LA RISOLUzIONE DEL CONTRATTO (TIPICO) DI CONVIVENzA: UNA LETTURA SISTEMATICA
LA RISOLUzIONE DEL CONTRATTO (TIPICO) DI CONVIVENzA: UNA LETTURA SISTEMATICA
Xxxxx Xxxxx
Professore Associato di Diritto Privato nell’Università degli Studi di Sassari. Dottore di
ricerca presso l’Università degli Studi di Sassari.
Riassunto: Nel disciplinare la risoluzione del contratto di convivenza, la l. n. 76 del 2016, all’art. 1, commi 59º e 60º, prevede cause negoziali (accordo delle parti e recesso unilaterale: comma 59º, lett. a e b) e ipotesi ex lege (matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona; morte di uno dei conviventi: comma 59º, lett. c e d) di cessazione dei relativi effetti, le quali pongono significativi problemi di coordinamento sistematico, inerenti alla applicazione di regole che riguardano i rapporti patrimoniali tra i coniugi e, al contempo, della parte generale del xxxxxxxxx.Xx saggio si concentra sulla disamina delle cause negoziali e legali di risoluzione del contratto di convivenza, ponendo in rilievo le contraddizioni che la legge n. 76/2016 mostra in proposito e valutando le possibili soluzioni applicative. Dall’analisi effettuata si ricava che le regole in materia di scioglimento del contratto di convivenza si giustificano nella loro peculiarità per la rilevanza erga omnes dei relativi effetti.
Parole chiave: Contratto; Risoluzione; Recesso; Convivenza; Mutuo; Dissenso.
Sommario: 1 La risoluzione del contratto di convivenza nella l. n. 76/2016: prospettive di sistema e problemi di disciplina – 2 Profili generali delle cause di risoluzione – 3 Le cause negoziali: l’accordo delle parti e il recesso unilaterale – 4 Le cause ex lege: matrimonio e unione civile dei conviventi o morte di uno dei contraenti – 5 I profili formali del negozio risolutorio – 6 Scioglimento del contratto di convivenza, comunione legale e trasferimento di diritti reali immobiliari – 7 L’applicazione delle cause di scioglimento previste dalla legge ai contratti atipici
1 La risoluzione del contratto di convivenza nella l.
n. 76/2016: prospettive di sistema e problemi di disciplina
Nel disciplinare la risoluzione del contratto di convivenza, la legge n. 76 del 20 maggio 2016,1 ai commi 59º e 60º dell’art. 1, prevede cause negoziali [accordo delle parti e recesso unilaterale: comma 59º, lett. a) e b)] e ipotesi ex lege [matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona; morte di uno dei conviventi: comma 59º, lett. c) e d)] di cessazione dei
1 “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, pubblicata in G. U. n. 118 del 21 maggio 2016 e in vigore dal 5 giugno 2016.
relativi effetti, le quali pongono taluni – e significativi–problemi di coordinamento sistematico, inerenti alla richiamata applicazione di regole che attengono ai rapporti patrimoniali tra i coniugi e, al contempo, aistituti di parte generale del contratto.2
Per affrontare tali problemi va anzitutto segnalato come,ai fini dell’individuazione della disciplina effettivamente applicabilealla risoluzione del contratto di convivenza, qualora l’interprete volesse proporre, nell’analisi delle relative questioniconcrete, un’estensione del diritto matrimoniale che superi i circoscritti riferimentioperatiin merito dal legislatore, è necessario identificare in modo puntuale àmbito e limiti di un simile approccio. Difatti, pur se, secondo un’autorevole opinione, «sotto il profilo della ratio legis appare augurabile che trovino applicazione per la coppia non sposata le regole giuridiche previste per la coppia sposata tutte le volte in cui l’intervento della legge sia determinato dall’esistenza di una vita comune»,3 si è fatto notare come ammettere il ricorso analogico alla disciplina della famiglia del codice ponga il problema del valoreorientante del modello preso a riferimento, il quale, in base all’assetto attuale, presenta i profili della convivenza, dell’eterosessualità e della monogamia.4 Né un supporto alla espansione di questo modello in termini radicali può essere fornito dalla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, atteso che convivenza e monogamia sono comunque presenti nel paradigma sociologico di relazione affettiva omosessuale che il legislatore ha visualizzato come antecedente della disciplina contenuta nella l. n. 76/2016, ai commi 1º-35º. Difatti, in base al comma 4º, lett. a) dell’art. 1 è causa impeditiva dell’unione civile il matrimonio o l’unione civile con persona diversa dal partner,5 ciò che corrobora la monogamia,6 mentre il comma 9º, con cui si ribadisce la necessaria indicazione della residenza comune nel documento attestante la costituzione
2 In ciò trovando riscontripresso talune legislazioni straniere; MORACCHINI-zEIDENBERG, Xxxxxxxxx. La contractualisation du droit de la famille in tema di résiliation unilatérale du contrat à durée indéterminée e di divorzio consensuale nel diritto francese. Paris: Revue Trimestrielle de Droit Civil, 2016, 773-796.
3 Il richiamo è alladottrina di FALZEA, A. Problemi attuali della famiglia di fatto, in AA. VV (org), Una legislazione per la famiglia di fatto?. Napoli: ESI, 1988, a p. 52. Per il ricorso, selettivo, all’analogia si pronunciaanche. XXXXXXXX, Xxxxx. La famiglia “non fondata sul matrimonio”. Napoli: ESI, 1980,p. 245-
255. In senso contrario, almeno con riguardo ad un’applicazione generalizzata dello strumento analogico,
XXxxXXX, Xxxxxxxxx. Dal concubinato alla famiglia di fatto. Milano: Xxxxxxx, 1983, pp. 147-148.
4 In questi termini zOPPINI, Xxxxxx. Tentativo di inventario per il ‘nuovo’ diritto di famiglia: il contratto di convivenza. Milano: Xxxxxxx, 2001, p. 352.
5 Anglicismo che ALPA, Xxxxx Xxxxx. La legge sulle unioni civili e sulle convivenze. Qualche interrogativo di ordine esegetico. Nuova giur. civ. comm. Milano: Cedam, p. 1719, reputa più consono alla sostanza del fenomeno, rispetto all’inadeguato uso di parti per designare i soggetti che compongono l’unione.
6 Irrilevante, sotto questo profilo, risulta il mancato richiamo all’obbligo di fedeltà; per un’analisi volta a ravvisarne i profili anche all’interno dell’unione civile rinvio a CAMPIONE, Xxxxxxxx. L’unione civile tra disciplina dell’atto e regolamentazione dei rapporti di carattere personale, in BLASI, Xxxxxxx; CAMPIONE, Xxxxxxxx; XXXXXX, Xxxxxxx; XXXXXXXX, Xxxxxx; XXXXXX, Xxxxxxx (org.). La nuova regolamentazione delle unioni civili e delle convivenze. 14. ed. Torino: Xxxxxxxxxxxx, 2016, pp. 15-17.
dell’unione,7 e il comma 11º, ove si prevede l’obbligo reciproco di coabitazione, contribuiscono a rinsaldare la caratteristica della convivenza,8 così articolando il nuovo modello familiare in senso diverso rispetto al matrimonio codicistico solo per l’identità di genere dei partecipanti all’unione civile.9 Pertanto, l’assimilazione del matrimonio e dell’unione civile in un modello familiare,10 sostanzialmente equivalente ne unificail valore orientante e non amplia la gamma di previsioni che, mediante l’analogia,11 possono in ipotesi applicarsi alle convivenzedi cui alla legge n. 76/2016. Quand’anche, comunque, fosse arricchito il novero delle regole di diritto familiare disponibili all’interprete, chiamato a risolvere i problemi posti dal venire meno del contratto di convivenza,il ricorso all’analogia deve ritenersi escluso, in quanto, per i motivi che saranno appresso illustrati, la ratio delle norme oggetto di questa riflessione rende eccezionali i rinvii espressamente operati dal legislatore alla disciplina matrimoniale,12 la cui operatività si limita pertanto agli
7 Norma che, tuttavia, oltre a non rivestire una reale utilità applicativa neanche a fini di certificazione, comporta difficoltà di ordine interpretativo a causa del suo contenuto vincolato; per questa opinione cfr. UDA, G.M. Art. 1, comma 9, l. n. 76/2016, xx XXXXXX, C.M. (org.). Commentario alla legge 20 maggio 2016, n. 76. Torino: Giappichelli, 2017.
8 Invece, in senso svalutativo della coabitazione come dovere per i conviventi, che si palesa irrilevante nell’ottica del legislatore, cfr. XXXXX, Xxxxxxx. Dal diritto vivente al diritto vigente: la nuova disciplina delle convivenze. Prime riflessioni a margine della l. 20 maggio 2016, n. 76. Nuove leggi civ. comm. Milano: Cedam, 2016, p. 681; diversamente, AULETTA, Tomasso. Disciplina delle unioni non fondate sul matrimonio: evoluzione o morte della famiglia (l. 20 maggio 2016, n. 76). Torino: Xxxxxxxxxxxx, 2016, p. 387.
9 CAMPIONE, Xxxxxxxx. L’unione civile tra disciplina dell’atto e regolamentazione dei rapporti di carattere personale, cit., pp. 3-4. Il quale nota opportunamente sotto questo profilo come l’unione civile, in quanto specifica formazione sociale ai sensi dell’art. 2 Cost. che il legislatore intende distinguere dal modello cristallizzato nell’art. 29 Cost., nella sostanza non presenta netti elementi di differenziazione rispetto al matrimonio.
10 Si legga quanto sostiene XXXX, Xxxxx. La legge sulle unioni civili e sulle convivenze. Qualche interrogativo di ordine esegetico, cit., pp. 1719-1720. Ove si argomenta il preferibile uso del termine famiglie anziché modelli familiari, in quanto «sembra che si tratti di aggregazioni che pur ispirandosi alla famiglia tradizionale e pur segnandone l’evoluzione, non sono una specificazione di un unico modello originario, ed assolvono anche a funzioni non perfettamente coincidenti con la famiglia di stampo tradizionale» (p. 1719 per la citazione riportata). In questa sede il ricorso all’espressione modello familiare va pertanto letto nell’ottica di esaltare gli evidenti tratti comuni del matrimonio e dell’unione civile, ad onta delle deviazioni disciplinari tenacemente perseguite dal legislatore al fine di differenziare i due istituti (registra un’”ansia di differenziazione” che rende disordinata la disciplina dell’unione civile QUADRI, Xxxxxx. “Unioni civili tra persone dello stesso sesso” e “convivenze”: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete, in Corr. Giur. Milano: IPSOA, 2016, p. 895.
11 La quale, secondo XXXX, Xxxxx. La legge sulle unioni civili e sulle convivenze. Qualche interrogativo di ordine esegetico, cit., pp. 1719-1720. È esclusa anche nei rapporti tra disciplina del matrimonio e normativa sulle unioni civili, per cui la prima non può colmare differenze od omissioni normative della
l. n. 76/2016, mentre quest’ultima, là dove si palesa più avanzata di quella matrimoniale (in materia di rapporti tra coniugi, nome della famiglia, àmbito dell’autonomia privata nella regolazione dei rapporti personali e patrimoniali), risulta confinata al proprio specifico contesto (ponendosi semmai problemi di conformità agli artt. 3 e 29 Cost. in quanto il modello matrimoniale costituzionalmente privilegiato risulta sotto tali aspetti deficitario in confronto all’unione civile).
12 Un esempio, invece, di previsioni in materia di matrimonio e unione civile la cui eccezionalità ne impedisce l’applicazione analogica alle convivenze si rinviene in OBERTO, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti
artt. 177 ss. c.c. in tema di comunione legale (sezione III, capo VI, Titolo VI del Libro Primo del codice civile),13 da sottoporre ad un giudizio di compatibilità rispetto alla convivenza “negoziale” (comma 60º, seconda proposizione).
Tuttavia, il modello familiare “formalizzato”, seppure inidoneo all’analogia, svolge senz’altro un rilevante ruolo ermeneutico nella disciplina del rapporto contrattuale tra conviventi.14 Si pensi, ad esempio,al fatto che le previsioni di cui ai commi 50º ss., non contemplano la possibile disparità tra le parti come criterio determinativo dei loro rapporti giuridici, a differenza di quanto, invece, si riscontranel modello matrimoniale.15 Ne consegue che, con riguardo allo scioglimento per recesso, la diseguaglianza tra i contraenti potrebbe assurgere a parametro di valutazione del suo corretto esercizio,16 coordinando il richiamo alla buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c. con il necessario apprezzamento dei valori personali – ricostruiti anche in base alla disciplina della famiglia “di diritto” – sottesi alla regola negoziale.17
patrimoniali ed il contratto di convivenza, in Fam. e dir. Milano: IPSOA, 2016, p. 943. Segnala come la disciplina degli impedimenti di parentela e affinità di cui agli artt. 87 c.c. (per il matrimonio) e 1, comma 4º, lett. c) della l. n. 76/2016 (che richiama la norma codicistica per l’unione civile) non sia estensibile ai rapporti more uxorio proprio in virtù del carattere eccezionale della disposizione.
13 Tant’è che, in assenza di una precisa scelta per tale regime contenuta nel contratto di convivenza, si applicherebbero le norme sulla comunione ordinaria, a dimostrazione del fatto che la disciplina valevole per i coniugi (e per le parti dell’unione civile) non può essere analogicamente estesa ai conviventi (in tal senso OBERTO, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, in Fam. e dir, cit., p. 953.
14 Un àmbito particolarmente significativo in cui potrebbe esplicarsi sulle convivenze il valore orientante del modello familiare formalizzato si rinviene, seppure adiverso riguardo rispetto allo scioglimento del contratto di convivenza, nel criterio di proporzionalità che, ai sensi del comma 53º, lett. b), informa il dovere di contribuzione, in esso contemplato, per l’appunto “in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo”. A mio avviso tale criterio deve ritenersi inderogabile, al fine di integrare la fattispecie del contratto (tipico) di convivenza, tenuto conto di quanto previsto agli artt. 160 c.c. e 1, 13º co., l. n. 76/2016, pur se tale inderogabilità non è richiamata con riferimento alle convivenze (argomento dal quale XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., pp. 950-951. Desume invece la possibilità per i conviventi di regolare liberamente quantità e modalità di contribuzione, anche prescindendo dalla proporzionalità); tuttavia, qualora il concreto contratto regolasse in modo svincolato da questo parametro le prestazioni contributive delle parti, non deve optarsi per il rimedio invalidante della nullità, bensì per una riqualificazione del negozio in termini differenti rispetto alla fattispecie della l. n. 76/2016 (ad esempio, contratto di convivenza atipico o donazione).
15 xXXXXXX, Xxxxxx. L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, in Riv. dir. Civ. Milano: Cedam, 2002, p. 233. Secondo il quale la diseguaglianza strutturale del rapporto tra coniugi riveste un autonomo e qualificato rilievo normativo, come dimostrano gli artt. 5, 6º co., e 6, 6º co., della l. n. 898 del 1º dicembre 1970, quando fanno riferimento alla situazione del “coniuge più debole”, perché privo di mezzi proprî o non in grado di procurarseli per ragioni oggettive.
16 Per una più puntuale trattazione di questo aspetto rinvio al successivo par. 3.
17 La clausola di buona fede, allora, sarebbe invocabile anche oltre il ruolo riconosciutole di fonte integrativa ed eventualmente correttiva del programma contrattuale (familiare), correlato ai casi in cui, in sede di applicazione della regola divisata dalle parti, essa appaia oggettivamente sproporzionata ovvero determini un’anomala ripartizione dei rischi e degli oneri tra le parti, secondo quanto propone zOPPINI, Xxxxxx. L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, cit., p. 235.
Inoltre, nel selezionare le regole di soluzione dei conflitti di interesse sorti a séguito della cessazione della convivenza (e al venire meno delle regole pattizie che ne governavano i rapporti patrimoniali), non deve precludersi all’interprete, la possibilità di graduare l’applicazione della disciplina legale in ragione della congruenza tra il tipo legale assunto come modello dalla normativa vigentee il tipo reale di comunità familiare.18 In quest’ottica, allora, potranno declinarsi talune conseguenze, che la legge detta in via generale, in modo diverso a seconda del concreto atteggiarsi del consorzio di vita tra i conviventi, come nell’ipotesi in cui, stabilita la residenza nell’abitazione di uno di essi, la quale sia stata adibita a casa familiare in via principale, fosse previsto nel contratto l’utilizzo di un’ulteriore abitazione, di proprietà dell’altro convivente, come sede opzionale e aggiuntiva di svolgimento della vita in comune [così da riequilibrare eventualmente le modalità con cui assolvere i reciproci obblighi di contribuzione, ai sensi del comma 53º, lett. b)]. In tal caso, allora, il termine non inferiore a novanta giorni previstodal comma 61º,19 sotto pena di nullità,come contenuto necessario della dichiarazione di recesso a favore del convivente che lo subisce– al fine di consentire al destinatario il reperimento di altra abitazione diversa dalla casa familiare nell’esclusiva disponibilità del recedente – sarebbe del tutto incongruo, risolvendosi in un’ingiustificata limitazione delle prerogative proprietarie del titolare; ne consegue che un termine più breve (pur se comunque coerente alle esigenze organizzative del destinatario) indicato nel negozio risolutorio dovrebbe considerarsi del tutto legittimo e non costituire causa di invalidità del medesimo.
Quanto, invece, al rapporto con la parte generale del contratto, va evidenziato, anzitutto, che la negozialità (e poi la contrattualità, se si presceglie questa qualificazione),20 dell’istituto in oggetto costituisce un dato da cui prendere le mosse per verificare quale sia il regime di disciplina coerente con l’autoregolamento di interessi in materia familiare,21 imponendosi all’interprete il compito di appurare
18 Come xXXXXXX, Xxxxxx. L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, cit., p. 225.
19 Sul quale vedi amplius il par. 3.
20 Rinvio sul punto a XXXXXXX, Xxxxxx; XXXXXX, C. M. Il contenuto del contratto di convivenza tra tipico e atipico, in BIANCA, C. M. (org.). Commentario alla legge 20 maggio 2016, n. 76. Torino: Giappichelli, 2017. La dove, a dimostrazione delle incertezze qualificatorie in merito al contratto di convivenza prima della l. n. 76/2016, si constata persuasivamente che «il legislatore… ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo tipo contrattuale, al quale peraltro già da tempo la dottrina aveva rivolto la propria attenzione, ma che tuttavia non sembra aver assunto, nonostante l’ampia attenzione da parte degli studiosi, una diffusione tale da poter essere qualificato come contratto socialmente tipico». Tale situazione, in effetti, si riverbera anche nell’approccio al “nuovo” contratto legislativamente tipizzato.
21 Questa prospettiva ha ad esempio consentito alla dottrina tedesca di elaborare forme di controllo contenutistico degli Eheverträgen, mediante un’analisi del rapporto tra la Vertragsdisparität e la Machtdisparität (quest’ultima intesa come sottomissione struttuale: strukturelle Unterlegenheit), al fine di verificare contenuto e limiti di una siffatta richterliche Inhaltskontrolle nella delicata materia degli accordi coniugali; sul punto conserva utilità la Dissertation di STRESOW, Xxxx. Die richterliche Inhaltskontrolle von Eheverträgen. Berlin: Xxxxxxx & Humblot, 2006, pp. 148-161, 218-239.
in che misura al contratto di convivenza debbano applicarsi le previsioni di cui agli artt. 1321-1469 (bis) c.c. emediante quale processo ermeneutico debba ricostruirsene lo statuto normativo.22
Prima di esaminare i singoli problemi, deve ancora rilevarsi l’uso non opportunosotto il profilo terminologico dellemma”risoluzione” nel comma 60º (e dell’espressione “il contratto di convivenza si risolve…” nel comma 59º);23 esso, in effetti, si palesa eccessivamente evocativo degli istituti previsti agli artt. 1453- 1469 c.c., che, come verrà poi chiarito, si applicano con riguardo all’inadempimento e a taluni rimedî sinallagmatici, mentre l’impossibilità e l’eccessiva onerosità sopravvenute paiono difficilmente invocabili nel contesto dei rapporti di convivenza. Difatti, da un lato, il dovere di contribuzione deducibile in contratto dalle parti si configura flessibile, per cui, qualora una specifica prestazione divenisse impossibile (ad es., la casa destinata a residenza familiare da uno dei conviventi subisce danni tali da privarla dell’abitabilità) queste potranno senz’altro modularne diversamente l’oggetto (nel caso, modificando il contratto di convivenza secondo i requisiti formali di cui al comma 51º),24 mentre, dall’altro lato, le loro prestazioni sono commisurate ex lege alle sostanze e alla capacità di lavoro personale e casalingo di ciascuna (così escludendo squilibri nell’eventuale sinallagma a séguito di sopravvenienze tali da aggravare le relative obbligazioni).
Più correttamente, allora, dovrebbe parlarsi di scioglimento, così seguendo la dizione normativa chemenzionail mutuo dissenso (letteralmente, consenso) e le altre cause ammesse dalla legge (tra le quali il recesso) come unici strumenti tramite i quali il contratto «può essere sciolto» (art. 1372, comma 1º, c.c.).
Infine, un ulteriore aspetto problematicoconcerne la “transtipicità” della nozione di contratto di convivenza accolta dalla legge, per cui è tale qualsivoglia regolamentazione pattizia dei rapporti patrimoniali tra soggetti nei confronti dei quali intercorre il legame affettivo di coppia, e di reciproca assistenza materiale e morale, di cui al comma 36º. In questa prospettiva, qualunque tipo di accordo
22 Così xXXXXXX, Xxxxxx. L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, cit., p. 227.
23 Perplessità in merito sono manifestate da BALLARANI, Xxxxxx. La legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto. Una prima lettura critica, in Dir. fam. Succ. Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, p.648.
24 A meno che nello stesso contratto non siano previste situazioni assimilabili alle cause di giustificazione, secondo quanto propone XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 950. Il quale propone l’esempio della disoccupazione involontaria in cui una delle parti dovesse trovarsi senza sua colpa. Tale suggestiva indicazione, peraltro, a mio avviso dovrebbe essere attentamente vagliata alla luce del comma 56º, il quale, nel vietare l’apposizione di condizioni e termini, considera quelli eventualmente inseriti nel contratto di convivenza tamquam non essent, sì che le cause di giustificazione convenzionali, risolvendosi sostanzialmente in condizioni apposte alle clausole che prevedono gli obblighi di contribuzione, potrebbero incorrere in tale divieto (deve comunque rilevarsi che, del tutto coerentemente, questo Autore ritiene che condizioni e termini siano apponibili alle singole clausole; vedi infra nota 66).
così caratterizzato, a prescindere dalla sua riconducibilità ad una specifica figura negoziale, soggiacerà alla disciplina di cui ai commi 50º ss. dell’art. 1, l.
n. 76/2016, che si imporranno sulle incompatibili previsioni codicistiche o delle leggi speciali (specie per quanto attiene alla formaprevista dal comma 51º).25 Ciò dovrebbeverificarsi, allora, anche per le cause di risoluzione, in particolare con riguardo: i) al recesso menzionato nel comma 59º, lett. b), nel senso che tale disposizione integrerà le previsioni attinential singolo contratto (le quali non prevedessero simile facoltà) o prevarrà su quelle contrastanti (ad esempio, in tema di mandato non si applicheranno i parametririchiesti dagli artt. 1723 e 1727 c.c., e segnatamente la giusta causa con i connessi profili risarcitorî quando questa non fosse ravvisabile); ovveroii)al matrimonio e all’unione civile dei conviventi tra loro o con altri soggetti, che estingueranno senz’altro lo strumento contrattuale prescelto dalle parti per configurare i relativi interessi economici.26 Da tale rilievo, allora, si evince che il rapporto di convivenza, lungi dal costituire mero motivo rispetto al contratto con cui se ne disegnanogli assetti patrimoniali,27 deve ritenersi un profilo indefettibile del requisito causale di questo,28 condizionandone pertanto, come si vedrà appresso, la cessazione degli effetti.
2 Profili generali delle cause di risoluzione
Ciò premesso, vapreliminarmente sottolineato come, nell’individuare le cause di risoluzione (rectius: scioglimento) del contratto di convivenza, si ponga a mio avviso il problema di verificare se, tenuto conto del fatto che detto contratto non è un elemento costitutivo della convivenza stessa ma non può sussistere se essa non vi sia,29 oltre a quanto espressamente indicato dal legislatore al comma 59ºdebbaconsiderarsicausa di cessazione degli effetti contrattuali ancheil
25 A tale conclusione giunge XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 947.
26 Quanto poi al mutuo dissenso e alla morte di uno o di entrambi i contraenti, si tratta di ipotesi che normalmente conducono allo scioglimento anche dei contratti specificamente utilizzati dai conviventi allo scopo di regolare il loro rapporto (oltre alla previsione generale del mutuo consenso di cui al 1º comma dell’art. 1372 c.c., si veda anche l’art. 1722, n. 4, c.c., per rimanere all’esempio del mandato), sì che non sussistono problemi di compatibilità con le relative previsioni del comma 59º.
27 In questo senso, invece, OBERTO, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 944, nota 8.
28 BALESTRA, Luigi. Convivenza more uxorio e autonomia privata, in Giust. civ. Milano: UTET, 2014, p. 147. Nell’ambito di una riflessione precedente alla riforma del 2016, ammonisce difatti a non prescindere dall’identificazione degli interessi effettivamente e concretamente perseguiti, apparendo incongruo arrestarsi ad una mera considerazione astratta del tipo causale prescelto.
29 XXXX, Xxxxx. La legge sulle unioni civili e sulle convivenze. Qualche interrogativo di ordine esegetico, cit., p. 1718.
solo venire meno della convivenza,30 sia esso seguita o menodal mutuo (consenso
o) dissenso o dal recesso unilaterale dal contratto (posti in essere secondo le formalità previste dal comma 51º,31 ossia mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato).
Tale questione, in effetti, palesa importanti risvolti teorico-pratici,32 e basti pensare al fatto che, se il contratto de quo conservasse la sua efficacia al cessare del rapporto di coppia tra le parti, qualora venisse stipulato un ulteriore contratto di convivenza, quest’ultimo sarebbe nullo ai sensi del comma 57º,
30 XXXXXX, Xxxxxxxx. La crisi della convivenza, in Nuova giur. civ. comm. 12/2016. Milano: Cedam, p. 1768. Afferma esplicitamente che il venir meno della convivenza sul piano fattuale necessariamente opera come causa di caducazione del contratto. In senso contrario VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili in Riv. dir. Civ. Milano: Padova, 2016, p. 1343. Argomentando in base al divieto di apporre condizioni e termini previsto al comma 56º, poiché l’automatica risoluzione del contratto al cessare della convivenza sarebbe qualificabile, per l’appunto, nei termini di una condizione risolutiva. Peraltro a mio avviso la cessazione della convivenza deve essere letta come sopravvenuta carenza della causa quanto ai suoi riflessi sul contratto che la disciplina, il quale quindi, almeno inter partes, diviene improduttivo di effetti (e sarebbe del tutto incongruo ipotizzare, ad esempio, la persistenza del dovere di contribuzione – senza un’apposita clausola che ne prevedesse l’ultrattività – azionabile in giudizio da parte di uno dei conviventi nei confronti dell’altro, là dove il legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza materiale e morale si fosse dissolto). L’affermazione dell’Autore qui citato nel senso che «la legge… ha adottato un sistema per cui, se non sono formalizzati determinati atti, la convivenza può cessare e il contratto proseguire» (ibidem), è condivisibile, pertanto, con riguardo all’efficacia nei confronti dei terzi, essendo loro opponibile la cessazione della convivenza solo a seguito della relativa formalizzazione, come verrà chiarito appresso nel testo.
31 Leggendo a contrario quanto stabilito dal comma 37º, il quale prevede che, xxxxx restando i presupposti della convivenza individuati nel comma 36º, l’accertamento della stabile convivenza possa essere conseguito mediante la dichiarazione anagrafica di cui agli artt. 4 e 13, comma 1º, lett. b), del d. P.R. 30 maggio 1989, n. 223 – il che significa ammettere una presunzione di stabile convivenza data dalla suddetta dichiarazione, alla quale può contrapporsi la prova contraria della insussistenza di uno dei presupposti ex comma 36º [così BONA, C. La disciplina delle convivenze nella l. 20 maggio 2016, n. 76, in Foro it., I, 2016, cc. 2093-2104 (in nota a Cass., sez. III civ., 7 marzo 2016, n. 4386, ivi, cc. 2091- 2093), alla c. 2095; si veda anche Trib. Milano, ord. 31 maggio 2016, in Foro it., 2016, I, cc. 2920- 2924, con osservazioni redazionali alla c. 2924, ove si è precisato che l’art. 1, comma 36º, configura la dichiarazione anagrafica come strumento privilegiato di prova e non come elemento costitutivo della convivenza; conforme a tale assunto l’opinione di XXXXXXXX, Xxxxx. Unioni civili, convivenze di fatto e “modello” matrimoniale: prime riflessioni, Milano: IPSOA, 2016. XXXXXXXX, Xxxxxx; XXXXXXX, Xxxxxxxx (org.). Unioni civili e convivenze di fatto: la legge, in Giur. it. Milano: IPSOA, 2016, pp. 1771-1823. pp. 1786-1787. Da ultimo, e con ampiezza di argomentazioni, PARADISO, Xxxxxxx. Le «convivenze di fatto». Nozione, instaurazione, cessazione, in BIANCA, C.M (org.). Commentario alla legge 20 maggio 2016, n.
76. Torino: Giappichelli, 2017. Xxx si afferma recisamente che l’attestazione anagrafica ha di per sé valore di presunzione semplice] –, può affermarsi che la dichiarazione anagrafica con cui si espliciti la cessazione della convivenza fa presumere relativamente la stessa, salvo che, a smentire la suddetta dichiarazione, si provi il ricorrere dei presupposti sostanziali del rapporto ai sensi del comma 36º.
32 Detto problema, invece, non si pone a mio avviso là dove ci si interrogasse circa la sopravvivenza, al venire meno del rapporto, delle clausole contrattuali che determinano la misura dei contributi in ragione della presenza di figli minori ovvero in condizioni di disagio economico o pisicofisico. Se si consideranotali clausole come relative ai conviventi solo di riflesso e, per contro, dettate in diretta attuazione degli obblighi di mantenimento che la legge, a prescindere dal vincolo di coniugio, prevede in capo ai titolari della responsabilità genitoriale, ne consegue la loro ultrattività, considerandosi esse vincolanti in assenza di nuovi fatti, diversi dalla cessazione o dal mutamento soggettivo del rapporto di convivenza, che ne esigano la modifica.
lett. a),33 dovendosi perciò provvedere, per la stipula di un diverso valido contratto, alla risoluzione (negoziale) di quello già vincolante nei confronti del soggetto interessato.
In effetti, a rigor di logica, dissolvendosi la convivenza vienemeno il presupposto, ontologicamente esplicitato già nella configurazione normativa del negozio [di cui ai commi 50º e 53º, lett. b)], sul quale quest’ultimo è fondato,34 sì che il contratto sarebbe inefficace per sopravvenuta carenza del requisito causale,35 atteso che la disciplina dei rapporti patrimoniali tra i contraenti è del tutto priva di giustificazione in assenza del vincolo personale.36 Ne consegue, allora, che la previsione di cui al comma 57º, lett. a), nella parte in cui dichiara affetto da nullità insanabile il contratto di convivenza qualora una delle parti fosse vincolata ad altro accordo ancora efficace, risulterebbe sistematicamente priva di fondamento, poiché: i) il nuovo contratto di convivenza deve necessariamente essere preceduto dall’integrazione della fattispecie ex comma 36º; ii) questa fattispecie viene integrata solo là dove non vi sia altra convivenza che presenti le medesime caratteristiche, in applicazionedel principio di esclusività che, in tali rapporti, viene ritenuto essenziale ai fini della costruzione di un’effettiva comunione
33 Secondo XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76, in Nuova giur. civ. comm. Milano: Cedam, 2016. p. 1747, la volontà del legislatore mira alla completa definizione del contratto di convivenza precedentemente stipulato prima che, a séguito di una ulteriore e diversa convivenza ex lege n. 76/2016, si ponga in essere un nuovo contratto ai sensi dei commi 50º ss., quale che ne sia il contenuto concreto.
34 Con riguardo alla convivenza, si esprimeva in termini di presupposto del contratto (atipico) volto a regolarla XXXXXXXX, M. I contratti tra conviventi «more uxorio», in Riv. trim. dir. proc. civ. Milano: Xxxxxxx, 1994, p. 762. Esaminandone le possibili sorti a séguito del venire meno del suddetto presupposto (e si vedano le successive pp. 763-764). XX XXXX, X. X contratti di convivenza (art. 1, commi 50º ss., l. 20 maggio 2016, n. 76), in Nuove leggi civ. comm. Milano: Cedam, 2016 p. 696. Afferma chiaramente che il rapporto fondato sulla convivenza costituisce il presupposto della possibile regolamentazione del relativo àmbito patrimoniale.
35 Per il profilo causale del contratto di convivenza, atipico e tipico, rinvio a VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili in Riv. dir. Civ. Milano: Padova, 2016. p. 1328. Xxx si chiarisce in modo netto che lo scopo di provvedere mutuamente alle esigenze economiche della famiglia di fatto, con apporti decisi liberamente dagli interessati è causa idonea a sostenere il sorgere di vincoli obbligatorî tra i conviventi. Si veda, inoltre, XXXXXXX, Xxxxxx. Il contenuto del contratto di convivenza tra tipico e atipico, cit., par. 2, il quale precisa che tale elemento causale, ricostruito secondo l’accezione della causa concreta, è senz’altro presente anche in un contratto stipulato tra conviventi in cui non si rinvengano i requisiti delineati dal comma 36º, pur se in tal caso il contratto sarà nullo quando le parti con esso abbiano inteso produrre effetti che la legge riserva agli accordi da essa contemplati (segnatamente, la regolamentazione del regime patrimoniale e la sua opponibilità ai terzi). Sulla causa dei contratti di convivenza di diritto comune cfr. XXXXXX, X.X. Diritto civile II-1. La famiglia. Milano: Xxxxxxx, 2014, pp. 28-29. XXXXXXXX XXXXxXXXX, Xxxxxxxxx; XXXXxXXXX, Xxxxxxxx. Unioni di fatto e patti civili di solidarietà. Prospettive de iure condendo, in XXXXXXXX XXXXxXXXX, Xxxxxxxxx (org.), Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza. Vol. 5: Le unioni di fatto, il cognome familiare, l’affido condiviso, il patto di famiglia, gli atti di destinazione familiare. Riforme e prospettive. Torino: Xxxxxxxxxxxx, 2007, pp. 1-89, spec. pp. 58-62.
36 Il che richiama l’istituto della presupposizione, il cui ruolo nel contesto dei rapporti tra conviventi è peraltro assai discusso (lo nega OBERTO, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 951. Ove i necessari riferimenti a più ampie argomentazioni sul punto dell’Autore).
materiale e spirituale di vita in grado di assurgere al rango di formazione sociale familiare meritevole di tutela da parte dell’ordinamento;37 iii) se la precedente convivenza permane, il secondo contratto è nullo in quanto il nuovo rapporto difetta del requisito di cui al comma 36º, e non per il fatto che una delle sue parti sia vincolata ad un contratto anteriore; iv) qualora la precedente convivenza fosse cessata, il contratto che ne disciplinava i profili patrimoniali risulta incapace di produrre i suoi effetti, essendo venuta meno la causa sulla quale lo stesso si fondava, il che rende ingiustificata la nullità di una successiva pattuizione che tenda a regolare gli interessi economici dei nuovi conviventi.
Nell’ottica di recuperare un significato precettivo al comma 57º, lett. a), allora, deve tenersi conto del fatto che la legge n. 76/2016, nell’introdurre significative deviazioni rispetto alla ordinaria disciplina del contratto, si dimostra animata dall’intento di rendere opponibili ai terzi gli effetti del contratto di convivenza con strumenti maggiormente significativi rispetto a quelli di norma disponibili alle parti contrattuali, anche con riferimento alla possibile scelta del regime di comunione legale.38 Ciò implica che la cessazione di fatto della convivenza, seppure la si reputasse idonea a caducare gli effetti contrattuali nei
37 Sul punto risultano conclusive le (pur critiche) considerazioni di XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 944. Secondo il quale le disposizioni in materia di contratti di convivenza – poiché la relativa nozione concerne soggetti non vincolati, oltre che da parentela, affinità o adozione, anche da matrimonio o unione civile – non si applicano alle ipotesi di convivenze i cui soggetti siano comunque legati a terze persone, indipendentemente dal fatto che i relativi vincoli versino in uno stato di crisi (che, nel matrimonio, sfocerebbe nella separazione legale e, nell’unione civile, si rileverebbe a mio avviso nel periodo di tre mesi, decorrente dal momento in cui una o entrambe le parti abbiano manifestato la volontà di scioglimento della unione innanzi all’ufficiale dello stato civile, trascorso il quale è possibile proporre la relativa domanda).
Cfr. inoltre XXXXXXX, Xxxxxxx. Disciplina delle unioni non fondate sul matrimonio: evoluzione o xxxxx xxxxx xxxxxxxx (x. 00 xxxxxx 0000, x. 00). Xxxxxx: Cedam, 2016, p. 402. Il quale considera determinante il carattere dell’esclusività per la ricorrenza di un’unione familiare; in senso contrario, e quindi per la compatibilità dei contratti di convivenza atipici con il persistere del vincolo coniugale di uno dei contraenti, VILLA, Xxxxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili in Riv. dir. Civ. Milano: Padova, 2016, p. 1336. Nonché XXxxXXX, Xxxxxxxxx. Dal concubinato alla famiglia di fatto. Milano: Xxxxxxx, 1983, pp. 161-162. Ove si rileva che, essendo divenuto disponibile dai privati l’obbligo di fedeltà, a seguito della separazione personale tra i coniugi si realizza un distacco dalla famiglia legittima tale da rendere lecita la causa di un contratto con cui si regoli una successiva convivenza. Per la esclusività, con riferimento ai contratti di convivenza “di diritto comune” si esprimeva, nell’ambito di un’approfondita disamina del rapporto more uxorio costituito dal convivente legato in matrimonio ma separato dal coniuge, XXXXXXXXX, Xxxxxxx. Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata, Milano: Xxxxxxx, 2001, spec. pp. 82-85. Per le conclusioni sistematiche della suddetta analisi.
38 Per tale condivisibile rilievocfr. VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., p. 1346. Secondo il quale «la preoccupazione della legge è dunque quella di garantire certezza sull’esistenza del contratto di convivenza attraverso un meccanismo combinato, ovvero la pubblicità della sua creazione e della sua estinzione, e la tipicità dei fatti che rendono l’estinzione opponibile ai terzi. Si tratta di fatti resi noti attraverso atti formali, siano essi negoziali o certificazioni, dalla cui pubblicità dipende la produzione (o la cessazione) di effetti nei confronti dei terzi, in contesti di massima importanza come il regime della circolazione dei beni e la garanzia patrimoniale» (corsivo mio).
rapporti inter partes, per essere fatta valerenei confronti dei terzi necessita di una delle cause tipiche di risoluzione di cui al citato comma 59º.39 Il soggetto che ha interesse ad opporre erga omnes la mutata situazione di fatto nei suoi riflessi sul contratto di convivenza, pertanto, dovrà effettuare il recesso osarà tenuto a stipulare un mutuo dissenso con l’ex convivente; in caso contrario l’accordo sarà efficace (per i terzi) e, qualora si intendesse stipulare un altro contratto di convivenza con diverso soggetto ai sensi dei commi 00x xx., xxxxxx xxxxx xxxxx (xxxxxx per quanto concerne gli effetti tipici derivanti dalle suddette previsioni, potendosi discutere se sia invocabile la relativa conversione in un contratto di convivenza di diritto comune).
Procedendosi al recesso o al mutuo dissenso, sarà poi necessario conferire loro la necessaria pubblicità ai sensi del combinato disposto deicommi 51º (ove si regola,oltre alla forma del contratto di convivenza, quella degli atti modificativi o estintivi) e 52º (con riguardo all’obbligo del professionista, che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o ne ha autenticato le sottoscrizioni, di trasmetterne entro dieci giorni copia al comune di residenza deiconviventi per l’iscrizione all’anagrafe,40 ai sensi degli artt. 5,41 7 del d. P. R. n. 223 del 30 maggio 1989).42 Inoltre, secondo quanto previsto dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 7 del 1º giugno 2016, l’ufficiale dell’anagrafe deve procedere a registrare l’intervenuta risoluzione nelle schede individuali e nella scheda di famiglia dei conviventi, indicando la data e il luogo della risoluzione, la causa, gli estremi della notifica
39 Così possono riassumersi anche le perplessità espresse da QUADRI, Xxxxxx. “Unioni civili tra persone dello stesso sesso” e “convivenze”: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete, cit., p. 902. Con riferimento all’incongruità del meccanismo pubblicitario di cui al comma 52º nell’ambito delle cause di risoluzione del contratto di convivenza.
40 Cfr. sul punto XXXXXXX, Xxxxxxxxx. Commento comma 52, in XXXXXX, C.M. (org.). Commentario alla legge 20 maggio 2016, n. 76. Torino: Xxxxxxxxxxxx, 2017, p. 5. Secondo il quale l’iscrizione all’anagrafe del contratto avrebbe il compito di rendere operativa ex nunc la disciplina della comunione legale dei beni tra i conviventi, qualora la medesima fosse formalizzata.
41 XXXXXX, Xxxxxx. Unioni civili tra persone dello stesso sesso e convivenze: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete. Milano: IPSOA, 2017 p. 902. Rileva a questo proposito l’erroneità del riferimento all’art. 5, il quale non concerne la “famiglia anagrafica” (contemplata, per contro, all’art. 4), bensì le convivenze anagrafiche (le quali prescindono da legami affettivi in senso familiare, costituendosi invece per motivi religiosi, di cura, di pena o consimili).
42 Il sistema pubblicitario così disegnato dalla legge è stato oggetto di molteplici critiche; si cfr. XX XXXX, Xxxxxxxx. I contratti di convivenza (art. 1, commi 50º xx., x. 00 xxxxxx 0000, x. 00), Xxxxxx: Cedam, 2016, pp. 702-703. Secondo lacui opinione esso «…non sembra… garantire (in concreto) reale affidabilità al sistema e, soprattutto, non sembra in grado di assicurare ai terzi un adeguato meccanismo, nemmeno lontanamente paragonabile a quelli (già noti al legislatore) che viceversa sono deputati a svolgere tale (importante) funzione» (p. 702). Ancor più incisivo l’avviso di OBERTO, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 948. Il quale, sulla base del rilievo che le disposizioni in tema di anagrafe, a differenza di quelle concernenti lo stato civile, hanno ad oggetto esclusivamente persone e non contratti, ritiene che in assenza di una modifica di tali norme la disciplina in commento non potrà ricevere concreta attuazione.
da parte del professionista o della comunicazione da parte dell’ufficiale di stato xxxxxx.Xx merito alla formalità prevista dal comma 63º nell’ipotesi di morte di uno dei conviventi, ai sensi del quale si dovrebbe annotare l’avvenuta risoluzione a margine del contratto di convivenza, da notificarsi successivamente all’anagrafe del comune di residenza così da assolverei necessarî adempimenti pubblicitarî per glieffetti verso i terzi, è parso opportuno che vi proceda anche il professionista al quale sia stato notificato l’estratto dell’atto di matrimonio o di unione civile, in quanto, diversamente, la notificazione dell’evento al suddetto professionista diverrebbe un’informazione fine a se stessa e senza alcun effetto per i soggetti interessati.43
Venendo all’applicazione dei rimedî di diritto contrattuale comune, qualora il contratto presentasse natura sinallagmatica,44 in caso di inadempimento degli obblighi contributivi potrebbe richiedersene la risoluzione ex artt. 1453 ss. c.c.;45 tale strumento, che indubbiamente costituisce un aggravio in confronto al recesso unilaterale (il quale si palesa maggiormente coerente rispetto alle situazioni di conflitto originate dal mancato rispetto degli obblighi di contribuzione) o al mutuo dissenso, avrebbe il pregio di sottoporre contestualmente al giudice la caducazione del rapporto e il ristoro del pregiudizio patrimoniale subìto dal convivente rispettoso delle previsioni contrattuali,46 oltre al fatto che un eventuale
43 VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., p. 1346.
44 Per la necessaria sinallagmaticità si esprime XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76. Milano: Cedam, 2016 pp. 1742-1743. Facendo leva sui doveri di contribuzione sanciti per entrambe le parti dal comma 53º, lett. b). Diversamente PERFETTI, Xxxxxx. Autonomia privata e famiglia di fatto. Il nuovo contratto di convivenza, in Nuova giur. civ. comm. Milano: Cedam, 2016, pp. 1763-1764. Sottolinea l’assetto non necessariamente sinallagmatico del contratto, prendendo in considerazione gli atti gratuiti non donativi.
45 Così XXXXXX, Xxxxxxx. Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, cit., p.
282. Secondo il quale sono inoltre applicabili gli artt. 1460 e 1461 c.c. Riguardoai contratti di convivenza atipici non si è dubitato, nel caso in cui ricorresse la corrispettività, del possibile ricorso ai rimedî sinallagmatici; cfr., con precipuo riguardo alla eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., XXXXxXXX,
X. X contratti tra conviventi «more uxorio», cit., p. 763. Xxx si sostiene inoltre la astratta ammissibilità della risoluzione per inadempimento. Il dibattito in merito è ricostruito da XXXXXXXX XXXXxXXXX, Xxxxxxxxx; XXXXxXXXX, Xxxxxxxx. Unioni di fatto e patti civili di solidarietà. Prospettive de iure condendo, cit., pp. 75-76.
46 In senso diverso, sulla base della qualifica come negozî non contrattuali di diritto familiare dei contratti di convivenza atipici, si v. DELLE XXXXXXX, Xxxxxxx. Convivenza more uxorio e autonomia contrattuale (alla soglia della regolamentazione normativa delle unioni di fatto), in Riv. dir. civ. Milano: Cedam, 2015,
p. 949. Secondo il quale l’intreccio degli obblighi a contenuto economico programmato dalle parti di un contratto di convivenza (e sottoposto al vaglio dell’art. 1322, comma 2º, c.c.) non sembra potersi tradurre in un rapporto a prestazioni corrispettive, determinando l’inapplicabilità degli strumenti di tutela avverso l’inattuazione dello scambio (quindi, dell’azione di risoluzione e dell’eccezione di inadempimento). Si dichiara scettico sia sull’utilità del rimedio risolutorio (poiché la mancata esecuzione del contratto, specie se reiterata, porterebbe alla cessazione della convivenza e, venendo meno il relativo presupposto, del vincolo negoziale) sia in merito alla tutela risarcitoria (la quale, in questo ambito, dovrebbe assicurare al danneggiato una posizione economica corrispondente a quella astrattamente conseguibile con l’adempimento) SPADAFORA, Xxxxxxx. Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata. Milano:
recesso con cui si volesse reagire all’iniziativa giudiziale della controparte potrebbe essere sindacato ai sensi dell’art. 1375 c.c., come si approfondirà appresso.
Sotto il profilo della risoluzione stragiudiziale, inoltre, là dove fosse prevista una clausola risolutiva espressa, ai sensi dell’art. 1456 c.c., connessa ad una specifica obbligazione, eventuali dubbi circa la sua ammissibilità all’interno del contratto di convivenza possono essere fugati considerando la relativa pattuizione come un recesso vincolato a determinati presupposti su cui le parti hanno espresso il loro consenso,47 ciò che trova fondamento nella necessaria dichiarazione,richiestadalla norma citata, di avvalersi della clausola ai fini degli effetti risolutorî.
3 Le cause negoziali: l’accordo delle parti e il recesso unilaterale
Tra le cause negoziali di scioglimento, l’accordo di mutuo dissensodi cui al comma 59º, lett. a), si ricollega alla disciplina generale del contratto ex art. 1372, 1º co., c.c.,48 ciòche suggerisce taluni interrogativi meritevoli di un chiarimento. Anzitutto, seppure nel contratto di convivenza non fosse possibile individuare prestazioni da effettuarsi a seguito della cessazione della medesima (e, conseguentemente, dello scioglimento del contratto, come sopra chiarito),49 queste potrebbero inserirsi nell’atto di mutuo dissenso, con cui non solo si priva di efficacia il contratto, destinato, secondo l’ermeneutica restrittiva, a conformare
Xxxxxxx, 2001, p. 194. Con argomentazioni che, peraltro, sembrano superabili. Difatti, si deve tenere conto, da un lato, dell’apprezzamento complessivo mediante il quale il giudice conosce la causa e gli effetti pregiudizievoli derivanti al convivente non inadempiente dalla mancata attuazione delle prestazioni contrattuali (da ciò l’utilità della risoluzione, come strumento di economia dei mezzi giuridici e processuali) e, dall’altro, della possibilità di delimitare il risarcimento del danno sulla base della tipizzazione della convivenza operata dalla legge (per cui, ad esempio, se il contratto prevedesse il mantenimento, ove tale obbligazione fosse inadempiuta il risarcimento del danno potrebbe essere convenientemente quantificato nella somma necessaria ad assicurare il suddetto mantenimento – non per l’ipotetica durata del contratto di convivenza, ma – per un periodo proporzionale al tempo in cui si è dispiegato il legame affettivo di coppia, così utilizzando come criterî di determinazione dell’importo dovuto la previsione del contratto e il parametro fornito dal comma 65º per l’obbligo alimentare ex lege).
47 Sulla compatibilità tra recesso legale e pattuizioni accessorie che ne disciplinano le modalità di esercizio si veda infra il par. 3.
48 Cfr. XXXXXX, Xxxxxxx. Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, cit., p. 280.
49 Per questo rilievo cfr. XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76, cit.,
p. 1742. Il quale, pur notando che il dato letterale di cui al comma 50º della l. n. 76/2016 si palesa come insuperabile, precisa che le parti possono sempre ricorrere alla disciplina contrattuale di diritto comune per stipulare negozî atipici con cui regolare la fase successiva alla cessazione della convivenza; conforme in tal senso anche l’opinione di XXXX, Xxxxx. La disciplina delle convivenze nella l. 20 maggio 2016, n.
76. Torino: Xxxxxxxxxxxx, 2016, p. 2101.
esclusivamente i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune dei conviventi, ma si individuano le prestazioni cui le parti sarebbero tenute a seguito di tale sopravvenuta inefficacia.
Peraltro, le formalità alle quali la risoluzione del contratto è sottoposta ai sensi del comma 51º citatoconsentono di provvedere le statuizioni contenute nel mutuo dissenso della stessa opponibilità di cui gode il contratto di convivenza secondo quanto stabilito dal comma 52º, poiché tale opponibilità, in base ad una lettura coordinata dei suddetti commi 51º e 52º, se è esplicitamente prevista per il contratto di convivenza e per le sue modifiche, non potrebbe negarsi per gli atti negoziali che ne prevedono lo scioglimento, anche con riferimento ad effetti ulteriori e diversi rispetto a quest’ultimo. In sintesi, sarebbe opponibile ai terzi non solo la mera cessazione di efficacia del contratto di convivenza, ma anche le previsioni contenute nel mutuo dissenso in cui si disciplinassero eventuali trasferimenti patrimoniali e prestazioni correlate allo scioglimento negoziale.50
Le parti, inoltre, potrebbero costituire un eventuale obbligo di mantenimento a favore di uno dei conviventi,51 per il quale, se in stato di bisogno economico, la stessa legge prevedeal comma 65º ilmero sostegno alimentare, peraltro convenzionalmente estensibile per un periodo superiore a quello che la norma ora citata circoscrive in senso proporzionale alla durata della convivenza.52 A supporto
50 VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., p. 1340. Afferma a questo proposito, nel sottolineare il contenuto specifico ed innovativo dell’accordo contemplato dalla legge n. 76/2016, che la pubblicità “… può rendere opponibile il contratto di convivenza nel suo complesso e, con esso, anche alcuni patti che, in assenza della nuova disciplina, opererebbero unicamente sul piano obbligatorio e quindi con effetti relativi ai soli contraenti”.
51 Con riguardo alla possibilità di introdurre una tutela più estesa del soggetto economicamente debole cfr. XXXXXXX, Xxxxxxx. Disciplina delle unioni non fondate sul matrimonio: evoluzione o morte della famiglia (l. 20 maggio 2016, n. 76)?, cit., p. 394. Il quale ritiene possibile addivenire ad un tale risultato mediante lo stesso contratto di convivenza. Ciò, se si sposasse una concezione maggiormente comprensiva del relativo oggetto, sarebbe senz’altro realizzabile, con la precisazione secondo cui nel contratto di convivenza il mantenimento successivo alla cessazione della medesima può giustificarsi solo qualora l’accordo tra le parti prevedesse un reciproco dovere di contribuzione, in assenza del quale l’attribuzione patrimoniale a favore di chi non ha per l’appunto supportato economicamente la vita di coppia sarebbe priva di causa e, pertanto, nulla. Una tale evenienza, peraltro, sarebbe scongiurata dal fatto che il dovere di contribuzione alle necessità della vita in comune èun effetto indisponibile alle parti del contratto di convivenza, poiché esse potrebbero incidere, ai sensi del comma 53º, lett. b), esclusivamente sul quomodo e non sull’an (cfr. sul punto QUADRI, Xxxxxx. “Unioni civili tra persone dello stesso sesso” e “convivenze”: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete, cit., p. 901). Ai fini della giustificazione del mantenimento, comunque, non potrebbero introdursi differenti modalità tali da precludere sostanzialmente la simmetria degli apporti, poiché così risulterebbe priva di causa l’obbligazione volta a consentire ad uno dei conviventi di mantenere il medesimo tenore di vita goduto in costanza del relativo rapporto.
52 XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 957. Parla di soluzione con profili punitivi per la parte debole, ritenendo comunque possibile pattuire, sia durante la convivenza e in previsione di un’eventuale rottura (così sposando un’interpretazione ampia del contenuto del contratto descritto al comma 53º) sia eventualmente all’atto in cui essa si realizza (come si suggerisce qui nel testo) l’obbligo per il soggetto “forte” del cessato rapporto di contribuire in vario modo al mantenimento dell’ex convivente. La riflessione dell’Autore, proprio con riguardo allo
di questa conclusione merita sottolineare come, dovendosi sottoporre anche il contratto di mutuo dissenso ad uno scrutinio circa la relativa conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico (sì che l’attestazione di conformità del contratto ai suddetti parametri costituirebbe, allora, una condicio iuris sospensiva),53 stante il tenore letterale della norma contenuta nel comma 51º, tale lettura assuma significato solo contemplando la possibilità che l’accordo risolutivo non si limiti a prevedere la cessazione di efficacia del presupposto contratto di convivenza, ma possa contenere ulteriori statuizioni che ne conformano la fase successiva e delle quali va acclarata la liceità.54
Significativo è poi il fatto che il legislatore, unitamente al mutuo dissenso, abbia previsto alla lett. b) del comma 59º il recesso unilaterale, anch’esso di chiara derivazione dalle prescrizioni codicistiche di parte generale del contratto (art. 1373 c.c.), là dove, in questa ipotesi, la facoltà di recedere è attribuita alle parti dalla legge. La riconosciuta possibilità di privare di effetti il contratto di convivenza mediante la semplice dichiarazione (recettizia) di uno dei contraenti contribuisce a chiarirne la natura, stante il dibattito sulla qualifica di tale negozio come contratto in senso tecnico, ad esso applicandosi, pertanto, gli artt. 1321- 1469 (bis) c.c.,55 o, di contro, sulla relativa ricostruzione nei termini di un accordo
c.d. parafamiliare, ove il dato istituzionale conforma le linee disciplinari che ne ordinano l’efficacia.56 In particolare, tale previsione deporrebbe per il ricorso
scioglimento consensuale ai sensi del comma 59º, lett. a), costruiscela categoria dei “contratti della crisi della convivenza di fatto”per l’appunto suscettibili di contenere previsioni in merito ai relativi rapporti patrimoniali.
53 Per questa opinione si veda BONA, Xxxxx. La disciplina delle convivenze nella l. 20 maggio 2016, n. 76, cit., p. 2102. In senso diverso BENEDETTI, Xxxxxxx X. Il controllo sull’autonomia: la forma dei contratti di convivenza nella legge n. 76/2016, in Familia. Pisa: Pacini, 2017, pp. 24-28. Secondo il quale, in assenza della dichiarazione di conformità il contratto è nullo per difetto di forma, anche se il professionista avesse autenticato la sottoscrizione dei conviventi (p. 24); inoltre, con particolare riferimento al parametro dell’ordine pubblico, il rispetto dell’eguaglianza delle parti, dal punto di vista dell’eguale concorso alla soddisfazione delle esigenze economiche della famiglia in proporzione alle proprie sostanze e capacità, si porrebbe come il primo (e forse anche l’unico) criterio per il professionista che deve valutare la conformità al suddetto parametro dell’accordo concluso dai conviventi (p. 27).
54 Peraltro, la determinazione del contenuto di tale “potere” del notaio e dell’avvocato è necessariamente demandata alla prassi e agli apporti di dottrina e giurisprudenza; cfr. sul punto XXXXXX, Imacolata. Sulla disciplina delle unioni civili e delle convivenze, in Rass. dir. civ. Napoli: Scientifiche Italiane 2016, p. 1105.
55 Difatti, coerentemente a quanto previsto per molteplici tipi normativi, il legislatore ha in questa sede esercitato l’opzione di predisporre una specifica causa di scioglimento del contratto; sul tema cfr. XXXXXX, Xxxxxx; XXXXXXxX, Xxxxx (org.). Effetti e vincolo, in Trattato del contratto diretto da Xxxxxxxx Xxxxx, III, Effetti. Milano: Xxxxxxx, 2006, pp. 113-116. Ove si specifica che le previsioni sul recesso legale, in quanto comunque coerenti al principio di vincolatività del contratto, non possono considerarsi eccezionali.
56 Cfr. XX XXXX, Xxxxxxxx. I contratti di convivenza (art. 1, commi 50º ss., l. 20 maggio 2016, n. 76), cit., p. 710. Il quale ritiene che la novella legislativa adotti esplicite soluzioni con cui, sottendendo una qualificazione negoziale ma non contrattuale del contratto di convivenza, si tende a replicare lo schema di un negozio parafamiliare. Secondo XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76, cit., p. 1742. Al contratto di convivenza, poiché questo assume le caratteristiche di una convenzione di regime o normativa, non potranno applicarsi molte tra le previsioni di cui agli artt. 1321-1469 c.c.
alla normativa contrattuale, con precipuo riferimento alla regola in materia di contratti ad esecuzione continuata e periodica, per cui gli effetti del recesso non si estendono alle prestazioni già eseguite (art. 1373, comma 2º, c.c.), le quali, attenendo ai rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune dei conviventi (comma 50º), si sostanziano nella contribuzione alle loro necessità secondo le sostanze di ciascuno, assumendo come criterio di determinazione e quantificazione la capacità di lavoro professionale o casalingo [comma 53º, lett. b)].57
Con riguardo, invece, ad eventuali alienazioni espressamente finalizzate a siffatti scopi contributivi dall’accordo tra le parti, il recesso comporta il ritrasferimento dei cespiti in capo al precedente titolare o il ripristino della proprietà esclusiva di quest’ultimo,nel caso in cui i) egli abbia stabilito a favore del partner la comunione ordinaria su un proprio bene, senza perciò esercitare mediante il contratto di convivenza l’opzione per quella legale [art. 1, comma 53º, lett. c), l.
n. 76/2016], ovvero ii) qualora detta comunione ordinaria, pur in presenza di tale opzione, fosse stata comunque costituitasu un bene non contemplato dall’art. 177 c.c., appositamente destinato ai bisogni della convivenza. In tale ipotesi il recesso, in relazione agli effetti reali prodottisi, fa sì che l’originario xxxxx causa recuperi – retroattivamente – la titolarità del diritto attribuito al convivente, il quale, ai sensi dell’art. 2033 c.c., è obbligato alle restituzioni.58 Lo scioglimento unilaterale dal contratto di convivenza che abbia trasferito diritti reali immobiliari, comunque, non pregiudica i diritti dei terzi acquistatimedio tempore dal convivente beneficiario sul bene osu una sua quota.59 In effetti, com’è stato persuasivamente notato, poiché la retroattività di un effetto giuridico non esclude astrattamente la tutela di quanti vantino diritti incompatibili con tale vicenda, discorrendosi allora a tale proposito di retroattività reale relativa, tale conclusione, dimostrata dal dato positivo con riguardo alla risoluzione per inadempimento (art. 1458, comma 2º, c.c.), è a maggior ragione estensibile all’ipotesi in cui l’effetto giuridico retroattivo sia prodotto dall’atto negoziale di una delle parti contraenti.60
57 Il contesto nel quale opera il recessode quo induce a ravvisarvi una funzione sia determinativa, sia impugnativa o penitenziale, poiché mediante esso al contratto a tempo indeterminato può essere apposto un termine finale e, al contempo, se ne possono correggere i difetti genetici e funzionali, con particolare riguardo all’equilibrio delle prestazioni; si veda in proposito SIRENA, Xxxxxx; XXXXXXxX, Xxxxx (org.). Effetti e vincolo, in Trattato del contratto diretto da Xxxxxxxx Xxxxx cit., pp. 116-118.
58 XXXXXX, Xxxxxx; XXXXXXxX, Xxxxx (org.). Effetti e vincolo, in Trattato del contratto diretto da Xxxxxxxx Xxxxx, cit., pp. 135-138. Rileva a questo proposito che, ammettendosi la retroattività della risoluzione contrattuale mediante una condizione anche meramente potestativa, poiché il recesso non si differenzia da quest’ultima ne deriva l’operare retroattivo anche per l’atto unilaterale di scioglimento del contratto.
59 Non sussistendo alcuna clausola negoziale non si procederà alla relativa menzione nella nota di trascrizione, ai sensi dell’art. 2659, comma 2º, x.x.
00 Xxxx XXXXXX, Xxxxxx; XXXXXXxX, Xxxxx (xxx.). Effetti e vincolo, in Trattato del contratto diretto da Xxxxxxxx Xxxxx, cit., pp. 136-137.
Sotto il profilo pubblicitario, oltre alle formalità di cui al comma 52º e stanti le insufficienze del relativo sistema di opponibilità ai fini di una compiuta tutela dei terzi, l’atto di recesso cheincidasulla titolarità di diritti reali immobiliari dovrà essere trascritto ai sensi dell’art. 2653, n. 3, rientrando nella fattispecie della dichiarazione di riscatto ivi espressamente prevista.61 Nel caso in cui, per contro, provenga dal contraente a favore del quale il contratto di convivenza prevede un diritto reale limitato su un bene immobile nella titolarità della controparte, esso dovrebbe qualificarsi come rinuncia al suddetto diritto e in quanto tale trascrivibile ai sensi dell’art. 2643, n. 5, c.c., poiché diversamente il diritto sarebbe opponibile ai terzi pur essendo caducato inter partes (sia se temporalmente circoscritto nello stesso contratto di convivenza al periodo di durata della medesima,62 sia in assenza di tale limite, essendo la convivenza stessa un presupposto dell’attribuzione il cui venire meno priva di fondamento causale la permanenza del diritto in capo al convivente titolare). In particolare, una siffatta situazione implicherebbe significativi problemi di tutela del soggetto a cui favore opera la consolidazione (automaticamente prodottasi a séguito dello scioglimento del contratto), il quale, per fare valere erga omnes la piena titolarità del proprio diritto, dovrebbe necessariamente richiedere la collaborazione del recedente, il che non è sempre agevole se si pensa che il recesso dal contratto è presumibile manifestazione di crisi della convivenza,63 e di conflittualità tra i contraenti.64
Unulteriore connotato del recesso unilaterale di cui al comma 59º, lett. b), consiste nella eccezione che esso apporta alla regola, prevista al precedente
61 XXXXXX, Xxxxxx; XXXXXXxX, Xxxxx (org.). Effetti e vincolo, in Trattato del contratto diretto da Xxxxxxxx Xxxxx, cit., p. 137. Merita precisare che la fonte di un simile effetto reale inverso potrebbe rinvenirsi, oltre che nel recesso, nello stesso contratto tipico, se si ritiene che il relativo contenuto possa programmare anche gli assetti patrimoniali successivi alla cessazione della convivenza, ovvero in altro patto che, comunque, dovrebbe rivestire la medesima forma del contratto di convivenza, poiché incide sui diritti da esso derivanti e, pertanto, deve essere qualificato, se non come estintivo, come modificativo del suddetto contratto.
62 Il che, peraltro, non costituirebbe una violazione del divieto di apporre condizioni o termini di cui al comma 56º, ma diretta applicazione dei commi 50º e 53º, lett. b), a tenore dei quali, essendo oggetto del contratto di convivenza i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune delle parti, tali rapporti risultano temporalmente circoscritti alla durata della convivenza, che si pone pertanto come termine ex lege(derogabile dalle parti con apposita clausola) dell’efficacia del contratto (almeno inter partes). Un patto che, allora, prevedesse il vigore di una determinata pretesa o diritto per tale durata sarebbe riproduttivo di norme e meramente ricognitivo del loro contenuto, non ponendosi allora alcun problema circa i suoi effetti.
63 XXXXXX, Xxxxxxxx. La crisi della convivenza, cit., p. 1768. Fa notare come, con riferimento al recesso, la regola del secondo periodo del comma 61º, ove si prevede che l’atto debba contenere a pena di nullità il termine concesso al convivente per lasciare la casa di proprietà del recedente, sembrerebbe escludere la prosecuzione della coabitazione (e, pertanto, implicherebbe la cessazione della convivenza).
64 Permane, invece, il problema degli effetti da ascrivere al recesso che provenga da chi ha costituito a favore del convivente un diritto reale su un proprio bene, in quanto tale atto, non essendo qualificabile come riscatto o rinuncia, non può essere trascritto secondo i meccanismi pubblicitarî sopra evidenziati (né potrebbe ricorrersi all’annotazione della condizione risolutiva avveratasi, stante la natura negoziale e non fattuale del recesso).
comma 56º, in base alla quale non è possibile apporre condizioni o termini al contratto di convivenza;65 difatti, la declamata natura di actus legitimusdel suddetto contratto,66 si scontra con la possibilità che ai relativi effettisi ponga termine in base ad una mera dichiarazione di volontà di uno dei contraenti,67 la cui struttura sarebbe pertanto assimilabile a quella della condizione risolutiva (meramente) potestativa. Difatti, nell’ipotesi di cui alla lett. b) del comma 59º, il recesso non è subordinato a determinati presupposti di fatto che ne condizionino l’esercizio (non si tratta, pertanto, di condizione risolutiva potestativa semplice), ma esso si configura come insindacabile (se non mediante il ricorso alla buona fede; vedi infra nel testo), caratterizzandosi allora come condizione risolutiva meramente
65 La giustificazione del divieto è rinvenuta da BONA, Xxxxx. La disciplina delle convivenze nella l. 20 maggio 2016, n. 76, cit., p. 2102. Nel rischio che l’apposizione di termini o condizioni incida sui profili personali del rapporto. A questo proposito, un vivace dissenso rispetto alla regola consegnata al comma 56º è espresso da XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., pp. 951-952. Che declina l’esame del divieto in discorso nell’ottica dell’esigenza di consentire la cessazione delle prestazioni contributive nell’ipotesi di rottura dell’unione; secondo questa opinione, in particolare, tale norma «si “giustifica” in un’ottica puramente “matrimoniale”, posto che, mentre ha un senso stabilire che il matrimonio, per la “gravità” del vincolo che lo caratterizza, e, soprattutto, per il fatto di essere un negozio giuridico essenzialmente personale, non possa essere sottoposto a termini o condizioni, non ha, invece, costrutto alcuno stabilire lo stesso principio per un contratto che, come quello di convivenza, si colloca all’interno di un genus caratterizzato dalla patrimonialità degli effetti e per il quale l’apposizione di termini e condizioni risulta un quid del tutto “normale”» (p. 952). Peraltro, il problema posto dall’Autore, che mira a tutelare i conviventi dall’ultrattività dei relativi obblighi rispetto alla cessazione del rapporto, può convenientemente risolversi tenuto conto che, con il recesso ex comma 59º, lett. b), il contratto cessa di produrre i suoi effetti, essendo pertanto libero ciascun convivente di svincolarsi dalle relative obbligazioni. Inoltre, come rileva VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., pp. 1346-1347. l’esclusione dei termini e delle condizioni di cui al comma 56º può essere opportunamente ricondotta ad uno scopo coerente con esigenze di certezza, il quale consiste «nel fissare un numero predefinito di eventi che possono incidere sugli effetti del contratto e nell’escludere la rilevanza di elementi, come la condizione, il cui realizzarsi può dipendere da circostanze note solo alle parti, o i termini, che, oltre a poter essere incerti nel quando, introducono oneri di verifica per i terzi che la legge ha evidentemente considerato eccessivi». Né varrebbe, per confutare questa lettura, rilevare che nelle convenzioni patrimoniali tra coniugi, anch’esse opponibili ai terzi, possono senz’altro introdursi elementi accidentali, in quanto tali convenzioni godono di un regime pubblicitario (art. 162 c.c.) senz’altro più articolato rispetto a quello dei contratti di convivenza, potendo allora i terzi essere resi edotti dei contenuti di clausole condizionali o contemplanti termini senza eccessivi oneri di verifica.
66 XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 952. Facendo leva sul dato letterale, conferma la natura di actus legitimus del contratto di convivenza complessivamente inteso, mentre ritiene possibile inserire elementi accidentali con riguardo a singole clausole e statuizioni patrimoniali [sostanzialmente conforme l’approccio “contestualista e orientato in direzione della fattispecie concreta” di GRONDONA, Xxxxx. Commento al comma 56, in XXXXXX, C.M. (org.), Commentario alla legge 20 maggio 2016, n. 76. Torino: Giappichelli, 2017, pp. 6-7. Questa interpretazione, peraltro, pone il problema di accertare il rispetto del divieto nell’ipotesi in cui la gran parte delle previsioni contrattuali siano condizionate o sottoposte a termine, dovendosi a mio avviso ritenere, in tal caso, che una siffatta configurazione del contenuto negoziale sia elusiva del comma 56º. Al fine di evitare incertezze sulla validità del contratto, anche tenuto conto della ratio sopra ricostruita di tutela dei terzi, sarebbe allora opportuno declinare la norma in discorso nel senso più ampio, là dove, come si verifica col recesso, non sussistano eccezioni previste dalla legge.
67 Tale relazione è individuata da XXXXXXXXX, Xxxxxx. La legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto. Una prima lettura critica, cit., p. 648.
potestativa (di cui si declama la legittimità nel nostro ordinamento, poiché il divieto e la conseguente nullità della relativa clausola, contemplati nell’art. 1355 c.c., sarebberoriferibili alla sola condizione sospensiva).68
Inoltre, il recesso assume una particolare struttura qualora, ai sensi del comma 61º, la relativa dichiarazione sia formulata da chi abbial’esclusiva disponibilità della casa familiare; secondo la previsione citata, questi è obbligato ad indicare nell’atto untermine non inferiore a novanta giorni a favoredel convivente che subisce il recesso per lasciare tale casa.69 In una simile ipotesi, difatti, l’indicazione del termine è presidiata dalla nullità del recesso che ne sia sprovvisto; la regola, peraltro, seppure rispondente ad una logica di tutela della parte debole del rapporto di convivenza, è reputata incongrua nel momento in cui il recedente volesse comunque conservare alla controparte la possibilità di permanere nell’abitazione mediante atti di tolleranza.70 Sotto il profilo pratico, comunque, tale problema può convenientemente risolversi con l’indicazione di un ampio termine di godimento nel contesto della dichiarazione di recesso, atteso che il citato comma 61º individua esclusivamente un periodo minimo, lasciandosi così al recedente la possibilità di conformare ai proprî interessi, anche sotto questo profilo, la fase successiva alla cessazione della convivenza.
Infine, premesso che lo scioglimento del vincolo per sopraggiunta intollerabilità del rapporto personale non è incompatibile con la logica del contratto, pur se è necessario preservare nella disciplina la specificità del contesto su cui la regola
68 Sul punto rinvio per tutti a SIRENA, Xxxxxx. Effetti e vincolo. Milano: Xxxxxxx, 2006, pp. 115-116. E a XXXXXX, Xxxxxx. Condizione e termini, in Trattato del contratto diretto da Xxxxxxxx Xxxxx, III, Effetti. Milano: Xxxxxxx, 2006, pp. 315-317. Secondo il quale eventuali dubbi di liceità debbono affrontarsi in via di interpretazione e di recupero della clausola che prevede una condizione meramente potestativa, qualificandola come attributiva di un non retroattivo diritto di recesso.
69 Secondo XXXXXXXXX, Xxxxxx. La legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto. Una prima lettura critica, cit., p. 649. Nel caso di figli minori, peraltro, dovrebbero prevalere gli art. 337-bis ss. c.c.
70 Così VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., 2016, p. 1352. Cfr. sul tema anche DI XXXX, Xxxxxxxx. I contratti di convivenza (art. 1, commi 50º ss., l. 20 maggio 2016, n. 76), cit., pp. 714-715. Che parla di “eccessiva ossessione normativa” per la categoria della nullità-sanzione, anche tenuto conto del fatto che la tutela del convivente non titolare si sarebbe potuta perseguire, in assenza dell’indicazione del termine o quando questo fosse stato determinato in misura inferiore ai novanta giorni, mediante l’integrazione ex lege della dichiarazione di recesso con il periodo minimo previsto dal comma 61º (la nullità, allora, si giustificherebbe con l’intento di costringere il recedente all’esercizio di un ulteriore valido recesso, con i dispendi di risorse che tale nuova iniziativa implicherebbe). Critico anche XXXXXXX, Xxxxxx. COMMA 61-La risoluzione del contratto di convivenza per recesso, in BIANCA.
C.M. (org.), Commentario alla legge 20 maggio 2016, n. 76. Torino: Xxxxxxxxxxxx, 2017, pp. 4-5. Secondo il quale con il recesso si pone fine al rapporto contrattuale ma non necessariamente alla convivenza, potendo esercitarsi tale rimedio per caducare le previsioni contrattuali che si ritengono superate o perché si è in disaccordo con l’altro convivente esclusivamente sugli aspetti economici e patrimoniali della vita in comune. Si veda peraltro il contrario avviso sui rapporti tra recesso e convivenza qui esposto supra nel testo e alla nota 62.
va ad incidere,71 anche l’esercizio del recesso, come già anticipato, dovrebbe valutarsi in base al rispetto del canone di buona fedeex art. 1375 c.c.,72 qualora si accentuasse la natura contrattuale dell’istituto a scapito della supposta qualificazione in termini di accordo parafamiliare.73 In quest’ottica, il contrasto con la buona fede condurrebbe, alternativamente, a non considerare il contratto risolto (paralizzandosi, pertanto, l’efficacia del recesso) o, nell’ottica di assicurare sempre il recupero della libertà nelle relazioni affettive, a fondare un’obbligazione risarcitoria,74 qualora i tempi e le modalità con cui il diritto potestativo viene esercitato comportino un ingiustificato aggravio economico per la controparte.75 Tale lettura, in particolare, trae confermadalla stessa tipizzazione della convivenza e dalla conseguente necessità, nel disegnare uno statuto minimo dei diritti di ciascuno dei contraenti (che si sommano a quanto espressamente discende dalla mera integrazione della fattispecie di cui al comma 36º),76 di tenere conto della
71 Lo sottolinea XXXXXXX, Xxxxxx. Tentativo di inventario per il ‘nuovo’ diritto di famiglia: il contratto di convivenza, cit., p. 350.
72 In tal senso cfr. PERFETTI, Xxxxxx. Autonomia privata e famiglia di fatto. Il nuovo contratto di convivenza, cit., p. 1763. Conforme XXXXXXX, Xxxxxx. COMMA 61-La risoluzione del contratto di convivenza per recesso, cit., p. 2 (del dattiloscritto).
73 Per vero, anche degli stessi negozî che condividono quest’ultima qualifica si predica la soggezione allo scrutinio giudiziale, come rileva zOPPINI, Xxxxxx. Tentativo di inventario per il ‘nuovo’ diritto di famiglia: il contratto di convivenza, cit., p. 348. Secondo la cui prospettiva ciò implica «affidare al giudice una penetrante verifica in ordine alla congruenza della regola nel momento in cui essa è invocata, con la pratica conseguenza di apprezzare l’evoluzione del rapporto ed eventualmente di adeguare il regolamento contrattuale».
74 La quale, in ipotesi, potrebbe essere preventivamente determinata nel suo ammontare mediante l’inserzione di una clausola penale (non collegata alla rottura del rapporto di fatto; ma vedi, in caso di rottura ingiustificata, l’opinione favorevole di XXxxXXX, Xxxxxxxxx. Dal concubinato alla famiglia di fatto. Milano: Xxxxxxx, 1983, p. 165). La cui ammissibilitàderiverebbe, nel contratto di convivenza ex l.
n. 76/2016, dai più decisi connotati patrimoniali che assume quest’ultimo; tale clausola, allora, non sarebbe uno strumento di coazione del volere maggiore del contratto in sé e degli obblighi che da esso derivano (cfr. per questo rilievo PERFETTI, Xxxxxx. Autonomia privata e famiglia di fatto. Il nuovo contratto di convivenza, cit., p. 1758).
75 Opta per il ricorso in tale evenienza ai rimedî civilistici classici BALLARANI, Xxxxxx. La legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto. Una prima lettura critica, cit., p. 649. Già in questo senso, per i contratti atipici di convivenza, si riscontra l’opinione di XXXXxXXX, M. I contratti tra conviventi «more uxorio», cit., p. 763. Secondo il quale, nell’ipotesi di un recesso ad nutum da un accordo che prevede prestazioni corrispettive, il risarcimento del danno deve essere limitato al disagio da esso creato, non rilevando le aspettative di ricevere in perpetuo le prestazioni dedotte in contratto (poiché in questo caso la prefigurazione del costo del danno sconsiglierebbe l’abbandono, il che si pone in contrasto con il diritto alla libera determinazione di ciascuno). Nel caso, invece, di negozio con prestazioni a carico di una sola parte, qualora l’interruzione del rapporto sia dovuta a chi deve eseguire tali prestazioni, la eventuale violazione della buona fede comporterebbe l’obbligo del risarcimento valutato equitativamente dal giudice tenendo conto del quantum corrisposto nel corso della vigenza del contratto.
76 XXXXX, Xxxxxxxxx. Le convivenze “di fatto” tra normativa di tutela e regime opzionale. Milano: IPSOA, 2017,
p. 301-308. A questo proposito, sottolinea come la normativa di tutela si radichi, per l’appunto, nella dimensione fattuale, alla quale il contratto di convivenza sostituisce una formalizzazione, strutturandosi come regime opzionale (e si v. in part. le cc. 305-307 per la sottrazione in tal modo al mero fatto dei rapporti tra i conviventi).
possibile diseguaglianza delle posizioni, la quale, giudizialmente accertata, può consentire al giudice di attenuare la rigorosa simmetria che per entrambe le parti del contratto è sottesaalladisciplina delle relative cause di scioglimento.77
Correlativamente, per quanto concerne una eventuale conformazione da parte dei conviventi del diritto di recesso ex lege, la regola convenzionale, se rispettosa del libero esercizio di tale prerogativa,78 potrebbe sottoporla a formalità ulteriori rispetto alla struttura ad nutum conferitale dal legislatore,79 pur se deve escludersi il rilievo reale di simili accordi, apprezzabili, in quanto efficaci solo inter partes, unicamente nei termini dell’inadempimento contrattuale,80 e del conseguente risarcimento del danno.81 Ciò significa che, se si esercitasse il recesso al di fuori di quanto consentito mediante espressa pattuizione che ne limiti il ricorso,82 il contratto di convivenza sarebbe comunque sciolto,83 sì che,
77 In effetti, mentre la disciplina generale delle convivenze considera espressamente lo squilibrio economico tra i soggetti e la possibilità, pertanto, di individuare una parte debole del rapporto, le previsioni in materia di scioglimento del relativo contratto sono rigorosamente (e, forse, contraddittoriamente) informate alla parità dei contraenti. Xxxxxxxx, secondo xXXXXXX, Xxxxxx. Tentativo di inventario per il ‘nuovo’ diritto di famiglia: il contratto di convivenza, cit., p. 350. La dimensione contrattuale del rapporto di convivenza formalizzato in termini negoziali indurrebbe a qualificare come inadempimento la rottura del vincolo per determinazione unilaterale, sì che, valorizzando il criterio della colpa per l’imputazione della patologia del suddetto rapporto, si prevengono comportamenti opportunistici di uno dei partners.
78 In tal senso CIMMINO, Xxxxxx. COMMA 61-La risoluzione del contratto di convivenza per recesso, cit., p. 2, secondo il quale tali pattuizioni, se generalmente consentite, vanificherebbero sostanzialmente l’intenzione del legislatore di garantire la massima libertà dei soggetti nell’àmbito in esame, in cui rapporti patrimoniali e relazioni affettive risultano strettamente connessi. Poiché, peraltro, lo stesso dettato legislativo del comma 61º mostra la volontà di salvaguardare diritti personali di pregnante rilevanza (come si verifica con riguardo al termine di novanta giorni concesso a chi subisce il recesso per lasciare la casa familiare), una replica convenzionale di tale tutela, che l’Autore rinviene nella previsione di un termine di preavviso, sarebbe entro questi confini senz’altro ammissibile.
79 Tali limiti sonodeducibili nel patto se contenuti entro convenienti limiti di tempo e corrispondenti ad un apprezzabile interesse dei contraenti, per rifarsi alla formula di cui all’art. 1379 c.c., che può essere qui menzionato come modello generale di validità dei contratti che limitano l’esercizio di prerogative previste dalla legge. Sulla la forza espansiva dell’art. 1379 c.c. cfr. XXXXXX, Xxxxxx. Il contratto e i terzi, in Trattato del contratto diretto, III, da Xxxxxxxx Xxxxx. Milano: Xxxxxxx, 201, pp. 198-201.
80 Discorre invece di responsabilità per violazione del precetto di buona fede CIMMINO, Xxxxxx. COMMA 61- La risoluzione del contratto di convivenza per recesso, cit., p. 3.
81 Per contro, severe riserve suscita la possibilità di prevedere l’obbligo di un corrispettivo per l’esercizio del recesso (la multa penitenziale di cui al comma 3º dell’art. 1373 c.c.), poiché in tal modo si eserciterebbe indirettamente una coazione sulla volontà del convivente, che il legislatore ha invece voluto salvaguardare e che non appare contemperabile con altro e contrapposto interesse. La validità di una previsione dell’obbligo di pagare una penale in caso di rottura della convivenza è negata (per gli accordi atipici) da BIANCA, C.M. Diritto civile II-1. La famiglia. Milano: Xxxxxxx, 2005, p. 27.
82 Questo accordo, secondo un certo indirizzo dottrinale, potrebbe anche limitare l’àmbito di efficacia del recesso, sì che il relativo esercizio conserverebbe comunque il vigore di talune clausole del contratto di convivenza; in questo senso, sulla base della disponibilità dei diritti patrimoniali su cui si incentra la disciplina in discorso, cfr. XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 951. Con specifico riguardo alla possibilità di pattuire una durata minima del periodo di contribuzione, che, allora, sopravvivrebbe allo scioglimento unilaterale del contratto là dove se ne sancisse espressamente l’ultrattività.
83 In questo senso anche XXXXXXX, Xxxxxx. COMMA 61-La risoluzione del contratto di convivenza per
recesso, cit., p. 3.
ad esempio, là dove il recedente ne stipulasse un altro con diversa persona, questo non sarebbe nullo ai sensi del comma 57º, lett. a), dovendosi respingere l’azione volta alla declaratoria di nullità che la parte destinataria del recesso avrebbe senz’altro interesse a proporre per vedersi confermata la titolarità dei diritti conseguenti al precedente negozio.
Se è vero, allora, che gli atti di scioglimento del rapporto, in quanto le previsioni in materia sono poste a presidio di interessi ritenuti preminenti nell’ottica personalistica, non possono essere oggetto di rinunzia o di restrizione nel loro esercizio,84 tali da comportarne l’inefficacia, ciò non contraddice la possibilità che, allo scopo di rendere maggiormente stabile la relazione affettiva e di prevenire comportamenti strategici di uno dei conviventi,85 il recesso unilaterale sia contemplato come oggetto dell’obbligazione ad esercitarlo secondo modalità e coerentemente agli obbiettivi concordati tra le parti.86
84 In effetti, qualora tali accordi fossero volti a rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso rispetto a quanto sarebbe legittimato dalla consistenza dell’interesse che spinge a regolamentarlo, più che invocare la nullità sarebbe maggiormente coerente richiedere al giudice un controllo sul contenuto del patto, secondo la prospettiva suggerita per i contratti volti a regolare gli interessi familiari da xXXXXXX, Xxxxxx. L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, cit., pp. 230-237. Il quale inoltre, pur consapevole del costo applicativo determinato da siffatta forma di controllo – ossia, una più accentuata discrezionalità del giudice e una maggiore incertezza della regola consensualmente fissata – lo ritiene accettabile considerando i valori su cui la regola privata va ad incidere e l’esclusione dal mercato delle situazioni giuridiche e delle relazioni coinvolte.
85 Ciò che si comprende particolarmente là dove, per meglio individuare le caratteristiche dei contratti di convivenza, venga in rilievo il modello analitico dei relational contracts; cfr. sul punto zOPPINI, Xxxxxx. L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, cit., p. 235. Il quale ascrive a tale categoria la generalità dei contratti che disciplinano la dinamica dei rapporti familiari «perché il regolamento, allora necessariamente “incompleto’, incide su d’un assetto intrinsecamente mutevole e conseguito in una paradigmatica situazione di razionalità limitata, considerato che in punto genetico le parti non possono disporre di informazioni adeguate né della capacità di predire l’evoluzione del rapporto”.
86 In una prospettiva parzialmente diversa si pone chi prospetta i c.d. collaborative agreements come soluzione ai problemi di riconoscimento che le nuove forme familiari incontrano da parte dello Stato; cfr. XXXXX, Xxxxxxxxx S; XXXXX, Xxxxxx E. From Contract to Status: Collaboration and the Evolution of Novel Family Relationships. New York: Columbia Law Review, 2015, pp. 326-329. La cui analisi sul tema è programmaticamente informata alla contrattazione commerciale, come punto di osservazione privilegiato dei problemi connessi ai relational contracts [e si vedano da ultimo sul tema XXXXX, Xxxxx; XXXX, Xxxxxx. Contract’s Role in Relational Contract. Charlottesville: Xxxxxxxx Xxx Review, 2015, pp. 597-599. Ove la dimostrazione che combinando legal and relational sanctions si ottiene il livello ottimale di incentivi per la prosecuzione del rapporto in modo coerente agli interessi delle parti, il che può riscontrarsi, per quanto ci occupa, nella strutturazione del recesso ex l. n. 76/2016 secondo i patti menzionati nel testo]. Tale approccio è rinvenibile già nell’ampia analisi di XXXXXX, Xxxxxxxxx X. From Contract to Covenant. Beyond the Law and Economics of the Family. Cambridge: Harvard University Press, 2000, pp. 198-204. In materia di vincoli derivanti dagli investimenti condivisi della coppia familiare, con osservazioni che, prospettate per i coniugi, possono puntualmente replicarsi, nella logica del contract e del franchise approach, anche ai conviventi.
4 Le cause ex lege: matrimonio e unione civile dei conviventi o morte di uno dei contraenti
Quanto alle cause ex lege di risoluzione del contratto di convivenza, esse sono coerenti con la natura volutamente libera del rapporto sottostante, sì che il relativo radicamento nel fatto87 di quest’ultimo determina il nesso tra la sua dissoluzione e lo scioglimento del contratto che lo regola, là dove il legame affettivo di coppia (per esprimersi nei termini del comma 36º) venga formalizzato mediante matri- monio o unione civile, ovvero qualora a detta formalizzazione uno dei conviventi addivenga con altro soggetto diverso dalla controparte contrattuale.88 Tale esito, peraltro, era già sostenibile con riferimento ai c.d. contratti di convivenza atipici,89 i quali, cessando il vincolo personale, divengono inefficaci in assenza di una disposizione ove venga espressamente sancitoil protrarsi di taluni effetti (purché questi ultimi siano compatibili con il venire meno della relazione tra le parti come il mantenimento o, più in generale, il supporto all’ex convivente, il quale non fosse indipendente sotto il profilo economico o che versasse in stato di bisogno).90
Per quanto attiene al matrimonio o all’unione civile di uno dei contraenti che intervengano con altre persone,91 là dove la convivenza si sia svolta nella casa
87 Difatti XXXXXX, Xxxxxxxx. La crisi della convivenza, cit., 2016, p. 1768. Sostiene che deve essere la prospettiva fattuale a fornire all’interprete il criterio guida per la soluzione dei problemi che la riforma solleva. Cfr. inoltre l’analisi di XXXXXXXx, Xxxxx. La rilevanza del “fatto” convivenza, in Nuova giur. civ. comm. Milano: CEDAM, 2016, p. 1734. Tesa a rinvenire, pur nel silenzio del legislatore, una disciplina dei rapporti interni tra i conviventi derivante dalla rilevanza giuridica che la stessa legge n. 76/2016 riconosce alla formazione sociale fondata sulla convivenza di fatto. Xxxxxxxx, affermare che «in capo a ciascun convivente vi sia una aspettativa, se non addirittura un diritto, al riconoscimento di un contributo sul piano patrimoniale atteso che una stabile convivenza implica anche contributi reciproci tra i conviventi alla stessa stregua della famiglia fondata sul matrimonio» (ivi), contrae eccessivamente il ruolo dei contratti di convivenza come regime opzionale che giuridicizza siffatti contributi, oltre, specularmente, a non tenere conto del fatto che il modello sociologico del legame affettivo di coppia non formalizzato, al quale pure si fa appelloper ricavarne la sussistenza del diritto in discorso, è comunque caratterizzato dalla spontaneità e dalla libera determinazione degli apporti alla convivenza. Da ciò può ricavarsi un monito costante all’opera dell’interprete, il quale, in questa materia, deve ritenersi vincolato più che mai alla Legge di Xxxx e distinguere nettamente le asserzioni (con cui si descrive il fatto della convivenza) dalle prescrizioni (che ne disciplinano i varî aspetti), incorrendo, altrimenti, nella fallacia naturalistica.
88 Tale seconda ipotesi, secondo XXXXXXXXX, Xxxxxx. La legge sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto. Una prima lettura critica, cit., p. 649. Potrebbe peraltro fondare pretese risarcitorie e restitutorie, da disciplinarsi mediante le norme civilistiche generali, in capo all’ex convivente che subisce la causa di scioglimento.
89 Con riguardo al matrimonio si veda XXXXXXXX XXXXxXXXX, Xxxxxxxxx; XXXXxXXXX, Xxxxxxxx. Unioni di fatto e patti civili di solidarietà. Prospettive de iure condendo, cit., pp. 74-75.
90 Cfr. sul punto XXXXxXXX, X. X contratti tra conviventi «more uxorio», cit., pp. 758-759. In senso difforme
X. XXXXXXXXX, Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata. Milano: Xxxxxxx, pp. 234. Xxx si sostiene che “ritenendo ammissibile l’impegno alla somministrazione periodica di una determinata somma di denaro per il periodo successivo alla disgregazione della comunità di tipo familiare… si giungerebbe, in definitiva, a postulare l’ultrattività del dovere extrastatuale di assistenza – e del corrispondente dovere giuridico sorto in base al contratto stipulato inter partes – anche oltre la cessazione del vincolo personale”.
91 In relazione al quale la risoluzione del contratto di convivenza è ricondotta ad una sopravvenuta mancanza di causa da XXXXXX, Xxxxxxx. Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza,
familiarespettante in via esclusiva a chi successivamente contrae il matrimonio o costituisce un’unione civile con un diverso soggetto, potrebbe applicarsi analogicamente, qualora all’atto del matrimonio o dell’unione civile il partner non titolare non abbia lasciato l’abitazione, il comma 61º, seconda frase, in cui il termine di preavviso di novanta giorni per l’esercizio del diritto di recesso deve essere inteso, nell’ipotesi qui contemplata, come periodo,decorrente dalla data del matrimonio o dell’unione civile, a salvaguardia degli interessi abitativi dell’ex convivente.
Tale applicazione analogica92 si lascia preferire rispetto a quella del comma 42º, che stabilisce, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il diritto dell’altro convivente superstite ad abitare nella stessa per almeno due anni, ovvero per il tempo superiore in cui si è protratta la convivenza e comunque per non più di cinque anni (mentre un periodo non inferiore a tre anni è previsto qualora nella casa familiare convivano anche figli minori o figli disabili del convivente superstite).93 Difatti, pur se la morte, così come il matrimonio o l’unione civile dei contraenti, risolve ex lege il contratto di convivenza, il che deporrebbe per una disciplina omogenea di tuttele cause di scioglimento, è peraltro vero che la previsione di un termine per l’altro convivente, necessariamente contenuta nel recesso di chi è titolare della casa familiare, è strettamente connessa al contratto di convivenza, mentre il comma 42º della l. n. 76/2016 prevede, si è detto, un effetto che prescinde dalla stipulazione del suddetto contratto e che è invece riconducibile in via diretta alla legge. Ciò spiega anche l’impossibilità di applicare il termine dei novanta giorni all’ipotesi di cessazione della convivenza alla quale non acceda un contratto, dovendosi escludere, inoltre, che il comma 61º con relativo preavviso si applichi solo qualora il contratto di convivenza contenga disposizioni sulla casa adibita a residenza familiare.94 Se tali disposizioni vi fossero, sostanziandosi nella costituzione di un diritto di abitazione a favore del convivente non proprietario, il recesso dell’altro contraente legittimerebbe
cit., p. 281. In base al rilievo che il contratto viene stipulato non solo in previsione della coabitazione, ma anche dell’affectio, come situazione connotata da stabili legami affettivi e di reciproca assistenza materiale e morale posta a fondamento della convivenza.
92 Il ricorso all’analogia, secondo DI XXXX, Xxxxxxxx. I contratti di convivenza (art. 1, commi 50º ss., l. 20 maggio 2016, n. 76), cit., pp. 714-715. Dovrebbe operarsi in ogni ipotesi di cessazione della convivenza e anche in assenza di un contratto che ne disciplini l’assetto patrimoniale.
93 Va sottolineato, seppure incidentalmente, a questo proposito che la lettera della legge, nel discorrere di figli minori o disabili del convivente superstite, non si applica solo ai casi in cui essi siano al contempo figli del convivente deceduto, ma anche qualora tale vincolo sussista in via esclusiva con il suddetto superstite, atteso che la disposizione mira chiaramente a garantire loro, in virtùdello stato di fragilità in cui versano, un congruo periodo per la ricerca di una nuova abitazione in base al solo fatto della precedente residenza (e non del rapporto di filiazione con il defunto).
94 Cfr. sul punto XXXXXXX, Xxxxxxx. Disciplina delle unioni non fondate sul matrimonio: evoluzione o morte della famiglia (l. 20 maggio 2016, n. 76)?, pp. 392-393.
l’applicazione del citato comma 61º, anche nel caso in cui, non essendovi una delimitazione convenzionale della durata del diritto reale, in base al combinato disposto degli artt. 1022, 1026 e 979 c.c. esso dovrebbe permanere per la durata della vita del titolare, poiché la norma sulle convivenze appare qualificabile come lex specialis in materia.
In sintesi, per colmare le lacune disciplinari evidenziate, deve farsi riferimento alla regola sul recesso, anche tenuto conto del fatto che il matrimonio o l’unione civile con soggetto diverso dal contraente/convivente possono riguardarsi come condotte implicanti la volontà di non proseguire la convivenza e,conseguentemente, di sciogliere il contratto che su di essa si fonda.
5 I profili formali del negozio risolutorio
Sotto il profilo formale, il comma 60º, con espressione imprecisa,95 sottopone la risoluzione del contratto di convivenza alle formalità previste dal comma 51º, il quale stabilisce per la stipulazione del suddetto contratto la necessità dell’atto pubblico o della scrittura privata, autenticata da un notaio o da un avvocato. Singolare, sotto quest’ultimo profilo, è l’assurgere della autenticazione, prevista nella disciplina codicistica come forma per la pubblicità (art. 2657, comma 1º, c.c.), a requisito sostanziale per la validità del (contratto e, conseguentemente, del) negozio risolutorio,96 ciò che sembra essere stato motivato dalla possibilità di coinvolgere, nella stesura ad substantiam del contratto di convivenza, oltre ai notai anche gli avvocati, per i quali l’autenticazione si pone come atto senz’altro noto alla relativa pratica professionale.
Le incertezze in materia di forma della dichiarazione di recesso e del mutuo dissenso97 per i contratti cui il legislatore ascrive specifici requisiti di
95 I commentatori, difatti, sottolineano come non la risoluzione, ma gli atti che la producono siano formalmente vincolati dalla norma in discorso; cfr. in tal senso DI XXXX, Xxxxxxxx. I contratti di convivenza (art. 1, commi 50º ss., l. 20 maggio 2016, n. 76), cit., p. 713; BALESTRA, Luigi. Unioni civili, convivenze di fatto e “modello” matrimoniale: prime riflessioni, cit., pp. 1779-1789.
96 XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76, cit., p. 1745. Osserva che la scrittura privata autenticata in questione deve comunque essere inquadrata all’interno dell’art. 2703 c.c., non costituendo una forma a se stante ma una modalità aggiuntiva all’unica forma della scrittura privata. Il che, peraltro, rende comunque singolare la previsione di tale ulteriore modalità ai fini della sostanza dell’atto.
97 Rinvio per tutti al saggio monografico di XXXXXXX, Xxxxxx. La risoluzione per mutuo dissenso. Napoli: ESI, 2013, pp. 101-127. E si vedano in part. le pp. 107-113, relative alla trattazione del mutuo dissenso per i contratti formali, ove, alla p. 112, l’argomento sistematico che induce ad applicare al mutuo dissenso la medesima forma prevista per il contratto nei cui confronti questo produce effetti viene individuato in base alla considerazione che i due contratti, pur differenziandosi tra loro, realizzano di fatto – e, aggiungerei, in una prospettiva speculare, anche di diritto– la medesima vicenda).
confezionamento sono qui eliminate in radice, anche in virtù di una lettura combinata tra la prima e l’ultima proposizione del comma 60º, là dove questa prevede la competenza del notaio per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza. Difatti, la prescritta identità della forma per la sostanza e della forma per la pubblicità agevola senz’altro il compito del professionista,98 chiamato anzitutto a rendere effettive le pattuizioni del contratto di convivenza, le quali si giustificano in virtù della permanenza del legame affettivo e della coabitazione tra i relativi soggetti,99 ma anche del mutuo dissenso, ove i contraenti concordino il ritrasferimento in capo ad uno di essi della piena disponibilità del bene precedentemente destinato al sostegno economico della convivenza e, pertanto, attribuito in contitolaritax.Xx assenza di tale contenuto ulteriore, comunque, la forma ad substantiam del mutuo dissenso si giustifica a mio avviso non solo per l’opponibilità erga omnes dello scioglimento del contratto di convivenza, ma anche qualora si colleghi tale atto alla volontà di fare venire meno un certo regime patrimoniale o una certa disciplina pattizia del dovere di contribuzione.100
L’applicazione del principio di simmetria delle forme per il contratto di convivenza, se viene letta nella prospettiva che esalta la natura prettamente contrattualedi quest’ultimo,101 costituisce inoltre un profilo di notevole impatto sistematico, in quanto va ad aggiungersi all’art. 768 septies c.c. –il quale, per lo scioglimento del patto di famiglia, richiede un diverso contratto con le medesime caratteristiche ed i medesimi presupposti – come esplicito riferimento normativo che muove operativamente dal suddetto principio.102
98 VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., p. 1345. Testo e nota 78, nel commentare il dovere del professionista di provvedere alla pubblicità del recesso e del mutuo dissenso, sancito dal comma 61º, nota opportunamente che, stante la lacuna della previsione da ultimo richiamata, la quale menziona il solo recesso ma non anche il mutuo dissenso come oggetto della suddetta pubblicità, deve necessariamente ricorrersi all’analogia per correggere l’omissione e per riconoscere anche nel caso di mutuo dissensoun siffatto obbligo.
99 Si pensi all’usufrutto concesso ad uno dei contraenti per la durata del contratto di convivenza – ciò che non deve ritenersi contrastare con il comma 56º che vieta l’apposizione di termini e condizioni al medesimo, poiché la cessazione degli effetti una volta sciolto il contratto deriva dalla ricostruzione causale che di questo si è dianzi prospettata (supra par. 1) – qualora si xxxxxxx che mediante esso i diritti reali possano temporalmente circoscriversi, per l’appunto, in modo funzionale alle necessità della vita in comune delle parti, secondo la formula indicata nei commi 50º e 53º, lett. b).
100 Ciò non comporta necessariamente, allora, la cessazione del rapporto personale, come sottolinea XXXXXX, Xxxxxxxx. La crisi della convivenza, cit., p. 1768. Realizzandosi in tal modo il passaggio consensuale dal regime di convivenza ex contractu al regime di convivenza ex lege.
101 Negata a questo proposito, mi pare, da XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76, cit., pp. 1747-1748. Il quale nota che la risoluzione del contratto di convivenza, di per sé espressa normativamente in forma decettiva, poiché assume connotati nettamente più simili al divorzio nel matrimonio e allo scioglimento nell’unione civile, costituisce una riprova che il suddetto contratto guarda più al libro primo del codice civile che non al libro quarto.
102 All’art. 768 septies c.c. fa riferimento, a supporto della tesi che invoca la simmetria tra i contratti formali
e i relativi negozî risolutorî, XXXXXXX, Xxxxxx. La risoluzione per mutuo dissenso, cit., pp. 101-127, pp.
6 Scioglimento del contratto di convivenza, comunione legale e trasferimento di diritti reali immobiliari
Nel caso in cui il contratto contenga l’opzione prevista dal comma 53º, lett. c, per il regime patrimoniale della comunione legale, ai sensi del comma 60º la sua risoluzione ne determina lo scioglimento, applicandosi allora, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla sezione III, capo VI, titolo VI del Libro primo del codice civile.
Un problema di non poco momento, peraltro, si pone qualorai conviventi, scelta contrattualmente la comunione legale, decidano in seguito di contrarre matrimonio o di costituire un’unione civiletra loro, senza prescegliere un regime patrimoniale diverso, il che comporta l’applicazione, stavolta ipso iure, della stessa comunione legale, secondo quanto previsto dagli artt. 159 c.c. e 1, comma 13º, l.
n. 76/2016. In tal caso sarebbe artificioso immaginare che la comunione legale si sciolga e al contempo si ricostituisca all’atto stesso del matrimonio o dell’unione civile, pur se potrebbe esserci un effettivo e concreto interesse a fare valere la lettera della legge,la quale per l’appunto prevede che la risoluzione del contratto comporti lo scioglimento della comunione. Tale interesse potrebbe concernere tutte le ipotesi di comunione de residuo e, in particolare, quella di cui all’art. 178 c.c., nella quale una parte si vede attribuita la contitolarità di beni aziendali destinati all’esercizio di un’impresa, costituita dopo la stipulazione del contratto di convivenza,103 se questi sussistono ancora nel momento in cui tale contratto viene sciolto per matrimonio o unione civile tra le medesime parti. Difatti, dopo tale momento non potrebbe più integrarsi la fattispecie dell’art. 178 c.c., in quanto l’impresa si è costituita dopo la convivenza ma prima del matrimonio o dell’unione civile, per cui solo mediante lo scioglimento della comunione legale attinente alla convivenza la parte che ne ha interesse potrebbe concretizzare la sua pretesa alla quota dei cespiti menzionati. Nonostante, allora, una simile ricostruzione susciti serî dubbi di ragionevolezza e coerenza delle previsioni legali, la chiara lettera del comma 60º unitamente alla presenza di soggetti astrattamente interessati a fare valere la cessazione del regime patrimoniale (qui) opzionale, conducono a
112-113. Che inoltre evidenzia come da tale previsione riceva ulteriore conferma l’assenza di ostacoli di ordine generale alla consensuale risoluzione di un contratto già produttivo di effetti traslativi.
103 Questa interpretazione si lascia preferire rispetto a quella che vedrebbe come punto di riferimento temporale il costituirsi della convivenza ai sensi dei commi 36º e 37º dell’art. 1, l. n. 76/2016. Difatti, l’art. 178 c.c., nel menzionare il matrimonio, prende in considerazione il momento in cui sorge la comunione legale, che per i conviventi è dato non dalla dichiarazione anagrafica del relativo rapporto ma dalla stipulazione del contratto di convivenza (di questo avviso è OBERTO, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 955. Il quale, peraltro, afferma la possibilità di far decorrere il regime di comunione a partire da un termine iniziale o dall’avverarsi di una condizione sospensiva, interpretando restrittivamente il comma 56º che ne vieta l’apposizione al contratto di convivenza).
ritenere insuperabileil dato normativo e a delineare una soluzione di continuità tra la comunione (espressamente voluta) attinente alla convivenza e la comunione (non disvoluta) che deriva dal matrimonio o dall’unione civile.104
Procedendo poi ad una prima ricognizione, nella prospettiva della compatibilità con la convivenza, delle previsioni codicistiche che disciplinano lo scioglimento della comunione legale, viene anzitutto in rilievo l’art. 191, comma 3º, c.c., che in caso di aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio, ai sensi dell’art. 177, lett. d), c.c., facoltizza allo scioglimento della comunione mediante accordo,105 non potendosi dare peraltro applicazione,nel diverso àmbito qui considerato,al richiamato art. 162 c.c., in quanto evidentemente è assente il supporto formale dell’atto di matrimonio. Si pone un problema a tale proposito, poiché, da un lato, quest’ultima norma per le ragioni anzidette non è applicabile alla convivenza, mentre, dall’altro lato,la previsione del comma 51º riserva le formalità dell’atto pubblico e della scrittura privata autenticata in via esclusiva al contratto di convivenza, alle sue modifiche e ai negozî risolutorî, tra i quali non rientra all’evidenzauna siffatta pattuizione. Inoltre, per la relativa opponibilità, è dubbio se si debba guardare alle regole di diritto comune (con il ricorso al registro delle imprese, secondo il combinato disposto degli artt. 2193 e 2196, ult. co., c.c.), oppure se siano sufficientile regole pubblicitarie di cui al comma 52º, con l’iscrizione dell’atto all’anagrafe. Considerati l’oggetto dell’accordo e le finalità di tutela dei terzi cui si ispira la disciplina della convivenza formalizzata – pur con le insufficienze tecniche in essa riscontrabili –, deve ritenersi che l’unica forma consentita per il contratto con cui gli ex conviventi intendessero sciogliere la comunione dell’azienda, costituita dopo la stipulazione del contratto di convivenza, sia l’atto pubblico, e che il notaio rogante provveda alla pubblicità dell’accordo mediante iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 11, comma 10º, del d.P.R. n. 581 del 7 dicembre 1995, e, al contempo, alla trasmissione della copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe, secondo quanto previsto dagli artt. 5 e 7 del d.P.R. n. 223 del 30 maggio 1989.
Secondo quanto detto in precedenza, un tale accordo può peraltro essere contenutonello stesso mutuo dissenso, se le parti lo avessero prescelto come modalità di risoluzione del contratto, ma, per le motivazioni ora illustrate, le regole
104 XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., p. 956. Inserisce pianamente tra le cause di scioglimento della comunione legale il matrimonio o l’unione civile tra gli stessi conviventi, nel momento in cui tali eventi hanno luogo.
105 In questaipotesi il legislatore ha inteso salvaguardare la volontà dei coniugi di costituire un rapporto societario tipico mediante l’estromissione dell’azienda dalla comunione legale: cfr. XXXXXXXX, Xxxxx. La comunione legale, in XXXXX, Xxxxxxxxx; XXXXXXX, X. Xxxxxxxx (org.). Diritto della famiglia. Milano: Xxxxxxx, 2011, p. 278.
di forma e di pubblicità debbono essere quelle stesse sopra descrittecon riguardo all’ipotesi di un autonomo patto volto allo scioglimento della comunione aziendale.
Non presentano poi particolari problemi di compatibilità le norme di cui agli artt. 192 (in materia di rimborsi e restituzioni), 194 (che prevede i criteri in base ai quali operare la divisione dei beni, con la possibilità, nell’ipotesi che ci occupa, di costituire giudizialmente l’usufrutto a favore di uno dei conviventi, su una parte dei beni spettanti all’altro, per le necessità della prole e in base al relativo affidamento),106 195, 196 e 197 (sul prelevamento dei beni mobili e sulla presunzione di appartenenza dei medesimi alla comunione, oltre che sulla ripetizione del relativo valore e sui limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi).
Quanto, infine, alla competenza del notaio,prevista dall’ultima proposizione del comma 60º107 per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza, secondo una lettura restrittiva del contenuto di quest’ultimo essa si eserciterebbe unicamente là dove i contraenti abbiano prescelto il regime patrimoniale della comunione legale, poiché in tal modo, applicandosi in quanto compatibili le norme codicistiche sul relativo scioglimento, potrebbe sorgere l’esigenza di un atto ricognitivo o dispositivo in materia (e si propone l’esempio dell’art. 178 c.c. concernente, si è detto, i beni destinati all’esercizio dell’impresa da parte di uno dei coniugi:in basea tale norma, poiché, se essi sussistono all’atto dello scioglimento, su questi beni si instaura la comunione, ciò comporterebbe la necessità di accertarne la costituzione anche per gli immobili).108 In realtà, e tenendo conto dei precedenti rilievi sul recesso e sui contenuti del mutuo dissenso, sono molteplici i possibili atti di trasferimento (o ritrasferimento) che, con riguardo ai beni immobili, pretenderebbero l’opera del professionista, non per la validità dei medesimi, essendo com’è noto sufficiente la mera forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c., bensì al fine di conferire loro la forma idonea alla trascrizione exart. 2657 c.c.109 La stessa previsione normativa legittima tale conseguenza, nel momento in cui delimita, con formula ampia,
106 Tale usufrutto, allora, potrà avere ad oggetto anche la casa familiare, non applicandosi in questa evenienza la previsione del comma 61º in materia di recesso, la quale, pertanto, deve ritenersi compatibile con la sola convivenza ove non siano presenti figli minori, o non indipendenti economicamente, dei conviventi (mentre, qualora i figli minori o non economicamente indipendenti siano del solo convivente che subisce il recesso, il comma 61º è a mio avviso senz’altro applicabile, potendosi ricorrere per le necessità di questa prole all’altro genitore e ai relativi obblighi di mantenimento).
107 XXXXXX, Xxxxxx. “Unioni civili tra persone dello stesso sesso” e “convivenze”: il non facile ruolo che la nuova legge affida all’interprete, cit., p. 903. Parla a questo proposito di «precisazione anodina (e, in ogni caso, di palese ovvietà, se non altro per le esigenze legate agli adempimenti pubblicitari conseguenti).
108 Così XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx .Il contratto di convivenza nella l. 20.05.2015, n. 76, cit., p. 1745.
109 Tale previsione si palesa allora del tutto superflua a tale scopo, costituendo affermazione di un principio risaputo, come fa giustamente notare XXXXXX, Xxxxxxx. La convivenza di fatto. I rapporti patrimoniali ed il contratto di convivenza, cit., pp. 956-957.
l’ambito di intervento del notaio ai “diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza”, così coonestando una lettura estensiva della fonte di tali diritti, che male si concilia con la esclusiva riconduzione dei medesimi al solo regime (qui, per legge, opzionale) dei rapporti patrimoniali tra i conviventi.
7 L’applicazione delle cause di scioglimento previste dalla legge ai contratti atipici
Con riguardo alla possibile applicazione delle cause di scioglimento del contratto di convivenza ex l. n. 76/2016 agli accordi di diritto comune che regolano il medesimo fenomeno,110 presupponendo la differenza tipologica tra le due fattispecie,111 il criterio maggiormente rispettoso degli interessi dei contraenti è senz’altro quello che privilegia l’autoregolamento delle cause di cessazione degli effetti negoziali di questi accordi, legittimandosi, allora, il richiamo alla disciplina di cui ai commi 59º e 60º (e delle altre norme sulla risoluzione del contratto de quo) solo in assenza di specifiche indicazioni delle parti.
La selezione delle regole applicabili anche agli accordi atipici, pertanto, deve procedere in senso inverso rispetto alla interpretazione tipologica, con la quale si mira ad identificare l’antecedente (prima socio-economico, e poi) normativo di riferimento visualizzato dal legislatore nel disegnare la disciplina negoziale della convivenza. In questo caso, difatti, le norme inderogabili previste per il tipo non influenzano gli schemi in cui sono assenti le ragioni specifiche ad esse sottese; ne consegue che, qualora non vi fossero esigenze di certezza nei rapporti con i terzi, le previsioni restrittive dell’autonomia privata previste dall’art. 1, commi 50º e ss., della l. n. 76/2016 non si estendono oltre il modello di riferimento. Specularmente, allora, là dove questo articolato si presenti sotto alcuni profili suscettibile di integrare la volontà delle parti di un contratto di convivenza di diritto comune, nel valutarlo alla stregua del criterio di compatibilità si potrà configurare in modo compiuto la fisionomia del suddetto contratto. Ne consegue che non tutte le previsioni in materia della l. n. 76/2016 potranno colmare eventuali
110 BALESTRA, Luigi. Convivenza more uxorio e autonomia privata, cit., p. 146. Registra, per i contratti di convivenza “di diritto comune”, la normale rappresentazione degli stessi nei termini di strumenti atipici attraverso i quali i conviventi regolamentano gli interessi relativi alla vita comunesuscettibili di essere soddisfatti mediante prestazioni patrimoniali.
111 Ciò sul presupposto che la l. n. 76/2016 non pretenda di disciplinare esaustivamente il fenomeno della regolazione negoziale della convivenza, il quale, allora, si articola tra lo schema previsto dalla nuova legge, teso a raggiungere risultati aventi diretta incidenza sui terzi, e i xxxxx che si modellano secondo i principî generali del diritto privato, i quali per uno o più elementi si discostano da tale schema; cfr. sul punto, molto chiaramente, XXXXX, Xxxxxxxxxxx. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., p. 1347.
lacune del regolamento atipico, in quanto solo quelle che non si giustificano per il fine di attribuire rilevanza esterna, in termini di opponibilità, al volere dei contraenti potranno essere convenientemente selezionate a questo scopo.112
In coerenza a quanto premesso, allora, le prescrizioni concernenti la forma delle cause negoziali di scioglimento non sono inderogabili per i contratti che si collocano al di là della fattispecie delineata dai commi 36º e 50º,113 se il loro contenuto non richiede specificamente l’atto pubblico.114
Inoltre, mentre in questo àmbitoun eventuale mutuo dissensoè ammissibile direttamente secondo l’art. 1372, comma 1º, c.c., che costituisce l’antecedente normativo della lett. a) del comma 59º (il cui richiamo, pertanto, si rivelerebbe palesemente pleonastico in un diverso contesto), il recesso dovrà ritenersi esercitabile, anche non essendovi una specifica clausola che lo contempli,115 ai sensi della lett. b) del comma 59º, con i limiti, dianzi richiamati, dell’esercizio in buona fede del relativo diritto. Non potrà invece considerarsi requisito ad substantiam dello scioglimento unilaterale l’indicazione del termine non inferiore a novanta giorni richiesta inderogabilmente dal comma 61º per il contratto tipico di convivenza, sì che di tale termine non potrà godere, in assenza di un’apposita previsione negoziale, chi subisce il recesso da un accordo atipico, in quanto il periodo in discorso, seppure volto a tutelarne gli interessi, si pone come limite al potere di godimento del proprietario dell’abitazione, opponibile ad eventuali acquirenti della medesima per il tempo determinato dalla legge.
Non è necessario, ancora, fare appello alle lett. c) e d) del comma 59º per ravvisare la sopravvenuta inefficacia di un accordo atipico in caso di matrimonio o unione civile dei conviventi (a maggior ragione se contratto/a dalla coppia, ma anche quando sia un componente di questa a formalizzare in tal modo il suo rapporto con altro e diverso soggetto), ovvero qualora sopraggiunga la morte di uno di essi. Nel primo caso, se i conviventi divengono coniugi o civilmente uniti, la precedente regolamentazione convenzionale dei loro rapporti viene
112 Questa lettura si basa sull’utilizzo del metodo tipologico per i contratti di convivenza proposto da XXXXX,
Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., pp. 1347-1351.
113 Difatti, come osserva VILLA, Gianroberto. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, cit., p. 1349. Non necessariamente le prescrizioni di forma del contratto tipico si espandono a contratti che, pur realizzando risultati economici affini, si distaccano sotto taluni aspetti dal modello per cui la legge ha preteso la suddetta forma.
114 Il problema non si pone, invece, con riguardo alla scrittura privata autenticata, il cui rango di forma per la validità dei contratti di convivenza ex l. n. 76/2016, si è detto, costituisce un unicum dovuto alla richiamata vocazione ultra partes del suddetto contratto.
115 Questa soluzione a mio avviso era già sostenibile per i contratti di convivenza di diritto comune, sulla scorta del contesto personale in cui si collocano gli interessi, pur patrimoniali, divisati dai contraenti; uno spunto in tal senso si rinviene in SPADAFORA, Xxxxxxx. Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata, cit., p. 194. Il quale collega lo scioglimento del legame more uxorio per decisione unilaterale di una parte al venire meno del presupposto che giustifica la permanenza del vincolo contrattuale.
automaticamente sostituita dal nuovo status legale, mentre nell’ipotesi di matrimonio o unione civile con altro soggetto lo scioglimento del contratto deriva dalla cessazione del relativo presupposto (lo stabile vincolo affettivo tra le parti) e, comunque, dalla incompatibilità con il nuovo regime personale e patrimoniale sorto in tal modo. In séguito alla morte, poi, trattandosi di contratti in cui l’intuitus personae è connaturale alla relativa struttura,116 con essa nessun obbligocontrattuale può persistere,117 poiché è venuto meno il centro di imputazione dell’assistenza materiale e morale, della collaborazione e della contribuzione che ne costituiscono l’oggetto.118
Quanto alla forma dei negozî risolutorî, l’applicazione della regola secondo la qualein questo àmbitose ne esige l’identità rispetto a quella della stipulazione può essere derivata dal ricorso all’analogia o, in modo più appropriato, ad una prospettiva sistematica mediante cui il principio di simmetria delle formesi ricava dalla coerenza con gli interessi che presiedono allo scioglimento convenzionale del contratto, trovandoin ciò il supporto di talune espresse previsioni, tra le quali il comma 60º si palesa di particolare risalto.119
Infine, mentre il richiamo alla disciplina della comunione legale, in quanto eccezionale, non può riproporsi per gli accordi atipici, sì che i rapporti patrimoniali tra i conviventi, se rispondono ad un regime di coacquisti e compartecipazioni,120 saranno disciplinati, una volta risolti gli effetti del contratto con cui li si regola, in base alle previsioni convenzionalieventualmente già predeterminate, il ruolo affidato al professionista notarile nell’attuazione di siffatte previsioni deriva, più che dalla assonanza con l’ultima parte del comma 60º, dall’oggetto delle medesime, quando esso concerne il trasferimento di diritti reali immobiliari ai quali si voglia conferire la forma idonea alla trascrizione nei pubblici registri.
116 Così anche XXXXXX, Xxxxxxx. Lo scioglimento delle unioni civili e la risoluzione dei contratti di convivenza, cit., p. 282.
117 BALESTRA, Luigi. Convivenza more uxorio e autonomia privata, cit., pp. 157-161. Sintetizza efficacemente i problemi posti dalla tutela mortis causa del convivente, la quale com’è noto, in virtù del divieto di patti successorî ex art. 458 c.c., non può essere affidata al contratto di convivenza (neanche a quello ex l. n. 76/2016), ma al testamento o, al più, alle figure legislativamente ammesse del contratto a favore del terzo da eseguirsi dopo la morte dello stipulante (art. 1412 c.c.) e dell’assicurazione sulla vita a favore del terzo (art. 1920 c.c.).
118 Cfr. per la declinazione dei relativi interessi BALESTRA, Xxxxx. Convivenza more uxorio e autonomia privata, cit., pp. 151-155.
119 Vedi supra par. 5.
120 Conservano sicuro valore in merito le proposte interpretative e la tassonomia dei problemi formulate da
XXXXXXXX, X. X contratti tra conviventi «more uxorio», cit., pp. 754-758.
Termination of (typical) cohabitation agreement: a systematic reading
Abstract: In disciplining the termination of the cohabitation agreement, Law n. 76 of 2016, art. 1, subsections 59 and 60, provides contractual causes (agreement of the parties and unilateral withdrawal: subsection 59, letters a and b) and ex lege hypotheses (marriage or civil union between the co-habitants or between one partner and another person; death of one of the cohabitants: subsection 59, letters c and
d) of the cessation of the relative effects, which pose significant problems of systematic coordination, inherent to the application of rules concerning patrimonial relationships between the spouses and, at the same time, the general part of the contract. The essay focuses on examining the negotiating and legal grounds for termination of the cohabitation agreement, highlighting the contradictions that Law n. 76/2016 shows in this regard and evaluating possible application solutions. The analysis carried out shows that rules about dissolution of the contract of cohabitation are justified in their peculiarity for ergaomnes relevance of its effects.
Keywords: Contract. Termination. Withdrawal. Domestic partnership. Mutual dissent.
Summary: 1 The termination of the co-habitation contract in l. n. 76/2016: system perspectives and discipline issues – 2 General profiles of resolution causes – 3 Negotiating causes: the parties’ agreement and the unilateral withdrawal – 4 The ex lege causes: marriage and civil union of the co- habitants or death of one of the contractors – 5 The formal profiles of the termination convention – 6 Dismissal of the contract of coexistence, legal communion and transfer of real estate rights – 7 The application of the legal causes of terminations to atypical contracts
Recebido em: 06.07.2017 1º parecer em: 21.07.2017 2º parecer em: 21.08.2017
Informação bibliográfica deste texto, conforme a NBR 6023:2002 da Associação Brasileira de Normas Técnicas (ABNT):
XXXXX, Xxxxx.Xx risoluzione del contratto (tipico) di convivenza: una lettura sistematica. Revista Brasileira de Direito Civil – RBDCilvil, Belo Horizonte, v. 14, p. 129-161, out./dez. 2017.