DOCUMENTO I-COM
DOCUMENTO I-COM
PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO ED OPERE PUBBLICHE IN EUROPA. LA RICERCA DI UN EQUILIBRIO
TRA REGOLE E FLESSIBILITA’.
CONVEGNO I-COM
PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE E MODELLI DI AFFIDAMENTO NEI RAPPORTI DI PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO
IL CASO DELLE INFRASTRUTTURE
Roma, 29 ottobre 2008
istituto per la competitività
istituto per la competitività
DOCUMENTO I-COM
PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO ED OPERE PUBBLICHE IN EUROPA. LA RICERCA DI UN EQUILIBRIO TRA REGOLE E FLESSIBILITA’.
CONVEGNO I-COM
PROCEDURE DI SCELTA DEL CONTRAENTE E MODELLI DI AFFIDAMENTO NEI RAPPORTI DI PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO
IL CASO DELLE INFRASTRUTTURE
Roma, 29 ottobre 2008
AUTORE
Xxxxxxxxxxx XXXXXXXXX*
Ricercatore in Diritto Amministrativo, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Tor Vergata, Coordinatore Osservatorio X.xxx sulle Infrastrutture
Si ringrazia la Fondazione Monte dei Paschi di Siena per aver contribuito al finanziamento di questa ricerca.
* L’autore ringrazia il xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx per la preziosa collaborazione.
INDICE:
Premessa 5
1. Il finanziamento delle opere pubbliche attraverso il ricorso a capitali privati:
il Partenariato Pubblico Privato in Europa 9
1.1. Il contesto di riferimento 9
1.2. Alcuni dati di sintesi a confronto: investimenti pubblici e sviluppo infrastrutturale 11
2. Il quadro regolamentare a livello comunitario 21
2.1. L’assenza di una disciplina uniforme 21
2.2. Le principali Comunicazioni interpretative
della Commissione europea su appalti e concessioni (cenni) 22
2.3. I c.d. PPP istituzionalizzati e la questione del conferimento
dei servizi pubblici locali 25
2.4. Principi comunitari rilevanti 29
2.5. Le direttive nn. 17 e 18 del 2004: ratio e recepimento 31
3. La regolamentazione in alcuni Stati membri 35
3.1. Il contratto di Partenariato Pubblico Privato 35
3.2. La definizione di contratti di Partenariato Pubblico Privato introdotta
dal terzo decreto correttivo al Codice dei contratti 39
3.3. Le dimensioni del mercato del PPP nei principali paesi europei 41
4. Le procedure di gara tra esigenze di flessibilità e controllo: il dialogo competitivo 45
4.1. La disciplina comunitaria 45
4.2. Il recepimento dell’istituto in alcuni Stati membri 48
4.3. Il dialogo competitivo in Italia: disciplina, limiti e questioni aperte 54
5. Il project financing per il finanziamento di infrastrutture 58
5.1. Origini e sviluppo in Europa 58
5.2. La finanza di progetto in Italia. La disciplina fino al terzo decreto correttivo 59
5.3. Le novità introdotte dal terzo decreto correttivo al Codice dei contratti 65
5.3.1. Verso un project financing di nuova generazione. L’ipotesi di una gara unica 67
5.3.2. La gara in due fasi e il ritorno della prelazione del promotore 71
5.3.3. L’iniziativa privata nel caso di inerzia della pubblica amministrazione 73
5.3.4. Uno step in right più flessibile 74
Riflessioni conclusive 76
Bibliografia breve 78
Partenariato Pubblico Privato ed opere pubbliche in Europa.
La ricerca di un equilibrio tra regole e flessibilità.
Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
“Le reti sono le arterie del grande mercato unico che risente di ogni strozzatura, di ogni anello mancante nelle infrastrutture e della mancanza di interoperabilità fra modi e sistemi diversi. Tali mancanze soffocano la competitività e impediscono di accedere a nuovi mercati, tenendo quindi i livelli di occupazione in Europa al di sotto del loro vero potenziale”.
(Commissione Europea, La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte, Bruxelles, 12 settembre 2001)
Premessa
Il tema del finanziamento delle infrastrutture ha assunto negli ultimi tempi particolare rilevanza a livello europeo, anche in considerazione del contributo che lo sviluppo infrastrutturale è potenzialmente in grado di offrire alla ripresa della competitività e alla crescita economica.
Una vasta e sostanzialmente uniforme letteratura sostiene, infatti, l’esistenza di un nesso di causalità tra dotazione infrastrutturale di un paese e sviluppo economico. Sussiste invece un vivace dibattito sul fatto che il finanziamento delle infrastrutture debba avvenire con investimenti pubblici: meccanismi creativi di contabilità possono mascherare sotto forma di investimenti pubblici spese da catalogarsi come spesa corrente, inoltre investimenti pubblici potrebbero spiazzare altri investimenti potenzialmente più produttivi. In tal senso l’adozione di partnership pubblico private potrebbe aiutare ad individuare il mix migliore.
Le infrastrutture costituiscono un input produttivo delle imprese1, ed è dimostrato che hanno anche un importante impatto sui costi2. Inoltre, accanto all’effetto diretto dello stock di infrastrutture sul tasso di crescita dell’economia, evidente soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, nei Paesi più industrializzati si registra anche un importante effetto indiretto in termini di stimolo agli investimenti privati.
Il dibattito su questi temi, unito alla generalizzata contrazione degli investimenti pubblici negli ultimi anni, in parte dovuta alle esigenze di contenimento della spesa pubblica imposte dal Trattato di Maastricht del 1992, ha alimentato un interesse crescente in Europa verso modelli alternativi di finanziamento delle opere pubbliche e, in particolare, verso forme di Partenariato Pubblico Privato (PPP). Con questa espressione si intende far riferimento a tutte quelle “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio” (Commissione Europea, Libro verde, 2004, 327 del 30 aprile 2004).
1 D. A. Xxxxxxxx, Is Public Expenditure Productive?, Journal of Monetary Economics , 23, 1989, pp. 177 ss.
2 X. Xxxxxxxx, A. Xxxxxxxx, Distinguishing External from Internal Scale Effects: The Case of Public Infrastructure, The Journal of Productivity Analysis, Vol. 5, 1994, pp. 249 ss; Id., Public Infrastructure, Private Input Demand, and Economic Performance in New England Manufacturing, Journal of Business & Economic Statistics, Vol. 14, No. 1, 1996, pp. 91 ss.; Id., State Infrastructure and Productive Performance, The American Economic Review Vol. 86, No. 5, 1996, pp.1095 ss.
Tra i fattori di sviluppo del fenomeno nei principali Paesi europei nell’ultimo decennio gioca un ruolo importante la convinzione che l’introduzione di modelli privatistici consenta un miglioramento dell’efficacia della fase di programmazione degli interventi e della qualità complessiva delle infrastrutture realizzate e dei servizi erogati, nonché determini l’introduzione di meccanismi che stimolino un’effettiva concorrenza sui costi di realizzazione e di gestione delle infrastrutture. Nell’Europa continentale, hanno inciso, inoltre, considerazioni di finanza pubblica che hanno imposto vincoli di bilancio più stringenti. Ciò giustifica la particolare attenzione riposta dalla Commissione europea sullo sviluppo del PPP, anche in considerazione del rilevante impatto sul sistema economico. Il tema assume notevole interesse in Italia in considerazione del più volte denunciato gap infrastrutturale rispetto ai principali paesi europei e delle particolari esigenze di contenimento della spesa pubblica.
Tra le principali criticità del fenomeno si evidenziano: a) la presenza di asimmetrie informative nel rapporto tra partner pubblico e privato che determina difficoltà nell’allocazione ottimale del rischio;
b) le c.d. contingent liabilities, legate al fatto che spesso il privato chiede garanzie ulteriori al settore pubblico con l’effetto di un impatto negativo sulla spesa xxxxxxxx0; c) le frequenti rinegoziazioni dei contratti che comportano alti costi di transazione a carico delle pubbliche amministrazioni; d) la mancanza, con particolare riferimento al settore dei trasporti, di modelli economici che consentano il calcolo dei flussi di traffico a lungo termine; e) il c.d. rischio istituzionale o regolatorio, particolarmente forte nel nostro paese che contribuisce a tenere lontano i capitali stranieri.
L’auspicata collaborazione tra pubblico e privato costituisce espressione dell’evoluzione del ruolo del soggetto pubblico nella vita economica del paese, da operatore diretto nel mercato a organizzatore, regolatore e supervisore dello stesso nel rispetto dei principi di concorrenza e parità di trattamento imposti dal Trattato e dalle direttive comunitarie in materia di appalti. Il PPP in tal senso rappresenta una delle manifestazioni più evidenti del principio della sussidiarietà orizzontale (vedi oltre).
Il dibattito avviato in Europa sul tema delle partnership pubblico private relative al finanziamento di infrastrutture e/o alla gestione dei servizi connessi non ha finora condotto all’elaborazione di una disciplina uniforme a livello comunitario e permangono incertezze nella classificazione di alcune operazioni. Come chiarito dalla stessa Commissione europea, oggetto del dibattito non è la scelta se esternalizzare o meno la gestione dei servizi pubblici, opzione che il diritto comunitario lascia alle singole autorità nazionali. In tale contesto le pubbliche amministrazioni nazionali sono libere di scegliere se produrre un certo servizio (make) o acquistarlo sul mercato (buy), ma sono tenute al rispetto dei principi comunitari a tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori.
La stessa Commissione europea si interroga sull’adeguatezza del diritto comunitario alle caratteristiche specifiche del PPP. Diversi sono i modelli applicati nei singoli Stati membri e comunque disciplinati in modo diverso. La Commissione si preoccupa, in particolare, di garantire che tali forme di collaborazione non risultino in qualche modo elusive delle regole della concorrenza. La generalizzata tendenza alla ricerca di procedure di affidamento più snelle e
3 X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Privatizing Highways in the United States, Review of industrial organization, vol. 29, n. 1-2, 2006, pp. 27 ss.
flessibili trova dunque il limite nel rispetto dei principi comunitari. La stessa riflessione pubblicistica a livello nazionale sul tema del rapporto tra salvaguardia della concorrenza e procedure concessorie risulta fortemente influenzata dall’incalzante influsso dei principi europei4.
L’Italia si caratterizza per un significativo gap in termini di dotazione infrastrutturale rispetto ai principali paesi industrializzati, che contribuisce a limitare la crescita economica e la competitività in ambito internazionale. Da qui la necessità, condivisa da più parti, di un maggiore coinvolgimento del settore privato, anche attraverso l’adozione di partnership in grado di migliorare l’efficienza della spesa rispetto all’alternativa di far gravare interamente sulla pubblica amministrazione l’onere di programmazione, progettazione e controllo dell’investimento (ABI, 2007, 2008; ANCE, 2007). D’altro canto, il coinvolgimento del settore privato nella realizzazione di progetti infrastrutturali secondo schemi di Partenariato Pubblico Privato rappresenta un fattore positivo nello sviluppo dell’economia del paese a condizione che vengano rispettate alcune regole e che vengano correttamente percepiti i rischi connessi ad operazioni di questo tipo.
Il presente lavoro vuole offrire qualche spunto di riflessione sul tema dei modelli di affidamento nei rapporti di Partenariato Pubblico Privato in una prospettiva comparata con i principali Stati europei, evidenziandone le principali questioni dibattute. Quello dei trasporti costituisce, in particolare un settore cruciale per lo sviluppo del sistema paese, in Italia decisamente sottodotato finanziariamente in termini di spesa pubblica impegnata, rispetto agli investimenti necessari per permettere al nostro paese di colmare il divario infrastrutturale più volte evidenziato. I Paesi presi in considerazione insieme all’Italia sono la Gran Bretagna, la Spagna, la Francia e la Germania.
Non è semplice definire il volume di operazioni realizzate in PPP nei diversi Paesi europei, in quanto non esistono dei criteri omogenei di classificazione per tali operazioni che consentano un confronto. E’ possibile tuttavia utilizzare i dati disponibili per tentare, sia pure a livello indicativo, alcuni confronti. La comparazione tra i dati a disposizione insieme all’analisi delle peculiarità normative degli Stati membri presi in considerazione possono costituire un importante contributo al dibattito nazionale sulle criticità di natura regolamentare che non favoriscono la partecipazione dei privati alla realizzazione di opere pubbliche a carattere infrastrutturale.
In Italia ricordiamo la recente approvazione del Codice dei contratti pubblici, d.lgs. 12 aprile 2006,
n. 163, emanato in recepimento delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, che raccoglie in un unico testo normativo la disciplina in tema di contratti pubblici precedentemente contenuta in testi normativi distinti, riordinando la materia in una prospettiva di maggiore apertura alla concorrenza. L’entrata in vigore del Codice è stata caratterizzata da progressive fasi di affinamento: in primo luogo il c.d. decreto milleproroghe, d.l. 12 maggio 2006 n. 173 (convertito in legge 12 luglio 2006,
n. 228) che sospende l’efficacia delle principali disposizioni innovative del Codice fino alla data del 1° febbraio 2007; segue il primo decreto correttivo, il d.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6, che apporta lievi modifiche ed estende la sospensione alla data del 1 agosto 2007 e il secondo decreto correttivo, il d.lgs. 31 luglio 2007 n. 113, che introduce invece importanti novità. Sulla materia è poi intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 401/2007 del 23 novembre scorso: il Codice ne risulta sostanzialmente promosso e la concorrenza rafforzata. Da ultimo si segnala la pubblicazione del testo del terzo decreto correttivo al Codice dei contratti, d.lgs 11 settembre 2008, n. 1525, che tenta
4 X. Xxxxxxx, Lo stato banditore, 2001.
5 GU n. 231 del 2 ottobre 2008 – Supplemento Ordinario 227.
di adeguare il testo del d.lgs. n. 163/2006 ai rilievi formulati dalla Commissione europea nella procedura di infrazione del 30 gennaio 2008.
La questione concerne sostanzialmente l’opportunità di adottare procedure di affidamento più snelle e flessibili, come il caso del dialogo competitivo, introdotto dall’art. 29 della direttiva 2004/18/CE e recepito nell’art. 58 del Codice dei contratti. Su questi temi si è alimentato un vivace dibattito. In particolare il terzo decreto correttivo prevede, tra le altre cose, l’adozione di una gara unica nelle procedure di affidamento della concessione di lavori pubblici ad iniziativa privata, che sembra recepire le istanze di snellimento della procedura più volte avanzate in seno alla dottrina ed alle parti sociali (ABI, 2007, 2008; ANCE, 2007).
Come si legge nella relazione illustrativa “una ulteriore esigenza particolarmente avvertita è quella di snellimento delle procedure, rimuovendo ogni pericolo di incrostazione burocratica o comunque non funzionale al conseguimento delle esigenze sopra indicate di trasparenza e apertura del mercato. Un eccesso di regolazione inutile e non funzionale al conseguimento di tali obiettivi, infatti, si traduce nella negazione di quelle stesse priorità, contraddicendone i contenuti e le finalità. Al contrario, in molti casi occorre un’attenta disciplina in grado di evitare che la discrezionalità richiesta per assicurare la dovuta flessibilità resti fedelmente ancorata a canoni di legittimità e trasparenza, per la tutela delle esigenze di pubblico interesse sottese, nonché di corretta competizione concorrenziale tra gli operatori”.
Esiste d’altro canto un evidente conflitto tra regole e discrezionalità. La previsione di procedure più flessibili offre uno strumento duttile per dare risposta alle esigenze dell’amministrazione: favorire il dialogo tra amministrazioni e operatori economici determina una maggiore apertura del mercato alla concorrenza. Ciò comporta una maggiore discrezionalità in capo alla pubblica amministrazione, che impone cautela ed evidenzia l’esigenza di ricercare forme di garanzia proprio in nome della tutela della concorrenza tra gli operatori. L’esercizio della discrezionalità regolatoria consente, infatti, alla pubblica amministrazione, entro gli spazi lasciati dalla norma, di adattare l’affidamento del contratto alla situazione concreta; le “direttrici che presiedono la scelta” devono comunque essere sempre ispirate ai principi di rango comunitario, che ruotano intorno alla tutela della concorrenza6.
Diversi sono i modelli di affidamento riconducibili al Partenariato Pubblico Privato, identificabili in quattro principali categorie: concessione di costruzione e gestione su proposta del promotore (c.d. finanza di progetto), concessione di costruzione su proposta della stazione appaltante, concessione di servizi, altre forme di collaborazione pubblico privata. Nel testo ci si sofferma in particolare sull’istituto della finanza di progetto, la cui disciplina è stata oggetto di vari interventi e modifiche nel corso degli anni e da ultimo completamente riformulata per effetto del terzo decreto correttivo. Obiettivo del presente lavoro è, se possibile, di contribuire al dibattito alimentato dalla modifica dell’attuale legislazione in materia di lavori pubblici.
6 X. Xxxxxx, La finanza di progetto nel Codice dei contratti a seguito del terzo correttivo, in corso di pubblicazione in Urbanistica e appalti, n. 12/2008.
1. Il finanziamento delle opere pubbliche attraverso il ricorso a capitali privati: il Partenariato Pubblico Privato in Europa.
1.1. Il contesto di riferimento
La carenza di risorse economiche e di competenze tecniche idonee a provvedere alla realizzazione e gestione di opere pubbliche e di servizi di pubblica utilità costituisce uno dei presupposti della ricerca da parte della pubblica amministrazione di forme di collaborazione con il privato. Ciò trova riscontro tra le altre cose nella forte crescita del mercato degli appalti pubblici e concessioni registrata negli ultimi tempi in rapporto alla riduzione della spesa pubblica7.
La generalizzata contrazione degli investimenti pubblici degli ultimi anni, in parte dovuta alle esigenze di contenimento della spesa pubblica imposte dal Trattato di Maastricht del 1992 e per quanto riguarda l’Italia, ad altri eventi tra i quali l’esperienza giudiziaria di “Tangentopoli”, ha alimentato un interesse crescente verso modelli alternativi di finanziamento delle opere pubbliche e, in particolare, verso forme di Partenariato Pubblico Privato (PPP)8.
L’espressione citata include una vasta gamma di modelli di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato. Nel “Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto degli appalti pubblici e delle concessioni” della Commissione Europea del 30 aprile 2004 sono dettate le linee guida del fenomeno, nel rispetto dei principi di concorrenza e parità di trattamento imposti dal Trattato e dalle direttive comunitarie in materia di appalti. Il documento intende “illustrare la portata delle norme comunitarie applicabili alla fase di selezione del partner privato ed alla fase successiva, allo scopo di individuare eventuali incertezze e di valutare se il quadro comunitario è adeguato alle sfide ed alle caratteristiche specifiche del PPP”.
Tra i principali elementi caratterizzanti il fenomeno ricordiamo: a) la lunga durata del rapporto, che implica una cooperazione tra i due partner sui vari aspetti del progetto da realizzare; b) il finanziamento del progetto garantito in tutto o in parte dal settore privato; c) il ruolo strategico degli operatori economici, che partecipano a tutte le fasi del progetto; d) la distribuzione dei rischi tra il partner pubblico e quello privato. Il riparto dei rischi tra partner pubblico e privato si effettua caso per caso, in funzione della capacità delle parti di valutare, controllare e gestire gli stessi.
Giuridicamente, il PPP si articola in due forme principali: il PPP di tipo contrattuale e il PPP di tipo istituzionalizzato. Nel primo caso il rapporto tra soggetto pubblico e soggetto privato si fonda su legami esclusivamente convenzionali; nel secondo la cooperazione tra i due soggetti avviene in seno ad un’entità distinta dotata di personalità giuridica propria e che permette al partner pubblico di conservare un livello di controllo relativamente elevato sulla struttura, compatibilmente ad “un’applicazione normale del diritto societario” (Commissione Europea, 2004, punto 63).
7 Il Libro Verde della Commissione europea, sugli appalti pubblici nell’unione europea: spunti di riflessione per il futuro, 27 novembre 1996, parla di una spesa annua per l’acquisto di beni e servizi da parte dei pubblici poteri pari all’11 per cento del prodotto interno lordo dell’Unione Europea e indagini più recenti evidenziano una crescita tra la metà degli anni ’90 del secolo scorso e il 2003 che supera il 16 per cento del Pil a livello comunitario e il 12,3 per cento del Pil in Italia (X. Xxxxxxx – Fiorentino, Appalti e concessioni: regole e prassi per il mercato, in Appalti pubblici e concorrenza, Progetto Concorrenza di Confindustria, coordinato da I. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxx, 2006, par. 1).
8 Tra i vari documenti si veda Commissione europea, Guidelines for successfull Public-Private Partnership, marzo 2003; Id., Resource Book of PPP Case Studies, giugno 2004; Corte di Giustizia CE, Decisione Eurostat sul trattamento contabile delle operazioni di PPP, febbraio 2004; Commissione Europea, Green Paper on PPP’s and Community Law on Public Contracts and Concession, marzo 2004; da ultimo la Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), Bruxelles, 5 febbraio 2008.
La seconda tipologia può realizzarsi sia attraverso la creazione di un’entità distinta ad hoc detenuta congiuntamente tra settore pubblico e quello privato, sia attraverso il passaggio a controllo privato di un’impresa pubblica preesistente. In entrambi i casi il profilo rilevante è quello della scelta del soggetto privato che deve avvenire nel rispetto dei principi concorrenziali della trasparenza e della parità di trattamento.
Nella realtà gli elementi che il Libro verde individua come caratterizzanti, corrispondono a variabili operative. Una collaborazione tra un’amministrazione pubblica e un operatore privato può essere ricondotta a diversi tipologie che vanno dall’intervento pubblico tradizionale, in cui l’ente controlla direttamente ogni singola fase dell’erogazione del servizio, fino alla completa privatizzazione della proprietà e gestione dell’infrastruttura e del servizio pubblico correlato. In linea generale, comunque, in tutti i possibili modelli di Partenariato l’ente pubblico mantiene: a) la responsabilità della definizione degli standard di servizio quali-quantitativi minimi; b) la prerogativa del controllo del raggiungimento di determinati livelli di efficienza gestionale e di efficacia nel soddisfacimento dei bisogni degli utenti; c) il controllo sui meccanismi di determinazione delle tariffe a livelli socialmente accettabili.
Diversi sono i potenziali settori di intervento dei PPP, che vanno dai progetti capaci di produrre autonomamente un reddito sufficiente a ripagare l’investimento e gli oneri finanziari connessi, e in cui il ruolo dell’Amministrazione si limita alla regolamentazione e al controllo delle procedure, a quelli per la cui attivazione il settore pubblico deve erogare, secondo diverse modalità, una componente di contribuzione pubblica.
In linea generale le opere pubbliche possono essere fatte rientrare tra quei progetti che richiedono una componente di contribuzione pubblica, in quanto solitamente prevedono l’applicazione di un prezzo amministrato che consenta la fruizione dell’opera al pubblico in senso lato. Si tratta di iniziative che non sono in grado di assicurare adeguati ritorni economici, ma dalla cui realizzazione derivano rilevanti esternalità positive in termini di benefici socio-economici indotti dalla infrastruttura stessa, come può essere il caso della riqualificazione di aree urbane legate ad interventi di edilizia abitativa, ovvero alla riduzione della congestione del traffico legata alla realizzazione di tramvie o metropolitane. Proprio tali esternalità giustificano l’erogazione della contribuzione pubblica.
Il rapporto di collaborazione tra amministrazione e impresa risulta caratterizzato da asimmetrie informative e interessi potenzialmente in contrasto. Ciò deriverebbe dalla strutturale incompletezza del contratto, dovuta alla costruzione di un rapporto contrattuale complesso e di lunga durata, e dalla necessità, per la parte pubblica, di dover rinegoziare con il privato il suo comportamento, con alti costi di transazione e rischio di perdita di controllo per il soggetto pubblico. La presenza di asimmetrie informative nel rapporto, inoltre, produce fenomeni distorsivi di azzardo morale, che impongono alti costi di monitoraggio a carico della pubblica amministrazione, quale parte meno informata9. La questione è quella di analizzare i potenziali effetti distorsivi per ricercare possibili meccanismi di aggiustamento finalizzati alla costruzione di un rapporto tendenzialmente efficiente.
9 J. de Bettignes - T.W. Xxxx, The Economics of Public-Private Partnerships, in Canadian Public Policy, 2004. Sul tema vedi tra gli altri anche X. Xxxxx, X. Xxxxxxxxx, The simple Micro-Economics of Public-Private Partnerships, 2008, http:///xxx.xxxx.xxx; X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxx, Contractual Issues in Public-Private-Partnerships, Report prepared for the World Bank, 2007; X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Bidding for Incomplete Contracts: an Empirical Analysis, NBER Working Paper, No. W12051, 2006.
Si è fatto cenno all’evoluzione del ruolo del soggetto pubblico nella vita economica del paese da operatore diretto nel mercato a organizzatore, regolatore e supervisore dello stesso, nel rispetto dei principi di concorrenza e parità di trattamento imposti dal Trattato e dalle direttive comunitarie in materia di appalti, nonché al nesso con l’auspicata collaborazione tra pubblico e primato. In tale prospettiva, il PPP rappresenta una delle manifestazioni più evidenti del principio della sussidiarietà orizzontale, quale riconoscimento da parte dei pubblici poteri del ruolo sussidiario della società civile nell’esplicazione di attività di interesse generale e, quindi, anche nell’esercizio di funzioni e servizi pubblici e sociali10. Inteso in senso “positivo” tale principio non impone alcun arretramento dello Stato, ma suggerisce una diversa modalità di intervento pubblico che promuova e sostenga l’autonoma capacità di azione dei singoli e delle formazioni sociali11.
Il fenomeno del PPP risulta connesso anche con quello della c.d. “privatizzazione del diritto amministrativo”, cioè della diffusione all’interno della amministrazione della res pubblica, di una dimensione latu sensu privatistica, tanto sotto il profilo degli strumenti che dei principi, sia da un punto di vista economico che più strettamente giuridico. Essa ha riguardato la maggior parte degli elementi della pubblica amministrazione, sia quelli statici, come l’organizzazione, il personale e la finanza, sia quello dinamico, cioè il procedimento. È del tutto evidente, in realtà, come si sia dinnanzi ad una fenomenologia dell’evoluzione del concetto di Stato12.
Il particolare deficit infrastrutturale che caratterizza l’Italia e costituisce un limite alla crescita economica e all’acquisizione di competitività in ambito internazionale, unito ad esigenze di contenimento della spesa pubblica e la conseguente ricerca di modelli innovativi di finanziamento delle infrastrutture, rendono il tema delle partnership con i privati particolarmente interessante per il nostro Paese. Come evidenziato “in un contesto caratterizzato da scarse risorse finanziarie pubbliche, attivare capitali privati per investimenti attraverso forme di partnership pubblico-privato può consentire il raggiungimento di una maggiore efficienza degli investimenti, sempre che si adottino adeguati criteri economico-finanziari e nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, par condicio e concorrenza stabiliti innanzitutto dall’ordinamento comunitario (...). È quindi necessario adottare criteri capaci di governare decisioni tanto rilevanti in termini di spesa pubblica”13.
1.2 Alcuni dati di sintesi a confronto: investimenti pubblici e sviluppo infrastrutturale.
Si è sopra ricordato come la crescente attenzione verso modelli alternativi di finanziamento delle opere pubbliche e, in particolare, verso forme di Partenariato Pubblico-Privato trovi una delle sue giustificazioni nella generalizzata contrazione degli investimenti pubblici. La tabella che segue mostra l’andamento degli investimenti pubblici in percentuale del PIL in Italia e nell’Unione Europea (a 15) dal 1980 al 2006.
10 X. Xxxxxxx, Introduzione al diritto amministrativo, Cedam, 2006.
11 X. Xxxxxxx (a cura di), Sussidiarietà e diritti, Napoli, 2007
12 X. Xxxxxxxxx, I contratti della p.a. tra diritto pubblico e diritto privato, in X. Xxxxxxxxx (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, “ Trattato dei contratti” diretto da X. Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, UTET, Torino, 2007.
13 Confindustria, Appalti pubblici e concorrenza, Progetto Concorrenza di Confindustria coordinato da I. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxx, 2007.
4
4
Inve stimenti pubblici (in % del PIL) a confronto: Italia e Ue 15
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
It l
Ue 15
%
Tabella n. 1
a
ia
U
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
0
1
2
3
4
5
6
Fonte: Elab razione su d ti d lla Banca d Italia
Quanto al
gap
infrastruttu al
che
separa il
nostro
dai
pri
cipali
paesi
industrializzati europei,
conserva ancora un valore indicativo il rapporto pubblicato nel 2002 da Business International in
coll
borazione con l Economist
Intelligence Unit (EIU)
6 14, in cui l
situazione
infrastruttural
it li
na è posta a confronto con quella dei principali St
ti occidentali. Secondo il rapporto, l’Italia
risente
del
pesante ritardo
accumulato negli
ultimi
anni i
seguit
alla
forte riduzi ne
degli
i vesti
enti pubblici e resta decisament
indi
tro rispetto agli altri paesi esaminati.
P nendo pari a
100 l
media del liv ll
delle infrastrutture dei pri
cipali partners europei, vengono elaborati due
punteggi, uno per il periodo storico 1997-2001 e l’altro per il periodo di previsione 2002-2006; la
situazi ne può essere così rappresentata:
Tabella n. 2
Fonte: Business International, 2002
14 Business Int rnat onal, Business Environment Ranking 2002. Il modello utilizzato per formare le graduatorie internazionali prende a riferimento le
font
stat st che disponibili per il quinq xxxxx 1997-200
e le p evisioni d ll’a damento degli aggregati utilizzati per il peri do 2002-2006. il
Rapp rto valuta, sulla base dei dati elaborati dall’EIU, il business environment del nostro p ese, ponendolo a confronto con i princip li Paesi europ i.
Altrettanto indicativi i dati pubblicati da Project Financial International15. In questo caso la media viene posta a 120 e l’analisi coinvolge diversi paesi, non esclusivamente europei. L’Italia si assesta intorno al 54,1%.
Gap infrastrutturali
120
100
80
60
40
20
0
Tabella n. 3
Xxxxxx
Xxxxxx
Lussemburgo
Giappone
Danimarca
Austria
Xxxxxxxx
Xxxxxxx
Uk
Xxxxxx
Xxxxxx
Usa
Norvegia
Italia
Irlanda
Finlandia
Spagna
Xxxxxxxxxx
Xxxxxx
Fonte: Project Financial International, 2001
E’ interessante osservare come il ritardo del nostro paese in termini si sviluppo infrastrutturale in rapporto ai principali paesi europei risulti addirittura aumentato negli ultimi anni. I dati riportati nel Rapporto Cresme ricerche 2008 sul mercato delle opere pubbliche in Italia mostrano gli investimenti in opere del genio civile nei principali paesi europei tra il 2004 e il 2007.
Tabella n. 4
Investimentiinopere delgeniocivile neiprincipalipaesiue 2004-2007
(mln.dieur.valori2006)
60.000
50.000
40.000
30.000
20.000
10.000
0
Spagna
Xxxxxxxx
Xxxxxxx
Italia
2004 2005 2006 2007
Fonte: Rielaborazione su dati CRESME 2008 16
15 Project Financial International, 2001.
16 Rapporto CRESME, Il mercato delle opere pubbliche in Italia, Roma, 5 maggio 2008. I dati inseriti nei grafici delle tabelle n. 4 e 5 si riferiscono agli investimenti pubblici destinati ad opere di nuova costruzione e alla manutenzione straordinaria delle opere esistenti.
Tabella n. 5
Investim enti in opere del genio civile nei principali paesi ue: dati aggrgati 2004-2007 (m ln. di eur,. valori 2006)
250.000
200.000
150.000
100.000
50.000
0
Spagna Germ xxxx Xxxxxxx Italia
2004-2007
Fonte: Rielaborazione su dati CRESME 2008
Tabella n. 6
Investimenti in nuove opere del genio civile nei principali paesi ue 2006 (mln di eur. valori correnti)
60.000
50.000
40.000
30.000
20.000
10.000
0
Spagna Xxxxxxxx Xxxxxxx Italia
Nuovo Manutenzione Totale
Fonte: Rielaborazione su dati CRESME 2008
L’andamento delle risorse disponibili per nuove infrastrutture in Italia è evidenziato nella tabella che segue. In particolare per il 2008 le risorse stanziate sono pari a 21.049 milioni di euro, cui si aggiunge l’ulteriore finanziamento di interventi infrastrutturali determinato dal d.l. n. 159/2007 che ha provveduto a ripartire il c.d. “tesoretto”, il maggior gettito rispetto alle stime del Governo realizzato nel corso del 2007.
Tabella n. 7
Risorse disponibili per nuove infrastrutture m ln di eur. 2008
80.000,00
70.000,00
60.000,00
50.000,00
40.000,00
30.000,00
20.000,00
10.000,00
0,00
1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 206 2007 2008
Competenza DL 159/07 TAV Residui Passivi
Fonte: ANCE 2008
Il settore dei trasporti risulta fondamentale per lo sviluppo del sistema paese, in Italia particolarmente sottodotato in termini di spesa pubblica impegnata. Dal confronto con i principali paesi europei risulta un evidente e significativo divario che separa il nostro paese dal resto d’Europa, accentuato soprattutto negli ultimi 15 anni.
Con particolare riferimento alle autostrade tale divario è evidente non solo dalla tabella n. 8 che fornisce alcuni elementi di comparazione in termini di lunghezza della rete17, ma anche e soprattutto dalla tabella successiva che evidenzia l’incremento della rete autostradale tra il 1970 e il 2005. Nei dati della Germania va considerato che dal 1990 sono inclusi i Km di autostrade della ex DDR.
Tabella n. 8
LUNGHEZZA DELLA RETE AUTOSTRADALE IN ALCUNI PAESI UE 1970-2005 (Km)
0000 | 0000 | 0000 | 2000 | 2005 | |
GERMANIA | 4.461 | 7.538 | 10.854 | 11.712 | 12.363 |
SPAGNA | 1.585 | 1.923 | 4.693 | 9.049 | 11.432 |
FRANCIA | 1.542 | 5.287 | 6.824 | 9.766 | 10.801 |
ITALIA | 3.913 | 5.900 | 6.193 | 6.478 | 6.542 |
REGNO UNITO | 1.133 | 2.694 | 3.181 | 3.600 | 3.638 |
PAESI BASSI | 975 | 1.798 | 2.092 | 2.265 | 2.602 |
Fonte: CRESME 2008
17 I valori riflettono evidentemente anche la diversa estensione territoriale dei paesi presi in considerazione.
Rappresentazione grafica della tabella n. 8
Lunghezza della rete autostradale in alcuni paesi Ue 1970-2005 (Km)
2005
2000
1990
1980
1970
0
2.000
4.000
6.000
8.000
10.000
12.000
14.000
Xxxxxxxx Xxxxxx Francia Italia Regno Unito Paesi Bassi
Fonte: Rielaborazione su dati CRESME 2008
Tabella n. 9
LUNGHEZZA DELLA RETE AUTOSTRADALE IN ALCUNI PAESI UE 1970-2005 (nuovi Km)
1970-80 | 1980-90 | 1990-00 | 2000-05 | 1990-05 | 1990-05 | |
GERMANIA | 3.077 | 3.316 | 858 | 651 | 1.509 | 101 |
SPAGNA | 338 | 2.770 | 4.356 | 2.383 | 6.739 | 449 |
FRANCIA | 3.745 | 1.573 | 2.942 | 1.035 | 3.977 | 265 |
ITALIA | 1.987 | 293 | 285 | 64 | 349 | 23 |
REGNO UNITO | 1.561 | 487 | 419 | 38 | 457 | 30 |
PAESI BASSI | 823 | 294 | 173 | 337 | 510 | 34 |
Fonte: CRESME 2008
Valore medio annuo.
Rappresentazione grafica della tabella n. 9
Lunghezza della rete autostradale in alcuni paesi Ue 1970-2005 (Km)
1990-05
2000-05
1990-00
1980-90
1970-80
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
8.000
Xxxxxxxx Xxxxxx Francia Italia Regno Unito Paesi Bassi
Fonte: Rielaborazione su dati CRESME 2008
Negli ultimi anni è, invece, aumentato significativamente il numero di vittime per incidenti stradali sulla nostra rete stradale.
Tabella n. 10
VITTIME PER INCIDENTI STRADALI 1988-2005
1988 | 1990 | 2000 | 2005 | |
GERMANIA | 9.862 | 11.046 | 7.503 | 5.091 |
SPAGNA | 6.348 | 6.948 | 5.776 | 4.442 |
FRANCIA | 10.548 | 10.289 | 7.944 | 5.543 |
ITALIA | 6.939 | 6.621 | 6.649 | 5.818 |
REGNO UNITO | 5.230 | 5.402 | 3.580 | 3.336 |
PAESI BASSI | 1.336 | 1.376 | 1.166 | 817 |
Fonte: CRESME 2008
Quanto alla rete ferroviaria in Europa essa è stata progressivamente ridimensionata, riducendosi dell’8% tra il 1990 e il 2004 (UE-25), a fronte di un generalizzato miglioramento in termini di rimodernamento delle linee e di aumento della percentuale di rete elettrificata.
Tabella n. 11
RETE FERROVIE PER ALCUNI PAESI UE-2004
Km | % elet. | Km/1000 Kmq | Passeggeri (000) | Km/mln abit. | 1000 psg/Km | |
GERMANIA | 34.732 | 55 | 97,29 | 2.079.800 | 420,83 | 60 |
SPAGNA | 12.837 | 58 | 25,37 | 483.610 | 303,15 | 38 |
FRANCIA | 30.880 | 47 | 56,76 | 919.675 | 496,05 | 30 |
ITALIA | 15.915 | 69 | 52,82 | 504.402 | 274,93 | 32 |
REGNO UNITO | 16.458 | 32 | 67,76 | 1.047.997 | 275,68 | 64 |
PAESI BASSI | 2.811 | 73 | 67,73 | 303.900 | 172,90 | 108 |
Fonte: CRESME 2008
La tabella che segue mostra lo sviluppo della rete di alta velocità nei principali paesi europei dal 1990 al 2007.
Tabella n. 12
L’ALTA VELOCITÀ IN EUROPA 1990-2007
1990 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | 2007 | |
GERMANIA | 90 | 636 | 636 | 833 | 875 | 1.202 | 1.202 | 1.291 | 1.300 |
SPAGNA | - | 471 | 471 | 471 | 1.021 | 1.021 | 1.043 | 1.225 | 1.552 |
FRANCIA | 699 | 1.278 | 1.573 | 1.573 | 1.573 | 1.573 | 1.573 | 1.573 | 1.893 |
ITALIA | 224 | 248 | 248 | 248 | 248 | 248 | 468 | 562 | 580 |
REGNO UNITO | 74 | 74 | 74 | 74 | 113 | ||||
BELGIO | - | 58 | 58 | 120 | 120 | 120 | 120 | 120 | 120 |
EU | 1.013 | 2.691 | 2.986 | 3.245 | 3.837 | 4.164 | 4.406 | 4.771 | 5.427 |
Fonte: CRESME 2008
Da ultimo, ma non meno importanti, le reti metropolitane, intese come sistemi di trasporto rapido di massa su ferro, basato su treni elettrici. Anche in questo settore, il confronto tra le reti metropolitane delle principali capitali mondiali mostra, al di là di opportuni distinguo legati alle peculiarità morfologiche e archeologiche di ciascuna, l’esigenza di un potenziamento.
Tabella n. 13
RETI METROPOLITANE DI ALCUNE CITTÀ MONDIALI
Inaugurazione primo anno | Lunghezza (Km) | N. Linee | Stazioni | Passegeri al giorno (milioni) | Passegeri all’anno (1.000 milioni) | |
LONDRA | 1863 | 408 | 11 | 268 | 3 | 1,3 (2007) |
NEW YORK | 1904 | 368 | 26 | 468 | 5 | 1,5 (2007) |
MADRID | 1919 | 310 | 12 | 267 | 1,7 | 0,6 (2004) |
TOKYO | 1927 | 293 | 13 | 282 | 7,8 | 2,8 (2007) |
MOSCA | 1935 | 292 | 12 | 176 | 6,8 | 2,5 (2006) |
PARIGI | 1900 | 213 | 16 | 298 | 4,5 | 1,4 (005) |
BARCELLONA | 1924 | 105 | 9 | 123 | ||
MILANO | 1964 | 75 | 3 | 88 | 0,82 | 0,3 |
XXXXXX | 0000 | 65 | 5 | 90 | ||
ROMA | 1955 | 38 | 2 | 58 | 0,75 | 0,274 (2006) |
Fonte: CRESME 2008
L’arretratezza della rete metropolitana della nostra capitale, si traduce in un valore molto elevato di spostamenti con mezzi privati rispetto ai mezzi pubblici (tabella n. 14).
Tabella n. 14
Spostamenti con mezzi pubblici-privati nelle principali aree metropolitane europee
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Madrid Barcellona Londra
Vienna
Parigi
Milano
Roma
Spostamenti mezzi privati % Spostamenti mezzi pubblici %
Fonte: Rielaborazione su dati CRESME 2008
I dati riportati evidenziano l’esigenza di interventi strutturali in grado di perseguire più elevati livelli di efficienza, unitamente alle esigenze di contenimento della spesa pubblica al fine di ridurre, se non colmare completamente quel gap infrastrutturale che continua a tenere il nostro paese lontano dall’Europa. In questa prospettiva emerge l’esigenza, già evidenziata, di un maggiore coinvolgimento del settore privato (ABI, 2007, 2008; ANCE, 2007).
2. Il quadro regolamentare a livello comunitario.
2.1 L’assenza di una disciplina uniforme.
Il dibattito avviato in Europa sul tema delle partnership pubblico private relative al finanziamento di infrastrutture e/o alla gestione dei servizi connessi non ha finora condotto all’elaborazione di una disciplina uniforme a livello comunitario e permangono incertezze nella classificazione di alcune operazioni. Ricordiamo che la stessa Commissione europea pone in dubbio l’adeguatezza del diritto comunitario alle caratteristiche specifiche del PPP. A questo proposito, il Fondo Monetario Internazionale, in un recente rapporto sul tema, si sofferma sull’importanza di una corretta valutazione delle operazioni di Partenariato Pubblico Privato nei conti pubblici nazionali, concludendo come sia assolutamente necessario valutare in termini reali e sostanziali, piuttosto che formali, l’impatto di questo tipo di operazioni sui bilanci pubblici18.
Diversi sono i modelli applicati nei singoli Stati membri e comunque disciplinati in modo diverso. La Commissione si preoccupa in particolare di garantire che tali forme di collaborazione non risultino in qualche modo elusive delle regole della concorrenza; la ricerca di una maggiore flessibilità nelle procedure di affidamento trova il limite nel rispetto dei principi comunitari sanciti dal Trattato e dal diritto comunitario derivato.
Come sopra ricordato, il Libro verde del 2004 detta le linee guida del fenomeno, nel rispetto dei principi di concorrenza e parità di trattamento imposti dal Trattato e dalle direttive comunitarie in materia di appalti. Con particolare riferimento ai PPP contrattuali la Commissione Europea ha svolto alcune interessanti considerazioni in tema di concessioni e di finanza di progetto, istituti giuridici che corrispondono al modello tipo di PPP per durata del rapporto, impegno finanziario dei privati, ripartizione dei rischi.
Relativamente alle concessioni – caratterizzate dal legame diretto tra il privato e l’utente finale, sotto il controllo del partner pubblico – il Libro verde indica che non è imminente una completa disciplina comunitaria, analoga a quella degli appalti pubblici, principalmente per la diversità delle discipline nazionali e per la perdurante volontà degli Stati di mantenere un rilevante ruolo in materia.
Il diritto comunitario degli appalti pubblici non conosce una specifica definizione di project financing cui si accompagni un'autonoma e specifica disciplina, mentre disciplina l'appalto di lavori pubblici e la concessione di lavori pubblici. La finanza di progetto è chiaramente distinta nel Libro verde dal modello concessorio classico, di cui rappresenta ormai una variabile ricca di autonome caratteristiche. Tra le diverse tipologie di PPP contrattuale la finanza di progetto può essere fatta rientrare nel modello contrattuale Design Build, Operate, Transfer (DBOT), in cui l’operatore privato progetta, costruisce, finanzia totalmente o parzialmente e gestisce un’opera pubblica che, alla fine del periodo previsto contrattualmente, viene ceduta all’ente19. Il Libro verde fa riferimento alla Private Finance Initiative, che rappresenta un’applicazione principalmente britannica. In Italia
18 Fondo Monetario Internazionale (FMI), Italy: Selected Issues, marzo 2006, disponibile su http:// xxx.xxx.xxx/xxxxxxxx/xxxx/xx/xxx/0000/xx0000.xxx.
19 Tra le varie classificazioni proposte vedi X. Xxxxxxxx, Il project finance per il finanziamento degli investimenti pubblici, in Formez, Il project finance negli enti locali, Roma, giugno 2005.
la finanza di progetto continua ad essere strettamente connessa al modello concessorio20: il contratto di concessione di costruzione e gestione costituisce l’esito della procedura amministrativa di affidamento oggi disciplinata dal Codice dei contratti (vedi oltre).
Di fatto neppure il Libro verde fornisce una definizione propriamente giuridica del Partenariato. Quanto contenuto nel Libro verde rappresenta, semmai, una descrizione analitica del fenomeno, nata da una concreta osservazione della prassi che cerca di mettere in evidenza i punti di contatto con il diritto degli appalti pubblici e delle concessioni. In definitiva, l’ordinamento comunitario non si preoccupa di definire le categorie giuridiche, quanto piuttosto di specificare le norme concorrenziali ad esse applicabili. Ciononostante, pur non contenendo definizioni propriamente giuridiche, esso rappresenta un’opera ricognitiva delle diverse esperienze di collaborazione pubblica-privata presenti in Europa. Per questa sua natura documentale, il testo al suo interno raccoglie esperienze tra loro abbastanza eterogenee, anche se riportate all’interno di una stessa categoria. Ad esempio sotto la stessa dicitura di Partenariato contrattuale si fa riferimento tanto alla concessione, quanto alla c.d. Private Finance Initiative (PFI) di derivazione anglosassone, mentre quest’ultima rappresenta piuttosto un programma di cooperazione pubblico-privata basato su diverse soluzioni contrattuali.
L’esigenza di mantenere una maggiore disciplina di bilancio, a livello locale e nazionale, ha dato un robusto contributo alla crescita del mercato dei PPP ed alla loro diffusione quali soluzioni alternative di finanziamento delle opere pubbliche. Esse, infatti, offrono un grande vantaggio contabile ai Governi, consentendo di trasformare maggiori spese presenti in maggiori spese (o minori entrate) future, e per il modo in cui sono costruiti i bilanci pubblici che tengono conto delle prime e non delle seconde, ciò rappresenta un immediato sollievo per la gestione finanziaria21.
2.2 Le principali Comunicazioni interpretative della Commissione europea su appalti e concessioni (cenni).
Le diverse tipologie di PPP contrattuale possono essere ricondotte nell’ambito della summa divisio operata dallo stesso Libro verde in appalti e concessioni, entrambi sottoposti all’applicazione del Trattato CE e alla disciplina sugli appalti pubblici e concessioni.
L’appalto di lavori pubblici è un contratto a titolo oneroso, concluso in forma scritta tra un imprenditore e un’amministrazione avente per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, l’esecuzione e la progettazione di lavori o di un’opera, oppure l’esecuzione con qualsiasi mezzo di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione (art. 1 punto 2 lett. b, direttiva 2004/18/CE).
La concessione di lavori pubblici è definita nella direttiva come un contratto che presenta le stesse caratteristiche degli appalti pubblici di lavori ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo
20 X. Xxxxxxxx, Pubblico e privato per le infrastrutture di pubblica utilità: temi e prospettive, in X. XXXXXXX (a cura di), Modernizzazione del paese. Politiche, opere, servizi pubblici, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2005.
21 M. F. Ambrosiano, X. Xxxxxxxxx, X. Etro, Investimenti in infrastrutture. Patto di stabilità e partnership pubblico-privata, Centro interuniversitario per lo studio della finanza locale e regionale, Università cattolica di Milano, Milano, 2004.
(art. 1 punto 3, direttiva 2004/18/CE). Questa presenza di capitale privato è considerata uno dei fattori principali che spingono le autorità pubbliche a costituire PPP22.
Già con la Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario del 200023, la Commissione indicava il diritto di gestione come elemento caratterizzante la figura concessoria rispetto all’appalto pubblico. Una caratteristica fondamentale delle concessioni è, infatti, che il concessionario ha il diritto di sfruttare la struttura o il servizio fornito in concessione, quale remunerazione per avere realizzato la struttura o prestato il servizio. La differenza principale rispetto agli appalti pubblici è che il concessionario, il quale di solito finanzia almeno una parte dei progetti, sopporta il rischio inerente alla gestione dell’opera realizzata.
Tuttavia, poiché all’aggiudicazione degli appalti pubblici e delle concessioni si applicano regole diverse, nel diritto comunitario non esiste una procedura di aggiudicazione uniforme specificamente pensata per i PPP. La direttiva 2004/18/CE stabilisce che le amministrazioni pubbliche aggiudicano gli appalti di lavori, forniture e servizi mediante procedura aperta, tipica gara ad evidenza pubblica, o in alternativa ristretta, alla quale possono partecipare solo i candidati individuati ed invitati dall’amministrazione aggiudicatrice (licitazione privata e appalto concorso). Malgrado la loro importanza pratica, soltanto poche disposizioni del diritto comunitario derivato coordinano le procedure di aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici (in particolare artt. da 56 a 65 della dir. 2004/18/CE e l’art. 18 della dir. 2004/17/CE).
A loro volta, la disciplina applicabile all’aggiudicazione delle concessioni di servizi è soltanto quella risultante dai principi derivanti dagli articoli 43 e 49 del Trattato CE, in particolare dai principi di trasparenza, di parità di trattamento, di proporzionalità e di mutuo riconoscimento.
Di fatto, le concessioni costituiscono una diversa categoria di contratti non disciplinati o parzialmente disciplinati dalle direttive24. La Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) ha confermato nella sua giurisprudenza che le disposizioni del Trattato CE relative al mercato interno si applicano altresì agli appalti che esulano dall’ambito di applicazione delle “direttive appalti pubblici”. Pertanto, le amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri sono tenute a conformarsi alle disposizioni e ai principi del Trattato, riguardanti in particolare la libera circolazione delle merci (art. 28 del TCE), il diritto di stabilimento (art. 43), la libera prestazione di servizi (art. 49), la non discriminazione e l’uguaglianza di trattamento, la trasparenza, la proporzionalità e il riconoscimento reciproco. Viene così definito un insieme di norme fondamentali per l'aggiudicazione degli appalti pubblici, che derivano direttamente dalle disposizioni e dai principi del Trattato CE.
Ciò trova conferma nel considerando n. 2 della direttiva 2004/18/CE e viene ribadito dalla recente sentenza della Corte Costituzionale25, che ricorda come a livello nazionale l’osservanza dei principi comunitari ricordati costituisce attuazione, tra l’altro, delle stesse “regole costituzionali” di imparzialità e del buon andamento che devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai
22 COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sui partenariati pubblico-privati e sul diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni . COM(2005) 569.
23 GURI C-121 del 29 aprile 2000.
24 COMUNICAZIONE INTERPRETATIVA DELLA COMMISSIONE relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» (2006/C 179/02), in Gazzetta dell’Unione europea del 1.8.2006.
25 Corte Costituzionale, sent. n. 401/2007.
sensi dell’art. 97 della Costituzione. Inoltre, l’osservanza delle prescrizioni comunitarie e nazionali in tema di evidenza pubblica garantisce il rispetto delle regole dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività dei pubblici poteri. Pertanto, la normativa interna in materia eventualmente in contrasto con i suddetti principi, sia pure dopo un tentativo di interpretazione conforme, deve ritenersi in contrasto con il diritto comunitario e il giudice nazionale è tenuto a disapplicarla26.
In questa sede, merita un cenno la decisione di Eurostat del 11 febbraio 2004, relativa al trattamento contabile nei conti nazionali dei contratti sottoscritti dalla pubblica amministrazione nel quadro di partenariati con imprese private, che abbiano come oggetto la realizzazione di specifiche infrastrutture (assets) destinate all’uso pubblico e la successiva fornitura di servizi, generati dall’utilizzo delle stesse. La decisione si applica solo nei casi in cui lo Stato sia il principale acquisitore dei beni e servizi forniti dall’infrastruttura, sia che la domanda provenga dalla stessa parte pubblica sia che provenga da parti terze. Ai fini della contabilizzazione off-balance dei PPP e, quindi, della sua classificazione come investimento privato, il trasferimento dei rischi costituisce l’elemento cardine. La decisione, in proposito, stabilisce che gli assets legati a tali forme di PPP non debbano essere classificati come attivo patrimoniale pubblico qualora vengano rispettate due condizioni: i) il partner privato si assume il rischio di costruzione; ii) il partner privato si assuma almeno uno tra i due rischi di disponibilità e di domanda27.
Questa classificazione ha importanti conseguenze sul deficit e sul debito pubblico. Infatti, in termini generali, se l’asset è classificato nel bilancio dello Stato (on balance), la spesa iniziale in conto capitale per la realizzazione dell’asset stesso dovrà essere registrata come formazione di capitale fisso, con impatto negativo sul deficit/surplus statale. In corrispondenza di questa spesa, il debito statale aumenterà, con effetti negativi sul debito pubblico. Nel caso in cui, viceversa, l’asset venga considerato fuori bilancio dello Stato, le relative spese in conto capitale, sostenute dal partner privato, non incidono né sul disavanzo né sul debito pubblico. In altre parole la definizione Eurostat è, ovviamente, rilevante sul piano della classificazione statistica e della contabilità pubblica per distinguere le opere che costituiscono PPP da quelle che, pur assumendo una forma giuridicamente simile, sono classificate come investimenti pubblici. Al fine di prevenire eventuali comportamenti devianti, il Fondo monetario internazionale28 ha chiarito che questa definizione può comportare alcune distorsioni nell’uso dei PPP, nel senso che la struttura pubblica-privata dell’investimento potrebbe essere scelta, non sulla base dell’effettiva convenienza sociale, quanto, piuttosto, in relazione ad esigenze di contabilizzazione delle opere. Un possibile effetto è rappresentato dall’aggravio di costi per la collettività e, a livello sistemico, dal rischio di un indebitamento occulto.
Come emerge dalle procedure di consultazione aperte dallo stesso Libro Verde, tra i profili oggetto di indagine e dibattito si evidenziano le procedure di aggiudicazione delle concessioni, nonché la creazione di imprese detenute congiuntamente da un partner pubblico e da un partner privato al fine
26 Sul tema della prevalenza del diritto comunitario sul diritto nazionale la giurisprudenza della Corte di Giustizia CE è piuttosto vasta, basti ricordare la sentenza Xxx Xxxx & Xxxx c. Amministrazione olandese delle imposte del 1963, la sentenza Costa c. Enel del 1964, la sentenza Le Verts c. Parlamento europeo del 1986 e la sentenza Amministrazione delle finanze dello Stato c. Simmenthal SpA del 1978.
27 Sul tema vedi UTFP, Partenariato Pubblico – Privato per la realizzazione di opere pubbliche: impatto sulla contabilità nazionale e sul debito pubblico Decisione EUROSTAT 11 Febbraio 2004 “Treatment of public-private partnerships”.
28 International Monetary Fund , “Public-private partnerships”, Fiscal Department Affairs, 2004, pp. 22; International Monetary Fund, “Public investment and fiskal policy”, Fiscal Department Affairs, 2004; International Monetary Fund, “IMF Country report n. 06/59- Italy: selectedissues”, Fiscal Department Affairs, 2006.
di prestare servizi pubblici (PPP istituzionalizzati o IPPP). Non è possibile ripercorrere in questa sede il dibattito in materia, ma meritano almeno un cenno le comunicazioni interpretative della Commissione europea sui c.d Institutionalised PPP.
2.3 I c.d. PPP istituzionalizzati e la questione del conferimento dei servizi pubblici locali.
Anche i partenariati istituzionalizzati, c.d. PPI, soggiacciono al rispetto dei principi comunitari a tutela della concorrenza. Il fatto che un soggetto privato e un’amministrazione aggiudicatrice cooperino nell’ambito di un’entità a capitale misto non può giustificare il mancato rispetto, in sede di aggiudicazione di appalti pubblici o concessioni, delle disposizioni in materia di appalti pubblici e concessioni.
In particolare il settore dei servizi pubblici locali è caratterizzato dalla non replicabilità delle reti e/o da effetti di congestione che rendono impossibile la concorrenza “nel” mercato e consentono al più una concorrenza “per” il mercato, attraverso la previsione di procedure ad evidenza pubblica competitive per la selezione del gestore del servizio. In questo contesto le procedure di gara aperte sono spesso considerate come il miglior mezzo per assicurare una concorrenza “per” il mercato. La questione può essere inquadrata all’interno della scelta se esternalizzare o meno la gestione del servizio pubblico. Come ha chiarito la stessa Commissione europea, tale scelta è un’opzione che il diritto comunitario lascia alle singole autorità nazionali.
Vale peraltro la considerazione generale, ribadita recentemente dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2008 che anche nell’ambito dei servizi pubblici deve essere assicurata l’apertura alla concorrenza29. Ogni operatore potenzialmente interessato ha diritto ad avere accesso ad informazioni adeguate sull’affidamento30; la notizia dell’indizione della procedura di affidamento soggiace agli obblighi di trasparenza e pubblicità e la gara stessa deve essere condotta con imparzialità ed in modo non discriminatorio. Sul piano nazionale, peraltro, la decisione se organizzare il servizio all’interno dell’ente locale, attraverso società in house, aziende municipalizzate o la gestione in economia, ovvero avviare una procedura ad evidenza pubblica per la selezione di un privato cui affidare la gestione del servizio costituisce una scelta politica rilevante ed incontra i soli limiti dei principi che regolano le scelte discrezionali di ogni amministrazione pubblica: in particolare, efficienza, efficacia ed economicità. Nell’ in house contract il rapporto giuridico che si instaura tra pubblica amministrazione aggiudicatrice ed ente affidatario è di delegazione interorganica e non di tipo contrattuale e ciò comporta l’esclusione dell’applicabilità della disciplina europea sugli appalti pubblici e la deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione e trasparenza, nei limiti di quanto precisato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. Tuttavia, ciò non toglie che la stazione appaltante debba valutare attentamente benefici e costi di scelte di gestione così diverse.
Sin dagli inizi del secolo scorso la gestione dei servizi locali veniva demandata alle relative amministrazioni pubbliche locali con un fenomeno che oggi potremmo definire di gestione in
29 X. Xxxxx. CE, 13 settembre 2007, C-260-04; 13 ottobre 2005, C-458/03.
30 X. Xxxxx. CE 10 novembre 2005, C-20/04.
house31. La Corte di Giustizia nella sentenza Teckal 199932, ha chiarito i presupposti per aversi affidamento in house, che comportano l’esclusione degli obblighi derivanti dalle direttive sugli appalti. Questi sono: 1) che l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sulla persona giuridica destinataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; 2) che l’ente affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti che la controllano.
Le varie norme succedutesi negli ultimi anni, a partire dalla legge n. 142/1990 che introduceva le
c.d. “aziende speciali”, al fine di generare concorrenza “per” il mercato sono state caratterizzate dal tentativo di spostare le modalità di aggiudicazione della gestione dei servizi pubblici locali verso procedure aperte, con l’ambizione di stimolare la concorrenza tra imprese.
Una delle questioni su cui si continua a riflettere è la definizione dello “spazio regolatorio” entro cui consentire la gestione dei servizi pubblici locali. E’ opinione diffusa che l’affidamento dei servizi pubblici locali all’esterno debba avvenire tramite procedure competitive33. Il dibattito in Italia continua invece a concentrarsi sull’istituto della società mista34. La questione è se una volta selezionato il socio privato, anche l’affidamento del servizio debba soggiacere ad una procedura competitiva35.
E’ chiara l’opportunità di tenere distinti l’istituto dell’affidamento in house da quello della società mista per evitare meccanismi elusivi della concorrenza. L’interpretazione peraltro oscillante della stessa giurisprudenza amministrativa nazionale, in alcuni casi molto elastica36, ha esposto al rischio di elusione dell’obbligo dell’evidenza pubblica per l’affidamento del servizio e di abuso dell’istituto della società mista finalizzato ad un uso clientelare del potere politico. La Corte di Giustizia CE ha cercato di fare di chiarezza: poiché rappresentano un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario i requisiti dell’in house devono essere interpretati in modo restrittivo37. Il Consiglio di Stato sembra si sia allineato a questa impostazione38. Sia nel parere n. 456/2007, sia nell’Adunanza Plenaria n. 1/2008 ha ribadito che deve escludersi che il modello della società mista sia in alcun modo riconducibile all’in house. Le società miste sono riconducibili al Partenariato Pubblico Privato di tipo c.d. istituzionalizzato, che soggiacciono, come precisato dallo stesso Libro verde,
31 L’espressione in house contract è stata per la prima volta utilizzata, in ambito comunitario nella Comunicazione della Commissione n. 143 del 1998, Libro Bianco sugli appalti pubblici nell’Unione Europea, che definisce gli appalti in house “contratti aggiudicati all’interno della pubblica amministrazione, ad esempio tra un’amministrazione centrale e le amministrazioni locali ovvero tra un’amministrazione ed una società da questa interamente controllata”.
32 X. Xxxxx. sent. 8 novembre 1999, C-107-98.
33 Commissione Europea, Antitrust, Corte Costituzionale sent. n. 272/2004.
34 L’istituto in Italia è disciplinato dall’art. 113, co. 5 lett. b) del TU delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs. n. 267/2000). In passato si discuteva se il socio privato dovesse essere scelto con procedura ad evidenza pubblica, ma la questione è oggi chiarita dalla lett. b) dell’art. 113, co. 5 del TUEL e dall’art. 1, co. 2 del Codice dei contratti il quale precisa che “nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica”.
35 E’ stato sostenuto che il modello di società mista diffuso in Italia riconosce la possibilità che il socio privato, selezionato con procedura ad evidenza pubblica, sia chiamato a svolgere in via diretta, senza ulteriore gara, il servizio per cui la nuova società è stata costituita (Circ. Ministero dell’Ambiente 6 dicembre 2004; TAR Liguria, 28 aprile 2005, n. 527; TAR Sicilia, 18 aprile 2005, 671; Consiglio di Stato, 3 febbraio 2005, n. 272).
36 Il Consiglio di Stato, n. 272/2005 ha incluso nell’appalto in house anche le Spa a partecipazione pubblica maggioritaria.
37 La X. Xxxxx. ha chiarito che la presenza di un socio privato esclude che il servizio possa essere affidato “in house” senza procedura competitiva. Allo stesso modo deve escludersi la possibilità di eludere la procedura competitiva nel caso di società partecipata al 100% da un ente pubblico locale ma il cui statuto consente la cessione di partecipazioni a privati (sent. Xxxxx Xxxxx, 00 gennaio 2005, n. C-26/03; sent. 6 aprile 2006, C-410/04)
38 Cons. St. sent. n. 1524/2007.
alla disciplina sulla concorrenza. Pertanto se l’ente locale decide di costituire una società mista l’affidamento del servizio deve avvenire necessariamente con procedura ad evidenza pubblica39.
Comunque sia, i risultati raggiunti rispetto all’obiettivo citato di liberalizzazione “virtuale” non possono certamente dirsi soddisfacenti. In particolare l’utilizzo di procedure competitive è stato assai limitato. Si tratta di capire se l’inserimento dell’obbligo di procedure aperte possa da solo determinare effettivamente un beneficio in termini concorrenziali a vantaggio degli utilizzatori del servizio.
La teoria economica degli appalti prevede che si debba procedere con gare competitive in caso di progetti ben specificati in cui la stazione appaltante è in grado di fornire una descrizione dettagliata del progetto ai potenziali fornitori. In queste ipotesi infatti, con probabilità crescente al crescere dei partecipanti alla gara, la stazione appaltante ottiene quello che desidera: un progetto ben specificato al più basso costo per il contribuente40. Tuttavia, se il progetto è complesso e non tutti gli aspetti della performance del contraente sono specificabili ex-ante, una gara con procedura aperta è considerata un meccanismo sub-ottimale. Addirittura in alcuni di questi casi sarebbe possibile che la gara al prezzo più basso aggiudichi il contratto al fornitore meno capace, ad esempio perché questi ha sottostimato più degli altri i costi effettivi del progetto; o perché è a conoscenza di eventuali condizioni di favore di cui godrà sugli aspetti non contrattabili una volta aggiudicato il contratto. Per questi ed altri motivi, in presenza di contratti complessi si suggerisce, nel settore privato, di non ricorrere alla procedura aperta ma ad una, di fatto, trattativa privata con un fornitore che goda di buona reputazione41.
Peraltro, se nell’affidamento del servizio è sicuramente importante garantire trasparenza attraverso l’adozione di una procedura aperta, per garantire uno svolgimento efficiente ed efficace del servizio risultano necessari ulteriori elementi fondamentali, tra cui a) la buona reputazione del parco fornitori disponibile; b) la qualità del capitolato che minimizzi le incompletezze contrattuali anche avvantaggiandosi della possibilità ex-ante di dialogo tra fornitori; c) la garanzia del raggiungimento dell’obiettivo desiderato per la cittadinanza42.
Tale questione assume rilevanza anche alla luce del fatto che il nuovo disegno di legge - decreto 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria -, dopo aver sancito all’art. 23-bis, co. 2 la regola che per l’affidamento dei servizi in generale si deve procedere mediante “procedura competitiva ad evidenza pubblica”, al successivo comma 3 prevede la possibilità di “aggirare” tale regola in situazioni “che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”43. Così come formulata, la presente disposizione
39 Nello stesso senso Cons. di Giust. Amm. Regione Siciliana n. 589/2006.
40 X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Bidding for Incomplete Contracts: an Empirical Analysis, NBER Working Paper, No. W12051, 2006, p. 131.
00 X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx x X. Xxxxxxx , op. cit., 2006, p. 132-133. X. Xxxxxx, X. Xxxx, X. Xxxxxxx, Le grandi imprese italiane dei servizi pubblici locali: vincoli, opportunità e strategie di crescita, in Questioni di Economia finanziaria, Occasional Working paper, Banca d’Italia, 2008.
42 X. Xxxx e X. Xxxxxxxxx, La questione del conferimento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, Confindustria Centro Studi, Le sfide della politica economica. Conti pubblici, federalismi, la riforma dei contratti, servizi pubblici locali, 2008.
43 Trattasi della conversione in legge del “decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, testo non ancora approvato nella versione definitiva al momento della scrittura di questa nota.
si presta ad interpretazioni discrezionali che, considerata anche l’esperienza storica nel settore, potrebbero consentire una deroga assai frequente all’obbligo di procedura aperta.
Sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai PPP Istituzionalizzati è stata recentemente emanata una Comunicazione interpretativa della Commissione europea del 5 febbraio 2008 (C (2007)6661), che chiarisce alcuni aspetti dibattuti. Particolare attenzione viene dedicata al processo di costituzione dei PPPI, quale momento cruciale per il rispetto dei principi concorrenziali di derivazione comunitaria. Concretamente l’instaurazione di un Partenariato Pubblico-Privato istituzionalizzato si traduce in genere: a) nella costituzione di una nuova impresa il cui capitale è detenuto congiuntamente dall’amministrazione aggiudicatrice e dal partner privato (in alcuni casi, da più amministrazioni aggiudicatrici e/o più partner privati), e nell'aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a tale entità a capitale misto di nuova costituzione, oppure, b) nella partecipazione di un partner privato a un'impresa pubblica già esistente che esegue appalti pubblici o concessioni ottenuti in passato nell'ambito di una relazione “interna”.
Indipendentemente dalle modalità di costituzione del PPPI, le disposizioni di diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni impongono all’amministrazione aggiudicatrice di seguire una procedura equa e trasparente per la selezione del partner privato che, nell’ambito della sua partecipazione all’entità a capitale misto, fornisce beni, lavori o servizi, o quando procede all’aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a un’entità a capitale misto44. In ogni caso, le amministrazioni aggiudicatrici non possono “ricorrere a manovre dirette a celare l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a società ad economia mista”45.
Se l’incarico affidato a un’entità a capitale misto è l'esecuzione di un appalto pubblico interamente soggetto all’applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici, la procedura di selezione del partner privato è stabilita da tali direttive. Se si tratta di una concessione di lavori o di un appalto pubblico parzialmente disciplinato dalle direttive in materia, si applicano le regole e i principi fondamentali derivanti dal Trattato CE insieme alle pertinenti disposizioni delle direttive. Nel caso dei servizi di cui all'allegato II B della direttiva 2004/18/CE, si applicano i principi fondamentali di cui agli articoli 43 e 49 del trattato CE qualora si ritenga che gli appalti presentano un interesse certo per imprese con sede in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede l'amministrazione aggiudicatrice. Infine, nel caso di una concessione di servizi o di un appalto pubblico non rientrante nel campo di applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici, la selezione del partner privato deve essere effettuata nel rispetto dei principi del Trattato CE.
Merita infine di essere citato il recente Regolamento CEE n. 1370/07 in materia di trasporto pubblico di passeggeri, pubblicato il 3 dicembre 2007 sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea (l. 315/1), che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 ed entrerà in vigore il 3 dicembre 2009. In tema di in house providing si segnalano una serie di previsioni che, seppur rivolte al servizio di trasporto passeggeri, sembrano enucleare alcuni principi di portata più generale. Il fatto, poi, risulta particolarmente interessante in virtù della natura cogente dell’atto regolamentare comunitario. Ne esce sostanzialmente confermato il regime di neutralità
44 Le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare mediante trattativa privata appalti pubblici rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2004/17/CE a «imprese collegate» ai sensi dell'articolo 23 della suddetta direttiva.
45 Causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. 2005, pag. I-9705, punto 42.
dell’ordinamento comunitario relativamente alla decisione delle autorità pubbliche di ricorrere all’autoproduzione di un servizio pubblico di interesse generale46. Alcuni requisiti, fino ad oggi di derivazione giurisprudenziale vedono adesso trovare esplicito riconoscimento a) nel livello di rappresentanza dell’ente negli Organi di Amministrazione e direzione; b) nelle disposizioni degli Statuti, c) nell’ influenza e controllo sulle decisioni strategiche e di gestione.
2.4 Principi comunitari rilevanti.
È possibile, pertanto, delineare un quadro generale che permetta di evidenziare quali principi procedurali siano da ritenersi fondamentali, riprendendo e specificando ulteriormente i chiarimenti forniti in proposito dalla Commissione stessa anche prima dell’adozione delle nuove direttive. Il settore del public procurement si conferma essere un ottimo laboratorio di analisi e sperimentazione delle modificazioni apportate dal diritto comunitario al diritto amministrativo nazionale47.
Il principio di parità di trattamento risulta connesso con quello di non discriminazione ed entrambi costituiscono valori su cui si fonda la disciplina comunitaria. Secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia il divieto di discriminazione in base alla cittadinanza costituisce un’espressione specifica del principio generale di uguaglianza e uno dei principi fondamentali del diritto comunitario: esso “impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo la differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata”48.
Il principio di parità di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi per ragioni di cittadinanza, ma anche “qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che, mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, abbia in pratica le stesse conseguenze49. Tale principio, dunque, ha portata più vasta, in quanto consente la valutazione della discriminazione in base a criteri diversi. La sua definizione, comunque, non è soltanto in negativo, in quanto divieto di discriminazione, ma anche in positivo, come obbligo di definizione di “regole del gioco” chiare ed eque, definite e rese pubbliche con modalità tali da porre i potenziali concorrenti di una gara nella stessa condizione di partenza e applicabili in modo uniforme, al fine di rendere effettivo il mercato della concorrenza. Ciò implica non solo la fissazione di condizioni di accesso non discriminatorie all’attività economica, ma anche l’adozione da parte delle autorità pubbliche di ogni misura adatta a garantire l’esercizio di tale attività50.
Le amministrazioni, pur essendo libere di scegliere la procedura di aggiudicazione più appropriata alle caratteristiche del settore interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare durante le varie fasi della procedura, sono tenute a garantire che la scelta del candidato avvenga in base a criteri obiettivi e che la procedura si svolga nel rispetto delle regole e dei requisiti stabiliti
46 X. Xxxxxxxxx, La disciplina comunitaria del trasporto pubblico di passegeri, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 13 giugno 2008.
47 X. Xxxxxxx, Diritto amministrativo e diritto comunitario, seconda edizione, Giappichelli, Torino, novembre 2004.
48 X. Xxxxx., 0 ottobre 1980, causa 810/79 (Xxxxxxxxx).
49 X. Xxxxx., 13 luglio 1993, causa 330/91 (Commezbank). Nello stesso senso si era espressa anche precedentemente in Xxxxx Xxxxx., 0 febbraio 1982, cause riunite 62 e 63/81 (Seco e Desquenne).
50 X. Xxxxx., 26 febbraio 1992, causa 357/89 (Xxxxxx), e 7 luglio 1992, causa 295/90, Parlamento x. Xxxxxxxxx.
inizialmente51. Tutti i concorrenti devono essere messi in condizione di formulare le loro offerte in condizioni di parità e il raffronto delle offerte deve avvenire in base a criteri obbiettivi52. Secondo la Corte di Giustizia i criteri che conducono all’individuazione dell’aggiudicatario non possono essere modificati nel corso della procedura e devono essere applicati in maniera oggettiva e uniforme a tutti i partecipanti53. Può affermarsi che il procedimento concorrenziale svolge la funzione di garantire l’imparzialità delle scelte dell’amministrazione e la selezione dell’offerta ritenuta “migliore” nell’interesse pubblico che la stessa è tenuta a perseguire. Infatti si assume che con la messa in concorrenza di tutte le offerte potenziali su un dato progetto e il rispetto del principio di parità di trattamento, il sistema selezioni quella migliore. Ulteriori effetti delle concorrenza, poi, sono la riduzione del margine di profitto dell’aggiudicatario finale, sia in termini di prezzo corrisposto dall’amministrazione, sia in termini di proventi della gestione, anche con riferimento alla durata della stessa. In tal senso l’esperibilità di procedure ad evidenza pubblica risulta finalizzato anche a selezionare “l’offerta economicamente più vantaggiosa” per la pubblica amministrazione.
Inoltre, il raffronto delle offerte deve rispettare, in tutte le fasi della procedura, anche il principio di trasparenza, “affinché tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle offerte”54. Questo mira ad assicurare l’effetto utile del principio di parità di trattamento garantendo effettive condizioni di concorrenza ed esige, altresì, che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere ad una concessione55. Come evidenziato dalla Corte di Giustizia, l’obbligo di trasparenza cui sono tenute le pubbliche amministrazioni è finalizzato a garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che garantisca la concorrenza e il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione56.
Il principio di proporzionalità57 esige che ogni provvedimento adottato sia adeguato agli scopi perseguiti58. L’applicazione alle concessioni comporta, tra l’altro, che le amministrazioni concedenti devono adottare provvedimenti necessari e adeguati in relazione all'obiettivo evitando di fissare requisiti professionali o finanziari sproporzionati rispetto all'oggetto del contratto.
In base al principio del mutuo riconoscimento ciascuno Stato membro accetta i prodotti e servizi forniti da altri operatori economici di altri Stati membri, nella misura in cui gli stessi rispondano in modo equivalente alle esigenze legittimamente perseguite dallo Stato membro destinatario59. Ciò
51 X. Xxxxx., 25 aprile 1996, causa 87/94 (Bus Wallons).
52 Può essere ritenuta un’applicazione di questo assunto il principio, consolidato nella Giurisprudenza del Consiglio di Stato, della “vincolatività della lex specialis fissata con gli atti di gara, ancorché non coerente con lo ius superveniens eventualmente intervenuto dopo la loro emanazione”, secondo cui il procedimento deve essere assoggettato alla disciplina vigente all’epoca di pubblicazione del bando, momento iniziale del procedimento stesso, e le modifiche normative intervenute successivamente a tale data, per quel procedimento, devono considerarsi irrilevanti (in tal senso Cons. St., V, 11 maggio 1998, n. 226; Cons. St., V, 14 aprile 2000, n. 2237; Cons. St., V, 22 settembre 2001, n. 4989). La ratio è quella di non modificare le “regole del gioco” in corso di svolgimento della gara.
53 X. Xxxxx., 18 ottobre 2001, in causa 19/00 (SIAC Construction Ltd).
54 X. Xxxxxxxxx, 00 aprile 1996, causa 87/94 (Bus Wallons).
55 Commissione Europea, Comunicazione interpretativa del 2000.
56 X. Xxxxx., 0 dicembre 2000, causa 324/98 (Telaustria); Xxxxx Xxxxx. 00 luglio 2005, causa 231/03 (Corame); Xxxxx Xxxxx. 00 ottobre 2005, causa 458/03 (Parking Brixen).
57 La centralità del suddetto principio nel diritto comunitario è ribadita in diverse pronunce dalla Corte di Giustizia: 11 luglio 1989, causa 265/87, punto 21 (Xxxxxxxx) e 23 ottobre 1993, causa 127/92, punto 27.
58 Trib. primo grado, 8 luglio 1999, causa 266/97 (Vlaamse Televisie Maatschappij).
59 X. Xxxxx., 7 maggio 1991, causa 340/89 (Xxxxxxxxxxxx); Xxxxx Xxxxx., 00 luglio 1991, causa 76/90 (Xxxxxxxxxx).
implica che lo Stato nel cui territorio la prestazione è fornita riconosca le specifiche tecniche, i controlli, i titoli e i certificati prescritti in un altro Stato nella misura in cui questi siano riconosciuti equivalenti a quelli richiesti dallo Stato membro destinatario della prestazione.
Ulteriore principio comunitario che viene in considerazione è quello della tutela dei diritti fondamentali, rientrante nelle tradizioni comuni agli Stati membri: esso esige che eventuali provvedimenti di diniego adottati dalle amministrazioni in sede di stipula del contratto o di gestione delle procedure all’uopo finalizzate debbano essere motivati e possano essere oggetto di ricorsi giurisdizionali da parte dei loro destinatari. E’ quindi evidente che tali principi non sono concepibili come singole monadi, ma sono tra loro intimamente interconnesse, rivelando così una pregnante tendenza sistemica, tale che difficilmente è possibile violarne uno senza infrangerne altri.
2.5 Le direttive nn. 17 e 18 del 2004: ratio e recepimento.
E’ stato osservato che il Libro Verde non può essere considerato un atto meramente documentale. D’altronde non è un caso che esso sia pressoché coevo al pacchetto legislativo costituito dalle nuove direttive sugli appalti del marzo 2004 ed anzi in un certo senso, pur nella diversità di forza giuridica, può essere ritenuto parte del progetto sotteso al pacchetto stesso.
L’intervento complessivo dell’ordinamento comunitario rappresenta, di fatto, il frutto di progressivi aggiustamenti volti ad accrescere l’efficienza del sistema di regole e governance di un settore, quello del public procurement, particolarmente rilevante a livello economico e da sempre intimamente connesso al paradigma statale. Merita pertanto soffermarsi, sia pure brevemente, sulla ratio sottostante che ha accompagnato questo percorso, poiché fornisce non solo la chiave di lettura del tentativo di ampliare l’ambito di applicazione del mercato interno, quanto anche il miglior riferimento al fine di valutare il recepimento avvenuto nei singoli ordinamenti ed in particolare in quello italiano.
In questo scenario le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE rappresentano un termine di confronto indispensabile. Con esse la Comunità europea ha introdotto una nuova disciplina delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, rispettivamente nei settori ordinari e nei settori esclusi, ovvero acqua, energia, poste e trasporti. L’obiettivo principale perseguito dal legislatore europeo è senza dubbio l’apertura di tali mercati alla concorrenza, quale bene giuridico strumentale al perseguimento dell’interesse generale. Rilevanti al riguardo le due distinte ma connesse nozioni di concorrenza nel mercato e di concorrenza per il mercato60.
La finalità perseguita dalle direttive citate è di armonizzare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nei diversi ordinamenti nazionali, nel rispetto dei principi del Trattato sulla libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, la parità di trattamento, non discriminazione, riconoscimento reciproco, di proporzionalità e trasparenza61. A questo si aggiunge la necessità di un’apertura dei mercati in questione alla concorrenza. Infatti, una delle ragioni principali per le quali si è reso necessario un coordinamento delle procedure di
60 Nozioni riprese da ultimo nella nota sentenza n. 401 del 2007 della Corte Costituzionale.
61 Considerando numero 2, direttiva 2004/18/CE.
aggiudicazione, è data dal carattere chiuso di tali mercati, dovuto alla concessione da parte degli Stati membri di diritti speciali o esclusivi, per l’approvvigionamento, la messa a disposizione o la gestione di reti che forniscono il servizio nei settori richiamati. Anche in questo ambito, dunque, viene in rilievo un altro, ma connesso, aspetto relativo alla tutela della concorrenza: l’esigenza di prevedere misure di liberalizzazione dei settori sopra indicati finalizzate a garantire la graduale e completa apertura dei mercati alla libera concorrenza62.
Si evidenzia, pertanto, l’importanza di una regolamentazione orientata alla tutela e alla promozione della concorrenza, quale bene strumentale alla soddisfazione della domanda in termini di prezzo e qualità del servizio, mediante un’efficiente livello di mobilità delle prestazioni. In buona sostanza il filo logico sotteso ai diversi interventi susseguitisi nel tempo è quello di garantire a tutti gli operatori comunitari il diritto di partecipare in assoluta parità di condizioni e in piena trasparenza a gare pubbliche. Seppur indirettamente, si finisce per perseguire anche un fine ulteriore: l’esigenza di salvaguardare l’equilibrio finanziario delle amministrazioni aggiudicatrici nel timore che queste, sotto l’influenza dei pubblici poteri, nell’aggiudicare un appalto o una concessione, possano lasciarsi guidare da considerazioni non strettamente economiche63.
La logica giuridica sottostante a tali interventi normativi è ispirata alla c.d. legalità di mercato: si tratta cioè di principi generali improntati a favorire l’economia di mercato ed il gioco serio ed effettivo della concorrenza64. Così accanto alle ragioni tradizionali che hanno giustificato nel tempo la presenza di disposizioni pubblicistiche nella disciplina dei contratti della pubblica amministrazione, quali l’esigenza di tutela dell’interesse patrimoniale di quest’ultima e quella della trasparenza, in considerazione dei rilevanti interessi economici coinvolti, ha acquisito particolarmente rilievo anche una terza, quella della parità di condizioni degli operatori economici.
Diversamente da quello che potrebbe apparire a prima vista, è la stessa necessità di affermare la concorrenza tra gli operatori economici ad imporre la permanenza di tratti di disciplina pubblicistica dei contratti della pubblica amministrazione65. La penetrazione del diritto comunitario negli ordinamenti nazionali, quindi, ha conferito a tali norme la finalità di creare un mercato unico al quale tutti i soggetti interessati possano accedere con condizioni di partecipazione analoghe e non discriminatorie sulla base della nazionalità. Secondo alcuni66, si assisterebbe ad una svolta nella politica europea tesa ad incentivare la creazione di un sistema amministrativo favorevole alla concorrenza che non costituisca un ostacolo per i privati, né un freno per le attività economiche, a cominciare da quando esso agisce come committente.
Lo Stato e il Mercato, il pubblico ed il privato non sono più mondi separati e contrapposti, ma si presentano come entità che interconnesse. D’altra parte, proprio il settore del procurement rappresenta la sede ideale per sperimentare, come detto, nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato.
62 In questo senso: Corte Costituzionale, sent. n. 414 del 2007.
63 Cfr. C. Giustizia, 23 maggio 2003, causa C-18/2001; id., 3 ottobre 2000, causa C-380/1998
64 X. Xxxxxxx, I contratti con la pubblica amministrazione, in X. Xxxxxxxxx (a cura di) I contratti con la pubblica amministrazione;op. cit., 2007.
65 X. Xxxxxxxxx, I contratti della pubblica amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato, op. cit.
66 X. Xxxxxxxxxx, Verso un Codice unico degli appalti, pubblicato in ASTRID – Rassegna n. 23 del 2006.
Fine ultimo diventa quello di trovare il giusto punto di equilibrio tra l’urgenza di garantire maggiore flessibilità alla stazione appaltante nel rivolgersi al mercato per il pieno soddisfacimento delle proprie esigenze, avvalendosi delle opportunità di dialogo e scambio globale offerte dal ricorso ai più avanzati supporti tecnologici, e il doveroso compito di conformare l’esercizio di tale libertà all’acquis communautaire, ossia tanto ai principi della libera circolazione delle merci, di stabilimento e di prestazione dei servizi enunciati nel Trattato UE67, quanto a quelli di parità di trattamento, trasparenza, reciprocità, proporzionalità e soprattutto di concorrenza enucleati nel loro profilo applicativo soprattutto nelle aule dei giudici europei68.
Quanto al recepimento delle direttive nei 27 Stati dell’Unione, pur non essendo possibile affrontare in questa sede un’analisi comparata dei diversi provvedimenti di recepimento, si ritiene opportuno offrire qualche spunto sui profili più generali della questione, in modo da fornire quantomeno una cornice orientativa. Il termine ultimo per il recepimento delle citate direttive all’interno degli ordinamenti nazionali è stato stabilito nella data del 31 gennaio 2006. Ad oggi, soltanto il Belgio non è ancora arrivato ad una formalizzazione finale del recepimento. Come acutamente osservato, con una certa probabilità ciò indurrà Bruxelles a condannare Bruxelles, pendendo nei confronti del Belgio una procedura d’infrazione69.
Nonostante praticamente tutti gli Stati membri si siano dotati delle relative normative interne di recepimento, ciò non è avvenuto ovunque con la stessa rapidità. Anzi, gli unici paesi che hanno dimostrato un tempismo significativo sono Danimarca, Olanda e Regno Unito. In realtà, con il Code des marchés publics del 2004, la Francia aveva addirittura anticipato il recepimento rispetto all’approvazione finale delle Direttive stesse. Tuttavia la manovra non si è rivelata particolarmente felice, rendendosi necessaria, a seguito delle osservazioni sollevate dalla Commissione, l’emanazione del nuovo Code 2006, attualmente in vigore.
Alcuni Stati, tra cui la Spagna, che ha recepito la direttiva alla fine del 2007, hanno registrato, invece, un certo ritardo. In particolare, in cinque finiranno davanti alla Corte per ritardata notifica delle misure di recepimento: Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Slovenia. Altri due, poi, hanno già subito la condanna: la Svezia, con sentenza del dicembre 2007, ed il Portogallo, con una sentenza dell’aprile 2008.
Quanto ai profili formali, si registrano sostanzialmente due modalità di recepimento. Da un lato, Italia, Francia e Portogallo hanno adottato un unico testo per entrambe le direttive; dall’altro, la tendenza generale è stata quella di provvedere al recepimento mediante due provvedimenti legislativi separati ed autonomi, uno per ciascuna direttiva. Un caso a parte, invece, è rappresentato dalla Germania che ha varato separatamente le due normative, per poi innestarle entrambe nella legge generale sugli appalti (GWB).
67 Si veda ad es., il caso 76/1981, SA Transporoute et travaux v. Minister of public works, in New law journal, 1983, p. 533, nonché il caso 3/1988, Data processing case, Commissione v. Italia, 1989.
68 Al riguardo, il 1° Considerando, dir. n. 04/18/CE, dichiara espressamente che «la presente direttiva si basa sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia, in particolare sulla giurisprudenza relativa ai criteri di aggiudicazione (…)». Sul punto v. anche il 2° e il 3° Considerando, l’art. 2, dir. n. 18/04, nonché Corte di Giustizia, ordinanza 3 dicembre 2001, C-59/2000, in Foro it., 2000, IV, p. 67 e circolare del Dipartimento per le politiche comunitarie 29 aprile 2004, in G.U., 12 luglio 2004.
69 C. Rangone, Il recepimento delle direttive 17 e 18 in alcuni Stati Membri dell’Unione – Xxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxx Xxxxx. Esaminato anche attraverso le procedure d’infrazione della Commissione ed alla luce dei temi sollevati dalla lettera di messa in mora all’Italia, relazione al Convegno IGI Procedure d’infrazione CE contro il codice dei contratti.
Da un punto di vista sostanziale, poi, pare indispensabile far riferimento ai diversi modelli di sistemi giuridici presenti nella realtà europea: a) quello di common law (Gran Bretagna, Irlanda); b) quello civilistico (ad esempio, Germania, Austria, Olanda); c) quello amministrativo, simile a quello italiano (Belgio, Francia, Spagna, Portogallo). Ad ognuno di essi è infatti riconducibile una differente tipologia di recepimento, sotto il profilo contenutistico.
Nel primo caso, il recepimento è stato talmente fedele al testo delle direttive; per questo è stato definito recepimento fotocopia. Nei paesi con sistema di tipo civilistico, invece, si è registrato un certo livello di fedeltà che però ha imposto dei necessari adattamenti e l’aggiunta di norme tecniche. Nel sistema amministrativo, infine, il recepimento si è rivelato decisamente di tipo “rielaborativo”, come testimoniano soprattutto il Codice italiano e i due successivi Code (2004 e 2006) francesi, nonché le numerose proposte di legge in Spagna e Portogallo e il grave ritardo del Belgio. La conseguenza di tale ultimo approccio si sintetizza nei rilievi mossi dalla Commissione, che risultano essere più ampi ed incisivi. Significative in proposito, le esperienze di Francia e Italia. Gli altri Stati rientranti nelle altre due tipologie individuate, hanno ricevuto richieste di adeguamento al diritto comunitario spesso importanti, ma puntuali.
Quanto ai provvedimenti di recepimento dei principali Stati Membri, è possibile ricordare accanto al nostro Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lgs. n. 163/2006, nel Regno Unito le Public Contracts Regulations e le Utilities Contracts Regulations, in vigore dal 31 gennaio 2006 che recepiscono, rispettivamente, la direttiva 18/2004/CE e la direttiva 17/2004/CE; in Francia il Code de Marchès Publics; in Germania il Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen (la legge antitrust), il Vergabeverordnung - VgV (l’ordinanza sull’aggiudicazione dei contratti pubblici) e i regolamenti VOB, VOL e VOF; in Spagna, la Ley 30/2007 del 30 ottobre 2007, in vigore dal 31 aprile 2008, Ley de contractos del sector publìco per il recepimento della direttiva 18 e la Ley 31/2007 per il recepimento della direttiva n. 17.
3. La regolamentazione in alcuni Stati membri.
3.1 Il contratto di Partenariato Pubblico Privato.
Alcuni Paesi comunitari, si sono interessati di regolamentare il fenomeno del Partenariato Pubblico Privato prima del nostro. Non tutti gli ordinamenti però si sono dotati di una definizione propriamente giuridica di contratto di Partenariato Pubblico Privato.
Come peraltro evidenziato nello stesso Libro verde del 2004, sotto questa dicitura confluiscono esperienze diverse, caratterizzate da una certa complessità. Ciò vale sotto il profilo soggettivo, perché trattasi di operazioni che coinvolgono, quali parti di un rapporto, due soggetti, il pubblico ed il privato, spesso visti in contrapposizione piuttosto che in collaborazione; oggettivo, perché risulta effettivamente difficile circoscrivere preventivamente, l’esatto oggetto di tali operazioni in tutti i suoi elementi; e funzionale, perché l’obiettivo perseguito è quello di ricondurre il finanziamento, la realizzazione, la gestione e la manutenzione di infrastrutture e servizi ad esse connesse ad una realtà di mercato regolamentato che stimoli la concorrenza, aumentando i benefici, tanto in termini economici quanto qualitativi, sia per la pubblica amministrazione che, in definitiva, per il cittadino- utente-contribuente. In questo scenario, è inevitabile che sfumino quelle rigide distinzioni, tipicamente continentali, tra categorie giuridiche sostanziali.
Si impone dunque una prospettiva funzionale, come suggeriscono quegli ordinamenti che hanno deciso di inquadrare il fenomeno, definendo figure contrattuali aperte che forniscono agli operatori di settore ed alle pubbliche amministrazioni strumenti flessibili. Quale che sia la loro definizione, comunque, nei rapporti di Partenariato Pubblico Xxxxxxx l’obiettivo fondamentale per l’amministrazione resta la selezione del miglior contraente e della migliore offerta e, dopo la conclusione del contratto, la buona esecuzione dello stesso, come corretto adempimento.
Già a partire dai primi anni Novanta il Xxxxx Xxxxx00 ha iniziato a coinvolgere i privati nella realizzazione delle opere pubbliche di maggiore complessità allo scopo di ridurre i costi a carico del settore pubblico ed incrementare l’efficienza nella realizzazione delle infrastrutture. Una delle forme più diffuse di Public-Private Partnership è la Private Finance Iniziative (PFI), la quale risulta invero sprovvista di una disciplina organica a livello normativo primario. Nella PFI il committente pubblico seleziona un contraente privato incaricato di realizzare l’opera e di occuparsi della sua manutenzione, che viene remunerato attraverso pagamenti periodici effettuati, per tutta la durata del contratto, dall’amministrazione stessa, da altri soggetti che si servono della infrastruttura, oppure da una combinazione di entrambe le soluzioni. Il PFI non è dunque un contratto, né una procedura di aggiudicazione, bensì una modalità di realizzazione delle opere pubbliche, invero quella di gran lunga più utilizzata e costituisce il riferimento essenziale per l’analisi delle procedure di aggiudicazione per gli appalti complessi nel Regno Unito. Per incentivare il ricorso alla PFI e diffondere una cultura di collaborazione tra pubblico e privato, il Governo britannico ha preferito puntare su atti giuridici non vincolanti, quali guide, note pratiche, raccomandazioni, lasciando alle amministrazioni la scelta di conformarsi o meno ad esse71.
70 X. Xxxxxxxxxx, An Assessment of the New Legislative Package on Public Procurement, in C.M.L.R., 2004, pp. 41 ss.
71 Tra le guide più importanti in materia di PFI si segnalano quelle elaborate dal Ministero del Tesoro (HM Treasury), aventi ad oggetto, tra l’altro, la standardizzazione dei contratti di PFI e l’individuazione e valutazione delle varie opzioni a disposizione dell’amministrazione per la realizzazione dell’opera.
In Francia, l’ordonnance n. 2004-559 del 17 giugno 2004, ratificata dalla legge n. 2004-1343 del 9 dicembre 200472, definisce, all’art. 1, il Contrat de partenariat come un “contratto amministrativo attraverso cui lo Stato o un altro ente pubblico statale conferisce ad un terzo, per un periodo determinato in funzione del tempo di ammortamento degli investimenti o delle modalità di finanziamento definite, una missione globale relativa al finanziamento di investimenti immateriali, di opere o attrezzature necessarie al servizio pubblico, alla costruzione o trasformazione delle opere o delle attrezzature, così come alla loro manutenzione, al loro mantenimento, al loro sfruttamento o alla loro gestione e, ove occorra, alle altre prestazioni di servizio concorrenti a l’esercizio, da parte del soggetto pubblico, della missione di servizio pubblico di cui ha l’incarico”.
In realtà, l’ordinamento francese già in passato aveva conosciuto una prassi contrattuale simile. Si tratta della c.d. marché d’enterprise de travaux publics (METP), un contratto a metà strada tra la concessione di opera o di servizio pubblico e il contratto di appalto. L’analogia è evidente. L’amministrazione attribuiva il compito di costruire un’opera e di gestirla per un tempo determinato. In tal caso, però, la remunerazione per l’impresa non derivava dagli utenti finali bensì da canoni periodici posti in capo all’amministrazione affidante. Tuttavia il percorso che ha portato all’odierno contratto di partenariato è alquanto travagliato. Tre i principali punti di criticità nella configurazione contrattuale del METP: la presenza di pagamenti differiti; l’abbinamento dei contratti di costruzione e gestione (entrambi disciplinati dalla legislazione generale sui contratti pubblici artt. 9-10 del Codice del 2001); nonché l’attrazione del METP negli affidamenti concorrenziali affermata dalla giurisprudenza73.
Una decisione del Conseil constitutionnel ha però riabilitato questo genere di contratti ritenendo che non vi fosse alcun principio costituzionale che vietasse l’affidamento congiunto della costruzione e della gestione di un’opera74. La soluzione è stata così ripresa dalla legge n. 2003-591 del 2 luglio 2003 che ha invitato il Governo a disciplinare una nuova forma di contratto per la realizzazione e la gestione delle missione di interesse generale. In base a tale legge, il Governo francese ha adottato prima alcune ordonnances settoriali e poi l’ordonnance n. 2004-559 citata75.
Pur ricordando per molti aspetti il modello precedente (METP), il contratto di partenariato, da un lato, denota una maggiore flessibilità quanto all’ambito applicativo e, dall’altro, si caratterizza per dei vincoli procedurali più stringenti. L’art. 2 dell’ordonnance ne definisce l’ambito di applicazione, specificando che le amministrazioni possono ricorrere a tale tipologia di contratto in due casi: per progetti complessi, rispetto ai quali non siano in grado di definire gli aspetti tecnici, economici e giuridici e in situazioni di urgenza. Nel primo, l’amministrazione segue la procedura del dialogo competitivo, mentre nel secondo può indire una procedura ristretta. In entrambe le fattispecie viene seguito il modello definito dalla direttiva 2004/18/CE e si impone il rispetto dei principi di libertà di accesso, parità di trattamento, trasparenza e oggettività (art. 3)76. L’art 11 dell’ordonnance
72 Vale peraltro evidenziare che è al momento in discussione al parlamento francese un progetto di riforma della normativa sul partenariato.
73 Conseil d’État, 8 febbraio 0000, Xxxxxxx xx Xx Xxxxxx, x. 000000.
74 Conseil constitutionnel, n. 2002-460, 22 agosto 2002. La pronuncia riguardava la legge n. 2001-1094 del 29 agosto 2002, relativa, tra l’altro, alla costruzione di carceri.
75 Si è pronunciato nel senso della legittimità dell’ordonnance, Conseil d’État, 29 ottobre 2004, Sueur, nn. 269814-271119-271357- 271362.
76 X. Xxxxxxxx, L’influence du droit communautaire sur la liberté contractuelle du décideur public dans le cadre du contrat de partenariat, in Revue du droit public, 2006, n. 6, p. 1601.
determina, poi, le clausole necessarie del contratto in questione, tra cui quelle sulla durata, sui corrispettivi, sui controlli ecc.
L’amministrazione governativa ha poi fornito delle indicazioni circa la sua operatività concreta, ritenendolo particolarmente adatto per la realizzazione delle infrastrutture e degli edifici scolastici e sanitari, degli impianti culturali e sportivi, nonché per l’informatizzazione dei servizi pubblici locali77. I vantaggi attesi vanno dalla semplificazione delle procedure, concentrate in un momento unico, al trasferimento del rischio sul partner privato, alla possibilità di acquisire soluzioni innovative e di ottimizzare lo sfruttamento dell’opera.
In Germania, manca una disciplina organica del partenariato pubblico-privato78. Anche la legge di semplificazione in materia di Partenariato Pubblico-Privato, c.d. ÖPP-Beschleunigungsgesetz, entrata in vigore il 7 settembre 2005, non ha dettato una disciplina specifica del project financing e del partenariato pubblico-privato, ma si è limitata a modificare il quadro normativo previgente introducendo una serie di elementi di semplificazione e maggiore flessibilità, tra cui l’introduzione dell’istituto del dialogo competitivo, volti a favorire e promuovere la realizzazione di opere secondo lo schema del partenariato pubblico-privato. Il Projektfinanzierung, pertanto, è regolato prevalentemente dalle disposizioni generali in materia di appalti pubblici e dalle relative normative di settore, per quanto attiene gli aspetti urbanistici, edilizi e ambientali del progetto da realizzare.
Per quanto riguarda il profilo più strettamente contrattuale, la prassi tedesca conosce diversi modelli contrattuali, utilizzati secondo le esigenze che in concreto bisogna soddisfare. Tra questi il più importante è il c.d. Betreibermodell o DBOT (Design, Build, Operate, Transfer) di matrice anglossassone. Tale modello è riconducibile alla concessione di lavori pubblici, in cui al concessionario sono affidati la progettazione (design), la costruzione (build) e la gestione (operate) dell’opera, con l’obbligo di trasferirla in proprietà all’amministrazione concedente al termine della concessione (transfer). La collaborazione del soggetto privato alla predisposizione del progetto, tanto da un punto di vista tecnico che economico-finanziario, da mettere successivamente a base di gara, analogamente a quanto avviene nel modello del project financing di opere pubbliche previsto nell’ordinamento italiano, rappresenta una delle questioni più dibattute del Projektfinanzierung alla tedesca.
In particolare, la possibilità per il soggetto precedentemente coinvolto nelle fasi preliminari, e quindi in una fase “a monte”, di poter partecipare alla procedura di gara, ha sollevato qualche perplessità. È stato sostenuto, in dottrina, che tale ipotesi configurerebbe una situazione di conflitto di interesse in capo al soggetto stesso e pertanto ricadrebbe nel campo di applicazione del divieto di partecipazione alla gara disposto dall’art. 16 del VgV o, più in generale sarebbe comunque lesivo dei principi di imparzialità e parità di trattamento tra i concorrenti.
Nello specifico, poi, diverse sono le esigenze da conciliare. La pubblica amministrazione ha chiaramente interesse a sfruttare le maggiori risorse ed il know-how tipico del settore privato, incentivandone la partecipazione all’operazione sin da una fase di pianificazione progettuale. Nello stesso tempo, però, vi è la necessità di garantire la parità di trattamento tra i partecipanti alla gara,
77 Circulaire relative aux contrats de partenariat à l'attention des collectivités territoriales, 29 novembre 2005, par. 1.4.1.
78 X. Xxxxxx e X. Xxxxxx, Il project financing come modello di collaborazione pubblico-privato per la realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità in Germania, in Dir. Pubb. Comp. Eur., 2006, pp. 1819 ss.
evitando che un soggetto possa trarre un indebito vantaggio competitivo dall’aver partecipato alle fasi preliminari.
Una parte della dottrina e della giurisprudenza ha suggerito una soluzione d’equilibrio, nel tentativo di comporre esigenze in parte configgenti. Secondo tale impostazione, la partecipazione del privato alla fase progettuale, a monte della procedura di gara, non comporta, di per sé, il divieto di partecipazione alla gara. Tuttavia, si delinea in capo all’amministrazione l’obbligo di adottare, ove possibile, le misure volte a tutelare la concorrenza e la par condicio dei partecipanti. In particolare il vantaggio in capo al soggetto che ha partecipato all’iniziativa sin dall’inizio potrebbe essere neutralizzato, assicurando a tutti i partecipanti lo stesso livello di accesso alle informazione ed ai documenti forniti durante la fase preliminare79. Qualora, poi, permanga una situazione di vantaggio indebito sarà necessario escludere il soggetto in questione dalla successiva fase di gara.
Tali risultati sono stati codificati nell’art. 4, comma 5, del VdV (introdotto dalla legge di semplificazione del 2005) secondo cui “la stazione appaltante, in caso di coinvolgimento del privato nelle attività preliminari e prodromiche alla procedura di gara, deve assicurare che non sia violato il principio di concorrenza e parità di trattamento tra i concorrenti”. Seppur attraverso una disposizione generica, è stato così codificato il principio nella non automatica esclusione del soggetto coinvolto nelle fasi preliminari della procedura di gara.
In Spagna, una delle principali novità introdotte dalla Ley 30/2007 è la previsione all’art. 11 del Contrato xx xxxxxxxxxxxx xxxxx xx xxxxxx xxxxxxx x xx xxxxxx xxxxxxx, xxxxxxxx al PFI inglese e al Contrat de partenariat francese. Tale strumento consente all’amministrazione di affidare ad un soggetto privato, per un periodo determinato in relazione all’ammortamento dell’investimento o del tipo di finanziamento ottenuto, la realizzazione di una missione globale e integrata (realizacìon global e integrada) che oltre al finanziamento degli investimenti comprenda un’attività aggiuntiva costituita alternativamente: a) dalla costruzione di un opera, b) dalla gestione dell’opera, c) dalla produzione di beni o prestazione di servizi che incorporino la tecnologia sviluppata con il proposito di apportare soluzioni più avanzate o più vantaggiose, d) da altri servizi legati allo sviluppo per l’amministrazione del servizio pubblico o all’attivazione dell’interesse generale. Il contraente privato può, inoltre, realizzare totalmente o parzialmente il progetto per l’esecuzione (art. 11 co. 3). La controprestazione in favore del privato è rappresentata da un prezzo che verrà corrisposto durante la durata del contratto e potrà essere vincolato al compimento di determinati obiettivi di rendimento (art. 11 co. 4).
La legge, inoltre, prevede gli elementi essenziali del contratto, tra i quali si segnalano: a) le prestazioni richieste al contraente privato; b) le condizioni di riparto del rischio, c) le condizioni del contratto e in particolare gli obiettivi di rendimento assegnati al contraente in relazione alle qualità delle prestazioni da rendere; d) i criteri per la commisurazione della remunerazione del privato, [..]
g) i controlli della pubblica amministrazione, ecc. (art. 120). In generale l’aggiudicazione di questi contratti, a norma dell’art. 164 co. 3, è abbinata alla procedura del dialogo competitivo, salvo l’ammissibilità, se ne ricorrono i presupposti stabiliti dall’art. 154 lett. a), della procedura negoziata.
Il modello contrattuale in questione rappresenta sostanzialmente una modalità aperta finalizzata alla realizzazione di un bisogno della pubblica amministrazione, qualora la complessità dell’oggetto sia
79 Ad esempio sentenze OLG Duesseldorf, del 25 ottobre 2005 (Verg 67/05) e VK Bund,del 1 Dicembre 2005 (VK 1-98/05).
tale da non consentire all’amministrazione stessa di identificare autonomamente e previamente lo strumento necessario per la realizzazione. La disciplina applicabile, di conseguenza non è prestabilita aprioristicamente, ma si specifica per così dire in corso d’opera. Infatti, fermo restando le norme generali sui contratti pubblici previsti dalla legge stessa e comunque applicabili, soltanto quando, attraverso l’apporto del privato, il contratto si riempie di contenuti sarà possibile determinare quale sia la prestazione principale dello stesso e, conseguentemente, il tipo contrattuale cui è riconducibile, nonchè la disciplina da applicare nel caso concreto (art. 289). Sottostando a questo regime particolare, ne è prevista un’applicazione residuale. Soltanto qualora le altre forme di contratti pubblici tipizzate dalla legge non soddisfino la finalità pubblica, infatti, è consentito ricorrere alla nuova tipologia (art. 11 co. 2).
Il regime di utilizzo risulta così essere sottoposto a condizioni decisamente stringenti che implicano per l’amministrazione tutta una serie di oneri documentali accessori e prodromici all’esperimento della gara. Sarà pertanto necessario che l’amministrazione elabori un apposito documento di valutazione, c.d. documento de evaluacìon, da cui risulti la complessità del contratto, l’impossibilità di definire, prima della procedura di valutazione, i mezzi tecnici necessari per realizzare gli obbiettivi e di individuare gli strumenti giuridici o finanziari idonei. Lo stesso documento dovrà contenere un’analisi comparativa che dimostri l’inidoneità di un ricorso agli altri modelli contrattuali (art. 118).
In ultimo vale la pena evidenziare come il contrato de collaboracion si distingua nettamente, per presupposti e caratteristiche, dalla concessione di lavori (art. 7), assimilabile a quella prevista dal nostro codice dei contratti pubblici, ossia un contratto con le caratteristiche dell’appalto di lavori ma il corrispettivo del quale per il concessionario è costituito dal diritto di gestire l’opera realizzata, eventualmente accompagnato da un prezzo. Tuttavia, quando la prestazione principale del contrato de collaboracion consista in una concessione di lavori, l’intero rapporto contrattuale sarà ricondotto alla disciplina di tale contratto e, di conseguenza, potrà essere derogato il limite di durata ventennale previsto dall’art. 290.
3.2 La definizione di contratti di Partenariato Pubblico Privato introdotta dal terzo decreto correttivo al Codice dei contratti.
Con l’emanazione del terzo decreto correttivo al Codice dei Contratti, d.lgs. n. 152/2008, anche l’Italia sembra compiere un primo passo importante nella direzione di una regolamentazione del fenomeno. L’ultimo correttivo al Codice prevede all’art. 2, co. 1, lett. a.2) una definizione di “contratti di partenariato pubblico privato”, inserita all’art. 3 co. 15-ter del Codice. Tale previsione recepisce una condizione del parere reso dall’VIII Commissione Senato il 29 luglio 2008. La nuova disposizione dispone si tratti di “contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”.
La disposizione chiarisce, inoltre, che “rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di Partenariato Pubblico Privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione
finanziaria, l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste. Possono rientrare altresì tra le operazioni di Partenariato Pubblico Xxxxxxx l’affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell’opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell’opera per il committente o per utenti terzi. Fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 44, co. 1-bis del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31, alle operazioni di Partenariato Pubblico Privato si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”.
La definizione fornita richiama le “prescrizioni e gli indirizzi comunitari vigenti”, ma di fatto propende per un’impostazione contrattuale in cui il focus è più sull’oggetto degli stessi, piuttosto che sull’elemento della cooperazione tra pubblico e privato, autorità pubbliche e mondo delle imprese che dir si voglia. Di fatto il terzo correttivo introduce nel Codice dei contratti una definizione di contratti di PPP che sembra lasciar fuori i c.d. PPP di tipo istituzionalizzato, anche se poi nell’elenco che segue vi si fanno rientrare le società miste, che per alcuni profili potrebbero rientrare più opportunamente nella seconda tipologia di PPP delineata nel Libro verde.
Dall’elenco che segue risulta evidente che il legislatore abbia voluto delineare i rapporti in esame come una tipologia contrattuale aperta che poggia essenzialmente su alcuni presupposti: si tratta infatti di un elenco non tassativo, formulato “a titolo esemplificativo”. Aderendo all’impostazione seguita in altri ordinamenti, quali la Spagna e la Francia, si è preferito regolare la fattispecie più in termini sostanziali che formali. Il contratto diviene, in questo modo, uno strumento di tipo flessibile a struttura variabile. Il suo contenuto, infatti, potrà essere direttamente determinato dalle parti secondo le esigenze concrete che le stesse vorranno soddisfare, purché vengano rispettati due vincoli, uno di scopo e l’altro di risultato.
Quanto al primo, ben può dirsi che il Partenariato, pur rappresentando una categoria contrattuale aperta, si contraddistingue per il suo oggetto tipico, e cioè per il suo essere strumentale alla “progettazione, costruzione, gestione o manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure alla fornitura di un servizio” (art. 3, co. 15-ter), attraverso una partecipazione totale o parziale dei privati dal punto di vista finanziario. Se tipico è l’oggetto, non potendosi leggere in senso esemplificativo le prestazioni elencate dal comma 15-ter, al più tra di loro alternative, diverse possono essere invece le possibili configurazioni contrattuali di tali attività, purché l’allocazione dei rischi sia rispettosa delle “prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”, che fungono da vincolo di risultato. E’ espressamente prescritto, inoltre, che “si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”, cui si è fatto cenno (vedi sopra).
A ben vedere la pubblica amministrazione ed il privato potranno godere di un certo margine di autonomia nel predisporre gli strumenti giuridico-economici necessari alla realizzazione del progetto di investimento. Si spiega così, l’assenza di qualsiasi tentativo di tipizzazione, da parte del legislatore, di tali profili; atteggiamento questo decisamente nuovo per il nostro ordinamento. Ciò comporta una maggiore autonomia negoziale ed una maggiore discrezionalità strategica in capo all’amministrazione. In definitiva in un maggior peso specifico del contratto stesso e del suo contenuto. Il richiamo stesso ad i contenuti della decisione Eurostat deve leggersi coma una sorta di responsabilizzazione delle amministrazioni nell’esercizio di uno strumento così strutturato.
Sarebbe stato preferibile forse, prevedere una norma di raccordo con le altre tipologie contrattuali esistenti nel nostro ordinamento e riconducibili nel novero dei PPP e con le procedure di
aggiudicazione da seguire e/o una clausola di chiusura simile a quella prevista nell’ordinamento spagnolo, secondo cui il regime del contratto, una volta determinato il suo contenuto attraverso l’apporto del privato e quindi in fase di esecuzione, viene assimilato e segue le regole del contratto tipo al quale è riconducibile la prestazione principale del rapporto.
3.3 Le dimensioni del mercato del PPP nei principali paesi europei.
Nonostante si continui a discutere sull’effettivo sviluppo PPP in Europa, studi xxxxxxx00 dimostrano che è in atto, da diversi anni a questa parte, una decisa crescita di dimensioni del mercato in questo settore. Sono però necessarie alcune precisazioni. Anzitutto, come messo in luce da una letteratura più prudente81, nonostante l’argomento sia abbondantemente trattato dalla stampa specialistica e da numerosi database commerciali on-line82, spesso le informazioni trattate da queste fonti risultano essere incomplete o ripetitive.
In particolare l’enfasi di questa attività di report si concentra, prevalentemente, sullo svolgersi degli affari, piuttosto che sulla valutazione macroeconomica del fenomeno. In proposito un recente studio della BEI (Banca Europea sugli Investimenti) ha raffrontato, con le debite precauzioni d’analisi, il valore degli investimenti in PPP degli ultimi dodici anni, suddivisi in due ulteriori fasce temporali, con quello degli investimenti pubblici dei principali paesi europei.
Tabella n. 15
PPP e Investimenti pubblici a confronto ( in % al PIL)
Fonte: BEI 2007
80 Standard & Poor’s, “Public private partnerships. Global credit survey 2006”. Standard & Poor’s, Maggio 2006
81 X. Xxxxxx-Xxxxx, X. Xxxxxxxxx e X.Xxxxxx, Public-private partnerships in Europe: an update, Economic and Financial Report 2007/03 Eib, 2007.
82 Tra queste fonti di informazioni ricordiamo tra gli altri Xxxxxxx’x Project Finance International, InfraNews, Infrastructure Journal and Dealogic’s ProjectWare. In proposito bisogna segnalare come gli unici paesi che si sono forniti di database istituzionali sono il Regno unito, l’Irlanda e l’Italia. Per quanto riguarda il nostro paese, si veda il sito http:// xxx.xxxxxxxxx.xx
Gli unici paesi in cui si segnala una rilevanza macroeconomica e sistemica dei PPP sono il Regno Unito, il Portogallo e la Spagna. Paesi come la Grecia e l’Ungheria, i cui livelli d’investimento in PPP sembrerebbero significativi, sono, in realtà, caratterizzati da un piccolo numero di progetti di grandi dimensioni. In sintesi la rilevanza macroeconomica del fenomeno è risultata essere ancora limitata. In particolare la spesa in PPP non eccede il quarto degli investimenti pubblici in ogni paese e nella gran parte dei casi, rappresenta, comunque, una percentuale molto piccola.
Negli ultimi quindici anni (tabella n. 16), la gran parte delle operazioni, i tre quarti circa in numero di progetti, è concentrata in Gran Bretagna (75%). La Spagna rappresenta il secondo mercato più grande. Seguono Francia, Germania, Italia e Portogallo.
Tabella n. 16
Francia
Spagna
Germ ania Grecia
Regno Unito Altri
Italia
Ungheria
Xxxxxxxxxx
Xxxxxx
Suddivisione del mercato dei PPP negli ultimi 15 anni per numero di progetti
75%
Fonte: Elaborazione su dati BEI 2007
Il risultato non cambia di molto se si prende come parametro di giudizio il valore dei progetti realizzati, piuttosto che il numero degli stessi (tabella n. 17). In questo caso, infatti, il Regno unito assorbe circa il 57% degli investimenti totali in PPP in Europa, mentre gli altri cinque paesi rappresentano, tutti insieme, un altro terzo del mercato.
Tabella n. 17
Suddivisione del mercato dei PPP negli ultimi 15 anni per valore dei
progetti
57%
Francia
Spagna
Germ ania Grecia
Regno Unito Altri
Italia
Ungheria
Xxxxxxxxxx
Xxxxxx
Fonte: Elaborazione su dati BEI 2007
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Tuttavia, negli ultimi anni, come risulta dal rapporto citato, si osserva che il mercato dei PPP stia cominciando ad estendersi dal Regno Unito all’Europa continentale. L’espansione è testimoniata e resa ancor più evidente da un lato, dalla recente legislazione di cui, in proposito, si sono dotati paesi come la Francia, la Germania, la Grecia e la Repubblica Ceca; dall’altra è confermata da ulteriori studi tecnici.
Secondo il DLA piper del 2007, il valore totale di PPP raggiunti al luglio 2007 è di 73 miliardi di euro83, di cui il 60% proviene dal settore dei trasporti.
Tabella n. 18
PPP: Andamento del mercato
80
60
40
20
0
2004
2005
2006
Completi In costruzione
Fonte: DLA PIPER 2007
Come si evince dalla tabella che precede, dal 2005 al 2006, le dimensioni del mercato europeo sono aumentate del 37,7% per quanto riguarda il numero di progetti in costruzione e del 21,4% per quanto riguarda quelli completati. Se, invece, si prende in considerazione come punto di partenza il 2004, anno particolarmente significativo in considerazione della pubblicazione del Libro verde da parte della Commissione, la crescita sale rispettivamente al 231,8% ed al 240%.
Nell’analizzare poi la distribuzione dello stesso mercato tra i diversi paesi in una prospettiva di breve periodo, si nota una sorta di rallentamento nella crescita di quei mercati che nel corso degli ultimi anni avevano registrato un tasso di crescita significativo, divenendo così più maturi84.
La tabella che segue, mostra una classifica dei paesi per il volume di progetti in costruzione nel 2005/06, comparata con quella del 2004/05 e del 2003/04. La percentuale di crescita per il 2005/06 e per il 2004/05 è calcolata in base all’anno precedente. Le crescite più significative sono contrassegnate con il simbolo ↑.
83 Riferiti ai progetti in costruzione, il valore dei progetti completati ammonta a 17 miliardi di euro
84 Questo aspetto peraltro è a parere di chi scrive in un certo qual modo fisiologico. Statisticamente, infatti, più il mercato si estende e diventa completo, più diventa difficile incrementarlo. In altr parole arriva un momento in cui all’obiettivo quantitativo, dovrebbe subentrare, o quantomeno accostarsi, quello qualitativo, nel senso di incentivare non un maggiore ricorso a questi strumenti, quanto una migliore distribuzione del loro utilizzo.
Tabella n. 19
2005/06 | Mln. € | % Crescita | 2004/05 | Mln. € | % Crescita | 2003/04 | Mln. € | |
1 | ITALIA | 25,916 | 15% | ITALIA | 22,451 | 137% | ITALIA | 9,448 |
2 | GERMANIA | 15,564 | 50% | SPAGNA | 10,341 | 95% | SPAGNA | 5,288 |
3 GRECIA | 6,270 | ↑ | GERMANIA | 8,151 | 600% | FRANCIA | 1,280 |
4 FRANCIA | 3,964 | 65% | FRANCIA | 2,400 | 87% | GERMANIA | 1,163 |
5 BELGIO | 3,635 | 244% | PORTOGALLO | 1,830 | 335% | REP. | 000 |
XXXXXXX | |||||||
0 XXXXXX | 2,931 | − 71% | AUSTRIA | 1,695 | ↑ | UNGHERIA | 450 |
7 REP. IRLANDA | 2,895 | 93% | REP. IRLANDA | 1,497 | 111% | XXXXXXXXXX | 000 |
0 XXXXXXXXXX | 2,600 | ↑ | OLANDA | 1,177 | ↑ | XXXXXXX | 000 |
0 XXXXXXXX | 2,202 | ↑ | ROMANIA | 1,173 | ↑ | XXXXXX | 000 |
00 XXXXXXX | 1,808 | 54% | BELGIO | 1,055 | ↑ | NORVEGIA | 125 |
Fonte: DLA PIPER 2007
D’altronde la diffusione su scala europea delle analisi di mercato ed il raffronto tra queste, testimoniano come l’Europa non rappresenti un mercato unico per il PPP, con paesi che vanno tutti alla stessa velocità o nella stessa direzione in termini di sviluppo. In realtà è possibile affermare che esistono diversi livelli di maturità85. Ciò induce, o almeno dovrebbe, a valutare con cautela i risultati delle ricerche disponibili, non solo in virtù dei limiti informativi, cui prima si faceva riferimento, ma anche a causa delle differenze sistemiche e normative che persistono tra i diversi paesi e non fanno che acuire i limiti informativi citati.
85 DLA PIPER, European PPP report 2007, 2007 disponibile su xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/Xxxxxxxxxxx/00x0xx00-000x-0000-00xx 0102bc35cc79/Presentation/PublicationAttachment/60378925-ce10-4299-88e2-1155edfdb670/European-PPP-Report2007.pdf
4. Le procedure di gara tra esigenze di flessibilità e controllo: il dialogo competitivo.
4.1 La disciplina comunitaria
Uno dei temi che ha maggiormente impegnato il dibattito degli ultimi tempi concerne l’esigenza di uno snellimento delle procedure, in grado di rimuovere ogni ostacolo al perseguimento degli obiettivi di trasparenza e apertura del mercato alla concorrenza. Si è detto che proprio l’emanazione delle recenti direttive in materia di appalti e concessioni vanno in questa direzione. Infatti, se da un lato una regolamentazione eccessiva può risultare in tale prospettiva di ostacolo, dall’altro si avverte la necessità di una “disciplina attenta in grado di evitare che la discrezionalità richiesta per assicurare la dovuta flessibilità resti fedelmente ancorata a canoni di legittimità e trasparenza, per la tutela delle esigenze di pubblico interesse sottese, nonché di corretta competizione concorrenziale tra gli operatori” (terzo correttivo al codice dei contratti). Esiste, infatti, un potenziale trade off tra regole e discrezionalità. La previsione di procedure più flessibili offre uno strumento duttile per dare risposta alle esigenze dell’amministrazione e si determina una maggiore apertura del mercato alla concorrenza, ma comporta peraltro una maggiore discrezionalità in capo alla pubblica amministrazione che impone dei meccanismi di garanzia.
La teoria economica insegna che nella selezione del contraente, non esiste un criterio di aggiudicazione e un procedimento di gara ottimali in astratto, ma la scelta dipende dal caso concreto, ossia dalle caratteristiche del mercato e del bene da aggiudicare. In particolare, ove si tratti di un bene particolarmente complesso e l’amministrazione non sia in grado di valutarne tutte le caratteristiche o in presenza di una forte asimmetria informativa a svantaggio dell’amministrazione, ricorrere ad una procedura rigida, aperta o ristretta, può non essere la scelta ottimale. Una procedura più flessibile, invece, che implichi una maggiore apertura al confronto tra i contendenti, consentendo possibili rilanci e valutazioni reciproche delle offerte presentate, può contribuire a ridurre notevolmente lo svantaggio informativo della pubblica amministrazione e determinare la selezione di offerte migliori.
Nella realtà, infatti, tali esigenze si riscontrano nell’ambito dei cd. rapporti contrattuali complessi. In questi casi il problema fondamentale della scelta del contraente è quello dell’eccessiva rigidità dei principi e delle procedure ordinarie per la selezione del partner privato. Si deve, infatti, ritenere che procedure di selezione troppo rigide non siano adatte a tali tipologie di contratti, perché possono condurre ad una selezione non ottimale delle offerte concorrenti. L’amministrazione, inoltre, risulta spesso incapace di determinare i requisiti tecnici e il livello di prezzo appropriato in anticipo.
Per questo finora la soluzione preferibile per le alcune fattispecie di Partenariato Pubblico Privato e Project Finance Initiative è stata la procedura negoziata. La procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando, trova applicazione nei soli casi ed alle sole condizioni previste dagli artt. 30 e 31 della Direttiva 2004/18/CE, in cui la pubblica amministrazione consulta i concorrenti di propria scelta, negozia con loro le condizioni caratterizzanti l’iniziativa, e può essere impiegata quando la natura del progetto o dei lavori non consenta preliminarmente una fissazione globale dei prezzi. In Gran Bretagna la maggior parte dei contratti di PPP sono conclusi con procedura negoziata, ma la maggior parte dei Paesi comunitari si rivelano, invece, riluttanti al tale riguardo.
Un ulteriore strumento utilizzabile in queste situazioni è rappresentato dalla previsione di cui all’art. 29 della direttiva stessa che prevede un’alternativa alle procedure aperte e ristrette: il dialogo
competitivo86. Per i progetti di maggiore complessità la stessa Commissione europea sta cercando di incoraggiare il ricorso al dialogo competitivo e non alla procedura negoziata.
Le amministrazioni ricorrono al dialogo competitivo sia nel caso in cui la natura dei lavori o dei servizi richiesti o dei rischi ad essi relativi siano tali che il prezzo complessivo non sia definibile, sia nel caso di un contratto di servizio, come nella maggior parte dei casi di PPP, i cui elementi specifici non siano delineabili con sufficiente precisione da esplicitare gli elementi di costo prima della presentazione delle offerte. La direttiva 2004/18/CE prevede che in presenza di appalti particolarmente complessi gli Stati membri possano prevedere che “l'amministrazione aggiudicatrice, qualora ritenga che il ricorso alla procedura aperta o ristretta non permetta l’aggiudicazione dell’appalto, possa avvalersi del dialogo competitivo. L’unico criterio per l’aggiudicazione dell’appalto pubblico è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Il considerando n. 31 della direttiva 18/2004/CE individua in generale le caratteristiche e le esigenze che sono poste alla base del dialogo che viene instaurato tra soggetto pubblico e privato. Sono espressamente previste due ipotesi di ricorso a tale procedura: 1) l’amministrazione non è oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici idonei a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi; ovvero, 2) l’amministrazione non è oggettivamente in grado di specificare l’impostazione giuridica e finanziaria del progetto.
Le gare d’appalto pubbliche in Europa sono spesso aggiudicate secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo il quale la valutazione delle offerte dei concorrenti tiene conto non solo del prezzo proposto, ma anche di uno o più elementi qualitativi, c.d. profili tecnici, che la stazione appaltante ritiene importanti nella specifica fornitura. Nel settore dei servizi, ad esempio, gli aspetti qualitativi possono avere un peso addirittura superiore a quelli economici. In queste situazioni il meccanismo di selezione del fornitore prevede l’utilizzo di una formula matematica (scoring rule) che, sulla base degli obiettivi della stazione appaltante, assegna un peso (punteggio) alla componente economica ed alle varie componenti tecniche considerate nella gara. Allo scopo di ottenere il miglior rapporto prezzo-qualità, la stazione appaltante aggiudica quindi il contratto al fornitore che ha ottenuto il punteggio totale più elevato.
L’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa impone che l’amministrazione scelga una formula di aggiudicazione che consenta di selezionare le offerte, stabilendo una graduatoria, e di individuare, quindi, l’aggiudicatario del contratto. La procedura risulta più onerosa rispetto al criterio del prezzo più basso, perchè richiede di stabilire gli elementi qualitativi da valutare e il loro peso/valore all’interno del prodotto/servizio, nonché di fornire una loro descrizione puntuale nella documentazione di gara, ma attribuisce alla stazione appaltante maggiore flessibilità nella selezione del miglior contraente. La questione è come la stazione appaltante possa selezionare la formula di aggiudicazione appropriata sulla base delle proprie preferenze per gestire al meglio la potenziale tensione tra prezzo e qualità.
Quanto alla procedura, l’art. 29 della direttiva 2004/18/CE dispone che le amministrazioni aggiudicatrici pubblichino un bando di gara in cui rendano note le loro necessità e le loro esigenze, che definiscono nel bando stesso e/o in un documento descrittivo. Tale endiadi, necessità ed esigenze, non è stata riprodotta nel Codice dei contratti suscitando non poche perplessità. Le
86 X. Xxxxxxxxx, Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al Codice dei contratti: verso una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, in Rivista di Diritto Pubblico Comunitario, in corso di pubblicazione.
amministrazioni aggiudicatrici avviano, quindi, con i candidati selezionati ai sensi degli artt. da 44 a 52 un dialogo finalizzato all’individuazione e alla definizione dei mezzi più idonei a soddisfare le proprie necessità; nella fase del dialogo esse possono discutere con i candidati selezionati tutti gli aspetti dell’appalto.
E’ espressamente disposto che durante il dialogo le amministrazioni garantiscano la parità di trattamento di tutti gli offerenti e, in particolare, non devono fornire, in modo discriminatorio, informazioni che possano favorire alcuni offerenti rispetto ad altri; non possono rivelare agli altri partecipanti le soluzioni proposte né altre informazioni riservate comunicate dal candidato partecipante al dialogo senza l’accordo di questo ultimo.
Le amministrazioni aggiudicatrici possono prevedere, secondo quanto previsto nel bando di gara o nel documento descrittivo, che la procedura si svolga in fasi successive in modo da ridurre il numero di soluzioni da discutere durante la fase del dialogo applicando i criteri di aggiudicazione precisati nel bando di gara o nel documento descrittivo. Il dialogo prosegue finché l’amministrazione non è in grado di individuare, se del caso dopo averle confrontate, la soluzione che possa soddisfare le sue necessità; nel caso possono essere anche più di una.
Una volta dichiarato concluso il dialogo e datane informazione ai partecipanti, le amministrazioni aggiudicatrici li invitano a presentare le loro offerte finali in base alle soluzioni presentate e specificate. Le offerte devono contenere tutti gli elementi richiesti e necessari per l’esecuzione del progetto e, su richiesta dell’amministrazione aggiudicatrice, esse possono essere chiarite, precisate e perfezionate. Tali precisazioni, chiarimenti, o altro non possono comunque avere l’effetto di modificare gli elementi fondamentali dell’offerta o dell’appalto quale posto in gara la cui variazione rischi di falsare la concorrenza o di avere un effetto discriminatorio.
Le amministrazioni valutano le offerte ricevute sulla base dei criteri di aggiudicazione fissati nel bando di gara o nel documento descrittivo e scelgono l'offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 53 della direttiva. L’offerente in questione può essere indotto a precisare gli aspetti della sua offerta o a confermare gli impegni in essa figuranti, a condizione che ciò non abbia l’effetto di modificare elementi fondamentali dell’offerta o dell’appalto quale posto in gara, falsare la concorrenza o comportare discriminazioni. E’ infine previsto che le amministrazioni aggiudicatrici possano prevedere premi o pagamenti ai partecipanti al dialogo.
Alla base della previsione della procedura in esame e del suo recepimento nell’ordinamento nazionale vi sono molteplici ragioni, tra cui principalmente la riconducibilità nell’alveo dei modelli di Partenariato Pubblico Privato contrattuale e, più in generale, nel disegno della Commissione CE teso a sviluppare ampiamente i modelli collaborativi tra il settore pubblico e privato. Ciò contribuisce a determinare il superamento della rigida distinzione tra pubblico e privato. In secondo luogo, l’apertura dell’amministrazione al mercato consente di individuare soluzioni e di far fronte a domande cui l’amministrazione stessa non è, autonomamente, in grado di dare risposta.
Il dialogo competitivo non è espressamente preso in considerazione nella direttiva sui settori esclusi. Ciò ha suscitato dubbi interpretativi. La direttiva del 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua ed energia, e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (c.d. settori esclusi o speciali), non prevede la formula di aggiudicazione mediante dialogo competitivo. La Corte Costituzionale ha recentemente evidenziato come in questi settori venga in rilievo un altro aspetto relativo alla tutela della concorrenza:
l’esigenza di prevedere misure di liberalizzazione dei settori citati, finalizzata a garantire la graduale e completa apertura dei mercati alla libera concorrenza (Corte Costituzionale, sent. n. 401 del 23 ottobre 2007). Probabilmente nel “sistema” comunitario che trova il suo fondamento e la sua stessa giustificazione nel mercato una previsione espressa in tal senso potrebbe non essere ritenuta necessaria: sia pure extra ordinem rispetto alle altre procedure di aggiudicazione, il dialogo competitivo potrebbe essere ritenuto applicabile ad ogni settore dell’economia, quale strumento finalizzato ad agevolare la comunicazione tra settore pubblico e settore privato nell’interesse di entrambi e della collettività in generale.
4.2 Il recepimento dell’istituto in alcuni Stati Membri
L’istituto del dialogo competitivo, utilizzato da anni negli Stati Uniti, come competitive negotiation, si è successivamente diffuso in Paesi di Common Law. E’ anche utilizzato da organizzazioni sovranazionali, quale ad esempio l’Asian Development Bank, come alternativa alla tipica gara d’appalto, in cui la pubblica amministrazione sceglie alcune imprese rispondenti a particolari criteri, per poi negoziare con esse per ottenere informazioni, ma soprattutto le migliori proposte basate su obiettivi chiari. La competitive negotiation viene utilizzata in situazioni di urgenza o complessità, in cui non sono ritenute sufficienti le sole competenze dell’amministrazione, per realizzare un’opera in grado di soddisfare le esigenze della collettività di produrre benefici economici (maggior efficienza, minori costi), altrimenti non ottenibili.
Il considerando n. 16 della direttiva 2004/18/CE lascia agli Stati membri la facoltà di decidere se consentire o meno alle amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere al dialogo competitivo: “Al fine di tener conto delle diversità esistenti negli Stati membri, occorre lasciare a questi ultimi la facoltà di prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere ad accordi quadro, a centrali di committenza, ai sistemi dinamici di acquisizione ad aste elettroniche e al dialogo competitivo, quali sono definiti e disciplinati dalla presente direttiva”.
Peraltro la di disposizione in esame è stata recepita in diversi Stati Membri tra cui la Francia, la Spagna e la Gran Bretagna (UK).
La Francia ha recepito in anticipo la Direttiva 2004/18/CE con l’emanazione del decreto n. 15 del 7 gennaio 2004, recante Nouveau code de marchés publics (artt. 67 e 68), in linea con la tradizione francese della flessibilità procedurale. Secondo parte della dottrina la procedura in esame sarebbe in grado, auspicabilmente, di divenire la procedura normale di affidamento dei contratti di partenariato. La principale motivazione alla base del recepimento è essenzialmente l’esigenza di rispondere alle critiche formulate sulla rigidità delle procedure. Il dialogo competitivo viene collocato tra i casi di procedura negoziata preceduta da pubblicità.
Prima di tale recepimento il Codice del 2001 (decreto 2001-210, 7 marzo 2001) all’art. 36 prevedeva l’istituto dell’appel d’offres sur performances, una procedura ristretta su un programma funzionale dettagliato, in cui era previsto che spettasse ai candidati indicare i mezzi più funzionali ai risultati e ai bisogni indicati dall’amministrazione.
La prima formulazione Nouveau code de marchés publics del 2004 era piuttosto estesa: il dialogo competitivo era ritenuto applicabile ai contratti complessi anche nei sottosoglia. Le amministrazioni
potevano ricorrervi quando non fossero state in grado di definire i mezzi tecnici per rispondere ai loro bisogni o di stabilire il contesto giuridico e finanziario di un progetto. Mancava ogni riferimento alla particolare complessità del contratto e la Commissione ha sollevato dubbi di compatibilità con la direttiva 2004/18/CE.
L’attuale formulazione, recepita nel dècret n. 2006-975 del 1° agosto 2006, ha riscritto parzialmente l’istituto anche per conformarsi alle osservazioni della Commissione. Viene precisato che l’appalto debba essere complesso e le ragioni della complessità devono essere oggettive. Ne consegue che, come osservato dalla Commissione nella sua nota esplicativa, l’impossibilità di definire le condizioni dell’appalto non deve dipendere da ragioni imputabili all’amministrazione sulla quale incombe un onere di diligenza. Si osserva peraltro che l’art. 29 della direttiva parla di “particolare complessità”; permane pertanto nella disciplina di recepimento una differenza rispetto alla direttiva.
Come già previsto nel testo del 2004, è precisato che si possa ricorrere al dialogo competitivo per tutti gli appalti di lavori al di sotto della soglia di 5.150.000 € (e dunque comunque al di sotto della soglia comunitaria), a prescindere dalle caratteristiche del contratto da affidare (art. 36, co. 3). Il Codice disciplina due tipologie di affidamenti: formalisées, in cui rientrano tutte le tipologie di procedure previste dalle direttive, e adaptée, in cui spetta all’amministrazione modellare la procedura nel rispetto dei principi di trasparenza, oggettività e non discriminazione (artt. 26 ss.). Al di sotto di date soglie, le amministrazioni possono definire una procedura adapté o ricorrere a una delle procedure formalisées. Se poi ci si trova al di sotto della soglia comunitaria, le amministrazioni sono libere di scegliere una qualsiasi delle procedure formalisées, tra cui dialogo competitivo.
I presupposti per l’applicazione del dialogo competitivo sono specificati all’art. 36 del Codice. Oltre a trattarsi di contratti particolarmente complessi (marchè public est considerè comme complexe), è richiesto che l’amministrazione non sia obiettivamente in grado di definire in anticipo le soluzioni ai propri bisogni e che non sia in grado di stabilire il montaggio giuridico e finanziario del progetto. La disposizione in esame circoscrive, dunque, l’applicazione dell’istituto e la rende una procedura eccezionale. Nella Circulaire di applicazione del Codice l’istituto è ritenuto applicabile agli interventi complessi, con offerte da elaborare su programmi funzionali. Le offerte delle fasi successive al dialogo sono valutate in funzione dei criteri fissati nell’avviso di appalto pubblico o nel regolamento di consultazione.
La definizione preventiva dei bisogni dell’amministrazione assume un ruolo centrale nella disciplina francese in materia di appalti (art. 5), e dimostra di avere chiara l’importanza del nesso con l’efficacia dell’acquisto e il buon uso delle risorse pubbliche. Laddove l’amministrazione sia in difficoltà nella definizione dei propri bisogni è previsto tra le altre ipotesi il ricorso al dialogo competitivo.
Quanto alla selezione dei candidati, l’art. 52 del Code de marchés publics dispone che il potere aggiudicatore procede alla selezione dei candidati “secondo criteri prefissati nel bando”. A tale riguardo si ricorda che la giurisprudenza nazionale francese ha sempre riconosciuto la legittimità dell’azione discrezionale delle stazioni appaltanti.
L’art. 67 del Codice del 2006 riproduce sostanzialmente la procedura dettata dall’art. 29 della direttiva 2004/18/CE. La procedura è articolata in tre fasi: l’ammissione e la selezione dei candidati, il dialogo per l’individuazione delle soluzioni ai bisogni dell’amministrazione e, infine, la
presentazione e la valutazione delle offerte. E’ disposto che il dialogo sia condotto separatamente tra pubblica amministrazione e singoli candidati cui è richiesto di formulare una proposta finale. E’ stata emanata anche una Charte del dialogo competitivo che fornisce indicazioni pratiche per una migliore applicazione.
E’ precisato che l’apertura dei plichi con le candidature debba avvenire in seduta riservata cui non sono ammessi i candidati, secondo una regola valida anche per le procedure aperte e ristrette (artt. 58 e 61 Codice). L’amministrazione conduce il dialogo sulla base di un programma funzionale, che definisce l’oggetto del contratto, le competenze richieste e i criteri di selezione, ove non siano stati già indicati nel bando, e di un documento di consultazione, che determina le regole di conduzione del dialogo (i tempi massimi per le audizioni, le prestazioni richieste ai partecipanti e la facoltà di questi ultimi di indicare le informazioni a carattere confidenziale). Tali documenti devono essere messi a disposizione dei partecipanti. L’amministrazione redige un verbale tutti i colloqui tra l’amministrazione e le imprese. E’ fatto divieto all’amministrazione di modificare in modo sostanziale i propri bisogni nel corso della procedura per assicurare la parità di trattamento.
Il metodo di affidamento è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed è previsto l’obbligo della ponderazione dei criteri. Tra questi ultimi vi è quello dell’impegno dell’offerente a procedere all’affidamento di parte dell’esecuzione alle piccole e medie imprese e agli artigiani. Tale previsione è in linea con l’impegno assunto dalla Francia di favorire lo sviluppo delle PMI anche attraverso l’adozione di meccanismi incentivanti a livello regolamentare. La stazione appaltante può limitare la partecipazione alla gara prevedendo una forcella, ma entro un limite minimo di 3 e un limite massimo di 5 partecipanti.
Nell’Ordinanza n. 2004/559 del mese di giugno 2004, Ordonnance sul PPP, che istituisce la nuova categoria dei contratti di Partenariato Pubblico Privato, il dialogo competitivo è previsto per gli interventi in cui è fornito al privato l’incarico di finanziare, realizzare e gestire ciò di cui necessita la pubblica amministrazione. Manca un riferimento all’attività di progettazione riservata al soggetto aggiudicatore. Il dialogo competitivo è quindi applicabile in connessione con le diverse forme di PPP, ad eccezione delle concessioni. L’importanza dell’ordinanza del 2004 è quella di aver infranto il principio della centralità del ruolo della pubblica amministrazione e della sua assoluta supremazia, introducendo la logica della cooperazione contrattuale con i privati.
Nel caso che l’oggetto dell’appalto sia un edificio o di un’infrastruttura si applica la legge 85-704 del 12 luglio 1985 (c.d. MOP, maîtrise d’ouvrage publique), che impone che l’affidatario dell’incarico di progettazione e alla direzione dei lavori sia di regola diverso dall’impresa che realizza l’opera (art. 7). In tal caso, dunque, il ricorso al dialogo competitivo è ammesso solo a condizione che non venga affidato all’impresa congiuntamente esecuzione e progettazione dell’opera.
Nonostante il grande favore con cui l’istituto è stato recepito in Francia, le applicazioni hanno finora riguardato relativamente pochi progetti relativi ad ospedali e prigioni. Nelle relazioni della Commission des Marchés Publics de l’État si spiega che la procedura resta laboriosa e che essa richiede tempi lunghi per essere portata a conclusione.
In Spagna l’istituto del dialogo competitivo è oggi disciplinato della Ley n. 30/2007 agli artt. 164 e ss., in vigore dal 31 aprile 2008. I presupposti per l’applicazione è che si sia in presenza di contratti particolarmente complessi; tale complessità non sia imputabile alla pubblica amministrazione
stessa; la pubblica amministrazione ritenga che il ricorso alle procedure aperte o ristrette non permetta un’adeguata aggiudicazione del contratto e lo motivi.
La particolarità della disciplina spagnola, come già visto, consiste nel fatto di prevedere espressamente i c.d. Contratos de colaboraciòn entre el sector publico y el sector privado (art. 118). E’ espressamente disposto che tali contratti siano aggiudicati con la procedura del dialogo competitivo, salvo la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata, ove ne ricorrano i presupposti (art. 154, lett. a). I presupposti per l’applicazione del dialogo competitivo sono gli stessi dei contratti di partenariato citati.
Anche in questo caso la disciplina riproduce sostanzialmente i contenuti dell’art. 29 della direttiva 2004/18/CE. Il contratto viene aggiudicato attraverso un dialogo finalizzato all’individuazione e definizione dei mezzi più idonei a soddisfare necessità e obiettivi della pubblica amministrazione. Per la valutazione dei candidati si applicano i criteri dettati dagli artt. 147-149. Le stazioni appaltanti possono limitare il numero dei partecipanti alla gara, ma è previsto un limite minimo di tre candidati.
L’art. 166 disciplina la procedura. Nella prima fase la pubblica amministrazione avvia il dialogo finalizzato all’individuazione e alla definizione dei mezzi idonei a soddisfare le necessità dell’amministrazione (art. 166, co. 1). In questa fase, che può articolarsi in fasi successive di modo da ridurre progressivamente le soluzioni prospettate, l’amministrazione discute con i privati i singoli aspetti dell’appalto. E’ precisato che la riduzione delle soluzioni deve avvenire secondo i criteri di aggiudicazione previamente specificati nel bando di gara. E’ inoltre disposto che il numero finale di proposte deve in ogni caso garantire un numero sufficiente di soluzioni e di candidati idonei per garantire in ogni caso la concorrenza (art. 166, co. 3). Il dialogo prosegue finché non sia individuata la soluzione o le soluzioni in grado di soddisfare le necessità dell’amministrazione. A tal fine i candidati presentano le loro offerte finali (art. 166, co. 4). In ogni caso la pubblica amministrazione è tenuta a garantire la parità di trattamento di tutti i partecipanti alla procedura, evitando di fornire in modo discriminatorio informazioni che possono favorire alcuni candidati ai danni di altri. La valutazione delle offerte deve avvenire in base a criteri definiti nel bando di gara e l’affidamento avviene con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 166, co. 2).
Nel Regno Unito il dialogo competitivo è stato recepito con il Public Contracts Regulations Statutory Instrument 2006, No. 5 (art. 1, co. 1), in vigore dal 31 gennaio 2006 87, la cui operatività non si estende alla Scozia (art. 1, co. 2). In UK il dialogo competitivo viene tenuto distinto dalla c.d. competitive negotiated procedure, da cui si distinguerebbe essenzialmente per il fatto di prevedere un approccio strutturato in modo graduale e per la previsione di regole per la conduzione delle discussioni nella fase post-tender
La definizione di competitive dialogue procedure è fornita nell’art. 2, co. 8 del citato Public Contracts Regulations Statutory Instrument 2006, che la mutua dall’art. 1, co. 11, lett. c), Direttiva 2004/18/CE: si tratta di una procedura nella quale ogni operatore economico può fare richiesta di partecipare e dove una stazione appaltante conduce un dialogo con gli operatori economici ammessi alla procedura con l’obbiettivo di sviluppare una o più soluzioni alternative possibili in grado di
87 Statutory Instrument 2006 No. 5, The Public Contracts Regulations 2006, Public Procurement, England and Wales, Public Procurement Northern Ireland.
soddisfare i suoi requisiti e sulla cui base gli operatori economici scelti dalla stazione appaltante sono invitati a formulare un’offerta.
In generale la Gran Bretagna ha espresso una certa perplessità nei confronti dell’istituto del dialogo competitivo, ritenendola una procedura inadatta alla gestione dei contratti complessi e, in ogni caso, poco flessibile e troppo costosa. La preferenza accordata è per la procedura negoziata del PFI/PPP con cui si procede oramai da tempo all’affidamento (Design & Build). La casistica è piuttosto vasta.
Vale la pena evidenziare che nei paesi di common law, in cui i contratti di PPP sono diffusi da tempo e l’impostazione giuridica per cases studies favorisce la flessibilità dei rapporti tra pubblica amministrazione e privati, si trovano più guide pratiche e atti di indirizzo e si registra una certa riluttanza all’adozione del dialogo competitivo. La stessa GSR Professional Guidance, Procurement of Government Social Research di luglio 2005, modificata nel 2008 prevede che si ricorra al dialogo competitivo dopo che sia già stata provata la procedura negoziata.
La OGC Guideline del gennaio 2006 dell’Office of Government Commerce88 parla del dialogo competitivo come una “procedura negoziata strutturata”. Secondo quanto chiarito, il dialogo competitivo si differenzierebbe dalla procedura negoziata competitiva per una più marcata procedimentalizzazione dei rapporti tra stazione appaltante ed imprese. Inoltre la normativa comunitaria detta alcune regole sia sulle discussioni successive alla presentazione delle offerte e anteriori alla selezione dell’offerente.
Secondo quanto previsto dall’Ogc è opportuno modificare la prassi diffusa nel Regno Unito di ricorrere alla procedura negoziata competitiva per la realizzazione di progetti complessi, in considerazione della disciplina introdotta dalle direttive comunitarie del 2004. La Commissione europea verificherà che l’utilizzo della procedura negoziata sia basato su circostanze davvero eccezionali, con la conseguenza di circoscrivere le ipotesi di ricorso a tale procedura.
Il dialogo competitivo, inoltre, ha un ambito di applicazione più ampio dei progetti di PPP/PFI e può, pertanto, risultare complementare alla procedura negoziata. Per evitare possibili contestazioni da parte della Commissione in merito alla scelta di ricorrere alla procedura negoziata anzichè al dialogo competitivo, la OGC suggerisce alle amministrazioni di prestare molta attenzione alla procedura da utilizzare, motivando la scelta compiuta sulla base di una ampia documentazione e di una adeguata consulenza legale, discutere la decisione con esperti, come la stessa OGC.
La guida OGC sul dialogo competitivo redatta congiuntamente al Ministero del Tesoro e reperibile on line dal 3 giugno 200889, contiene una serie di consigli e suggerimenti derivanti dalla prassi. Si distinguono tre fasi: 1) pre-dialogo; 2) dialogo vero e proprio; 3) post-dialogo. Si sottolinea in particolare l’importanza della prima fase, che attraverso una corretta valutazione delle esigenze dell’amministrazione e la definizione di una chiara tempistica comunicata preventivamente alle imprese, consenta un’adeguata preparazione della procedura vera e propria
La disciplina sul dialogo competitivo contenuta nel Public Contracts Regulations Statutory Instrument 2006, No. 5, propende per l’eccezionalità della procedura (art. 18, co. 2) rispetto alle
88 OGC, Guidance on the Competitive Dialogue Procedure in the new Procurement Regulations, January 2006, in xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxx_xxxxxxxxxxx_xxxxxxxx.xxx
89OGC/HMT, Competitive Dialogue 2008, Joint Guidance on Using the procedure, in xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/xxxxxxxxx/XXX_XXX_0000_Xxxxxxxx_xx_Xxxxxxxxxxx_Xxxxxxxx.xxx
altre forme di cooperazione, pure regolate nella stessa Parte. E’ infatti previsto che la stazione appaltante possa ricorrere al dialogo competitivo ove desideri procedere all’affidamento di un contratto particolarmente complesso e ritenga che il ricorso alle procedure aperte o ristrette non siano adeguate. La nozione di contratto complesso è fornita dall’art. 18, co. 1 ed è in linea con quanto previsto dall’art. 29 della direttiva.
La stazione appaltante deve pubblicizzare la sua intenzione di ricercare offerte al fine dell’affidamento di un contratto pubblico inviando all’Official Journal, non appena adottata la decisione, una nota o avviso nella forma di una “contract notice in Xxxxx XX to Commission Regulation (EC) No 1564/2005”, con la quale si invitano coloro che ne fanno richiesta a partecipare. La nota citata (contract notice) deve contenere alcune specifiche informazioni da cui emergano le necessità e i requisiti della stazione appaltante. In particolare questi ultimi devono risultare dalla contract notice o dal descriptive document, o da entrambi (art. 18, co. 5).
La stazione appaltante, in linea con quanto stabilito dalla direttiva comunitaria, deve indicare che potrà disporre che la procedura in esame avvenga per fasi successive. Ciò dovrà risultare dalla contract notice o da questa e dal descriptive document (art. 18, co. 6). Negli stessi documenti deve risultare la data che la stazione appaltante fissa come data ultima di ricevimento delle richieste per essere ammesse a partecipare, che non può essere inferiore a 37 giorni dalla data di invio dell’avviso (art. 18, co. 7). Nel calcolo dei termini la pubblica amministrazione dovrà tenere conto di tutte le circostanze di complessità del contratto. Si tiene conto anche dell’ipotesi in cui l’avviso sia trasmesso dalla pubblica amministrazione per via elettronica; in tal caso il limite minimo di giorni scende a 7 (art. 18, co. 9).
La stazione appaltante può procedere all’esclusione dalla partecipazione al dialogo di un operatore economico in una serie di casi specificati al comma 10: l’operatore economico risulti ineleggibile, non soddisfi gli standard minimi richiesti dalla stazione appaltante si sostenibilità economica e finanziaria e di abilità tecnica o professionale. Per la selezione degli operatori economici si rinvia alle regulations 23, 24, 25 e 26.
In generale nelle procedure ristrette, negoziate e nel dialogo competitivo le stazioni appaltanti sono tenute a scegliere un numero di invitati coerente con le caratteristiche dell’appalto e le reali condizioni di mercato.
Nella prassi si tende a ritenere che non sia tanto necessario un numero elevato di concorrenti per garantire un’effettiva concorrenza, ma questa sia garantita anche dalla presenza di un numero limitato di offerte purché adeguate. Il comma 12 dispone, infatti, che ove sussista un numero sufficiente di operatori economici per partecipare al dialogo, la stazione appaltante può limitare il numero di operatori economici che intende invitare a partecipare al dialogo a condizione, comunque, che il contract notice specifichi: i criteri oggettivi e non discriminatori utilizzati; il numero minimo di operatori economici che possono essere ammessi, che non deve essere inferiore a 3 e, solo ove lo ritenga opportuno, il numero massimo.
Si nota in questo caso una peculiarità del sistema anglosassone rispetto ai sistemi adottati negli altri Paesi in linea con la procedura prevista per la PFI. D’altro canto vale la pena ricordare che la stessa Commissione europea ha manifestato le sue perplessità nei confronti della procedura PFI per un supposto carattere di scarsa trasparenza e concorrenzialità. Peraltro il comma 13 precisa che la stazione appaltante deve assicurare che il numero di operatori economici invitati a partecipare al
dialogo sia sufficiente ad assicurare una genuina competizione (genuine competition) e al limite pari al limite specificato dalla stazione appaltante. In ogni caso è previsto che se la stazione appaltante ha provveduto alla selezione a norma di legge e il numero di operatori economici è inferiore al minimo previsto, questa possa comunque continuare la procedura di affidamento con gli operatori economici selezionati a condizione che ogni operatore economico non selezionato o che non ha fatto richiesta di partecipare non è incluso (art. 18, co. 14).
La stazione appaltante procede quindi ad invitare gli operatori economici selezionati con le formalità previste al comma 16 e l’invito deve contenere alcune specifiche informazioni indicate al comma 18. Si apre quindi il dialogo con i partecipanti sezionati. L’obiettivo è quello di identificare e definire i modi migliori per soddisfare le proprie necessità (means best suited to satisfying its needs) (art. 18, co. 20).
In linea con le prescrizioni comunitarie, è disposto che la stazione appaltante discuta con i partecipanti tutti gli aspetti del contratto. La stessa deve assicurare parità di trattamento tra i partecipanti e, in particolare, non deve fornire informazioni in modo discriminatorio tale da avvantaggiare alcuni concorrenti ai danni di altri, né diffondere senza specifico consenso informazioni riservate comunicate dai singoli partecipanti (art. 18, co. 20). Può essere previsto che il dialogo sia svolto per fasi successive di modo da ridurre il numero di soluzioni da discutere, sempre sulla base dei criteri previamente specificati nel contract notice o nel descriptive document (art. 18, co. 21) e, in ogni caso, deve essere assicurato che il numero di operatori economici invitati a partecipare alla fase finale sia sufficiente ad assicurare una genuina competizione (art. 18, co. 23).
Il dialogo prosegue finché non viene individuata la soluzione o le soluzioni, se necessario anche dopo averle poste a confronto, in grado di soddisfare le necessità della stazione appaltante (art. 18, co. 24). Quando la stazione appaltante dichiara concluso il dialogo, né informa ogni partecipante e richiede a ciascuno di presentare la propria offerta finale che deve contenere tutti gli elementi richiesti e necessari per realizzare il progetto sulla base della soluzione presentata e specificata durante la fase di dialogo (art. 18, co. 25). La stazione appaltante può chiedere ulteriori chiarimenti al partecipante, ma a condizione che la richiesta non sia suscettibile di modificare l’offerta in modo tale da determinare una distorsione della concorrenza o avere effetto discriminatorio. La selezione è fatta sulla base dei criteri specificati nel contract notice o nel descriptive document. Il criterio di selezione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 18, co. 27).
4.3 Il dialogo competitivo in Italia: disciplina, limiti e questioni aperte.
Il Codice dei contratti pubblici, d.lgs n. 163/2006, recepisce l’istituto comunitario del dialogo competitivo all’art. 58. La disciplina nazionale riproduce in gran parte quella contenuta all’art. 29 della direttiva citata. Il criterio di aggiudicazione prescelto anche da noi è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 58 co. 4 e 5). E’ precisato che il provvedimento con il quale la stazione appaltante decide di ricorrere al dialogo competitivo deve essere specificamente motivato, in merito alla sussistenza dei presupposti necessari (art. 58 co. 3). La particolare complessità dell’appalto viene valutata in relazione ad aspetti tecnici, finanziari o giuridici. Ricordiamo i presupposti per aversi dialogo competitivo: 1) la particolare complessità dell’appalto, in relazione agli aspetti richiamati; 2) la non imputabilità della suddetta complessità a ragioni
soggettive (es. lacune, carenze, negligenze) della pubblica amministrazione; 3) la valutazione da parte dell’amministrazione dell’inidoneità delle procedure tradizionali (procedura aperta o ristretta) ad aggiudicare l’appalto, con conseguente obbligo di motivazione.
Ove ricorrano i suddetti presupposti, la pubblica amministrazione ha l’onere di pubblicare un bando di gara in cui sono rese note le necessità o gli obbiettivi e i requisiti di ammissione al dialogo competitivo e il termine entro il quale gli interessati possono presentare istanza di partecipazione alla procedura (art. 58 co. 5). L’art. 62 prevede, comunque, che anche nel dialogo competitivo, in fase di pre-selezione dei candidati, le stazioni appaltanti possano limitare il numero dei candidati da invitare a partecipare al dialogo (la c.d. xxxxxxxx) qualora lo richieda la “difficoltà o la complessità dell’opera, della fornitura o del servizio”, con la precisazione che il numero di candidati invitati risulti sufficiente ad assicurare un’effettiva concorrenza.
La procedura del dialogo competitivo si svolge in due fasi. Nella prima viene avviato il dialogo tra pubblica amministrazione e privati finalizzato “all’individuazione e alla definizione dei mezzi più idonei a soddisfare le necessità o obiettivi dell’amministrazione” (art. 58 co. 6). La procedura può articolari in sub-fasi successive in modo da ridurre progressivamente il numero di soluzioni da discutere, ma sempre nel rispetto dei criteri di aggiudicazione indicati nel bando di gara, nel capitolato d’oneri e nel documento descrittivo ed in modo tale che sia garantita una concorrenza effettiva (art. 62 co. 7). Le stazioni appaltanti devono garantire la parità di trattamento di tutti i partecipanti (art. 58 co. 7, 8 e 9). Conclusa la prima fase le stazioni appaltanti invitano i candidati a presentare le offerte finali in base alle soluzioni già presentate e specificate al fine di pervenire all’aggiudicazione. Le offerte vengono valutate dalle stazioni appaltanti sulla base dei criteri di aggiudicazione fissati nel bando di gara, individuando l’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 58 co. 10 e 15).
E’ specificamente disposto che il dialogo competitivo per lavori sia consentito solo previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici; per i lavori relativi ai beni culturali (parte II, titolo IV, capo II) è anche richiesto il parere del Consiglio Superiore dei beni culturali. I citati pareri devono essere resi entro 30 giorni dalla richiesta, decorsi i quali l'amministrazione può comunque procedere.
Quanto ai settori di applicazione, la procedura del dialogo competitivo si ritiene applicabile, ove ne ricorrano i presupposti, ai lavori, ai servizi e alle forniture, sia pure con alcune riserve previste per i lavori relativi ad infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi (capo IV del titolo III della parte II del Codice). Si ritiene altresì applicabile anche ai settori speciali, secondo quanto previsto dall’art. 253 co. 1 quater (appalti degli enti erogatori di acqua ed energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali), che nel differire l’operatività dell’art. 58 all’entrata in vigore del regolamento fa riferimento tanto ai settori ordinari quanto a quelli speciali.
Un dubbio è stato sollevato riguardo l’applicazione del dialogo competitivo alle concessioni, mancando ogni riferimento nell’originaria formulazione dell’art. 58, peraltro in linea con quanto previsto in sede comunitaria dall’art. 29 della direttiva 2004/18/CE. L’omessa menzione assumeva un significato particolare in Italia. Mentre nel diritto comunitario, infatti, alle concessioni si applica il principio della libertà di forma, con il solo limite dei principi del Trattato e delle poche norme per la pubblicazione dei bandi previste dagli artt. 56 e ss. della direttiva nel caso di concessioni sopra- soglia; nel nostro paese è prevista una specifica procedura di affidamento delle concessioni
disciplinata all’art. 144 del Codice. E’ interessante notare come solo pochi Stati membri hanno scelto di dotarsi di legislazioni interne volte a regolamentare in maniera globale e particolareggiata la fase dell’aggiudicazione della concessione. Ad esempio può ricordarsi la Spagna con legge 23 maggio 2003 sulla concessione di lavori, l’Xxxxxx xxx xx x. x. 000/0000 (Xxxxxxx), poi recepita nel codice dei contratti pubblici, la Francia con la legge Sapin del 1993. La maggior parte degli Stati, evidentemente, ha ritenuto che il rispetto dei principi del Trattato e delle poche norme fissate dalle direttive fosse sufficiente a regolare l’operato delle amministrazioni aggiudicatici e che, d’altra parte, l’appesantimento con norme procedurali complesse fosse inutile. Nel diritto comunitario, dunque, l’espressa previsione della possibilità di ricorrere al dialogo competitivo per le concessioni non avrebbe avuto senso, mentre nel diritto interno la mancanza di una previsione espressa in tal senso all’art. 58 e 144 del Codice può essere interpretata in senso restrittivo, cioè nel senso della non possibile applicabilità dell’istituto alle concessioni. Ciò poteva essere ritenuto in contrasto con uno degli obiettivi dichiarati nello stesso Libro Verde sul Partenariato Pubblico Privato (PPP) del 30 aprile 2004, quello di consentire anche l’affidamento di quelle operazioni di PPP nelle quali la complessità del progetto e l’aspetto della promozione dell’opera da parte del partner privato rendeva inadeguate le tradizionali procedure di aggiudicazione.
Sul punto ha fatto chiarezza il terzo decreto correttivo al Codice dei contratti recentemente pubblicato. L’ultimo correttivo ha introdotto alcune modifiche alla disciplina sul dialogo competitivo, ritenute necessarie alla luce delle osservazioni formulate dalla Commissione europea ed in alcuni casi idonee a fornire i chiarimenti opportuni circa l’operatività del dialogo competitivo in caso di aggiudicazione di concessioni. La questione sopra ricordata è stata definita attraverso l’introduzione di un’espressa previsione in tal senso all’ultimo periodo del comma 15 dell’art. 58, la quale statuisce che “per i lavori, la procedura si può concludere con l’affidamento di una concessione di cui all’art. 143”.
Nella nota d’infrazione inviata al Governo italiano il 4 febbraio 2008 la Commissione europea evidenziava un potenziale contrasto dell’art. 58 commi 13 e 15 con la direttiva 2004/18/CE, dove si prevedeva la possibilità di fissare diversi criteri di valutazione delle offerte nel bando di gara o nel documento descrittivo. Il legislatore italiano è intervenuto su tale punto, provvedendo all’abrogazione del comma 13 e dell’espresso richiamo ad esso formulato nel comma 15, con ciò eliminando i possibili profili di incompatibilità con i principi concorrenziali di derivazione comunitaria.
Alla luce della disciplina decritta è evidente che l’istituto del dialogo competitivo per la sua flessibilità può meglio adattarsi ai rapporti contrattuali complessi, ma determina anche una maggiore discrezionalità in capo alla pubblica amministrazione, creando questioni di compatibilità con le regole dell’evidenza pubblica e i principi comunitari. Lo stesso Libro verde evidenzia che “il dialogo competitivo dovrebbe permettere di garantire la flessibilità necessaria alle discussioni con i candidati di tutti gli aspetti del contratto in occasione della fase di attuazione, pur facendo in modo che queste discussioni siano condotte nel rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, e non mettano a rischio i diritti che il Trattato conferisce agli operatori economici”. Il nostro legislatore ricorda più volte che la procedura deve svolgersi nel rispetto dei principi della par condicio tra i concorrenti e della trasparenza e ammonisce le stazioni appaltanti dal “ricorrere al dialogo competitivo in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza” (art. 58, co. 18).
Il timore che la procedura si prestasse ad abusi ha peraltro indotto il Governo a sospendere l’efficacia della norma sul dialogo competitivo con il decreto mille proroghe, convertito con modifiche con legge n. 228/2006 e successivamente, con il d.lgs. n. 6/2007 (primo decreto correttivo). Infine, con il d.lgs. n. 113/2007 (secondo decreto correttivo) l’operatività dell’istituto è stata differita alla data di entrata in vigore dell’emanando regolamento di attuazione allo stesso codice dei contratti pubblici.
Nonostante i rischi citati e le necessarie oltre che opportune cautele imposte dai principi comunitari in materia di concorrenza, la maggiore flessibilità introdotta nei rapporti tra pubblico e privato costituisce un importante passo avanti, che assume un significato particolarmente importante nel nostro paese (in cui il soggetto pubblico che da committente autoritario si va trasformando in un partner dotato, di poteri di indirizzo e controllo) e non va dunque disconosciuto, né limitato, bensì piuttosto interpretato in modo estensivo, come già evidenziato con riferimento alle concessioni.
Nelle procedure di affidamento la pubblica amministrazione si trova solitamente in una posizione di svantaggio informativo circa la qualità e le caratteristiche del bene da appaltare, rispetto alla maggiore informazione di cui dispone l’appaltatore privato. Tale situazione può chiaramente aggravarsi con l’aumentare della complessità dell’appalto. In questo caso ricorrere ad una procedura più flessibile che consenta il confronto concorrenziale e comparativo tra le offerte presentate, anche attraverso offerte migliorative, può determinare una notevole riduzione dello svantaggio informativo della pubblica amministrazione e un miglioramento complessivo delle offerte, suscettibile di tradursi anche in una riduzione del costo complessivo dell’investimento. Perché ciò avvenga è necessario che sia assicurata l’effettiva partecipazione di una pluralità di soggetti alla gara. Ciò sarebbe possibile, ad esempio, attraverso la previsione di un numero minimo di partecipanti, pena la trasformazione della procedura di dialogo competitivo in una procedura ordinaria90. Il meccanismo concorrenziale, se fatto funzionare in modo corretto, è infatti in grado di garantire autonomamente la selezione dell’offerta potenzialmente “migliore” e di limitare fenomeni collusivi.
90 X. Xxxxxx, Dalla rigidità della legge Xxxxxxx al recepimento del dialogo competitivo: il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, working paper.
5. Il project financing per il finanziamento di infrastrutture.
5.1 Origini e sviluppo in Europa
Il project financing nasce negli Stati Uniti durante gli anni ’30 nel settore petrolifero ed energetico, per la costruzione di pozzi in Texas e Oklahoma o impianti per la produzione di energia elettrica in presenza di scarse risorse finanziarie da parte delle imprese. Queste operazioni avvenivano in un ambito strettamente privatistico: privata era la società che realizzava l'impianto di produzione di energia, privata era la società che acquistava l'energia prodotta attraverso contratti di fornitura a lungo termine. Le ricerche petrolifere venivano finanziate mediante mutui, i cui piani di rimborso erano stabiliti, una volta individuato il giacimento, in funzione dei flussi finanziari prospettici prodotti dallo sfruttamento dello stesso, senza possibilità per i finanziatori di aggredire il rimanente patrimonio del debitore.
Il project financing si è così sviluppato ed affermato a livello internazionale dopo la seconda guerra mondiale in particolare nel settore energetico e minerario. Più recente, invece, è il suo utilizzo per investimenti industriali e nel settore delle infrastrutture economiche di pubblica utilità (utilities), diverse da quelle energetiche.
A partire dagli anni Ottanta il Governo britannico ha iniziato a fondare la propria politica economica sull’idea di un radicale ridimensionamento della presenza pubblica nell’economia. Nel 1992 viene approvata in Gran Bretagna la Private Finance Initiative, programma teso a creare un contesto istituzionale favorevole al coinvolgimento dei privati nella realizzazione di investimenti pubblici, attraverso l’erogazione di concessioni di costruzione e gestione in presenza di condizioni di convenienza economica per il settore privato e di ottimizzazione dei costi per il settore pubblico. L’obiettivo era quello di dare corpo, attraverso la tecnologia contrattuale della finanza di progetto, ad alleanze strategiche con il settore privato, per la realizzazione di sistemi autostradali, infrastrutture civili, servizi scolastici e nuovi stabilimenti carcerari.
La PFI risulta sprovvista di una disciplina organica a livello normativo primario; manca un riferimento anche nelle Regulations del 2000. Per promuovere il ricorso alla PFI e diffondere una cultura di collaborazione tra pubblico e privato, il Governo britannico ha, infatti, preferito puntare su atti giuridici non vincolanti, quali guide, note pratiche, raccomandazioni, lasciando alle amministrazioni la scelta di conformarsi o meno ad esse, tra cui è possibile ricordare quelle elaborate dal Ministero del Tesoro (HM Treasury), aventi ad oggetto, tra l’altro, la standardizzazione dei contratti di PFI e l’individuazione e valutazione delle varie opzioni a disposizione dell’amministrazione per la realizzazione dell’opera.
Alcuni fenomeni quali la diffusione della politica delle privatizzazioni, lo sviluppo di mercati finanziari internazionali, la crescente necessità di infrastrutture economiche e la crescita generalizzata del debito pubblico, hanno favorito la diffusione oltremanica della PFI, che si è così progressivamente trasformata nella politica delle quattro P: Public Private Partnership Programs. La finanza di progetto costituisce l’espressione di una sinergia tra pubblico e privato, attraverso la quale la pubblica amministrazione esercita funzioni di amministrazione e controllo e al privato è lasciato tutto il resto delle attività. Tale sinergia si esplica in un “fascio di rapporti” che confluisce nell’istituto: rapporti in parte autoritativi, in parte di diritto privato91. Il project financing viene oggi
91 P. Xx Xxxx, Intervento al convegno, La finanza di progetto con particolare riferimento al ruolo del sistema bancario, Velletri 15 ottobre 2007.
ritenuto una delle forme di PPP di tipo contrattuale, espressione del modello Design Build, Operate, Transfer.
Non è semplice una comparazione dell’istituto applicabile nei diversi Stati membri in quanto si tratta, il più delle volte, di fattispecie diverse, che in alcuni casi finiscono per confondersi con i contratti di Partenariato Pubblico Privato. La stessa PFI britannica, che ha ispirato gran parte d’Europa, continua ad essere una fattispecie diversa dalla finanza di progetto, così come recepita nel nostro paese.
Merita un cenno la Germania, dove peraltro manca una disciplina organica del project financing (Projektfinanzierung), inteso come modalità di realizzazione di un progetto che, in base all’ottimale allocazione dei rischi, consente di finanziare il progetto attraverso la remunerazione derivante dalla gestione dell’opera92. Manca un riferimento specifico al project financing nella stessa legge di semplificazione in materia di Partenariato Pubblico-Privato, la ÖPP-Beschleunigungsgesetz, in vigore dal 7 settembre 2005. Questa si limita a modificare il quadro normativo previgente introducendo una serie di elementi di semplificazione e maggiore flessibilità per promuovere la realizzazione di opere in PPP. Alle operazioni di Projektfinanzierung relative ad opere pubbliche si applicano principalmente le disposizioni generali in materia di appalti pubblici e per quanto attiene gli aspetti urbanistici, edilizi e ambientali del progetto da realizzare, le relative normative di settore.
Da punto di vista contrattuale, il Projektfinanzierung è realizzato nella prassi applicando allo specifico progetto i modelli contrattuali ritenuti più adatti: il Betreibermodell (modello DBOT) di matrice anglossassone, ossia la concessione di lavori pubblici, in cui al concessionario sono affidati la progettazione, la costruzione e la gestione dell’opera, con l’obbligo di trasferirla in proprietà all’amministrazione concedente al termine della concessione.
5.2 La finanza di progetto in Italia. La disciplina fino al terzo decreto correttivo.
Nell’ordinamento italiano la finanza di progetto è stata oggetto di vari interventi normativi, che possono essere, in estrema sintesi ricordati. La prima disciplina dell’istituto fu introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. n. 415/1998, c.d. Xxxxxxx ter, che ha novellato la legge quadro sui lavori pubblici introducendo gli artt. 37-bis e ss. Seguono la creazione dell’Unità tecnica Finanza di Progetto presso il Cipe ai sensi dell’art. 7 della l. n. 144/1999, con il compito di assistenza alle pubbliche amministrazioni in materia di finanza di progetto; la l. 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. Legge Obiettivo) finalizzata alla realizzazione delle grandi infrastrutture pubbliche e degli insediamenti produttivi ritenuti strategici e di preminente interesse nazionale attraverso la definizione di percorsi semplificati e privilegiati e il conseguente d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190, che ne chiariva i contenuti, l’ambito di applicazione e gli schemi procedimentali; la legge 1 agosto 2002, n. 166, c.d. Merloni quater, contenente sostanziali modifiche alla disciplina precedente in materia di finanza di progetto.
Importanti modifiche alla disciplina in materia di avviso indicativo e di diritto di prelazione del promotore sono state successivamente introdotte dalla legge comunitaria 2004, con l’obiettivo di
92 X. Xxxxxx e X. Xxxxxx, op. cit..
adeguare la disciplina nazionale alle osservazioni mosse dalla Commissione Europea con la procedura d’infrazione n. 2001/2182 ai sensi dell’art. 226 del Trattato dell’Unione Europea, che ritenevano alcune disposizioni contrarie ai principi comunitari in materia di concorrenza (tra queste la previsione di un diritto di prelazione del promotore ai sensi dell’art. 37-quater l. 109/94 come modificato dall’art. 7, co. 1, lett b) della l. n. 166/2002). Inoltre, la stessa legge comunitaria 2004 delegava il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti a definire il quadro normativo di recepimento delle direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE relative al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, da ultimo recepite dal Codice dei contratti in commento.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici nella sua prima stesura non introduceva novità di rilievo alla disciplina in materia salvo gli adeguamenti resi necessari dal recepimento delle direttive europee. Alcune rilevanti novità sono state invece introdotte dal secondo decreto correttivo al Codice, il d.lgs. 31 luglio 2007 n. 113, in materia di finanza di progetto. Tra queste si devono ricordare l’abolizione del diritto di prelazione del promotore, ma anche alcune importanti precisazioni in tema di società di progetto, project financing di servizi, leasing immobiliare.
Importanti novità emergono dalla nuova disciplina in materia di finanza di progetto introdotta dal terzo decreto correttivo al Codice dei contratti recante modifiche ed integrazioni al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Il decreto, che ha riscritto quasi integralmente l’art. 153 del Codice dei contratti, tiene conto delle osservazioni della Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana sulla trasposizione delle direttive in materia di appalti, di cui alla procedura di infrazione n. 2007/2329 e nota di costituzione in mora inviata il 1° febbraio 2008, della sentenza della Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX 00 maggio 2008 C-147/06 e C-148/06, delle osservazioni formulate dal Consiglio di Stato nel parere n. 3262 del 2007 reso sullo schema di regolamento di esecuzione ed attuazione del codice ex art. 5, quelle della Corte dei Conti nel parere n. 51/I del 26 maggio 2008 e della preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 27 giugno 200893. Alla nuova disciplina è dedicato il paragrafo successivo.
Quanto all’inquadramento giuridico dell’istituto della finanza di progetto nel nostro ordinamento, vale la pena ricordare che “con la legge quadro sui lavori pubblici il legislatore non ha provveduto a delineare un istituto giuridico autonomo e autosufficiente per il project financing, bensì ha scelto di introdurre detto sistema di realizzazione delle opere pubbliche innestandolo su quello proprio della concessione, come risultante dalle modifiche alla legge stessa intervenute nel xxxxx xxxxx xxxxxx xxxx00”. L’istituto disciplinato agli artt. 152 e ss del Codice dei contratti viene comunemente definito project financing ad iniziativa privata, o più correttamente procedura di affidamento della concessione su proposta del promotore, per distinguerlo dalle fattispecie di affidamento ad iniziativa pubblica, oggi disciplinate dagli artt. 142 e ss del Codice. In entrambi i casi, infatti, l’operazione poggia sul contratto di concessione di costruzione e gestione, figura nota da tempo nel nostro ordinamento e particolarmente dibattuta.
93 Tra le proposte di riforma e i documenti presentati degni di nota vale la pena ricordare quello dell’ Associazione Bancaria Italiana (ABI), l’ultimo documento è del 22 gennaio 2008, Semplificazione delle procedure per l’intervento di soggetti privati nella realizzazione di opere pubbliche, Analisi delle proposte di legge nn. 170/2006, 171/2006, 2822/2007, presentato alla Camera dei Deputati, VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici; ANCE, Project financing. Proposte di modifica normativa, Conferenza nazionale Opere Pubbliche: sviluppo, trasparenza, tutela del lavoro, Napoli, 19-20 ottobre 2007; CNEL, La finanza di progetto osservazioni e proposte, 9 aprile 2008.
94 Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, Atto di regolazione, 26 ottobre 2000, n. 51.
La giurisprudenza è intervenuta a chiarire che in termini procedimentali la finanza di progetto costituisce essenzialmente un complesso procedimento, volto all’affidamento di una concessione di lavori di carattere sostanzialmente unitario, anche se articolato in più fasi distinte95. Si tratta, dunque, di una complessa operazione amministrativa unificata sul piano finalistico dalla unicità del risultato economico gestionale perseguito e strutturata in una serie di distinti, ancorché connessi, procedimenti amministrativi96.
Pare opportuno ricordare per sommi capi i tratti fondamentali della disciplina in vigore sino alla pubblicazione del terzo decreto e della sua entrata in vigore. La procedura disciplinata agli artt. 152-
160 del Codice dei contratti fino all’entrata in vigore del terzo correttivo ha inizio con la presentazione di una proposta da parte di un privato, di seguito denominato promotore, adeguatamente qualificato, avente ad oggetto la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale, prevista dall’art. 128 dello stesso Xxxxxx, o negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente97. In realtà, però, l’iniziativa proviene comunque dalla pubblica amministrazione, in quanto la programmazione costituisce la condicio sine qua non dell'avvio della procedura e solo l'amministrazione può decidere quali siano le opere pubbliche necessarie e quale sia il tempo per procedere alla realizzazione delle stesse.
La fase di programmazione, precede la procedura di affidamento e legittima la presentazione delle proposte da parte dei privati: possono essere realizzati su iniziativa dei promotori con la finanza di progetto, solo gli interventi inseriti nella programmazione triennale prevista dall’art. 128, co. 2, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. L’avvio del procedimento consiste, dunque, nell’inserimento dell’opera nella programmazione triennale o negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione e che costituiscono un limite alla facoltà propositiva del privato98. E’ peraltro prevista, per effetto di una modifica apportata dal legislatore nel 2002, la possibilità che soggetti pubblici e privati possano presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte d’intervento relative alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità e studi di fattibilità, senza peraltro che ciò determini alcun obbligo di esame e valutazione in capo alle amministrazioni. In questo caso il promotore lo diventa in senso proprio, come proponente, con funzione strumentale all’eventuale e successiva proposta di intervento da parte di tutti gli aspiranti promotori.
Successivamente le amministrazioni rendono pubblica la presenza negli stessi programmi di interventi realizzabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica, pubblicando un avviso indicativo, mediante affissione presso la propria sede per almeno 60 giorni consecutivi,
95 Cons. St., sezione V, 20 ottobre 2004, n. 6847; TAR Abruzzo, Pescara, 3 marzo 2005, n. 99
96 TAR Campania, Napoli, sezione I, 17 giugno 2004, n. 9571; la qualificazione delle sue fasi in termini di procedimento viene effettuata per evidenziarne l’autonomia giuridica e, dunque, per sottolineare il carattere provvedimentale e sostanzialmente lesivo degli atti conclusivi di ciascuna di esse.
97 Il Cons. St., nel parere reso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi, nell’adunanza del 6 febbraio 2006, ha osservato con riferimento all’art. 153, che il comma 3 riguardante la programmazione dovrebbe precedere e non seguire i commi 1 e 2, riguardanti la presentazione delle proposte. Come avviene anche nelle legislazioni regionali, risulta infatti preferibile disciplinare la programmazione prima dell’affidamento e del contratto e quindi della proposta del promotore.
98 Sul punto TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 22 Febbraio 2007 n. 601: “L’esistenza del programma triennale costituisce, quindi, il primo tassello procedimentale sia per la selezione dei lavori proponibili da parte dei privati, sia per l'attuazione delle iniziative di project financing costituendo la base per la realizzazione di tutti gli interventi del triennio, ad eccezione di quelli imposti da eventi imprevedibili o calamitosi, nonché le modifiche dipendenti da sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari ovvero da altri atti amministrativi adottati a livello statale o regionale”.
nonché pubblicando lo stesso avviso sui siti informatici (art. 66, co. 7) e sul proprio profilo di committente. La disciplina consente alle amministrazioni aggiudicatici di dare dell’avviso ulteriore pubblicità nei modi che ritengano opportuni, purché nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza sanciti dall’art. 2 del Codice. La pubblicità è pertanto prevista solo in ambito nazionale e solo come facoltativa e non obbligatoria.
I potenziali promotori sono riconducibili a tre distinte categorie di soggetti: a) i soggetti dotati dei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali specificati nel Regolamento di attuazione; b) i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici ai sensi dell’art. 34 (tra cui imprese individuali, anche artigiane, società commerciali, società cooperative, consorzi stabili, raggruppamenti temporanei di concorrenti); c) le società di ingegneria di cui all’art. 90, co. 2, b), che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale. Per assicurare al promotore una pluralità di competenze, le proposte possono essere presentate anche da associazioni o consorzi dei soggetti ricompresi nelle categorie previste con gli enti finanziatori o i gestori di servizi.
Le proposte presentate dai privati devono essere sufficientemente dettagliate e in particolare devono contenere: uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito, una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione e altro.
Entro 15 giorni dal ricevimento della proposta del promotore, le amministrazioni aggiudicatici devono nominare il responsabile del procedimento, comunicarne il nominativo al promotore, verificare la completezza dei documenti presentati e richiederne eventualmente l’integrazione.
La valutazione delle proposte presentate, da parte delle amministrazioni aggiudicatici, avviene sotto il profilo della fattibilità, dai punti di vista costruttivo, urbanistico ed ambientale, nonché sotto gli altri profili della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione. Viene, inoltre, verificata l’assenza di elementi ostativi alla realizzazione dei progetti. La scelta di tali elementi valutativi deve ritenersi finalizzata ad una valutazione globale della fattibilità delle proposte, sotto una pluralità di profili che rispecchiano la complessità dell’operazione da intraprendere99. La proposta non potrà essere ritenuta di pubblico interesse e, di conseguenza, approvata se la stessa non risulta completa in ogni sua parte. E’ disposto che la pronuncia sul pubblico interesse da parte delle amministrazioni aggiudicatrici avvenga entro quattro mesi dalla ricezione della proposta del promotore. Ai fini della valutazione le amministrazioni possono sentire gli aspiranti promotori che ne facciano richiesta, per chiarimenti in relazione al contenuto della proposta stessa.
Tale fase di valutazione della proposta costituisce un momento decisivo nella procedura amministrativa precedente l’entrata in vigore del terzo correttivo. Con la dichiarazione di pubblico interesse, infatti, il soggetto che ha presentato la proposta assume a tutti gli effetti il ruolo di
99 In questo senso, TAR Puglia Bari, sez. I, 9 settembre 2004 n. 3877.
promotore, conseguendo il diritto alla partecipazione diretta alla fase della procedura negoziata per l’aggiudicazione della concessione, insieme ai due soggetti che verranno individuati medio tempore attraverso gara. Tale dichiarazione determina, quindi, in capo al promotore una legittima aspettativa al proseguimento della procedura ed eventualmente all’aggiudicazione della concessione. Proprio su tale automatica partecipazione del promotore alla procedura negoziata è stata oggetto di critica da parte della stessa Commissione europea.
Nella disciplina che precede il terzo correttivo, la gara vera e propria è infatti articolata in due fasi:
a) la prima, da svolgersi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83, co. 1), è finalizzata ad individuare le due migliori offerte sulla base del progetto preliminare presentato dal promotore con la proposta valutata di pubblico interesse; b) la seconda, da svolgersi con procedura negoziata, è finalizzata a confrontare la proposta del promotore con le due migliori offerte risultanti dalla prima fase della gara ad fine di procedere all’aggiudicazione della concessione. Nel caso in cui alla gara abbia partecipato un unico soggetto la procedura negoziata si svolge fra il promotore e questo unico soggetto. Se la gara risulta deserta la concessione è affidata al promotore, che resta vincolato alla proposta effettuata: la proposta del promotore posta a base della gara, infatti, è vincolante per lo stesso qualora non vi siano altre offerte ed è garantita da una cauzione provvisoria del 2% calcolata sul prezzo base indicato nel bando o nell’invito e da un’ulteriore cauzione pari all’importo del 2,5 % del valore dell’investimento da versare, su richiesta dell’amministrazione aggiudicatrice, prima dell’indizione del bando di gara (art. 155, co. 2).
Con riferimento alla fase sub a), i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa saranno quelli inizialmente individuati dal promotore come eventualmente rideterminati dall’amministrazione in sede di valutazione delle proposte. La fase sub b) della procedura è caratterizzata da una certa informalità o flessibilità: non vi sono norme procedimentali rigidamente definite. Ciò ha alimentato un certo dibattito in dottrina e giurisprudenza e comportamenti delle pubbliche amministrazioni non sempre uniformi.
L’adozione di tale complessa procedura era finalizzata sostanzialmente a contemperate due contrapposte esigenze: da un lato incentivare i privati ad investire le proprie capacità e i propri capitali nella realizzazione di opere pubbliche attraverso lo strumento della finanza di progetto, dall’altra garantire il rispetto della concorrenza e l’ossequio ai principi comunitari in materia di procedure di affidamento. Il perseguimento del primo obiettivo si era tradotto nell’introduzione nella disciplina in vigore di una serie di meccanismi incentivanti per il promotore, primo tra cui la previsione di un diritto di prelazione in sede di aggiudicazione della concessione. Tale diritto, introdotto originariamente dalla legge Xxxxxxx-xxxxxx nel 2002 proprio al fine di incentivare le proposte e le iniziative economiche dei privati, in seguito alle prime critiche della Commissione europea per violazione del principio di parità di trattamento, era stato corretto dalla legge Comunitaria 2004 (l. n. 62/2005), che aveva imposto l’obbligo di inserire nell’avviso l’espressa previsione di un diritto di prelazione del promotore, al fine di informare e garantire tutti i concorrenti. Tale correzione non aveva comunque soddisfatto la Commissione inducendo il legislatore alla sua completa abrogazione con il d.lgs. n. 113/2007.
Tutti i partecipanti alla gara sono tenuti a versare le cauzioni di cui sopra. La differenza è nella disciplina prevista in tema di rimborso delle spese sostenute dai partecipanti alla gara. Nel caso in cui la negoziazione non si concluda a favore del promotore, egli ha diritto al pagamento a carico dell’aggiudicatario dell’importo delle spese sostenute, che ai sensi dell’art. 153 co. 1 non può
superare il 2,5 % del valore dell’investimento, come desumibile dal piano economico-finanziario. Il pagamento è effettuato dall’amministrazione prelevando l’importo dalla cauzione versata dall’aggiudicatario (art. 155, co. 4). Se invece è il promotore a risultare aggiudicatario della concessione, questi è tenuto ad indennizzare l’altro soggetto, o gli altri due soggetti che abbiano partecipato alla procedura, “delle spese sostenute e documentate” nei limiti dello stesso importo, esclusivamente nel caso in cui la prima gara si sia svolta mediante appalto-concorso e non, quindi, qualora si sia svolta mediante licitazione privata. Il pagamento è effettuato nello stesso modo (art. 155, co. 5).
Gli artt. 156 e 157 del Codice disciplinano la c.d. società di progetto, elemento centrale della struttura reticolare tipica che caratterizza un’operazione di finanza di progetto, centro unitario di imputazione e di organizzazione della fase esecutiva del progetto. Attraverso la società di progetto (Special Purpose Vehicle, SPV) si garantisce l’autonomia economico-giuridica del progetto (ring fence o off-balance sheet financing), uno degli elementi caratterizzanti l’operazione di project financing. L’imputazione del progetto da realizzare alla SPV, che ne costituisce lo scopo sociale, rende lo stesso autonomo rispetto ai diversi soggetti coinvolti nell’operazione, garantendo la separazione dell’iniziativa dai suoi promotori, isolando da un punto di vista giuridico, economico e finanziario l’investimento dal patrimonio dei soggetti e dalle vicende che possano riguardare quest’ultimo e rafforzando, in tal modo, il sistema di garanzie per la buona riuscita dell’operazione.
E’ disposto che il bando di gara per l’affidamento della concessione di opera o servizio deve prevedere la facoltà per l’aggiudicatario di costituire, dopo l’aggiudicazione, una società di progetto nella forma della società per azioni o della società a responsabilità limitata anche consortile e indica il capitale minimo della società costituenda (art. 156). Questa subentra a tutti gli effetti nel rapporto di concessione, senza bisogno di alcuna approvazione o autorizzazione dell’amministrazione concedente. Tale subentro non costituisce cessione di contratto.
Quanto al regime di circolazione delle quote societarie, è espressamente disposto che per effetto del subentro la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario e sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'amministrazione concedente. Nel caso di versamento di un prezzo da parte della pubblica amministrazione, i soci della società restano solidalmente responsabili con la società stessa nei confronti dell'amministrazione per l'eventuale rimborso del contributo percepito; in alternativa, la società di progetto può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Le suddette garanzie cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. Il contratto di concessione stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di progetto e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento (art. 156, co. 3). Il legislatore per favorire il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla realizzazione del progetto concede espressamente alla società progetto la possibilità di emettere obbligazioni nominative o al portatore a determinate condizioni, anche in deroga ai limiti di cui all’art. 2412 del codice civile, purché garantite pro-quota mediante ipoteca (art. 157).
Gli artt. 158 e 159 del codice dettano alcune disposizioni che disciplinano gli effetti di determinate ipotesi di estinzione del risoluzione del rapporto di concessione. Le ipotesi disciplinate sono la revoca del contratto, la risoluzione per inadempimento del concessionario e la risoluzione per inadempimento della stessa amministrazione concedente. Le relative disposizioni devono ritenersi speciali rispetto alle norme del codice civile che regolano l’esecuzione del contratto e all’art. 21- quinquies della legge n. 241/1990 sul recesso (art. 2 co. 3 e 4 Codice).
Ai fini del rimborso spettante al concessionario, la norma distingue l’ipotesi in cui l'opera sia stata già ultimata e abbia già superato il collaudo, da quella in cui non sia stata il collaudo non sia stato ancora ultimato. Nel primo caso, spetta al concessionario una somma corrispondente al valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti; nel secondo, spetta al concessionario un somma corrispondente ai costi effettivamente sostenuti (lett. a). A tali somme deve essere aggiunto un ulteriore indennizzo a titolo di risarcimento del mancato guadagno pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire, qualora l’opera non sia stata ultimata, ovvero, della parte del servizio ancora da gestire, valutata sulla base del piano economico- finanziario, qualora l’opera sia stata ultimata e sia iniziata la fase della gestione (lett. c), nonché le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione (lett. b). Il pagamento da parte del concedente di tali somme costituisce condizione di efficacia della revoca della concessione. In ogni caso le somme sono destinate prioritariamente a soddisfare i crediti dei finanziatori del concessionario.
Nel caso di risoluzione del rapporto concessorio per motivi attribuibili al soggetto concessionario è disposto che i soggetti finanziatori possano impedire la risoluzione del contratto di concessione designando una società che subentri al posto del concessionario entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione scritta da parte del concedente dell'intenzione di risolvere il rapporto, c.d. step in right (art. 159). Il subentro della società all’originario concessionario, dovrà essere accettato dal soggetto concedente al ricorrere di due condizioni: a) la società designata deve avere caratteristiche tecniche e finanziarie sostanzialmente equivalenti a quelle possedute dal concessionario all'epoca dell’affidamento della concessione (lett. a); b) il nuovo soggetto deve porre fine all'inadempimento del concessionario entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui sopra, ovvero in un termine più ampio eventualmente concordato tra il concedente e i finanziatori (lett. b). Il subentro determina automaticamente l’acquisto della titolarità del rapporto concessorio da parte del nuovo soggetto.
5.3 Le novità introdotte dal terzo decreto correttivo al Codice dei contratti.
Il terzo decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici costituisce l’ennesima tappa del processo di evoluzione normativa che ha caratterizzato l’istituto della finanza di progetto fin dall’iniziale introduzione nel nostro paese. L’art. 1, co. 1 del decreto lett. ee) ff) gg) modifica e sostituisce il testo dell’art. 153 del Codice. La disciplina ivi contenuta rappresenta una vera e propria sintesi normativa di una riflessione giuridica ormai decennale.
Le modifiche introdotte rappresentano adeguamenti ai rilievi mossi dalla Commissione e vanno letti nell’ottica di una “più profonda conformazione dell’ordinamento ad esigenze di matrice anche comunitaria”. Tra le ragioni alla base di tali adeguamenti nella relazione illustrativa si evidenziano
le “esigenze di apertura del mercato e promozione effettiva e totalizzante di condizioni sostanziali e immediatamente tangibili di sana e corretta concorrenza tra gli operatori economici”; di potenziamento degli strumenti di trasparenza delle procedure per accentuare “le occasioni di verificabilità della legittimità della condotta sia degli operatori economici, sia delle stazioni appaltanti e di ogni altro attore a qualunque titolo istituzionalmente coinvolto nelle complesse dinamiche che interessano il settore”; l’esigenza di snellimento delle procedure anche al fine rimuovere “ogni pericolo di incrostazione burocratica o comunque non funzionale al conseguimento delle esigenze sopra indicate di trasparenza e apertura del mercato”.
Se da un certo punto di vista un eccesso di regolamentazione può risultare inutile e non funzionale al conseguimento degli obiettivi citati, finendo per contraddirne contenuti e finalità, dall’altro la definizione di una “disciplina attenta” è necessaria a garantire che la discrezionalità richiesta per assicurare la dovuta flessibilità risulti sempre orientata alla tutela delle esigenze di pubblico interesse sottese e di corretta competizione concorrenziale tra gli operatori. Un contributo ulteriore nel senso di un miglioramento della “comunicazione” o semplice contatto tra pubblico e privato potrebbe venire dall’effettiva attuazione dell’istituto del dialogo competitivo, previsto all’art. 29 della direttiva 2004/18/CE e oggetto di recepimento all’interno del nuovo Codice dei contratti pubblici.
Particolarmente importante è la previsione di un regime transitorio per l’applicazione della nuova disciplina sulla finanza di progetto ai sensi dell’art. 1, co. 2 del Codice. E’ disposto che la nuova disciplina non produce effetti sulle procedure in corso all’entrata in vigore del decreto, ma continua ad applicarsi quella in vigore alla data di pubblicazione del bando. Il dies a quo per la decorrenza del termine di sei mesi di cui all’art. 153, co. 16 è fissato nella data di approvazione del programma triennale 2009-2011.
In esito al dibattito che ha preceduto l’emanazione del terzo correttivo, delle osservazioni formulate dalla Commissione nella più volte richiamata procedura di infrazione, delle considerazioni svolte dai diversi operatori coinvolti, il legislatore ha rivisto la procedura per l’attuazione dell’istituto della finanza di progetto, prevedendo tra le altre cose diverse fattispecie procedurali e reintroducendo al ricorrere di certe circostanze il tanto discusso meccanismo della prelazione. Tra i principali profili della nuova disciplina in materia di finanza di progetto si evidenziano: 1) la previsione di una gara unica senza diritto di prelazione per il promotore; 2) una gara in due fasi con diritto di prelazione; 3) la possibilità di presentare iniziative in project financing anche in caso di inerzia dell’amministrazione ovvero 4) per opere non inserite negli atti di programmazione; 5) il c.d. “step in”.
Come considerazione generale sulla nuova disciplina, comunque, vale la pena evidenziare come ancora una volta rimane sullo sfondo una scoria d’imperatività100 che si sostanzia tra le altre cose nella preventiva capacità di programmazione delle pubbliche amministrazioni. L’ispirazione al principio d’integrazione politica prevale, pertanto, sul principio di sussidiarietà del potere politico rispetto alle esigenze della società civile. La presenza all’interno dei programmi di interventi realizzabili con capitali privati continua a rappresentare la condicio sine qua non per l’avvio della procedura.
100 X. Xxxxxxx, Le nuove prospettive della finanza di progetto nel Codice dei Contratti pubblici. Relazione introduttiva al convegno “La finanza di progetto con particolare riferimento al ruolo del sistema bancario”, Velletri, Banca popolare del Lazio, 15 ottobre 2007.
Complessivamente ne esce rafforzata anche la possibilità per il c.d. proponente di presentare iniziative per opere non inserite in programma. Ai sensi del comma 19 del nuovo art. 153, “I soggetti, di cui al comma 8, in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario, nonché i soggetti di cui al comma 20 possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte d’intervento, a mezzo di studi di fattibilità, relative alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità non presenti” negli strumenti di programmazione normativamente previsti, senza che ciò determini in capo al proponente “alcun diritto al compenso per le prestazioni compiute, alla realizzazione degli interventi proposti, né alla gestione dei relativi servizi”, nel caso in cui il progetto d’investimento concretamente proposto venga inserito negli atti di programmazione di cui sopra. Tuttavia, non può dirsi che ne esca rafforzata la capacità propulsiva del privato in senso stretto. Infatti, quale che sia la fattispecie procedurale prescelta dall’amministrazione aggiudicatrice, ricadrà sempre nella competenza di quest’ultima la preventiva individuazione dell’intervento da realizzare.
A differenza che nei precedenti interventi, però, si introduce espressamente un obbligo di esame e valutazione in capo all’amministrazione. Quest’ultima, infatti, è tenuta a valutare le proposte “entro sei mesi dal loro ricevimento” ed eventualmente può adottare, “nell’ambito dei propri programmi, gli studi di fattibilità ritenuti di pubblico interesse”. E’ infine disposto che “qualora le amministrazioni adottino gli studi di fattibilità, si applicano le disposizioni del presente articolo”. Conformemente a quanto disposto dall’art. 2 della legge n. 241/1990, pare consolidarsi definitivamente per la pubblica amministrazione un obbligo di conclusione con provvedimento espresso del procedimento di valutazione, quale effetto proprio di un atto ad iniziativa privata come la presentazione di uno studio di fattibilità. Nel caso specifico, deve tenersi presente che il procedimento in questione, attivato dal proponente attraverso la sua proposta, è del tutto autonomo ed è finalizzato ad un provvedimento finale eventuale, quale l’inserzione nell’ambito della programmazione triennale, che non può dirsi propriamente a contenuto generale e, pertanto, non ricadrebbe nel campo di applicazione della deroga al principio dell’obbligo di motivazione, così come prevista dall’art. 3, co. 2, della legge n. 241/1990.
Vale la pena ricordare che la sentenza della Corte di Giustizia del 21.02.2008 che ha deciso sul ricorso promosso dalla Commissione per inadempimento dell’Italia in tema di recepimento delle direttive in materia di appalti e concessioni e del Trattato, ha dichiarato irricevibili le osservazioni della Commissione sulle norme nazionali in materia di finanza di progetto in quanto questa “nell’ambito di questa censura, non indica quali di queste Direttive e/o disposizioni del Trattato la Repubblica Italiana avrebbe precisamente violato commettendo asseritamene una violazione del principio di parità di trattamento”. La suddetta violazione del diritto comunitario per effetto non è stata peraltro confermata dalla Corte di Giustizia.
5.3.1. Verso un project financing di nuova generazione. L’ipotesi di una gara unica.
La nuova disciplina introdotta dal terzo correttivo prevede innanzitutto una gara unica indetta dall’amministrazione per la scelta del promotore. Il bando la cui pubblicazione è previsto avvenga in ambito comunitario, ha ad oggetto uno studio di fattibilità predisposto dall’amministrazione (e
non un progetto preliminare redatto dal promotore). L’approvazione del progetto preliminare segue la gara cui partecipano tutti i concorrenti.
In particolare, per la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità finanziabili in tutto o in parte con capitali privati ed inseriti nella programmazione triennale e nell’elenco annuale di cui all’art. 128 del Codice, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, l’art. 153 co. 1 prevede che “le amministrazioni aggiudicatici possono, in alternativa all’affidamento mediante concessione ai sensi dell’art. 143 affidare una concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. Si tratta dell’ipotesi di una gara unica senza diritto di prelazione in favore del promotore, più volte ventilata in seno alle parti sociali101, che viene disciplinata dai commi 1-14 del nuovo art. 153.
E’ espressamente disposto che il bando sia pubblicato secondo l’importo dei lavori con le modalità di cui all’art. 66, ovvero all’art. 122 per i contratti di lavori pubblici sotto soglia, ponendo a base di gara lo studio di fattibilità predisposto dalla pubblica amministrazione o adottato ai sensi del comma 19 da soggetti di cui al comma 8 e 20 dell’art. 153 e contenente proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti nella programmazione triennale o negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione. L’espresso richiamo alle modalità di pubblicazione di cui agli artt. 66 e 122 sembra fare chiarezza sulla questione evidenziata nella stessa procedura di infrazione della Commissione europea del 30 gennaio 2008 con riferimento alla precedente formulazione dell’art. 153, garantendo, in tal modo, la necessaria dimensione comunitaria del regime pubblicitario del bando.
Al comma 3 lett. a) è prescritto un contenuto particolarmente dettagliato per il bando, che si aggiunge a quanto espressamente sancito dall’art. 144. In particolare è disposto che il bando specifichi che: l’amministrazione aggiudicatrice ha la possibilità di richiedere al promotore prescelto di apportare al progetto preliminare presentato, le modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione”. L’accettazione delle modifiche proposte dal promotore è determinante ai fini dell’aggiudicazione della concessione: è, infatti, disposto che la concessione è aggiudicata al promotore solo successivamente all’accettazione da parte di questi delle modifiche progettuali e del conseguente eventuale adeguamento al piano economico-finanziario. Inoltre il comma 11, così come riformulato dal terzo correttivo, prevede espressamente che “la stipulazione del contratto di concessione può avvenire solamente a seguito della conclusione, con esito positivo, della procedura di approvazione del progetto preliminare e della accettazione delle modifiche progettuali da parte del promotore, ovvero del diverso concorrente aggiudicatario”.
Alla lettera b) è espressamente disposto che in caso di mancata accettazione da parte del promotore delle richieste di modifica di cui sopra, ai fini dell’aggiudicazione della concessione, “l’amministrazione ha facoltà” di rivolgersi ai concorrenti successivi in graduatoria, proponendo loro l’accettazione delle modifiche da apportare al progetto preliminare presentato alle stesse condizioni proposte al promotore.
101 In questa direzione muove la proposta di riforma presentata congiuntamente da XXX e ANCE.
E’ inoltre previsto che il bando indichi, “secondo l’ordine di importanza loro attribuita”, i criteri in base ai quali l’amministrazione procederà “alla valutazione comparativa tra le diverse proposte” (art. 153, co. 6). Inoltre, al fine di garantire che le proposte stesse siano presentate secondo “presupposti omogenei”, il bando dovrà richiamare “espressamente il disciplinare di gara” in modo da specificare “l’ubicazione e la descrizione dell’intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire” (art. 153, co. 7).
Quanto ai requisiti soggettivi del promotore, rectius concorrente, la disciplina sembrerebbe essere particolarmente innovativa. Si prevede che siano ammessi alla procedura di cui all’art. 153 soltanto “i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario, anche associando o consorziando con altri soggetti, fermo restando i requisiti di cui all’art. 38” del Codice (art. 153, co. 8). La previsione sembra voler fare chiarezza sulla delicata questione relativa al momento in cui bisogna possedere i requisiti richiesti per il concessionario. In realtà nell’ipotesi della gara unica, dal momento che il secondo passaggio della procedura diviene l’indizione di una gara per l’aggiudicazione della concessione, non ha più molto senso distinguere tra i requisiti del concessionario e quelli del promotore.
Quanto ai contenuti delle offerte, il comma 9 specifica che queste devono contenere “un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato” dai soggetti abilitati, “nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione”. Il piano economico-finanziario deve, tra l’altro, indicare, conformemente a quanto già previsto dalla precedente disciplina, “l’importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo anche dei diritti sulle opere di ingegno di cui all’art. 2578 del Codice civile”, entro il limite massimo del 2,5% “del valore dell’investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara” (art. 153, co. 9). Completamente diverso, tuttavia, è il regime previsto per il rimborso delle stesse (infra).
Una volta ricevute le offerte, la pubblica amministrazione procederà alla loro valutazione secondo i parametri di cui all’art. 83 del Codice. Il comma 4 richiama il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 83 e al comma successivo si evidenzia che per le concessioni, “l’esame delle proposte è esteso agli aspetti relativi alla qualità del progetto preliminare presentato, al valore economico e finanziario del piano e al contenuto della bozza di convenzione”. Al riguardo è bene evidenziare come non sia previsto alcun termine entro cui deve svolgersi suddetta attività di valutazione, la cui fissazione è pertanto rimessa al bando di gara.
All’esito della fase di valutazione, nella quale l’amministrazione aggiudicatrice prende in esame le offerte pervenute nei termini indicati nel bando (art. 153, co. 10, lett. a), l’amministrazione provvederà a redigere una graduatoria delle offerte ritenute di pubblico interesse ed a nominare promotore il soggetto che avrà presentato quella valutata come la migliore (art. 153, co. 10, lett. b) o, eventualmente, l’unica offerta presentata. L’amministrazione, quindi, provvederà ai sensi dell’art. 97 del Codice a convocare una Conferenza di servizi istruttoria cui sottoporre l’approvazione del progetto preliminare precedentemente selezionato tra le proposte pervenute. In tale fase è disposto che sia “onere del promotore procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’approvazione, nonché a tutti gli adempimenti di legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale, senza che ciò comporti alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte indicate nel piano finanziario” (art. 153, co. 10, lett. c). Nell’inserire un esplicito riferimento all’art. 97 (conferenza di servizi preliminare), il legislatore del
terzo correttivo si è limitato a recepire, in un contesto procedurale completamente rivisto, le considerazioni già svolte da una certa giurisprudenza102 sotto la normativa precedente, tralasciando la proposta di ABI ed ANCE, che secondo un’impostazione da molti discussa, suggerivano l’introduzione di una Conferenza di servizi in una fase ancora più a monte, cioè sullo studio di fattibilità predisposto dalla pubblica amministrazione nella redazione degli atti programmatori di cui all’art. 128 del Codice dei contratti.
Qualora non si rendano necessarie modifiche “si procederà direttamente alla stipula del contratto di concessione” (art. 153, co. 10, lett. d). La procedura negoziata, pertanto, rappresenta soltanto un sub-procedimento eventuale da svolgersi, qualora il progetto sia sottoposto a modifiche, prima con il promotore e, dopo, facoltativamente con gli altri concorrenti, secondo l’ordine di graduatoria e sempreché il primo tentativo non sia andato a buon fine.
A ben vedere, il diritto al rimborso spese, previsto in capo al promotore nella misura del 2,5% del valore complessivo dell’investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara, potrebbe configurarsi come una sorta di corrispettivo forfettario, “a carico dell’aggiudicatario” (art. 153, co. 12), per l’acquisizione stessa, da parte dell’amministrazione, del progetto proposto. Il diritto del promotore al rimborso di fatto matura soltanto qualora a seguito della procedura negoziata risulti aggiudicatario un concorrente diverso dal promotore (art. 153, co. 12). Perché ciò avvenga sarà necessario che l’amministrazione eserciti la facoltà, normativamente prevista (art. 153, co. 10, lett. e), “di richiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria, alle stesse condizioni proposte al promotore e dallo stesso non accettate, l’accettazione delle modifiche apportate al progetto” del primo classificato. La norma prevista, per quanto rappresenti una forte garanzia nei confronti della pubblica amministrazione, desta qualche perplessità, in quanto sembra sottoporre il diritto del promotore al rimborso ad una condizione che dipende di fatto dall’amministrazione stessa, essendole riconosciuta dalla legge come “facoltà”. L’impostazione adottata dal legislatore può sollevare qualche interrogativo circa la sua reale capacità di incentivare e/o disincentivare gli investimenti dei privati ed il livello qualitativo delle proposte presentate cui, verosimilmente, sarebbe difficile rispondere prescindendo da un riscontro applicativo del meccanismo.
Il comma 13 disciplina poi le garanzie che devono essere presentate a corredo dell’offerta, recependo sostanzialmente quanto suggerito nel documento predisposto dall’ABI e dall’ANCE. Le offerte, infatti, “sono corredate dalla cauzione di cui all’articolo 75 e da un’ulteriore cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio fattibilità posto a base di gara. Il soggetto aggiudicatario è tenuto a prestare la cauzione definitiva di cui all’art. 113. Dalla data di inizio dell’esercizio del servizio, da parte del concessionario, è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell’opera, da prestarsi nella misura del 10% del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all’art. 113. La mancata presentazione della stessa costituisce grave inadempimento contrattuale” (art. 153, co. 13). Il comma 14 richiama espressamente il d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”.
102 Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3043.
In seguito alla conclusione, con esito positivo, della procedura di approvazione del progetto preliminare e dell’accettazione delle modifiche progettuali da parte del promotore, o del diverso concorrente aggiudicatario, si procede alla stipulazione del contratto di concessione. E’ espressamente precisato che quest’ultima non può prescindere dalle fasi precedenti: conclusione della procedura di approvazione e accettazione di eventuali modifiche (art. 153, co. 11).
5.3.2. La gara in due fasi e il ritorno della prelazione del promotore.
In alternativa alla procedura in un’unica fase, le amministrazioni aggiudicatici possono decidere di intraprendere una procedura di aggiudicazione distinta in due diverse fasi, disciplinata al successivo comma 15 dell’art. 153. Tale procedura, peraltro non presente nello schema di decreto che circolava prima di agosto, prevede che l’amministrazione individui il concessionario mediante l’espletamento di due distinte procedure selettive: la prima finalizzata all’individuazione del promotore dal quale acquisire il progetto preliminare; la seconda volta all’individuazione dell’affidatario della concessione con la previsione di un diritto di prelazione del promotore.
I presupposti di tale seconda procedura sono gli stessi che consentono l’adozione della prima: si deve, cioè, trattare di lavori pubblici o di pubblica utilità già inseriti nella programmazione triennale e nell’elenco annuale di cui all'art. 128, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati. Inoltre, analogamente a quanto accade per la procedura in un’unica fase, l’amministrazione deve aver già predisposto uno studio di fattibilità da porre a base di gara. La scelta di adottare la procedura in un’unica fase o quella in due fasi è dunque rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice.
E’ precisato che “qualora le amministrazioni di avvalgano delle disposizioni del presente comma, non trovano applicazione il comma 10, lettere d), e), il comma 11 e il comma 12, “ferma restando l’applicazione degli altri commi” (art.153, comma 15). In virtù di questo inciso, e contrariamente a quanto si possa pensare, il legislatore non pare essersi limitato a reintrodurre sic et simpliciter la disciplina precedente al secondo decreto correttivo103. Le norme richiamate sono quelle che prevedono l’aggiudicazione diretta al termine della prima fase della procedura e, dunque, appare logico che non si applichino104.
Le amministrazioni, pertanto, pubblicheranno un bando “con le modalità di cui all’articolo 66 ovvero di cui all’articolo 122, secondo l’importo dei lavori, ponendo a base di gara lo studio di fattibilità” (art. 153, co. 2) precedentemente predisposto o adottato su iniziativa di un proponente secondo quanto chiarito dal comma 19 dell’art. 153. Viene pertanto richiamata la disciplina in tema di pubblicità comunitaria.
Come sottolinea la stessa relazione al terzo correttivo, qualora le amministrazioni aggiudicatrici ricorrano a questa seconda procedura è necessario che il bando precisi che “la procedura non
103 X. Xxxxxxx, Dalla procedura d'infrazione al terzo decreto correttivo del codice dei contratti. Verso un project financing di quinta generazione, in corso di pubblicazione in Rassegna dell'Avvocatura di Stato, n. 2/2008.
104 X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Partenariato Pubblico Xxxxxxx e finanza di progetto, in Commentario al Codice dei Contratti a cura di X. Xxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, 2008 in corso di pubblicazione.
comporta l’aggiudicazione al promotore prescelto, ma l’attribuzione allo stesso del diritto di essere preferito al migliore offerente individuato con le modalità di cui alle successive lettere del presente comma, ove il promotore prescelto intenda adeguare la propria offerta a quella ritenuta più vantaggiosa” (art. 153, comma 15, lett. a). In particolare, poi, si specificheranno “i criteri, secondo l’ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse proposte” e si indicherà, mediante il richiamo espresso al disciplinare di gara, “l’ubicazione e la descrizione dell’intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire” (art. 153, commi 6 e 7). In tal modo le proposte saranno presentate secondo presupposti omogenei. Viene pertanto azzerata l’eventualità, particolarmente discussa in passato, di una c.d. valutazione comparativa impropria. L’esame delle proposte presentate, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, avverrà con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e sarà “esteso agli aspetti relativi alla qualità del progetto preliminare presentato, al valore economico e finanziario del piano e al contenuto della bozza di convenzione”. Il momento valutativo finalizzato all’individuazione del promotore assume quindi i contenuti tipici della concorsualità.
Si osserva peraltro anche in questa fattispecie procedurale una deminutio della capacità propulsiva dei privati, essendo l’amministrazione stessa ad individuare l’intervento specifico da realizzare. In definitiva si assiste alla “consacrazione” dell’iniziativa pubblica del procedimento. Allo stesso saranno “ammessi solo i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario anche associando o consorziando altri soggetti, fermi restando i requisiti di cui all’art. 38” (art. 153, co. 8). Le offerte dovranno presentare i medesimi contenuti già specificati nell’esame della procedura a gara unica.
Una volta valutate le offerte, redatta la graduatoria e nominato il promotore, l’amministrazione procede all’approvazione del progetto preliminare convocando una Conferenza di servizi istruttoria, secondo quanto previsto dal comma 10, lett. c) dell’art. 153 del Codice. In tale fase, pertanto, “è onere del promotore procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’approvazione del progetto, nonché a tutti gli adempimenti di legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale, senza che ciò comporti alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte indicate nel piano finanziario”.
Il progetto, così approvato, sarà posto a base della seconda fase di gara, finalizzata all’aggiudicazione del contratto di concessione, nella quale è recuperato il meccanismo del diritto di prelazione del promotore. Così, nel caso in cui entro 45 giorni dalla comunicazione dell’amministrazione il promotore adegui la propria offerta a quella eventualmente risultata economicamente più vantaggiosa, lo stesso risulterà aggiudicatario e si farà carico delle spese sostenute dal miglior concorrente. Diversamente, qualora il promotore lasci decorrere il suddetto termine, maturerà solamente il diritto al rimborso delle spese sostenute, questa volta a carico del concorrente aggiudicatario. Nell’uno come nell’altro caso le spese saranno rimborsate dall’amministrazione entro il limite del 2,5 % del valore complessivo dell’investimento.
La reintroduzione del diritto di prelazione in esame ha sollevato da subito un acceso dibattito, in considerazione delle censure precedentemente operate dalla Commissione europea in considerazione del presunto contrasto con il principio di parità di trattamento. E’ evidente in tentativo del legislatore di trovare una soluzione di compromesso che concili da un lato l’esigenza di rispetto dei principi comunitari in tema di procedure di affidamento e, dunque, di recepimento
delle osservazioni della Commissione, dall’altro, quella di prevedere una forma di incentivo ai privati. In molti, infatti, avevano considerato la radicale eliminazione della prelazione del promotore, per effetto del secondo correttivo, una sorta di “campana a morte” per la finanza di progetto. In realtà, la nuova disciplina introdotta dal correttivo, si adegua alle osservazioni della Commissione nella misura in cui queste si incentravano sulla mancata partecipazione del promotore alla prima gara, con il riconoscimento di un diritto di accesso diretto alla procedura negoziata. Infatti, la gara unica con partecipazione di tutti gli operatori in condizioni di parità soddisfa le esigenze di par condicio e la seconda procedura, come espressamente indicato nel bando, prevede l’attribuzione del diritto di prelazione solo a seguito della vittoria della gara e non intende costituire, pertanto, un’indebita posizione di vantaggio in capo ad uno dei concorrenti.
5.3.3. L’iniziativa privata nel caso di inerzia della pubblica amministrazione.
Una fattispecie procedurale particolarmente interessante è quella disciplinata dai commi 16, 17 e
18. Mentre, infatti, le prime due procedure disciplinate rispettivamente ai commi 1-14 e 15 dell’art. 153 sono caratterizzate da un impulso della pubblica amministrazione che predispone lo studio di fattibilità e in seguito approva il progetto preliminare, quella che possiamo ritenere la terza procedura prevede una sorta di iniziativa privata suppletiva e surrogatoria, nel caso in cui “le amministrazioni aggiudicatrici non provvedano, entro sei mesi dalla approvazione dello stesso elenco annuale, alla pubblicazione dei bandi” relativi agli interventi ivi inseriti. Resta chiaramente un presupposto l’avvio della procedura, comune anche a questa fattispecie procedurale, il preventivo inserimento da parte dell’amministrazione dello stesso intervento negli atti di programmazione, nonché nell’elenco annuale. Pertanto un’iniziativa privata in senso stretto non è prevista neppure dalla nuova disciplina introdotta dal terzo correttivo.
L’amministrazione quindi 1) provvede a pubblicare un avviso che prevede i criteri di valutazione delle proposte; 2) le eventuali proposte rielaborate e le nuove proposte vengono valutate dall’amministrazione, che individua quella ritenuta di pubblico interesse; 3) successivamente la pubblica amministrazione può procedere alternativamente a seconda che il progetto preliminare necessiti o meno di modifiche: a) nel primo caso ad indire un dialogo competitivo b) nel secondo caso, ad approvare il progetto preliminare e bandire una concessione ex art. 143 invitando alla gara il promotore, ovvero ad approvare il preliminare e indire una gara cui invita il promotore, seguendo la procedura che prevede il diritto di prelazione del promotore (art. 15, lett. c, d, e, f).
Nel dettaglio la disciplina prevede che entro e non oltre i quattro mesi successivi alla scadenza del predetto termine, “i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario, anche associando o consorziando altri soggetti, possono presentare una proposta”, avente ad oggetto il progetto preliminare, “garantita dalla cauzione di cui all’articolo 75, corredata dalla documentazione dimostrativa del possesso dei requisiti soggettivi e dell’impegno a prestare una cauzione nella misura dell’importo” pari al 2,5% del valore complessivo dell’investimento, per l’eventuale successiva indizione della relativa gara. L’amministrazione, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per la ricezione delle proposte, anche qualora sia pervenuta una sola proposta, pubblica, “con le modalità di cui all’art. 66 ovvero di cui all’art. 122, secondo l’importo dei lavori”, un avviso contenente i criteri di valutazione delle proposte stesse sotto il profilo del pubblico
interesse. L’esame delle proposte pervenute si conclude entro sei mesi dalla suddetta pubblicazione. Così individuate le proposte ritenute di pubblico interesse e previa verifica del possesso dei requisiti in capo al proponente, la pubblica amministrazione sceglierà il tipo di procedura da attivare a seconda che il progetto necessiti, o meno, di eventuali modifiche.
Nel primo caso, sarà indetto un dialogo competitivo con a base il progetto preliminare e la proposta stessa. In tal caso, il promotore che all’esito della procedura non risulti aggiudicatario avrà diritto al rimborso delle spese, a carico dell’aggiudicatario stesso, nella misura del 2,5% del valore complessivo dell’investimento.
Qualora, invece, il progetto non necessiti di alcuna modifica, l’amministrazione potrà alternativamente bandire una concessione ai sensi dell’art. 143 ovvero procedere direttamente con la seconda fase di gara disciplinata dalle lett. c), d), e), f) del comma 15, dello stesso art. 153. In entrambe le procedure, il progetto preliminare, previa apposita approvazione, verrà posto a base di gara ed il promotore sarà invitato a partecipare, potendo giovarsi, peraltro, del c.d. diritto di prelazione. Qualsiasi sia la fattispecie procedurale seguita, poi, nel caso in cui il soggetto che ha presentato la proposta ritenuta di pubblico interesse, ai sensi del comma 16, non partecipi alle gare, l’amministrazione aggiudicatrice potrà incamerare la garanzia di cui all’art. 75 (art. 153, co. 17).
In definitiva ci si trova dinnanzi ad una procedura complessa costituita da diversi sub-procedimenti autonomi tra di loro interconnessi. Il primo, necessario, ha evidentemente lo scopo precipuo di individuare la proposta del promotore ritenuta di pubblico interesse. Il secondo, poi, finalizzato all’aggiudicazione della concessione, risulta essere del tutto eventuale, in quanto subordinato al precedente e rimesso, sostanzialmente, alla discrezionalità della pubblica amministrazione. Quest’ultima, infatti, potrà, a seconda dei casi, indire un dialogo competitivo, bandire una concessione ai sensi dell’art. 143, ovvero procedere ai sensi del comma 15 lett. c), d), e), f) dell’art. 153.
Alla luce di queste considerazioni e dell’esperienza passata sorge, inevitabilmente, qualche perplessità. Prescindendosi dalla tipologia di gara che sarà successivamente adottata, pare poco conforme ai principi di trasparenza e concorrenza la possibilità che un avviso, seppur su scala comunitaria, possa essere pubblicato dopo la presentazione delle proposte. Con quali criteri, poi, l’amministrazione dovrebbe valutare la rispondenza al pubblico interesse delle proposte pervenute? Si tratta di un interrogativo legittimo, soprattutto se si tiene in considerazione che in due ipotesi su tre, quelle di cui alle lett. b) e c) dell’art. 153, il proponente potrà avvalersi, in virtù di detta valutazione, del diritto di prelazione nella successiva fase di gara volta all’aggiudicazione del contratto. Sembra riecheggiare il problema della qualificazione giuridica della valutazione di rispondenza delle proposte al pubblico interesse.
In realtà, quale che sia la natura di detta attività valutativa, resta il dubbio sulla reale trasparenza di una procedura così strutturata. Il rischio, ad esempio, è che l’avviso indicativo possa essere, per così dire, “cucito su misura” ad una delle proposte precedentemente presentate o comunque sottratto a qualsiasi canone di trasparenza. Per questo motivo, potrebbero essere sollevati dubbi di compatibilità con l’ordinamento comunitario su questa ed altre questioni.
5.3.4. Uno step in right più flessibile.
Le modifiche apportate dal terzo decreto correttivo alla disciplina del project financing non si limitano alla predisposizione di una nuova architettura procedimentale.
Il legislatore, infatti, conformemente agli obiettivi di flessibilizzazione perseguiti, ha ritenuto opportuno incidere significativamente anche su quelle norme configurate, già a partire dalla Merloni-ter, quali meccanismi volti a garantire il più possibile i soggetti finanziatori, incentivandone, pertanto, il coinvolgimento nelle operazioni di finanza di progetto. Il rifermento è al c.d. step in right, strumento che attribuisce agli istituti bancari e/o agli altri soggetti finanziatori la possibilità di impedire la risoluzione del contratto, designando una società che subentri nella concessione al posto del concessionario inadempiente.
Al riguardo, non si prevede più un termine ex lege entro cui provvedere alla designazione della società subentrante, bensì la determinazione dello stesso è rimessa interamente alle parti o, in assenza di un’apposita previsione contrattuale, alla discrezionalità della pubblica amministrazione, che sarà tenuta a darne informazione ai finanziatori mediante comunicazione scritta dell’intenzione di risolvere il contratto.
Il concedente, accetterà la designazione a condizione che: a) la società designata dai finanziatori abbia caratteristiche tecniche e finanziarie sostanzialmente equivalenti a quelle possedute dal concessionario all'epoca dell'affidamento della concessione; b) l’inadempimento del concessionario che avrebbe causato la risoluzione cessi entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine prestabilito contrattualmente o individuato dall’amministrazione nella comunicazione di cui sopra.
Con le modifiche così introdotte il legislatore ha recepito un’istanza particolarmente avvertita in seno alle parti sociali, prevedendo una disciplina ancora più flessibile di quanto proposto dalla stessa ABI nei documenti presentati al Governo.
72
Riflessioni conclusive
Solo qualche breve riflessione conclusiva per cercare di individuare le questioni ancora aperte e tentare di interpretare gli effetti che le modifiche apportate dal terzo correttivo avranno in tema di gare in genere ed in particolar modo di finanza di progetto e dialogo competitivo.
Mentre per la definizione contrattuale dei PPP e per le modifiche introdotte in tema di dialogo competitivo, il legislatore si è limitato sostanzialmente ad aderire all’impostazione comunitaria, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda la disciplina di cui all’art. 153 del Codice. In questo scenario, particolare significato assumono le modifiche apportate alla procedura sulla finanza di progetto. Come sopra ricordato, l’intervento legislativo ha voluto affrontare talune questioni sollevate con la nota d’infrazione della Commissione. Quanto alla denunciata mancanza di un livello pubblicitario adeguato per le gare a rilevanza comunitaria, la questione può dirsi ora risolta attraverso l’espresso richiamo all’art. 66 ovvero all’art. 122, secondo l’importo dell’appalto.
Quanto invece alla permanenza in capo al promotore di una posizione di supremazia nei confronti degli altri concorrenti, di dubbia compatibilità con i principi concorrenziali più volte richiamati, ed in particolare con quello di par condicio dei partecipanti alla gara, permangono dei dubbi. Si osserva, infatti, un significativo sforzo del legislatore teso alla ricerca di una soluzione di compromesso. Ciò in parte è dovuto alle stesse indicazioni provenienti dalla ricordata sentenza del 21 febbraio 2008 con cui la Corte di giustizia ha dichiarato irricevibili le osservazioni sollevate dalla Commissione con il ricorso promosso per inadempimento dello Stato Italiano, che a proposito del finanza di progetto censurava le norme nazionali attributive al promotore del diritto di prelazione e relativa alla possibilità di non partecipare alla gara. Tuttavia, il legislatore non si è limitato ad una mera reintroduzione del diritto di prelazione.
Il terzo correttivo rappresenta in realtà la sintesi destrutturata di una riflessione giuridica decennale105. È evidente, infatti, il tentativo di risolvere alcune delle questioni più dibattute dell’istituto, quali, ad esempio, la qualificazione giuridica dell’attività valutativa delle proposte da parte dell’amministrazione, il problema relativo ai requisiti del promotore e del concessionario. Si tratta di un tentativo di conciliazione che tiene conto anche delle esigenze più volte emerse in seno alle parti sociali. Il riferimento, in questo caso, è ad una maggiore flessibilità della disciplina relativamente al c.d. step in right e, soprattutto, alla revisione di una procedura da più parti indicata come estremamente farraginosa. Da quest’ultimo punto di vista, come si è tentato di evidenziare, il legislatore è andato decisamente oltre, introducendo diverse fattispecie procedurali.
Ed è proprio alla luce della nuova architettura procedurale che emerge qualche perplessità. L’introduzione di una gara unica, infatti, se da un lato sembra azzerare qualsiasi profilo d’incompatibilità con i principi di derivazione comunitaria, dall’altro stravolge l’impostazione logica del project financing all’italiana, tanto da ricondurre la figura del promotore (esclusa l’ipotesi del proponente) nell’alveo più generale dei concorrenti. L’eliminazione di ogni peculiarità del promotore rispetto agli altri concorrenti e le altre modifiche introdotte alla procedura finiscono per rendere la finanza di progetto un istituto molto simile alla concessione in senso stretto, con l’effetto di svuotare l’istituto di senso proprio, come peraltro evidenziato recentemente dallo stesso
105 X. Xxxxxxx, op. cit.
Consiglio di Stato nel parere della sezione atti normativi n. 2357/08 del 14 luglio 2008. In particolare il Consiglio di Stato si spinge sino al punto di invitare l'amministrazione a prendere seriamente in considerazione la possibilità di sopprimere l’istituto, considerato che esso non è previsto nelle direttive comunitarie.
D’altro canto, la previsione di molteplici procedure di scelta del concessionario può rendere la gestione dell’istituto ancora più difficile per la pubblica amministrazione procedente e sollevare questioni anche in considerazione dell’esercizio della discrezionalità ad essa attribuita per legge di optare per l’una piuttosto che per l’altra procedura. Infine, si tratterà di vedere se la nuova normativa sarà in grado di soddisfare la Commissione europea. In definitiva, non meraviglierebbe se proprio gli aspetti più innovativi della disciplina portassero ad un nuovo dibattito in dottrina e, soprattutto, all’ennesimo confronto con l’ordinamento comunitario.
La problematicità della disciplina sulla finanza di progetto in Italia va ancora ascritta al suo essere un tertium genus, a metà strada tra i vecchi strumenti tipici dei lavori pubblici e le nuove categorie giuridiche “aperte” introdotte dal diritto comunitario e ormai consolidatesi nel dialogo avviato dal Libro verde sui Partenariati Pubblici-Privati. In tal senso, l’introduzione espressa di una definizione giuridica contrattuale del PPP lascia intravedere una nuova stagione di armonizzazione sostanziale, quale effetto indotto di un processo di riavvicinamento legislativo avviato, in sede comunitaria, sotto un profilo procedurale106.
106 X. Xxxxxxx, Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.
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