ALLA RADICE DELLA VIOLENZA DI SPECIE
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a cura di XXXXX XXXXXX
ALLA RADICE DELLA VIOLENZA DI SPECIE
ANALISI, PREVENZIONE E CONTRASTO DEI CRIMINI AI DANNI DEGLI ANIMALI
MANUALE OPERATIVO PER LE FORZE DELL’ORDINE E PER LE ASSOCIAZIONI DI TUTELA DEGLI ANIMALI
PRIMA EDIZIONE GENNAIO 2018
INDICE
Prefazione del Dr. XXXXXXXX XXXXXXX XXXXXX (Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Procura di Bari).
AREA 1: ASPETTI PSICO-CRIMINOLOGICI
1. XXXXX XXXXXX (Dirigente della Polizia di Stato, Psicologo e Criminologo, Presidente Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia). Criminologia della violenza sugli animali.
2. XXXXXXXXX XXXXXXXXXX (Presidente Associazione Link-Italia (APS)). Correlazione tra maltrattamento e/o uccisione di animali, violenza interpersonale e ogni altra condotta antisociale, deviante, criminale.
3. XXXXXXXX XXXXXX (Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Responsabile area Psicologia del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia). Il maltrattamento degli animali come segno comportamentale prodromico a crimini seriali e altre gravi forme criminali.
AREA 2: ALCUNE TIPOLOGIE D ABUSO
4. XXXXXXXXX XXXX (L.N.D.C.) e XXXXXXXXX XXXXX (Irriducibili Liberazione Animale e M.E.T.A.): Randagismo e irregolarità nei canili.
5. XXXXXXXX XXXX (Presidente M.E.T.A.), XXXXXX XXXXXXX (Xxxxxxx Xxxxxx e Comunicazione LEAL-Lega Antivivisezionista e Responsabile Ufficio Stampa VEGANOK Animal Press), con la collaborazione dell'Avvocato XXXXXX XXXXXXX. Accattonaggio con animali: maltrattamento e sfruttamento da milioni di euro
6. XXXX XXXXX XXXXXXX (Animal AID Italia). Il maltrattamento degli animali nel mondo dei circhi.
7. XXXX XXXXXXX (LAV). Criminalità e animali: zoomafia.
8. XXXX XXXXXXX (LAV). La zooerastia e le forme di sfruttamento sessuale degli animali.
AREA 3: ASPETTI GIURIDICI E INVESTIGATIVI
1. XXXXXXXXX XXXXXXXX (Avvocato, responsabile Xxxxxxxxxxxxxxx.xx).
Aspetti giuridici del maltrattamento degli animali.
2. XXXXXXX XXXXXX (Avvocato della Lega del Cane specializzato nei crimini ai danni degli animali): La costituzione di parte civile delle associazioni: una guida operativa.
3. XXXXXXX XXXXXXX (Funzionario di Polizia ed esperta della tutela degli animali). Procedure operative a attività di polizia giudiziaria nel contrasto al maltrattamento degli animali.
4. Ordinanza 13 giugno 2016. Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati. (G.U. Serie Generale, n. 165 del 16 luglio 2016)
AREA 4: ASPETTI MEDICO-LEGALI E FORENSI
1. XXXXX XXXXX, (Medico Veterinario, Responsabile Osservatorio Permanente per Patologie a trasmissione Vettoriale, USL Nordovest Toscana). La sorveglianza sui fenomeni di avvelenamento acuto negli animali domestici: aspetti di sanità pubblica veterinaria.
2. XXXXXXX XXXX (Medico Veterinario, Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana). Aspetti medico forensi e di investigazione scientifica nei crimini ai danni degli animali.
3. XXXX XXXXXXXXX (Biologa Forense del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia) e XXXXX XXXXXX: il DNA nelle indagini sugli illeciti nell’ambito del randagismo e della gestione dei canili.
AREA 5: ASPETTI DI PREVENZIONE
1. XXXXXXXXX XXXXXXXX (Luogotenente dei Carabinieri, Criminologo, Vicepresidente del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia e Vicepresidente dell’Associazione Controllo del Vicinato). Il metodo del “controllo del vicinato” nell’ambito della prevenzione e del contrasto al maltrattamento degli animali. Osservazione, tutela e segnalazioni qualificate alle forze dell’ordine.
2. ENZA BIFERA (Pedagogista). Un modello educativo per la prevenzione del maltrattamento degli animali. Contenuti operativi e guidelines.
PREFAZIONE
Dr. XXXXXXXX XXXXXXX XXXXXX (Sostituto Procuratore presso la Procura di Bari).
Ho conosciuto il curatore di quest’opera Xxxxx Xxxxxx alcuni anni fa a Reggio Calabria, in occasione di un convegno nel quale eravamo correlatori. Mi ha subito incuriosito per la sua versatilità, e per la sua curiosità per tematiche non convenzionali. Nel corso degli anni ho avuto modo di apprezzarne il dinamismo e la voglia di fare, nonché le capacità organizzative. Per questo, non mi ha sorpreso che la proposta di contribuire ad una iniziativa così meritoria ed originale provenisse proprio da lui. Il volume che avete tra le mani fornisce una visione multidisciplinare della violenza di specie, ed al termine della lettura avrete una serie di nuovi strumenti di comprensione e, quindi, di azione, sia che siate operatori delle forze dell’ordine, membri di associazioni impegnate nella tutela dei diritti degli animali, sia che siate (o decidiate di diventare) cittadini consapevoli. Magari nel prendere in mano il volume qualcuno avrà la tentazione di considerare il tema un argomento per “gattari”. L’importanza del tema è, viceversa, ben rappresentato da due considerazioni, a mio parere, estremamente significative, che dovrebbero indurci a rivisitare alcune nostre convinzioni circa la sottovalutazione complessiva del fenomeno.
1. “Chi comincia con gli animali finisce con maltrattare una donna” (così la rubrica “la 27a ora” del Corriere della Sera titolava il 25 gennaio 2017). Al di là dell’enfasi giornalistica, in un periodo in cui finalmente si è cominciato a prestare la dovuta attenzione al tema della violenza sulle donne, va rimarcato che i paesi anglosassoni danno massimo rilievo ai crimini contro gli animali. Nei casi di violenza sulle donne esaminati dai profiler dell’FBI il violentatore, spesso partner della vittima, aveva in precedenza ferito o ucciso uno o più animali domestici. E’ stato altresì riscontrato che diversi serial killer o sex offender avessero iniziato a commettere atti di crudeltà nei confronti di animali nell’infanzia o nell’adolescenza. Si stima che il 30-40% di coloro che si sono macchiati di
atti di violenza nei confronti degli esseri umani, da bambini abbia maltrattato animali. La crudeltà verso gli animali costituisce, in una porzione statistica significativa, uno degli anelli della personalità violenta. In Italia, LINK-ITALIA ha effettuato l’analisi di 278 casi in cui a uno o più maltrattamenti su animali sono seguiti reati contro la persona. Gli abusatori sono risultati maschi nel 93% dei casi, di cui il 17% bambini o adolescenti. Le vittime sono risultate: donne nel 54% dei casi, bambini 24%, anziani 3%, uomini 5%, vittime miste 14%. Nel 61% dei casi la vittima donna ha evitato o rallentato l’allontanamento dall’abusatore per paura di quello che sarebbe successo ai propri animali. Nel 19% dei casi la vittima umana è deceduta. Le principali tipologie di abuso collegato sia a vittime animali che a vittime umane sono risultate essere: violenza domestica, violenza sessuale, stalking, bullismo e reati collegati alla malavita organizzata. Detto in parole povere, I delitti commessi nei confronti degli animali possono avere collegamenti con abusi su umani e ciò implica che una tempestiva repressione dei crimini contro gli animali possa avere un potenziale effetto preventivo dei successivi abusi nei confronti delle persone. Negli Usa e nei paesi di tradizione anglosassone il maltrattamento degli animali è un reato grave (felony), considerato attualmente dall’FBI un top crime, ed è classificato come ‘Crimine contro la società’; ciò diversamente da quanto avvenuto finora in Italia, dove una disciplina organica è stata introdotta solo nel 2004 (ed alcune pene inasprite nel 2010, in esecuzione di accordi internazionali). Non a caso, la percezione solo parziale della portata del fenomeno è racchiusa nella rubrica del Titolo IX-BIS del capo II del codice penale, intitolato “DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI”.
2. Maltrattamenti di animali e criminalità organizzata. I maltrattamenti contro gli animali rappresentano una delle attività in cui è coinvolta la criminalità organizzata tradizionale. Diverse indagini svolte nei distretti calabresi e siciliani hanno dimostrato il pieno coinvolgimento della locale criminalità di tipo ‘ndranghetistico e mafioso, nelle scommesse collegate alle corse clandestine di cavalli. E’ stato accertato, in diversi procedimenti, che ciascun clan avesse propri cavalli e fantini, coinvolti nelle gare clandestine; gare che venivano effettuate in condizioni insopportabili per le caratteristiche etologiche degli equini (basti considerare che, in
moltissimi casi, le corse avvenivano su strada asfaltata – condizione questa, gravemente lesiva per le articolazioni dei cavalli – con l’impiego di animali spesso oggetto di somministrazione di sostanze dannose al fine di migliorarne le prestazioni agonistiche). Altra attività di elezione delle mafie è rappresentata dall’abigeato (furto di animali) e dalla macellazione clandestina degli animali: crimini che – per un verso – contribuiscono a rafforzare il ‘controllo del territorio’ tipico delle associazioni di tipo mafioso e, per altro verso, rappresentano una enorme fonte di guadagno per le stesse. Non va sottaciuto inoltre che la macellazione dei capi di bestiame avviene in condizioni sanitarie precarie, con sofferenze ancora maggiori per gli animali e che, in moltissimi casi, i capi di bestiame vengono sottoposti ad iniezioni di sostanze dannose per la salute. Intervenire per arginare i crimini contro gli animali è quindi un problema di ciascuno di noi, ed un dovere civico. La lettura di questo libro vi aiuterà ad avere le conoscenze necessarie per comprendere il fenomeno e, inoltre, sapere cosa fare se avete elementi per ritenere che sia in atto o sia stato perpetrato un delitto contro gli animali.
Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, magistrato, ha lavorato dal 2004 al 2012 a Reggio Calabria, trasferendosi successivamente a Bari. In entrambi gli uffici è stato componente della Direzione Distrettuale Antimafia. E’ autore di due volumi di carattere giuridico. Come tutti i bambini, desiderava un cane. Da grande ha coronato il suo sogno, diventando il fedele compagno di due cani, di nome Xxxxxxx e Xxxx.
CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA SUGLI ANIMALI
di Xxxxx Xxxxxx (Dirigente della Polizia di Stato, Psicologo e Criminologo, Presidente del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia)
L’interesse della Criminologia al maltrattamento degli animali
Xxxxx Xxxxxx, nel 1999, pubblica sulla prestigiosa rivista “Criminology” un brillante saggio dal titolo “For a nonspeciesist criminology: Animal abuse as an object of study”, sottolineando il fatto che il crimine nei confronti degli animali aveva avuto fino a quel momento un ruolo relativamente piccolo nella Criminologia. Attualmente, a distanza di quasi venti anni, la situazione non è molto diversa. All’interno dei report classici sulle tematiche criminali, nella manualistica classica e nella maggior parte dei congressi ufficiali non vengono quasi mai presentate relazioni sui crimini contro gli animali. Quando questo avviene l'abuso di animali è raramente una variabile dipendente autonoma e, solitamente, questi studi si concentrano sul fatto che le persone che abusano degli animali abbiano poi maggiori probabilità di diventare violente nei confronti degli umani. Per quanto riguarda l’interesse istituzionale al settore la situazione è simile. Ad esempio, solamente a partire dal 1 gennaio 2016 l'FBI ha aggiunto la categoria “crudeltà agli animali” nell’Uniform Crime Report, il sistema nazionale di segnalazione dei reati comunemente utilizzato nelle indagini sui reati maggiori. La raccolta di dati riferiti agli animali nel sistema statunitense U.C.R. copre ora quattro categorie: semplice/grave negligenza, abuso e tortura intenzionale, abuso organizzato (come il combattimento di cani e il combattimento di xxxxx) e abusi sessuali su animali. I dati generati da questo sistema dovrebbero ora contribuire a guidare meglio le strategie per l'intervento operativo e la prevenzione in questo ambito. Nella comunità scientifica dei criminologi gli animali vengono invece ancora visti non come una vera e propria vittima ma prevalentemente come un fattore diagnostico-predittivo rispetto ai crimini commessi ai danni degli umani. Una sorta di test diagnostico. Quasi
sempre Psichiatri, Psicologi, Criminologi ed Educatori assimilano concettualmente e simbolicamente la violenza nei confronti degli animali con fattori psico-patologici conclamati o “covanti sotto la cenere” da parte dell’offender. Rimanendo esclusivamente su tale approccio, se pur utile ed interessante, si rischia a mio avviso, in qualche modo, di limitare nell’immaginario collettivo la responsabilità di coloro che si macchiano di tali crimini. In altre parole, nella maggior parte dei casi, colui che maltratta un animale è un criminale e non un “matto”, che va punito e possibilmente poi risocializzato ma non necessariamente compatito e curato. Xxxxxx, rilevando questa notevole mancanza di attenzione da parte dei criminologi rispetto alla vittimizzazione animale, formula anche delle argomentazioni molto convincenti, a mio avviso, sulla necessità di portare gli animali al rango delle vittime umane. In primo luogo la stessa produzione di norme di tutela in materia dovrebbe di fatto rappresentare un obbligo in tal senso. In molte nazioni il maltrattamento animale è progressivamente passato da qualcosa di socialmente accettabile (normale) a qualcosa di deviante (socialmente riprovevole anche se non formalmente un reato) fino a diventare oggi un vero e proprio crimine (un comportamento sanzionato da una norma penale). La legge della maggior parte delle nazioni culturalmente avanzate colpisce infatti attualmente l’uccisione e i comportamenti maltrattanti nei confronti degli animali da compagnia e di molti animali da lavoro. Gli animali vengono quindi formalmente tutelati anche quando sono disgiunti da un essere umano (ad esempio sono selvatici). E alla base di tale produzione normativa dovrebbe quindi esserci il convincimento che gli animali possano soffrire fisicamente e psicologicamente degli abusi subiti. In pratica che possano configurarsi come vere e proprie vittime. Le convinzioni di Xxxxxx e in generale l’approccio “specistico” ovviamente non intaccano le di per se giuste osservazioni sul fatto che esiste statisticamente e logicamente una forte correlazione tra abuso animale e abuso umano. Ma forse è giunto il momento di iniziare a donare considerazione vittimologica a quegli animali che sono di specie diversa rispetto “all’animale umano” se si intende realmente salvaguardare il loro benessere ma soprattutto se si intende donare loro una vera dignità oltre che una tutela giuridica. Il fatto, ad esempio, che le Associazioni che tutelano gli animali (quelle riconosciute e con personalità giuridica) possano costituirsi in Italia come
parte civile nei processi che riguardano un maltrattamento ai danni degli animali è un tangibile esempio di come in molte Nazioni il passaggio dell’animale da “oggetto del crimine” a vittima del crimine si stia inesorabilmente insinuando nella cultura giuridica. Queste considerazioni dovrebbero però, a mio avviso, iniziare a diffondersi anche nel mondo degli studiosi del comportamento criminale attraverso una sempre maggiore produzione di studi scientifici (anche vittimologici) di orientamento non-specista e condotti magari in ottica interdisciplinare con studiosi di Etologia. Non possiamo interrogare un animale durante un processo penale per chiedergli se e quanto ha sofferto ma chi convive con uno di loro sa benissimo che possiamo facilmente a leggerlo nei suoi occhi e nel suo comportamento. In questa direzione è stato attivato in Italia un pionieristico progetto di ricerca dal Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia da me presieduto.
Verso una vittimologia degli animali
La vittimologia è una scienza relativamente moderna, poiché fino a un paio di secoli fa colui che subiva un crimine era considerato dagli scienziati solo in termini statistici e il suo coinvolgimento nell’azione criminale era ritenuto prevalentemente statico. La moderna vittimologia presta viceversa attenzione a colui che subisce un crimine, in primo luogo in termini di conseguenze negative derivanti da tale azione (fisiche, psicologiche, economiche, sociali, ecc.). Gli studi vittimologici più avanzati si concentrano inoltre sul ruolo del soggetto passivo (la vittima) nell’ambito della dinamica criminale. Secondo l’approccio corrente della vittimologia, affinché si possa parlare di vittima deve manifestarsi un’azione criminale ma anche dei danni (delle conseguenze negative) che possono essere di diversa natura e gravità. Affinché si possa parlare di danno psicologico, ad esempio, colui che subisce un reato deve in pratica in primo luogo rendersi conto di quello che sta succedendo, avere insomma una coscienza e presentare poi delle modifiche (negative) nel comportamento, nelle sue emozioni, nel suo umore. Ma gli animali possono avere delle emozioni? Secondo la comunità scientifica, a partire dai lavori di Xxxxxx Xxxxxx fino agli studi più moderni sulla vita
emozionale degli animali del Biologo Xxxx Xxxxxx, decisamente si. Xxxxxx descrive minuziosamente negli animali la gioia, l’empatia, l’afflizione, l’imbarazzo, la rabbia e l’amore, emozioni che emergono nei risultati di numerose ricerche scientifiche che ne confermano l’esistenza. Ma anche la produzione scientifica moderna va in questa direzione. Come scriveva già nel 2006 la Prof.ssa Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’Ospedale San Xxxxxxxx Xxxxxxx di Milano, “….gli animali soffrono, più di quanto immaginiamo, non solo per ferite fisiche, ma anche emotive. A volte hanno una vera e propria depressione, e attacchi di panico, se il loro padrone li lascia soli d’estate. E possono morire, o lasciarsi morire, quando vengono abbandonati. Possono morire di crepacuore, proprio come noi. Il dolore acuto dell’abbandono, o della morte di un altro animale a loro caro, o la scomparsa di una persona amata, può causare un’impennata di adrenalina e una vasocostrizione coronarica così violenta da causare un infarto massivo e senza appello…..”. Ma anche Xxxxx Xxxxxxx, Medico veterinario per piccoli animali in Lombardia, nel suo libro “Emozioni bestiali” sottolinea il fatto che “non ci sono dubbi nemmeno sul fatto che gli animali si ammalino di solitudine e di nostalgia, che si innamorino o siano gelosi, che si offendano o siano curiosi…” Anche gli studi neurofisiologici ci danno conferme in tal senso. Ad esempio Xxxxxxx Xxxxx della Emory University di Atlanta ha studiato approfonditamente un gruppo di cani attraverso la risonanza magnetica funzionale e ha riscontrato che sottoponendo gli animali a odori che evocavano determinate esperienze positive o negative si notava una attivazione del nucleo caudato, la regione del cervello che anche negli esseri umani si attiva nel corso di un coinvolgimento emotivo con altri individui (solitamente di tipo piacevole). Le emozioni, oltretutto, sono quasi sempre collegate alla produzione, in chi le prova, di diversi ormoni, che possono essere individuati e misurati nel corso di sperimentazioni scientifiche. A tal proposito è opportuno ricordare gli studi del giapponese Xxxx Xxxxxxxx dell’Azabu University che ha pubblicato nel 2015 sulla rivista “Science” i risultati di un interessante esperimento dove in sostanza si dimostra nel cane un incremento della produzione di ossitocina (un neurotrasmettitore) durante il contatto visivo con il suo padrone. Variazioni dello stesso ormone sono correlate, anche nell’uomo, a diverse risposte emozionali. Insomma la maggior parte della comunità scientifica
concorda sul fatto che un animale possa provare delle emozioni. E chi prova delle emozioni può soffrire psicologicamente, oltre che fisicamente, di una violenza subita e tale sofferenza può durare anche dopo che l’azione violenta è terminata. Insomma si può generare, così come per gli umani, un vero e proprio danno psicologico. Questa è una dinamica riconosciuta perlomeno nella vittimologia umana. Arriveremo a considerare un animale che subisce un crimine degno di essere considerato una vittima quanto un essere umano? Spero fortemente di sì, perché se questo avverrà potremo iniziare a considerarci una specie realmente civile e scientificamente avanzata.
Analisi criminologica e crimini contro gli animali
Per la Criminologia contemporanea di matrice costruzionistica, affinché si possa parlare di un crimine, deve sussistere un sistema complesso formato da una vittima (in questo caso un animale), un autore di un crimine (in questo caso un essere umano), un ambiente fisico e simbolico al cui interno avviene tale azione e la violazione di una norma penale. Riguardo il maltrattamento animale, nello scenario europeo, tali elementi ci sono tutti poiché quasi tutte le Nazioni civili hanno prodotto delle norme penali di tutela nei confronti degli animali e questo dovrebbe giustificare quindi l’interesse criminologico per tale genere di comportamenti. Comprendere ciò che c’è alla radice dei maltrattamenti nei confronti degli animali (sforzo conoscitivo che è attualmente presente nella comunità scientifica in direzione di tutte le altre forme criminali) rappresenta a mio avviso il punto di partenza per controllare ed arginare il fenomeno in maniera più efficace, orientando meglio la repressione e costruendo percorsi di prevenzione basati sulla logica scientifica e non sull’onda effimera delle emozioni. Questo è lo scopo primario della moderna Criminologia costruzionistica che non considera l’azione criminale come un improvviso, incontrollabile e ineluttabile impulso ma come un percorso dinamico in cui l’individuo viola la legge per ottenere un beneficio personale di una qualsivoglia natura valutando i pro e i contro prima di passare all’azione, percorso su cui si può quindi agire in termini di prevenzione. Tale beneficio può essere prevalentemente pragmatico-utilitaristico (per
raggiungere un vantaggio materiale) oppure tale beneficio può essere legato alla soddisfazione di bisogni psicologici. Nella maggior parte, dei casi, come sottolineato da Xxxxxxx xx Xxx, i vantaggi ricercati dai criminali nella perpetrazione di un crimine rientrano (parzialmente) molto spesso in entrambe le categorie. Ma alla base dei reati commessi ai danni degli animali troviamo profili degli offenders, motivazioni e dinamiche psicologiche molto diversificate tra loro. Nell’ambito del maltrattamento di animali (art. 544-ter) e della loro uccisione (non per scopi alimentari ma per crudeltà), possono infatti essere comprese condotte di individui che traggono profitto economico da tali azioni come ad esempio coloro che importano cuccioli di cane illegalmente dai paesi dell’Est europeo, costringendo le bestiole a viaggi interminabili in condizione di grave sofferenza o come coloro che gestiscono canili-lager per ottenere finanziamenti mantenendo poi gli animali in condizioni drammatiche. Ma il maltrattamento può essere agito anche da individui che maltrattano gli animali non per profitto ma per pigrizia, sciatteria, egoismo, anaffettività e noncuranza, come ad esempio nel caso di coloro che lasciano il proprio cane in estate al sole su un piccolo balcone o all’interno dell’auto parcheggiata con i finestrini chiusi. A questa prime due macro-categorie di offenders occorre poi aggiungere una terza area, al cui interno trovano spazio e definizione coloro che attuano violenze nei confronti degli animali per soddisfare spinte profonde di natura psico-patologica, argomento su cui la psichiatria ufficiale si è più volte espressa ritenendo, ad esempio, un comportamento maltrattante giovanile come statisticamente prodromico a comportamenti violenti in età adulta. Come ben sanno gli studiosi di storia del crimine, molti famigerati serial killer hanno avuto in età molto giovane delle esperienze di maltrattamento/uccisione di animali e progressivamente poi hanno spostato sugli esseri umani la loro bramosia omicida. La criminalità organizzata infine, nutrendosi anche di azioni simboliche, può essere ascritta a una quarta e ultima categoria di maltrattanti che considera spesso gli animali come un mezzo per far giungere messaggi di potenza a coloro che vuole sfruttare, intimidire e rendere succubi. Molto diversi tra loro sono quindi i crimini commessi ai danni degli animali e altrettanto diversi sono gli autori di tali crimini. Una evidente diversificazione degli offenders e dei moventi alla base del maltrattamento necessita quindi con certezza, in ottica criminologica, di
un approccio tassonomico contenente categorie interpretative diverse. Comprendere a fondo il percorso mentale del maltrattatore di animali è comunque il primo passo per trovare soluzioni di contrasto e di prevenzione realmente efficaci.
La dimensione sociale del crimine nei confronti degli animali: percezione, connotazione antropologica e fattori culturali.
La percezione sociale del crimine consiste nel come gli individui attribuiscono significato ad una determinata azione criminale, se la ritengono più o meno grave, più o meno riprovevole, più o meno diffusa, più o meno pericolosa in termini di rischio di essere scoperti ed arrestati. La percezione della gravità di un’azione criminale e quanto essa è riprovevole, accettabile e pericolosa all’interno del gruppo sociale di appartenenza, sono quindi elementi fondamentali di tale processo. E in questa dinamica di pensiero assumono ovviamente grande rilevanza i fattori culturali, gli atteggiamenti diffusi. La percezione sociale del crimine è considerata dalla moderna Criminologia un fattore fondamentale per comprendere il passaggio all’atto perché su di essa si basano le valutazioni di opportunità e le scelte che ogni individuo si trova di fronte nel momento in cui deve decidere se commettere o meno un reato. Gli atteggiamenti diffusi rispetto a un determinato fenomeno criminale rappresentano di fatto il più importante supporto decisionale di colui che si trova a dover decidere se commettere o meno un crimine. E in tal senso è opportuno considerare che esiste una cospicua parte di territorio del nostro pianeta dove gli animali vengono considerati culturalmente degli oggetti e come tali vengono quindi trattati. In quelle zone del mondo, sarebbe sciocco negarlo, quello che da una buona parte delle “persone civili” viene considerato un maltrattamento, delle violenze, delle privazioni e l’incuria nei confronti degli animali, rappresenta invece l’assoluta normalità. Purtroppo alcune di queste aree territoriali (e sociali) sono presenti ancora anche nella “civilissima” Europa, nelle nostre regioni, nelle nostre città. E come già detto la differenza tra quello che viene considerato dalle persone come un fatto disdicevole e quello che viene invece considerato accettabile assume un ruolo cruciale in Criminologia. Anche il timore per le conseguenze legali delle proprie azioni è un
elemento fondamentale. Un animale maltrattato non è un soggetto che può raccontare ciò che è successo, non può chiedere aiuto o sporgere denuncia come un essere umano. Raramente, inoltre, le tecniche di investigazione scientifica, che attualmente contribuiscono ad assicurare alla giustizia molti delinquenti, vengono applicate nei casi di maltrattamento/uccisione di un animale anche se la Medicina Forense Veterinaria ha raggiunto anche in Italia livelli di competenza molto elevati. Sovente tutto ciò (l’aspettativa di impunità o comunque di scarso rischio) rappresenta, in ottica costruzionistica, la maggior spinta nella commissione di un reato. Di conseguenza, per comprendere a fondo la radice di molti dei crimini nei confronti degli animali, è necessario conoscere preliminarmente la matrice culturale (rispetto a tale fenomeno) presente in un determinato territorio e ogni azione di prevenzione in tale settore dovrebbe primariamente agire su queste forme sub-culturali attraverso campagne di sensibilizzazione mirate che, a mio avviso, dovrebbero trovare spazio anche all’interno dei programmi scolastici.
Una ipotesi di profilo criminologico del soggetto maltrattante.
Come si è detto la conoscenza di un fenomeno criminale costituisce l’ossatura necessaria per progettare un intervento preventivo efficace e per colpire poi con maggiore incisività coloro che delinquono. Secondo la letteratura specialistica la crudeltà e l'abbandono degli animali attraversano tutti i confini sociali ed economici ed i resoconti degli studi di settore suggeriscono che tali crimini sono comuni sia nelle aree rurali che in quelle urbane. Le caratteristiche dei soggetti che li commettono, indicate dagli specialisti in materia, sono però diverse in base al tipo di abuso. Le statistiche americane indicano ad esempio che coloro che abusano intenzionalmente degli animali sono prevalentemente uomini sotto i 30 anni, mentre quelli coinvolti nell’incuria di animali hanno più probabilità di essere donne sopra i 60 anni (Xxxxxxxx, R. 2002, 2008). Alcune ricerche basate sulle statistiche criminali sono state condotte anche in Italia (come gli studi dell’Associazione LINK). Iniziamo anche nel nostro Paese a individuare l’età media di chi maltratta gli animali, le sue caratteristiche sociali, le sue peculiarità biografiche, le sue motivazioni di fondo. Definire chi è il “maltrattatore tipico” italiano è però al momento ancora abbastanza complesso e probabilmente tecnicamente sbagliato
anche considerando la grande diversificazione delle azioni maltrattanti e di coloro che le compiono. Tra un mafioso che organizza combattimenti clandestini di cani, un contadino che lascia esche avvelenate per eliminare la fauna selvatica intorno al proprio podere, un soggetto che realizza filmati pornografici utilizzando degli animali e un “normale cittadino” che lascia il proprio cane nell’auto parcheggiata al sole ci sono ovviamente notevoli differenze. Ma forse, andando a sondare in profondità la sua mente, si potrebbero trovare anche delle similitudini caratteriali. Sul piano strettamente giuridico tutti e quattro violano la stessa norma penale poiché provocano negli animali un forte disagio psico-fisico, delle sofferenze. Ma la Criminologia, al contrario del Diritto Penale, ha come obiettivo la comprensione delle motivazioni e del substrato psicologico dell’individuo che commette un crimine, la sua personalità, la sua emotività, il suo modo di interpretare la realtà circostante e di costruire le sue scelte criminali. Dalle risultanze degli studi italiani di settore, ma anche dalle esperienze da me “carpite” informalmente da coloro che si occupano della repressione di tali reati, emergono talvolta delle “ricorrenze” sulle caratteristiche di coloro che sono incappati nelle maglie della Giustizia (in verità in questo ambito ancora abbastanza larghe) per aver violato l’articolo 544-ter del Codice Penale. Dalle prime osservazioni sembrerebbe ad esempio che molti di coloro che sono stati denunciati per maltrattamenti di animali in Italia negli ultimi anni, al di là della presenza ahimè di un loro quadro etico-morale-culturale di un certo squallore e di pessime abitudini probabilmente sedimentate da secoli e tramandate all’interno delle loro famiglie, spesso mostrano, oltre che una tendenza conclamata alla violazione delle norme, anche una scarsa capacità empatica e una notevole noncuranza per le sofferenze inflitte agli animali. Questi ultimi tre elementi (comportamentali e personologici), generalizzando forse un po la questione, ci consentono di azzardare un primo profilo psico-criminologico del maltrattatore di animali che mostra ahimè, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) inquietanti similitudini con quello degli individui classificati come antisociali (definiti anche individui con personalità psicopatica). Insomma soggetti che sul piano della predisposizione ai comportamenti delinquenziali presentano, a mio avviso, uno “spessore criminale” ragguardevole e fattori di rischio assolutamente da non trascurare.
Insomma, semplificazioni del genere “….vabbé, in fondo ha solo preso a calci un cane…..” appaiono, in ottica criminologica e rispetto a una valutazione di pericolosità sociale di un individuo, scientificamente riduttive e fuori luogo. Fatte salve queste personali speculazioni intellettuali, basate per ora su esperienze conoscitive bibliografiche e non ancora su uno studio empirico sistematico, sarebbe auspicabile che la comunità criminologica internazionale dedicasse maggiore spazio all’analisi di questa tipologia di crimini e di criminali, primariamente per ciò che riguarda la vittimizzazione animale ma anche secondariamente per quanto riguarda il rischio di una “correlata vittimizzazione umana” e quindi di una generale pericolosità sociale da parte degli stessi soggetti. Le ipotesi di forte correlazione tra maltrattamento animale come fattore prodromico alla manifestazione conclamata di una personalità antisociale sono state formulate da molti ricercatori, come ad esempio da Xxxxxx, Xxxxx, Xxxx, e Xxxxxxx, già a partire dalla fine degli anni ’90 ma nella letteratura scientifica di matrice statunitense ed europea troviamo numerosi altri approfondimenti e conferme in questa direzione, ad esempio sui collegamenti tra maltrattamento animale da parte di adolescenti e successive manifestazioni di criticità (e di percorsi violenti) nella loro vita da adulti, come ad esempio puntualizzato da Xxxxxxxxx, S., Xxxxxx, X., Xxxxxxxx, R. e Xxxxx, D. (2015). La dimensione psicopatologica si rileva infine con una certa frequenza in coloro che si rendono responsabili del maltrattamento degli animali: dallo scarso controllo degli impulsi, alla presenza di tratti borderline fino al delinearsi di quadri di psicopatia sembrano essere i fattori clinici maggiormente ricorrenti in questo genere di criminali. Uno studio criminologico sistematico (costante) sui soggetti denunciati per crimini nei confronti degli animali è comunque assolutamente auspicabile in Italia e sarà mia cura promuoverne uno nei prossimi anni all’interno dell’equipe di ricerca multidisciplinare da me coordinata con la collaborazione delle moltissime Associazioni di tutela degli animali che hanno aderito al progetto “alla radice della violenza di specie” che ha dato luce al presente manuale.
Riferimenti bibliografici
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2. Xxxxxx, X.; Xxxxx, J.; Xxxx, C.; Xxxxxxx, F. (1999). "The relationship of animal abuse to violence and other forms of antisocial behavior". Journal of Interpersonal Violence. 14 (9): 963–975.
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Xxxxx Xxxxxx, Direttore Tecnico Superiore (Psicologo) della Polizia di Stato e Criminologo, è il Presidente del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia, Associazione culturale che dal 1999 promuove ricerche applicative e percorsi di formazione gratuiti per gli operatori di polizia e per operatori forensi. E’ autore di numerosi manuali e articoli scientifici su tematiche criminologiche e investigative. Da sempre profondamente amante degli animali, convive attualmente con una gatta di nome Ginevra e con un Pastore tedesco di nome Xxxxx, entrambi adottati. Il suo sito web è xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx.
CORRELAZIONE FRA MALTRATTAMENTO E/O UCCISIONE DI ANIMALI, VIOLENZA INTERPERSONALE E OGNI ALTRA CONDOTTA DEVIANTE, ANTISOCIALE E/O CRIMINALE.
Di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx (Presidente LINK-ITALIA (APS).
The LINK
Alla fine dell’800 gli studiosi in ambito di psicologia, psichiatria e criminologia nell’indagare l’essere umano ed in particolare un aspetto dell’umano quale è la violenza interpersonale, si imbattono costantemente in uno specifico fenomeno ossia la violenza sugli animali e le possibili correlazioni con la violenza verso gli umani. Sebbene in modo non intenzionale, questa particolare correlazione viene costantemente rilevata, osservata e descritta, producendo una letteratura così imponente che all’inizio degli anni sessanta i ricercatori statunitensi, per la prima volta, decidono di rivolgere la propria attenzione in modo mirato allo studio di << ciò >> che verrà definito LINK (Arkow 2008; Arkow 2014)1. Il termine Link nel linguaggio comune inglese significa legame mentre in discipline quali psicologia, psichiatria, criminologia e scienze investigative si connota come termine tecnico che indica la stretta correlazione esistente fra maltrattamento e/o uccisione di animali, violenza interpersonale e ogni altra condotta deviante, antisociale e/o criminale (omicidio, stupro, stalking, violenza domestica, rapina, spaccio, furto, truffa, manipolazione mentale, ecc.). La crescente consapevolezza scientifica sul Link dagli anni 60 ad oggi conduce i ricercatori a focalizzare gli studi sulle implicazioni psicologiche di tale fenomeno concludendo che la crudeltà su animali oltre ad un atto da condannare di per sé, debba essere interpretata come:
1 X. Xxxxx, The Link Between Violence to People and Violence to Animals, National Link Coalition, The National Resource Center on The Link between Animal Abuse and Human Violence, 2008.
X. Xxxxx, Understanding The Link between Violence to Animals and People: A Guidebook for Criminal Justice Professionals, National District Attorneys Association and American Society for the Prevention of Cruelty to Animals (ASPCA), 2014.
1. Sintomo di una situazione esistenziale patogena in chi commette il maltrattamento. Se la condotta è commessa da minori il riferimento è relativo ad una situazione famigliare o ambientale caratterizzata da potenziali abusi fisici, psicologici, sessuali, incuria, discuria, ipercura o da tutte queste forme di violenza assieme. “Diventare un torturatore può alleviare i sentimenti di impotenza e vergogna che un bambino sperimenta quando è la vittima” Xxxxx Xxxxxxx (2004) 2. “Il maltrattamento di animali ha delle forti connotazioni psicologiche, la violenza spesso è un modo per superare un forte senso di inferiorità. Per quanto riguarda i bambini ad esempio, è importante riflettere anche sul ruolo di rivalsa che la violenza sugli animali rappresenta” Xxxx Xxxxxxx (1995)3.
2. Segnale predittivo indicatore di contemporanei e/o futuri altri comportamenti devianti, antisociali e/o criminali quali:
• Atti di distruzione – vandalismo e/o piromania.
• Aggressioni – deliberata crudeltà psicologica e/o fisica verso le persone.
• Furti caratterizzati dalla presenza di una vittima – borseggio, estorsione, rapina a mano armata.
• Rapimento, violenza sessuale, assalto con particolare riguardo al fenomeno degli spree killer, omicidio con particolare riguardo al fenomeno dei serial killer.
“Un bambino che impara cosa sia la violenza verso gli animali è più predisposto a stuprare, abusare ed uccidere esseri umani quando sarà adulto” Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxx Xxxxxxxx (1983)4. “I Serial Killer sono bambini a cui non è mai stato insegnato che è sbagliato cavare gli occhi ad un animale. Gli assassini molte volte cominciano uccidendo e torturando animali da bambini" Xxxxxx Xxxxxxx (1998)5. In altre parole le condotte criminali sopracitate sono (in termini statisticamente rilevanti) l’escalation di una prima condotta deviante, antisociale e criminale quale è il maltrattamento e/o l’uccisione di animali. Comportamento, quest’ultimo, che la letteratura scientifica internazionale identifica insorgere
2 X. Xxxxxxx, Children and Animals: Exploring xxx Xxxxx of Kindness and Cruelty, Purdue University Press, 2004.
3 X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx, Mind Hunter, 1995. RSC Libri e Grandi Opere SPA, Milano 1996.
4 X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx, Childhood cruelty toward animals among criminals and noncriminals, Human Relation, The Tavistock Institute, 1 december 1985.
5 X. Xxxxxx, Animal Cruelty May Be a Warning. Often Precedes Harm to Humans, The Washington Times, 23 Jun, 1998.
mediamente verso i 6 anni e mezzo (Xxxxx at al., 1993)6 e la letteratura scientifica nazionale verso i 4 o 5 anni (Xxxxxxxxxx, Xxxxx, 2014)7. La crudeltà su animali è una condotta che fisiologicamente, cioè per natura, tende a variare nel tempo. Questa << qualità >> è una << buona notizia >> poiché se apparteniamo ad una qualsiasi agenzia educativa abbiamo la possibilità, attraverso un intervento mirato, di poter far regredire la condotta, di poterla inibire completamente o contenerla in modo efficace. Nel contempo è anche una << cattiva notizia >> in quanto se la qualità della risposta ambientale (agenzie educative, istituzioni giudiziarie, società civile) non è competente quindi non in grado di interpretare correttamente il maltrattamento e/o l’uccisione di animali come abominio morale di per sé, sintomo di una situazione esistenziale patogena e grave indicatore di pericolosità sociale (banalizzando, sottovalutando, minimizzando, negando, rimuovendo, giustificando, normalizzando), la condotta riceverà un rinforzo positivo sviluppando una negativa escalation come da schema sopra citato. Non esistono risposte neutrali. “Il maggior pericolo per un bambino è torturare o uccidere un animale e farla franca” Xxxxxxxx Xxxx (1964)8. Ciò significa che a seconda dei feedback ambientali che l’autore riceverà relativamente al proprio agito (soprattutto se si tratta di un minore), sarà più o meno incoraggiato o inibito a continuarne la messa in atto. In altre parole se per l’animale il focus è costituito dall’atto crudele di cui è vittima, relativamente al soggetto violento (minore o adulto) il focus non è l’atto in sé bensì la combinazione di quell’atto con la qualità della risposta ambientale. “L’iniziazione criminale dipende dal grado di influenza e di impatto che i fattori di rischio hanno su un soggetto vulnerabile” R. V. Clarck (1995)9. Del resto la stessa personalità del giovane che intraprende una carriera criminale non può essere spiegata come una realtà statica, quanto piuttosto come una struttura che si trasforma continuamente sotto la
6 J. P. Xxxxx, X. Xxx Xxxx, B. B. Xxxxx, M. A. G. Xxxxxx, X. Xxxxxx, E. A. Xxxx et al., Oppositional defiant Disorder and Conduct Disorder: A meta-analityc review of factor analyses and cross-validation in a clinical sample, Clinical Psychology Review, 13, 1993.
7 X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxx, Report 2016. Zooantrolopogia della Devianza. Profilo Zooantropologico Comportamentale e Criminale del Maltrattatore e/o Uccisore di Animali. Manuale di Classificazione del Crimine su Animali, LINK-ITALIA (APS) & N.I.R.D.A. del Corpo Forestale dello Stato, dicembre 2016.
8 X. Xxxx, Cultural factors in the cause and and prevention of pathological homicide, Bulletin of the Xxxxxxxxx Clinic, pag. 11-22, 1964.
9 R. V. Clarck, Situational crime prevention. In X.Xxxx & D.P. Xxxxxxxxxx (Eds.), Crime and Justice: An annual review of research , Chicago: University of Chicago Press, 1983.
duplice spinta dello sviluppo individuale e delle influenze ambientali. Ne consegue che una società civile che non contempli il maltrattamento e l’uccisione di animali quale grave reato di per sé e dalle gravi implicazioni sociali: culturalmente, professionalmente e giuridicamente non sarà in grado di prevenire, trattare e contrastare in modo efficiente ed efficace la violenza interpersonale ed il crimine in genere. “Le persone che commettono un singolo atto di violenza su animali sono più portate a commettere altri reati rispetto a coloro che non hanno abusato di animali. Come segnale di un potenziale comportamento antisociale, atti isolati di crudeltà nei confronti degli animali non devono essere ignorati da giudici, psichiatri, assistenti sociali, veterinari, poliziotti e tutti coloro che incappano in abusi su animali durante il proprio lavoro” Xxxxxx Xxxxxx (2000)10. Negli Stati Uniti e paesi anglosassoni in genere (Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Sud Africa) le consapevolezze scientifiche sul Link sono da tempo tradotte in pratiche operative supportando quotidianamente il lavoro di magistrati, avvocati, forze dell’ordine, assistenti sociali, criminologi, vittimologi, educatori, insegnanti, veterinari, ecc. Relativamente al riconoscimento da parte delle Forze dell’Ordine Internazionali, L’F.B.I. essendo la struttura cui compete l’investigazione e la repressione << dell’escalation massima >> del maltrattamento di animali quali sono i casi su umani di rapimento, violenza sessuale, assalto, omicidio, ha sempre considerato tale maltrattamento come potente indicatore di pericolosità sociale (Xxxxxxx et al., 198811; Xxxxxxxx e Church., 199612). Una novità in tal senso viene introdotta nel 2014 quando il maltrattamento di animali è elevato dall’F.B.I. da indicatore di pericolosità sociale a TOP CRIME, meritando quindi una specifica categoria di classificazione nel database nazionale dei crimini13. Negli U.S.A. pertanto dal 2016 tutte le segnalazioni di maltrattamento e/o uccisione di animali rilevate in ognuno dei 50 stati confluiscono nel National Incident-Based Reporting System (N.I.B.R.S.) in
10 X. Xxxxxx, The Web of Cruelty: What Animal Abuse Tells Xx Xxxxx Xxxxxx, XX Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
11 X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx, X Xxxxxxx, Sexual Homicides. Patterns and Motives, MA, Lexington Books, Lexington. 1988.
12 X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxx, Deadly serious: An FBI perspective on animal cruelty, Humane Society News, Fall, 27-30, 1996.
13 Federal Bureau of Investigation, UCR Program Quarterly, Criminal Justice Information Service Division, 2005.
cui il maltrattamento di animali è classificato “Crimine Contro la Società”. In tale sistema i maltrattamenti sono divisi in quattro categorie: negligenza, abuso intenzionale e tortura, maltrattamenti organizzati, abusi sessuali. L ’F.B.I. da inoltre una definizione ufficiale del maltrattamento di animali per cui si tratta di un << atto intenzionale premeditato o spontaneo, che consiste nel maltrattare o uccidere un animale senza ragione come la tortura, la mutilazione, l’avvelenamento o l’abbandono>>. L’esperienza dell’F.B.I. rispetto al Link ha fatto sì che anche le Polizie Locali e gli Enti Legislativi statunitensi cominciassero ad occuparsene. Per esempio nel 1990 solo sette stati americani prevedevano misure penali per violenza su animali, oggi in tutti i 50 stati il maltrattamento e/o uccisione di animali è considerato << felony laws >> ossia reato grave14. In merito alle Polizie Locali attualmente esistono Sezioni Speciali di Polizia (Animal Cops, Animal Control, ASPCA, RSPCA ecc.) che si occupano del maltrattamento di animali contemplando il Link. Alcuni dati del lavoro delle Polizie anglosassoni evidenziano che:
• Polizia di Xxxxxxx - XXX00:
il 35% delle indagini per maltrattamento di animali hanno portato alla scoperta di droga e/o armi; l'82% degli arrestati per maltrattamento di animali avevano precedenti per possesso di droga e/o armi; il 23% dei maltrattatori di animali sono stati arrestati anche successivamente per altri gravi reati.
• Polizia del Massachusetts - USA16:
il 70% dei maltrattatori di animali sono stati condannati anche per crimini violenti, possesso di droga, violazione di proprietà, disordini comportamentali.
• Polizia di Sidney - Australia17:
Dichiarazione: Il maltrattamento di animali è miglior indice di previsione di violenze sessuali rispetto a precedenti di omicidio, piromania o reati effettuati con armi. Prevenzione e/o condanna di assassini, stupratori di
14 Animal Legal Defens Fund, (xxxx://xxxx.xxx/xxxx/xxxxxxx-xxxxx-xxxxxx-xxxx-xxx-x-xxxxxxx-xxx-xxxxxxx/). 15 Chicago Crime Commission., RAV2: Reduce animal violence, reduce all violence: A program to amplify human and animal violence prevention and reduction by targeting dog fighting and animal cruelty. Action Alert, 1-5. August 2004.
16 X. Xxxxxx, X. Xxxx, Physical cruelty toward animals in Massachusetts, 1975-1996. Society and Animals 5(3), 195-204, 1997.
17 J. P. Xxxxxx, New South Wales police animal cruelty research project. Sydney, Australia: New South Wales Police Service 2002.
donne e bambini, piromani beneficiano enormemente dall'avere informazioni su precedenti di violenze su animali. Il 100% degli omicidi a sfondo sessuale hanno avuto precedenti di maltrattamento e/o uccisioni di animali.
• Polizia di Xxxxxxxx, Xxxxxx00:
Il 70% delle persone incriminate per maltrattamento di animali sono stati anche successivamente condannati per condotte violente, compreso l'omicidio.
Di seguito, sono elencati, alcuni programmi di addestramento realizzati da In the Line of Duty19 attualmente in dotazione alle forze dell’ordine statunitensi per contrastare il Link e palese testimonianza di come negli Stati Uniti le consapevolezze sul fenomeno siano tradotte in pratiche operative a contrasto del crimine in genere ed in particolare del crimine violento:
• Abuso su Animali: Perché i poliziotti possono e devono fermarlo.
• Pit Bull e combattimento tra cani.
• Cosa i cani cercano di dire ai poliziotti.
La Chicago Crime Commission ha preparato il programma "Ridurre la violenza su animali, Ridurre tutta la violenza"20. Il Dipartimento di Polizia di Boston ha preparato il programma “LINK UP”. Il Dipartimento di Polizia di Colorado Springs ha preparato il programma “DVERT – Domestic Violence Enhanced Response Team”21.
Il Maltrattamento di Animali nella Violenza Interpersonale
Uno dei tratti caratteristici del Link è l’impiego della crudeltà fisica su animali come strumento di violenza psicologica sulle persone. In altre parole si maltratta fisicamente un animale per colpire psicologicamente, emotivamente, affettivamente una persona. In tal caso dal punto di vista della vittima animale il maltrattamento è diretto e di ordine fisico e/o
18 X. X Xxxx, J. C. Knight, Experiences and needs of adult protective services case managers when assisting clients who have companion animals. Journal of Elder Xxxxx & Neglect, 12(3/4), 145-155, 2000. 19 In the Line of Duty (xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxx)
20 Chicago Crime Commission., RAV2: Reduce animal violence, reduce all violence: A program to amplify human and animal violence prevention and reduction by targeting dog fighting and animal cruelty. Action Alert, 1-5. August 2004.
21 DVERT – Domestic Violence Enhanced Response Team (xxxx://xxx.xxxxx.xxx).
etologico, dal punto di vista della vittima umana il maltrattamento è indiretto e di ordine psicologico. Il maltrattamento psicologico tramite l’infierire su un animale caro alla persona o l’esposizione alla violenza su animali in genere è un frangente del maltrattamento interpersonale estremamente traumatico per le vittime coinvolte. “Ricordo un mio paziente che è un veterano della guerra del Vietnam. Mi disse che era passato per l’inferno della guerra e riusciva ad affrontarne il ricordo. Ma quello che non riusciva ad accettare era il ricordo di suo padre che uccideva il suo cane quando lui era bambino” Xxxxxxx Xxxx (1999)22. “Xxxx, padre, sculacciava raramente Xxxxx. Quando lo faceva era abbastanza delicato. Ma altre sue punizioni erano terribilmente crudeli. Il ricordo infantile più intenso di Xxxxx era quello di suo padre che sparava al gattino” (Xxxxxx, Xxxxxx, 1988)23. Gli ambiti in cui questa dinamica viene agita sono la vendetta, la violenza domestica su donne e minori, lo stalking e in Italia le intimidazioni di stampo malavitoso. Per quanto riguarda la violenza domestica e lo stalking i partner abusatori minacciano di ferire o uccidere (o feriscono e uccidono) l’animale domestico per indurre la partner a restare, per punire la compagna che se ne sta andando o come metodo coercitivo per farla tornare a casa. In altre parole si minaccia o maltratta l’animale domestico per ammonire la vittima umana prospettandole di essere la prossima della lista. Non a caso le donne vittime di violenza intrafamiliare che hanno animali solitamente non se ne vanno di casa per non lasciare il pet in balia del partner abusatore (Xxxxxxxx et al., 2004). Tale dinamica quando si verifica (il dato italiano è nel 65% dei casi24) impedisce alle forze dell’ordine, servizi sociali, centri antiviolenza d’intervenire in modo tempestivo per salvare la vita delle vittime umane (donne e minori) coinvolti nell’abuso. In questi casi l’unico modo per convincere le donne a lasciare il proprio animale è saperlo al sicuro in un Rifugio per animali vittime di violenze domestiche e/o di vittime di violenze domestiche o portarlo con sé in un Rifugio che accoglie entrambe le
22 B. Boat, Abuse of children and abuse of animals. Using the links to inform child assessment and protection, 1999. In X. Xxxxxxx & X. Xxxxx, Child abuse, domestic violence and animal abuse: Linking the circle of compassion for prevention and intervention, West LaFayette: Purdue University Press.
23 X. Xxxxxx, A. S. Xxxxxx, Intimate Violence: The Causes and Consequences of Abuse in the American Family. New York: Xxxxx & Xxxxxxxx, Touchston Book, 1988.
24 X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxx, Report 2016. Zooantrolopogia della Devianza. Profilo Zooantropologico Comportamentale e Criminale del Maltrattatore e/o Uccisore di Animali. Manuale di Classificazione del Crimine su Animali, LINK-ITALIA (APS) & N.I.R.D.A. del Corpo Forestale dello Stato, dicembre 2016.
tipologie di vittime umane e animali25. Riassumendo, il maltrattamento di animali in ambito domestico oltre che una condotta da condannare di per sé costituisce un preciso indice di pericolosità per le donne e i minori presenti in famiglia che sono esposti ad atti violenti da parte del partner 7,6 volte in più dei contesti in cui gli animali non vengono minacciati o abusati (Xxxxx, 2011)26. “L’abuso di animali da parte di un membro della famiglia sia esso genitore o figlio, è spesso il segnale che si sta verificando un abuso su di un bambino” Xxxxxxx Xxxxxxxx (2006)27. “Chi tortura o uccide un animale è spesso violento anche nei confronti delle persone. Ne consegue che le condanne per maltrattamenti agli animali permettono di mettere i soggetti che compiono abusi su donne e minori in prigione o in terapia.” Xxxxx Xxxxx - Vice Procuratore Distrettuale N.Y. City (2000)28. Per quanto riguarda il Link a sfondo psicologico nella malavita organizzata uno dei più tremendi avvertimenti mafiosi consiste nello spedire a chi si deve intimidire o a chiunque abbia commesso un torto agli amici teste di agnello, pecora, capretto, cavallo, cane ecc. (...) La devono vedere tutti, la testa. Xxxxxx se i familiari e magari la moglie che ti va su di giri. Se sanguinolenta, significa che è fresca. Chi ti vuole male l’hai sul collo, dietro l’angolo. Ti controlla e può prenderti quando vuole. (GEAPRESS 2010)29. Nei paesi in cui si sono consolidate le conoscenze scientifiche sul Link vengono considerate predisposizioni particolarmente vittimogene le strategie d’intervento e i contesti istituzionali che non contemplano la crudeltà su animali come parte integrante la violenza interpersonale soprattutto in ambito domestico e di stalking. “Le donne hanno più probabilità di essere ferite in modo permanente, sfregiate o persino uccise dai loro mariti in quelle società in cui gli animali sono trattati con crudeltà. I criminali sono sottoposti a punizioni fisiche, i nemici catturati vengono torturati, gli uomini e le donne risolvono i conflitti con la violenza, le
25 Per l’Italia si veda il progetto nella sezione “Protezione Vittime” del sito xxx.xxxx-xxxxxx.xxx dell’Associazione LINK-ITALIA (APS): xxxxx://xxx.xxxx-xxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx-xxxxxxx/
26 C. P. Xxxxx, Woman's best friend: Pet abuse and the role of companion animals in the lives of battered women. Violence against Women, 6, 162-177, Sage Journal, 2000.
27 X. Xxxxxxxx, Prosecuting Animal Cruelty Cases: Opportunities for Early Resposnse to Crime and Interpersonal Violence, ASPCA 2006
28 X. Xxxxxxxx (2000): Das Link Pet Abuse, Domestic Violence, New York Daily News. Sunday, November 2005.
29 GEAPRESS, Testa di mafia. Addobbata, incartata e finanche chiodata. Il più sconvolgente degli avvertimenti mafiosi ha come oggetto un pezzo di animale, GEAPRESS 2010.
ragazze vengono sottoposte a cerimonie d’iniziazione dolorose, la gloria militare è fonte di orgoglio maschile” Xxxxx Xxxxxxx (1989)30.
I dati scientifici nazionali
Sul piano scientifico nazionale lo sviluppo di ogni considerazione, riflessione, linea guida oggi relativa al Link è conseguenza di una conoscenza del fenomeno che è il prodotto di tre fasi storiche anziché di due come concerne i paesi anglosassoni. Come accennato nel paragrafo precedente dalla fine dell’800 alla fine degli anni ’50 gli studi scientifici internazionali sul Link sono studi descrittivi limitati alla rilevazione, osservazione e descrizione del fenomeno in cui ci si imbatte solitamente in modo non intenzionale. Verso l’inizio degli anni ’60 sempre in ambito anglosassone, gli studi scientifici conoscono una seconda fase che potremmo definire di analisi statistica tradizionale in cui il Link, grazie alle molteplici descrizioni della fase precedente, viene studiato in modo mirato ed intenzionale. È la fase degli studi retrospettivi e/o longitudinali in grado di rilevare qualitativamente e quantitativamente il fenomeno evidenziandone caratteristiche e dinamiche grazie all’analisi di una o alcune variabili per volta. Dal 2011 in ambito Italiano l’impegno nello studio scientifico del Link subisce un ulteriore balzo in avanti con l’applicazione dell’Analisi delle Componenti Principali (P.C.A.)31 (Xxxxxxxxxx et al. 2012)32, metodo di Analisi Statistica Multivariata che non solo ne certifica l’esistenza nel nostro paese, ma consente di rilevare i dati nella loro complessità analizzando infinite quantità di variabili e consentendo di risolvere i problemi tipici delle fasi precedenti per cui: <<L’abuso su animali può variare per frequenza, per gravità e sull’essere un fenomeno cronico (per esempio si è verificato solo nell’ultima settimana o negli ultimi due anni?). Può andare dal molestare un animale a causa di uno sviluppo ancora immaturo (per esempio il bambino piccolo che tira il gatto per la coda) al torturare in modo grave gli animali (per esempio rubare gli animali dei vicini di casa e dar loro fuoco). Purtroppo la maggior parte
30 X. Xxxxxxxx, Family Violence in cross-cultural perspective, Xxxxxxx Xxxx, XX:Xxxx 0000.
31 X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxx, Report 2016. Zooantrolopogia della Devianza. Profilo Zooantropologico Comportamentale e Criminale del Maltrattatore e/o Uccisore di Animali. Manuale di Classificazione del Crimine su Animali, LINK-ITALIA (APS) & N.I.R.D.A. del Corpo Forestale dello Stato, dicembre 2016.
32 X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, Abusi su Animali e Abusi su Umani: complici nel crimine,
Xxxxxxxxx XX, Rassegna Italiana di Criminlogia, Società Italiana di Criminologia, 2012.
delle valutazioni sulla crudeltà verso gli animali manca di metodi di misurazione di queste importanti differenze>>; <<Ricapitolando, ricordate che lo studio scientifico concentrato sugli abusi su animali è un campo relativamente nuovo. Abbiamo visto che una delle difficoltà in questo campo è accordarsi su come definire l’abuso e la trascuratezza nei confronti degli animali, come stabilire quando una cosa è importante e quando è preoccupante e conservare l’attenzione alle variazioni culturali su come sono trattati diversi animali. Abbiamo anche visto che la mancanza di statistiche ampie nazionali sui casi esistenti e sui nuovi casi ci impediscono di valutare l’estensione di questo problema nella società americana. Ripensate come sembrasse invisibile il fenomeno della violenza sui bambini e la violenza domestica finché non abbiamo messo a confronto statistiche annuali sulla diffusione di questi problemi>> Xxxxxxx (2004)33. La P.C.A. (Principal Component Analysis) è una tecnica utilizzata nell’ambito della statistica multivariata per la semplificazione e organizzazione dei dati d’origine. Tale tecnica consiste in una trasformazione dei dati originali, espressi come una serie di “p” variabili per “n” campioni, in modo che gli stessi campioni siano espressi secondo delle nuove variabili chiamate appunto Componenti Principali (P.C.)34. Le nuove variabili hanno la caratteristica di condensare il più possibile l’informazione originariamente contenuta nei dati d’origine. L’utilizzo della
P.C.A. implica raccogliere tutte le variabili e i dati a disposizione senza seguire alcun criterio preselettivo e vedere cosa l’analisi seleziona. Eliminare ipotesi legittime ma soggettive è proprio il ruolo del metodo scientifico. I vantaggi della P.C.A. sono:
1. vengono valutate contemporaneamente tutte le possibili correlazioni tra le variabili e la loro importanza;
2. si possono avere visualizzazioni su un grafico che facilitano la comprensio- ne;
3. si visualizzano le eccezioni e i casi particolari, le cose fuori posto - per esempio se ci sono poche cose fuori posto e provengono tutte e solo dalla stessa fonte potrebbe esserci un problema di validità della fonte stessa;
4. si riducono le variabili importanti da considerare;
33 X. Xxxxxxx, Children and Animals: Exploring xxx Xxxxx of Kindness and Cruelty, Purdue University Press, 2004.
34 X. Xxxxxxxxxx, Introduzione alla Chemiometria. Edi-SES Edizioni, 2010.
5. emergono immediatamente le caratteristiche importanti.
Su un campione di 1087 Xxxx Xxxx analizzati dal 2011 di cui fanno parte anche i dati raccolti su un campione di 682 detenuti nelle carceri italiane, oltre all’analisi statistica dei dati abbiamo potuto rilevare tramite l’applicazione della P.C.A. 7 variabili principali e caratterizzanti il fenomeno Link (Xxxxxxxxxx, Xxxxx 2016)35. Al fine di una specifica raccolta dati per l’Italia abbiamo definito con Casi Link i casi di maltrattamento di animali in cui:
1. il maltrattatore ha compiuto o commette contemporaneamente anche altri atti devianti, antisociali e/o criminali;
2. il maltrattamento di animali è parte integrante di un altro crimine o atto deviante – omicidio, violenza sessuale, violenza domestica, stalking, atti intimidatori di stampo malavitoso, traffico di droga, abuso di sostanze psiocotrope, crimini rituali, ecc.;
3. il maltrattamento di animali è contemplato nelle parafilie classificate nel DSM V (APA) e ICD-10 (OMS) zoofilia erotica e bestialismo;
4. il maltrattatore è un minorenne coinvolto o meno in altre forme di devian- za o comportamento criminale;
5. il maltrattamento di animali è avvenuto al cospetto di un minore.
Le nuove variabili emerse sul Link tramite la P.C.A. risultano essere:
Variabile 1: Modalità distorta di ripristino della dignità: Il maltrattamento e/o l’uccisione di animali è una delle modalità distorte di ripristino della dignità da parte di coloro che subiscono gravi e sistematiche forme di umiliazione soprattutto nella minore età. Queste umiliazioni possono essere in seguito associate ad altri vissuti negativi tanto da indurre reazioni di difesa anche violente. Gli individui frustrati trasferiscono su altri soggetti il risentimento e la collera nei confronti delle persone che in origine gli hanno creato la frustrazione. I soggetti fonte di queste prime gravi frustrazioni come ad esempio i genitori, il gruppo dei pari ecc.,
35 X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxx, Report 2016. Zooantrolopogia della Devianza. Profilo Zooantropologico Comportamentale e Criminale del Maltrattatore e/o Uccisore di Animali. Manuale di Classificazione del Crimine su Animali, LINK-ITALIA (APS) & N.I.R.D.A. del Corpo Forestale dello Stato, dicembre 2016.
generalmente esercitano sui soggetti vittime un certo grado di controllo e potere psicologico che inibisce ritorsioni dirette. Le vittime sfogano quindi la propria collera su altre creature soprattutto se più deboli come da variabile n°2.
Variabile 2: Percezione della dimensione fisica della vittima animale a disposizione: Il maltrattamento avviene quando l’abusatore percepisce le dimensioni fisiche dell’animale come sufficientemente piccole da garantire un sicuro successo all’aggressione ma abbastanza grandi da soddisfarne l’impulso sadico. Banalizzando tendenzialmente un bambino di 7 anni maltratta lucertole, un bambino di 10 anni maltratta galline o gatti, un adolescente di 16 anni maltratta cani di piccola taglia, un uomo di 30 anni maltratta cani di media o grande taglia, mucche, pecore ecc. Questa nuova variabile tiene conto di numerose variabili iniziali (età, specie animale, zona del crimine, ecc.) evidenziando che la dimensione della vittima è sempre decisamente più piccola di quella dell’abusatore. L’uso dell’arma non appare importante nel senso che se la vittima è più piccola del carnefice e quindi facilmente maltrattabile, che ci sia arma o meno non conta ai fini dell’aggressione. Ciò non conta anche là dove l’uso di armi permetterebbe di agire violenze su animali di dimensioni maggiori in quanto, anche se con l’arma sarebbe tecnicamente fattibile aggredire un animale di grossa taglia, si incrudelisce tendenzialmente sull’animale più piccolo. Anche la specie animale e la zona in realtà non << hanno importanza >> nel senso che si maltratta tutto ciò che è abbastanza piccolo e a disposizione, quindi ad esempio galline in zona agricola e gatti in zona residenziale. In altre parole maltrattamenti di animali anche molto piccoli (lucertole, pulcini, insetti) possono poi portare a successivi gravi abusi su vittime animali, umane e/o allo sviluppo di altre tipologie di devianze. Dalla P.C.A. emerge che non solo i bambini, ma tutti gli abusatori maltrattano:
1. ciò che sia sufficientemente piccolo da essere facilmente predato ma sufficientemente grande da soddisfare il bisogno sadico - predatorio;
2. ciò che sia a disposizione, quindi accessibile;
3. con qualunque arma possibile.
A posteriori il buon senso e l’esperienza possono facilmente accettare questo dato ma a priori non sarebbe stato possibile dimostrarlo scientificamente e qualsiasi ipotesi sarebbe stata legittima e non scartabile.
Variabile 3: Relazione tra intimità e brutalità nei reati su vittime umane: La brutalità su umani è correlata alla vicinanza relazionale degli stessi. Fra i casi raccolti là dove la relazione abusatore e vittima non è stretta (quando cioè si tratta di semplici conoscenti, compagni di scuola ecc.) vengono agiti reati con modalità non estremamente brutali. Al contrario i reati più efferati fra umani (tortura e/o omicidi cruenti) avvengono quando la relazione è stretta/intima, ad esempio tra partners e/o genitori e figli. Tale nuova variabile (la relazione tra abusatore e vittima), conserva e raggruppa i dati su età, stile di vita, zona del crimine, ecc. evidenziando la tendenza comune a casi tra loro anche molto diversi. Nei casi di atti persecutori o intimidatori e nella violenza domestica dove l’intimità tra vittima e carnefice è << forte >>, gli atti di crudeltà su animali inflitti come strumento di violenza psicologica sulle vittime umane tendono ad essere particolarmente efferati.
Variabile 4: Link tra crudeltà su animali e violenza interpersonale: Esiste una forte correlazione tra abusi su animali e abusi su umani, questo dato è fondamentale per il proseguo della ricerca in quanto per la prima volta dimostrato in Italia. Tale variabile è indubbiamente già percepita reale da alcuni operatori del settore ma negata da altri che ancora sostengono la mentalità del “(...) non si preoccupi signora se suo marito picchia il gatto può stare tranquilla, non si sfogherà su di lei (…)” e la mentalità del “tanto sono solo animali”. La maggior parte dei dati si riferisce ai casi dove un abuso su animali corrisponde un abuso simile sull’uomo (ad esempio abusatori che picchiano animali a mani nude picchiano i figli allo stesso modo, carnefici che sparano al cane sparano alla moglie, aggressori che accoltellano animali accoltellano anche umani, ecc.).
Variabile 5: Nulla è trascurabile: Questa variabile racchiude tutti quei casi dove l’abuso su animali è imputabile ad un singolo episodio ma l’abusatore ha successivamente effettuato uno o più gravi reati su vittime
umane per esempio gravi abusi fisici fra cui abusi sessuali. Risulta quindi importante segnalare che anche singoli e/o << esigui >> maltrattamenti di animali possono portare a successivi gravi abusi su vittime umane.
Variabile 6: Tendenzialmente il comportamento violento su animali non regredisce spontaneamente: Il maltrattamento di animali condotto a qualsiasi età non regredisce spontaneamente tendendo a variare nel tempo tramite una escalation in negativo. Quest’ultima può implicare una sempre maggiore espertizzazione sugli animali parallelamente allo sviluppo di altre tipologie di comportamenti antisociali e/o criminali. In particolare il maltrattamento di animali agito nella minore età è un comportamento che non regredisce spontaneamente con la maturità.
Variabile 7: Abuso su animali come tirocinio di violenza sull’uomo: Questa variabile racchiude i casi simili dove gravi abusi su vittime umane sono avvenuti dopo numerosi abusi su animali. Risulta quindi ancora più importante segnalare che se l’abuso su animali viene reiterato, aumenta immediatamente la pericolosità sociale dell’abusatore. Nella continuazione della ricerca si cercheranno quindi quantificazioni precise del fenomeno. Si evidenzia che non è ancora dato sapere quanto la tendenza a passare dalla vittima animale alla vittima umana sia una escalation dove si parte da un <<esiguo>> abuso su un animale aumentando via via numero di animali ed efferatezza del reato per poi arrivare all’abuso su umani e/o alla messa in atto di altre condotte illegali e quanto sia un salto di livello in cui si passa direttamente da un
<<esiguo>> o meno abuso su un singolo animale ad un grave abuso su una persona e/o altro atto criminale in genere. In tal senso evidenzio quindi che per i dati scientifici già esistenti e fosse solo per il << principio di precauzione >> il maltrattamento e/o l’uccisione di animali non possono, in nessun modo, non essere considerati anche nelle implicazioni di pericolosità sociale. In merito al principio precauzionale le linee guida potrebbero essere così riassunte: “qualora una valutazione scientifica evidenzi la presenza di rischi connessi allo svolgimento di certe attività, anche se, vista l’insufficienza o la contraddittorietà dei dati scientifici a disposizione, gli stessi non possono essere interamente dimostrati, né può essere precisata con esattezza la loro portata, il principio di precauzione
impone nondimeno di adottare tutte le misure necessarie per azzerare o contenere la minaccia in questione, giungendo, se necessario, all’astensione dallo svolgimento dell’attività rischiosa. Specie nel caso in cui il rischio sia relativo a beni di rilevanza primaria, quali l’ambiente o la salute umana, l’assenza di certezza scientifica non può costituire un pretesto per la mancata o la tardiva adozione delle misure adeguate al contenimento del rischio”36.
Aspetti critici della realtà italiana
Interpretare il maltrattamento di animali come sintomo di una situazione esistenziale patogena e grave indicatore di pericolosità sociale non significa prospettare l’intuizione illuminata di una particolare scuola di pensiero poiché essa ha già ottenuto il massimo riconoscimento istituzionale in ambito accademico (Utah University, Northwestern University, Massachussetts University, Harvard University, Florida University, American Psychiatric Association, World Health Organization, Australian Psychological Society ecc.) e investigativo giudiziario (Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention (O.J.J.D.P.), Scotland Yard, New South Wales Police Force (Australia NSW Police Force), Canadian Police, ecc. Nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-III-R 1987)37 dell'Associazione Psichiatrica Americana e nell’International Classification of Mental and
36 In assenza di una definizione univoca del principio, si rinvia alle considerazioni svolte in Comunicazione della Commissione sul Principio di Precauzione, COM (2000) 1 febbraio 2002, consultabile su: xxxx://xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx_xxxxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxx_xxxxxx/x00000_xx.xxx.
Il documento, con particolare riferimento alla portata del principio in ambito comunitario, chiarisce (§ 3) che lo stesso «comprende quelle specifiche circostanze in cui le prove scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni, ricavate da una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che esistono ragionevoli motivi di temere che gli effetti potenzialmente pericolosi sull’ambiente e sulla salute umana, animale o vegetale possono essere incompatibili con il livello di protezione prescelto». La consacrazione del principio a livello internazionale viene di solito individuata nell’art. 15 della Dichiarazione approvata a conclusione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992: «al fine di proteggere l’ambiente, gli Stati applicheranno largamente, secondo le loro capacità, il metodo precauzionale. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale»: cfr. TREVES, Il diritto dell’ambiente a Rio e dopo Rio, in Riv. giur. amb., 1993, p. 578-579 e Comunicazione della Commissione, cit., § 4.
37 AAVV, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4th. Edition. American Psychiatric Association, 2004.
Behavioural Disorders (ICD-10, 1996)38 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) la crudeltà fisica su animali è stata inserita tra i sintomi del Disturbo della Condotta (D.C.) il quale è l’anticamera del Disturbo Antisociale di Personalità. Prima che la crudeltà fisica su animali fosse inserita nel D.C. un clinico, un educatore professionale, un assistente sociale, un appartenente alle forze dell’ordine relativamente alla domanda “questo paziente/utente/autore di reato è mai stato violento con un animale?”, avrebbe potuto decidere se porsela oppure no esclusivamente in base al proprio giudizio personale. Ora è evidente che la decisione sia
<< d’obbligo >> e su giudizio istituzionale. D’altra parte è altrettanto evidente che in Italia tale << obbligo >> venga estremamente sottovalutato o nemmeno preso in considerazione, in pratica gravemente disatteso. I maltrattamenti di animali infatti pur essendo contemplati nell’ordinamento giuridico penale come delitti, essendo considerati reati minori non vengono né catalogati, né classificati in forma specifica nelle raccolte dati ministeriali facendo perdere di conseguenza sia la percezione delle crudeltà sugli animali sia la percezione delle implicazioni sociali di cui questi maltrattamenti sono portatori. Proprio quelle implicazioni che indirizzano e danno forma alle politiche criminali. Impostare un’indagine di politica criminale significa ritenere possibile l’individuazione delle principali cause del delitto. Ciò è possibile però solo se si conoscono tutti i fattori che determinano il delitto stesso. Un’altra situazione paradossale che caratterizza il nostro paese sta nel fatto per cui se negli Stati Uniti la cartina tornasole estrema del Link è costituita dai Serial e Spree Killer, in Italia è costituita da un’organizzazione che il Link lo conosce e lo applica da sempre in modo << scientifico >> e negativo per perseguire i propri scopi ossia la malavita organizzata. Quest’ultima (mafia, camorra, ‘ndrangheta) riconoscendo il valore del Link e applicandolo costantemente tramite la cosiddetta pedagogia nera nell’iniziazione dei minori alla vita delinquenziale tramite uno serrato tirocinio di crudeltà su animali (fenomeno definito zoocriminalità minorile)39 dimostra di avere, culturalmente parlando, un’arma in più per perseguire i propri scopi rispetto al mondo istituzionale, professionale e civile, ancora invischiato
38 AAVV, International Classification of Mental and Behavioural Disorders, World Health Organization, 1996.
39 X. Xxxxxxx, Il maltrattamento organizzato di animali. Manuale contro i crimini zoomafiosi., LAV 2016.
nella pericolosa mentalità del “tanto sono solo animali”. In questo panorama si inserisce il Progetto LINK-ITALIA40 che dal 2009 lavora sul fronte culturale, scientifico e operativo con l’obiettivo di portare l’Italia al livello dei paesi anglosassoni sul tema. “Le scuole, i genitori, le comunità e le corti di giustizia che reputano gli abusi sugli animali un crimine minore, non fanno altro che ignorare una bomba ad orologeria” National Society for the Prevention of Cruelty to Children & Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals, (2001-2003)41.
Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, è una Educatrice professionale, laureata presso l’Università di Bologna. Attualmente lavora in una comunità per minori. E’ Presidente dell’Associazione LINK-ITALIA (APS) per cui organizza e presenzia in convegni, conferenze e corsi di formazione sul LINK, dirigendo anche innovativi progetti di ricerca.
41 Citazione in X. Xxxxxxx, Children and Animals: Exploring xxx Xxxxx of Kindness and Cruelty, Purdue University Press, 2004.
IL MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI COME SEGNO COMPORTAMENTALE PRODROMICO A CRIMINI SERIALI E ALTRE GRAVI FORME CRIMINALI.
D.ssa XXXXXXXX XXXXXX (Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Responsabile area Psicologia del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia).
La vera prova morale dell’umanità è rappresentata dall’atteggiamento
verso chi è sottoposto al suo dominio: gli animali. E sul rispetto nei confronti degli animali, l’umanità ha combinato una catastrofe,
un disastro cosi grave che tutti gli altri ne scaturiscono”
Xxxxx Xxxxxxx
Evoluzione della Violenza sugli animali
La violenza verso gli animali e quella diretta verso gli esseri umani hanno in comune diversi aspetti come il fatto di individuare una vittima, provocarle dolore e/o torturarla fino a causarne la morte. Per diversi anni la violenza su animali è stata sottovalutata e non veniva considerata come un “indice” o “segnale” di un potenziale comportamento antisociale e/o di pericolosità sociale. Invece dopo numerosi studi ci si è resi conto che chi usa la violenza con un animale, non lo fa solo con lui, ma generalmente la mette in atto contro una moglie, un figlio, un estraneo. Alcuni videogiochi attuali hanno come obiettivo compiere atti di violenza gratuita su persone e animali dando poi luogo ad azioni violente nella realtà. Alcuni di questi comportamenti non vengono condannati e considerati in modo negativo, anzi vengono premiati in alcune sottoculture devianti. Ciò accade, per esempio, quando viene richiesto a dei soggetti di compiere atti di “pet cruelty” per dimostrare di essere coraggiosi e guadagnarsi un ruolo di leadership in un gruppo. Secondo l’FBI chi maltratta un animale è predisposto anche alla violenza domestica e agli abusi sui minori. Per quanto riguarda la violenza sulle donne è stato peraltro accertato che chi ha messo in atto tali maltrattamenti e violenze spesso aveva ferito o ucciso animali domestici. Malgrado ciò per anni c’è stato poco interesse e coinvolgimento istituzionale e legislativo verso le forme di violenza sugli
animali per un’errata credenza che essi fossero casi isolati e con poche conseguenze. È noto che la criminalità organizzata utilizzi gli animali per allenare minori alla delinquenza attraverso processi di desensibilizzazione e deumanizzazione facendoli prima affezionare a degli animali e poi costringendoli ad ucciderli. Ciò ha l’obiettivo di creare una distanza tra vittima e autore in modo tale da non provare emozioni e/o empatia per le vittime, arrivando ad uno stato di dissociazione tra emozione e fatto/reato.
Violenza assistita e violenza agita nell’infanzia
Numerosi studi hanno contribuito a comprendere che i bambini che assistono a maltrattamenti e ad atti violenti sugli animali spesso tendono a rimettere in atto quanto osservato verso i più deboli, oltre che verso gli animali. Regolarmente questa forma di esposizione alla violenza, detta violenza assistita, avviene in famiglia, dove magari ci sono anche altre forme di violenza e multi problematicità. La famiglia è il luogo principale in cui l’essere umano cresce e impara a gestire i comportamenti, le emozioni e i sentimenti e dove si sviluppano i tratti che costituiscono la sua personalità. La personalità si sviluppa a partire da una base innata, geneticamente determinata, e dalle prime esperienze di attaccamento e relazione, insieme a fattori ambientali e culturali. I primi anni di vita sono determinanti e se all’interno dell’ambiente familiare è normale e condiviso maltrattare gli animali e/o le persone, con grande probabilità questo atteggiamento verrà emulato e fatto proprio dal bambino che lo recepirà come normale. Quindi l’educazione e il rispetto per gli animali è alla base di uno sviluppo empatico, altruistico e all’accettazione alla diversità. Il legame tra minori, animali e violenza può manifestarsi attraverso tre differenti percorsi:
• La violenza gratuita esercitata dal minore sull’animale.
• La violenza manifestata sull’animale da un adulto con conseguenze di natura psicologica a carico del bambino spettatore.
• La violenza dell’adulto nei confronti dell’animale a cui il bambino è affezionato con lo scopo di punire il bambino (Rovetto, 2016).
In tutti i casi sopracitati il bambino esercita e assiste ad azioni di violenza che per lui tenderanno ad assumere carattere di normalità e verso cui lui stesso si percepirà meno sensibile. L’uccisione degli animali non deve
associarsi al divertimento o alla crudeltà e attualmente sono vietati combattimenti tra gli animali che però continuano ad avvenire clandestinamente in quegli ambienti che poi originano una cultura deviante spesso connotata da disturbi e comportamenti antisociali. Quindi spesso il maltrattamento sugli animali è uno dei tanti episodi di violenza, e non un caso isolato, in cui sono presenti altri maltrattamenti e forme associate di sopruso.
Violenza sugli animali e serial killer
Dall’analisi della storia di molti serial killer e sex offenders è emerso il bisogno e la ricerca, durante l'infanzia, di fare del male agli animali. Un aspetto importante che va precisato è che non bisogna confondere queste esperienze con i comportamenti di normale curiosità che spesso spingono i bambini piccoli, soprattutto maschi, a staccare la coda alle lucertole o a schiacciare le formiche. La differenza riguarda l’obiettivo con cui ciò viene attuato, che non consiste nel procurare dolore e sofferenza ma nello scoprire cosa accade e come un animale muore; quindi si tratta di una curiosità sulle conseguenze delle azioni. L'abuso sugli animali compiuto da bambini può infatti variare per quanto riguarda la frequenza, la durezza, la cronicità e la tipologia. I comportamenti vanno infatti dall'infastidire un animale da parte di un bambino con uno sviluppo immaturo (per esempio, un bambino molto piccolo che tira la coda ad un gattino oppure che continua a tirare oggetti contro un cane per innervosirlo) a gravi torture (per esempio, rubare gli animali domestici dei vicini e dar loro fuoco o legargli un piccolo esplosivo e farli esplodere). Fin dal 1953 l'etologo e piscoanalista inglese Xxxxxx riconosceva che "La crudeltà verso gli animali e verso gli altri bambini è un tratto caratteristico, sebbene non comune, dei delinquenti non empatici". (Xxxxx Xxx Xxxxx, 2012). La crudeltà fisica nei confronti degli animali è stata riconosciuta successivamente da varie associazioni di psichiatri e studiosi del crimine e attualmente il DSM V del 2015 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Il DSM V, che ha sostituito il precedente DSM IV, la inserisce fra i sintomi indicativi del disturbo della condotta sui minori già visibile a sei anni e mezzo d’età e che rappresenta un concetto di predittività del Disturbo antisociale di personalità nell’adulto.
DSM V e disturbo della Condotta
Nel DSMV gli atti di crudeltà verso gli animali possono identificare un disturbo della condotta che spesso è accompagnato da altre criticità di comportamento che sono la prepotenza, l’utilizzo di armi, la crudeltà con le persone, l’uso di minacce, gli abusi. Il disturbo della condotta se insorge prima dei 15 anni è un prerequisito per poi diagnosticare nell’adulto un disturbo antisociale di personalità. Il disturbo della condotta è rappresentato da quei comportamenti ripetitivi e persistenti in cui i diritti degli altri o le regole della società vengono violate e trasgredite. Sempre nel DSM V nel Disturbo esplosivo-intermittente tra i comportamenti indicati per il soddisfacimento della diagnosi troviamo “ricorrenti comportamenti esplosivi che rappresentano un’incapacità nel controllo degli impulsi aggressivi” ed in particolare “aggressività (ad esempio comportamento “capriccioso”, polemiche, discussioni, o risse) o aggressioni fisiche verso proprietà animali o altri individui per almeno 2 volte a settimana, in media per un periodo di 3 mesi” (DSM V, 2014). In questo caso le aggressioni fisiche non provocano lesioni ad animali o altri individui. Vi è un altro criterio in cui possono essere presenti invece 3 comportamenti esplosivi includendo danno o distruzione di proprietà e/o assalto fisico contro animali o altri individui verificati negli ultimi 12 mesi. Tra i fattori predittivi nel comportamento criminale vi è quindi una costante che è quella che è stata riscontrata in molte storie note di serial killer. Tra questi sicuramente uno dei casi più significativi e conosciuti riguarda Xxxxxxx Xxxxxx, che da bambino ha mostrato un forte interesse nel smembrare cuccioli. Da adulto è stato accusato di aver ucciso e smembrato almeno sedici persone. Xxxxxx è solo un esempio, ma sono numerosissimi i casi confermati e studiati che hanno messo in correlazione il maltrattato e l’uccisione degli animali con altre forme di violenza e reati. Uno studio svolto dalla North Eastern University e il Massachusetts SPCA, ha scoperto che le persone che maltrattano gli animali, rispetto alle persone che non lo fanno, hanno il 5% in più di probabilità di compiere azioni sugli esseri umani. Nell'infanzia e nell'adolescenza di molti serial killer si riscontrano i seguenti comportamenti comuni, raggruppati sotto il nome Triade di MacDonald:
1. enuresi
2. piromania
3. l'aver commesso torture sugli animali.
I serial killer, dunque, mostrano molto precocemente la mancanza di empatia che li porta da adulti ad accanirsi sugli esseri umani, ridotti a giocattoli come lo erano gli animali che hanno torturato da bambini. Riportiamo di seguito la biografia essenziale di alcuni serial killer, o presunti tali, che durante l'infanzia e/o adolescenza hanno torturato animali, spesso finendo con l'ucciderxx.
Xxx Xxxxx, (Burlington, 24 novembre 1946 – Starke, 24 gennaio 1989) serial killer statunitense, autore di almeno 30-35 omicidi ai danni di giovani donne negli Stati Uniti tra il 1974 e il 1978. Fu definito il "killer dei campus" perché spesso cercava le sue vittime tra le studentesse universitarie fuori sede. Il suo aspetto affascinante lo rendeva particolarmente attraente agli occhi delle vittime e spesso utilizzava dei travestimenti fingendosi “invalido” per sembrare maggiormente inoffensivo. Condannato per due omicidi ma sospettato di aver ucciso più di 40 donne, da bambino è stato testimone di atti di violenza da parte di suo padre ai danni di animali. Anche lui, seguendo l'esempio del padre, ha ammesso di averne torturati diversi.
Xxxxxx Xxxxxxx (meglio conosciuto come lo Strangolatore di Boston) è stato un criminale statunitense che terrorizzò la città di Boston uccidendo 13 donne. Il padre era un violento alcolizzato che arrivò a far perdere tutti i denti alla moglie e a spezzarle diverse dita durante una lite particolarmente accesa, finendo anche due volte in carcere per maltrattamento prima di divorziare definitivamente nel 1944. L'uomo inoltre costringeva il figlio ad assistere ai rapporti sessuali che aveva con delle prostitute. Da bambino, XxXxxxx si divertiva a torturare gli animali, e da adolescente iniziò a praticare piccoli furti, incominciando quindi a commettere reati fin da piccolissimo. Da bambino utilizzava trappole per cani e gatti, poi dopo averli catturati li colpiva con le frecce e si divertiva a lanciargliele contro attraverso le sbarre.
Xxxxxx Xxxx Xxxxxx (Burbank, 18 dicembre 1948) è un serial killer statunitense, autore di omicidi di numerose giovani donne negli Stati Uniti
tra il 1972 ed il 1973. È stato condannato per aver ucciso xxxx donne, tra queste la propria madre. Conosciuto anche semplicemente come "Xx Xxxxxx" o "Co-ed Killer", è uno dei serial killer più efferati della storia americana. Iniziò la sua vita criminale sparando ad entrambi i suoi nonni quando aveva quindici anni. Successivamente Xxxxxx uccise e smembrò sei autostoppiste nella zona di Santa Xxxx. Infine assassinò sua madre e una delle amiche di lei, prima di costituirsi egli stesso alla polizia poche ore dopo gli omicidi. Quando era appena tredicenne, si divertiva a uccidere i gatti del quartiere, poi metteva le loro teste sui pali per esporle come trofei. Xxxxxx ha ucciso anche il suo gatto, l'ha decapitato e fatto a pezzettini. Questa fu la stessa cosa che fece a sua madre dopo averla uccisa.
Xxxxx Xxxxxxxxx, (New York, 1º giugno 1953) fu un noto serial killer statunitense che operò a New York tra il 1976 e il 1977, anche se è più noto con i soprannomi Figlio di Xxx o Il killer della calibro 44. Inizialmente aggrediva e feriva le sue vittime con un coltello e successivamente con la pistola tant’è che la stampa lo definì "The 44 Caliber Killer". Le donne coinvolte nelle sue sparatorie erano tutte giovani con i capelli lunghi e scuri o giovani coppie, sempre colpite nei parcheggi. Secondo gli psicologi l'uomo aveva delle problematiche psichiatriche, forse era afflitto da schizofrenia. Ha confessato l'uccisione di 6 persone e il ferimento di molte altre a New York tra il 1976 e il 1977. Il suo caso è ancora aperto perché si sospetta la presenza di complici negli omicidi. È stato giudicato colpevole di tredici omicidi e tentati omicidi. Aveva l'abitudine di abusare dei cani del quartiere. Ha sparato al cane del vicino perché, secondo lui, una ”forza del male" lo costringeva a uccidere.
Xxxxxx Xxxxxxx (San Diego, 31 agosto 1969 – Miami, 23 luglio 1997) è stato un serial killer statunitense. La carriera criminale di Xxxxxxx si concentrò tutta nei suoi ultimi tre mesi di vita (1997). Fino ad allora aveva condotto una vita abbastanza tranquilla, poi all’improvviso si trasformò in un assassino, uccidendo alcuni dei suoi amanti più intimi. Probabilmente ciò è stato scatenato anche per il fatto che in quel periodo iniziò l’uso di cocaina ed eroina e incominciò a spacciare. Il primo omicidio avvenne verso la fine di aprile, ai danni del suo ex amante Xxxxxxx Xxxxx, 28 anni
(massacrato a colpi di martello sul cranio). Il 3 maggio, invece, sparò con una calibro 40 l'architetto Xxxxx Xxxxxx (33 anni). Poi si spostò dal Minneapolis (luogo dei primi due omicidi) a Chicago, torturando (fino ad uccidere) il 75enne Xxx Xxxxxx, costruttore edile. Il 15 luglio si spostò a Miami, dove, con un colpo di pistola, assassinò il famoso stilista Xxxxxx Xxxxxxx, freddato in pieno giorno davanti alla porta della sua abitazione. Le sue motivazioni restarono sempre sconosciute. Xxxxxxx amava prendere i granchi poi bruciava i loro occhi con un fiammifero acceso. Guardava gli occhi sfrigolare poi lasciava liberi i granchi.
Xxxxxxx Xxxxxx, per la precisione Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxx (West Allis, 21 maggio 1960 – Portage, 28 novembre 1994) è stato un serial killer statunitense, noto più come “Il cannibale di Milwaukee” o “Il mostro di Milwaukee”. Fu responsabile di diciassette omicidi avvenuti tra gli anni ’80 e ’90 con modalità particolarmente violente e con atti di violenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento. A partire dai 6 anni di età Xxxxxx sviluppò un carattere introverso e apatico, incominciando a collezionare resti di animali morti che usava seppellire nel bosco situato dietro l'abitazione dei genitori o per fare degli scherzi a scuola. A sedici anni cominciò inoltre a coltivare fantasie sessuali in cui l'oggetto del desiderio erano persone morte, nonché ad abusare di alcool. Da bambino impalava cani e conficcava chiodi nel corpo dei gatti.
Xxx Xxxxxx nato il 30 agosto 1982 a Springfield (Oregon) negli Stati Uniti. È diventato noto nel mondo criminologico il 21 maggio 1998 quando aveva solo 15 anni e assassinò i suoi genitori sparandoli con un fucile e subito dopo si recò a scuola sparando nel refettorio sugli studenti, ammazzandone 2 e ferendone 22. Quando avvenne il fatto il ragazzo stava assumendo Prozac e Ritalin perché era in terapia per problematiche comportamentali e stava frequentando anche dei corsi di "gestione della rabbia”. Dopo l’arresto in carcere tentò di aggredire un poliziotto di guardia con un coltello. In precedenza si era vantato di aver decapitato gatti, vivisezionato scoiattoli e fatto saltare in aria una mucca. I suoi compagni lo vedevano come un tipo strano, che uccideva gli animali per provare piacere. Tra le violenze che era solito praticare quella di prendere gli scoiattoli ancora vivi e torturarli infilandogli nel sedere petardi accesi.
Xxxxx Xxxxxx (1883-1932) (Distretto di Xxxxxxx, 00 maggio 1883 – Colonia, 2 luglio 1931) è stato un serial killer tedesco e venne soprannominato "Il vampiro di Düsseldorf", dalla città in cui commise i crimini. Fece almeno 30 omicidi tra uomini, donne e bambini, usando armi bianche, come forbici e coltelli. Fin da quando era bambino mostrò segni di squilibrio e incominciò ad uccidere già all'età di 9 anni, nel 1892, quando Kürten finse di affogare mentre stava su una zattera con un amico. Quest'ultimo si lanciò in suo soccorso e Xxxxx lo affogò. Ha avuto un'infanzia di violenze; il padre, alcolizzato, obbligava la madre ad avere rapporti sessuali di fronte ai figli. Xxxxxx iniziò a fare amicizia con un vicino di casa, un accalappiacani. Egli però era un perverso, insegnò a Xxxxxx come masturbarsi e come torturare gli animali. Il vampiro di Düsseldorf crebbe in un ambiente così perverso che iniziò ad avere rapporti sessuali con gli animali. Si accorse poi che era ancora più eccitante se pugnalava gli animali durante il rapporto sessuale. Tra gli animali che torturò e uccise: cani, galline, agnelli e caprette.
Xxxxx Xxx Xxxxx (Xxxxxxxxxx, 23 agosto 1936 – Huntsville, 12 marzo 2001) è stato un serial killer statunitense. È stato accusato di ben 214 omicidi anche se fece diverse confessioni lui stesso e successivamente parlò di 600 omicidi. Quelli accertati sono almeno 11. Il padre era un alcolizzato e invalido, aveva perduto le gambe e sopravviveva vendendo whisky di contrabbando. La madre, Xxxxx, era una prostituta e portava a casa la maggior parte dei guadagni e spesso si prostituiva davanti al figlio. Xxxxx crebbe in una casa fatiscente senza acqua e luce, isolato dal resto della comunità, in un clima di estrema povertà e violenza. La madre lo maltrattava picchiandolo e lo insultava fin dalla più tenera età. Lo costringeva, insieme con il fratello xxxxxxxx Xxxxxx e con il padre invalido, ad assistere mentre lei si prostituiva e si divertiva a mandarlo a scuola senza scarpe e con i segni dei pestaggi. Il primo giorno di scuola lo vestì come una bambina e per lui fu molto umiliante. Un giorno la madre lo colpì con un pezzo di legno e il colpo fu talmente violento che gli aprì una ferita in testa fino all’osso e lo mandò in uno stato comatoso per tre giorni. In seguito il bambino ebbe un altro grave incidente e perse la vista dall’occhio sinistro. Poiché era lui che si occupava del padre invalido, conobbe presto il piacere del whisky e a soli dieci anni era già un
alcolizzato. Il suo primo rapporto sessuale fu con un vitello morente, che un suo amico aveva sgozzato sotto gli occhi sconvolti di Xxxxx. L’associazione crudeltà-sesso scattò facilmente, e Xxxxx iniziò a usare per i suoi sadici esperimenti sessuali degli animali, soprattutto cani. Quando era piccolo aveva tagliato la gola di animali vivi e aveva catturato spesso piccoli animali per scuoiarli ancora vivi.
Xxxxx Xxxx, nato il 14 ottobre 1953 a Kenova, nel West Virginia, noto anche come Xxxxxx Xxx Xxxx e Xxxxxx Xxxxxx Xxxx. È un serial killer americano. È nato con un cromosoma X in più che causò la crescita dei seni durante la pubertà, per la quale è stato pesantemente preso in giro. Da piccolo ha avuto diverse ferite alla testa e aveva una relazione disfunzionale con sua madre; dormì nel suo letto fino all'adolescenza e si risentì per i suoi numerosi fidanzati di breve durata. Si sposò con una ragazza del liceo nel 1974, con la quale ebbe due figli e con cui non ebbe mai un buon rapporto e quindi presentò istanza di divorzio nel 1980. Prima di iniziare la sua carriera da serial killer Xxxx aveva commesso almeno 50 stupri. Adescava le sue vittime rispondendo agli annunci di piccoli elettrodomestici. Fu condannato per stupro e nove omicidi, e tra le sue azioni criminali ha torturato e aggredito sessualmente il cane di famiglia.
Xxxxxxx Xxxxxxx, o Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx Xxxxxxx (El Paso, 29 febbraio 1960 – Carcere di San Quintino, 7 giugno 2013) è stato un serial killer statunitense. Soprannominato dai media "Night Stalker", il cacciatore della notte, uccise almeno 14 persone dal 1984 al 31 agosto 1985, anno della sua cattura. È stato condannato nel 1989 alla camera a gas per 41 crimini, tra cui 14 omicidi ma morì prima della sua esecuzione vista la prematura morte dell'assassino. Anche Xxxxxxx ha trascorso gli anni in prigione, come Xxxx Xxxxx Xxxx, dipingendo quadri molto richiesti. Il "night stalker" che vanta 13 vittime accertate, fu convinto da suo cugino Xxxx, reduce del Vietnam atrocemente segnato dall'esperienza della guerra, che uccidere fosse la cosa più eccitante del mondo, perché "ti dava il potere e ti faceva sentire un dio". I due insieme vedevano foto di mutilazioni e torturavano animali.
Xxxxxx Xxxx Xxxxxxxxx, (Kittery, 6 giugno 1945 – Xxxxxx, 00 novembre 2008) è stato un serial killer statunitense. Commise la maggior parte dei suoi crimini quando, dopo essere stato rilasciato in seguito all'omicidio colposo di due bambini, uccise una serie di donne. Da piccolo aveva subito violenze e abusi da parte di alcuni dei suoi familiari, tra cui la madre, la zia e la sorella. Era soprannominato il "Xxxxxxx River Killer", dall'età di 8 anni fino all'adolescenza intrattenne relazioni di sesso orale sia con bambini maschi che femmine, e con animali da allevamento. Uccise una gallina durante un "gioco sessuale".
Xxxxxxx Xxxxxxx, (1941 –1986) passò alla cronaca per il suo attacco all'ufficio postale di Edmond, in Oklahoma, il 20 agosto 1986. Durante una furia omicida che è durata meno di quindici minuti, Xxxxxxx Xxxxxxxx ha inseguito venti colleghi di lavoro, uccidendone quattordici, prima di suicidarsi. L'attacco di Xxxxxxxx ha ispirato la frase americana "going postal". Egli era solito rubare piccoli animali del vicinato e permetteva al suo cane di attaccarli e mutilarli.
Xxxx Xxxxxxx (nato il 5 febbraio 1981) è considerato un killer americano che nel Mississippi, nel 1997 uccise 3 persone, tra cui la propria madre, e ferì altre 7 persone. Il 1° ottobre 1997 Xxxx Xxxxxxx, allora sedicenne, picchiò brutalmente e pugnalò a morte sua madre, Xxxx Xxxxxxx. Quando fu processato in tribunale, affermò di non ricordarsi di aver ucciso sua madre. Dopo averla uccisa andò alla sua scuola superiore Pearl High School, indossando un lungo cappotto per nascondere il suo fucile. Quando entrò nella scuola, iniziò a sparare, uccidendo la sua ex-fidanzata Xxxxxxxxxx Xxxxxxx e la sua amica Xxxxx Xxx, ferendone altre 7 prima che un insegnante recuperasse una pistola dalla sua auto e bloccasse Xxxxxxx. Quando l'insegnante chiese a Xxxxxxx il motivo, rispose "La vita mi ha fatto un torto, signore". Xxxxxxx fu condannato per aver ucciso sua madre e per gli altri omicidi anche se gli avvocati della difesa hanno sostenuto che Xxxxxxx era psicopatico. Precedentemente, Xxxxxxx aveva raccontato nel suo diario di come aveva picchiato, bruciato, torturato e ucciso il suo cane.
Xxxx Xxxxxx, (Xxxxxxx, 9 aprile 1981 – Columbine, 20 aprile 1999) 18 anni, e
Xxxxx Xxxxxxx,(Lakewood, 11 settembre 1981 – Columbine, 20 aprile 1999) 17, sono i responsabili del massacro della Columbine High School in cui uccisero 12 studenti e un professore prima di suicidarsi. Al primo piaceva schiacciare la testa dei topi con un righello e successivamente dargli fuoco, mentre il secondo sparava ai pettirossi.
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Xxxxxxxx Xxxxxx è Psicologa, Psicoterapeuta e Criminologa. Si è specializzata in Psicoterapia Sistemico-Relazionale della Famiglia e della coppia e in Criminologia Forense presso la LIUC- Università Xxxxx Xxxxxxxx (Varese). E’ esperta altresì in Mediazione Familiare, Alta Gestione delle Risorse Umane ed è terapeuta EMDR iscritta all’associazione. E’ membro direttivo del Centro Studi per la Legalità la Sicurezza e la Giustizia di cui è responsabile per la Regione Sardegna delle attività formative e di ricerca. Tra le attività e gli incarichi ricoperti è stata esperta psicologa nella Casa di Reclusione di Is Arenas (Arbus) e Giudice Onorario presso il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari. Attualmente lavora come libero professionista in ambito peritale e forense, è consulente tecnico presso il Tribunale per i Minorenni di Cagliari e dal 2014 è Vicepresidente della Commissione per le Pari Opportunità del Comune di San Xxxxxx Xxxxxxxx. Vive in campagna e adora gli animali, in particolare cani e gatti e precisamente ha 2 cani di nome Una e Mina e un gatto di nome Medea.
RANDAGISMO E IRREGOLARITÀ NEI CANILI
D.ssa Xxxxxxxxx Xxxx (L.N.D.C.) e Xxxxxxxxx Xxxxx (M.E.T.A.).
Si può annoverare a pieno titolo tra i crimini commessi con totale leggerezza ai danni dei cani, la reclusione in canili tristemente noti come “lager”, all’interno dei quali atti di indicibile crudeltà vengono perpetrati impunemente da molti gestori di dubbia onestà. La legge quadro 281/91 prevede che i comuni, singoli o associati, provvedano al risanamento dei canili e alla costruzione dei rifugi per animali d’affezione, nei quali siano assicurate adeguate condizioni di salute e benessere degli animali ospitati. Tali strutture devono rispondere ai requisiti previsti da leggi e regolamenti di applicazione della 281, emanati in ambito regionale. È necessario fare chiarezza tra il canile sanitario ed il canile rifugio; in entrambe le strutture vengono accolti animali accalappiati vaganti sul territorio, ma le strutture sanitarie hanno la funzione di prima accoglienza, sono sotto la diretta responsabilità del Servizio Veterinario Ufficiale e in queste si provvede all’apposizione del microchip ed alla contestuale registrazione in anagrafe canina, oppure alla verifica del dispositivo di identificazione se presente, ai controlli sanitari e alla sterilizzazione. La mancanza di canili sanitari nei comuni, implica la “mancata” sterilizzazione, l’impossibilità di controllo della popolazione canina presente sui territori e costituisce il motivo principale del fenomeno del randagismo che per molti rappresenta un vero e proprio business milionario. Se approfondiamo il testo di legge n° 281 del 14 agosto 1991, Xxxxx quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del Randagismo Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 203 del
30 agosto 1991, apprendiamo che lo Stato oltre a promuovere e disciplinare la tutela degli animali di affezione, a condannare gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, affida il controllo della popolazione dei gatti e dei cani “mediante la limitazione delle nascite da effettuarsi tenuto conto del progresso scientifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali” ossia canili sanitari di cui ogni Comune dovrebbe dotarsi. Quindi cosa comporta la non sterilizzazione? Uno studio dell'americana Xxxxx Xxx Animal League stabilisce che un cane femmina vagante e non sterilizzato sia soggetto a una media di due parti l'anno, otto cuccioli ogni volta di cui almeno quattro femmine, se non di più, che in cinque anni portano a 4.372 cani, pronti, in sette, a diventare
67mila e potremmo continuare e arriveremmo a numeri esorbitanti. Perché quindi non sanzionare i Comuni inadempienti? Cosa comporta tutto questo per l’intera collettività? A chi giova il proliferare della popolazione canina? Secondo il rapporto LAV 2017 in Italia i cani randagi sarebbero tra 500 mila e 700 mila, nel 2015 in Italia sarebbero stati
131.302 i cani detenuti nei canili, di cui 13.064 in quelli sanitari e 118.238 in cosiddetti rifugi. E’ proprio in queste strutture chiamate “rifugi” che prende vita il business e la gestione talvolta di impronta quasi mafiosa ai danni dei poveri reclusi. I rapporti zoomafie della Lav-Lega antivivisezione sostengono che il randagismo frutti un giro di 500 milioni di euro l'anno poiché in Italia non esiste Comune che non attinga alle proprie casse per la gestione, di solito indiretta, dei propri animali vaganti. La lotta ad accaparrarsi la gestione di canili e rifugi in convenzione, finanziati con fondi pubblici è senza esclusione di colpi e c'è chi puntualmente denuncia vizi nelle gare d'appalto. I soldi sono parecchi, stanziati perlopiù dalle amministrazioni locali. Nonostante la Legge 281/91 indichi nelle associazioni di protezione animali i soggetti prioritari cui concedere le convenzioni per la gestione dei canili, in tutta Italia sono sorte strutture esclusivamente private, nelle quali gli animali devono fare numero e sopravvivere il più a lungo possibile poiché ogni loro giorno in gabbia costituisce lauto guadagno. Poiché in questi luoghi il tasso di mortalità è altissimo, intorno al 60%, i cani vengono crudelmente ammassati in gabbie anguste, in strutture fatiscenti dove gli animali si accoppiano e generano nuove creature costrette a vivere in condizioni infernali: questi sono i canili lager. All’interno di questi “inferni” i cani vengono sottoposti a vere e proprie sevizie , per esempio come recita la cronaca, alla recisione delle corde vocali per non permettere loro di abbaiare e quindi contribuire all’inquinamento acustico), i cani sono denutriti o malati, i box sono privi di copertura quindi gli animali sono esposti alle intemperie o al sole cocente, il cibo spesso è avariato, a volte scarseggia o peggio è assente, tutto ciò porta allo sbranamento e come già specificato, non c’è un programma di sterilizzazione, vengono incentivate le gravidanze per poter vendere i cuccioli e invece vengono disincentivate le adozioni. Aggiudicandosi la gestione dei randagi, i responsabili di “rifugi/canili” privati possono contare su un contributo che va da 2 a 7 Euro al giorno per ogni cane e il totale può giungere a cifre elevatissime provenienti dal gettito fiscale dei contribuenti. Quindi le eventuali adozioni vengono boicottate e benché la Legge 244/2007 art. 2 comma 371 – modifica l’art.
4 della Legge n. 281/1997 preveda la presenza nei canili di volontari preposti alla gestione delle adozioni dei cani come condizione essenziale perché i Comuni possano stipulare convenzioni con le aziende private per la gestione dei canili, tale norma viene ignorata e il più delle volte l’accesso è negato a qualunque volontario e a possibili adottanti. Ma non è tutto: spesso accade che i volontari più insistenti che pretendono di avere accesso a queste strutture vengono picchiati e minacciati di morte e molti cani vengono utilizzati per traffici illeciti, combattimenti o per la vivisezione.
Il circolo vizioso generato dall’assenza di canili sanitari
L’inadempienza alla legge nazionale 281/91 di buona parte dei Comuni, prevalentemente del Sud, che prevede l'obbligo di dotarsi di canili sanitari, è causa di mancate sterilizzazioni. Ciò fa sì che il fenomeno randagismo dilaghi in misura esponenziale al punto di diventare quasi ingestibile in alcune realtà. Xx è da qui che nascono molte attività illecite che coinvolgono a volte anche le istituzioni, come accaduto a Catania dove tra i rinviati a giudizio di un processo per maltrattamento e truffa, oltre che ai gestori dei canili compaiono funzionari pubblici. Spesso le ASL non effettuano controlli e si rendono complici di gestioni finalizzate esclusivamente al lucro, molte volte a discapito del benessere animale. Esistono comuni che fanno accordi con privati per la gestione di canili a breve termine e dopo per contratto, i cani vengono ceduti ai privati stessi. Quello che accade dopo meriterebbe serie indagini poiché molti di questi animali spariscono sia attraverso spostamenti al nord e all’estero, in altri canili o in forma di adozioni. Solo una minima parte viene davvero adottata. Un altro fenomeno a cui si sta assistendo negli ultimi tempi è l’abbandono di gruppi di cani, adulti e cuccioli, visibilmente del Sud, in campagne e aree dog del nord. Sembra esserci una rete di persone che dal Sud manda animali al Nord dove altri complici fingono il ritrovamento per poterli fare entrare nei canili del Nord, costringendo così i Comuni ad aumentare le spese di randagismo. A volte queste azioni sono condotte da superficiali volontari che sperano per gli animali in una sorte migliore al Nord; altre volte da vere e proprie organizzazioni criminali con la finalità di fare lucro anche al nord con la gestione canili. Questi spostamenti però alimentano inevitabilmente un altro business, quello del trasporto animali da Sud a Nord, che spesso avviene con mezzi non idonei e non autorizzati.
Sono diverse le staffette fermate e gli animali trovati in condizioni di maltrattamento e a volte morti. In tutti questi spostamenti spesso ai cani vengono anche tolti i microchip affinché possano essere accalappiati nuovamente come randagi e rimessi nel circolo economico. Altre attività a cui vengono destinati gli animali sono le attività di zooerastia (sesso con animali), vivisezione nonché combattimenti e scuoiamento per ricavarne pellicce per capi di abbigliamento. Altre forme di business losco intorno al randagismo vengono dal proliferare di richieste di denaro sui social attraverso Postepay da parte di soggetti, spesso anche appartenenti ad associazioni, che con il pretesto di sopperire alle carenze istituzionali chiedono denaro per sterilizzazioni e cure degli animali. Se molte di queste richieste sono reali e realmente di supporto agli animali altre sono solo un modo per intascare denaro. Altra forma molto utilizzata di business dagli stessi soggetti sono “le mamme a distanza” ovvero la formazione di gruppi di mantenimento economico mensile di alcuni animali in pericolo o da curare. Anche in questo caso se in alcuni casi la necessità è reale e il denaro va davvero a buon fine, per molti altri diventa uno stipendio mensile. Questa attività si basa sul fatto che il più delle volte le “mamme a distanza” di uno stesso animale non si conoscono tra di loro” e pensano di essere le uniche a mantenerlo. Questo animale spesso è all’insaputa delle mamme a distanza, di proprietà di chi innesca questo meccanismo. Tutte queste movimentazioni hanno inoltre, alimentato un altro affare che è quello degli “stalli”. Gli stalli sono degli affidi temporanei e nascono a titolo gratuito da parte di volontari che tengono animali a casa per toglierli dalla strada in caso di pericoli o di cure. Lo stallo dovrebbe essere una situazione provvisoria fino ad adozione invece, molti stalli sono diventati delle pensioni illegali a pagamento dove spesso gli animali vengono detenuti nelle stesse condizioni dei canili lager. Anche l’organizzazione di eventi su FB per la richiesta di cibo per animali randagi, è diventata per i disonesti una occasione di lucro. Questo cibo infatti viene poi rivenduto dai beneficiari, senza alcun vantaggio per gli animali. Un altro fenomeno sempre crescente non di natura economica, anche se ancora troppo sottovalutato, è quello dell’Animal Hoarding, ovvero un disturbo compulsivo che porta all’accumulazione seriale di animali detenuti poi, in condizioni di maltrattamento. Tutte queste attività illecite potrebbero essere evitate con semplici azioni: sterilizzazioni di massa, campagne di informazione, attività di controllo e obblighi ai gestori di canili di far entrare i volontari per fare adozioni. Come mai tutto questo non avviene?
Come mai Comuni ed ASL preferiscono continuare a pagare invece che risolvere il problema? Il business degli animali è stato ancora troppo poco attenzionato e questo è un male se si pensa che spesso dietro la gestione di canili e traffici di animali ci sono le stesse organizzazioni che le Forze dell’ordine tentano di intercettare per altri reati. Chiamiamola “Zoomafia”, ma a dire Mafia non si sbaglia.
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Xxxxxxxxx Xxxx, laureata in lingua inglese e russa con indirizzo comunicazione e Master in gestione d impresa. Guardia zoofila dal 2013 al 2015. Specializzata in marketing territoriale e comunicazione interpersonale e pubblica, è ideatrice del progetto Zero Cani in Canile: come sconfiggere il randagismo senza alimentare il business dei canili. È coadiutrice di cane per gli Interventi Assistiti con Animali, volontaria LNDC presso il canile sanitario di Vieste. Volontaria nella protezione civile Pegaso e impegnata in progetti di Cooperazione internazionale in Uganda con l'associazione I Bambini di Xxxxxxx Xxxxx. Collabora con le Forze dell'ordine per sequestri, maltrattamenti e reati riguardanti gli animali.
Xxxxxxxxx Xxxxx, esperta di comunicazione, ha lavorato come copywriter, ha avuto esperienze professionali in radio e televisioni nonché in uffici di pubblicità e marketing. È referente regionale dell’Associazione M.E.T.A. e dell’Associazione “Irriducibili Liberazione Animale”.
ACCATTONAGGIO CON ANIMALI: MALTRATTAMENTO E SFRUTTAMENTO DA MILIONI DI EURO
Xxxxxxxx Xxxx, (Presidente M.E.T.A. Milano); Xxxxxx Xxxxxxx, (Ufficio Stampa e Comunicazione LEAL Lega Antivivisezionista e Responsabile Ufficio Stampa VEGANOK Animal Press), PhD. Xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxx, (Biomedico-Biotecnologo Presidente M.E.T.A. XXX), con la collaborazione dell'Avvocato Xxxxxx Xxxxxxx.
"Noi non abbiamo due cuori, uno per gli animali, l'altro per gli umani. Nella crudeltà verso
gli uni e gli altri, l'unica differenza è la vittima".
Xxxxxxxx xx Xxxxxxxxx
Le vie delle nostre città si popolano, là dove è permesso dalla legge vigente comunale o regionale, di uomini e donne che chiedono l'elemosina con animali, specialmente cani, ma anche gatti, maialini, pappagalli ed altri esseri viventi di tutte le specie possibili ed immaginabili. Cronache e testimonianze di qualche settimana fa raccontano di cuccioli di pochi giorni sottratti alle madri che ancora avrebbero dovuto allattarli, provocando così mastiti dolorose, e sofferenza ai piccoli che privi di difese immunitarie e deboli, vengono messi sul marciapiede per chiedere un obolo. Pappagalli a cui vengono tagliate le ali, affinché il loro volo sia compromesso per sempre, restando vincolati all'uomo che li sfrutta per raccogliere da un piattino bigliettini con qualche scritta casuale che dovrebbe dare ai passanti la sensazione di conoscere il futuro che li aspetta in cambio di una moneta. Cani con addosso oltraggiose tutine da neonato, sviliti come clown, costretti all'immobilità assoluta per ore da catene e collari a strozzo, dentro passeggini odoranti di marcio o sdraiati sull'asfalto bollente d'estate e gelido ed umido l'inverno, appositamente feriti e claudicanti per suscitare pietà. Chi non passa frettolosamente, può cogliere il senso della dignità negata agli animali leggendo, nel loro sguardo e in piccoli o evidenti atteggiamenti, segnali di irrequietezza, disagio, malessere e rassegnazione. I cittadini, i passanti, dovrebbero fermarsi a riflettere su quanto sia ingiusto sfruttare esseri senzienti, ma deboli e svantaggiati, siano essi minori o animali, per ricavarne un guadagno che rende milioni di euro all'anno. Secondo un pensiero sempre più diffuso è eticamente condannabile pensare di sfruttare con una forma
di violenza estrema e legalizzata un animale al solo scopo di lucrare arricchendosi. Una riflessione morale da parte di tutti è necessaria per capire e contrastare il guadagno facile sulla pelle di chi subisce una violenza psicologica e fisica. Lo sfruttamento animale per lucro è avverso da sempre e più persone che hanno abbandonato una visione antropocentrica (che vede l'uomo al centro del mondo) per spostarla verso il riconoscimento del vivente quale essere senziente, desiderano rendersi utili per il bene del tutto che trascende il particolare e l'atto egoistico di pensare solo a se stessi. L'accattonaggio con animali non ha a che vedere con i rari casi di chi si trova in una disgraziata contingenza e rimane senza un tetto costretto dagli eventi a reinventarsi una vita passando da piccoli o grandi espedienti quali chiedere l'elemosina in compagnia del proprio animale. I Comuni dovrebbero fornire alternative a chi, trovandosi in seria difficoltà, non ha altro posto in cui stare se non la strada, riqualificando aree dismesse, così come sarebbe opportuno rivedere leggi che nel 2018 rischiano di essere dissonanti col grado di civiltà, o pseudo civiltà, raggiunto o da raggiungere per le nostre città. Le associazioni, laddove non ci pensasse il Comune, potrebbero organizzare banchetti di raccolte firme accessibili a tutti i cittadini che volessero partecipare unendosi per una richiesta di cambiamento e responsabilizzazione degli organi competenti. L’esperienza in Italia, di
M.E.T.A Movimento Etico Tutela Animali e Ambiente e di LEAL Lega Antivivisezionista, ha mostrato che questo è possibile: grazie ai loro attivisti sono state raccolte più di mille firme sul territorio lombardo per una petizione su tale questione. Il riconoscere agli animali usati per suscitare l'altrui pietà una consapevolezza e una dignità è il primo passo per comprendere come non vi sia giustizia o civiltà nell'assoggettare chi è più debole mettendolo al centro di una speculazione. Accettando l'accattonaggio con animali, accettiamo allo stesso tempo il racket del mercato nero proveniente dai Paesi dell'Est che importa, sempre più frequentemente, animali stipati in camion, costretti a lunghi viaggi in condizioni sanitarie precarie o del tutto assenti. Mercato organizzato e aggiornato rispetto alle nostre leggi che si rendono complici direttamente o indirettamente di una situazione ormai fuori controllo in quanto, gli stessi organi di polizia, trovano difficoltà nel procedere di fronte a documenti apparentemente regolari che riportano vaccinazioni e
microcippature fatte purtroppo anche grazie all’intervento di veterinari superficiali. Xxxxxxxxxsi a guardare, controllare, informarsi e agire è una responsabilità di tutti se vogliamo un mondo migliore per noi e per i nostri figli, cercando così di dare un senso etico alla giustizia e facendo sì che non resti approssimativa. L'art. 105 della legge Regionale 33/09 proibisce l'accattonaggio con animali di età inferiore ai quattro mesi, oppure animali in stato di incuria e denutrizione o detenuti in evidenti condizioni di maltrattamento o in condizioni tali da suscitare pietà. Tenendo conto che la pietà è l'arma che sfruttano accattoni e clochard senza scrupoli, tutti gli animali usati per l'accattonaggio sarebbero solo per questo sequestrabili restando così legalizzati nell'agire, ma andiamo oltre spiegando ai cittadini e agli organi di polizia quando intervenire e con quale modalità.
Denunciare i maltrattamenti e chiedere controlli
Se la ratio delle norme, e degli interi regolamenti, è quella di tutelare il benessere animale in convivenza con l’uomo all’interno delle città, tale convivenza deve avvenire con riguardo al benessere di entrambi senza previsione di sanzioni di difficile attuazione e comminabili sulla base di una lettura rigida delle stesse. Nel caso di specie è evidente che l'accattonaggio sia tale da integrare una grave violazione della legge regionale della Lombardia oltre che della stesso regolamento del comune di Milano, giacché agli art.105 della L.R Lombardia e 14 del Regolamento Comunale è espressamente vietato praticarlo. Nell'ipotesi in cui le istituzioni o gli enti preposti a prevenire e a rimediare ai casi di maltrattamenti ai danni degli animali, rimedio esperibile è denunciare i fatti produttivi di nocumento alle procure competenti. In particolare, accattoni con problemi di alcolismo e tossicodipendenze per evidenti motivi sono inadeguati ad assumersi la responsabilità della gestione di un animale (quasi sempre cani) e la loro condizione spesso li porta ad avere atteggiamenti anche molto violenti nei confronti delle loro vittime. Uno sguardo attento e qualche minuto di osservazione consentono di cogliere dei segnali di sofferenza dell'animale, facilmente evidenziabili da parte del comune cittadino:
• pelo del cane diradato e non lucido
• costato ai fianchi evidente
• incapacità a stare in piedi per assenza muscoli sul posteriore
• occhi arrossati e/o spenti
• eccessivamente dormiente anche agli stimoli
• atteggiamento di tentativo di fuga
• detenzione con guinzagli anche a strozzo tenuti molto corti e stretti
• cicatrici o segni di maltrattamento fisico
Il clochard deve inoltre avere i documenti di identità e copia del libretto di anagrafe del cane che deve corrispondere al chip e alla foto. Il clochard deve esserne il proprietario. Nei casi in cui non si verifichino tali condizioni in riferimento a documenti e certificata diretta proprietà, le Forze dell'Ordine possono intervenire con sequestro preventivo del cane e fermo nei confronti del soggetto in questione.
IL MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI NEL MONDO DEI CIRCHI.
Di Xxxx Xxxxx Xxxxxxx (Animal AID Italia).
Introduzione: gli animali e il circo
I bambini lo hanno sempre amato, ammirando gli animali, affascinati dalla loro bellezza e maestosità, convinti che fossero i protagonisti volontari di uno spettacolo inebriante e coinvolgente, pensando a quanto potessero divertirsi i leoni, le tigri, le zebre, gli elefanti, i cavalli, i serpenti, le scimmie ed ogni altro animale prelevato dal proprio habitat naturale per esibirlo al pubblico pagante senza mai raccontare la cruda realtà della cattura, della prigionia e dei violenti metodi coercitivi per costringerli ad effettuare esercizi non idonei alla loro natura. Gli elefanti costretti ad alzarsi poggiando tutto il peso del loro corpo sulle due zampe posteriori, subiscono una sofferenza intensa, è un’azione che questi grandi mammiferi compiono solo quando hanno paura, ma restano su due zampe per qualche secondo al massimo !! I Felini, come gran parte degli animali, hanno il terrore del fuoco, eppure sono costretti spesso ad attraversare con un balzo un cerchio di fuoco !! Da molti anni si sta sviluppando in tutto il mondo una nuova considerazione nei confronti degli animali ritenendoli meritevoli di rispetto e di una maggiore tutela. Sono sempre in aumento i Paesi che vietano l’utilizzo degli animali nei circhi. Sempre di più sono le strutture circensi che non utilizzano animali ed hanno un notevole successo, come il noto Cirque du Soleil. Ma verifichiamo come è nato il circo: nell'antica Roma il circo era un luogo adibito a corse di cavalli, spettacoli equestri, ricostruzione di battaglie, esibizioni di animali ammaestrati, spettacoli di giocolieri e acrobati. Il circo allora era costituito da due rettilinei paralleli separati nel mezzo da una balaustra e raccordati da due curve a 180 gradi. I nobili e i Patrizi sedevano nelle postazioni più basse. Nei secoli successivi alla caduta dell'Impero romano, i circhi si svilupparono con diverse compagnie di funamboli, addestratori di animali, acrobati, clown e giocolieri, che viaggiavano per l'Europa proponendo spettacoli ed esibizioni varie, spesso consistenti in giochi di abilità, rappresentazioni comiche o esibizioni di animali ammaestrati. Gli artisti più ingegnosi erano in grado di costruire nuovi mezzi di trasporto, o
modificare quelli esistenti, in modo che potessero convertirsi, al momento dello spettacolo, in veri e propri palcoscenici viaggianti. Nel XV secolo giunsero in Europa i Sinti, una popolazione proveniente probabilmente dal territorio dell'attuale Pakistan, etnia di origine gitana che aveva fatto dello spettacolo viaggiante la sua principale attività. Spesso le compagnie di Sinti usavano portarsi dietro, per attirare il pubblico, un orso o una scimmia ammaestrati, e per secoli l'immagine dello zingaro girovago era tradizionalmente associata a questi animali, oltre che ai cavalli. Nel diciottesimo secolo, e più precisamente nel 1768, l'ufficiale di cavalleria britannico Xxxxxx Xxxxxx ideò per la prima volta un'esibizione circense in senso moderno, ovvero uno spettacolo in cui, in una pista circolare sita in uno spazio chiuso all’interno di una struttura, venivano esibiti in successione numeri con cavalli ammaestrati, giochi di abilità vari e intermezzi comici di clowneria. Xxxxxx è considerato l'inventore del circo nel senso moderno, sebbene la sua realizzazione era rappresentata stabilmente in un edificio realizzato appositamente, l'Xxxxxx Amphitheatre, distrutto da un incendio circa trent'anni più tardi. Nell’epoca moderna sono nate diverse famiglie che hanno dato origine a grandi compagnie circensi, che purtroppo hanno sempre in gran parte utilizzato animali in via d’estinzione. Negli ultimi decenni sono nate in tutto il mondo scuole circensi per atleti e ginnasti per diventare acrobati, funamboli, giocolieri, per evidenziare ed esaltare le capacità e qualità umane, senza dover sfruttare gli animali per una diseducativa esibizione innaturale.
Lo sfruttamento e il maltrattamento degli animali nei circhi
La condizione di sfruttamento degli animali da parte dell’essere umano, è sempre stata definita dalla gran parte dei filosofi come la giustificazione della violenza che si insinua ad ogni livello ed ad ogni ambito, considerando sempre legittimo il diritto di prevaricazione e discriminazione di una razza sull’altra definendola inferiore e quindi assoggettabile al proprio dominio. Il Xxxxxxx Xxxxxx soleva esprimere che l’odio nei confronti degli animali è la sconfitta dell’intelligenza umana, ed aggiungeva che la civiltà di un popolo si valuta da come tratta gli animali. Xxxxxxxx Xx Xxxxx scrisse: “Verrà il tempo in cui l'uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l'uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto”. Già Xxxxxxxx ricordava che Coloro che
uccidono gli animali e ne mangiano le carni saranno più inclini dei vegetariani a massacrare i propri simili. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx ha più volte ricordato che "Gli animali hanno propri diritti e dignità come te stesso. È un ammonimento che suona quasi sovversivo. Facciamoci allora sovversivi contro ignoranza, indifferenza, crudeltà." Infine è doveroso evidenziare il pensiero di un grande filosofo, Xxxxxxxx Xxxx, che lasciò ai posteri questa emblematica frase: “Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie”. In conclusione è giusto affermare che la piramide antropocentrica ha sempre favorito l’esistenza dello specismo che ha causato da millenni la legittimazione di ogni tipo di violenza per poter sfruttare e sopraffare non solo gli animali ma anche gli esseri umani ritenuti diversi e inferiori per razza, colore della pelle, religione, orientamento sessuale. Ognuno durante la propria vita, con le propri piccole azioni quotidiane, con scelte accurate, sempre nel rispetto di ogni essere vivente, può contribuire al cambiamento ed al miglioramento sociale e culturale della comunità in cui vive, evitando sempre il rischio di rimanere indifferenti e voltarsi dall’altra parte quando si è testimoni di un’ingiustizia o quando qualcuno è in difficoltà e nessuno si occupa di lui.
La presa di coscienza delle Associazioni e dell’opinione pubblica
L'impiego di animali nei circhi viene accettato solo dal 10.1% della popolazione italiana. E’ duramente contestato dalle molteplici associazioni animaliste, quali la LAV, ENPA, OIPA e tante altre, ritenendo che non sia accettabile che gli animali vengano utilizzati per il divertimento umano e la detenzione, l'addestramento e gli spettacoli non possono essere compatibili con le caratteristiche etologiche degli animali stessi. Gli psicologi, hanno concordato un evidente valenza antipedagogica nell’assistere a spettacoli che vedono impiegati gli animali in situazioni ritenute irrispettose dei loro bisogni e delle loro caratteristiche di specie, considerando il loro sfruttamento diseducativo per i minori, soprattutto al disotto dei 10 anni di età. In Italia molti comuni hanno tentato di vietare le attività dei circhi con animali, emanando ordinanze per vietarne l'attendamento. In giurisprudenza esistono numerosi casi contrastanti, ad esempio in Xxxxxx Xxxxxxx il TAR ha annullato il provvedimento del sindaco di Ferrara in quanto contrastante con la normativa nazionale che tutela e promuove l'attività circense, in un altro caso ha ritenuto
l'ordinanza pienamente valida ed efficace. Nel marzo 2012 l'assemblea legislativa della Regione Xxxxxx-Romagna ha approvato una risoluzione che impegna la giunta regionale ad invitare i comuni a emanare appositi regolamenti che vietino la sosta e l'attendamento a circhi con alcune specie di animali esotiche. In Europa i Paesi che hanno vietato l’uso degli animali nei circhi sono: Austria, Belgio, Croazia, Rep. Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Malta, Polonia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Regno Unito, Portogallo e Olanda. Nel resto del mondo: (Divieti parziali): USA, Canada, Argentina, Brasile, Colombia, Nuova Zelanda; (Divieti totali): Costa Rica, Australia, India, Israele, Messico. Purtroppo l’Italia è l’unico paese in Europa che finanzia i circhi, con cifre che variano dai cinque ai sei milioni di euro l’anno !! Pertanto i legali dei circensi riescono puntualmente a far annullare i numerosi provvedimenti di tanti sindaci italiani che emanano l’ordinanza di divieto di attendamento dei circhi nei propri comuni. Per fortuna è sempre maggiore la richiesta da parte dei cittadini e delle Istituzioni di rispettare maggiormente i diritti degli animali e di tutelare le popolazioni nei loro habitat naturali. Infatti proprio nel mese di novembre 2017 è stata approvata alla Camera dei Deputati la legge delega di riordino del settore dello Spettacolo, che è stata approvata con 265 voti, 13 i no, pertanto entro la fine del 2018 i circhi non potranno più utilizzare gli animali. E’ veramente inaudito che nel terzo millennio sia permesso alle strutture circensi, nonché agli zoo, oggi ipocritamente denominati “Bioparchi” o “Parchi faunistici”, la detenzione di poveri animali la cui maggior parte sono a rischio estinzione. Già per la cattura e nel trasporto con cargo aereo, molti animali perdono la vita. Inoltre vivendo in cattività perdono del tutto l’istinto e la capacità di procreare. La prigionia e le condizioni precarie della maggior parte dei luoghi di detenzione rende la loro vita penosa, pertanto è sovente notare l’innaturale atteggiamento degli animali in posizioni statiche ed immobili per lungo tempo, che gli etologici definiscono come grave depressione psicofisica.
Iniziative di controllo da parte dei cittadini
Le possibili irregolarità che possono essere riscontrate nell’ambito dei circhi sono numerose. Tra quelle più facilmente individuabili e segnalabili ci sono le seguenti:
1) – raramente ci sono le doppie gabbie fissate a terra in sicurezza per i felini, con la sorveglianza umana 24/h. nel caso il cittadino notasse tale irregolarità, può segnalarla alle autorità, sia alla polizia locale, che alla polizia di stato e ai carabinieri, che provvederanno ad un intervento accompagnati dai dirigenti veterinari dell’ASL competente per territorio, anche per scongiurare possibili contatti tra i felini e i cittadini curiosi.
2) – gli animali, quando non sono impegnati per gli spettacoli, devono essere accuditi nei loro siti all’interno dello spazio del circo, delimitato dai mezzi di trasporto o da apposita recinzione, senza che dall’esterno possano essere visti dal pubblico o dai passanti. Se il cittadino verifica che non sono rispettate le distanze e gli animali sono ben visibili dall’esterno della strada, possono segnalare l’irregolarità alle forze dell’ordine, anche effettuando foto dal cellulare.
3) – le normative CITES regolamentano l’accurato mantenimento del benessere animale all’interno delle strutture, sia per la detenzione, che per il trasporto e le metodologie di addestramento che non possono comprendere metodi coercitivi (fame, scosse elettriche, bastonate, fruste, prigionia, fuoco, urla) severamente vietati, ma che spesso, attraverso testimonianze di chi lavora presso i circensi, sono frequenti e mai perseguiti. I controllori del rispetto di dette normative sono i veterinari dell’Asl che accompagnati dalle autorità locali, devono obbligatoriamente visitare tutti gli animali presenti prima del completo attendamento della struttura e dell’inizio del primo spettacolo, e verificarne le condizioni di salute nonché le vaccinazioni, la corretta registrazione negli appositi registri, le medicine utilizzate secondo le severe normative sanitarie e la qualità del cibo che viene somministrata.
4) – i circensi, dovunque si attendano, sono soliti affiggere i loro manifesti promozionali sui muri della città e presso i negozi, senza rispettare le procedure locali per il pagamento delle previste tasse in materia pubblicitaria. Pertanto ogni cittadino può segnalare le affissioni abusive che verranno perseguite attraverso multe sostanziose dalla polizia locale, avvalendosi anche di foto scattate dal cellulare.
5) – in diverse occasioni le forze dell’ordine hanno potuto verificare che all’interno dei circhi si nascondono clandestini, ricercati e a volte hanno smascherato traffici di sostanze stupefacenti, grazie all’attività della struttura viaggiante che rimane sempre pochi giorni nello stesso luogo e
mantiene un’accurata privacy al suo interno. In diverse occasioni sono state rilevate infrazioni e irregolarità riguardo i contratti di lavoro irregolari, alterati o del tutto assenti.
6) – le normative CITES aggiornano di anno in anno le specie protette che non si possono più catturare o utilizzare nei circhi. La motivazione frequente addotte dai circensi in loro difesa, è che gli animali detenuti nelle numerose strutture non avrebbero altra possibilità di vita senza il circo. E’ assolutamente falso e speculativo. Infatti in Italia esistono numerosi centri di recupero di animali esotici e selvatici, pertanto si potrebbe valutare un recupero definitivo per gli animali idonei e la conservazione degli altri animali in questi centri specializzati che verrebbero valorizzati dalla responsabilità di questo importante compito educativo e sociale degli addetti specializzati e altamente qualificati.
Ogni cittadino può richiedere al proprio Comune il rispetto delle normative CITES che contemplano la tutela della salute degli animali detenuti nei circhi, che spesso disattendono, con la seguente lettera fac- simile da personalizzare con i nominativi e indirizzi (fax o mail) delle istituzioni locali:
fac simile di istanza per richiedere la verifica
Al Sig. Sindaco di …………………………………………………………….
Al Comandante del Corpo di Polizia Municipale di …………………………………………..
Al Dirigente del Distretto Sanitario (A.S.L.) di …………………………………………………..
Il sottoscritto (generalità complete e recapito telefonico ed e-mail) chiede alle SSVV di effettuare una verifica igienico-sanitaria presso il circo…………..……….., attendato in……………….…….., per accertare le condizioni di salute degli animali presenti e per verificare:
• il rispetto delle normative C.I.T.E.S.;
• la regolarità delle strutture di attendamento;
• il rispetto delle normative in materia di sicurezza e antincendio (D.lgs 81/80)
Chiede inoltre di verificare la regolarità amministrativa della presenza dei cittadini stranieri in Italia, le condizioni igienico-sanitarie in cui versa tutta la struttura, ivi compreso il personale dipendente (oltre che gli animali utilizzati negli spettacoli), nonché il rispetto delle rigorose norme in materi di scarichi fognari, tenuto conto dell’ingente mole di deiezioni che interessano la zona, data la presenza di numerosi animali.
La presente richiesta riveste i caratteri d’urgenza per due principali motivi:
1. vi è concreto pericolo che eventuali reati di maltrattamento (art. 727 c.p.), già in essere nella struttura circense come noto (metodi coercitivi, frusta, bastone, elettricità, fuoco, fame), possano essere portati alle più estreme conseguenze (cosa che purtroppo avviene non di rado) con la morte degli animali.
2. I circensi sono abituati a promuovere i loro spettacoli con affissione abusiva dei loro manifesti.
Certo di un immediato intervento da parte delle SSVV, ciascuna per quanto di propria competenza, lo scrivente CHIEDE di essere informato dell’andamento degli accertamenti richiesti, e di ricevere copia dei verbali trascritti dalle Autorità incaricate dei sopralluoghi.
In attesa di un cortese riscontro, porge cordiali saluti.
Data e firma.
Xxxx Xxxxx Xxxxxxx, è il Presidente dell’Associazione "Animal Aid Italia" e coordinatore del Comitato Xxxxx Xxxxxxxxx – VeganOk, attivista in difesa dei diritti di tutti gli animali, musicista, pianista e compositore. Ideatore ed organizzatore del concerto "Animal Aid Live" che ogni settembre si tiene in Piazza del Popolo a Roma.
CRIMINALITA’ E ANIMALI: ZOOMAFIA
di Xxxx Xxxxxxx (LAV)
1. introduzione
“Questo Di Xxxxxx non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica. Gli finisce come a Xxxxxxx che voleva venire a vedere la mattanza e poi ha fatto la fine del tonno”. Così Xxxx Xxxxx in un dialogo con un uomo della sacra corona unita intercettato in carcere. La fine del tonno: il linguaggio mafioso è intriso di riferimenti ad animali, prevalentemente violenti e dispregiativi: le vittime sono declassate a “bestie”, vengono private del loro essere “umani”, sono considerate specie inferiori, proprio come considerano gli animali, verso le quali è legittima ogni forma di violenza. La “psiche mafiosa” impone un controllo “totalitario” su tutto: cose, animali, uomini e il loro ambiente, e ne stravolge i ritmi, le regole naturali, i diritti più elementari. Del resto, la criminalità organizzata è un fenomeno totalitario e come tale tenta di monopolizzare e controllare qualsiasi condotta umana attraverso il controllo del territorio, dei traffici legati all’ambiente e agli animali, arrivando persino a imporre gusti e scelte ai cittadini e a mettere in pericolo la loro salute con il controllo della produzione e della vendita di sostanze alimentari di origine animale adulterate. È ormai acclarato che gli interessi delle consorterie criminali si estendono a varie forme di sfruttamento agli animali, tuttavia questi aspetti risultano ancora residuali nelle politiche giudiziarie o sociali antimafia. In questo contesto, gli animali entrano prepotentemente nel discorso sulla sicurezza e, in generale, nell’analisi criminologica. Non sono un problema di sicurezza i combattimenti tra cani e l’addestramento dei cosiddetti cani pericolosi? Le corse clandestine di cavalli organizzate su strade pubbliche o addirittura in autostrada non rappresentano forse, tra le altre cose, un pericolo per la sicurezza pubblica? E, in ultima analisi, i proventi che le organizzazioni criminali ricavano dai traffici a danno degli animali e che contribuiscono a consolidare i loro introiti, non si traducono in una questione di sicurezza? Tutto ciò rappresenta un serio problema di legalità che contribuisce ad alimentare nei cittadini il “sentimento di insicurezza”, già fortemente
presente per altre cause. La cosa appare ancora più evidente se si analizzano quelle condotte zoomafiose che vengono percepite come un pericolo diretto per le persone, quali l’uso di cani per commettere rapine, il problema della pericolosità dei cani da combattimento, il rischio per la sicurezza stradale dovuto alle corse clandestine di cavalli o la manipolazione degli animali destinati al consumo umano. Oltre 20 anni fa abbiamo coniato e utilizzato per la prima volta la parola “zoomafia” in alcuni articoli. La sua diffusione è sempre stata più ampia, spaziando in diversi ambiti: dalla filosofia del diritto alla politica, dal giornalismo alla psicologia alla criminologia. Nel 2008 del vocabolario italiano della Zanichelli, lo Zingarelli, ha inserito tra i neologismi la parola zoomafia: “settore della mafia che gestisce attività illegali legate al traffico o allo sfruttamento degli animali". “Il Grande Italiano” di Xxxx Xxxxxxxxx, dà questa definizione di zoomafia: “Organizzazione criminale che trae profitto dal controllo di attività illegali che hanno al centro gli animali, quali corse clandestine, traffico di specie esotiche e simili.” In modo più approfondito, con questa nuova parola intendiamo lo “sfruttamento degli animali per ragioni economiche, di controllo sociale, di dominio territoriale, da parte di persone singole o associate o appartenenti a cosche mafiose o a clan camorristici”. Con questo neologismo si indica anche “la nascita e lo sviluppo di un mondo delinquenziale diverso, ma parallelo e contiguo a quello mafioso, di una nuova forma di criminalità, che pur gravitando nell'universo mafioso e sviluppandosi dallo stesso humus socio-culturale, trova come motivo di nascita, aggregazione e crescita, l'uso di animali per attività economico-criminali” (Troiano, 1998). È importante precisare che quando si parla di xxxxxxxx non s’intende la presenza o la regia di Cosa nostra dietro gli scenari descritti, piuttosto si fa riferimento ad atteggiamenti mafiosi, a condotte criminali che nascono dallo stesso background ideologico, dalla stessa visione violenta e prevaricatrice della vita. Le azioni criminose direttamente riconducibili alle associazioni per delinquere di stampo mafioso sono per buona parte sommerse, perché spesso circondate dall’omertà ottenuta con minacce e intimidazioni che contribuiscono a limitare il numero delle denunce. Ciò vale anche per i crimini trattati in questo lavoro. È ormai acclarato che la mafia si caratterizza per la capacità di condizionare i mercati creando situazioni di monopolio che favoriscono le proprie imprese e che portano alla
realizzazione di immensi profitti. Un’operazione, questa, che investe vari segmenti di nostro interesse, dall’abigeato alla macellazione, dalla pesca illegale ai mercati ittici, dalle sofisticazioni alimentari al controllo della ristorazione al racket nell’agroalimentare. Ma a ben vedere questo agire caratterizza anche sodalizi che non possono essere giuridicamente e socialmente definiti mafiosi, ma che adottano le stesse strategie di penetrazione e di silente e pervasiva diffusione in settori come il traffico di cuccioli, di fauna selvatica, di sostanze dopanti o alimenti adulterati (Troiano, 2001).
2. il maltrattamento come reato associativo
I reati contro gli animali, come le nostre analisi hanno messo in evidenza, sono spesso reati associativi, ovvero perpetrati da gruppi di individui legati da vincolo associativo finalizzato alla commissione di reati correlati allo sfruttamento economico e materiale di animali o di parte di essi. Alcune tipologie di maltrattamento sono intrinsecamente, ontologicamente, consociative e trovano la loro consumazione solo sotto forma di evento programmato e organizzato. Esse richiedono la formazione preliminare dell’associazione, senza la quale l’evento-maltrattamento non si può realizzare. La gestione di questi eventi zoodelittuosi risponde alle esigenze del “mercato criminale” che richiedono, per realizzare l’evento in modo sicuro e protetto, suddivisione dei compiti e dei ruoli, dinamismo, celerità e sicurezza. Suddivisione dei compiti e dei ruoli: ogni componente deve avere un ruolo o ruoli definiti, in sintonia con un’organizzazione piramidale. La suddivisione delle funzioni è resa necessaria dalla complessità dell’evento delittuoso che pretende una realizzazione ad hoc delle varie fasi con specifiche competenze anche tecniche. Dinamismo: capacità di adattamento, di operare in situazioni ostili e ostative, e al contempo di sfruttare ogni situazione favorevole improvvisa. Situazioni cangianti e impreviste richiedono risposte celeri e risolute, capaci di far fronte al mutare degli scenari. Sicurezza: la riuscita di ogni evento criminale è legata fortemente alla sicurezza e alla protezione delle varie fasi operative. Per sicurezza non s’intende solo la capacità di controllo e di prevenzione di eventi di contrasto, come l’azione delle forze dell’ordine, ma anche la copertura e l’operare discretamente in difesa dell’obiettivo criminoso che si vuole raggiungere. Si tratta, in pratica, della capacità di
portare a sistema l’illegalità (Troiano, 2016). L’analisi del fenomeno zoomafioso conferma l’esistenza di sistemi criminali consolidati, di veri apparati con connivenze tra delinquenti, colletti bianchi e funzionari pubblici. Sistemi criminali a danno degli animali e, in generale, della società. Pertanto, un’azione di contrasto efficace deve adottare una visione strategica unitaria dei vari aspetti dell’illegalità zoomafiosa che incidono sul più vasto contesto della tutela della sicurezza pubblica e su quello della lotta alla criminalità organizzata: solo adottando iniziative investigative tipiche del contrasto ai sodalizi criminali si attuerà una strategia vincente.
3. le tipologie del maltrattamento organizzato
Il maltrattamento organizzato di animali assume diverse forme e connotati, ma tutti i filoni hanno in comune l’elemento business. Per questo tali reati si accompagnano quasi sempre a quelli finanziari, fiscali o di contrabbando. Qui di seguito una breve carrellata dei maltrattamenti organizzati più diffusi.
3.1 Combattimenti tra animali
Dall’analisi del fenomeno si evince che alcuni gruppi organizzati dediti ai combattimenti hanno esteso il loro raggio d’azione su tutto il territorio nazionale e, in alcuni casi, con ramificazioni internazionali. Non si tratta solo di una forma delinquenziale diffusa al Sud del Paese, attività marginale di interessi economici dei sodalizi criminali, come inizialmente sembrava, ma di un’attività delittuosa diffusa e, a volte, ramificata sul territorio. Dopo un apice di diffusione in cui veniva percepito con forte allarme sociale, momento storico che possiamo individuare negli anni di passaggio tra lo scorso decennio e il presente, in cui anche l’attenzione dei nostri Servizi d’Informazione e Sicurezza si è soffermata sul caso e in sede giudiziaria si sono avuti i primi risconti anche con l’apporto di collaboratori di giustizia, il fenomeno ha ridotto i caratteri dell’emergenza. Da alcuni anni, però, vi è stata una nuova e pericolosa ripresa. I fatti giudiziari accertati hanno messo in evidenza una realtà criminale molto complessa, con il coinvolgimento di persone, mezzi e strumenti degni di ben altri traffici. Ritrovamenti di cani con ferite da morsi o di cani morti con esiti cicatriziali riconducibili alle lotte, furti e rapimenti di cani di grossa taglia o
di razze abitualmente usate nei combattimenti, sequestri di allevamenti di pit bull, pagine Internet o profili di Facebook che esaltano i cani da lotta, segnalazioni: questi i segnali che indicano una recrudescenza del fenomeno. Per contrastare il preoccupante aumento delle lotte clandestine è tornato attivo il numero LAV “SOS Combattimenti” tel. 000000000. Lo scopo è quello di raccogliere segnalazioni di combattimenti tra animali per tracciare una mappa dettagliata del fenomeno e favorire l’attivazione di inchieste giudiziarie e sequestri di animali.
Normativa di riferimento:
L’articolo 544-quinquies c.p. - (Divieto di combattimenti tra animali), stabilisce che chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. La pena, poi. è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Si tratta delle pene attualmente più pesanti previste per la violazione della normativa sui delitti contro il sentimento per gli animali. In cinomachia l’allenamento e l’addestramento sono di per sé cruenti. Oltretutto, certe atrocità non hanno nessun effetto positivo per la preparazione o l’addestramento ai combattimenti. Le ipotesi di “maltrattamento” spaziano dall’incrudelire al sottoporre gli animali a strazio e sevizie, dal costringerli a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche al detenerli in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. Tali condotte possono essere contestate alternativamente o cumulativamente. In merito all’addestramento, l’articolo in commento stabilisce che chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di
cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti. Infine, non poteva mancare una sanzione per le scommesse clandestine. È arcinoto, infatti, che le scommesse clandestine sono strettamente legate ai combattimenti tra animali e in genere alle competizioni non autorizzate tra animali. La norma prevede che chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
3.2 Le corse clandestine di cavalli
Le corse clandestine di cavalli sono organizzate dai clan e gruppi malavitosi su circuiti abusivi o direttamente su strada. Storicamente le organizzazioni criminali dedite alle scommesse clandestine hanno sviluppato nei palii e nelle corse di cavalli, una sicura attività lucrativa, consolidata dal controllo del territorio venuto meno alla legalità. In particolare, le corse di cavalli organizzate in occasione delle feste religiose vedrebbero la partecipazione costante di elementi malavitosi direttamente coinvolti nell’organizzazione di corse clandestine che si svolgono in circuiti impropri, predisposti finanche nelle principali arterie di comunicazione stradale. La febbre da cavalli è una brutta malattia, si sa. Come si sa anche che il mondo degli ippodromi è spesso ricettacolo delle più varie illegalità. Non è un segreto che quasi tutti i boss della camorra napoletana avevano la passione dei cavalli e delle corse. Così come i malavitosi siciliani o calabresi. Le corse clandestine di cavalli sono diffuse un po’ in tutto il meridione, ma sono stati segnalati anche xxxx xxx Xxxxx, Xxxxxx x xx Xxxxxx Xxxxxxx. Si tratta di veri e propri “eventi pubblici”, che implicano capacità operative, organizzative e di controllo non di poco conto.
Normativa di riferimento:
L’articolo 544-quinquies c.p. (Divieto di combattimenti tra animali), contrariamente a quanto recita il titolo, non riguarda solo i combattimenti tra animali ma tutte le “competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica”. Rientrano in tale
previsione anche le corse illegali di cavalli e le gare di tiro di pesi o di zavorre, ecc. Le corse clandestine sicuramente possono essere idonee a procurare danni agli animali: i cavalli sono costretti a correre lungo strade asfaltate e spesso si procurano seri danni agli arti, vengono imbottiti di droghe e anabolizzanti e sono frustati in continuazione. Gli incidenti non sono rari e quando il cavallo subisce seri danni o muore, è abbandonato sul posto o è portato in qualche macello abusivo. Non solo corse, ma anche gare di forza: il cavallo deve trainare una zavorra composta da un carro con le ruote bloccate e carico di quintali di materiale, come sacchi di sabbia, legname, ecc. Le scommesse in questo caso sono due: sulla resistenza del cavallo a sopportare il peso e sulla sua capacità di muovere il carro per almeno tot metri. Per fermare questa condotta criminale è importante l’impegno di tutti. Occorre segnalare ogni fatto riconducibile alle corse, come pagine di facebook dedicate, video che circolano in rete, luoghi e strutture dove sono custoditi i cavalli sfruttati nelle competizione. Non bisogna avere paura di chiamare le forze dell’ordine. La legalità non è un esercizio lessicale e retorico, ma un impegno quotidiano, che va vissuto continuamente senza tentennamenti o, peggio, condotte omissive che si traduco in tacita complicità.
3.3 L’abigeato e la macellazione clandestina
Abigeato, parola dal sapore antico che deriva dal latino abigeàtus, da abigere “spingere via”, composta da ab, particella che denota l’allontanamento, “via”, e agĕre, “condurre”, “spingere”. Attualmente, nel diritto penale italiano l’abigeato non è più previsto come reato distinto, bensì solo come circostanza aggravante del furto. L’articolo 625 del codice penale, infatti, tra le circostanze aggravanti del furto, al punto 8 contempla “se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria”. Il settore della carne e della macellazione di animali, è sicuramente una delle attività illegali “silenziose” di maggior profitto per i sodalizi criminali. Tra i peggiori maltrattamenti ci sono quelli che subiscono gli animali sfruttati per il consumo umano. Miliardi di animali vengono sacrificati ogni anno. Ma accanto e parallelamente a questo eccidio vi sono altri crimini nascosti, silenti, che aumentano ancora di più la sofferenza animale. Animali sfruttati negli allevamenti, in parte affetti
da patologie, trafugati come merce, trasportati illegalmente e con mezzi improvvisati da una parte all’altra del Paese, venduti come schiavi in “fori” improvvisati, macellati clandestinamente, con metodi molto più brutali di quelli già cruenti di una “normale” macellazione, e venduti sottobanco. Il tutto condito da frodi, adulterazioni alimentari, truffe e al solo vantaggio di vere organizzazioni criminali. Strettamente legato all’abigeato e alla macellazione illegale è il problema delle adulterazioni alimentari. Farmaci nel piatto. Carne chimica. Veleni alla griglia. E non sono solo slogan, basta vedere cosa hanno fatto emergere alcune inchieste nel nostro Paese nel campo della carne e dei prodotti derivati dagli animali. Doping, antibiotici, ormoni sono parole che non riguardano solo il lessico del mondo dello sport malato, ma anche parte della zootecnia italiana. La sofferenza che subiscono gli animali per i maltrattamenti a cui sono sottoposti e notevole: doping, bombe farmacologiche, estreme condizioni di allevamento e di trasporto, malattie non curate, ecc. e non si tratta di episodi isolati, ma di crimini che, spesso, hanno la regia di vere e proprie organizzazioni.
3.4 La tratta di cuccioli e l’affare canili
La nuova tratta di schiavi: sono migliaia i cani importati da paesi dell’Est e venduti in Italia a prezzi elevati spacciandoli per esemplari con pedigree. Si tratta di una vera emergenza che riguarda tutto il Paese. Le segnalazioni e le denunce arrivano da quasi tutte le regioni. I confini tra commercio legale e traffico illegale sono labili e non solo perché il tragitto e la provenienza sono gli stessi ma perché molte volte, dietro importazioni legali e autorizzate vengono celati, tra i meandri di documentazione, certificati e passaporti, animali clandestini. Gli animali, privi di certificati d’identificazione, ovvero scortati da false certificazioni che attestano trattamenti vaccinali e di profilassi mai eseguiti, sono poi rivenduti all’interno del territorio nazionale, con riverberi fiscali illeciti di non poco conto. I cani vengono allevati in condizioni pietose, vi è un’altissima mortalità. La provenienza privilegiata di questi animali è l’Ungheria e la Slovacchia da dove, comprati per pochi euro, spesso arrivano ammalati e accompagnati da falsi pedigree e da documentazione contraffatta. Naturalmente, oltre al dolore di vedere soffrire l’animale, le persone che prendono tali cani vanno incontro a notevoli spese mediche. Spesso, poi, i cuccioli vengono venduti in nero. Ma al di là di questi aspetti, c’è da dire
che questo commercio, in cui la linea di confine tra lecito e illecito non è sempre facile da individuare, è in mano a gruppi organizzati, non sempre apparentemente illegali, che importano gli animali e li smerciano attraverso una rete di venditori e commercianti. A tale fenomeno criminale può essere legata una recrudescenza della diffusione di malattie che erano ormai praticamente scomparse dal panorama cinofilo italiano. Se un traffico illegale esiste è perché vi è una richiesta. Purtroppo la domanda di cani di razza è diffusissima e questo non fa che alimentare il mercato clandestino. Gli animali non sono cose, non sono oggetti che seguono mode e tendenze, ma esseri senzienti. Un cane deve essere un membro della famiglia, non una cosa da ostentare. Un’azione civile e consapevole richiede l’adozione di un cane, non il suo acquisto. Accogliere, non comprare: gli amici non si comprano. Il paradosso è che a fronte di migliaia di cani chiusi nei canili, circa 2000 cuccioli di razza arrivano ogni settimana nel nostro Paese importanti dall’estero.
Normativa di riferimento
L’art. 4, c.1 della L. 201/10 -Traffico illecito di animali da compagnia-, recita: “Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale, è punito con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000”. La parte A dell’allegato 1 del regolamento (CE) n. 998/2003 riguarda cani e gatti. La stessa pena si applica a chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, trasporta, cede o riceve a qualunque titolo cani e gatti introdotti nel territorio nazionale in violazione del citato comma 1. La pena è aumentata se gli animali hanno un’età accertata inferiore a dodici settimane o se provengono da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria adottate per contrastare la diffusione di malattie trasmissibili proprie della specie. Sono previste anche sanzioni amministrative contro l’introduzione illecita di animali da compagnia: in pratica è prevista una sanzione amministrativa per chi importa cani o gatti senza microchip in assenza dei
presupposti che fanno integrare il reato di traffico illecito o al di fuori di esso, come può essere un’introduzione estemporanea non riconducibile ad attività organizzate. La norma stabilisce anche sanzioni amministrative accessorie che, a seconda dei casi, prevedono la sospensione o la revoca dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di commercio o trasporto. Altro business è quello del randagismo. Sono cani randagi, ma per alcuni rappresentano solo soldi. Tanti soldi. Negli ultimi anni il business randagismo, come diverse inchieste hanno dimostrato, rappresenta un vero affare per trafficoni, malavitosi e, in alcuni casi, funzionari corrotti. Sull’abbandono degli animali si è innestato un giro di affari di centinaia milioni di euro: alcuni privati hanno costruito la loro fortuna grazie a convenzioni milionarie con amministrazioni locali compiacenti, spesso aggiudicate con gare d’appalto al ribasso d’asta, alle quali corrispondono strutture fatiscenti, veri e propri lager dove è impedito l’accesso a chiunque e da dove i cani non usciranno mai. 2,5 milioni di euro l’anno è la stima delle possibili “entrate” annue, tramite le convenzioni, di un canile con 1.000 cani e diaria di 7 euro a cane. Le strutture pubbliche sono spesso insufficienti o a volte totalmente inesistenti; in questi casi diventa più semplice per le amministrazioni incapaci di trovare soluzioni che tengano conto del rispetto degli animali, dare in appalto esterno a privati la gestione dei canili. Alcune inchieste hanno dimostrato l’esistenza di associazioni per delinquere dedite al business dei canili. Animali detenuti in strutture sovraffollate, prive delle condizioni igienico-sanitarie necessarie.
3.5 Il traffico di fauna selvatica
L’Italia è tra i Paesi più attivi nel commercio internazionale di specie animali e vegetali. Un terzo del commercio è riconducibile ad attività illegali. L’opera svolta dagli Organi preposti al controllo risulta pertanto indispensabile per la repressione del traffico illecito. Il traffico di animali, piante o parte di essi, naviga su rotte più disparate: da Internet ai mercati rionali, dai giornali di annunci alle televendite. Un mercato florido dietro il quale, spesso, si nascondono veri gruppi organizzati e ben altri traffici. L’attacco alla biodiversità arriva anche dal bracconaggio e dal commercio di fauna selvatica. In alcune zone del Paese la caccia di frodo è diventata un business gestito dalla criminalità organizzata. Il traffico di fauna
selvatica non sfugge al controllo di veri e propri sodalizi criminali. Centinaia di uccelli, tutti appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, in quanto fauna selvatica, sono venduti impunemente. Si tratta perlopiù di fringillidi quali cardellini, fringuelli, peppole, verdoni, verzellini, lucherini, ecc., ma si trovano anche pettirossi, merli, tordi, cesene, capinere, passeri, cince, luì, storni, taccole, gazze. Gli animali sono detenuti in condizioni pietose, trasportati in stato di esasperata cattività, tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura, tanto da configurare il reato di maltrattamento di animali, oltre che i reati specifici previsti per la detenzione e commercio di fauna selvatica o per le violazioni alla normativa Cites.
4. La psiche zoomafiosa
Ma perché i combattimenti, le corse clandestine, il traffico di fauna? Quali le motivazioni psicologiche e le condotte culturali che spingono un uomo a partecipare a tali nefandezze o assistere cose simili? In psicologia si spiega la febbre dei combattimenti o di altri spettacoli cruenti con la ricerca di un gesto “grande”, di un momento di gloria da parte di persone che vivono in uno stato di costante umiliazione, impotenza e degrado che sognano continuamente un proprio atto eroico che non possono compiere, per incapacità, inettitudine o impedimenti sociali. Il possesso del cane da combattimento, ma anche di un cavallo da corsa o di un leone tenuto in giardino, diventa un’esperienza di sostituzione: ciò che l’uomo non può ottenere può essere realizzato dall’animale. In questa prospettiva l’animale assume una funzione simbolica, sostituendo quelle che una volta erano le insegne del potere e diventando portatore allegorico di forza, autorità e potenza. Non solo i soldi delle scommesse, quindi, ma anche gloria, potenza, bellezza. Si tratta di una trasfigurazione simbolica, di un appropriarsi di valori altrimenti negati. A vincere non è solo il combattente o il cavallo più veloce, ma entrambi, animale-uomo e animale-animale. Chi possiede un animale vincitore si “nutre” della sua grandezza, del potere che rappresenta. È il suo blasone animato. In questo senso, anche la moda di possedere pit bull o altri molossi in voga nei ceti sociali più attigui alla criminalità, trova una possibile spiegazione. Il cane di un “uomo di rispetto” deve essere forte, dominante, un animale che incute rispetto e che lo proietta al suo proprietario. Il sociologo Xxxxxx Xxxxxxxxxx parla di
status symbol che costano meno di una guardia del corpo. Nei combattimenti, soprattutto quelli gestiti dalla bassa manovalanza e da bulli di periferia, la figura più frequente è il maltrattatore con finalità prettamente ludica. Il suo scopo è quello di sconfiggere la noia che lo assale perseguendo un divertimento violento. In questa tipologia, ritroviamo molti soggetti adolescenziali che si riuniscono per dar luogo alla rappresentazione ludica del combattimento. La funzione di questo tipo di reato è prettamente ricreativa e può essere considerato una forma di divertimento criminale in alternativa alle tradizionali serate tra amici al cinema o in discoteca. La motivazione principale non sembra tanto essere il provento economico, quanto la ricerca di emozioni forti, caratteristica dei soggetti che hanno un grande senso di vuoto interiore. Questi individui sono alla ricerca disperata di nuovi stimoli, sensazioni forti in grado di dare un senso alla loro vita. Nel fare ciò, considerano gli animali meri oggetti utili per il loro piacere o divertimento e che hanno l’unica funzione di servire a tali scopi. Le lotte cruente tra animali hanno degli estimatori che le considerano un vero e proprio spettacolo (si pensi, tra l’altro, al giro dei video e alla mania correlata di vedere e guardare gli incontri). Per costoro, assistere o partecipare a un combattimento, oltre che sperare nella vincita, può essere un “divertimento”, un “trattenimento”, un “gioco”, un divertimento organizzato per far passare il tempo in modo ludico. Vi è una sorta di estetica della crudeltà, di attrazione per la sofferenza. Xxx Xxxxxxxxxxx, l’uomo come spettatore estetico è spinto a disinteressarsi addirittura della vita e della sofferenza dei suoi simili pur di godere uno spettacolo. “Anche il dolore si può spettacolarizzare, persino la morte, il dolore dei dolori, la madre di tutti i dolori (...) Xxxxx spettacolo la morte viene trasformata e rappresentata come gesto eroico che sa di magnificenza. (...) Xxxxx spettacolo la morte diventa amica, anzi, un’occasione per rappresentarsi e per essere in maniera più piena. Ecco la morte, una sorta di danza piacevole, un’occasione per esistere esistendo al massimo: la morte come erezione dell’esistenza prima della caduta flaccida” (Xxxxxxxx, 2003). Secondo quest’accezione, quindi, i combattimenti, indipendentemente dal numero degli spettatori e dal valore pubblico dell’evento, possono essere considerati spettacoli (spettacolo: da spectaculum, derivato dal verbo spectare: guardare), o gioco inteso come intrattenimento regolato da norme convenzionali, il cui
esito, legato spesso a una vincita di denaro, dipende dalla forza dei lottatori. “Gioco” che quanto più è crudele, tanta più attrazione suscita nel folle vortice del fascino della violenza. Le combinazioni dei comportamenti antisociali sono infinite (dato statistico comune è la tortura di animali), ma la caratteristica più profonda e universale di tutti gli psicolabili è l’assenza di rimorsi: non hanno il concetto di colpa, non hanno coscienza morale, o come asseriva Xxxxxxxxx “....fanno per divertimento quello che fanno per delinquenza”. “Questa forma di godimento ha una sua genesi: trae origine dalla ricerca del brivido e dell’eccitazione, che diventa pressante soprattutto quando la vita quotidiana sembra non offrire stimoli vitali. (…) La ripetizione di esperienze quali uccidere gli animali indifesi, divertirsi a tormentarli, esaltarsi a massacrarli, conduce a una forma di godimento che sconfina nel sadismo, vale a dire nel piacere che nasce dal vedere l’altro che soffre” (Xxxxxxx, 2006). Il gusto che anima tali soggetti non può che essere quello di provocare dolore, sofferenza, terrore, morte. È gente che aspetta con xxxxx e impazienza il momento, disponibile per questo a correre il rischio di incappare nelle maglie della Giustizia, pur di gioire nel partecipare alla lotta, raggiungendo il piacere e facendo placare la tensione nel momento i cui l’animale perdente sanguinante viene raccolto e quello vincitore esibito. “Per quanto si cerchi, non vi è altro termine dal punto di vista psicologico che possa designare tutto ciò se non quello di sadismo, vale a dire piacere nel provocare sofferenza. Di più: piacere nel provocare la morte, piacere misto a senso di potenza, perché se posso uccidere qualcuno vuole dire che sono più forte di lui e quindi il mio Io, bisognoso di conferme, va a ricercare e si nutre di questa cruenta iniezione di autostima” (Xxxxxxx, 2006).
5. Particolare tenuità del fatto, crimini contro gli animali e pericolosità sociale(*)
Com’è noto, la convinzione di non subire conseguenze negative per le proprie azioni, è uno dei fattori che favoriscono la commissione di reati e, in generale, di condotte illecite. L’idea di “farla franca”, anche solo come mera possibilità, fa accettare più facilmente il rischio di incorrere in future sanzioni, nel convincimento che in realtà la possibilità di essere puniti non si verificherà e che, pertanto, non ci sarà nessun tipo di censura per la violazione consumata. Fare del male, commettere un reato e non subirne
le conseguenze, è la coltura dove prolificano i bacilli dell’illegalità. La cosa è ancora più evidente quando si tratta di violazioni ritenute di minore gravità e considerate, anche sotto il profilo sanzionatorio, di interesse minore. Non è un segreto che è tuttora diffusa, negli addetti ai lavori, l’infausta idea che i reati a danno di animali siano di residuale importanza e di scarso interesse investigativo e, pertanto, rientranti a pieno titolo tra i cosiddetti reati bagatellari. Eppure in Italia si aprono circa 9000 fascicoli l’anno per violazione alla normativa sulla tutela penale degli animai, 25 fascicoli al giorno, uno ogni 57 minuti. Una persona indagata ogni 80 minuti circa (Troiano, 2017). Una norma come quella sulla “tenuità del fatto”, interpretata in modo errato, può avere un forte effetto criminogeno, perché può infondere, laddove interpretata in modo superficiale, la falsa convinzione dell’impunità per determinati comportamenti: se già di per sé i reati a danno degli animali vengono percepiti come reati minori e con sanzioni per nulla dissuasive, la possibilità di restare impuniti grazie alla tenuità del fatto, annulla ogni funzione preventiva della pena. Gli studi criminologici, invece, investono di particolare importanza la violenza contro gli animali e insegnano che la crudeltà nei loro riguardi può essere prodromica a quella contro gli umani. L’idea di un legame tra la violenza esercitata a danno di umani e la violenza contro gli animali non è nuova. Fin dall’antichità filosofi, scrittori, studiosi e ricercatori hanno teorizzato tale collegamento. Del resto la saggezza comune ritiene che se qualcuno tratta male gli animali sarà propenso a trattare male anche le persone. Questo concetto è stato immortalato in un antico brocardo, attributo ad Xxxxxx: “Saevitia in bruta est tirocinium crudelitatis in homines” che ha accompagnato gran parte del pensiero occidentale che ha analizzato la condotta degli uomini nei riguardi degli animali e le conseguenze etiche, sociali e giuridiche che ne derivano. «All’inizio dell’affiliazione, noi più giovani ci occupavamo della pulizia e dell’allevamento dei cani ed avvisavamo il Boss dell’arrivo eventuale della polizia o dei carabinieri. Il passo successivo è stato quello di vendere eroina». Questo è quanto ha dichiarato ai magistrati, a proposito del ruolo che veniva riservato ai neofiti del clan, un collaboratore di giustizia, che ha permesso di fare luce sui misteri di alcune famiglie camorristiche di Barra, un quartiere alla periferia di Napoli (Troiano, 2000). Il coinvolgimento di minorenni, in alcuni casi addirittura di
bambini, nella gestione di attività malavitose legate agli animali, ci ha permesso di coniare la locuzione zoocriminalità minorile (Troiano, 2000). Xxxxxxx qui a che fare con la cosiddetta funzione pedagogica o addestrativa che gli animali svolgono nella cultura mafiosa. Una vera pedagogia nera: attraverso gli animali e le attività delinquenziali ad essi connesse, i minorenni vengono proiettati nel mondo criminale. Si tratta spesso di una vera e propria scuola di crudeltà e di disvalori come la violenza, la sopraffazione, la forza, la prepotenza che vedono il loro trionfo nei combattimenti clandestini, attività nella quale i ragazzi dei clan hanno un ruolo attivo sia nella preparazione che nella logistica. Va da sé che assistere o partecipare a manifestazioni collettive in cui si seviziano animali non aiuta certo a diffondere la tolleranza, il rispetto e la sensibilità verso gli altri, elementi necessari per una convivenza sociale serena e tranquilla. Di contro, la partecipazione a eventi cruenti può favorire l’apprendimento di valori e modelli antisociali e trasmettere contenuti disonesti, ideologie violente, indifferenza per i valori umani e sociali che rientrano tra i futuri fattori criminogeni, in quanto l’assuefazione alla violenza favorisce la delinquenza (Troiano, 2014). Non mancano addestramenti veri e propri, come l’assistere o partecipare attivamente ad azioni violente contro gli animali. Alle giovani reclute dei clan viene chiesto di uccidere un animale - un cane, un cavallo, un vitello -, abbattendolo a colpi di pistola: chi ha remore nell’uccidere un animale, non sarà mai un bravo killer di umani. Negli ultimi anni lo studio della violenza nell’ambito della famiglia ha preso in considerazione anche la violenza nei riguardi degli animali. Nei casi di stalking, ad esempio, è frequente che il soggetto attivo sia violento in vari modi anche con l’animale della persona offesa o minaccia di esserlo. Tra le condotte moleste dello stalker rientrano, infatti, il far trovare animali morti o parti di essi o, addirittura, uccidere gli animali domestici della vittima. In questa prospettiva, si comprende facilmente come sia rischioso considerare un crimine a danno di animali - di per sé già meritevole di attenzione e di una severa censura-, un reato di scarsa importanza, dalla “particolare tenuità dell’offesa” o dalla “l’esiguità del pericolo”: l’esperienza dimostra che l’accettazione passiva e scontata di condotte illecite, ritenute minori, è la genesi di ben altre illegalità. Prima di ogni cosa va messo in evidenza che l’istituto in esame non comporta alcuna depenalizzazione, come erroneamente è circolato in Rete e sugli
organi di informazione, essendo comunque rimesso al magistrato l’apprezzamento, con valutazione in concreto e caso per caso, della non punibilità. “La particolare tenuità del fatto non ha natura di causa di giustificazione (il fatto particolarmente tenue è ancora offensivo sicché permane l’antigiuridicità della condotta), ma costituisce mera condizione di non punibilità che esclude l’irrogazione della pena”. (Cass. Pen. Sez. VI, ud. 22/10/15 Sent. 1336). Il Decreto Legislativo 16 marzo 2015 n. 28 stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità “quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, (Omissis)”. Dalla interpretazione letterale della norma si evince chiaramente che “i motivi abietti o futili” si applicano anche ai reati a danno degli animali. Il dettato è chiaro: “quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili”, indipendentemente dal reato commesso o dalla vittima. A ben vedere, infatti, la norma evoca le circostanze aggravanti comuni di cui all’articolo 61 del c.p. :“1) l’avere agito per motivi abietti o futili”. Circostanze che, com’è noto, si applicano a qualsiasi reato. Se si analizzano i casi riportati in giurisprudenza, si evince facilmente che la maggioranza delle condotte illegali a danno di animali possono entrare tra quelle perpetrate per motivi abietti o futili: abbandonare un cane per andare in vacanza; costringere perennemente un cane alle intemperie per evitare che sporchi l’appartamento; uccidere una gatta per il timore che partorisca nel proprio giardino ecc.. Appare opportuno ricordare che “il motivo è abietto le volte in cui la motivazione dell’agente ripugni al comune sentire della collettività” (Cass. pen., sez. II, 18.2.2010, n. 6587). “per motivo abietto si intende quello turpe, ignobile, che rivela nell’agente un grado tale di perversità da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità, nonché quello spregevole o vile, che provoca ripulsione ed è ingiustificabile per l’abnormità di fronte al sentimento umano nel secondo caso, la futilità del motivo a delinquere è indice univoco di un istinto criminale più spiccato e della più grave pericolosità del soggetto” (Xxxxxxxx e Lo Voi). Va da sé che uno dei beni tutelati dalla norma, il sentimento di pietà che le persone provano nei riguardi degli animali, richiamato nel titolo IX-bis del codice penale “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”, viene offeso ogni volta si consumano condotte che incidono sulla sensibilità dell’animale, producendo patimenti, e pertanto idonee a destare ripugnanza. Nel
sentire comune l’animale non è più considerato un oggetto, una cosa inerte di cartesiana memoria, ma, aderendo alle evidenze scientifiche, un essere vivente, dotato di sensibilità psico-fisica, che reagisce non solo positivamente alle attenzioni amorevoli dell’uomo, ma anche negativamente, con sofferenza, all’incuria, alla trascuratezza o, peggio, alla violenza. Basti pensare alle ondate di sdegno collettivo originate da fatti di cronaca che vedono come vittime animali, e non solo quelli di affezione, per rendersi conto della capacità offensiva che i crimini contro gli animali assumono per il sentire comune. A parere dello scrivente ogni atto che viola l’integrità psicofisica degli animali può essere considerato un atto crudele poiché “si può incrudelire anche per sola insensibilità e, cioè, come impone l’etimo della parola (crudus), per crudezza o durezza di animo” (Cass. pen. Sez. III, Sent. n°. 3914 del 21/12/98). La crudeltà è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo abbietto o futile, e pertanto rientrano nella fattispecie le condotte che si rivelino espressione di particolare compiacimento o di mera insensibilità (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 19.6.1999, n. 9668). Ne consegue che non rientrano nel concetto ampio di “crudeltà” solo quelle condotte che procurano danni fisici, lesioni o ferite, ma anche quei comportamenti che determinano apprezzabile diminuzione dell’integrità psicofisica dell’animale come stress, angoscia, ansia, paura, disagio psico-fisico, inquietudine, nervosismo, stato di affaticamento, agitazione, privazioni emotive ecc. In questa prospettiva, configurano atti di crudeltà quelli diretti a infliggere non soltanto dolori fisici, consistenti in malesseri della sfera organica o funzionale, ma anche sofferenze di indole psichica per effetto di privazione dei rapporti affettivi (cfr. Pretura Circondariale di Bassano del Grappa, Sez. distaccata di Asiago, Sent. n°. 48/95 del 15 novembre 1995, imp. Feltrin + 1). Altro requisito necessario per applicare l’istituto in esame è il comportamento non abituale dell’autore del reato. “A tal proposito si rileva come per comportamento abituale il legislatore abbia voluto dare un’interpretazione estensiva, ricomprendendo tutte quelle condotte che, al di la dell’abitualità pura che prevede la reiterazione di più condotte identiche o omogenee, abbiano ad oggetto condotte anche plurime e reiterate, ricomprendo così anche il reato permanente ed il reato continuato di cui all’art 81 c.p. inteso quale violazione in esecuzione del medesimo disegno criminoso anche di diverse disposizioni incriminatrici. Tale ipotesi è assai frequente nei crimini contro
gli animali per motivi ‘gestionali’ ed economici nell’ambito di attività commerciali dove le condotte sono plurime e reiterate nel tempo, in particolare nel delitto di maltrattamento con condotta omissiva legato alle modalità inadeguate di custodia e gestione degli animali, anche in tali ipotesi evidentemente l’applicazione dell’istituto sarà inibita”. (…) Sono dunque esclusi i reati abituali sia necessari che eventuali. Se il soggetto ha commesso più reati della stessa indole anche se ciascun fatto è tenue non può applicarsi l’istituto, analogamente appare certamente ostativo la commissione di un reato permanente che esprime l’attualità dell’offesa impedendo così che possa esser ritenuta esigua. L’istituto pertanto non si applica ai reati che esprimono condotte plurime e reiterate ed ai reati commessi con il vincolo della continuazione in considerazione della causa ostativa della pluralità delle condotte. Il requisito della non abitualità del comportamento potrà desumersi anche da condotte per cui non è intervenuto un precedente accertamento giudiziale definitivo e potranno quindi valutarsi comportamenti risultanti da precedenti giudiziari come condanne non definitive, declaratori di estinzione del reato, di improcedibilità, di non punibilità anche per particolare tenuità del fatto risultanti anche da decreti di archiviazione etc. ma anche da pregresse denunce per gli stessi fatti, e sarà opportuna sia la verifica sia del casellario giudiziale sia dei carichi pendenti ma anche del registro informatico delle iscrizioni SICP. Sarebbe poi opportuno che l’analisi di questi precedenti riguardi l’intero territorio nazionale e non sia limitato alla Procura dove sono aperte le indagini, per permettere una effettiva valutazione complessiva” (Santoloci e Campanaro, 2015). I reati zoomafiosi sono, come abbiamo visto, reati associativi, programmati, organizzati e abituali. Si tratta perlopiù di condotte reiterate e pianificate nel tempo, che non si esauriscono con la consumazione del singolo reato, si pensi alle corse clandestine di cavallo, ai combattimenti tra animali o al traffico di cuccioli. Sotto questo aspetto, quindi, riteniamo che tali reati di per sè non possono ricadere nella previsione dell’istituto della tenuità del fatto. Ma a ben vedere, ogni reato a danno di animali dovrebbe essere escluso da tale istituto poiché la tenuità non può essere stabilita meramente in base al danno materiale effettivamente provocato, ma, in considerazione del particolare reato, deve essere valutata con parametri più ambi, comprensivi delle conseguenze che determinati gesti possono
avere innanzitutto sulla vita di esseri senzienti, gli animali, appunto e poi sulla società, sull’educazione, sul rispetto dei diritti altrui e, in definitiva, sul vivere civile, come suggerisce la stessa norma, laddove richiama anche il concetto di pericolo per valutare l’esiguità del fatto. E, come abbiamo visto precedentemente, il pericolo che gli atti di maltrattamento di animali possono generare conseguenze negative sotto il profilo criminologico e sociale, è estremamente alto. I crimini contro gli animali sono una tema di rilevanza nazionale perché la legalità e i diritti animali sono questioni strettamente connesse e, spesso, i crimini contro gli animali nascondono, determinano o si accompagnano ad altri tipi di reati. Del resto la criminalità organizzata è un male totalitario che mira a controllare e a dominare tutto: cose, uomini, animali e il loro ambiente. In quest’ottica la zoomafia si manifesta come evidente espressione dello specismo: sfruttamento di altre specie a vantaggio esclusivo di piccoli gruppi.
Note
(*) Per questo capitolo abbiamo utilizzato anche il nostro contributo “Particolare tenuità del fatto, crimini contro gli animali e pericolosità sociale” presentato al convegno: “Sulla tutela giuridica degli animali. Evoluzione della normativa e della sua applicazione anche alla luce della recente legge sulla tenuità del fatto. Aspetti sostanziali e procedurali”, Roma, 22 settembre 2015.
Xxxxxxxx, X. (2003). Capire il dolore, Milano. Xxxxxxx, X. (2006). Noi abbiamo un sogno, Milano.
Xxxxxxxx, B. e Xx Xxx, F. D.lgs. 16 marzo 2015 n. 28 “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto…” Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Circolare esplicativa/applicativa.
Santoloci, M. e Xxxxxxxxx, C. (2015). Particolare tenuità del fatto e reati contro gli animali, relazione del convegno: “Sulla tutela giuridica degli animali. Evoluzione della normativa e della sua applicazione anche alla luce della recente legge sulla tenuità del fatto. Aspetti sostanziali e procedurali”, Roma, 22 settembre 2015.
Xxxxxxx, X. (1998). Zoomafia – Il ruolo della mafia e camorra nello sfruttamento degli animali, Lipu.
Xxxxxxx, X. (2000). Zoomafia. mafia, camorra & gli altri animali, Edizioni Cosmopolis, Torino.
Xxxxxxx, X. (2001). Criminologia dei diritti animali, Torino.
Xxxxxxx, X. (2007). Criminalità e animali: analisi criminologica del fenomeno e profili di politica criminale, Roma.
Xxxxxxx, X. (2014). Ho ucciso un po’ di lucertole - Preadolescenti e animali in un’indagine svolta nelle scuole medie, Roma.
Xxxxxxx, X. (2016). Il maltrattamento organizzato di animali – Manuale contro i crimini zoomafiosi, Roma.
Xxxxxxx, X. (2017). Rapporto Zoomafia 2017 - Traffici e delitti a danno di animali, LAV, Roma.
Xxxx Xxxxxxx, napoletano, è responsabile dell’Osservatorio Nazionale Zoomafia LAV, struttura che ha fondato nel 1999. Criminologo, perfezionato in “Antropologia criminale e metodologie investigative”, formato in psicologia giuridica e psicopatologia forense, è socio della Società Italiana di Criminologia e dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica. Il suo nome è legato a numerose operazioni di polizia in difesa degli animali e della fauna. È stato più volte vittima di minacce e aggressioni. È stato direttore di corsi di formazione regionali per guardie zoofile e ha insegnato, presso le scuole della Polizia, dei Carabinieri e della Forestale, “tecniche di contrasto alla zoomafia” e “criminologia dei diritti animali”. È autore di numerosi saggi e articoli.
LA ZOOERASTIA E LE FORME DI SFRUTTAMENTO SESSUALE DEGLI ANIMALI
di Xxxx Xxxxxxx (LAV)
1. Che cos’è la zooerastia?
La zooerastia, che con linguaggio desueto potremmo definire una deviazione o perversione sessuale, è una parafilia, un disturbo sessuale caratterizzato dall’eccitazione erotica o dalla fantasia di avere rapporti sessuali con animali, o dal praticare attività sessuali con gli stessi in modo non occasionale. È considerata una psicopatologia solo se è compulsiva e se è suscettibile di procurare danni seri al funzionamento psicologico dell’individuo. Bestialità, zoofilia erotica, zooerastia, termini ancora sconosciuti al grande pubblico, ma che sempre più frequentemente circolano in rete, in particolare sui social network, e che spesso sono usati a sproposito. Le notizie che circolano sovente sono inesatte, errate e in alcuni casi prive di fondamento. Le parole più utilizzate per indicare le attenzioni sessuali da parte di umani nei riguardi di animali, bestialità, zoofilia erotica e zooerastia, appunto, anche se usate come sinonimo, in realtà tecnicamente stanno ad indicare aspetti diversi. Nel linguaggio comune, però, le differenze sono annullate e vengono utilizzate tutte con lo stesso significato: l’abuso sessuale di animali (Troiano, 2013). Con bestialità (bestialitas), termine originariamente di uso giuridico e della teologia morale, si intende l’accoppiamento o il contatto di organi genitali umani con quelli animali, di natura non patologica, privo di qualsiasi coinvolgimento emotivo, frutto essenzialmente di “bassa moralità” e figlio di ambienti sociali marginali o di una società rurale dove il desiderio sessuale, quando non vi era la possibilità di essere soddisfatto in modo “naturale”, veniva appagato con il contatto fisico con un animale. Simile alla bestialitas, la zooerastia indica il contatto sessuale, ma con una componente decisamente patologica. La zoofilia erotica, invece, implica un coinvolgimento non solo fisico, estetico, ma anche emotivo, una relazione che va al di là del raggiungimento del piacere sessuale. Il piacere derivante da atti di libidine con animali viene considerato un vero “atto d’amore”, un “donare e ricevere piacere”. Per alcune persone, fare sesso
con “amanti” animali può rappresentare molto di più di una semplice sostituzione del sesso praticato con umani. Per loro il sesso con gli animali non umani rappresenta la cosa migliore, una scelta “naturale” e spontanea. Vi è poi lo zoosadismo, ovvero una forma di sadismo avente per oggetto gli animali. Si tratta di una pulsione aggressiva di origine sessuale che trova il proprio soddisfacimento in azioni lesive o in uccisioni di animali, nonchè nell’assistere a scene cruente di questo tipo (Troiano, 2014). Il DSM-5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, include la zooerastia tra i “Disturbi parafiliaci con altra specificazione”. “Questa categoria si applica alle manifestazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo parafiliaco, presenti per almeno 6 mesi, che causano disagio clinicamente significativo o compressione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti, predominano ma non soddisfano pienamente i criteri per uno qualsiasi dei disturbi della classe diagnostica dei disturbi parafiliaci. Una parafilia è una condizione necessaria ma non sufficiente per avere un disturbo parafiliaco” (DSM-5). La Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e problemi correlati alla salute, pone l’attività sessuale con gli animali tra “Gli altri disturbi delle preferenza sessuale” (F65.8). «Le pratiche sessuali e i disturbi oggi denominati parafilie o disturbi parafilici venivano un tempo chiamati perversioni. (…) Pur segnalando la diffusione e la “normalità” della coesistenza di pratiche “perverse” a fianco di quelle “normali”, la psicanalisi classica tendeva a reputare patologici i casi in cui queste pratiche escludevano o sostituivano in modo stabile e prolungato il rapporto sessuale “normale”» (Lingiardi e Gazzillo, 2014). Alcune forme di zooerastia sconfinano in altre, spesso il soggetto mette in atto nello stesso tempo diversi tipi di parafilie, o la sostituisce con un’altra meno pericolosa o più adatta alla situazione. «Il perverso sa benissimo che sta facendo qualcosa di “cattivo”, moralmente sbagliato, socialmente condannabile, ma parte del sollievo che prova dalla perversione proviene anche dalla sfida e superamento dei codici morali “comuni”» (Vincenzi). Tra le varie parafilie sono presenti, o lo possono essere, il voyeurismo, il sadismo sessuale e il disturbo pedofilico. Per quanto riguarda la pedofilia, ad esempio, sono state accertate in sede giudiziaria connessioni tra pedofili e zooerasti. Uno dei metodi utilizzati è quello di avvicinare i bambini con la scusa di far vedere immagini di animali, o di parlare di cani ecc. Numerosi i
video sequestrati in indagini sulla pedopornografica che riguardano animali e bambini. In ogni caso si tratta di connessioni e aspetti che non coinvolgono l’intera categoria degli amanti dell’ “animal sex”. E’ possibile suddividere le condotte sessuali con animali in tre tipi di attività:
a) occasionale o opportunistica (avere esperienze occasionali con animali per la non disponibilità di partner umani, o per curiosità, o, ancora per fare “esperienza”);
b) permanente o esclusiva (avere rapporti con animali in modo stabile e prolungato, con la sostituzione o limitazione dei rapporti sessuali “normali”, o contemporaneamente ad essi);
c) sadica (avere rapporti che implicano l’uso della violenza e che procurano lesioni, ferite o morte dell’animale).
2. Motivazioni e giustificazioni
Le componenti che spingono le persone a soddisfare i propri bisogni sessuali con gli animali sono diverse. Si va dal divertimento alla lussuria, dalla curiosità al sadismo al senso di onnipotenza che comprende anche il controllo della vita e della morte dell’animale, come avviene in alcune pratiche zoosadiche. Non ultimo, anzi sicuramente è tra i più diffusi, è l’atteggiamento di chi prova per gli animali emozioni vere, reali, relazionali, e non solo basate sull’attrazione sessuale fine a se stessa. Si tratta sempre, in ogni caso, di un rapporto di potere perché gli animali non scelgono volontariamente di diventare “partner sessuali”. Guardando le immagini e i film dal contenuto zooerastico, l’uomo si identifica con la parte attiva e vigorosa: l’animale. È lo stallone, il toro, il cane possente, capace di soddisfare i piaceri e i desideri “bestiali”: il maschio che si bea delle sue dimensioni animalesche e virili. Le persone che si identificano come “zoofili”, nell’eccezione che qui esaminiamo, sentono il loro “amore” per gli animali come romantico, sentimentale e non come semplice attrazione o bisogno sessuale, e questo li fa sentire diversi da quelli che commettono atti sessuali motivati da mera bestialità. In questa prospettiva viene negato energicamente che da tale condotta possa derivare offesa o sofferenza per l’animale. Nella realtà le cose stanno in modo diverso. Quando le persone consumano atti sessuali sugli animali, essi vengono condizionati nella loro specificità e semplicemente non hanno altra scelta che fare quello che viene loro chiesto. Ciò che viene
interpretato come espressione di piacere e di “benessere” ricambiato, è in realtà un condizionamento che determina risposte solo apparentemente positive, ma che, come hanno sottolineato molti studiosi, sono solo il frutto di violazioni etologiche e comportamentali. Per chi sostiene di amare gli animali, la loro dignità dovrebbe essere una priorità assoluta. Questa dignità viene completamente ignorata e offesa non solo in caso di stupro, ma anche con quelle pratiche apparentemente non violente che sottomettono l’animale e lo riducono a mero strumento sessuale. Nei forum su Internet gli estimatori della zooerastia prendono le distanze dalla violenza e insistono sul fatto che non maltrattano gli animali, anzi, secondo loro gli animali condividono il loro desiderio di avere rapporti sessuali. I sostenitori della zoofilia erotica sostengono che essa è etica fino a quando non si trasforma in sofferenza per gli animali o in crudeltà nei loro riguardi. Per costoro la zoosessualità non deve essere considerata un’offesa per l’animale non umano, poiché genera relazioni tra soggetti che possono trovare reciproco benessere e piacere. Si arriva addirittura a sostenere che l’avversione per la zoofilia erotica è in parte generata da un irrazionale “specismo e antropocentrismo”, poiché gli esseri umani sono animali e pertanto la zoosessualità non sarebbe “innaturale” o “intrinsecamente sbagliata”. Per giustificare ciò richiamano i casi di sesso interspecie che si verificano in natura. Molti di questi “zoofili” si considerano difensori del benessere animale nonché zoofili nell’eccezione comune, ovvero amici e protettori degli animali. Come abbiamo avuto modo di affermare altrove, trovare un motivo razionale per giustificare gli atti sessuali con animali è impossibile, a meno che non si voglia ricorrere con deferenza (e stupidità) alla nostra visione del mondo antropocentrica. Il trionfo dello specismo e dell’antropocentrismo risiede proprio in coloro che dell’animalità umana fanno motivo di giustificazione di condotte che non sono né umane né animali. Certamente non devono essere ignorate le emozioni, i sentimenti e le relazioni vere e sentite che possono accompagnare tali condotte, ma un rapporto veramente reciproco è quello tra soggetti realmente consenzienti, basato sul consenso reale dei partner sessuali, che non sia fonte di disagio, sofferenza o problemi legali per nessuno dei partecipanti (Penna, 2003). Si individuano negli argomenti giustificazionisti le classiche tecniche di neutralizzazione tese ad escludere o attenuare la responsabilità individuale della propria condotta negando
l’illiceità della stessa: deresponsabilizzazione, ovvero la negazione della propria responsabilità (amo il mio cane, ci lega un rapporto bellissimo, non faccio nulla di male); minimizzazione del danno arrecato (non maltratterei mai il mio animale, quello che faccio non gli procura danno, ma solo piacere); negazione della vittima (è un cane depravato, «un vero “porco cane”, mi si permetta il gioco di parole. E’ ipocrita, per di più, infatti con gli estranei si comporta da perfetto gentleman. Invece appena è solo…», si legge su una rivista); condanna di chi condanna (come potete giudicarci? Che ne sapete voi di quello che facciamo e cosa proviamo per gli animali? Il vostro è solo perbenismo ipocrita); richiamo ad ideali più alti (la zooerastia è sempre esistita, nell’antichità era comune, anche gli Dei la praticavano e in diversi rituali veniva esercitata collettivamente. Le arti figurative da sempre celebrano l’accoppiamento uomo-animale). È significativo che le stesse tecniche, con motivazioni diverse, sono utilizzate dai pedofili.
3. Il fenomeno
Dati e numeri sul fenomeno scarseggiano. In Italia non vi sono dati e ricerche attendibili. La zooerastia è un argomento di cui è difficile parlare. Rari anche i casi clinici seguiti nei centri di igiene mentale o dai liberi professionisti. La situazione è leggermente diversa all’estero, ma si tratta sempre di stime approssimative. Dall’analisi dei dati di una ricerca condotta quest’anno dall’Università del Québec su oltre 1500 partecipanti di entrambi i sessi, sono state riscontrate due fantasie sessuali “rare”: fare sesso con un ragazzo/a con meno di 12 anni e fare sesso con un animale. La scala utilizzata valuta la fantasia sessuale da 1 (assente) a 7 (molto intensa). La fantasia sessuale è stata definita comune se condivisa da almeno il 50% dei partecipanti, inusuale dal 15%, rara dal 2%. Uno studio condotto in Internet su 93 praticanti la zoofilia erotica (82 uomini e 11 donne con un’età media di 38 anni) più della metà degli intervistati ha dichiarato di essere più attratto agli animali che alle persone (Bering, 2010). Sarebbe un grossolano errore ridurre tutto allo stereotipo della cultura rurale o del soggetto emarginato con problemi mentali, in realtà le ricerche statunitensi hanno dimostrato che spesso si tratta di persone istruite, professionisti o comunque con una solida posizione sociale. C’è un mondo sommerso, però, ricco e vario fatto di siti internet, chat, gruppi,
riviste e filmati, negozi che vendono articoli specializzati, annunci di scambisti di animali, viaggi all’estero in posti dove la zooerastia è legale o tollerata. Negozi, anche on-line, offrono in vendita riproduzioni anatomiche di falli di animali, dal cavallo al leone, al cane, offrendo anche servizi e “guide per principianti” su come addestrare e abituare gli animali all’accoppiamento. Dall’analisi di siti, di immagini e di video, si evince che la stragrande maggioranza dei contenuti vedono protagoniste donne, da sole o in coppia, impegnate in atti sessuali con animali. La presenza di uomini è complementare o del tutto residuale, solo in una minima parte del materiale esaminato, infatti, è stata riscontrata la presenza di maschi. Nei forum, invece, le percentuali cambiano vistosamente: gli uomini rappresentano la maggioranza degli utenti. In indagini fatte all’estero, molte donne hanno denunciato la violenza, non solo fisica, subita da mariti o compagni che le costringevano a fare sesso con animali, un’esperienza drammatica che lascia segni indelebili, danni permanenti. Questo tipo di bestialità viene usato dal dominante per sottomettere e umiliare il partner. Negli Stati Uniti molti rifugi per donne maltrattate ricevono segnalazioni da parte di donne che sono state costrette ad avere rapporti sessuali con gli animali. Cani, gatti, pesci, cavalli, asini, cammelli, cervi, mucche, vitelli, antilopi, galline, oche, anatre, maiali, capre, pecore, conigli, serpenti, delfini: quasi nessun animale è al sicuro dagli abusi sessuali. Quando si tratta di soddisfare bisogni sessuali viene sviluppata una sconfinata fantasia e una crudele creatività. La gamma di atti sessuali con animali è infinita quanto perversa. Il cane è l’animale più sfruttato e questo perché è sicuramente più “pratico” rispetto ad altri, è l’animale più comune e presente nelle abitazioni, il legame che lo lega agli esseri umani favorisce ogni sorta di abuso. Spesso vengono soccorsi cani abbandonati con vistose ferite e lesioni ai genitali o nella zona anale, o che presentano comportamenti anomali e riconducibili ad un condizionamento alle pratiche sessuali. Fase una stima degli animali coinvolti è impossibile, ma non è azzardato ipotizzare che si tratti di migliaia.
4. Gli aspetti giuridici
Ci sono molte forme di bestialitas sia per il tipo di animali sfruttati sia per l’entità del danno o per la sofferenza che provocano a un animale. Quando un animale viene ferito o subisce lesioni da atti sessuali è chiaramente una
violazione al reato di maltrattamento. A volte però è difficile provare che un animale abbia subito violenza o abbia sofferto. Anzi, in alcuni casi viene negato energicamente che da un “atto d’amore” possa derivare sofferenza, oppure si argomenta che la gratificazione sessuale di una persona vale molto di più della sofferenza o dei presunti danni subiti dalla “bestia”. La Cassazione ha confermato la condanna per maltrattamento di animali per un allevatore di Bolzano accusato, tra le varie cose, di aver sottoposto animali “a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche, in quanto faceva in modo che gli stessi avessero rapporti di natura sessuale con una donna”. In particolare si trattava di cani utilizzati per produrre film a carattere zoosessuale. È la prima pronuncia della Suprema Corte in merito a questo argomento che ha confermato l’impianto accusatorio già sostenuto nei due gradi di giudizio precedenti (Troiano, 2010). Il GUP di Bolzano nella sua sentenza ebbe modo di precisare che «I concetti di “comportamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche” e di “condizioni incompatibili con la natura degli animali” descrittivi del maltrattamento devono essere interpretati anche alla luce della classificazione data dal legislatore ai reati di maltrattamento quali “delitti contro il sentimento per gli animali” dando quindi tutela funzionale al contempo al sentimento sociale verso gli animali secondo quello che è ormai la percezione comune e all’animale stesso quale essere vivente dotato di sensibilità e quindi portatore di interessi vitali quali il diritto a non soffrire. Ne consegue che alla stregua di siffatta interpretazione nel concetto di maltrattamento così delineato – che si potrebbe definire come concetto involucro – trovano spazio e rientrano tutte quelle condotte che offendono la sensibilità psicofisica degli animali quali autonomi esseri viventi capaci di reagire agli stimoli, ovvero cagionano all’animale una lesione ovvero lo sottopongono a sevizie o comunque a comportamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale». L’imputato aveva fatto ricorso, dopo la conferma della condanna da parte della Corte di Xxxxxxx, sostenendo “l’insussistenza del reato di maltrattamenti” per il fatto che nelle condotte in esso descritte non trova collocazione l’attività di sesso con gli animali. Sostiene la Suprema corte che «Come già detto, l’art. 544 ter c.p. prevede il fatto di colui che, tra l’altro, sottoponga l’animale “a sevizie o comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue
caratteristiche etologiche”. L’analisi letterale di tale periodo comporta, a ben considerare, che la nozione di “insopportabilità”, lungi, ovviamente, dal potere essere interpretata con riferimento a criteri di gradazione tipici delle natura umana, vada invece rapportata, stante la stretta connessione emergente, alle caratteristiche etologiche dell’animale senza che si possa pretendere che la stessa debba necessariamente conseguire a comportamenti che travalichino, sovrastandole ed annullandole, le capacità “fisiche” dell’animale; se, infatti, così fosse, si finirebbe, tra l’altro, per attribuire al concetto di “comportamenti” un significato sostanzialmente coincidente con quello di “fatiche” quando invece, come reso evidente dalla norma, il legislatore ha utilizzato entrambi i concetti, attribuendo a ciascuno un significato proprio ed autonomo. Se quindi è necessario attribuire alla nozione di “comportamenti” un significato che, da un lato, deve essere raccordato alle caratteristiche etologiche della specie, animale e dall’altro non si esaurisca in quello di “fatiche”, la nozione di “insopportabilità” deve arrivare a ricomprendere nel proprio perimetro anche quelle condotte che, come quella descritta al capo k (sottoporre un cane a rapporti sessuali con una donna ndr) dell’imputazione, siano insopportabili nel senso di una evidente e conclamata incompatibilità delle stesse con il “comportamento animale” della specie di riferimento come ricostruito dalle scienze naturali, in tal senso dovendo infatti intendersi il concetto di caratteristiche etologiche impiegato dalla norma. Ed allora, se così è, non può non seguirne la corretta attribuzione alla condotta di specie, consistita nella coazione all’accoppiamento con una donna finalizzata alla realizzazione di un film pornografico, della qualificazione di “maltrattamenti”, non potendo esservi dubbio sulla assoluta contrarietà di una simile condotta alle caratteristiche etologiche del cane. Proprio la necessità di interpretare il concetto di comportamenti insopportabili in connessione con i due profili sopra richiamati, consente, dunque, di ricondurre all’interno della norma le pratiche di “zooerastia” o “zoopornografia” senza necessità di una apposita, specifica, previsione (come accade, ad esempio, nella legislazione francese, ove l’art. 521-1 del codice penane contempla anche il fatto di esercitare, nei confronti di un animale domestico, sevizie “di natura sessuale”). Una tale interpretazione si pone, peraltro, in sintonia con la ratio della incriminazione che, come indicato dalla collocazione
della fattispecie all’interno del titolo IX bis, dedicato ai delitti contro il sentimento per gli animali, consiste nella compassione suscitata agli occhi dell’uomo dall’animale maltrattato, tanto più assumendo disvalore, in un tale contesto, pratiche come quella in oggetto. Ne consegue che il giudizio operato sul punto dal giudice di primo grado e ripreso dalla Corte territoriale, allorquando ha argomentato su un trattamento del cane assolutamente estraneo alle leggi della biologia e della zoologia e, in quanto tale, insopportabile per le sue caratteristiche etologiche, appare, alla luce dell’interpretazione che della norma si deve dare, esente da censure». È da sottolineare che tale interpretazione coglie in pieno la ratio della normativa contro i maltrattamenti degli animali che mira a salvaguardare la loro integrità e identità psico-fisica, e censura ogni condotta che non rispetti le leggi naturali e biologiche, fisiche e psichiche, di cui ogni animale, nella sua specificità, è portatore. Con questa sentenza viene confermato il principio che la zooerastia, nelle sue varie forme, costituisce reato. Recentemente sono circolati in rete allarmi e appelli relativi ad una presunta impunibilità di tali condotte, la cosa è destituita di qualsiasi fondamento: ogni abuso su animali di natura sessuale integra il reato di maltrattamento di animali. Partendo da questo punto fermo, si possono poi fare diverse valutazioni. Siamo convinti che, vista la complessità del fenomeno e i vari aspetti che coinvolge, sia necessaria un’articolata rivisitazione della questione anche sotto il profilo sanzionatorio e una giusta collocazione del precetto in seno al codice penale. Resta il fatto però, ed è bene ribadirlo, che tali condotte trovano censura penale nel reato di maltrattamento di animali.
Note:
Xxxxxx, X. (2010). Animal Lovers: Zoophiles Make Scientists Rethink Human Sexuality. Xxxxxxxxx, X. e Xxxxxxxx, F. (2014). La personalità e i suoi disturbi, Milano, 2014.
Xxxxx, X. (2003). Un approccio clinico alla zoofilia.
Xxxxxxx, X. (2010). L’agnello sacrificale della perversione umana, Impronte, aprile 2010.
Xxxxxxx, X. (2013). Bestialità, zoofilia erotica, zooerastia: il vero esame immorale dell’umanità. Xxx.xx.
Xxxxxxx, X. (2014). Crimini sessuali contro gli animali - Caratteristiche, comportamento e profili di politica criminale, Roma.
Xxxxxxxx, X. “Perversioni sessuali”, xxxxxxx-xxxxxxxx.xxx.
ASPETTI GIURIDICI DEL MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI.
Avv. XXXXXXXXX XXXXXXXX (Avvocato, resp. Xxxxxxxxxxxxxxx.xx).
Introduzione: la normativa “a tutela degli animali”
L’ordinamento giuridico, come oggi strutturato, non riconosce gli animali quali autonomi titolari di diritti, offrendo loro esclusivamente una tutela mediata: l’animale è comunque civilisticamente considerato un bene mobile di privata proprietà, seppure gli vengano riconosciute peculiarità specifiche in ragione della sua natura di essere vivente, anche in quanto compartecipe della vita e della ricerca del benessere dell’uomo.
Qualsiasi lesione dei “diritti degli animali” appare tradizionalmente rilevante per l’ordinamento solo o principalmente in quanto collegata a un interesse umano di tipo patrimoniale (art. 638 c.p.), alla polizia dei costumi dell’uomo (727 c.p.) o a un suo sentimento (libro II, capo III, titolo IX bis c.p.). E proprio il riferimento al “sentimento per gli animali”, pur non avendo ancora identificato gli animali come soggetti di una tutela diretta, ha comunque segnato un notevole avanzamento nel riconoscimento degli stessi quali beni di interesse giuridico autonomo, anche ai fini dello sviluppo della personalità dell’uomo, con il riconoscimento del valore emotivo dell’animale, in quanto capace di interagire con l’uomo proprio in termini emozionali. Indubbiamente le innovazioni legislative degli ultimi dieci anni hanno fortemente inciso sulla regolamentazione del rapporto fra uomo e animale, con uno specifico riconoscimento delle peculiarità proprio dei cani e dei gatti, nel rispetto di un mutato senso comune nei confronti soprattutto, ma non solo, degli animali domestici.
Fino alla riforma del 2004 (l. n. 189/2004) la sensibilità dell’ uomo per l’animale era essenzialmente presidiata dal solo art. 727 c.p., che sanzionava il maltrattamento di animali (sezione I, Capo II, libro III del codice penale, avente ad oggetto le contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi) e stabiliva, al primo e al secondo comma, che “chiunque incrudelisce verso animali senza necessità o li sottopone a strazio o sevizie o a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche, ovvero li adopera in giochi, spettacoli o lavori insostenibili per la loro
natura, valutata secondo le loro caratteristiche anche etologiche o li detiene in condizioni incompatibili con la loro natura o abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività, è punito con ammenda da lire due milioni a lire dieci milioni. La pena è aumentata se il fatto è commesso con mezzi particolarmente dolorosi, quale modalità del traffico, del commercio, del trasporto, dell’allevamento, della mattazione o di uno spettacolo dì animali o se causa la morte dell’animale”.
La norma, in vigore precedentemente alla riforma 189/2004, era volta a proibire comportamenti arrecanti sofferenze e tormenti agli animali, nel rispetto del principio di evitare all’animale, anche quando questo dovesse essere sacrificato per un ragionevole motivo, inutili crudeltà e ingiustificate sofferenze.
Tale principio, peraltro, aveva già trovato applicazione in previgenti Xxxxx e Xxxxxxx, sin dagli anni ’30 del secolo scorso. In tali disposizioni l’oggetto di tutela già era individuato nel sentimento di pietà e di compassione che l’uomo prova verso gli animali, offeso quando un animale subisce crudeltà e ingiustificate sofferenze. Scopo dell’incriminazione era quindi di impedire manifestazioni di violenza che potessero, si diceva, “divenire scuola di insensibilità delle altrui sofferenze”.
Un’ulteriore tutela verso gli animali è stata riconosciuta grazie all’entrata in vigore del codice Xxxxx, il cui art. 727 (nella sua versione originaria) si poneva a garanzia del sentimento di pietà nei confronti degli animali, qualsiasi essi fossero e in qualunque luogo si trovassero. La legge di riforma n. 473/1993, che ha riscritto il predetto art. 727 c.p., ha costituito un primo passo per la tutela dell’animale inteso come essere vivente, atteso che, per la prima volta, ha preso in considerazione la sofferenza degli animali in relazione alla loro natura e alle loro caratteristiche, anche etologiche.
Peraltro la disposizione, inserita nella sezione prima del capo secondo del titolo primo del libro terzo avente ad oggetto le contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi, si è posta direttamente a garanzia esclusivamente del sentimento di humana pietas nei confronti degli animali, essendo ancora embrionale in tale materia il concetto di tutela dell’animale in sé, come facente parte dell’ambiente in cui l’uomo è inserito, diversamente da altre normative (quale quella in materia di inquinamento), in cui oggetto della garanzia legale è la salvaguardia
dell’ambiente e la salute di ogni essere vivente. A sua volta la legge n. 189/2004, ha introdotto dal 1° agosto 2004, nel libro secondo del codice penale (dei delitti in particolare), il titolo IX bis, avente a oggetto i delitti contro il sentimento per gli animali. Le disposizioni contenute nella contravvenzione di cui all’art.727 c.p., sono quindi rifluite integralmente negli artt. 000 xxx, xxx, xxxxxx e quinquies c.p.. Come vedremo più specificamente in seguito, il maltrattamento di animali, prima disciplinato come contravvenzione dall’art. 727 c.p., è divenuto delitto ai sensi dell’art. 544 bis e segg. c. p. mentre l’attuale norma contenuta nell’art. 727 c.p. è rimasta ad indicare l’abbandono di animali, tratteggiando in realtà due fattispecie contravvenzionali, di cui la prima contempla le vere e proprie condotte di abbandono, mentre la seconda sanziona la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Deve quindi ritenersi che le norme di cui al titolo IX bis c.p. e l’art. 727 c.p. siano attualmente poste a tutela di più beni giuridici diversi, che in prima battuta riguardano i sentimenti e la socialità degli esseri umani, ma in seconda battuta sono identificabili in un pur subordinato ed embrionale statuto dei diritti degli animali, una tutela riconosciuta all’animale come essere vivente in sé e in quanto inserito in un complessivo contesto etico- socio-culturale di cui sono parte, pur con diverse rilevanze, l’uomo, gli animali e tutte le componenti della natura e dell’ecosistema.
Diritto Penale
Come detto, la legge n. 189/2004 ha introdotto nel Codice Penale il "TITOLO IX-BIS - DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI”
che modifica ed inasprisce la disciplina riguardante, in generale, il maltrattamento verso gli animali. Ma vediamo nello specifico gli articoli di questa legge:
ART. 1 (Modifiche al codice penale)
Dopo il titolo IX del libro II del Codice Penale è inserito il seguente TITOLO IX-BIS (DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI)
Art. 544-bis. - (Uccisione di animali) – Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi.
Art. 544-ter. - (Maltrattamento di animali) - Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale.
Art. 544-quater. - (Spettacoli o manifestazioni vietati) - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a
15.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell'animale.
Art. 544-quinquies. - (Divieto di combattimenti tra animali).- Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a
160.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali
impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Art. 544-sexies (Confisca e pene accessorie)
1. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
E' altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.
2. All'articolo 638, primo comma, del codice penale, dopo le parole: "è punito" sono inserite le seguenti: ", salvo che il fatto costituisca più grave reato".
3. L'articolo 727 del codice penale è sostituito dal seguente:
Art. 727. - (Abbandono di animali) - Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.
ART. 2 (Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce)
1. E' vietato utilizzare cani (Canis familiaris) e gatti (Feliscatus) per la produzione o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dalle pelli o dalle pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale.