STRATEGIE NAZIONALI E REGIONALI DI
STRATEGIE NAZIONALI E REGIONALI DI
CONTRASTO ALLA
DISPERSIONE FORMATIVA
a cura di
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Xxxx D’Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxx
L’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP) è un ente pubblico di ricerca che si occupa di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e, in generale, di tutte le politiche economiche che hanno effetti sul mercato del lavoro. Nato il 1° dicembre 2016 a seguito della trasformazione dell’Isfol e vigilato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l’Ente ha un ruolo strategico – stabilito dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 – nel nuovo sistema di governance delle politiche sociali e del lavoro del Paese.
L’Inapp fa parte del Sistema statistico nazionale (SISTAN) e collabora con le istituzioni europee. Da gennaio 2018 è Organismo intermedio del PON Sistemi di Politiche Attive per l’Occupazione (SPAO) del Fondo sociale europeo delegato dall’Autorità di Gestione all’attuazione di specifiche azioni ed è Agenzia nazionale del programma comunitario Erasmus+ per l’ambito istruzione e formazione professionale. È l’ente nazionale all’interno del consorzio europeo XXXX-ESS che conduce l’indagine European Social Survey.
Presidente: Xxxxxxxxxx Xxxxx
Direttore generale: Xxxxx Xxxxx Xxxxxx
Riferimenti Xxxxx x’Xxxxxx, 00
00000 Xxxx
Tel. + 00 00000000
La collana Inapp Report è curata da Xxxxxxxxxx Xxxxxx.
INAPP
Strategie nazionali e regionali di contrasto alla
dispersione formativa
a cura di
Xxxx D’Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxx
Il Rapporto presenta uno studio sugli approcci strategici al problema della dispersione formativa che informano alcuni contesti europei (Italia, Francia, Germania, Irlanda e Portogallo) e sulle policies regionali di contrasto al fenomeno, implementate nel nostro Paese.
La ricerca è stata condotta dall’Inapp in qualità di Organismo Intermedio del PON SPAO, con il con- tributo del FSE 2014-2020, Asse Istruzione e Formazione, Operazione 10.1.8.1, Responsabile Em- xxxxxxx Xxxxxxxxx, nell’Ambito dell’Attività 2 (Analisi delle politiche regionali ed europee di contrasto alla dispersione).
L’indagine, realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Xxxxxx Xxxxxxxx XX, è stata coordinata sul piano scientifico e tecnico da Xxxx X’Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx.
Gruppo di lavoro: Xxxx X’Xxxxxxxxx (Inapp), Xxxxx Xxxxxxxx (Inapp), Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx (Università Xxxxxxxx XX di Napoli), Xxxxxxxx Xxxxxxx (Università Xxxxxxxx XX di Napoli), Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (Uni- versità Xxxxxxxx XX di Napoli), Xxxxxx Xxxxxxxx (Università Xxxxxxxx XX di Napoli).
Questo testo è stato sottoposto con esito favorevole al processo di peer review interna curato dal Comitato tecnico scientifico dell’Inapp.
Testo a cura di Xxxx X’xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx
Autori: Xxxx X’xxxxxxxxx (Introduzione, par. 1.1); Xxxxx Xxxxxxxx (parr. 1.1, 1.2, 1.3, Riflessioni con- clusive); Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx (parr. 2.3, 2.4, 3.3); Xxxxxxxx Xxxxxxx (2.1, 3.4); Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
(Alcune considerazioni di sintesi, 3.1, 3.2); Xxxxxx Xxxxxxxx (2.2, 3.4). Coordinamento editoriale: Xxxxxxxx Xxxxxx
Le opinioni espresse in questo lavoro impegnano la responsabilità degli autori e non necessariamen- te riflettono la posizione dell’Ente.
Testo chiuso a novembre 2022
Alcuni diritti riservati [2022] [INAPP]
ISSN 2533-1795
ISBN: 978-88-543-0239-6
Indice
1 La dispersione come problema sociale 15
1.1 Le questioni di sfondo della ricerca 15
1.2 Dimensioni qualitative e quantitative del fenomeno 19
1.3 Obiettivi e metodologia dell’indagine 30
2 Approcci strategici alla dispersione: un confronto fra Italia, Irlanda, Francia,
2.1 Le performance dei Paesi rispetto agli obiettivi europei 35
2.2 Gli indicatori di rilevazione della dispersione 48
2.3 Gli strumenti di monitoraggio e valutazione delle politiche 54
2.4 Le misure di orientamento e il funzionamento delle reti partenariali 62
Alcune considerazioni di sintesi 74
3 Le policies regionali di contrasto alla dispersione in Italia 77
3.1 Presentazione del lavoro e nota metodologica 77
3.2 Aspetti definitori: la descrizione delle categorie utilizzate 80
3.3 Una tipologia delle azioni di contrasto alla dispersione 85
3.4 Destinatari e beneficiari delle policies 92
Riflessioni conclusive 103
Bibliografia 113
Introduzione
La dispersione formativa costituisce una questione centrale per le politiche euro- pee, a causa del suo impatto con due problemi che la perdurante crisi economica globale e l’emergenza pandemica hanno contribuito ad esacerbare: quello del- la disuguaglianza nelle opportunità, a livello individuale, e quello dello sviluppo economico, scientifico e tecnologico, della partecipazione alla vita democratica, a livello collettivo.
A partire dal secondo dopoguerra, la letteratura scientifica di tipo economico, sociologico e politologico ha posto l’accento sulla relazione positiva fra istruzione e mobilità sociale, avvalorando il ruolo effettivamente esercitato dalle politiche educative e dai sistemi di Welfare europei, in favore dello sviluppo economico e della mobilità intergenerazionale, in seno alle democrazie occidentali. Una ricca varietà di indagini, nel tempo, ha evidenziato tanto i potenziali benefici riconducibili alla partecipazione ai percorsi di istruzione e formazione (in termini di condizio- ne occupazionale, livello retributivo, tutela della salute, grado di soddisfazione rispetto alla propria esistenza etc.), quanto i potenziali svantaggi (individuali e sociali), legati alla fuoriuscita prematura dagli stessi e, più in generale, al possesso di bassi livelli di qualificazione e competenze. Basti pensare ai tempi più lunghi nella transizione al lavoro, alle maggiori difficolta nel reinserimento lavorativo, a varie forme di disagio sociale e comportamenti devianti (soprattutto nei giovani), tutti accompagnati da significativi costi sociali di tipo economico e non solo (sussidi al reddito, prestazioni sanitarie, servizi sociali di varia natura, erosione della fiducia nelle istituzioni pubbliche).
Ad oggi, suffragata da un’abbondante mole di studi di carattere empirico e dagli indicatori sociali ed economici della statistica ufficiale, l’esistenza di un vantaggio individuale e collettivo legato all’investimento nell’istruzione – al di là dei para- digmi teorici – appare innegabile. L’istruzione, in altri termini, gioca un ruolo im- portante nello sviluppo delle opportunità reali degli individui e nella promozione della qualità della loro esistenza, in modo indipendente dagli effetti – pure dispie- gati – nell’ambito dei rapporti economici (Sen 1994). La dispersione formativa, pertanto, si staglia come questione che va direttamente a incidere, da un lato,
sull’equa distribuzione fra i cittadini di ogni tipo di risorsa (materiale e immateriale) e, dall’altro, sulla capacità di un sistema sociale di liberare o comprimere le sue potenzialità di sviluppo.
Sul piano fenomenologico, la dispersione si configura come l’esito di un processo di disaffezione del giovane dalle istituzioni educative, che assume il significato di disengagement; un disimpegno che non si limita all’ambito scolastico, ma che investe tutti i mondi vitali del giovane, a partire dalla famiglia e dal gruppo dei pari (Colombo 2010).
Per spiegare il fenomeno sono stati chiamati in causa una pluralità di fattori indivi- duali e sociali, interni ed esterni alle istituzioni educative, su cui gli studiosi hanno posto variamente l’accento. Sul versante delle determinanti endogene al sistema educativo sono stati evidenziati i modelli relazionali fra lo studente e gli insegnanti e fra lo studente e il gruppo classe, i modelli didattici, valutativi e comunicativi adottati dai docenti, i modelli organizzativi dei percorsi formativi, le reti di sostegno interne alla scuola. Fra le determinanti extra-scolastiche della dispersione, invece, la letteratura sul tema assegna particolare rilevanza ai fattori socio-economici e culturali, legati alle condizioni di sviluppo del territorio e soprattutto al background di origine familiare; due aspetti che continuano a trovare particolare riscontro nel nostro Paese (Shavit e Xxxxxxxxx 1993; Xxxxxx-Xxxxxxxx e Mestres 2003; Xxxxxxxxx e Checchi 2006; Istat 2020; 2021). Questa eterogeneità di fattori individuali e sociali, che trascinano con sé l’influenza delle condizioni di disuguaglianza derivanti da differenti contesti (sociale, economico, culturale e dallo stesso sistema educativo), risultano strettamente intrecciati fra loro.
Per questa ragione, il fenomeno della dispersione formativa resta sfuggente sul piano conoscitivo, nonostante pregevoli indagini ad hoc sul tema (Colombo 2010; Isfol et al. 2012), e di difficile approccio sul piano strategico delle politiche pub- bliche. Le criticità nella progettazione e nell’implementazione di efficaci linee di intervento di contrasto alla dispersione dipendono, essenzialmente, dalla pluri- dimensionalità del fenomeno e dalla sua intrinseca complessità.
In quanto fenditura del sistema educativo, la dispersione è una parola chiave per interpretarne il funzionamento e valutarne la qualità, ma i significati con cui si ricorre al termine non sono univoci. Nel dibattito scientifico la dispersione è un fenomeno riferibile all’irregolarità e/o discontinuità con cui il giovane affronta un percorso formale di studi, dando luogo a manifestazioni quali l’assenza protratta, il basso rendimento, la non ammissione agli esami, la bocciatura, l’interruzione della frequenza e l’abbandono del corso (Morgagni 1998). In questa accezione la dispersione spazia da un mero prolungamento dell’iter formativo alla fuoriuscita precoce dal sistema educativo.
In un’accezione più ristretta, dominante nel dibattito istituzionale, il termine disper- sione è generalmente riferito alla fuoriuscita prematura del giovane dai percorsi
di istruzione e formazione, previsti dagli obblighi di legge in materia. Ed è con questo significato più circoscritto che il concetto di dispersione viene a coincidere con quello di abbandono scolastico e formativo, qualificandosi secondo le regola- mentazioni proprie di ogni Paese.
Nello spazio europeo, il contrasto all’abbandono precoce è stato individuato come una priorità, dapprima nel quadro della strategia europea per l’occupazione del 1997 e poi nel quadro strategico per la cooperazione europea in materia di istru- zione e formazione del 2009. La riduzione dell’abbandono precoce degli studi sotto la soglia del 10% nell’ambito della Strategia ET 2020 – oggi ridotta al 9% nell’ambito dell’Agenda 2030 – costituisce un parametro di riferimento comunita- rio (benchmark), misurato attraverso il concetto di Early Leaving from Education and Training, elaborato dalle istituzioni europee per monitorare il fenomeno, in modo omogeneo, fra i Paesi membri. La traduzione operativa di questo costrutto, sotto forma di indicatore statistico, coincide con la percentuale di giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni, che, al momento della rilevazione, si dichiara in possesso di un titolo di studio non superiore al diploma di istruzione secondaria di primo grado (licenza media) e non coinvolto in attività formative, nelle quattro settimane precedenti l’indagine Labour Force Survey (LFS), condotta negli Stati membri dai rispettivi istituti nazionali di statistica.
Nell’ottica di ridurre la quota di giovani che abbandonano prematuramente gli studi, le istituzioni comunitarie, nel 2011, hanno adottato una specifica Racco- mandazione sulle politiche di riduzione dell’abbandono scolastico, cercando di promuovere fra gli Stati membri opportune strategie integrate di prevenzione, di intervento sui target a rischio e di compensazione, mirate ad accrescere la parte- cipazione ai sistemi di istruzione e formazione, la qualità dell’offerta educativa e le competenze degli individui.
Negli ultimi vent’anni, nel panorama europeo si è registrato un generale trend positivo di riduzione del tasso di abbandono degli studi, ma ad oggi restano signifi- cative sia le disparità fra i Paesi membri sia le disparità all’interno di ciascuna realtà nazionale. Entro questo panorama, il sistema educativo italiano sconta ancora un certo ritardo in termini di efficacia e capacità inclusiva. Sul piano comparativo, l’Ita- lia resta fra i Paesi contraddistinti da valori più alti di abbandono degli studi e, più in generale, da valori più bassi di scolarizzazione della popolazione: i dati Eurostat 2020 indicano nel 13,5% la stima del tasso di abbandono dei giovani italiani nella fascia di età 18-24 anni (scesa al 13,1% nel 2021) rispetto al valore medio europeo del 10,3%; nel 62,1% la stima dei diplomati italiani nella fascia di età 25-64 anni rispetto al valore medio del 78,4% degli europei; nel 27,6% la stima dei laureati italiani nella fascia di età 30-34 anni rispetto al valore medio del 40,3% di UE-27. Questi valori si rispecchiano in tempi più lunghi di transizione al lavoro per i giovani, in minori prospettive di guadagno nel corso della vita, nonché in ulte-
xxxxx forme di stratificazione sociale, basate sul possesso di determinate abilità. Basti pensare a quelle digitali in continua evoluzione, che stanno giocando un ruolo importante nell’aumentare la povertà educativa e la disuguaglianza sociale (Istat 2020; 2021).
Nel nostro Paese il fenomeno dell’abbandono assume le stesse caratteristiche rintracciabili negli altri sistemi educativi europei, seppure con una particolare capacità discriminante di alcune variabili (genere, etnia e area geografica). Rap- porti e indagini istituzionali, accompagnate da ricerche sulla condizione giovanile in Xxxxxx (Xxxxxxx x Xx Xxxxx 0000; Xxxxx et al. 1997, 2007; Istituto Xxxxxxxx Xxxxxxx 2016, 2019) hanno individuato alcune costanti del fenomeno: l’abbandono degli studi risulta più frequente fra i maschi rispetto alle femmine, nelle famiglie con bassa scolarizzazione (indipendentemente dal ceto) e bassa estrazione socio- culturale, fra gli stranieri, nonché nelle regioni meridionali e insulari. Inoltre, la scelta della filiera nel secondo ciclo (fra Licei, Istituti Tecnici, Istituti Professionali o IeFP) – determinante nel processo di riproduzione delle disuguaglianze – dipende in maniera robusta dall’ambiente familiare e la variabile maggiormente esplicativa di tale scelta è il livello di istruzione dei genitori, più che la classe sociale ed econo- mica di appartenenza. Un’altra evidenza statistica è che l’abbandono si concentra nei primi due anni di frequenza della scuola secondaria superiore o della filiera dell’istruzione e della formazione professionale e si registra, più spesso, fra gli studenti con pregressi insuccessi scolastici (MIUR 2019). Inoltre, indagini nazionali come i test INVALSI, somministrati sul target dei quindicenni, hanno messo in rilievo differenti livelli di performance – in termini di risultati di apprendimento delle competenze di base – connessi alla tipologia di filiera formativa (un minore rendimento scolastico all’interno degli Istituti Professionali rispetto agli Istituti Tecnici e soprattutto ai Licei) e alla dimensione territoriale (un minore rendimento scolastico nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Centro-Nord). I divari territoriali del nostro Paese relativamente ai learning outcomes trovano, peraltro, conferma nelle grandi indagini internazionali OCSE-PISA e OECD-PIAAC.
Data la rilevanza e la variabilità del fenomeno, dal punto di vista della ricerca scientifica e degli attori istituzionali, resta pregnante cercare di comprendere, anche attraverso analisi ad hoc, le ragioni che sono alla base dei differenziali di rendimento dei sistemi educativi sia fra i vari contesti europei, sia all’interno delle aree geografiche di ogni Paese.
Lo studio presentato in questo Report tenta di affrontare la questione della di- spersione scolastica e formativa, alla luce delle varie forme di azione di contrasto alla stessa, agite a livello regionale in Italia, offrendo una panoramica comparativa delle performance rispetto agli obiettivi comunitari, degli indicatori di rilevazione del fenomeno, delle modalità di utilizzo di alcuni strumenti e misure, rintracciabili nell’ambito dei sistemi educativi di Francia, Germania, Irlanda e Portogallo.
Nelle pagine che seguono, si illustrano, in particolare, alcune delle principali evi- denze di un’indagine, condotta da Xxxxx, nel corso del 2019 e del 2020, nell’am- bito del progetto di Analisi delle politiche regionali ed europee di contrasto alla dispersione, contemplato dal Piano di Attività FSE 2018-2020 – PON SPAO (Sistemi di politiche attive per l’occupazione, Asse Istruzione e Formazione). Il progetto, articolato in due linee di attività di ricerca, è stato curato dalla Struttura Sistemi Formativi e realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Xxxxxx Xxxxxxxx XX0.
L’attività di ricerca della linea 1 – Le politiche regionali di contrasto alla dispersione formativa in Italia si è focalizzata sulle specifiche misure di contrasto all’abban- dono precoce dei percorsi di istruzione e formazione, implementate a livello di singola Regione/Provincia Autonoma, su tutto il territorio italiano. L’interesse per questo ambito di ricerca è scaturito dal fatto che, sebbene le istituzioni scolastiche e formative realizzino, sul piano locale, una miriade di iniziative per arginare il fenomeno della dispersione, ad oggi non vi è ancora una conoscenza sistematica circa la variabilità delle forme inerenti alle procedure regolamentari che stanno a monte dei finanziamenti pubblici dedicati, alle categorie di attori sociali (pubblici e privati) coinvolti nella progettazione e nell’erogazione degli interventi, all’insieme dei processi attivati per la presa in carico degli alunni a rischio di abbandono e alla tipologia di servizi erogati.
L’attività di ricerca della linea 2 – Le politiche europee di contrasto alla dispersione formativa si è invece focalizzata sull’analisi delle strategie di contrasto all’abban- dono precoce degli studi, attuate a livello nazionale in quattro contesti europei (Francia, Germania, Irlanda e Portogallo), selezionati sulla base della combinazione di due criteri: 1) la diversa collocazione del singolo Paese, nel 2019, in riferimento al tasso di abbandono (Early Leaving from Education and Training), in termini di valore superiore o inferiore alla media europea; 2) la performance di ciascun Paese rispetto al suddetto tasso, in termini di variazione (in punti percentuali) registrata nel periodo 2004-2019, rispetto alla variazione media europea.
In questo lavoro vengono presentati soltanto alcuni temi indagati attraverso i due filoni di ricerca. Sul piano metodologico, entrambe le attività di ricerca sono state condotte attraverso un’analisi on desk sulla documentazione in materia (atti normativi/regolamentari, linee guida, bandi e progetti finalizzati a contrastare la dispersione) e un’analisi on field, basata sulla realizzazione di interviste qualitative a referenti e testimoni privilegiati. Nel complesso, le due linee di attività di ricerca
1 L’indagine Inapp è stata coordinata sul piano tecnico-scientifico da Xxxx X’Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx. Del gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Xxxxxx Xxxxxxxx XX, coordinato da Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, hanno fatto parte – fra gli altri – Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx, coautori del presente Report.
rispecchiano l’ambizioso progetto di esplorare il fenomeno della dispersione dal punto di vista dell’ampia gamma delle politiche implementate a differenti livel- li territoriali (sovranazionale, nazionale e regionale), con l’obiettivo specifico di fronteggiarlo.
Il Report è strutturato in tre capitoli. Il primo, intitolato La dispersione come proble- ma sociale, affronta il tema della dispersione scolastica e formativa, alla luce delle questioni che fanno da sfondo alla ricerca: il nesso fra dispersione e rendimento del sistema educativo e, più in generale, il nesso fra dispersione e definizione del perimetro delle opportunità individuali, nonché delle condizioni di sviluppo delle società postmoderne (par. 1.1). Nel successivo paragrafo si tenta di ricostruire il quadro della dispersione formativa, in riferimento al concetto di Early Leaving from Education and Training e alla sua definizione operativa a livello europeo, mettendo in luce le dimensioni quantitative e qualitative del fenomeno, la sua evoluzione nel tempo, le sue caratteristiche rispetto alla popolazione di riferimento e il posizio- namento dell’Italia nel contesto europeo (par. 1.2). Si delineano infine gli obiettivi e la metodologia che hanno informato l’intero disegno della ricerca (par. 1.3).
Il secondo capitolo, Approcci strategici alla dispersione: un confronto fra Italia, Irlanda, Francia, Germania e Portogallo, persegue l’intento di rintracciare modelli di policy di contrasto alla dispersione, con cui confrontarsi, nell’ambito del det- tato dell’agenda europea nel campo dell’istruzione e della formazione. A tal fine vengono presentate alcune delle principali evidenze relative all’attività di ricerca condotta sui quattro Paesi europei, oggetto di studio (Francia, Germania, Portogallo e Irlanda). Si cerca in particolare di offrire, in chiave comparativa, una lettura sul rendimento dei sistemi educativi di questi Paesi (Italia compresa) in relazione ai benchmark comunitari (par. 2.1); sull’utilizzo di indicatori e strumenti per la rile- vazione della dispersione (par. 2.2), sulle attività di monitoraggio e di valutazione delle politiche (par. 2.3); sulle modalità di ricorso all’orientamento come strumento trasversale delle azioni di contrasto al fenomeno e sui meccanismi di funziona- mento delle reti partenariali (par. 2.4). Ne scaturisce un quadro composito, senza dubbio legato alle condizioni di partenza dei singoli Paesi ma anche alla differente capacità di ciascuna realtà nazionale di approcciare al fenomeno della dispersione, nonostante la spinta istituzionale dell’UE verso l’adozione di politiche educative e di criteri di performance comuni. Questo secondo capitolo si chiude con alcune Considerazioni di sintesi, che sottolineano l’importanza dell’esistenza di una regia strategica istituzionale, atta a favorire una riflessione sulla definizione del problema dispersione all’interno di una rete sinergica nazionale/territoriale e una risposta allo stesso in termini di coordinamento di politiche e misure.
Il terzo capitolo, dal titolo Le policy regionali di contrasto alla dispersione in Italia, è interamente centrato sull’analisi della governance regionale delle azioni di con- trasto alla dispersione ed ha come finalità quella di mettere a fuoco i meccanismi
e i processi che presiedono, regolano e danno concretamente veste alle policies regionali. Dopo aver presentato il lavoro sotto il profilo metodologico (par. 3.1) ed esplicitato gli aspetti definitori delle categorie utilizzate nel lavoro di riclassificazio- ne delle variabili (par. 3.2), viene illustrata l’analisi compiuta sulla documentazione regionale di programmazione degli interventi, raccolta on desk e opportunamente integrata con le informazioni rilevate attraverso le interviste effettuate a policy makers e soggetti attuatori. In particolare, si offre una sintesi di tipo statistico- descrittiva, tesa a delineare le principali caratteristiche dei 186 interventi regionali censiti on desk, relativamente al quinquennio 2015-2019, e realizzati tramite la procedura dei bandi ad evidenza pubblica, a prevalente finanziamento comunitario (Fondo Sociale Europeo). L’analisi delle azioni di contrasto alla dispersione è con- dotta tenendo conto di alcuni elementi ritenuti in grado di restituire informazioni essenziali sulle strategie delle politiche adottate: obiettivi e macroattività degli interventi (par. 3.3); destinatari e beneficiari delle policy (par. 3.4).
Nelle Riflessioni conclusive si cerca di riannodare le fila del discorso intorno ad approcci e strategie di contrasto alla dispersione, a partire dalle principali evidenze scaturite dall’analisi delle policies regionali. Nella varietà di interventi e nelle loro caratteristiche si rintracciano le peculiarità dei territori, con il loro bagaglio diffe- renziato di risorse finanziarie, umane, associative e imprenditoriali. Rispetto a tale varietà di interventi e alle loro caratteristiche, si propongono alcune riflessioni sui punti di forza e di debolezza degli stessi, accompagnate da qualche indicazione di policy in merito a strategie e metodi utili a rafforzarne l’efficacia.
1 La dispersione come problema sociale
1.1 Le questioni di sfondo della ricerca
Le strategie di contrasto alla dispersione formativa sono al centro di questo Report perché l’abbandono degli studi evoca due questioni del tutto cruciali per le de- mocrazie occidentali: il problema della disuguaglianza nelle opportunità, a livello individuale, e il problema di un deficit di sviluppo economico, a livello di sistema sociale. Il tema della disuguaglianza chiama in causa la relazione fra istruzione e mobilità sociale, riconosciuta da un’ampia letteratura sociologica e politologica, mentre il tema della crescita economica chiama in causa il rapporto fra capitale umano e sviluppo economico, evidenziato, in particolare, dalla letteratura eco- nomica.
La fuoriuscita prematura dal sistema educativo non si limita a precludere ai giovani la possibilità di acquisire un livello minimo di competenze di base e di proseguire nella carriera formativa, nonché di fruire, agevolmente, di attività di aggiornamento delle competenze, una volta divenuti adulti. Come messo in luce da una grande varietà di indagini, accompagnata dalle evidenze degli indicatori socio-economici messi a disposizione dalla statistica ufficiale, l’abbandono degli studi si configura come un fattore in grado di alimentare povertà e marginalità sociale e come un limite alla produttività e alla competitività del sistema sociale, minando il terreno della solidarietà, della coesione sociale e della cittadinanza attiva.
Se oggi la dispersione formativa costituisce una questione del tutto nevralgi- ca per le politiche europee, lo si deve al suo impatto con queste due grandi questioni. Coniugare la questione della dispersione all’istanza etica dell’equità significa compiere lo sforzo di pensare ai problemi connessi a questo fenome- no in termini normativi, ponendo l’accento sui fattori non razionalistici e non utilitaristici, che sono alla base della convivenza sociale. In questa prospettiva, si potrebbe affermare che le politiche europee di contrasto alla dispersio- ne formativa traggono forza e legittimazione tanto dall’ancoraggio a uno dei principali temi classici della teoria sociale – l’equità – quanto dal rinnovato
ancoraggio al tema dello sviluppo economico, entro il modello analitico della crescita xxxxxxxx0.
La dispersione è dunque una parola chiave per interpretare il funzionamento del sistema educativo di un Paese e quello del sistema sociale nel suo complesso. Eppure il termine dispersione viene spesso utilizzato in un’accezione del tutto indistinta. In questa sede è sufficiente distinguere i due principali significati con cui si ricorre al termine. In un’accezione a-specifica, per dispersione si può intendere l’insieme delle manifestazioni delle irregolarità del percorso formale di studi, in grado di prolungarne l’iter e/o di precluderne il completamento, come l’assenza protratta, l’interruzione della frequenza di un corso prima del suo termine, il basso rendimento, la non ammissione agli esami, la bocciatura (Morgagni 1998).
In un’accezione più circoscritta, invece, per dispersione si può intendere la fuoriu- scita definitiva e prematura dai percorsi di istruzione e formazione previsti dagli obblighi di legge, vigenti all’interno di un determinato contesto sociale. In questa accezione ristretta, il concetto di dispersione viene a coincidere con quello di ab- bandono scolastico e formativo, qualificandosi secondo le disposizioni normative che regolano ciascun Paese.
Dal punto di vista fenomenologico, invece, l’abbandono degli studi si configura come l’esito di un lungo processo di disaffezione dalla scuola, che sovente si nu- tre dell’esperienza dell’insuccesso formativo. Le sue determinanti chiamano in causa una pluralità di fattori strettamente intrecciati fra loro, che spaziano dalle caratteristiche individuali a quelle della famiglia di origine, intersecandosi con la variabilità delle condizioni/risorse rintracciabili nel territorio: qualità e quantità dell’offerta educativa, nonché di servizi e di strutture culturali; opportunità del mercato locale del lavoro3 e capitale sociale, quest’ultimo inteso come l’insieme dei valori civici presenti in un dato contesto sociale (fiducia, solidarietà, tolleranza), secondo l’interpretazione del concetto operata da Xxxxxx (1993)4.
La dispersione formativa è dunque un fenomeno multidimensionale; la risultante dell’effetto combinato di variabili di differente natura, in parte ascritte (come il background socio-economico e culturale), in parte ‘oggettive’ (come il rendimento
2 Il filo rosso che lega le differenti teorie sulla crescita endogena, xxxx a partire dagli anni Ottanta con Xxxxx (1990) e Xxxxx (1990), è rappresentato dall’assunto che sussista un forte nesso fra capitale umano e sviluppo economico di un Paese, seppure i dati empirici non confermino sempre tali teorie.
3 Gli effetti attesi della relazione fra istruzione e mercato del lavoro non sono univoci, nel senso che maggiori opportunità di inserimento professionale potrebbero anche rappresentare un incentivo per abbandonare gli studi in favore di un’attività lavorativa.
4 La teorizzazione del concetto di capitale sociale, come densità delle relazioni fra soggetti individuali e collettivi, residenti in un determinato contesto territoriale, si deve a Xxxxxxx (1990), ma è Xxxxxx che ne sottolinea l’importanza dei fattori sociali e culturali per lo sviluppo locale, attraverso un’affascinante spiegazione delle differenze nel rendimento istituzionale delle regioni italiane e del Mezzogiorno in particolare, a partire dalla loro dotazione di capitale sociale.
scolastico o l’area geografica di residenza) e in parte soggettive (come la percezione rispetto alla scuola e al rapporto con gli insegnanti, l’autopercezione rispetto alle capacità, alle inclinazioni e alle motivazioni personali). Ed è proprio l’intreccio fra queste variabili di differente natura, che trascinano con sé l’influenza di fattori di disuguaglianza derivanti dal contesto sociale, economico, culturale e dallo stesso sistema educativo, a conferire alla dispersione un carattere di grande complessità. Questo spiega perché, a dispetto delle attività istituzionali di monitoraggio e della grande varietà di studi pur pregevoli, la dispersione formativa resti, tuttora, un fenomeno largamente sconosciuto, sotto diversi aspetti: classificazione/stratifica- zione dell’universo di riferimento; quantificazione e comprensione/spiegazione delle cause (Colombo 2015).
Operazione altrettanto complessa è quella di cercare di comprendere la specifi- cità che il fenomeno viene ad assumere, nell’ambito di un determinato contesto sociale. Di qui le difficoltà di definire efficaci strategie di contrasto all’abbandono degli studi, in sinergia con le politiche formative, le politiche attive del lavoro e le politiche sociali destinate ai giovani.
In Europa, il tasso di partecipazione della popolazione ai percorsi formativi – nelle varie fasce di età – è ritenuto uno dei principali indicatori di qualità dei sistemi educativi. La dispersione formativa, in questa prospettiva, rappresenta una sorta di fenditura del sistema educativo ed è per questa ragione che l’Unione Europea investe da tempo in azioni di policy a livello comunitario e regionale, finalizzate a contrastare il fenomeno dell’abbandono, ad accrescere la partecipazione e il rendimento degli individui al sistema di istruzione e formazione, e a operare mi- glioramenti strutturali nella transizione scuola-lavoro dei giovani5.
La lotta all’abbandono precoce è assurta così a priorità strategica in ambito comu- nitario, dapprima nel quadro della strategia europea per l’occupazione del 1997 e poi nel quadro strategico per la cooperazione europea in materia di istruzione e formazione del 2009.
La riduzione del tasso di abbandono prematuro di istruzione e formazione – al di sotto della soglia del 10% nell’ambito della Strategia ET 2020 e del 9% nell’am- bito dell’Agenda 2030 – rappresenta un parametro di riferimento comunitario (benchmark), misurato attraverso il concetto di Early Leaving from Education and Training (ELET). Questo costrutto ha trovato la sua traduzione operativa nella percentuale di giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni, che al momento della rilevazione, risultano in possesso del solo diploma di istruzione secondaria di pri-
5 In questa sede si trascende dai modelli teorici sottesi alle politiche europee in materia di istruzione e formazione professionale. Per una discussione critica sui due paradigmi economico-politici del “capitale umano” e dello “sviluppo umano”, oggi prevalenti nel campo dell’istruzione e della formazione profes- sionale, si rinvia a Xxxxxxxx (2014), mentre per una tipologia analitica dei differenti modelli di formazione professionale, che caratterizzano i principali Paesi avanzati, si rinvia a Xxxxxxxxx e Trampusch (2011).
mo grado o ad esso inferiore, e non risultano coinvolti in attività di istruzione e/o formazione professionale, nelle quattro settimane precedenti l’indagine Labour Force Survey (LFS), condotta negli stati membri dai rispettivi istituti nazionali di statistica. Sul piano statistico, l’ELET viene misurato rapportando il numero di questi giovani al totale della popolazione della stessa fascia di età.
Nel 2011, le istituzioni europee hanno cercato di promuovere una strategia glo- bale di lotta all’abbandono degli studi, adottando una specifica Raccomandazione sulle politiche di riduzione dell’abbandono scolastico, che individua tre tipologie di misure:
• di prevenzione, orientate a creare le precondizioni necessarie al successo formativo e a limitare il peso dei condizionamenti strutturali;
• di intervento, mirate a supportare target di studenti in difficoltà;
• di compensazione, tese a offrire, a chi è già fuoriuscito dal sistema educativo, opportunità alternative di conseguire il titolo di studio necessario all’assolvi- mento degli obblighi di legge.
In linea con le indicazioni comunitarie, nel nostro Paese, le strategie nazionali di lotta all’abbandono precoce sono state orientate soprattutto al rafforzamento della vocazione professionalizzante del sistema di istruzione e formazione professionale nel suo complesso, attraverso processi di riforma dell’ordinamento dell’Istruzione, l’istituzionalizzazione della filiera IeFP e l’introduzione del sistema duale, finalizzato a rafforzare il raccordo fra istruzione, formazione e lavoro. La formazione profes- sionale, difatti, laddove trova buone condizioni per funzionare, non costituisce un canale formativo di seconda scelta rispetto al sistema scolastico, ma viene a rappresentare uno strumento efficace per il contrasto della dispersione. Non a caso, i Paesi europei dotati di sistemi di formazione professionale relativamente più strutturati di altri sono anche quelli che, sul piano comparativo, mostrano tassi di abbandono precoce più contenuti.
Anche in Italia le strategie volte a rafforzare la vocazione professionalizzante del sistema di istruzione e formazione professionale hanno dato il loro frutti, contenen- do l’abbandono precoce. Ciò è del tutto evidente sia in riferimento alla valenza di seconda opportunità che oggi riveste la filiera della IeFP6, sia in relazione al trend del tasso di abbandono precoce, misurato attraverso l’indicatore europeo (ELET). Basti pensare che l’Italia, pur restando collocata agli ultimi posti della graduatoria europea, ha registrato, nel tempo, un calo significativo del tasso di abbandono, passando dal 25,1% del 2000 al 13,5% del 2019 (dati Eurostat).
6 I Rapporti di monitoraggio sulla filiera IeFP, curati con continuità da Isfol/Inapp, dalla stagione speri- mentale di avvio dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale ad oggi, danno ampia evidenza della funzione di contenimento dell’abbandono precoce esercitata dalla filiera.
I notevoli progressi registrati in tutti i Paesi europei non sono tuttavia sufficienti a ridimensionare l’attenzione istituzionale sul fenomeno, il quale, purtroppo, con- tinua a coinvolgere un numero consistente di giovani. La Commissione Europea, nel 2016, ha stimato in circa 5 milioni il numero di giovani che in tutta Europa abbandona prematuramente gli studi, esponendosi al rischio di deprivazione, di- soccupazione ed esclusione sociale (European Commission et al. 2016), nonché il rilevante costo sociale dell’abbandono in termini di spesa pubblica, che per l’Italia si aggirerebbe intorno al 2,25% del PIL (Eurofound 2014)7.
In questi anni, le istituzioni europee hanno posto un crescente accento sull’impor- tanza di investire nel capitale umano, favorendo lo sviluppo di un nuovo modello di Welfare, orientato a spostare il baricentro delle politiche da misure ex post di tutela dei cittadini (sostegno al reddito, pensioni, etc.) a politiche volte a preveni- re situazioni di disagio sociale, rafforzando le competenze dei cittadini, a partire dall’infanzia (Xxxxxxx 2019). Tuttavia, ad eccezione dei Paesi nordici, l’adozione di questo modello da parte dei Paesi europei è stato seriamente compromesso dalle politiche economiche di austerità, che hanno contrassegnato l’ultimo decennio di grave crisi economica (si pensi alla contrazione della spesa per l’istruzione, che si è registrata, quasi ovunque, in questo lasso di tempo).
La combinazione fra crisi occupazionale e disinvestimento sociale ha contribuito così ad allargare, in gran parte dei contesti europei, la forbice di ricchezza e reddito fra le generazioni, indebolendo la già scarsa mobilità sociale intergenerazionale. Su questi assetti socio-economici si è innestata la pandemia, esplosa nel 2020, che oggi riporta al centro della nuova agenda europea i nessi istituzionali fra istruzione, mercato del lavoro e politiche sociali.
1.2 Dimensioni qualitative e quantitative del fenomeno
La dispersione formativa è un concetto polisemantico e un oggetto di ricerca molto complesso sul piano analitico. Sotto il profilo dei significati, come accennato, il termine dispersione si riferisce a una pluralità di fenomeni che non si limitano all’interruzione del percorso formale di studi, ricomprendendo altresì tutta quella serie di manifestazioni in grado di determinarne irregolarità e discontinuità.
Solo in un’accezione ristretta del termine la dispersione indica la fuoriuscita pre- coce dai percorsi di istruzione e formazione previsti dagli obblighi di legge in ma- teria e con questa declinazione più circoscritta del fenomeno il concetto viene a
7 Tale stima, corrispondente all’incirca a 35,2 miliardi di euro, tiene peraltro conto soltanto del costo sociale legato al mancato reddito e non di tutte le varie voci di spesa pubblica riconducibili all’abbandono precoce degli studi, non essendo stata ancora definita, a livello europeo, una procedura di calcolo accreditata.
coincidere con quello di abbandono scolastico e formativo, connotandosi secondo le disposizioni normative che regolano ciascun Paese.
Nel nostro Paese gli obblighi di legge in materia di istruzione e formazione pro- fessionale richiamano, in particolare, la nozione di diritto-dovere (DDIF), come declinata all’art. 1 del D.Lgs. n. 76/2005. Il DDIF si esercita per almeno dodici anni o comunque sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età, e si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, oltre che nell’apprendistato. L’istruzione obbligatoria si inscrive in questa più ampia cornice del DDIF. Secondo quanto dispone la legge n. 296/2006, l’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale, entro il diciottesimo anno di età. In altri termini, il conseguimento di una quali- fica triennale nella filiera dell’Istruzione e della Formazione Professionale (IeFP) costituisce il requisito minimo per adempiere agli obblighi di legge previsti, da cui risulta prosciolto il giovane al compimento della maggiore età, indipendentemen- te dal fatto che abbia completato il percorso formativo entro il quale è inserito. Pertanto, nell’accezione specifica di fuoriuscita definitiva e prematura dai percorsi di istruzione e formazione previsti dagli obblighi di legge, l’abbandono scolastico e formativo da parte dei giovani minorenni è riconducibile ad una delle seguenti situazioni:
• l’abbandono di un percorso di istruzione secondaria superiore nelle filiere dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali, senza avere conseguito il diploma quinquennale;
• l’abbandono di un percorso di istruzione e formazione professionale nella filiera IeFP, senza aver conseguito almeno la qualifica triennale;
• l’interruzione del contratto di apprendistato di primo livello, senza avere con- seguito uno dei titoli/qualificazioni a questo riconnesso, di cui la qualifica professionale costituisce il primo tassello formativo8.
Sotto il profilo della quantificazione, invece, il riferimento privilegiato per un’analisi statistica e comparata del fenomeno della dispersione è il concetto di Early Lea- ving from Education and Training (ELET); un costrutto elaborato dalle istituzioni europee, al fine di monitorare il fenomeno in modo omogeneo fra i Paesi membri, indipendentemente dagli obblighi di legge in materia di istruzione e formazione, vigenti entro i diversi sistemi educativi.
8 L’apprendistato di primo livello, secondo quanto dispone il decreto legislativo n. 81/2015, è finalizzato al conseguimento dei seguenti titoli/qualificazioni: qualifica e diploma professionale IeFP, diploma di istruzione secondaria superiore e certificato di specializzazione tecnica superiore.
La declinazione operativa di questo concetto – sotto forma di indicatore statisti- co – corrisponde alla percentuale di popolazione di età compresa fra i 18 e i 24 anni, che risulta in possesso di un diploma di istruzione secondaria di primo grado o ad esso inferiore, e che non partecipa ad attività di istruzione e/o formazione professionale, nelle quattro settimane precedenti l’indagine Labour Force Survey (LFS), condotta nei 28 Stati membri dai rispettivi istituti nazionali di statistica. A partire dal 2014, nell’ambito della classificazione internazionale sui livelli di istru- zione, tale indicatore statistico corrisponde ai livelli 0-2 della ISCED 2011 e viene calcolato rapportando il numero di giovani che abbandonano precocemente gli studi al totale della popolazione appartenente alla stessa fascia di età9.
L’ELET così definito costituisce uno dei parametri di riferimento della Strategia europea di investimento nel capitale umano, il cui obiettivo è quello di promuo- vere l’inclusione nel sistema educativo di ogni cittadino nelle diverse fasi della vita e l’accrescimento individuale dell’insieme di competenze necessarie sia per continuare a beneficiare dell’esperienza formativa (lifelong education) sia per accedere, permanere o reinserirsi nel mercato del lavoro.
La misurazione del fenomeno della dispersione attraverso questo indicatore indivi- dua la popolazione di riferimento sulla base dei titoli di studio e delle qualificazioni conseguiti (o ancora meglio non conseguiti), rispetto ai titoli e alle qualificazioni necessari per l’assolvimento degli obblighi di legge in materia di istruzione e for- mazione, entro i rispettivi ordinamenti (il titolo di istruzione secondaria superiore oppure la qualifica professionale nella maggior parte dei sistemi educativi europei). Si tratta di una definizione operativa del concetto di dispersione che incontra alme- no due limiti. Innanzitutto si presta a una quantificazione della sola fuoriuscita dei giovani dal sistema educativo, senza considerare le tante manifestazioni del feno- meno, riconducibili all’irregolarità/discontinuità del percorso formativo (assenza protratta, bocciatura, etc.). In secondo luogo, poiché assume come popolazione di riferimento il target di individui almeno maggiorenni, risulta priva di valore predittivo, in relazione alla possibilità di elaborare policy di intervento sui giovani a rischio di abbandono, quando si trovano ancora all’interno del ciclo formativo. A tali limiti funge, chiaramente, da contrappeso l’indiscutibile utilità dell’indicatore per l’analisi comparativa sul piano statistico, in quanto la sua misurazione attraverso il titolo di studio permette di soprassedere proprio alla variabilità degli anni richiesti per l’adempimento degli obblighi formativi, nell’ambito dei diversi sistemi europei.
9 Il sistema di classificazione internazionale di riferimento attualmente utilizzato per l’analisi statistica comparata dei sistemi educativi (ISCED 2011) si articola nei seguenti livelli di istruzione: ISCED 01: Sviluppo educativo dell’infanzia; ISCED 02: Scuola dell’infanzia; ISCED 1: Istruzione primaria; ISCED 2: Istruzione secondaria inferiore; ISCED 3: Istruzione secondaria superiore; ISCED 4: Istruzione post-secondaria non terziaria; ISCED 5: Istruzione terziaria non universitaria; ISCED 6: Istruzione terziaria (primo livello); ISCED 7: istruzione terziaria (secondo livello); ISCED 8: Dottorato di ricerca.
Nel quadro strategico ET 2020, accanto al tasso di abbandono (con benchmark fissato in meno del 10%) hanno trovato spazio altri indicatori chiave: i risultati insufficienti in lettura, matematica e scienze dei quindicenni (con benchmark fis- sato in meno del 15%); il conseguimento di un diploma di istruzione terziaria da parte dei 30-34enni (con benchmark fissato in almeno il 40%); la partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente (con benchmark fissato in almeno il 15%); l’ingresso nel mercato del lavoro dei 20-34enni con almeno un diploma di maturità entro 1-3 anni dalla fine degli studi (con benchmark fissato in almeno l’82%); la frequenza della scuola materna dei bambini dai 4 anni fino all’età di inizio dell’obbligo scolastico (con benchmark fissato in almeno il 95%).
Guardando a questi ulteriori parametri di riferimento, è evidente che il tasso di abbandono rappresenta il perno attorno a cui ruotano tutti i principali indica- tori della strategia europea. Basti pensare che l’acquisizione di livelli minimi di competenze di base, così come la possibilità di conseguire un diploma di istru- zione terziaria, nonché quella di un aggiornamento delle competenze da adulti si configurano – tutte – come condizioni connesse direttamente o indirettamente all’abbandono precoce. Del resto, anche l’educazione dell’infanzia è riconducibile al fenomeno della dispersione, essendo ormai considerata un fattore di prevenzione rispetto al rischio di insuccesso scolastico e di abbandono.
In questo senso la dispersione formativa è senza dubbio il fenomeno in grado di esercitare il maggiore impatto sul rendimento complessivo del sistema educativo di un Paese e il tasso di abbandono può essere ritenuto uno degli indicatori di risultato maggiormente idoneo a misurarne la qualità.
A partire dalle informazioni statistiche di fonte Eurostat, integrate con i dati de- sunti dai periodici Rapporti Istat sui livelli di istruzione e con le analisi prodotte nell’ambito degli annuali rapporti di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione a cura della Commissione Europea, si cercherà di ricostruire il quadro della dispersione scolastica e formativa in ambito comunitario, con l’obiettivo di mettere in luce: le dimensioni quantitative e qualitative del fenomeno; la sua evo- luzione nel tempo; le sue caratteristiche rispetto alla popolazione di riferimento; il posizionamento dell’Italia nel contesto europeo.
Per iniziare a delineare questo panorama sul fenomeno della dispersione, è utile considerare la serie storica dei dati di fonte Eurostat relativi al tasso di abbandono (tabella 1). Focalizzando l’attenzione sulle informazioni relative al 2004 e al 2019 (situazione pre-pandemica), emerge un quadro indiscutibilmente positivo, contras- segnato da un declino generalizzato della percentuale di giovani che abbandono precocemente gli studi. In questo trend positivo si colloca anche l’Italia, il cui valore scende dal 23.1% del 2004 al 13.5% del 2019, corrispondente a 561 mila giovani. La variazione in punti percentuali registrata nei Paesi dell’UE 28 fra il 2004 e il 2019 è pari a -5,7 e il valore medio europeo nel 2019, pari al 10,3%, si approssi-
ma al valore target europeo del 10% della Strategia Europa 2020. Osservando i valori registrati dai singoli Paesi nel 2004 e nel 2019, è altrettanto evidente che il generalizzato trend decrescente del tasso di abbandono lascia inalterata una situazione di grande variabilità territoriale, con Paesi che si collocavano già nel 2004 al di sotto dell’obiettivo comunitario del 10% e Paesi che si posizionavano di gran lunga al di sopra di questo valore target.
Tabella 1.1 Percentuale di ELET nei Paesi europei. Anni 2004 e 2019 (Valori percentuali e varia- zione in punti)
Paesi 2004 | 2019 | Variazione | |
Portogallo | 39.3 | 10.6 | -28,7 |
Malta | 42.1 | 17.2 | -24,9 |
Spagna | 32.2 | 17.3 | -14,9 |
Cipro | 20.6 | 9.2 | -11,4 |
Grecia | 14.5 | 4.1 | -10,4 |
Italia | 23.1 | 13.5 | -9,6 |
Irlanda | 13.1 | 5.1 | -8,0 |
Ungheria | 12.6 | 11.8 | -8,0 |
Bulgaria | 21.4 | 13.9 | -7,5 |
Lettonia | 15.9 | 8.7 | -7,2 |
Romania | 22.4 | 15.3 | -7,1 |
Paesi Bassi | 14.1 | 7.5 | -6,6 |
Lituania | 10.3 | 4.0 | -6,3 |
Media europea (EU28) | 16 | 10.3 | -5,7 |
Lussemburgo | 12.7 | 7.2 | -5,5 |
Belgio | 13.1 | 8.4 | -4,7 |
Estonia | 13.9 | 9.8 | -4,1 |
Francia | 12.3 | 8.2 | -4,1 |
Finlandia | 10.0 | 7.3 | -2,7 |
Svezia | 9.2 | 6.5 | -2,7 |
Croazia | 5.4 | 3.0 | -2,4 |
Austria | 9.8 | 7.8 | -2,0 |
Paesi 2004 | 2019 | Variazione | |
Germania | 12.1 | 10.3 | -1,8 |
Regno Unito | 12.1 | 10.9 | -1,2 |
Polonia | 5.6 | 5.2 | -0,4 |
Slovenia | 4.3 | 4.6 | 0,3 |
Rep. Ceca | 6.3 | 6.7 | 0,4 |
Danimarca | 8.8 | 9.9 | 1,1 |
Slovacchia | 6.8 | 8.3 | 1,5 |
Fonte: Elaborazione Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati Eurostat 2020
Figura 1.1 Percentuale di ELET in Europa (EU28). Anno 2019
Spagna
Xxxxxxxxx
Xxxxxxx
Xxxxx
00,0
00,0
00,0
Xxxxxx
00,0
Xxxxx Xxxxx
Ungheria
11,8
13,5
Portogallo
10,9
UE
10,6
Danimarca
Germania
10,3
10,3
Estonia
9,9
Lettonia
Cipro
9,8
9,2
Slovacchia
Belgio
8,4
8,7
Francia
8,3
Paesi Bassi
Austria
7,8
8,2
Repubblica Ceca
Lussemburgo
Finlandia
7,2
7,3
7,5
Polonia
Svezia
6,5
6,7
Xxxxxxxx
Xxxxxxx
0,0
0,0
Xxxxxxxx
Xxxxxx
4,1
4,6
Croazia
3
4
0
5
10
15
20
Fonte: Elaborazione Inapp su dati Eurostat 2020
La figura 1.1 esemplifica il posizionamento dei 28 Paesi UE rispetto al tasso di abbandono precoce, mostrando come nel 2019 gran parte di questi sono in linea con il target europeo del 10%. Risultano difatti solo 9 le realtà nazionali che presen- tano un tasso di abbandono ad esso superiore. Si tratta, in ordine decrescente, di Spagna (17.3%), Malta (17.2%), Romania (15.3%), Bulgaria (13.9%), Italia (13.5%),
Ungheria (11.8%), Regno Unito (10.9%), Portogallo (10.6%) e Germania (10.3%). Tenendo presente che l’andamento del tasso di abbandono è inevitabilmente influenzato tanto dalle specificità nazionali quanto dalle differenti condizioni di partenza, si è cercato di condurre un esercizio finalizzato a restituire informazioni sintetiche sui livelli di performance di ciascun Paese rispetto all’indicatore europeo. L’analisi delle performance dei singoli Paesi rispetto al tasso di abbandono è stata effettuata sulla base della combinazione di due criteri:
• la diversa collocazione di ciascuna realtà nazionale, nell’anno 2019, in termini di valore superiore o inferiore alla media europea (10,3%);
• la performance di ogni Paese in termini di variazione del tasso di abbandono (in punti percentuali) rispetto alla variazione media europea (-5,7), nel periodo 2004-2019.
Incrociando le informazioni relative a ciascun Paese rispetto a questo duplice assetto, è stato possibile individuare quattro raggruppamenti, esemplificati nella figura 1.2.
Figura 1.2 Paesi europei per percentuale di ELET al 2019 e variazione in punti percentuali nel 2004-2019
% ELET < media UE Variazione < media UE
Belgio; Estonia; Francia; Croazia; Lussemburgo; Austria; Polonia; Finlandia; Svezia
% ELET < media UE Variazione > media UE
Irlanda; Grecia; Cipro; Lettonia; Lituania; Rep. Ceca; Danimarca; Paesi Bassi; Slovenia; Slovacchia; Norvegia
% ELET > media UE Variazione < media UE
Germania; Ungheria, Regno Unito
% ELET > media UE Variazione > media UE
Portogallo; Bulgaria; Spagna; Italia; Malta; Romania; Islanda
Fonte: Elaborazione Inapp su dati Eurostat 2020
Nel primo raggruppamento si trovano 9 Paesi, contraddistinti da un tasso di ab- bandono inferiore al valore medio europeo (10,3%) e una variazione (in punti percentuali) inferiore alla variazione media europea (-5,7). Si tratta prevalente- mente di Paesi che presentano, da tempo, basse quote di abbandoni, rimaste sostanzialmente stabili nel periodo considerato (Francia, Belgio, Estonia, Croazia, Lussemburgo, Austria, Polonia, Finlandia e Svezia).
Nel secondo raggruppamento si collocano 11 Paesi, caratterizzati da un tasso di abbandono inferiore al valore medio europeo (10,3%) e una variazione (in punti percentuali) maggiore alla variazione media europea (-5,7). Anche in questo caso si tratta per lo più di Paesi storicamente contraddistinti da bassi tassi di abbando- no, ma che hanno registrato significativi miglioramenti, nel periodo considerato di implementazione della Strategia di Lisbona (Irlanda, Cipro, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Danimarca, Paesi Bassi, Slovenia, Slovacchia, Norvegia e Grecia). Nel terzo raggruppamento si ritrovano 3 Paesi che presentano un tasso di abban- dono superiore (o uguale) al valore medio europeo (10,3%) e una variazione (in punti percentuali) inferiore alla variazione media europea (-5,7). Si tratta di Paesi caratterizzati da tassi medio-alti di abbandono, in cui si sono registrati miglioramen- ti contenuti nel lasso di tempo considerato (Germania, Ungheria e Regno Unito). Il quarto raggruppamento è costituito da 7 Paesi che mostrano un tasso di ab- bandono superiore al valore medio europeo (10,3%) e una variazione (in punti percentuali) superiore alla variazione media europea (-5,7). Si tratta principalmente di Paesi che presentano ancora tassi elevati di abbandono, ma che hanno regi- strato considerevoli progressi nel periodo di attuazione della strategia di Lisbona (Portogallo, Bulgaria, Spagna, Italia, Malta, Romania e Islanda).
I Paesi europei assunti nell’indagine come casi di studio – Francia, Germania, Irlan- da e Portogallo – e di specifica trattazione nel capitolo 2 di questo Report – sono stati selezionati all’interno dei quattro raggruppamenti, sopra individuati (figura 1.2).
L’Italia si posiziona nell’ambito del quarto gruppo e tale posizionamento suggerisce, per certi versi, un punto di rottura nella narrazione sulle scarse capacità del sistema educativo italiano di rispondere alle sfide imposte dalla strategia europea in tema di lotta alla dispersione formativa. Difatti, se sul piano comparativo il nostro Paese si conferma fra quelli in cui la quota di abbandoni precoci resta fra le più elevate dell’Unione Europea, è pur vero che, in una prospettiva diacronica, si colloca nel novero di quelli che si distinguono per aver registrato considerevoli progressi nella riduzione del tasso di abbandono (-9.6%).
Per quanto riguarda le caratteristiche dei giovani che abbandonano precocemente gli studi, le informazioni statistiche relative all’anno 2019 raccolte su UE27 con- fermano, a livello europeo, alcune tendenze, già rilevate nel lungo periodo. L’ab- bandono precoce degli studi interessa più i maschi rispetto alle femmine (11,9%
contro 8,4%) e in misura considerevolmente maggiore i giovani stranieri rispetto ai giovani europei (22,2% contro 8,9%).
L’Italia rispecchia queste macro-tendenze, con una maggiore capacità discrimi- nante delle variabili appena considerate. La quota di giovani che abbandona gli studi resta più marcata fra i maschi (15,4% contro 11,5% delle coetanee italiane) e di gran lunga più elevata fra la componente immigrata (32,3% dei nati all’estero contro 11,3% dei nati in Italia).
Altra peculiarità del nostro Paese è la spiccata capacità discriminante dell’area geografica di residenza (figura 1.3). Sotto questo profilo la situazione interna all’Italia continua a rivelarsi molto eterogenea e contrassegnata dalle ataviche disuguaglianze territoriali fra il Nord e il Centro da un lato, con valori percentuali medi di abbandono rispettivamente del 10,5 e del 10,9, e il Mezzogiorno dall’al- tro, con un valore percentuale medio di abbandono pari al 18,2%. Nonostante i picchi di abbandoni interessino le regioni insulari e alcune regioni meridionali (Calabria, Puglia e Campania), proprio nel Sud della penisola stanno emergendo interessanti variazioni locali, di cui è emblematico il caso dell’Abruzzo, con un tasso di abbandono del 9,8%.
Figura 1.3 Percentuale di ELET in Italia per area geografica. Anno 2019
Trento Veneto
Friuli Venezia Giulia
Marche Umbria Abruzzo Liguria Toscana Piemonte Molise
Xxxxxx Xxxxxxx
Lombardia Bolzano Basilicata
Lazio Valle d’Aosta Campania Sardegna
Puglia Calabria Sicilia
6,8
8,4
8,6
8,7
9,5
9,8
10,1
10,4
10,8
11
11,3
11,5
11,6
11,8
12
14,3
17,3
17,8
17,9
19
22,4
0 5 10 15 20 25
Fonte: Elaborazioni Inapp su dati Istat 2020, Rilevazione sulle forze di lavoro
Le persistenti differenze di genere nell’abbandono degli studi a svantaggio dei maschi potrebbero essere ricondotte, in parte, a fattori di attrattività del mercato del lavoro, che giocano a favore dei ragazzi piuttosto che delle ragazze, soprattutto nelle aree del Paese maggiormente dinamiche sotto il profilo delle opportunità occupazionali (Borgna e Struffolino 2017).
Giova tuttavia ricordare che l’abbandono scolastico è l’esito di un mix di fattori individuali e sociali, variamente intrecciati fra loro, le cui determinanti non è facile né isolare, né soppesare.
Fra i fattori di tipo ascrittivo, il background di origine familiare, misurato attraverso il titolo di studio dei genitori e la condizioni professionale di quest’ultimi, è senza dubbio uno dei più rilevanti. I dati Istat relativi al 2019 confermano, ancora una volta, come provenire da famiglie con basso capitale culturale e basso capitale economico rappresenti una condizione di svantaggio per l’istruzione e la forma- zione dei giovani (figura 1.4).
L’abbandono degli studi coinvolge soprattutto i figli di genitori in possesso al mas- simo del diploma di istruzione secondaria inferiore (licenza media) e occupati in professioni non qualificate (24% in entrambi i casi), a fronte di quote decisamente contenute di abbandoni riscontrabili fra i figli di genitori in possesso di diploma di scuola secondaria superiore (5.5%) e di quote marginali di abbandoni fra i figli di genitori con un titolo di studio terziario (1.9%) o con almeno un genitore occupato in professioni qualificate e tecniche (2.5%).
Figura 1.4 Uscita precoce dal sistema di istruzione e di formazione per genere, ripartizione geogra- fica, cittadinanza, titolo di studio e professione più elevata dei genitori. Anno 2019. Valori percentuali
Fonte: Istat 2020, Indagine sulle Forze di lavoro
In altri termini, l’investimento individuale in istruzione dipende ancora fortemen- te dal contesto familiare e sociale nel quale il giovane cresce e le condizioni di vantaggio o svantaggio socio-economiche continuano a gravare sulla mobilità intergenerazionale.
A conclusione di questa panoramica sulla condizione giovanile pre-pandemica in Italia, relativamente all’anno 2019, merita senza dubbio un accenno il primato italiano, in ambito europeo, della presenza dei cosiddetti NEET (Neither in Em- ployment nor in Education and Training), calcolati nella fascia di età compresa fra i 15 e i 29 anni e includendo nel denominatore anche coloro che si trovano ancora in istruzione o formazione. Nel nostro Paese i giovani in questa condizione sono stimati in circa 2 milioni di individui, pari alla quota del 22,2% di italiani fra i 15 e i 29 anni, contro il 12,5% del valore medio europeo (UE 28).
Aspetto peculiare del caso italiano rispetto a quanto riscontrabile a livello comu- nitario, è il debole legame che pare sussistere fra la condizione di NEET e i livelli di istruzione. Mentre in Europa la quota maggiore di NEET si rileva fra coloro che hanno al massimo un titolo di studio secondario inferiore (14,8%) e la quota minore fra i giovani in possesso di un titolo di studio terziario (9%), in Italia l’incidenza dei NEET risulta minore tra chi è in possesso di una laurea (19,5%), ma comunque assai prossima ai giovani con un basso livello di istruzione (il 21,6% di coloro che hanno al più la licenza media) e raggiunge il valore massimo (non distante dai precedenti) fra i coloro che hanno un titolo di studio secondario superiore (23,4%). Più in generale, l’Italia – sul piano comparativo – resta fra i Paesi connotati da valori più bassi di scolarizzazione della popolazione, che hanno importanti ricadute nella transizione al lavoro e nelle prospettive di guadagno. I dati Istat (2020) confermano, ad esempio, che la quota di diplomati italiani riscontrabile fra i giovani-adulti (25- 64enni) resta significativamente inferiore a quella della media europea (62,1% di cittadini italiani contro il valore medio del 78,4% degli europei), così come accade per la quota di laureati italiani, stimati nella fascia di età 30-34 anni (27,6% di italiani contro il valore medio del 40,3% di UE27).
I livelli di istruzione giocano un ruolo rilevante nell’inserimento nel mercato del lavoro, in sfavore dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. I tassi di occupazione, difatti, risultano minimi – tanto in Italia quanto in Europa – fra coloro che sono in possesso al massimo della licenza media. In Italia il tasso di occupazione di quest’ultimi è pari al 35,4% (il valore medio europeo si attesta al 46,6%), con uno scarto di quasi 30 punti percentuali rispetto a chi è in possesso di una laurea. Anche le possibilità di guadagno, come messo in luce dall’indagine comunitaria sui redditi e sulle condizioni di vita (Eu-Silc) dipendono fortemente dai livelli di istruzione, risultando il reddito di chi è in possesso al massimo della licenza media nettamente inferiore a quello percepito dai diplomati e ancor più dai laureati.
In altri termini, la concreta possibilità di trovare un’occupazione ad alto reddito è in funzione del livello di istruzione e ciò alimenta un dualismo in ascesa e nuove forme di disuguaglianza fra chi svolge professioni altamente qualificate con elevati redditi e coloro che – per mancanza di skills – restano confinati in professioni a basse qualificazioni e bassi redditi.
Ulteriori indicatori di scolarizzazione fra i più giovani confermano un divario nelle competenze degli studenti italiani rispetto a quelli europei, in termini di risultati di apprendimento. Relativamente alle competenze di base, l’indagine PISA 2018 sui quindicenni posiziona l’Italia fra i grandi Paesi europei con risultati medi inferiori, mentre i test INVALSI somministrati a livello nazionale sullo stesso target confer- mano differenti livelli di performance, connessi alla dimensione territoriale e alla tipologia di filiera formativa (un minore rendimento scolastico nelle regioni del Mezzogiorno e nell’ambito degli Istituti Professionali rispetto agli Istituti Tecnici e soprattutto ai Licei).
Strettamente collegate ai titoli di studio risultano, infine, le diverse opportunità nell’accesso alla tecnologia e nelle abilità digitali, che stanno giocando un ruolo importante nell’aumentare la povertà educativa e la disuguaglianza sociale. L’Inda- gine Multiscopo Aspetti della vita quotidiana (Istat 2020), nell’intento di soppesare gli effetti sociali innescati dal massivo ricorso ai servizi web dettato dall’emergenza Covid-19, ha stimato nel 24,2% la quota di famiglie che si sono trovate totalmente prive di internauti, risultando le più svantaggiate quelle composte, oltre che da soli anziani, da persone il cui più alto titolo di studio era costituito proprio dalla licenza media.
In estrema sintesi, il sistema educativo italiano – nel panorama europeo – sconta, senza dubbio, un certo ritardo in relazione a efficacia e capacità inclusiva. Ciò avvalora l’idea di indagare sui fenomeni che sono alla base dei differenziali di ren- dimento degli stessi, sia fra i Paesi europei, sia all’interno delle aree geografiche delle singole realtà nazionali.
1.3 Obiettivi e metodologia dell’indagine
L’abbandono precoce degli studi, come già detto, si configura come l’esito di un processo di distacco del giovane dall’istituzione scolastica, che chiama in causa le caratteristiche individuali, il background familiare e tutta una serie di condizio- ni legate alle risorse presenti nel territorio. Quest’ultimo rappresenta, al tempo stesso, la trama a maglie larghe delle relazioni sociali, il tessuto delle relazioni produttive, il luogo in cui si struttura l’offerta nazionale e regionale dei servizi educativi di istruzione e formazione professionale, nonché il contesto politico in cui prendono forma le azioni di contrasto alla dispersione formativa.
Per questa ragione, lo studio presentato in queste pagine ha messo al centro del- la sua indagine proprio il territorio, analizzando alcuni aspetti della governance nazionale e regionale delle azioni di contrasto alla dispersione, in cinque contesti europei: Italia, Francia, Irlanda Germania e Portogallo. Il lavoro, di cui si illustrano in questo Report solo alcune evidenze, è il frutto di un’indagine, condotta da Xxxxx, nel corso del 2019 e del 2020, nell’ambito del progetto di Analisi delle politiche regionali ed europee di contrasto alla dispersione, a titolarità di Xxxx X’Xxxxxxxxx, contemplato dal Piano di Attività FSE 2018-2020 – PON SPAO, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Xxxxxx Xxxxxxxx XX00. L’indagine si è articolata in due percorsi di ricerca:
1. Le politiche regionali di contrasto alla dispersione formativa in Italia;
2. Le politiche europee di contrasto alla dispersione formativa.
Il percorso di ricerca sulle politiche di contrasto alla dispersione nel nostro Paese è stato circoscritto all’analisi della governance regionale delle azioni finanziate con risorse pubbliche tramite bandi, nel periodo 2015-2019.
L’obiettivo di questa attività di ricerca è stato quello di ricostruire un quadro na- zionale delle policies attuate nelle diverse realtà territoriali, gettando luce sull’ar- cipelago di iniziative ad hoc, a finanziamento pubblico, gestite a livello locale da quegli attori sociali che si trovano a dover fronteggiare direttamente il problema della presa in carico degli alunni a rischio di abbandono precoce degli studi: le istituzioni scolastiche e gli enti di formazione professionale, spesso in rete fra loro e con altri soggetti del territorio.
Sebbene sia noto che le istituzioni scolastiche e formative realizzino molteplici iniziative per arginare il fenomeno, ad oggi risulta ancora scarsa la raccolta siste- matica di informazioni al riguardo, in grado di dare conto della variabilità delle forme inerenti le procedure regolamentari che stanno a monte dei finanziamenti pubblici dedicati, della rete degli attori sociali (pubblici e privati) coinvolti, dell’in- sieme delle iniziative attivate, nonché dell’insieme dei servizi erogati.
Attraverso questa pista di lavoro, si è dunque cercato di dipingere un affresco delle specifiche misure di contrasto alla dispersione, attuate a livello di singola Regione/ Provincia Autonoma su tutto il territorio italiano, con l’intento di offrire un contri- buto alla riflessione più generale sulle strategie educative di lotta all’abbandono degli studi nel nostro Paese.
10 Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Xxxxxx Xxxxxxxx XX è stato coordinato dal xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx. L’insieme delle attività inerenti il progetto Inapp sono state coordinate sul piano scientifico e tecnico da Xxxx X’Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx. Le interviste sono state realizzate dalla società Noto Sondaggi.
Il percorso di ricerca sulle politiche europee di contrasto alla dispersione è stato invece circoscritto all’analisi della governance nazionale in materia, relativamente a quattro casi-studio – Portogallo, Irlanda, Germania e Francia – selezionati sulla base dei differenti livelli di performance degli stessi, scaturiti dall’incrocio delle seguenti informazioni relative al tasso di abbandono definito a livello europeo:
• la diversa collocazione di ogni Paese membro, nell’anno 2019, in termini di valore superiore o inferiore alla media europea;
• la performance di ogni Paese in termini di variazione del tasso di abbandono rispetto alla variazione media europea, nel periodo 2004-2019.
Pur consapevoli del fatto che le differenti condizioni di partenza e le specificità nazionali sono in grado di esercitare un peso sul trend degli abbandoni, l’esercizio condotto attraverso questa analisi integrata delle informazioni statistiche è stato quello di provare a considerare le performance di ciascun Paese rispetto al tasso ELET e agli altri benchmark comunitari anche come la risultante delle peculiari policies, sollecitate dalla strategia europea.
Come già illustrato nel paragrafo precedente (par. 1.2), combinando i due criteri sopra enunciati alla luce dei dati di fonte Eurostat 2020, è stato possibile ottene- re quattro raggruppamenti, all’interno dei quali sono stati scelti i Paesi europei oggetto di studio:
• la Francia entro il gruppo di Paesi caratterizzati da basse quote di abbandoni, sostanzialmente stabili nel tempo;
• l’Irlanda entro il gruppo di Paesi contraddistinti sia da bassi tassi di abbandono, sia da un trend degli stessi in sensibile riduzione;
• la Germania entro il gruppo di Paesi connotati da tassi di abbandono medio- alti, senza miglioramenti significativi nel tempo;
• il Portogallo entro il gruppo di Paesi caratterizzati da elevati tassi di abban- dono ma anche da un trend di robusto calo nel periodo di attuazione della strategia di Lisbona.
Nel complesso, l’indagine si è focalizzata sulle modalità, sui contenuti e sugli stru- menti delle politiche pubbliche di contrasto alla dispersione, agite nel nostro Paese a livello regionale, cercando di realizzare un confronto in chiave comparativa – lad- dove possibile – con quanto viene realizzato in altri sistemi educativi europei, in relazione ad alcuni parametri, indicatori, strumenti e misure, ritenuti significativi. Le due linee di attività di ricerca, pertanto, hanno perseguito nell’insieme l’intento di provare a delineare dei modelli nazionali di contrasto alla dispersione, in una prospettiva di peer learning.
Sul piano metodologico, entrambi i percorsi di ricerca si sono sviluppati lungo due direttrici: un’analisi on desk sulla documentazione strategica in materia di contra-
sto alla dispersione formativa (atti normativi/regolamentari, linee guida, bandi e progetti finalizzati a contrastare la dispersione) e un’analisi on field, basata sulla realizzazione di interviste qualitative a referenti e testimoni privilegiati (policy makers e soggetti attuatori degli interventi), mirata ad integrare ed arricchire il patrimonio informativo raccolto nella prima fase.
L’analisi delle politiche pubbliche è stata condotta tenendo conto della letteratura internazionale e nazionale in materia di politiche educative e sulla base dell’in- dividuazione di alcune dimensioni considerate rilevanti, fra cui la classificazione europea in misure di prevenzione, di contrasto e di compensazione, la tipologia di finanziamenti (europei, nazionali e regionali), il raccordo fra interventi centraliz- zati e locali, la rilevanza della formazione professionale per la lotta all’abbandono scolastico.
Per quanto concerne, in particolare, l’attività di ricerca sulle politiche regionali, l’analisi on desk ha implicato, per ogni ambito territoriale, la raccolta di un set di variabili e indicatori. Tutte le informazioni raccolte, per ogni azione di policy presa in esame nella fase desk, sono state inserite in un’apposita scheda di rilevazione, predisposta ad hoc, successivamente utilizzata per la costruzione della matrice dati e delle elaborazioni statistiche.
L’analisi on field è stata condotta intervistando referenti e testimoni privilegiati degli interventi, individuati su base regionale, relativamente al nostro Paese, e su base nazionale, relativamente alle quattro realtà europee. Gli ulteriori strumenti di raccolta dei dati predisposti da Xxxxx, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Xxxxxx Xxxxxxxx XX, sono stati due tracce di intervista, differenziate per policy makers e soggetti attuatori, somministrate con tecnica mista CAPI e CAWI, a seguito delle restrizioni indotte dalla pandemia.
Nel caso delle politiche regionali del nostro Paese, sono stati intervistati dirigenti regionali dell’istruzione, formazione e lavoro, dirigenti degli Uffici Scolastici Re- gionali, rappresentanti delle istituzioni educative (dirigenti scolastici e docenti/ formatori di scuole e Centri di Formazione accreditati, con un ruolo attivo negli interventi) e altri attori sociali (individuali e collettivi, pubblici e privati) coinvolti nella realizzazione delle iniziative (figure professionali, rappresentanti del terzo settore, dei Comuni, delle ASUR, delle parti sociali e referenti di fondazioni banca- rie). Nel caso delle politiche nazionali, sono stati intervistati rappresentanti delle istituzioni pubbliche e del mondo accademico. Lo scopo dell’analisi on field – co- mune ai due percorsi di ricerca – è stato in particolare quello di cogliere i processi che stanno a monte e a valle dell’adozione di una policy, difficilmente rintracciabili attraverso l’analisi on desk. Si è cercato quindi di rilevare informazioni su contenuti e modalità con cui le azioni di policy vengono elaborate, attuate, monitorate e, se previsto, valutate.
L’analisi compiuta sulla documentazione regionale di programmazione degli inter- venti, raccolta on desk e opportunamente integrata con le informazioni rilevate attraverso le interviste a policy makers e soggetti attuatori, ha permesso di rico- struire, sul piano statistico-descrittivo, le principali caratteristiche di 186 interventi realizzati tramite la procedura dei bandi ad evidenza pubblica, su tutto il territorio nazionale, nel periodo 2015-2019. Gli interventi censiti sono stati analizzati in base ai seguenti fattori: gli obiettivi individuati (competenze di base, relazione con l’istituzione educativa, sostegno sociale, etc.); le macro attività (corsi profes- sionalizzanti, corsi extracurriculari, formazione/sensibilizzazione degli insegnanti, etc.); i destinatari delle policies (in relazione alla fascia di età e allo status di questi ultimi (studenti, insegnanti, famiglie, etc.); i soggetti attuatori, nella duplice veste di beneficiari principali e di attori sociali coinvolti come partner (Istituti scolastici, Enti accreditati, Enti del Terzo Settore, etc.)
Gettando lo sguardo oltre i confini nazionali, il lavoro di ricerca sulle politiche eu- ropee di contrasto alla dispersione ha perseguito l’intento di esplorare gli approcci strategici di lotta al fenomeno, adottati nei Paesi oggetto di studio. Limitando l’analisi ad alcune evidenze, in questa sede si offre una lettura, in chiave compa- rativa, circa il rendimento dei sistemi educativi presi in esame (Italia compresa), in relazione ai benchmark comunitari, all’utilizzo di indicatori e strumenti per la rilevazione della dispersione, per il monitoraggio e la valutazione delle politiche, alle modalità di attuazione di alcune misure trasversali come l’orientamento, al funzionamento delle reti partenariali.
Pur consapevoli dell’importanza della valutazione dell’azione pubblica ai fini dell’apprendimento istituzionale, questo lavoro non avanza alcuna pretesa di fornire elementi per valutare l’efficacia delle policies prese in esame. Porre al centro dell’analisi il territorio, come ha fatto questo studio, implica farsi carico di un insieme di fattori di natura storica, culturale, economica e sociale, interconnessi fra loro, la cui influenza non è possibile né isolare né soppesare.
Sebbene l’auspicio sia quello di trarne indicazioni di policy, il suo perimetro coincide con un quadro descrittivo degli approcci strategici di contrasto alla dispersione, adottati a livello nazionale e a livello di macro-aree territoriali.
2 Approcci strategici alla dispersione:
un confronto fra Italia, Irlanda, Francia, Germania e Portogallo
2.1 Le performance dei Paesi rispetto agli obiettivi europei
Le indicazioni dell’Unione Europea (UE) rappresentano un punto di riferimento importante per lo sviluppo delle singole strategie nazionali. Le linee guida europee, infatti, costituiscono dei cardini che, in qualche modo, orientano le politiche degli Stati membri determinando una convergenza più o meno marcata – ma questo dipende anche dalle scelte politiche rapportate alle caratteristiche dei sistemi economici e socio-culturali dei Paesi membri – rispetto ad un modello ideale de- finito a livello dell’Unione11.
Tale modello, ribadito in vari documenti ufficiali12, si può desumere, effettuando una semplificazione molto utile su un piano analitico, dal set di sei indicatori, due principali e quattro secondari, che rappresentano altrettanti obiettivi da raggiun- xxxx nel processo di costruzione dei sistemi di istruzione nazionali verso quella che è, appunto, una configurazione ritenuta desiderabile.
I sei indicatori si riferiscono ad aspetti specifici che riguardano l’intero percorso di istruzione formazione, a partire dai 4 anni d’età, fino ad arrivare al coinvolgimento degli adulti in attività formative. Essi considerano il livello di inclusione degli indi- vidui nei percorsi educativi, i risultati raggiunti sia in termini di grado di istruzione che di competenze, sia, infine, le possibilità di inserimento nel mercato del lavoro
11 Secondo il neoistituzionalismo, infatti, “un insieme di organizzazioni che, considerate complessivamente, costituiscono un’area riconosciuta di vita istituzionale” (Xxxxxx e Di Maggio 2000, 90) può essere definito con il termine di campo organizzativo. All’interno di quest’ultimo operano molte forze uniformanti che, in genere, hanno come risultato una certa convergenza dei sistemi che caratterizzano le organizzazioni partecipanti (nel nostro caso i Paesi dello spazio dell’Unione) definita isomorfismo istituzionale.
12 Le più recenti indicazioni ufficiali dell’UE sottolineano non più soltanto l’enorme spreco economico che rappresenta il fenomeno dello early school leaving e l’importanza del ruolo della scuola nel contrastarlo. Sempre più attenzione, infatti, iniziano a ricevere gli approcci omnicomprensivi, in cui la scuola, insieme agli altri attori che compongono la più ampia comunità educante (tra cui, ovviamente, i genitori) devono operare per riprodurre le migliori condizioni possibili in grado di favorire l’inclusività dei sistemi (Euro- pean Commission 2020). Tale rinnovata consapevolezza rende la discussione e la riflessione sullo stato di salute dell’intero ciclo di istruzione e formazione (tra cui la parte riservata agli adulti, cioè i genitori) ancora più rilevante.
di chi fuoriesce dal sistema educativo/formativo. È un tentativo, in altri termini, di monitorare quante persone vengono coinvolte, per quanto tempo nell’arco della loro vita, e con che risultati sia in termini di competenze che di maggiori o minori possibilità di collocazione nel mercato del lavoro. Come vedremo nel paragrafo 2.2, in ogni caso, accanto agli indicatori suggeriti dall’Unione, i Paesi elaborano alcuni indicatori assolutamente originali in totale autonomia, per monitorare alcuni aspetti più specifici del fenomeno della dispersione o dell’abbandono13.
In questo paragrafo metteremo in evidenza la posizione dei Paesi da noi consi- derati rispetto alle performance sui sei obiettivi stabiliti dall’UE e, in tal modo, proveremo a compiere una prima modellizzazione, molto generale, basata su una riflessione su quelle che sono le caratteristiche dell’intero sistema di istruzione/ formazione. Il risultato di questo esercizio sarà una semplice fotografia che descri- verà lo stato dei diversi Paesi rispetto al modello UE in un determinato momento. Essa, pertanto, tralascerà alcune importanti questioni, come il focus sulle direttive specifiche che nei vari Paesi regolano l’organizzazione dei cicli scolastici – accesso, obbligo e durata –, le specifiche performance del mercato del lavoro e dei sistemi di welfare, la maggiore o minore presenza di popolazione immigrata, e, soprat- tutto, l’evoluzione che nel tempo (serie storiche) hanno avuto gli indicatori di cui ci occupiamo, contestualizzata nelle storie dei diversi Paesi oggetto di questo lavoro. Le attuali performance sui diversi indicatori, infatti, sono anche il risultato di un processo di path dependency le cui origini possono risalire anche decenni (o talvolta secoli) addietro. Ma, se raggiungere un simile livello di dettaglio non è lo scopo di questo paragrafo, molte di queste questioni saranno affrontate nelle sezioni che seguiranno.
La figura 2.1 riassume il set dei sei indicatori, i relativi obiettivi fissati dall’UE e le fasce d’età cui si riferisce la rilevazione (identificate con le bande colorate più larghe) ma anche – e questa è una nostra considerazione – la coorte di individui il cui comportamento, negli anni precedenti la raccolta dei dati, ha determinato i risultati su ogni singolo indicatore (la linea colorata meno spessa). Ad esempio, se consideriamo l’indicatore 1, relativo agli ELET (early leavers from education and training), cioè la quota di popolazione di 18-24 anni che ha conseguito al massimo un titolo ISCED 214 e che al momento della rilevazione non è impegnato in nessun
13 Come si mostrerà gli indicatori adottati dai singoli Paesi sono legati a doppio filo con l’impostazione delle politiche di contrasto alla dispersione e dipendono da come i sistemi scolastici sono strutturati.
14 Il sistema ISCED (International Standard Classification of Education) è una classificazione internazionale che le Nazioni Unite hanno sviluppato, a fini statistici, per comparare le caratteristiche dei sistemi di istruzione nazionali rispetto ai livelli di istruzione e le diverse discipline (UNESCO 2012). Per gli scopi di questo lavoro ci occuperemo soltanto della prima dimensione, cioè i livelli 0-8, che sono organizzati secondo questo criterio (Verzicco 2014): livello ISCED 0-istruzione pre-scolare/pre-obbligo; 1-istruzione primaria; 2-istruzione secondaria di primo grado; 3-istruzione secondaria di secondo grado; 4-istruzione post-secondaria di secondo grado (non terziaria); 5-istruzione terziaria di ciclo breve (non universitaria);
percorso di istruzione/formazione, risulta evidente che la tipologia di soggetti compresa in tale categoria è quella che negli anni immediatamente precedenti alla rilevazione non è riuscita a conseguire un titolo secondario di secondo livello (ISCED 3) che in media, in Europa, interessa la fascia d’età 12-18. Descriveremo ogni singolo indicatore in progress, via via che proveremo a confrontare le performance dei vari Paesi rispetto ai diversi obiettivi. Quello che ci interessa sottolineare qui, invece è come l’intero set di indicatori rappresenti un tentativo di comprendere lo stato di salute (sempre rispetto al modello definito dall’UE) dei sistemi di istruzione e formazione dei vari Paesi in relazione alla loro presenza e qualità lungo tutto l’arco della vita degli individui (lifelong learning), a partire dai 4 anni, fino ai 64. Se i primi 3 indicatori e il sesto descrivono il livello di inclusione dei sistemi scolastici, il quarto e il quinto ci raccontano qualcosa della loro qualità e della loro capacità di essere aggiornati rispetto al contesto socio economico più ampio.
Figura 2.1 Set di indicatori UE dei sistemi di istruzione/formazione e relativi obiettivi
4
12 15 18
24
30 34
64
Go al
1 Early leavers fro m educatio n&training (ELET)
2 Tertiary educatio nal attainment
10% max
40% min
3 Early childho od educatio n and care (ECEC)
4 Underachievement in reading/math/science
5 Emplo yment rate of recent graduates
95% min
15% max
82% min
6 A dult participatio n in learning
15% min
Fonte: Elaborazione Università degli Studi Xxxxxxxx XX di Napoli su European Commission 2019
6-istruzione terziaria (primo livello); 7-istruzione terziaria (secondo livello); 8-istruzione terziaria (dot- torato di ricerca). I livelli non sono sempre propedeutici a quelli successivi (es. 4 e 5 rispetto al 6) e non sono sempre presenti in tutti i Paesi. È possibile che quest’ultimo aspetto abbia delle dirette conseguenze sull’efficacia generale dei sistemi di istruzione/formazione rispetto all’inserimento dei nuovi titolati nel mercato del lavoro.
Il primo indicatore in ordine cronologico, rispetto allo svolgimento dei percorsi di istruzione/formazione, riguarda l’accesso ai percorsi scolastici pre-obbligo dei bambini con 4 anni o più (indicatore 3 – Early Childhood Education and Care - ECEC) presentato nella figura 2.1. La difficoltà di utilizzare questo indicatore per lo spazio europeo dipende dalle differenze che i Paesi registrano rispetto all’inizio dell’obbligo scolastico. Inoltre, lo stato dell’arte in merito al raggiungimento di questo obiettivo (95% minimo) viene letto anche in relazione a due indicatori ad esso gemelli, ma riferiti ai bambini in età prescolare con più di 2 o 3 anni, anche se, in alcuni Paesi, vi è qualche difficoltà di misurazione rispetto a queste due ultime categorie. In ogni caso una riflessione su questo indicatore è molto importante per almeno due motivazioni. La prima riguarda la capacità dei sistemi scolastici di essere inclusivi anche di alcune fasce deboli, poiché anche se:
participation in this first formal level of education is by now almost univer- sal in Europe. However, the ‘almost’warrants a lot of attention from policy makers, as it signals unequal access to education and care for different social groups. Children at risk of poverty or social exclusion have participa- tion rates in education and formal childcare that are 11 percentage points lower than their peers from non-disadvantaged families for the group aged 3 or more; and the gap is even greater for children aged 0-2 (European Commission 2019, 45).
In altri termini, vi è ancora un problema di accesso dei bambini maggiormente esposti al rischio di povertà ed esclusione sociale che si manifesta principalmen- te nella fascia d’età 0-3 anni e questo può avere delle conseguenze ‘a valanga’ sul successivo sviluppo della carriera scolastica. Il secondo aspetto da tenere in considerazione riguarda invece proprio il maggiore ritorno economico degli inve- stimenti in educazione prescolare rispetto a quelli effettuati in età più avanzata. Anzi, proprio garantire un coinvolgimento scolastico precoce e di qualità dei bam- bini delle classi più svantaggiate, costituirebbe uno degli antidoti più efficaci per scongiurare il rischio di esclusione sociale, garantendo risultati scolastici migliori, una partecipazione al percorso formativo più regolare, minore rischio di essere coinvolti in attività criminali, maggiori ritorni economici, aumento delle possibilità di inserimento delle madri nel mercato del lavoro (Xxxxxx et al. 2020). Ciò detto, tornando al nostro obiettivo riguardante il coinvolgimento in percorsi scolastici dei bambini di età compresa tra i 4 e quella di inizio dell’obbligo, notiamo che solo l’Italia, seppure di poco (94,9%) e il Portogallo (93,7%) mancano l’obiettivo del 95%. La Germania lo supera di un punto percentuale, ma Francia e Irlanda mostrano un totale coinvolgimento di questa fascia d’età nei percorsi scolastici (100,0%). Il risultato di questi due Paesi lascia ipotizzare che in realtà il reclutamen-
to nei percorsi pre-obbligo scolastico avvenga ben prima dei 4 anni e in maniera abbastanza generalizzata.
Tabella 2.1 Early childhood education and care (ECEC): coinvolgimento dei bambini di 4 anni o più nella scuola pre-obbligo, classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea e obiettivo, anno 2018
Paese | (%) | |
Francia | 100,0 | |
Irlanda | 100,0 | |
Germania | 96,0 | |
UE 28 Paesi | 95,3 | |
Obiettivo | 95,0 | |
Italia | 94,9 | |
Portogallo | 93,7 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati Eurostat 2019
L’indicatore sui cosiddetti ELET è, insieme al tasso di conseguimento di un titolo terziario (indicatore 2), uno dei due obiettivi principali, rispetto all’intero set di sei. Esso riguarda la quota di giovani d’età 18-24 che ha conseguito al massimo l’ISCED 2 – cioè quello che in Italia rappresenta la fine del ciclo secondario di primo grado – e che nelle 4 settimane precedenti l’intervista non era impiegato in alcun corso di istruzione/formazione formale o non formale. Rispetto alla ca- pacità dei sistemi educativi di essere inclusivi della potenziale platea scolastica, l’indicatore sugli ELET, da un punto di vista meramente cronologico, è successivo a quello visto precedentemente sulla partecipazione nei percorsi pre-obbligo. Infatti, questo sistema di indicatori considera ‘data’, o comunque non problema- tizza, la partecipazione nel ciclo primario e secondario di primo grado (figura 2.1), concentrandosi sulla parte ‘opzionale’ che viene prima (infanzia prescolare), e quella più funzionale, cioè caratterizzata da un insieme di indirizzi specialistici alla formazione di curricola che connotano le diverse professioni, che viene immediata- mente dopo15. Abbiamo già visto come questo indicatore, oltre che rappresentare
15 L’indicatore ELET viene spesso messo in relazione a quello riferito ai NEET, cioè i giovani (qui l’indivi- duazione della fascia d’età specifica dipende dalla misurazione effettuata nei diversi Paesi, ad esempio in Italia è quella 15-34) che non studiano, non lavorano e non sono coinvolti in percorsi di formazione. Bisogna considerare che se
una fotografia delle condizioni dei giovani 18-24 rispetto al completamento o al successivo coinvolgimento dei percorsi formativi, si riferisce anche alla capacità del sistema secondario di secondo grado, negli anni immediatamente precedenti la rilevazione, di attrarre e includere la platea giovanile della fascia d’età 12-18. Rispetto ai nostri Paesi, nel 2019, solo Irlanda (5,1%) e Francia (8,2%) riescono a centrare l’obiettivo di contenere la quota di ELET entro il 10%. La Germania, vicina all’obiettivo, è allineata alla media dei 28 Paesi dell’Unione (10,3%), mentre Italia (13,5%) e Portogallo (13,7%) risultano più lontane dal benchmark (tabella 2.2). Bisogna sottolineare come l’ordine presentato sull’indicatore ECEC si riproduca esattamente su quello ELET: Irlanda e Francia confermano il primato mostrato sull’indicatore ECEC (tasso di coinvolgimento del 100%) anche per quanto riguarda la capacità inclusiva del ciclo secondario superiore, con la Germania che si situa a metà strada tra queste ultime e i due fanalini di coda di Italia e Portogallo.
Tabella 2.2 Early leavers from education and training (ELET): quota dei giovani 18-24 anni con
al massimo l’ISCED 2 non coinvolta in percorsi di istruzione/formazione16, classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea e obiettivo, anno 2019
Paese | (%) | |
Irlanda | 5,1 | |
Francia | 8,2 | |
Obiettivo | 10,0 | |
UE 28 Paesi | 10,3 | |
Germania | 10,3 | |
Italia | 13,5 | |
Portogallo | 13,7 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati Eurostat 2020
young adults falling into the category of ‘early school leavers’are less likely to change their status by completing upper-secondary education at or after the age of 24; this makes the early school leaving status largely a long-term one. Being out of employment, education or training (‘NEET’) is, on the other hand, to a large extent a transitory condition likely to be influenced by the economic cycle, temporary factors and personal choices (European Commission 2019, 53).
16 È bene precisare che il non coinvolgimento si riferisce alle 4 settimane precedenti l’intervista.
L’ultimo indicatore di inclusione che si riferisce alle capacità di attrarre i giovani nei sistemi di istruzione e formazione (quello riguardante gli adulti sarà discusso alla fine, per motivi che spiegheremo) riguarda la quota di popolazione di 30- 34 anni che ha conseguito un titolo di terzo livello (ISCED 5-8). Anche in questo caso, oltre che rappresentare un’istantanea della condizione di un determinato segmento della popolazione giovanile, questo indicatore ci fornisce qualche informazione, per restare cauti, rispetto a quanto è avvenuto negli ultimi 10-12 anni ma, osando leggermente, si può anche intendere come la capacità dei si- stemi scolastici nazionali di formare giovani attrezzati ad affrontare le sfide della società della conoscenza, sia in relazione alle condizioni socio economiche più generali, sia alle strategie individuali rispetto alle scelte riguardanti l’accoppiata istruzione/lavoro. La tabella 2.3 ci mostra che, ancora una volta, Irlanda (55,4%) e Francia (47,5%) sono gli unici due Paesi a superare, e anche di molto, sia l’o- biettivo fissato al 40% che la media UE (41,6%). Portogallo (36,2%) e Germania (35,5%) si avvicinano al benchmark, mentre l’Italia è ancora lontana con il suo 27,6%.
Tabella 2.3 Tertiary educational attainment: quota dei giovani 30-34 anni con un titolo ISCED 5-8, classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea e obiettivo, anno 2019
Paese | (%) | |
Irlanda | 55,4 | |
Francia | 47,5 | |
UE 28 Paesi | 41,6 | |
Obiettivo | 40,0 | |
Portogallo | 36,2 | |
Germania | 35,5 | |
Italia | 27,6 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati Eurostat 2020
Prima di dedicarci all’ultimo indicatore di inclusione, quello cioè che riguarda gli adulti, proviamo a ragionare su quella che potremmo definire efficacia dei sistemi di istruzione e formazione, considerando il livello di competenze scolastiche degli studenti (indicatore 4) e il tasso di occupazione dei giovani che hanno conseguito almeno un titolo di studio secondario di secondo grado (ISCED 3-8) negli ultimi tre anni (indicatore 5). Il primo dei due è in realtà un set di tre sotto indicatori che riguardano le competenze in lettura, matematica e scienze e più precisamente la
quota di studenti quindicenni che non raggiunge il livello 217 nelle tre materie. I casi di Irlanda e Italia sembrano univocamente rappresentare rispettivamente l’eccellenza e il peggiore risultato in tutte e tre le materie, mentre di più difficile lettura sono le performance dei restanti Paesi (tabella 2.4).
Tabella 2.4 Underachievement: quota dei giovani di 15 anni che non consegue almeno il livello 2
al test OCSE-PISA18 in lettura, matematica e scienze, classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea e obiettivo, anno 2018
Reading | Mathematics | Science | |||
Irlanda | 11,8 | Obiettivo | 15,0 | Obiettivo | 15,0 |
Obiettivo | 15,0 | Irlanda | 15,7 | Irlanda | 17,0 |
Portogallo | 20,2 | Germania | 21,1 | Germania | 19,6 |
Germania | 20,7 | Francia | 21,3 | Xxxxxxxxxx | 00,0 |
Xxxxxxx | 00,0 | Xx 00 Xxxxx | 00,0 | Xxxxxxx | 20,5 |
UE 28 Paesi | 21,7 | Portogallo | 23,3 | UE 28 Paesi | 21,6 |
Italia | 23,3 | Italia | 23,8 | Italia | 25,9 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati OCSE-PISA 2018
Per ovviare a questo problema, nella tabella 2.5 viene presentata una misura di sintesi dei tre sotto indicatori, che consiste nella somma degli scarti della quota di underachiever dall’obiettivo fissato dall’Unione del 15% per ogni singola materia. In questo modo si delinea una classifica più chiara che dal caso irlandese con il suo -0,5 (il valore contrassegnato dal segno meno indica che almeno in un caso l’obiettivo non solo è stato raggiunto, ma anche superato) descrive la situazione dei nostri Paesi fino al caso italiano (+28, come somma degli scarti dall’obiettivo europeo). Di conseguenza appare più evidente il posizionamento dei Paesi che assumono dei valori intermedi, con la Germania più vicina all’obiettivo (+16,4) di Francia (+17,7) e Portogallo (+18,1).
17 Le competenze misurate dai test vengono suddivise in sei livelli crescenti (1-6). Viene considerato unde- rachievement un risultato inferiore al livello 2. Il livello 1 (cioè il più basso), a sua volta, viene suddiviso in tre distinte categorie.
18 Si tratta del Programme for Institutional Student Assesment (PISA), indagine promossa dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).
Tabella 2.5 Underachievement: somma degli scarti della quota di underachiever dall’obiettivo fissato dall’Unione del 15% per ogni singola materia (test OCSE-PISA), classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea, anno 2018
Paese | (%) | |
Irlanda | -0,5 | |
Germania | 16,4 | |
Francia | 17,7 | |
Portogallo | 18,1 | |
UE 28 Paesi | 20,7 | |
Italia | 28,0 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati OCSE-PISA 2018
L’altro indicatore categorizzato con l’etichetta ‘efficacia’ è il tasso di occupazio- ne dei giovani 20-34 anni che hanno conseguito almeno un titolo secondario di secondo livello (ISCED 3-8) nei tre anni precedenti la rilevazione (tabella 2.6). Se esso dipende in larga parte dalle diverse condizioni che determinano i mercati del lavoro nazionali, può essere altresì letto come la capacità dei sistemi d’istruzione nazionali di formare giovani dall’elevata occupabilità rispetto alle caratteristiche delle strutture produttive locali. Al di là delle effettive capacità dei sistemi scola- stici di leggere i fabbisogni del sistema economico e adeguare la propria offerta in itinere19, aspetto di per sé già molto importante, bisogna considerare anche la percezione che i giovani e le loro famiglie hanno dell’utilità e dell’efficacia di un investimento in istruzione/formazione. Questo dipende come è noto anche dal giudizio degli individui rispetto alle maggiori o minori chances garantite da questo investimento rispetto alla possibilità di entrare nel mercato del lavoro (Madonia 2013). Anche in questo caso Germania (92,7%) e Irlanda (84,5%) rappresentano l’eccellenza tra i Paesi da noi considerati, situandosi ben al di sopra, soprattutto nel caso tedesco, dell’obiettivo stabilito (82,0%). Il Portogallo (80,3%), la Francia (75,7%) e l’Italia (58,7%), nell’ordine, presentano performance via via più lontane dal benchmark.
19 Tale strategia di ricalibratura dei sistemi di istruzione/formazione deve fare i conti con un ritardo fisio- logico, per cui i nuovi iscritti che hanno strategie basate sulla percezione del mercato, conseguiranno il titolo svariati anni dopo, in cui quelle condizioni sono probabilmente mutate.
Tabella 2.6 Employment rate of recent graduates: tasso di occupazione dei giovani (20-34 anni) che hanno conseguito almeno la qualifica professionale (ISCED 3-8) nei tre anni precedenti, classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea e obiettivo, anno 2019
Paese | (%) | |
Germania | 92,7 | |
Irlanda | 84,5 | |
Obiettivo | 82,0 | |
UE 28 Paesi | 81,5 | |
Portogallo | 80,3 | |
Francia | 75,7 | |
Italia | 58,7 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX su dati Eurostat 2020
L’ultimo indicatore riguarda il tasso di inclusione degli adulti (25-64 anni) in attività di istruzione/formazione formali e non formali e di fatto rappresenta il livello di inclusione dell’intero sistema nazionale di lifelong learning. L’apprendimento lungo tutto l’arco della vita è uno dei cardini del nuovo Modello Sociale Europeo che san- cisce il passaggio dal welfare al learnfare (Agodi 2012), cioè un sistema di sostegno ai cittadini che passa prima di tutto per la loro attivazione ed empowerment. L’istru- zione/formazione degli adulti, oggi, è il mezzo per raggiungere molteplici obiettivi: contrastare l’obsolescenza delle competenze individuali in un mercato del lavoro che si evolve, favorire l’integrazione dei cittadini stranieri, potenziare la consape- volezza individuale in merito ai diritti e doveri, alle opportunità e le responsabilità dei cittadini (cittadinanza attiva), correggere le disfunzionalità (esclusioni, basse performances, riorganizzazioni strategiche individuali) dei sistemi di istruzione e formazione formali. Esso, di fatto, rappresenta una seconda possibilità per i giovani di potenziare le loro competenze, ricalibrarle per raggiungere un maggiore livello di occupabilità percepita dal mercato del lavoro, porre rimedio alle mancanze che hanno costellato il percorso di istruzione formale. In alcuni contesti, ad esempio, esso risulta l’alternativa immediatamente utilizzabile dal sistema scolastico per limi- tare gli abbandoni e la dispersione scolastica (De Xxxx Xxxxxxx e Madonia 2017). La tabella 2.7, ci mostra come la Francia (19,5%) raggiunga livelli di inclusione altissimi, ben al di sopra dell’obiettivo europeo (15,0%), seguita dall’Irlanda col suo 12,6%. Il gruppo composto da Portogallo (10,5%), Germania (8,2%) e Italia (8,1%), mostra che c’è ancora molto da fare in questi Paesi – dato confermato da tutti gli indicatori precedenti – per aumentare il livello di inclusione del sistema scolastico/formativo.
Tabella 2.7 Adult participation in learning: quota di adulti (25-64 anni) che nelle 4 settimane precedenti la rilevazione erano impegnati in corsi di istruzione/formazione formali e non, classifica Paesi oggetto dello studio e confronto media europea e obiettivo, anno 2019
Paese | (%) | |
Francia | 19,5 | |
Obiettivo | 15,0 | |
Irlanda | 12,6 | |
UE 28 Paesi | 11,3 | |
Portogallo | 10,5 | |
Germania | 8,2 | |
Italia | 8,1 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su dati Eurostat 2020
Dopo aver esaminato nel dettaglio i sei principali indicatori europei dedicati allo stato di salute dei sistemi di istruzione/formazione nazionali, proviamo a operare una sintesi effettuando una modellizzazione di quanto discusso fino a ora. Prima di presentare il modello sono necessarie alcune premesse. Innanzitutto, il modello è costruito esclusivamente rispetto ai Paesi oggetto dello studio, la media europea e i target definiti per ogni indicatore. Ne consegue che i giudizi che hanno determi- nato la collocazione dei Paesi in una categoria piuttosto che un’altra sono relativi a questi parametri e alla sola performance di ogni Paese rispetto agli altri. Secondo, i termini positivo e negativo, maggiore o minore, alto o basso che useremo nel modello non presuppongono giudizi di valore ma sono il risultato di un confronto tra la performance dei Paesi e quello che può essere definito il modello ideale europeo, cioè il frutto di decisione politica e negoziazione tra i diversi attori che a vari livelli compongono le istituzioni europee. Se il livello di sintesi del modello non consente di considerare alcune sfumature, ci permette, però, di costruire una base di partenza su cui sviluppare le riflessioni dei paragrafi successivi.
La tipologia presentata in figura 2.2 è costruita sulle due dimensioni su cui abbiamo idealmente diviso i sei indicatori presentati nel corso del paragrafo: inclusione (in- dicatori 1, 2, 3, 6) ed efficacia (4a, 4b, 4c, 5) dei sistemi di istruzione e formazione rispetto al conseguimento degli obiettivi europei. Ognuna di queste dimensioni presenta due stati discreti, alto (+) e basso (-), che determinano la formazione di quattro quadranti: lungo l’asse verticale si sviluppa la capacità di inclusione (bas- sa/sotto, alta/sopra); lungo l’asse orizzontale, invece, ritroviamo i sistemi a bassa (sinistra) e alta efficacia (destra). Nei due quadranti superiori troviamo Irlanda
e Francia, due Paesi che hanno dimostrato alte performances sugli indicatori di inclusione raggiungendo e superando sempre (Francia) o quasi sempre (l’Irlanda manca soltanto quello relativo alla partecipazione degli adulti) gli obiettivi dell’U- nione. Nei due quadranti inferiori si collocano, invece, Italia, Portogallo e Germania che, pur presentando condizioni diverse rispetto al raggiungimento degli obiettivi, sono più lontani dal livello di inclusione desiderato a livello europeo, in confronto ai Paesi dei quadranti superiori. Da un punto di vista dell’efficacia dei sistemi di istruzione, ritroviamo Irlanda e Germania nei quadranti di destra (alta efficacia), presentando dei valori soddisfacenti rispetto alle competenze dei quindicenni (so- prattutto l’Irlanda) e al tasso di occupazione di chi ha conseguito un titolo di studio (ISCED 3-8) negli ultimi tre anni (soprattutto la Germania). Meno performanti, da questo punto di vista, Francia, Italia e Portogallo, che compongono il gruppo dei Paesi con sistemi a bassa efficacia (quadranti di sinistra).
Figura 2.2 Tipologia dei sistemi di educazione: dimensioni inclusione/efficacia basata sugli obiet- tivi UE, confronto Paesi oggetto di studio
- | Efficacia | + | ||||||||||||||||
+ | ||||||||||||||||||
Inclusione | Xxxxxxx | Xxxxxxx | ||||||||||||||||
Italia | ||||||||||||||||||
Germania | ||||||||||||||||||
Portogallo | ||||||||||||||||||
- | ||||||||||||||||||
Fonte: Elaborazione 2021 del gruppo di ricerca DSP Università di Xxxxxx Xxxxxxxx XX
Per riassumere quanto visto finora, tra i Paesi oggetto dello studio, l’Irlanda esem- plifica la possibilità di sviluppare un sistema di istruzione/formazione nazionale che ad altissimi livelli di inclusività riesce a coniugare anche ottime performance in termini di efficacia. La Francia e la Germania, da posizioni antitetiche, invece, portano all’attenzione la questione della tensione tra inclusività ed efficacia dei sistemi: quello francese riesce ad essere molto inclusivo a discapito della sua effica- cia, mentre gli apparentemente più stretti criteri di selettività del modello tedesco hanno come conseguenza una minore capacità di includere nei cicli formativi quelle che probabilmente rappresentano, sotto diversi punti di vista, le fasce più fragili della popolazione. Italia e Portogallo, invece, pur collocandosi nel quadrante più critico, quello, cioè, dei sistemi a bassa inclusività e bassa efficacia, richiedono che venga effettuata una precisa distinzione: se nel caso italiano ci troviamo di fronte a performance relativamente stabili nel tempo, rispetto agli obiettivi fis- sati dall’Unione, il Portogallo, negli ultimi venti anni, ha mostrato una miracolosa capacità di miglioramento delle caratteristiche del proprio sistema di istruzione/ formazione che da critiche condizioni di inclusività ed efficacia è riuscito a risalire la china, attestandosi a livelli ragguardevoli rispetto alle performances su alcuni indicatori. Il trend positivo sembra continuare, ed è per questo che qui si ipotizza un futuro passaggio del Portogallo, nel breve-medio periodo, al quadrante in cui è già presente la Germania, poiché il Paese lusitano, seppur ancora distante dagli obiettivi di inclusione fissati dall’UE, sembra essere in grado di colmare il gap di efficacia del suo sistema di istruzione/formazione. La situazione italiana, invece, indica quanto sia di estrema importanza approfondire la riflessione sulle cause che determinano le stagnanti performances in termini di bassa inclusività ed efficacia rispetto al raggiungimento degli obiettivi europei.
2.2 Gli indicatori di rilevazione della dispersione
Misurare la dispersione scolastica e l’abbandono riveste un ruolo centrale nella determinazione delle politiche: la misurazione di un particolare aspetto di un fenomeno che è multidimensionale, quale la dispersione, influenza de facto l’o- rientamento delle politiche, concentrando gli sforzi dell’azione pubblica verso una o più delle tante dimensioni possibili.
Si può mettere a fuoco, ad esempio, la fuoriuscita conclamata dal percorso di istruzione del minore o la presenza dei segnali generalmente associati a questa rottura come il livello di assenteismo, la percezione di un clima scolastico ostile, la difficoltà nell’acquisizione delle competenze di base e di cittadinanza. È inoltre possibile rilevare i percorsi professionali degli studenti che escono precocemente dal sistema di istruzione o che lo fanno conseguendo un titolo di studio conside- rato non sufficiente dal decisore politico. Infine, è possibile realizzare indicatori che leggano il fenomeno complesso della dispersione mettendo a disposizione del decisore e della pubblica opinione dati riferiti alla sua strutturazione nel ter- ritorio, secondo una differenziazione di genere o di status socio-economico delle famiglie degli alunni.
Conta di certo nel confronto tra Stati e sistemi statistici ufficiali differenti la capacità e la solidità delle amministrazioni di rilevare dati il cui reperimento risulta di non facile realizzazione o costoso, come nel caso di indagini campionarie su larga scala o della gestione di dati amministrativi provenienti da diverse basi informative e, pertanto, di complicato utilizzo.
Rispetto al confronto degli indici per la misurazione della dispersione a livello internazionale nei Paesi casi-studio è possibile descrivere due tendenze: la prima ha a che fare con la definizione del concetto di dispersione che tende a sovrapporsi con quella di abbandono scolastico. L’utilizzo dell’ELET quale misura standard di confronto internazionale per la dispersione scolastica è affiancata in tutti i Paesi da misure che si pongono l’obiettivo di rilevare in maniera più puntuale l’abbandono scolastico: in tutti i Paesi infatti è presente almeno un’altra misura che rileva la capacità dei sistemi di istruzione di trattenere gli studenti più a lungo possibile, anche in relazione alle diverse impostazioni dell’obbligo scolastico e dei percorsi, e con l’obiettivo del conseguimento di un titolo di studio più elevato possibile. Sembrano rilevati con minore sistematicità aspetti associati a misure preventive, come quelli relativi ad una frequenza scolastica irregolare o insufficiente, oppure quelli legati al tema delle competenze acquisite su cui tuttavia vi è una copertura garantita da rilevazioni internazionali come OCSE-PISA, affiancate in alcuni casi da approfondimenti nazionali come le prove dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e formazione (INVALSI) in Italia. Allo stesso modo non sembra esserci una parallela sistematicità nella rilevazione dei percorsi
professionali successivi alla rottura della carriera scolastica o alla sua conclusione naturale con un titolo di studio insufficiente.
Il secondo aspetto riguarda le singole misure di abbandono scolastico proposte da ciascun Paese: all’interno di questo sotto-insieme di indicatori, vi sono Paesi che hanno elaborato da più tempo, con maggiore frequenza e sistematicità indicatori per la misurazione del fenomeno.
Francia
La rilevazione della dispersione scolastica (décrochage) a livello nazionale in Francia si sintetizza in due principali indicatori elaborati dalla Deep20 sulla base delle inda- gini effettuate dalla Insee21: il primo è Il tasso di alunni fuoriusciti prematuramente (Taux de sortants précoces) che è la traduzione letterale dell’indicatore ELET.
Vi è poi un secondo indicatore: il tasso di alunni fuoriusciti senza diploma (Taux de sortants de formation initiale) che indica il livello di titolo di studio raggiunto dagli allievi che escono dal sistema scolastico sia per abbandono che per conclusione naturale. Si tratta di un indicatore che calcola un flusso annuale di studenti che il sistema scolastico francese perde ciascun anno: in questo senso consente di de- terminare tempestivamente variazioni nella capacità del sistema di far conseguire un determinato titolo di studio. Vi sono inoltre altre due differenze significative rispetto all’ELET: la prima è data dal prendere in considerazione esclusivamente il percorso di istruzione formale (la formation initiale per l’appunto), non rilevan- do l’inserimento del singolo in percorsi di formazione sul lavoro o di formazione continua fuori dalla carriera scolastica ordinaria; in seconda battuta la misura non riesce a rilevare rientri nel sistema scolastico successivi a una interruzione non temporanea del percorso22.
I valori dell’ELET e del tasso di fuoriusciti dal sistema scolastico senza diploma si basano entrambi su un’indagine campionaria dell’Istituto di Statistica francese (Insee) e sono riferite quindi a dichiarazioni degli intervistati e stime.
Nel 2016 il 12% degli allievi che escono dal sistema scolastico (de formation initia- le) hanno al massimo il titolo di scuola media inferiore (brevet): la metà di questi non ha neanche raggiunto questo traguardo (il 6%). La restante parte di chi lascia il sistema educativo nazionale si divide tra coloro che hanno un titolo di secondo grado superiore (Baccaluréat, CAP, BEP23 – 41%) o un titolo di studio universitario
20 La sigla sta per Direction de l’évaluation, de la prospective et de la performance. Si tratta di una direzione del Ministero dell’Educazione Nazionale che si occupa di valutare e misurare le performance nell’ambito delle politiche e dei fenomeni legati all’educazione e formazione.
21 La sigla sta per Institut national de la statistique et des études économiques. Si tratta dell’Istituto nazionale di statistica francese.
22 Si intende fuoriuscito lo studente che dichiara di aver abbandonato il proprio percorso di formazione tradizionale per la prima volta da più di un anno (Le Rhun e Xxxxxx 2013).
23 CAP sta per certificat d’aptitude professionnelle; mentre BEP per brevet d’études professionnelles.
o post-universitario (Master, doctorat, Licence, BTS, DUT24 – 46%). Anche in questo caso, parallelamente a quanto avviene con l’ELET, la dinamica nel corso del tempo è stabile o mostra un decremento degli studenti in uscita con un titolo di studio basso o che ne sono completamente sprovvisti.
Irlanda
In Irlanda viene utilizzata una definizione nazionale, che tende a rilevare la fre- quenza scolastica. Si tratta del retention rate, che ha la propria peculiarità e forza nell’essere un indicatore che prende in considerazione il percorso scolastico di alunni a partire da un determinato momento della propria carriera scolastica (indicatore di coorte).
Il retention rate è utilizzato da lungo periodo – la prima coorte interessata è quel- la del 1991, l’ultima analizzata è quella del 2013 - che misura la percentuale di studenti che si iscrivono al primo anno della scuola secondaria di primo grado (Post-primary Junior Cycle) nel 2013 (per quanto riguarda ovviamente il dato più recente) e che sostengono l’esame della scuola secondaria di secondo grado (il Leaving Certificate) nel 2018 o nel 201925.
È una misura relativamente puntuale: il percorso delle coorti di studenti è seguito analizzando un database online degli iscritti al sistema scolastico (P-POD – Post- Primary Online Database), ovvero l’anagrafe nazionale degli studenti, aggiornato e incrociato con i dati relativi agli esami per il conseguimento del titolo di secondaria di primo (Junior Certificate) e di secondo grado (Leaving Certificate)26. Vengono così utilizzate più fonti amministrative, che consentono elevato rigore e precisione nella definizione del fenomeno. Inoltre il dato viene reso non influenzabile da distorsioni legate all’emigrazione, ai decessi e alla permanenza degli studenti nel sistema scolastico senza conseguire in tempo il titolo di scuola secondaria superiore (Department of Education 2020).
Il retention rate non tiene conto della partecipazione degli studenti a percorsi esterni – sebbene importanti – al sistema scolastico, quali ad esempio lo Youth- reach e percorsi di apprendistato, o l’ingresso precoce nel mercato del lavoro.
Il retention rate è calcolato annualmente sulla singola coorte e quindi consente di verificare l’andamento della quota di studenti che escono dal sistema scolastico per ciascun anno della scuola secondaria, individuando i momenti critici di rottura del percorso di ciascun allievo. Il retention rate è inoltre calcolato sistematicamente
24 BTS sta per Brevet de technicien supérieur. DUT sta per Diplôme universitaire de technologie.
25 Il percorso di scuola secondaria di secondo grado (Senior Cycle) prevede infatti una durata variabile di 2 o di 3 anni, dipendente dalla facoltà per l’alunno di seguire un anno cosiddetto “di transizione” (Transition Year) non soggetto a valutazioni e a struttura curricolare più libera e flessibile.
26 Per una sintetica descrizione del sistema scolastico irlandese, con particolare riferimento alla scuola secondaria (post-primary): xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xx/xxx-xxxxxxxxx-xxxxxx/xxxx-xxxxxxx/
ogni anno per più coorti, consentendo il confronto inter-coorte in merito ai livelli di completamento del percorso scolastico della secondaria.
Il Tasso viene inoltre calcolato in base a diverse variabili di interesse: il sesso, la macro-tipologia di istituto (Voluntary secondary schools; Community and com- prehensive schools; Vocational schools), le unità territoriali amministrative e l’ap- partenenza o meno dell’istituto al DEIS27, principale programma di sostegno allo svantaggio educativo, consentendo così di valutare in modo continuo e sistematico la performance della politica DEIS.
Portogallo
Anche in Portogallo è presente una misura di abbandono e ritiro calcolata pun- tualmente per ciascun anno scolastico che viene denominata taxa de retenção e desistência e che misura nel caso della desistência una situazione di abbandono temporaneo dell’alunno anche per assenteismo nell’anno scolastico28, nel caso della retenção rileva il mancato conseguimento da parte dello studente dei requi- siti minimi per il passaggio alla frequenza dell’anno successivo29. Si tratta di fatto di una misura del tutto simile a quanto previsto in Irlanda con il retention rate, ma che tuttavia non fa riferimento alla coorte, e quindi non segue l’andamento della ‘sopravvivenza’ della frequenza scolastica del singolo studente dall’inizio al termine di un ciclo scolastico (nello specifico quello secondario) ma invece for- nisce il quadro di mancato passaggio all’anno scolastico successivo. Va aggiunto che questo indicatore è centrale per la valutazione delle politiche di contrasto all’abbandono portoghesi: il piano nazionale per il successo scolastico (PNPSE) adotta un approccio che si auto-definisce quale evidence-based e il calo del tas- so di retenção e desistência è elemento centrale per verificare il successo degli interventi sostenuti (EN-PNPSE 2019).
Del tutto complementare al primo indicatore è il Taxa de Conclusão30 che misura il livello di conseguimento o di completamento di un ciclo di studi. Si tratta anche in questo caso di un indicatore che non analizza i percorsi e le sopravvivenze, ma
27 La sigla sta per Delivering Equality of Opportunity in Schools. Si tratta del principale programma nazionale di contrasto alla povertà educative degli studenti e di lotta alle condizioni di disagio e marginalità.
28 Viene definita come “Situazione che si verifica a seguito del temporaneo abbandono di studenti o tirocinanti della frequenza delle attività didattiche di un corso, di un periodo di tirocinio o di una o più materie nel corso di un anno accademico. comprende l’abbandono, la cancellazione dell’iscrizione e l’esclusione per eccessive assenze”. Traduzione a opera degli autori da (DGEEC 2020, 16).
29 “Situazione che si verifica a seguito del mancato utilizzo dello studente da parte di non rispetto dei requisiti previsti dalla normativa vigente per la frequenza nell’anno di scuola seguendo quella in cui si trova”. Traduzione a opera degli autori da (DGEEC 2020, 27).
30 “Situazione che si verifica a seguito dell’uso riuscito dello studente o della formazione nel completamento di un livello di istruzione, ciclo di studi o corso di un’unità di formazione, unità di formazione a breve termine, unità di competenza o componente di formazione”. Traduzione a opera degli autori da (DGEEC, 2020, 15).
dà invece informazioni sul livello di conseguimento del titolo o del passaggio di anno degli alunni iscritti nell’anno in corso. Entrambi gli indicatori vengono calcolati in base ad alcune variabili anagrafiche fondamentali quali il sesso degli alunni, il grado di istruzione, la tipologia di indirizzo scolastico, e unità territoriali di analisi, fino al livello di dettaglio comunale.
Italia
La misura di rilevazione dell’abbandono scolastico in Italia adottata a livello centrale non si discosta particolarmente da quanto registrato negli altri Paesi casi-studio: il tasso di abbandono scolastico è calcolato per cicli scolastici (secondaria di I e di II grado) e per singoli anni di corso, in più vi è una misura dell’abbandono tra i due cicli scolastici della secondaria. L’abbandono è determinato dalla somma di coloro che non terminano il corso a cui si sono iscritti (abbandono in corso) e di quelli che non si iscrivono all’anno di corso successivo, se promossi, o allo stesso anno di corso se respinti (MIUR 2019, 6). Si tratta di una misura che fa leva su elaborazioni di dati amministrativi e che tiene parzialmente in conto il passaggio degli alunni ai corsi di formazione professionale gestiti a livello regionale (Istruzione e Formazione Professionale - IeFP). Si tratta di un processo di integrazione non ancora pienamente completato e che spinge alla cautela rispetto all’analisi del dato (ivi, 16-17). Quel che si rileva rispetto agli altri Paesi europei è la mancanza di una vera e propria anagrafe nazionale degli studenti che consenta, come in Ir- landa, di tracciare le traiettorie dei singoli studenti. Ciò è dovuto in particolare alla difficoltà di far convergere in un unico sistema i numerosi sistemi amministrativi adottati dalle singole scuole cui è lasciata autonomia anche per quel che riguarda la gestione dei dati.
La misura dell’abbandono viene poi incrociata con alcuni variabili considerate di interesse, in maniera del tutto simile a quanto avviene nel contesto europeo: cit- tadinanza e Paese di nascita degli alunni, genere, regione di frequenza dell’istituto scolastico, età, regolarità del percorso di studi (anticipatari, in regola, in ritardo) e per la scuola secondaria di secondo grado, l’indirizzo dell’Istituto.
Va sottolineato come a livello regionale ci siano delle esperienze più o meno strut- turate che cercano autonomamente di colmare questo gap, istituendo in modo occasionale osservatori dedicati.
Germania
In Germania, la ripartizione delle competenze fortemente orientata verso il livello regionale influenza anche la produzione di statistiche sull’educazione disponibili attraverso la conferenza dei ministri regionali competenti per i differenti sistemi scolastici. Nel caso tedesco una misura armonizzata (inter-regionale) di abbandono è data dal titolo di studio più elevato conseguito dagli studenti che fuoriescono dal
sistema di istruzione formale (Kultusminister Konferenz 2019), in maniera analoga a quanto avviene in Francia. Vi è poi, una misura ulteriore di ‘abbandono’ relativa alla formazione professionale che è riferita alla quota parte di apprendisti che terminano prematuramente il periodo di collaborazione/formazione in azienda (Cedefop 2016).
Figura 2.3 Classificazione dei Paesi casi-studio per caratteristiche dei principali indicatori di di- spersione/abbandono
Fonti amministrative | indagine | ||||||||||||||||||||||
Dati per coorte | XXXXXXX | ||||||||||||||||||||||
XXXXXXXXXX | |||||||||||||||||||||||
ITALIA | |||||||||||||||||||||||
Dati aggregati | XXXXXXXX | XXXXXXX | |||||||||||||||||||||
Fonte: Elaborazione 2021 del gruppo di ricerca DSP Università di Xxxxxx Xxxxxxxx XX
2.3 Gli strumenti di monitoraggio e valutazione delle politiche
Il Rapporto Europeo sull’Educazione e Formazione in EU del 2019 riporta che diversi Paesi dell’UE hanno adottato negli ultimi dieci anni misure per ridurre l’ab- bandono precoce dell’istruzione e della formazione, in particolare attraverso azioni centrate sul rafforzamento della raccolta e del monitoraggio dei dati (European Commission 2019); lo sviluppo professionale continuo degli insegnanti; l’orien- tamento professionale; la flessibilità e la permeabilità dei percorsi di istruzione; l’istruzione della seconda opportunità; il sostegno linguistico.
Secondo quanto emerge da rapporti nazionali ed europei sul tema, “il monitoraggio e la valutazione continui e sistematici di tutte le iniziative volte a ridurre il tasso di abbandono precoce è essenziale per orientare lo sviluppo delle politiche, per consentire confronti tra regioni o autorità locali e permettere lo scambio di buone pratiche” (MIUR e INDIRE 2014, 71).
La valutazione e il monitoraggio accompagnano le misure di prevenzione, interven- to e compensazione (Xxxxxxxx 2016)31. La valutazione e il monitoraggio diventano fondamentali per acquisire conoscenze “circa le ricadute e i risultati dei programmi realizzati per favorire l’inclusione e ridurre il dropout, al fine di fornire elementi utili per gli interventi istituzionali da adottare” (ibidem, 69)32. Diventa inoltre rile- vante documentare ed ottimizzare gli effetti degli investimenti finanziari (Xxxxxxx e Trivellato 2011) per fornire indicazioni sistematiche sulla riprogrammazione delle politiche.
I Paesi analizzati (Italia, Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxx, Germania) adottano sistemi differenziati di M&V a seconda del tipo di politiche d’intervento e si collocano
31 “La valutazione consente di produrre benefici non solo per i decisori politici, ma per tutti i vari attori coinvolti (tra cui docenti e studenti), in termini di apprendimento, miglioramento professionale, diffusione di metodologie e buone pratiche” (Xxxxxxxx 2016, 69). A tal proposito si veda anche (Fraccaroli e Xxxxxxx 2004). Lo sviluppo della ricerca sulla valutazione, a partire dalla seconda metà del Novecento, è stato influenzato da numerosi approcci e autori che hanno elaborato diversi modelli prototipo, declinati in molteplici varianti e attuazioni. In (Guba e Xxxxxxx 1989) si afferma che la storia della valutazione dei programmi e dei servizi è caratterizzata da radicali cambiamenti di prospettiva e si è evoluta attraverso quattro generazioni, per arrivare ad un paradigma che integra le procedure di tipo quantitativo con la dimensione partecipativa, dialogica e riflessiva della valutazione. Si veda, ad esempio, l’utilizzo del modello CIPP1 (Stuflebeam 2002) da parte dell’Invalsi quale riferimento concettuale per l’elaborazione del framework di valutazione dapprima nella sperimentazione Valsis e, attualmente, nei processi di auto- valutazione e valutazione esterna delle istituzioni scolastiche (D.P.R. n. 80/2013). Anche l’orientamento dell’Evidence-Based Education promuove percorsi di ricerca che possano aiutare a risolvere i problemi della pratica, ma non mediante funzioni prescrittive calate dall’alto, bensì tenendo conto del contesto socio-culturale e avvalendosi di “ipotesi attive, temporaneamente assunte per perimetrare il territorio in attesa che nuove conoscenze sfidanti riescano a metterle in discussione, o favoriscano correzioni o riformulazioni” (Xxxxxxx 2013, 97).
32 A tal proposito si legga anche (Xxxxxxx e Xxxxxxxxxx 2018).
idealmente in posizioni differenti in base ad almeno tre variabili: il grado di cen- tralizzazione nella conduzione delle azioni di Monitoraggio e Valutazione; l’orga- nizzazione sistematica della raccolta dei dati; l’effettivo contributo delle pratiche valutative nel riprogrammare gli interventi.
M&V Italia
In Italia i risultati dell’indagine condotta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Univer- sità e della Ricerca sul tema della dispersione scolastica evidenziano la necessità di praticare un’azione di monitoraggio sistematica e di adottare un registro dei giovani che presentano elementi riconducibili a fattori di rischio di dispersione scolastica (MIUR e INDIRE 2014)33.
Nella maggior parte dei territori è l’istituzione regionale, attraverso gli Assessorati competenti o le Agenzie dedicate, a occuparsi delle azioni di monitoraggio: ciò determina differenze tra regione e regione, a volte anche profonde.
In Liguria, ad esempio, in passato, il monitoraggio era realizzato da un osservato- rio regionale che monitorava il comportamento degli studenti e riusciva a tenere sotto controllo i dati e a tracciare le fuoriuscite premature. Successivamente, con l’introduzione dell’anagrafe scolastica e dell’iscrizione on-line, si è manifestata una maggiore difficoltà da parte della regione ad avere contezza dell’evolversi del ‘fenomeno dispersione’ anche per un non adeguato collegamento con il sistema digitale di tracciamento del MIUR.
In Lombardia le azioni di monitoraggio erano in passato condotte dall’Ufficio scola- stico regionale; solo successivamente la gestione è stata trasferita direttamente alle scuole con l’affiancamento dell’USR. Una situazione simile si registra in Campania dove in passato il compito era svolto dall’Assessorato alle Politiche sociali men- tre, a partire dal 2015-2016, i fondi destinati a queste attività sono stati utilizzati direttamente dalle scuole che, attraverso l’operato degli insegnanti, monitorano i flussi della popolazione degli studenti. Il Friuli-Venezia Giulia svolge azioni di monitoraggio attraverso l’Osservatorio regionale, mentre in Umbria si realizza una collaborazione tra il dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli studi di Perugia e il MIUR. In Toscana è attivo l’Osservatorio Regionale edu- cazione e istruzione che mette a disposizione degli attori coinvolti gli strumenti di conoscenza utili a supportare le loro attività. La regione sta procedendo verso una progressiva digitalizzazione dei flussi di dati relativi alla programmazione e monitoraggio di tutte le iniziative, creando banche dati che raccolgono notizie di
33 “Rispetto a una rilevazione dei dati quantitativi si rileva in Italia la mancanza di un’anagrafe integrata tra sistema dell’istruzione (scuola statale e paritaria) e sistema formativo regionale, prevista dal decreto legislativo 76/2005, [...] e denotante forse la mancanza di un vero senso di emergenza sul tema della dispersione scolastica” (ibidem, 21).
contesto e di performance dei segmenti costitutivi dell’offerta del Sistema toscano di educazione e d’istruzione (dai servizi per la prima infanzia alle scuole di secondo grado) e notizie sugli interventi e progetti che vengono promossi all’interno del sistema scolastico e formativo. In Puglia sono stati realizzati studi approfonditi sul tema ‘dispersione’ dall’Agenzia Regionale Tecnologia e Innovazione (ARTI); è, inoltre, attivo l’Osservatorio Regionale dei Sistemi di Istruzione e Formazione (ORSIF) che periodicamente elabora report ed analisi del fenomeno.
In Sicilia il monitoraggio viene realizzato attraverso il sistema degli Osservatori di area: il modello organizzativo è coordinato dall’Ufficio Scolastico Regionale ed è operativo da diversi anni in tutta la regione34.
In Veneto, la presenza di un’anagrafe studenti consente ai Centro per l’Impiego di tenere sotto controllo le segnalazioni che provengono dagli istituti scolastici. L’Xxxxxx-Romagna ha affidato a un ente indipendente la valutazione delle Poli- tiche d’intervento regionale finanziate dai fondi strutturali. Tra le diverse azioni da valutare rientrano anche quelle relative alla Efficacia delle politiche formative finalizzate alla buona e qualificata occupazione dei giovani (Regione Xxxxxx Ro- magna 2020).
Per quanto riguarda le attività di valutazione, queste possono avere come oggetto le persone35 (ad esempio gli studenti di cui vengono costantemente valutati il livello di conoscenze/abilità/competenze apprese etc.); interessare i singoli progetti o le programmazioni degli interventi; misurare il funzionamento dell’interazione tra i diversi stakeholder che concorrono a implementare le politiche di contrasto alla dispersione/abbandono scolastico.
In alcuni territori queste attività vengono condotte direttamente nelle scuole con questionari di autovalutazione, i cui dati vengono poi elaborati ed esaminati in sede regionale.
34 In Sicilia ci sono attualmente 51 Osservatori di area che hanno i seguenti compiti: Il monitoraggio siste- matico della dispersione scolastica, effettuato in itinere – non soltanto alla fine dell’anno – mese per mese; Il piano integrato di area in cui le scuole si mettono in rete con il coinvolgimento di altre istituzioni, in modo particolare i servizi sociali del territorio, ma anche l’Azienda Sanitaria Provinciale in presenza di problematiche connesse con la salute o ancora, per esempio, i Carabinieri. Il piano integrato di area si sviluppa territorio per territorio ed obiettivi di prevenzione, recupero e contrasto della dispersione; La creazione di un coordinamento sia inter-istituzionale fra le diverse scuole.
35 In un testo del MIUR del 2018 si sottolinea come “Si può discutere di come registrare ciò che ogni ragazzo sa e non sa, di come curare e recuperare le effettive conoscenze e competenze, di come favorire contesti nei quali si apprende di più, di come realizzare la formazione di docenti più preparati, etc. ma non si può evitare di valutare i risultati dell’azione volta all’apprendimento e, nel farlo, non si può che avere come riferimento gli indirizzi, le metodologie e il dibattito mondiale in materia di assessment e valutazione dei sistemi di istruzione. L’opera dell’INVALSI, migliorata nel tempo e certamente perfettibile, è il punto di riferimento, scientificamente validato e costantemente sorvegliato, che ci ha immesso nel dibattito planetario su come migliorare l’istruzione pubblica, contribuendo, altresì, a costruire una cultura della valutazione dell’azione pubblica (MIUR 2018, 36)”.
Da alcune interviste ai testimoni privilegiati emerge una tendenza a privilegiare una valutazione di tipo economico/finanziario delle attività rispetto agli aspetti di contenuto; una forte dipendenza dell’azione di valutazione da processi burocra- tico-amministrativi; una ancora ridotta attenzione al collegamento tra esiti della valutazione e implementazione successiva delle politiche, confermando quanto già emerso in altre sedi (MIUR 2018) in riferimento a una scarsa diffusione di una “cultura della valutazione”.
M&V Portogallo
In Portogallo l’adozione dell’AEP36 come indicatore di riferimento nel monitoraggio delle prestazioni delle scuole e dei sistemi di istruzione/formazione trasmette al sistema formativo nazionale un messaggio estremamente importante: la missio- ne delle scuole è qualificare la popolazione garantendo l’accesso su larga scala all’istruzione e promuovendo il successo formativo.
Tra le sfide da affrontare relativamente al monitoraggio e alla rilevazione del fe- nomeno dell’abbandono scolastico precoce in Portogallo, vi è quella di integrare l’AEP con un insieme di indicatori che consenta di rappresentare i diversi aspetti e fattori che agiscono nel processo della dispersione e dell’abbandono e di iden- tificare i punti critici dei sistemi di istruzione/formazione (Xxxxxxx et al. 2017). La risposta a questa sfida implica sia la costruzione di nuovi strumenti per la raccolta di informazioni - come studi di coorte - sia il calcolo e l’esplorazione sistematica di nuovi indicatori - come i tassi di abbandono e il tasso di uscita anticipata37.
In ogni caso nel Paese esistono molteplici enti che hanno tra i loro compiti quello di effettuare – a vari livelli – il monitoraggio e la valutazione del sistema educativo nel suo complesso. Nel caso specifico delle azioni di contrasto alla dispersione, monitoraggio e valutazione sono regolati e finanziati dai PIICIE38.
L’Ispezione Generale dell’Educazione e Scienza (IGEC) svolge sin dagli anni ’90 una valutazione delle performance del sistema scolastico39. Tale valutazione è effet- tuata esternamente alle scuole stesse, evidenziando i punti forti e quelli deboli
36 Abandono precoce da educação: Situação em que se encontram os indivíduos com idades compreendidas entre os 18 e os 24 anos, tendo no máximo como habilitação o 3º Ciclo do ensino básico, e que não estão a frequentar o sistema de ensino (Xxxxxxx et al. 2017, 131).
37 Uno degli indicatori integrativi adottati è l’AEPF (Abandono precoce de educação e formação). Situação em que se encontram os indivíduos com idades compreendidas entre os 18 e os 24 anos, tendo no máximo como habilitação o 3º ciclo do ensino básico e que não têm atividades de educação (Xxxxxxx et al. 2017, 131).
38 Planos integrados e Inovadores de Combate eo Insuccesso Escolar ovvero Piani Integrati e Innovativi nel Contrasto all’Insuccesso Scolastico che prevedono diverse misure educative tra i municipi e le scuole.
39 Il sistema educativo portoghese si divide in istruzione prescolastica (fino all’inizio dell’istruzione di base), istruzione di base (6-15 anni) e istruzione secondaria superiore (15-18 anni).
del sistema rivelandosi utile nella pianificazione di strategie in grado di migliorare la gestione dell’azione educativa.
La Direzione Generale di Statistiche dell’Educazione e Scienza (DGEEC), al con- trario, è un servizio centrale dell’amministrazione del Portogallo che non agisce esternamente al sistema, pur essendo dotata di autonomia amministrativa: il suo compito primario è quello di valutare i risultati ottenuti dal sistema educativo, scientifico e tecnologico nel loro complesso, in sinergia con gli altri servizi del Ministero dell’Educazione.
La Direção-Geral de Educação (DGE) ha come missione quella di garantire l’attuazio- ne delle politiche relative alla componente pedagogica e didattica dell’educazione prescolare, dell’educazione di base e secondaria e dell’educazione extrascolastica, fornendo supporto tecnico per la loro formulazione e monitorando e valutando la loro attuazione. Questo ente del Ministero dell’Educazione è anche responsabile di altri programmi educativi e formativi come ad esempio il Programma Territori Educativi di Interventi Prioritari (TEIP), attivo dal 1996 nelle scuole dove il contesto socioeconomico è di grande fragilità.
Infine, la Struttura di Missione del Programma Nazionale di Promozione del Suc- cesso Scolastico (EM-PNPSE)40, di recente formazione, svolge direttamente la va- lutazione del Programma nazionale di Promozione del Successo Scolastico: il suo obiettivo è quello di indagare in modo scientifico il successo scolastico studiando le possibili falle del sistema e sviluppando strategie atte a capire, prevenire o rimediare agli insuccessi scolastici. Il PNPSE prevede il monitoraggio attraverso indicatori di realizzazione e di risultato come, ad esempio, la percentuale di misure implementate nei Piani di Azione Strategica delle scuole, il miglioramento della qualità del tasso di successo degli studenti e la diminuzione del tasso di rinuncia e desistenza negli anni curriculari interessati.
M&V Irlanda
In Irlanda l’unità statistica del Department of Education and Skills41 (DES) produce rapporti42 annuali che tracciano i giovani che abbandonano la scuola (esclusi quelli dell’ultimo anno di scuola secondaria superiore). Tale indicatore viene costruito
40 L’EM-PNPSE ha un ruolo determinante nella creazione di ponti di collaborazione e intesa tra le scuole ed enti locali (comunità intercomunali, aree metropolitane e municipi), attraverso il monitoraggio dei piani integrati e innovativi di contrasto all’insuccesso scolastico.
41 Il DES è responsabile di un piano d’azione (Strategy Statement Action Plan for Education) il cui principale scopo è di migliorare il sistema di istruzione e formazione irlandese.
42 Il rapporto annuale si basa su un’analisi di dati raccolti dal Dipartimento sugli studenti iscritti alle scuole post-primarie sovvenzionate DES (in un database degli alunni post-primari). Utilizzando un identificativo personale unico, gli alunni sono tracciati e le loro informazioni sono incrociate anche con altre fonti di dati come i dati (lavoro, fisco, polizia, etc). L’ultimo rapporto disponibile riguarda la coorte di ragazzi iscritti nel 2013 pubblicato nel novembre 2020.
sulla base del flusso di alunni iscritti alle scuole post-primarie, in un dato anno scolastico, ma non iscritti all’anno successivo.
Le azioni di monitoraggio, condotte dal servizio scolastico nazionale, sono program- mate e avvengono in maniera sistematica: utilizzando un identificativo personale unico, gli alunni sono tracciati durante il percorso scolastico e le loro informazioni sono incrociate anche con altri dati (salute, fisco, economia, polizia, etc.). Questo sistema consente di monitorare bambini e ragazzi non solo per gli aspetti scola- stici ma anche per ciò che riguarda la loro vita quotidiana, personale e familiare. Il monitoraggio e la valutazione riguardano anche le singole progettualità messe in atto nel contrasto alla dispersione/abbandono scolastico: gli esiti dell’analisi quantitativa (es. aspetti finanziari) e qualitativa dei risultati determinano la con- tinuazione o meno dei singoli interventi nel tempo.
Il DEIS43 (Piano d’azione nazionale per l’inclusione educativa –Delivering equality of opportunity in schools) che rappresenta una delle principali iniziative politiche e programmatiche del DES, è continuo oggetto di monitoraggio e valutazione da parte del centro di ricerca educativa e dell’ispettorato del DES che produce una serie di rapporti annuali.
M&V Francia
In Francia il principio che guida le politiche di contrasto alla dispersione consiste in una reazione attiva e tempestiva del sistema di educazione, senza attendere l’emersione di un bisogno di ri-orientamento da parte del singolo destinatario: diventa così fondamentale l’azione di monitoraggio e di individuazione (repéra- ge) degli studenti resa sistematica attraverso le liste dei soggetti che hanno ab- bandonato il percorso scolastico messe a disposizione delle Piattaforme di lotta alla dispersione scolastica attive a livello locale (PSAD - Plates-formes de Suivi et d’Appui aux Décrocheurs).
Tali liste sono generate dal SIEI (Système Interministériel d’échanges d’Informa- tions), un sistema nazionale di monitoraggio lanciato nel 2011, nel quadro del Piano Agir pour la Jeunesse della Presidenza della Repubblica Francese del 2009. L’obiettivo della sua istituzione è quello di mettere in campo un sistema di co- municazione tra istituzioni diverse che facilitino l’individuazione degli alunni che non sono più iscritti in un percorso di formazione obbligatorio, non hanno delle
43 Al DEIS viene attribuito il merito della diminuzione dell’indice di abbandono scolastico tra il 1995 e il 2008. In generale il programma è strutturato per assolvere ai bisogni socio-emotivi degli studenti, garantendo loro un costante supporto psicologico e un sostegno con livelli di intensità crescenti in base ai bisogni del singolo: sostegno preventivo e universale per tutti, sostegno mirato per alcuni e sostegno intensivo per pochi; interviene inoltre con i bambini che rischiano di non sviluppare a pieno il proprio potenziale nel sistema di istruzione primaria e secondario. Esso utilizza un modello dinamico e basato sui dati per identificare i livelli di svantaggio all’interno delle popolazioni scolastiche e per garantire che il livello di risorse assegnato alle scuole sia strettamente allineato con il livello di necessità identificata.
soluzioni di accompagnamento presso gli attori che si occupano del contrasto, non sono coinvolti in una delle misure di compensazione e/o di rientro alla scolarità (come quelle attivate dalle mission locales)44. Tale strumento si configura come una base dati estremamente utile per l’elaborazione di statistiche sul fenome- no della dispersione scolastica a livello locale (académies) e nazionale (Herlory 2016). Detto in altri termini, il SIEI45 è uno strumento di comparazione tra liste che consente l’interconnessione dei sistemi di informazione dei principali attori istituzionali coinvolti nella lotta alla dispersione scolastica: il sistema scolastico francese (Education Nationale), l’insegnamento agricolo sotto la responsabilità del Ministero dell’Agricoltura, i CFA46, le Mission Locales.
Questo sistema di monitoraggio continuo a livello nazionale sconta tuttavia alcuni punti deboli dettati da una non completa integrazione di tutte le possibili ban- che dati delle strutture scolastiche/formative dove un alunno, potenzialmente ‘dispersi’, può trovarsi. Il rischio sistematico è quello di individuare come dispersi alunni che invece si sono ricollocati in un percorso formativo alternativo dopo la fuoriuscita da un percorso scolastico tradizionale.
La valutazione delle azioni di policy di contrasto alla dispersione in Francia è in- nanzitutto descritta nei piani programmatici nazionali, sottoposti a una importante fase di elaborazione e discussione pubblica. Il piano più recente Tous mobilisés pour le décrochage scolaire ha degli obiettivi che sono fissati al 2021/2022. Il piano viene elaborato e gestito dal DEPP (Direction de l’évaluation de la prospective et de la performance), organo del Ministero dell’Educazione francese che si occupa di valutazione e delle misure di performance del sistema educativo e di formazione, contribuendo al design delle politiche nazionali di settore. Vi sono poi specifiche at- tività di valutazione espletate rispetto alle azioni progettuali finanziate nelle scuole.
M&V Germania
In Germania sono state predisposte iniziative di monitoraggio e conoscenza del fenomeno dispersione/abbandono per indagarne le cause e progettare risposte funzionali alla sua riduzione.
44 Le Mission Locales sono state istituite su basi sperimentali nel periodo dei governi a guida socialista nei primi anni ’80 e poi progressivamente sono diventate il principale strumento pubblico di informazione, orientamento al lavoro, animazione per le giovani generazioni. Esse costituiscono l’esempio di maggior successo di un approccio innovativo alla questione dell’uscita precoce dei giovani dal sistema scolastico/ di formazione (Conseil National des Missions Locales 1990).
45 Per garantire una rapida identificazione delle situazioni di abbandono le liste prodotte dal SIEI sono aggiornate due volte durante l’anno scolastico: nella prima parte dell’anno – generalmente ad ottobre – e nella seconda parte – in genere a marzo – per cercare di cogliere due momenti critici del percorso di disaffezione e rottura da parte dell’alunno (Cariforef des Pays de la Loire 2017).
46 Centres Formation Apprentissage.
Il monitoraggio è condotto rispetto a diversi ambiti: dal punto di vista legislati- vo, viene svolto da un’autorità amministrativa del FSE; dal punto di vista fiscale dalla banca di Stato Centrale; dal punto di vista strategico dagli organi decisionali regionali, attraverso molteplici strumenti. Una volta conclusa l’azione i responsa- bili delle policy sul tema dispersione/abbandono devono redigere una relazione sull’impiego dei fondi. La relazione tecnica viene valutata dall’organo decisionale regionale e dalla banca di Stato. In genere il soggetto incaricato della valutazione coincide con l’organo incaricato della definizione della strategia e della selezione dei progetti. La valutazione viene condotta attraverso metodi empirici ed esplorativi e tramite controlli in loco, ex ante ed ex post. Più che di una valutazione si tratta di un bilanciamento degli interventi sulla base dei criteri stabiliti in precedenza in base ai quali si avvia successivamente una valutazione sul rapporto costo/be- nefici. I dati raccolti dal monitoraggio e dalla valutazione sono prevalentemente di tipo quantitativo e vengono elaborati attraverso analisi statistiche: gli esiti di tale processo valutativo determinano l’elaborazione di modifiche e innovazioni rispetto a modelli pedagogici e metodologie educative di intervento nelle politiche di contrasto alla dispersione e all’abbandono. Il processo di continua riflessione e cambiamento che segue le fasi di monitoraggio e valutazione si declina, poi, in programmi e progetti che si adattano alle specificità dei singoli Lander.
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Rispetto ai programmi promossi dalla Fondazione tedesca per l’infanzia e la gio- ventù (DKJS)47 il Dipartimento Sviluppo e valutazione sviluppa un’attività valutativa basata su tre punti strettamente collegati: impatto, gestione della conoscenza, innovazione. A tal fine, viene istituito un sistema di monitoraggio in cui vengono registrate le attività, vengono documentate le indagini sui gruppi target e vengono effettuate le valutazioni. Si tiene costantemente conto degli esiti dell’attività di valutazione nell’implementazione delle attività della Fondazione.
2.4 Le misure di orientamento e il funzionamento delle reti partenariali
2.4.1 Le misure di orientamento
Nel 2013 la Commissione Europea evidenziava come l’orientamento scolastico e professionale48 potesse costituire una misura efficace per contrastare l’abbandono precoce e spingeva affinché tutti i Paesi fossero dotati di sistemi di orientamento forti e ben sviluppati (European Commission 2013). In uno studio condotto nel 2014 sul tema della dispersione/abbandono scolastico, emergeva che in molti Paesi europei il sistema di orientamento scolastico e professionale, pur non essendo stato sviluppato specificamente per ridurre il tasso di abbandono precoce, rappre- sentava un’importante misura di sostegno che poteva contribuire a tale riduzione, in particolare per gli studenti a rischio (European Commission et al. 2014)49.
L’orientamento scolastico e professionale svolge un ruolo essenziale nel motivare gli studenti coinvolti nel percorso di istruzione. Può aiutare nel ridurre le disu- guaglianze sociali, di genere e di etnia; fornire informazioni utili su opportunità di studio e lavoro disponibili; favorire il processo di identificazione con le diverse professioni; far emergere e, eventualmente, rafforzare quelle competenze neces- sarie per prendere decisioni e assumersi la responsabilità del proprio sviluppo personale50.
L’orientamento, inteso come strategia pro-attiva e multi-composita, è presente in maniera diffusa nei programmi/progetti dei Paesi analizzati, sebbene acquisisca declinazioni e sfumature diverse. Le principali differenze si manifestano, ad esem-
48 Si faccia anche riferimento alla Raccomandazione del Consiglio del 28 giugno 2011 sulle politiche di riduzione dell’abbandono scolastico.
49 Si faccia inoltre riferimento alla seguente definizione: l’Orientamento scolastico e professionale si rife- risce innanzitutto alla pratica utilizzata per sostenere gli studenti nella scelta del percorso educativo e lavorativo. L’orientamento scolastico e professionale viene fornito da servizi di orientamento/consulenza interni alla scuola e può essere insegnato nelle classi quale materia/tematica del curricolo obbligatorio. L’orientamento cerca di fornire informazioni agli studenti e di sviluppare le capacità decisionali e altre abilità importanti per la gestione delle loro scelte di istruzione e carriera. L’orientamento scolastico e professionale può anche comprendere un lavoro psicoeducativo o consulenze per aiutare gli studenti nel corso degli studi, in particolare quelli a rischio di abbandono precoce. Spesso viene fornito un ulte- riore sostegno nei momenti di transizione tra le diverse fasi dell’istruzione o durante il trasferimento ad altri percorsi. L’orientamento può essere integrato con attività extracurricolari e sostenuto da partner esterni (che ad esempio possono offrire esperienze di lavoro ecc.) (Miur e INDIRE 2014, 76). Nello stesso documento, inoltre, si evidenziava l’importanza di: rafforzare le strategie di orientamento scolastico e professionale, supportando gli studenti nella scelta di percorsi appropriati per il proprio sviluppo per- sonale; monitorare, con apposite risorse e strumenti, i processi di transizione dalla scuola primaria a quella secondaria, e dalla scuola secondaria al mondo del lavoro, formulando e proponendo, qualora necessario, percorsi flessibili nell’istruzione secondaria (ivi, 162).
50 “L’orientamento professionale e l’informazione sulla carriera sono diventati sempre più importanti per ridurre l’incertezza legata alle scelte che portano a risultati negativi, come la disoccupazione o l’esclusione sociale” (Xxxxxxx e Xxxxxxx 2009, 27).
xxx, sulla presenza o meno: di percorsi e attività di orientamento nel passaggio tra differenti cicli scolastici; di percorsi di orientamento che indirizzano i giovani verso il sistema professionale; del coinvolgimento attivo di attori chiave della vita dei ragazzi (come ad esempio la famiglia).
Italia
L’Italia ha individuato nell’orientamento un elemento chiave51 delle politiche di contrasto alla dispersione/abbandono. Esso è praticato soprattutto nel passaggio tra i cicli scolastici e in fase di avvio di percorsi formativi professionalizzanti (ex. alternanza scuola-lavoro e sistema duale, stage e tirocini ed esperienze all’estero, avvio dei percorsi di Xxxxxxxx Xxxxxxx).
Nelle regioni italiane si sviluppano esperienze e modellizzazioni importanti rispetto all’adozione sistematica dell’orientamento come strumento trasversale nelle di- verse misure (prevenzione, intervento e compensazione) previste per contrastare la dispersione/abbandono dei ragazzi dai sistemi formativi.
La Regione Xxxxxx-Romagna, ad esempio, ha destinato una parte delle risorse del Fondo sociale europeo alla realizzazione di azioni di orientamento e supporto allo svolgimento dei percorsi formativi giovanili e all’inserimento nel mondo del lavoro. Il Progetto Regionale di Orientamento dell’Xxxxxx-Romagna-2018/2021 prevede lo stanziamento per progettualità con l’obiettivo principale di accompagnare i ragazzi/e verso scelte formative consapevoli e mirate. Il progetto di Orientamento ha inoltre in sé la valorizzazione della dimensione territoriale (reti), che diventa il fulcro della attuazione annuale dei Piani Provinciali52.
Le politiche dell’orientamento in Italia si concretizzano in alcune esperienze di eccellenza, localizzate in diverse regioni del nostro Paese, che si ispirano e si con- formano alle Linee Guida nazionali per l’orientamento permanente (MIUR 2014) e si iscrivono nel quadro più complessivo delle politiche europee che promuovono lo sviluppo delle competenze chiave per l’apprendimento permanente (Consiglio dell’Unione europea 2018). È auspicabile, pertanto, che tali buone pratiche trovi- no un’applicazione più diffusa sul territorio nazionale, estesa e continuativa, con l’obiettivo di facilitare e rafforzare la permanenza di ragazzi e giovani nei sistemi di istruzione, educazione e professionalizzazione.
51 Per adeguato approfondimento della storia recente dell’orientamento in Italia si consultino le ‘Linee Guida Nazionali per l’orientamento permanente’ del MIUR del 2012. Si vedano anche: xxxxx://xx.xx/x0xxxx , xxxxx://xx.xx/xx0xxx.
52 L’intervento prevede la realizzazione di azioni orientative e di supporto al successo formativo progettate, attuate e valutate a livello territoriale capaci di rispondere ai bisogni dei giovani di essere accompagnati nei propri percorsi educativi e formativi. Le azioni mirano a rendere disponibili ulteriori strumenti e a rafforzare le esperienze consolidate, in una logica di rete dei soggetti e delle opportunità, di orientamento che le Istituzioni scolastiche di I e II Ciclo, gli Enti di Formazione professionali accreditati e le Università attuano nell’ambito della propria autonomia.
Un rapporto stilato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) sottolinea come ancora: siano poco diffuse le procedure di orientamento e ri- orientamento; siano poche le opportunità di redigere il bilancio delle competenze ed attivare possibilità di studio e/o di tirocini formativi presso le aziende; siano poche le informazioni di opportunità e risorse esistenti che raggiungono i sog- getti destinatari degli interventi, soprattutto quelli più fragili (MIUR 2018, 44). Il rapporto, in definitiva, invita fortemente gli attori pubblici ad investire sull’orien- tamento informativo ed educativo come strumento, anche precoce, a supporto ed accompagnamento delle scelte dei ragazzi.
Portogallo
Il sistema di istruzione e formazione portoghese non è caratterizzato da una con- solidata e ricca tradizione di misure di transizione tra cicli scolastici. Ciò è dovuto anche a tendenze di lungo periodo, non strettamente legate alle politiche scola- stiche, ma a condizioni del mercato del lavoro e dell’economia nel suo complesso. Tra le misure di transizione tra i cicli scolastici rientrano i programmi di orienta- mento e preparazione dell’istruzione secondaria del nono anno53, realizzati dai servizi di psicologia e orientamento (SPO)54. Questi programmi consistono in ses- sioni di lavoro che nella maggior parte dei casi assumono la forma di un incontro a settimana durante il quale i tecnici SPO forniscono informazioni agli studenti sui diversi corsi di istruzione superiore e le opportunità professionali associate a ciascuna delle opzioni. Lo scopo di tali incontri è di supportare il processo deci- sionale al completamento dell’istruzione di base. Secondo alcuni dei decisori e degli attuatori intervistati, vi sono difficoltà nell’attuazione di della misura a cau- sa dell’insufficienza numerica dei servizi di psicologia scolastica: le sessioni non raggiungono tutte le scuole e tutti gli studenti, sono opzionali e spesso vengono collocate in momenti che rendono difficile la partecipazione. Infine, agiscono solo precedentemente alla decisione dei giovani, poiché non è stato istituito alcun meccanismo di follow-up. Il dibattito sulla ristrutturazione e rivitalizzazione della SPO in Portogallo è in corso da diversi anni ed è già stato oggetto di numerose iniziative politiche, senza tuttavia che siano stati apportati cambiamenti concreti. Nelle recenti misure di reinserimento implementate in Portogallo (es. programma ‘Nuove opportunità’ e il ‘Programma integrato di Istruzione e Formazione’) sono
53 L’istruzione obbligatoria in Portogallo dura 12 anni, a partire dai 6 anni e termina a 18 anni o con la conclusione dell’istruzione secondaria superiore.
54 Gli SPO, istituiti negli anni Novanta, rappresentano delle unità specializzate di supporto educativo, inte- grate nella rete scolastica, che sviluppano la loro azione dall’educazione pre-scolare alla scuola superiore. Gli SPO operano sotto la dipendenza del dirigente scolastico in cui si trovano, all’interno di appositi quadri normativi nazionali di riferimento.
previste azioni di orientamento che hanno lo scopo di definire gli obiettivi formativi e professionali dei ragazzi/e.
Irlanda
Il governo irlandese ha istituito il Tusla Education Support Service (TESS)55, che opera ai sensi dell’Education Welfare Act del 2000, atto legislativo che promuove la frequenza scolastica.
Dal 2005 in Irlanda esiste un Piano d’azione nazionale per l’inclusione educativa, Delivering equality of opportunity in schools (DEIS), a cui partecipa una parte consistente delle scuole irlandesi, finanziato dal TESS. Il DEIS è un programma completo e una strategia di contrasto all’abbandono scolastico che ha lo scopo di garantire il soddisfacimento dei bisogni educativi di bambini e giovani provenienti da comunità svantaggiate. All’interno di questo programma è costante l’azione di orientamento e ri-orientamento di bambini, ragazzi e famiglie rispetto al percorso intrapreso verificando, di volta in volta, l’efficacia rispetto ai risultati raggiunti.
Francia
Con il piano Agir pour la Jeunesse, lanciato nel 2009 dalla Presidenza della Repub- blica francese, viene ribadito il diritto alla formazione e si delinea un’architettura istituzionale integrata delle politiche di contrasto alla dispersione56. Uno dei pilastri di questa rinnovata azione pubblica in Francia è data dall’orientamento e dalle sue strutture, i Centres d’Information et d’Orientation (CIO)57, che vengono potenziate e che devono essere integrate dentro le strutture del sistema educativo nazionale, entrando sistematicamente nei progetti formativi degli Istituti scolastici, in parti- colare quelli di secondo grado (collège e lycée). A partire dal 2010 si potenzia e si struttura una parte importante delle politiche di prevenzione scolastica che fino ad allora avevano relativamente poco spazio: nuovi modelli di dialogo tra scuola e comunità vengono generalizzati (Mallette des Parents), si attuano dispositivi conti- nui di orientamento nella scelta dei percorsi scolastici, in particolare in secondaria, con un’accresciuta possibilità di modifica della scelta nel corso dell’anno scolastico.
55 Il Tess ha tre componenti: lo Statistical Educational Welfare Service (EWS) e i due servizi di supporto scolastico, il School Completion Program (SCP) e l’Home School Community Liaison Scheme (HSCL). I tre filoni del TESS lavorano insieme in collaborazione con scuole, famiglie e altri servizi per ottenere i migliori risultati educativi nei bambini e giovani.
56 Fino ad allora i dispositivi e attori del sistema educativo si concentrano su un recupero a valle della dispersione, nell’ottica prevalente della compensazione, dell’inserimento del giovane nel mercato del lavoro, e dell’ottenimento di una qualifica professionale. Le Mission Locales, istituite nei primi anni 80 e poi progressivamente divenute il principale strumento pubblico di informazione, orientamento al lavoro, animazione per le giovani generazioni sono l’esempio di maggior successo di questo approccio alla questione dell’uscita precoce dei giovani dal sistema scolastico/di formazione (Conseil National des Missions Locales 1990).
57 Nei CIO si svolge la valutazione dei bisogni di formazione e all’accompagnamento dei giovani tra i 16 ed i 18 anni verso gli organismi e le strutture più adatte.
Sul piano delle misure di orientamento vengono resi sistematici percorsi di cono- scenza del mondo professionale e lavorativo dalla classe sesta del collège fino a quella terminale della scuola di secondo grado (Parcours Avenir) e attivato con- cretamente il diritto all’errore, cioè la possibilità facilitata per gli studenti dei licei professionali (poi estesa a tutti gli studenti di lycée) di modificare la propria scelta nelle prime settimane dell’anno scolastico, con apposite ‘passerelle’ programmate dagli Istituti scolastici e dalla MLDS competente58.
Germania
In Germania nei diversi Länder si praticano sistematicamente azioni di orienta- mento, diversamente calibrate a seconda della fascia di età e della tipologia di popolazione giovanile a cui sono indirizzate.
La Repubblica Federale tedesca ha promosso alcune iniziative nazionali, che sono poi state implementate nei singoli Länder. Tra le iniziative, finanziate principalmen- te con i fondi del Fondo Sociale Europeo (FSE), alcune mirano a una individuazione precoce delle propensioni individuali per limitare i rischi di un abbandono formati- vo dovuto a scelte professionali non conformi alle proprie aspirazioni e capacità. A tal fine un ruolo fondamentale ricoprono il lavoro degli assistenti sociali scolastici; il lavoro dei tutor provenienti da associazioni e fondazioni impegnate nel campo dell’assistenza sociale; le pratiche dell’orientamento.
Nel campo delle azioni di orientamento si segnalano due iniziative quadro: La pri- ma, denominata Komm auf Tour – meine Stärken, meine Zukunft (Vieni in tour – i miei punti di forza, il mio futuro), la seconda invece Bildungsketten (Educational Chains leading to vocational qualifications).
Komm auf Tour- meine Stärke, meine Zukunft (Vieni in tour – i miei punti di forza, il mio futuro)59 ha l’obiettivo di sostenere precocemente l’orientamento professio- nale ed è un’iniziativa rivolta agli studenti della 7^ e 8^ classe di tutti gli indirizzi scolastici60. Gli studenti hanno l’opportunità di identificare i propri punti di forza attraverso una serie di attività di orientamento che coinvolgono la famiglia, la scuola e le imprese e scoprire quali opportunità di carriera vengono loro offerte dal mercato del lavoro. Punto focale di questa iniziativa è un percorso esperien- ziale allestito appositamente (Erlebnisparcours), che si sviluppa in 6 stazioni nelle quali i partecipanti scoprono le proprie attitudini e le combinano con le proprie
58 La missione della lotta contro l’abbandono scolastico (MLDS) è un attore chiave del sistema educativo francese ed ha due obiettivi principali: ridurre, attraverso azioni preventive, il numero di uscite senza diploma; prendersi cura degli abbandoni di età superiore ai 16 anni in vista di un nuovo inserimento scolastico e/o di una qualifica riconosciuta, per un’integrazione sociale e professionale sostenibile.
59 Si veda in proposito: xxxxx://xxxx-xxx-xxxx.xx/
60 Tra le scuole secondarie di primo grado si può scegliere tra Hauptschule, Realschule e Gymnasium. I primi due anni (7° e 8°) di ciascuna di questi indirizzi rappresentano una Orientierungsstufe, ovvero un biennio di orientamento in cui le differenze tra i tre percorsi sono ridotte.
aspettative di vita, per individuare correttamente e precocemente il proprio per- corso professionale.
L’azione Bildungsketten (Educational Chains leading to vocational qualifications)61 sviluppata lungo tutto il decennio 2010-2020, è finalizzata a ridurre il tasso di dispersione scolastica e facilitare il passaggio dalla scuola al mondo lavorativo. L’obiettivo è quello di dimezzare la percentuale di giovani che abbandonano la scuola senza una qualifica nonché a promuovere la formazione professionale degli adulti (lifelong learning). Il programma si compone di più azioni rivolte agli studenti di scuola secondaria di primo grado: analisi del potenziale per la scoperta delle proprie attitudini (Potenzialanlyse), attività di orientamento professionale a partire dalla 8^ classe (Berufsorientierung) grazie alla quale imparano a conoscere il mondo del lavoro anche attraverso l’applicazione pratica delle conoscenze apprese a scuola. Tale politica è promossa dai Ministeri per l’Istruzione e la Ricerca (BMBF), per il Lavoro e gli Affari Sociali (BMAS) e dall’Agenzia Federale per il Lavoro (BA). La sua implementazione a livello locale è opera dei governi dei singoli Länder e delle Direzioni delle locali Agenzie per il lavoro.
2.4.2 Il funzionamento delle reti partenariali
Il contrasto alla dispersione e all’abbandono scolastico, fenomeno complesso e pluridimensionale, richiede la convergenza e il coinvolgimento nell’azione di strut- ture territoriali che possano agire in sinergia con la scuola ed anche oltre il periodo scolastico, attraverso strategie condivise e partecipate62.
I partenariati tra agenzie di socializzazione fronteggiano in maniera più efficace le criticità di varia natura (formative, personali, sociali, economiche, di salute o di altro tipo) che possono costituire la causa di un progressivo distacco dai sistemi formativi. L’intersezione tra diversi settori istituzionali, professionali e della società civile può “facilitare la transizione dei giovani da un ciclo d’istruzione o di vita all’altro ed eliminare le barriere alle loro scelte in materia di apprendimento o di accesso all’informazione, alla consulenza e all’orientamento” (MIUR e INDIRE 2014, 93).
Un approccio olistico e complesso implica una collaborazione intersettoriale e la stretta cooperazione di un’ampia gamma di parti interessate (servizi sociali, servizi per i giovani, psicologi, infermieri, terapisti del linguaggio, specialisti dell’orienta- mento, autorità locali, ONG, imprese, sindacati, volontari, etc.) per affrontare le questioni per le quali la scuola non ha tutte le competenze necessarie. In un recente
61 xxxxx://xx.xx/xxxxxx.
62 Si pone la necessità cioè di promuovere misure di sistema “con un’unica regia, finalizzate al miglioramento delle strutture, alla migliore gestione del tempo scuola, all’innovazione pedagogica e didattica, nonché alla formazione dei docenti” (Xxxxxxx e Bevilacqua 2018, 25).
documento europeo si afferma il concetto di “approccio scolastico completo” (European Commission 2020), “tale approccio implica il coinvolgimento dell’in- tera comunità scolastica (dirigenti scolastici, personale docente e non docente, allievi, genitori e famiglie) in un’azione coesa, collettiva e collaborativa, in stretta cooperazione con i soggetti interessati esterni e con la comunità tutta” (ivi, 5). La costruzione di partenariati più o meno complessi ed articolati in base a i tar- get coinvolti; la misura e valutazione dell’efficacia/efficienza e della stabilità nel tempo delle reti partenariali, sono alcune delle variabili che emergono nell’analisi dei Paesi europei.
Italia
In Italia nel Rapporto MIUR del 2018 si insiste sulla necessità di un “impegno di tutti gli attori: Ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali, dell’Interno, regioni, comuni, attori economici, parti sociali, terzo settore, volontariato” (MIUR 2018, 29) per sostenere e accompagnare il MIUR e le scuole nel contrasto alla dispersione e all’abbandono precoce.
Lo stesso rapporto suggerisce, per la realizzazione di un partenariato efficace e orientato alla collaborazione e che anima una ‘comunità educante’, di:
individuare le aree di massima crisi con strumenti analitici rigorosi e dis- ponibili; potenziare in tali aree (lì dove sono già all’opera) i partenariati tra scuola e fuori scuola già impegnati in significative pratiche di “presa in carico” compensativa di ragazzi esclusi in quartieri di povertà educativa cronica; avviare la costruzione (lì dove non ci sono) di altri partenariati in quartieri con minore infrastrutturazione educativa tra scuola e fuori scuola; costruire una rete regionale e nazionale di tali esperienze; prevedere un governo dei processi di empowerment educativo di ogni zona di educazione prioritaria tra reti di scuole e reti di terzo settore, centri sportivi, tribunale dei minori, agenzie e esperienze educative, esperti, etc. (ivi, 51).
Nelle diverse regioni italiane il partenariato viene realizzato in maniera più o meno strutturata ed animato da soggetti diversi a seconda delle tipologie di azioni messe in atto: nella realizzazione degli IeFP, ad esempio, è centrale l’azione delle scuole, degli enti di formazione professionale e delle aziende del territorio. Nei piani d’intervento e di supporto all’azione scolastica diventano centrali il mondo del volontariato e, più in generale, il terzo settore, il mondo produttivo, la rete dei servizi socio-sanitari pubblici, la rete informale (amici, famiglia, etc.). Il partena- riato è promosso come chiave strategica di intervento e impatto nelle politiche di contrasto alla dispersione/abbandono scolastico anche dall’Impresa Sociale
con I bambini63 che programma la spesa di fondi per contrastare attivamente la Povertà Educativa in Italia. Tuttavia, nonostante gli indirizzi programmatici, non vi è in Italia, attualmente, una governance partenariale decisa a livello strategico e centralizzato. A livello territoriale si costruiscono governance in funzione dell’at- tivazione dei bandi e/o di programmi operativi regionali.
Portogallo
Il sistema educativo portoghese è molto centralizzato in termini di organizzazione e finanziamento. L’EM-PNPSE64 ha un ruolo determinante nella creazione di ponti di collaborazione e intesa tra le scuole e gli enti locali (comunità intercomunali, aree metropolitane e municipi), attraverso il monitoraggio dei suoi piani integrati e innovativi di contrasto all’insuccesso scolastico.
Dal 2016, l’EM-PNPSE ha incoraggiato e ha favorito le scuole a porsi come orga- nizzazioni con capacità di leadership pedagogica nella creazione e applicazione di misure di promozione del successo scolastico: è nato un dialogo continuo tra le Scuole, Xxxxxxxx e le CIM/AM65 in modo che l’assegnazione delle risorse umane e materiali derivanti dagli investimenti finanziari regionali e locali fossero messi a disposizione delle fragilità menzionate nei PAE66 (Plano de açao estratégica) deli- neati dalle scuole. I gruppi pluridisciplinari dei municipi, comunità intercomunali e delle scuole prevedono numerosi servizi di supporto ai giovani in situazione di abbandono scolastico e prestano attenzione anche ai NEET.
In definitiva in Portogallo sono le organizzazioni scolastiche, su indicazione mini- steriale, costruiscono azioni di rete che veicolano persone, valori e idee comuni, promuovendo opportunità di interazione, collaborazione reciproca.
Concretamente l’Istituzione scolastica - singola o in rete con altre scuole - nella redazione del PAE rappresenta il leader dell’azione pedagogica di contrasto alla dispersione scolastica.
Le scuole agiscono all’interno delle azioni del PNPSE come raggruppamenti di Istituti (Agrupamentos de Escolas) che propongono singoli interventi (medidas) per garantire il successo scolastico dei propri alunni. Le scuole mantengono una
63 L’impresa sociale Con i Bambini ha lo scopo di attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, previsti dal Protocollo d’Intesa stipulato nel 2016 tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’Economia e delle Finanze, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’associa- zione delle Fondazioni di origine bancaria.
64 l’EM-PNPSE svolge funzioni di natura scientifica e di monitoraggio delle misure tracciate dalle scuole nel suo piano di azione strategica Soggetto ministeriale che elabora il Programma Nazionale di Promozione del Successo Scolastico. Il piano di azione strategica è uno strumento che orienta e struttura la diffusione e la realizzazione dei principali obiettivi e priorità del progetto educativo della scuola.
65 Comunità intercomunali/aree metropolitane.
66 Il PAE orienta e struttura la realizzazione dei principali obiettivi e priorità del progetto educativo degli Istituti Scolastici. La sua formulazione richiede un processo partecipato a livello locale, secondo una logica incrementale delle azioni, considerata la più adeguata al superamento dei problemi educativi.
discrezionalità nel proporre interventi di diverso tipo grazie a un sostegno, sia economico che formativo, rivolto agli insegnanti attraverso i CFAE (Centros de Formação de Associação de Escolas).
La logica della costruzione dei partenariati è quindi di tipo bottom-up, con un intervento da parte del livello nazionale non nella selezione del tipo di interventi educativi, ma prevalentemente nella valutazione, nel monitoraggio e nell’assisten- za al livello scuola/territorio con azioni di formazione in grado di rendere omogenei il livello degli interventi proposti.
In quest’ottica i piani elaborati dalle scuole devono relazionarsi, secondo il PNPSE, con i progetti di contrasto alla dispersione realizzati dalle comunità territoriali: i PIICIE (Planos integrados de combate ao insucesso e abandono escolares) promossi dai Comuni o dalle comunità intercomunali e finanziati da fondi strutturali gestiti dalle regioni.
Figura 2.4 Descrizione dei partenariati e delle relazioni inter-istituzionali all’interno del PNPSE
Fonte: PNPSE 2017
Irlanda
Nell’Action Plan for Education 2016-2019 si sottolinea l’importanza della connessione tra le agenzie di istruzione e formazione e le diverse comunità socio economiche: l’interrelazione aiuta i diversi attori ad affrontare le sfide reciproche; consente alle persone di lavorare insieme per risolvere i problemi, di innovare e realizzare azioni efficaci a livello locale, regionale e nazionale (Department of Education 2020).
Nel documento programmatico vengono espressi i singoli step per raggiungere l’obiettivo generale (Goal 4: Build stronger bridges between education and the wider community) tra cui: sostenere le comunità locali; rafforzare il ruolo dei ge- nitori e degli studenti; fornire una maggiore varietà di scelte formative scolastiche; creare una più ampia diversità di opportunità di apprendimento oltre la scuola; migliorare il supporto agli studenti per compiere scelte professionali consapevoli; dare ampio spazio all’imprenditorialità, alla creatività e all’innovazione; migliorare il livello complessivo delle competenze.
In Irlanda viene implementato il programma School Completion Programme (SCP), supportato nell’ambito del DEIS e finanziato dal TESS. Questo programma è dedi- cato al sostegno di bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria identificati come potenzialmente a rischio di abbandono scolastico, oppure che non frequenta- no la scuola o altra istituzione formativa, o, infine in condizione di disoccupazione. Tra i principi su cui è fondato l’SCP vi è quello del partenariato, del coinvolgimento e della collaborazione tra scuole, genitori e altre agenzie formative.
Francia
In Francia il funzionamento della rete partenariale è un elemento chiave delle politiche di contrasto alla dispersione/abbandono. Essa viene predisposta secondo un piano organizzativo ben preciso e strutturato.
Lo sforzo del decisore di costruire un’azione integrata è rappresentato dal funzio- namento delle PSAD67, costituite da una struttura a più cerchi concentrici ciascuno dei quali denota un differente grado di coinvolgimento e responsabilità: un nucleo duro (primo cerchio) è rappresentato dalle reti FOQUALE (FOrmation QUALifica- tion Emploi) che raggruppano gli Istituti e i centri del sistema scolastico statale e dalle Missions Locales, principale strumento di informazione e orientamento per le giovani generazioni, aggregato alla rete dei centri per l’impiego.
I cerchi più esterni, invece, tendono a coinvolgere istituzione esterne all’Education Nationale che posso contribuire alle singole azioni di recupero: Istituzioni locali, le camere di commercio, singoli operatori economici, operatori della giustizia
67 Plateformes régionales de suivi et d’appui aux décrocheurs (PSAD) che costituiscono il contenitore istitu- zionale e il luogo di coordinamento di attori e dispositivi di intervento e compensazione della dispersione scolastica in Francia.
che si rapportano ai minori e alla gioventù (come la Protection judiciaire de la jeuness – PJJ), associazioni di rappresentanza dei genitori, organizzazioni giovanili, fondazioni e associazioni locali.
La costruzione del partenariato e della composizione delle ‘cerchie’ è flessibile e anche dettata dalle esigenze e dalle caratteristiche dei singoli territori. Il coordi- namento istituzionale delle PSAD è tuttavia comunque tenuto dal Presidente del Consiglio Regionale, dalle Académies, cioè dalle strutture decentrate del Ministero dell’Educazione Francese, nonché dai prefetti (Ministère de l’Education nationale, de l’Enseignement supérieur et de la Recherche et al. 2015).
Figura 2.5 Descrizione dei partenariati e delle relazioni inter-istituzionali all’interno delle PSAD
Fonte: Education Nationale 2015
Gli attori del primo cerchio delle PSAD analizzano la situazione del giovane in seguito a una o più interviste in presenza e/o a distanza, realizzano un bilancio in base alle competenze e ai bisogni emersi. In seguito propongono un percorso di accompagnamento tra le diverse possibilità di rientro a scuola o di inserimento al lavoro che consentano l’ottenimento della qualifica. Un referente della Piat- taforma (assistant de plate-forme) ha il compito di monitorare il buon esito del percorso di accompagnamento. Le piattaforme hanno così anche il compito di
mappare le offerte di formazione/impiego per l’ottenimento delle qualifiche che sono attive sul territorio di avere un quadro quanto più possibile aggiornato di tali opportunità e di incrociarle con le domande scaturite dalla fase di accoglienza e di ascolto del giovane.
Germania
La Germania ha promosso alcune iniziative nazionali di contrasto alle forme di dispersione/abbandono che poi sono state implementate nei singoli Länder, in conformità alle specifiche esigenze dei territori.
Dalle interviste condotte in Germania a decisori e attuatori delle politiche di for- mazione ed educazione emerge, nel Paese, la presenza di un dialogo costante e circolare tra i livelli istituzionali, gerarchicamente organizzati, e gli attori che, localmente, agiscono in un’ottica cooperativa e collaborativa per la realizzazione di programmi e progetti d’intervento di prevenzione e contrasto alla dispersione/ abbandono scolastico: in altre parole le interconnessioni costanti ed efficaci tra i soggetti coinvolti in questi percorsi risultano essenziali per garantirne la riuscita ottimale.
In Germania la fondazione DKJS68 lavora per avviare e sostenere partenariati di responsabilità interdipartimentali, ad esempio all’interfaccia tra scuola, assisten- za giovanile e autorità locale; promuove attività per lo sviluppo individualizzati dell’insegnamento e dell’apprendimento e aiuta a rendere le strutture del sistema educativo più efficienti.
Le collaborazioni e gli intrecci tra soggetti del network che collaborano nelle politi- che di contrasto alla dispersione/abbandono hanno lo scopo di attuare interventi stabili di contrasto alla dispersione formativa: gli attori dei partenariati e le isti- tuzioni scolastiche si incontrano in organi decisionali decentralizzati con l’obbligo di mutua cooperazione.
Gli interventi sono volti a realizzare quella che viene definita come “triangolazione dei benefici”, ovvero un’interazione costante che reca reciproci vantaggi ai desti- natari degli interventi (singoli, famiglie, gruppi, etc.), ai fornitori dei servizi ed allo Stato (agenzie di welfare, aiuti familiari socio-educativi, sostegni terapeutici etc.).
68 Il DKJS è La Fondazione tedesca per l’infanzia e la gioventù. A livello nazionale è responsabile dell’ufficio di coordinamento che garantisce il successo scolastico. Il DKJS si fa promotore e garante di attività per bambini e giovani negli asili e nelle scuole, durante il passaggio al mondo del lavoro e nelle politiche giovanili familiari o locali. Punti focali del DKJS nel campo d’azione: Programma scolastico tutto il giorno a livello nazionale con il governo federale e tutti i ministeri dell’istruzione; Reti scolastiche; Cooperazione tra scuole, genitori, assistenza ai giovani e altri partner; Servizio sociale scolastico; inclusione; Educazione culturale; Atteggiamento pedagogico e cultura scolastica; Cooperazione tra amministrazione, scienza e pratica; Campi vacanza per giovani a rischio di trasferimento; Promozione dell’apprendimento basato sulla ricerca e individualizzato
Esemplare il caso del programma Regionales Übergangsmanagement (RÜMSA), realizzato nel Lander Sachsen-Xxxxxx Il cui obiettivo è facilitare l’ingresso dei gio- vani nella vita professionale coordinando i servizi offerti dai Centri per l’impiego, le agenzie di collocamento, le scuole e le altre istituzioni. Inoltre questo dispositivo implementa reti di collaborazioni a livello distrettuale e metropolitano. Il proget- to ha il sostegno del Ministero per il lavoro l’integrazione e gli Affari Sociali ed è attuato con il supporto finanziario del Fondo Sociale Europeo.
Alcune considerazioni di sintesi
Nonostante l’elemento unificatore e, per certi versi omogeneizzatore, che in qual- che modo rappresenta lo spazio europeo, le condizioni di partenza e la capacità dei Paesi di organizzare e pianificare gli interventi di contrasto alla dispersione risultano molto diversi sia nella loro organizzazione che negli esiti.
L’analisi degli indicatori relativi agli obiettivi europei, ad esempio, ha infatti eviden- ziato la presenza di modelli diversi di inclusività ed efficacia dei sistemi di istruzione e formazione e di un diverso rapporto di forza, tra Paesi, nella loro declinazione. Eppure, nonostante le profonde differenze riscontrate, è possibile individuare alcune tematiche generali che, alla prova dei fatti, seppur assumendo accezioni talvolta diverse tra i vari Paesi, hanno mostrato di essere dei fattori decisivi, se declinati in un certo modo.
Un primo fattore importante è la presenza o meno di quella che potremmo definire una regia strategica istituzionale che favorisca la realizzazione di una riflessione sulle definizioni del problema dispersione e il reclutamento di una serie di attori ca- paci di apportare un contributo specifico all’interno di una rete sinergica nazionale/ locale. Le esperienze dei Paesi analizzati, infatti, indicano che le politiche risultano maggiormente efficaci se la loro progettazione e implementazione è preceduta da una riflessione istituzionale, condivisa tra diversi attori, in merito alla definizione del fenomeno, alle sue cause e alle metodologie di intervento più adatte. Tale riflessione è tanto più efficace quanto maggiore è in grado di coinvolgimento e di interazione di vari livelli istituzionali: politico, accademico e della società civile. Il secondo aspetto rilevante è il tema dell’inclusività delle politiche, cioè la loro capacità di coinvolgere e riferirsi ad un numero di soggetti più ampio e dalle di- verse caratteristiche sociali. Tale obiettivo sembrerebbe più facile da raggiungere in presenza di alti livelli di integrazione tra politiche scolastiche e le altre sfere di intervento dei sistemi di welfare nazionali (politiche sociali, sanitarie, del lavoro, etc). A questa capacità di lavorare insieme della rete di attori, corrisponde, inoltre, un maggiore grado di integrazione degli interventi e delle misure di sostegno ai singoli. Paradigmatici seppur diversi, risultano da questo punto di vista il sistema
molto spinto dell’Irlanda e quello dal coordinamento più soft della Francia. Ov- viamente integrazione e coordinamento presuppongono la presenza di una regia unitaria a livello nazionale che demanda ai territori l’implementazione delle pra- tiche effettive. Attraverso questo continuo dialogo tra centro e periferie, inoltre, anche la formulazione e la realizzazione di politiche specifiche per alcuni target ritenuti particolarmente fragili (minori stranieri, nomadi, rom, etc.) o territori critici risulta più efficace e semplice da mettere in atto.
I due aspetti appena citati, ovviamente, non possono prescindere dalla capacità di misurazione del fenomeno della dispersione scolastica in grado di fornire dati attendibili, aggiornati e coerenti con la definizione più generale sviluppata a livello istituzionale, per supportare il processo decisionale. Da questo punto di vista, la presenza di anagrafi scolastiche rappresenta un fattore decisivo che consente non soltanto di seguire le traiettorie individuali e monitorare adeguatamente il fenomeno, ma anche una successiva valutazione degli interventi posti in essere. Un altro aspetto di fondamentale importanza per quanto riguarda il sostegno alla riflessività istituzionale e alla elaborazione di decisioni è la strutturazione di un sistema di monitoraggio e valutazione stabile che coinvolga diversi stakeholder, tra cui l’Accademia. Sebbene si possa affermare che oramai la cultura della valutazio- ne sia piuttosto diffusa, non sempre i sistemi mostrano una sistematicità tale da risultare realmente efficaci nel sostenere un approfondimento riguardo la verifica dei risultati e delle indicazioni sulla riformulazione degli interventi. Misurazione, monitoraggio e valutazione sono le fondamenta, in quasi tutti i sistemi analizzati, per distribuire le risorse sulla base delle necessità, programmando i finanziamenti o su base pluriennale o su base annuale dal bilancio degli Stati.
Prassi diffusa pressoché in ogni Paese è l’attenzione alla formazione di reti di par- tenariato capaci di affrontare, attraverso la sinergia di competenze, esperienze e strumenti differenti, la complessità e la multidimensionalità che oramai si riconosce ufficialmente al fenomeno della dispersione. Tuttavia anche in questo caso un elemento che sembra fare la differenza è la continuità e il livello di integrazione delle reti. Iniziative come quelle portoghesi, che mirano a costruire comunità educanti che a livello locale interagiscano e implementino gli interventi nazionali, forniscono stabilità e coerenza alle politiche. La logica delle azioni a bando, dei progetti annuali, invece, stimola i partenariati di scopo e strumentali, e in caso di carenza di risorse ampie, genera competizione più che collaborazione, favorendo più una cultura dell’opportunismo che di un reale impegno (commitment) rispetto al contrasto e alla risoluzione di alcuni problemi. In altri termini un certo grado di istituzionalizzazione delle comunità educanti sembra essere associato ad una maggiore efficacia delle politiche.
Infine, anche gli strumenti a sostegno della riflessività e dei processi individuali dei singoli studenti meritano una menzione. I repentini mutamenti economici e
la destrutturazione dei percorsi di vita ci mostrano che l’idea di una biografia che si sviluppi lungo una traiettoria prefissata e preorganizzata è diventata obsoleta e incapace di leggere i profondi cambiamenti in corso. Anche la principale soluzione di welfare (o per meglio dire di learnfare), individuata a livello dell’Unione, cioè il lifelong learning, insiste sulla capacità di ristrutturare e correggere le traiettorie biografiche, adattandole maggiormente a quelli che sono le trasformazioni in atto. Da questo punto di vista una funzione strategica è svolta dai sistemi di orientamen- to, in grado di supportare i giovani studenti sia nella lettura delle trasformazioni in essere sia nelle scelte che, in base ai talenti e le vocazioni personali, risultano più adatte all’interno dei contesti di vita degli individui. Saper interpretare i propri fallimenti, attribuire le giuste responsabilità a fattori diversi (economici, politici, individuali) consente non solo di riformulare le proprie strategie ma anche di riappropriarsi della consapevolezza di gestire un processo decisionale riguardo alle proprie scelte di vita, sentirsi meno in balia degli eventi, e conservare un cer- to livello di fiducia nelle istituzioni. Lo sviluppo professionale dei docenti risulta essere un elemento chiave del successo delle politiche anche sotto questo pro- filo. La possibilità di formare adeguatamente gli insegnanti al counseling oppure di prevedere il coinvolgimento di esperti ad hoc, provenienti da ambiti diversi (Accademia, mondo delle imprese, associazioni intermedie), con il loro bagaglio di esperienze, competenze e punti di vista diversificati, risulta senza dubbio un fattore decisivo e qualificante del sistema educativo.
3 Le policies regionali di contrasto alla dispersione in Italia
3.1 Presentazione del lavoro e nota metodologica
Questo lavoro si pone l’obiettivo di descrivere le principali caratteristiche degli interventi regionali nel breve periodo, limitando l’intervallo di riferimento agli anni 2015-2019, includendo così tutti gli interventi almeno avviati (pubblicazione del bando, avvio dell’iter amministrativo) nell’annualità di partenza69.
Vengono presi in considerazione gli interventi programmati e pianificati dalle am- ministrazioni regionali con un’estensione, per alcuni territori, alla dimensione politica sub-regionale (in particolare città metropolitane e comuni) laddove l’entità delle azioni di questi livelli politico-amministrativi sia stata considerata rilevante, come nelle grandi aree urbane e comuni capoluogo. Sono stati inclusi inoltre interventi programmati da strutture dello Stato centrale, ma in cui le amministra- zioni regionali sono state considerate come co-programmatrici, insieme con altri soggetti operanti a livello locale.
Gli interventi di contrasto alla dispersione sono stati censiti attraverso un processo che si è composto di due fasi.
In un primo momento, corrispondente all’analisi dei documenti pubblicati dalle amministrazioni regionali via web, i dati sono stati raccolti con l’ausilio di uno stru- mento di rilevazione (Schede) che riuscisse a contenere le informazioni (Beneficiari, Destinatari, Obiettivi, Attività ecc.) incluse negli avvisi pubblici degli interventi condotti nella lotta alla dispersione scolastica70. È stato privilegiato – nella ricerca degli avvisi – un criterio di tipo letterale, prendendo in considerazione gli inter- venti in cui fosse presente nella documentazione allegata la locuzione ‘dispersione scolastica’ (o dei suoi sinonimi) tra gli obiettivi dichiarati.
69 In un numero molto esiguo di casi sono stati quindi presi in considerazione avvisi pubblicati negli anni precedenti, ma in cui l’intervento si è svolto anche nel 2015.
70 Il contenuto dei campi è stato valorizzato attraverso la fedele trasposizione di quanto riportato nei testi dei bandi/avvisi.
Successivamente, durante la seconda fase di ricerca che ha previsto interviste a te- stimoni privilegiati (decisori politici, dirigenti, operatori scolastici e del Terzo Settore ecc.) gli interventi di contrasto alla dispersione censiti sono stati integrati con un criterio di tipo ‘Partecipativo’, verificando quelli definiti/indicati unanimemente o prevalentemente come tali dagli intervistati, anche se non inseriti nella prima fase. In molti casi si tratta di interventi in cui la lotta alla dispersione e all’abbandono scolastico è solo una delle dimensioni in cui si sviluppa la politica: laddove è stato possibile disaggregare le singole dimensioni in relazione all’obiettivo specifico ‘contrasto alla dispersione’, le caratteristiche censite si riferiscono a tale specifica parte; in caso contrario l’intervento viene censito nella sua interezza.
Le caratteristiche degli interventi censiti si riferiscono a elementi in grado di resti- tuire informazioni essenziali sulle strategie delle politiche adottate:
• obiettivi delle politiche – sia in riferimento alle macro-fasi (prevenzione, con- trasto, compensazione), sia in relazione al potenziamento di specifiche com- petenze e abilità dei destinatari (orientamento, competenze di base, relazione con l’istituzione scolastica ecc.);
• tipologia delle attività finanziate dagli interventi sia rispetto alla loro inclusio- ne anche fisica nello spazio e nel tempo standard scolastico, sia rispetto alla tipologia delle azioni finanziate (sostegno economico diretto ai destinatari, azioni di orientamento, di counseling ecc.);
• caratteristiche dei destinatari, sia in relazione alla fascia d’età che allo status di questi ultimi (iscritti o meno ad un percorso scolastico, cittadinanza, etc.);
• caratteristiche degli attori che materialmente implementano l’intervento, sia nel ruolo di beneficiari principali, che di soggetti coinvolti come partner (Istituti scolastici, Enti del Terzo Settore, Università e Centri di ricerca ecc.);
• durata degli interventi e loro ripetizione nel tempo, provando ad individuare quelli che presentano una strategia che supera l’intervento spot e si configura come pluriennale;
• importo stanziato dai singoli interventi censiti con la necessaria precisazione di una estrema difficoltà nel risalire alle cifre poi effettivamente erogate.
La costruzione delle schede regionali, effettuata da operatori diversi, ha prodotto un insieme di informazioni dall’aspetto eterogeneo, molto spesso relative a con- tenuti molto simili tra loro. Questo, se è stato utile per la restituzione dell’ampia varietà di interventi effettuati a livello regionale ha però limitato la capacità di sintesi, di analisi e di confronto delle politiche messe in atto sul territorio nazio- nale. Si è resa necessaria una ricodifica che ha consentito l’identificazione di 186 bandi/interventi che hanno caratterizzato la finestra temporale presa in esame. È bene sottolineare sin da subito che la ricognizione effettuata mediante l’analisi desk non ha potuto contemplare tutti quegli interventi implementati e messi in
atto nel periodo considerato, di cui non è stato possibile reperire alcuna infor- mazione sul web. Detto in altri termini, tale lavoro di ricognizione non può avere pretesa di esaustività né in merito al numero complessivo di interventi messi in atto nel nostro Paese nel quinquennio considerato, né – per gli interventi cen- siti – in merito ad alcune loro caratteristiche specifiche (fonti di finanziamento, fondi erogati, destinatari, beneficiari) se nessuna traccia di queste informazioni è presente online. Se, per ovvie ragioni, non è possibile misurare la sottostima del numero di interventi effettivamente implementati in Italia tra il 2015-2019, possiamo affermare che i dati mancanti in relazione alle diverse caratteristiche considerate (obiettivi, attività, destinatari, beneficiari e reti di partenariato) non inficiano, in maniera sostanziale, la qualità delle analisi di seguito presentate71. L’eterogeneità dei dati presenti nelle schede regionali ha reso necessaria una ri- codifica dei campi attraverso un’attività che ha previsto due fasi. Nella prima si è proceduto ad un ulteriore controllo dei contenuti delle schede dei report regio- nali, effettuando delle verifiche di coerenza e, se possibile, di recupero di alcune informazioni mancanti. Per queste attività, ogni operatore ha lavorato su un’intera regione per facilitare il compito di controllo, ricerca e approfondimento. Nella seconda fase, invece, si è operata una vera e propria ricodifica delle informazioni originali delle schede. Attraverso un processo di lettura preliminare delle infor- mazioni si sono costruite delle categorie uniformi in cui classificare in maniera omogenea quanto riportato dalle schede. In questa fase sono stati previsti due accorgimenti molto importanti. Il primo ha visto ogni operatore lavorare su un’in- tera colonna: allo scopo di rendere omogenea la classificazione (cioè, utilizzare lo stesso criterio fondante) ogni operatore si è occupato di un aspetto in maniera esaustiva (es. Beneficiari, Azioni, Destinatari), per tutte le regioni interessate. L’altro accorgimento, invece, ha riguardato la costruzione stessa delle categorie. Per salvaguardare la ricchezza delle informazioni, ogni campo è stato suddiviso in molteplici categorie non autoescludenti. In questo modo, ad esempio, nel caso della categoria ‘Obiettivi’, è stato possibile individuare 11 categorie dicotomiche (sì/no) per indicare la presenza o l’assenza di quel determinato aspetto. In alcune circostanze, come nel caso della categoria destinatari, oltre alle classi d’età (per gli individui), a delle specifiche categorie professionali (es. insegnanti) o ai soggetti giuridici (es. scuole) – trattate sempre con variabili dicotomiche sì/no – sono state aggiunte alcune specifiche come, ad esempio, la necessità di essere studenti o migranti (sempre dicotomiche) o di avere requisiti specifici. In questo ultimo caso,
71 È proprio a causa dell’eccessiva presenza di informazioni mancanti che in questa sede non sono state prese in considerazione le informazioni relative alla durata degli interventi, all’importo mediamente finanziato e al dettaglio delle fonti di finanziamento.
non è stato specificato nel dettaglio il requisito in questione, poiché la consistenza numerica di ognuno era molto bassa.
A questa specifica struttura della matrice corrisponde una peculiare attività di ela- borazione, analisi e presentazione dei dati con statistiche mono e bi-variate: oltre ai valori assoluti (il numero di casi in cui nei bandi veniva indicata una specifica categoria di destinatari, di beneficiari, di azioni e così via) sono in genere presentate sia la percentuale di tale numero calcolata sul totale delle possibili risposte, sia, infine, la percentuale di tale numero sul totale dei 186 interventi individuati. È in quest’ultimo caso, ovviamente, che la somma dei valori percentuali eccede il 100%, come conseguenza dell’individuazione di più risposte possibili (non autoescludenti) per ogni singola categoria. Inoltre, come ulteriore tentativo di sintesi della ricchezza rappresentata dalla modalità a risposta multipla di ogni categoria, è stata presa in esame una misura approssimativa dell’indice di copresenza, calcolata con la correlazione di Xxxxxxx sulle dicotomie 1/0 – assente presente – per verificare l’esistenza di pattern di coesistenza tra elementi diversi all’interno di ogni singola categoria. Rispetto all’indice di copresenza vero e proprio, tale misura è più cauta, poiché tende leggermente a sottostimare i fenomeni analizzati: questo vuol dire che le correlazioni evidenziate risulterebbero ancora più forti se calcolate con un indice di copresenza tradizionale.
3.2 Aspetti definitori: la descrizione delle categorie utilizzate
Per consentire un adeguato confronto tra i diversi interventi individuati, la costru- zione del database, come abbiamo visto, ha previsto un’operazione di traduzione delle informazioni letterali presenti nei bandi in alcune categorie standardizzate. Risulta pertanto importante descrivere nel dettaglio le categorie interpretative su cui si è basato il processo di classificazione degli interventi. Xxxxxxx affrontati, nell’ordine, i temi degli obiettivi, delle azioni intraprese e dei beneficiari.
Aspetti definitori: gli obiettivi
Affrontare il tema degli obiettivi significa provare a comprendere da quale punto di vista i policy maker hanno deciso di affrontare il problema attorno al quale è stato ideato un intervento. Esso, in altri termini, ci fornisce, nei casi presi qui in esame, degli indizi molto chiari su come si è deciso di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. Come già sottolineato, attraverso le procedure descritte nella nota metodologica, si è provato a considerare i molteplici obiettivi che ogni politica ha provato a conseguire, creando categorie multiple non autoescludenti per descrivere le caratteristiche dei singoli bandi. A tal proposito, proponiamo una breve descrizione delle categorie interpretative utilizzate per classificare gli obiettivi rispetto alle definizioni incontrate nei bandi:
• Orientamento: implementazione/rafforzamento delle azioni di orientamento svolte nelle diverse fasi del percorso scolastico/formativo e biografico indi- viduale, attraverso diverse metodologie (colloqui e consulenze individuali; seminari informativi e percorsi di educazione alla scelta nelle scuole; Open days e saloni di orientamento; orientamento on-line; operazioni di orientamento educativo di tipo laboratoriale; bilancio delle competenze e ri-motivazione agli apprendimenti).
• Hard Skills: rafforzamento delle competenze più direttamente legate ad aspet- ti tecnico professionali. Sono comprese sia quelle definite come generiche (competenze tecniche diffuse in quasi tutti gli ambiti di lavoro e pertanto altamente trasferibili) sia quelle specifiche (presenti in poche situazioni e in specifici settori lavorativi)72;
• Soft Skills: rafforzamento delle competenze lavorative non tecniche, ma abi- litanti al lavoro come, ad esempio, mediazione dei conflitti, problem solving, working method group, attività peer to peer, competenze comunicative, ca- pacità di scambiare conoscenze tra pari;
• Life Skills: rafforzamento delle competenze di carattere trasversale che riguar- dano il benessere individuale e le capacità che permettono di acquisire un comportamento versatile e positivo, sviluppate attraverso diverse metodologie e contenuti (laboratori tematici di arte, teatro, musica, sport, corsi di cultura ambientale, enogastronomia, cittadinanza attiva, etc.);
• Competenze di base: rafforzamento delle competenze relative alla lingua ita- liana (in particolare destinate a minori stranieri) e inglese, alla matematica, alfabetizzazione informatica, materie scientifiche, materie umanistiche;
• Relazione con la Scuola: miglioramento/rafforzamento di tutte le azioni che concorrono alla costruzione di un clima scolastico positivo della più ampia co- munità educante. È una categoria molto eterogenea per modalità e contenuti e può comprendere, a titolo di esempio, attività di consulenza psicologica, sportelli di ascolto per ragazzi e famiglie, sostegno psicologico agli insegnanti, gruppi di discussione genitori-insegnanti etc.;
• Recupero della Carriera Scolastico–Formativa: potenziamento delle azioni di inclusione degli studenti che presentano difficoltà nell’apprendimento e nel profitto scolastico. Anche in questo a titolo di esempio si citano attività di tutoraggio, percorsi individualizzati di sostegno agli apprendimenti ed alla conoscenza in accordo scuola-famiglia, servizio di peer educator; tutoraggio nelle fasi di transizione;
• Empowerment comunitario e creazione di reti: miglioramento/rafforzamento di tutte le azioni che concorrono alla costruzione delle relazioni dell’istituzione
72 Si fa riferimento alla definizione operata in Pellerey 2016.
scolastica con il territorio, e in genere al rafforzamento del capitale sociale della comunità educante di riferimento. Possono essere inclusi in questo obiettivo l’apertura degli spazi scuola al territorio; azioni di sensibilizzazione a favore di processi di auto-organizzazione e partecipazione;
• Sostegno culturale: Rafforzamento e Implementazione di azioni per l’accessibi- lità dei destinatari ai consumi culturali, con particolare riferimento ai contenuti extra-scolastici. Xxxxxxx rientrare in questa categoria azioni di rigenerazione spazi scuola, conoscenza ed esplorazione del territorio e di discipline precluse ai destinatari a causa di disagio economico, culturale e sociale;
• Sostegno economico: Rafforzamento e implementazione di misure di trasfe- rimento monetario per il sostegno al reddito familiare o per supporto al pa- gamento di attività formative o acquisto beni propedeutici allo svolgimento di tali attività;
• Sostegno sociale: Rafforzamento e implementazione di misure atte a favorire l’integrazione nelle comunità (extrascolastiche) di riferimento dei destinatari o l’integrazione dei migranti nelle società di destinazione.
Aspetti definitori: la tipologia di attività
Se gli obiettivi ci forniscono delle importanti informazioni sul come affrontare un problema, la tipologia di attività rappresenta gli strumenti attraverso i quali conseguire gli obiettivi prefissati. Anche in questo caso, la ricchezza di contenuti delle politiche esaminate ha visto la necessità di attribuire più tipologie di azioni intraprese per ogni singolo bando. Ogni intervento infatti, ha previsto, in media, almeno tre azioni diverse. In breve raccogliamo nella descrizione delle ‘attività’ la ricchezza delle proposte contenute nei bandi esaminati73:
• corsi curriculari: attività di recupero e/o di potenziamento delle competenze di base e relative ai diversi indirizzi scolastici (lingua, matematica, TIC, inglese e materie specifiche per i diversi indirizzi scolastici);
• corsi extra-curriculari: attività non strettamente collegate alle attività curri- culari che hanno come obiettivi quelli di favorire l’espressività, l’inclusione, l’integrazione, la conoscenza e l’esplorazione del territorio, il benessere per- sonale e collettivo;
• corsi professionalizzanti: corsi di istruzione e formazione professionale (IEFP), corsi di formazione professionale per giovani fuoriusciti dai sistemi scolastici senza conseguimento di una qualifica professionale;
73 Gli aspetti definitori di obiettivi ed attività devono tenere conto della difficoltà ad inquadrare in maniera unidirezionale gli interventi: spesso in uno stesso intervento sono contemplati obiettivi ed attività che si intrecciano o si intersecano tra loro (ne sono un esempio i percorsi IeFP che per loro stessa natura contengono aspetti legati all’istruzione e alla formazione e sviluppano competenze di base, trasversali e tecniche al contempo).
• tirocini formativi/training on the job/apprendistato: tirocini formativi (in Italia e all’estero), tirocini finanziati da Xxxxxxxx Xxxxxxx;
• alternanza scuola-lavoro: esperienza pratica che aiuta a consolidare le cono- scenze acquisite a scuola e testare sul campo le attitudini di studentesse e studenti, così come previsto dalla L. 107/2015;
• attività di orientamento: attività di orientamento (individuali e/o di gruppo) eterogenee concepite per destinatari di diverse fasce di età e che si svolgono nelle diverse fasi del percorso scolastico/formativo/biografico degli individui;
• attività di sostegno economico/infrastrutture per le istituzioni: acquisto di beni e attrezzature per migliorare gli apprendimenti; riammodernamento di spazi; miglioramento delle reti informatiche e acquisto di dispositivi digitali ad hoc;
• attività di sostegno psico-relazionale e/o guida alla riflessione/valutazione di sé: attività di supporto psicologico/coaching individuali e di gruppo rivolte a diverse tipologie di destinatari (studenti, giovani fuori dal percorso scolastico, famiglie, lavoratori della scuola, etc.)
• attività di sostegno sociale ed economico per gli individui/famiglie: attività di trasferimento monetario (sostegno al reddito, borse di studio) e non mone- tario (acquisto di beni o servizi, consulenza con servizi sociali) volte a favorire l’integrazione sociale dentro la scuola e nella comunità dei destinatari, in primo luogo studenti;
• attività di sostegno culturale: attività che favoriscono l’accessibilità dei destina- tari, in primo luogo studenti, ai consumi culturali, con particolare riferimento ai contenuti extra-scolastici (percorsi di conoscenza del territorio sul piano paesaggistico, storico, culturale, artistico);
• attività di co-progettazione (scuole, istituzioni locali e Terzo Settore, mondo delle imprese, etc.): attività di progettazione partecipata tra i diversi attori istituzionali individuali e collettivi (tavoli tematici ed attività di coinvolgimento della rete degli stakeholder nella progettazione educativa);
• formazione/sensibilizzazione insegnanti, operatori, tutor, famiglie, cittadini: azioni di formazione/sensibilizzazione rivolte ai diversi attori della comunità educante (campagne informative, azioni di formazione, su tematiche specifiche di interesse nell’ambito degli interventi di contrasto alla dispersione).
Aspetti definitori: i beneficiari principali e secondari
La descrizione dei beneficiari principali e di quelli secondari (partner) delle poli- tiche di contrasto alla dispersione ci dà informazioni importanti sull’ecosistema istituzionale che opera in questo specifico settore di intervento. Per ogni intervento sono stati così definiti quali soggetti figurano come beneficiari e se individuabili quali principali o secondari (partner). I soggetti beneficiari a loro volta sono stati raggruppati in categorie dei quali si presenta di seguito la definizione:
• Beneficiari: soggetti attuatori dell’intervento e titolati a gestire direttamente le risorse economiche che derivano dalla politica realizzata a livello regionale. Laddove non è previsto un partenariato, tutti i soggetti attuatori si intendono quali beneficiari principali;
• Partner: soggetti che concorrono alla realizzazione dell’intervento pur non essendo titolati a gestire direttamente le risorse economiche, o comunque posti in ruolo secondario rispetto al beneficiario principale;
• Istituti Scolastici: vengono compresi in questa categoria tutti gli Istituti Scola- stici di ogni ordine e grado, sia statali che privati o parificati;
• Enti del Terzo Settore (ETS): rientrano in questa categoria tutti i soggetti ri- conducibili alla definizione operata dalla normativa di riordino del settore (Decreto legislativo 117/2017) e in ogni caso riconducibili al “complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che […] promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”74. Fanno eccezione gli ETS che rientrano nello specifico in altre categorie che si descrivono di seguito;
• Enti Accreditati: si intendono soggetti – come gli enti di formazione – che per operare nel campo delle politiche educative, di orientamento al lavoro, di formazione, necessitano di un riconoscimento da parte delle amministrazioni regionali. Non ne fanno parte le Associazioni di Promozione Sociale (APS) o le ex-Organizzazioni di Volontariato (ODV) che invece rientrano nella categoria Enti del Terzo Settore;
• Imprese/Soggetti Profit: rientrano in questa categoria tutti i soggetti che ope- rano secondo una logica di raggiungimento di profitto indipendentemente dalla forma giuridica che assumono (individuale, collettiva ecc.). Rientrano in questa categoria anche i soggetti, individuali o associati, che svolgono libera professione;
• Amministrazioni Locali (sub-regionali): livelli politico-amministrativi la cui com- petenza territoriale è di tipo sub-regionale e loro articolazioni (Province, Città Metropolitane, Comuni, aggregazioni di comuni, Comunità Montane ecc.);
• Amministrazioni Regionali (e partecipate): rientrano in questa categoria le società partecipate dalle amministrazioni regionali e gli ambiti territoriali so- ciali come da L. 328/2000;
• Fondazioni: vengono incluse in questa categoria sia le Fondazioni Bancarie, che le Fondazioni di famiglia o di Comunità, incluse o meno negli Enti del Terzo Settore;
74 Si fa riferimento alla legge Delega 106/2016 per la riforma del Terzo settore.
• Università/Enti di Ricerca: rientrano in questa categoria le università statali e non statali, gli Enti di ricerca siano essi pubblici o privati;
• Individui: presenti solo nella categoria di destinatari; si tratta dei singoli che ricevono un compenso finanziario diretto dall’intervento di contrasto alla di- spersione (come nel caso degli interventi di ‘dote’ e di sostegno economico).
Le informazioni sono in genere presentate in relazione alle diverse macro-aree territoriali (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole)75 per provare ad evidenziare la diversa connotazione che assumono gli interventi di contrasto alla dispersione nei diversi territori presi in esame. Le elaborazioni dei dati sono state effettuate mediante l’ausilio dei software Microsoft Excel 2019, IBM SPSS v. 21, e R. Nei prossimi paragrafi tratteremo in primo luogo il tema degli obiettivi e delle attività previste dalle politiche di contrasto alla dispersione scolastica considerate, cosi come emerso dalla ricognizione dei 186 bandi rilevati. I dati ci mostrano l’esisten- za di interventi profondamente diversi tra loro a causa delle differenti logiche sottostanti, basate sulla concezione del tipo di cause attribuite alla dispersione e, chiaramente non ultima, la lettura che i decisori politici fanno delle specificità territoriali. Segue una descrizione dei destinatari, dei soggetti beneficiari e delle reti di partenariato delle politiche che, in qualche misura, risulta coerente con quanto emerso dall’analisi degli obiettivi.
3.3 Una tipologia delle azioni di contrasto alla dispersione
Obiettivi e attività menzionati all’interno degli interventi di contrasto rappresen- tano in qualche modo il cuore delle politiche implementate dalle amministrazioni regionali. Insieme ‘posizionano’ la politica sia dal punto di vista della fase di in- tervento (prevenzione/contrasto/compensazione), sia della tipologia di attività, canalizzando inevitabilmente tutte le altre caratteristiche (beneficiari, destinatari, ecc.). Proprio per questo le categorie che riguardano queste due variabili sono in qualche modo intrecciate e sono state elaborate specularmente.
In base alla disamina degli Obiettivi degli interventi (tabella 3.1)76, nell’analisi delle Regioni italiane si rileva che quelli maggiormente perseguiti sono legati al raffor-
75 In particolare, sono stati rilevati 52 avvisi per l’area del Nord-Ovest (28,0% del totale dei 186 avvisi), 48 per quella del Nord-Est (25,8%), 26 a per il Centro (14,0%), 47 per il Sud (25,3%) e 13 per il Isole (7,0%).
76 Come già riportato nel paragrafo precedente, la tabella mostra due criteri su cui è stato effettuato il calcolo della percentuale: nel primo caso, le proporzioni sono state rapportate al totale dei 600 obiettivi rilevati; nel secondo caso, invece, la base di confronto è stato il numero di bandi (il numero di casi validi). È in quest’ultima circostanza che il totale delle percentuali eccede il 100%, per effetto della possibilità di assegnare più di una categoria non autoescludente ad ogni avviso pubblico. Questa ratio è stata seguita per tutte le tabelle successive.
zamento delle Life skills (53%), delle Hard e Soft Skills (rispettivamente 39.3% e 55,8%), dell’Orientamento (38,7%) e dell’Empowerment comunitario e creazione di Reti (36,5%). Seguono quelli riferiti al potenziamento delle Competenze di Base (37,6%), al miglioramento delle relazioni all’interno della Scuola e della Scuola con l’esterno (31,5%) e al Sostegno culturale (23,8%). Gli altri macro obiettivi identificati nel raggruppamento degli interventi analizzati risultano residuali (ad es. Sostegno Sociale e sostegno Economico).
Tabella 3.1 Obiettivi individuati, v.a.,% sul totale degli obiettivi e % sul totale di casi
N | (%) sul tot. degli obiettivi | (%) sul tot. dei casi | |
Orientamento | 70 | 11,70% | 38,70% |
Hard Skills | 71 | 11,80% | 39,20% |
Soft Skills | 101 | 16,80% | 55,80% |
Life skills | 96 | 16,00% | 53,00% |
Competenze di Base (Lingua, 68 11,30% 37,60% | |||
Matematica, TIC) | |||
Relazione con la Scuola | 57 | 9,50% | 31,50% |
Recupero della Carriera 13 Empowerment comunitario e 66 | 2,20% | 7,20% | |
creazione di RETI | |||
Sostegno Economico | 8 | 1,30% | 4,40% |
Sostegno Sociale | 7 | 1,20% | 3,90% |
Sostegno Culturale | 43 | 7,20% | 23,80% |
Totale | 600 | 100,00% | 331,50% |
Scolastico - Formativa
11,00% 36,50%
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Un aspetto senza dubbio interessante riguarda il fatto che, in media, ogni ban- do abbia indicato circa tre obiettivi (331,5% dell’ultima colonna), risultato che mette in evidenza come gli interventi, in genere, prevedano soluzioni complesse che cercano di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica considerando molteplici punti di vista.
Tabella 3.2 Obiettivi individuati e ripartizione geografica, macroaree, v.a. e %
Ripartizione Geografica
Obiettivi
Nord- Ovest
Nord- Est
Totale
Centro
Sud
Isole
Orientamento
Hard Skills
Soft Skills
Life skills
Competenze di Base (Lingua, Matematica, TIC)
Relazione con la Scuola
Recupero della Carriera Scolastico - Formativa
Empowerment comunitario e creazione di reti
Sostegno Economico
Sostegno Sociale
Sostegno Culturale
N 12 22 12 21 3 70
% 24,5 46,8 48,0 44,7 23,1
N 19 19 11 17 5 71
% 38,8 40,4 44,0 36,2 38,5
N 20 27 22 27 5 101
% 40,8 57,4 88,0 57,4 38,5
N 19 27 12 31 7 96
% 38,8 57,4 48,0 66,0 53,8
N 13 13 9 26 7 68
% 26,5 27,7 36,0 55,3 53,8
N 12 13 7 23 2 57
% 24,5 27,7 28,0 48,9 15,4
N 4 0 6 3 0 13
% 8,2 0,0 24,0 6,4 0,0
N 16 19 8 20 3 66
% 32,7 40,4 32,0 42,6 23,1
N 7 0 0 1 0 8
% 14,3 0,0 0,0 2,1 0,0
N 3 0 0 4 0 7
% 6,1 0,0 0,0 8,5 0,0
N 10 12 7 13 1 43
% 20,4 25,5 28,0 27,7 7,7
Totale N 49 47 25 47 13 181
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Dal tentativo di indagare la possibile copresenza di obiettivi diversi, anche in re- lazione alla loro realizzazione nelle diverse macro-regioni italiane (tabella 3.2), è possibile sottolineare alcune tendenze di particolare interesse.
Prima di tutto, gli obiettivi legati al rafforzamento delle Hard Skills e delle Soft Skills sembrano essere quasi sempre contemporaneamente presenti (tali com- petenze sono strettamente legate, ad esempio, alla realizzazione delle misure di Istruzione e Formazione Professionale, dei Tirocini formativi e/o delle azioni volte a facilitare la Transizione Scuola-Lavoro, dell’Alternanza Scuola-Lavoro). Se le Hard Skills risultano diffuse in maniera piuttosto equilibrata tra le diverse macroaree, le Soft Skills risultano caratterizzare in particolar modo le politiche del Centro (88%). Un discorso simile può essere fatto per gli obiettivi delle Life Skills e delle Compe- tenze di base, anch’essi fortemente correlati: tali competenze sono strettamente legate alla realizzazione di attività extra-curriculari e/o curriculari gestite, però, con metodologie didattiche alternative. Questi due obiettivi – soprattutto quelli relativi alle competenze di base – risultano per lo più presenti nelle regioni del Sud e delle Isole.
Per quanto riguarda l’orientamento, esso viene attuato in diverse Regioni attraverso misure specifiche. Da questo punto di vista, in ogni caso, Nord-Ovest (24,5%) e Isole (23,1%) presentano le incidenze di gran lunga più basse rispetto alle altre ripartizioni territoriali, dove il numero di interventi che vede il rafforzamento dell’o- rientamento tra gli obiettivi sfiora il 50%. L’obiettivo Empowerment comunitario e creazione delle Reti è diffusamente perseguito in tutte le regioni italiane con una leggera prevalenza nel Nord-Est e nel Sud. Esso quindi risulta quasi un’azione di sistema, e pertanto prioritaria, nei diversi bandi presi in esame.
Anche il Sostegno Culturale registra una presenza diffusa sul territorio, seppure in misura ridotta (tra un quarto e un quinto degli interventi, con l’eccezione delle Isole dove la quota è del 7,7%) rispetto agli altri obiettivi. Questo risulta caratterizzare alcuni interventi come ad esempio quelli sostenuti dal Fondo Asilo Migrazione Integrazione (FAMI), gestiti dalle Regioni, volti a favorire l’inclusione e l’alfabetiz- zazione dei minori e giovani immigrati e delle loro famiglie.
L’obiettivo legato alle Relazioni con La Scuola (Formazione/sensibilizzazione inse- gnanti, tutor, operatori, genitori, cittadini; Sostegno Psico-Relazionale e/o Guida alla riflessione/valutazione di sé) in generale non sembra prioritario, con l’unica eccezione rappresentata delle regioni del Sud in cui è presente in quasi la metà (48,9%) degli interventi messi in campo.
In definitiva, rispetto all’insieme di interventi esaminato, appaiono fortemente praticate le misure contenenti obiettivi collegati alle misure di Prevenzione e In- tervento mentre le misure di Compensazione risultano residuali.
Tabella 3.3 Macro attività previste, v.a.,% sul totale delle attività e % sul totale di casi
N
(%) sul tot. delle attività
(%) sul tot. di casi
Corsi curriculari 55 10,9 31,8
Corsi extra-curriculari 80 15,9 46,2
Corsi professionalizzanti 71 14,1 41,0
Tirocini formativi/training on the job/apprendistato 42 8,3 24,3
Alternanza Scuola-Lavoro 7 1,4 4,0
Attività di orientamento 64 12,7 37,0
Attività di sostegno economico/infrastrutture 9 1,8 5,2
Sostegno Psico-Relazionale e/o Guida alla riflessione/valutazione di sé
53 10,5 30,6
Sostegno sociale 6 1,2 3,5
35 7,0 20,2
Attività di sostegno culturale 45 8,9 26,0 Attività di co-progettazione (scuole, istituzioni
locali e TS, mondo delle imprese, etc.)
Formazione/Sensibilizzazione insegnanti, operatori, tutor, famiglie, cittadini
36 7,2 20,8
Totale 503 100,0 290,8
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Tabella 3.4 Macro attività individuate e ripartizione geografica, macroaree, v.a. e v. %
Ripartizione Geografica
Macro attività
Xxxx- Xxxxx
Xxxx- Xxx
Xxxxxx
Xxxxxx
Xxx
Xxxxx
Xxxxx curriculari
Corsi extra-curriculari
Corsi professionalizzanti
Tirocini formativi/ training on the job/ apprendistato
Alternanza Scuola-Lavoro
Attività di orientamento
Attività di sostegno economico/infrastruttre
Sostegno Psico- Relazionale e/o Guida alla riflessione/ valutazione di sé
Sostegno sociale
Attività di sostegno culturale
Attività di co- progettazione (scuole, istituzioni locali e terzo settore, mondo delle imprese, etc.)
N 10 12 10 19 4 55
% 21,3% 26,1% 40,0% 45,2% 30,8%
N 18 26 12 21 3 80
% 38,3% 56,5% 48,0% 50,0% 23,1%
N 17 17 11 21 5 71
% 36,2% 37,0% 44,0% 50,0% 38,5%
N 2 3 16 20 1 42
% 4,3% 6,5% 64,0% 47,6% 7,7%
N 1 0 0 6 0 7
% 2,1% 0,0% 0,0% 14,3% 0,0%
N 12 22 13 15 2 64
% 25,5% 47,8% 52,0% 35,7% 15,4%
N 7 0 0 2 0 9
% 14,9% 0,0% 0,0% 4,8% 0,0%
N 11 11 7 21 3 53
% 23,4% 23,9% 28,0% 50,0% 23,1%
N 2 0 0 4 0 6
% 4,3% 0,0% 0,0% 9,5% 0,0%
N 10 12 7 14 2 45
% 21,3% 26,1% 28,0% 33,3% 15,4%
N 8 10 3 12 2 35
% 17,0% 21,7% 12,0% 28,6% 15,4%
Ripartizione Geografica
Macro attività
Nord- Ovest
Nord- Est
Totale
Centro
Sud
Isole
Formazione/ Sensibilizzazione insegnanti, operatori, tutor, famiglie, cittadini
N 9 9 4 14 0 36
% 19,1% 19,6% 16,0% 33,3% 0,0%
Totale N 47 46 25 42 13 173
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Le attività specifiche dei singoli bandi, infine, sono state classificate in base alle categorie presentate nelle tabelle 3.3 e 3.4. Rispetto a quanto rilevato in relazione alle macro-attività, quelle maggiormente diffuse risultano i Corsi extra-curriculari (presenti nel 46,2% dei casi, particolarmente diffusi nel Nord-Est - 56,5%, nel Sud
- 50% e nel Centro - 48%); i Corsi professionalizzanti (41%, mediamente distribuiti in tutto il Paese) e le Attività di orientamento (37%, molto praticate nel Centro - 52% e nel Nord-Est - 47,8%).
Seguono, sempre in ordine decrescente da un punto di vista della loro frequenza, i Corsi curriculari (31,8% diffusi in particolare al Sud - 45,2% e al Centro - 40%); le attività di Sostegno Psico-Relazionale e/o Guida alla riflessione/valutazione di sé (30,6%, praticate in maniera diffusa al Sud - 50%) e quelle di Sostegno Culturale (26% mediamente distribuite in tutta la penisola.
Chiudono la distribuzione, con quote inferiori a un quarto dei casi, i Xxxxxxxx for- mativi/training on the job/apprendistato (24,3%, presenti in particolare al Centro
- 64% e al Sud - 47,6%); la Formazione/Sensibilizzazione degli insegnanti, opera- tori, tutor, famiglie, cittadini (20,8%, che registra una forte prevalenza di progetti al Sud- 33,3%); le Attività di co-progettazione (scuole, istituzioni locali e terzo settore, mondo delle imprese, etc. - 20,2%, anch’esse particolarmente presente al Sud - 28,6%).
3.4 Destinatari e beneficiari delle policies
I destinatari
Sempre più spesso le politiche di contrasto, facendo riferimento a modelli di disper- sione complessi, multifattoriali e dalle molteplici, possibili cause, individuano più categorie di destinatari. È con questa consapevolezza che, anche in questo caso, la ricostruzione delle possibili categorie di destinatari ha previsto la possibilità di associare ad una singola politica più target poiché, nella quasi totalità dei casi, i bandi prevedono più di una categoria di destinatari. Questo è un primo risultato interessante: dei 186 interventi individuati dall’analisi desk, solo tre prevedono una sola categoria di destinatari77. In due casi si tratta di giovani di 14-18 anni e in un singolo caso dell’istituzione scolastica. Iniziamo, però, con un focus sulle categorie di giovani coinvolti organizzate per classi d’età, poiché proprio questi risultano essere, come era facile immaginare, il tipo di destinatari più frequente. Le etichette utilizzate per le varie categorie non comprendono volutamente il termine ‘studente’ poiché, come vedremo, solo una piccola parte degli interventi prevedeva come obbligatorio appartenere a questa specifica categoria di giovani. Detto in altri termini, nella maggior parte dei casi, i destinatari degli interventi erano i giovani di una particolare fascia d’età, anche se non iscritti all’istituto scolastico beneficiario della politica.
Tabella 3.5 Destinatari, esclusivamente individui, per significative classi d’età, v.a.,% sul totale dei destinatari e % sul totale di casi
Destinatari | N | (%) sul tot. dei destinatari | (%) sul tot. di casi |
5 anni o meno | 21 | 5,6 | 12,6 |
6-10 anni | 48 | 12,9 | 28,7 |
11-13 anni | 85 | 22,8 | 50,9 |
14-16 anni | 12 | 3,2 | 7,2 |
14-18 anni | 150 | 40,2 | 89,8 |
19-25 anni | 57 | 15,3 | 34,1 |
Totale | 373 | 100,0 | 223,4 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
77 È importante altresì sottolineare che per ben 19 bandi non è stato possibile risalire alla fascia d’età dei possibili destinatari.
Il primo aspetto da considerare (tabella 3.5) – che conferma quanto appena det- to – è che per ogni intervento sono stati identificati, mediamente, circa due ca- tegorie di destinatari (223,4%, dell’ultima colonna). Ben l’89,8% degli interventi, inoltre, ha previsto come destinatari i giovani di 14-18 anni indicando come proprio la fascia d’età interessata alla frequenza della scuola secondaria di secondo grado sia considerata quella a maggiore rischio di dispersione. Seguono con il 50,9% i giovani di 11-13 anni, risultato che conferma quanto da tempo viene riportato in letteratura, che proprio gli anni delle scuole secondarie di primo grado rappresen- tano un momento critico nel percorso scolastico dei giovani studenti. Le altre due categorie dalla consistenza più marcata sono rappresentate dai giovani 19-25 anni (34,1%) – che richiamano la questione dei giovani Not in Education, Employment or Training (NEET) – e i bambini coinvolti con l’inizio dell’obbligo scolastico (28,7%) della categoria 6-10 anni. Una misura approssimativa dell’indice di copresenza ci mostra come ci sia una evidente correlazione tra classi d’età attigue: nella maggior parte dei casi, le politiche che prevedono più classi di destinatari riguardano classi d’età prossime tra loro.
La tabella 3.6, se conferma il dato sulla classe d’età 14-18 (presente col minimo dell’87,0% nel Nord-Est fino al massimo del 92,0% al Centro), ci mostra alcune differenze molto marcate tra le macro aree del nostro Paese, rispetto alle altre classi d’età. In riferimento alla classe 11-13 anni (la seconda per numerosità di in- terventi ad essa dedicati) le differenze tra le diverse compagini territoriali spaziano dal circa 61% del Nord-Est e del Sud, al minimo del 36% del Nord-Ovest (passando per il 50% delle isole e il 40% del Nord-Est). È proprio il Nord-Ovest, di contro, a presentare la maggiore quota di interventi dedicati ai giovani 19-25 anni: poco più della metà (51,2%) delle politiche implementate in questi territori si rivolge a questa categoria, mentre sono significativamente più basse (al secondo posto il Nord-Est con il 34,8%) le quote presentate dalle altre compagini territoriali. Il Nord-Ovest è fanalino di coda sia per gli interventi dedicati ai bambini in età pre- obbligo (4,9%) – se si escludono le Isole in cui tale categoria non è stata affatto presa in considerazione (intorno al 16-17% le altre) – sia per quelli 6-10 anni (12,2%), mentre è il Sud (48,8%) a presentare il primato degli interventi rivolti a quest’ultima fascia d’età.
Tabella 3.6 Destinatari, esclusivamente individui, per significative classi d’età e ripartizione ge- ografica, macroaree, v.a. e v. %
Ripartizione Geografica
Nord- Ovest
Nord- Est
Totale
Centro
Sud
Isole
5 anni o meno
6-10 anni
11-13 anni
14-16 anni
14-18 anni
19-25 anni
N 2 8 4 7 0 21
% 4,9 17,4 16,0 16,3 0,0
N 5 11 7 21 4 48
% 12,2 23,9 28,0 48,8 33,3
N 15 28 10 26 6 85
% 36,6 60,9 40,0 60,5 50,0
N 4 1 2 5 0 12
% 9,8 2,2 8,0 11,6 0,0
N 37 40 23 39 11 150
% 90,2 87,0 92,0 90,7 91,7
N 21 16 7 12 1 57
% 51,2 34,8 28,0 27,9 8,3
Totale N 41 46 25 43 12 167
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Dopo il focus sulle classi d’età dei destinatari, che ci ha restituito l’esistenza di una chiara targhettizzazione delle politiche differenziata per le diverse aree del Paese, è necessario rivolgere lo sguardo alla presenza o meno di altri attori diversi dai giovani, già presi in considerazione, e dalla presenza di requisiti particolari per l’accesso a tali misure. Le categorie presentate nella tabella 3.7 sono state costruite in maniera induttiva, cioè sono state aggiunte, in progress, nel corso dell’analisi dei singoli casi di studio.
Xxxx- Xxxxx
Xxxx- Xxx
Xxxxxx Xxx
Xxxxx Xxxxxx
Tabella 3.7 Altri destinatari e presenza di requisiti specifici per l’inclusione dei destinatari, e ri- partizione geografica, macroaree, v.a. e v. %
Esclusivamente studenti
Requisiti specifici
Insegnanti
Esclusivamente stranieri
Famiglie
Scuole
Altri individui
N 20 12 8 10 7 57
(%) 38,5 25,0 30,8 21,3 53,8 30,6
N 39 31 15 33 10 128
(%) 75,0 64,6 57,7 70,2 76,9 68,8
N 2 0 1 8 2 13
(%) 3,8 0,0 3,8 17,0 15,4 7,0
N 6 8 3 7 0 24
(%) 11,5 16,7 11,5 14,9 0,0 12,9
N 10 0 1 12 2 25
(%) 19,2 0,0 3,8 25,5 15,4 13,4
N 0 0 1 1 0 2
(%) 0,0 0,0 3,8 2,1 0,0 1,1
N 7 6 1 1 0 15
(%) 13,5 12,5 3,8 2,1 0,0 8,1
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Rispetto al requisito di essere obbligatoriamente studenti dell’istituto scolastico beneficiario dell’intervento, le Isole presentano la più alta quota di interventi (53,8%) a presentare tale caratteristica. Seguono, nell’ordine, Nord-Ovest (38,5%), Centro (30,8%), Nord-Est (25,0%) e Sud (21,3%). Bisogna sottolineare che dietro l’apparente maggiore inclusività di alcuni interventi (potenzialmente aperti a tutti i giovani del territorio delle fasce d’età considerate) vi è spesso la pratica comune di reclutare i partecipanti sempre e comunque tra gli iscritti al proprio istituto. Ciò premesso, quindi, è possibile che i dati sovrastimino la presenza dei ‘non studenti’ (cioè di giovani non necessariamente iscritti nella scuola beneficiaria dell’inter- vento). In ogni caso le quote relativamente basse (se si escludono le Isole) di tale requisito indicano che almeno sulla carta le politiche di contrasto alla dispersione, nel nostro Paese, non sono pensate per le platee specifiche di giovani di determi- nati istituti, ma sono tendenzialmente aperte a tutto il territorio.
La categoria ‘requisiti specifici’ fa riferimento a vincoli di diversa natura che pos- sono riguardare condizioni strettamente socio-demografiche (appartenenza a territori disagiati), economico-finanziarie (famiglie con Indicatore della situazione economica equivalente – ISEE – molto basso), o molto specifiche (iscrizione a particolari percorsi di studio, segnalazione dei servizi sociali, il sesso e così via). Da questo punto di vista, il Centro (57,7%) è la macroarea che registra la minore presenza di vincoli aggiuntivi, seguita da Nord-Est (64,6%), Sud (70,2%), Nord- Ovest (75,0%) e Isole (76,9%).
Il sud (17,0%) e le Isole (15,4%) sono le aree a presentare la maggiore incidenza di interventi tra i cui destinatari sono previsti gli insegnanti, mentre tale risulta relativamente residuale (addirittura nulla nel caso del Nord-Est) nelle altre aree. Il requisito di essere stranieri invece, sembra collocare le nostre macro aree in un intervallo compreso tra l’11,5% (Nord-Ovest e Centro) e il 16,7% (Nord-Est) con il Sud (14,9%) collocato in posizione intermedia. Tale requisito risulta completa- mente assente nelle Isole.
Restano da considerare le ultime tre categorie, residuali in alcuni casi, ma che contribuiscono a connotare meglio il tipo di politiche implementate nelle diverse aree anche in relazione alle diverse condizioni socio-economiche che le caratteriz- zano. Ed ecco che se le famiglie risultano destinatari di poco interesse per Nord-Est (0%) e Centro (3,8%), registrano una forte presenza al Sud (25,5%) notoriamente caratterizzato da condizioni socioeconomiche delle famiglie d’origine più sfavo- revoli. Seguono Nord-Ovest (19,2%) e Isole (15,4%). Ancora. La categoria ‘Scuole’ è presente esclusivamente al Centro (3,8%) e al Sud (2,1%), mentre la presenza tra i possibili destinatari di altri individui (cioè di età superiore ai 25 anni, con condizione occupazionale di disoccupato ecc.) è particolarmente presente nel Nord-Ovest (13,5%) e nel Nord-Est (12,5%) mentre è estremamente residuale (o nulla, nel caso delle Isole) negli altri casi.
Beneficiari e partenariati
Analizzare i beneficiari e gli attori eventualmente coinvolti in qualità di partner nell’implementazione delle singole politiche di contrasto alla dispersione scola- stica ci fornisce una serie di indicazioni sulle caratteristiche delle diverse politiche regionali, relative ad aspetti ‘settoriali’ (la prevalenza di un ambito di intervento rispetto ad un altro, come ad esempio la formazione professionale e di conseguen- za il ruolo più forte esercitato da attori con esperienza in questa specifica attività); ‘istituzionali’ (la preferenza per politiche che coinvolgono esclusivamente attori pubblici come gli Istituti scolastici e/o gli enti locali in alternativa a politiche che si aprono ad attori della società civile e/o dell’economia privata); di consuetudine al lavoro di ‘rete’ (prediligendo interventi multi-attore rispetto ad interventi con beneficiario singolo).
C’è inoltre da rilevare quanto conti la presenza e la forza di determinati attori sui singoli territori regionali e quanto questa abbia un peso nella scelta del decisore politico nell’individuare una tipologia di organizzazioni come soggetti in grado di realizzare concretamente laboratori, workshop, interventi di sostegno psicologi- co, e così via. Ha un peso inevitabile anche in questo frangente il dualismo del nostro Paese in termini di forza del tessuto produttivo, ma non solo: pesa anche un’infrastrutturazione organizzativa della società civile in termini di associazioni, cooperative, gruppi formali e informali che pongono l’educazione e la formazione di bambini, adolescenti e giovani al centro della propria azione.
Per quanto riguarda i beneficiari la matrice dati individua 159 interventi validi, in cui cioè è presente almeno un beneficiario, e 27 mancanti, dove al contrario non è stato possibile rilevare questa variabile.
Tabella 3.8 Beneficiari degli interventi individuati classificati per tipologia, dati complessivi na- zionali, v.a., v. % sul totale dei beneficiari e v. % sul totale di casi
Beneficiari
N
(%) sul tot. dei (%) sul tot. di beneficiari casi
Istituti Scolastici | 61 | 24,0 | 38,4 |
Enti del Terzo Settore | 31 | 12,2 | 19,5 |
Enti accreditati | 82 | 32,3 | 51,6 |
Imprese/Soggetti Profit | 12 | 4,7 | 7,5 |
Amministrazioni xxxxxx (xxx-xxxxxxxxx) | 00 | 00,0 | 00,0 |
Xxxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx (x partecipate) | 24 | 9,4 | 15,1 |
Fondazioni | 11 | 4,3 | 6,9 |
Università/Enti di ricerca | 4 | 1,6 | 2,5 |
Totale | 258 | 100,0 | 159,7 |
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
Rispetto alla distribuzione degli interventi per tipologia di soggetti beneficiari (ta- bella 3.8), cioè quelli indicati dai bandi e/o dai documenti amministrativi come gli unici o i principali attuatori degli interventi di contrasto alla dispersione, si eviden- zia innanzitutto il numero particolarmente elevato degli Enti Accreditati (82 inter- venti censiti in cui sono presenti come beneficiari, in oltre la metà degli interventi in cui è stato possibile rilevare almeno un beneficiario, cioè soggetti riconosciuti dall’amministrazione regionale come autorizzati a svolgere determinati interventi
di propria competenza. Si tratta in stragrande maggioranza di soggetti accreditati per la formazione professionale e coinvolti quali soggetti attuatori dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Segue come tipologia di beneficiario più frequente quella degli Istituti Scolastici (presenti in 61 interventi, cioè nel 38,4% di quelli censiti e validi) e con minor frequenza quella degli Enti del Terzo Settore e delle Amministrazioni locali sub-regionali (amministrazioni comunali e provinciali) con un’incidenza di circa un quinto del totale (rispettivamente il 19,5% e il 18,2%). Un numero piccolo ma significativo (24) è costituito dagli interventi che vedono la stessa amministrazione regionale78 oppure organi di sua diretta dipendenza (so- cietà partecipate, agenzie) come beneficiari (circa il 15% del totale), mentre meno di un decimo degli interventi vede come principale soggetto attuatore Imprese (7,5%), Fondazioni (6,9%), Università ed Enti di Ricerca (2,5%).
Tabella 3.9 Beneficiari degli interventi individuati classificati per tipologia, ripartizione geografica,
v.a. e v. %
Ripartizione Geografica
Beneficiari
Nord- Ovest
Nord- Est
Totale
Centro
Sud
Isole
Istituti Scolastici
Enti del Terzo Settore
Enti accreditati
Imprese/Soggetti Profit
Amministrazioni locali (sub-regionali)
Amministrazioni Regionali (e partecipate)
N 15 16 7 17 6 61
% 36,6 37,2 30,4 40,5 60,0
N 5 14 6 4 2 31
% 12,2 32,6 26,1 9,5 20,0
N 20 30 13 15 4 82
% 48,8 69,8 56,5 35,7 40,0
N 3 4 4 1 0 12
% 7,3 9,3 17,4 2,4 0,0
N 4 19 4 2 0 29
% 9,8 44,2 17,4 4,8 0,0
N 6 3 3 12 0 24
% 14,6 7,0 13,0 28,6 0,0
78 Gran parte degli interventi che vedono l’amministrazione regionale come beneficiario principale appar- tengono ai progetti finanziati dal FAMI promosso dal Ministero dell’Interno, che prevedono una specifica misura destinata al contrasto alla dispersione scolastica degli alunni con background migratorio. In questo specifico caso l’amministrazione regionale risulta necessariamente capofila, e considerata quale beneficiario principale, dell’intervento.
Fondazioni
Università/Enti di ricerca
N 5 2 3 1 0 11
Ripartizione Geografica
Beneficiari
Nord- Ovest
Nord- Est
Totale
Centro
Sud
Isole
% 12,2 4,7 13,0 2,4 0,0
N 2 2 0 0 0 4
% 4,9 4,7 0,0 0,0 0,0
Totale N 41 43 23 42 10 159
Fonte: Elaborazioni Università Xxxxxxxx XX di Napoli su matrice dati originaria 2020
L’analisi delle tipologie di beneficiari per ripartizione geografica (tabella 3.9) fa emergere quanto accennato in relazione al dualismo economico e istituzionale all’interno del territorio nazionale, che sembra avere effetti di qualche rilievo anche nell’assetto delle politiche di contrasto alla dispersione. Nel Mezzogiorno cresce l’incidenza degli interventi che vedono come diretti beneficiari gli Istituti Scolastici (con una percentuale del 60% del totale nelle Isole), mentre nel Nord-Est e nel Centro Italia è molto più forte la prevalenza degli Enti Accreditati quali principali beneficiari (rispettivamente il 69,8% e il 56,5% del totale), a testimonianza di po- litiche che ruotano attorno al tema della riqualificazione professionale come leva per il contrasto alla dispersione e il conseguimento dell’obbligo per adolescenti e giovani. Al contrario nel Mezzogiorno risultano più frequenti politiche che partono dall’Istituzione Scolastica e che operano prevalentemente in una fase precedente alla ‘rottura’ dell’alunno con il percorso formativo, muovendosi in un’ottica più chiaramente di prevenzione. È interessante notare quanto i soggetti del terzo set- tore siano più frequentemente beneficiari nelle stesse ripartizioni nord-orientali e centrali: luoghi storicamente contrassegnati da organizzazioni della società civile forti e quindi percepiti più frequentemente come soggetti affidabili per la gestio- ne di progetti complessi di contrasto alla dispersione scolastica. Relativamente al coinvolgimento di altri soggetti pubblici si rileva la maggiore centralità delle amministrazioni locali nel Nord-Est (individuati come beneficiari nel 44,2% dei casi) e di quelle regionali nel Sud Italia (28,6%): in quest’ultimo caso è importante il ruolo di società partecipate regionali nell’implementazione diretta di progetti79.
79 Peculiare in tal senso l’esperienza della Basilicata che ha previsto interventi di rafforzamento dell’o- rientamento negli Istituti Scolastici, implementati direttamente dall’agenzia regionale che si occupa di politiche attive per il lavoro e di formazione.