GRUPPO DI LAVORO
CONVENZIONE INTERBANCARIA PER I PROBLEMI DELL’AUTOMAZIONE
(CIPA)
GRUPPO DI LAVORO
IMPATTO DEI NUOVI CANALI DISTRIBUTIVI SULLE STRUTTURE E SUI PROCESSI OPERATIVI AZIENDALI
Marzo 2003
In relazione alle indicazioni contenute nel Piano delle attività della CIPA per il periodo 0.0.0000 - 00.0.0000, il gruppo di lavoro “Impatto dei nuovi canali distributivi sulle strutture e sui processi operativi aziendali” rassegna il proprio rapporto.
La Segreteria della Convenzione desidera ringraziare i componenti del gruppo di lavoro, di seguito indicati, per la collaborazione prestata e il contributo fornito nello svolgimento delle attività del gruppo:
Xxxxxxxx Xxxxx Xxxx Xxxxx | XXXXXXXXXX XXXXXX XXXXXXXXXXX XXXXXXX | Banca d'Italia – Segreteria CIPA (coordinatrice) Banca d'Italia – Segreteria CIPA Banca d'Italia – Segreteria CIPA ABI |
Xxxxxxxx | XXXXXXXX | Credito Xxxxxxxx |
Xxxxxx | XXXXXX | Banca 121 |
Xxxxxxxx | XXXXXXXXXX | Banca Popolare di Lodi |
Xxxxxxx | XXXXXXXXXX | Banca di Roma |
Xxxxx Xxxxxxx | XXXXXXX | Banca Intesa |
IL SEGRETARIO
(A. M. Contessa)
INDICE
Sintesi 4
Premessa 9
1. Quadro di riferimento 11
1.1. Scenario internazionale 11
1.1.1. Stati Uniti 11
1.1.2. Europa 13
1.2. Evoluzione dei canali distributivi nel sistema bancario italiano 16
1.2.1. Struttura dell’offerta 16
1.2.2. Utilizzo delle reti commerciali 18
2. Profili strategici 23
2.1. Canali distributivi: una tassonomia 23
2.2. Modelli di business della multicanalità 24
2.3. Modelli adottati dalle banche italiane 25
2.4. Rapporto tra canali 31
3. Processo decisionale 34
4. Pianificazione e controllo di gestione 36
5. Relazione con il cliente 39
6. Risorse umane 44
6.1. Formazione e gestione del personale 44
6.2. Comunicazione interna e comunicazione esterna 47
7. Risorse tecnologiche 50
7.1. Requisiti dell’architettura multicanale 50
7.2. Modelli di architettura multicanale 51
7.3. Impatti della multicanalità sulle scelte architetturali, tecnologiche e applicative della banca. Un caso concreto.53
8. Rischi e controlli 54
8.1. Rischi 54
8.1.1. Rischio strategico 54
8.1.2. Rischio operativo 55
8.1.3. Rischio legale 57
8.1.4. Rischio di reputazione e di immagine 57
8.1.5. Rischio connesso con il ricorso all’outsourcing 57
8.1.6. Impatto sui rischi tradizionali 58
8.2. Approccio della vigilanza e sistema dei controlli 58
8.3. Controlli attivabili in relazione ai diversi canali 61
9. Costi e benefici 62
Appendice 64
Bibliografia 115
Sintesi
Il documento del gruppo di lavoro CIPA “Impatto dei nuovi canali distributivi sulle strutture e sui processi operativi aziendali” si compone di nove capitoli. Dopo una premessa di scenario e alcuni cenni sull’evoluzione dei canali distributivi nei principali sistemi bancari, vengono descritte le scelte strategiche e organizzative adottate dalle banche italiane per l’offerta di servizi mediante canali innovativi e vengono esaminate le problematiche derivanti dall’integrazione fra i diversi canali. L’impatto della multicanalità viene poi analizzato con riferimento ai diversi aspetti della gestione bancaria: il processo decisionale; la pianificazione e il controllo di gestione; la relazione con il cliente; le risorse umane e tecnologiche; i rischi e i controlli. Si cerca poi di fornire una prima valutazione dei risultati reddituali fin qui conseguiti per effetto della diversificazione della rete distributiva. In appendice sono illustrate, in sintesi, le principali scelte adottate in materia di multicanalità da parte delle banche rappresentate nel gruppo di lavoro, distintamente per i singoli profili esaminati.
1. L’evoluzione dell’attività bancaria verso modelli di produzione e di distribuzione innovativi e diversificati è il riflesso di una serie di determinanti di carattere normativo, economico e tecnologico, manifestatesi nel corso degli ultimi anni all’interno e all’esterno del sistema bancario. Tra le principali si richiamano: la despecializzazione operativa e territoriale; la capillare introduzione di tecnologie sempre più evolute; l’innovazione finanziaria; la progressiva trasformazione dei modelli di comportamento della clientela; la nascita di nuovi modelli di business e di relazioni di mercato legati all’emergente new economy.
L’insieme di questi elementi si traduce, a livello di singolo intermediario, nell’esigenza di adottare strategie coerenti con il nuovo scenario e di realizzare un permanente allineamento degli assetti interni alle esigenze della clientela e alle spinte del mercato e dell’innovazione tecnologica. L’adozione di un assetto distributivo efficiente ed efficace assume, pertanto, valore strategico primario: è infatti attraverso di esso che passano, da un lato, la soluzione delle problematiche di redditività, e, dall’altro, la conquista di un’adeguata competitività e la capacità di attrazione/fidelizzazione della clientela.
Il ridisegno, in un’ottica di diversificazione, dei canali distributivi è un processo che si inserisce nella progressiva adozione, da parte delle banche e dei gruppi bancari, di modelli organizzativi caratterizzati: dalla crescente separazione delle fasi di produzione da quelle di distribuzione dei servizi, agevolata dalla diffusione di tecnologie in grado di consentire forme remote di contatto e colloquio con la clientela; dalla più puntuale definizione degli ambiti operativi e degli obiettivi delle business units; dal crescente ricorso all’outsourcing di fasi lavorative.
Prima di esaminare l’esperienza più recente delle banche italiane in materia viene fornito un sintetico riferimento all’esperienza internazionale. In particolare, viene brevemente illustrato il grado di diffusione dell’internet banking negli Stati Uniti e in Europa, attingendo anche ad analisi recentemente effettuate presso la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea. Al di là delle differenze esistenti tra paese e paese – derivanti dal diverso grado di accesso a internet della popolazione e dalle differenti strutture del sistema finanziario – un dato comune che emerge sia dalla realtà statunitense che da quella europea è che i risultati fin qui conseguiti nell’offerta di servizi bancari on-line non sono particolarmente brillanti, né in termini reddituali né in termini di acquisizione di nuovi clienti. Ciononostante, la diversificazione delle modalità distributive, anche attraverso i canali virtuali, appare ormai una tendenza generalizzata.
Lo studio offre poi una sintetica panoramica sull’evoluzione della struttura dell’offerta di servizi bancari in Italia nel periodo 1990-2002 e sull’utilizzo delle reti commerciali, traendo spunto
– soprattutto con riferimento agli anni più recenti – dalle indagini condotte dalla Banca d’Italia sulle funzioni produttive e distributive delle banche e dalla Rilevazione dello stato dell’automazione del sistema creditizio, condotta dalla Convenzione Interbancaria per i Problemi dell’Automazione (CIPA) in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI). In proposito, i dati confermano che la rete di sportelli svolge ancora un ruolo preminente, costituendo il più importante mezzo di contatto con la clientela. Il rapporto diretto tra personale della banca e clientela rappresenta - almeno allo stadio attuale della diffusione delle tecnologie presso il pubblico e delle sue abitudini - un elemento fondamentale per l’offerta dei servizi bancari. A conclusioni analoghe perviene anche una recente indagine Xxxxxxx i cui risultati sono anch’essi riportati in sintesi nel documento.
2. Viene poi proposta una classificazione delle tipologie di canali distributivi che si fonda sulle caratteristiche di fruibilità del canale da parte del cliente, in termini di: presenza di una struttura fisica dedicata; contenuto tecnologico; mobilità sul territorio; interazione personale.
Lo studio, dopo una breve panoramica sui possibili modelli di riferimento individuati in letteratura e tratti dalle più recenti esperienze internazionali, si sofferma sui due modelli organizzativi di sviluppo dell’operatività on-line più vicini alla realtà italiana:
1. l’attuazione di un progetto di internet banking all’interno di una banca già esistente;
2. la creazione di una banca “virtuale”, sotto forma di soggetto giuridico autonomo (inserito in un gruppo bancario).
Per ciascuno di tali modelli vengono illustrate e schematizzate le principali caratteristiche e i punti di forza e di debolezza, cercando di cogliere gli obiettivi strategici cui rispondono e le principali conseguenze – in termini organizzativi, economici e gestionali – che la relativa scelta comporta.
Al di là della contrapposizione “teorica” dei due modelli, l’analisi condotta rileva come nel sistema bancario italiano si stia verificando una tendenziale convergenza delle esperienze. In taluni casi, infatti, le strategie, originariamente centrate sulla costituzione di una banca “virtuale” ad hoc (all’interno di un gruppo bancario), hanno poi puntato anche a integrare l’assetto distributivo della banca “tradizionale” (esistente all’interno del gruppo) con modalità di offerta “a distanza”. Viceversa, alcune banche in un primo tempo orientate alla sola integrazione dei canali innovativi nella struttura tradizionale hanno poi costituito anch’esse, all’interno del gruppo, una banca “virtuale” autonoma.
Dopo una prima fase in cui sono prevalse, alternativamente, scelte di tempestività nell’offerta di servizi di e-banking e di delimitazione del connesso rischio (soluzione banca “virtuale” autonoma), e scelte di evoluzione graduale nel tempo ma estesa all’intera realtà aziendale (soluzione banca “tradizionale” multicanale), sembra ora diffusa la convinzione che le due modalità d’intervento possono essere adottate in maniera sinergica e non alternativa, in quanto tendenzialmente rivolte, ciascuna, a un diverso target di clientela.
L’integrazione tra canali fisici e virtuali costituisce un fattore critico di successo nei progetti di multicanalità: i canali virtuali presentano infatti limiti intrinseci cui si può ovviare soltanto nell’ambito della complessiva strategia distributiva della banca. Basti pensare alla scarsa capacità dei canali telematici di sviluppare profonde relazioni con la clientela, alla naturale mobilità della clientela abituata a operare su di essi, al minor contributo ai margini reddituali tipico delle operazioni via rete. Ciò rende necessario realizzare un’integrazione con i canali fisici, attraverso i quali soddisfare esigenze che non potrebbero essere soddisfatte attraverso il mero utilizzo degli strumenti telematici (es. esigenze di consulenza della clientela).
Il modello che solitamente viene preso a riferimento nell’impostazione di una solida strategia multicanale è quello customer-centric. Esso implica che l’assetto distributivo individuato
sia quello più idoneo a soddisfare le specifiche esigenze della clientela: ciascun canale a disposizione deve essere pertanto utilizzato per le funzioni cui meglio si presta, sfruttando i suoi punti di forza ed evitando di limitarsi a mettere a disposizione gli stessi servizi su un numero più ampio di canali. Esaltando la complementarità tra i diversi canali, l’obiettivo è quello di realizzare una struttura di offerta variegata e completa, nell’ambito della quale il cliente potrà scegliere la combinazione distributiva ritenuta preferibile.
Non sempre tali principi hanno trovato piena realizzazione nelle concrete esperienze fin qui maturate dalle banche italiane.
3. Il ridisegno delle strutture organizzative, realizzato per rendere la complessiva rete distributiva coerente con le strategie aziendali di sviluppo e di posizionamento, ha determinato, in talune realtà, una riduzione dei livelli gerarchici e, in altre, una profonda modificazione nei ruoli e nelle competenze di talune figure professionali.
Fra le opzioni organizzative adottate risulta predominante il modello della divisionalizzazione per tipo di clientela, esteso sia alla Direzione generale sia alla rete distributiva. Tale scelta organizzativa ha comportato il venir meno della "classica” figura del Titolare di Filiale su cui si accentravano le funzioni commerciale, gestionale e decisionale.
Con specifico riferimento al processo decisionale, sono emerse due tendenze di fondo, connesse al più intenso utilizzo delle nuove tecnologie a fini operativi e distributivi: la crescente automazione, riveniente dalla disponibilità di strumenti sempre più sofisticati di analisi e monitoraggio, in grado di semplificare e velocizzare il processo decisionale; il tendenziale accentramento dei poteri decisori presso unità centralizzate, ai fini di una gestione unitaria e più specialistica del rischio e delle politiche di pricing. Tale ultima tendenza è stata motivata dall’esigenza di garantire il pieno controllo degli andamenti aziendali, in presenza di un ampio processo di diversificazione dell’attività per tipologia operativa, per assetto distributivo e per segmento di clientela.
4. La possibilità, da parte del cliente, di compiere operazioni utilizzando canali diversi ha creato la necessità, per le banche, di affiancare all’analisi dei risultati conseguiti per tipologia di operazione l’analisi di quelli conseguiti per canale. Risulta fondamentale, pertanto, disporre di sistemi direzionali di pianificazione e controllo di gestione che consentano una valutazione autonoma - all’interno della banca o a livello di gruppo - delle informazioni relative a ciascun canale.
Il tipo di approccio a tali esigenze - anche in termini di soluzioni tecnologiche da adottare - dipende anche dal business model con cui vengono gestiti i nuovi canali.
Nel modello della c.d. banca “tradizionale” multicanale, la maggiore complessità dell’assetto organizzativo richiede incisivi interventi sul fronte applicativo per assicurare che la pianificazione e il controllo di gestione siano in grado di cogliere e integrare le informazioni relative a ciascun canale, ognuno dei quali tende a diventare un autonomo centro di responsabilità. La necessità di più evoluti supporti informatici interessa soprattutto la contabilità gestionale; la pianificazione commerciale si suddivide in tante pianificazioni quanti sono i canali indipendenti.
Nel modello della banca “virtuale” facente parte di un gruppo si presentano i problemi propri delle relazioni infragruppo, vale a dire quelli connessi con la necessità di far pervenire alla capogruppo i flussi informativi relativi alla propria gestione.
Esigenze specifiche di budgeting, reporting e controllo gestionale nascono anche da un significativo ricorso ai promotori finanziari, attese le peculiari caratteristiche del rapporto con tali soggetti. Per la fissazione degli obiettivi e per il controllo della performance della rete dei promotori occorrono infatti dettagliate elaborazioni, ritagliate sulle caratteristiche della loro operatività e del loro rapporto con la banca, che consentano di avere una visione puntuale dei risultati dell’attività di
ognuno di essi (variabili di portafoglio, commissioni e incentivi percepiti, localizzazione geografica, posizionamento gerarchico nell’ambito della rete ecc.).
L’esperienza delle banche rappresentate nel gruppo di lavoro fa emergere un processo di tendenziale allineamento degli strumenti disponibili alle esigenze di pianificazione e controllo. Taluni ritardi riscontrati nel completamento di tale processo sono riconducibili a diversi fattori: il prevalere, nelle strategie aziendali, di un’ottica commerciale, attenta soprattutto a rispondere con tempestività alle richieste del mercato; i processi di concentrazione tra banche; la focalizzazione sui modelli organizzativi di tipo divisionale. Un ulteriore impulso al cambiamento organizzativo e culturale delle funzioni preposte al controllo di gestione, in un’ottica di maggiore attenzione ai fenomeni della multicanalità, potrà derivare dalle novità recentemente introdotte dalla Banca d’Italia in materia di segnalazioni di vigilanza, attraverso l’arricchimento della matrice dei conti.
5. L’integrazione dei canali di distribuzione comporta la necessità, per la banca, di modellare le strategie di marketing e i processi operativi in funzione del cliente e della soddisfazione dei suoi bisogni. Un utile ausilio in tal senso è offerto dalle metodologie fondate sul Customer Relationship Management (CRM), che consentono di raccogliere, aggiornare e analizzare le informazioni provenienti da database interni, dai canali di contatto e da altre fonti esterne per segmentare la clientela, definire la gamma dei prodotti/servizi, riorganizzare e gestire i canali distributivi nel modo più idoneo per massimizzare la soddisfazione del cliente e la redditività aziendale.
Per quanto concerne la realizzazione di tali sistemi, fra le banche rappresentate nel gruppo di lavoro è stato possibile distinguere una prima fase – ormai conclusa presso tutte le aziende – in cui viene impiantato, solitamente a livello di gruppo, un datawarehouse della clientela. Le banche hanno pertanto provveduto al censimento, alla classificazione e alla raccolta dei dati relativi al cliente creando una base dati omogenea, tratta da sistemi informativi diversi.
La successiva evoluzione è quella che consente di aggiungere un ulteriore elemento informativo, concernente la provenienza delle transazioni dai diversi canali.
Un’ulteriore fase evolutiva è rappresentata dall’integrazione della base dati relativa alla clientela con indicazioni comportamentali desunte da qualunque tipo di contatto questa abbia con la banca attraverso i canali tecnologici (call center, sito, etc.), indipendentemente dai motivi e dall’esito del contatto (ad es. richiesta di informazioni; notizie sui prodotti; richiesta di un piano di ammortamento di un mutuo).
Il più elevato grado di sofisticazione del CRM è stato riscontrato laddove l’architettura tecnologica e organizzativa si è spinta a trasformare i dati e le informazioni in elementi tali da consentire alle strutture deputate alla definizione delle strategie di marketing di profilare la clientela, creare modelli comportamentali, ottenere liste di clienti target per elaborare campagne promozionali e, infine, personalizzare l’offerta.
6. La multicanalità presuppone un cambiamento culturale della banca, al suo interno e nei rapporti con l’esterno. Una prima tendenza riscontrabile è la crescente attenzione alla valorizzazione delle risorse umane, perseguita attraverso l’attività di formazione e di aggiornamento professionale, l’implementazione di processi di apprendimento organizzativo e di diffusione delle esperienze e delle conoscenze, l’adozione di sistemi di valutazione e premianti focalizzati sul riconoscimento delle competenze. Contemporaneamente, si registra un impegno generalizzato a rendere più efficienti i circuiti di comunicazione, sia interna che esterna.
Crescente attenzione è rivolta alla gestione delle competenze, nella consapevolezza che la capacità di sviluppare e diffondere le competenze del capitale umano costituisce un elemento critico di successo di una struttura profondamente diversificata per canale, prodotto e segmento di clientela.
Per quanto concerne i circuiti di comunicazione interna, è un fenomeno ormai generalizzato presso le banche italiane la realizzazione di piattaforme informatiche (le intranet aziendali) nell’ottica di migliorare i processi comunicativi, aumentare i livelli di coinvolgimento e soddisfazione e creare sistemi integrati di gestione della conoscenza. Con riferimento alla comunicazione esterna, sulla scia di esperienze portate a termine dai maggiori gruppi europei, alcune banche stanno istituendo specifici ruoli di filiale dedicati (tutor, meeter, greeter, navigatori, migration manager) a supporto della clientela nella conoscenza e nell’utilizzo del “virtuale”.
7. La multicanalità determina impatti significativi sulle architetture delle strutture tecnologiche. Lo studio si sofferma, in particolare, sulla riprogettazione dei sistemi informativi, che deve essere effettuata secondo logiche che assicurino la piena integrazione tra i sistemi dedicati ai nuovi canali e i sistemi informativi di base (cosiddetti legacy). Per una trattazione più approfondita e dettagliata dei profili tecnologici viene fatto rinvio al rapporto del gruppo di lavoro CIPA “Integrazione tra tecnologie web-based e applicazioni tradizionali”, che viene rassegnato in contemporanea.
8. L’adozione dei nuovi canali distributivi comporta: lo sviluppo di un nuovo modello di relazioni con la clientela, sempre più “virtuale” e delocalizzata; l’elevata intensità tecnologica del servizio offerto; la necessità di effettuare rilevanti investimenti in ICT, tra l'altro sottoposti a rapida obsolescenza. Ne derivano conseguenze sulle varie forme di rischio dell’attività bancaria, con particolare riguardo ai cosiddetti “altri rischi” (strategici, operativi, di outsourcing, legali e di reputazione), cioè i rischi diversi da quelli tradizionalmente legati all’attività di intermediazione (ad es. i rischi di credito, di mercato, di interesse). In particolare, il pervasivo utilizzo delle tecnologie connesso all’operatività bancaria su canali diversi da quelli tradizionali, e in particolare su internet, accresce i volumi e riduce i tempi d’azione, amplificando le conseguenze di eventuali errori, malfunzionamenti o frodi. Ciò è all’origine della maggiore attenzione dedicata a tale aspetto da parte sia degli intermediari sia dell’Organo di Vigilanza. Il capitolo contiene una sintetica tassonomia degli “altri rischi” e prende in esame l’approccio sin qui seguito in materia dall’Organo di Vigilanza, in aderenza anche agli orientamenti del Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria.
9. L’adozione della multicanalità ha richiesto alle banche un significativo impegno di risorse, per introdurre le nuove tecnologie e integrarle con quelle già esistenti, rivedere gli assetti organizzativi, riqualificare il personale, svolgere campagne pubblicitarie per dare informativa alla clientela sulle nuove modalità di offerta.
Il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno cercare di effettuare una verifica dei risultati conseguiti attraverso questi investimenti, nella consapevolezza che è comunque necessario un certo arco di tempo, non sempre breve, per modificare i comportamenti della clientela, e quindi per ottenere adeguati ritorni dagli investimenti effettuati.
Facendo riferimento alle risultanze dell’indagine della Banca d’Italia sulle funzioni produttive e distributive delle banche e a quelle della Rilevazione CIPA dello stato dell’automazione del sistema creditizio è stato possibile rilevare come i ricavi ottenuti dall’offerta di servizi bancari sui canali innovativi – e in specie su internet – generalmente non hanno fin qui consentito di compensare le spese sostenute. Tale situazione è analoga a quella prevalente negli Stati Uniti e in Europa (con l’esclusione dei paesi scandinavi). In proposito, la stessa Banca Centrale Europea ha recentemente evidenziato che “non è chiaro se internet sia attualmente redditizio per le banche europee”.
Peraltro, nell’attuale situazione di mercato, la multicanalità rappresenta ormai una tendenza generalizzata delle banche. Sulla base di tale considerazione è pertanto ampiamente prevedibile che la spesa delle banche destinata ai servizi di e-banking continui a crescere, nonostante molte aspettative – spesso troppo ottimistiche - su tempi ed entità dei loro ritorni siano state disattese. L’analisi dell’esperienza fin qui vissuta può essere peraltro di ausilio per l’assunzione di decisioni più ponderate e consapevoli.
Premessa
L’evoluzione dell’attività bancaria verso modelli di produzione e di distribuzione innovativi e diversificati è il riflesso di una serie di determinanti, manifestatesi nel corso degli ultimi anni all’interno e all’esterno del sistema bancario, di carattere normativo, economico e tecnologico. Tra le principali, si richiamano:
- la despecializzazione operativa e territoriale e il conseguente incremento della competizione all’interno del sistema, con i relativi effetti in termini di margini economici decrescenti nell’attività tradizionale;
- la capillare introduzione di tecnologie sempre più evolute a supporto della gestione e dell’operatività;
- l’innovazione finanziaria.
A questi fattori si sono accompagnate la progressiva trasformazione dei modelli di comportamento della clientela, sempre più esigente e selettiva, e la nascita di nuovi modelli di business e di relazioni di mercato, tipicamente legati all’emergente new economy.
L’insieme di questi elementi si traduce, a livello di singolo intermediario, nell’esigenza di adottare strategie e decisioni organizzative coerenti con il nuovo scenario. E’ infatti essenziale realizzare un permanente allineamento degli assetti interni alle esigenze della clientela e alle spinte del mercato e dell’innovazione tecnologica.
L’adozione di un assetto distributivo efficiente ed efficace assume, pertanto, valore strategico primario: esso infatti può contribuire, da un lato, alla soluzione delle problematiche di redditività, e, dall’altro, alla conquista di un’adeguata competitività e capacità di attrazione/fidelizzazione della clientela. Quest’assunto appare tanto più rilevante se si considerano i seguenti aspetti:
- in un contesto che vede la “virtualità” delle relazioni come valore emergente, le modalità di erogazione dei prodotti assumono, anche per l’utenza bancaria, un’importanza maggiore che in passato;
- è proprio nel comparto dei prodotti finanziari, caratterizzati da un elevato contenuto informativo e da significativi costi di distribuzione, che si massimizzano i vantaggi della new economy. Più che in altri settori, in quello bancario esistono infatti segmenti di clienti/prodotti che possono essere soddisfatti/forniti mediante modalità distributive innovative come i canali virtuali;
- la pressione sui margini economici, determinata dalla più intensa concorrenza, impone maggiore attenzione ai costi. Il perseguimento di più elevati livelli di efficacia ed efficienza nelle funzioni di produzione e distribuzione passa attraverso l’individuazione delle modalità più appropriate, in relazione alle esigenze della clientela (segmentazione) e a quelle, aziendali, di contenimento dei costi. La diversificazione di canale mira a soddisfare contemporaneamente queste due esigenze.
Al tempo stesso, non si possono trascurare le numerose problematiche che accompagnano l’adozione di soluzioni distributive innovative, che, per loro natura, impongono un nuovo ruolo della funzione informatica, necessitano di nuove competenze professionali nella compagine del personale, richiedono rimodellamenti della struttura organizzativa, fino a determinare, in ipotesi non rare, interventi di ristrutturazione dell’intero assetto delle banche.
Di particolare delicatezza sono inoltre le valutazioni comparative dei costi e dei benefici propri delle diverse tipologie di canali distributivi, valutazioni che devono necessariamente assistere
le decisioni strategiche dell’intermediario ma che difettano, a tutt’oggi, di consolidate basi empiriche, oltre che teoriche.
L’analisi che segue è proprio rivolta a individuare le implicazioni che l’adozione di soluzioni distributive innovative determina sulla complessiva gestione aziendale. L’attenzione sarà focalizzata principalmente sull’internet banking, attesa la centralità di tale canale negli sviluppi in corso, pur non tralasciando di considerare anche le altre tipologie di canali innovativi.
L’area di indagine è stata ristretta al panorama italiano, considerata la difficoltà di effettuare
– in questa sede – analisi comparative del fenomeno. Si è ritenuto comunque opportuno fornire qualche cenno sullo scenario di riferimento a livello internazionale.
1. Quadro di riferimento
Lo sviluppo di strategie di internet banking nei diversi sistemi bancari è strettamente connesso alla crescita che ha caratterizzato negli ultimi anni gli accessi al world wide web (1). Il diverso grado di utilizzo delle nuove tecnologie, il grado di diffusione – presso famiglie e imprese – delle connessioni in rete, le caratteristiche socio-economiche della popolazione e la struttura del sistema finanziario spiegano peraltro la diversa rilevanza dell’on-line banking nei diversi paesi (2).
Negli Stati Uniti, l’operatività on-line presenta un trend crescente. Stime diffuse dalla società eMarketer indicano che, nel 2002, quasi 153 milioni di statunitensi hanno operato on-line e prevedono che i “naviganti” raggiungeranno i 175 milioni entro il 2004.
Fra le attività on-line che hanno registrato il tasso di crescita più elevato risultano l’utilizzo di servizi bancari e la prenotazione e l’acquisto di servizi turistici. La richiamata società ha riportato che, nel 2002, oltre 21 milioni di famiglie statunitensi (quasi il 20%) si sono avvalse di servizi bancari offerti tramite internet e stima che le famiglie on-line potrebbero superare i 31 milioni nel 2005 (28%) (cfr. Tav.1) (3).
Stati Uniti. Crescita prevista del banking on-line (milioni di famiglie) Tav.1
40
31,5
30
21,2
25,2
28,7
20
12,5
17,2
10
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005
Fonte: eMarketer, settembre 2002.
1 Secondo un recente studio dell’OCSE, il mondo internet sta continuando a crescere a una velocità significativa: a luglio 2001, il numero di internet host nell’area OCSE aveva raggiunto i 112 milioni (82 milioni a luglio 2000). Sempre a luglio 2001, la media OCSE era di 101 host ogni 1.000 abitanti (Unione Europea: 53; Stati Uniti: 272), con un tasso di crescita medio del 60% rispetto all’anno precedente. A luglio 2000, nell’area OCSE si registrava una media di 17,5 siti web ogni 1.000 abitanti (Unione Europea: 127; Stati Uniti: 46,5). A gennaio 2000 la media OCSE di sottoscrittori internet era di 11 ogni 100 abitanti (Unione Europea: 10; Stati Uniti: 18). Cfr. OCSE, "Measuring the Information Economy", Parigi, october 2002.
2 Emblematico, in proposito, è il caso degli Stati Uniti, che registrano, contemporaneamente, una presenza di pc e di accessi a internet, rispetto alla popolazione, superiore alla media OCSE e un utilizzo on-line dei servizi bancari inferiore. Cfr. OCSE, già citato.
3 Secondo un’indagine condotta dalla Pew Internet & American Life Project, nel 2002 negli Stati Uniti 37 milioni di individui con età superiore ai 18 anni si sono avvalsi di servizi bancari on-line. Essi rappresentano il 32% degli utenti USA di internet. Sempre secondo questa indagine, il tasso di crescita degli utenti di servizi bancari on-line tra il 2000 e il 2003 si attesterà al 164%. Cfr. Pew Internet & American Life Project, november 2002.
Tale scenario ha indotto molte banche a ridefinire le strategie aziendali e ad attribuire all’internet website un ruolo centrale nell’ambito dei propri business plan. Tuttavia l’approccio strategico è differenziato: alcune banche utilizzano internet esclusivamente a fini informativi (non- transactional websites), altre consentono alla clientela di effettuare un’ampia gamma di operazioni on-line (transactional websites).
I transactional websites si riscontrano, prevalentemente, nelle banche di maggiori dimensioni; nelle banche locali (community banks), invece, si sono diffusi solo a partire dal 2001.
A fine 2002 circa la metà delle banche americane disponeva di un proprio sito a fini dispositivi (4).
I servizi on-line utilizzati dalla clientela sono prevalentemente a carattere informativo o legati alla gestione dei propri conti; fra i servizi di tipo interattivo cominciano a diffondersi quelli per la gestione e il pagamento delle fatture. Un mercato in crescita è quello del marketplace B2B attraverso il quale alcune imprese offrono beni e servizi ad altre imprese. Fra i servizi innovativi si segnala l’account aggregation, che permette al cliente di ottenere un ampio panorama informativo delle diverse offerte presenti sul mercato attraverso l’accesso al sito della propria banca. L’evoluzione dei transactional websites è rappresentata dallo sviluppo dei portali (circa un quarto dei websites bancari è stato trasformato in portali).
Per quanto riguarda l’evoluzione dei canali distributivi, la maggioranza delle banche si è decisamente orientata verso il modello strategico “click and mortar”, in cui il transactional website viene utilizzato come complemento – e non in sostituzione – dell’esistente rete di filiali (5). In continua diminuzione risulta, invece, il numero delle internet-only banks, la cui strategia distributiva si basa sul ricorso esclusivo ai canali elettronici e sulla completa rinuncia ai tradizionali punti vendita (6).
Tali banche hanno, infatti, conseguito risultati piuttosto deludenti, sia sotto il profilo della clientela acquisita sia in termini di redditività (7); ciò ha determinato la cessazione dell’attività da parte di molte di esse, attualmente ridottesi a circa una trentina.
Dati forniti dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) (8) evidenziano come il tasso annuo di crescita più elevato delle filiali si sia registrato proprio in concomitanza con lo sviluppo dell’internet banking (+1,5% negli anni 1996-2002 a fronte del +1,35% nel periodo 1986- 1995), confermando come la presenza di un punto di contatto fisico con la clientela costituisca tuttora un fattore chiave per l’attrazione di nuova clientela e il mantenimento di quella esistente (9).
4 Cfr. Banca d'Italia, "Stati Uniti. Internet banking: tendenze, strategie e risultati gestionali", dattiloscritto, 2003.
5 Il modello click and mortar è adottato da tutte le maggiori banche statunitensi. Anche un crescente numero di
community banks si sta orientando verso tale soluzione.
6 Numerose sono ancora le banche, soprattutto le community banks di piccola dimensione, che sono rimaste legate al modello brick and mortar, e distribuiscono i loro prodotti esclusivamente attraverso i canali tradizionali (sportelli e postazioni ATM) senza avvalersi della rete internet.
7 Una delle banche che è riuscita a conquistare importanti quote di mercato, dimostrando anche capacità di reddito, è la E*Trade bank. Detiene circa 450.000 conti on-line e dispone di oltre 11.000 ATM (è il terzo più grande network bancario della nazione). Presenta un volume di attività pari a circa 14 mld. di dollari e una raccolta di depositi superiore agli 8 mld. di dollari. Gli esercizi 2000 e 2001 si sono chiusi con un ROE, rispettivamente, del 4,5% e del 9%. In forte crescita è anche Ing Direct.
8 Cfr. FDIC, "Quarterly Banking Profile", annate varie.
9 La diffusa convinzione che internet non costituisca il canale di distribuzione più adatto per tutti i prodotti e servizi finanziari, e che la maggior parte dei clienti, soprattutto quando si tratta di operazioni più complesse, preferisca il rapporto diretto con i dipendenti bancari, ha indotto molti istituti di credito a rivalutare il ruolo delle filiali, anche in considerazione del contributo che le stesse possono fornire alla promozione dei servizi offerti on-line.
In crescita risulta anche il numero degli ATM. Dal 1999 sono state immesse annualmente tra le 40.000 e le 50.000 macchine. Il recente aumento di ATM include l’introduzione delle ABM (automated banking machines) che associano, in uno stesso luogo, un ATM e una postazione internet per collegarsi al sito della banca; frequentemente viene messo a disposizione anche un telefono per accedere al customer service.
Nel dibattito circa il ruolo che internet può ricoprire nell’ambito delle strategie aziendali, un punto cruciale è se il web possa essere considerato una modalità alternativa di offerta di prodotti e servizi bancari o una fonte di profitti indipendente. L’opinione prevalente è che il transactional website sia solo un nuovo canale di distribuzione.
In proposito, da un sondaggio effettuato dall’American Bankers Association sulle banche minori emerge che soltanto l’1,8% degli istituti dichiara di aver conseguito redditi tramite il proprio sito web; il 29% dichiara di non averne conseguiti, ma si aspetta redditi nel breve periodo; il 49% dichiara di non averne né di prevederne per il futuro, pur ritenendo importante disporre di un sito per offrire un servizio adeguato alla propria clientela (10).
Le modeste performances delle internet-only banks (11) inducono a mettere in discussione la validità di tale modello e a ritenere, pertanto, che la strategia click and mortar sarà quella prevalente nel futuro mercato bancario statunitense.
Indipendentemente dal modello organizzativo adottato, alcuni studi condotti negli USA hanno individuato una relazione positiva fra l’utilizzo di internet e i risultati gestionali: secondo queste analisi, le banche che operano anche attraverso canali elettronici tenderebbero a presentare i profitti più elevati (12). In particolare, presso queste banche è stata rilevata una maggiore incidenza dei redditi non da interesse sul reddito operativo netto (13).
1.1.2. Europa
Secondo un rapporto di J.P Morgan (14) - risalente al 2000 - in Europa, entro il 2003, il 15% dei prodotti finanziari verrà scambiato sulla rete, per un giro d’affari di 440 miliardi di euro; a tale data 55 milioni di clienti si avvarranno di internet per accedere al proprio c/c.
Sotto il profilo geografico, le stime di J.P. Xxxxxx evidenziano una maggiore penetrazione dell’on-line banking nell’Europa settentrionale (15) e centrale (cfr. Tav.2).
10 Cfr. ABA, "Community Bank Competitiveness Survey".
11Cfr. X. Xx Xxxxx, "The Financial Performance of Pure Play Internet Banks", Federal Reserve Bank of Chicago, Economic Perspectives, n.25, 2001.
12Cfr. R.J. Xxxxxxxx, "How Has the Adoption of Internet Banking Affected Performance and Risk in Banks?", Financial Industry Perspectives, Federal Reserve Bank of Kansas City, December 2000, 1-16 e "Performance and Operation of Commercial Bank Web Sites", Financial Industry Perspectives, Federal Reserve Bank of Xxxxxx Xxxx, 0000, 23-33.
13Cfr. X. Xxxxx, X.X. Xxxx, D.E. Nolle, "Internet Banking: Developments and Prospects. Economic and Policy Analysis Working Paper 2000-9", Office of Comptroller of the Currency, 2000.
14Cfr. J.P. Xxxxxx, "Online Finance Europe", Xxxxxx, 0000.
15La già citata indagine OCSE - condotta su un campione di popolazione adulta residente nei paesi OCSE - rileva che nel 2001 il 64% del campione intervistato residente in Finlandia ha usato internet per effettuare transazioni bancarie. Percentuali elevate di utilizzo si registrano anche in Danimarca (50%), Svezia (30%) e Regno Unito (30%).
Tav.2
Previsioni sulla diffusione dell'on-line banking in Europa | ||||
Paesi | Mln. di conti | Diffusione % | ||
2001 | 2003 | 2001 | 2003 | |
Francia | 5.0 | 9.5 | 11% | 21% |
Germania | 10.0 | 15.0 | 17% | 25% |
Italia | 3.5 | 7.0 | 8% | 16% |
Paesi Bassi | 1.4 | 3.0 | 11% | 24% |
Spagna | 2.6 | 4.5 | 8% | 15% |
Svezia | 2.4 | 3.5 | 34% | 50% |
Svizzera | 1.5 | 2.0 | 28% | 36% |
Regno Unito | 7.0 | 10.0 | 15% | 22% |
Europa | 33.4 | 54.5 | 13% | 22% |
Fonte J.P. Xxxxxx, Online Finance Europe, Xxxxxx, 0000.
Con riferimento poi alla tipologia di servizi, secondo il medesimo rapporto i depositi costituirebbero il servizio finanziario destinato a raccogliere il maggior successo sul web. Più contenuta dovrebbe essere la vendita di servizi quali i fondi comuni, le carte di credito, i prestiti personali e le assicurazioni (cfr. Tav.3).
Tav.3
Previsioni sulla diffusione di servizi finanziari on-line in Europa (% delle vendite nell’anno) | ||
TIPO DI SERVIZIO | 2001 | 2003 |
Depositi | 19% | 33% |
Fondi comuni | 6% | 19% |
Carte di credito | 6% | 19% |
Assicurazioni Auto | 4% | 13% |
Prestiti Personali | 3% | 11% |
Mutui | 2% | 7% |
Assicurazioni vita e danni | 2% | 7% |
Pensioni | 0.5% | 2% |
Fonte J.P. Xxxxxx, Online Finance Europe, London, 2000
Un’indagine più recente, condotta da Jupiter Research, stima in 54 milioni gli utenti europei di servizi bancari on-line alla fine del 2002 e prevede un innalzamento del loro numero a 103 milioni a fine 2007. A dicembre 2002, pertanto, il 39% degli utenti internet in Europa effettuava transazioni bancarie attraverso la rete. La stessa ricerca indica nella Germania uno dei paesi con più ampia diffusione dell’on-line banking, con 16 milioni di utenti a fine 2002, seguita, alla stessa data, dal Regno Unito, con 10,4 milioni di utenti, e dalla Francia, con 6,2 milioni. Jupiter Research evidenzia come la Svezia debba essere considerata in assoluto il paese europeo con il più elevato
tasso di penetrazione (il 54% degli utenti internet effettua transazioni bancarie on-line) e nel quale vengono offerti i servizi bancari on-line più avanzati (16).
Da uno studio recentemente condotto dalla Banca Centrale Europea (17) emerge che l’utilizzo di servizi bancari on-line è in crescita, ma internet è prevalentemente usato per prodotti e servizi standardizzati, come depositi a risparmio, trasferimento di fondi, mutui ipotecari e negoziazione titoli.
L’analisi evidenzia inoltre come, attraverso politiche tariffarie mirate, le banche europee stiano cercando di indurre la clientela a effettuare le transazioni più semplici attraverso i canali alternativi. Fra i servizi di tipo innovativo si stanno diffondendo l’account aggregation e la gestione e il pagamento di fatture (electronic bill presentation and payment), che sono già diffusi negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Il modello organizzativo prescelto in prevalenza dalle banche europee per la distribuzione di prodotti e servizi è quello della multicanalità integrata (click and mortar), che combina i nuovi canali con quelli tradizionali; si sta tuttavia facendo strada, nelle banche di più grandi dimensioni, anche il modello “open architecture”, nel quale una banca distribuisce prodotti e servizi di terzi assumendo le caratteristiche di un vero e proprio “financial supermarket”. Marginale è il modello delle pure stand-alone internet banks (18); alcune banche sorte come tali si sono poi riconvertite al modello multicanale; ciò anche in conseguenza della preferenza manifestata dalla clientela verso soluzioni che privilegino l’assistenza e la consulenza e favoriscano una maggiore interazione fra banca e cliente (19).
La rete delle filiali tradizionali continua, quindi, a svolgere un ruolo fondamentale, anche se il numero di agenzie è in diminuzione in numerosi paesi, soprattutto in quelli dell’area scandinava.
Nello studio della BCE viene evidenziato che l’oggettiva difficoltà per le banche di scomporre costi e ricavi derivanti da ogni singolo canale distributivo non consente di verificare se internet permetta il conseguimento di maggiori profitti. Se infatti, da un lato, è indubbio che internet determini una riduzione dei costi operativi per effetto del minor impiego di personale e per l’assenza di reti fisiche, dall’altro va considerato che i costi di avvio e di pubblicità sono elevati, è difficile cambiare le abitudini della clientela, una politica aggressiva dei prezzi può minacciare i margini di profittabilità se non si riesce a realizzare l’auspicato cross-selling di servizi a maggior valore aggiunto.
Nella sostanza, la BCE evidenzia come l’internet banking stia crescendo, ma, con l’unica eccezione dei paesi nordici, costituisca ancora un fenomeno relativamente poco importante in Europa. Sebbene numerose banche abbiano rivisto le loro iniziali aspettative troppo ottimistiche in questo comparto, il potenziale di crescita a lungo termine per l’internet banking rimane tuttora significativo.
E’ sulla base di tale considerazione che la Banca Centrale Europea si attende che la spesa delle banche europee destinata ai servizi di e-banking continui a crescere. D’altra parte, viene evidenziato che l’esperienza delle banche finlandesi e svedesi dimostra che l’offerta di un’ampia tipologia di servizi di internet banking può innalzare l’efficienza in banca e ridurne i costi.
16Cfr. Jupiter Research, “European on-line banking”, february 2003.
17Cfr. Banca Centrale Europea, "Structural analysis of the EU banking sector", novembre 2002.
18In alcuni paesi europei, il modello stand-alone non esiste ancora (Grecia) o è stato adottato solo di recente (Irlanda, Finlandia). In Spagna, invece, le pure e-banks sono diventate un importante stimolo competitivo nei confronti delle altre.
19Cfr. X. Xxxxxxxxx, "Pensare e organizzare la banca diretta: stato dell’arte e scenari sul mercato europeo" in A. Resti "Banca virtuale e multicanale strategie, best practices, errori da evitare", Edibank, Roma, 2001.
1.2. Evoluzione dei canali distributivi nel sistema bancario italiano
Il ridisegno dei canali distributivi, in un’ottica di diversificazione, è un processo che si inserisce nella progressiva adozione, da parte delle banche e dei gruppi bancari, di modelli organizzativi caratterizzati: dalla crescente separazione delle fasi di produzione da quelle di distribuzione dei servizi, agevolata dalla diffusione di tecnologie in grado di consentire forme remote di contatto e colloquio con la clientela; dalla più puntuale definizione degli ambiti operativi e degli obiettivi delle business units; dal crescente ricorso all’outsourcing di fasi lavorative.
Nel nostro sistema, l’avvio del processo di diversificazione dei canali distributivi trova una sua collocazione storica negli anni ’70, con l’installazione di distributori di banconote (ATM) e con la successiva messa a punto di veri e propri sportelli automatizzati non presidiati, capaci di consentire le più comuni operazioni bancarie (prelievi di contante, stampa degli estratti conto, prenotazioni di valuta estera, pagamento di utenze). Questa può essere considerata come la prima fase del processo evolutivo verso la banca virtuale.
Il crescente gradimento della clientela nei confronti di questi punti di contatto, connesso alla sempre più capillare distribuzione sul territorio e alla disponibilità del servizio anche nelle fasce orarie non coperte dallo sportello fisico, ha incoraggiato ulteriori revisioni delle linee strategiche di impiego della rete commerciale. Si assiste così all’introduzione di forme più nuove ed evolute di canali cd. virtuali.
Nella seconda metà degli anni novanta iniziano, pertanto, a diffondersi i collegamenti a distanza con la clientela, nella forma del remote banking (20) e del phone banking.
Nel periodo 1997-2002 si assiste infatti a una sensibile crescita dei collegamenti telematici e telefonici e a un ampliamento della clientela servita: il numero delle banche che offrono il servizio di remote banking passa, nel periodo, da 300 a 445, mentre quello delle imprese servite raggiunge nel 2002 le 440.000 unità, a fronte delle 150.000 del 1997. Per quanto concerne il phone banking, nello stesso periodo il numero delle banche che mettono a disposizione funzioni di tipo sia informativo che dispositivo passa da 13 a 80 e il numero degli utenti passa da 260.000 a 3.500.000.
Un’ulteriore evoluzione si ha con la diffusione di internet che, oltre a consentire il superamento dei tradizionali confini geografici di operatività, introduce nuove forme di comunicazione con la clientela, anche in maniera interattiva. L’indagine condotta dalla Banca d’Italia sulle funzioni produttive e distributive delle banche italiane evidenzia che, a fine 2001, gli intermediari presenti in rete erano 486, con una crescita del 25,9% rispetto all’anno precedente (21). Nel 2002 le banche sono divenute 511 e il numero complessivo dei clienti serviti, inclusi quelli con profilo solo informativo, supera i 4 milioni (cfr. Tav.4).
Si stima che gli utilizzatori di servizi di e-banking siano passati dall’1% della clientela bancaria nel ’99 al 3% nel 2000 e all’8% nel 2001 (22).
20Come remote banking s’intende il servizio fornito tramite collegamento telematico diretto con il cliente, sia home che
corporate, ad eccezione dell’internet banking.
21L’indagine della Banca d’Italia è stata condotta su un campione di 329 banche, che rappresentano il 90% del sistema in termini di totale attivo. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, ottobre 2002.
22Cfr. X. Xxxxxxxxxx di Patti, X. Xxxxx, P.E. Xxxxxxxxx, “Sportelli e reti telematiche nella distribuzione di servizi bancari”, Banca d’Italia, dattiloscritto, gennaio 2003.
Tav.4
Diffusione e utilizzo dei canali innovativi 1997-2002 | ||||||||||||
1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | |||||||
Banche | Clienti | Banche | Clienti | Banche | Clienti | Banche | Clienti | Banche | Clienti | Banche | Clienti | |
Remote banking | 300 | 150.000 | 370 | 200.000 | 420 | 244.000 | 434 | 390.000 | 442 | 355.000 | 445 | 440.000 |
Phone banking | 13 | 260.000 | 23 | 542.000 | 29 | 790.000 | 53 | 1.400.000 | 59 | 2.300.000 | 80 | 3.500.000 |
Internet | --- | --- | --- | --- | 287 | 191.585 | 386 | 1.140.000 | 486 | 2.760.000 | 511 | 4.050.000 |
Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale, annate varie
La diffusione di nuovi canali di distribuzione non ha coinciso con una riduzione della rete di sportelli, che evidenzia, invece, una continua crescita, seppure con tassi d’incremento più contenuti rispetto alla prima metà degli anni ‘90. In parallelo, si registra un utilizzo crescente di promotori finanziari (cfr. Tavv.5-6), in prevalenza personale non dipendente, adibito soprattutto alla vendita di prodotti del risparmio gestito. Tale ultimo fenomeno si è manifestato, invece, proprio alla fine degli anni ’90, in corrispondenza con il crescente utilizzo, da parte delle banche, dei canali distributivi a maggior contenuto tecnologico.
Tav. 5
Evoluzione delle reti commerciali delle banche italiane 1990- 2002 | |||||||||||||
1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | |
Sportelli* | 17.671 | 19.028 | 20.737 | 22.083 | 22.389 | 23.362 | 24.331 | 25.168 | 26.174 | 27.045 | 28.078 | 29.161 | 29.820 |
ATM | 9.770 | 11.571 | 13.917 | 15.227 | 18.672 | 21.670 | 24.161 | 25.644 | 28.042 | 30.203 | 31.720 | 34.349 | 37.355 |
POS | 22.185 | 45.711 | 62.251 | 77.206 | 104.051 | 153.752 | 216.093 | 281.023 | 345.580 | 435.176 | 570.577 | 748.294 | 818.710 |
Promotori Finanziari | --- | --- | --- | --- | --- | --- | --- | --- | 9.042 | 12.776 | 19.650 | 27.760 | 37.000 |
Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale, annate varie
* Sono escluse le filiali di banche estere. Fino al 31/12/93 il dato si riferisce agli sportelli autorizzati; negli anni successivi agli sportelli operativi.
Tav. 6
Tasso percentuale di crescita delle reti commerciali italiane 1990-2002 | |||||||||||||
1991 | 1992 | 1993 | 0000 | 0000 | 0000 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2002 – 1990 | |
Sportelli | 7,68% | 8,98% | 6,49% | 1,39% | 4,35% | 4,15% | 3,44% | 4,00% | 3,33% | 3,82% | 3,86% | 2,26% | 68,75% |
ATM | 18,43% | 20,27% | 9,41% | 22,62% | 16,06% | 11,50% | 6,14% | 9,35% | 7,71% | 5,02% | 8,29% | 8,75% | 282,34% |
POS | 106,04% | 36,18% | 24,02% | 34,77% | 47,77% | 40,55% | 30,05% | 22,97% | 25,93% | 31,11% | 31,15% | 9,41% | 3590,38% |
Prom. Fin. | --- | --- | --- | --- | --- | --- | --- | 41,30% | 53,80% | 41,27% | 33,29% |
Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale, annate varie
Con riferimento al nostro paese, la rete di sportelli appare quindi svolgere ancora un ruolo preminente e i canali alternativi possono essere considerati aggiuntivi e non sostitutivi (23). Il contatto diretto tra personale della banca e clientela rappresenta - almeno allo stadio attuale della
23Uno studio, recentemente condotto in Banca d’Italia, ha cercato di cogliere il grado di sostituibilità tra sportelli fisici e internet. E’ emerso che, almeno in questa prima fase di sviluppo dell’e-banking, il legame tra i due canali non è stato molto intenso: l’offerta di servizi on-line avrebbe consentito alle banche di espandersi soprattutto nelle zone dove erano meno presenti con gli sportelli fisici. Gli stessi Autori, peraltro, evidenziano come sia difficile determinare se quella rilevata sia una situazione momentanea di disequilibrio o un dato strutturale. Cfr. X. Xxxxxxxxxx di Patti, X. Xxxxx, P.E. Xxxxxxxxx, citato.
diffusione delle tecnologie presso il pubblico e delle abitudini del cliente bancario - un elemento fondamentale per l’offerta dei servizi bancari (24).
A conclusioni analoghe è pervenuta anche una recente indagine Eurisko (25) condotta sulle modalità di frequentazione dello sportello da parte della clientela "famiglie" e sul posizionamento competitivo fra i canali. L’indagine evidenzia il c.d. “paradosso della multicanalità”: la frequentazione media annuale dello sportello si incrementa in corrispondenza dei clienti “evoluti”. Infatti, rispetto a una media di 37 volte del totale del campione, i clienti assistiti anche da promotori si recano presso lo sportello mediamente 43 volte l’anno, quelli che operano on-line 46 volte. Sembrerebbe, pertanto, emergere che la multicanalità, anziché decongestionare lo sportello, ne aumenti la frequenza di utilizzo. A conferma del “paradosso della multicanalità”, l’analisi evidenzia come il ricorso allo sportello da parte dei segmenti “evoluti” di clientela si registri, prevalentemente, per operazioni – quali versamenti e/o prelievi standardizzati – che potrebbero essere realizzate con modalità alternative.
Per quanto concerne, poi, il posizionamento competitivo dei diversi canali, l’indagine ha rilevato che l’ATM raccoglie la netta preferenza della clientela per tutte le caratteristiche prese in considerazione (facilità d’uso, vicinanza, convenienza di costo, velocità, modernità, specificità d’uso), ad eccezione della sicurezza/affidabilità, per la quale si trova in seconda posizione rispetto allo sportello.
1.2.2. Utilizzo delle reti commerciali
Dalla "Rilevazione dello stato dell’automazione del sistema creditizio" - condotta annualmente dalla Convenzione Interbancaria per i Problemi dell’Automazione in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana - è possibile ricavare alcune informazioni sul grado di utilizzo della rete distributiva delle banche italiane (26).
Dall’ultima indagine - relativa al 2001 - emerge, innanzitutto, come il ricorso ai canali a maggior contenuto tecnologico, e comunque alternativi allo sportello fisico, sia ormai ampiamente diffuso nel sistema bancario.
Delle 147 banche del campione, 125 offrono servizi informativi mediante apparecchiature ATM-Self Service; 116 via remote banking su reti dedicate; 115 via internet; 81 via telefono fisso; 38 via telefono cellulare; 51 utilizzano una rete di promotori finanziari.
Remote e internet banking registrano frequenze analoghe con riferimento ai servizi dispositivi, erogati, rispettivamente, da 115 e da 111 banche. Meno diffusa è invece l’offerta di tali servizi sugli altri canali, dichiarata da 59 banche per l’ATM e per il telefono fisso, da 18 per quello mobile e da 42 per i promotori (cfr. Tav.7).
24Una recente indagine dell'ABI evidenzia come, a livello medio di sistema, la rete di sportelli assicuri alle banche più dell’80% dell’operatività complessiva, seguita dalla rete dei promotori finanziari (7%). Cfr. Associazione Bancaria Italiana, "Costing Benchmark 2002".
25I risultati di tale indagine sono riportati su MK – La rivista ABI di marketing e comunicazione in banca n. 4-2002 - Speciale "Lo sportello bancario verso una nuova fisionomia" .
26Alla più recente indagine hanno partecipato 147 banche, che rappresentano il 76% dei fondi intermediati dall’intero sistema bancario. Cfr. CIPA-ABI, "Rilevazione dello stato dell’automazione del sistema creditizio – Situazione al 31 dicembre 2001 e previsioni 2002", gennaio 2003.
Canali distributivi alternativi allo sportello
Tav. 7
Servizi offerti, dalla banca o da altra componente del gruppo bancario, in % delle banche rispondenti
Servizi Informativi | ATM – Self Service | Remote Banking | Internet Banking | Mobile Banking | Phone Banking | Promotore finanziario |
00.Xxxx conti correnti | 85,0% | 78,9% | 78,2% | 25,9% | 55,1% | 30,6% |
00.Xxxx dossier titoli | 14,3% | 36,1% | 76,2% | 16,3% | 43,5% | 34,7% |
00.Xxxx altri rapporti | 12,9% | 59,9% | 54,4% | 9,5% | 32,0% | 28,6% |
00.Xxxx esiti RiBa RID MAV | 1,4% | 76,2% | 37,4% | 1,4% | 7,5% | 8,2% |
00.Xxxx Borsa | 0,7% | 5,4% | 74,1% | 17,7% | 38,1% | 29,3% |
00.Xxxx cambi | 1,4% | 33,3% | 42,2% | 6,1% | 34,7% | 23,1% |
00.Xxxx / consulenza | 15,0% | 3,4% | 68,0% | 6,1% | 36,7% | 34,0% |
00.Xxxx opportunità merc. | 2,0% | 7,5% | 25,9% | 7,5% | 10,9% | 23,1% |
09.Banche dati informative | 1,4% | 14,3% | 19,7% | 0,7% | 2,0% | 6,1% |
Servizi Dispositivi
01.Bonifici | 13,6% | 78,2% | 75,5% | 8,8% | 35,4% | 12,9% |
02.Pagamento Utenze | 27,9% | 16,3% | 21,1% | 3,4% | 20,4% | 7,5% |
03.Pagamento Xx.Xx. | 4,8% | 75,5% | 44,2% | 0,7% | 15,6% | 5,4% |
04.Disp.incassoRiBa,RID,MAV | 2,0% | 74,8% | 39,5% | 1,4% | 6,1% | 4,8% |
05.Operaz.titoli/Trading | 1,4% | 2,0% | 74,8% | 12,2% | 40,1% | 28,6% |
06.Collocamento titoli | 0,7% | 2,0% | 32,0% | 4,1% | 21,8% | 22,4% |
07.Richiesta assegni circ. | 6,8% | 44,2% | 23,8% | 3,4% | 12,2% | 10,2% |
08.Erogazione prestiti | 1,4% | 1,4% | 8,8% | 0,7% | 2,0% | 8,2% |
09.Sott.prod.assicurativi | 1,4% | 3,4% | 17,7% | 2,7% | 5,4% | 23,1% |
10.Deleghe di pagamento | 4,8% | 28,6% | 12,2% | 0,7% | 2,0% | 4,1% |
11.Servizi accessori | 40,1% | 2,7% | 25,2% | 3,4% | 8,8% | 2,7% |
Fonte: CIPA-ABI, Rilevazione, gennaio 2003
Peraltro, la stessa indagine evidenzia il ruolo centrale che i punti fisici di contatto tuttora svolgono nel rapporto con la clientela: per tutti i servizi dispositivi presi in considerazione la quota spettante allo sportello - in termini di numero di operazioni - a fine 2001 era superiore al 50%, con la sola eccezione dei servizi accessori non bancari (quali l’emissione di biglietti di viaggio e per spettacoli e la ricarica di cellulari), per i quali l’ATM costituisce ormai il canale d’elezione (cfr. Tav.8).
Tav.8
Utilizzo dei canali distributivi da parte della clientela
Ripartizione del numero di operazioni per canale
Servizi | |||||||||
01 Bonifici | 109 | 0,3% | 24,4% | 5,3% | 0,4% | 69,6% | 100% | ||
02 Pagamento Utenze | 103 | 1,3% | 0,3% | 98,4% | 100% | ||||
03 Pagamento Xx.Xx. | 94 | 24,2% | 1,1% | 0,2% | 0,4% | 74,1% | 100% | ||
04 Disposizioni d'incasso Xx.Xx., RID e MAV | 100 | 39,3% | 1,6% | 1,9% | 57,2% | 100% | |||
05 Operazioni in titoli / Trading | 107 | 24,6% | 0,2% | 2,0% | 3,1% | 70,1% | 100% | ||
06 Collocamento titoli | 87 | 1,4% | 0,7% | 0,5% | 97,4% | 100% | |||
07 Richiesta assegni circolari | 98 | 10,7% | 0,1% | 0,2% | 89,0% | 100% | |||
08 Erogazione prestiti | 94 | 0,1% | 99,9% | 100% | |||||
09 Operazioni su prodotti assicurativi | 80 | 4,8% | 95,2% | 100% | |||||
10 Deleghe di pagamento | 87 | 0,8% | 0,1% | 99,1% | 100% | ||||
11 Servizi accessori non bancari | 53 | 56,1% | 3,9% | 0,1% | 39,9% | 100% |
Fonte: CIPA-ABI, Rilevazione, gennaio 2003.
Pur in presenza di un generalizzato contenimento della relativa attività, per effetto dell’andamento non favorevole dei mercati nel corso degli ultimi tre anni, un quarto del complessivo trading su titoli per conto della clientela si svolge su internet. Più contenuto è l’utilizzo della rete per la vendita di servizi accessori e per l’effettuazione di incassi e pagamenti.
Per quest’ultimo settore - che, in termini di volumi, costituisce una parte molto rilevante dell’intera operatività bancaria - l’alternativa più consolidata allo sportello fisico è rappresentata dal remote banking su reti dedicate: alla fine del 2001, un quarto degli ordini di bonifico e dei pagamenti Xx.Xx. e quasi il 40% delle disposizioni d’incasso transitavano attraverso tale canale.
I promotori finanziari sono utilizzati prevalentemente per la trasmissione di ordini di trading su titoli e per la sottoscrizione di polizze assicurative; ancora contenuta è l’operatività via mobile banking e phone banking (utilizzato soprattutto per le operazioni in titoli).
Nel complesso, il quadro risultante dalla "Rilevazione" evidenzia un processo di diversificazione delle politiche distributive, con importanti risultati già conseguiti (27) e con ampi spazi di manovra ancora sfruttabili (28).
27Va tra l'altro considerato che il posizionamento di alcuni canali non può essere valutato separatamente da quello di altri, cui forniscono un necessario supporto. E’ questo il caso, ad esempio, dei call center, strettamente collegati all’offerta di servizi xxx xxxxxxxx.
00Xxxxxxx uno studio recentemente condotto dalla BNL il tasso potenziale di crescita dell’e-banking in Italia è particolarmente elevato. L’analisi è basata sul confronto tra il tasso di penetrazione effettivo (TPE) dell’e-banking in un determinato paese e il tasso di penetrazione naturale (TPN). Il primo indicatore è dato dal rapporto tra il saggio di penetrazione dell’e-banking e il saggio di penetrazione di internet; il secondo è frutto di stime e approssima la crescita potenziale dell’e-banking dato un certo livello di utilizzo di internet. Secondo questo studio, il tasso di penetrazione naturale per gli utenti di servizi finanziari europei può essere stimato attorno al 60%. Il tasso di penetrazione effettivo, nel 2002, si è attestato al 42% per la media dei paesi UE e al 36% per l’Italia. Cfr. BNL, “Prospettive di sviluppo dell’e-banking in Italia”, gennaio 2003.
Per incentivare la clientela all’uso dei canali tecnologici le banche hanno fatto ampio ricorso a specifiche campagne di marketing e all’applicazione di tariffe differenziate; altrettanto rilevante è risultata l’offerta di supporto mediante help-desk dedicati e promotori finanziari, con il duplice scopo di supplire all’assenza del rapporto personale tra utente e banca e di stimolare la domanda della clientela (cfr. Tav.9) .
Canali distributivi alternativi allo sportello
Iniziative adottate a sostegno della multicanalità
Tav. 9
Classi | Sviluppo di sistemi per l’analisi delle preferenze della clientela | Specializzazione offerta per segmento di clientela/canale | Specifiche iniziative di marketing | Supporto di customer help desk dedicati e/o promotori | Iniziative in filiale | Incentivazione attraverso pricing differenziato |
Maggiori | 50,0% | 66,7% | 83,3% | 66,7% | 66,7% | 83,3% |
Grandi | 33,3% | 55,6% | 88,9% | 100% | 66,7% | 66,7% |
Medie | 19,0% | 57,1% | 81,0% | 85,7% | 61,9% | 76,2% |
Piccole A | 21,1% | 57,9% | 78,9% | 94,7% | 63,2% | 94,7% |
Piccole B | 8,3% | 36,1% | 72,2% | 55,6% | 61,1% | 69,4% |
Minori A | 11,1% | 38,9% | 83,3% | 61,1% | 44,4% | 77,8% |
Minori B | 15,4% | 46,2% | 23,1% | 53,8% | 46,2% | |
Particolare operatività | 5,0% | 20,0% | 25,0% | 30,0% | 5,0% | 20,0% |
Telematiche | 40,0% | 60,0% | 80,0% | 80,0% | 20,0% | 80,0% |
Intero campione | 15,0% | 41,5% | 68,7% | 63,3% | 50,3% | 66,7% |
Fonte: CIPA-ABI, Rilevazione, gennaio 2003.
Per quanto concerne le iniziative di e-commerce, al 31/12/2001 quasi il 40% delle banche segnalava di parteciparvi, assieme ad aziende commerciali; quasi il 10% prevedeva la sua partecipazione entro il 2002. La situazione è molto diversificata in relazione alle dimensioni aziendali, con una presenza più elevata delle banche più grandi (83,3% per le maggiori).
Le frequenze si riducono significativamente in relazione a iniziative di carattere più complesso o comunque progressivamente più distanti dall’attività bancaria tradizionale. La partecipazione a portali per l’offerta di servizi non dispositivi - quali news, meteo, community - era indicata dal 29% delle banche; l’11% prevedeva di parteciparvi entro il 2002. Pressoché analoghe (15,6% e 14,3%, rispettivamente) erano le percentuali di partecipazione a mall organizzati e a marketplace in iniziative di B2B; un ulteriore 10% circa di banche aveva in corso - alla data di riferimento - progetti in materia (rispettivamente: 7,5% e 10,9%)(cfr. Tav.10).
Partecipazione a iniziative di e-commerce
Tav.10
Portali con servizi non dispositivi | E-commerce in accordo con aziende commerciali | Mall organizzati / portali commerciali | Market place in iniziative di B2B | ||||||||||
Classi | |||||||||||||
Maggiori | 6 | 66,7% | 33,3% | 83,3% | 16,7% | 16,7% | 16,7% | 66,7% | 33,3% | 16,7% | 50,0% | ||
Grandi | 9 | 44,4% | 22,2% | 33,3% | 55,6% | 11,1% | 33,3% | 33,3% | 11,1% | 55,6% | 22,2% | 11,1% | 66,7% |
Medie | 21 | 42,9% | 4,8% | 52,4% | 52,4% | 4,8% | 42,9% | 4,8% | 14,3% | 81,0% | 19,0% | 19,0% | 61,9% |
Piccole A | 19 | 26,3% | 15,8% | 57,9% | 42,1% | 5,3% | 52,6% | 31,6% | 5,3% | 63,2% | 15,8% | 5,3% | 78,9% |
Piccole B | 36 | 22,2% | 13,9% | 63,9% | 38,9% | 11,1% | 50,0% | 13,9% | 8,3% | 77,8% | 11,1% | 19,4% | 69,4% |
Minori A | 18 | 38,9% | 5,6% | 55,6% | 50,0% | 22,2% | 27,8% | 5,6% | 5,6% | 88,9% | 5,6% | 5,6% | 88,9% |
Minori B | 13 | 15,4% | 15,4% | 69,2% | 15,4% | 7,7% | 76,9% | 23,1% | 76,9% | 23,1% | 76,9% | ||
Particolare operatività | 20 | 15,0% | 5,0% | 80,0% | 5,0% | 5,0% | 90,0% | 10,0% | 5,0% | 85,0% | 10,0% | 5,0% | 85,0% |
Telematiche | 5 | 20,0% | 20,0% | 60,0% | 40,0% | 60,0% | 20,0% | 80,0% | 100,0% | ||||
Intero campione | 147 | 29,3% | 10,9% | 59,9% | 38,8% | 8,8% | 52,4% | 15,6% | 7,5% | 76,9% | 14,3% | 10,9% | 74,8% |
Fonte: CIPA-ABI, Rilevazione, gennaio 2003.
La cautela manifestata dalle banche nella partecipazione a queste ultime iniziative è connessa al ripiegamento del mercato B2B, rispetto alle ben più ottimistiche previsioni di sviluppo formulate nella fase di espansione della net-economy. L’insoddisfacente esperienza di numerosi marketplace realizzati all’estero ha, tra l’altro, suggerito una pausa di riflessione per le iniziative in materia ipotizzate in ambito associativo.
I risultati della "Rilevazione" sono coerenti con quelli dell'indagine della Banca d'Italia, già citata. Delle 328 banche indagate dall'Organo di Vigilanza, 229 hanno indicato lo sportello come canale distributivo prevalente (29). Seguono, nell’ordine, i promotori (indicati da 26 banche), internet e il canale telefonico, entrambi indicati da 4 banche.
Anche se non preminenti, i canali alternativi allo sportello sono stati indicati come rilevanti da alcune aziende (30). In particolare: internet da 53, il telefono da 19 e i promotori da 15 (31).
29Le 328 banche comprendono 45 filiali di banche estere. Cfr. Banca d’Italia, cit..
30Sono definiti "rilevanti" quei canali, diversi dal prevalente, in cui si svolge un’aliquota dell’operatività complessiva superiore al 5%.
31L’indagine prende in considerazione, tra i canali, anche le società terze, indicate come canale distributivo prevalente da 16 banche e come canale rilevante da 29.
2. Profili strategici
2.1. Canali distributivi: una tassonomia
La classificazione che viene di seguito proposta ha l’unico scopo di offrire una comune chiave di lettura della materia oggetto di esame, senza ovviamente avere alcuna pretesa definitoria né, tantomeno, di elencazione esaustiva di tutte le possibili tipologie (32).
A tal fine sono state prese in considerazione innanzitutto le caratteristiche di fruibilità del canale da parte del cliente finale, in termini di:
• presenza di una struttura fisica dedicata
• contenuto tecnologico
• mobilità sul territorio
• interazione personale
A seconda della caratteristica di fruibilità predominante, i canali possono essere così classificati:
Struttura fisica dedicata:
• sportelli
• negozi finanziari
• financial point
• teleboutique
• instore branch
• chioschi multimediali
Tecnologia:
• strumenti di personal computing
• sistemi informativi aziendali
• internet
• telefonia fissa
• telefonia mobile
• ATM evoluti
32Sull’argomento cfr. X. Xxxxxxx, "Quale futuro per l’offerta di servizi bancari e finanziari a distanza" in Bancaria n. 7- 8/2002. Nell'articolo viene proposta una classificazione dei canali distributivi in due grandi famiglie: a) accessi remoti, in cui vengono ricompresi i canali elettronici (ATM, Pos, Tv interattiva, chioschi) e quelli centralizzati (phone banking, home banking, internet banking); b) accessi face to face, in cui vengono ricompresi i canali mobili (promotori) e le nuove forme di contatto con il mercato (negozi in franchising, instore branching).
• TV interattiva
• POS
Mobilità:
• telefonia mobile
• pc portatili
• palmari
Interazione personale:
• sportelli
• promotori finanziari
• mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria (33)
• contact center
• call center (34)
Per una descrizione più in dettaglio delle principali caratteristiche dei canali distributivi più diffusi nel nostro paese, o comunque di maggiore interesse ai fini del presente lavoro, si fa rinvio a quanto riportato nell’Appendice 1.
Si ribadisce comunque che – come già evidenziato nell’introduzione – l’analisi verrà focalizzata soprattutto su internet, data la sua rilevanza nell’ambito dei canali innovativi di distribuzione dei prodotti e servizi bancari.
2.2. Modelli di business della multicanalità
Avendo riguardo ai modelli di riferimento nell’offerta tramite canali innovativi, si può osservare, in generale, che è in atto un processo che vede gli strumenti innovativi di distribuzione trasformarsi da semplice modalità di offerta di servizi bancari tradizionali a veicolo per l’offerta
33Di recente sono stati emanati provvedimenti legislativi (rispettivamente, Regolamento del 28 luglio 2002, n. 287, in attuazione dell’art. 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108 e D.M. del 13 dicembre 2001, n. 485, in attuazione del d. lgs. del 25 settembre 1999, n. 374) che hanno introdotto nel nostro sistema nuove figure professionali, quali i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria, operanti nel campo dell’intermediazione finanziaria e sottoposte al controllo dell’Ufficio Italiano dei Cambi. In attuazione di tali provvedimenti, la Banca d’Italia ha disciplinato i rapporti fra i predetti soggetti e le banche, con particolare riferimento ai profili concernenti l’attività bancaria fuori sede (cfr. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 211 del 9 settembre 2002). In considerazione del breve lasso di tempo intercorso dalla compiuta definizione di queste figure, l’analisi del gruppo di lavoro si è concentrata sull’attività posta in essere dai soli promotori finanziari, che, fra i canali alternativi di distribuzione che privilegiano l’interazione personale, risultano essere quelli con una fisionomia più consolidata.
34Per l’esternalizzazione dell’attività di sportello mediante call center oggi le banche possono avvalersi anche di società terze, non facenti parte del gruppo bancario, purché specializzate nello svolgimento di servizi della specie esclusivamente nei confronti di soggetti bancari. Su tale materia la Banca d’Italia ha di recente emanato proprie istruzioni (cfr. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 195 del 21 agosto 2002).
personalizzata di un’ampia gamma di prodotti e servizi finanziari, non necessariamente realizzati dallo stesso fornitore.
La letteratura, alla luce delle più recenti esperienze internazionali, cita una pluralità di modelli possibili. Per esempio, Lafferty (35) ne ha isolati sette, nell’ambito della generale categoria dell’e-banking:
- integrazione dell’offerta con canali alternativi nella banca tradizionale;
- creazione di una banca “virtuale” a sé stante, all’interno di un gruppo bancario già esistente;
- creazione di una nuova banca “virtuale”, al di fuori di gruppi bancari esistenti;
- modello open finance, in cui la banca on-line distribuisce anche prodotti di altre istituzioni finanziarie;
- modello degli aggregators, market places su cui le banche offrono i loro prodotti, nei quali prezzi e condizioni possono essere facilmente confrontati dall’utenza;
- portali finanziari, che offrono un’ampia gamma di servizi informativi e links a intermediari aderenti, distribuendo, in alcuni casi, prodotti con proprio marchio;
- screen-scraper: figura innovativa di intermediario che fornisce agli utenti registrati un accesso unico e personalizzato ai servizi informativi offerti dalle banche o istituzioni finanziarie del cliente.
Gli ultimi due modelli rivestono, alla data odierna e ai fini della nostra analisi, un interesse marginale, per mancanza di significative esperienze della specie nel sistema bancario italiano. Essi peraltro possono rappresentare possibili punti di riferimento per l’evoluzione futura dei modelli di business sulla rete. Uno degli effetti solitamente riconnessi all’introduzione delle tecnologie innovative è infatti quello di favorire la nascita di modelli organizzativi “estesi”, in quanto l’utilizzo di procedure e di standard comuni che consentono agevoli transazioni e flussi informativi oltre i confini dell’azienda bancaria fa sì che le relazioni con fornitori, clienti e partner della banca si strutturino in modo nuovo, determinando una riconfigurazione della “catena del valore”. Il crescente ricorso all’outsourcing e la specializzazione delle funzioni produttive e distributive sono chiari esempi in tal senso.
2.3. Modelli adottati dalle banche italiane
Volendo concentrare l’attenzione su modelli più vicini alla realtà del sistema bancario italiano (36) viene innanzitutto in evidenza l’importanza strategica dell’opzione tra le due principali alternative di sviluppo dell’operatività on-line (37): l’avvio di un progetto di internet banking all’interno dell’apparato distributivo esistente ovvero la creazione di una banca “virtuale” quale soggetto giuridico autonomo, inserito in un gruppo bancario. Si è ritenuto opportuno – per mere finalità espositive - utilizzare il termine "virtuale" per individuare la banca che adotta prevalentemente canali distributivi innovativi, pur avendo presente che tale termine, di per sé, è riduttivo rispetto alla tipologia di canali effettivamente utilizzati. Infatti, nella realtà odierna anche
35Cfr. "A Global Strategic and Statistical Analysis of Online Banking", Lafferty Report, 2000.
36 Per una panoramica relativa alla realtà italiana xxxxxx X. Xxxxx, "La banca virtuale: quale modello di business dopo delusioni e bugie", in Banca virtuale e multicanale, Edibank, Xxxxxx 0000.
37Pur trattandosi di opzioni autonome, esse potrebbero succedersi nel tempo, nell’ambito di diverse fasi della medesima strategia.
le banche originariamente operanti esclusivamente on-line hanno proceduto al varo di reti fisiche di supporto (ad es. sportelli, negozi finanziari, promotori), assumendo così anch’esse la configurazione di banca multicanale (38).
Indipendentemente dal modello organizzativo adottato, la scelta di un modello multicanale presenta comunque, per le banche, accanto alle opportunità, possibili profili di rischio.
Fra le opportunità, vengono in evidenza:
• il rafforzamento dell’immagine dell’azienda nei confronti del proprio mercato (sia effettivo che potenziale) connesso con un’offerta più diversificata;
• lo sviluppo di modalità di interazione che facilitano la fruizione dei servizi da parte del cliente;
• la possibilità di una migliore performance in termini di costi e di ricavi;
• un alleggerimento dei carichi di lavoro più prettamente operativi per il personale di sportello che può così essere, almeno parzialmente, utilizzato per attività a maggior valore aggiunto, con possibili ricadute positive sia sulla motivazione della compagine sia sul conto economico aziendale.
Tra i rischi, vanno considerati, in particolare:
• il possibile trasferimento di ricavi da un canale all’altro, senza un incremento di quelli complessivi, a fronte di costi incrementali derivanti dalla creazione di nuovi canali e della rigidità dei costi delle risorse umane;
• la difficoltà di portare a break-even i consistenti investimenti che la multicanalità comporta;
• la necessità di adottare politiche di pricing particolarmente aggressive;
• la possibile riduzione del grado di fedeltà all’azienda. Il cliente acquista infatti maggiore consapevolezza e competenza finanziaria, può effettuare più facilmente confronti tra le offerte degli intermediari, presta maggiore attenzione ad aspetti qualitativi, quali ad esempio, la continuità del servizio, per cui eventuali malfunzionamenti possono determinare perdite d’immagine;
• la maggiore difficoltà nel misurare correttamente la redditività di ciascun cliente;
• il possibile conflitto tra canali, con effetti negativi sulla redditività complessiva.
L’esigenza, avvertita da molte banche, di avviare in tempi brevi un progetto di internet banking ha promosso, in molti casi, la stipula di accordi con imprese non bancarie, operanti nel campo dell’informatica e delle telecomunicazioni, già in possesso delle competenze necessarie per lo sviluppo dei nuovi canali (39).
Si illustrano, di seguito, le principali caratteristiche dei due modelli organizzativi sopra indicati, cercando di cogliere, per ciascuno di essi, gli obiettivi strategici cui rispondono e le
38Fra queste: Banca Fineco ha istituito negozi finanziari; Banca Xelion ha assorbito buona parte dei promotori della Sim di distribuzione del gruppo Unicredito; Banca Idea ha reclutato promotori finanziari da affiancare a internet e call center; Rasbank ha incorporato i promotori della rete DivalRas). Si tratta, d’altra parte, di un fenomeno analogo a quello che ha interessato i "pure internet player" statunitensi (fra questi Xxxxxxx Xxxxxx, E*Trade Group, Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx) e quelli operanti nel mercato europeo (ad esempio, la banca spagnola Bankinter, la tedesca Bank24, di recente incorporata da Deutsche Bank, e la britannica Egg).
39Ad esempio, con particolare riferimento al trading-on-line, alcune istituzioni creditizie e finanziarie (Banca Generali, Banca Mediolanum, Twice SIM) si avvalgono, in outsourcing, di operatori specializzati che offrono i servizi resi da una sofisticata piattaforma tecnologica (Real TIC), che, oltre a garantire tempi di risposta molto rapidi - difficilmente ottenibili basandosi sul sistema informatico della banca - offre anche ulteriori servizi.
principali conseguenze - in termini organizzativi, economici e gestionali - che la relativa scelta comporta.
A) BANCA “TRADIZIONALE” MULTICANALE
Caratteristiche | Banca che alle tradizionali modalità di offerta ha affiancato canali alternativi. Il cliente mantiene un unico rapporto con la banca e accede agli stessi prodotti e servizi tramite il canale che meglio si adatta alle sue esigenze. |
Struttura organizzativa | Le funzioni organizzative deputate allo sviluppo e alla gestione dei canali sono comuni e distribuite su tutta la struttura; per migliorare il coordinamento all’interno della struttura organizzativa può essere creata una business unit/ divisione che ricomprende tutte le funzioni specificatamente dedicate alla gestione e allo sviluppo dei nuovi canali. |
Comunemente attraverso questa soluzione si perseguono obiettivi di:
- rafforzamento del rapporto con la clientela esistente: l’offerta di modalità di contatto innovative, comode ed economiche per l’utente evita che quest’ultimo si rivolga alla concorrenza per soddisfare le proprie esigenze. Tale soluzione consente inoltre alla clientela di migrare verso internet mantenendo un unico conto corrente e conservando una visione integrata di tutti i movimenti finanziari;
- abbattimento dei costi operativi, per la sensibile differenza esistente - a regime - tra i costi delle operazioni effettuate allo sportello e quelle realizzate attraverso il canale virtuale. Questo vantaggio, peraltro, può non tradursi integralmente in un miglioramento dei margini reddituali, laddove sia necessario - per le spinte del mercato - adottare politiche di prezzo aggressive, a tutto vantaggio della clientela.
Rispetto alla modalità alternativa, questa soluzione richiede, almeno nel breve periodo, investimenti più contenuti, sia per quanto riguarda la destinazione di strutture organizzative e di personale sia per quanto concerne le spese di comunicazione e di pubblicità (essendo il servizio rivolto principalmente alla clientela esistente).
Non vanno, peraltro, trascurati gli aspetti tecnologici, organizzativi e commerciali connessi con la realizzazione del modello integrato. Sotto il primo profilo rilevano la necessità di integrare i sistemi informativi tradizionali (i sistemi legacy, le architetture client server delle filiali) con i canali virtuali e di rendere condivisibili le informazioni sui clienti. Dal punto di vista organizzativo, le strutture e i processi devono adattarsi all’offerta resa possibile attraverso i nuovi canali. Relativamente agli aspetti commerciali è fondamentale favorire il cambiamento culturale presso gli operatori di filiale, chiamati a gestire anche l’offerta virtuale.
A quest’ultimo proposito, va sottolineato che la difficoltà di disporre rapidamente di nuove competenze professionali e l’eventuale emergere di conflitti con la struttura e la cultura aziendale tradizionale possono rappresentare ostacoli al conseguimento degli obiettivi prefissati.
La soluzione descritta risponde ovviamente a una logica “difensiva”, meno aggressiva dal punto di vista commerciale, ma non per questo di per sé meno valida di quella alternativa, in quanto fa leva sulle risorse umane, organizzative e tecnologiche disponibili, evitando una dispersione di investimenti.
La tabella che segue riassume, con riferimento ad alcuni profili gestionali ed economici, le principali caratteristiche del modello organizzativo descritto rispetto a quello della banca virtuale pura.
Strategie | Possibilità di diversificare l’offerta nei confronti della clientela già esistente; maggiori vincoli nella definizione delle strategie di sviluppo dei canali innovativi |
Organizzazione | Limitata separatezza organizzativa; potenziali conflitti con la struttura e la cultura aziendale tradizionale |
Governance | Limitata autonomia/flessibilità decisionale nella gestione dei nuovi canali |
Coordinamento/inte- grazione tra canali | Coordinamento coerente con una gestione per divisioni; possibilità di gestione più efficace delle relazioni/integrazioni tra canali |
Investimenti | Possibilità di investimenti progressivi, in relazione al grado di integrazione tecnologica che si vuole realizzare |
Costi di esercizio | Spese di comunicazione e pubblicità contenute; maggiore possibilità di far migrare i clienti dalle strutture tradizionali, e quindi di abbassare i costi operativi unitari |
Notorietà | Vantaggi derivanti dall’utilizzo del marchio della banca tradizionale |
Offerta | Rischio di un minor grado di innovatività |
Risorse umane | Possibili difficoltà/minore flessibilità nell’acquisizione di competenze professionali specifiche; esigenze di formazione/interventi sulla cultura aziendale per adeguarla al cambiamento |
Tecnologia | Necessità di adottare piattaforme che prevedono integrazioni tra i canali innovativi e quelli tradizionali |
B) BANCA “VIRTUALE”
Caratteristiche | Creazione, in genere dell’ambito di un gruppo, di una struttura autonoma dal punto di vista giuridico e gestionale. Il cliente intrattiene di norma rapporti distinti con la banca tradizionale e con la banca “virtuale”. |
Struttura organizzativa | La nuova banca può presentare una struttura organizzativa completamente autonoma oppure avvalersi dell’outsourcing di alcuni servizi sulla capogruppo o su service esterni. |
La creazione di una banca “virtuale” operante prevalentemente attraverso canali “virtuali”, ma anche attraverso network fisici (promotori finanziari, financial point, negozi finanziari, show room), ha come obiettivo prioritario l’acquisizione di nuova clientela rispetto a quella già detenuta dal gruppo o dalla “banca-madre”, nell’ambito di quei segmenti più aperti alle nuove tecnologie e sensibili alla possibilità di utilizzare servizi bancari “anytime and anywhere”.
In questo tipo di banca, il canale virtuale può svolgere un ruolo centrale nella gestione della relazione con la clientela e risultare efficace nel raccogliere e gestire informazioni utili a costruire un corretto profilo del cliente, interpretandone le tracce di navigazione, e conseguentemente strutturare e veicolare informazioni e proposte commerciali aderenti alle sue aspettative e ai suoi bisogni.
Per contro, i network fisici potranno sopperire all’assenza della relazione interpersonale - tipica del canale virtuale - con funzioni di supporto consulenziale. Ciò trova conferma nella concreta realtà del nostro sistema. Le esperienze fin qui registrate di banca “virtuale” hanno trovato fondamentale supporto nella presenza di una rete di promotori, con una duplice funzione: quella di fornire una prima base di clientela e quella di sollecitare il cliente per renderlo più redditizio per la banca, inducendolo a una maggiore operatività o stimolandolo a richiedere servizi a maggiore valore aggiunto.
Al raggiungimento di una massa critica di clientela, la banca virtuale può comunque avvantaggiarsi di costi operativi unitari bassi e, se realizzata nell’ambito di un gruppo, delle sinergie e delle economie di scala rivenienti dalle strutture produttive e dai fornitori di servizi interni al gruppo.
In generale, nella definizione delle strategie di start-up, non va trascurata l’esigenza di non eccedere in comportamenti “civetta”, e pertanto di adottare politiche commerciali sostenibili nel tempo, al fine di evitare perdite di immagine e di clientela al mutare delle condizioni offerte. La fidelizzazione della clientela acquisita assume infatti una rilevanza strategica, attesi gli elevati costi di acquisizione di nuovi clienti in sostituzione di quelli “uscenti”.
L’approccio della banca virtuale può essere più favorevole per banche/gruppi che non detengono ampie quote di mercato per un particolare prodotto o ambito territoriale e che non corrono pertanto i rischi di “cannibalizzazione” della propria clientela da parte del nuovo soggetto.
La scelta del marchio, del tutto nuovo oppure contenente un richiamo al gruppo di appartenenza, incide sul carattere più o meno innovativo dell’immagine aziendale: nel primo caso, infatti, si sottolineano l’assoluta novità dell’iniziativa e il carattere indipendente dell’offerta, aspetti che potrebbero costituire importanti elementi di attrazione per nuova clientela; nel secondo, si sfruttano i vantaggi di immagine di un’entità già conosciuta dal pubblico. In ogni caso, è stato rilevato che per queste banche l’incidenza sui costi totali delle spese di marketing e pubblicità è assai elevata, fino a dieci volte quella propria delle banche tradizionali (40).
La decisione di creare un’entità autonoma offre inoltre il vantaggio di poter essere coniugata con un’altra importante opzione strategica, quale quella della specializzazione in particolari segmenti di attività. E’ evidente che, in questo caso, la valutazione delle prospettive di mercato, già ardua per le semplici iniziative di virtual banking puro, andrà effettuata con particolare accuratezza, riguardando specifici segmenti di clienti/prodotti. Di seguito si riportano i principali elementi distintivi del modello in questione rispetto a quelli della banca tradizionale multicanale.
40Cfr. Lafferty Report, cit. A titolo di esempio, si richiama il caso della banca inglese Egg, che ha costruito il proprio successo su una politica di marketing e pricing molto aggressiva, e si è vista erodere quasi totalmente i proventi netti dalle spese promozionali sostenute.
Strategie | Strategia “aggressiva” – in termini sia di pricing che di iniziative comunicazionali - per l’acquisizione di nuova clientela, integrata da azioni volte ad accedere a base di clientela, rete di distribuzione e infrastruttura tecnologica del gruppo di appartenenza; livello di rischio significativo |
Organizzazione | Possibilità di adottare senza condizionamenti assetti organizzativi innovativi, ritagliati sulle esigenze specifiche della struttura distributiva |
Governance | Maggiore autonomia/flessibilità decisionale e finanziaria; maggiore flessibilità, tempestività e efficacia nel seguire l’evoluzione del mercato |
Coordinamento/integra- zione tra canali | Necessità di integrare l’offerta attraverso network fisici ai fini della sostenibilità economica del modello |
Investimenti | Investimenti consistenti; break-even elevato |
Costi di esercizio | Bassi costi operativi unitari; elevate spese per comunicazione/pubblicità |
Notorietà | Brand innovativo ma da sostenere con adeguate campagne pubblicitarie |
Offerta | Maggiore propensione a offrire prodotti/servizi di terzi |
Risorse umane | Minori difficoltà/maggiore flessibilità nell’acquisizione di competenze professionali specifiche |
Tecnologia | Ampia integrazione sui canali innovativi; capacità di dotarsi di una forte cultura tecnologica |
Al di là della contrapposizione “teorica” dei modelli - utile a fini di analisi - nel sistema bancario italiano si sta verificando una tendenziale convergenza delle esperienze. In taluni casi, infatti, le strategie originariamente centrate sulla costituzione di una banca virtuale “ad hoc”, a livello di gruppo bancario, hanno poi puntato anche a integrare l’assetto distributivo della banca “tradizionale” con modalità di offerta “a distanza”. Viceversa, alcune banche in un primo tempo orientate alla sola integrazione dei canali innovativi nella struttura tradizionale hanno poi costituito anch’esse, all’interno del gruppo, una banca “virtuale” autonoma.
Dopo una prima fase in cui sono prevalse, alternativamente, scelte di tempestività nell’offerta di servizi di e-banking e di delimitazione del connesso rischio (soluzione banca “virtuale”), e scelte di evoluzione graduale nel tempo ma estesa all’intera realtà aziendale (soluzione banca “tradizionale” multicanale), sembra ora diffusa la convinzione che le due modalità d’intervento possono essere adottate in maniera sinergica e non alternativa, in quanto tendenzialmente rivolte, ciascuna, a un diverso target di clientela.
Nella formulazione delle strategie della banca multicanale l’integrazione tra canali fisici e virtuali costituisce un fattore critico di successo.
Secondo una schematizzazione dei possibili approcci alla multicanalità operata da alcuni ricercatori statunitensi (41) sarebbe possibile distinguere tre modelli in funzione del diverso grado di integrazione perseguito: approccio integrato, competizione controllata, concorrenza spinta.
Il primo schema (“approccio integrato”) presuppone una visione centralistica della rete distributiva, nella quale obiettivi prioritari sono lo sviluppo coordinato dei diversi canali e l’attuazione di strategie di cross-selling: ciò implica costi elevati per il coordinamento e l’integrazione tra i sistemi informativi aziendali.
Nel modello “concorrenziale spinto” si lascia al mercato il compito di selezionare i canali distributivi più efficienti: la banca pertanto modulerà gli investimenti sui diversi canali in funzione delle relative performance. A fronte di una maggiore reattività rispetto all’ambiente esterno, quest’approccio comporta possibili duplicazioni delle risorse (ad es. per il marketing, la progettazione dei prodotti, i sistemi informativi, ecc.).
Il modello di “competizione controllata” si colloca tra le due ipotesi estreme, perseguendo l’obiettivo di coordinamento e ponendo al tempo stesso i canali in concorrenza tra loro, sulla base di linee di azione e regole stabilite dalla direzione centrale (similmente a quanto avviene nel modello organizzativo del network).
Qualunque sia l’intensità degli interventi di integrazione previsti, un minimo di coordinamento tra canali tradizionali e virtuali si rende comunque necessario: i canali virtuali presentano infatti limiti intrinseci cui si può ovviare soltanto nell’ambito della complessiva strategia distributiva della banca. Basti pensare alla scarsa capacità dei canali telematici di sviluppare profonde relazioni con la clientela (pur consentendo, come si è visto, un certo grado di personalizzazione dei servizi offerti), alla naturale mobilità della clientela abituata a operare su di essi, al basso contributo ai margini reddituali tipico delle operazioni via rete. Ciò rende necessario realizzare un’integrazione con i canali fisici, attraverso i quali potranno continuare a essere soddisfatte esigenze che non potrebbero esserlo attraverso il mero utilizzo degli strumenti telematici (es. esigenze consulenziali della clientela, esigenza della banca di conservare elevato il grado di conoscenza e controllo delle caratteristiche della propria clientela).
Il modello che solitamente viene preso a riferimento nell’impostazione di una solida strategia multicanale - atta anche a contrastare il citato fenomeno della scarsa fedeltà dei clienti “virtuali” - è quello customer-centric. Esso implica che la definizione dell’assetto distributivo della banca venga guidata dalla ricerca dell’assetto più adeguato a soddisfare al meglio le specifiche esigenze della clientela: ciascun canale a disposizione deve essere pertanto utilizzato per le funzioni cui meglio si presta, sfruttando i suoi punti di forza ed evitando di limitarsi a mettere a disposizione gli stessi servizi su un numero più ampio di canali. Esaltando la complementarità tra i diversi canali, l’obiettivo è quello di realizzare una struttura di offerta variegata e completa, nell’ambito della quale il cliente potrà scegliere la combinazione distributiva ritenuta preferibile.
Questa strategia richiede anche una particolare attenzione all’educazione della clientela a un utilizzo coerente e razionale dei canali a disposizione, spingendola ad accedere a quelli per essa più convenienti - nel rapporto costo/servizio - per ogni tipo di operazione. La piena trasparenza e un’adeguata informativa su questi aspetti possono costituire un fattore decisivo nell’acquisizione di nuova clientela e nella fidelizzazione di quella esistente. In assenza di tale informativa potrebbero
41Cfr. Xxxxxxx C.A., Palter R.N., Xxxxx P.R., Xxxxxx P.K., "Retail banking: managing competition among your own channels", in The McKinsey Quarterly Review, n. 1, 1998.
essere inficiati gli obiettivi aziendali di massimizzazione sia dell’efficienza sia dell’efficacia della rete distributiva, per effetto della minore utilità resa all’utente.
Un esempio di strategia integrata è quella che favorisce il ricorso da parte del cliente al call- center per ottenere assistenza o per transazioni standardizzate; al personal computer per la ricerca e la selezione dei prodotti, per simulazioni e per le transazioni più semplici; al canale fisico e ai promotori per operazioni che richiedono consulenza qualificata o che risultino difficili o impossibili da compiere in via telematica.
Nell’attuale situazione di mercato la compresenza della rete fisica e di quella virtuale è da ritenere una scelta obbligata, che consente di abbinare i vantaggi della profondità di relazione con la clientela, tipica dell’operatività allo sportello, con la flessibilità ed economicità dell’operatività in via telematica. Si tratta di vantaggi che riguardano sia la banca, che può alleggerire i costi della rete fisica, sia la clientela, che può beneficiare della comodità e delle commissioni più favorevoli dei servizi su rete, potendo peraltro sempre contare, all’occorrenza, sulla “rassicurante” presenza di personale d’agenzia nonché di promotori.
Assicurare una proficua integrazione tra i canali è un tema che assume oggi notevole rilevanza strategica per l’evoluzione e l’espansione di un settore di operatività primario della banca “a distanza”, il trading-on-line (TOL). Nelle recenti fasi ribassiste dei mercati finanziari sono emersi infatti i limiti di un comparto in cui viene esaltata l’autonomia del risparmiatore: quest’ultimo è stato spesso “tradito” da un eccesso di confidenza sulle proprie capacità in materia finanziaria, non essendo sostenuto da una “rete” di protezione da parte della propria banca.
In questo contesto, vi potrebbero essere le condizioni per una revisione del modello di business del TOL, incentrata sull’attivazione di forme di integrazione del servizio di negoziazione pura con attività consulenziali rese dalla rete fisica e opportunamente remunerate (sportello, promotore finanziario, private banker). Il servizio diventerebbe così più appetibile anche per la clientela di massa, poco propensa a effettuare operazioni finanziarie in autonomia.
L’apporto consulenziale potrebbe essere fornito anche nell’ambito dello stesso canale virtuale, grazie alle opportunità offerte dagli strumenti interamente automatizzati che oggi possono essere messi a disposizione dell’utenza sul sito web (ad esempio, strumenti di screening, asset allocation e financial planning). La preferenza sin qui manifestata dalla clientela per la consulenza face to face fa però ritenere, almeno al momento, la soluzione “virtuale” di minor efficacia.
L’integrazione tra i canali quale chiave di evoluzione del TOL, già sperimentata in altri paesi, solleva il più ampio problema - tipico dell’operatività multicanale - della gestione dei rapporti tra canali e della prevenzione dei conflitti di interesse, da perseguire attraverso una chiara definizione dei ruoli e degli obiettivi di ciascun canale in fase di impostazione strategica degli assetti distributivi. Il problema non nasce dall’inserimento dei canali virtuali accanto a quelli fisici, ma dalla compresenza di punti di contatto con la clientela con caratteristiche diverse ma medesimi obiettivi. Una situazione analoga si è infatti posta in corrispondenza con il ricorso ai promotori finanziari accanto alla rete degli sportelli.
L’esperienza delle banche del gruppo di lavoro consente peraltro di rilevare come la teorica contrapposizione tra canali, se ben gestita, possa trasformarsi in una sinergia. Un esempio in tal senso è offerto da quanto realizzato con riferimento al rapporto canale virtuale/promotore; in taluni casi, infatti, il canale virtuale ha consentito sia di integrare l’attività di assistenza e consulenza fornite personalmente - liberando il promotore da attività di natura “informativa” già alla portata della clientela - sia di fornire al promotore stesso il supporto necessario per assistere la clientela in modo più efficace.
Va altresì tenuto presente che queste problematiche assumono un rilievo strategico diverso in funzione del ruolo rivestito dai promotori finanziari nell’assetto distributivo della banca; questo infatti può essere diverso a seconda che si tratti di banca “virtuale” che costituisce una rete di
promotori finanziari per meglio promuovere l’offerta a valore aggiunto; di banca tradizionale che sviluppa soluzioni di multicanalità integrata; di particolari tipologie di banche nate da imprese di assicurazione o dalla trasformazione di SIM. In ognuno di questi casi, infatti, l’assetto distributivo si focalizza ora sul canale virtuale, ora sullo sportello, ora sulla rete dei promotori, determinando così equilibri interni e forme di integrazione tra canali di volta in volta differenti.
Per la gestione delle problematiche concernenti l’integrazione e i conflitti fra canali si vanno delineando, nell’ambito degli assetti organizzativi delle banche, nuove funzioni: in alcuni casi, come confermato anche dalle banche rappresentate nel gruppo di lavoro, emergono ruoli specifici nell’ambito delle funzioni dedicate al marketing strategico di segmento, con un approccio complesso volto a identificare e gestire le combinazioni ottimali fra tipologie di clientela, canali e prodotti.
In ogni caso, nella prevenzione delle possibili conflittualità può risultare decisivo il ruolo del controllo di gestione, qualora strutturato in maniera tale da consentire il riconoscimento del contributo agli obiettivi aziendali fornito dai singoli canali (cfr. cap. 4).
3. Processo decisionale
La fase di ampliamento della rete distributiva fisica che ha caratterizzato le banche italiane nel periodo 1980-1990 è stata accompagnata da una reingegnerizzazione dei processi bancari, favorita anche dalle nuove tecnologie informatiche.
Accanto al decentramento operativo si è verificato un crescente decentramento decisionale, che ha visto la valorizzazione della figura del Titolare di Filiale/Agenzia e la creazione - in talune realtà - di una gerarchia tra filiali. Ad alcune di esse (filiali capozona) sono stati, infatti, affidati la funzione di coordinamento e il ruolo di livello decisionale intermedio tra la Direzione generale e i punti operativi localizzati nella medesima area territoriale (variamente determinata).
Sono evidenti gli obiettivi perseguiti in termini di riduzione dei tempi di risposta agli utenti e di più efficace utilizzo delle conoscenze acquisibili a livello locale sulle esigenze e sulle caratteristiche della clientela, oltre che di motivazione/responsabilizzazione del personale. E’ altrettanto chiaro l’impegno che la scelta organizzativa del decentramento decisionale ha comportato, in termini sia di creazione dei presidi di coordinamento e controllo - necessari per garantire il rispetto di indirizzi unitari - sia di innalzamento delle capacità professionali della compagine.
L’utilizzo dei canali innovativi ha indubbiamente introdotto un elemento di discontinuità in questo contesto. In proposito, molti studiosi ritengono che l’adozione del modello di banca virtuale segni il passaggio da strutture organizzative burocratiche di tipo piramidale, piuttosto rigide, a strutture, definite snelle o piatte (flat organization), di notevole flessibilità (42). Il gruppo di lavoro ha cercato di sottoporre a verifica tale affermazione.
Le esperienze maturate dalle banche rappresentate fanno emergere situazioni diversificate. Il ridisegno delle strutture organizzative, realizzato per consentire l’integrazione tra la rete fisica di distribuzione e quella virtuale e rendere la complessiva rete coerente con le strategie aziendali di sviluppo e di posizionamento, ha determinato, in talune realtà, una riduzione dei livelli gerarchici e, in altre, una profonda modificazione nei ruoli e nelle competenze.
Fra le opzioni organizzative adottate risulta predominante il modello della divisionalizzazione per tipo di clientela, esteso sia alla Direzione generale sia alla rete distributiva. Sul territorio, pertanto, sono state collocate figure responsabili, dal punto di vista commerciale, del rapporto con singoli segmenti di clientela, sottoposte poi al coordinamento gestionale da parte di un altro soggetto, individuato sulla base di un criterio territoriale più ampio rispetto a quello del singolo punto operativo. Solitamente, la divisionalizzazione ha quindi comportato il venir meno della "classica” figura del Titolare di Xxxxxxx su cui si accentravano le funzioni commerciale, gestionale e decisionale (43).
42Cfr., ad esempio, De Xxxxxxxxx, "Logiche e organizzazione per processi. Quale applicabilità alle banche? ", in Banche e Banchieri, n. 2/96.
43In alcune realtà tale figura permane, ma i poteri ad essa attribuiti sono di natura tipicamente gestionale. Sull’argomento, si sottolinea che dall’"Indagine retributiva ABI – Credito e finanza" – 2000 emerge che l’introduzione nel tradizionale sportello bancario di nuove figure professionali (gestore di portafoglio clienti, relationship manager, private banker) ha avuto come riflesso un cambiamento nel ruolo del direttore di filiale, che è stato spogliato di molte delle responsabilità riferite alla relazione con i clienti e tende ad assumere sempre più un ruolo di coordinamento delle risorse della filiale, o di gruppi di agenzie.
Solo nei casi - limitatamente rappresentati all’interno del gruppo - in cui la divisionalizzazione per segmenti di clientela non si estende alla rete distributiva, non si assiste a sostanziali cambiamenti nel ruolo e nelle responsabilità dei Titolari di Filiale.
Facendo più specifico riferimento al processo decisionale, sono emerse due tendenze di fondo connesse al più intenso utilizzo delle nuove tecnologie a fini operativi e distributivi: la crescente automazione e il tendenziale accentramento.
La disponibilità di strumenti sempre più sofisticati di analisi e monitoraggio consente di semplificare e velocizzare il processo decisionale (e di controllo). I sistemi di credit scoring costituiscono, con riferimento alla valutazione del merito di credito, un tipico esempio in tal senso.
Contemporaneamente, l’adozione di scelte organizzative in funzione della relazione con il cliente, la crescente specializzazione delle competenze e la diversificazione dell’assetto distributivo spingono verso la concentrazione dei poteri decisori presso unità centralizzate, ai fini di una gestione unitaria e più specialistica del rischio e delle connesse politiche di pricing.
Nella sostanza, quindi, all’adozione di modalità di accesso più immediate, da parte della clientela, ai servizi bancari è corrisposto un fenomeno di accorciamento della catena decisionale, con il riaccentramento di poteri in precedenza delegati alla rete.
4. Pianificazione e controllo di gestione
L’aumento di complessità dell’attività bancaria, l’accresciuto grado di concorrenza e la maggiore attenzione dell’Organo di Vigilanza ai profili organizzativi e gestionali hanno accentuato, negli ultimi anni, l’esigenza delle banche di dotarsi di sistemi direzionali sempre più raffinati, sfruttando anche le opportunità offerte da applicativi software progressivamente più sofisticati.
Risulta pertanto quantomeno problematico individuare quali siano stati i cambiamenti nella funzione di pianificazione e nel controllo di gestione specificamente riconducibili all’adozione di assetti distributivi multicanale, essendo quest’ultima soltanto una delle determinanti dei mutamenti della realtà di riferimento.
Secondo un’altra prospettiva, la diffusione delle tecnologie (in particolare di quelle web) costituisce oggi uno dei principali driver del cambiamento dei sistemi di pianificazione e controllo, non solo indirettamente, per gli effetti derivanti dallo sviluppo dei canali virtuali, ma anche direttamente, per le possibilità offerte da un loro sfruttamento nello sviluppo di supporti direzionali evoluti. Accanto alla revisione delle viste logiche di analisi dei fatti gestionali e della connessa architettura del reporting si può riscontrare - grazie alle nuove tecnologie - anche un’innovazione nelle modalità di distribuzione delle informazioni.
Atteso l’oggetto del presente rapporto, ci si limiterà a verificare, alla luce dell’esperienza dei partecipanti al gruppo di lavoro, quali siano i cambiamenti nell’esercizio della funzione più direttamente connessi con l’adozione di assetti distributivi innovativi.
Innanzitutto, va evidenziato come la possibilità da parte del cliente di compiere operazioni utilizzando canali diversi abbia creato la necessità di affiancare alla logica della rendicontazione transazionale (per operazione) quella della rendicontazione per gestore (canale). Risulta fondamentale, infatti, disporre di strumenti che consentano una valutazione autonoma - all’interno della banca o a livello di gruppo - delle informazioni relative a ciascun canale.
Il tipo di approccio a tali esigenze - anche in termini di soluzioni tecnologiche da adottare - dipende anche dal business model con cui vengono gestiti i nuovi canali. Nel seguito, riprendendo le classificazioni operate in materia di possibili modelli di multicanalità (cfr. cap. 2), ci si soffermerà sulle problematiche che ciascuno degli schemi individuati solleva rispetto alle funzioni di pianificazione e controllo di gestione. Saranno infine evidenziati gli aspetti di criticità, comuni alle diverse strategie perseguite, che ad oggi non hanno consentito il pieno adeguamento dei sistemi aziendali alle esigenze indotte dalla nuova realtà distributiva.
Nel modello della c.d. banca “tradizionale” multicanale, la maggiore complessità dell’assetto organizzativo richiede incisivi interventi sul fronte applicativo per assicurare che la pianificazione e il controllo di gestione siano in grado di cogliere e integrare le informazioni relative a ciascun canale, ognuno dei quali tende a diventare un autonomo centro di responsabilità. La necessità di più evoluti supporti informatici interessa soprattutto la contabilità gestionale; la pianificazione commerciale si suddivide in tante pianificazioni quanti sono i canali indipendenti.
Nel modello della banca “virtuale” facente parte di un gruppo si presentano i problemi propri delle relazioni infragruppo, vale a dire quelli connessi con la necessità di far pervenire alla capogruppo i flussi informativi relativi alla propria gestione.
A tal fine, è possibile distinguere tra due modalità essenziali di pianificazione e controllo di gestione integrati: sistemi multibanca e sistemi non multibanca.
Nel primo caso i flussi sono più agevoli e la capogruppo ha accesso direttamente alle informazioni necessarie, anche semplicemente estraendo i dati dalle segnalazioni di vigilanza. Nel secondo caso le procedure di pianificazione e controllo necessitano di trasduttori, cioè di trasportatori di dati fino all’utilizzatore costituito dai centri decisionali superiori.
In questo secondo caso, i sistemi di governance possono risultare meno efficaci per la difficoltà di far pervenire tempestivamente alle strutture preposte informazioni sia analitiche che di sintesi; la sottoposizione delle informazioni a una molteplicità di passaggi può inoltre incidere negativamente sulla loro qualità.
Nel modello del portale finanziario - al momento limitatamente presente, come già accennato, nel nostro sistema - e, più in generale, in quei modelli in cui l’offerta bancaria attraverso canali innovativi è realizzata nell’ambito di articolati rapporti di partnership con società finanziarie e non, la pianificazione e il controllo di gestione possono assumere aspetti ancora più complessi, in quanto i diversi attori coinvolti hanno bisogno ognuno di un proprio strumentario per governare la parte del processo che li riguarda.
La banca deve modificare i suoi sistemi di analisi, dato che i proventi non sono soltanto quelli tradizionali da interessi e commissioni ma provengono anche da attività aggiuntive, quali l’e- commerce e la pubblicità.
Occorre quindi costruire sistemi contabili e previsionali sofisticati, che integrino dati di matrice bancaria e finanziaria con dati di diversa natura, più affini alla contabilità industriale.
Esigenze specifiche di budgeting, reporting e controllo gestionale nascono anche da un significativo ricorso ai promotori finanziari, attese le peculiari caratteristiche del rapporto con tali soggetti.
Per la fissazione degli obiettivi e per il controllo delle performance della rete dei promotori occorrono infatti dettagliate elaborazioni, ritagliate sulle caratteristiche della loro operatività e del loro rapporto con la banca, che consentano di avere una visione puntuale dei risultati dell’attività di ognuno di essi (variabili di portafoglio, commissioni e incentivi percepiti, localizzazione geografica, posizionamento gerarchico nell’ambito della rete ecc.). Vi è anche un interesse specifico degli stessi promotori a utilizzare sistemi di monitoraggio della propria attività, dato che dall’andamento di quest’ultima dipende il livello, attuale e prospettico, dei propri guadagni. L’utilizzo di strumenti che consentano la condivisione delle informazioni tra la banca e i promotori può così favorire l’efficiente funzionamento e promuovere la “motivazione” della rete. Analoghe considerazioni possono svolgersi con riferimento a quelle figure di promotori/consulenti/gestori dipendenti (ad es. gli addetti al private banking), la cui attività prevede particolari trattamenti incentivanti.
Dall’esperienza delle banche rappresentate nel gruppo di lavoro emerge che è in atto un processo di tendenziale allineamento degli strumenti di pianificazione e controllo alle nuove modalità operative. Il fatto che tale processo non sia giunto ancora a completa conclusione è riconducibile essenzialmente a tre fattori, tra di loro strettamente connessi:
a) il prevalere, nelle strategie aziendali, di un’ottica commerciale, attenta soprattutto a rispondere con tempestività alle richieste del mercato. Di qui i limitati investimenti in soluzioni applicative in grado di isolare adeguatamente, all’interno del patrimonio informativo aziendale, le informazioni relative all’operatività per canale e di individuare dunque l’apporto di ciascuno di essi alla redditività aziendale;
b) i processi di concentrazione tra banche, che hanno determinato complessi problemi di riconversione delle strutture organizzative e informatiche aziendali, ivi incluse quelle preposte alla pianificazione e al controllo di gestione, rallentandone di fatto l’evoluzione;
c) la focalizzazione sui modelli organizzativi di tipo divisionale che ha determinato, anche nella progettazione dei sistemi di pianificazione e controllo, il prevalere di un’impostazione che pone
in primo piano le informazioni relative all’operatività per segmento di clientela (mass, affluent, private, corporate, ecc.) rispetto a quelle relative al canale.
Queste ultime considerazioni inducono a una riflessione su quale potrà essere l’evoluzione dei sistemi direzionali delle banche in rapporto al fenomeno della multicanalità. Anche in presenza di un’organizzazione strutturata per “segmenti di clientela”, la misurazione dell’operatività e della redditività di ciascun canale appare fondamentale ai fini dell’impostazione di una strategia distributiva e di una politica di pricing coerente con gli obiettivi generali della banca. L’esperienza degli ultimi anni dimostra, del resto, come uno dei principali problemi affrontati dalle banche nell’avvio di nuove modalità distributive sia proprio quella di valutarne con precisione, anche prospetticamente, costi e benefici (44). La mancanza di informazioni dettagliate su questi aspetti - anche a livello di sistema - comporta il rischio che talvolta vengano assunte iniziative innovative senza una puntuale percezione dei rischi strategici e reddituali assunti.
In questo contesto, emerge in tutta evidenza l’opportunità di adottare schemi di rilevazione delle informazioni “a matrice”, nei quali i dati su volumi, costi e ricavi vengano individuati, oltre che con riferimento ai prodotti e ai segmenti di clientela, anche con riferimento al canale distributivo utilizzato. Si tratta di un cambiamento che richiede, più che investimenti di tipo tecnologico (spesso i dati necessari sono già presenti negli archivi aziendali), un diverso approccio organizzativo e culturale delle funzioni preposte al controllo di gestione, più attento ai fenomeni della multicanalità.
Un impulso in questa direzione potrà derivare dalle novità recentemente introdotte in materia di segnalazioni di vigilanza, in vigore dal 1° gennaio 2003 (45): la matrice dei conti è stata arricchita con una nuova sottosezione “canali distributivi” nella quale devono transitare, con cadenza trimestrale, dati di flusso sulle operazioni poste in essere e sul numero di clienti attivi per prodotto e per canale distributivo; vengono inoltre rilevate le commissioni attive percepite sulle operazioni attraverso canali virtuali.
44Si richiama, in proposito, quanto rilevato dalla Banca Centrale Europea - nell'opera citata nel capitolo 1 - circa l'oggettiva difficoltà per le banche, dati gli attuali sistemi direzionali, di scomporre costi e ricavi derivati dai singoli canali distributivi.
45Cfr. Banca d’Italia, Manuale per la compilazione della matrice dei conti, 15° aggiornamento del 31 luglio 2002.
5. Relazione con il cliente
La crescente diversificazione dei canali di contatto con la clientela ha reso evidente che:
• esistono differenze comportamentali della clientela, che vanno al di là della “classica” differenziazione tra famiglie e imprese, influenzate da diversi fattori quali: la diffusione di nuovi stili di vita, il modificarsi dei modelli di consumo, il più elevato livello di istruzione e di cultura. Tali aspetti incidono sulla domanda di servizi finanziari e sulle modalità di accesso ai medesimi;
• la scelta del canale da parte di uno stesso cliente è spesso determinata, oltre che dal pricing, dalla facilità di accesso e dalla soddisfazione d’uso del prodotto bancario, nonché dall’appagamento di bisogni secondari;
• il vero asset di una banca è costituito dalla clientela e, soprattutto, dalle informazioni detenute sui suoi comportamenti. Queste consentono alla banca di orientare l’offerta, di personalizzare i servizi e di creare relazioni privilegiate con i clienti, anticipandone le necessità;
• politiche di offerta indifferenziata, indipendentemente da un’attenta valutazione delle caratteristiche del cliente e del canale distributivo attraverso il quale veicolare il singolo prodotto, possono generare, da un lato, un’inutile moltiplicazione dei costi, dall’altro, confusione nella clientela, favorendo occasioni di “cannibalismo” fra canali;
• l’acquisizione duratura e profittevole di nuova clientela è molto più difficile del mantenimento di quella attuale.
Di qui la particolare attenzione all’adozione di metodologie fondate sul Customer Relationship Management (CRM), che consentono di definire e modellare le strategie e i processi operativi in funzione del cliente e della soddisfazione dei suoi bisogni e, nel contempo, di perseguire gli obiettivi di massimizzazione della redditività.
L’integrazione dei canali distributivi, se da un lato permette al cliente di scegliere, nelle diverse situazioni, la modalità preferita di accesso ai servizi bancari, dall’altro consente di raccogliere, a ogni interazione con la banca, nuove informazioni per ottimizzare il customer care.
Una realtà multicanale rappresenta, pertanto, il contesto in cui il CRM può esplicare al meglio le sue potenzialità. Esso utilizza, infatti, piattaforme tecnologiche (46) idonee a raccogliere, aggiornare e analizzare le informazioni provenienti da database interni, dai canali di contatto e da altre fonti esterne per fornire un modello di analisi mirata. Il sistema di data management deve pertanto consentire l’archiviazione di elevate quantità di dati e informazioni da sottoporre a trattamento integrato, dinamico e interattivo.
L’utilizzo di tali tecnologie consente di:
• presidiare la gestione del ciclo di vita del cliente, in quanto presuppone una costante e attenta verifica di tutte le fasi in cui si articola il rapporto con la clientela (47), in specie di quella relativa al contatto. La conoscenza dei POI (Point of Interaction), ossia dei canali attraverso i quali si interagisce con la clientela (sportello tradizionale, call center, web, kiosk, web-tv, private banking, mail, mobile phone), e la loro distribuzione appaiono fondamentali ai fini di
46Tali piattaforme si fondano su architetture di: a) datewarehouse: sistema per la raccolta, organizzazione e stoccaggio dei dati provenienti dai diversi processi con i quali l’azienda entra in contatto con il cliente; b) datamining: consente di elaborare elevate quantità di dati per individuare i rapporti e costruire modelli previsionali relativi ai comportamenti dei clienti.
47Tali fasi possono essere individuate nel contatto, nella transazione, nel fulfill e nel service. Cfr. Metagroup.
una pianificazione della quantità e della qualità dei punti di contatto necessari per acquisire nuovi clienti;
• procedere alla segmentazione della clientela in gruppi dalle caratteristiche omogenee, all’individuazione dei relativi profili e alla creazione di modelli comportamentali, al fine di conoscere e anticipare le necessità e le aspettative del cliente.
La conoscenza del comportamento della clientela, anche in termini di profittabilità e di POI, consente di effettuare valutazioni in termini di incremento, in una determinata area, di un canale piuttosto che di un altro; di svolgere analisi di costo/produttività dei canali, per poter orientare o far migrare parte della clientela su canali più profittevoli; di assumere decisioni di affidamento in outsourcing di un determinato servizio.
Le informazioni desunte dalle elaborazioni dei dati, abbinate a quelle che derivano dai momenti di contatto diretto con la clientela (48), renderanno possibile migliorare l’offerta di servizi, in termini sia di contenuti sia di modalità distributive, e sviluppare azioni mirate di marketing.
A quest’ultimo proposito, occorre rilevare che l’adozione di sistemi avanzati di gestione della clientela non sempre deve tradursi in forme di marketing one-to-one, ovvero in modalità di contatto estremamente personalizzate. Il grado e le modalità di personalizzazione del rapporto dipenderanno infatti proprio dal tipo di assetto distributivo adottato dalla banca e, in particolare, dal livello di integrazione esistente tra i diversi canali (49) Per esempio, laddove l’enfasi sia posta sul canale internet, la personalizzazione del rapporto sarà prevalentemente di tipo “elettronico”, e assumerà le caratteristiche della c.d. personalizzazione di massa, nella quale l’approccio di marketing varia in funzione di segmenti di clientela predeterminati.
In presenza di forme di integrazione tra canali (ad es. internet e call-center o internet e rete dei promotori) la personalizzazione potrà avvenire secondo modalità differenziate e con livelli di intensità crescenti. Ad esempio, nel rapporto tra consulenti e clientela, la disponibilità di avanzati strumenti di comunicazione e di gestione può consentire lo sviluppo di un circolo “virtuoso”: il promotore può sfruttare i dati forniti dal sistema di CRM, coniugandoli con quelli desunti dalla conoscenza personale, per realizzare un’offerta e attivare azioni di marketing disegnate sugli effettivi bisogni del singolo cliente. Al tempo stesso, il rapporto diretto con il cliente consente al promotore di aggiornare costantemente il profilo informativo registrato nei database della banca: quest’ultima, grazie alla disponibilità di tali informazioni, potrà a sua volta ricercare forme “personalizzate” di contatto e sollecitazione anche attraverso canali diversi (es. internet, e-mail, call-center; ciò presuppone, peraltro, l’esistenza di regole aziendali per gestire i possibili conflitti di interesse tra canali).
Dall’adozione di strumenti evoluti di CRM derivano quindi vantaggi in termini di capacità di mantenimento del cliente e di maggiore intensità di relazione con quest’ultimo, con conseguente accrescimento della redditività e rafforzamento della posizione competitiva.
L’obiettivo è quello di sviluppare la “value proposition” vincente, quella cioè che risponde alle esigenze del cliente e che la banca può realizzare in modo efficiente e a livelli di qualità rispondenti alle promesse rivolte al mercato.
Una maggiore attenzione alle caratteristiche della domanda può consentire di ottimizzare i processi di gestione dei canali distributivi, individuando per singoli prodotti/servizi il canale di veicolazione più idoneo, riducendo così i costi di produzione e distribuzione (cfr. figura seguente).
48Inteso più propriamente come fase in cui prende corpo la relazione con il cliente (c.d. learning relationship o
"handshake").
49Sull’argomento cfr. X. Xxxxxxxxx, "Sistemi informativi di marketing per la multicanalità", in Lettera Marketing, ABI, n. 1-2, 2000.
IL CRM HA COME OBIETTIVO
Ottimizzare il rapporto fra
cliente e banca
Massimizzare la soddisfazione
e
Massimizzare la redditività
Il CRM, come affermato in dottrina (50), realizza quindi il passaggio da un approccio di marketing basato sulla transazione, ovvero sull’atto o sul processo di vendita, a uno basato sulle relazioni.
Le tradizionali leve del c.d. marketing mix (prodotto, prezzo, comunicazione, incentivazione, promozione, ecc.) vengono così inglobate in un modello di azione più complesso che, come schematizzato nella figura che segue, implica:
• un orientamento alla retention, cioè al mantenimento nel tempo di una partnership profittevole per entrambi i soggetti coinvolti, piuttosto che alla singola vendita;
• contatti continuativi con il cliente, accompagnati anche da specifiche attività di education da parte della banca al fine di orientarne le scelte verso i prodotti e i canali migliori;
• attenzione non solo al valore effettivo del cliente, ma anche a quello potenziale, inteso come capacità del cliente di generare reddito futuro per l’azienda;
• enfasi sul “customer service”, che non deve esaurirsi in interventi sporadici ma tradursi in un atteggiamento culturale e in una struttura aziendale in grado di gestire nel tempo la relazione sulla base di un forte commitment da parte dei vertici della banca a soddisfare i bisogni del cliente;
• orientamento alla qualità, con riferimento non soltanto al processo produttivo, ma anche ai contenuti e alle modalità della relazione con il mercato.
50Cfr. Xxxxxx Xx Xxxx, "Increasing Customer Loyalty and Profitability", in Banking Technology 1/1999
SI TRATTA DI PASSARE DA UN APPROCCIO DI MARKETING A UN ALTRO : | |
BASATO SULLE TRANSAZIONI | BASATO SULLE RELAZIONI |
•orientamento alla singola vendita •contatti sporadici con il cliente •focus sul prodotto •visione di breve periodo •scarsa enfasi sul customer service •scarso commitment a soddisfare i bisogni del cliente •focus: qualità nella produzione | •orientamento alla retention •contatti continuativi con il cliente •focus sul valore del cliente •visione di lungo periodo •forte enfasi sul customer service •forte commitment a soddisfare i bisogni del cliente •focus:qualità in tutto il personale |
Mc Ginn |
L’adozione di metodologie fondate sul CRM, per essere efficace, comporta pertanto una rivoluzione culturale all’interno dell’azienda e determina una revisione dei processi aziendali in funzione della clientela, che investe, in primo luogo, tutte le risorse umane, che necessitano di appositi interventi formativi mirati alla creazione di specifiche competenze professionali.
Occorre altresì che la strategia di marketing e i processi sottostanti vengano coerentemente ridisegnati e coordinati. La seguente tabella sintetizza alcuni aspetti di questa evoluzione.
Ridefinizione degli elementi di una campagna di marketing
Selezione del target | Definizione della value proposition | Sviluppo dell’offerta | Aggiornamento dei sistemi | Realizzazione della campagna | Analisi dei risultati |
Prima del CRM | |||||
Basata sul profilo demografico | One size fits all | La nuova offerta viene definita sulla base di variazioni e miglioramenti rispetto alla precedente offerta | Realizzato raramente | Responsabilità frammentata; non esiste un vero referente | Focus sulla redemption complessiva e sulle vendite |
Ampiezza basata sul budget del direct | Confronto con la campagna precedente | ||||
Con il CRM | |||||
Prospects attraenti per propensione, rischio e profittabilità | Proposte diverse per i diversi segmenti | La nuova offerta viene ridisegnata da zero per incorporare le idee migliori | I processi vengono seguiti e misurati in tutti i canali | Esiste un responsabile del programma che risponde sulla base di chiare misure di performance | Analisi statistica sugli individui, sui segmenti e sulle campagne per scoprire modelli e nuove opportunità |
La campagna viene contabilizzata nel ROI | Continuo test e miglioramento dell’offerta | Lo scopo è ridurre i costi di marketing |
Fonte: X. Xxxxx, X. Xxxxx-Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxx (51)
In assenza di questo ridisegno si corre il rischio di realizzare un utilizzo frammentato e limitato di nuovi applicativi, non fondato su una dettagliata analisi dei bisogni degli utenti, dei flussi di comunicazione e delle modalità di trattamento dei dati, e quindi con scarso effetto sui risultati aziendali.
51"What leading banks are learning about big databases and marketing", The McKinsey Quarterly Review, 1997 n.3.
Anche in questa materia non esiste "la" soluzione valida per qualunque realtà aziendale. Empiricamente, è possibile riscontrare due diverse modalità di comportamento nell’implementazione del CRM:
1. consistente investimento su grandi database con un obiettivo ampio - come la personalizzazione della relazione e dell’offerta alla clientela - costruendo complessi modelli statistici per analizzare sempre nuovi dati e incrociarli con nuovi prodotti, realizzando nuove strutture organizzative definite intorno al cliente e non intorno al prodotto;
2. azione graduale, costruendo il proprio vantaggio competitivo a partire da certe aree geografiche o da certi segmenti di mercato, focalizzandosi su alcune componenti della propria clientela, imparando dagli errori commessi e riformando la struttura organizzativa mediante un approccio di riaggiustamento continuo.
Le testimonianze offerte dalle banche rappresentate nel gruppo di lavoro hanno fatto emergere la generale consapevolezza che l’introduzione di sistemi integrati di CRM, volti a utilizzare le conoscenze su bisogni e comportamenti della clientela a fini commerciali, è fondamentale per la gestione della multicanalità e richiede non solo investimenti in tecnologie, ma anche cambiamenti comportamentali e strutturali (52). In proposito, è stata sottolineata l’importanza di un’incisiva azione di formazione/sensibilizzazione del personale per coinvolgerlo nella “messa in circolarità” delle informazioni detenute sulla clientela, evitando che la perdita di esclusività nella disponibilità di tali notizie ingeneri la sensazione di una “perdita della proprietà del cliente”.
Per quanto concerne le effettive realizzazioni, è stato possibile distinguere una prima fase - ormai conclusa presso tutte le aziende - in cui viene impiantato, solitamente a livello di gruppo, un datawarehouse della clientela. Le banche hanno pertanto provveduto al censimento, alla classificazione e alla raccolta dei dati relativi ai clienti creando una base dati omogenea, tratta da sistemi informativi diversi. Con questo primo passo è stato realizzato il collegamento tra il cliente e il prodotto che gli è stato venduto.
L’evoluzione successiva è quella che consente di aggiungere un ulteriore elemento informativo, concernente la provenienza delle transazioni dai diversi canali. Seppure con un’ottica “a posteriori”, la disponibilità di un archivio unico, alimentato da fonti diverse, offre già la possibilità di una migliore visione della clientela, utile per la segmentazione, in quanto basata sulle informazioni contabili.
Alcune banche integrano la base dati relativa alla clientela con indicazioni comportamentali desunte da qualunque tipo di contatto della stessa verso la banca, realizzato attraverso i canali tecnologici (call center, sito, etc.), indipendentemente dai motivi e dall’esito del contatto (ad es. richiesta di informazioni; notizie sui prodotti; richiesta di un piano di ammortamento di un mutuo). Ciò consente una maggiore conoscenza dei bisogni della clientela, anche solo potenziale, e di definire le relative evoluzioni dell'offerta.
Laddove è stato raggiunto un grado più elevato di sofisticazione, l’architettura tecnologica e organizzativa si è spinta a trasformare i dati e le informazioni in elementi tali da consentire alle strutture deputate alla definizione delle strategie di marketing di profilare la clientela, creare modelli comportamentali, ottenere liste di clienti target per elaborare campagne promozionali e, infine, personalizzare l’offerta.
52Alcuni studiosi ritengono che i cambiamenti di natura prevalentemente organizzativa, derivanti dai progetti di CRM, richiedono un sostegno forte da parte del management della banca, che dovrebbe intervenire per cercare di ottimizzare le azioni tese al cambiamento e sostenerle nel tempo per una progressiva affermazione della nuove modalità di lavoro e l’attenuazione dei fenomeni di resistenza al cambiamento. Cfr. X. Xxxxxx e P. Rigamenti, "L’organizzazione delle iniziative di customer relationship management nel settore bancario", in X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxxxxx "On line banking", Xxxxxx 0000.
6. Risorse umane
Nelle aziende caratterizzate dalla compresenza di una pluralità di canali distributivi, l’evoluzione del rapporto banca-cliente tende a porre in maggior risalto, tra i fattori di competitività, taluni elementi, quali il livello di servizio, la qualità dei prodotti offerti, la velocità di risposta.
Ne risultano inevitabilmente influenzate le politiche di gestione delle risorse, che devono essere orientate alla massimizzazione di tali obiettivi, nel rispetto dei vincoli di economicità.
Una prima tendenza riscontrabile è la crescente attenzione alla valorizzazione delle risorse umane, perseguita attraverso l’attività di formazione e di aggiornamento professionale, lo sviluppo di processi di apprendimento organizzativo e di diffusione delle esperienze e delle conoscenze (53), l’adozione di sistemi di valutazione e premianti focalizzati sul riconoscimento delle competenze. Contemporaneamente, si registra un impegno generalizzato a rendere più efficienti i circuiti di comunicazione, sia interna che esterna.
6.1. Formazione e gestione del personale
In un contesto in continua evoluzione, si vanno consolidando nelle banche italiane sistemi formativi complessi - in termini di metodologie e di ruoli - che si rifanno al concetto di formazione continua, di formazione "on the job" e di "organizzazione che apprende".
In questo contesto, la multicanalità svolge una duplice funzione: quella di causa efficiente del cambiamento e quella di strumento di cambiamento. Infatti, in questo ambito essa può essere intesa come una pluralità di fonti cui la funzione dedicata può rivolgersi per definire percorsi di formazione specifici, sia a livello di figure professionali, sia a livello individuale, per le risorse ad alto potenziale.
Il concetto di riferimento nelle politiche di gestione e sviluppo del personale è quello della massimizzazione del valore del capitale umano, inteso quale elemento in grado di consentire anche la massimizzazione del valore per il cliente e per l’azionista.
53Come è noto, il filone di studi che si occupa del tema concernente i processi di creazione, condivisione e valorizzazione della conoscenza è definito knowledge management; esso approfondisce i processi di creazione, memorizzazione e circolazione della conoscenza, mediante interventi sulle competenze degli individui, sull'organizzazione del lavoro, sulla comunicazione. Il knowledge management può essere visto come un processo continuo che estrae la conoscenza da una pluralità di fonti eterogenee, la riclassifica evidenziandone i contenuti più significativi, la memorizza e la mette a disposizione dell'organizzazione. Cfr. I. Xxxxxx, X. Xxxxxxxxxxx, X. Senoo, "The art of knowledge: systems to capitalize on market knowledge" in European Management Journal 16/98.
CATENA DEL VALORE
Le leve
Strategie focalizzate
Processi di qualità
Competenze diffuse
Valore per le persone
Valore per l’azionista
Valore per il cliente
Fonte: X. Xxxxxxx, Business, strategia, competenze, dicembre 1999.
Secondo tale concetto al fattore umano viene attribuito un valore complesso, riconosciuto all’interno dell’impresa, composto dai seguenti elementi:
- caratteristiche/capacità naturali della persona, ossia il potenziale;
- il saper fare reale delle persone, ossia le competenze, che attengono non solo al singolo individuo ma, in buona misura, al sistema organizzativo in cui lo stesso è inserito;
- la componente della motivazione, che determina quanto le capacità potenziali e le competenze delle persone sono realmente utilizzabili nei confronti dei risultati e degli scopi dell’organizzazione o vengono dispersi in comportamenti difensivi di diversa natura (conflitti, compromessi, inattività, rifiuto di responsabilità);
- l’elemento dell’esempio-insegnamento, cioè la capacità della singola persona di contribuire a generare e ad aumentare la qualità della prestazione degli altri;
- i valori della persona, che indicano verso quali scopi dell’organizzazione ciascuno rivolge capacità, competenze, motivazioni, esempio.
Negli anni più recenti, molte realtà bancarie hanno avvertito in misura crescente l’esigenza di strutturare un sistema complesso di gestione delle competenze mediante processi di: codifica e formalizzazione; accumulo e patrimonializzazione; sviluppo e miglioramento; scambio e diffusione. La piena consapevolezza delle molteplici caratteristiche del capitale umano disponibile e la capacità di sviluppare e diffondere le relative competenze sembrano infatti costituire, al momento attuale, un elemento critico di successo di una struttura profondamente diversificata per canale, prodotto e segmento di clientela.
A lto
A n a lis i d el b u s in e s s e de i pia n i stra tegic i
P e so strat eg ico co m p ete n ze
Bas so
D ebo le
P o s iz iona m e nto
F orte
M o nito raggio
D iag n o s i e s celte s tra te g ich e d i
g e s t io n e
D if fus ione
P a tr im o n ializzazio n e
D e finiz ione de l le
co m p eten ze rich ies te
R ileva z ione de l le
co m p eten ze es is ten t i
IL PROCESSO STRATEGICO DELLE COMPETENZE
In v e s tire | P rote ggere e diffonde re |
D is in v e s ti re | R azio n alizzare |
Fonte: X. Xxxxxxx, Business, strategia, competenze, dicembre 1999.
Per realizzare la gestione strategica di una competenza è necessario redistribuirla internamente, da una divisione o un’unità strategica a un’altra mediante: l’attivazione di efficienti sistemi di circolazione di informazioni su progetti, prodotti e tecnologie fra i professional di aree professionali limitrofe; l’allocazione delle persone a progetti diversi e innovativi; la creazione di bulletin board che raccontino le esperienze più significative in corso; l’organizzazione di forum e incontri di know-how, sia all’interno dell’azienda sia con organismi e istituzioni esterne.
Molte aziende hanno poi affiancato a sistemi di definizione delle competenze sistemi retributivi sempre più caratterizzati dalla focalizzazione sulle leve variabili e da una maggiore oggettività dei sistemi di valutazione della performance individuale.
Un esempio di sistema di misurazione ragionata delle performance (Key Performance Indicator; KPI) potrebbe essere quello riportato nella tabella sottostante, in cui per ogni ruolo sono stabiliti singoli indicatori tesi a misurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, secondo predeterminate aree di valutazione. Ciascuna area partecipa in maniera proporzionale al raggiungimento degli obiettivi fissati per ciascun ruolo/funzione.
UN ESEMPIO DI INDICATORI DI PERFORMANCE
Area
REDDITIVITA’
Definizione Esempi di indicatori
Indicatori di performance che rilevano − Partecipazione al margine di un impatto diretto sul conto economico contribuzione della filiale (ruoli aziendale nell’anno di riferimento commerciali)
CRESCITA
Indicatori di performance che rilevano un impatto diretto sulle masse gestite (indicatore generalmente riservato ai ruoli di rete)
− n° clienti
− incremento impieghi + raccolta diretta (ruoli commerciali)
Indicatori di performance che rilevano:
RISORSE
UMANE
− i risultati ottenuti nella gestione e sviluppo dei collaboratori;
− lo sviluppo di conoscenze e competenze personali
EFFICIENZA
Indicatori di performance che rilevano il − n. transazioni di sportello/ n. rapporto tra l’attività svolta e le risorse addetti (ruoli esecutivi) impiegate
Indicatori di performance che rilevano il livello di soddisfazione del cliente interno in termini di qualità e
SERVIZIO tempestività del servizio ricevuto
(indicatore generalmente riservato ai ruoli degli uffici centrali)
− giorni medi di delibera di una pratica di affidamento
− customer satisfaction rilevata tramite questionario interno
INNOVAZIONE
Indicatori di performance che misurano la capacità propositiva di innovare processi/prodotti aziendali
− numero nuovi prodotti attivati
(funzione
management)
di
product
Fonte: documentazione aziendale interna Credem
6.2. Comunicazione interna e comunicazione esterna
La diffusione delle competenze e la creazione/evoluzione delle conoscenze non possono prescindere da efficaci sistemi di comunicazione, sia interna sia esterna.
Per svolgere una funzione effettivamente aggregante la comunicazione interna deve superare l’attuale natura, solitamente indifferenziata e unidirezionale, per diventare parte integrante del lavoro dei singoli addetti.
A tal fine i portali aziendali possono costituire un’importante opportunità, trattandosi di luoghi di comunicazione bidirezionale, in cui gli utenti sono al contempo fruitori e creatori di informazione. I portali possono pertanto avere due funzioni: quella di attivatori di consenso sugli scenari di riferimento e quella di stimolatori di azioni. Il loro ruolo è fondamentale per migliorare i processi comunicativi, aumentare i livelli di coinvolgimento e soddisfazione e creare sistemi integrati di gestione della conoscenza.
Molte banche hanno investito nella realizzazione di piattaforme informatiche (le intranet aziendali) volte a gestire in maniera efficace ed efficiente la diffusione delle conoscenze, strumentali ai processi di knowledge management e con l’obiettivo di: diffondere le comunicazioni; fornire le ultime news interne; accedere a procedure e applicazioni aziendali web-based; promuovere iniziative; condividere informazioni entro comunità professionali presenti in azienda; diffondere tra tutta la compagine aziendale la cultura web.
Alcuni gruppi bancari stanno anche avviando iniziative di attivazione di tv aziendali che via satellite si collegano con tutti i pc (web tv) (54).
Ulteriori sviluppi potrebbero aversi nella comunicazione con la clientela, rivolgendo il colloquio - via TV - verso i clienti, nelle filiali o anche a casa del cliente.
La multicanalità, modificando il rapporto tra la banca e il cliente, ha mutato anche la funzione della banca in quanto soggetto promotore dei propri servizi; ciò si riflette necessariamente sulle modalità di comunicazione esterna.
Il cliente attuale, forte di una cultura economica più diffusa, non si accontenta più di scelte basate su una comparazione di rendimenti e rischi, ma pretende di instaurare un dialogo con le istituzioni finanziarie, in cui manifestare le proprie esigenze specifiche; richiede informazioni chiare ed esaustive e infine vuole beneficiare delle comodità legate allo sviluppo delle nuove tecnologie.
Con la nascita dei canali virtuali molte aziende si sono preoccupate di diversificare i prodotti e realizzare una pluralità di canali di contatto concentrandosi sugli investimenti tecnologici e mantenendo inalterato il sistema di comunicazione esterna. L’esperienza fin qui maturata dalle banche del gruppo evidenzia, al contrario, quanto sia importante la creazione di un call center, di un sito web (non solo una vetrina nella rete, ma un reale accesso ad un numero più o meno ampio di servizi on-line), di punti di contatto face-to-face attrezzati opportunamente, e di tutti quegli altri canali di comunicazione che rendono efficace la multicanalità (55).
In relazione al percorso commerciale ("dal browse al buy"), occorre infatti predisporre precisi interventi di supporto, in modo tale da costruire un’immagine di azienda che, allo stesso tempo, sia propensa all’innovazione e si preoccupi della soddisfazione dei molteplici bisogni della clientela.
Per rispondere alla necessità di sfruttare il potenziale inespresso dei canali automatici, con conseguenti effetti sulla riduzione del cost to serve, le banche stanno rivedendo i processi di proposizione degli stessi canali automatici. Oltre a utilizzare la tradizionale leva delle incentivazioni di pricing diviene indispensabile “educare” la clientela al corretto utilizzo dei nuovi canali, mettendone in luce i vantaggi.
Sulla scia di esperienze portate a termine dai maggiori gruppi europei (56), alcune banche italiane stanno istituendo specifici ruoli di filiale dedicati (tutor, meeter, greeter, navigatori, migration manager), a supporto della clientela nella conoscenza e nell’utilizzo del “virtuale”, oltre che per la formazione dei colleghi di filiale. Tentativi di inserimento di macchine self-service
54La tv aziendale ha sicuramente costi d’impianto e costi correnti piuttosto elevati, ammortizzabili e sostenibili nel caso di gruppi bancari con un ampio bacino di utenza. I vantaggi comunicativi sono sicuri, in quanto è possibile trattare molteplici temi con l’efficacia e la rapidità tipica del mezzo. Inoltre, essendo uno strumento di comunicazione del tipo "top-down", può ben integrarsi con la intranet aziendale, al fine di realizzare nuove modalità di rapporto tra manager e collaboratori.
55Accessi wap, ATM, text messaging, interactive TV, e in prospettiva UMTS, sono solo gli strumenti proposti più di recente dall’innovazione tecnologica. Il cliente va accompagnato, favorendone in ogni modo la navigazione, la scelta e l'acquisto dei prodotti legati ai canali innovativi.
56Si citano, ad esempio, La Caixa de Madrid, Banco Portuguese des Investimentos, Deutsche Bank, ABN Amro, Nordea.
all’interno degli sportelli tradizionali, senza la figura di un tutor preposto, hanno deluso fortemente le aspettative legate all’utilizzo del mezzo.
Oltre che attraverso una figura ad hoc, la funzione di supporto può essere svolta, come mansione accessoria, da ruoli esistenti.
Per poter essere efficace la comunicazione deve inoltre essere completa e accurata: pur evitando di trasmettere all’esterno informazioni strategiche, ciò che si afferma deve corrispondere a verità, pena una pericolosa perdita di credibilità.
In un modello multicanale in cui ogni canale presuppone tendenzialmente un target diverso di clientela, è importante poi strutturare la comunicazione aziendale in maniera tale che sia definita con una modalità di utilizzazione e un linguaggio diverso in relazione ai diversi target. Occorre esprimere, cioè, concetti omogenei e compatibili con la strategia della banca, declinandoli con linguaggi diversi a seconda del target di riferimento.
Ovviamente, comunicazione interna e comunicazione esterna vanno poi coordinate tra di loro, per evitare che si utilizzino linguaggi e si trasmettano messaggi non coerenti, se non addirittura contraddittori.
7. Risorse tecnologiche
L’adozione dei nuovi canali distributivi determina impatti significativi sulle architetture delle strutture tecnologiche delle banche. La possibilità per i clienti di operare anywhere, anytime, anyway comporta infatti:
• il crescente utilizzo dei sistemi di telecomunicazione e il conseguente aumento della necessità di banda trasmissiva;
• l’adeguamento delle architetture di sicurezza all’apertura delle reti aziendali;
• la riprogettazione dei sistemi informativi secondo logiche che assicurino la piena integrazione tra i sistemi dedicati ai nuovi canali e i sistemi informativi di base (cd legacy).
Nella trattazione che segue ci si soffermerà in particolare su quest’ultimo punto, facendo anche riferimento all’esperienza concreta di una delle banche rappresentate nel gruppo.
7.1. Requisiti dell’architettura multicanale
I principali requisiti che un’architettura multicanale deve soddisfare sono:
• gestione integrata dei canali da parte del sistema informativo: il sistema deve cioè poter gestire un “profilo cliente” centralizzato, utilizzabile da più canali, condividendo fonti dei dati e informazioni, e trattare i canali come parte della complessiva strategia di distribuzione (57);
• coerenza dell’informazione su tutti i canali: dati e processi (es.: calcolo di rendimenti, strutturazioni per categorie, ecc.) dovrebbero poter essere condivisi dai diversi canali. Il content management dovrebbe essere centralizzato in modo che ogni canale possa utilizzare le stesse informazioni, quali quelle sui prodotti e sulle componenti dei processi di business, in un’ottica di qualità del servizio e immagine d’azienda;
• “non invasività” del riutilizzo dei sistemi esistenti: i sistemi legacy dovrebbero essere utilizzati “così come sono”, sulle loro piattaforme e senza interventi di adattamento, da effettuare semmai all’esterno di essi tramite componenti specializzate che intermediano le richieste di servizio e i relativi ritorni da un sistema all’altro. Il riutilizzo non invasivo dei sistemi legacy elimina i costi di adeguamento specifici di ogni sistema, velocizza la fruibilità degli stessi, minimizza i rischi di errore, non essendo detti sistemi sottoposti a modifica;
• “scalabilità” del sistema: la veloce diffusione delle nuove tecnologie rende infatti difficile prevedere il numero di clienti che faranno utilizzo dei servizi a distanza e le risorse necessarie per garantire sempre un elevato livello qualitativo del servizio;
• disponibilità immediata delle informazioni: tale disponibilità dipende dal tipo di informazione e dalle tipologie di transazioni interessate. Di norma, le informazioni “master”, anche in termini di aggiornamento, risiedono nelle basi dati dei sistemi legacy; tuttavia, per ragioni di disponibilità continua o di performance, tali informazioni potrebbero essere opportunamente “ridondate” anche sui sistemi più vicini al front-end.
57"Entro il 2003 la strategia multicanale delle aziende fornitrici di servizi finanziari andrà oltre la semplice offerta di una varietà di canali e integrerà pienamente tutti i canali in un unico sistema di consegna per garantire che l’esperienza utente sia identica attraverso tutti i canali", Gartner Group, settembre 2001.
7.2. Modelli di architettura multicanale
Gli obiettivi dianzi descritti possono essere perseguiti attraverso una riprogettazione dei sistemi informativi aziendali che non può non tener conto, soprattutto in un’ottica costi-benefici, dell’architettura tecnologica esistente.
Una delle principali difficoltà consiste nel conciliare il mantenimento dei sistemi legacy
esistenti con le esigenze di una piena ed efficiente integrazione con le procedure web.
L’efficacia dell’integrazione dipende infatti dalle modalità con cui il sistema legacy è stato progettato (58). L’integrazione, cioè, può essere più o meno facile a seconda che il sistema sia:
• altamente decomponibile: sistemi le cui componenti applicative sono separabili in tre livelli di logica: di presentazione, applicativa e di accesso ai dati;
• data decomponibili/program decomponibili: sistemi a due livelli, nei quali l’accesso ai dati o la logica di presentazione sono separati dalle altre componenti, che sono fuse insieme;
• monolitici: sistemi in cui i tre livelli logici sono fusi insieme.
Il primo dei tre modelli è quello che consente una più facile integrabilità con il mondo web e che quindi può meglio supportare la nascita e l’evoluzione di una banca multicanale.
In una struttura a tre livelli, corrispondenti alle tre aree dei servizi di interfaccia utente, dei servizi di business e di accesso ai dati, ogni elemento logico dell’applicazione viene posto su un processo o anche su una componente fisica separata.
Da ciò derivano i seguenti vantaggi:
- il front-end è completamente disaccoppiato rispetto alla logica di business, in modo da favorire la massima apertura a nuovi dispositivi di interfaccia utente e la manutenzione del codice;
- per ogni livello è sempre possibile effettuare uno scale out, in modo che la scalabilità sia sempre garantita;
- per ogni livello è possibile massimizzare l’affidabilità dei servizi, grazie alla presenza di più percorsi fisici e applicativi.
L’implementazione di un'architettura a tre livelli può essere facilitata dall’adozione di una tecnica di sviluppo "ad oggetti". Questa tecnica, infatti, consente di separare efficacemente le interfacce che riguardano le regole di business dalla logica applicativa sottostante, consentendo pertanto la massima flessibilità di presentazione e di interazione con l’utente.
Consideriamo ad esempio un oggetto che consenta all’utente di effettuare un estratto conto. Supponiamo che l’utente fruisca del servizio tramite web, wap o sms. Ciò che varierà non sarà l’implementazione interna dell’oggetto “estratto conto”, ma saranno solo le sue interfacce verso le tre forme di lay-out utente esistenti. Nel caso poi che si aggiunga un altro dispositivo di front-end (ad esempio l’UMTS) occorrerà solo implementare una nuova interfaccia al nuovo dispositivo, con modifiche minimali o nulle dell’oggetto già esistente. Da tutto ciò segue che l’architettura ad n livelli, associata alla modellazione ad oggetti (in particolare, se in un’architettura distribuita), facilita la realizzazione di una piattaforma multichannel.
Soprattutto dal punto di vista della system integration, il modello a oggetti, associato a una architettura ad n livelli, riduce al minimo la necessità di reingegnerizzare i sistemi già esistenti.
58Per maggiori dettagli su tali problematiche si fa rinvio al rapporto del Gruppo di lavoro CIPA "Integrazione tra tecnologie web-based e applicazioni tradizionali".
Nella figura che segue è riportato uno schema di infrastruttura – a più livelli – tipica di una banca multicanale.
Logical channels
Internet, PDA mobile, ITV,
next devices, ...
Phone, IVR
Physical devices
Physical devices mgt
Front office components
Service aggregation layer
m iddleware
Middle e back office components
desktop,
self-service, ...
Laptop, PDA
Filiali/Shop
Aggregatore: siti esistenti (via W eb services), servizi esistenti (C/S, legacy), data trasformation, , ecc.
Common authorization Workflow
Business components
quadro cliente,alerting, gestione contatto, operatività, ecc
Customer data base
Device presentation, content rendering, syncronization
C R M
Contact Center
Canali diretti
Promotori
In questo schema sono distinguibili le seguenti componenti:
Internal or external services | Internal or external sites |
Service & content providers | back end altre società del gruppo |
Account management | Funds management | Finance | Altri |
Back end bancario corporate data base |
• physical device management: si tratta dei sistemi di gestione della presentazione sui diversi dispositivi di accesso. Possono essere sistemi specifici anche in funzione della variabilità di tali dispositivi nel prossimo futuro; in ogni caso essi si caratterizzano per:
- l’utilizzo di paradigmi di interazione web based, tramite browser specifici per dispositivo;
- l’assenza (o presenza minima) di dati su tali dispositivi (compresi i desktop dei canali fisici). In particolare, i dati distribuiti dovrebbero essere relativi ad informazioni “di ambiente” piuttosto che riferite ai clienti, i cui dati devono poter essere gestiti, in forma unica, da qualsiasi canale;
• front office components: questa componente contiene logica e dati per la gestione del cliente; è la componente chiave per lo sviluppo di un sistema multicanale integrato che consente tra l’altro:
- il controllo dell’identificazione del cliente;
- la gestione dei contatti e degli alerts;
- la fornitura di contenuti commerciali;
- l’operatività (in particolare delle funzionalità comuni);
• middleware: questa componente consente di connettere gli strati di front office (generalmente realizzati su sistemi innovativi) e di back office, che contengono funzioni business e dati di applicazioni già esistenti, sia sul sistema aziendale amministrativo/operativo (c/c, titoli, ecc.) di back-end bancario (cd legacy) sia su sistemi dislocati in rete. Il sistema di middleware deve
consentire il riutilizzo delle applicazioni legacy da parte dei sistemi di front office senza alcun intervento sulle stesse e il trasferimento/trasformazione dei dati da una piattaforma all’altra;
• back office components: questa componente comprende i sistemi amministrativi/operativi bancari, facenti parte del proprio sistema informativo, di quello di società del gruppo, o di sistemi di terzi (fornitori di servizi, quali le informazioni finanziarie).
Un livello ancora più alto di integrazione, rispetto agli schemi fin qui descritti, potrà in prospettiva essere assicurato dalla diffusione delle cosiddette architetture orientate ai servizi (Service Oriented Architecture - SOA). Si tratta di un modello che segna il passaggio da una logica di applicazioni separate e funzionalmente indipendenti a una logica che vede il sistema informativo aziendale come un insieme di servizi cooperanti (59).
E’ facile comprendere come l’apertura delle banche a nuove forme di contatto con la clientela, basate perlopiù su modalità telematiche, sia stato di per sé un fondamentale driver dell’evoluzione tecnologica degli intermediari e del sistema nel suo complesso.
Tale evoluzione si è realizzata peraltro, in alcuni casi, attraverso percorsi lunghi e complessi, laddove alle difficoltà proprie del passaggio ad un assetto distributivo multicanale si sono sovrapposti elementi di complicazione per cause di varia natura, quali i processi di concentrazione con altre banche, le ristrutturazioni all’interno del gruppo, l’evoluzione delle strategie commerciali.
Al fine di fornire un contributo alla comprensione delle complessità e delle criticità dei progetti di migrazione dei sistemi, in Appendice 2 viene sinteticamente descritta l’esperienza di una delle banche rappresentate nel gruppo di lavoro, che ha da poco operato una radicale riprogettazione dei propri sistemi informativi volta, da un lato, a completare l’integrazione delle realtà bancarie preesistenti e, dall’altro, a far fronte alle nuove esigenze di business e distributive, connesse anche con l’adozione di un assetto multicanale. Il processo seguito e le scelte effettuate non intendono costituire un modello di riferimento, quanto piuttosto rappresentare la semplice testimonianza di un caso concretamente verificatosi nel sistema bancario italiano.
59Cfr. rapporto del Gruppo di lavoro CIPA "Integrazione tra tecnologie web-based e applicazioni tradizionali", citato.
8. Rischi e controlli
L’adozione dei canali innovativi di distribuzione dei prodotti comporta:
• lo sviluppo di un nuovo modello di relazioni con la clientela, sempre più "virtuale" e delocalizzata;
• un’elevata intensità tecnologica del servizio offerto, da cui la stretta connessione tra continuità di funzionamento dei sistemi informativi e disponibilità del servizio per il cliente;
• la necessità di effettuare rilevanti investimenti in ICT, peraltro sottoposti a rapida obsolescenza.
Ne derivano conseguenze sulle varie forme di rischio, che verranno di seguito analizzate con particolare riguardo ai c.d. “altri rischi”, cioè i rischi diversi da quelli tradizionalmente legati all’attività di intermediazione (ad es. i rischi di credito, di mercato, di interesse). In seconda istanza, si prenderà in esame l’approccio sin qui seguito dall’Organo di Vigilanza a fronte delle tendenze emergenti, nonché le ipotesi formulate in sede di Comitato di Basilea - nell’ambito dei lavori per un nuovo accordo sul capitale – in materia di regolamentazione e controllo degli "altri rischi".
Secondo l’opinione prevalente, l’operatività bancaria su canali diversi da quelli tradizionali, e in particolare su internet, più che determinare “nuovi rischi”, modifica il profilo e l’intensità dei rischi caratteristici dell’operatività bancaria (60).
Tale assunto è particolarmente evidente con riferimento ai c.d. altri rischi (strategici, operativi, di outsourcing, legali e di reputazione): cioè ai rischi diversi da quelli tradizionalmente legati all’attività di intermediazione (ad es. i rischi di credito, di mercato, di interesse). L'utilizzo pervasivo delle tecnologie, infatti, ampliando i volumi e riducendo i tempi d’azione, amplifica le conseguenze di eventuali errori, malfunzionamenti o frodi, sollecitando perciò maggiore attenzione su tali profili da parte sia degli intermediari sia dell’Organo di Vigilanza.
Si fornisce di seguito una sintetica tassonomia di tali rischi.
8.1.1. Rischio strategico
Può essere definito come il rischio connesso con l’adozione, da parte del management, di strategie non adeguate al contesto esterno di riferimento, alle peculiarità della struttura aziendale, alle caratteristiche quantitative e qualitative della propria operatività.
Il rischio strategico connesso con il passaggio a un modello di banca multicanale può assumere forme differenziate, in relazione alle diverse scelte che una banca si trova ad affrontare nella progettazione e nello sviluppo del proprio modello di business:
♦ nella fase di progettazione dell’assetto distributivo si manifesta una prima forma di rischio, connesso alla scelta strategica fondamentale tra i diversi approcci possibili alla multicanalità: affiancamento dei canali innovativi alle strutture tradizionali oppure creazione di una banca “virtuale” autonoma con proprio marchio;
60Cfr. X. Xxxxxxx, "E-banking. Nuovi scenari e nuove strategie per le banche italiane", intervento alla VI^ convention annuale dell’ABI, ottobre 2000.
♦ nelle fasi di sviluppo e consolidamento, assume rilevanza strategica la capacità di selezionare il tipo e la qualità dei prodotti da offrire tramite i nuovi canali in relazione a segmenti di clientela ben definiti e individuati (61);
♦ rischi strategici sono anche connessi con gli investimenti nelle tecnologie a supporto dell’operatività multicanale: gli elevati costi e la rapida obsolescenza delle tecnologie informatiche impongono attenzione e flessibilità nella scelta delle diverse soluzioni infrastrutturali e applicative che il mercato offre;
♦ un’altra forma di rischio strategico è quella insita nella partecipazione a iniziative di e- commerce: se da un lato essa offre all’intermediario opportunità in termini di ampliamento dell’operatività e fidelizzazione della clientela, dall’altro richiede l’adesione a logiche imprenditoriali di matrice diversa da quella tipicamente finanziaria. Se queste logiche non sono adeguatamente governate, ne possono derivare effetti negativi sulla stessa reputazione della banca.
Non esiste una definizione univoca e universalmente condivisa di rischio operativo. Le incertezze riguardano soprattutto l’esatta delimitazione del concetto: secondo una definizione ampia esso ricomprenderebbe tutti i rischi diversi da quelli di credito e di mercato; secondo un'altra impostazione, che verrà qui seguita, dalla fattispecie del rischio operativo andrebbero tenuti separati il rischio strategico, quello legale e di outsourcing.
In sede di Comitato di Basilea è stata elaborata una definizione che individua il rischio operativo nel “rischio di perdite risultanti dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi di origine interna” (62). Nella definizione data dalle “Istruzioni di vigilanza per le banche” della Banca d’Italia, i rischi operativi sono quelli riconducibili “a inefficienze nelle procedure, controlli inadeguati, errori umani e tecnici, eventi imprevisti” (63).
I rischi operativi hanno dunque origini diverse e possono dar luogo a perdite dirette, ad esempio per costi di sostituzione, azioni legali, costi di regolamentazione.
L’enfasi posta, tra le possibili fonti di rischio operativo, sull’inefficienza delle procedure e sulle disfunzioni di natura tecnica rende di immediata evidenza come tra i settori dell’attività bancaria più esposti a questa tipologia di rischio vi siano quelli in cui è elevata l’automazione delle procedure. Nel campo dell’internet banking, in particolare, l’ampio affidamento sulla tecnologia e la necessità di garantire un’operatività senza soluzioni di continuità determinano un’elevata concentrazione dei rischi operativi.
Si descrivono di seguito le principali configurazioni che può assumere il rischio operativo, sottolineando gli aspetti specificamente riconducibili alla operatività multicanale (e all’internet banking in particolare).
Rischi di carattere tecnologico: sono quelli connessi con l’efficienza, la sicurezza e l’integrazione dei sistemi informativi dedicati all’operatività a distanza.
61E’ stato rilevato ad es. come la funzione di vendita e distribuzione si articoli in uno spazio tridimensionale costituito da prodotti e servizi, mercati e clienti, canali distributivi; una corretta strategia deve saper individuare la correlazione funzionale tra questi fattori, scegliendo una delle molteplici combinazioni possibili. Cfr. X. Xxxxx, "Il valore dell’integrazione delle reti bancarie: multicanalità e modelli di business emergenti"; Banche e Banchieri n. 4, 2001.
62Cfr. BRI, "Working Paper on the Regulatory Treatment of Operational Risk", Basilea, settembre 2001.
63Cfr. Istruzioni di vigilanza per le banche, titolo IV, cap. 11.
Sotto il profilo dell’efficienza rilevano eventuali carenze dei sistemi informativi che determinino una non ottimale funzionalità del servizio. L’efficienza coincide soprattutto con i tempi di risposta e la continuità di funzionamento dei sistemi: essa riveste rilevanza fondamentale a fronte di una domanda dell’utenza che pone il fattore tempo (rapidità e continuità) tra i primi requisiti di qualità del servizio (si tende ormai all’operatività 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana).
Eventuali fermi dei sistemi possono arrecare danni economici diretti (ad es. per penali, risarcimenti alla clientela, utilizzo straordinario di risorse, ecc.) e danni di immagine, con conseguente perdita di capacità competitiva. Assumono pertanto particolare importanza l’adozione di piani di recovery e la continua verifica dei livelli di servizio assicurati dalle infrastrutture tecnologiche e, ove presente, dal fornitore esterno.
Sotto il profilo della sicurezza rilevano le inefficienze o i malfunzionamenti dei sistemi che possono impattare sui processi di identificazione dei soggetti; sulla riservatezza delle transazioni; sull’integrità delle informazioni trasmesse.
Altri rischi che attengono alla sfera della sicurezza sono quelli di ripudio della transazione; di modifica fraudolenta o sostituzione del sito internet (spoofing); di registrazione e utilizzo di siti con denominazione vicina a quella dell’intermediario (cybersquatting); di violazioni del sito dall’esterno con furto di informazioni riservate o danni agli archivi aziendali.
In tutti questi casi i danni in termini economici e di perdita di immagine possono essere rilevanti. L’importanza delle problematiche di sicurezza emerge in tutta evidenza laddove si consideri come eventuali incidenti o deficit di sicurezza riguardanti il singolo intermediario possano produrre conseguenze di natura sistemica: è un dato certo, infatti, che lo sviluppo e l’accettazione dei servizi legati a internet, ivi inclusi quelli bancari, passa necessariamente attraverso la maturazione di piena fiducia da parte del pubblico sulla sicurezza e sulla riservatezza dei servizi offerti.
Sotto l’ultimo profilo (integrazione), rilevano i rischi connessi con una carente integrazione tra i sistemi che supportano i nuovi canali distributivi e il complesso dei tradizionali sistemi “legacy”.
La frammentarietà dei sistemi informativi aziendali, infatti, può determinare diseconomie e inefficienze nei processi operativi interni, nella gestione delle informazioni disponibili e delle relazioni con la clientela.
Per ovviare a tali rischi, laddove il canale virtuale operi su una piattaforma autonoma, deve essere prestata particolare cura nella definizione di strumenti e procedure che gestiscano in maniera efficiente i collegamenti del front-office con il back-office e l’allineamento dei dati sui diversi archivi aziendali; andrà inoltre valutata la capacità degli strumenti di controllo di gestione di avere una visione unitaria dell’operatività aziendale.
Rischi organizzativi: l’organizzazione deve essere in grado di prevenire, oltre che i malfunzionamenti del sistema informativo, errori o comportamenti fraudolenti da parte del personale interno, i cui effetti negativi sulla clientela e sul rischio aziendale possono essere amplificati dai limitati margini di correzione propri dell’operatività della banca virtuale.
Hanno rilievo organizzativo le scelte da effettuare per sostenere l’innovazione, che possono anche richiedere l’assunzione di personale specializzato e l’adozione di nuovi criteri di formazione e utilizzo del personale in servizio.
L’operatività delle banche sui canali innovativi, in particolare su internet, ripropone una delle principali problematiche che devono affrontare i fruitori della rete: l’assenza di un quadro giuridico di riferimento certo, a livello nazionale e internazionale. Sono diversi gli aspetti da tenere in considerazione dai quali può originare l’esposizione della banca a rischi di natura “legale”:
♦ le responsabilità in caso di malfunzionamenti dei sistemi informativi;
♦ le incertezze in materia di foro competente e di normativa fiscale applicabile, interna o straniera;
♦ l’adeguatezza dei contratti da stipulare con la clientela e degli adempimenti in materia di trasparenza rispetto alle specificità dell’operatività via internet;
♦ le modalità di registrazione delle transazioni ai fini dell’opponibilità delle stesse alla clientela;
♦ le responsabilità connesse alla gestione di ingenti quantità di dati personali e informazioni riservate, profilo che assume particolare delicatezza nell’operatività su rete aperta;
♦ i rischi di coinvolgimento in fenomeni di riciclaggio, accentuati dalla delocalizzazione e spersonalizzazione del rapporto, fattori questi che rendono più difficile conoscere le condizioni economiche del cliente e le motivazioni delle operazioni effettuate.
8.1.4. Rischio di reputazione e di immagine
Possono essere considerati la sintesi dei rischi fin qui esaminati, essendo associati al manifestarsi di carenze tecnologiche, organizzative e legali nella conduzione della banca. La facilità di accesso ai nuovi canali, l’elevata confrontabilità delle offerte dei vari concorrenti accentuano le conseguenze per l’immagine dell’azienda di una presentazione dei propri prodotti non adeguata, con conseguenti ripercussioni sul livello di fidelizzazione della clientela.
Risultano pertanto di centrale importanza l’aggiornamento e la completezza delle informazioni contenute nel sito web, nonché, più in generale, la funzionalità, la facilità e la rapidità di utilizzo di quest’ultimo.
8.1.5. Rischio connesso con il ricorso all’outsourcing
Il ricorso all’outsourcing, più che considerarsi come una fonte specifica di rischio per l’azienda bancaria, assume rilevanza per il fatto di aumentare l’esposizione dell’intermediario alle varie tipologie di rischio sin qui evidenziate.
In particolare, l’affidamento a terzi, in tutto o in parte, del proprio sistema informativo può essere causa di:
♦ un’incontrollata traslazione al fornitore del governo dei rischi tecnologici e una conseguente deresponsabilizzazione, con effetti pericolosi sulla stessa stabilità aziendale (vedansi, in proposito, le problematiche connesse alla continuità di servizio);
♦ un aumento dei rischi strategici, nel caso di mancato raggiungimento da parte del fornitore degli obiettivi concordati;
♦ l’emersione di rischi legali, connessi ad eventuali controversie relative all’interpretazione o all’inadempimento di clausole contrattuali e, nei confronti dei terzi, ad eventuali carenze nella gestione delle informazioni riservate;
♦ una particolare esposizione a rischi di reputazione, poiché i malfunzionamenti del servizio verrebbero dalla clientela senz’altro imputati all’intermediario.
L’insieme di tali elementi sollecita un’attenta gestione del rapporto di outsourcing, dalla fase di scelta del fornitore a quella di stesura del contratto, dalla definizione puntuale di livelli di servizio (e relative penali in caso di inosservanza) all’attivazione di accurati controlli nel corso di esecuzione del contratto. Da non trascurare infine, la necessità di prevedere, già in sede di stipula del contratto, una dettagliata disciplina che consenta, alla scadenza o in caso di risoluzione del contratto, l’agevole subentro di un nuovo fornitore (o il ritorno alla gestione diretta); ciò allo scopo di non creare inopportune posizioni di “forza” a vantaggio del fornitore. Più in generale, al di là dei possibili presidi contrattuali, la scelta di outsourcing deve essere sostenuta dalla capacità di gestire adeguatamente il rapporto con l'outsourcer, mediante il mantenimento, all'interno della banca, di competenze professionali che consentano di seguire e sottoporre a esame critico le scelte dell'outsourcer.
8.1.6. Impatto sui rischi tradizionali
L’operatività sui nuovi canali distributivi può anche determinare effetti sulla intensità, sulla rapidità e sulle modalità con cui si manifestano i rischi tradizionali dell’attività bancaria.
L’esposizione al rischio di credito, per esempio, può aumentare per effetto della mancanza di un rapporto diretto e personale con il cliente, che può rendere più difficile la valutazione della sua affidabilità e capacità patrimoniale. Occorre peraltro tenere conto dello scarso rilievo che, almeno fino ad oggi, rivestono le operazioni di credito nell’operatività a distanza (nell’esperienza delle banche rappresentate nel gruppo, le principali problematiche di gestione di questa tipologia di rischio sono quelle connesse con il rilascio di carte di credito).
Anche i rischi di tasso di interesse e di liquidità possono risentire della maggiore volatilità di impieghi e di depositi indotta dalla rapidità con cui la clientela può confrontare le offerte dei competitori e spostarsi sulle offerte più vantaggiose, con possibili effetti negativi sulla struttura delle scadenze e dei tassi.
A fronte di queste tendenze, si può rendere necessario un affinamento dei tradizionali strumenti di misurazione e controllo dei rischi, che consenta di cogliere con precisione gli aggravi del complessivo profilo di rischio dell’intermediario riconducibili allo spostamento dell’attività sui nuovi canali distributivi.
8.2. Approccio della vigilanza e sistema dei controlli
La crescita dell’”intensità tecnologica” delle banche e la diffusione della multicanalità intervengono quali ulteriori elementi di accelerazione di un processo già in atto - stimolato dagli Organi di Vigilanza - volto a rafforzare i sistemi interni di gestione e controllo del rischio.
Negli ultimi anni, infatti, la crescente concorrenza tra gli intermediari, l’integrazione internazionale, l’innovazione finanziaria hanno accentuato fortemente il dinamismo dell’attività delle banche, con significativi riflessi sulla loro esposizione al rischio. In questo contesto, ha assunto una rilevanza cruciale, ai fini del mantenimento di competitività e stabilità nel medio e lungo periodo, il passaggio da un sistema di controlli orientato prevalentemente alla verifica del rispetto delle norme a un assetto più articolato, di tipo “sostanziale”, che consenta una costante verifica della funzionalità e della coerenza delle strategie, dell’organizzazione e dell’operatività aziendale rispetto ai mutamenti dell’ambiente esterno. In questa nuova e più ampia configurazione, i controlli interni mirano a facilitare il governo dell’impresa, a migliorare la lettura della realtà aziendale, a verificarne l’adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici, a garantire il monitoraggio continuo e integrato dei diversi profili di rischio dell’attività bancaria.
Prendendo atto di questa evoluzione, l’Autorità di Xxxxxxxxx ha avvertito l’esigenza di definire alcune regole minimali volte a favorire, nel rispetto dell’autonomia imprenditoriale, l’adozione da parte delle banche di un sistema dei controlli interni efficiente ed efficace. Esse evidenziano il ruolo spettante al consiglio di amministrazione e all’alta direzione nella definizione delle strategie aziendali e nell’individuazione di idonee procedure per la conoscenza, il governo e il controllo dei fatti aziendali; forniscono indicazioni sulle diverse tipologie di controllo da attivare all’interno della banca (controlli di linea, controlli sulla gestione dei rischi e attività di revisione interna); definiscono principi generali in materia di sistemi informativi, nella consapevolezza che l’affidabilità e l’efficienza degli stessi sono condizione fondamentale per assicurare una gestione sana e prudente della banca.
Questi principi mantengono piena validità a fronte della crescente espansione dell’operatività multicanale: rispetto ad essa, le Autorità di Xxxxxxxxx, sia a livello nazionale che internazionale, hanno tenuto un approccio che tende da un lato a minimizzare gli oneri della regolamentazione, al fine di non porre ostacoli allo sviluppo dei processi innovativi, dall’altro a promuovere lo sviluppo in autonomia, da parte degli intermediari, di idonei strumenti per la valutazione e la gestione dei rischi emergenti.
In ambito nazionale, la cornice entro la quale devono essere effettuate le scelte autonome da parte degli intermediari è costituita dalla citata normativa della Banca d’Italia in materia di controlli interni. Alcune di queste norme, perlopiù di carattere generale, assumono valenza particolare per le banche che muovono verso un’operatività multicanale. Così, ad esempio, le norme che richiedono:
♦ l’adozione di soluzioni organizzative in grado di identificare, misurare e monitorare adeguatamente tutti i rischi assunti o assumibili nei diversi segmenti operativi;
♦ una valutazione preventiva delle implicazioni derivanti dall’ingresso in nuovi settori di operatività e la definizione di procedure di controllo adeguate, da sottoporre all’approvazione del consiglio di amministrazione;
♦ specifici interventi per la gestione degli "altri rischi": operativi, legali e di reputazione;
♦ l’adozione di misure che assicurino l’affidabilità dei sistemi informativi e idonee procedure di
reporting ai diversi livelli direzionali ai quali sono attribuite funzioni di controllo.
Viene inoltre specificato che vanno adottate particolari cautele nel caso di rapporti instaurati “a distanza” (ovvero tramite soggetti terzi).
Data la stretta interdipendenza tra le nuove forme di distribuzione e tecnologie informatiche, assumono inoltre particolare rilevanza le norme fissate in materia di sistemi informativi aziendali:
♦ le strategie riguardanti l'IT devono essere approvate dal consiglio di amministrazione ed essere volte ad assicurare l'esistenza ed il mantenimento di una piattaforma tecnologica adeguata ai bisogni presenti e futuri della banca;
♦ le politiche, gli standard e i controlli per tutti gli aspetti riguardanti l'IT devono essere definiti e documentati;
♦ le procedure per l'approvazione e l'acquisizione sia dell'hardware sia del software, nonché per la cessione all'esterno di determinati servizi (outsourcing), devono essere formalizzate. Esse devono assicurare che il prodotto soddisfi i bisogni per cui è stato acquistato o commissionato e sia adatto agli standard della banca; devono inoltre garantire la continuità del servizio;
♦ gli ambienti di sviluppo e di produzione devono essere separati; devono essere rispettate condizioni di sicurezza fisica e logica; deve essere previsto un piano di emergenza che assicuri, in caso di eventi che compromettono la funzionalità del sistema, la continuità delle operazioni vitali e il ritorno in tempi ragionevoli all'operatività normale.
In definitiva, il crescente ruolo assunto dalla tecnologia nell’ambito dei processi operativi e l’esigenza di garantire un adeguato governo dei fatti aziendali tendono a enfatizzare la necessità della presenza, all’interno della banca, di elevato know-how tecnologico e di una visione chiara e unitaria dei problemi di interoperabilità, sicurezza e integrazione dei sistemi informativi aziendali. Tali competenze - ovviamente a livelli diversi di specializzazione - devono essere presenti nei massimi vertici aziendali, nella funzione preposta all’IT, nella funzione di controllo dei rischi e di auditing interno. Lo stesso ricorso all’outsourcing, non comportando una delega di responsabilità, non fa venire meno l’esigenza di sufficienti competenze. Più in generale, tutto il personale e la stessa clientela devono essere coinvolti nell’apprendimento di una "cultura della sicurezza e dei controlli".
A livello internazionale, la materia dei rischi dell’operatività attraverso canali innovativi è stata oggetto di specifici approfondimenti da parte del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria: in un rapporto del 2001 (64) vengono individuati 14 principi di riferimento che devono guidare le banche nell’attivazione di efficaci politiche di gestione dei rischi in relazione alle peculiarità dell’electronic banking (cfr. Appendice 3). Strettamente connessa con il controllo delle attività su internet è la delicata problematica della misurazione dei rischi operativi, anch’essa oggetto di approfondimento presso il Comitato in vista dell’emanazione del nuovo Accordo sul capitale.
Entro le linee direttrici fissate dalle Autorità di Xxxxxxxxx è compito dei vertici aziendali progettare e attuare un articolato sistema di controlli a presidio dell’operatività sui canali innovativi.
Essi dovranno riferirsi sia alla fase di progettazione e avvio sia a quella di operatività a regime.
Per quanto attiene alla fase di avvio dell’operatività, un’ipotetica e non esaustiva lista di interventi e controlli dovrebbe riguardare:
♦ la predisposizione di un piano di business, con chiara enucleazione degli obiettivi perseguiti e dei coerenti interventi organizzativi e tecnologici da effettuare (rischio strategico, rischio organizzativo, rischio tecnologico - profilo dell’efficienza);
♦ l’integrazione dei sistemi legacy con quelli dedicati all’operatività a distanza (rischio tecnologico - profilo dell’integrazione);
♦ l’adozione delle misure preventive atte ad assicurare il rispetto di tutte le condizioni di sicurezza; la predisposizione di procedure formalizzate e di piani di sicurezza e di recovery (rischio tecnologico - profili di sicurezza);
♦ la contrattualizzazione in dettaglio degli obblighi e delle responsabilità dell’eventuale fornitore di servizi informatici, con la previsione di appositi strumenti di verifica e di penali (rischi connessi con l’outsourcing);
♦ la funzionalità e la qualità complessive, nel caso di operatività su internet, del sito web (rischi di immagine), nonché la completezza delle informazioni riportate al suo interno (rischi legali).
In questa fase, inoltre, sarà opportuno acquisire o sviluppare strumenti utili per il monitoraggio dei rischi specifici della banca virtuale. Nel caso in cui il canale virtuale operi su piattaforma autonoma, sarà necessario dotarsi di procedure che consentano l’allineamento e l’integrazione delle informazioni residenti sui diversi archivi aziendali, in modo da assicurare un controllo di gestione unitario su tutti i profili di operatività della banca.
64Cfr. BRI, "Risk Management Principles for Electronic Banking", Basilea, maggio 2001.
Nell’operatività a regime, oltre ai profili sopra considerati, dovranno essere sottoposti a osservazione:
♦ la corrispondenza tra risultati conseguiti e gli obiettivi assegnati ai nuovi canali nella strategia aziendale (rischi strategici);
♦ il rispetto delle norme di legge e di vigilanza (rischi legali);
♦ la regolarità di funzionamento del servizio e delle varie componenti tecnologiche (rischi tecnologici e di immagine).
Più in generale, deve essere assicurata l’analisi dell’andamento dei rischi specificamente riconducibili all’operatività sui canali innovativi, attraverso la costante verifica della validità delle scelte (organizzative e tecnologiche) effettuate e attraverso il monitoraggio della funzionalità dei sistemi informativi, dei processi operativi, delle problematiche di sicurezza, dell’attività svolta dai fornitori.
8.3. Controlli attivabili in relazione ai diversi canali
Nei paragrafi precedenti si è fatto riferimento ai rischi dell’operatività “virtuale” senza fare distinzioni tra le diverse modalità possibili di colloquio telematico con il cliente (principalmente internet e phone banking): è chiaro tuttavia che a fronte di problematiche comuni, ogni canale innovativo presenta caratteristiche distintive che si riflettono anche sui possibili rischi e relativi presidi.
Volendo poi seguire l’impostazione fin qui seguita nel nostro studio, non vanno trascurate le peculiarità dei rischi connessi con l’operatività del canale “fisico” dei promotori finanziari.
La costituzione di una rete di promotori finanziari, specialmente se non dipendenti reclutati con mandato d’agenzia, comporta infatti:
a) l’insorgere di nuovi rischi, quali quello normativo connesso al rispetto delle specifiche disposizioni di legge che regolamentano l’attività specifica dei promotori (offerta fuori sede, specifiche disposizioni antiriciclaggio ecc.), quello relativo al rapporto di lavoro e quello connesso a frodi e malversazioni;
b) il significativo potenziamento di rischi preesistenti: tecnologico (sicurezza dati, controllo accessi, mantenimento livelli funzionalità dei sistemi), legale/contrattuale (predisposizione dei mandati, gestione eventuali contenziosi sia con i promotori che con i clienti), operativo (ai rischi presenti sui processi operativi esistenti si sommano quelli sui nuovi processi creati per la gestione dell’operatività dei promotori), normativo (maggiore complessità dei processi, rapporti/segnalazioni verso Assoreti e Organi di Vigilanza), immagine/reputazione (non solo nei confronti del mercato e degli Organi di Vigilanza ma anche verso lo stesso bacino di reclutamento), organizzativo (aumento della complessità della struttura) e strategico/gestionale (introduzione di una nuova rete con proprie spiccate peculiarità).
Ciò premesso, nelle tavole in Appendice 4 sono stati schematizzati, alla luce delle concrete esperienze maturate nelle aziende rappresentate nel gruppo, taluni controlli attivabili in relazione ai diversi eventi/situazioni attraverso i quali le tipologie di rischio fin qui esaminate possono manifestarsi e avuto riguardo ai tre canali dell’internet banking, del phone banking e dei promotori finanziari.
L’elencazione non ha ovviamente la pretesa di indicare best practices né ha carattere esaustivo, coerentemente con il principio di piena responsabilità dei vertici aziendali e di flessibilità delle loro decisioni in relazione allo specifico profilo di rischio della propria azienda.
9. Costi e benefici
L’adozione dei canali distributivi alternativi allo sportello fisico richiede alle banche un significativo impegno di risorse, per introdurre le nuove tecnologie e integrarle con quelle già esistenti, rivedere gli assetti organizzativi, riqualificare il personale, svolgere campagne pubblicitarie per dare informativa alla clientela sulle nuove modalità di offerta.
Con riferimento alla realtà bancaria italiana, indicazioni su costi e ricavi dei canali alternativi allo sportello possono essere tratti da un’apposita rilevazione condotta dalla Banca d’Italia, ormai giunta alla sua terza edizione (65).
Relativamente all’esercizio 2001, solo per i promotori sono stati segnalati ricavi superiori ai costi (rispettivamente: 2 e 1,6 miliardi di euro) (66), mentre per gli altri canali non sembrerebbe essere stato ancora raggiunto il punto di break-even (per internet, ricavi e costi sono pari, rispettivamente, a 120 e a 270 milioni di euro; per il canale telefonico, a 86 e a 114 milioni di euro) (67).
Nella sostanza, al rapido incremento del numero dei clienti dei canali alternativi - e in particolare di internet - non è corrisposta analoga crescita del numero delle transazioni e dei ricavi.
La medesima indagine evidenzia inoltre come solo una minima parte degli accessi ai siti internet o ai call center abbia contenuto dispositivo (68), e quindi si traduca in un ricavo diretto per la banca. Ne deriva, da un lato, che un’analisi che si limiti a considerare costi e ricavi diretti rischia di sottostimare i risultati ottenuti dai canali alternativi, e, dall’altro, come l’utilizzo di questi canali per l’attività dispositiva sia ancora a un livello iniziale.
Indicazioni sui costi possono essere tratte anche dalla già citata "Rilevazione dello stato dell’automazione del sistema creditizio", condotta annualmente dalla Convenzione Interbancaria per i Problemi dell’Automazione, in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana.
Da essa emerge che le spese sostenute dalle banche per l’electronic banking assorbono una quota pari all’11,65% del totale della spesa informatica (69).
65Dalla prima indagine – condotta con riferimento al 1999 e relativa all’internet banking – era emerso che i due terzi dei costi si riferivano al sistema informatico, mentre la parte rimanente era stata pressoché interamente assorbita dal marketing. Peraltro, i costi manifestavano un’elevata variabilità (da poche centinaia di milioni a diverse decine di miliardi di lire per operatore) in relazione alle strategie perseguite (difensive o aggressive) e al grado, più o meno spinto, di integrazione realizzato tra la piattaforma telematica e il sistema informativo aziendale. Cfr. Banca d’Italia, Relazione Annuale per il 1999. La seconda indagine – relativa al 2000 – ha sostanzialmente confermato tale ripartizione delle diverse fonti di costo: il 60% degli investimenti sostenuti per l’attività su internet è relativo al sistema informatico, il 25% al marketing e il 15% ad altri oneri, comprendenti anche quelli per la formazione del personale. Cfr. Banca d’Italia, Relazione Annuale per il 2000.
66I costi includono le quote di ammortamento, i canoni e le spese di manutenzione di competenza dell’anno, gli oneri di formazione del personale; non includono invece gli interessi passivi sulla raccolta. I ricavi comprendono i canoni, le commissioni e gli altri ricavi; non includono gli interessi attivi sugli impieghi.
67Nell’analoga indagine condotta con riferimento al 1999, gli intermediari avevano previsto un periodo medio di 18 mesi per il raggiungimento del break-even-point relativamente all’internet banking. La lunghezza del periodo era naturalmente correlata con l’ammontare degli investimenti effettuati: nei casi di costi inferiori al miliardo di lire era stato indicato un periodo medio di 15 mesi, che si innalzava a 23 mesi per spese comprese nella fascia 1-10 miliardi di lire e a 26 mesi per investimenti superiori ai 10 miliardi. Va peraltro sottolineato che tali previsioni erano state formulate solo da 54 dei 563 soggetti (banche, SIM e società di gestione del risparmio) interessati dalla rilevazione. Cfr. Banca d’Italia, Relazione Annuale per il 1999.
68E’ stata calcolata un’aliquota del 4% per gli accessi ai siti internet e del 12% per quelli ai call center.
69Nell’indagine, i costi informatici relativi agli ATM sono stati attribuiti al comparto "monetica", assieme a quelli concernenti i POS e le carte di pagamento. Questo comparto ha assorbito, nel 2001, mediamente l’8% dei costi EAD sostenuti nell’anno.
La spesa relativa all’electronic banking si ripartisce, a sua volta, tra un 33,3% relativo all’internet banking e un 19,7% al trading-on-line, un 22,3% al remote banking e un 21,1% concernente il phone banking.
Si richiama altresì che da uno studio recentemente condotto dalla Banca d'Italia - già citato - emerge che i ricavi per cliente delle banche sono correlati negativamente con la quota di clienti che utilizzano i servizi di e-banking (70). Gli stessi Autori, peraltro, evidenziano come la loro analisi si riferisca a una fase di avvio dell'attività di e-banking nel nostro paese in cui, tra l'altro, la tipologia dei prodotti offerti risulta poco diversificata.
70Cfr. Xxxxxxxxxx di Patti, Xxxxx, Xxxxxxxxx, citato.
Appendice
CANALI DISTRIBUTIVI: TIPOLOGIE E CARATTERISTICHE
Sportello | Punto operativo permanente, anche se non operante in via continuativa, che svolge direttamente con il pubblico, in tutto o in parte, l’attività della banca. |
Promotore finanziario | Persona fisica che, in qualità di dipendente, agente o mandatario, esercita professionalmente l'offerta fuori sede, ossia la promozione e il collocamento presso il pubblico di: a) strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento; b) servizi di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio. |
Negozio finanziario | Punto operativo permanente, presidiato da promotori finanziari, per la promozione ed il collocamento di prodotti e servizi finanziari offerti da una banca, da una Società di Intermediazione Mobiliare, da una società finanziaria autorizzata. Può essere allestito con piattaforma tecnologica utilizzata: ▪ dai promotori finanziari per eseguire le operazioni disposte dal cliente; • autonomamente dal cliente per funzioni informative e per funzioni dispositive. |
Teleboutique | Punto operativo permanente allestito con piattaforma tecnologica multimediale, in grado di far operare autonomamente la clientela per funzioni informative e dispositive. |
In Store Branch | Punto operativo permanente, dislocato all’interno di una struttura commerciale della grande distribuzione, della quale segue gli orari di apertura al pubblico. Se autorizzato allo svolgimento di attività bancaria è presidiato da personale dipendente della banca. Se finalizzato alla promozione ed al collocamento di prodotti e servizi finanziari, è presidiato da promotori finanziari. |
Home banking | Servizio bancario orientato alla clientela privata mediante il collegamento telematico tra utente e banca, basato su contatti diretti e bilaterali; in tal modo l'utente può effettuare direttamente dal proprio domicilio un complesso di operazioni (pagamento di utenze, ordini di pagamento, richiesta di assegni, blocco di assegni) e disporre di una serie di informazioni relative al proprio rapporto bancario. |
Internet banking | Servizio bancario basato sul collegamento tramite la rete internet tra personal computer dell’utente e banca; il dialogo tra utente e banca per l’effettuazione di operazioni dispositive o informative è on-line. |
Contact center | Struttura aziendale che prevede l'integrazione di tecnologie telefoniche e informatiche e di risorse umane, destinata alla gestione delle comunicazioni tra azienda e clienti; le informazioni vengono trattate mediante appositi dispositivi tecnologici, spesso integrati con il sistema informativo aziendale, per eseguire sia operazioni disposte telefonicamente dal cliente sia attività consulenziali e promozionali. |
Mobile banking | Modalità di erogazione di servizi bancari fruibili dalla clientela mediante l'uso di apparecchi telefonici o personal computer con caratteristiche di mobilità (cellulare GSM, WAP, GPRS, UMTS, palmare, pc portatile). Attraverso il mobile banking, la clientela può eseguire le operazioni bancarie da un qualunque luogo; rappresenta un’evoluzione del phone banking in quanto svincolato da postazioni fisse del cliente (telefono di casa, pc fisso). La gamma dell’operatività offerta varia in funzione del tipo di tecnologia utilizzata: ▪ cellulare tecnologia GSM: permette al cliente di inviare o ricevere informazioni (inquiry conto corrente/dossier titoli, esito ordini di borsa, quotazioni e informazioni finanziarie) e di disporre operazioni (es. trading) direttamente dal telefonino tramite messaggi SMS ed eventuali applicazioni di interfaccia residenti su SIM card (SAT); ▪ cellulare tecnologia WAP: permette al cliente di accedere a internet attraverso il protocollo WAP (Wireless Application Protocol) e di usufruire degli stessi servizi già disponibili per gli utenti dell’internet banking senza la necessità di utilizzare modem e pc portatili, ma attraverso un microbrowser installato sul cellulare con cui è possibile accedere al sito WAP della banca. A differenza della tecnologia GSM prescinde dal gestore di telefonia mobile scelto dal cliente e consente al cliente un’operatività più ampia; ▪ portatile/palmare: permette al cliente di usufruire degli stessi servizi già disponibili per gli utenti dell’internet banking da una postazione non fissa. |
TV Banking | Modalità di erogazione di servizi bancari fruibili dalla clientela mediante il televisore. Ricomprende: ▪ Televideo interattivo: offre al cliente servizi informativi sui propri rapporti tramite l’utilizzo del telefono come terminale di input e di una pagina di televideo come output. Il cliente telefona al call center della banca per conoscere il numero della pagina che costituisce la sua "finestra" per ricevere informazioni bancarie. Il cliente accede ai servizi elencati sul televideo utilizzando direttamente la tastiera del telefono; ▪ E- TV: offre al cliente sia servizi informativi che dispositivi. Il cliente è dotato di un apposito dispositivo, costituito da un decoder specializzato che dialoga con il sistema della banca, e accede al servizio utilizzando una carta a microprocessore in dotazione, abilitata ad uno o più dei propri rapporti, in analogia al profilo utente presente all'interno dell'anagrafica banca. L'apparato commuta automaticamente il televisore da qualunque programma TV sulla funzione TV banking. |
Atm | Apparecchiatura automatica per l’effettuazione da parte della clientela di operazioni quali il prelievo di contante, il versamento di contante o di assegni, la richiesta di informazioni sul conto, bonifici e pagamento di utenze, nonché altre operazioni accessorie. |
Pos | Apparecchiatura automatica collocata presso gli esercizi commerciali, mediante la quale è possibile effettuare, con carta di debito, di credito o prepagata, il pagamento dei beni acquistati o dei servizi ricevuti. L'apparecchiatura consente il trasferimento delle informazioni necessarie per l’autorizzazione e la registrazione, in tempo reale o differito, del pagamento. |
LE RISORSE TECNOLOGICHE: COESISTENZA TRA I SISTEMI LEGACY E I SISTEMI A SUPPORTO DEI NUOVI CANALI DISTRIBUTIVI. UN'ESPERIENZA CONCRETA
Nella presente appendice, facendo riferimento all’esperienza reale di una banca italiana (Banca X), sono descritti:
- l’impatto dei nuovi canali distributivi sulle scelte architetturali, tecnologiche ed applicative;
- le relazioni tra i cambiamenti di strategia commerciale ed organizzativa e l’evoluzione dei sistemi informativi a supporto dei canali distributivi.
1. Introduzione
1.1 I vincoli
L’evoluzione dei sistemi informativi di Banca X a supporto dei nuovi canali distributivi ha dovuto considerare una serie di vincoli, di seguito illustrati.
1.1.1. La migrazione dei sistemi: un momento molto critico
Per conseguire gli obiettivi strategici derivanti dalla integrazione dei canali distributivi remoti di “banca a distanza” di Banca X (call center, home banking, etc.) è stato necessario realizzare un modello architetturale e tecnologico che garantisse la possibilità di:
- migrare i prodotti e i servizi di “banca a distanza” secondo piani complessivi e già definiti;
- integrare prodotti e servizi in base alle scelte commerciali e di razionalizzazione dell’offerta, assai articolata, delle banche preesistenti (Banca Fusa 1, Banca Fusa 2, Banca Fusa 3);
- sviluppare nuove funzionalità, al fine di rimanere in linea con le evoluzioni del mercato;
- fornire prodotti e servizi a banche del Gruppo con il minimo sforzo;
- garantire livelli di servizio in base a quanto stabilito.
1.1.2. Le necessità di innovazione: il modello di business
Tenuto conto della continua e rapida evoluzione del mercato, il modello di business deve essere supportato da un’architettura applicativa e tecnologica che consenta di:
- lanciare nuove iniziative commerciali;
- sviluppare una nuova banca multicanale;
- far evolvere il modello di architettura applicativa e tecnologica secondo le strategie informatiche complessive del Gruppo.
1.1.3. Gli altri vincoli
La realizzazione dell’architettura dei nuovi canali distributivi ha dovuto tener conto dei seguenti ulteriori fattori:
- la situazione di partenza presente nelle tre banche oggetto di integrazione, che vedeva la presenza di:
✓ tre prodotti di home banking operativi;
✓ tre prodotti di call center;
✓ iniziative varie sui canali mobile, TV, etc;
- l’esistenza di Società Prodotto finalizzate alla realizzazione di “iniziative commerciali specifiche”:
✓ Società per il Trading ;
✓ Società per i Fondi ;
✓ Società per il B2C ;
✓ Società per i servizi di Biglietteria
1.2. I principi guida per la definizione della nuova architettura
Al fine di definire una architettura multicanale, per rispondere alle esigenze di business, sono stati individuati i seguenti principi guida:
- il modello applicativo deve essere focalizzato sulla centralità del cliente, ovvero il cliente deve essere il punto di partenza dal quale sviluppare i nuovi prodotti e servizi. Di qui l’evoluzione da una architettura del tipo “prodotto/canale” a una del tipo “bisogno/soluzione”. Di conseguenza l’offerta dei prodotti e servizi deve essere configurabile in base:
✓ al canale/canali scelti dal cliente;
✓ ai prodotti richiesti;
✓ alle modalità comportamentali e abitudini del cliente;
✓ alle politiche di pricing delle strutture commerciali;
✓ alle politiche di sicurezza adottate;
- l’architettura deve essere disegnata su più livelli:
✓ livello 1 Front-end (integration channel), che permette:
• l’integrazione dei diversi canali presenti, senza modificare le logiche di business sottostanti;
• l’ottimizzazione dell’utilizzo e adozione dei device specifici usati dal cliente per accedere ai prodotti e ai servizi forniti;
• l’applicazione dei metodi di autenticazione del cliente;
✓ livello 2 Application Server (business logic), che implementa la logica di business relativamente alla:
• gestione della navigazione, in base alle regole presenti nel profilo utente;
• applicazione delle regole di sicurezza stabilite per il cliente (password dispositive, limiti di operabilità, ecc.);
• applicazione dei controlli di coerenza dei dati operativi immessi dal cliente;
• integrazione con le applicazioni legacy;
• integrazione degli information providers;
• scomposizione delle funzioni complesse in funzioni elementari, trasmesse all’Enterprise Server;
• integrazione delle funzioni elementari gestite dall’Enterprise Server, prevedendo anche un’armonizzazione di dati provenienti o gestiti da differenti sistemi (Fondi, Titoli, etc.);
• capacità di incorporare nei processi dei componenti, funzioni o servizi provenienti dall'esterno, di qualsiasi natura e tipo;
✓ Livello 3 Enterprise Server (sistemi legacy): sottosistemi applicativi della banca, che governano i dati “critici” e ne garantiscono la corretta modalità di accesso;
- la sicurezza/modalità di accesso è distribuita su tutti i livelli, ed è stata progettata secondo i seguenti requisiti:
✓ modalità di accesso semplici e uniformi al variare del canale di accesso;
✓ attivabilità del servizio dal momento dell’adesione in filiale (firma del contratto);
✓ massima autonomia del cliente nella personalizzazione e nella definizione delle regole operative, in funzione delle diverse esigenze e dei diversi canali;
✓ minimo impatto operativo sulla filiale per attività amministrative (rigenerazione codici, etc.);
✓ garanzia di adeguato livello di sicurezza sulle diverse tipologie di operazione/canale;
✓ uguali regole di sicurezza per i diversi servizi/canali.
1.3. I vantaggi attesi
Al fine di valutare e capire l’efficacia e l’efficienza dell’investimento è stata definita una serie di obiettivi e vantaggi attesi:
- aumento dell’efficienza operativa della banca nei confronti del cliente, attraverso l’ottimizzazione dei processi esterni e interni;
- economie di scala dovute all’integrazione dei prodotti e servizi;
- riduzione dei costi di gestione;
- snellimento dei processi di richiesta, sviluppo e manutenzione dei prodotti e servizi;
- creazione di centri di competenza, con il conseguente miglioramento delle capacità di soddisfare le necessità del cliente.
2. Architettura dei sistemi per la gestione dei canali innovativi
2.1. La migrazione e l’integrazione
Nello schema che segue è rappresentato il percorso di integrazione dell’architettura a supporto dei canali distributivi nel corso della migrazione dei sistemi informativi delle banche oggetto di concentrazione. Al riguardo, va evidenziato come l’integrazione dei prodotti e dei servizi presenti nelle banche confluite in Banca X è stata realizzata limitando gli interventi sui sistemi legacy.
gennaio 2001 maggio 2002 2003
Prima della fusione
Dopo la migrazione B.Fusa2 al sistema Target
Dopo la migrazione B.Fusa3 al sistema Target
IBU(*)-B. Fusa1–B. Fusa2 – B..fusa3 -Banking | Soc. trading Soc. Fondi | |
Servizi di Lgon unificato | ||
Portale Servizi privati BancaXXX |
Legacy Legacy Legacy Legacy B.FUSA 1 B.FUSA 2 B.FUSA 3 SIM
-Banking
-Trading
-Banking
-Trading
-Banking
-Trading
-Trading
Legacy
Integratore
g
Portale Servizi privati
Servizi diLgon unificato
B.FUSA 3
-Banking
Soc. tradin Soc. Fondi
IBU(*) B- .FUSA-B.FUSA2
-Banking
Integratore
B. Fusa1 – B. Fusa2 – B.fusa3
Legacy B.FUSA 3
Legacy B.FUSA 2
Legacy B.FUSA 1
(*) IBU=Internet banking Unificato
2.2. I risultati delll’integrazione
Tra i principali interventi effettuati per la migrazione possono essere citati:
✓ l’adozione di una infrastruttura di Single SignOn centralizzata e predisposta all’accesso multicanale;
✓ la creazione di un profilo cliente internet unificato per le 3 reti;
✓ l’adozione di un’unica piattaforma tecnologica di trading (motore di Società per il Trading) e, in una seconda fase, di un’unica piattaforma tecnologica per i fondi (motore di Società per i Fondi);
✓ la realizzazione di un’interfaccia di comunicazione tra i legacy (delle reti delle banche fuse) e la Società per il Trading per mezzo di un protocollo tecnico ed applicativo comune;
✓ la realizzazione del Portale unificato per la clientela retail di Banca X;
✓ la revisione grafica dei prodotti unificati di banking, trading e fondi, al fine di uniformarli secondo standard definiti a livello di Banca X;
✓ l’integrazione del canale Voice Browsing per il trading.
2.3. L’architettura attuale (il consolidamento) L’architettura attuale ha come obiettivo quello di :
- uniformare le componenti applicative comuni e renderle centralizzate;
- consolidare i servizi applicativi che compongono il “middle-layer”, così da stabilizzare l’ambiente;
- controllare la scalabilità dei servizi in base alla continua crescita di utilizzo degli stessi.
Di seguito si riportano alcuni disegni esplicativi dell’architettura di Banca X.
FR O N T-EN D
APPLIC ATIO N SER VER
ENTE RPRISE SE RVER
INFO -PRO VIDER
IN TEGRATORE
SE RVIZI CO M UNI
Sicurezza
LO GICA
APP LICATIVA
FRONT-END CANALI
LIVELLO DI PRESENTATION
CUSTOMER INTERACTION
INTEGRATORE
2.3.1. I macro blocchi dell’architettura attuale:
2.3.2. I dettagli della situazione attuale:
Telekurs | Bloomberg | Reuters |
SERVIZI COMUNI
Web
Call Center
Autenticazione
Gest . Sessione Sincronizzazione Dati
Event Logging
Replica Dati
Gestione T e
ransazion
Navigazione di Canale
XML
Plain Text
SMS
iTV
HTML 4.0
+
Script
FRONT- END CANALI LIVELLO DI PRESENTATION
B.Fusa3
Profilo Cliente Conti Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx
Pagamenti/Ricariche
B.Fusa1/B.Fusa2
Profilo Cliente Conti Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx
Pagamenti/Ricariche
INFO -PROVIDER
INTEGRATORE
Integratore
Integratore
Integr. Telekurs
INTEGRATORE
CUSTOMER INTERACTION Profilo Cliente | LOGICA APPLICATIVA Motore Società Trad-ing Motore Società Fondi | ||
Banking |
LRM |
Integratore B.Fusa3 |
Sicurezza
Servizi comuni
B.Fusa1- B.Fusa2
B.Fusa3
2.4. I dettagli della situazione a regime (dopo la migrazione di Banca Fusa 3):
FRONT-END CANALI
LIVELLO DI PRESENTATION
Integratore | Integratore |
Banking
LRM
B.Fusa1 B.Fusa2 B.Fusa3
Profilo Cliente
Conti Correnti Dossier Titoli Pagamenti/Ricariche
INFO -PROVIDER
INTEGRATORE
Reuters
Bloomberg
Integr. Telekurs
Telekurs
INTEGRATORE
SERVIZI COMUNI
CUSTOMER LOGICA INTERACTION APPLICATIVA
Banking
Autenticazione
Gest . Sessione
Sincronizzazione Dati
Event Logging
Replica Dati
Gestione T e
ransazion
Sicurezza
Motore Soc. Fondi - Fondi
Motore Soc. Trading - Trading
Profilo Cliente
Navigazione di Canale
XML
Plain Text
HTML 4.0
+
Script
-
Call Center
SMS
iTV
Web
Servizi comuni
3. Architettura delle soluzioni di integrazione con i sistemi legacy
L’integrazione tra l’Application Server e l’Enterprise Server è garantita dal dialogo applicativo tra due componenti, il driver di comunicazione lato Enterprise Server ed il Communication Server lato Application Server, di seguito descritti.
Lo scambio di informazioni tra i due componenti avviene tramite code di messaggi (Message Queue).
3.1. Il Communication Server lato Application Server
Questa componente riceve le richieste (transazioni in input) da parte degli Application Server, le inoltra sulle code di messaggi verso mainframe, riceve dalle code di messaggi le risposte fornite dalle applicazioni legacy e le invia nuovamente all’Application Server chiamante.
I servizi che questa componente di comunicazione garantisce sono i seguenti:
- gateway http, che provvede all’evasione delle richieste da e verso i client (Application Server);
- gestione dei messaggi da e verso mainframe attraverso le code MQ, strutturando i messaggi secondo le specifiche dettate dalle singole transazioni, con una gestione standardizzata dei parametri di input, delle risposte in output e dell’eventuale paginazione nelle risposte;
- logging del traffico su un database dedicato, registrando le informazioni contenute nelle richieste provenienti dalle piattaforme esterne e nelle risposte ricevute da mainframe;
- gestione degli errori ritornati dai sistemi legacy, determinando l’esito della richiesta e rimappando gli errori generati nelle applicazioni legacy verso messaggi di errore maggiormente esplicativi per l’utente finale, in funzione anche della lingua utilizzata dal cliente.
Il colloquio con gli Application Server avviene tramite un’interfaccia standard HTTP/XML. Tale disaccoppiamento garantisce:
- ridondanza;
- scalabilità;
- indipendenza dalla localizzazione fisica dei siti;
- possibilità di effettuare un migliore bilanciamento dei carichi in funzione delle effettive esigenze;
- possibilità di invocare i servizi di comunicazione verso mainframe da parte di altre piattaforme eterogenee (ad es., Società per il Trading);
- indipendenza dell’infrastruttura applicativa rispetto a possibili evoluzioni del middleware.
3.2 Il driver di comunicazione lato Enterprise Server
A livello mainframe, l’elaborazione dei messaggi relativi alle transazioni in input immesse dal cliente è effettuata da un driver applicativo, che interfaccia da un lato le code dei messaggi, dall’altro le singole applicazioni della banca.
Tale driver riceve i messaggi di richiesta da parte delle applicazioni innescate dai canali (provenienti dai Communication Server), ne innesca l’elaborazione da parte degli opportuni sottosistemi applicativi legacy (bonifici, negoziazione titoli, etc.), riceve le risposte da questi e le
inserisce nelle code dei messaggi verso i Communication Server, indirizzandole quindi al canale di provenienza.
I servizi che questa componente di comunicazione garantisce sono i seguenti:
- gestione dei messaggi da Communication Server attraverso le code MQ;
- innesco per ogni tipologia di messaggio in input della relativa transazione da parte del sottosistema applicativo corrispondente, con inoltro verso le code MQ dei messaggi di risposta generati da tali transazioni;
- logging del traffico su un database dedicato.
L’utilizzo di tale architettura è stato prescelto per il fatto che le singole applicazioni bancarie sul mondo mainframe espongono i servizi applicativi sotto forma di routine, secondo interfacce concordate. In tal modo viene garantito che l’accesso ai dati della banca avvenga solo attraverso le applicazioni proprietarie e di governo del dato, con un’unica interfaccia di normalizzazione delle richieste.
Tale approccio garantisce l’effettiva multicanalità per il cliente della banca, che può movimentare indifferentemente i propri rapporti tramite canali diversi (operatività di filiale, internet, Telephone banking), mantenendo sempre una visione dei propri dati realmente univoca attraverso i diversi canali.
4. Le criticità
4.1. Le competenze ed i tempi di realizzazione
Negli ultimi due anni i sistemi informativi della Banca sono stati oggetto di molteplici interventi per effetto dei significativi mutamenti registrati nell’assetto societario e dell’adozione del modello organizzativo divisionale. In tale contesto, gli interventi riguardanti le componenti di canale hanno assunto significativa rilevanza. In particolare, l’aspetto più critico è stato quello di garantire alle strutture commerciali la realizzazione delle nuove funzionalità contestualmente al consolidamento e all’integrazione delle strutture informatiche conseguenti alle evoluzioni societarie.
Durante il processo di integrazione e realizzazione dell’architettura a supporto dei nuovi canali distributivi sono emerse le seguenti criticità:
- necessità di competenze specifiche su tutti i prodotti e servizi in uso presso le banche oggetto di concentrazione (le risorse erano impegnate in diverse attività);
- necessità di integrare le applicazioni presenti attraverso tecnologie eterogenee in tempi ristretti;
- necessità di ampie risorse con competenze specifiche al fine di garantire il rispetto dei tempi previsti per la realizzazione delle nuove implementazioni.
A fronte di tali criticità sono state individuate le seguenti soluzioni:
- ricorso alla consulenza;
- intensificazione della formazione interna.
4.2. L’erogazione dei servizi
Le principali problematiche emerse nell’attività di erogazione dei servizi sono le seguenti:
- necessità di garantire un elevato livello di servizio, con una continuità operativa di tipo 24x7;
- necessità di garantire la business continuity, al fine di assicurare il funzionamento dei sistemi, anche in presenza di failure di singoli componenti;
- possibilità di scalare i sistemi al fine di garantire adeguate prestazioni in funzione del carico che, come è noto, può variare in modo molto dinamico e non facilmente prevedibile;
- complessità del monitoraggio dei servizi, dovuta all’elevato numero di componenti - sia applicative che infrastrutturali - coinvolte nell’erogazione del servizio al cliente finale.
Sono state individuate le seguenti soluzioni:
- investimenti sull’infrastruttura (hardware e software);
- interventi sui sistemi applicativi legacy per aumentarne la disponibilità;
- sviluppo di funzionalità sull’application server;
- adozione di tecnologie specifiche di change management;
- utilizzo di una architettura a tre livelli.
4.3. Le problematiche di help desk
Relativamente a quest’area, le principali problematiche rilevate sono:
- disponibilità di help desk specializzato a supporto delle problematiche tecniche e operative del cliente durante l’intera disponibilità del servizio;
- difficoltà nell’identificazione dei problemi, dovuta alla complessità dei sistemi e delle infrastrutture e alla molteplicità degli attori coinvolti nell’erogazione del servizio. Interventi attivati:
- adeguata formazione delle strutture di help desk;
- adeguamento degli orari di lavoro alle necessità dei servizi;
- definizione dei processi di identificazione e gestione dei problemi e degli strumenti a supporto.
5. Definizione dei ruoli e delle responsabilità dei diversi attori
5.1. I ruoli e le responsabilità delle strutture
Sono state create delle funzioni/società per meglio governare/presidiare gli sviluppi riguardanti i temi della multicanalità (Banca X e-lab, Banca X, al fine di:
- accelerare lo sviluppo delle iniziative internet del Gruppo, sia a livello nazionale sia a livello internazionale;
- operare come centro di innovazione e di eccellenza (competenze e know-how) al servizio del Gruppo;
- governare e gestire la coerenza delle diverse iniziative internet all’interno del Gruppo Banca X;
- realizzare prodotti e servizi di qualità secondo le esigenze di business richieste, integrandoli dove necessario con i sistemi informativi della banca.
Si riporta di seguito uno schema che mostra gli attori coinvolti nei processi attinenti le nuove iniziative internet:
Richiesta
Business Owner
Disegno
Costruzione
Gestione
Altre
funzioni (es. Legale)
Banca X
Sistemi Servizi
Banca X e-lab
Altre funzioni
(per verifica standard)
5.1.1. Il ruolo di Banca X e-lab
A livello di gruppo:
- garantisce la coerenza delle diverse iniziative internet;
- cura la “mappa” di tutti i siti del Gruppo;
- definisce gli standard tecnologici / applicativi relativamente ai Servizi/Prodotti internet, congiuntamente con ISS (Banca per Sistemi Servizi).
In particolare, per le strutture della capogruppo:
- effettua l’analisi di fattibilità dell’iniziativa, identificando i tempi e i costi del progetto;
- è responsabile del project management dell’iniziativa, e in quanto tale identifica i realizzatori tecnologici e applicativi dell’iniziativa;
- assicura il rispetto degli standard tecnologici e applicativi di competenza e, in qualità di project manager, coinvolge le singole funzioni competenti per la verifica degli standard da ciascuno definiti;
- interagisce con le funzioni competenti per l’attivazione del nuovo prodotto/servizio all’interno della struttura di Banca X.
5.1.2 Il ruolo di Banca X
A livello di gruppo:
- definisce gli standard di sicurezza e le relative policy di controllo.
In particolare per le strutture della capogruppo:
- definisce gli standard tecnologici relativi alle connessioni dei prodotti/servizi internet con il sistema informativo di Banca X;
- collabora con Banca X e-lab nella realizzazione degli standard tecnologici e applicativi relativamente ai servizi/prodotti internet;
- realizza operativamente l’iniziativa o collabora nella scelta del fornitore esterno;
- verifica e assicura il rispetto degli standard di sicurezza, degli standard tecnologici ed applicativi di competenza e dei relativi controlli;
- è responsabile della gestione operativa e della manutenzione del prodotto/servizio una volta che questo è stato rilasciato;
- recepisce le modifiche e gli aggiornamenti dei contenuti del prodotto/servizio internet dal
Business Owner e ne effettua l’inserimento sullo stesso.
5.2. I macro processi per la realizzazione e la gestione
Studio
Lo schema seguente illustra i macroprocessi delle nuove iniziative internet:
Richiesta
Studio di fattibilità
Analisi funzionale
Disegno
Analisi tecnica
Piano di lavoro
Costruzione
Realizzazione
Rilascio
Manutenzione
Gestione
PROCESSO
FASI
5.2.1. La fase di richiesta
Tale fase ha come obiettivo quello di ottenere lo studio di fattibilità del prodotto/servizio internet. L’obiettivo è quello di capire a quali condizioni (tempi e costi) l’iniziativa richiesta è realizzabile. La fase di richiesta si attiva con l’invio da parte del Business Owner a Banca X e-lab di un modulo apposito.
5.2.2. La fase di disegno
Tale fase ha come obiettivo quello di ottenere l’analisi funzionale, l’analisi tecnica e il piano di lavoro per la realizzazione del prodotto/servizio internet. La fase di disegno si attiva con la richiesta formale da parte del Business Owner a Banca X e-lab. Banca X e-lab, in qualità di project manager, è responsabile della predisposizione e raccolta della documentazione necessaria a completare: l’analisi funzionale, l’analisi tecnica, il piano di lavoro.
5.2.3. La fase di costruzione
Tale fase prevede la realizzazione completa del prodotto/servizio secondo quanto definito nella fase di disegno (analisi funzionale, tecnica e piano di lavoro).
La fase di costruzione interessa più attori contemporaneamente e sarà cura del project manager dei lavori (Banca X e-lab) garantire il governo ed il coordinamento delle diverse funzioni coinvolte e assicurare il rilascio del prodotto/servizio completo in tutte le sue parti.
La fase di costruzione è composta da:
- realizzazione tecnica del prodotto/servizio;
- realizzazione dell’architettura ed infrastruttura necessaria per ospitare il prodotto/servizio;
- fase di test dei singoli moduli applicativi e fasi di test dei moduli integrati;
- realizzazione di tutti i servizi accessori a completamento del prodotto/servizio;
- certificazione degli standard;
- rilascio del prodotto/servizio al Business Owner.
5.2.4. La fase di gestione
La fase di gestione è di responsabilità di ISS ed è composta da tre macro attività, necessarie all’erogazione e al mantenimento del prodotto/servizio:
- gestione contenuti, che si articola in:
✓ ricezione delle indicazioni sulle modifiche da effettuare;
✓ verifica dell’impatto delle modifiche da effettuare;
✓ inserimento dei contenuti;
✓ verifica della correttezza dell’aggiornamento;
✓ comunicazione della messa in produzione della modifica;
- manutenzione applicativa, che si articola in:
✓ segnalazione della modifica da apportare;
✓ valutazione dell’impatto in termini di tempi e costi per lo sviluppo;
✓ sviluppo della modifica;
✓ test;
✓ messa in produzione;
✓ comunicazione al Business Owner dell’aggiornamento;
- controllo del servizio erogato, che si articola in:
✓ verifica e monitoraggio dei servizi interni (architettura tecnica e applicativa) attraverso i sistemi di controllo (Application Management e System Management);
✓ verifica e monitoraggio della percezione dei clienti in merito al servizio erogato;
✓ comunicazione al Business Owner dei livelli di servizio;
✓ definizione delle eventuali aree di intervento.
“RISK MANAGEMENT PRINCIPLES FOR ELECTRONIC BANKING” (BRI)
Nel maggio del 2001 il Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria, costituito in ambito BRI, ha pubblicato un documento nel quale sono individuati 14 principi guida che le banche dovrebbero seguire per adeguare le politiche aziendali di gestione dei rischi alle nuove forme di operatività tipiche dell’e-banking.
Nella consapevolezza che la continua evoluzione del settore rende inopportuna la fissazione di regole stringenti o anche di semplici best practices, il Comitato ha specificato che i principi enunciati nel rapporto vanno intesi come generici criteri di riferimento finalizzati a promuovere una “sana e sicura” gestione delle attività di e-banking.. La velocità dell’innovazione tecnologica e di prodotto, le differenti modalità di approccio all’operatività virtuale – e quindi il diverso profilo di rischio delle singole banche - impongono infatti ampia flessibilità da parte dei vertici aziendali nell’adozione di appropriate politiche di “risk management”.
I principi sono stati raggruppati in tre ampie categorie: a) funzioni di supervisione del consiglio di amministrazione e del management; b) controlli di sicurezza; c) gestione dei rischi legali e di reputazione.
A. FUNZIONI DI SUPERVISIONE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE E DEL MANAGEMENT
1. Efficace gestione delle supervisione sulle attività di e-banking
Gli organi decisionali devono assicurarsi che la pianificazione dei progetti di e-banking sia coerente con gli obiettivi e le strategie aziendali (a tal fine può essere opportuna un’accurata analisi costi-benefici del progetto); sono necessari inoltre un’analisi preventiva dei rischi associati all’e- banking e lo sviluppo di adeguate procedure per la misurazione, la gestione e il controllo dei rischi individuati; assume rilevanza anche la piena integrazione delle misure di risk management per l’e- banking nella generale politica di gestione del rischio seguita dalla banca; particolare attenzione andrà prestata alla conformità a tali indirizzi delle attività svolte da terzi nell’ambito di rapporti di outsourcing o di partnership.
2. Regolamentazione dei processi per il controllo della sicurezza
Ai vertici aziendali spetta la supervisione sullo sviluppo e la manutenzione di infrastrutture di sicurezza in grado di assicurare un’adeguata protezione delle informazioni e dei sistemi dell’e- banking da minacce sia interne che esterne.
3. Regolamentazione dei processi per il controllo delle attività affidate in outsourcing o a terze parti
La raffinatezza tecnologica delle applicazioni per l’e-banking accresce la dipendenza delle banche da service providers e dai produttori di software. I vertici aziendali devono: porre particolare attenzione ai rischi associati all’outsourcing e alle varie forme di partnership con soggetti terzi; assicurarsi che venga condotta una attenta valutazione della professionalità dei partner, nonché degli aspetti economici e contrattuali dell’outsourcing; far sì che vengano condotti
periodici interventi di audit sui fornitori; promuovere l’adozione di piani di contingency delle attività esternalizzate.
B. CONTROLLI DI SICUREZZA
4. Autenticazione dei clienti
Le banche devono adottare tutte le misure necessarie per garantire una sicura autenticazione dei clienti che operano “a distanza” sia nel momento dell’apertura di nuovi rapporti (procedure di identificazione) sia per il compimento di singole transazioni (procedure di autorizzazione) A tal fine è necessaria una accurata ricognizione dei diversi metodi esistenti (PIN, password, smart card, certificati digitali, ecc.) in modo tale da adottare quelli più idonei al proprio modello di e-banking.
5. Non-ripudio e verificabilità delle transazioni
Le banche devono dotarsi di sistemi sicuri per la registrazione e la prova delle transazioni effettuate dall’utente, al fine di ridurre i rischi di ripudio o contestazione delle operazioni stesse. In particolare, tenuto conto del tipo di operatività da “certificare”, i sistemi di e-banking devono essere progettati in modo da: ridurre la possibilità che gli utenti effettuino operazioni non volute; essere in grado di registrare ogni passaggio delle transazioni effettuate; prevedere adeguati sistemi di protezione da eventuali alterazioni dei dati registrati.
6. Misure appropriate per la separazione dei compiti
La separazione dei compiti è una misura organizzzativa basilare per ridurre i rischi di frode. Essa implica che: i processi operativi e i sistemi siano progettati in modo da assicurare che il singolo impiegato o fornitore non sia autonomamente in grado di iniziare, autorizzare e completare la transazione; siano mantenuti ben distinti i compiti di gestione dei dati e quelli di verifica della loro integrità, nonché i compiti di sviluppo e quelli di amministrazione dell’infrastruttura di e- banking; i sistemi siano progettati in modo che la separazione dei compiti non possa essere elusa.
7. Autorizzazioni e privilegi di accesso per i sistemi, i data-base e le applicazioni
Allo scopo di assicurare la separazione dei compiti, le banche devono disciplinare rigorosamente i diritti di autorizzazione e di accesso ai sistemi, in modo centralizzato o distribuito.
8. Integrità dei dati relativi alle transazioni
Le banche devono adottare adeguate misure per assicurare l’integrità dei dati relativi alle transazioni e alle informazioni gestite: le transazioni dovrebbero essere condotte in modo da resistere ad eventuali manomissioni lungo l’intero processo; i records di dati devono essere conservati, acceduti e modificati secondo processi a prova di manomissione; il sistema dovrebbe prevedere funzioni che consentano di rilevare eventuali modifiche non autorizzate dei dati.
9. Tracciatura delle transazioni
Occorre implementare sistemi per la tracciatura delle transazioni in modo che i controlli sull’operatività attraverso i canali virtuali siano efficaci quanto quelli sulle attività tradizionali. A tal fine dovrebbero essere mantenute tracce di audit di operazioni effettuate in via elettronica, quali ad esempio: l’apertura, la modifica o la chiusura dei conti della clientela; le transazione con contenuto finanziario; il rilascio, la modifica o la revoca di diritti di accesso o di privilegi di altra natura.
10. Riservatezza dei dati
Connotazioni tipiche dell’e-banking, quali ad esempio l’utilizzo di reti pubbliche, il ricorso ad outsourcers esterni, la possibilità di accedere in via remota ai data-base della banca, enfatizzano la necessità di adottare misure particolari per tutelare la riservatezza dei dati trattati, specialmente di quelli aventi natura sensibile. Le banche dovrebbero così assicurarsi che: le basi-dati con contenuto sensibile siano accessibili solo a soggetti individuati e autenticati; in caso di ricorso ad outsourcer venga richiesta l’applicazione delle stesse misure di sicurezza normalmente adottate dalla banca; tutti gli accessi ai dati siano tracciati.
C. GESTIONE DEI RISCHI LEGALI E DI REPUTAZIONE
11. Informativa appropriata per i servizi di e-banking
Al fine di minimizzare i rischi legali e reputazionali associati con l’operatività e-banking, il sito web deve fornire agli utenti – prima dell’avvio delle transazioni - tutte le informazioni necessarie riguardo l’identità della banca e il suo status giuridico (denominazione, sede legale, autorità di vigilanza competente, modalità di contatto per eventuali reclami, problemi, ricorsi all’Ombudsman, ecc., nonché ogni altra informazione richiesta o opportuna ai sensi della legislazione dello Stato di appartenenza).
12. Tutela della privacy dei clienti
Le politiche di tutela della privacy dei clienti devono essere innanzitutto aderenti alla normativa vigente in materia nel paese di appartenenza. I clienti devono essere messi al corrente della politica adottata dalla banca e devono sempre essere messi in grado di rifiutare la trasmissione delle proprie informazioni personali a terzi per finalità commerciali. In generale, i dati personali dei clienti non possono essere utilizzati per scopi ulteriori rispetto a quelli specificamente autorizzati.
13. Capacity, business continuity e contingency planning per assicurare la disponibilità dei
servizi
Il mantenimento di un adeguato livello di disponibilità dei servizi di e-banking è
fondamentale al fine di non incorrere in rilevanti rischi commerciali, legali e di reputazione. Le banche dovrebbero pertanto prestare particolare attenzione alla predisposizione di adeguati piani di capacity, business continuity e contingency dei sistemi per l’e-banking, da sottoporre a periodica revisione. Inoltre, è importante che la capacità e la scalabilità dell’infrastruttura adottata per l’e- banking vengano analizzate alla luce delle dinamiche di mercato per l’e-commerce e del prospettico tasso di crescita della domanda di servizi di e-banking.
14. Piani di azione in caso di incidente
Le banche dovrebbero predisporre adeguati piani di azione da attivare nel caso di eventi imprevisti che colpiscano la funzionalità dei servizi di e-banking. Andrebbero previsti, ad esempio: misure di recovery dei sistemi per l’eventualità di un loro fermo; meccanismi che consentano in tempi rapidi di individuare l’incidente e di valutarne le conseguenze; una adeguata strategia di comunicazione al pubblico; un team di risorse pronte a intervenire con i necessari poteri di decisione per far fronte all’emergenza; processi di raccolta delle prove di quanto accaduto al fine di perseguire gli eventuali responsabili dell’accaduto.
RISCHI E CONTROLLI NELL’OPERATIVITÀ MULTICANALE
1. INTERNET BANKING
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
A) STRATEGICO | • assenza di specifiche strategie e/o definizione di linee strategiche non coerenti con politiche aziendali, situazione del mercato ecc. | • definizione delle linee strategiche da parte dell’Alta Direzione • definizione e controllo degli stati di avanzamento del budget commerciale |
• strategie commerciali non coordinate o in conflitto (rete tradizionale – canali virtuali) | • definizione e controllo degli stati di avanzamento dei rispettivi budget commerciali • presidio da parte dei ruoli preposti a ciascun tipo di rete • verifiche di auditing | |
• inadeguata valutazione costi/benefici in sede di investimenti per l’attivazione del nuovo canale | • predisposizione di un business plan riportante l’entità degli investimenti necessari e le potenzialità stimate del mercato • periodiche verifiche sugli stati d’avanzamento dei progetti • definizione e verifica dei budget • eventuali interventi di auditing di progetto | |
• “rischio velocità” : incapacità di reagire in tempi adeguati a modifiche imposte da nuove normative e/o a mutamenti della domanda/del mercato | • presidio della Direzione Commerciale per la tempestiva individuazione di nuovi rischi/nuove opportunità • previsione di un’adeguata struttura tecnico- organizzativa interna e/o esterna, in grado di individuare le soluzioni più opportune e di realizzarle in tempi ristretti | |
B) TECNOLOGICO - efficienza | • utilizzo di risorse tecnologiche con caratteristiche/funzionalità inadeguate al conseguimento delle strategie aziendali | • compartecipazione dell’auditing all’individuazione delle risorse tecnologiche nell’ambito della funzione EAD/strategica (gruppi di lavoro) |
• mancato/inadeguato funzionamento dei programmi e delle procedure specifiche per l’attività e la gestione amministrativa dell’operatività tramite internet banking (facilità di utilizzo, help on-line, tempi di risposta, ecc) | • definizione di adeguati livelli di servizio nei contratti con i fornitori • verifiche di auditing del rispetto dei livelli di servizio e dell’adeguatezza funzionale delle applicazioni rese disponibili alla clientela tramite i servizi on-line | |
- sicurezza | • sicurezza accessi: mancata/inadeguata definizione/censimento userid password ecc | • valutazione ex-ante della struttura organizzativa e delle procedure tecniche adottate per la gestione delle userid e password per l’accesso ai sistemi: proposte di modifiche / integrazioni delle stesse • verifica periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure per l’amministrazione e la sicurezza delle userid e password |
• coerenza operatività consentita: mancata previsione od incongruenza | • coinvolgimento dell’auditing in fase progettuale |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
dell’operatività consentita via internet | • verifiche di auditing sulla tipologia di operazioni poste in essere tramite i servizi on-line | |
• intrusione: possibilità di accesso non autorizzato dall’esterno | • tracciatura delle connessioni • monitoraggio sistematico degli utilizzi anomali e delle negazioni di servizio • predisposizione di adeguati meccanismi di “intrusion detection” • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio relativamente ai temi della network security: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della sicurezza del servizio • valutazione dei test di network security svolti periodicamente dal fornitore del servizio • eventuale esecuzione indipendente di test di network security, in proprio ovvero tramite consulente esterno indipendente | |
• back-up e recovery dati: deficienze di salvataggio, custodia e recuperabilità dei dati | • valutazione ex-ante delle procedure adottate per il back up and recovery dei dati: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di nuovi step operativi • verifica periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di back up and recovery dei dati (reale disponibilità di tutte le copie di back up previste, usabilità delle stesse per il recovery degli archivi, leggibilità dei dati recuperati) | |
• disaster recovery/business continuity : assenza di adeguate procedure per la ripresa della funzionalità in caso di evento disastroso | • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio relativamente ai temi del disaster recovery: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della sicurezza del servizio • valutazione ex-ante delle procedure (per la business continuity) adottate per recuperare l’operatività successivamente ad un’eventuale situazione di disastro: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di nuovi step operativi • verifica periodica, mediante la partecipazione dell’auditing alle sessioni di prova, dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di disaster recovery e per la business continuity | |
C) ORGANIZZATIVO | • struttura organizzativa inadeguata/non funzionale | • valutazione ex-ante della struttura organizzativa adottata per presidiare l’erogazione del servizio: proposte di modifiche / integrazioni della stessa |
• carenza o inadeguatezza delle norme interne che regolamentano l’attività di supporto all’internet banking | • emanazione di apposite normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) • verifiche di auditing sulla coerenza delle |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
norme e sulla corretta applicazione | ||
• processi non funzionali, non chiara assegnazione di ruoli e responsabilità | • valutazione ex-ante dei processi definiti per presidiare / erogare il servizio: proposte di modifiche / integrazioni degli stessi • coinvolgimento dell’auditing nell’analisi di processo • presidio ex-post dei malfunzionamenti verificatisi e del percorso di soluzione identificato. Nei casi maggiormente rilevanti, intervento di auditing per individuare danni, responsabilità e possibili interventi correttivi | |
• inadeguato orientamento all’innovazione | • interventi formativi a favore del personale • assunzione risorse specializzate | |
D) OUTSOURCING | • inadempimenti del fornitore/ insufficiente livello qualitativo del servizio erogato | • particolare cura nella stesura dei contratti quadro e di servizio con attribuzione precisa di ruoli e responsabilità • previsione di Service Level Agreements (SLA), di penali e di clausole che consentano verifiche periodiche presso i fornitori • esistenza di adeguati standard di sicurezza presso il fornitore • proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole nei contratti in essere a tutela della qualità, della sicurezza e del livello di servizio erogato in outsourcing • presidio ex-post dei malfunzionamenti verificatesi e del percorso di soluzione identificato. Nei casi maggiormente rilevanti, intervento di auditing per individuare danni, responsabilità e possibili interventi correttivi |
• insufficiente livello di sicurezza fisica del sito presso cui vengono erogati i servizi | • verifiche di auditing presso il sito, volte ad identificare eventuali carenze e proporre interventi correttivi | |
E) LEGALI - normativa sim | • mancato rispetto – a causa della specificità operativa tramite internet - delle norme che regolamentano l’attività in strumenti finanziari | • verifiche di auditing dell’adeguatezza funzionale delle applicazioni rese disponibili alla clientela tramite il servizio Trading On- line • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio verso la clientela • compartecipazione dell’auditing nell’analisi dei reclami inoltrati dalla clientela • test a campione effettuati dall’auditing sull’operatività posta in essere |
• mancata esecuzione degli ordini nel rispetto dell’ora di ricezione indipendentemente dal canale di | • verifiche di auditing circa il rispetto del principio dettato da Xxxxxx • inserimento, nel contratto con il cliente, di |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
provenienza | specifica manleva a fronte di mancata esecuzione degli ordini per problemi di carattere tecnico | |
- antiriciclaggio | • non corretta identificazione della clientela che opera via internet • mancata individuazione, analisi, e segnalazione “operazioni sospette” | • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che recepiscano e traducano nella specifica realtà operativa aziendale le disposizioni di legge; per i clienti “esclusivamente virtuali” è opportuno il riconoscimento presso una filiale o tramite bonifico all’atto dell’apertura del rapporto • attribuzione al titolare della filiale (virtuale o non) cui fa riferimento il rapporto virtuale della responsabilità per l’individuazione di eventuali operatività anomale • predisposizione di metodi e supporti di ausilio per l’individuazione di tali operazioni • verifiche di auditing sul rispetto delle procedure di identificazione della clientela e rilevazione operazioni sospette |
- trasparenza | • mancato rispetto normativa sulla trasparenza informativa | • verifica permanente dell’adeguatezza delle informative pubblicate nonché delle funzionalità di consultazione del sito web |
- privacy | • mancato rispetto della normativa ex L. 675/96 in materia di trattamento, custodia e conservazione dei dati | • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio con i fornitori relativamente alle problematiche introdotte dalla legge sulla privacy: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della sicurezza del servizio • verifiche di auditing presso il sito adibito all’erogazione dei servizi, volte ad identificare eventuali carenze e proporre interventi correttivi |
- contrattuale | • mancata/inadeguata predisposizione di contratti specifici con la clientela per internet banking e trading on-line (TOL) | • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti verso la clientela: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della qualità, della sicurezza e del livello di servizio erogato ai clienti • adozione di un testo standard dei contratti nel rispetto delle procedure aziendali (approvazione Uff. Legale, eventuale consulenza esterna ecc) |
-frode/ malversazione | • rischio frode specifico in funzione delle caratteristiche dell’operatività | • coinvolgimenti dell’auditing nell’analisi di frodi attuate tramite internet banking/TOL, ed eventuale richiesta di opportuni interventi correttivi • emanazione di rigide norme per il rilascio di mezzi di pagamento (carte di debito) • inibizione del rilascio di carnet di assegni • contrapposizione dei ruoli e separazione funzioni (frodi dall’interno) • analisi periodica delle tracciature e identificazione comportamenti anomali |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
F) IMMAGINE/ REPUTAZIONE | • verso il mercato (il malfunzionamento, la scarsa qualità del sito, la carente assistenza ai clienti, la risonanza di eventuali frodi commesse tramite internet banking potrebbero ripercuotersi negativamente anche sull’immagine della rete tradizionale) • verso gli Organi di Xxxxxxxxx (eccessivo numero di reclami, incidenti ecc.) | • archiviazione, classificazione e analisi delle comunicazioni e dei reclami della clientela • coinvolgimento dell’auditing nell’analisi dei reclami • analisi estemporanee di auditing e test a campione per verificare l’adeguatezza dell’operatività del sito |
2. PHONE BANKING (1)
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
a) STRATEGICO | • assenza di specifiche strategie e/o definizione di linee strategiche non coerenti con politiche aziendali, situazione del mercato ecc. | • definizione delle linee strategiche da parte dell’Alta Direzione • definizione e controllo degli stati di avanzamento del budget commerciale |
• strategie commerciali non coordinate o in conflitto (rete tradizionale – canali virtuali) | • definizione e controllo degli stati di avanzamento dei rispettivi budget commerciali • presidio da parte dei ruoli preposti a ciascun tipo di rete • verifiche di auditing | |
• inadeguata valutazione costi/benefici in sede di investimenti per l’attivazione del nuovo canale | • predisposizione di un business plan riportante l’entità degli investimenti necessari e le potenzialità stimate del mercato • periodiche verifiche sugli stati d’avanzamento dei progetti • definizione e verifica dei budget • eventuali interventi di auditing di progetto | |
B) TECNOLOGICO - efficienza | • utilizzo di risorse tecnologiche con caratteristiche/funzionalità inadeguate al conseguimento delle strategie aziendali | • compartecipazione dell’auditing all’individuazione delle risorse tecnologiche nell’ambito della funzione EAD/strategica (gruppi di lavoro) |
• mancato/inadeguato funzionamento dei programmi e delle procedure specifiche per l’attività e la gestione amministrativa dell’operatività tramite phone banking (facilità di contatto, tempi di attesa, ecc.) | • definizione di adeguati livelli di servizio nei contratti con i fornitori • verifiche di auditing del rispetto dei livelli di servizio e dell’adeguatezza funzionale delle applicazioni rese disponibili alla clientela tramite il phone banking | |
- sicurezza | • sicurezza accessi: | • valutazione ex-ante della struttura organizzativa e delle procedure tecniche |
1 In diversi casi i profili di rischio e i relativi presidi sono comuni ai tre canali presi in considerazione; al fine di agevolare la lettura, nelle schede relative al phone banking e ai promotori finanziari sono evidenziate in neretto le specificità proprie del singolo canale.
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
mancata/inadeguata definizione/censimento userid, password ecc | adottate per la gestione delle userid e password per l’accesso ai sistemi: proposte di modifiche / integrazioni delle stesse • verifica periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure per l’amministrazione e la sicurezza delle userid e password | |
• coerenza profili abilitativi: mancata assegnazione o incongruenza dei profili abilitativi assegnati agli operatori di call center | • verifiche di auditing dell’adeguatezza dei profili di sicurezza definiti e implementati per gli addetti del call center | |
• intrusione: possibilità di accesso dall’esterno e di intercettazioni telefoniche | • attribuzione all’operatore del call- center del compito di effettuare - sulla base della scheda del cliente - domande “random” per verificare l’identità del chiamante | |
• back-up e recovery dati: deficienze di salvataggio, custodia e recuperabilità dei dati e delle registrazioni telefoniche | • valutazione ex-ante delle procedure adottate per il back up and recovery dei dati e delle registrazioni: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di nuovi step operativi • verifica periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di back up and recovery dei dati e delle registrazioni (reale disponibilità di tutte le copie di back up previste, usabilità delle stesse per il recovery degli archivi, leggibilità dei dati recuperati) | |
• disaster recovery/business continuity : inesistenza di adeguate procedure per la ripresa della funzionalità in caso di evento disastroso | • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio relativamente ai temi del disaster recovery: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della sicurezza del servizio • valutazione ex-ante delle procedure (per la business continuity) adottate per recuperare l’operatività successivamente ad un’eventuale situazione di disastro: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di nuovi step operativi • verifica periodica, mediante la partecipazione dell’auditing alle sessioni di prova, dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di disaster recovery e per la business continuity | |
C) ORGANIZZATIVO | • struttura organizzativa inadeguata/non funzionale | • valutazione ex-ante della struttura organizzativa adottata per presidiare l’erogazione del servizio: proposte di modifiche / integrazioni della stessa • verifiche di auditing sui processi operativi del call center |
• utilizzo di risorse umane con caratteristiche inadeguate al tipo di attività svolta, sostanzialmente diverse da quelle richieste dalla tradizionale operatività di sportello | • definizione degli skills per il reclutamento da parte dell’alta direzione • formazione specifica delle risorse |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
• definizione delle mansioni previste per il ruolo • controllo di linea e presidio da parte della funzione responsabile | ||
• carenza o inadeguatezza delle norme interne che regolamentano l’attività degli operatori di call-center | • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che recepiscano e traducano nella specifica realtà operativa aziendale le disposizioni di legge • verifiche di auditing | |
• insufficiente livello di sicurezza fisica del sito presso cui vengono erogati i servizi | • verifiche di auditing presso il sito, volte ad identificare eventuali carenze e proporre interventi correttivi | |
D) LEGALI - normativa sim | • mancato rispetto – a causa della specificità operativa tramite phone banking - delle norme che regolamentano l’attività in strumenti finanziari • mancata esecuzione degli ordini nel rispetto dell’ora di ricezione indipendentemente dal canale di provenienza | • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che recepiscano e traducano nella specifica realtà operativa aziendale le disposizioni di legge • verifiche periodiche di auditing |
- antiriciclaggio | • non corretta identificazione della clientela che contatta telefonicamente il call center • mancata individuazione, analisi, e segnalazione “operazioni sospette | • utilizzo di procedure di accesso mediante userid e password • attribuzione all’operatore del call- center del compito di effettuare - sulla base della scheda del cliente - domande “random” per verificare l’identità del chiamante • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che recepiscano e traducano nella specifica realtà operativa aziendale le disposizioni di legge; per i clienti “esclusivamente virtuali” è opportuno il riconoscimento presso una filiale o tramite bonifico all’atto dell’apertura del rapporto • attribuzione al titolare della filiale cui fa riferimento il rapporto virtuale ella responsabilità per l’individuazione di eventuali operatività anomale • predisposizione di metodi e supporti di ausilio per l’individuazione di tali operazioni • verifiche di auditing sul rispetto delle procedure di identificazione della clientela e rilevazione operazioni sospette |
- privacy | • mancato rispetto della normativa ex L. 675/96 in materia di trattamento, custodia e conservazione dei dati | • adozione di adeguati sistemi per la raccolta e la conservazione delle registrazioni telefoniche • definizione delle specifiche modalità operative da seguire per poter accedere ai dati delle registrazioni telefoniche • verifiche di auditing sul rispetto della |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
normativa e delle istruzioni operative in materia | ||
- contrattuale/ operativo | • mancata/inadeguata predisposizione di contratti specifici con la clientela per l’operatività tramite phone banking • rischi operativi connessi all’attività degli operatori del call center (errori nell’inserimento degli ordini, mancata o ritardata esecuzione di disposizioni, ecc.) | • adozione di un testo standard dei contratti nel rispetto delle procedure aziendali (approvazione Uff. Legale, eventuale consulenza esterna ecc) • controlli di primo livello da parte delle procedure aziendali • verifiche di auditing sui processi • coinvolgimento dell’auditing nell’analisi dei reclami avanzati dalla clientela |
-frode/ malversazione | • rischio frode/malversazione specifico in funzione delle caratteristiche dell’operatività (es. intercettazione e utilizzo delle password dei clienti da parte degli operatori del call center) | • analisi e interventi dell’auditing in caso di eventi anomali • contrapposizione ruoli e separazione delle funzioni |
E) IMMAGINE/ REPUTAZIONE | • verso il mercato e la clientela: - scarsa professionalità, inadeguato approccio degli operatori di call center, eventuali frodi commesse tramite phone banking potrebbero ripercuotersi negativamente anche sull’immagine della rete tradizionale - difficoltà di ricostruzione dell’operazione – a fronte di eventuali richieste di chiarimento da parte del cliente – tramite le registrazioni delle telefonate • verso gli Organi di Xxxxxxxxx (eccessivo numero di reclami, incidenti ecc.) | • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che disciplinino nel dettaglio le modalità di svolgimento del servizio, nonché le modalità di archiviazione delle disposizioni • verifiche di auditing a campione sull’adeguatezza dei tempi di risposta e la qualità del servizio • precisazione sugli estratti conto del canale attraverso il quale sono state disposte le operazioni • possibilità per il cliente di chiedere informazioni o chiarimenti sia alla filiale che al call-center • archiviazione classificazione e analisi delle comunicazioni e dei reclami della clientela • coinvolgimento dell’auditing nell’analisi dei reclami |
3. PROMOTORI FINANZIARI
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile | |||
A) STRATEGICO | • assenza di specifiche strategie e/o definizione di linee strategiche non coerenti con politiche aziendali, situazione del mercato ecc. | • definizione delle linee strategiche da parte dell’Alta Direzione • definizione e controllo degli stati di avanzamento del budget commerciale | |||
• strategie commerciali non coordinate o in conflitto (rete tradizionale – promotori finanziari ) | • definizione e controllo degli stati di avanzamento dei rispettivi budget commerciali • presidio da parte dei ruoli preposti a ciascun tipo di rete • verifiche di auditing | ||||
• reclutamento di promotori con caratteristiche inadeguate al conseguimento delle strategie aziendali | • standardizzazione processo di reclutamento • progettazione ed erogazione di adeguata formazione • verifiche di auditing sul processo di reclutamento/selezione | ||||
• struttura provvigionale antieconomica e/o inadeguata al raggiungimento degli obiettivi fissati | • definizione di una struttura provvigionale standard da parte dell’alta direzione | ||||
• verifiche periodiche sul costo della raccolta | |||||
• presidio da parte della struttura centrale preposta (es. direzione commerciale) | |||||
• esame “indicatori di anomalia” Assoreti | |||||
• verifiche di auditing | |||||
• mancanza di un sistema premiante efficace ed elevato turn-over dei promotori | • definizione dei meccanismi di incentivazione e fidelizzazione da parte della struttura centrale preposta alla rete | ||||
• verifiche di auditing | |||||
• inadeguata valutazione costi/benefici in sede di investimenti per l’attivazione del nuovo canale | • predisposizioni di un business plan riportante l’entità degli investimenti necessari e le potenzialità stimate del mercato • periodiche verifiche sugli stati d’avanzamento dei progetti • definizione e verifica dei budget • eventuali interventi di auditing di progetto | ||||
B) TECNOLOGICO | • verifiche di auditing dell’adeguatezza funzionale delle applicazioni a supporto dell’operatività dei promotori | ||||
- efficienza | • mantenimento funzionalità livelli di servizio procedure/programmi: mancato/inadeguato funzionamento dei programmi e delle procedure specifiche per l’attività e la gestione amministrativa dei promotori | ||||
- sicurezza | • sicurezza accessi: | • valutazione | ex-ante | della | struttura |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile | ||
mancata/inadeguata definizione/censimento userid password ecc | organizzativa e delle procedure tecniche adottate per la gestione delle userid e password per l’accesso ai sistemi: proposte di modifiche / integrazioni delle stesse • verifica periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure per l’amministrazione e la sicurezza delle userid e password | |||
• coerenza profili abilitativi: mancata assegnazione o incongruenza dei profili mirati a consentire al promotore unicamente la visualizzazione dei dati relativi al suo portafoglio | • verifiche di auditing sull’adeguatezza dei profili di sicurezza definiti e implementati per i promotori | |||
• intrusione: possibilità di accesso non server centrale dall’esterno | autorizzato | al | • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio relativamente ai temi della network security: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della sicurezza del servizio • esecuzione peiodoca di test di network security, in proprio ovvero tramite consulente esterno indipendente | |
• back-up e recovery dati: deficienze di salvataggio, recuperabilità dei dati | custodia | e | • valutazione ex-ante delle procedure adottate per il back up and recovery dei dati: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di nuovi step operativi • verifica periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di back up and recovery dei dati (reale disponibilità di tutte le copie di back up previste, usabilità delle stesse per il recovery degli archivi, leggibilità dei dati recuperati) | |
• disaster recovery/business continuity : inesistenza di adeguate procedure per la ripresa della funzionalità in caso di evento disastroso | • valutazione ex-ante dell’adeguatezza e della completezza dei contratti quadro e di servizio relativamente ai temi del disaster recovery: proposte di modifiche / integrazioni / inserimento di clausole a tutela della sicurezza del servizio • verifica periodica, mediante la partecipazione dell’auditing alle sessioni di prova, dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di disaster recovery e per la business continuity | |||
C) ORGANIZZATIVO | • carenza o inadeguatezza delle norme interne che regolamentano l’attività dei promotori e i rapporti con la rete tradizionale e con le strutture centrali di supporto | • emanazione di apposite normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) • verifiche di auditing sui processi operativi | ||
• processi non funzionali, non chiara assegnazione di ruoli e responsabilità (es. per il reclutamento, la remunerazione, ecc.) | • definizione organizzativa dei ruoli • precisa assegnazione di poteri per il reclutamento • verifiche di auditing sui processi |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
• mancate, incomplete o intempestive segnalazioni mensili ad Assoreti | • realizzazione interna o acquisizione di adeguate procedure informatiche • presidio operativo della funzione centrale • verifiche di auditing sui processi | |
D) OPERATIVO | • rischi operativi connessi all’attività del promotore (errori nella ricezione degli ordini, mancata o ritardata esecuzione di disposizioni, disguidi spedizione contratti e valori ecc.) che si connotano in modo differente rispetto a quelli in essere sulla rete tradizionale | • emanazione di specifiche normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) • controlli di primo livello effettuati dal back-office, dalle procedure aziendali e dalla struttura centrale di gestione promotori • verifiche di auditing sui processi e presso i promotori |
• rischi operativi connessi al funzionamento della struttura centrale di gestione amministrativa (calcolo provvigioni, ritenute, gestione anticipi e bonus ecc.) | • controlli di primo livello effettuati dalle procedure aziendali • verifiche di auditing sui processi | |
E) LEGALE - normativa sim | • mancato rispetto delle norme in materia di collocamento fuori sede e, in generale, l’attività in strumenti finanziari | • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che recepiscano e traducano nella specifica realtà operativa aziendale le disposizioni di legge • controlli di primo livello effettuati dal back-office, dalle procedure informatiche e dalla struttura centrale preposta alla gestione della rete dei promotori • verifiche di auditing sia presso i promotori sia presso le unità organizzative di supporto |
• mancato rispetto degli obblighi di segnalazione a CONSOB nei casi previsti | • individuazione di apposita responsabilità all’interno della struttura centrale preposta alla gestione dei promotori • verifiche di auditing • analisi delle risultanze dei report ispettivi a seguito dei reclami • collaborazione della funzione di auditing con il collegio sindacale | |
• mancata esecuzione degli ordini nel rispetto dell’ora di ricezione indipendentemente dal canale di provenienza | • creazione di una struttura di ricezione ordini che assicuri il rispetto della normativa • controlli di linea delle procedure aziendali e della struttura centrale di negoziazione • verifiche di auditing | |
- antiriciclaggio | • non corretta identificazione della clientela • mancata individuazione, analisi, e segnalazione “operazioni sospette” | • emanazione di normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) che recepiscano e traducano nella specifica realtà operativa aziendale le disposizioni di legge |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
• verifiche di auditing presso i promotori (es. verifiche a campione sulla acquisizione dei documenti e sulla corretta identificazione della clientela) • coinvolgimento del promotore nella valutazione delle operazioni anomale rilevate dalle apposite procedure aziendali | ||
- privacy | • proliferare dei soggetti “responsabili” ex L. 675/96 per il trattamento dei dati • mancato rispetto della normativa ex L. 675/96 in materia di trattamento, custodia e conservazione dei dati | • formalizzazione della nomina a responsabile esterno in sede di conferimento del mandato • emanazione di apposite normative aziendali (manuali, circolari, disposizioni) vizio • verifiche di auditing presso i promotori |
- legale/contrattuale nei confronti della clientela | • mancata/inadeguata predisposizione di contratti specifici per l’operatività dei promotori con la clientela (es. contratto di consulenza e relativa delega del cliente all’analisi della situazione finanziaria del cliente) | • adozione di un testo standard di contratto (e di delega) nel rispetto delle procedure aziendali (approvazione Uff. Legale, eventuale consulenza esterna ecc) • verifica di auditing sulla contrattualistica |
• mancata revisione e modifica di schemi contrattuali e moduli della banca per consentirne l’utilizzo anche da parte dei promotori | • revisione dei processi e della modulistica in funzione dell’operatività dei promotori • controlli di linea da parte dei promotori, del back-office e della struttura centrale preposta • verifiche di auditing sui processi e/o su modulistica e contrattualistica | |
• contenziosi originati da recesso/revoca del mandato | • supporto specifico dell’ufficio legale o di un legale esterno nella definizione della clausole e nella redazione delle lettere di recesso • gestione dei contenziosi da parte dell’ufficio legale o di un legale esterno • interventi di auditing su specifici eventi/episodi |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
• sanzionabilità della banca per carenze organizzative e/o di controllo sull’operato dei promotori; responsabilità per eventuali violazioni commesse dai promotori | • emanazione di apposite normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) • controlli di primo livello effettuati dal back-office, dalle procedure aziendali e dalla struttura centrale di gestione promotori • verifiche di auditing sui processi e presso i promotori e/o su specifici episodi • supporto dell’ufficio legale o di legale esterno • copertura assicurativa “infedeltà promotori” | |
- legale/ contrat- tuale nei confronti dei promotori | • possibili rivendicazioni di rapporto di lavoro dipendente da parte dei promotori e di loro eventuali collaboratori | • adozione di specifiche cautele nelle clausole contrattuali previste nel mandato • presidio da parte dei ruoli preposti alla rete stessa • verifiche di auditing presso i promotori, i centri finanziari e/o le filiali presso cui i promotori operano |
• adeguatezza/completezza del mandato e di tutti gli allegati | • adozione di un mandato standard e dei principali allegati nel rispetto delle procedure aziendali (approvazione ufficio legale, eventuale consulenza esterna ecc) • verifica di auditing sulla contrattualistica | |
- frode/malversazione | • rischio frode/malversazione (elevato in funzione delle specifiche caratteristiche dell’operatività dei promotori: es. appropriazione del denaro di clienti, contraffazione dei contratti) | • controlli di primo livello effettuati dal back-office, dalle procedure aziendali e dalla struttura centrale di gestione promotori • “circolarizzazione” da parte della struttura centrale di supporto, con richiesta ai clienti dei promotori di conferma dei saldi • verifiche di auditing presso i promotori e/o su specifici episodi • copertura assicurativa “infedeltà promotori” |
• effettuazione di operazioni finalizzate esclusivamente ad incrementare le provvigioni percepite dal promotore | • analisi dei principali “indicatori di anomalia” Assoreti • presidio della funzione centrale preposta • verifiche di auditing presso i promotori e/o approfondimenti su specifici fenomeni | |
• concorrenza sleale e violazione del monomandato | • emanazione di apposite normative aziendali (manuali, circolari, codice interno di comportamento) • supporto specifico ufficio legale nella definizione delle clausole del mandato |
Tipologia di rischio | Eventi/situazioni | Presidio/controllo attivabile |
• presidio da parte dei ruoli preposti nella rete stessa • verifiche di auditing presso i promotori | ||
F) IMMAGINE/ REPUTAZIONE | • verso il mercato (la scarsa professionalità e/o la risonanza di eventuali frodi dei promotori potrebbero ripercuotersi negativamente anche sull’immagine della rete tradizionale) | • controlli di primo livello effettuati dal back-office, dalle procedure aziendali e dalla struttura centrale di gestione promotori • verifiche di auditing presso i promotori e/o su specifici episodi • copertura assicurativa “infedeltà promotori” |
• verso il bacino di reclutamento (una cattiva immagine della rete dei promotori preclude il reclutamento delle risorse di standing elevato) | • controllo strategico da parte della funzione centrale • presidio da parte dei diversi ruoli preposti alla rete • progettazione ed erogazione dei necessari interventi formativi | |
• verso gli Organi di Xxxxxxxxx (eccessivo numero di reclami, incidenti ecc.) | • emanazione di apposite normative aziendali (manuali, circolari e disposizioni operative) • presidio da parte dei diversi ruoli preposti alla rete • presidio dei reclami, delle relative risultanze e delle relazioni semestrali per Xxxxxx • analisi dei principali “indicatori di anomalia” Assoreti • verifiche di auditing presso i promotori e/o approfondimenti su specifici episodi |
RIFLESSI DELLA MULTICANALITÀ SULL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE: L’ESPERIENZA DI CINQUE BANCHE
(situazione a ottobre 2002)
INTESABCI | BANCA DI ROMA | CREDEM | BIPIELLE | BANCA 121 |
1. PROFILO STRATEGICO Modello e canali attivati | ||||
Multicanalità integrata | Multicanalità integrata | Multicanalità integrata | Banca “specializzata” | Multicanalità integrata |
Alla rete fisica (3100 filiali retail, 2000 promotori finanziari, 111 filiali corporate, 59 filiali private) si affiancano i canali virtuali: - home banking, denominato In-Web; - telephone banking, denominato In- Voice, tramite il quale si può accedere a un sistema di risposta automatica o alla assistenza finanziaria di personale specializzato; - mobile phone, denominato In- Mobile, che tramite SMS offre servizi informativi (saldo e movimenti del conto corrente, quotazione azioni) e dispositivi (ricarica telefonica); - TV banking denominato In-Sat, consente di accedere ai propri rapporti con la banca attraverso il decoder Stream (operazioni informative e dispositive). | - Bancatel Web (servizi di Banking e di Trading on-line); - BancatelCenter (Call Center): tramite risponditore automatico ed operatori per offrire servizi informativi e dispositivi, compresa la compravendita valori mobiliari; - Bancatel Cell: servizi di banking tramite SMS o WAP. | I canali distributivi utilizzati dal Gruppo Credito Emiliano -la cui rete è costituita da Credembanca, Banca Euromobiliare, Banca del Garda, Banca di Latina, Credem International (LUX), Banca Euromobiliare (Suisse) - sono: - Sportelli tradizionali - 450 filiali retail e 36 centri imprese corporate; - 24 negozi finanziari Credempoints - 35 negozi finanziari Banca Euromobiliare; - 795 promotori finanziari con mandato (385 con mandato Credembanca e 410 con mandato Banca Euromobiliare); - Internet banking e trading on line sui siti Xxxxxx.xx, Xxxxxxxxxxxxx.xx, Banca del Xxxxx.xx e Banca di Xxxxxx.xx; - Phone banking attraverso il Contact Center; - Remote banking interbancario (Telemaco); - Mobile Banking. | I canali distributivi utilizzati da Banca Xxxxxxxx.xxx sono i canali tecnologici - Internet, Call Center, Mobile Banking – integrati da una rete di oltre 500 Promotori Finanziari. E’ in atto lo sviluppo di un progetto per l’apertura di negozi finanziari persidiati da promotori (Bipielle Center) e per l’integrazione con la rete di negozi finanziari della società di credito al consumo (Bipielle Ducato). L’offerta di questi canali innovativi è riservata in modo esclusivo a Banca Xxxxxxxx.xxx e, al momento, non estesa alle Reti Bancarie tradizionali. Queste sono chiamate a promuovere l’apertura di rapporti su Xxxxxxxx.xxx e a svolgere un ruolo di supporto post- vendita in termini consulenziali e di education. | La rete distributiva poggia su: - canali fisici: filiali, financial-point, negozi finanziari, teleboutique,chioschi multimediali e selfservice,ecc. - canali virtuali: internet, contact center, mobile, ecc. che operano in modo complementare e in partnership fra di loro, massimizzando il livello di servizio in funzione delle occasioni d’uso e delle preferenze della clientela. |
b) obiettivi e caratteristiche della strategia | ||||
Si è cercato di massimizzare l’integrazione dei canali virtuali con quelli tradizionali (es. è prevista una | - La multicanalità è stata sviluppata ad integrazione e sostegno della rete degli sportelli. Al momento | L’adozione di un modello multicanale è mirata al perseguimento dei seguenti obiettivi | La strategia distributiva è mirata al perseguimento dei seguenti principali obiettivi strategici: | Gli obiettivi della strategia multicanale sono stati recentemente riconsiderati a seguito dell’ingresso |
INTESABCI | BANCA DI ROMA | CREDEM | BIPIELLE | BANCA 121 |
unica chiave di identificazione indipendentemente dai canali di accesso alla banca utilizzati). Lo sviluppo della multicanalità nel Gruppo IntesaBci è avvenuto in tre fasi: la 1° fase, conclusa nel 1996 è caratterizzata dalla distribuzione tradizionale (prevalentemente basata attraverso le filiali); la 2° fase che è terminata nel 2000 è caratterizzata dall’inserimento di alcuni canali complementari (il call center, internet e i promotori); la 3° fase, attualmente in corso, è caratterizzata dall’integrazione vera dei canali e da una graduale spostamento verso servizi a maggior valore aggiunto quali la consulenza e la specializzazione (internet+promotori+contactcenter+fil iali). L’offerta di IntesaBci si estende con: - IntesaTrade: piattaforma di trading online di seconda generazione che opera con prodotti, strumenti e informazioni su sedici mercati. - FundsWorld: per investire in fondi e Sicav online. Si tratta di una piattaforma multibrand che da completa libertà di scelta tra i prodotti di oltre 40 società di gestione italiane ed internazionali. Per IntesaTrade e FundsWorld è stato seguito il modello stand alone con l’utilizzo di un proprio marchio, per quanto nel primo caso sia fortemente evocativo del Gruppo di appartenenza. Nel caso di FundsWorld ci si è spostati verso un modello di open finance con la distribuzione di prodotti anche di altre istituzioni finanziarie. | dell’apertura di un conto corrente, vengono rilasciati al cliente: un codice identificativo, una password ed una “tessera di sicurezza” (necessaria per impartire gli ordini dispositivi); tale politica consente a tutti i correntisti di Banca di Roma di operare indistintamente sia allo sportello che “a distanza”. Si è cercato di indirizzare la clientela all’utilizzo dei canali virtuali anche per “snellire” lo sportello da operazioni ripetitive (saldo, movimenti, situazioni varie…..) e, quindi, per dedicare più tempo alle attività con maggior valore aggiunto (consulenza e vendita). Le commissioni rivenienti dall’operatività della clientela sui “canali” vengono imputate al Conto Economico della Filiale in cui è aperto il rapporto di conto corrente. | strategici: - sviluppo di una modalità di interazione in grado di facilitare la fruizione dei servizi e di consolidare il rapporto con la clientela; - rafforzamento dell’immagine dell’azienda nei confronti del proprio mercato (sia effettivo che potenziale); - ricerca di una migliore performance in termini di cost to serve e focalizzazione delle reti fisiche sulla relazione commerciale In funzione di questi obiettivi il Gruppo Credem agisce utilizzando leve strategiche di gestione orientate al coordinamento dei canali sulla base di linee ed azioni prestabilite dalla direzione centrale e all’attenzione su redditività e costi. | - acquisire nuova clientela interessata in modo esclusivo ad operare tramite canali innovativi e consentire l’allargamento della base di clientela in territori non coperti dalla rete “fisica” del Gruppo - migliorare la redditività del Gruppo canalizzando verso Banca Xxxxxxxx.xxx la clientela di sportello con basso margine di contribuzione - rappresentare uno dei principali canali di distribuzione delle società prodotto, in particolare nell’area del risparmio gestito - fornire alla clientela del gruppo servizi a integrazione dell’offerta tradizionale. Per perseguire questi obiettivi strategici, Banca Xxxxxxxx.xxx opera sulle seguenti leve strategiche: - capacità di innovazione e personalizzazione dell’offerta - rapidità di esecuzione e anticipazione delle esigenze della clientela - coordinamento strategico a livello di Gruppo - soluzioni tecnologiche e organizzative avanzate | nel gruppo MPS. Nel nuovo ambito la missione assegnata a Banca 121 è quella di generare nella propria clientela i più alti livelli di soddisfazione nella gestione delle esigenze collegate ad aspetti finanziari, attraverso lo sviluppo di un’offerta altamente personalizzata di servizi e consulenza globale one-to- one, basata sulla forte innovazione dei prodotti e delle modalità distributive. Nel nuovo modello è prevista una ristrutturazione organizzativa dei canali fisici con una forte crescita della rete di promozione finanziaria e dei punti vendita in franchising e la trasformazione delle Filiali tradizionali in “Financial Point 121”, con una revisione della loro disposizione sul territorio. La struttura complessiva dei costi presenterà una significativa componente variabile volta a favorire elevati livelli di efficienza e redditività a fronte di volumi coerenti con la scelta di specializzazione. Rimane al centro della strategia aziendale l’utilizzo di un modello di Customer Relationship Management innovativo e tecnologicamente all’avanguardia. Il modello di Banca 121 consente di identificare con chiarezza le aree di sviluppo potenziale del valore del cliente (Customer Value Management), di avere a disposizione un’informazione completa sul suo profilo e sulle sue esigenze/ preferenze finanziarie (Customer Insight), di organizzare e realizzare un’azione commerciale integrata sui diversi canali (Customer Interaction) e di monitorare |
INTESABCI | BANCA DI ROMA | CREDEM | BIPIELLE | BANCA 121 |
La strategia adottata prevede inoltre l’estensione dell’offerta in business non propriamente legati al mondo finanziario: - Shoplà, piattaforma per il commercio elettronico, nata con l’obiettivo di agevolare l’accesso dei privati alle imprese che vendono i loro prodotti anche online. Si tratta di un market place in cui è possibile mettere a confronto le offerte di prodotti in concorrenza tra loro. - Charta, che offre servizi B2B e B2C, servizi di biglietteria elettronica e di ticketing online | costantemente il livello di servizio offerto (Customer Satisfaction). | |||
c) politiche di pricing | ||||
L’utilizzo dei servizi multicanale viene incentivato dall’attuazione di politiche tariffarie che rendono più conveniente utilizzare i servizi di banca a distanza rispetto ai servizi di filiale, trasferendo operatività e transazioni a basso valore aggiunto verso canali più efficienti riservando alle Filiali stesse un sempre maggiore ruolo consulenziale . | Il pricing adottato sui servizi Bancatel, è inferiore rispetto alle operazioni di sportello | I servizi di banca a distanza possono essere collegati a qualsiasi conto corrente, non necessitano di un conto dedicato. Vi è differenziazione di pricing in funzione del canale attraverso il quale viene effettuata l’operazione (phone banking ed internet banking presentano condizioni più vantaggiose). | Il pricing di Xxxxxxxx.xxx è differenziato per target di clientela sulla base di tre diverse tipologie di conto destinati a diversi target di clientela. All’interno di ciascuna tipologia le differenziazioni del pricing privilegiano i canali Internet e Mobile rispetto agli altri canali (Call Center, promotori e filiali) limitatamente all’area del trading e all’area dei conti correnti (esempio: plafond di eseguiti giornalieri gratuiti, bonifici gratuiti se disposti su Internet e Mobile). | |
d) organizzazione | ||||
La macchina operativa è molto complessa in quanto è necessario gestire un set di processi distinti per ogni canale. L’incrocio risultante dalla combinazione di tali processi e | Non si segnalano implicazioni organizzative strettamente riconducibili alla diversificazione dei canali distributivi. L’evoluzione dell’approccio al mercato, in | La struttura organizzativa di Credembanca ha vissuto forti cambiamenti dettati dalla scelta di integrare la multicanalità con il modello divisionalizzato. | La struttura organizzativa di Banca Xxxxxxxx.Xxx si presenta leggera, focalizzata sulle attività di core business e sulle problematiche specifiche del direct banking. | L’ingresso della banca nel Gruppo MPS e le conseguenti implicazioni sotto il profilo strategico hanno richiesto l’avvio di un processo di progressiva modificazione della |