REGOLAMENTO IN MATERIA DI OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO
REGOLAMENTO IN MATERIA DI OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO
RELAZIONE ILLUSTRATIVA SULL’ATTIVITA’ DI ANALISI D’IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE E SUGLI ESITI DELLA PROCEDURA DI CONSULTAZIONE
I. La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto | 2 |
1. Presupposti e obiettivi alla luce del principio di proporzionalità | 2 |
2. Motivazione e principi fondamentali della disciplina | 5 |
II. Attività di AIR realizzata | 10 |
1. Attività di AIR realizzata per la prima proposta regolamentare | 10 |
2. Indicazione sintetica degli esiti delle consultazioni | 19 |
3. Valutazioni AIR ad esito delle consultazioni | 22 |
PARTE PRIMA – LA DISCIPLINA DELLE OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO O DI SCAMBIO
1. PRESUPPOSTI E OBIETTIVI ALLA LUCE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ
Con la revisione del Titolo II, Parte II, del Regolamento approvato dalla Consob con delibera n. 11971 e successive modificazioni (di seguito, “Regolamento Emittenti” o “RE”), la Consob dà attuazione alle modifiche legislative progressivamente intervenute nella normativa di riferimento in materia di offerte pubbliche di acquisto o di scambio.
In data 21 aprile 2004 è stata approvata dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea la Direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto (di seguito, “Direttiva”), recepita nel nostro ordinamento tramite il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 229 che ha apportato modifiche ed integrazioni al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito “Testo Unico della Finanza” o “TUF”).
La disciplina in materia di OPA è stata oggetto di successivi interventi legislativi. In particolare:
- il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (di seguito, “Decreto anti-crisi”), con cui è stata, tra l’altro, modificata la normativa in materia di passivity rule e neutralizzazione;
- la legge n. 33/2009 che al fine di rafforzare “gli strumenti di difesa da manovre speculative”, ha apportato modifiche al TUF, in materia di OPA da consolidamento e trasparenza proprietaria, e al codice civile, riguardo la disciplina dell’acquisto di azioni proprie;
- il decreto legislativo n. 146/2009 (di seguito, “Decreto correttivo”) contenente le disposizioni integrative e correttive del predetto decreto legislativo n. 229/2007.
L’attività di revisione della regolamentazione delle OPA non si è limitata al recepimento delle disposizioni comunitarie contenute nella Direttiva e all’esercizio delle deleghe regolamentari attribuite alla Consob dalla nuova disciplina contenuta nel TUF, ma ha tenuto conto delle questioni emerse nell’esperienza applicativa della vigente disciplina nonché dell’analisi comparata degli ordinamenti dei principali Paesi. Le modifiche riguardano sia le disposizioni generali sulla procedura e lo svolgimento dell’offerta, sia quelle in materia di OPA obbligatoria.
L’insieme di tali interventi intende conseguire alcune finalità che hanno guidato la Consob nell’individuazione delle ipotesi di modifica della regolamentazione vigente. Tali finalità si ispirano ai consueti principi che sono alla base dell’attività dell’Istituto in questo campo, e che sono primariamente individuati dall’art. 91 del TUF nella tutela degli investitori e nell’efficienza e nella trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali.
Ai fini della realizzazione delle finalità della regolamentazione la Consob ha tenuto conto delle specificità del mercato dei capitali italiano, caratterizzato dalla prevalenza di strutture proprietarie accentrate nelle quali il controllo è nelle mani di un unico azionista o di una coalizione di azionisti aderenti a un patto parasociale (rispettivamente, 66% e 20% dei casi a fine 2010). Assetti proprietari
più “contendibili” sono propri di un ristretto numero di società in cui non è individuabile un azionista o una coalizione di controllo (circa 12% del totale delle società).
In un mercato caratterizzato da elevata concentrazione proprietaria, i mutamenti degli assetti di controllo avvengono per lo più tramite trasferimenti amichevoli; più frequenti sono le operazioni di rafforzamento del controllo da parte dell’azionista di maggioranza, anche relativa, finalizzate al delisting della società. Ne deriva che le caratteristiche del mercato italiano in termini di scarsa contendibilità del controllo e le specificità dei problemi di agenzia che, in un contesto di strutture proprietarie accentrate, sorgono tra azionisti di maggioranza e minoranza costituiscono quindi il punto focale per la regolazione delle offerte pubbliche di acquisto.
Gli interventi di regolazione hanno perciò teso a realizzare gli obiettivi di:
a) rafforzamento della tutela degli azionisti di minoranza nel corso di operazioni che determinano un’evoluzione dell’assetto di controllo della società. Alcuni interventi sono per questo stati guidati dall’intento di porre rimedio alle possibili distorsioni che affliggono la scelta di aderire o meno all’offerta, di aumentare il diritto di voice delle minoranze e di colmare i disallineamenti regolamentari originati dall’evoluzione delle pratiche di mercato e dall’innovazione finanziaria;
b) efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario, grazie ad alcune previsioni e modifiche regolamentari volte a favorire una maggiore dinamicità del mercato del controllo societario ed eliminare profili di incertezza nell’interpretazione delle norme che possano frenare l’attivismo di offerenti e investitori;
c) parità di trattamento per investitori italiani ed esteri ed armonizzazione con la disciplina degli altri Paesi, per disciplinare il riconoscimento dei documenti di offerta approvati da Autorità di vigilanza di Stati comunitari ed extracomunitari e allineare la disciplina nazionale alle prassi prevalenti in sede internazionale, ad esempio in tema di offerte su titoli di debito;
d) riduzione dei costi di compliance per gli offerenti grazie alla modifica di adempimenti ritenuti non efficacemente calibrati in ottica costi-benefici e alla maggiore standardizzazione delle informazioni richieste, tesa a rendere più efficiente il procedimento di controllo da parte della Consob.
In data 6 ottobre 2010 è stata sottoposta alla pubblica consultazione una prima proposta di modifica della regolamentazione in materia di offerte pubbliche di acquisto o di scambio, che è stata illustrata al mercato nel corso di un public hearing tenutosi il 27 ottobre 2010 presso l’Istituto. La proposta è stata il risultato dell’attività di elaborazione di possibili ipotesi di regolamentazione avviata all’indomani del recepimento della Direttiva nel nostro ordinamento e proseguita parallelamente all’evoluzione del quadro normativo realizzata dai successivi interventi del Legislatore.
Il confronto con il mercato ha portato a modificare la disciplina inizialmente proposta per tenere conto di alcune condivisibili richieste del mercato. Le modifiche hanno teso a conservare gli elementi di fondo e gli obiettivi delle scelte di regolazione iniziali e hanno consentito di operare un
attento bilanciamento dei costi e benefici attribuibili a investitori e offerenti. Le modifiche alla proposta di regolamentazione sono state finalizzate a:
- chiarire e semplificare alcune disposizioni, venendo incontro alle richieste del mercato di ridurre l’onerosità di adempimenti regolamentari ed allineare la disciplina italiana a quella dei principali Paesi europei. In questo ambito sono state ampliate e meglio definite le ipotesi di inapplicabilità della disciplina per offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi da titoli e sono stati semplificati i criteri per la determinazione del prezzo di sell-out e squeeze-out nonché le previsioni in materia di contenuto del comunicato dell’emittente e parere degli amministratori indipendenti nelle offerte “interne”;
- perfezionare l’applicazione delle previsioni più innovative, alla luce delle indicazioni e dei suggerimenti dei soggetti consultati. È stata quindi affinata la disciplina del computo degli strumenti finanziari derivati nella partecipazione rilevante per l’obbligo di OPA, è stato modificato il sistema di presunzioni relative di azioni di concerto e sono state alleggerite le disposizioni riguardanti la trasparenza in corso d’OPA e l’applicabilità della best price rule;
- valorizzare l’autonomia di società e offerenti, mantenendo adeguata la tutela degli investitori. A tal fine, è stato introdotto un regime alternativo alla riapertura dei termini che affida la correzione della pressure to tender alla separazione tra adesione e approvazione dell’offerta, essendo solo quest’ultima rilevante ai fini dell’efficacia dell’OPA (referendum). Sono stati inoltre introdotti dei “correttivi” per l’applicazione dei meccanismi di whitewash nell’esenzione dall’obbligo di OPA conseguente a operazioni di fusione o scissione, consentendo alle società di determinare in via statutaria il quorum, entro la misura massima del 7,5%, necessario per l’efficacia del voto contrario delle minoranze.
Una nuova e più rapida fase di consultazione riguardante le principali modifiche apportate rispetto alla prima proposta di regolamentazione si è quindi aperta il 18 febbraio 2011. Ad essa hanno partecipato circa dieci tra rappresentanti del mercato, studi legali ed esperti. Le risposte hanno evidenziato un generale apprezzamento per le finalità e l’impostazione generale delle proposte e fornito osservazioni puntuali sulle modifiche alla prima bozza di regolamentazione.
Ad esito della seconda consultazione, alcune parti della disciplina sono state affinate tenendo conto delle osservazioni ricevute. In particolare, è stata perfezionata l’applicazione delle più innovative previsioni in materia di rilevanza delle azioni proprie ai fini del calcolo della partecipazione rilevante per l’obbligo di OPA e di riapertura dei termini, individuando nuove e specifiche fattispecie di esenzione. Altre modifiche hanno teso a calibrare più efficacemente l’esenzione dall’OPA obbligatoria per il salvataggio della società. Infine, ulteriori modifiche hanno riguardato i casi di inapplicabilità della disciplina OPA per le offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dai titoli e gli Schemi-tipo per il documento d’offerta.
2. MOTIVAZIONE E PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA DISCIPLINA
La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto si ispira a due finalità di ordine generale: tutela degli azionisti ed efficienza dei mercati e, in particolare, di quello del controllo societario.
Da un lato, un’adeguata protezione degli investitori mira a far sì che nel corso di un’offerta essi non subiscano perdite né vengano esclusi dai guadagni dell’offerente. Questo approccio è sia ispirato a criteri di correttezza e parità di trattamento tra azionisti, sia giustificato da considerazioni circa il costo del capitale per le imprese. In base a queste ultime, un investitore razionale, ove stimasse come concreto il rischio di essere danneggiato nel corso di tali operazioni, potrebbe essere indotto a domandare uno sconto sul valore dei titoli o ad astenersi dall’investimento, aumentando così il costo del capitale per le imprese.
Dall’altro lato, le offerte pubbliche di acquisto costituiscono uno strumento con il quale si possono realizzare operazioni di acquisizione o di change of control efficienti da un punto di vista allocativo, ad esito delle quali il controllo sia allocato presso il soggetto in grado di utilizzare le attività dell’impresa in maniera più efficiente (efficient takeover market hypothesis)1. L’obiettivo della regolazione dovrebbe pertanto essere quello di bilanciare le due finalità al fine di consentire che il meccanismo dell’OPA sia uno strumento di tutela degli investitori ma non un freno alla promozione di offerte efficienti.
Le medesime finalità di ordine generale, richiamate dall’art. 91 TUF, hanno guidato la revisione della regolamentazione secondaria delle offerte pubbliche di acquisto. In tale attività è rientrato un variegato insieme di misure, alcune delle quali sono motivate dal recepimento della Direttiva, altre sono state predisposte in attuazione di deleghe che il Legislatore italiano ha affidato alla Consob, e altre, infine, sono state ispirate dall’esperienza applicativa maturata dalla Commissione negli ultimi anni nell’intento di correggere inefficienze e codificare prassi, con il fine ultimo di assicurare maggior tutela e certezza per investitori e offerenti.
Alla varietà delle misure si accompagna un insieme altrettanto vario di motivazioni, anche in termini di fallimenti di mercato e della regolamentazione, che ne giustificano la modifica e/o l’introduzione. Queste giustificazioni teoriche sono state inquadrate nel contesto del mercato italiano e delle sue caratteristiche in termini di concentrazione proprietaria, assetti coalizionali, bassa contendibilità del controllo e conflitti di agenzia tra azionisti di maggioranza e minoranza.
1 Cfr. Xxxxx, X.X. (1965), Mergers and the market for corporate control, The Journal of Political Economy, Vol. 73, No 2, pp. 110-120; Xxxxxx, M.C., e Xxxxxx, R.S. (1983)The Market For Corporate Control: The Scientific Evidence, Journal of Financial Economics 11, pp. 5-50.
2 Cfr. Xxxxxxx, X., (1999), The economics of takeover regulation, mimeo, Stockholm School of Economics.
In primo luogo, l’opportunità di regolare alcuni fenomeni è partita dall’analisi di fallimenti del mercato riconosciuti dalla letteratura economico-finanziaria.
▪ Innanzitutto, sui risultati di un’offerta pubblica possono influire fenomeni distorsivi, indotti dalle difficoltà di coordinamento dei piccoli azionisti che rendono possibile il successo di offerte di cui tutti gli oblati si augurano l’insuccesso. Il fenomeno della pressure to tender identifica la condizione dei piccoli azionisti destinatari di un’offerta pubblica di acquisto i quali, pur non reputando congruo il prezzo di offerta, sono indotti ad aderirvi dal timore che, in caso di successo, il valore di mercato delle azioni post-OPA si deprima per effetto del nuovo assetto di controllo e/o della minore liquidità. Il fenomeno descritto assume caratteristiche più critiche ai fini della tutela degli investitori nelle offerte promosse da insider volte al freeze-out delle minoranze, nelle quali l’offerente è in possesso di informazioni privilegiate che può utilizzare nel decidere se e a quali condizioni promuovere l’OPA3. Queste operazioni sono dannose sia per tutela degli investitori, in quanto rappresentano una delle possibili forme di estrazione dei benefici privati del controllo4, che per l’efficienza del mercato del controllo societario, poiché consentono il successo di offerte value-decreasing. La distorsione è determinata dal fatto che gli oblati compiono simultaneamente due decisioni: se preferiscono che l’offerta abbia o meno successo e se preferiscono aderire o mantenere i propri titoli. Le soluzioni proposte per la sua correzione - riapertura dei termini e referendum - si fondano per questo sulla separazione delle due decisioni (per una trattazione più diffusa delle ragioni dell’intervento si rinvia al par. 1, Parte II e all’allegato 4 al documento di consultazione del 6 ottobre 2010).
▪ Inoltre, la decisione degli investitori destinatari di un’offerta è condizionata dalla posizione di asimmetria informativa circa il valore dei titoli in cui si trovano. A questo riguardo, alcune delle misure introdotte mirano ad attenuare tali asimmetrie tramite la valutazione dell’offerta da parte dell’emittente e dell’eventuale advisor dallo stesso nominato. Nelle OPA promosse da soggetti in possesso di private information, le asimmetrie informative a danno degli investitori sono più severe, e gli incentivi per l’insider intenzionato al freeze-out ad avere (e trattenere) tali informazioni sono maggiori5. In questi casi il rischio che i legami del board con l’offerente ne condizionino l’obiettività è quindi più concreto. Per questo, il comunicato dell’emittente in caso di offerte c.d. interne si arricchisce di una valutazione della stessa da parte degli amministratori indipendenti.
▪ Alla riduzione delle asimmetrie informative sul comportamento dell’offerente tendono le modifiche relative al regime di trasparenza in corso d’OPA. A tal fine, l’informativa sulle compravendite di titoli oggetto dell’offerta compiute dall’offerente è stata estesa sia con riferimento all’oggetto (anche strumenti derivati) sia, per le operazioni di vendita, con riferimento ai tempi, essendo ora richiesta una disclosure preventiva su comportamenti dell’offerente che muovono in direzione opposta rispetto alle finalità dell’offerta.
3 Cfr. Bebchuk L.A. (1987) The Pressure to Tender: An Analysis and a Proposed Remedy, Delaware Journal of Corporate Law, Vol. 12, pp. 911-949; Xxxxxxx, X.X., e X. Xxxxx (1999) Adverse selection and gains to controllers in corporate freezeout in “Concentrated Corporate Ownership”, ed. X. Xxxxx, University of Chicago Press.
4 Cfr. Xxxxxx X.X. x X.X. Xxxxxx (2003), Controlling Controlling Shareholders, Columbia Law and Economics Working Paper No. 228; Stanford Law and Economics Xxxx Working Paper No. 262.
5 Cfr. Xxxxxxx e Xxxxx (1999), op. cit.
Un secondo insieme di interventi trae la propria giustificazione dalla constatazione di fallimenti della regolamentazione, intesi in senso ampio per ricomprendere i casi di inidoneità, lacuna o inefficacia di alcune misure per la realizzazione delle finalità sopra individuate.
▪ A questo ambito può essere ricondotta l’applicazione della disciplina OPA alle operazioni di ristrutturazione del debito o di consent solicitations, che aveva determinato l’esclusione degli investitori italiani da operazioni di liability management che venivano più efficientemente svolte in altri il mercati. Prima il Legislatore è intervenuto per allineare la disciplina italiana alle prassi per il liability management prevalenti a livello internazionale e per consentire alla Consob di rendere applicabile la disciplina delle offerte al pubblico di vendita o sottoscrizione alle offerte pubbliche di scambio aventi ad oggetto titoli di debito. Quindi la Consob ha dato attuazione alle deleghe regolamentari in materia di esenzioni dalla disciplina sulle offerte pubbliche di acquisto e scambio introducendo casi di inapplicabilità in relazione ad offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dai titoli. Con riferimento alle c.d. consent solicitation, la Commissione ha ritenuto, riconsiderando precedenti orientamenti e alla luce dell’analisi comparata, che tali operazioni siano estranee alla categoria delle offerte pubbliche di acquisto e scambio, in considerazione delle particolari modalità di svolgimento che prevedono l’approvazione di una delibera da parte dei destinatari della proposta, vincolante anche nei confronti di eventuali assenti o dissenzienti qualora siano raggiunte determinate maggioranze.
▪ Alcune nuove disposizioni di legge, introdotte con il correttivo OPA, hanno inteso colmare alcune fattispecie che l’evoluzione del mercato e del quadro normativo hanno reso rilevanti ai fini dell’OPA obbligatoria. In particolare, il Legislatore ha demandato alla Consob il compito di stabilire le modalità con cui strumenti finanziari derivati e azioni proprie rilevano per l’obbligo di OPA. Quanto alla prima delle due deleghe, essa rappresenta la risposta a un’evoluzione del mercato che ha visto in alcuni casi di particolare rilevanza l’utilizzo di strumenti finanziari derivati con finalità sostanzialmente elusive della disciplina sull’obbligo di OPA. Nel darvi attuazione, la Consob ha incluso nel calcolo della partecipazione dell’OPA obbligatoria le azioni sottostanti tutti gli strumenti finanziari derivati o contratti che conferiscono al titolare una posizione lunga, a prescindere dalla circostanza che sia previsto un regolamento in contanti o tramite consegna fisica (per una trattazione più diffusa delle ragioni dell’intervento si rinvia al par. 1, Parte II e all’allegato 5 al documento di consultazione del 6 ottobre 2010). Quanto al regime per la rilevanza delle azioni proprie, l’obiettivo è stato quello di evitare che la presenza di tali azioni consenta elusioni sostanziali della disciplina dell’OPA obbligatoria. Nel caso in cui le azioni proprie siano già detenute dell’emittente, al fine di dare rilievo all’effettivo potere di voto che un soggetto viene ad acquisire, esse sono escluse dal capitale sociale su cui si calcola la partecipazione rilevante per l’obbligo di OPA. Nel caso di acquisto da parte dell’emittente di azioni proprie si è inteso contemperare le due contrapposte esigenze di evitarne un utilizzo potenzialmente elusivo della disciplina dell’OPA obbligatoria, da una parte, e di consentire alle società di ricorrere al buy-back ove ciò corrisponda all’interesse di tutti gli azionisti, dall’altra. A tal fine è stata stabilita la neutralità di tali operazioni, nei confronti di tutti gli azionisti (di controllo e non, attuali e potenziali) a condizione che la delibera di autorizzazione all’acquisito di azioni proprie sia stata approvata dalla maggioranza degli independent shareholders.
▪ La disciplina dell’azione di concerto è stata sistematizzata dal d.lgs. 146/2009. Nell’attuazione delle deleghe di legge la Consob ha inteso ridurre il grado di incertezza sulle condotte che possono configurare un’azione di concerto rilevante per l’obbligo di OPA. Da un lato, sono stati identificati i casi in cui, salvo prova contraria, si presume che alcuni soggetti agiscano di concerto; dall’altro, sono stati individuati i casi di cooperazione tra azionisti che esulano da tale fattispecie, al fine di evitare che incertezze interpretative possano ostacolare la partecipazione attiva delle minoranze alla governance delle imprese.
Infine, un’ultima area di interventi ha avuto origine dall’osservazione dell’esperienza applicativa della regolamentazione OPA attuativa del TUF. La Commissione ha inteso tener conto di alcuni fenomeni emersi negli ultimi anni e modificare di conseguenza alcune previsioni del regolamento.
▪ Nella revisione della disciplina delle esenzioni dall’OPA obbligatoria si è inteso aumentare il coinvolgimento degli azionisti di minoranza, nel presupposto teorico che sulla rinuncia all’exit, in alcune delle fattispecie delineate dal Legislatore e disciplinate dalla Consob, debbano esprimersi coloro che ne sono potenzialmente danneggiati. L’esperienza applicativa della regolamentazione in vigore nelle ipotesi di fusioni/scissioni e salvataggio ha messo in luce come soluzioni alternative, che subordinano l’esenzione al riscontro di predefiniti elementi oggettivi, non sempre siano di per sé efficaci nel discriminare le situazioni in cui la finalità dell’operazione giustifica il sacrificio delle minoranze da quelle in cui tale bilanciamento non è raggiunto. Per queste ragioni, l’approvazione da parte della maggioranza degli independent shareholders è stata infatti posta come condizione che consente l’esenzione dall’obbligo di lanciare un’offerta pubblica nel caso in cui questo sia determinato da operazioni o di fusione o scissione. Analogamente, è stato previsto che nel caso di operazioni dirette al salvataggio di
società in crisi, al di fuori di determinati casi di crisi accertata6
per i quali è sufficiente la
presenza di una ricapitalizzazione della società quotata in crisi ovvero di altro intervento di rafforzamento patrimoniale, l’esenzione sia subordinata al voto favorevole dalla maggioranza degli independent shareholders.
▪ In tema di offerte concorrenti, l’esperienza maturata ha messo in luce come alcune previsioni creino vincoli che non necessariamente realizzano le finalità di regolazione e che le asimmetrie informative tra gli offerenti possano frenare l’efficiente operare del mercato del controllo societario. Per questo si è cercato di rimettere quanto più possibile alle forze di mercato la determinazione degli elementi fondamentali, eliminando l’obbligo di promozione di un’offerta concorrente a un corrispettivo superiore a quello dell’offerta originaria che poteva ostacolare la presentazione di offerte più convenienti per gli azionisti sotto profili diversi dal prezzo. Inoltre, per ridurre le asimmetrie informative tra offerenti, è stato introdotto, tra le regole di correttezza, un obbligo per l’emittente che fornisca informazioni a uno degli offerenti di comunicare tempestivamente le medesime informazioni agli altri offerenti che abbiano presentato circostanziate richieste di accesso.
6 Nei casi di ammissione ad una delle procedure concorsuali previste del X.X. 00 marzo 1942, n. 267 o da altre leggi speciali omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i debitori ai sensi dell’articolo 182-bis del X.X. 00 marzo 1942, n. 267 e di rispondenza dell’intervento a richieste formulate da un’Autorità di vigilanza, nel caso di gravi perdite patrimoniali, al fine prevenire l’ammissione a procedure concorsuali ai sensi del Testo unico, del D.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993, e del D.lgs. n. 209 del 7 settembre 2005 e, purché il superamento della soglia rilevante avvenga esclusivamente tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale, in presenza del piano di risanamento indicato all’art. 67 della Legge Fallimentare.
▪ Nella revisione dei criteri per la determinazione del prezzo in caso di sell-out e squeeze-out l’esperienza applicativa della previgente disciplina ha reso consigliabile limitare il grado di discrezionalità della Consob nelle valutazioni da compiere, al fine di ridurre l’incertezza del mercato in corso di OPA e non introdurre nel comportamento di investitori e offerenti elementi distorsivi derivanti dalle aspettative circa il corrispettivo del sell-out o dello squeeze-out. Tra l’altro, le modifiche estendono, entro i margini consentiti dal Legislatore, le ipotesi in cui il prezzo dell’obbligo o del diritto di acquisto a seguito di un’offerta totalitaria è fissato in misura pari al prezzo dell’offerta precedente, laddove vi sia identità di ratio con le fattispecie di uguaglianza del prezzo già stabilite dalla normativa primaria.
▪ Infine, alcune modifiche hanno inteso codificare adempimenti richiesti agli offerenti nella prassi e semplificarne altri ritenuti non efficacemente calibrati in un’ottica costi-benefici. Quanto ai primi, è stata aumentata la standardizzazione dell’informazione che deve essere fornita al mercato in comunicazioni e documento d’offerta. Quanto ai secondi, è stato ad esempio rivisto il regime di pubblicità di comunicazioni e documenti nonché semplificate le norme in tema di predisposizione delle garanzie.
PARTE SECONDA – ATTIVITÀ DI AIR REALIZZATA
1. ATTIVITÀ DI AIR REALIZZATA PER LA PRIMA PROPOSTA REGOLAMENTARE
La Consob ha avviato a partire dal 2007 lo studio e l’elaborazione di ipotesi di modifica della regolamentazione in materia di offerte pubbliche di acquisto, dapprima secondo gli indirizzi di attuazione della Direttiva e in seguito per tener conto delle modifiche legislative intervenute nella disciplina del TUF e delle nuove deleghe attribuite dal Legislatore alla Commissione.
Alcune di tale attività sono state oggetto di approfondimenti monografici che sono stati allegati al Documento di consultazione del 6 ottobre 2010. In particolare, l’analisi economica si è concentrata su due temi la cui rilevanza nonché il carattere di “novità” rispetto al vigente quadro regolamentare, hanno reso necessaria una più approfondita attività di studio. Rinviando agli allegati 4 e 5 al Documento di consultazione del 6 ottobre 2010 per una più approfondita trattazione delle ragioni e delle modalità di intervento, sono di seguito sintetizzate le principali conclusioni dell’analisi dell’impatto svolta riguardo:
▪ le misure volte a correggere gli effetti della pressure to tender;
▪ le modalità con cui gli strumenti finanziari derivati sono computati nella partecipazione rilevante per l’obbligo di OPA.
▪ I rimedi contro la pressure to tender
Il fenomeno della pressure to tender identifica la condizione in cui versano gli azionisti destinatari di un’offerta pubblica di acquisto i quali, pur non reputando congruo il prezzo di offerta, sono indotti ad aderirvi dal timore che, in caso di successo, il valore di mercato delle azioni post-OPA si deprima per effetto del nuovo assetto di controllo e/o della minore liquidità.
Il piccolo azionista, la cui adesione è da lui stesso ritenuta non decisiva per il successo dell’offerta, è esposto a problemi di azione collettiva che traggono origine dall’impossibilità di coordinare i propri comportamenti con quelli di altri azionisti in analoga posizione a causa della presenza di costi di coordinamento ritenuti sproporzionati rispetto agli eventuali benefici. L’analisi economica dimostra che, in questi casi, la scelta di aderire o meno dipende non soltanto dal giudizio soggettivo di convenienza economica dell’offerta ma anche e soprattutto dai problemi di azione collettiva e dall’incertezza sul suo esito. Infatti, l’incertezza sulle scelte degli altri oblati e il timore che l’offerta abbia comunque successo inducono l’azionista a valutare il rischio di rimanere in possesso di azioni destinate a deprezzarsi in caso di successo dell’OPA. Se il prezzo d’offerta è comunque maggiore del valore atteso dell’azione post-OPA, l’azionista è razionalmente indotto ad aderirvi comunque. L’adozione diffusa di tale comportamento può portare al caso-limite di successo di offerte ritenute dalla maggior parte degli oblati svantaggiose.
Il problema di azione collettiva si combina e interagisce con la condizione, in cui si trovano i destinatari di un’offerta, di asimmetria informativa circa il valore fondamentale dei titoli e il prezzo di mercato post-OPA, che dipende da liquidità di mercato e progetti dell’offerente. La disparità informativa tra oblati e offerente è maggiore laddove quest’ultimo, in virtù della propria posizione di insider nell’emittente, abbia accesso a informazioni privilegiate.
La letteratura economico-giuridica rileva il problema delle offerte realizzate secondo modalità coercitive (tali da indurre all’adesione anche coloro che se ne augurano l’insuccesso) come fenomeno distorsivo che interessa qualsiasi offerta pubblica di acquisto avente ad oggetto titoli che attribuiscono diritti di voto7. Tuttavia, la stessa teoria riconosce nelle offerte pubbliche promosse dall’azionista di maggioranza e finalizzate al freeze out delle minoranze una delle possibili forme di estrazione di benefici privati del controllo, rientrante tra le c.d. tunneling transaction8. Il problema della pressure to tender risulta quindi particolarmente rilevante in caso di offerte “interne” che, seppure non qualificabili in senso tecnico come operazioni con parti correlate, sollevano analoghe esigenze di tutela delle minoranze dati i legami che esistono tra offerente e società target9. Della differente “pericolosità” di offerte promosse da insider rispetto a scalate da parte di azionisti estranei al controllo della società si è tenuto conto nell’individuazione delle scelte di regolazione.
Al fine di correggere gli effetti distorsivi sulle scelte degli oblati indotti dalla pressure to tender
sono state introdotte due misure regolamentari:
a) la riapertura dei termini delle offerte che consente agli investitori che reputano l’offerta non conveniente di aspettare l’(eventuale) apertura di un secondo round per le adesioni e decidere se apportare le proprie azioni una volta noti i risultati dell’offerta, superando così il problema di azione collettiva e l’incertezza sull’esito dell’OPA originati dalla simultaneità delle adesioni;
b) il rafforzamento del contenuto informativo del comunicato dell’emittente con l’inclusione di un parere sull’offerta degli amministratori indipendenti, volto a ridurre l’incertezza sulle valutazioni degli investitori circa valore fondamentale dei titoli e prezzo di mercato post-OPA.
a) L’efficacia della riapertura dei termini per le finalità indicate è stata dimostrata analizzando lo schema decisionale dei piccoli azionisti destinatari di un’OPA, distinguendo tra le offerte la cui efficacia è sottoposta ad una condizione espressa dal raggiungimento di una partecipazione minima al capitale della società target (c.d. condizionate) e quelle offerte in cui l’offerente procederà all’acquisto dei titoli conferiti qualunque sia la percentuale di capitale raccolto (c.d. incondizionate).
7 Cfr. Bebchuk L.A. (1987), op. cit.
8 Cfr. Xxxxxxx S., X. Xx Xxxxx, X. Xxxxx-xx-Xxxxxxx and X. Xxxxxxxx (2000), Tunneling, The American Economic Review, Vol. 90, No. 2, Papers and Proceedings of the One Hundred Twelfth Annual Meeting of the American Economic Association, 22-27; Xxxxxx, X.X., e X.X. Xxxxxx (2003) op cit; Xxxxxxx, L.A., e X. Xxxxx (1999) op. cit.
9 L’azionista di controllo dispone infatti di privilegi informativi rispetto al reale valore della società nonché di ampi margini di libertà rispetto alla scelta del momento in cui promuovere l’offerta. Inoltre, il prezzo di mercato di una società in cui è presente un azionista di controllo riflette il valore di un’azione che non concorre alla determinazione della posizione di controllo. Un’operazione di freeze out che avvenga a condizioni che non solo non incorporano alcun “premio del controllo” ma, al contrario, riflettono tale “sconto di minoranza” (ad esempio ad un prezzo in linea con le quotazioni di mercato) permette al controllante di capitalizzare i benefici privati, potendo oltretutto contando sull’assenza di un rischio di offerte concorrenti.
Si consideri la posizione di un ipotetico piccolo investitore A, non favorevole all’offerta, assumendo che: (i) il prezzo dell’azione al momento dell’annuncio dell’offerta sia pari a 100; (ii) il prezzo di offerta sia pari a 110; (iii) il valore tendenziale dell’azione stimato dall’azionista A in assenza ovvero insuccesso dell’offerta sia di 120; (iv) il prezzo dell’azione post-OPA in caso di suo successo sia ritenuto da A pari a 90, a causa della minore liquidità del titolo e del rischio di estrazione di benefici privati del controllo da parte dell’offerente. Gli effetti della riapertura del periodo d’offerta sul comportamento dell’investitore A in ognuno dei due tipi di offerta sono rappresentati e sinteticamente descritti di seguito (Si rinvia al citato Allegato per l’illustrazione completa del problema della pressure to tender e dell’efficacia della riapertura).
Effetti della riapertura del periodo d’offerta sulle decisioni dell’azionista A (Figura 3 estratta dall’Allegato 4 al Documento di consultazione)
Opa condizionata
successo
110
prezzo OPA
ADESIONE
esito OPA
Azionista A non favorevole
fallimento
120
valore tendenziale
NON ADESIONE
successo
90
prezzo OPA
esito OPA
fallimento 120
valore tendenziale
110
Opa non condizionata
successo
110
prezzo OPA
ADESIONE
esito OPA
Azionista A non favorevole
successo non pieno
successo
110
prezzo OPA
NON ADESIONE
90
prezzo OPA
esito OPA
successo non pieno
120
valore tendenziale
110
In un’OPA condizionata l’apertura di un secondo round, a seguito della conclusione dell’offerta, tutela l’azionista dal rischio di non aderire in ipotesi di successo dell’OPA, e di rimanere quindi in possesso di un titolo il cui valore, per effetto del mutamento dell’assetto proprietario, può ridursi. Con il secondo round, all’azionista è garantita anche in tale eventualità la possibilità di aderire successivamente alla chiusura dell’offerta e di ottenere il corrispettivo. Pertanto, la riapertura dei termini di un’offerta condizionata consente di neutralizzare la distorsione che indurrebbe l’azionista A ad aderire all’offerta pur non reputandola vantaggiosa (in quanto, in assenza della riapertura, l’adesione costituisce la strategia dominante, tale cioè da garantire il più alto pay-off qualunque sia l’esito dell’offerta). Con la riapertura, dal confronto tra i risultati economici dell’adesione e della non adesione emerge l’assenza di una strategia dominante; l’azionista A può quindi razionalmente decidere di non aderire se reputa l’offerta non conveniente.
In un’OPA incondizionata gli effetti della riapertura devono essere valutati più cautamente. In tali offerte, la pressure to tender si caratterizza per il fatto di dipendere dalla stima soggettiva dell’investitore A circa la probabilità di successo dell’offerta (inteso come pieno raggiungimento degli obiettivi dell’offerente): il risultato economico “certo” connesso all’adesione deve essere confrontato con il risultato economico della non adesione, che dipende dalla probabilità di pieno successo dell’offerta. Quanto più elevata è secondo l’investitore tale probabilità, tanto più questi è indotto ad aderire all’offerta a prescindere dalla sua convenienza.
L’apertura di un secondo round in queste offerte appare in prima analisi creare un incentivo per A a non aderire, dal momento che il risultato economico associato alla non adesione diviene certamente più elevato di quello associato all’adesione (per qualsiasi probabilità di pieno successo dell’OPA). Tuttavia, a ben guardare, la scelta di non aderire deriva unicamente dalla stima circa il valore fondamentale della società, elemento soggettivo in base al quale lo stesso azionista si manifesta contrario all’OPA10. Pertanto il secondo round nelle offerte non condizionate avrebbe il semplice effetto di consentire all’azionista dissenziente di scegliere solo in base al confronto tra il prezzo d’OPA e la propria stima del valore tendenziale della società.
Valutata l’idoneità della riapertura dei termini, alla luce dei risultati dell’analisi economica, a realizzare l’obiettivo di mitigare la pressure to tender (o meglio il problema di azione collettiva), sono state individuate le modalità con cui introdurre la nuova previsione.
Con particolare riferimento all’ambito applicativo, le considerazioni già esposte sulla hanno indotto la Consob a limitare l’ambito di applicazione della riapertura dei termini alle OPA in cui l’offerente è un soggetto insider rispetto alla società target, correggendo così la pressure to tender nelle offerte che presentano più elevati i rischi per la tutela degli investitori. Oltretutto, essendo queste offerte generalmente volte al delisting della società o a un ulteriore rafforzamento della posizione dell’azionista di controllo in vista di operazioni straordinarie, è meno probabile che si verifichino fenomeni di free riding in quanto è poco verosimile che il valore della società in sé aumenti successivamente all’offerta. Sono state inoltre escluse dall’ambito di applicazione le offerte preventive parziali previste dall’art. 107 TUF, il cui impianto normativo e regolamentare già prevede il meccanismo del referendum che, consentendo all’azionista di separare la propria decisione di aderire da una valutazione sul merito dell’offerta, consente la mitigazione della pressure to tender11.
Con riferimento alla declinazione della riapertura in base alle caratteristiche delle offerte, sono state individuate tre ipotesi di regolamentazione che tengono conto delle caratteristiche dell’offerta in termini di presenza o meno di una condizione di successo:
- Ipotesi regolatoria 1: prevedere la riapertura del periodo d’offerta per le sole offerte condizionate sia nel caso in cui la condizione sia stata raggiunta, sia nel caso in cui l’offerente abbia
10 Trattandosi di una stima soggettiva, la cui fondatezza dipende dalle capacità valutative del singolo azionista e dalla rilevanza delle asimmetrie informative che inevitabilmente le condizionano, non si ritiene che la riapertura dei termini in un’offerta non condizionata determini una distorsione nella scelta di A, rendendo cioè certamente preferibile la non adesione, ma che gli consenta semplicemente di agire in linea con la propria stima del valore tendenziale.
11 Cfr. Xxxxxxx, X.X., (1985) Toward undistorted choice and equal treatment in corporate takeovers, Harvard Law Review, Vol. 98, pp. 1695–1808.
rinunciato alla condizione (nella presunzione che con tale comportamento egli ritenga di aver già o comunque raggiunto gli obiettivi prefissatisi);
- Ipotesi regolatoria 2: prevedere che la riapertura del periodo d’offerta si applichi sia alle offerte condizionate che incondizionate. Tale scelta è motivata dal riconoscimento che la pressure to tender interessa, seppure con dei distinguo, entrambe le tipologie di offerta, ed è pertanto opportuno correggerla in modo efficace e realizzare un effettivo level playing field;
- Ipotesi regolatoria 3: ferma restando l’applicabilità della riapertura in caso di offerte condizionate, prevedere che nelle offerte incondizionate il secondo round si apra solo ove al termine nel primo – e altrimenti unico – round l’offerente abbia raggiunto una data percentuale di capitale (maggioranza assoluta del capitale con diritto di voto o quorum deliberativo dei 2/3 del capitale dell’assemblea straordinaria) o di adesioni (oltre il 50% dei titoli che ne costituivano oggetto).
L’Ipotesi regolatoria 1, pur giustificata dal fatto che nelle offerte condizionate l’adesione costituisce la strategia dominante anche per gli investitori non favorevoli, introduce una disparità di disciplina tra offerte condizionate e non condizionate che può avere l’effetto di creare un incentivo per l’offerente a optare per l’uno o per l’altro tipo di offerta in base alla valutazione dei diversi problemi di scelta degli azionisti.
L’Ipotesi regolatoria 2, che implica in ogni caso l’apertura di un secondo round in un’offerta incondizionata, rischia di disincentivare gli oblati di queste offerte, anche laddove favorevoli, dall’aderire immediatamente e può pertanto determinare una diluizione dei tempi di definizione del risultato dell’offerta, con il rischio che anche OPA ritenute vantaggiose dagli azionisti potrebbero terminare il primo round con un numero di adesioni più basso. Di conseguenza, le scelte assunte dagli oblati in tale fase avrebbero scarso valore segnaletico della bontà dell’offerta; gli investitori indecisi o contrari all’offerta non potrebbero quindi farvi affidamento nel decidere se aderire o meno nel corso della riapertura dei termini. Per questi ultimi si delineerebbe allora, ancora una volta, una situazione di incertezza sul reale apprezzamento dell’offerta da parte degli altri investitori e, di conseguenza, sul suo probabile esito. Xxxx subirebbero quindi ancora una volta gli effetti della pressure to tender nel corso del secondo round.
L’Ipotesi regolatoria 3 assicura invece la più piena tutela agli investitori che giudicano l’OPA svantaggiosa ma che potrebbero aderirvi in quanto soggetti a pressure to tender, poiché ammette la riapertura dei termini in tutte le offerte condizionate e nelle offerte incondizionate che abbiano ottenuto successo in termini di partecipazione raggiunta o di adesioni ottenute. Viene così mitigato il già descritto disincentivo ad aderire immediatamente nelle OPA incondizionate grazie a un meccanismo che, al contrario, induca gli azionisti ad aderire tempestivamente se ritengono l’offerta vantaggiosa.
L’ipotesi prescelta è stata quest’ultima, ritenuta idonea a realizzare le finalità di vigilanza in quanto:
- migliora la tutela degli investitori correggendo la pressure to tender in tutte le offerte, a prescindere dall’esistenza di una condizione di successo, e consentendo in ultima analisi la riduzione dei rischi di espropriazione;
- aumenta l’efficienza del mercato del controllo grazie alla correzione della distorsione in esame;
- garantisce, a differenza delle due precedenti ipotesi, un level playing field sostanziale tra offerte condizionate e incondizionate.
b) Con riferimento al problema delle asimmetrie informative dei piccoli azionisti, una valutazione di convenienza approfondita è ostacolata dalle limitazioni che affliggono il livello di informazione sulle variabili rilevanti e dalla condizione di razionalità limitata, ed è oltremodo costosa per un singolo investitore. Ove a compiere tale valutazione siano però soggetti che, in virtù della propria carica, godono di privilegi informativi rispetto al reale valore della società target, le inefficienze che affliggono la valutazione dei singoli investitori sono in larga misura superate. La valutazione dell’offerta da parte del board della società target è a questo fine un importante presidio, sulla cui obiettività possono tuttavia influire, nel caso di offerte ostili, i concreti rischi di turnover per i membri dell’organo amministrativo e, nel caso di offerte “interne”, i legami (soprattutto del management) con l’offerente.
Per questi motivi, la Consob ha inteso attribuire il compito di esprimere un parere sull’offerta a soggetti in posizione di maggiore indipendenza rispetto all’evoluzione dell’assetto di controllo della società ma al tempo stesso in possesso di (o in grado di accedere a) un patrimonio informativo privilegiato sul valore fondamentale dell’emittente rispetto a quello disponibile ad un piccolo investitore. La scelta di attribuire tale compito agli amministratori indipendenti della società target, con possibilità di avvalersi a spese della società di un esperto di propria scelta, si pone in linea di continuità con le best practices internazionali in materia di gestione dei conflitti d’interesse nonché con la regolamentazione Consob in materia di operazioni con parti correlate.
Come per la riapertura dei termini, l’ambito applicativo è limitato alle offerte promosse da soggetti insider, ritenendo tali situazioni quelle in cui si configura uno strutturale conflitto d’interesse nel board della società target e pertanto, il rischio che le valutazioni del board siano influenzate dall’identità dell’offerente è più rilevante.
▪ La rilevanza degli strumenti finanziari derivati per l’OPA obbligatoria
Come è noto, le norme sull’offerta obbligatoria temperano i problemi derivanti dalle asimmetrie informative intercorrenti tra azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza, consentendo che a questi ultimi venga corrisposto il premio del controllo in situazioni di cambiamento del medesimo, e dunque creano le condizioni per un minore costo del capitale per le società quotate12. In quest’ottica, l’analisi di impatto realizzata è partita dal valutare se la regolamentazione vigente ha consentito e consente il raggiungimento degli obiettivi della disciplina dell’offerta pubblica obbligatoria ovvero se esistano fallimenti dell’attuale regolamentazione. Più in particolare, si è valutato in che misura l’introduzione e la diffusione di strumenti finanziari derivati, quali gli swap o i contract for differences13, abbia reso più facilmente implementabili eventuali strategie elusive. A
12 Cfr. tra gli altri X. Xxxxx (1993), Sales of corporate control, Journal of Law, Economics, and Organization, - OUP 9 (2): 368-379; L.A. Xxxxxxx (1994), Efficient and Inefficient Sales of Corporate Control, Quarterly Journal of Economics 109, 966-967.
13 Come è noto, in tali operazioni la parte “lunga” è la parte che beneficia dalle oscillazioni verso l’alto del titolo sottostante e perde quando questo scende; viceversa la posizione “corta” trae beneficio economico dalle oscillazioni al
questo fine sono state ripercorse le vicende di alcuni dei casi più noti recentemente avvenuti in Italia come all’estero. Essi hanno dimostrato la difficoltà per le Autorità di vigilanza di contrastare fenomeni elusivi all’interno del quadro regolamentare esistente.
Il problema principale che si pone riguarda gli strumenti da adottare per fronteggiare queste situazioni. Le due principali opzioni regolamentari indicate sono state le seguenti:
(i) un’opzione di modifica regolamentare, che in sostanza equipari l’assunzione di un interesse economico15 all’acquisizione diretta di azioni (i.e. opzione intervento);
(ii) un’opzione di mantenimento dell’attività di enforcement a quadro normativo immutato, utilizzando caso per caso le nozioni di interposizione di persona e/o di azione di concerto16 qualora si determini un controllo sull’esercizio dei diritti di voto relativi ad una partecipazione potenziale superiore al 30%, ovvero tali azioni possano essere trasferite su richiesta della parte lunga (i.e. opzione zero o non intervento17).
ribasso del sottostante mentre viene penalizzata quando questo sale. Ad esempio, in un tipico (“plain vanilla”) total return swap (c.d. TRS, contratto i cui termini seguono in genere quanto previsto dall’International Swaps and Derivatives Association, breviter ISDA) avente come sottostante un titolo azionario, la parte lunga (c.d. total return receiver o guarantor) riceverà dalla parte corta (c.d. total return payer o beneficiary) un ammontare pari ai dividendi pagati durante il periodo di durata dello swap nonché un ammontare pari all’eventuale incremento di valore del titolo sottotante nello stesso periodo. Viceversa, la parte corta riceverà un ammontare pari agli interessi sull’importo nozionale più l’eventuale margine di riduzione della valorizzazione delle azioni sottostanti durante il periodo di validità dello swap.
14 Cfr. ad esempio Xxxxxxxxx G. (2007), Prestito titoli e derivati azionari nel governo societario, in Xxxxxxxxx, Carcano e Ventoruzzo (a cura di), La società per azioni oggi, Collana della Rivista delle Società, p. 629.
15 Come è noto, in tali operazioni la parte “lunga” è la parte che beneficia dalle oscillazioni verso l’alto del titolo sottostante e perde quando questo scende; viceversa la posizione “corta” trae beneficio economico dalle oscillazioni al ribasso del sottostante mentre viene penalizzata quando questo sale. Ad esempio, in un tipico (“plain vanilla”) total return swap (c.d. TRS, contratto i cui termini seguono in genere quanto previsto dall’International Swaps and Derivatives Association, breviter ISDA) avente come sottostante un titolo azionario, la parte lunga (c.d. total return receiver o guarantor) riceverà dalla parte corta (c.d. total return payer o beneficiary) un ammontare pari ai dividendi pagati durante il periodo di durata dello swap nonché un ammontare pari all’eventuale incremento di valore del titolo sottotante nello stesso periodo. Viceversa, la parte corta riceverà un ammontare pari agli interessi sull’importo nozionale più l’eventuale margine di riduzione della valorizzazione delle azioni sottostanti durante il periodo di validità dello swap.
16 Cfr. per tutti Xx X. e X. Xxxxx (2007), Hedge funds, insiders, and the decoupling of economic and voting ownership: Empty voting and hidden (morphable) ownership, Journal of Corporate Finance, Vol. 13, No. 2-3, pp. 343-367 e Hu H. e X. Xxxxx (2008), Debt, Equity and Hybrid Decoupling: Governance and Systemic Risk Implications, European Financial Management, Vol. 14, No. 4, pp. 663–709. Di queste tematiche è stato dato conto nel Position Paper pubblicato dalla Consob nell’Ottobre 2009 (cfr. xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxxxx/Xxxxxxxxxxxxxxxx/xxxxxx_xxxxxxxxxxx/xxxxxxxx_xxxxx_xxxxxxxx_00000000.xxx?xx eywords=&docid=6&page=0&hits=104).
17 In presenza della delega espressa del novellato comma 3-bis dell’art. 105 TUF, l’opzione di non intervento si traduce naturalmente in un’interpretazione particolarmente restrittiva dei casi con cui gli strumenti finanziari derivati detenuti sono computati nella partecipazione.
Dall’analisi svolta emerge che l’opzione di rafforzamento dell’enforcement a quadro normativo della disciplina dell’OPA invariato, anche qualora integrato da un rafforzamento della trasparenza proprietaria, non costituisca una risposta sufficiente ai problemi posti dall’utilizzo di strumenti derivati per raggiungere una posizione di controllo.
Le nozioni di interposizione di persona e di azione di concerto non sembrano infatti qualificarsi come strumenti idonei a mettere in atto un’attività di enforcement efficace. Oltre alle inevitabili difficoltà probatorie, tali strumenti operano necessariamente ex post, il più delle volte attraverso un lungo procedimento in primis di accertamento, sanzionatorio poi, nei confronti delle società che abbiano violato le norme in esame. Per questa ragione gli effetti inibitori di tale meccanismo di enforcement sembrano lievi, rendendo questa strategia potenzialmente inefficace e dunque sub- ottimale rispetto a quella di intervenire con una modifica della normativa.
Per altri versi, bisogna riconoscere che l’utilizzo delle nozioni di concerto e di interposizione consente un enforcement più efficiente, imponendo costi ai soggetti vigilati soltanto nei casi in cui l’utilizzo degli strumenti derivati si configura come un fenomeno elusivo della disciplina OPA e costituisce un pregiudizio per l’interesse degli azionisti di minoranza. Occorre tuttavia ricordare come il livello previsto per la soglia dell’OPA obbligatoria riduce fortemente la numerosità dei casi che avrebbero rilevanza in caso di ampliamento della nozione di partecipazione di cui all’art. 105 TUF. Si tratterebbe inoltre di casi in cui la parte lunga ha forti incentivi elusivi, essendo la posta in gioco (l’acquisto del controllo senza dover lanciare un’OPA18) particolarmente elevata. Infine, l’utilizzo di procedure di enforcement caso per caso, oltre ad avere costi rilevanti per l’Autorità di vigilanza, può ridurre il livello di certezza delle regole per gli operatori del mercato. Sembra pertanto che una nuova disciplina che estenda la nozione di partecipazione possa costituire una soluzione forse meno efficiente, ma certamente più efficace per ridurre la possibilità che si verifichino gli episodi descritti in precedenza.
Una volta esaminata questa prima opzione di fondo, è stata affrontata un’ulteriore questione funzionale ad individuare una proposta di modifica normativa. Si tratta di identificare quali strumenti finanziari, aventi come sottostante azioni di una società italiana quotata, siano da computarsi ai fini del raggiungimento delle soglie dell’OPA obbligatoria. In particolare occorre comprendere se sia più opportuno includere nella fattispecie di cui all’art.105 comma 2 del TUF:
i) tutte le posizioni lunghe su un determinato titolo, indipendentemente dallo strumento attraverso il quale esse sono ottenute;
ii) le sole posizioni lunghe realizzate per mezzo di uno strumento derivato physical-settled;
iii) tutte le posizioni lunghe indipendentemente dalle modalità di regolazione del contratto con cui sono ottenute, ma escluse quelle che risultino da un derivato avente struttura di payoff asimmetrica19.
18 Qualora invece si trattasse di un mero fine di investimento finanziario, tale obiettivo potrebbe essere facilmente raggiunto attraverso l’acquisto di azioni di società affini. Cfr. Xxxxxxxxx (2007), op. cit.
19 All’interno della categoria degli strumenti finanziari derivati è possibile distinguere tra quegli strumenti che hanno un payoff simmetrico (e che, pertanto, certamente verranno esercitati da una delle parti) e quelli che invece hanno un payoff asimmetrico o troncato. Tra i primi si annoverano ad esempio gli equity swap, i contract for differences, i future ovvero
Quanto all’opzione ii), l’evidenza empirica ha mostrato come possano essere realizzate strategie acquisitive attraverso l’uso di strumenti derivati a prescindere dalle clausole contrattuali di regolamento dei medesimi. Gli strumenti finanziari derivati con regolamento in contanti, che apparentemente consentono di acquisire una mera posizione economica sull’andamento delle azioni sottostanti, possono infatti essere utilizzati per realizzare un acquisto/vendita in termini reali ad un prezzo prefissato delle azioni sottostanti utilizzando i differenziali monetari positivi derivanti dal regolamento in contanti. In questi casi, specialmente laddove ricorrano determinate condizioni di illiquidità dei titoli azionari oggetto del contratto derivato, la controparte (in genere una banca di affari) non ha il più delle volte incentivo a cedere sul mercato i titoli acquistati come copertura preferendo invece una consegna diretta al cliente a fronte della rinuncia del medesimo a ricevere il corrispettivo in contanti.
Più controverso è il ruolo delle posizioni lunghe asimmetriche, ottenute indifferentemente per il tramite di strumenti finanziari derivati o contratti con una componente derivata idonei a produrre un’esposizione economica su titoli di cui all’art. 105, comma 2, del TUF. Esse non possono essere assimilate a una compravendita di un numero di azioni pari al nozionale del derivato, ma, in determinate circostanze, possono produrre effetti analoghi a quelli delle posizioni simmetriche. L’evidenza empirica ha mostrato infatti che i derivati caratterizzati da una struttura di payoff asimmetrico non escludono la possibilità di un loro utilizzo a fini acquisitivi. In tali circostanze l’esercizio dell’opzione a un prezzo pur superiore a quello di mercato può risultare comunque conveniente rispetto al graduale incremento della partecipazione attraverso acquisti sul mercato, inducendo il contraente all’esercizio dell’opzione anche laddove essa a termine risulti out of the money. Laddove la disciplina escludesse queste fattispecie da quelle meritevoli di considerazione ai fini del computo delle soglie OPA, esse potrebbero quindi costituire un agevole strumento di arbitraggio regolamentare.
i sistemi di opzioni call e put incrociate. Nei secondi rientrano invece le opzioni e gli altri strumenti derivati che conducono in genere ad un trasferimento a termine soltanto nel caso in cui la “scommessa tentata” dalla parte acquirente abbia esito positivo. Viceversa, tali opzioni possono essere lasciate decadere.
2. INDICAZIONE SINTETICA DEGLI ESITI DELLE CONSULTAZIONI20
La prima fase di consultazione
La partecipazione alla prima fase di consultazione è stata ampia e rappresentativa dei diversi interessi. Risposte scritte sono pervenute da ventisei soggetti21. Significativa è stata la partecipazione degli investitori istituzionali internazionali, a testimonianza della rilevanza delle tematiche affrontate per l’attrattività del mercato azionario italiano.
Come anticipato, nella fase di consultazione, è stato effettuato un open hearing che ha offerto una prima occasione di confronto con il mercato sulla base della presentazione, da parte degli Uffici, dell’impostazione generale e delle principali proposte regolamentari.
Le risposte hanno evidenziato apprezzamento per le finalità e l’impostazione generale delle proposte che sono state ritenute adeguatamente sostenute da approfonditi confronti con la disciplina di altri ordinamenti e dall’analisi costi-benefici.
La principale critica, avanzata dai rappresentanti degli emittenti, ha riguardato un presunto squilibrio nella definizione delle principali innovazioni a favore della tutela degli azionisti di minoranza rispetto all’efficienza del mercato del controllo societario.
In realtà le proposte che sono state oggetto di questo tipo di critica (in particolare la previsione del meccanismo di whitewash per le esenzioni da fusione e salvataggio e misure per ridurre la pressure to tender) incidono prevalentemente sui rapporti tra azionisti di maggioranza e di minoranza, a vantaggio dei secondi, senza ridurre l’efficienza del mercato del controllo, come confermato dalla limitazione delle misure per ridurre la pressure to tender alle sole offerte promosse dai soggetti interni alla società (azionisti di controllo o amministratori).
La linea di fondo adottata nel definire la nuova disciplina è stata, infatti, quella di evitare i fenomeni elusivi e di valorizzare la dialettica societaria rispetto ai poteri discrezionali della Consob. Questa impostazione, che si ritiene di confermare, deriva dalle peculiarità degli assetti proprietari e di controllo delle società italiane e dall’esperienza applicativa.
20 Per una illustrazione analitica delle osservazioni ricevute e delle valutazioni della Commissione si rinvia alle tabelle contenenti gli esiti della consultazione pubblicate in occasione della seconda proposta di regolamentazione e dell’approvazione del regolamento.
21 In particolare, hanno inviato una risposta scritta: Borsa Italiana; tutte le principali associazioni degli emittenti, degli intermediari e degli investitori istituzionali italiani (ABI, Assogestioni, Assonime, Assosim, Confindustria); alcuni tra i principali investitori istituzionali internazionali che hanno inviato una risposta congiunta (Hermes Equity Ownership Service, CalPERS, F&C, Local Authority Pension Fund Forum, Mn Services, Railpen); l’International Corporate Governance Network cui aderiscono investitori istituzionali dei principali paesi che gestiscono complessivamente fondi pari a circa 10 mila miliardi di dollari; dodici tra i principali studi legali operanti in Italia (Studio legale associato Xxxxx & Xxxxx , Studio legale Carbonetti e associati, Studio legale associato Carnelutti, Studio legale associato Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx & Xxxxxxxx LLP, Studio legale associato Clifford Chance, Studio legale associato Galbiati e Sacchi, Studio legale associato Ghidini e Girino, Studio legale associato Xxxxxx, Origoni, Grippo & Partners, Studio legale Xxxxx Day, Studio legale associato Legance, Studio legale Labruna Xxxxxxxxx Segni, Studio legale associato NCTM); sei persone fisiche (Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Prof. Xxxxxxxxxx X'Xxxx, Dott.ssa Xxxxxx X'Xxxx, Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx, Sig. Xxxxx Xxxx).
Le osservazioni si sono concentrate su quattro temi emersi come di maggior rilievo:
i. in merito alla riapertura dei termini, la principale critica mossa dal mercato ha riguardato il rischio che l’apertura, benché eventuale, di un secondo round incentivi l’inerzia degli investitori anche laddove favorevoli all’offerta. Questi ultimi, infatti, ritenendo la propria adesione ininfluente per il successo dell’OPA, tenderebbero ad attendere il secondo round, pur consapevoli che la sua apertura avviene solo in caso di successo dell’offerta, per non incorrere in costi di transazione che sono irrecuperabili se l’offerta è destinata a fallire (es. indisponibilità dei titoli). Il mercato ha suggerito di considerare quale soluzione alternativa e di pari efficacia rispetto alla riapertura la previsione di un referendum con cui gli oblati esprimono la loro valutazione (positiva o negativa) sul merito dell’offerta separatamente dalla loro adesione, senza incorrere in costi di transazione connessi all’indisponibilità dei titoli;
ii. in tema di rilevanza dei derivati per la disciplina dell’OPA obbligatoria, è stata è stata confermata dai rispondenti la principale critica circa l’opportunità di tale determinazione rispetto alla possibilità, già esperita in altri ordinamenti, di optare per un regime di trasparenza e un rafforzamento dell’enforcement. In alternativa è stato chiesto di limitare almeno l’ambito di applicazione della norma alle situazioni che possono effettivamente influire sul controllo;
iii. in tema di azione di concerto, la principale critica ha riguardato la presunzione concernente la presentazione di una lista volta a eleggere la maggioranza degli organi sociali, in quanto è stato evidenziato come tale presunzione non consente in concreto di fornire una prova contraria all’atto della presentazione della lista, operando a prescindere dalla effettiva nomina della maggioranza dei componenti. Alcune richieste di chiarimento hanno poi riguardato la presunzione relativa agli advisor, e in particolare l’esclusione dal perimetro del concerto dell’attività di negoziazione per conto proprio effettuata secondo l’ordinaria operatività e a condizioni di mercato;
iv. con riferimento alle esenzioni, le principali osservazioni critiche hanno riguardato la previsione del whitewash quale condizione per l’esenzione in caso di operazioni di fusione/scissione e di salvataggio di società in situazioni di crisi diverse da quelle di crisi conclamata. Alcuni osservatori hanno rilevato che questa previsione attribuisce un potere eccessivo a minoranze azionarie anche non qualificate e hanno pertanto proposto l’eliminazione del whitewash o quanto meno l’inserimento di una soglia percentuale di partecipazione minima delle minoranze per renderlo efficace.
Con riferimento ai punti sopra indicati è stato previsto che, in alternativa alla riapertura, l’offerente possa prevedere l’applicazione di un referendum sull’offerta, condizionando quest’ultima all’approvazione della maggioranza degli aderenti. In tema di derivati sono stati esclusi dal regime gli strumenti derivati negoziati su mercati regolamentati. Tra le presunzioni di concerto è stata eliminata quella relativa alla presentazione di liste di maggioranza e affinata quella in tema di advisor. Infine, in tema di esenzioni è stato introdotto un meccanismo correttivo per l’applicazione del whitewash nelle ipotesi di fusione/scissione, consentendo agli statuti delle società di determinare un quorum, entro il 7,5% del capitale, per l’efficacia del voto contrario delle minoranze.
La seconda fase di consultazione
Le risposte hanno evidenziato un generale apprezzamento per le finalità e l’impostazione generale delle proposte e fornito osservazioni puntuali sulle modifiche apportate rispetto alla prima bozza di regolamentazione.
In particolare, con riferimento ai quattro temi che erano emersi come maggiormente rilevanti:
i. sono state sollevate criticità sull’applicazione della riapertura dei termini in alcuni casi specifici (offerte su titoli emessi da società cooperative, offerte concorrenti). Inoltre, l’introduzione del presidio alternativo del referendum è stata apprezzata dal mercato che ha suggerito alcuni affinamenti;
ii. fermo restando lo scetticismo generale sull’inclusione degli strumenti derivati nella partecipazione rilevante per l’obbligo di OPA, la quasi totalità degli osservatori è concorde con le modifiche rispetto alla prima bozza, e cioè con l’esclusione dal computo delle soglie ex art. 106, commi 1 e 3, del TUF degli strumenti finanziari derivati negoziati su mercati regolamentati e con l’esenzione proposta in materia di acquisti temporanei. Maggiori perplessità sono state, invece, manifestate circa i meccanismi di compensazione delle posizioni di segno opposto;
iii. è stato espresso generale apprezzamento per l’eliminazione della presunzione relativa di concerto per i soggetti che presentano una lista volta ad eleggere la maggioranza degli organi sociali e per le modifiche proposte alla presunzione relativa agli advisor;
iv. sono state ribadite dal mercato le osservazioni critiche sulla previsione del meccanismo del whitewash nella disciplina delle esenzioni. Al riguardo, è stato richiesto di innalzare la soglia per l’efficacia per il voto contrario delle minoranze introdotta dopo la prima consultazione per il caso di fusione/scissione e di estendere la facoltà per gli statuti di prevedere una soglia minima anche alle ipotesi di salvataggio che prevedono lo stesso meccanismo.
Ad esito della seconda consultazione la disciplina è stata marginalmente modificata tenendo conto delle indicazioni del mercato. In tema di riapertura dei termini sono stati previsti due casi di inapplicabilità (offerte concorrenti e offerte su titoli emessi da società cooperative) ed è stata affinata la previsione del referendum. Il regime della rilevanza degli strumenti derivati per l’OPA obbligatoria è stato confermato, così come le previsioni in materia di azione di concerto. In tema di esenzione da salvataggio, sono state meglio definite le fattispecie di crisi conclamata mentre non sono state accolte le richieste di modifica per l’applicazione del whitewash.
22 Xxxxx inviato una risposta scritta: Assogestioni; Assonime; Assosim; Confindustria; lo Studio Legale Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx & Xxxxxxxx LLP; lo Studio Legale Galbiati, Sacchi & Associati; lo Studio Legale Riolo, Calderaro Xxxxxxxxxx; lo Studio Legale Studio Legale Xxxxx & Xxxxx; il Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx e il Sig. Xxxxx Xxxx.
3. VALUTAZIONI AIR AD ESITO DELLE CONSULTAZIONI
Si sintetizzano di seguito alcune valutazioni sugli effetti attesi delle misure regolamentari introdotte nella disciplina dell’OPA. In particolare, sono state considerati gli interventi emersi come di maggiore rilevanza, e cioè:
1. misure volte a correggere gli effetti della pressure to tender, i.e. riapertura dei termini delle offerte e valutazione degli amministratori indipendenti dell’emittente sull’offerta;
2. computo degli strumenti finanziari derivati per il calcolo della soglia dell’OPA obbligatoria;
3. introduzione di presunzioni positive e negative dell’azione di concerto;
4. esenzioni in caso di operazioni di fusione/scissione o per salvataggio.
I primi due temi sono già stati oggetto di una valutazione di impatto della regolamentazione realizzata nella fase di individuazione delle ipotesi sottoposte alla consultazione. Si è comunque ritenuto opportuno estendere l’analisi anche agli altri due temi utilizzando un approccio omogeneo che possa fornire indicazioni utilizzabili per una valutazione dell’efficacia della disciplina nel suo complesso.
Per ognuna delle aree individuate si analizzano nel prosieguo i vantaggi e svantaggi delle innovazioni regolamentari rispetto ai principali destinatari diretti (gli investitori) e indiretti (le finalità generali dell’attività di regolazione in termini di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali).
Inoltre, si sono valutati gli effetti sull’attività di vigilanza della Consob, in quanto il perseguimento degli obiettivi generali non dipende esclusivamente dalla qualità delle norme ma anche, e in misura non trascurabile, dalla loro enforceability, cioè dalla disponibilità di strumenti di vigilanza adeguati e dai costi connessi al loro utilizzo.
L’effetto sul sistema finanziario del complesso delle misure proposte nelle aree considerate appare positivo. Come anche osservato dal mercato in risposta alle procedure di consultazione, le norme in esame operano un ribilanciamento della normativa OPA a favore degli investitori e dell’efficacia dell’azione di vigilanza. Alla luce dello scarso numero di offerte effettuate negli ultimi anni (peraltro in massima parte amichevoli o finalizzate al delisting) tale impostazione mira a rafforzare la posizione degli azionisti di minoranza rispetto agli azionisti di controllo al fine di incrementare la fiducia nel mercato dei capitali e quindi la sua attrattività sia nei confronti degli investitori, grazie alla riduzione dei rischi di espropriazione, che degli emittenti, grazie alla riduzione del costo del capitale.
Pressure to tender
Per quanto attiene all’intervento sul fenomeno della coazione a vendere, esso nasce in primis dall’opportunità di limitare il rischio che alcune offerte pubbliche di acquisto, il più delle volte promosse dal socio di controllo già esistente, possano gravare di fatto gli investitori di una forte pressione a consegnare le azioni di cui sono in possesso, indipendentemente dal grado di convenienza che essi riconoscono all’offerta. L’intervento regolamentare realizzato dalla Consob sembra in grado di ridurre significativamente tale rischio senza comportare particolari costi per gli investitori, se non in misura modesta per via della possibilità che alcuni azionisti che volessero cogliere la possibilità di exit attraverso un’offerta cui poi non venisse dato seguito per via delle norme in esame debbano rinunciare a tale possibilità.
Con riferimento alla vigilanza, la previsione in esame codifica alcune prassi già consolidate nelle procedure di enforcement della Consob, consentendo pertanto il passaggio da un approccio caso per caso ad un approccio più sistematico. D’altro lato, tali misure potranno aggravare i costi della vigilanza per via della necessità per la Consob di monitorare le procedure di referendum.
L’intervento regolamentare sulla pressure to tender sembra inoltre dare luogo ad alcuni vantaggi indiretti in termini di rafforzamento dell’efficienza del mercato del controllo societario e di efficienza e trasparenza del mercato dei capitali. Si riduce infatti la probabilità di successo di offerte che gli oblati ritengano non sufficientemente vantaggiose, sebbene non si possa escludere che in alcuni limitati casi gli investitori agiscano in modo irrazionale e blocchino offerte efficienti. D’altro lato, si riduce l’incentivo a quotazioni opportunistiche in momenti di mercato rialzista per poi procedere a offerte di acquisto quando le quotazioni sono depresse e tentare un eventuale delisting.
Effetti attesi dell’intervento regolamentare | ||
DESTINATARI | Vantaggi | Svantaggi |
INVESTITORI | Riduzione del rischio di espropriazione nelle OPA interne, che sollevano maggiori rischi per gli azionisti di minoranza. | Minori possibilità di exit per gli investitori con orizzonti di investimento a breve termine |
AUTORITÀ DI VIGILANZA | Codificazione di prassi già adottate dalla Consob in alcuni casi (evoluzione da intervento di vigilanza “selettivo” a intervento “sistematico”). | Maggiori oneri di vigilanza connessi al monitoraggio del referendum |
COLLETTIVITÀ (EFFETTI INDIRETTI) | Maggiore selettività delle operazioni di rafforzamento del controllo, grazie alla riduzione del rischio di successo di offerte ritenute dalla maggior parte degli oblati non vantaggiose. | Limitato rischio che operazioni anche efficienti di riassetto del controllo non vadano a buon fine in caso di comportamento irrazionale degli investitori |
Minore ricorso a quotazioni opportunistiche del tipo “mordi e fuggi” |
Strumenti finanziari derivati
Con riferimento agli strumenti finanziari derivati, il provvedimento approvato dalla Commissione consente di ridurre in modo drastico i rischi elusivi oggi presenti nella disciplina dell’OPA obbligatoria. Come noto, quest’ultima si caratterizza come uno dei principali presidi per la tutela dell’investitore, consentendogli di poter uscire dal capitale in caso di cambiamento del controllo ad un prezzo che tenga conto del premio di maggioranza. Di conseguenza, il rafforzamento della disciplina dell’OPA obbligatoria provoca un immediato incremento del livello di tutela degli investitori.
Per quanto attiene alla vigilanza, da un lato la previsione in materia di derivati riduce i costi e le difficoltà legate a un enforcement caso per caso, dall’altro essa provoca maggiori oneri per la verifica dell’applicazione delle varie esenzioni accordate. L’effetto complessivo in termini di costi della vigilanza appare pertanto neutrale.
Il provvedimento in esame sembra inoltre avere un effetto indiretto pressoché neutrale sull’efficienza del mercato del controllo societario e più in generale sull’efficienza e trasparenza del mercato dei capitali. Infatti, se da un lato si garantisce una maggiore certezza delle regole e una riduzione dell’incentivo ad adottare modelli di controllo opachi, dall’altro le norme in esame potrebbero provocare maggiori costi in caso di operazioni di cambiamento del controllo.
Infine, l’impossibilità di utilizzare liberamente gli strumenti derivati a fini speculativi o di copertura quando si è vicini alla soglia dell’OPA obbligatoria sembra almeno parzialmente compensata dai presumibili effetti positivi derivanti da una maggiore fiducia nel mercato e, di conseguenza, da un minore costo del capitale.
Effetti attesi dell’intervento regolamentare in materia di rilevanza degli strumenti derivati | ||
DESTINATARI | Vantaggi | Svantaggi |
INVESTITORI | Efficacia - Riduzione dei rischi elusivi della disciplina dell’OPA obbligatoria | |
AUTORITÀ DI VIGILANZA | Minori costi e difficoltà di enforcement | Maggiori oneri nell’applicazione delle esenzioni che richiedono discrezionalità |
COLLETTIVITÀ (EFFETTI INDIRETTI) | Maggiore fiducia nel mercato e riduzione del costo del capitale | Impossibilità di utilizzare liberamente gli strumenti derivati a fini speculativi o di copertura quando vicini alla soglia dell’OPA obbligatoria. |
Maggiore certezza delle regole. Riduzione dell’incentivo ad adottare modelli di controllo opachi | Aumento del costo delle operazioni di cambiamento del controllo |
Azione di concerto
Anche le novità introdotte in materia di azione di concerto sembrano apportare un beneficio positivo sui principali destinatari della norma. Le norme in esame favoriscono infatti gli investitori riducendo il rischio di elusione della disciplina dell’OPA obbligatoria e creando un quadro regolamentare favorevole alla partecipazione degli azionisti di minoranza e, in particolare, degli investitori istituzionali alla governance della società.
Per quanto attiene la vigilanza, per via della più chiara identificazione di presunzioni positive e negative, la Consob potrà beneficiare di minori costi e difficoltà di enforcement.
Più indirettamente, da tali modifiche potrà derivare un aumento del grado di fiducia nei confronti del mercato nonché lo sviluppo di un quadro regolamentare più favorevole alla partecipazione al mercato, sia da parte delle società che degli investitori. Occorre tuttavia tenere presente che la definizione di presunzioni relative di azione di concerto potrebbe scoraggiare investimenti con finalità non legate all’acquisizione del controllo.
Effetti attesi dell’intervento regolamentare in materia di azione di concerto | ||
DESTINATARI | Vantaggi | Svantaggi |
INVESTITORI | Riduzione del rischio di elusione della disciplina dell’OPA obbligatoria. | |
Creazione di un quadro regolamentare favorevole alla partecipazione degli azionisti di minoranza e, in particolare, degli investitori istituzionali, alla governance delle società. | ||
AUTORITÀ DI VIGILANZA | Minori costi e difficoltà di enforcement. | |
COLLETTIVITÀ (EFFETTI INDIRETTI) | Aumento del grado di fiducia nei confronti del mercato. | La definizione di presunzioni relative di azione di concerto potrebbe scoraggiare investimenti con finalità non legate all’acquisizione del controllo. |
Sviluppo di un quadro regolamentare più favorevole alla partecipazione al mercato, sia da parte delle società che degli investitori. |
Esenzioni
La disciplina delle esenzioni rafforza il ruolo degli azionisti ed enfatizza in particolare il coinvolgimento degli azionisti di minoranza nelle scelte relative all’applicazione delle esenzioni dall’obbligo di OPA. Dall’altro lato appare contenuto il rischio che gli independent shareholders attivi possano utilizzare in maniera opportunistica alcune delle norme in esame snaturandone la ratio.
Per quanto riguarda la Consob, vengono limitate le fattispecie in cui è richiesto un suo intervento discrezionale.
Quanto agli effetti indiretti, per via delle modifiche in materia di esenzioni, si riduce il rischio di operazioni di riassetto proprietario inefficienti, anche grazie al coinvolgimento degli azionisti “indipendenti” nel processo decisionale.
Effetti attesi dell’intervento regolamentare in materia di esenzioni | ||
DESTINATARI | Vantaggi | Svantaggi |
INVESTITORI | Coinvolgimento degli azionisti di minoranza nelle scelte relative all’applicazione delle esenzioni dall’obbligo di OPA | Rischio che gli independent shareholders attivi utilizzino in maniera opportunistica le norme in esame. |
AUTORITÀ DI VIGILANZA | Limitazione delle fattispecie in cui è richiesto l’intervento discrezionale della Consob | |
COLLETTIVITÀ (EFFETTI INDIRETTI) | Minor rischio di operazioni di riassetto proprietario inefficienti grazie al coinvolgimento degli azionisti “indipendenti” nel processo decisionale |