Cos’è e come funziona la negoziazione assistita
Cos’è e come funziona la negoziazione assistita
SOMMARIO: 1. Tipologie di negoziazione assistita. 2. In particolare: la negoziazione assistita obbligatoria. 3. La conclusione della convenzione di negoziazione. 3.1. L’assistenza tecnica. 3.2. Il dovere di informazione. 3.3. Effetti della stipulazione della convenzione. 4. Il procedimento. Obblighi dei difensori e tutela della riservatezza. 4.1. Esito negativo della procedura. 4.2. L’accordo. 5. La negoziazione in materia di separazione e divorzio. 5.1. L’accordo e gli obblighi di trasmissione. 6. Normativa antiriciclaggio. 7. Patrocinio a spese dello Stato.
1. Tipologie di negoziazione assistita.
Il d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. con modif. in l. 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della negoziazione assistita, ossia il procedimento attraverso il quale le parti «convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati».
La l. n. 162/2014, prevede diverse forme di negoziazione:
- in materia di diritti disponibili (salvo che nella materia di lavoro):
1) volontaria;
2) obbligatoria.
La scelta di ricorrere al primo modello per la composizione della lite è libera e, dunque, rimessa ad una valutazione di opportunità delle parti e dell’avvocato che le assiste; l’utilizzo del secondo, invece, è riservato ad ipotesi espressamente previste e funziona come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
- «per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio» (v. oltre n.5 ) con differenze procedimentali a seconda che si sia
3) in presenza di prole autosufficiente;
4) in presenza di prole non autosufficiente.
2. In particolare: la negoziazione assistita obbligatoria.
Il ricorso alla negoziazione assistita è obbligatorio nei casi indicati dall’art. 3, 1° comma, in tali ipotesi, cioè, il tentativo costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, aggiungendosi alle altre ipotesi di c.d. giurisdizione condizionata previste dall’ordinamento. Il meccanismo previsto ricalca pressoché pedissequamente quello stabilito per la mediazione “obbligatoria” di cui all’art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010. I due strumenti, tuttavia, hanno ambiti di applicazione differenti. In particolare:
- controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e
- pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro fuori dai casi in cui è prevista la mediazione obbligatoria;
- natanti;
In relazione alle controversie di valore indeterminato nel quantum, la giurisprudenza ha escluso l’applicazione della negoziazione assistita in via obbligatoria Cfr. Trib. Verona, ord. 25 giugno 2015.
Il Tribunale Verona con ordinanza del 18 giugno 2015 ha ritenuto soggetto all’obbligo la controversia relativa al pagamento del compenso professionale.
Analogamente, il medesimo Tribunale, con ordinanza del 30 ottobre 2015, ha ribadito la conclusione escludendo espressamente che il rapporto con l’assistito possa qualificarsi in termini di rapporto con un consumatore.
- controversie in materia di contratto di trasporto o di sub-trasporto», ai sensi dell’art. 1, 249° comma, l. 23 dicembre 2014, n. 190.
Il ricorso alla procedura obbligatoria è sempre escluso:
a) «nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione1»; b) «nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile»; c) «nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata»; d) «nei procedimenti in camera di consiglio»; e)
«nell’azione civile esercitata nel processo penale» (v. 3° comma), nonché «alle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori» (3,1° comma).
A norma dell’art. 3, comma 5 «Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità , decorre unitamente ai medesimi».
Un esempio è costituito dall’attività precontenziosa prescritta dal Codice delle assicurazioni nel caso di richiesta di risarcimento del danno da circolazione alla compagnia di assicurazioni.
3. La conclusione della convenzione di negoziazione assistita.
La procedura di negoziazione assistita deve essere preceduta dalla conclusione del relativo accordo. Ad esso, ovvero alla conclusione di una convenzione di negoziazione assistita, può giungersi tanto congiuntamente, quanto aderendo alla proposta, definita
«invito», della controparte ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 132.
Nel primo caso, id est ove vi si addivenga congiuntamente, essa deve essere stipulata, per iscritto a pena di nullità, con l’assistenza degli avvocati, i quali «certificano l’autografia
1 Dunque l’esclusione è più ampia di quanto prescritto per la mediazione la quale risulta esperibile successivamente alla «pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione».
delle sottoscrizioni apposte alla convenzione sotto la propria responsabilità professionale» (art. 2, commi 5 e 6). Analoghi requisiti dovranno rivestire l’invito e la successiva adesione. La convenzione dovrà indicare:
a) l'oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili, la materia del lavoro e dell’assistenza e la previdenza ma può essere relativa alla separazione personale e dello scioglimento del matrimonio.
b) il termine concordato dalle parti per l'espletamento della procedura, non inferiore a un mese e non superiore a tre, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo delle parti.
L’invito a stipulare la convenzione, anch’esso scritto, ha un contenuto analogo, ma deve altresì «contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile». Tale disposizione è da ritenersi inapplicabile per la negoziazione in materia familiare di cui all’art. 6.
Sebbene nulla sia stabilito esplicitamente dalla legge a questo proposito, si segnala l’opportunità di fornire una adeguata giustificazione alla scelta di non aderire all’invito e di non opporre un puro e semplice rifiuto, al fine di fornire al giudice elementi sufficienti per non applicare o mitigare le conseguenze di legge.
Il Trib. di Verona con ordinanza del 17 novembre 2015 ha ritenuto che il mero silenzio non sia sufficiente ad integrare gli effetti della disposizione essendo necessario un comportamento omissivo ispirato da colpa grave o dolo. Tuttavia, nel caso di specie, ha qualificato silenzio l’adesione tardiva dell’Avvocato al quale non risultava conferito alcun mandato.
3.1. L’assistenza tecnica.
L’art. 2 stabilisce prescrive necessariamente che la procedura sia seguita da avvocati iscritti all’albo ovvero all’elenco speciale degli avvocati stabiliti.
E’, dunque, da escludersi la possibilità che il praticante, sia pure abilitato al patrocinio, possa assistere le parti in tale procedura.
La mancata iscrizione all’albo, al di là delle conseguenze derivanti dall’esercizio abusivo della professione, esclude che l’attività compiuta con l’assistenza degli avvocati possa produrre gli effetti di cui all’art. 3 (avveramento della condizione di procedibilità) e all’art. 5 (esecutività dell’accordo).
Si discute, peraltro, se la procedura che verta in materia di diritti disponibili possa essere gestita da un unico avvocato per entrambe le parti. La risposta, pur a fronte di un dato normativo non del tutto univoco, può essere positiva. Se è vero che nel testo prevale il riferimento al plurale «avvocati», c’è da dire che la rubrica dell’art. 2 discorre di
«negoziazione assistita da uno o più avvocati» e soprattutto occorre considerare che ove ha ritenuto necessaria la pluralità di avvocati il legislatore lo ha specificato. La possibilità di essere assisiti da un solo avvocato è difatti espressamente esclusa nel caso il procedimento di negoziazione riguardi la materia della separazione personale o il divorzio. L’art. 6, comma 1, difatti, dispone nel senso della presenza di «almeno un avvocato per parte».
3.2. Il dovere di informazione.
A norma dell’art. 2, comma 7 «E' dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all'atto del conferimento dell'incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita».
Tale obbligo informativo si aggiunge a quelli previsti dal d.lgs. 196/2003, in materia di protezione dei dati personali, dal d.lgs. 28/2010, in tema di mediazione, nonché a quelli contemplati dall’art. 27 nuovo cod. deont. forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 31 gennaio 2014 e in vigore dal 15 dicembre 2014.
Ad ogni modo, premesso che l’obbligo di informativa va espletato sia per la negoziazione assistita obbligatoria sia per quella volontaria, non sono previste sanzioni sul piano giuridico in caso di sua inosservanza, a differenza di quanto stabilito per la mediazione; ciò non toglie che sul piano disciplinare la condotta omissiva comporti le conseguenze prescritte dal codice di autodisciplina.
La certificazione dell’informazione prestata al cliente può essere inserita nel contratto d’opera professionale ovvero nella procura alle liti, secondo la seguente formula esemplificativa:
Il sottoscritto dichiara, inoltre, di essere stato informato dall’Avv. della
possibilità/obbligo di ricorrere alla negoziazione assistita prevista dagli artt. 2 e ss. del D.L. 132/2014 convertito in L. 162/2014″
3.3. Effetti della stipulazione della convenzione
Ai sensi dell’art. 8 La comunicazione dell'invito a concludere la convenzione ovvero la sottoscrizione della medesima (nel caso vi si addivenga congiuntamente) determina sia l’interruzione che la sospensione della prescrizione al pari di quanto avviene con la proposizione della domanda giudiziale. Dalla stessa data è, altresì, impedita, per una sola, la produzione della decadenza. In tal caso, tuttavia, se l'invito è rifiutato o non accettato nel termine di stabilito, «la domanda giudiziale deve essere proposta entro il
medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati».
4. Il procedimento. Obblighi dei difensori e tutela della riservatezza.
Le attività successive alla stipulazione della «convenzione» sono lasciate alla libera determinazione dei contendenti, ai quali è soltanto fatto obbligo di «cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia», con l’assistenza dei rispettivi avvocati (v. art. 2).
L’obbligo di lealtà, sia per gli avvocati che per le parti è ribadito dal secondo comma dell’art. 9, che onera inoltre i medesimi soggetti a «tenere riservate le informazioni ricevute». La violazione dell’obbligo di riservatezza costituisce per i primi illecito disciplinare. D’altro canto «le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto». A tenore del terzo comma poi «i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite».
Completa tale previsione il successivo quarto comma ai sensi del quale «a tutti coloro che partecipano al procedimento si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale (segreto professionale) e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del medesimo codice di procedura penale (garanzie di liberta dei difensori) in quanto applicabili».
4.1. Esito negativo della «procedura».
Nel caso in cui le trattative di composizione della lite non abbiano successo l’art. 4, 3° comma stabilisce che gli avvocati debbano «certificare» «la dichiarazione di mancato accordo».
La formalizzazione del fallimento della procedura serve a documentare l’avvenuto espletamento del “filtro” di accesso alla giurisdizione; rappresenta un momento certo a
partire dal quale computare il termine di decadenza; definisce l’ambito delle attività (informazioni acquisite e dichiarazioni rese) che non possono essere utilizzate in giudizio.
4.2. L’«accordo».
Ove riesca, la procedura si conclude con un accordo negoziale di soluzione della lite.
I difensori che sottoscrivono l'accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell'ordine circondariale del luogo ove
l'accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati (art. 11, c. 1, legge 162/14).
L’accordo costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (v. l’art. 5, 1° comma).
In particolare l’accordo di composizione della controversia raggiunto all’esito di una procedura di negoziazione assistita gode già di per sé di efficacia esecutiva, per il solo fatto di essere stato stipulato con l’assistenza di avvocati iscritti all’albo e sottoscritto da essi.
Va precisato, tuttavia, che l’art. 5, 1° comma, si limita a stabilire che l’accordo costituisce titolo esecutivo, senza altra specificazione in ordine al tipo di esecuzione forzata esperibile. Può ragionevolmente sostenersi che esso non incontri limiti con riguardo alle potenzialità esecutive e che, al pari di quello raggiunto in esito al procedimento di mediazione, possa consentire anche le esecuzioni in forma specifica.
Il comma 2 bis esclude la necessità di richiedere la spedizione in forma esecutiva là dove stabilisce che «L’accordo di cui al comma 1 deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile».
L’idoneità a costituire titolo per iscrivere ipoteca giudiziale rappresenta un forte incentivo alla negoziazione assistita, poiché funziona come efficace garanzia per il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni dedotte nell’accordo.
Con disposizione in tutto analoga a quella contenuta nell’art. 12 d.lgs. 28 cit., l’art. 5, 1° e 2° comma, stabilisce che l’accordo deve essere sottoscritto anche dagli avvocati, come detto, i quali devono certificare l’autografia delle firme delle parti e la conformità dell’accordo stesso alle norme imperative e all’ordine pubblico.
L’accordo, infine, può essere trascritto, ma a tal fine è necessaria l’autentica della sottoscrizione da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (v. l’art. 5, 3° comma).
5. La negoziazione in materia di separazione e divorzio.
L’art. 6 prevede la possibilità di procedere a negoziazione assistita per la soluzione consensuale «di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio» dettando norme specifiche con riferimento all’accordo concluso.
In questo caso è necessaria la presenza di almeno un avvocato per parte.
Il procedimento e la disciplina dell’accordo sono differenti a seconda che riguardino coniugi con prole autosufficiente o senza prole ovvero con prole non autosufficiente.
- Nel primo caso, ossia «in mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti», perché l’accordo raggiunto acquisti efficacia deve essere tramesso alla procura della Repubblica presso il tribunale che sarebbe stato competente se fosse stata utilizzata la procedura giudiziale. Il p.m. ove non ravvisi «irregolarità» comunica agli avvocati il nullaosta per i successivi obblighi di trasmissione. Non può non sottolinearsi che l’assenza sia di termini per provvedere al vaglio dell’accordo sia di meccanismi alternativi come il silenzio assenso minano la garanzia di celerità di tale procedimento.
- In presenza di presenza di figli minori o maggiorenni bisognosi di protezione,
l’accordo raggiunto deve essere trasmesso entro 10 giorni allo stesso procuratore della Repubblica, il quale lo autorizza ove ritenga che esso risponda all’interesse dei figli ovvero, in caso contrario, lo trasmette, entro 5 giorni, al Presidente del Tribunale, perché fissi, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti e provveda senza ritardo.
In nessun caso la prole può essere parte dell’accordo volto ad ottenere gli effetti dell’art. 6.
In questo senso si è, correttamente, orientato il Tribunale di Torino con il decreto del 20
aprile 2015. In particolare il PM rifiutava l’autorizzazione all’accordo «trilatero» di modifica
delle condizioni di separazione sottoscritto anche dal figlio maggiorenne non
autosufficiente, trasmettendo di conseguenza gli atti al Presidente. Quest’ultimo ha
autorizzato l’accordo incidendo sulla forma e sostituendo alla sottoscrizione della figlia
xxxxxxxxxxx la sua testimonianza in udienza volta a comprovare l’assenso rispetto alla
riduzione dell’assegno di mantenimento mensile.
Particolarmente interessante la parte motiva del provvedimento ove il rilievo che al
Presidente sia demandato «un riesame delle conclusioni cui il P.M. è pervenuto con il
proprio xxxxxxx che, in qualche caso, potrebbe risultare non fondato o anche solo non
condivisibile alla luce di una più attenta considerazione della condizione e delle esigenze
dei figli, valutazioni indubbiamente facilitate dalla comparizione delle parti nel corso
dell’udienza, con i chiarimenti che essa può apportare». Altresì degne di interesse anche
da un punto di vista operativo sono le considerazioni svolte con riferimento alla procedura
di negoziazione in caso di prole maggiorenne ma non autosufficiente economicamente:
«autorevole dottrina ha posto in evidenza le carenze del nuovo istituto, atteso che
nessuna prerogativa è riconosciuta dal D.L. 132/2014 convertito in legge a questo tipo di
prole e ciò nonostante la giurisprudenza da tempo abbia affermato la possibilità di
intervento, autonomo o adesivo nei confronti delle domande di uno dei coniugi, in caso di
giudizio contenzioso (Cass. 19.3.2012 n. 4296); [...] in proposito, il suggerimento che
giunge dalla stessa dottrina, nel senso di consentire attraverso un’interpretazione evolutiva
del testo di legge la partecipazione diretta del figlio maggiorenne alla convenzione di
negoziazione assistita e all’accordo che la conclude sembra discostarsi troppo dal tenore
letterale dell’art. 6, mentre non appare ostativo all’accoglimento della richiesta
autorizzazione delle parti l’eventuale documentazione in atti di un consenso preventivo agli
accordi raggiunti dai contraenti da parte dello stesso figlio maggiorenne, e ciò allo scopo di
dare maggior stabilità agli accordi stessi o prevenire una possibile impugnazione da parte
del figlio, legittimato, se non l’instaurazione, da parte del medesimo, di un giudizio
contenzioso nei confronti dell’uno o dell’altro genitore»
Anche il Tribunale di Termini Imerese, con decreto del 24 marzo 2015, ha avuto modo di chiarire i termini dell’intervento del Presidente del Tribunale in caso di diniego di autorizzazione del P.M. concludendo nel senso che al primo sia demandato un riesame delle conclusioni cui il P.M. è pervenuto.
In particolare il giudice siciliano ha rilevato le «carenze del nuovo istituto» «con riferimento
alla posizione del figlio maggiorenne ma non economicamente autonomo, [...], atteso che
nessuna prerogativa è riconosciuta dal D.L. 132/2014 convertito in legge a questo tipo di
prole e ciò nonostante la giurisprudenza da tempo abbia affermato la possibilità di
intervento, autonomo o adesivo nei confronti delle domande di uno dei coniugi, in caso di
giudizio contenzioso (Cass. 19.3.2012 n. 4296)». Pertanto, recependo «il suggerimento
che giunge da autorevole dottrina» offre un’interpretazione evolutiva del testo di legge in
base alla quale, pur escludendo «la partecipazione diretta del figlio maggiorenne alla
convenzione di negoziazione assistita e all’accordo che la conclude» ritiene che il tenore
letterale dell’art. 6 non appaia «ostativo all’accoglimento della richiesta autorizzazione
delle parti l’eventuale documentazione in atti di un consenso preventivo agli accordi
raggiunti dai contraenti da parte dello stesso figlio maggiorenne, e ciò allo scopo di dare
maggior stabilità agli accordi stessi o prevenire una possibile impugnazione da parte del
figlio, legittimato, se non l’instaurazione, da parte del medesimo, di un giudizio contenzioso
nei confronti dell’uno o dell’altro genitore».
Il Tribunale di Torino, con decreto del 15 gennaio 2015 si è soffermato sullo svolgimento e sugli esiti dell’udienza di comparizione delle parti sostenendo che «il Presidente, convocate le parti, può solo invitare le stesse ad adeguarsi ai rilievi del Pubblico Ministero. [...] Laddove le parti non intendano adeguarsi ai rilievi del Pm, il
Presidente deve limitarsi ad un “non autorizza”, giacché nessuna “conversione” in altro
genere di procedimento risulta ammissibile».
In buona sostanza il Tribunale esclude che l’intervento presidenziale possa condurre a
rinegoziare in udienza l’accordo concluso.
Trasmesso l’accordo (non autorizzato) dal Procuratore della Repubblica, il Presidente
fissa, dunque, udienza, consentendo peraltro alle parti» che non intendano adeguarsi ai
rilievi del PM «di depositare in tempo utile ricorso per separazione consensuale ovvero
ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, o
ancora per la modifica delle condizioni di separazione o divorzio». Ove le parti compaiano
[...] e dichiarino di aderire pienamente ai rilievi effettuati dal Pubblico Ministero, l’accordo
potrà esser autorizzato dal Presidente [...]» Qualora, invece, le parti non compaiano,
comparendo dichiarino di non volersi attenere ai rilievi del PM, ovvero depositino ricorsi
giurisdizionali aventi il medesimo oggetto dell’accordo di negoziazione non autorizzato
quest’ultimo «dovrà intendersi implicitamente rinunciato e il relativo fascicolo sarà
archiviato a seguito di una pronuncia di “non luogo a provvedere”».
5.1. L’accordo e gli obblighi di trasmissione
L’accordo così raggiunto dovrà dare atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore.
Dal momento del nullaosta o dell’autorizzazione del P.M. o del Presidente del Tribunale,
l’accordo produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di
separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del
matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
L'avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'articolo
5. La violazione dell’obbligo è presidiata da una sanzione amministrativa pecuniaria ((da euro 2.000 ad euro 10.000)) irrogata dal Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste per legge.
6. Normativa antiriciclaggio.
Di non secondaria rilevanza per gli avvocati che assistono le parti nella procedura di negoziazione assistita è la previsione contenuta nell’art. 10, che modifica l’art. 12, 2° comma, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 («Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione»).
La norma oggi dispone che: «L’obbligo di segnalazione di operazioni sospette di cui all'articolo 41 non si applica ai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) del comma 1 [tra cui gli avvocati] per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo stesso, nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, anche tramite una convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ai sensi di legge, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso».
Sotto questo aspetto, vi è una netta differenza rispetto al procedimento di mediazione, almeno per ciò che concerne i soggetti chiamati ad espletare il servizio di mediazione, sui quali, ai sensi dell’art. 22 d.lgs. 28/2010, incombe il richiamato obbligo di segnalazione alle
autorità competenti delle operazioni che destano il sospetto di una violazione della normativa antiriciclaggio2. Ciò che, in quel contesto, comporta una inevitabile compressione del dovere di riservatezza che pure grava su coloro che prestano la propria opera nell’ambito del procedimento di mediazione.
Ciò non toglie, tuttavia, che anche nel procedimento di mediazione valga per gli avvocati che assistono le parti il medesimo privilegio.
7. Patrocinio a spese dello Stato
e Sezioni Unite Civili della Cassazione, con sentenza n. 9529/2013, hanno affermato che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è efficace non solo per ogni grado e fase del processo ma anche per tutte le eventuali procedure derivate, comunque connesse, e che tra queste occorra comprendere anche "la fase della mediazione obbligatoria preprocessuale anche quando la mediazione, per il suo esito positivo, non sia seguita dal processo".
2 Cfr. X. XXXXXXXX, L’attuazione degli obblighi antiriciclaggio nel procedimento di mediazione delle controversie, in xxx.xxxxxxxx.xx.