulato oralmente, si impe- gna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili, costituisce autonoma fonte di obbligazione se contiene un im- pegno attuale e preciso al ritrasferimento, il quale è suscettibile di esecuzione in forma specifica, purché l’atto unilaterale indi- vidui con esattezza gli immobili, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali”. Sul caso si rinvia a X. XXXXXXXXX, L’impegno unilaterale al trasferimento dei beni quale disposi- zioni idoneo (ed eseguibile in forma specifica) ai fini attuativi del “pactum fiduciae”, in Dir. civ. cont., 29 marzo 2015. Dello stesso A. v., pure, La formazione unilaterale del rapporto ob- bligatorio, Torino, 2014, passim. Va da sé, comunque, che il negozio fiduciario redatto senza forma scritta (pubblica) non sia opponibile ai terzi e ai creditori, ma vale soltanto nei rapporti tra le parti; con ciò non offrendo un sistema di garanzie verso l’esterno.
187 La prova dell’interposizione reale del fiduciario può essere data con ogni mezzo, e quindi anche con testimoni, se il nego- zio fiduciario ha ad oggetto beni mobili o quote azionarie (cfr., con riguardo alle quote di partecipazione in società a responsa- bilità illimitata, Cass. civ., 11.3.2003, n. 3556); mentre se con- cerne beni immobili, si richiede la prova scritta. Cfr. X. XX XXXX, L’(in)adempiere del fiduciario nel negozio fiduciario, cit., 1480-1481.
188 Viene, dunque, esteso il rimedio esecutivo in forma specifi- ca di cui all’art. 2932 c.c. anche al negozio fiduciario, in linea con quanto già statuito da Xxxx. 15 maggio 2014, n. 10633, cit., secondo cui “il rimedio di cui all’articolo 2932 del codice civi- le è ammissibile non solo nella ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma in qualsiasi altra fattispe- cie dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, in relazione ad un negozio unilaterale ovvero ad un atto o fatto dai quali tale obbligo possa sorgere ex lege”. Cfr, ex multis, anche Xxxx. 30
a tutti gli effetti un patto successorio, con ciò ponendosi in violazione del divieto di cui all’art. 458 c.c.189, sia perché tale negozio – fuori di questa ipotesi – appare, invece, perfettamente idoneo a creare un effetto di destinazione post mortem190, allorquando il fiduciante, di là delle singole variabili attraverso cui il pactum fiduciae può articolarsi191, preveda che il vincolo di destinazione debba essere costituito dopo la morte del disponente192.
6. Patto di famiglia e trust.
Il legislatore interno, sollecitato dall’Unione eu- ropea193, ha introdotto con la legge 14 febbraio 2006, n. 55, nel libro II, Titolo IV del codice civile,
marzo 2012, n. 5160; Cass., 27 novembre 2012, n. 20977; Cass.
8 agosto 1987, n. 6792; Cass., 17 luglio 1980, n. 4649.
189 Sul punto, si rinvia a X. XXXXX, Conflitto di interessi genito- ri-figli, trust e “mandato fiduciario” tra omissioni di giudizio ed errori di diritto, in I Contratti, 3/2017, 277 ss., spec. 289 ss. Può osservarsi, in via generale, che la validità del negozio fidu- ciario sia da escludere quando il trasferimento del bene dal di- sponente al fiduciario sia, sostanzialmente, differito al tempo della morte del disponente, oppure quando questi si riservi di nominare, fino all’ultimo istante della sua vita, il beneficiario del vincolo e il beneficiario finale dell’attribuzione. Cfr., al ri- guardo, X. XXXXX, Negozi post mortem ed effetti di destinazio- ne, cit., 57.
190 Cfr. X. XXXXX, Conflitto di interessi genitori-figli, cit., 289.
191 Di cui si avvertono i rischi non soltanto nel possibile ina- dempimento del fiduciario agli obblighi assunti, magari a segui- to di una vendita a terzi, ma anche nell’eventuale aggressione del bene, da parte dei creditori del fiduciario, prima che possa essere destinato. Cfr., in argomento, X. XX XXXX, L’(in)adempiere del fiduciario nel negozio fiduciario, cit., 1476 ss., il quale chiosa, con particolare riferimento a questi aspetti, Cass. civ., sez. I, 25.6.2008, n. 17334.
192 Cfr. X. XXXXX, Negozi post mortem ed effetti di destinazio-
ne, cit., 57. Nell’eventualità, vale la pena di osservare come l’inadempimento da parte del fiduciario non possa verificarsi prima della morte del disponente-fiduciante; di conseguenza, l’azione per l’adempimento o la risoluzione del contratto fidu- xxxxxx sarà esperita da altri (ad esempio, gli eredi o un esecutore testamentario), i quali faranno emergere così l’esistenza dello stesso.
193 Il riferimento è alla comunicazione della Commissione eu-
ropea del 7 dicembre 1994 sulla successione nelle piccole e medie imprese e alla comunicazione della Commissione 98/C 93/02 che ha individuato nei patti d’impresa e negli accordi di famiglia uno dei modi per assicurare la continuità nell’attività di gestione aziendale e per mantenere «talune regole gestionali da una generazione all’altra, attenuando le conseguenze della proibizione dei patti sulla successione futura»; poiché tale di- vieto «complica una sana gestione patrimoniale» (art. 4, lett. d, Comunicazione).
il nuovo Capo V-bis (Del patto di famiglia), com- posto dagli artt. 768-bis a 768-octies, modificando, per l’effetto, l’art. 458 c.c., attraverso l’inserimento nello stesso dell’inciso “fatto salvo quanto disposto dall’art. 000-xxx x xxxxxxxx”000. Con tale istituto195 il
legislatore nazionale ha cercato di dare una risposta a una diffusa esigenza avvertita dagli imprenditori, ossia quella di assicurare la continuità generazionale dell’impresa196, pianificando la successione in modo da scongiurare l’insorgere di conflitti in famiglia197
che potrebbero costituire una delle cause di chiusura
194 Considera l’inciso introdotto nell’art. 458 c.c. «un espresso passo legislativo verso una definizione più circoscritta dell’ambito del divieto dei patti successori» X. XXXXXXXX, Le donazioni «mortis causa», in Riv. not., 2006, 1469.
195 Secondo quanto previsto dall’art. 768 bis c.c., il patto di fa- miglia è «il contratto con cui, compatibilmente con le disposi- zioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle diffe- renti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie tra- sferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più di- scendenti». La disposizione individua, quale possibile oggetto del patto di famiglia, l’azienda, ovvero, nel caso in cui l’impresa sia esercitata in forma societaria, le quote di parteci- pazione in una società detenute dal de cuius. In realtà, nono- stante non sia espressamente menzionato dalla norma in esame, occorre che si tratti di beni produttivi, ossia che effettivamente attribuiscano al loro titolare la veste di imprenditore, restando escluse dal patto di famiglia le partecipazioni che hanno una mera rilevanza finanziaria, quali sono i titoli acquistati con fina- lità di risparmio o di investimento, oppure i pacchetti di quote o di azioni societarie che siano di entità percentuale tanto ridotta da non consentire l’esercizio del potere di concorso e influenza nella gestione dell’impresa collettiva. In argomento si rinvia al volume di X. XXXXXXXX – X. XXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXXXXX,
Il patto di famiglia. Negoziabilità del diritto successorio con la legge 14 febbraio 2006, n. 55, Torino, 2006; nonché al volume di X. XX XXXXX – X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXXX, Art. 768-bis
c.c. (Nozione), Il patto di famiglia. Commentario alla legge 14 febbraio 2006, n. 55, Milano, 2006; cfr., inoltre, X. XXXXXX, Patto di famiglia e governance dell'impresa trasferita, in Patti di famiglia per l'impresa, a cura della Fondazione italiana per il Notariato, 2006, 24 ss.; ID., Un patto di famiglia per la succes- sione d’impresa, in Diritto e pratica delle società, 2006, 6 ss.;
X. XXXXXXXXX, «Appunti per uno studio sul Patto di famiglia»: profili strutturali e funzionali della fattispecie, in Not., 3/2006, 315 ss.; X. XXXXXXXXX – X. XXXX, Il patto di famiglia e gli altri strumenti di successione dell’impresa, Torino, 2007, 40; X. XXXXXXXX, sub art. 000- xxx x.x., xx X. XXXXX XXXXXXX (x cura di), Il patto di famiglia, in Nuove leggi civ., 2007, 30; X. XXXXXXX, Attribuzione ai legittimari non assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni sociali. Il patto di famiglia: un delicato equilibro fra “ragioni” dell’impresa e ragioni dei “legittimari”, in AA. VV., Xxxxx di famiglia per l’impresa, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2006, 224; X. XXXXXX, Sulla qualità di imprenditore del disponente nel patto di famiglia, in Contr. e impr., 2008, 560; S. DELLE MONACHE, Spunti ricostruttivi e qualche spigolatura in tema di patto di famiglia, in Riv. not., 2006, 903; ID., Il patto di fami- glia, in S. DELLE MONACHE (a cura di), Il patto di famiglia, cit., 23, nt. 9; G. DE NOVA – F. XXXXXXX, sub art. 768-bis, in X. XXXXXXX – F. DELFINI (a cura di), Delle successioni, Art. 713- 768-octies, in X. XXXXXXXXX (diretto da), Commentario del codi- ce civile, Torino, 2010, 378; X. XXXXXXX, Il patto di famiglia. Aspetti civilistici e fiscali, Milano, 2012, 84; X. XXXXXXX, Ap- punti e spunti in tema di patto di famiglia, in Giust. civ., 2006, II, 221; Xxxxx, Il patto di famiglia: profili dogmatici. Loro ri- flessi redazionali, in Riv. not., 2007, 1271, nt. 6; X. XXXX, Il patto di famiglia, in X. XXXXXXXX (diretto da), X. XXXX (coordi- nato da), Trattato breve delle successioni, II, Divisione eredita- ria, donazioni, profili di diritto tributario, internazionale priva- to e comparato, Padova, 2010, 330; X. XXXXXXXX, Patto di fa-
o fallimento dell’impresa stessa. Sotto questo profi- lo, il patto di famiglia tende a evitare lo smembra- mento del complesso produttivo, coinvolgendo nell’operazione distributiva i discendenti legittimari dell’imprenditore, attraverso un meccanismo nego- ziale di riallocazione consensuale del controllo sui beni d’impresa198. Con ciò conseguendo, quindi, l’effetto di segregare i beni oggetto del patto dalle pretese dei successibili, venendo quegli stessi beni a costituire una massa autonoma rispetto all’intero asse ereditario199.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
Nonostante la “nuova” disciplina consenta sia all’imprenditore sia al titolare di partecipazioni so- cietarie200 di stipulare il patto di famiglia201, è con
miglia, solidarietà familiare e family business, in Rass. dir. civ., 2007, 456; X. XXXXXXXX, La nuova disciplina del “patto di famiglia”, in Riv. not., 2006, 2, 417; X. XXXXXXX, Profili siste- matici della“successione anticipata”(note sul patto di fami- glia), in Riv. dir. civ., 2007, II, 291. X. XXXXXXX, Il patto di fa- miglia. Aspetti civilistici e fiscali, Milano, 2012; X. XXXXXX, Il patto di famiglia. Uno studio di diritto interno e comparato, Torino, 2012.
196 I. XXXX, Il patto di famiglia al servizio del trasferimento in- tergenerazionale dell’impresa, in Riv. dir. civ., 6/2021, 1077 ss. 197 Cfr. X. XXXXXX, Il patto di famiglia, Padova, 2006, 7 ss.; X. XXXXX – X. XXXXXXX, Il patto di famiglia: profili civilistici e fiscali, Milano, 2007, 7 ss.; X. XXXXXX, Profili funzionali del patto di famiglia, in Riv. dir. civ., 3/2007, 2, 345 ss.; S. DELLE MONACHE, Divisione e patto di famiglia, in Riv. dir. civ., 6/2012, 767 ss.
198 È proprio la disattivazione dei normali meccanismi di suc-
cessione che costituisce l’aspetto centrale del patto di famiglia. Cfr., al riguardo, X. XXXXXXX, Profili sistematici della successio- ne anticipata (note sul patto di famiglia), in M. V. DE GIORGI –
S. DELLE MONACHE – X. XX XXXXXXXXXX (a cura di), Studi in onore di Xxxxxxx Xxxx, II, Padova, 2010, 2547; X. XXXX, I fe- nomeni a rilevanza successoria, cit., 374 ss.; X. XXXXXX, Divie- to dei patti successori e attualità degli interessi tutelati, in AA. VV., Xxxxx di famiglia per l’impresa, Milano, 2006, 73, che in- dividua nella sottrazione dell’azione di riduzione e della colla- zione «il centro di gravitazione del patto di famiglia». Interes- santi spunti si ricavano in Cass. civ. Sez. V, 24 dicembre 2020,
n. 29506, con commento di F. MONCALVO, Patto di famiglia, unità e “anticipazione successoria”, in Famiglia e dir., 8- 9/2021, 809 ss.
199 Non può, infatti, non osservarsi come il problema della con- tinuità gestionale sia questione soprattutto avvertita nell’ambito delle imprese individuali e, in particolare, in quelle familiari, che a dire il vero costituiscono la presenza maggiore nel tessuto produttivo italiano. Cfr., sul punto, X. XXXXXXXX, Diritto suc- cessorio, beni d’impresa e passaggio generazionale, in NGCC, 6/2016, 929.
200 In realtà, in tale contesto, l’autonomia privata è stata in gra- do di elaborare numerose clausole contrattuali come quelle di consolidazione o di continuazione (per le società di persone), ovvero quelle di gradimento, prelazione e di opzione (per le società di capitali), che se ben congegnate sono in grado di as-
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riguardo soprattutto al primo che il nuovo istituto sembra possa realizzare una qualche concreta utili- tà202. Del resto, già all’indomani dell’emanazione della novella, la previsione normativa in esame è stata al centro del dibatto dottrinale, circa la natura
alla propria successione207, alternativo al testamen- to208.
Attraverso questo istituto è stata data all’imprenditore la possibilità di gestire personal- mente il passaggio generazionale, dal momento che
giuridica da riconoscere al patto di famiglia203; al egli non solo può scegliere la persona o le persone
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punto che una parte della dottrina204, facendo leva sulle novità ed i caratteri del contratto di recente in- troduzione, quale fattispecie negoziale in preceden- za sconosciuta, ha riconosciuto in esso un nuovo ti-
che – fra i propri eredi legittimari – meglio mostra- no di saper proseguire l’attività, ma può farlo nel momento che gli pare più opportuno209. Tale van-
po legale205 di negozio inter vivos206 – in quanto
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l’azienda è immediatamente trasferita ad uno o più discendenti – con cui si dispone di beni appartenenti
sicurare l’integrità aziendale e la continuità gestionale. In ambi- to societario, quindi, tanto le clausole statutarie quanto i patti parasociali erano già di per sé idonei a garantire un’allocazione consensuale del controllo.
201 Tant’è che l’art. 768-bis c.c., rubricato “Nozione”, qualifica espressamente il patto di famiglia come «il contratto con cui […] l’imprenditore trasferisce in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in par- te, le proprie quote ad uno o più discendenti».
202 M. C. ANDRINI, Il patto di famiglia: tipo contrattuale e for- ma negoziale, in Vita not., 2006, 39 ss.
203 Particolarmente interessanti appaiono i rapporti dell’istituto in parola con l’impresa familiare, atteso che l’art. 768-bis c.c. prevede che la stipula del patto di famiglia sia possibile «com- patibilmente con le disposizioni in materia di impresa familia- re». Una parte della dottrina, in proposito, osserva che la com- patibilità con le disposizioni in materia di impresa familiare è da assicurare solo con i commi 1 e 4 dell’art. 230-bis c.c.; co- sicché, il patto di famiglia non potrebbe in nessun caso vanifi- care il diritto dei familiari occupati nell’impresa, in ipotesi di trasferimento dell’attività, a partecipare agli utili dell’impresa ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda. In tal senso v. X. XXXXXXX, Patto di famiglia e compatibilità con l’impresa familiare, in Giur. civ. comm., 2/2009, 104 ss. Per converso, altra parte della dottrina ritiene che l’inciso di cui all’art. 768-bis c.c. intenda assicurare un’effettiva compatibilità tra il patto di famiglia e la disposizio- ne di cui al comma 5 dell’art. 230-bis c.c., riconoscendo ai par- tecipi all’impresa familiare il diritto di prelazione in ipotesi di trasferimento della stessa. Cfr. X. XXXXXXXX, Prime osservazio- ne sul patto di famiglia, in Nuova giur. comm., 2006, 373 ss.
204 X. XXXXXXXX, Il patto di famiglia tra diritto commerciale e diritto successorio, in Contr. e impr., 4-5/2006, 1209.
205 Si tratta, invero, di un contratto nominato e tipico nel senso
che il legislatore ha disciplinato un contratto speciale di cessio- ne dell’azienda o della governance della stessa.
206 Tra coloro che riconoscono natura inter vivos al patto di fa- miglia v. S. DELLE MONACHE, Sub art. 1, in X. XXXXXXXX – S.
DELLE MONACHE (a cura di), Il patto di famiglia. Commentario sub art. 768 bis, in Nuove leggi civ. comm., 2007, 10 ss.; X. XXXXXXXX, Patto di famiglia e diritto delle successioni mortis causa, in Fam. pers. succ., 2007, 390 ss.; A. PALAZZO, Il patto di famiglia tra tradizione e rinnovamento del diritto privato, in Riv. dir. civ., 2007, 261 ss.; X. XXXXXXXX, Il patto di famiglia: negoziabilità del diritto successorio con la l. 14 febbraio 2006
n. 55, Torino, 2006; X. XXXXXXXXX, La causa del patto di fami- glia, in Contr. impr., 2006, 745 ss.; E. DEL PRATO, Sistemazioni contrattuali in funzione successoria: prospettive di riforma, in Riv. not., 2001, 145 ss.
207 A ben vedere, attraverso il patto di famiglia si vuole trasferi- re, in primo luogo, l’orientamento strategico di fondo, per pre- servarlo da eventuali cambiamenti drastici e poco convenienti per l’impresa; in secondo luogo, si intende preservare l’unità economica del patrimonio aziendale e assicurarsi una continuità nel tempo. Da questo deriva che il patto di famiglia, stante l’importanza della pianificazione del momento successorio, co- stituisce un importante strumento che contribuisce al corretto svolgimento del processo di transizione, grazie al chiaro conte- nuto di regole da seguire per scegliere la persona più adatta, per competenze e attitudine, a subentrare in azienda per ricoprire il ruolo imprenditoriale. In argomento v. X. XXXXX, I patti di fami- glia. Analisi dei contratti per il trasferimento dell’azienda e per il trasferimento di partecipazioni societarie, Padova, 2006, 18 ss.; X. XXXXXX, Patto di famiglia e governance dell’impresa trasferita, in Patti di famiglia per l'impresa, in Fondazione ita- liana per il Notariato, ed. Il Sole 24 ore, 2006, passim.
208 Esso, inoltre, è un contratto che richiede la forma solenne (presenza di due testimoni), con una pluralità di attribuzioni, costituendo il terreno di scambio di diverse prestazioni, volte a disciplinare gli equilibri economici e giuridici promossi dal di- sponente con l’assegnazione. La rilevanza socio-economica dell’attività di impresa e l’esigenza dell’imprenditore che in- tende garantire alla propria azienda o alle proprie partecipazioni sociali una successione non aleatoria in favore di uno o più dei suoi eredi vanno coordinate con gli interessi dei legittimari a ricevere beni il cui valore va calcolato al momento dell’apertura della successione, alla natura reale riconosciuta all’azione di riduzione e alla collazione e al diritto di ricevere la quota in natura. Per questi rilievi v. X. XXXXXXXX, Autonomia privata e limiti inderogabili nel diritto familiare e successorio, in Fami- lia, 2004, 8 ss.; U. LA PORTA, Il patto di famiglia. Struttura e profili causali del nuovo istituto tra trasmissione dei beni di impresa e determinazione anticipata della successione, Torino, 2007, 27 ss.; X. XXXXXX, Il patto di famiglia, cit., 45 ss.
209 Il momento di stesura del patto di famiglia diventa, quindi, un momento di riflessione sul rapporto famiglia-impresa, con- sentendo di dotarsi di regole che prendano in considerazione le esigenze di ambedue le ‘istituzioni’. Peraltro, al fine di adattarsi ai continui cambiamenti a cui è sottoposta l’impresa, dovuti sia all’ambiente esterno che alle esigenze interne all’organizzazione, i patti di famiglia non devono possedere un’entità statica ed immutabile, ma bisognerà rivisitarli periodi- camente per andare in contro alle nuove prospettive che si pre- sentano. In linea di massima, i principali aspetti di carattere pu- ramente tecnico che si riscontrano all’interno di un patto di fa- miglia riguardano: i) i principi e i valori di riferimento; ii) le regole per entrare nell’impresa familiare; iii) le regole per per- manervi; iv) le regole per il trasferimento dei titoli societari; v) le possibilità di uscita e di rientro nella compagine dell’impresa familiare; vi) le norme sui parenti acquisiti e sui discendenti;
vii) le norme sui genitori. Va da sé che per la determinazione dei relativi criteri ci si potrà avvalere di un consulente profes- sionista esterno al nucleo familiare. Per ulteriori contenuti che potrebbe avere il patto di famiglia si rinvia a X. XXXXXXXX, Di-
taggio non riguarda, per la verità, in modo esclusivo l’interesse dell’imprenditore e della sua famiglia,
È particolarmente controverso, invece, l’utilizzo del trust in funzione successoria212, sebbene, soprat-
ma anche – e forse soprattutto – gli interessi supe-
rindividuali alla conservazione di efficienza delle unità produttive210, se solo si considera la scelta del legislatore di introdurre un contratto a struttura rigi- da avente ad oggetto beni produttivi e che necessita, per il perfezionamento, della partecipazione di tutti i legittimari211.
ritto successorio, beni d’impresa e passaggio generazionale, cit., 930.
210 Cfr. X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxx di famiglia per l'impresa e trust,
in Trust, (a cura di) X. XXXXXX – X. XXXXXXX – I. VALAS, To-
rino, 2010, 267 ss.
211 Tra coloro che ritengono che la partecipazione di tutti i po- tenziali legittimari sia necessaria ai fini della validità del patto
v. X. XXXX, La disciplina del patto di famiglia e l’evoluzione degli strumenti di trasmissione dei beni produttivi (ovvero del tentativo di rimediare a ipotesi di malfunzionamento dei mec- canismi di riduzione e collazione), in Riv. not., 4/2009, 1085 ss.; X. XXXXXXX, Xxxxxxx e spunti in tema di patto di famiglia, in Giust. civ., 2006, II, 233 ss.; X. XXXXXXX, Il patto di fami- glia, cit., 9 ss.; X. XXXXXXXX, ult. op. cit., 235 ss.; ID., Il patto di famiglia a un anno dalla sua introduzione, in Riv. trim., 2007, 750 ss.; X. XXXXXXX, Ipotesi sul patto di famiglia, in Riv. dir. civ., 2006, 447 ss. Diversamente X. XXXXXXXXXXX, Il patto di fa- miglia, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e va- lutazione comparativa degli interessi, in Liberalità non donati- ve e attività notarile, in Quaderni Fondazione Italiana del No- tariato, 2008, 166, ritiene che il patto di famiglia sarebbe valido ed efficace anche in assenza della partecipazione dei legittimari non assegnatari, perché: a) il prodursi degli effetti essenziali del contratto non determina alcuna lesione dei diritti loro spettanti;
b) non vi è alcuna norma che sancisca la nullità del patto bilate- rale; c) la sanzione della nullità sarebbe incongrua e inadeguata in quanto in contrasto con la ratio della norma, che detta un favor per la stabilità e la continuità dell’impresa, e con il prin- cipio di conservazione degli effetti; d) non spiegherebbe la pre- visione di cui all’art. 768-septies c.c. che, riconoscendo ai legit- timari il diritto di recesso, implicitamente riconosce la non ne- cessaria partecipazione degli stessi. L’A. conclude, quindi, che l’espressione «devono partecipare» di cui all’art. 768-quater, comma 1, c.c., riferita al coniuge e a tutti coloro che al momen- to della stipulazione del patto sarebbero legittimari, deve essere intesa non come elemento essenziale ai fini della validità e dell’efficacia del negozio, bensì come «condizione o presuppo- sto di vincolatività del patto in punto di esenzione da riduzione o collazione» (Ibidem, 167). Condivide questa impostazione X. XXXXXXX, I contratti post mortem, cit., 781 ss. Sempre in questa prospettiva, altri autori (X. XXXX, Patto di famiglia e «diritti della famiglia», in Riv. dir. civ., 2006, 440; X. XXXXXXXXXX, Xxxxx e terzi nel patto di famiglia, ivi, 2008, 185) hanno rilevato che la mancata partecipazione dei legittimari non assegnatari – che al pari dei legittimari sopravvenuti sarebbero da considerare terzi – inciderebbe sul loro diritto ad ottenere la liquidazione della quota futura; il che determina, con tutta evidenza, un’incertezza in ordine alla stabilità futura del patto di famiglia. Secondo X. XXXXXXX, Il patto di famiglia, in Diritto civile, di- retto da X. XXXXXX e X. XXXXXXXX, II, 1, Le successioni e le do- nazioni, Milano, 2009, 373, il patto concluso senza la parteci- pazione di tutti i soggetti menzionati nell’art. 768-quater c.c. degraderebbe a donazione modale in cui l’adempimento del modus può avvenire anche con successivi contratti o addirittura al momento dell’apertura della successione. Nell’eventualità, il patto dovrà rispettare, ai fini della validità dello stesso, il requi-
sito di forma, previsto dalla legge notarile, consistente nella presenza dei testimoni. Cfr. pure X. XXXXXXX, Patto di fami- glia, Torino, 2009, 84, che ritiene la sufficienza dell’expressio causae a configurare la fattispecie in esame, ancorché vi sia stata la mancata partecipazione, dovuta in particolare a rifiuto, dei soggetti previsti dall’art. 768-quater c.c. È pacifico, comun- que, che i legittimari non partecipanti al patto potranno attivare gli strumenti (classici) posti a loro tutela dal diritto ereditario, che, ove parti del contratto in questione, sarebbero invece neu- tralizzati. Quindi, il legittimario che non abbia partecipato alla sottoscrizione del patto di famiglia, ove leso nei suoi diritti, alla morte del disponente, avrà la facoltà di impugnare l’atto ai sen- si dell’art. 768-sexies c.c., agendo in riduzione, senza che l’azione comunque produca effetti restitutori. In tal senso v. anche U. LA PORTA, Il patto di famiglia, cit., 30; X. XXXXXXXXXXX, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e valutazione comparativa degli interessi, cit., 132. Per la non estensione dell’azione di restituzione alle liberalità indirette si rinvia alle argomentazioni di Cass. civ., 12.5.2010, n. 11496.
212 Cfr. X. XXXXXXX, I trusts in materia successoria, in Vita not., 1996, 671 ss.; X. XXXXX, Il «trust» testamentario, in ID. e
X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Diritto delle successioni; X. XXXX, Altre forme di trasmissione della ricchezza, I, I fenomeni para- successori, in Trattato breve delle successioni e donazioni, di- retto da X. XXXXXXXX, coordinato da X. XXXX, Padova, 2010, 59;
X. XXXXXXX, Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone, Milano, 2011, 66; X. XXXXXXX, Trusts, patti suc- cessori, fedecommesso, in Vita not., 1996, 138 e ss.; X. XXXXXXX, Il problema della compatibilità del trust con i principi succes- sori del nostro ordinamento, in ID. – X. XXXXX, Fondazioni e trust quali strumenti della successione ereditaria, in Trattato breve delle successioni e donazioni, diretto da X. XXXXXXXX, coordinato da X. XXXX, Padova, 2010, 162, che pone un ulterio- re argomento alla compatibilità del trust con il divieto dei patti successori richiamando la previsione in tema di contratto a fa- vore di terzo in base al quale l’acquisto avviene iure proprio e non attraverso l’eredità. Altra dottrina esclude l’inconfigurabilità unicamente in base alla mancanza di bilate- ralità del trust (X. XXXXXXX, Trust, in Dig. disc. priv. – Sez. comm., XIX, Torino, 1999, 468; v., pure, A. C. DI XXXXXX, Trusts e separazione patrimoniale nei rapporti familiari e per- sonali, Napoli, 2010, 231). In tema di trust e diritto successorio
v. soprattutto X. XXXXXXX, Le fonti della vocazione ereditaria. Il divieto dei patti successori e le alternative convenzionali al testamento. Il trust, in Diritto successorio. Xxxxx, Torino, 2004, 28 ss.; e già ID., Trust e vicende successorie, in Eur. dir. priv., 1998, 1104 ss., il quale conclude la sua analisi affermando che i problemi di compatibilità tra trust e diritto successorio siano da rinvenire nel rapporto con la tutela dei legittimari. A questo proposito, al fine di individuare le tutele spettanti al legittimario leso o privato – attraverso un trust – della propria quota di ri- serva si rinvia alle osservazioni di X. XXXXX, Trust, quota di ri- serva e causa in concreto, in Liber amicorum per Xxxxxx Xxx- xxxx, II, Famiglia e successioni, Torino, 2012, 227 ss. In giuri- sprudenza v. la famosa sentenza del Tribunale di Lucca del 1997 (Trib. Lucca, 23.9.1997, in Foro it., 1998, I, c. 2008, con annotazione di X. XXXXXXXX, Il testamento dello zio d’America. Il “trust” testamentario, e xxx, I, c. 3391, con annotazione di X. XXXXX, Aspetti gestori e dominicali, segregazione: “trust” e isti- tuti civilistici - prende atto della ratifica della Convenzione dell’Aja e dell’operatività del trust nel nostro ordinamento), confermata dalla Corte di Appello di Firenze (App. Firenze, 9.8.2001, in Trust e att. fid., 2002, 244 ss.), che per la prima volta riconobbe la validità di un trust costituito in America da un cittadini italiano con il suo testamento, nel quale l’erede ve-
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tutto nel processo di transizione generazionale dell’impresa213, esso consenta, con maggiore duttili- tà214, all’imprenditore di tenere unito il patrimonio aziendale per trasmetterlo agli eredi o ai soggetti designati, attraverso uno schema negoziale215 in ba-
benefici che ne derivano ad uno o più beneficiari216, che in fine avranno la “proprietà sostanziale” del suddetto bene o patrimonio, al termine del trust217.
È importante evidenziare, sotto un profilo strut- turale, come il trustee, nella sua configurazione ori-
se al quale il settlor trasferisce uno o più beni o ad- ginaria, si obblighi direttamente verso il terzo a tra-
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dirittura un patrimonio aziendale ad un altro sogget- to, chiamato trustee, che ne acquista la “proprietà formale”, affinché questi lo gestisca e attribuisca i
sferire i beni che ha ricevuto inter vivos dal settlor: il che vale, indubbiamente, a differenziare tale ne- gozio sia dalle altre convenzioni successorie sia dal negozio fiduciario218, garantendo una maggiore tu- tela dell’interesse del settlor e del destinatorio finale
dell’attribuzione, visto che il trustee si obbliga di-
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xxxx nominato trustee dell’intero patrimonio del de cuius, con il vincolo di gestirlo e attribuire rendite periodiche ad una serie di beneficiari. Interessanti spunti di giurisprudenza e dottrina si rinvengono in X. XXXXXXX, Destinazione patrimoniale e testa- mento, cit., 835, spec. nt. 16.
213 X. XXXXXXXXX, L’utilizzazione del trust al servizio dell’impresa, in Riv. not., 2006, 124 ss.; F. DI CIOMMO, Per una teoria negoziale del trust (ovvero perché non possiamo farne a meno), in Il Corriere Giuridico, 6/1999, 773 ss.
214 Bisogna ammettere che è possibile che numerose siano le variabili, potendosi dare: un trust di scopo o un trust a favore di uno o più beneficiari; questi ultimi possono essere determinati o soltanto determinabili; cause di estinzione anticipata; un diritto di recesso del settlor; la facoltà di attribuire beni diversi da quelli originariamente confluiti nel trust (c.d. living trust); e così via, conformando ogni singolo trust alle esigenze del caso concreto. Il trust può essere caratterizzato, inoltre, da una sepa- rata destinazione del fondo dai flussi da esso generati: pertanto, in tale circostanza, in sede di redazione dell’atto istitutivo, si renderà necessaria l’identificazione, nell’ambito dei beneficiari del trust, di coloro ai quali il disponente abbia riservato esclusi- vamente il godimento dei frutti. In tale prospettiva, il beneficia- rio del trust “familiare” può essere rappresentato dal coniuge dell’imprenditore, al quale il disponente può riservare in tutto o in parte gli utili derivanti dalla gestione dell’azienda di fami- glia, mentre la stessa, che rappresenta il fondo in trust, viene destinata ai figli. In dottrina, tra le finalità dell’istituto, è stato proposto il ricorso al trust quale strumento per la realizzazione delle finalità di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112 (c.d. legge sul “dopo di noi”), che è stata emanata per «favorire il benesse- re, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità». L’ipotesi è di G. AMORE, Trust, vincoli di destina- zione e affidamento fiduciario nella legge del “dopo di noi” (Prima parte), in Studium iuris, 6/2019, 718 ss., e ID., Trust, vincoli di destinazione e affidamento fiduciario nella legge del “dopo di noi” (Seconda parte), in Studium iuris, 7-8-/2019, 895 ss., la quale, per la verità, qualifica il trust (del “dopo di noi”) come un negozio fiduciario di destinazione, frutto del collega- mento negoziale tra atto di destinazione patrimoniale e negozio fiduciario traslativo del bene ad altro soggetto incaricato dell’attuazione della destinazione.
215 Sulle cui origini v. M. C. XXXXXXXX, Il trust, in Atlante di diritto privato comparato, a cura di X. XXXXXXX, Bologna, 1992, 186 ss.; X. XXXXXXX, Il trust, Milano, 2001, 57 ss.; X. XXXXXX, Diritto e pratica dei trusts. Profili civilistici, Torino, 2008, 24. La dottrina italiana distingue tra il trust che trae ori- gine dal diritto straniero, ossia il trust regolato dalla Conven- zione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata dall’Italia con la legge 16 ottobre 1989, n. 364, e il trust c.d. interno, in quanto regolato direttamente dalla legge italiana, che si rintraccia nella disposizione di cui all’art. 2645-ter c.c. In questo senso X. XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in I con- tratti di destinazione patrimoniale, a cura di X. XXXXX e X. XXXXXX, Torino, 2014, 612.
rettamente verso quest’ultimo219. Nella prassi, però, il negozio in questione non prevede quasi mai un accordo tra il settlor e il futuro beneficiario della disposizione finale, dal momento che quest’ultimo sovente viene designato anche successivamente dal trustee e acquista la titolarità dei beni direttamente da questo. Ad ogni modo, non sembra che ciò sia
216 Ovviamente, sia i beni istituiti in trust, che il disponente tra- sferisce al trustee (costituenti il patrimonio), sia le utilità che ne scaturiscono (cioè il reddito), possono spettare congiuntamente o disgiuntamente a uno o più beneficiari indicati nell’atto istitu- tivo.
217 Sotto questo profilo, il trust consente di evitare che, alla morte dell’imprenditore, si apra la successione legittima e l’azienda cada in mani non capaci di un’efficiente gestione. Va- le la pena di rimarcare, infatti, che attraverso il trust il soggetto (settlor) si spoglia del bene sin da subito, indipendentemente dal rilievo che l’effetto sia destinato a prodursi alla sua morte, avendo egli già validamente disposto del suo diritto. In altri termini, l’attribuzione è compiuta ed essa non sembra integrare un atto tra vivi di disposizione della delazione. Né, in senso contrario, potrebbe obiettarsi che il settlor disponga di un diritto relativo alla sua successione (futura), dal momento che il pre- detto dispone di un diritto già esistente nel proprio patrimonio, rinviando in un tempo futuro e certo il solo realizzarsi dell’effetto di destinazione. Si badi, peraltro, che lo strumento in esame realizza non soltanto una destinazione, ma anche una segregazione, con la singolare particolarità – che lo differenzia rispetto agli altri strumenti possibili – che i beni del trust, pur se appartenenti al patrimonio del trustee, non fanno parte della sua successione. Cfr., in tema, X. XXXXXXX, Il trust in Italia, Mila- no, 2009, 81 ss.; X. XXXXXX, Il trustee nella gestione dei patri- moni. Responsabilità e risoluzione dei conflitti, Torino, 2009, 29 ss.; X. XXXXXXXXXX, Il trust quale strumento per la succes- sione generazionale dell’impresa in comparazione anche con i patti successori, in Vita not., 2010, II, 955; X. XXXXXX, Il trust come strumento di gestione dell’azienda di famiglia nel pas- saggio generazionale, in Contr. e impr., 2004, 1 ss.
218 Cfr. X. XXXXXX, Fiducia statica e fiducia dinamica, in Rass. dir. civ., 1996, 494; X. XXXXXXXXX, Trust anglosassone, proprie- tà fiduciaria e negozio fiduciario, in Riv. dir. comm., 1936, I, 548 ss.; X. XXXXXXX, Problemi in materia di riconoscimento degli effetti del trust nei paesi di civil law, in Riv. dir. civ., 1984, I, 93 ss.; X. XXXXX, Introduzione ai trusts, Milano, 1994, 74 ss.
219 X. XXXXXXX, Trust e passaggio generazionale di impresa, in Trust, 2011, 130, il quale trae argomento dalla costituzione del vincolo creato inter vivos dal trust per affermare che il negozio, seppur posto in funzione successoria, fuoriesce dal divieto po- sto dall’art. 458 c.c.
sufficiente ad escludere in concreto un’elusione del divieto dei patti successori220.
In tale contesto, assume quindi fondamentale importanza l’attività compiuta dal trustee che, ac- quistando la titolarità dei beni costituenti l’azienda,
suno dei potenziali beneficiari soddisfi le caratteri- stiche richieste nell’atto istitutivo, con il conseguen- te sorgere di differenti problemi successori, fermo restando che il disponente potrebbe aver previsto tale ipotesi, indicando nell’atto stesso un terzo sog-
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si dovrà occupare della gestione del patrimonio in getto, di guisa che sarebbe comunque assicurata la
trust, fino al verificarsi della condizione stabilita nell’atto istitutivo e posta alla base del trasferimen- to221. Potrebbe verificarsi, peraltro, il caso che nes-
220 Questo perché il divieto posto dall’art. 458 c.c. può essere aggirato non solo attraverso accordi intercorsi direttamente tra il disponente e il beneficiario finale dell’attribuzione, ma, anche
– e più in generale – con «ogni convenzione con cui taluno di- spone della propria successione» e, quindi, attraverso operazio- ni contrattuali complesse come quelle appena descritte. Così X. XXXXXXX, I contratti post mortem, cit., 801. A sostegno dell’utilità del trust, ai fini della pianificazione del passaggio generazionale e quindi quale strumento devolutivo successorio, si sottolinea comunque come il momento del trasferimento dei poteri ai figli rappresenti per l’imprenditore un problema di non facile soluzione, che si rivela spesso fonte di conflitti familiari e, di conseguenza, un fattore traumatico ai fini della gestione aziendale. Oltre alla possibile risoluzione dei conflitti tra gli eredi dell’azienda, un’altra circostanza che può indurre alla co- stituzione del trust è rappresentata dalla necessità dell’imprenditore di individuare un degno successore al vertice aziendale, vale a dire ‘competente’. Si pensi, ad esempio, alla situazione in cui vi è la presenza di due o più successori per cui si pone quasi sempre il problema della scelta di chi dovrà as- sumere il comando dell’azienda. Tramite la costituzione del trust, invece, è possibile decidere determinate condizioni, rec- tius criteri, in presenza dei quali la proprietà dell’azienda di fa- miglia sia attribuita ad un figlio anziché ad un altro. Da questo punto di vista, il trust realizza un’attribuzione patrimoniale a favore di un certo soggetto, nel tempo successivo alla morte del disponente/settlor. Il che comporta un evidente effetto post mortem, della validità del quale, escludendo il problema della tutela dei legittimari, non potrebbe dubitarsi, dacché l’effetto attributivo non trova causa nella morte del disponente, ancorché esso si verifichi successivamente a quel momento. In tale pro- spettiva, lo stesso atto istitutivo può, inoltre, prevedere il rico- noscimento, a chi sia rimasto fuori dall’impresa, di una percen- tuale degli utili fino al raggiungimento di un valore che possa garantire un trattamento imparziale. Ne deriva che solo al veri- ficatasi di tale condizione il trust potrà considerarsi concluso e l’azienda di famiglia diventerà effettivamente di proprietà del designato. Di qui, sarà assicurato il proseguimento dell’attività al riparo da possibili conflitti o eventuali ingerenze di terzi. Cfr.
X. XXXXX, Negozi post mortem ed effetti di destinazione, cit., 62-63, il quale acutamente rileva, però, che, allorquando sia riservato al settlor un diritto di recesso ad nutum, «la morte, pur atteggiandosi a mera modalità cronologica dello svolgimento del rapporto giuridico, rischia di elevarsi a profilo causale del contratto», onde, dovrebbe escludersi, proprio per una necessa- ria incompatibilità con il divieto di cui all’art. 458 c.c., la vali- dità del trust con effetto di destinazione post mortem, quando sia previsto un diritto di recesso ad nutum in capo allo stesso settlor.
221 Ne deriva una maggiore flessibilità del trust rispetto al patto di famiglia, se si considera che il familiare che proseguirà la gestione dell’impresa potrebbe non essere un discendente in linea retta del settlor, mentre nel patto di famiglia, i soggetti assegnatari possono essere soltanto i discendenti in linea retta dell’imprenditore, anche se non legittimari nel momento in cui viene stipulato il patto, con l’inspiegabile esclusione del coniu-
continuità aziendale, garantendo ai figli la quota di legittima (magari attribuendo loro, per esempio, il restante patrimonio personale o, eventualmente, an- che una partecipazione agli utili).
ge, dei fratelli, dei nipoti in linea collaterale e degli altri parenti o affini, oltre che del convivente more uxorio. Allorché l’impresa sia gestita da più rami di una stessa famiglia compo- sta, ad esempio, da più fratelli, questi, quali disponenti, potreb- bero istituire un unico trust, trasferendo ad un trustee la pro- prietà dell’azienda, con il vantaggio di mantenere uniti il capita- le e i beni produttivi. Per converso, tale opportunità non è con- sentita dalla normativa sul patto di famiglia, che concerne l’imprenditore singolarmente considerato, cosicché, in caso di impresa gestita da più fratelli, ognuno di loro dovrebbe stipula- re un proprio patto di famiglia con i soggetti appartenenti al proprio ramo; operazione che non sarebbe di alcuna utilità per l’azienda. Tra gli aspetti di carattere generale, va poi evidenzia- to che nel trust possono essere segregati anche altri beni dell’imprenditore, in modo da soddisfare tutti gli eventuali le- gittimari; contrariamente al patto di famiglia che può avere ad oggetto soltanto l’azienda e le partecipazioni che siano espres- sione di attività di impresa del loro titolare. In questa prospetti- va di raffronto tra i due istituti in rassegna, va segnalata la pro- posta di un patto di famiglia stipulato con l’intervento del trustee, conferitario dei beni di impresa, il quale darebbe luogo a una fattispecie atipica che risulterebbe dalla combinazione degli schemi negoziali in questione, sintetizzati nella causa. Su questo schema negoziale atipico si rinvia a X. XXXXXXXX, Dirit- to successorio, beni d’impresa e passaggio generazionale, cit., 938 ss. Nella stessa prospettiva di organizzare nel modo più efficiente ed efficace il passaggio generazionale – tesa, più che altro, a sterilizzare ma non a impedire l’esercizio delle azioni poste a tutela dei diritti dei legittimari – si colloca, infine, l’operazione finanziaria attuata nella formula del «family buy out», che si articola attraverso la costituzione di una società veicolo (c.d. new company), il cui statuto preveda la clausola di incorporazione per fusione con la società di famiglia (società target) e la cui delibera di fusione sia attuata dopo la morte dell’imprenditore, il quale desideri trasferire l’azienda ai suoi discendenti più capaci. Sotto questo profilo, lo schema in que- stione si pone senza dubbio come un valido strumento, alterna- tivo al testamento, di trasmissione post mortem dell’impresa familiare, evitando che a capo della stessa subentrino soggetti inefficienti o non interessati alla sua gestione. Gli è, però, che tale modalità di trasferimento “successorio” impone di risolvere due problemi: il primo legato ai legittimari non assegnatari, i quali potrebbero essere liquidati dai familiari assegnatari dell’azienda, magari utilizzando un patto di famiglia agganciato al family buy out, così da ‘blindare’ il trasferimento in favore di questi ultimi (arg. ex art. 768-quater, comma 2, c.c.); il secon- do, invece, di ordine valutativo, riguarda proprio il rispetto del divieto imposto dall’art. 458 c.c. Nella fattispecie in esame, pe- rò, la morte dell’imprenditore si pone come elemento temporale che chiude l’operazione traslativa attuata inter vivos. Cfr., in argomento, X. XXXXXXX, I contratti post mortem, cit., 787.
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7. Il Regolamento europeo n. 650/2012 sulle successioni.
Il Regolamento UE n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012 “relativo
Per converso, resteranno esclusi dalla nozione gli accordi che attribuiscono diritti o trasferiscono beni in occasione dell’apertura della successione, ma al di fuori della vera e propria vicenda successoria226.
Elemento caratterizzante dell’istituto è, dunque,
alla competenza, alla legge applicabile, al ricono- il vincolo della determinazione del de cuius alla vo-
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scimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un cer- tificato successorio europeo”222, sebbene non im- ponga agli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea, che non conoscano o vietino il patto successorio, di introdurlo o ammetterlo223, ad ogni modo contiene una nozione ampia di patto successorio224, corrispondente in buona sostanza a quella generalmente accolta negli ordinamenti che vietano l’istituto, nonché a quella dell’art. 8 della Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile alle successioni a causa di morte del 1˚ agosto 1989225. Più nel dettaglio, l’oggetto del patto successorio de- finito nel Regolamento deve essere necessariamente costituito da diritti relativi alla successione di una o più delle parti stipulanti, con esclusione dei diritti sulla successione dei terzi rimasti estranei ad esso.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
222 Cfr., in tema, X. XXXXXX, Il regolamento europeo sulle suc- cessioni, in Rivista di dir. inter. priv. e proc., Milano, 2013, 293 ss.; X. XXXXX, la disciplina dei patti successori, in X. XXXXXXXX
– X. XXXXXXX (a cura di), Il diritto internazionale privato eu- ropeo delle successioni mortis causa, Milano, 2013, 105 ss.; X. XXXXXXXX, Il nuovo diritto internazionale privato delle succes- sioni per causa di morte in europa, in Le nuove leggi civili commentate, Milano, 2013, 275 ss; X. XXXXXXXXXX, Diritto in- ternazionale privato delle successioni, Milano, 2013, 90 ss.; X. XXXX, Il nuovo diritto internazionale privato europeo delle suc- cessioni, Torino, 2014, 105 ss.
223 Vd. nt. 26.
224 Per patto successorio si intende «l’accordo, anche derivante da testamenti reciproci, che conferisce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo» (art. 3 par. 1 lett. b) Reg. UE n. 650/2012). La definizione del Regolamento risulta più ampia di quella del diritto successorio sostanziale degli ordinamenti te- desco e francese, estendendosi anche ai negozi rinunciativi, quali la rinuncia di un soggetto ai diritti che gli possono spetta- re su una successione non ancora aperta se il de cuius partecipa a tale atto, rispetto alla donazione mortis causa prevista dal BGB (Schenkung von Todes wegen) e alla donation partage del diritto di famiglia francese, atteso che con questi negozi si con- feriscono, modificano o revocano, diritti nella successione futu- ra di una o più persone. Ciononostante, una parte della dottrina, operando un’interpretazione restrittiva delle norme di conflitto del Regolamento, ritiene che lo stesso non sia applicabile ai solo patti rinunciativi, stante la necessità che siano parti dell’accordo la persona o le persone alle cui successioni si rife- riscono i diritti di cui si dispone. In tal senso v. X. XXXXX, La disciplina dei patti successori, cit., 105 ss. La dottrina maggio- ritaria, tuttavia, include anche i negozi rinunciativi e dispositivi nella nozione di patto successorio ai sensi del Regolamento eu- ropeo. Cfr., per tutti, X. XXXXXX, Il regolamento europeo sulle successioni, cit., 293 ss.
225 Cfr. B. PORTALE, Lezioni di diritto privato comparato, cit.,
21 ss.
lontà di un’altra persona o di altre persone, in modo da precludere o limitare nel futuro la sua libertà di revoca e, quindi, la libertà testamentaria. In effetti, la formulazione adottata dalla definizione legale contenuta nell’art. 3 par. 1 lett. b) del Regolamento deporrebbe a favore di una nozione ampia dell’istituto in esame, comprensiva dei patti disposi- tivi e rinunciativi, sebbene questi ultimi non com- portino una limitazione della libertà testamentaria per il de cuius227. In ogni caso, occorre che si tratti pur sempre di negozi plurilaterali; sicché, una ri- nuncia unilaterale effettuata prima dell’apertura del- la successione da parte di un potenziale erede non rientra nella nozione di patto successorio prevista dal Regolamento (art. 23 par. 2 lett. e art. 25)228.
Ne discende che anche il patto di famiglia po- trebbe rientrare nella categoria dei patti successori rinunciativi ai sensi del Regolamento n. 650/2012229. A livello sostanziale, infatti, sussisto- no, da una parte, il trasferimento inter vivos dell’azienda o di partecipazioni societarie di cui il disponente è titolare ad alcuni eredi assegnatari, d’altra parte, la rinuncia dei legittimari non benefi- ciari, a fronte della liquidazione di quanto loro spet- tante per equivalente (arg. ex art. 768-quater, com- ma 2, c.c.)230.
L’art. 25 del Regolamento pone, inoltre, una di- stinzione tra patti relativi ad una sola successione e quelli relativi a più fenomeni successori, in cui sus- siste necessità di applicare le leggi successorie ‘ipo- tetiche’, ove diverse, degli interessati231. Lo stesso
226 In tale prospettiva, il Regolamento esclude dall’ambito di applicazione ogni genere di accordi tra vivi, come pure stru- menti aventi effetti analoghi come la comproprietà con reversi- bilità a favore del coniuge superstite (art. 1 par. 1 lett. g).
000 Xxx. X. XXXXX, Xx disciplina dei patti successori, cit., 105 ss. 228 In questi termini X. XXXXX, La disciplina dei patti successo- ri, cit., 113 ss.
229 X. XXXXXX, Il regolamento europeo sulle successioni, cit., 293 ss.
230 Sebbene tale rinuncia sia facoltativa, la pura e semplice par- tecipazione al patto di famiglia comporta, comunque, il venir meno del diritto di far valere la collazione o la riduzione ai sen- si degli artt. 737 ss. c.c., e, quindi, una scelta negoziale del le- gittimario contraente che accetta di concludere il patto. Cfr. X. XXXXXXX, Xxxxx successori nel Regolamento (UE) n. 650/2012 e patti di famiglia: un’interferenza possibile?, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2014, 803 ss.
231 Con particolare riferimento alla fattispecie della successione di una sola persona, il par. 1 del summenzionato art. 25 si limita a disporre che, per quanto riguarda gli aspetti dell’ammissibilità, della validità sostanziale e degli effetti vin- colanti tra le parti, il patto successorio verrà disciplinato dalla
articolo, inoltre, stabilisce al par. 2 l’ammissibilità dei patti successori concernenti le eredità di più soggetti, sottoponendoli al cumulo delle leggi suc- cessorie ipotetiche di ciascuna di esse232. Quanto alla validità sostanziale, gli effetti obbligatori tra le
L’art. 25 par. 3, per quanto concerne l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, prevede comunque che i di- sponenti possano scegliere quale legge regolatrice del patto successorio, la legge che la persona o una
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
parti, nonché le condizioni dello scioglimento, tali delle persone della cui successione si tratta, avrebbe
elementi sono sottoposti ad una legge unica, indivi- duata in quella con la quale il patto da disciplinare presenta il collegamento più stretto233.
lex successionis ipotetica, ossia dalla legge che, in forza del regolamento stesso, sarebbe stata applicabile alla successione del de cuius, se costui fosse deceduto il giorno della conclusio- ne del patto (c.d. legge successoria anticipata). In termini di certezza del diritto, la prerogativa offerta da questa regolamen- tazione si concretizza nella facilitazione della pianificazione ereditaria delle persone che non sono in grado di prevedere con sicurezza in quale paese si troverà la loro residenza abituale ai sensi dell’art. 21 par. 1 del Regolamento n. 650/2012, al mo- mento del loro decesso. Infatti, come emerge dal Considerando
n. 51, il solo criterio di collegamento che deve essere utilizzato per individuare la legge successoria ipotetica/anticipata è costi- tuito dalla residenza abituale del de cuius al momento della sti- pulazione dell’accordo (art. 21 par. 1). Al contrario, non si po- trà fare riferimento alla clausola di eccezione di cui all’art. 21 par. 2 del Regolamento, basata sul criterio alquanto vago del collegamento più stretto. Cfr. X. XXXXXXXXXX, diritto interna- zionale privato delle successioni, cit., 90 ss.; X. XXXXXX, Il re- golamento europeo sulle successioni, cit., 293 ss.; X. XXXX, Il nuovo diritto internazionale privato europeo delle successioni, cit., 105 ss.
232 Più in generale, la normativa europea distingue tra patti suc- cessori (inclusi i testamenti congiuntivi contenenti disposizioni interdipendenti) e disposizioni a causa di morte unilaterali. In particolare, per queste ultime l’art. 24 par. 3 ne prescrive l’ammissibilità e la validità sostanziale della rispettiva revoca o modifica alla legge che avrebbe dovuto applicarsi alla succes- sione nel momento in cui tali atti vengono compiuti e non in quello dell’adozione delle disposizioni modificate o revocate. In tal senso, l’art. 25 del Reg. n. 650/2012 sottopone gli «effetti vincolanti tra le parti» e «le condizioni dello scioglimento» dei patti alla legge successoria ipotetica, e dunque alla legge che sarebbe stata applicabile alla successione o a ciascuna delle successioni implicate nel momento in cui sono conclusi. Per tali ragioni, nelle situazioni pluripersonali, l’art. 25 assoggetta alla legge successoria ipotetica anche l’ammissibilità della modifica o revoca del patto successorio, rafforzando in questo modo la certezza e la calcolabilità della pianificazione successoria per tutti gli interessati
233 Si tratta, invero, di un compromesso tra due modelli alterna- tivi, messi a disposizione del legislatore per risolvere i poten- ziali conflitto tra le diverse leggi successorie astrattamente ap- plicabili: da una parte, un modello restrittivo che si sostanzia nel simultaneo rispetto di tutte le leggi successorie interessate, evitando così, in radice, situazioni di successioni problemati- che; dall’altra parte, un modello maggiormente permissivo che si accontenta del rispetto di una sola legge. Con particolare rife- rimento a quest’ultimo modello, la determinazione della legge applicabile si presenta in due sottotipi. Più nel dettaglio, accan- to a quello adottato dall’art. 25 per la disciplina della validità sostanziale degli effetti dei patti e della ricerca casistica del col- legamento più stretto, si prevede quello del concorso alternati- vo, alla stregua del quale l’atto sarà ammissibile qualora la sua validità venga riconosciuta da una qualsiasi delle leggi concor- renti. Tale soluzione prevista dall’art. 25 par. 2 del Reg. n. 650/2012 appare maggiormente equilibrata, atteso che, per
potuto scegliere ai sensi dell’art. 22 del Reg n. 650/2012234. Ne deriva, quindi, che gli stessi posso- no scegliere la legge nazionale o una delle rispettive leggi nazionali di ciascun disponente. In ogni caso, tale scelta andrà distinta dalla professio iuris, ai sensi dell’art. 22 del Regolamento, quale negozio unilaterale del de cuius, posto che si riferisce agli altri aspetti della successione elencati dall’art. 23: quali, ad esempio, la quota disponibile, le quote di legittima e altre restrizioni alla libertà di disporre a causa di morte235.
quanto riguarda l’ammissibilità dei patti, la norma tiene conto dell’interdipendenza fra le successioni interessate, trattandosi, del resto, di un modello riconosciuto anche in situazioni pluri- personali analoghe. D’altra parte, quanto alla validità sostanzia- le, gli effetti e le condizioni di scioglimento dei patti considera- ti, la soluzione adottata dal legislatore europeo evita le conse- guenze esageratamente restrittive di un indiscriminato impiego del sistema del cumulo. Permane, tuttavia, la difficoltà di indi- viduare, nel caso concreto, la legge che, tra quelle richiamate dall’art. 25 par. 2, presenta i collegamenti più stretti con il patto successorio al vaglio del giudice. Si tratta di problemi corri- spondenti a quelli collegati all’applicazione della clausola di eccezione di cui all’art. 21 par. 1 in materia di determinazione della lex successionis. Si pensi, ad esempio, ai casi in cui il pat- to riguardi le successioni di due o più persone che risiedono abitualmente in paesi diversi, in ciascuno dei quali siano situati beni ereditari o altri elementi rilevanti della fattispecie. In tal caso la determinazione del legame più stretto risulterà proble- matica se non addirittura aleatoria. Onde porre rimedio alle in- certezze e all’imprevedibilità connesse alla determinazione del legame più stretto del patto successorio, gli interessati potreb- bero optare per la sottoposizione del patto secondo la legge na- zionale di una delle persone le cui eredità sono interessate, così come previsto dallo stesso par. 3 dell’art. 25. Una tale soluzione presuppone, tuttavia, che la legge o le leggi nazionali idonee a formare oggetto di scelta considerino ammissibile il tipo di pat- to in questione. Cfr., al riguardo, X. XXXXXX, Il regolamento europeo sulle successioni, cit., 293 ss.; X. XXXX, Il nuovo diritto internazionale privato europeo delle successioni, cit., 105 ss.;
X. XXXXXXX, Xxxxx successori nel Regolamento (UE) n. 650/2012 e patti di famiglia: un’interferenza possibile?, cit., 803 ss.; X. XXXXXXXX, Il nuovo diritto internazionale privato delle successioni, cit., 322; X. XXXXX, La disciplina dei patti successori, cit., 106.
234 X. XXXX, Il nuovo diritto internazionale privato europeo del- le successioni, cit., 105 ss.
235 La preferenza per la legge applicabile alla successione è sta- ta criticata, atteso che la libertà di scegliere la lex successionis risulta limitata con riferimento alla legge dello Stato di cui il disponente possiede la nazionalità. In contrasto con quanto espresso nel preambolo, i disponenti non hanno nessuna aspet- tativa in merito al contenuto della disposizione a causa di mor- te, ovverosia diventare eredi e/o legatari. Si tratta di una conse- guenza della libertà testamentaria riconosciuta dalla maggior parte degli ordinamenti. A ciò, quale altra criticità, va aggiunto il fatto che, oltre alla legge dello Stato di cui il disponente pos-
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Quanto alla dimensione temporale della profes- sio iuris, la norma del Reg. UE di cui all’art. 22 par. 1 si riferisce, in via alternativa, a due momenti di- stinti. Segnatamente, in maniera conforme alla Convenzione dell’Aja del 1989 (art. 5 par. 1), la di-
non potrebbero essere ravvisabili interessi meritevo- li di soggetti terzi, salvo un patto successorio basato sul consenso di tutti gli interessati238.
La scelta della legge regolatrice del patto succes- sorio ai sensi dell’art. 25 par. 3 del Regolamento è
sposizione permette la professio iuris per l’intera un negozio distinto dalla professio iuris del dispo-
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successione, precisando che la scelta debba cadere sulla legge determinata in relazione alla cittadinanza dello Stato posseduta al momento della redazione della disposizione di ultima volontà o al momento della morte236. Al riguardo, nonostante il riferimen- to a tale norma contenuto nel par. 3 dell’art. 25, si ritiene che per il patto successorio sia possibile sce- gliere soltanto una legge nazionale che sia già pos- seduta dall’interessato al momento della designa- zione e non anche una legge nazionale futura che il disponente potrebbe avere eventualmente acquisito al momento dell’apertura della successione237. Tale assunto troverebbe un avallo dal Considerando n. 51 del Regolamento, secondo cui «qualora … sia fatto riferimento alla legge che sarebbe stata applicabile alla successione della persona che ha fatto la di- sposizione a causa di morte se fosse deceduta … il giorno in cui la disposizione è stata fatta …, tale riferimento dovrebbe essere inteso o alla legge del- lo Stato in cui la persona risiedeva abitualmente in quel momento o, se avesse scelto una legge ai sensi del presente regolamento, alla legge dello Stato di cui possedeva la cittadinanza in quel momento». Questa interpretazione restrittiva del par. 3 dell’art. 25 è stata criticata in ragione del fatto che la volontà del de cuius dovrebbe prevalere in questo caso, atte- so che se quest’ultimo accetta l’incertezza connessa all’applicazione di un’eventuale futura lex patriae,
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
siede la cittadinanza, allo stesso non è stata concessa – come stabilito peraltro nella Convenzione dell’Aja del 1˚ agosto 1989 (art. 5 par. 1) – la facoltà di scegliere al momento della redazio- ne della disposizione di ultima volontà oppure al momento del- la morte la legge dello Stato della residenza abituale. Tale pre- rogativa, invero, avrebbe facilitato la pianificazione della suc- cessione per le persone che sono integrate nella realtà sociale e giuridica dello Stato della loro residenza abituale, ma che allo stesso tempo attribuiscono importanza ad un atto la cui validità non venga meno in caso di un successivo trasferimento della residenza abituale in un altro Stato. In senso critico cfr. Tale prerogativa, invero, avrebbe facilitato la pianificazione della successione per le persone che sono integrate nella realtà socia- le e giuridica dello Stato della loro residenza abituale, ma che allo stesso tempo attribuiscono importanza ad un atto la cui va- lidità non venga meno in caso di un successivo trasferimento della residenza abituale in un altro Stato X. XXXXXXX, Xxxxx suc- cessori nel Regolamento (UE) n. 650/2012 e patti di famiglia: un’interferenza possibile?, cit., 803 ss.; v. pure X. XXXXX, La disciplina dei patti successori, cit., 106 ss.
236 In argomento X. XXXXXXXXXX, diritto internazionale privato delle successioni, cit., 90 ss.
237 X. XXXXXXX, Xxxxx successori nel Regolamento (UE) n. 650/2012 e patti di famiglia: un’interferenza possibile?, cit., 803 ss.
xxxxx, la quale si riferisce alla lex successionis (art. 23 del regolamento), e non concerne l’ammissibilità del patto successorio e gli altri aspetti contenuti all’art. 25 del summenzionato Regolamento. Ciò assume rilevanza circa la possibilità o meno del de cuius di modificare, attraverso una revoca o modifi- ca unilaterale della scelta della lex successionis, il regime della quota disponibile, delle quote di legit- tima nonché delle altre restrizioni alla libertà di di- sporre a causa di morte (art. 23 par. 2 lett. h del re- golamento). Così, in un momento successivo, egli potrebbe travolgere la parità contrattuale fra i con- traenti del patto successorio, anche in riferimento ad eventuali corrispettivi pagati o promessi. Al riguar- do, si sostiene che, come previsto nel BGB239, il vincolo della scelta della legge è disciplinato dalla stessa legge scelta, trattandosi di una questione atti- nente alla «validità sostanziale dell’atto con cui è stata fatta la scelta di legge» ai sensi del par. 3 dell’art. 22 del regolamento240.
L’assunto testé riferito è stato tuttavia confutato da altra dottrina, secondo cui la validità dell’atto in esame si riferirebbe all’assenza di difetti genetici del negozio, e non al venire meno del negozio in un momento successivo, così come previsto dal Rego- lamento stesso, che distingue tra la validità sostan- ziale di una disposizione a causa di morte e la sua modifica o revoca241. Ciò troverebbe conferma nel fatto che in materia di professio iuris l’art. 22 non contiene una norma analoga al par. 3 dell’art. 24, secondo cui la legge applicabile alla validità si ap- plica anche alla modifica o alla revoca di una dispo- sizione a causa di morte.
La revocabilità della professio iuris contenuta in un patto successorio, infatti, è una questione di dirit- to internazionale privato e, come tale, è disciplinata
238 X. XXXXX, La disciplina dei patti successori, cit., 108 ss.
239 In tale prospettiva, come visto in precedenza, il legislatore tedesco ha disposto espressamente che la persona della cui suc- cessione si tratta possa mediante apposito “contratto” istituire una persona quale erede, disporre un legato o un onere e sce- gliere la legge applicabile alla successione (§ 1941 comma 1 BGB). Con l’espressione “contratto” il legislatore tedesco ha voluto disporre che le parti di un patto successorio possono rendere irrevocabile la scelta della lex successionis contenuta nel patto stesso (§ 2278 e § 2290 BGB). In argomento si rinvia a X. XXXXXXXXXX, Diritto internazionale privato delle succes- sioni, cit., 90 ss.
240 Così X. XXXXXXXX, Il nuovo diritto internazionale privato delle successioni, cit., 322.
241 X. XXXXXX, Il regolamento europeo sulle successioni, cit., 293 ss.
dal Reg. n. 650/2012. In quest’ottica, l’art. 22 par. 4 del Regolamento, che si riferisce alla forma della modifica o revoca della professio iuris, disponendo che la modifica o la revoca della scelta di legge debbano soddisfare le condizioni di forma previste
ciproco) firmato da un soggetto con residenza abi- tuale in Italia sarà nullo, essendo la lex successionis in questo caso, in mancanza di una diversa scelta del de cuius (art. 22 del Regolamento), il diritto ita- liano. Al contrario, qualora si ritenga che gli artt.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
per la modifica o la revoca di una disposizione a 458 e 589 c.c. prescrivano dei meri requisiti di for-
causa di morte, comporterebbe che la normativa eu- ropea in esame, a livello sostanziale, presupponga l’ammissibilità della modifica e della revoca della professio iuris. Tale interpretazione, del resto, tro- verebbe conferma nel fatto che il legislatore euro- peo non ha introdotto una disposizione che stabili- sce che una professio iuris inclusa in un patto suc- cessorio non possa che essere revocata con il con- senso di tutte le parti del patto242.
L’art. 27 del Regolamento n. 650/2012, infine, contiene un’apposita disciplina della legge applica- bile alla validità formale delle disposizioni a causa di morte243. Quanto alla forma dei patti successori, l’art. 27 al par. 3 dispone che: «sono considerate attinenti alla forma le disposizioni di legge che limi- tano le forme ammesse delle disposizioni a causa di morte con riferimento all’età, alla cittadinanza o ad altre qualità personali del testatore o delle persone la cui successione è interessata da un patto succes- sorio». La norma, quindi, ammette la forma della lex loci, della lex patriae, della lex rei sitae244. Si tratta di una disciplina in larga misura riproduttiva di quella dettata dalla Convenzione dell’Aja del 1961 sui conflitti di leggi in materia di forma delle disposizioni testamentarie. In sostanza, sia la Con- venzione che il Regolamento riconoscono la validità formale delle disposizioni a causa di morte che ri- spondano alle condizioni richieste dalla legge del Paese ove la disposizione di cui si tratta è stata re- datta, ovvero della legge del Paese della cittadinan- za o del domicilio o della residenza abituale posse- duti dall’autore della disposizione al momento della sua formulazione oppure al momento della morte.
Pertanto, la questione internazional-privatistica riferita al divieto del patto successorio di cui all’art. 458 c.c. – e financo del testamento congiuntivo o reciproco ex art. 589 c.c. – afferisce prevalentemen- te ad un problema di validità: se si tratti, cioè, di norme attinenti alla validità sostanziale o alla validi- tà formale dell’atto245. Nel primo caso, xxxxxxxxx, il patto successorio (o il testamento congiuntivo o re-
242 Così X. XXXX, Il nuovo diritto internazionale privato euro- peo delle successioni, cit., 105 ss.
243 Cfr. X. XXXXXXXXXX, diritto internazionale privato delle
successioni, cit., 90 ss.
244 Il Regolamento sembra adottare un approccio permissivo con riguardo ai patti successori, ritenendo sufficiente l’applicabilità dei criteri di collegamento di carattere soggettivo (cittadinanza, domicilio, residenza abituale), che sussistano in capo anche ad una sola delle parti della cui successione si tratta. 245 Cfr. X. XXXXX, La disciplina dei patti successori, cit., 115 ss.
ma, in certe situazioni anche soggetti con residenza abituale in Italia potrebbero validamente stipulare dei patti o testamenti di questo tipo. Ciò in quanto le norme in materia contenute nel codice civile non mirano a realizzare i classici obiettivi dei requisiti di forma – e cioè fornire una prova sicura del negozio o quello di indurre il soggetto interessato a riflettere sull’opportunità del negozio – mirando piuttosto a salvaguardare il superiore principio di diritto suc- cessorio del nostro ordinamento, ovvero quello del- la revocabilità delle disposizioni di ultima volontà fino appunto all’ultimo momento di vita.
Per tali ragioni, gli Stati membri sono liberi di considerare gli eventuali divieti di patto successorio contenuti nei loro codici nazionali parte del loro ri- spettivo ordine pubblico ai sensi degli artt. 35 e 40 lett. a) del Reg. n. 650/2012246. Al riguardo, è stato evidenziato che, sebbene il Regolamento, come si evince dal Considerando n. 49, persegua il «fine di agevolare l’accettazione negli Stati membri dei di- ritti successori acquisiti per effetto di un patto suc- cessori», spetterà sempre al singolo Stato membro, e non all’Unione europea, delimitare la portata del rispettivo ordine pubblico247. Del resto, il Conside- rando n. 58 del Reg. n. 650/2012 fa riferimento all’ordine pubblico dello Stato membro interessato, indicando come limite all’ordine pubblico nazionale unicamente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’utilizzo dello strumento del patto successorio per regolare le sue disposizioni di ultima volontà, infatti, non costituisce un diritto fondamentale del cittadino europeo. In verità, il di- vieto in esame fa parte della tradizione giuridica di non pochi Stati membri, e il Trattato sul funziona- mento dell’Unione Europea, all’art. 67 par. 1, stabi- lisce il principio del rispetto dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. Sicché, spetterà al singolo Stato membro di decidere se l’inammissibilità del patto successorio costituisca un principio di ordine pub- blico ai sensi degli artt. 35 e 40 lett. a) del Regola- mento n. 650/2012248. Nel nostro ordinamento, con- trariamente a quello francese, l’orientamento della
246 In argomento X. XXXXXXXXXX, diritto internazionale privato delle successioni, cit., 90 ss.
247 Cfr. X. XXXXXXX, Xxxxx successori nel Regolamento (UE) n. 650/2012 e patti di famiglia: un’interferenza possibile?, cit., 803 ss.
248 In argomento X. XXXXXXXXXX, Diritto internazionale privato delle successioni, cit., 90 ss.
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giurisprudenza sembra ormai incline a escludere la contrarietà all’ordine pubblico delle leggi dei Paesi che ammettono il patto successorio249.
In una prospettiva de iure condendo, pertanto, la formulazione di proposte riformatrici del nostro si-
il formalismo interpretativo risulta smentito dalla prassi253. Al contrario, l’autonomia privata mostra di potere riempire di contenuti le inefficienze del testamento, facendone il lato “atipico” del sistema successorio254. Gli schemi negoziali esaminati di-
stema delle successioni mortis causa potrebbe arti-
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colarsi secondo direzioni alternative: o nell’abolizione ex abrupto del divieto dei patti suc- cessori, che porterebbe ad una novellazione del co- dice in armonia con lo spirito dei tempi e con le esi- genze avvertite nel contesto del passaggio genera- zionale del patrimonio, di cui tengono ampiamente conto i nuovi schemi negoziali passati in rassegna; oppure, nell’introduzione di una disciplina più det- tagliata, rectius tipicizzata, dei mezzi da offrire al privato per la regolamentazione della propria suc- cessione, magari mettendo a profitto l’esperienza maturata nell’area culturale germanica, dove la fi- gura del contratto ereditario (Erbvertrag) ha un suo positivo riconoscimento250, o ancora – come si è scelto – introducendo deroghe al divieto in settori particolari ed in funzione di interessi specifici251. Va da sé che anche con questa opzione si avrebbe una novellazione del codice, ma certamente più filtrata rispetto alla prima e incapace di frenare la naturale tendenza dei privati a concepire schemi negoziali sempre più efficienti, in relazione alle proprie esi- genze. Sempre in una prospettiva di riforma, si po- trebbe, infine, prevedere una legislazione speciale che si affianchi alla disciplina (generale) codicisti- ca, anche se ciò determinerebbe la creazione di un sottosistema del diritto successorio, con tutti i rischi connessi, però, al coordinamento con la disciplina generale (o di sistema) e all’attività interpretativa che le legislazioni speciali determinano (si pensi, ad esempio, ai problemi di coordinamento e di inter- pretazione avutisi tra il codice del consumo e il co- dice civile).
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
Quel che è certo è che la scelta del testamento quale strumento negoziale esclusivo per le attribu- zioni mortis causa appare alquanto anacronistica, per la scarsa flessibilità dello stesso a piegarsi alle finalità varie perseguite dai privati252 e ciò in quanto
000 Xxx. X. XXXXXXXX, Xx nuovo diritto internazionale privato delle successioni, cit., 322.
250 Cfr. X. XXXX, “Successione, X) Fenomeni parasuccessori”, cit., 15; X. XXXXXXXX, Attualità e destino del divieto dei patti successori, in AA. VV., La trasmissione familiare della ricchez- za, Padova, 1995, 1 ss.
251 Il riferimento va, in particolare, al patto di famiglia, ma per ulteriori suggerimenti si rinvia a X. XXXX, “Successione, X) Fe- nomeni parasuccessori”, cit., 15; nonché a X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXX, Contributo per una riforma del divieto dei x.x. xxxxx successori rinunciativi, in Riv. dir. priv., 1998, 541 ss.
252 Non v’è dubbio che il testamento abbia ormai perduto terre- no quale mezzo di trasmissione della ricchezza familiare, mo- strandosi “recessivo” specialmente in relazione ai grandi patri- moni, con riguardo ai quali altri e diversi sono gli strumenti
utilizzati nella prassi ai fini della pianificazione della vicenda successoria: strumenti che dunque vengono definiti, in questa prospettiva, come alternativi al testamento. Più in generale, si avverte come sia lo stesso fenomeno successorio ad avere «di fatto acquisito una rilevanza marginale, visto che la ricchezza si trasmette secondo canali che non sono quelli delle successioni mortis causa». Testualmente X. XXXXXX, Prospettive della liber- tà di disposizione ereditaria, in Libertà di disporre e pianifica- zione ereditaria, Atti dell’undicesimo Convegno Nazionale S.I.S.Di.C., 5-7 maggio 2016, Napoli, 2017, 7 ss.. Sul punto, già
X. XXXXXXX, Contributo allo studio delle disposizioni testamen- tarie «in forma indiretta», cit., 1077 ss.; ma si veda, anche, X. XXXXX, Il problema dei patti successori tra diritto vigente e pro- spettive di riforma, cit., 1209 ss. ed ivi 1212, il quale afferma che la crisi del diritto successorio si spiegherebbe in ragione della «carenza di strumenti che l’ordinamento ha messo a di- sposizione dell’autonomia privata per regolare le successioni mortis causa». Cfr., sul declino del testamento, X. XXXXXXXX, La successione a titolo universale e particolare, in Tratt. breve delle succ. e don., diretto da X. XXXXXXXX e coordinata da X. XXXX, I, Padova 2010, 3 ss. ed ivi 6 ss.; X. XXXX, I fenomeni a rilevanza successoria, cit., 1; X. XXXXXXX, Il divieto dei patti successori, cit., 20 ss.: S. DELLE MONACHE, La libertà di di- sporre mortis causa, cit., 466. Afferma, invece, la perdurante
«vitalità di uno strumento insostituibile, qual è il testamento»,
X. XXXXXXXX, Autonomia testamentaria, fondamenti costituzio- nali e bilanciamento di Principi, in Libertà di disporre e piani- ficazione ereditaria, cit., 17 ss.
253 Coglie nella «struttura rigidamente monista» del diritto suc- cessorio il motivo del diffondersi, nella prassi, di schemi e con- gegni negoziali alternativi alla successione propriamente detta,
X. XXXXXXX, Persona umana e successioni. Itinerari di un con- fronto ancora aperto, in Riv. trim. dir. proc., 1989, 387 ss., spec. 412 ss. In senso critico circa la possibilità d’impiego del dispositivo dell’atipicità contrattuale quale strumento candida- bile ad estendere i confini del sistema successorio M. D’AURIA, Il patto verticale di famiglia. Contributo sul tema della atipicità contrattuale, in Contr. e impr., 3/2021, 793.
254 Com’è stato rilevato, si è gradualmente affinata «la perce- zione di un’inadeguatezza di fondo del testamento, dal momen- to che, giusta la sua definizione normativa (ex art. 587, comma 1, c.c.), parrebbe dover servire all’unico o principale scopo di far sì che il testatore possa indirizzare la trasmissione dei suoi beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere. In una moltepli- cità di casi invece – che l’esperienza ha anche contribuito a “ti- pizzare” – emerge come gli interessi perseguiti siano ben più articolati e complessi di quello elementare alla programmazione di una semplice vicenda successoria, sia pure mortis causa». Così S. DELLE MONACHE, La libertà di disporre mortis causa, cit., 467, il quale richiama, ad esempio, la necessità della tutela dei soggetti deboli, ossia di coloro che l’ereditando percepisce come tali all’interno della propria famiglia o della cerchia dei propri affetti, perché colpiti da disabilità di varia natura o sem- plicemente perché considerati più fragili o bisognosi. In propo- sito, v. G. AMORE, Trust, vincoli di destinazione e affidamento fiduciario nella legge del “dopo di noi” (Prima parte), cit., 718 ss., e ID., Trust, vincoli di destinazione e affidamento fiduciario nella legge del “dopo di noi” (Seconda parte), cit., 895 ss. Ma si pensi, ancora, all’interesse a preservare l’unità dell’impresa nel passaggio generazionale, evitando processi disgregativi do- vuti alla frantumazione proprietaria. Cfr., al riguardo, X.
mostrano chiaramente che un atto inter vivos possa essere piegato dalle parti ad una funzione mortis causa, colorando funzionalmente la pattuizione, per l’appunto, quale anticipazione della successione, con migliori risultati in termini strumentali. È quan-
sfera”258 o il “patrimonio digitale”259), nelle sue va- rie modalità di utilizzo (profili dei social media, e- mail, tweet, chat, files di testo, accounts, cloud computing), l’interprete è chiamato ad occuparsi anche della sorte di questi beni260 (virtual goods),
to accade, ad esempio, nel patto di famiglia, il qua- affidati a piattaforme digitali, oltre la vita del de
le, quantunque a struttura inter vivos, si rivela per via indiretta, ossia tramite l’esenzione da collazione e riduzione di quanto ricevuto, strumento idoneo ad incidere su interessi riferibili alla morte di un sog- getto255: circostanza (questa) che conduce a trovare una giustificazione all’inciso di cui all’art. 458 c.c., in cui si prevede la salvezza di quanto disposto ex artt. 768-bis ss. c.c.256.
In assenza di un intervento legislativo, però, non resta che apprezzare, al momento, l’apertura della giurisprudenza alle fattispecie esaminate, molto si- mile al contesto francese in cui permane un formale divieto dei patti successori, nondimeno i giudici
cuius. Ciò con particolare riguardo alla regolamen- tazione contrattuale e alle condizioni generali di contratto che gli utenti in sede di registrazione del proprio account sottoscrivono per fruire dei servizi forniti dagli internet services providers261.
Il problema della successione nel contratto con il gestore di servizi digitali è stato di recente affronta- to, in modo approfondito, dal Bundesgerichtshof (BGH), con una sentenza (12.7.2018, III ZR 183/17) in forma di “trattatello”, nella quale vengo- no toccati molti aspetti inerenti alla c.d. eredità digi- tale, o più correttamente alla trasmissione post mor- tem del patrimonio digitale di un individuo262.
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D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
tendono a scavare intorno ad esso, isolandolo sem-
pre più nella realtà giuridica e ricercando strumenti alternativi al testamento capaci di valorizzare l’autonomia delle parti.
8. Le nuove frontiere del diritto suc- cessorio: la c.d. eredità digitale. Conclusioni.
Nell’attuale epoca c.d. “tecnologica” o “digita- le”, caratterizzata dalla sovrapposizione al mondo reale di una realtà virtuale costituita da tutti i dati e le informazioni257 che circolano sul web (la “data-
PALAZZO, Istituti alternativi al testamento, in Tratt. CNN, Na- poli, 2003, 1 ss.; A. PALAZZO – X. XXXXX, Trattato della succes- sione e dei negozi successori. 2. Negozi successori anticipatori, Milano 2012, 447 ss.; X. XXXXXXXX, Disposizioni generali sul- le successioni, Art. 456-461, cit., 118 ss.; X. XXXXXXX, Trust e vicende successorie, in Europa e dir. priv., 1998, 1075 ss., spec. 1086.
255 Si è detto che il patto di famiglia costituisca la convalidazio-
ne normativa del passaggio da un anticipo di successione vieta- ta a una successione anticipata consentita. È l’opinione di X. XXXXXXX, Il Patto di famiglia (linee per la riforma dei patti sulle successioni future), in Riv. dir. priv., 1998, 256.
256 X. XXXXXX, Divieto dei patti successori ed attualità degli interessi tutelati, in Patti di famiglia per l’impresa, in Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, 2006, 70, spec. nt. 7. In senso conforme v. pure X. XXXXXXXX, Riflessioni su libera- lità non donative e funzione successoria, a margine di Cass. n. 106/2017, in I Contratti, 4/2017, 425.
257 Sul fenomeno della digitalizzazione della persona v. X. XXXXXXX, Eredità digitale, in AA. VV., Le parole del diritto. Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxxxxx, II, Napoli, 2018, 659 ss., spec. 663 ss.; X. XXXX, L’identità digitale e la tutela della per- sona. Spunti di riflessione, in Contr. e impr., 2017, 723 ss.; X. XXXXX, Identità personale e identità digitale, in Dir. informaz. e informatica, 2007, 511 ss.
000 X. XXXX XXXXXXXXX, Xx “datasfera”. Regole giuridiche per il mondo digitale parallelo, in AA. VV., I “profili” del diritto. Regole, rischi e opportunità nell’era digitale, a cura di X. XXXXXXXXX, Torino, 2018, 99 ss.
259 La prima ad utilizzare l’espressione patrimonio digitale è stata M. CINQUE, La successione nel “patrimonio digitale”: prime considerazioni, in Nuova giur. civ. comm., 2012, 645 ss., la quale ha tradotto quella di «digital assets» utilizzata nel di- battito americano, dove si distingue principalmente tra un pa- trimonio digitale online, che attiene ai beni digitali sparsi nella rete o in un account online o in un sistema di archiviazione co- me il cloud, e patrimonio digitale offline, che ricomprende in- vece i beni digitali conservati su supporti fisici come computer, tablet, USB. Tale distinzione appare la più utile ad individuare il regime giuridico dei virtual goods, perché unicamente nel caso del patrimonio online si tratta di esaminare le condizioni generali di contratto, predisposte unilateralmente dagli internet services providers. In senso conforme v. R.E. DE ROSA, Tra- smissibilità mortis causa del “patrimonio digitale”, in Not., 5/2021, 495 ss.
260 È di tutta evidenza che si tratti di entità giuridicamente rile- vanti, idonee a soddisfare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ascrivibili alla categoria di beni imma- teriali di cui alla nozione ampia dell’art. 810 c.c.
261 In argomento si rinvia a I. MASPES, Successione digitale, trasmissione dell’account e condizioni generali di contratto predisposte dagli internet services providers, in I Contrattti, 5/2020, 583 ss.; S. DELLE MONACHE, Successione mortis causa e patrimonio digitale, in Nuova giur. civ. comm., 2/2020, 460 ss.; X. XXXXXXXX, Cyberspazio, social network e teoria genera- le del contratto, in Aida, 2011, 93 ss.
262 La sentenza è stata analizzata da S. DELLE MONACHE, ult. op. cit., il quale, in chiave critica, individua una circolarità nel ragionamento del BGH, dal momento che esso ammette la tra- smissibilità agli eredi del rapporto contrattuale intrattenuto dal de cuius con il gestore di servizi digitali, ritenendo tuttavia che questi possano financo sindacare il contenuto ‘vessatorio’ delle clausole caratterizzate dall’intuitus personae, come quella che pone l’account in modalità “commemorativa” alla morte dell’utente. Cfr. pure, in dottrina, X. XXXXXXX, La successione nell’account digitale. Il caso tedesco, in Nuova giur. civ. comm., 1/2019, 703 ss.; X. XXXXXXX – A. D’XXXXXXX XXXXXXXX, La prima decisione italiana in tema di “eredità digitale”: quale tutela post mortem dei dati personali?, in
La difficoltà avvertita sul tema deriva in larga
misura dall’eterogeneità dei beni digitali263, che
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Corr. giur., 5/2021, 1367 ss.; X. XXXXXXXXXX, L’eredità digitale (appunti per uno studio), in Riv. dir. civ., 6/2021, 1187 ss.; I. MASPES, Morte “digitale”e persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica, in Giur. it., 2021, 1600 ss.; ma v. pure G. RESTA, La successione nei rapporti digitali e la tutela post- mortale dei dati personali, in Contr. e impr., 2019, 85 ss., spec. 89 ss.; X. XXXXXXX, Il patrimonio digitale e la sua devoluzione ereditaria, in Vita not., 2019, 1208 ss.; X. XXXXXXXX, L’identità personale: il nostro documento esistenziale, in Eur. e dir. priv., 2019, 1195 ss.; I. XXXXX, Privacy post-mortem e “successione digitale”, in Privacy Digitale. Riservatezza e protezione dei dati personali tra GDPR e nuovo Codice Privacy, a cura di X. XXXX, Milano, 2019, 557; ID., La tutela dei dati personali “digi- tali” dopo la morte dell’interessato (alla luce del Regolamento UE 679/2017), in Dir. succ. fam., 2019, 183 ss.; X. XXXXXX, La
“successione digitale”, in Osser. dir. civ. e comm., 2018, 165 ss.; X. XX X XXXX, La successione a causa di morte nel patri- monio digitale, in Internet e diritto civile, a cura di X. XXXXXXXXXXX – X. XXXXXXXX, Napoli, 2015, 427 ss.; X. XXXXX,
Dell’eredità informatica e di altri idola xxxxxxxx, in Vita not., 2015, 597; X. XXXXX, La “morte digitale”, in ID., Dignità, per- sone e mercati, Torino, 2014, 375 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Profili civilistici dei social network, Napoli, 2014; M. CINQUE, La suc- cessione nel “patrimonio digitale”: prime considerazioni, cit., 661; ID., L’“eredità digitale” alla prova delle riforme, in Riv. dir. civ., 2020, 72 ss.; A. VESTO, Successione digitale e circola- zione dei beni online. Note in tema di eredità digitale, in Qua- derni, Diritto delle Successioni e della Famiglia, Napoli, 2020;
X. XXXXXXX, Identità digitale tra tutela della persona e proprie- tà intellettuale, in Riv. dir. ind., 2017, 180 ss.; F. CRISTIANI, Il diritto alla protezione dei dati personali oltre la vita nell’era digitale, in Resp civ. prev., 4/2015, 2031 ss.; ID., Nuove tecno- logie e testamento: presente e futuro, Torino, 2012; X. XXXXXX, La trasmissione ereditaria delle c.d. “nuove proprietà”, in Fam. pers. succ., 2011, 379 ss.; X. XXXXXXX, Le “nuove proprie- tà” nella trasmissione ereditaria della ricchezza (note a margi- ne della teoria dei beni), in Riv. dir. civ., 2000, 185 ss.; X. XXXXXXX,“Le nuove proprietà”, in Tratt. dir. succ. e xxxxxxx- ni, diretto da X. XXXXXXXX, I, Milano, 2009, 355; X. XXXXXXX, L’eredità digitale. Tra reale e virtuale, in Dir. inf., 2018, 65 ss., la quale evidenzia la complessità del fenomeno rilevando che, da una parte, «il termine ‘eredità’ sul piano tecnico giuridico fa riferimento ad un processo di circolazione dei diritti, e dei beni che ne sono oggetto, quali componenti di un patrimonio che – in atto o in potenza – è suscettibile di valutazione economica e che comunque attiene primariamente alle dinamiche di attribu- zione della ricchezza materiale e alla garanzia della continuità del potere di disporre della stessa nell’ambito di una famiglia; ma anche alla garanzia della continuità dei rapporti economici indipendentemente dalla morte dei soggetti che ne sono parti» e, dall’altra, «l’aggettivo ‘digitale’ stravolge o modifica sensi- bilmente questo scenario. Perché la tecnologia digitale (ma, più in generale quella elettronica) esplica una serie di potenzialità, pressoché inconcepibili nel mondo reale, capaci di alterare la linearità di quella relazione e pertanto la capacità regolativa delle norme che nel tempo sono state utilizzate per organizzare i rapporti che la suppongono». In materia, il Notariato italiano ha manifestato sin da subito un particolare interesse, al punto da elaborare un protocollo, in collaborazione con Microsoft e Google, idoneo a mettere gli eredi digitali in condizioni di inte- ragire con gli operatori della rete. Si veda U. BECHINI, Pas- sword, credenziali e successione mortis causa, Studio n. 6- 2007/IG del CNN, approvato dalla Commissione Studi di In- formatica Giuridica l’11 maggio 2007. In termini più generali sugli effetti della digitalizzazione in chiave giuridica, si v. G. PASCUZZI, Il diritto dell’era digitale, Bologna, 2010, 14 ss.
rende invero difficile una loro classificazione, e dal- la diversità di disciplina in materia ereditaria nei va- ri paesi, che rende impossibile inquadrarne compiu- tamente il fenomeno, anche in ragione del carattere transnazionale del mercato al quale si rivolgono i fornitori di servizi di rete264.
Senza volere analizzare la natura giuridica dei singoli beni che possono rientrare nella categoria dei virtual goods, si consideri in linea generale che, in relazione ai beni che nascono dall’utilizzo delle nuove tecnologie, è stata operata una prima distin- zione tra i beni digitali a contenuto patrimoniale, che senza dubbio rientrano nella successione mortis causa del de cuius e soggiacciono alle regole inter- ne, e i beni a contenuto non patrimoniale o, per me- glio dire, a contenuto strettamente personale265, la cui valutazione economica non è sempre agevole e che rilevano per il loro contenuto rispondente a inte- ressi della persona266, per i quali dovrà valutarsi ca-
263 Su cui v. A.A. MOLLO, Il diritto alla protezione dei dati per- sonali quale limite alla successione mortis causa nel patrimonio digitale, in Juscivile, 2/2020, 430 ss.; F. TROLLI, La successione mortis causa nei dati personali del defunto e i limiti al loro trat- tamento, ivi, 4/2019, 313 ss.
264 Per un esame più approfondito v. A. MANIACI – A. D’ARMINIO MONFORTE, L’eredità digitale tra silenzio della leg- ge ed esigenze di pianificazione, in Corr. giur., 11/2020, 1367 ss.; M. GIULIANO, Regolare l’infosfera, in Contr. e impr., 3/2021, 885 ss.
265 Tuttavia, si è osservato che una simile distinzione abbia più che altro un valore descrittivo e, pertanto, possa operare solo in astratto, atteso che nella realtà digitale lo stesso bene (piatta- forma, blog di un influencer) possa accogliere sia contenuti pa- trimoniali sia contenuti non patrimoniali. L’osservazione è di
G. RESTA, La successione nei rapporti digitalie la tutela post- mortale dei dati personali, cit., 85 ss. Diversamente, A. SPATUZZI, Patrimoni digitali e vicenda successoria, in Not., 4/2020, 402 ss.
266 Ciononostante, una parte della dottrina ritiene che anche questa tipologia di beni, a contenuto strettamente personale, sia trasmissibile, ove si riscontrasse un interesse proprio o al più “familiare” da parte degli eredi, come ad esempio la tutela dell’immagine o della stima sociale dell’autore. Cfr., al riguar- do, L.C. UBERTAZZI, I diritti d’autore e connessi, Milano, 2000; A ZACCARIA, Diritti extra-patrimoniali e successioni. Dall’unità al pluralismo nelle trasmissioni per causa di morte, Padova, 1988; L. CARRARO, Il diritto sui ricordi di famiglia, in Studi in onore di A. Cicu, Milano, I, 1951. In senso decisamente contrario alla trasmissione ereditaria dei diritti sui contenuti digitali affidati alla rete si pone S. DELLE MONACHE, Successio- ne mortis causa e patrimonio digitale, cit., il quale riconosce soltanto forme di tutela iure proprio sull’accesso e sulla gestio- ne di dati affidati dal defunto a strumenti e piattaforme digitali, con legittimazione attribuita dalla legge o comunque da attri- buirsi ai familiari del defunto stesso. Favorevole alla trasmissi- bilità a eredi e legatari degli “averi digitali”, senza distinzioni, persino per le criptovalute, F. MASTROBERARDINO, Il patrimo- nio digitale, Napoli, 2019, 179; ID., L’eredità digitale, in Not., 2/2021, 138 ss. Cfr., per alcuni spunti, M.D. BEMBO, Carte, do- cumenti, ritratti, ricordi di famiglia, in G. BONILINI (a cura di), Trattato di diritto delle successioni e delle donazioni, I, La suc-
so per caso la trasferibilità degli stessi, in base ad un bilanciamento di interessi tra la privacy del defunto, rectius la volontà espressa da quest’ultimo anche attraverso l’adesione a clausole contrattuali previste dagli internet services providers267 circa la sorte dei
dell’esecutore testamentario l’istituto del “legato di password”, che si configura attraverso l’attribuzione, fatta per testamento, delle credenziali per accedere a contenuti digitali. Qui la trasmissione della password è rappresentativa del trasferimento
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
propri contenuti digitali, e gli interessi di cui sono dei beni a titolo particolare, assumendo connotati
portatori i suoi eredi.
Il tema richiama concretamente la tutela postu- ma dei diritti della personalità e dei dati personali, nel suo necessario bilanciamento con gli interessi altrui meritevoli di prevalenza. Nell’ottica della pro- tezione del diritto all’identità digitale del de cuius, soprattutto correlata ai social networks, viene in ri- lievo in particolare il nuovo art. 2-terdecies d.lgs. 196/2003, recentemente introdotto dal d.lgs. 101/2018268.
In questo scenario, la figura del “contatto erede”, già presente in varie piattaforme digitali (come, ad esempio, Facebook) ha il vantaggio di non consenti- re al prescelto di conoscere le credenziali di accesso alla piattaforma prima della morte del titolare dell’account; ponendosi all’uopo soltanto il pro- blema di inquadrare giuridicamente l’atto di nomina dell’istituito. Per quanto riguarda l’ordinamento ita- liano le alternative non possono che ricadere sulla figura del mandato post mortem ad exequandum, ovvero dell’esecutore testamentario; con la precisa- zione, in questo secondo caso, che la nomina sia ef- fettuata per testamento, a pena di invalidità, e non solo attraverso le impostazioni della piattaforma di- gitale269. Si discosta, invece, dalla figura
cessione ereditaria, Milano, 2009; R. TUCCILLO, La successio- ne ereditaria avente ad oggetto le carte, i documenti, i ritratti e i ricordi di famiglia, in Dir. delle succ. e fami. 1/2016, 159 ss.;
F. MORRI, Il diritto d’autore. Le lettere missive ricevute dal de cuius,ivi, 2009.
267 Cfr. L. NIVARRA, voce Responsabilità del provider, in Dig. civ., agg., II, Torino, 2003, 1195 ss.
268 In questo ordine di idee si colloca la prima pronuncia italia- na, resa dal Tribunale di Milano, Sez. I, ord. 09 febbraio 2021, con nota di I. MASPES, Diritto alla privacy – Morte “digitale” e persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica, in Giur. it., 7/2021, 1600 ss.; con nota di G. RESTA, L’accesso post mor- tem ai dati personali: il caso Apple, in Nuov. giur. civ. comm., 3/2021, 678 ss.; con nota di S. BONETTI, Dati personali e tutela post mortem nel novellato Codice privacy: prime applicazioni, in Nuov. giur. civ. comm., 3/2021, 560 ss.; con nota di F. MASTROBERARDINO, L’accesso agli account informatici degli utenti defunti: una prima, parziale, tutela, in Fam. e dir., 6/2021, 622 ss. Il tribunale meneghino ha riconosciuto ai geni- tori del defunto l’accesso al profilo iCloud di quest’ultimo, sul- la base di “ragioni familiari meritevoli di protezione” di cui so- no stati riconosciuti titolari gli stessi ricorrenti in virtù del di- sposto dell’art. 2-terdecies d.lgs. n. 196/2003. Alla pronuncia del Tribunale di Milano ha fatto eco la decisione successiva del Tribunale di Bologna, ord. 25 novembre 2021.
269 Più proclive alla figura del mandato post mortem ad exe- quandum appare M. TAMPIERI, Il patrimonio digitale oltre la vita: quale destino?, in Contr. e impr., 2/2021, 543 ss., la quale ritiene la figura in parola uno strumento più elastico e sicuro
simili alla traditio symbolica romana270.
Tutto questo rivela, al di là dei singoli ambiti, una linea evolutiva del nostro diritto successorio, ormai da diversi decenni, in cui il ruolo riconosciuto all’autonomia dei privati nella pianificazione delle sorti delle proprie sostanze, per il tempo in cui si sarà cessato di vivere, è sempre maggiore271. Pro-
rispetto al testamento, quanto meno sotto il profilo della segre- tezza delle credenziali, note al solo mandatario, nonché della riservatezza del de cuius; in argomento v. pure A. SPANGARO, La tutela postmortale dei dati personali del defunto, in Contr. e impr., 2/2021, 574 ss.; G. ARCELLA, La tutela della personalità del defunto e la protezione post mortem dei dati personali, in Not., 6/2021, 608 ss.; S. STEFANELLI, Destinazione post mortem dei diritti sui propri dati personali, in Riv. dir. media, 2019, 1 ss.; G. ZICCARDI, Il libro digitale dei morti. Memoria, lutto, eternità e oblio nell’era dei social network, Milano, 2017, pas- sim.
270 Cfr., sul punto, L. DI LORENZO, Il legato di password, in Not., 2/2014 e in Vita not., 2015, 597; ID., L’eredità digitale, in Notariato, 2/2021, 138 ss., spec. 148 ss.; dello stesso A. v. pure il volume I legati a contenuto atipico e tipico nella prassi nota- rile, in Quaderni della Riv. del Not., 2015, 147 ss.
271 Proprio ragionando in questi termini, cioè di massima auto- nomia nella “programmazione successoria”, la giurisprudenza ha ammesso anche la diseredazione (naturalmente dei soggetti non legittimari), a lungo relegata nei ristretti confini di una “istituzione d’erede implicita” a favore di altri soggetti. Il rife- rimento è a Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2012, n. 8352, in Vita not., 2012, II, 665 ss., con nota di D. PASTORE, La Cassazione ammette la diseredazione; in Guida al Diritto, n. 25, 16 giugno 2012, 48 ss., con nota di M. LEO, In presenza di un’unica clau- sola negativa difficile ri- costruire il desiderio del defunto; in Riv. not., 2012, 1228 ss., con nota di M. DI FABIO, In tema di diseredazione (anche del legittimario); in Giur. it., 2012, 2506 ss., con nota di G. TORREGROSSA, Nota in tema di diseredazio- ne; in Fam. pers. succ., 2012, IX, 763 ss., con nota di V. BARBA, La disposizione testamentaria di diseredazione; in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx, 30 giugno 2012, con nota di L. BALESTRA, La diseredazione: un percorso interpretativo al passo coi tempi; in Giust. civ., 2013, I, 685 ss., con nota di V. OCCORSIO, «Escludo da ogni avere i miei cugini»: la Cassazio- ne alla svolta in tema d diseredazione, e ivi, VII-VIII, 1473 ss., con nota di C. BRUNO, Liceità della diseredazione esplicita; in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, marzo 2013, 12 ss., con nota di F. TROTTA, Riflessioni sulla clausola di diseredazione alla luce del recente orientamento giurisprudenziale; in Notariato, 2013, 24, con nota di R. CIMMINO, Diseredazione e ricostruzio- ne causale del negozio testamentario; in Corriere giur., 2013, V, 614 ss., con nota di B. CALIENDO, La diseredazione: “(non) vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole..”; in Riv. dir. civ., 2014, 307 ss., con nota di R. PACIA, Validità del testamen- to di contenuto meramente diseredativo; in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, III, 1153 ss., con nota di E. PETRONE, La disereda- zione e la clausola di esclusione meramente negativa. Ultimi orientamenti giurisprudenziali; si vedano altresì M. SCALISI, Clausola di diseredazione e profili di modernità, Studio n. 339- 2012/C, approvato dalla Commissione Studi Civilistici CNN
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prio l’analisi del funzionamento degli schemi nego- ziali qui complessivamente svolta conduce, in defi- nitiva, ad auspicare, in una prospettiva di riforma ben più radicale, una revisione delle scelte normati- ve italiane, che potrebbero essere arricchite
dall’ammissibilità di accordi successori272. Non può
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trascurarsi, d’altronde, il contesto europeo in cui di- versi Paesi (su tutti la Germania) non conoscono questa pesante limitazione dell’autonomia privata, qual è il divieto dei patti successori; per non parlare del Reg. UE n. 650/2012 che, nell’assoggettare la successione alla legge del Paese di residenza, di fat- to consente oggi che un cittadino italiano residente in Germania possa validamente stipulare un patto successorio273.
D i r i t t o d e l l e s u c c e s s i o n i e c o n t r a t t o : s t a t o d e l l ’ a r t e e p r o s p e t t i v e f u t u r e ( D a n i e l e G i g l i o )
del 20 settembre 2012; C. LAZZARO, La nuova frontiera della diseredazione, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, luglio 2014; L. DE STEFANO, I nuovi profili della clausola di disereda- zione, in xxx.xxxxxx.xx, 1 agosto 2015; v. pure A. PURPURA, La fisionomia del testamento tra volontà negativa e traduzione in regola successoria, in Pers. e merc., 3/2020, 292 ss.
272 Critico sull’opportunità di mantenere il divieto dei patti suc-
cessori già V. ROPPO, Per una riforma del divieto dei patti suc- cessori, cit., 5 ss.; v. pure A. SPATUZZI, Il divieto dei patti suc- cessori: tra attuali dimensioni funzionali e crescenti fermenti riformatori, in Dir. Succ. Fam., 3/2019, 855 ss.
273 Ai patti successori si applicano, infatti, i criteri di collega- mento previsti per le successioni: in questo senso, v. gli artt. 1, lett. b), e 25 Reg. UE 650/2012. In dottrina v. V. PUTORTÌ, Il divieto dei patti successori istitutivi alla luce del Regolamento UE 650/2012, in Dir. Succ. Fam., 2016, 845 ss.; J.P. SCHMIDT, L’applicazione del Reg. UE 650/2012 nella prassi tedesca, in Riv. dir. civ., 6/2021, 1241 ss.; nonché il commento a Cassazio- ne Civile, SS.UU., 5 febbraio 2021, n. 2867 di M. RIZZUTI, Suc- cessioni transnazionali e revocazioni testamentarie, in Il Cor- riere giuridico, 11/21, 1325 ss. Sul versante della giurispruden- za europea, si rinvia a Corte di Giustizia UE 12 ottobre 2017, C-218/16, Kubicka, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 5, 697, con nota di D. ACHILLE, Lex successionis e compatibilità con gli ordinamenti degli stati membri nel Reg. UE n. 650/2012; in Dir. succ. fam., 2019, 1, 271, con nota di M. RIZZUTI, Succes- sioni transnazionali e pubblicità dell’acquisto dei legati. Il ca- none interpretativo emerso in tale sede è stato poi richiamato anche da successive pronunzie, come ad esempio, in tema di certificato successorio; Corte di Giustizia UE 21 giugno 2018, C-20/17, Oberle, in Notariato, 2019, 1, 79, con nota di M.T. BATTISTA – G. CARUSO, La Corte di Giustizia UE afferma il principio dell’unità della successione.