Contract
Lavoro (Rapporto di) - Lavoro subordinato - Indennità - Di fine rapporto di lavoro -Di preavviso - Effetti - Continuazione del rapporto e delle connesse obbligazioni fino alla scadenza del periodo di preavviso previsto dal contratto - Derogabilità per accordo, anche tacito, tra le parti sulla immediata interruzione del rapporto - Relativo accertamento - Spettanza al giudice del merito - Censurabilità in cassazione - Limiti - Conseguenze.
Corte di Cassazione – 8.5.2004, n. 8797 - Pres. Xxxxx - Rel. Picene - PM. Xxxxxxxxxx (Conf.) - Xxxxxxxx (Avv. Xxxxxxxx) - INPS (Avv.ti Xxxxxxx, Spadafora, Xxxxxxxxx)
Il principio in base al quale il preavviso di licenziamento, nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, comporta la prosecuzione del rapporto medesimo e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine è derogabile per accordo delle parti quando queste, prima di detta scadenza, pattuiscano l'esonero immediato dagli obblighi relativi alle reciproche prestazioni. L'accertamento in ordine alla esistenza di tale accordo - che è desumibile anche da comportamenti taciti e concludenti, come quello dell'accettazione senza riserve da parte del lavoratore della preventiva liquidazione e corresponsione della indennità sostitutiva del preavviso - forma oggetto di un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da errori logici e giuridici. In tale ipotesi, la data di cessazione del rapporto va fatta coincidere con quella del licenziamento, e non con la scadenza del periodo di preavviso dovuto, e ciò a tutti gli effetti, ed anche nei confronti di soggetti diversi dal datore di lavoro, quali gli enti gestori di previdenza ed assistenza.
FATTO - II Tribunale di Marsala, in accoglimento dell'appello dell'Inps, ha riformato la sentenza del Pretore della stessa sede, rigettando la domanda proposta da Xxxxxxxx Xxxxxxxx per il pagamento dell'indennità di mobilità.
Il Tribunale ha ritenuto fondata la tesi dell'Istituto previdenziale, secondo cui il lavoratore era privo del requisito di almeno 18 mesi di anzianità aziendale nell'ultimo rapporto di lavoro, rapporto che, iniziato il 24.3.1992, doveva ritenersi cessato il 17.3.1993 con il licenziamento senza preavviso e la corresponsione dell'indennità sostitutiva, non potendosi comprendere nell'anzianità anche il periodo di preavviso di sette giorni, sostituito dall'indennità accettata senza riserve dal lavoratore.
La cassazione della sentenza è chiesta da Xxxxxxxx Xxxxxxxx con ricorso per un unico motivo, al quale resiste l'Inps con controricorso.
DIRITTO - Osserva preliminarmente la Corte che dalla relazione di notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza risulta che il difensore del ricorrente è deceduto; tale circostanza, tuttavia, non comporta l'obbligo di ulteriori adempimenti, in quanto il processo di cassazione, governato dall'impulso d'ufficio, resta insensibile agli eventi di cui all'art. 299 ss. c.p.c. che si riferiscono esclusivamente al giudizio di merito e non sono suscettibili di applicazione analogica in quello di legittimità, neanche quando, dopo la proposizione del ricorso, si rendono necessari atti o iniziative della parte o del difensore, atteso che, anche in questi casi, la mancata previsione dell'interruzione non implica lesione del diritto di difesa o menomazione del contraddittorio, restando a carico dell'interessato l'onere di attivarsi per ovviare ad evenienze conosciute o comunque conoscibili (cfr. Cass. 2734/2001; 5719/2001).
Con l'unico motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 11, comma 2, legge 23 luglio 1991, n. 223 e dell'art. 2118 c.c -, nonché vizio della motivazione.
Si sostiene che si sarebbe dovuto riconoscere esistente il requisito stabilito dalla legge di un "periodo di lavoro effettivo non inferiore a 18 mesi", perché il periodo di preavviso spettante, pari a sette giorni, doveva essere equiparato a lavoro effettivo ai fini della prestazione previdenziale, non essendo idoneo a incidere su tale diritto il licenziamento in tronco, atteso che l'Xxxxxxxx non aveva accettato l'esonero dalle prestazioni lavorative. La Corte giudica il ricorso infondato.
L'art. 11 l. 223/1991 (Norme in materia di trattamento speciale di disoccupazione per i lavoratori
licenziati da imprese edili ed affini), nel testo in vigore all'epoca dei fatti, dispone al comma 2 che, nelle aree nelle quali il CIPI, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, accerta la sussistenza di uno stato di grave crisi dell'occupazione conseguente al previsto completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni, compete il trattamento speciale di disoccupazione ai lavoratori edili che siano stati impegnati, in tali aree e nelle predette attività, per un periodo di lavoro effettivo non inferiore a diciotto mesi e siano stati licenziati dopo che l'avanzamento dei lavori edili abbia superato il settanta per cento.
La norma previdenziale non reca una nozione autonoma di "lavoro effettivo", ma rinvia per la sua definizione alle regole del rapporto di lavoro subordinato.
In tema di preavviso e indennità sostitutiva (art. 2118 c.c.), da tempo risalente la giurisprudenza della Corte ha precisato che il principio in base al quale il preavviso di licenziamento, nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, comporta la prosecuzione del rapporto medesimo e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine, è derogabile per accordo delle parti quando queste, prima di detta scadenza, pattuiscano l'esonero immediato dagli obblighi relativi alle reciproche prestazioni. L'accertamento sull'esistenza di un tale accordo - il quale è desumibile anche da comportamenti taciti e concludenti, come quello dell'accettazione, senza riserve, da parte del lavoratore, della preventiva liquidazione e corresponsione dell'indennità sostitutiva del preavviso - forma oggetto di un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da errori logici - giuridici (Xxxx 13580/2001; 8256/1999; 4081/1989; 831/1989; 6798/1988; 8769/1987; 6903/1987(1); 4301/1984).
Nell'ipotesi considerata, la data di cessazione del rapporto di lavoro va fatta coincidere con quella del licenziamento, non con la scadenza del periodo di preavviso dovuto, e ciò a tutti gli effetti, anche nei confronti di soggetti diversi dal datore di lavoro, quali gli enti gestori di previdenza e assistenza (cfr. Cass. 13395/1999; 8256/1999).
La sentenza impugnata si è attenuta a questi principi di diritto, accertando in fatto che l'Xxxxxxxx aveva percepito senza riserve l'indennità sostituiva del preavviso, e giungendo alla conclusione che ciò non era conciliabile con la prestazione di lavoro effettivo durante il preavviso, essendo il rapporto cessato con il licenziamento.
Tale accertamento, del resto, non è contestato dal ricorrente, il quale si limita a svolgere la tesi, destituita, come si è constatato, di fondamento, giuridico, secondo cui l'accettazione dell'indennità di preavviso non implicava anche l'accettazione dall'esonero dalle prestazioni lavorative.
Al rigetto del ricorso non consegue la statuizione sulle spese, ricorrendo le condizioni previste per l'esonero del soccombente dal rimborso a norma dell'art. 152 disp. att., nel testo originario, quale risultante a seguito della sentenza costituzionale n. 134 del 1994, non essendo applicabile la modificazione introdotta dall'art. 42, ultimo comma, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326 ai giudizi introdotti prima del 2 ottobre 2003 (di entrata in vigore del decreto).
(Omissis)
(1) V. in q. Riv., 1988, p. 353