Intestazione
SENTENZA
Tribunale sez. lav. - Milano, 03/11/2017,
Intestazione
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE LAVORO
Il Giudice del Tribunale Ordinario di Milano, Sezione Lavoro, dr.
Xxxxxxx Xxxxxxxx ha pronunciato la seguente SENTENZA
nella causa iscritta al n. 784/2017 R.G., avente ad oggetto: appalto illecito;
TRA
Al. Gi., Ca. El., Ca. Ma. Ma., Ca. Va., Ca. Ma., Co. Lu., D. Pa. Al.,
Fa. Pa., Gi. Sa., Le. Gr., Lo. Ma., Ma. Br., Ma. Ge., Ma. Gi., Ma.
Ma., Mo. Fa., Ne. Lu., No. Si., Pa. Lu., Pu. Ra., Sa. Fi., Sa. Ma.,
Sa. Se., tutti elett. dom. in Xxxxxx, xxxx xxx Xxxxxxx x. 0, xxxxxx xx studio dell'avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, rappresentati e difesi dagli avv.ti Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxx, giusta procura a margine del ricorso;
- RICORRENTE - E
TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elett. dom. in Milano alla via, presso lo studio dell'avv. Xxxxx Xxxx, rappresentata e difesa dagli avv.ti Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxx
Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx, giusta procura alle liti in atti;
-RESISTENTE - CONCLUSIONI
Come da udienza di discussione del 10/10/2017.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda di parte ricorrente appare infondata e, pertanto, non meritevole di accoglimento per le motivazioni di seguito enunciate.
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. i ricorrenti premettevano di essere tutti dipendenti della società Ceva Logistics Italia s.r.l., con contratto a tempo indeterminato, e di prestare lavoro presso diverse sedi nel territorio italiano, sulla commessa Telecom Italia s.p.a., svolgendo le proprie mansioni (gestione scorte di magazzino per i prodotti Telecom stoccati presso Centri di Raccolta) sulla base del potere direttivo e di controllo esercitato dal committente, secondo le esigenze organizzative di quest'ultimo, ed utilizzando gli indispensabili strumenti di lavoro messi a disposizione da questi.
Xxxxxxxxxx, pertanto, accertarsi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra i ricorrenti e Telecom Italia s.p.a. a far data dal 01/03/2003, ovvero con la diversa decorrenza ritenuta di giustizia, con condanna della resistente al ripristino dei rapporti di lavoro ovvero alla assunzione, con ogni conseguenza giuridica ed economica, con vittoria di spese di lite.
Il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione e, indirettamente, il contratto di appalto lecito da quello illecito, per il fatto che nel primo l'organizzazione dei mezzi necessari fa capo all'appaltatore. Tale organizzazione può anche risultare - tenuto conto dell'attuale evoluzione dei sistemi produttivi, che possono essere incentrati anche solo nella razionale gestione della forza lavoro
- dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto nonché dall'assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa. L'organizzazione dei mezzi deve essere effettiva e sostanziale e può essere realizzata anche da una genuina impresa cd. “ leggera” o “ dematerializzata”, in cui l'organizzazione del fattore lavoro sia prevalente sul capitale, purché idonea a soddisfare le esigenze dedotte in contratto (Trib. Roma, sez. lav., 04/05/2017, n. 4082).
Di conseguenza, deve considerarsi illecito l'appalto svolto a mezzo di una prestazione di lavoro subordinato ove sia del tutto assente il tratto qualificante della direzione tecnica ed organizzativa della prestazione da parte dell'appaltatore (Trib. Pisa, sez. lav., 10/07/2009, n. 268) e, di converso, ai fini della configurazione di un appalto lecito, occorre che vi sia una organizzazione dei mezzi necessari
da parte dell'appaltatore che comporti sia l'esercizio di potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, sia l'assunzione del rischio d'impresa, con accertamento operato in concreto, con riferimento all'oggetto e al contenuto intrinseco dell'appalto, alle qualità professionali di coloro che prestano attività lavorativa, alle caratteristiche e alla specializzazione dell'impresa, alla possibilità che l'appaltatore abbia dato vita o meno, in caso di attività esplicate all'interno dell'azienda appaltante, ad una organizzazione lavorativa autonoma, ed abbia assunto, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio di impresa relativo al sevizio fornito.
In particolare, deve accertarsi se il committente interferisca con la direzione dei lavori, esercitando potere direttivo, di controllo e disciplinare sui lavoratori, limitandosi in questo caso alla mera assunzione, retribuzione e gestione amministrativa dei lavoratori, elementi non sufficienti a dar luogo ad un appalto genuino (Trib. Roma, sez. lav., 04/04/2017, n. 3213), difettando in capo all'appaltatore un'autonoma organizzazione funzionale e gestionale e del rischio di impresa (Trib. Teramo, sez. lav., 31/01/2017, n. 24).
Ciò premesso, in linea giuridica, occorre verificare se, nel caso di specie, con riferimento alla pletora di lavoratori odierni ricorrenti, ricorrano gli indici semantici della genuinità del contratto di appalto in essere tra il datore di lavoro e l'utilizzatore della prestazione o se, di converso, ci si trovi al cospetto di un tipico caso di illecita somministrazione di manodopera, sotto le mentite spoglie di un contratto di appalto di servizi, con conseguente logica imputazione del rapporto di lavoro in capo al committente.
Giova, sul punto, ulteriormente premettere come, sotto il profilo eminentemente processuale, l'onere probatorio gravi in via esclusiva sul soggetto che, avanzando la domanda costitutiva, assume trattarsi dinanzi ad una fattispecie interpositoria illecita (Cass. civ., sez. lav., 11 marzo 2014, n. 5568).
Gli odierni ricorrenti, già dipendenti di Telecom Italia s.p.a., sono transitati alle dipendenze di Ceva Logistics Italia s.r.l. a far data dal 01/03/2003 ai sensi dell'art. 2112 c.c., a seguito di una complessa ed articolata operazione di cessione di ramo aziendale, cui è seguita l'instaurazione di un rapporto di appalto di servizi. I ricorrenti, impiegati presso le sedi di Fiumicino, Maddaloni, Limena, Firenze, Catania e Pomezia operano, a vario titolo e con diversità di inquadramento contrattuale e di mansioni svolte (cfr. dichiarazioni del teste Ca. Gi.), nell'ambito della gestione di scorte di magazzino di prodotti Telecom stoccati presso i Centri di Raccolta di Roma, Casoria, Palermo ed affiliati. Deducono, in sintesi, a sostegno delle pretese azionate, di utilizzare beni, materiali ed immateriali, di esclusiva proprietà di Telecom, di avvalersi di procedure codificate da Telecom, di essere assoggettati al potere direttivo, dispositivo e di controllo di Telecom e di beneficiare della formazione professionale di tale società.
Deve, anche in merito alle eccezioni preliminari spiegate dalla difesa della convenuta, precisarsi come l'oggetto della presente controversia verta sull'accertamento degli indici sintomatici di illiceità dell'appalto, e non sulla correttezza o legittimità dell'operazione di cessione del ramo di azienda e, correlativamente, dei rapporti di lavoro a tale ramo di azienda riferibili, rispetto ai quali potrebbero avere rilevanza i verbali di conciliazione, sottoscritti in sede sindacale (doc. 2 fascicolo parte resistente), nei quali i lavoratori accettavano il passaggio alle dipendenze della cessionaria, rinunciando esclusivamente a rivendicazioni annesse a tale operazione e non, logicamente a quelle, future ed eventuali e, in quanto tali, non preventivabili, scaturenti dalle modalità di svolgimento e gestione dei rapporti commerciali e di lavoro. Analogo discorso deve farsi con riferimento alle pregresse iniziative giudiziarie registratesi tra le odierne parti (leggasi procedimento r.g. 41037/2009 Trib. Roma ed ulteriori procedimenti di cui ai docc. 5, 6 e 7 fascicolo parte resistente), contraddistinte dalla proposizione di allegazioni e deduzioni analoghe a quelle proposte in questa sede ma funzionali a domande giudiziali (impugnativa del verbale di conciliazione o del trasferimento di ramo aziendale) ontologicamente incomparabili con quella in questa sede proposta rispetto alla quale, pertanto, non vi è a fare discussione di res iudicata ai sensi dell'art. 324 c.p.c..
Primo fondamentale dato di valutazione nell'odierna controversia è rappresentato dall'evidente astratta autonomia produttiva ed operativa della appaltatrice Ceva, multinazionale dalle consistenti dimensioni operante da molti anni nel campo della logistica, alla quale la Telecom è legata da un duplice contratto di appalto di servizi di logistica (del 27/02/2003 e 11/11/2005, oggetto di successive proroghe) prevedente, quantomeno per tabulas, margini di autonomia, di rischio e di responsabilità in capo all'appaltatore. Le procedure operative, le attività ed i relativi tempi di evasione appaiono, nel caso di specie, oggetto di regolamentazione particolarmente analitica e puntuale nei contratti di appalto e relativi allegati (cfr., ad. es., servizi di presa in carico dei materiali impiegabili, spedizioni dei colli), circostanza di per sé non incompatibile con un genuino appalto di servizi, tenuto conto dell'esistenza di un pregresso ramo endoaziendale Telecom destinato allo svolgimento dei servizi di logistica, e delle evidenti specificità dei servizi da svolgere.
In conformità di tale circostanza occorre dare lettura alle email prodotte da parte ricorrente sub doc. 3, da tale parte valorizzate alla stregua di elementi evidenziari del potere direttivo e di conformazione del contenuto della prestazione lavorativa dei ricorrenti ad opera dei dipendenti della Telecom: tali comunicazioni appaiono, difatti, riflettere il richiamo di adempimenti contrattuali e del relativo livello di servizio, oggetto di analitica e puntuale disciplina nell'alveo del contratto di appalto e nei relativi allegati (cfr. dichiarazioni rese dal teste Ca.). In tale ambito, di necessaria comunicazione funzionale ad assicurare l'operatività di fasi produttive, deve essere, parimenti, ricondotta la quotidiana interazione dei ricorrenti con i dipendenti Telecom (cfr. dichiarazioni del teste Ca.).
Nello specifico, quanto alla sussistenza di potere direttivo ed organizzativo, è emerso come la maggior parte delle operazioni siano gestite sulla basi di processi informatici predefiniti e codificati, benchè talvolta (cfr. dichiarazioni del teste Ca.) si registri la necessità di fornire indicazioni da parte della committenza circa termini, tempi e modalità di espletamento del servizio, in assenza di significative ingerenze nell'organizzazione dell'appaltatore benchè da particolari esigenze della committenza, in ordine a quantitativi di lavoro e tempi di lavorazione, sia potuta occasionalmente derivare un'indiretta incidenza sulle turnazioni e sulle risorse impiegate, la cui scelta ultima, occorre ribadire, compete a CEVA (cfr. dichiarazioni rese dal teste Ca.).
Le specifiche modalità di relazione tra le due società appaiono meglio precisate nella testimonianza resa dalla teste Lo., ex dipendente Telecom. La tempistica di svolgimento di determinate lavorazioni è per la maggior parte dei casi indicata di volta in volta dalla committenza, che provvede alla specificazione dei quantitativi di lavoro da svolgere e dei tempi nei quali completare gli incombenti. Nei casi di lavori a ripetizione periodica le quantità e tipologie risultano definite dalla committenza e, per quanto riguarda i tempi, vi è un calendario concordato che viene rispettato dal magazzino. Nei casi di urgenze, esiste una procedura di gestione della committenza che si integra ed interconnette con quella di CEVA, mentre per le anomalie i dipendenti Telecom fanno riferimento ad un responsabile CEVA.
Emerge, dall'esame della documentazione versata in atti e delle risultanze dell'istruttoria orale esperita in corso di causa, come la cessione del ramo di azienda con contestuale instaurazione di un rapporto di appalto di servizi abbia avuto fasi successive di implementazione, con graduale e crescente autonomizzazione dell'appaltatore (cfr. dichiarazioni rese dal teste Ca. e dal teste Ca.).
Nella prima fase, difatti, quantomeno fino al 2006, l'attività demandata all'appaltatore si svolgeva all'interno del magazzino Telecom di Pomezia, mentre dal 2006 tutto il magazzino Telecom è stato trasferito presso il magazzino CEVA in Tivoli (cfr. dichiarazioni rese dal teste Ca. e dal teste Ca.). Analoga traslazione, dopo un periodo transitorio, si è registrata con riferimento ai sistemi informativi ed agli applicativi (da SISMAT a SAP), con dotazione da parte dell'appaltatore di un software gestionale tipico (Click), separato dal SAP ma allo stesso collegato da un cd layer, che ha reso l'appaltatore autonomo nella gestione del magazzino (cfr. dichiarazioni rese dal teste Ca.). Completa appare la disponibilità giuridica e materiale dei beni impiegati nell'apppalto (cfr. alle. D del contratto di appalto, con elencazione dei beni la cui proprietà è stata oggetto di trasferimento al cessionario assieme al ramo ed all. E, relativo alla cessione dei beni cd immateriali).
La verifica degli standard di servizio appare oggetto di analisi congiunta da parte delle due società: ogni mese i responsabili della logistica commerciale e tecnica Telecom si riuniscono con il
responsabile CEVA, al fine di verificare ed analizzare un documento che viene predisposto mensilmente da CEVA nel quale sono evidenziati i livelli di servizio, il livello di raggiungimento degli standard richiesti e vengono strategicamente impostate le attività per i periodi successivi a fronte degli andamenti commerciali, redigendo un documento finale di sintesi (cfr. rese dal teste Ca. e dal teste Ca.).
Emerge, dunque, dalle complessive risultanze istruttorie, una situazione riconducibile ad un appalto di servizi genuino, sia pure con caratterizzazioni particolari, derivanti da un duplice aspetto: la particolare caratterizzazione e lo spinto tecnicismo delle attività di logistica da svolgere, rispetto a quelle ordinariamente svolte da società del settore, da un lato e, dall'altro, la circostanza che, fino al 2003, tali attività fossero svolte nell'ambito del ramo endoaziendale Telecom i cui dipendenti sono, successivamente, transitati nella società di logistica, cessionaria di ramo di azienda, ai sensi dell'art. 2112 c.c..
Al netto dell'indiscutibile (e non contestata) gestione della quota di amministrazione del rapporto di lavoro degli odierni ricorrenti da parte di CEVA (cfr. dichiarazioni del teste Ca. non può concludersi nel senso che, nel caso di specie, sia rimasto in capo alla committenza il nucleo fondamentale del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto. Tenuto, difatti, conto dell'oggetto e del contenuto intrinseco dell'appalto di cui è causa, delle qualità professionali di coloro che prestano attività lavorativa, delle caratteristiche e specializzazione dell'impresa, può concludersi nel senso che la CEVA abbia, con grado di indipendenza progressivamente crescente negli anni a partire dal 2003, dato vita ad una frazione organizzativa dotata di sufficiente autonomia, sia pure entro i confini derivanti, da un lato, dalla tassativa puntualizzazione, nel testo contrattuale, delle modalità di espletamento del servizio, oltre che degli standard attesi e, dall'altro, del fisiologico coordinamento connaturato al contratto di appalto di servizi e della integrazione delle rispettive organizzazioni.
È, in particolare, emersa una sicura attività di indiretta conformazione della prestazione da parte della committenza che si traduce, in particolare, nella richiesta di rispetto delle modalità del servizio contrattualmente previste, e dei relativi standard di qualità e, dall'altro, nella determinazione dei volumi quantitativi e, in talune circostanze, dei tempi di espletamento del servizio che, tuttavia, non comporta una diretta e specifica ingerenza nell'organizzazione del servizio e nella gestione del personale dell'appaltatrice, aspetti rispetto ai quali i margini di autonomia dell'appaltatore appaiono integri.
La fase di organizzazione del lavoro in senso stretto e proprio, relativa alla turnistica, agli orari, agli straordinari, all'assegnazione ai singoli servizi, ai piani ferie, agli adempimenti per usufruire di
permessi, xxxxx e congedi sembra essere, se non in xxx xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxx x xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxx ed esclusiva competenza del datore di lavoro.
Alla luce di quanto dedotto non può concludersi nel senso della formazione di prova univoca e persuasiva in ordine alla sussistenza degli indici semantici dell'illiceità dell'appalto, tenuto conto della ripartizione dell'onere probatorio in capo alle odierne parti di causa, con la conseguenza che le domande azionate dai ricorrenti non potranno trovare accoglimento.
La peculiarità del caso di specie e la sussistenza di giurisprudenza contrastante in tema di illiceità dell'appalto inducono a ritenere sussistenti i gravi motivi per compensare le spese di lite ai sensi dell'art. 92 c.p.c..
P.Q.M.
Il Giudice del lavoro dr. Xxxxxxx Xxxxxxxx, definitivamente pronunziando sulle domande proposte, ogni diversa domanda ed istanza disattesa e respinta, così provvede:
. Rigetta il ricorso in quanto giuridicamente infondato;
. Dispone l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. Riserva la pubblicazione della sentenza nel termine di giorni 60.
Milano, 10/10/2017
Depositata in cancelleria il 03/11/2017.