UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M. FANNO”
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E DIRITTO
TESI DI LAUREA
“I CONTRATTI DI LICENZA INCROCIATA: UN’ANALISI ANTITRUST”
RELATORE:
XX.XX XXXX. XXXXX XXXXXXX
LAUREANDO: XXXXXXXXX XXXXXX
MATRICOLA N. 1081134
ANNO ACCADEMICO 2016 – 2017
Il candidato dichiara che il presente lavoro è originale e non è già stato sottoposto, in tutto o in parte, per il conseguimento di un titolo accademico in altre Università italiane o straniere.
Il candidato dichiara altresì che tutti i materiali utilizzati durante la preparazione dell’elaborato sono stati indicati nel testo e nella sezione “Riferimenti bibliografici” e che le eventuali citazioni testuali sono individuabili attraverso l’esplicito richiamo alla pubblicazione originale.
Indice
Introduzione 3
1 | Gli accordi di licenza incrociata | 5 |
1.1 I patent thickets . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 5 | |
1.1.1 Problemi causati dalla frammentazione dei diritti di proprietà intellettuale | 9 | |
1.2 I cross licensing agreements . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 12 | |
1.2.1 Finalità degli accordi di cross licensing . . . . . . . . . . . . . . . . . | 13 | |
1.2.2 Caratteristiche degli accordi di cross licensing . . . . . . . . . . . . . . | 15 | |
1.2.3 Diffusione degli accordi di cross licensing . . . . . . . . . . . . . . . . | 16 | |
1.3 I patent pool e le Standard Setting Organizations . . . . . . . . . . . . . . . . | 18 | |
2 | Aspetti antitrust degli accordi di licenza incrociata | 21 |
2.1 Fattispecie anticompetitive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 22 | |
2.1.1 Collusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 24 | |
2.1.2 Foreclosure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 26 | |
2.2 Valutazione degli accordi di licenza incrociata . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 29 | |
2.2.1 Tecnologie sostitute o complementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 30 | |
2.2.2 La natura dei corrispettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 33 | |
2.2.3 Diversa struttura delle imprese coinvolte . . . . . . . . . . . . . . . . . | 35 | |
2.2.4 Imprese che operano in mercati differenti . . . . . . . . . . . . . . . . | 37 | |
2.3 Cross licensing come strumento transattivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 38 | |
2.4 Cross licensing agreements ed efficienza dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . | 38 | |
2.5 Normativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 39 | |
2.5.1 Legislazione comunitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 40 | |
2.5.2 Normativa americana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . | 42 |
1
3 Un modello di licensing tra imprese 45
3.1 Un modello di cross licensing agreement con innovazioni complementari 45
3.2 L’equilibrio del gioco 49
3.2.1 Profitti delle imprese con accordi di licenza 49
3.2.2 Profitti delle imprese senza accordo di licenza 51
3.2.3 I profitti delle imprese quando solo una concede la licenza 51
3.2.4 La decisione in t0 53
3.2.5 Licensing e benessere sociale 55
3.3 Accordo di cross licensing e deterrenza all’ingresso 58
3.3.1 L’equilibrio del gioco 60
3.3.2 I fattori che incentivano il comportamento escludente 62
A Confronto dei livelli di benessere sociale 69
Bibliografia 74
Introduzione
A partire dagli anni ’80 si è assistito a una crescita esponenziale del numero di domande di brevetto in tutto il mondo indotta dall’estensione della tutela brevettuale, provocandone un’alta concentrazione nei settori di mercato caratterizzati da forte intensità tecnologica. Le concen- trazioni di brevetti in diversi settori del mercato sono stati definiti in letteratura patent thickets, ovvero "selve", fitte reti di brevetti che rendono particolarmente gravosi i processi innovativi che si fondano sull’utilizzo di tecnologie precedenti. Sostengono alcuni economisti che questo fenomeno possa scoraggiare l’attività inventiva e che l’attuale sistema di tutela dei brevetti vada ridiscusso. Tutt’oggi, però, gli effetti dei patent thickets sul benessere sociale non sono stati del tutto chiariti.
Per rispondere alla crescente complessità creata dall’elevato numero di brevetti e cercare di diminuire i costi di transazione e il rischio di contenzioso, le imprese ricorrono, tra le altre soluzioni, a particolari forme di licenza con cui accedono alle tecnologie altrui: questi contratti sono conosciuti in letteratura come "cross licensing agreements". Le autorità antitrust europee e americane riconoscono che, quando sono utilizzati per migliorare le qualità del prodotto finale o del processo produttivo, questi accordi manifestano i loro effetti procompetitivi e promuovono la diffusione delle tecnologie.
Ci si potrebbe domandare: perché questi accordi, se rispondono all’esigenza di coordinare i diversi proprietari nei settori caratterizzati da un’alta frammentarietà di brevetti, facilitando l’accesso alle tecnologie altrui e favorendo lo sviluppo dei processi inventivi, necessitano di un’analisi da parte delle autorità antitrust? La risposta risiede proprio nel coordinamento che contraddistingue questi accordi.
Attraverso lo sviluppo di questo lavoro si intende gettare un po’ di luce su alcuni elementi dell’interazione strategica che possono facilitare il ricorso a comportamenti scorretti, quali pra- tiche collusive o escludenti. Per definire correttamente l’ambito della ricerca, è pertanto utile introdurre i concetti di collusione e foreclosure dal punto di vista dell’analisi economica e nor- mativa. La capacità di intervento delle autorità antitrust per individuare comportamenti scorretti
3
che si celano dietro questi accordi è vincolata dalla necessità di basarsi su elementi esteriori precisi, su standards of proof che riducano al minimo il margine di errore, quindi si introdur- ranno alcuni studi teorici che ci consentiranno di acquisire adeguati strumenti di valutazione. In seguito introdurremo gli aspetti più significativi della pratica antitrust europea e americana.
L’analisi economica ha mostrato che sono desiderabili i contratti che includono tecnologie essenziali alla produzione di un prodotto, mentre bisogna guardare con maggior sospetto gli accordi includenti tecnologie sostitute. In effetti, le tecnologie possono essere complementa- ri, quindi migliorare le caratteristiche di un prodotto o un processo produttivo, senza tuttavia essere essenziali. Attraverso un semplice modello teorico con gioco dinamico vogliamo foca- lizzare l’attenzione sugli effetti che gli accordi di licenza incrociata possono avere quando sono scambiate tecnologie complementari ma non essenziali, per individuare i fattori che possono facilitare il ricorso a pratiche scorrette.
Nella prima parte del modello verrà introdotto il primo gioco, in cui le imprese possono stipulare accordi di licenza indipendenti e accordi di licenza incrociata. Seguirà poi una valuta- zione sul benessere sociale. Nella seconda parte del modello, con un altro gioco si cercherà di evidenziare i fattori che possono facilitare il ricorso a una pratica escludente. Per entrambe le fattispecie, cercheremo di osservare elementi utili alla valutazione degli effetti dell’accordo sul mercato.
Capitolo 1
Gli accordi di licenza incrociata
Come visto nell’introduzione, obiettivo di questo lavoro è l’analisi dei cross licensing agree- ments. Come anticipato, il ricorso a queste particolari forme contrattuali si giustifica alla luce dei costi di transazione sostenuti dalle imprese nei settori caratterizzati da un’alta frammentazione di brevetti. Prima di concentrarci sulle specifiche caratteristiche di questi accordi, introdurre- mo brevemente i motivi alla base di questa frammentazione e le conseguenze per il mercato. In seguito, oltre agli accordi di licenza incrociata, si introdurranno anche altre soluzioni che le imprese adottano per affrontare le conseguenze provocate dalla frammentazione dei brevetti.
1.1 I patent thickets
Uno dei temi più discussi nell’ambito delle ricerca economica riguarda il rapporto tra i diritti di proprietà intellettuale e l’incentivo all’attività innovativa. L’introduzione delle leggi sui diritti di proprietà intellettuale risponde all’esigenza incoraggiare gli investimenti in processi e pro- dotti nuovi: da un punto di vista economico, si dice che questi stimolino l’efficienza dinamica. In particolare, tra le creazioni intellettuali, le invenzioni industriali possono formare oggetto di brevetto (Campobasso, 2008). Il brevetto garantisce al suo detentore il diritto di sfruttare in maniera esclusiva i frutti della propria attività inventiva, sia attraverso utilizzo diretto, che attra- verso la cessione a terzi (Campobasso, 2008). L’esclusività implica che il titolare di un brevetto può escludere, per un tempo limitato, un terzo dall’utilizzazione non autorizzata della propria invenzione. Si parla, infatti, a questo proposito di "diritto negativo" in riferimento alla facol- tà di escludere altri soggetti (Comino e Manenti, 2014). Questo diritto esclusivo garantisce un "premio", senza il quale non vi sarebbe sufficiente incentivo a investire in ricerca per introdurre prodotti tecnicamente migliori o processi di produzione più efficaci. L’inventore acquisisce que-
5
sto diritto in seguito alla "brevettazione", quindi preventivamente fa domanda presso un ufficio brevetti1, che deve valutare i requisiti di brevettabilità2. Al momento della domanda, l’inventore specifica cosa deve formare oggetto del brevetto: ciò costituirà la "rivendicazione", che indica l’estensione della tutela garantita dal brevetto.
Un tema che sta assumendo sempre maggiore rilevanza nelle indagini economiche degli ultimi anni riguarda lo studio dell’attuale sistema di tutela delle invenzioni industriali. Proce- dendo dall’attività di ricerca di base verso lo sviluppo e la commercializzazione di un’idea, il sistema di protezione legale dell’attività di ricerca potrebbe manifestare delle imperfezioni che scoraggerebbero, piuttosto che stimolare, l’attività inventiva (Xxxxxxx, 2001).
Sempre più frequentemente, l’attività inventiva non è caratterizzata da un solo evento iso- lato, essa è sempre più spesso condizionata da un’innovazione precedente. Un nuovo prodotto può essere frutto dell’applicazione di un’invenzione precedentemente brevettata da un altro in- ventore. Un esempio è il laser, che nel tempo ha trovato applicazioni in diversi ambiti, e ciò è stato possibile grazie all’utilizzo della tecnologia di base. Quando un’innovazione poggia su un’altra della generazione precedente si parla di cumulatività del processo produttivo (Comino e Manenti, 2014). Man mano che il processo innovativo continua, i prodotti possono seguire una serie di stadi di avanzamento, fino ad essere costituiti dall’insieme di molte innovazioni.
Per proteggere e stimolare l’attività inventiva, a partire dai primi anni ’80 negli Stati Uniti si è osservato una crescita molto forte del numero di domande di brevetto (Figura 1.1), in partico- lare ciò è stato reso possibile dall’estensione della tutela a materie che prima erano escluse dal- l’oggetto di brevettazione, come software, biotecnologie e metodi di business e da una riforma del sistema procedurale di concessione dei brevetti (Comino e Manenti, 2014).
L’aumento della tutela dei brevetti ha generato anche un aumento della complessità dei prodotti, costituti da un numero sempre maggiore di componenti tecnologiche. È sufficiente pensare ad oggetti di uso comune come un personal computer per rendersi conto dell’alto nu- mero di componenti di cui è formato: dalla tecnologia che utilizza il monitor, a quella che consente di connettersi senza fili a un altro terminale o a Internet, o a quella incorporata nella batteria di alimentazione. Ogni componente di cui sono dotati i prodotti molto sofisticati sono frutto dell’attività inventiva di soggetti diversi. Secondo uno studio di Xxxxxxx e Xxxxx (si vedano Comino e Manenti 2014, p. 181) un moderno smartphone contiene circa 7.796 brevetti
1In Italia l’ufficio brevetti è l’UIBM ("Ufficio brevetti e marchi"), a livello europeo, invece, vi è l’EPO ("European Patent Office") (Xxxxxx e Manenti, 2014).
2I requisiti che un’invenzione deve possedere sono quattro. L’oggetto del brevetto deve essere brevettabile, deve
essere nuova, cioè non essere compreso nello "stato della tecnica" (art. 45 del "codice della proprietà industriale"), deve essere il prodotto di un’attività inventiva e infine deve avere un’applicazione industriale (Comino e Manenti, 2014).
Figura 1.1: Numero di domande di brevetto. Fonte: WIPO (2016).
essenziali.
Nei settori caratterizzati da cumulatività dell’innovazione, come per esempio il settore del- l’ICT3, la complessità dei prodotti e l’aumento del numero di brevetti ha creato una dispersione della proprietà intellettuale, causando, come spesso vengono definiti in in letteratura, patent thickets4 (o "selve di brevetti"). Nell’articolo che ha dato seguito a molti contributi sull’argo- mento, Xxxxxxx li definisce "a dense web of overlapping intellectual property rights that a com- pany must hack its way through in order to actually commercialize new technology" (Xxxxxxx 2001, p. 120). Il rapporto di "overlap" tra brevetti intende descrivere la concentrazione di bre- vetti all’interno di uno stesso settore, in cui i confini di estensione della tutela risultano spesso poco chiari, tali da rendere difficile sostenere attività innovativa senza rischiare di violare i diritti di proprietà intellettuale altrui. Dunque la sfida che oggi si pone per le imprese è di affrontare la crescente complessità tecnologica creata dalla proliferazione dei brevetti a cui stiamo assistendo negli ultimi anni. Le imprese che intendono innovare e sviluppare prodotti sempre nuovi hanno la necessità di utilizzare componenti tecnologiche sviluppate in precedenza da molti soggetti diversi. Per ricorrere a ognuna di queste componenti, il soggetto che innova ha la necessità di stabilire delle relazioni contrattuali con i precedenti inventori, tipicamente attraverso i contratti di licenza5.
La complessità dei prodotti, unità alla cumulatività dei settori, crea incertezza sia per quanto riguarda la validità dei brevetti, sia per quanto riguarda l’estensione della loro tutela. Quindi, se da un lato il sistema della tutela brevettuale costituisce un modo per stimolare l’attività inven- tiva, dall’altro può imporre, soprattutto nei settori complessi, un eccessivo numero di licenze
3Le ICT, informatioin and communication technologies, comprendono tutte le tecnologie, elettroniche o digitali con cui vengono distribuite o trasferite le informazioni (Comino e Manenti, 2015).
4Egan e Xxxxx (2015) compiono una rassegna dei contributi più rilevanti.
5Attraverso un contratto di licenza, una parte, detta licenziante, concede l’utilizzo del diritto di cui è titolare (per esempio, un brevetto) a un’altra parte, detta licenziatario, dietro pagamento di un corrispettivo ("royalty").
Figura 1.2: La fitta "rete" dei patent thickets. Fonte: xxx.xxxx.xxx.
da riconoscere agli innovatori (Xxxxxxx, 2001). Un aumento della concentrazione dei brevetti aumenta la probabilità che un nuovo prodotto includa la tecnologia di un rivale, e il rischio che l’inventore subisca un’accusa di violazione di brevetto. Un’idea di ciò che si intende con "sel- va" si può avere guardando la Figura 1.2 che rappresenta graficamente la fitta rete di contenziosi che intervengono nel settore della telefonia quando vengono violati i brevetti di una tecnologia altrui. Nel mercato degli smartphone, infatti, si registra un numero molto alto di contenziosi (Xxxxxxxxx e altri, 2014).
Secondo Xxxx e altri (2013), tra i diversi fattori che contribuiscono al fenomeno dei patent thickets vi sono:
• il rafforzamento della protezione brevettuale. A partire dagli anni ’80, infatti, negli Stati Uniti è stato avviato un processo di riforma del sistema di protezione della proprietà intellettuale che ha ampliato la materia brevettabile, stimolando il ricorso a questa forma di protezione. Nel 2015 le domande per la concessione di brevetto nel mondo sono state quasi tre milioni, e il tasso di crescita è pari al 7,8%. Il trend delle concessioni di brevetti nel periodo compreso tra il 2005 e il 2015 registra una crescita media mondiale del 6,9% (WIPO, 2016);
• cumulatività dei processi. I settori industriali altamente tecnologici, quello dell’ICT o delle biotecnologie sono caratterizzati da "cumulatività" delle innovazioni, ma anche da una complessità sempre crescente. La "complessità" si riferisce all’alto numero di brevetti posti a protezione di una tecnologia (Xxxxx e altri, 2000);
• mancanza di risorse degli uffici brevetti. La crescente numerosità di richieste di brevet- tazione e la mancanza di adeguate risorse ha impedito agli uffici brevetti di compie- re un adeguato scrutinio, favorendo talvolta l’estensione della tutela a brevetti che non presentavano i requisiti di brevettabilità (Xxxxx e Xxxxxx, 2006).
Gli effetti dei patent thickets non sono stati ancora del tutto chiariti. Sostiene, ad esempio, Xxxxxxxx (si vedano Comino e Manenti 2014, p. 182) che l’elevata frammentarietà delle tec- nologie può facilitare, piuttosto che scoraggiare, il ricorso alla contrattazione. Se l’innovazione di seconda generazione poggia su un elevato numero di tecnologie precedenti, la titolarità delle singole innovazioni risulta altamente dispersa. Il peso che ogni brevetto assume relativamente al totale dei brevetti incorporati assume una dimensione sempre minore al crescere del numero dei brevetti. Di conseguenza, il potere contrattuale dei titolari dei brevetti delle singole tecnologie può risultare relativamente basso.
Ciononostante, ciò rappresenta solo un lato della medaglia. Come sostenuto da Xxxxxxx (2001), l’elevata dispersione della titolarità di precedenti innovazioni comporta almeno due tipologie di costi di transazione: un tipo di costo deriva dal "problema dei complementi", un secondo tipo dal "rischio di hold-up". Nel prossimo paragrafo si chiarirà in cosa consistono.
1.1.1 Problemi causati dalla frammentazione dei diritti di proprietà intel- lettuale
Il fenomeno delle selve di brevetti può essere sintetizzato da un problema già noto in econo- mia sin dal diciannovesimo secolo, teorizzato da Xxxxxxx nel 1838 (si veda Xxxxxxx, p. 123) e definito "problema dei complementi".
Si pensi a un’impresa manifatturiera che deve realizzare un prodotto costituito due input es- senziali (per esempio, un ottone, costituito da rame e zinco6). Per farlo, ha bisogno di acquistare gli input, che sono forniti da due monopolisti. Il produttore di ottoni, per ottenere il prodotto finale, acquisterà sia il rame che lo zinco. Ciascun monopolista applicherà il proprio margine su ciascuno degli input venduti. Xxxxxxx dimostra che, se gli input essenziali fossero forniti da un
6L’esempio è tratto da quello fatto da Xxxxxxx per il mercato degli ottoni (si xxxx Xxxxxxx 2001, p. 123).
unico monopolista, il fornitore applicherebbe un unico margine, consentendo al produttore di xxxxxx di acquistare i due input a un prezzo più basso. Il vantaggio non risiede solo nel prezzo più basso sostenuto dal produttore per l’acquisto degli input. Si può dimostrare, infatti, che il profitto del monopolista detentore di entrambi gli input è superiore ai alla somma dei profitti guadagnati da due fornitori di input distinti. Quindi il coordinamento tra i fornitori realizzerebbe anche un aumento dei profitti.
Il problema dei complementi rappresenta una chiara sintesi di quello che si realizza nei settori in cui vengono realizzati prodotti complessi, contenenti migliaia di brevetti al proprio interno. Si pensi a prodotti molto diffusi come i moderni telefoni cellulari, al cui interno sono presenti migliaia di brevetti essenziali per la loro realizzazione. I produttori di telefoni cellu- lari non sono titolari di tutti i brevetti che proteggono le tecnologie al loro interno (display, processori, tecnologia touch-screen ecc.). Spesso, la titolarità dei brevetti può risultare dispersa tra molti inventori. Si può legittimamente pensare che le licenze per i titolari di un brevetto rappresentino il giusto compenso per gli investimenti che l’inventore di ogni componente so- stiene prima dello sviluppo di un’innovazione. Per portare a termine la produzione di prodotti altamente complessi, però, il costo delle sole licenze può risultare molto alto. In uno studio realizzato da Xxxxxxxxx e altri (2014) viene calcolato che il peso delle licenze sostenute per tutte le componenti può pesare fino a circa 120 $ su uno smartphone venduto al prezzo di 400
$ (si veda la Figura 1.3). Quindi la rilevanza delle licenze sul totale dei costi di produzione può essere rilevante. Per questo motivo, in letteratura ci si riferisce al problema dei complementi con il termine di "royalty stacking" (Xxxxxx e Manenti, 2015, Xxxxx-Xxxxxx e Xxxxxxx, 2010). Bisogna rilevare che l’esempio descritto da Xxxxxxx descrive il problema in termini statici, cioè senza tenere conto degli effetti provocati sull’incentivo all’innovazione per le imprese, e quindi dell’impatto di questo fenomeno sull’efficienza dinamica. Xxxxxxx (2001) rileva che la concentrazione di brevetti potrebbe essere tale da disincentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo di molte imprese, consapevoli di non poter affrontare il costo delle licenze necessarie
per poter sviluppare un’idea per un prodotto o processo della precedente generazione.
Un’ulteriore questione causata dal problema dei complementi descritto da Xxxxxxx riguarda il cosiddetto rischio di hold-up, ovvero la "minaccia di rapina", che secondo Xxxxxxx (2001), aggrava l’impatto negativo dei patent thickets e potrebbe scoraggiare il processo di sviluppo che porta un’idea innovativa alla sua commercializzazione. Si consideri il seguente esempio: l’impresa A ha sostenuto investimenti per lo sviluppo di un prodotto che incorpora al suo in- terno molte componenti tecnologiche necessarie per la realizzazione, tra cui una tecnologia di cui l’impresa B detiene la titolarità del brevetto e di cui però l’impresa A non è al corrente
Figura 1.3: Costo delle royalties delle componenti di uno smartphone. Fonte: Xxxxxxxxx e altri
(2014).
dell’esistenza . L’impresa B potrebbe pretendere, una volta osservata la commercializzazione del prodotto dell’impresa A, delle royalties di licenza per l’utilizzo della propria tecnologia al- l’interno dei prodotti venduti da A. Questa pretesa potrebbe sembrare del tutto legittima, ma ipotizziamo che l’impresa B pretenda dei canoni di licenza molto alti, tali da minacciare la sopravvivenza stessa dell’impresa A. Vi è quindi il rischio che il titolare del brevetto possa comportarsi in maniera opportunistica e sfruttare il potere contrattuale che detiene nei confronti dell’impresa A.
Effetti dei thickets Comprendere gli effetti derivanti dai patent thickets è un tema molto dibattuto tra gli economisti. Bisogna rilevare che non esistono molti lavori empirici sull’argo- mento.
Uno studio di Xxxxxxxxxx e altri (2013) analizza gli effetti dei thickets sull’incentivo delle imprese a brevettare. La loro analisi evidenzia che, nel settore delle telecomunicazioni, le impre- se reagiscono diversamente alla frammentazione dei brevetti a seconda delle loro dimensioni. Le imprese più grandi tendono a brevettare con maggiore intensità, mentre le piccole aziende riducono il numero di domande.
Ziedonis (2004) rileva che maggiore è la frammentazione dei brevetti all’interno di un setto-
re, più alto è l’incentivo delle imprese ad accumulare brevetti per rispondere al rischio di subire una minaccia di hold-up.
Ulteriori studi sono stati condotti per misurare direttamente una "selva di brevetti". In par- ticolare, Xxxxxxxxxx e altri (2011) hanno proposto un algoritmo per quantificare e misurare il fenomeno dei patent thickets, attraverso il concetto di "triple" (von Xxxxxxxxxx et al. 2011, p. 5). Con questa misura gli Autori identificano un gruppo di tre imprese che, detenendo ciascuna un brevetto essenziale ("blocking patent") per lo sviluppo di un’innovazione delle altre due, hanno il potenziale di rallentare l’attività inventiva.
Per affrontare la crescente complessità creata dall’elevato numero di brevetti e cercare di diminuire i costi di transazione dovuti al "problema dei complementi" e al "rischio di hold- up", le imprese ricorrono a particolari forme di licenza con cui accedono alle tecnologie altrui: questi contratti sono conosciuti in letteratura come gli "accordi di licenza incrociata" (cd. cross licensing agreements) e i "raggruppamenti di brevetti" (cd. patent pool) (Comino e Manenti, 2014). Come affermato da Xxxxxxx (2001), queste soluzioni richiedono un forte coordinamento tra le imprese.
In questo capitolo ci concentreremo soprattutto sull’utilizzo dei contratti di cross licensing, ma si introdurranno gli aspetti principali dei patent pool nei successivi paragrafi.
1.2 I cross licensing agreements
Si è detto nel precedente paragrafo che le imprese cercano di ridurre i costi di transazione creati da questa fitta rete di brevetti attraverso gli accordi di cross licensing. Questa soluzione è adottata quando due imprese sono interessate ai rispettivi brevetti, ed è definita come "an agreement between two companies that grants each the right to practice the other’s patents" (Xxxxxxx 2001, pag. 127). Due parti si concedono reciprocamente l’uso delle tecnologie di cui detengono il brevetto.
I primi utilizzi di questi accordi risalgono all’inizio del secolo scorso, in particolare nel settore dell’elettronica applicata alla radio, di cui Grindley e Xxxxx (1997) compiono una det- tagliata ricostruzione storica. Nel 1918, infatti, risultava difficile commercializzare un prodotto come la radio poiché i brevetti necessari per la realizzazione avevano diversi titolari, distribuiti soprattutto tra Stati Uniti e Gran Bretagna. L’anno successivo, fu grazie all’iniziativa della mari- na statunitense che venne fondata la RCA ("Radio Corporation of America"), di cui diventarono azionisti i maggiori titolari statunitensi di brevetti del settore, e che consentì di effettuare degli accordi di licenza incrociati con le imprese inglesi.
Lo sviluppo su larga scala di questi contratti fu favorito anche dalle politiche statunitensi tra gli anni ’40 e ’70, attraverso le quali imprese come AT&T, nel settore dei semiconduttori, e IBM, in quello dell’informatica, si svilupparono attraverso la reciproca concessione di licenze con altri concorrenti. Dopo lo sviluppo delle grandi aziende come IBM e AT&T dagli anni ’50 in poi, le strategie basate sulla gestione della proprietà intellettuale hanno assunto un ruolo crescente nelle economie delle aziende, e di conseguenza anche i cross licensing agreements hanno assunto un peso sempre maggiore (Grindley e Xxxxx, 1997).
1.2.1 Finalità degli accordi di cross licensing
Sebbene il meccanismo alla base del funzionamento di questo accordo sia piuttosto sempli- ce, le finalità per le quali viene siglato possono essere diverse. Gli accordi di cross licensing possono riguardare pochi oppure migliaia di brevetti, e ciò dipende spesso dal settore in cui questi vengono siglati. In genere, nei settori caratterizzati da cumulatività dei processi innova- tivi, intensità di ricerca e sviluppo e brevi cicli di vita dei prodotti, come il settore dell’ICT7, l’obiettivo delle imprese è quello di far fronte alla complessità creata dalla presenza di migliaia di brevetti riferiti alle tecnologie presenti nei prodotti. Per far ciò, imprese come IBM, Texas Instrument e Hewlett-Packardsottoscrivono continuamente accordi di licenza incrociata per ga- rantirsi la possibilità di sviluppare i propri prodotti senza rischiare di commettere infrazioni sui diritti di proprietà industriale altrui, ottenere così una "freedom-to-operate" (Grindley e Xxxxx, 1997). Secondo Xxxxxxx (2001) nel settore dei semiconduttori, ad esempio, è molto facile per le imprese infrangere i brevetti dei concorrenti, e ciò è dovuto all’abbassamento degli standard di controllo dei requisiti di brevettabilità. Il rischio di subire un contenzioso derivanti da infrazione di brevetto8 e i sunk costs nei settori caratterizzati da elevati costi fissi aumentano l’incentivo a ricorrere a questo tipo di accordi (Xxxxxxx e Giuri, 2012). Perciò la finalità è spesso quella di con- sentire alle imprese di muoversi liberamente in un campo minato, o di poter superare l’empasse che spesso si crea tra detentori di brevetti che si sovrappongono, che non quella di accedere9 alle tecnologie altrui (Xxxxxxx e Giuri, 2012). Inoltre, le grandi imprese possono spesso contare su un portafoglio molto ampio di brevetti, riferiti a tecnologie con diversi ambiti applicativi. Il
7Comino e Manenti (2015).
8Choi (2010) documenta che i costi per un processo sono di circa 1 miliardo di dollari per la prima fase di accertamento della validità dei brevetti e di circa 2 miliardi per i ricorsi in appello.
9Si può inoltre aggiungere che spesso le tecnologie si diffondono presso le imprese concorrenti in un determi-
nato settore attraverso reverse engineering (che consiste nell’analisi di un prodotto per capirne le caratteristiche tecniche), assunzione di consulenti o perché si è fatto riferimento alla descrizione tecnica del brevetto.
contratto di licenza può prevedere delle clausole che limitano l’utilizzo delle tecnologie a un determinato settore ("field-of-use agreement")10.
Inoltre, come affermato da Grindley e Xxxxx (1997), gli accordi di cross licensing vengono utilizzati nei settori dove la protezione legale delle innovazioni e la segretezza industriale rap- presentano i fattori chiave su cui costruire il proprio vantaggio competitivo. Sempre più spesso, infatti, i brevetti vengono "accumulati" per finalità strategiche. Essi vengono utilizzati come "moneta di scambio", infatti la forza contrattuale derivante dai brevetti viene citata molte volte in letteratura11.
Ci possono essere anche altri motivi per cui vengono stipulati gli accordi di cross licensing. Xxxxxxxxx Xxxxx e altri (2000) che nei settori complessi è raro che un’impresa disponga di tutti i brevetti sufficienti a consentirle di sviluppare i propri prodotti. Nei settori ad altà inten- sità di ricerca e sviluppo, due imprese che possiedono dei brevetti complementari e utili allo sviluppo di una tecnologia possono procedere alla stipula di licenze incrociate per ottenere no- tevoli risparmi di costi di sviluppo di brevetti che andrebbero a sovrapporsi a quelli già esistenti (Fershtman e Kamien, 1992, Xxxxxxx e Giuri, 2012). Fershtman e Kamien (1992) inoltre sotto- lineano che un altro vantaggio derivante dalla stipula delle licenze incrociate è quello di poter introdurre prima i prodotti che incorporano le tecnologie necessarie. Xxxxxxx (si vedano Tor- risi e Giuri 2012, pag. 144) afferma che gli accordi di cross licensing tra i principali detentori dei brevetti essenziali sono risultati utili a implementare standard tecnologici come il GSM12 nel settore delle telecomunicazioni. Così, in alcuni casi, tali accordi vengono messi in atto per trasferire la tecnologia da un’impresa all’altra, talvolta tra imprese in concorrenza13. Date le caratteristiche del contratto, esso può essere anche parte di un più generale accordo di joint- venture14 (Grindley e Xxxxx, 1997). Del resto, un elemento di criticità dell’accordo è che due imprese, cedendo le rispettive tecnologie, aumentano la loro capacità di competere l’un l’altra (Xxxxxxxxx e Kamien, 1992). Cedendo una tecnologia necessaria per lo sviluppo di un prodotto finale concorrente, ogni impresa avvantaggia il rivale nel mercato del prodotto finale. Ciò può essere considerato un bene per assicurare la competitività del mercato.
10Nel settore dei semiconduttori esistono due modelli di contratto: "capture" e"fixed-period". Il primo consente alle parti di utilizzare liberamente tutti i brevetti compresi in un certo ambito tecnologico per il periodo dell’accordo (di solito 5 anni). I brevetti di cui si è acquisita la licenza possono essere usati anche alla scadenza dell’accordo, fino alla loro decadenza ("survivourship right"). Il secondo differisce per l’assenza del survivourship right (Grindley e Xxxxx, 1997).
11Shapiro, 2001 e Grindley e Xxxxx (1997).
12Uno standard tecnologico è un’interfaccia che permette l’interoperabilità fra i prodotti (Grant e Xxxxxx, 2013).
La tecnologia GSM è uno standard che consente la comunicazione fra i telefoni cellulari.
13Ciò si verifica più spesso nel settore chimico-farmaceutico, in cui l’utilizzo del contratto è soprattutto finalizzato ad assicurare lo scambio delle tecnologie.
14Le joint-venture sono delle forme contrattuali con cui le imprese collaborano per realizzare insieme un progetto
di ricerca specifico, investendo le risorse in maniera congiunta e coordinando le attività di ricerca (Xxxxxx, 1991).
1.2.2 Caratteristiche degli accordi di cross licensing
Gli accordi possono prevedere clausole di esclusività. In essi possono essere previste delle royalties, ovvero il corrispettivo pagato dal licenziatario nei confronti del licenziante per po- ter disporre della tecnologia protetta. Il pagamento corrisposto dipende sia dalla qualità che dall’estensione della tutela del brevetto (Grindley e Xxxxx, 1997). Le royalties possono essere pagate in misura fissa ("fixed fee") oppure essere corrisposte per unità dei prodotti incorporanti le tecnologie protette dai corrispondenti brevetti ("per-unit royalties"); possono inoltre essere previste delle forme miste, cioè comprendenti una quota fissa e un’altra corrisposta in funzione dei volumi; possono anche essere previste delle forme contrattuali che non prevedono il paga- mento di alcun tipo di royalties, i cosiddetti "royalty-free cross-licensing agreements". Bisogna osservare nel capitolo 2, in cui introdurremo gli aspetti antitrust relativi a questi accordi, si par- lerà dei diversi effetti si questi accordi sulla concorrenza: in particolare, le forme di pagamento in forma fissa in genere non sono considerati "sospetti" dal punto di vista antitrust. Invece le for- me di pagamento variabili in funzione dei volumi di produzione, modificando i costi marginali delle imprese, possono essere utilizzate per indebolire la concorrenza.
Talvolta i corrispettivi dell’accordo vengono calcolati bilanciando le royalties che ciascuna impresa deve corrispondere all’altra: per calcolare il pagamento netto, alcune imprese procedo- no alla valutazione dei brevetti che vengono inseriti nell’accordo. Il processo di valutazione dei brevetti del settore dei semiconduttori è molto complesso e può richiedere fino a un anno. Dopo aver stilato una lista di brevetti più rappresentativi del proprio portafoglio e aver analizzato la presenza delle proprie tecnologie in un prodotto specifico del rivale, ciascuna impresa compie una valutazione dei propri brevetti in base alla qualità e all’estensione della tutela, per costituire un "indice di qualità". Si stabilisce poi una misura nominale di royalty. Questa viene moltiplica- ta per i volumi di vendita del prodotto del rivale designato e l’indice di qualità precedentemente calcolato. In questo modo si ottiene il valore delle royalties dovute per un prodotto (Grindley e Xxxxx, 1997).
Gli accordi di licenza incrociata possono coinvolgere brevetti ancora sottoposti a esame dei requisiti di brevettabilità ("esame preventivo") oppure può riguardare brevetti che saranno concessi in futuro (Xxxxxxx, 2001, Xxxxxxxx e Xxxxxxx, 2011). Regibeau e Xxxxxxx (2011) di- stinguono tra ex post cross licensing agreements ed ex ante cross licensing agreements. Il primo tipo di accordi individua quelli che avvengono per il reciproco scambio di licenze di brevetti già emessi. I secondi invece interessano la concessione da parte degli aderenti all’accordo del- le licenze relative ai brevetti che verranno emessi in futuro, specificandone i relativi ambiti di
applicazione.
1.2.3 Diffusione degli accordi di cross licensing
Occorre rilevare che non sono molti gli studi empirici fatti sui contratti di cross licensing. Uno studio condotto da Xxxxxx e Xxxxxxxxxx negli anni ’70 (si vedano Fershtman e Kamien 1992, p. 330) evidenzia che gli accordi di cross licensing costituivano una parte sostanziale sul totale degli accordi di licenza: i maggiori utilizzi erano registrati nel settore dell’elettronica (25%), nelle telecomunicazioni (50%) e nel settore farmaceutico (23%), e si registravano utilizzi anche in altri settori: circa il 13% nel settore dell’ingegneria elettrica, 8% nell’industria chimica, il 5% nell’ingegneria meccanica. Si può rilevare che le quote più alte di questi contratti si registravano nei settori dove è maggiore la frammentazione dei brevetti.
Xxxxxxx e Xxxx (2006) hanno analizzato i contratti di licenza per la cessione di tecnolo- gie di un campione di 268 imprese giapponesi quotate in borsa relativamente all’anno 1999, rilevando che in totale la percentuale di accordi di cross licensing sui contratti di licenza totali costituisce circa l’8,5% delle imprese analizzate. L’incidenza più alta di questi accordi è nel settore delle macchine elettriche (19,1%), seguito dal settore chimico (3,4%), dei macchinari (3,3%), dei materiali (2,9%), farmaceutico (1,9%) e infine tutti gli altri (8,2%). Va inoltre rile- vato che in un campione più ristretto, che non considera i contratti delle imprese giapponesi con quelle dei Paesi in via di sviluppo (dove si osservano meno contratti di licenza incrociata), la quota degli accordi di cross licensing sul totale dei contratti di licenza sale a 14,1%, nel settore delle macchine elettriche a circa il 19,1%, in quello delle macchine all’8,8%, settore chimico al 7,2%, dei materiali al 6% e farmaceutico al 2,3%. Un altro dato che emerge dallo studio è che tra i contratti di licenza che includono soltanto brevetti, gli accordi di cross licensing hanno un’incidenza di circa il 19,2%.
In uno studio condotto nel 2007 su imprese europee e imprese giapponesi per studiare le modalità di utilizzo degli accordi di licenza, Pluvia Xxxxxx e Guellec (2009) rilevano che gli accordi di cross licensing rappresentano una quota bassa del totale delle attività di licenza: tra le imprese che ricorrono alle licenze incrociate, circa il 79% delle imprese europee e l’83% delle imprese giapponesi utilizza questa soluzione negoziale fino a un quinto dei brevetti a disposizione. Tra le imprese che ricorrono agli accordi di licenza incrociata, l’11% delle imprese europee cede il licenza una quota di brevetti compresa tra il 40 e 60% dei brevetti posseduti e l’8% delle imprese giapponesi intervistate per una quota compresa tra l’80 e il 100% dei brevetti posseduti. Un altro risultato che viene evidenziato in questo studio è che, nel campione
selezionato, un accordo di cross licensing rappresenta il secondo dei motivi per cui le imprese sono spinte a cedere in licenza i propri brevetti.
I settori in cui le imprese devono affrontare questa fitta rete di brevetti sono in genere quello delle telecomunicazioni e quello informatico (Xxxxxxx, 2001). In uno studio condotto su qua- si 6.699 brevetti concessi dall’EPO, Xxxxxxx e Xxxxx (2012) hanno intervistato un campione di imprese europee chiedendo di valutare l’importanza degli accordi di cross licensing come mo- tivo di registrazione di un brevetto, rilevando che l’utilizzo degli accordi di cross licensing è positivamente correlato in settori caratterizzati da complessità tecnologica, come settore audio- video, telecomunicazioni, informatica, semiconduttori e ottica. Gli studi fatti confermano quindi che in questi settori per le imprese è molto importante registrare un brevetto anche per finalità negoziali.
Nel maggior numero dei casi gli accordi sono segreti e non è facile risalire ai termini del- l’accordo. Negli ultimi anni si sono succeduti alcuni accordi che talvolta hanno avuto una certa rilevanza mediatica, soprattutto tra imprese di grandi dimensioni operanti nel settori dell’e- lettronica, delle telecomunicazioni o dell’informatica. Lo studio di Xxxxxxx e Xxxx (2006), infatti, conferma che, tra i contratti di licenza esaminati, gli accordi di licenza incrociata han- no una maggiore incidenza tra le imprese con più di 30.000 dipendenti. Il recente accordo tra Microsoft e Lenovo15 oppure quello tra IBM e Samsung16 confermano che questi accordi sono tutt’altro che rari. Nel primo accordo, Microsoft e Lenovo hanno stipulato un patto per l’inclu- sione delle applicazioni Microsoft nei prodotti Lenovo, come laptop e telefoni cellulari. Anche se i termini dell’accordo non sono stati esplicitati, la diffusione dei prodotti dimostra che le licenze incrociate esercitino un grande impatto in un settore come quello dell’ICT.
Gli accordi, come si è detto, hanno anche natura transattiva. Stando alle dichiarazioni dei vertici aziendali, l’accordo tra IBM e Samsung è stato siglato con l’obiettivo di garantire tra i partecipanti la "freedom-to-operate" di cui si è già discusso al paragrafo 1.2.1. Apple e HTC in un recente accordo hanno sottoscritto un accordo decennale per la concessione di reciproche licenze17. In un’intervista, il CEO di HTC ha dichiarato che "HTC is pleased to have resolved its dispute with Apple, so HTC can focus on innovation instead of litigation"18, a dimostrazione del fatto che gli accordi sono spesso conclusi col fine di evitare onerose dispute legali per la
15Disponibile su xxxx://xxxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxx-xxxx # [Data di accesso: 14/12/2016].
16Disponibile su xxxx://xxx-00.xxx.xxx/xxxxx/xx/xx/xxxxxxxxxxxx/00000.xxx [Data accesso: 14/12/2016]
17Ian Sherr, 2012. "Apple, HTC settle patent dispute, sign license pact". The Wall Street Journal [Data di acceso: 03/01/2017].
18Savitz, Xxxx, 2011. Apple, HTC Settle Patent Suits; Sign 10-Year Licensing Deal. Disponi-
bile su: xxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxxxxx/0000/00/00/xxxxx-xxx-xxxxxx-xxxxxx-xxxxx-xxxx-00-xxxx-xxxxxxxxx- deal/#253f296d1959. [Data di accesso: 01/02/2017].
violazione di migliaia di brevetti.
Nel prossimo paragrafo si introducono altre due modalità con cui, oltre agli accordi cross licensing, le imprese rispondono ai costi di transazione derivanti dai patent thickets: i patent pool e le standard-setting organizations.
1.3 I patent pool e le Standard Setting Organizations
Un’altra forma contrattuale che consente di ridurre i costi di transazione dovuti alla selva di brevetti è costituita dai raggruppamenti di brevetti (o patent pool). Secondo la definizione delle linee guida della Commissione Europea, i raggruppamenti di brevetti sono "accordi mediante i quali due o più parti costituiscono un pacchetto di tecnologie che viene concesso in licenza non solo a coloro che partecipano al pool, ma anche a terzi"19. La formazione di un pool risulta altamente desiderabile quando i brevetti essenziali per la costituzione di una tecnologia vengono venduti sotto forma di un unico pacchetto, diminuendo così il "problema dei complementi" visto nel paragrafo 1.1.1. La formazione di un pool consente ai licenziatari di evitare onerosi costi di transazione dovuti alla ricerca dei singoli proprietari dei brevetti interessati, fungendo in questo modo da "one-stop shop" (Xxxxxxx 2001, p. 134) in cui essi possono rivolgersi per acquistare la licenza utile a incorporare una specifica tecnologia all’interno dei propri prodotti (Comino e Manenti, 2015).
Dal momento che richiedono una stretta collaborazione tra soggetti che talvolta si trovano anche a competere direttamente, i patent pool sono spesso richiedono spesso un controllo delle autorità antitrust (Xxxxxx e Manenti, 2015). Esempi in questo senso sono rappresentati dai pool MPEG e DVD. Il primo è un raggruppamento di brevetti costituito da nove imprese per la creazione della tecnologia MPEG-2, un sistema di codifica audio-video utilizzato nei settori audiotelevisivo, e nei dispositivi di riproduzione dei contenuti digitali. Il Department of Justice ha approvato la sua formazione nel 1997 (Xxxxxxx, 2001). Un altro esempio è costituito dal DVD, un raggruppamento di brevetti costituito da tre imprese per lo sviluppo della tecnologia DVD-Video e DVD-ROM, la cui formazione è stata autorizzata nel 1998 (Xxxxxxx, 2001).
È ormai noto che i prodotti di uso comune sono spesso dotati di tecnologie molto comples- se, che incorporano al loro interno centinaia di componenti. Affinché questi prodotti funzionino al meglio è talvolta necessario che garantiscano interoperabilità. L’interoperabilità risponde soprattutto all’esigenza di dotare i consumatori di prodotti che consentano l’accesso a un’inter-
19Commissione Europea, "Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia", par. 4.4, n. 244.
1.3. I PATENT POOL E LE STANDARD SETTING ORGANIZATIONS 19
faccia comune. Questa esigenza nasce soprattutto nei mercati caratterizzati da esternalità di rete, dove l’utilità generata da un prodotto aumenta al crescere del numero degli utenti che usano lo stesso prodotto o la stessa tecnologia (Motta e Polo, 2005). Un esempio è il GSM, la tecnologia di comunicazione fra telefoni cellulari introdotta al paragrafo 1.2.1. Maggiore è il numero di utenti che utilizza la tecnologia GSM, più sono gli utenti che potranno comunicare attraver- so il ricorso a una tecnologia comune. Per garantire il raggiungimento dell’interoperabilità le imprese spesso formano volontariamente consorzi per partecipare al processo di scelta di una tecnologia comune attraverso le standard setting organizations (o "SSOs") (Comino e Manenti, 2015).
All’interno di questi consorzi le imprese determinano le tecnologie che possono costituire lo standard di mercato. Esempi di consorzi sono l’ETSI, il consorzio delle imprese europee nel settore delle telecomunicazioni, oppure l’IEEE, per lo sviluppo di standard nel settore dell’in- gegneria elettrica ed elettronica. I raggruppamenti dei brevetti essenziali che costituiscono uno standard di mercato sono chiamati "SEP" (Standard-essential patent). Per ridurre i problemi derivanti dall’incertezza generata dai patent thicket e per contribuire alla diffusione degli stan- dard, le SSOs impongono l’obbligo alle imprese che fanno parte del consorzio di dichiarare i brevetti essenziali delle tecnologie incluse negli standard e di cederle in licenza alle imprese manifatturiere secondo termini che vengono definiti "FRAND", ovvero "fair, reasonable and non discriminatory" (Comino e Manenti, 2015).
In questo capitolo si è visto che la frammentazione di brevetti può rendere particolarmente gravose le attività innovative delle imprese. Si è visto, infatti, che la presenza dei thickets può aumentare i costi di transazione e persino minacciare la continuazione dell’attività innovativa. Una soluzione adottata dalle imprese per diminuire tali costi è rappresentata dai contratti di licenza incrociata, o cross licensing agreements. Questi accordi richiedono un certo grado di coordinamento tra le imprese. Ciò sembra essere positivo, perché favorisce l’accesso alla tec- nologie altrui, stimolando l’attività inventiva, eppure il coordinamento tra le imprese, in certe condizioni, può rappresentare un pericolo per la concorrenza. Nel prossimo capitolo, dunque, si indagherà sugli aspetti antitrust relativi a questi accordi.
Capitolo 2
Aspetti antitrust degli accordi di licenza incrociata
Introduzione
Nel precedente capitolo sono stati introdotti i motivi all’origine dei cosiddetti patent thickets, fitte reti di brevetti che in alcuni settori rendono particolarmente gravosi i processi innovativi che si fondano sull’utilizzo di tecnologie precedenti. Molto spesso, infatti, per procedere con lo sviluppo di un determinato prodotto le imprese hanno bisogno di acquisire le licenze da moltissimi proprietari di brevetti, e i costi di transazione che ne derivano possono determinare il fallimento di un’idea innovativa1. Si pensi a un’impresa che intenda migliorare le caratte- ristiche di uno smartphone, costituito da tecnologie protette da migliaia di brevetti essenziali. Sostenere il costo di tutte le relative licenze può risultare molto oneroso. Si consideri inoltre che l’estensione dei brevetti sottostanti alle tecnologie talvolta non risulta ben definita e nella fase di sviluppo si può correre il rischio di violare un brevetto altrui2. Per diminuire i costi di transazione dovuti alle "selve di brevetti", nei settori caratterizzati da prodotti complessi, le im- prese ricorrono a forme contrattuali che, attraverso la reciproca condivisione dei propri brevetti, consentono l’accesso alle tecnologie altrui; ci riferiamo, nello specifico, agli accordi di licenza incrociata (cross licensing agreements) e alla creazione dei raggruppamenti di brevetti (patent pool).
Le caratteristiche di queste due forme contrattuali sono state introdotte nel capitolo prece- dente. Gli accordi di licenza incrociata sono siglati tra due imprese che intendono usufruire dei
1Comino e Manenti (2014), Department of Justice and Federal Trade Commission (2007).
2Ciò richiama il concetto della sovrapposizione dei brevetti introdotto nell’articolo di Xxxxxxx (2001) e di cui si è parlato nel capitolo 1, al paragrafo 1.1.
21
rispettivi brevetti; i pool di brevetti sono accordi siglati da due o più imprese per la costituzione di un "pacchetto" di brevetti, non solo per la concessione in licenza fra i partecipanti all’accordo, ma anche a imprese terze3.
In questo capitolo ci si focalizzerà sull’analisi antitrust degli accordi di licenza incrociata. Ci si potrebbe chiedere: perché questi accordi, se rispondono all’esigenza di coordinare i diversi proprietari nei settori caratterizzati da un’alta dispersione di brevetti, facilitando l’accesso alle tecnologie altrui e favorendo l’attività inventiva, necessitano di un’analisi da parte delle auto- xxxx antitrust? La risposta risiede proprio nel coordinamento che caratterizza questi accordi. Le forme di coordinamento fra imprese dello stesso mercato o di mercati collegati sollevano inevi- tabilmente dei dubbi riguardo agli effetti per la concorrenza4. In questo capitolo si illustrerà in che modo l’utilizzo di questi accordi può generare effetti anticompetitivi e verranno introdotti gli strumenti di cui si serve l’analisi economica per valutarne l’impatto sul benessere sociale.
A ciò si aggiunga che oggetto degli accordi sono degli asset molto particolari: i brevetti, infatti, costituiscono una forma di protezione giuridica delle invenzioni industriali, il cui fine è di promuovere l’attività inventiva e la diffusione della conoscenza. Nel rapporto tra proprietà in- tellettuale e politiche antitrust si devono conciliare due esigenze opposte: la prima, di garantire la protezione dell’attività inventiva, concedendo il diritto esclusivo di sfruttare economicamente l’invenzione; la seconda, di assicurare la tutela della concorrenza, impedendo così abusi della posizione di monopolio5. Per questo motivo, gli accordi di licenza incrociata richiedono un trat- tamento normativo specifico. Al paragrafo 2.5 si introdurrà la normativa antitrust che disciplina tali accordi per mostrare il modo in cui si coniuga con l’analisi economica e per individuare eventuali differenze nei criteri di valutazione tra le autorità europea ed americana.
2.1 Fattispecie anticompetitive
Come già illustrato nel capitolo precedente6, gli accordi che consentono la reciproca conces- sione di licenze per la condivisione di brevetti possono essere messi in atto per diversi motivi: consentire a due produttori di accedere alle rispettive tecnologie al fine di migliorare un prodotto (o un processo produttivo), o per non incorrere nel rischio di violare i rispettivi brevetti, oppu- re, al termine di una battaglia legale che ha coinvolto due imprese per la presunta violazione di alcuni brevetti, possono essere utilizzati come strumenti transattivi per consentire l’utilizzo
3Commissione Europea (2014).
4Department of Justice and Federal Trade Commission (1995), par. 5.5.
5Campobasso (2008).
6In particolare, nel paragrafo 1.2.1.
delle rispettive tecnologie e porre fine a un contenzioso. Sono utilizzi che, il più delle volte, soprattutto quando coinvolgono delle tecnologie complementari (cioè due tecnologie che, se usate contemporaneamente, migliorano le qualità del prodotto finale o del processo produttivo), manifestano i loro effetti procompetitivi, e promuovono la diffusione di innovazioni7.
Ciononostante, in alcuni casi, gli accordi di licenza incrociata possono generare degli effetti anticompetitivi8. Come affermato in Xxxxxxx (2001), dal momento che queste soluzioni nego- ziali prevedono il ricorso al coordinamento tra le imprese, talvolta concorrenti, c’è il rischio che tali accordi siano realizzati con il solo scopo di indebolire la concorrenza e tenere alti i prezzi9.
In un recente rapporto redatto per la Commissione Europea, Regibeau e Xxxxxxx (2011), ol- tre a illustrare i principali vantaggi ottenuti attraverso queste collaborazioni per il superamento delle impasse dovute ai costi di transazione, sottolineano che in certe condizioni tali accordi possono sollevare alcuni dubbi riguardo alla competitività. In particolare, questi contratti pos- sono dar seguito a degli effetti (definiti dagli Autori "unilaterali") che possono essere sfruttati dalle parti per innalzare reciprocamente i propri costi marginali e per indebolire la pressione competitiva, allo scopo di mantenere i prezzi elevati. Si parlerà più approfonditamente di questi effetti al paragrafo 2.2.3.
Un altro tema sollevato dal suddetto rapporto riguarda la possibilità che le imprese possano discriminare i termini dell’accordo per mettere i rivali in una posizione di svantaggio. Questi accordi sono in genere siglati da imprese dotate di un ampio portafoglio di brevetti, usati come "moneta di scambio" per ottenere la licenza di tecnologie concorrenti10. Cosa succederebbe, in- fatti, se due imprese decidessero di avvantaggiarsi attraverso l’accesso alle rispettive tecnologie, con lo scopo di escludere un potenziale rivale che intende entrare nello stesso mercato? È una pratica profittevole che è possibile osservare? In effetti, potrebbe esserci il rischio che i termini contrattuali delle licenze incrociate vengano utilizzati per creare delle barriere all’ingresso per i potenziali rivali: tale evenienza è infatti prospetta sia dall’autorità antitrust europea11 che ame- ricana12. Dunque, parrebbe che alle imprese prive di sufficiente potere negoziale possa essere
7Department of Justice and Federal Trade Commission (1995).
8Department of Justice and Federal Trade Commission (2007)
9In Tarantino (2010) si dimostra che l’accordo di licenza incrociata viene utilizzato per fissare le quantità (e i prezzi) di monopolio.
10Grindley e Xxxxx (1997).
11Così, infatti, si trova scritto nelle linee guida dell’autorità antitrust europea a proposito degli accordi di licenza per il trasferimento di tecnologie: "(...) Gli accordi possono favorire i comportamenti collusivi in quanto accrescono la trasparenza sul mercato, tengono sotto controllo un certo tipo di comportamento e creano barriere all’ingresso (...)", par. 4.1.2, n. 171. Commissione Europea (2014).
12Così, infatti, l’autorità antitrust americana a proposito degli accordi di licenza incrociata: "(...) a portfolio
cross-licensing regime can pose a barrier to entry if existing relationships make it harder for new firms to come in and overcome the patent thicket.", p. 62, par. II-B di Department of Justice and Federal Trade Commission (2007).
precluso l’accesso al mercato. In tal modo, le imprese dotate di un ampio portafoglio di brevetti riuscirebbero ad aumentare il proprio potere di mercato.
Le pratiche di cartello finalizzate a fissare i prezzi (o limitare la produzione) e quelle volte a creare delle barriere d’ingresso al mercato possono essere ricondotte all’interno delle fattispecie restrittive della concorrenza ai sensi dell’art. 10113 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea14.
Attraverso il modello economico presentato nel capitolo 3 si intende indagare, da un punto di vista analitico, la possibilità di osservare gli effetti di queste due condotte.
Tuttavia, come riconoscere un accordo di cross licensing con finalità collusive che riduce il benessere sociale? Già di per sé scoprire un cartello finalizzato a tenere i prezzi "eccessivamen- te" alti non è semplice per le autorità antitrust, lo è ancora di più quando l’intento collusivo è attuato attraverso gli accordi di licenza incrociata. Un prezzo ritenuto superiore rispetto a quello concorrenziale non sempre rappresenta un indizio indicativo di una condotta anticompetitiva. Inoltre, come individuare un tentativo da parte delle imprese incumbent di creare una barriera all’ingresso? Anche in questo caso non risulta agevole distinguere tra gli accordi finalizzati ad ottenere un mutuo beneficio da quelli che intendono precludere l’accesso al mercato ai rivali. Nei prossimi due paragrafi verranno introdotte le due fattispecie vietate dalla normativa antitru- st, con l’obiettivo di individuare gli strumenti che ci consentano di esprimere una valutazione sulle politiche della concorrenza applicate agli accordi di licenza incrociata.
2.1.1 Collusione
Si è detto nel precedente paragrafo che gli accordi di licenza incrociata possono essere utilizzati per colludere e tenere alti i prezzi. Ma come riconoscere una pratica collusiva da una condot- ta che può giudicarsi ammissibile? Per rispondere a questa domanda, bisogna prima di tutto chiarire in cosa consiste un comportamento collusivo. Come è noto dalla teoria economica15, la collusione consente alle imprese di coordinarsi per allentare la pressione competitiva e au- mentare il proprio potere di mercato a scapito dei consumatori. Come illustrato da Xxxxx e Polo (2005), i comportamenti collusivi non si manifestano sempre allo stesso modo. Spesso si tratta di accordi con cui le imprese aumentano i prezzi, oppure limitano la quantità di prodotti, oppure
13Così stabilisce l’art. 101, primo comma: "Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno (...)".
14Di qui in poi "TFUE".
15Motta e Polo (2005), Xxxxxx e Xxxxxxxx (2002).
si dividono i mercati in cui competere. La collusione può essere "esplicita" oppure "tacita". La collusione è esplicita quando le imprese definiscono un comportamento da osservare nel merca- to in collaborazione con i concorrenti. Se per esempio esiste una struttura organizzativa da cui vengono prese le decisioni, le imprese realizzano una collusione esplicita. Nello specifico, que- sta organizzazione può avere una natura "istituzionale" (si pensi all’Opec, il cartello costituito tra i Paesi produttori di petrolio, che nel 1973 hanno deciso in maniera cooperativa di aumentare i prezzi16), oppure può essere tenuta nascosta alle autorità attraverso comunicazioni segrete17. Invece, essa è tacita quando ogni impresa mantiene un comportamento indipendente rispetto al- le altre, e questi comportamenti conducono alla determinazione di un prezzo superiore rispetto a quello dell’equilibrio non cooperativo di riferimento nel mercato rilevante18.
Da un punto di vista giuridico, invece, la definzione di collusione è meno estesa: infatti, co- me osservato in Motta e Polo (2005), è fondamentale distinguere tra la definizione di collusione utilizzata nella letteratura economica rispetto a quella che assume valenza giuridica, soprattutto per definire ciò che può essere sanzionato dalla normativa antitrust. Ciò che distingue la fatti- specie giuridica della collusione è la presenza dell’accordo, che può avvenire anche in forma non scritta, necessario affinché si possa identificare una pratica sanzionabile dalle attuali norme. Perciò, la definizione giuridica di "collusione" si avvicina di più al concetto di "patto", mentre quella economica si sostanzia nel raggiungimento di una configurazione di prezzi superiore ri- spetto a quella determinata in base all’equilibrio di mercato non cooperativo, a prescindere se questa sia compiuta congiuntamente con gli altri concorrenti.
In altre parole, difficilmente le norme poste a tutela della concorrenza potranno colpire le forme di collusione tacita. Da un punto di vista strettamente economico, le imprese possono raggiungere una configurazione collusiva attraverso dei comportamenti segnalatori, che si ma- nifestano attraverso aumenti dei prezzi o diminuzione di quantità, e lasciare che questi compor- tamenti possano essere osservati dagli altri concorrenti. Questo modo di coordinarsi può però rivelarsi molto costoso, e richiedere diversi aggiustamenti (diverse configurazioni di prezzo o di quantità) prima che si raggiunga l’equilibrio. Invece, se le imprese decidono di coordinarsi in forma esplicita, possono raggiungere la configurazione che consente loro di ottenere il massimo dei profitti senza ricorrere alle segnalazioni nel mercato, e risparmiare notevolmente sui costi. È più facile che una condotta collusiva esplicita possa subire l’azione punitiva delle autorità
16Cabral e Denicolò (2002).
17Può ad esempio trattarsi di incontri tra dirigenti delle imprese più rappresentative di un mercato che si accordano sulle future azioni da compiere.
18Tirole (1991), Motta e Polo (2005). Il "mercato rilevante" rappresenta l’insieme dei prodotti (oppure l’insieme
delle aree geografiche) che determinano un’interazione strategica tra le imprese, in gergo si dice che i prodotti "esercitano tra loro un vincolo competitivo" (Motta e Polo, 2005).
antitrust.
Dal punto di vista dell’azione antitrust, per punire una comportamento vietato è necessario definire in maniera corretta gli standards of proof che consentano di individuare, con il minimo margine di errore, una condotta collusiva. Inevitabilmente, questa prassi si scontra con alcuni problemi pratici. Qual è la soglia oltre la quale un prezzo è considerato elevato tale da ricono- scerne la fattispecie vietata? Senza una prova inconfutabile, oggi è difficile rilevare e attribuire inequivocabilmente una pratica a un comportamento scorretto, perché potrebbero essere causati anche dal raggiungimento di equilibri non cooperativi e quindi non dovuti a un accordo tra le imprese (Motta e Polo, 2005).
Una volta chiarito che le autorità devono basarsi su elementi esteriori molto precisi, quali so- no, dunque, gli standards of proof che consentono di ricondurre gli accordi di licenza incrociata a una condotta collusiva? I cross licensing agreements assumono spesso una certa rilevanza me- diatica, soprattutto quando vengono siglati da grandi imprese dei settori delle telecomunicazio- ni o dell’informatica. Si pensi al recente accordo tra Microsoft e Lenovo per l’inclusione delle applicazioni Microsoft nei prodotti Lenovo, come laptop e telefoni cellulari19. Recentemente, inoltre, Apple e HTC hanno firmato un accordo transattivo per la concessione di reciproche licenze e porre fine al contenzioso legale20. Secondo uno studio condotto da Xxxxxx Xxxxxx e Guellec (2009), per il 79% delle imprese europee e l’83% delle imprese giapponesi, gli accordi di licenza incrociata coinvolgono fino a un quinto dei brevetti concessi in licenza. I termini con cui questi vengono negoziati, però, sono spesso segreti. Ciò di cui può disporre l’autorità anti- trust, dunque, sono gli strumenti forniti dall’analisi economica che consentono di individuare gli elementi esteriori che possono facilitare il ricorso a una condotta vietata.
Nel prosieguo, precisamente al paragrafo 2.2, si illustreranno alcune fattispecie di collusione analizzate dalla teoria economica con riferimento ai cross licensing agreements. Questi studi ci consentiranno di acquisire gli strumenti di analisi utili per individuare gli indizi da prendere in considerazione per individuare eventuali comportamenti che riducono il benessere sociale.
2.1.2 Foreclosure
Un altro sospetto da parte delle autorità antitrust che riguarda gli accordi di licenza incrociata introdotto al paragrafo 2.1 riguarda la possibilità che le imprese possano avvantaggiarsi dei contratti di licenza per impedire l’accesso al mercato dei potenziali rivali, attuando così delle
19Disponibile su: xxxx://xxxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxx-xxxx# [Data ultimo accesso: 03/01/2017].
20Ian Sherr, 2012. "Apple, HTC settle patent dispute, sign license pact". The Wall Street Journal. [Data ultimo
accesso: 03/01/2017].
pratiche escludenti. In Giuri e altri (2015) si fa ad esempio riferimento agli accordi di reciproca concessione di licenze come pratiche che hanno il potenziale effetto di bloccare l’ingresso di concorrenti nel mercato.
Le pratiche escludenti sono delle condotte finalizzate a indurre l’uscita dei concorrenti dal mercato, oppure a impedirne l’accesso (Motta e Polo, 2005). La distinzione tra i comportamenti che normalmente caratterizzano il gioco competitivo e quelli che invece sono mirati esclusiva- mente a danneggiare i rivali è particolarmente difficile per le autorità antitrust. Se ad esempio un’impresa riduce notevolmente i propri prezzi per affrontare l’ingresso di un nuovo concorren- te, questa è una strategia di cui i consumatori possono beneficiare. Talvolta, però, una strategia di riduzione di prezzo particolarmente aggressiva potrebbe essere messa in atto con il solo scopo di indurre l’uscita dal mercato del rivale. Una volta ottenuta l’uscita dell’impresa concorrente, l’impresa rimasta sul mercato potrebbe tornare a praticare dei prezzi alti. La pratica escludente basata sulla scelta dei prezzi viene definita dei "prezzi predatori" (Motta e Polo, 2005).
Vi sono altre pratiche, oltre a quelle basate sulla fissazione dei prezzi, con cui le impre- se possono ostacolare l’accesso al mercato. Questo argomento richiama i temi affrontati dalla teoria economica a proposito delle cosiddette "barriere all’entrata". Secondo la definizione del- l’economista Bain (si veda Xxxxxx 1991, p. 530) le barriere all’entrata costituiscono tutto ciò che rende possibile conseguire dei profitti superiori alle normali condizioni di mercato, senza preoccuparsi della minaccia di nuovi concorrenti. In particolare, sostiene Bain che la capacità di impedire l’accesso al mercato ai rivali può essere favorita dalla presenza di alcune caratte- ristiche relative alla struttura del mercato, tra cui: presenza di economie di scala nel settore, vantaggi assoluti di costo ottenuti dalle imprese presenti sul mercato, vantaggi derivanti dalla differenziazione del prodotto e infine l’accesso può essere ostacolato dalla difficoltà di nuove imprese nel reperire finanziamenti. Le imprese presenti sul mercato potrebbero sfruttare tali caratteristiche strutturali per volgerle a proprio favore e impedire l’accesso al mercato di un rivale.
Tra i possibili comportamenti finalizzati ad impedirne l’accesso, vi sono i cosiddetti "inve- stimenti strategici", studiati nei modelli di Dixit e Xxxxxx e ripresi da Motta e Polo (2005). In tale modello, un monopolista affronta il potenziale ingresso di un rivale. Nel farlo, decide se investire in una tecnologia in grado di diminuire i propri costi marginali. Quanto più investe, tanto più i suoi costi marginali diminuiscono. Gli Autori determinano un livello di investimento tale per cui il potenziale entrante è scoraggiato dagli investimenti fatti dal monopolista e, una volta osservata la mossa dell’incumbent, deciderà di non entrare. Nonostante le perdite subite in un primo momento per via degli investimenti sostenuti, il monopolista valuterà positivamente i
profitti che conseguirà in seguito, avendo mantenuto la posizione di monopolio.
Questo comportamento può essere molto difficile da valutare per le autorità antitrust. Oltre alla difficoltà di valutare con precisione il livello di investimenti oltre il quale tale condotta potrebbe risultare anticompetitiva, un divieto indirizzato a un’impresa che ha "investito troppo" potrebbe creare un pericoloso precedente che disincentiverebbe le imprese dall’investire.
Il livello di investimenti strategici presenta dei punti di contatto rispetto all’acquisizione, attraverso i cross licensing agreements, di tecnologie in grado di diminuire i costi marginali.
Nel capitolo 3, pertanto, proveremo a verificare le ipotesi alla base del modello di Motta e Polo (2005) per individuare l’eventuale spazio per una chiusura del mercato da parte di due imprese che siglano un accordo di licenza incrociata in grado di diminuire i costi marginali fino al punto in cui per l’impresa rivale risulta molto difficile sostenere la competizione con le imprese incumbent.
Ma che relazione dovrebbe esistere tra le imprese che prendono parte a un accordo di licen- za incrociata per potersi considerare lesivo della concorrenza? Le pratiche escludenti possono realizzarsi attraverso gli accordi orizzontali (ad esempio tra concorrenti) oppure attraverso le restrizioni verticali (ad esempio, tra un produttore e un distributore).
Con riferimento agli accordi orizzontali, si pensi a una fusione fra due concorrenti che pos- siedono due input essenziali alla realizzazione di un’innovazione di processo in grado di ab- battere notevolmente i costi marginali. Tali sinergie realizzate potrebbero rendere gravosa la permanenza sul mercato di un rivale con costi marginali più alti rispetto alle imprese fuse, rea- lizzando ciò che viene definita una efficiency offence: le sinergie ottenute dall’unione delle due imprese potrebbe condurre a un equilibrio di monopolio (Motta e Polo, 2005). Gli accordi di licenza incrociata tra imprese concorrenti che acconsentono lo scambio di tecnologie costitui- scono un tipo di accordo orizzontale (Motta e Polo, 2005) ed in quanto tali potrebbero ricadere in questo tipo di strategia di foreclosure.
Inoltre le pratiche escludenti, si diceva, possono realizzarsi anche tra imprese poste su due differenti livelli di mercato. Un esempio è rappresentato dalle restrizioni verticali. Gli accordi di licenza sono un tipico esempio di restrizione verticale in cui un licenziante, detentore del- l’asset (come ad esempio un brevetto) consente, dietro pagamento di un corrispettivo (royalty), l’utilizzo dell’asset da parte del licenziatario. In quanto accordo di licenza, dovrebbero ricevere il trattamento riservato loro dalle norme antitrust in materia di restrizioni verticali. Uno dei pos- sibili effetti anticompetitivi che la teoria economica riconosce alle restrizioni verticali è quello di scoraggiare l’entrata sul mercato dei concorrenti. Attraverso il ricorso agli accordi di esclu- siva, due imprese detentrici di sufficiente potere di mercato, potrebbero concedersi l’accesso ad
input essenziali con il solo fine di "rafforzarsi" contro la minaccia di ingresso di un rivale che potrebbe sottrarre loro quote di mercato. I potenziali effetti anticompetitivi delle restrizioni ver- ticali sono stati riconosciuti dopo che per anni gli economisti della "Scuola di Chicago" avevano escluso la possibilità di osservare un’esclusione inefficiente. Bisogna evidenziare, comunque, come notano Motta e Xxxx (2005), che si tratta di fattispecie piuttosto rare.
Così come per la collusione, anche per le fattispecie escludenti risulterebbe molto compli- cato per le autorità antitrust applicare un divieto per se a un accordo, poiché si dimostra che sia accordi orizzontali che restrizioni verticali possono aumentare il benessere sociale attraver- so il guadagno di sinergie tra imprese altrimenti non raggiungibili. L’obiettivo dell’autorità è quello di valutare secondo una rule of reason, quindi cercando di bilanciare i potenziali effetti anticompetitivi con quelli che determinano un aumento dell’efficienza. In genere sono conside- rati con maggior sospetto le pratiche messe in atto da soggetti che detengono quote di mercato sufficientemente alte così da abusare del loro potere di mercato (Motta e Polo, 2005).
Inoltre, potrebbe risultare un criterio più razionale colpire le condotte predatorie (ad esempio basate sull’aggiustamento dei prezzi) che si realizzano successivamente all’accordo pittosto che pensare di punire un accordo potenzialmente in grado di manifestare efficienze produttive significative (Motta e Polo, 2005).
In questo paragrafo si è visto le modalità di cui si possono servire le imprese per creare le cosiddette "barriere all’ingresso". Nel prossimo paragrafo, dunque, passeremo in rassegna gli studi compiuti con riferimento agli accordi di cross licensing per individuare gli elementi da prendere in considerazione per individuare fattispecie finalizzate ad ottenere un equilibrio collusivo oppure ad ostacolare l’accesso al mercato.
2.2 Valutazione degli accordi di licenza incrociata
Per valutare gli effetti determinati da un contratto di licenza incrociata, nella letteratura econo- mica si sono individuate specifiche condizioni che possono spingere le imprese verso condotte anticompetitive, sia di collusione che di foreclosure. Queste condizioni riguardano:
• la natura delle tecnologie coinvolte;
• la struttura dei corrispettivi;
• la diversa struttura delle imprese coinvolte;
• imprese che operano in mercati differenti.
Come affermato nella maggior parte della letteratura21, l’aspetto forse più rilevante nella valu- tazione di un accordo di cross licensing è quello di determinare la natura dei beni concessi in licenza, e cioè la natura delle tecnologie scambiate: se esse sono sostitute o complementari.
2.2.1 Tecnologie sostitute o complementari
Due tecnologie si dicono sostitute quando competono, o potrebbero competere, nel medesimo mercato22. Régibeau e Xxxxxxx (2004) spiegano che se se due tecnologie competono nello stesso mercato, ciò non implica che gli elementi sottostanti all’innovazione devono necessariamente essere simili. Per esempio, nel settore farmaceutico23, due farmaci basati su due principi attivi diversi (ad esempio l’aspirina e il paracetamolo) possono competere nello stesso mercato (ad esempio, quello dei farmaci per la cura del mal di testa). La concessione di brevetti a protezione di tecnologie sostitute di solito è visto con sospetto dalle autorità antitrust, poiché attraverso il reciproco pagamento delle royalties entrambe le imprese allentano la pressione competitiva24.
Per capirne il motivo, si consideri il seguente modello, tratto da Comino e Manenti (2014): due imprese produttrici di personal computer detengono ciascuna un brevetto a protezione del processore. La velocità di calcolo dei due processori è simile. Nessuna delle due imprese ha quindi la necessità di entrare in possesso della tecnologia dell’altra, ma si supponga che pos- sano comunque stringere un accordo di licenza incrociata. Gli Autori dimostrano che in un equilibrio in cui le due imprese non siglano alcun accordo di cross licensing, i prezzi sarebbero inferiori rispetto a quelli determinati con accordo di licenza. Le imprese conseguiranno mag- giori profitti in presenza di licenze incrociate, tuttavia il surplus del consumatore e il benessere sociale sarebbero superiori in assenza di accordo. Si osserva questo risultato perché, quando le imprese non siglano alcun accordo, competono con maggiore intensità, in quanto le tecnologie sottostanti ai prodotti finali sono in un rapporto di sostituzione; invece, se vi fosse un accordo di licenza, i corrispettivi fissati aumenterebbero i costi marginali di entrambe, la competizione si allenterebbe e i prezzi sarebbero più alti.
Al contrario, due tecnologie sono complementari quando il loro utilizzo congiunto consente di migliorare il prodotto finale oppure il processo produttivo25. Se il prodotto non può essere
21Shapiro (2001), Xxxxxxxx e Xxxxxxx (2004), Xxxxx e Polo (2005), Xxxxxx e Manenti (2014).
22Bisogna osservare, ed è questo un punto molto rilevante, che talvolta il confine tra bene sostituto e complementare non è così netto. Questo aspetto verrà affrontato attraverso il modello teorico nel successivo capitolo.
23Fershtman e Xxxxxx (1992) (p. 330) riportano uno studio di Xxxxxx e Xxxxxxxxxx in base al quale la percentuale
di contratti di licenza nel settore farmaceutico che avvengono attraverso accordi di cross licensing è di circa il 23%.
24Motta e Polo (2005), Xxxxxx e Manenti (2014).
25Se si tratta di due input che se usati insieme diminuiscono il costo marginale di produzione, in questo caso si parla di "innovazione di processo" (Xxxx e Xxxxxxx, 1985).
realizzato, oppure il processo produttivo non può essere migliorato senza l’utilizzo simultaneo di entrambe le tecnologie, si dice che queste sono perfetti complementi o essenziali (o "blocking patents"26). Gli accordi di cross licensing comprensivi di tecnologie essenziali sono considerati procompetitivi e desiderabili da un punto di vista sociale perché eliminano il problema relativo alla "doppia marginalizzazione"27. Il motivo di tale efficacia risiede nel coordinamento con cui l’accordo viene siglato. Attraverso le licenze incrociate, infatti, due detentori di brevetti essenziali massimizzano i corrispettivi di licenza in base alla funzione dei profitti congiunti, e non in base ai profitti delle singole imprese. In tal modo, il margine ai costi marginali si applica solo una volta28. Un’applicazione del funzionamento alla base degli accordi di licenza incrociata verrà data al capitolo 3, e precisamente al paragrafo 3.1.
In tutti gli altri casi, si parla di tecnologie non essenziali. Gli accordi che consentono la reciproca concessione di licenze e coinvolgono tecnologie complementari sono considerati de- siderabili da un punto di vista sociale (Xxxxxxx, 2001) e normalmente non destano preoccupa- zioni da un punto di vista antitrust (Regibeau e Xxxxxxx, 2011). Un’impresa che accede a una tecnologia complementare attraverso un accordo di licenza incrociata ha inoltre la possibilità di investire in maniera più proficua le proprie risorse in tecnologie che non imitino quelle di un rivale (Xxxxxxx e Giuri, 2012).
Occorre, a questo punto, comprendere adeguatamente una differenza: sinora si è fatto ri- ferimento al mercato a monte delle tecnologie. È necessario distinguere il mercato delle tec- nologie (ad esempio, quello dei processori) dal mercato dei prodotti finali (ad esempio, quello dei personal computer), che di tali tecnologie sono dotati. I prodotti finali possono ugualmente considerarsi in rapporto di sostituzione o di complementarietà.
Se i prodotti finali sono complementari tra di loro, è desiderabile che entrambe le impre- se abbiano accesso agli input in modo da eliminare analoghi problemi derivanti dalla doppia marginalizzazione (Motta e Polo, 2005). Si è già parlato di tale aspetto a proposito del "proble- ma dei complementi" nel paragrafo 1.1.1. Si consideri il caso di due imprese produttrici di beni complementari: l’impresa A produce stampanti laser e l’impresa B produce toner. Le tecnologie sottostanti ai due beni, rispettivamente la tecnologia alfa per la stampante e la tecnologia beta per il toner, sono essenziali per la produzione. A e B vendono i propri prodotti sul mercato fina- le applicando il proprio margine al costo marginale. Essendo i beni finali complementari, esse non si sottrarranno quote di mercato a vicenda, perché i consumatori acquisterebbero entrambi i beni (si dice che ciascuna impresa non internalizza le esternalità arrecate dall’altra) e subiranno
26Shapiro (2001).
27Shapiro (2001), Motta e Polo (2005), Xxxxxx e Manenti (2014).
28Comino e Manenti (2014).
l’applicazione di due margini, ossia pagheranno il prezzo pA per la stampante e il prezzo pB per il toner. Si supponga ora che le imprese dispongano di entrambi gli input essenziali, alfa e beta: potendo disporre di entrambe le tecnologie, ciascuna impresa produrrà i due prodotti applicando un solo margine: in tal modo in equilibrio si osserverà un prezzo p più basso rispetto alla somma di pA + pB.
Se invece i prodotti finali sono sostituti, e quindi le imprese sono in competizione, a pre- scindere dalla natura delle tecnologie scambiate, l’accordo di licenza incrociata necessita, come vedremo nel paragrafo 2.5, di ulteriore scrutinio, perché le imprese si trovano in "relazione orizzontale" e le interdipendenze sono molto forti.
In che modo due imprese in competizione possono ridurre la concorrenza fra loro? Nel- l’articolo di Xxxxxxx (1994) viene dimostrato che attraverso il ricorso a un accordo di licenza incrociata due imprese concorrenti possono incentivarsi a non deviare da una condotta collusiva. Per sostenere una collusione gli aderenti all’accordo sono incentivati dall’entità della punizione inflitta dagli altri partecipanti in caso di deviazione. Una deviazione di un partecipante avrebbe la conseguenza di trasformarsi in una guerra di prezzi che li ridurrebbe pari ai costi marginali. Quanto più una minaccia di perdita di profitti derivante dalla deviazione è realistica e dura, tanto più gli aderenti all’accordo saranno incentivati a rispettare i termini dell’accordo (Motta e Polo, 2005).
Eswaran (1994) descrive un gioco con duopolio in cui le imprese producono prodotti diffe- renziati ma in concorrenza fra loro. Ciascuna delle due imprese è in possesso di una tecnologia. Le tecnologie sono tra loro sostitute. In questo gioco, L’Autore propone tre assetti contrattuali, caratterizzati da assenza di accordo di cross licensing, accordo di cross licensing con utilizzo delle rispettive tecnologie ed infine accordo di cross licensing in cui le imprese si accordano per non utilizzare le tecnologie acquisite. Attraverso lo scambio delle licenze d’uso, le imprese potrebbero rendere più stringente il loro comportamento collusivo, perché la minaccia diver- rebbe più credibile e severa: si dimostra che l’accordo in cui entrambe le imprese decidono di concedersi la licenza d’uso senza però utilizzare la tecnologia avversaria domina i due accordi precedenti. Bisogna comunque sottolineare come l’Autore perviene a questo risultato assumen- do che il cartello di licenze sottoscritte dalle due imprese preveda una royalty pari a 0. In questo contesto, si giustifica una delle assunzioni del modello per cui i profitti in equilibrio con la possibilità di diversificare i prodotti sarebbero inferiori a quelli derivanti dalla specializzazio- ne nella produzione. Non è chiaro, tuttavia, perché non si dovrebbe considerare la fissazione di una royalty diversa da 0 e valutare con questa l’impatto sui risultati del modello. L’Auto- re inoltre dimostra che questo tipo di accordo potrebbe realizzarsi anche in un contesto in cui
agiscono molte imprese, conclude quindi suggerendo che le autorità antitrust dovrebbero vieta- re l’accordo di cross licensing per se quando questo viene siglato per scambiare tecnologie in concorrenza29.
Abbiamo quindi visto che per valutare gli effetti di un accordo di licenza incrociata non si può prescindere dal valutare se le tecnologie coinvolte sono sostitute oppure complementari, oppure se le imprese producono prodotti sostituti o complementari. Se le tecnologie sono so- stitute l’accordo allentano la pressione competitiva, se invece sono complementari potrebbero avere degli effetti positivi sul benessere sociale. Quando, invece, due prodotti sono in rapporto di sostituzione tra di loro, a prescindere dalla natura delle tecnologie coinvolte nell’accordo, oc- corre valutare gli effetti con maggiore attenzione. È ciò che si indagherà nel modello presentato al capitolo 3.
Inoltre, quando le imprese sono in rapporto di concorrenza, la natura dei corrispettivi può avere un impatto sulla competitività dell’accordo (Regibeau e Xxxxxxx, 2011). È ciò che verrà approfondito nel paragrafo successivo.
2.2.2 La natura dei corrispettivi
Un altro aspetto che occorre considerare per la valutazione degli accordi di cross licensing riguarda la struttura dei corrispettivi adottati (Régibeau e Xxxxxxx, 2004). Nell’ambito degli accordi di licenza, i contratti con il solo utilizzo di royalties per unità di prodotto venduto sono quelli che si osservano di più nella pratica (circa la metà dei contratti di licenza totali), seguite dalle tariffe in due parti o accordi che prevedono forme più complicate (40%) e in ultimo i corrispettivi in forma fissa (10%) (Xxxxxx, 1991).
Le royalties per unità del bene finale ("per-unit royalties") sono corrisposte in funzione delle quantità di prodotti finali che includono la tecnologia protetta. Il motivo che giustifica l’utilizzo di questo tipo di corrispettivo risiede soprattutto nella funzione delle royalties di con- trollare l’utilizzo della tecnologia brevettata da parte del licenziatario, causando talvolta forme di dipendenza economica, oltre che tecnica (Campobasso, 2008). Inoltre, essendo corrisposte in funzione dei volumi di vendita tali corrispettivi aumentano il costo marginale del licenziatario.
29Nel caso "Siemens/Fenuc", ad esempio, le restrizioni territoriali imposte dall’accordo di cross licensing con- sentivano ai contraenti di poter mantenere una posizione di monopolio nei rispettivi mercati. In particolare, Siemens aveva il diritto esclusivo di poter vendere i computer per la gestione delle macchine utensili (UCN) della Fenuc, godendo del contratto di esclusiva per la commercializzazione. Si legge infatti che "Mediante gli accordi Siemens e Fanuc si erano de facto ripartite i mercati, con il risultato che nella CEE Siemens era il distributore esclusivo di UCN di Fanuc."(Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, n. L 376/29, p. 7, par. 21) e, di conseguenza, era in grado di vendere in esclusiva gli UCN a un prezzo pari a circa il 163% di quello con cui lo acquisiva dall’azienda giapponese Fenuc. Caso "Siemens/Fenuc", Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, n. L 376/29.
Quest’ultimo aspetto risulterà particolarmente cruciale ai fini dell’analisi antitrust, perché tale meccanismo potrebbe essere sfruttato per ottenere una collusione anticompetitiva30. Un inde- bolimento della concorrenza in presenza di un accordo di cross licensing è rilevata anche da (Regibeau e Xxxxxxx, 2011) quando affermano che "(...) as part of the cross licensing agree- ment, each party might be charging some form of variable royalty for its licensed property. This raises the rival’s cost and can move the firms towards a less competitive outcome." (Regibeau e Xxxxxxx 2011, p. 17). Gli Autori affermano che uno degli effetti delle royalties per unità di prodotto è il raggiungimento di un equilibrio meno competitivo, però non è chiaro perché si dovrebbe osservare anche il rising rival’s cost effect31, dal momento che, agendo sulla royalty comune (che pagano entrambi gli aderenti all’accordo), aumentano i costi di entrambi i soggetti che aderiscono all’accordo, e non solo quelli del rivale.
Si diceva che nella pratica si osservano anche royalties corrisposte in forma di tariffe in due parti: una quota viene determinata dalle royalties corrisposte sulla base dei volumi di vendita e una quota è costituita da una tariffa fissa. Nel loro articolo, Xxxx e Xxxxxxx (1985) studiano gli incentivi di un’impresa che detiene una tecnologia in grado di diminuire i costi di produzione a cederla in licenza. Gli Autori dimostrano che in un mercato duopolistico, attraverso l’adozione di reciproche tariffe in due parti, le imprese possono realizzare un accordo di licenza incrociata con il fine di colludere32. Nell’articolo di Xxxxxxxxx (2010) si dimostra che attraverso l’utilizzo di cross licensing tra imprese verticalmente integrate, che utilizzano le tariffe in due parti, si possano realizzare delle pratiche escludenti33.
Quando, in alcune circostanze, non sia possibile osservare volumi di produzione del licen- ziatario (oppure perché risulta difficile distinguere i prodotti che ricadono all’interno del con- tratto di licenza), i corrispettivi possono anche essere stabiliti nella forma di trasferimenti lump sum (Xxxx e Xxxxxxx, 1985). Al contrario delle royalties per unità di prodotto, i trasferimenti in forma fissa, non essendo corrisposti in base ai volumi di vendita, non incidono nei comporta- menti delle imprese (Régibeau e Xxxxxxx, 2004). Per questo motivo i contratti di cross licensing che dipendono esclusivamente dai trasferimenti in somma fissa non possono essere usati stra- tegicamente dalle imprese. Xxxxxxx (2001) sostiene infatti che i contratti che non prevedono il pagamento di royalties siano quelli maggiormente desiderabili.
30Sostengono Jeon e Xxxxxxxx a proposito dei corrispettivi applicati negli accordi di licenza incrociata che: "Mo- netary transfer, however, can be anticompetitive. More specifically, high per-unit royalties can allow firms to sustain high prices." (Lefouili e Xxxx 2015, p.1).
31Salop e Scheffman (si vedano Motta e Polo, p. 302).
32Se l’impresa con la tecnologia migliore induce la sua rivale a ridurre la pressione competitiva attraverso la corresponsione di una somma fissa, può pretendere delle royalties per unità di prodotto per innalzare il livello dei prezzi (o per ridurre la quantità prodotta) ed ottenere così un equilibrio di monopolio.
33L’articolo verrà illustrato in maniera più estesa poco in basso, al paragrafo 2.2.3.
2.2.3 Diversa struttura delle imprese coinvolte
Un altro aspetto che occorre considerare per valutare un accordo di cross licensing è la struttura delle imprese che operano all’interno dello stesso mercato. In particolare, le imprese possono essere collocate in differenti fasi della filiera del prodotto: esse possono essere specializzate nello sviluppo o nella produzione di un input, come per esempio un brevetto (a monte, mercato "upstream"), oppure essere attive nel mercato dell’offerta dei prodotti finali (a valle, mercato "downstream"). Le imprese verticalmente integrate comprendono entrambe le fasi.
Nel loro modello, Xxxxx-Farrar e Xxxxxxx (2010) dimostrano che quando all’interno dello stesso mercato competono imprese verticalmente integrate e imprese specializzate (a monte o a valle), gli accordi di cross licensing possono essere usati per discriminare i termini di licenza. Secondo gli Autori, questo scenario può essere osservato nei consorzi nei quali le imprese de- cidono lo standard34 di mercato da adottare fra le tecnologie disponibili, le cosiddette standard setting organizations, introdotte nel capitolo 1, al paragrafo 1.3. Consideriamo prima un con- fronto nel mercato tra imprese verticalmente integrate e imprese che agiscono nel solo mercato downstream. Le imprese verticalmente integrate stipulano un accordo di cross licensing, non specifichiamo per il momento se le tecnologie scambiate sono complementari o sostitute. Non potendo stipulare alcun accordo di licenza incrociata, le imprese a valle accedono alla tecnolo- gia necessaria per produrre attraverso un contratto di licenza. Come già detto al paragrafo 2.2.1, nel considerare l’importo del corrispettivo, le imprese verticalmente integrate fissano il livel- lo delle royalty ottimale in modo da massimizzare i profitti congiunti. Xxxxx-Xxxxxx e Xxxxxxx (2010) affermano che la royalty che le imprese verticalmente integrate fissano nei confronti del- le imprese downstream è più alta rispetto a quella concordata nell’accordo di cross licensing, e ciò è in parte dovuto al fatto che le imprese manifatturiere a valle non hanno brevetti da poter inserire nell’accordo, e in parte perché le imprese verticalmente integrate intendono discrimina- re i termini di licenza nei confronti delle imprese rivali a valle. L’effetto sul prezzo della licenza dipende dalla natura delle tecnologie che servono per realizzare il prodotto finale.
Se nell’accordo di cross licensing fossero scambiate tecnologie sostitute, le imprese ma- nifatturiere per produrre avrebbero bisogno di una sola tecnologia e dovrebbero siglare solo un contratto di licenza. Se le tecnologie fossero complementari, per cui è necessario un loro utilizzo congiunto per realizzare il prodotto finale, le imprese a valle subirebbero anche gli ef- fetti del problema dei complementi, perché dovrebbero stipulare due licenze per accedere alle tecnologie necessarie per produrre.
34Uno standard è "un formato, un’interfaccia o un sistema che permette l’interoperabilità" (Grant e Xxxxxx 2013,
p. 242) tra i prodotti.
In questo modo, le imprese manifatturiere si troverebbero svantaggiate nel mercato a valle rispetto alle imprese verticalmente integrate, ma ciò non implica necessariamente un comporta- mento scorretto da parte delle imprese verticalmente integrate.
Si consideri ora un confronto sul mercato tra imprese verticalmente integrate e imprese presenti nel solo mercato a monte. Le imprese presenti nel solo mercato a monte operano nel mercato dello sviluppo di nuove tecnologie, in altre parole realizzano i loro profitti solo dalla concessione di licenze dei loro brevetti. Al contrario, le imprese verticalmente integrate realiz- zano profitti sia nel mercato delle tecnologie a monte, sia nel mercato dei prodotti finali, che di tali tecnologie sono dotati. Affermano Xxxxx-Farrar e Xxxxxxx (2010) che le imprese a monte contano esclusivamente sui profitti realizzati dalla vendita delle licenze, e sono quindi costret- te a massimizzare i profitti nel mercato a monte; le imprese integrate, invece, possono anche realizzare minori profitti a monte perché possono poi recuperare i minori profitti praticando un prezzo più alto nel mercato dei prodotti finali. Pertanto, le royalties applicate dalle impre- se non integrate ai licenziatari possono essere più alte rispetto a quelle fissate dalle imprese verticalmente integrate in un accordo di cross licensing.
Anche Xxxxxxxxx (2010) mette a confronto le strategie adottate da imprese verticalmente in- tegrate e imprese presenti solo in una fase del mercato. In particolare, l’Autore indaga il proces- so decisionale che si svolge all’interno dei consorzi per l’adozione degli standard tecnologici (SSOs). Ci sono due imprese verticalmente integrate e un’impresa presente solo nel mercato delle tecnologie a monte che possiede una tecnologia migliore delle imprese verticalmente in- tegrate. Attraverso la stipula di accordi di cross licensing, le imprese verticalmente integrate possono alleggerire la pressione competitiva per impedire l’adozione della tecnologia qualita- tivamente superiore appartenente all’impresa presente solo nel mercato a monte, creando una "barriera all’ingresso" e realizzando così un equilibrio inefficiente.
Quindi la differente struttura delle imprese può essere un elemento che può facilitare il ricorso a una pratica scorretta. Cosa si può dire, invece, a proposito del confronto tra imprese verticalmente integrate? È possibile osservare un comportamento escludente da parte di imprese che stipulano accordi di cross licensing?
Attraverso lo sviluppo di un modello teorico al capitolo 3 cercheremo di indagare la possi- bilità di creare una barriera all’ingresso mediante licenze incrociate, al paragrafo 3.3.
2.2.4 Imprese che operano in mercati differenti
In Régibeau e Xxxxxxx (2004) si illustra in che modo gli accordi di licenza d’uso di brevetti possono essere utilizzati per mettere in atto pratiche collusive, in particolare quando le imprese non competono nel medesimo mercato. Prima si è detto che, quando le imprese si trovano in relazione orizzontale e quindi competono in maniera molto accesa attraverso l’utilizzo di tecnologie sostitute possono creare delle preoccupazioni da un punto di vista antitrust. In realtà, vi sono motivi per temere di condotte collusive messe in atto anche da imprese che non operano nello stesso mercato.
Si consideri ad esempio il caso in cui due imprese detengano ciascuna il proprio brevetto e operino in due distinti mercati. Se una delle due minacciasse l’altra di invadere l’altrui mercato sviluppando un proprio brevetto, la risposta dell’impresa minacciata potrebbe rivelarsi troppo lenta: entrambe proverebbero a sviluppare un brevetto che consentirebbe loro di aggredire il mercato dell’altra e alla fine si arriverebbe a un equilibrio con una competizione sui prezzi in entrambi i mercati. Se invece le imprese stringessero un accordo di licenza incrociata preveden- do il reciproco scambio di tecnologie, esse potrebbero ricorrere al brevetto ottenuto dall’altra per aggredirsi a vicenda. In questo modo, la minaccia risulterebbe molto credibile, la punizione si rivelerebbe più dura, e pertanto gli aderenti all’accordo sarebbero incentivati a mantenersi nel proprio mercato.
Il ricorso all’accordo di cross licensing risulterebbe così strumentale a rendere più credibile e severa la minaccia di invasione del mercato della rivale, facilitando così una collusione tacita: di fatto le imprese agiscono in maniera indipendente e non vi è un coordinamento esplicito, ma l’effetto è le imprese si ripartiscono i mercati. Questa forma di collusione tacita potrebbe essere rivelata da due indizi: prima di tutto il fatto che due imprese decidano di concedere in licenza le proprie tecnologie nonostante esse operino in due mercati differenti; la seconda caratteristica in questo tipo di accordi è che entrambe le imprese non utilizzano, di fatto, le tecnologie dell’altra per competere nel mercato della rivale.
Come si è visto, la presenza o meno in differenti mercati non preclude comunque la possibi- lità per le imprese di creare le condizioni per attuare delle condotte anticompetitive. Possiamo concludere quindi che la presenza all’interno dello stesso mercato può rappresentare un utile indizio per approfondire altri elementi esteriori, ma non è comunque escluso che la condotta collusiva sia attuata attraverso differenti mercati.
2.3 Cross licensing come strumento transattivo
Spesso gli accordi di licenza sono sottoscritti al termine di lunghi contenziosi che riguardano la validità dei rispettivi brevetti, come accordi transattivi, da parte di imprese detentrici di grandi portafogli di brevetti35.
In un interessante lavoro, Xxxx (2010) analizza gli incentivi a formare patent pool e stringere accordi di cross licensing considerando l’incerta validità dei brevetti. Il contesto è caratterizzato da cumulatività36 delle tecnologie, in cui due imprese detengono la propria tecnologia, la A e la
B. Se ad esempio la tecnologia B si fonda sulla tecnologia A, ma quest’ultima da sola non ha valore, c’è la possibilità che entrambe le imprese cerchino di dimostrare l’invalidità del brevetto dell’altra attraverso il ricorso a un contenzioso. In particolare, viene studiata la desiderabilità sociale degli accordi realizzati prima del contenzioso con quelli realizzati dopo, al termine della disputa. Attraverso lo sviluppo del suo modello, l’Autore dimostra la desiderabilità sociale degli accordi includenti tecnologie complementari, tuttavia potrebbe anche realizzarsi un equilibrio in cui un accordo realizzato senza ricorrere al contenzioso può includere tecnologie di basso valore o invalide, e peggiorando così il benessere sociale totale.
Ciò è inoltre confermato dall’articolo di Xxxxxxx e Xxxxxxx (1997), in cui si dice che gli accordi determinati in seguito a dispute giudiziarie con licenze reciproche di brevetti sostituti possono anche essere realizzati attraverso clausole di esclusiva territoriale tali da garantire a ciascuno dei contraenti maggior potere di mercato. Secondo Xxxx (2010) e Xxxxxxx (2003), inoltre, la quasi totalità delle dispute si risolverebbe attraverso il ricorso a tali accordi, quindi i procedimenti giudiziali sono spesso spesso evitati per via dell’oneroso dispendio di risorse che spesso comportano37.
2.4 Cross licensing agreements ed efficienza dinamica
Un’altra questione messa in risalto nel rapporto di Xxxxxxxx e Xxxxxxx (2011) e che non sono ancora del tutto chiari riguarda gli effetti dei contratti di cross licensing sull’efficienza dinamica, ovvero sull’incentivo che le imprese hanno ad investire in attività innovativa (Motta e Polo, 2005). Ci si potrebbe chiedere: gli accordi di cross licensing stimolano l’efficienza dinamica?
35Department of Justice and Federal Trade Commission (2007).
36Per cumulatività s’intende che una tecnologia non può essere sviluppata o migliorata senza l’accesso alla tecnologia "di base".
37Riporta Xxxx (2010) che i costi per un processo sono di circa 1 miliardo di dollari per la prima fase di
accertamento della validità dei brevetti e di circa 2 miliardi per i ricorsi in appello.
Per rispondere, bisogna distinguere tra ex ante ed ex post cross licensing agreements. Con i primi s’intendono gli accordi in base ai quali due imprese stabiliscono di concedersi reciproca- mente le licenze sulle future innovazioni da parte di entrambe, mentre i secondi si riferiscono al caso in cui l’innovazione è stata sviluppata (a prescindere se il brevetto sia stato rilasciato o meno).
Nel caso degli ex ante cross licensing agreements, potremmo chiederci: se le imprese sanno che nel periodo successivo potranno contare sul contratto di cross licensing per accedere alle tecnologie necessarie, saranno incentivate ad investire in ricerca per sviluppare internamente in- novazioni? Gli accordi di licenza incrociata possono prevedere una clausola riferita ai brevetti di futura emissione38, e sono stati accostati a un altro tipo di accordi orizzontali, le joint venture di ricerca ("research joint venture"). Regibeau e Xxxxxxx (2011) ritengono che il trattamento riser- vato agli ex ante cross licensing agreements sia più concessivo rispetto a quello delineato nelle linee guida degli accordi orizzontali per le RJV. Mentre infatti le RJV presentano delle sinergie che gli accordi di licenza non hanno (la costituzione di un’unica entità consente di razionaliz- zare gli investimenti di due imprese), i rischi per la concorrenza che da queste collaborazioni possono derivare sono comparabili a quelli degli accordi di cross licensing.
Si sono quindi delineate le principali questioni riguardanti le licenze incrociate che xxxxxx- dono ancora ulteriore analisi ai fini della pratica antitrust. Nel prosieguo si presenteranno le norme e le linee guida con cui le autorità europee e americane disciplinano i trasferimenti dei brevetti. Nel prossimo paragrafo, in particolare, si illustreranno le linee di intervento suggeri- te dalla Commissione Europea, che rappresenta l’autorità garante nel territorio dell’Unione, e quelle della Federal Trade Commission, autorità antitrust americana.
2.5 Normativa
In questo paragrafo si introdurranno le modalità di valutazione degli accordi che comportano il trasferimento delle tecnologie attraverso la pratica antitrust europea ed americana. Occorre sottolineare che lo studio dei meccanismi alla base degli accordi di cui la teoria economica si serve per spiegare l’insorgere delle pratiche collusive è spesso difficile da tradurre in un contesto pratico: ossia, quali dovrebbero essere gli elementi esteriori, gli standards of proof
38Questa clausola è definita "grant-back". Una clausola di grant-back all’interno di un contatto di licenza obbliga almeno una delle due parti a cedere in licenza un brevetto di futura emissione. Più in generale, se la clausola è prevista per entrambe le imprese, è un ex ante accordo di cross licensing. Le clausole di grant-back possono ridurre l’incentivo ad innovare (Xxxxxxx, 2001).
che ci consentono di individuare una pratica scorretta? La normativa antitrust tenta quindi di conciliare la teoria economica con alcune situazioni reali.
Come è stato già accennato, le pratiche anticompetitive cui spesso sono ricondotti gli ac- cordi di licenza rientrano all’interno della fattispecie rientranti nell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e la sezione §1 dello Sherman Act. L’applicazione di que- ste due fonti avviene attraverso degli specifici regolamenti e linee guida. Xxxxxxxx chiederci qual è la relazione che lega i contraenti di un accordo di licenza incrociata. Si tratta di accor- di "verticali", in quanto possono intervenire tra imprese poste a differenti livelli della filiera? Oppure si tratta di accordi orizzontali, in quanto possono realizzarsi tra competitor dello stesso mercato, per esempio tra due imprese verticalmente integrate? Nel paragrafo 2.5.2 chiariremo questo aspetto.
2.5.1 Legislazione comunitaria
Dal momento che la collaborazione tra imprese nei settori altamente tecnologici riveste un ruolo decisivo ai fini delle attuali economie, un contesto normativo che consenta di coniugare efficace- mente regole della concorrenza e la difesa della proprietà intellettuale è altamente auspicabile. Le attuali normative europee regolano la materia dei trasferimenti tecnologici con norme spe- ciali che si basano su due presupposti: quello di incentivare lo scambio di tecnologie essenziali per la produzione e quello di favorire l’utilizzo dei contratti di licenza per correggere alcune inefficienze legate alla proliferazione delle innovazioni da parte di soggetti diversi39.
La principale fonte normativa che disciplina i trasferimenti di tecnologie è il regolamen- to (UE) n. 316/2014 della Commissione del 21 marzo 2014, che consente di accedere a una disciplina agevolata, quella dell’articolo 101, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento del- l’Unione Europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia ("RECTT") che garan- tisce l’esenzione dall’applicazione dell’art. 101, paragrafo 1 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea40, quindi per le pratiche restrittive della concorrenza. L’applicazione del RECTT è inoltre agevolata dalle indicazioni contenute all’interno delle linee guida redatte dalla Commissione Europea41. Il RECTT esenta dall’applicazione dell’art. 101(1) TFUE gli accordi tra due imprese che hanno ad oggetto gli "accordi per i trasferimenti di tecnologia". Con que-
39Frignani e Xxxxxxxx (2016).
40Di seguito indicato con "TFUE". L’art. 101 paragrafo 1 del TFUE vieta gli accordi (orizzontali e verticali) che possono impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza e interviene per le pratiche tra Stati dell’Unione (o nelle pratiche in cui è coinvolto un soggetto dell’Unione).
41"Commissione Europea, 2014. Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funziona-
mento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia" del 28 marzo 2014, n. C 89/3, di qui in poi "linee guida UE".
sto termine di definiscono i contratti di licenza con cui vengono concessi diritti tecnologici a un licenziatario oppure la cessione di diritti tecnologici tra due imprese42, delinea il cosiddet- to "safe harbour" (Frignani e Granieri, 2016). L’articolo 3 restringe la categoria degli accordi esentati tra imprese la cui quota di mercato complessivamente non superi una soglia del 20% se avvengono tra imprese concorrenti e la soglia del 30% se sono stipulati tra imprese non concorrenti43. Nell’art. 4 vengono inoltre elencate una serie di restrizioni che fanno ricadere alcuni accordi fuori dal "safe harbour", che riguardano una serie di pratiche considerate vieta- te per se e che riguardano la limitazione dei prodotti, la fissazione o la divisione dei mercati. Per chiarire l’applicazione di queste pratiche considerate in ogni caso al di fuori dall’ambito di protezione del RECTT, le linee guida forniscono dei chiarimenti riguardo all’estensione delle pratiche considerate sospette e pertanto non meritevoli di protezione. In particolare, si legge che "Quando le royalties sono calcolate sulla base delle vendite dei singoli prodotti (...) imprese concorrenti possono utilizzare la concessione reciproca di licenze con pagamento reciproco di royalties come uno strumento di coordinamento e/o aumento dei prezzi sui mercati del prodotto a valle. Tuttavia, la Commissione considererà le licenze reciproche con pagamento reciproco delle royalties come equivalenti alla fissazione dei prezzi solo quando l’accordo è privo di ogni finalità favorevole alla concorrenza e non costituisce pertanto un autentico accordo di licenza (...)"44.
Come si è detto in precedenza nel capitolo, gli accordi tra imprese verticalmente integra- te possono presentare delle caratteristiche strutturali che possono creare delle distorsioni nei comportamenti delle imprese, in base al complements effect e al reciproco innalzamento di co- sto dei rivali. Come detto, però, non è sufficiente che vi siano questi effetti a determinare la portata anticompetitiva dell’accordo, perché in genere lo scambio di tecnologie complementa- ri conduce a un livello dei prezzi più basso. Secondo Xxxxxxxx e Xxxxxxx (2011), si dovrebbe confrontare il corrispettivo applicato con il guadagno ottenuto dalle parti (che potrà esprimersi attraverso un risparmio di costo oppure attraverso un aumento della qualità del prodotto). Tale approccio riflette la disposizione contenuta all’interno delle linee guida, secondo le quali "Nei casi che non beneficiano dell’esenzione45 per categoria, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato può essere applicabile quando i concorrenti si concedono reciprocamente licenze imponendo il pagamento di royalties chiaramente sproporzionate rispetto al valore di mercato della licenza
42Da art.1, c.1, lett.c) del RECTT.
43Occorre rilevare che nei loro lavori Jeon e Xxxxxxxx (2015) e Xxxxxxx (1994) dimostrano che gli accordi restrittivi della concorrenza possono realizzarsi a prescindere dal numero di imprese presenti e dalla quota detenuta sul mercato rilevante
44Linee guida UE, n.100.
45In base alla percentuale della quota di mercato stabilite nell’art. 3 del RECTT, nota aggiunta.
e tali da produrre un impatto significativo sui prezzi del mercato in oggetto"46. L’applicazione di questo criterio si basa su una valutazione che deve bilanciare gli effetti procompetitivi con quelli invece indeboliscono la concorrenza e possono essere utilizzati per fissare i prezzi.
2.5.2 Normativa americana
Le principali regole che normano le restrizioni di mercato sono la Sezione 1 dello Sherman Act (15 U.S.C. § 1). Data la vasta portata di questa normativa, come nell’Unione Europea, ne- gli ultimi decenni le autorità garanti della concorrenza hanno emanato diversi documenti che inquadrano in maniera più specifica le fattispecie che possono essere sanzionate, come le IP Guidelines, Business Review Letters e report congiunti da parte delle autorità (Xxxxxxx, 2011). In particolare, risale al 1995 l’emissione delle Antitrust Guidelines for the Licensing of Intel- lectual Property47. L’enforcement è affidato alle principali autorità in materia di concorrenza, la FTC e il DOJ48.
Gli accordi di cross licensing sono generalmente considerati procompetitivi dalle autorità della concorrenza, perché stimolano l’utilizzo efficiente della proprietà intellettuale tra i deten- tori di tecnologie complementari, oltre che a consentire di promuovere l’attività innovativa49. Xxxxx-Xxxxxx e Xxxxxxx (2010) confermano che le autorità americane assumono un atteggia- mento più sospettoso nei confronti dei pool di brevetti piuttosto che verso gli accordi di licen- za incrociata bilaterali, con cui dimostrano un approccio tendenzialmente concessivo, pur non essendoci molte differenze economiche tra i due tipi di accordo.
Vi sono delle circostanze, però, in cui questi accordi possono anche consentire la fissazio- ne dei prezzi, la riduzione delle quantità prodotte, oppure, come è stato detto in precedenza, disincentivare l’innovazione50. Quando infatti, questi accordi sono utilizzati con il solo scopo di fissare i prezzi o per mettere in atto una divisione dei mercati, tali pratiche sono condannate dall’autorità per se.
Il criterio che viene seguito dalle autorità risulta in sintesi basato su un criterio che consenta di bilanciare gli effetti positivi e anticompetitvi degli accordi (principio della rule of reason51). Si stabilisce infatti nel quadro di riferimento iniziale per la valutazione degli accordi di licen-
46Linee guida UE, 4.2.1 n.186.
47US Department of Justice e Federal Trade Commission, 1995. Antitrust Guidelines for the Licensing of Intellectual Property. Di qui in poi, "linee guida US".
48La Federal Trade Commission è un’agenzia indipendente che si occupa di applicare la normativa sulla
concorrenza di concerto con il Dipartimento di Giustizia (DOJ) (Motta e Polo, 2005).
49Si veda a questo proposito Department of Justice and Federal Trade Commission (1995), paragrafi 2.3 e 5.5 e Department of Justice and Federal Trade Commission (2007).
50Department of Justice and Federal Trade Commission (1995), par. 5.5.
51Department of Justice and Federal Trade Commission (2007), capitolo 3, sez. II - C.
za: "In the vast majority of cases, restraints in intellectual property licensing arrangements are evaluated under the rule of reason"52.
Abbiamo visto, inoltre, nel paragrafo 2.1.2, che le barriere all’entrata possono essere dispo- ste sia tra imprese in relazione orizzontale che verticale. Ma come valutare la relazione che lega due imprese che siglano un accordo di licenza incrociata?
A questo proposito risulta utile richiamare il criterio che consente di distinguere se tra le imprese vi è una relazione verticale oppure orizzontale53. Compito dell’autorità è quello di esa- minare prima di tutto se un accordo di licenza che coinvolge lo scambio di tecnologie presenta degli aspetti tali da ricondurlo alle restrizioni verticali, orizzontali o presentare persino le ca- ratteristiche di entrambe le tipologie. In buona sostanza, due soggetti si trovano in "relazione verticale" quando le loro attività possono considerarsi complementari fra di loro (ad esempio, fra un soggetto impegnato nelle attività di R&S e un soggetto che usa la tecnologia sviluppata a monte nei propri prodotti).
Due soggetti si considerano, invece, in "relazione orizzontale" se in assenza dell’accordo, sarebbero stati in una posizione di effettiva o potenziale concorrenza. Lo stesso criterio è utiliz- zato dalle autorità antitrust europee54. Ne consegue che gli accordi di licenza incrociata devono essere valutati caso per caso, individuando la relazione che lega i soggetti contraenti.
Possiamo concludere che l’approccio delle autorità americane risulta basata soprattutto su una valutazione fondata sulla rule of reason. Lo scambio di tecnologie complementari è in ge- nere considerato positivamente, perché possono avere effetti procompetitivi e consentono la diffusione di tecnologie tra le imprese. Tuttavia, gli accordi di natura orizzontale tra impre- se con quote di mercato eccessivamente alte vanno valutati con attenzione. Gli effetti positi- vi sul benessere sociale devono essere adeguatamente compensati con quelli restrittivi della concorrenza.
In ambito europeo, invece, l’autorità antitrust europea si concentra maggiormente sull’en- tità delle quote di mercato detenuta dalle parti (criterio applicato anche negli Stati Uniti), a prescindere dalla natura delle tecnologie coinvolte, anche se, per essere esentate dall’applica- zione dell’art. 101 TFUE, è sufficiente che le quote di mercato rientrino all’interno della soglia. Se le quote di mercato risultano eccessivamente alte, si ricorre a criteri di valutazione molto espliciti, come la natura delle tecnologie coinvolte e delle royalties applicate nell’accordo, che devono essere confrontate con il valore della licenza. Tutto sommato i criteri applicati da parte
52Department of Justice and Federal Trade Commission (1995), p.16.
53Department of Justice and Federal Trade Commission (1995), par. 3.3.
54Commissione Europea (2014), par. 2.4 n. 28.
delle autorità possono considerarsi sostanzialmente simili e basati sulla ponderazione tra effetti potenzialmente anticompetitivi ed effetti positivi.
In questo capitolo si sono introdotti gli strumenti economici e normativi che ci consentono di valutare gli accordi di licenza incrociata. Abbiamo visto che l’utilità generata da questo tipo di contratti normalmente non solleva particolari preoccupazioni di natura antitrust.
Ciononostante, abbiamo anche visto che, in presenza di determinate condizioni, dovute al- la natura delle tecnologie scambiate, alla struttura del mercato o delle imprese, gli accordi di cross licensing possono essere utilizzati come strumento collusivo o per creare una barriera all’accesso nei confronti delle altre imprese.
Anche se normalmente le autorità non hanno motivo di preoccuparsi quando vengono in- cluse tecnologie complementari, esiste tuttavia lo spazio affinché si creino le condizioni che necessitano di un’analisi più approfondita. In particolare, l’obiettivo della ricerca consiste nel- l’individuare se e in quali circostanze l’accordo di cross licensing con lo scambio di tecnologie complementari con l’utilizzo di corrispettivi legati ai volumi di vendita possono condurre a equilibri collusivi.
Il modello introdotto nel successivo capitolo intende indagare delle fattispecie che possono dar seguito a comportamenti collusivi e a pratiche di chiusura all’accesso del mercato.
Capitolo 3
Un modello di licensing tra imprese
Introduzione
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, nonostante costituiscano una soluzione ottimale per trasferire tecnologie e diminuire i costi di transazione, i contratti di licenza incrociata pre- sentano anche degli aspetti critici dal punto di vista della desiderabilità sociale. Si ricordi infatti che questi accordi rappresentano un modo con cui le imprese collaborano, quindi potrebbero essere utilizzati sia con finalità collusive per tenere alti i prezzi, sia per ostacolare l’ingresso nel mercato di un potenziale rivale.
Scopo di questo capitolo è sviluppare un modello1 teorico con cui cercheremo di approfon- dire questi due aspetti.
3.1 Un modello di cross licensing agreement con innovazioni complementari
Per introdurre il modello, si considerino due imprese A e B che competono à la Xxxxxxx. En- trambe le imprese hanno sviluppato un’innovazione di processo2 che consiste in una tecnologia che permette loro di ridurre i rispettivi costi marginali. Le innovazioni sono protette da due bre- vetti: alfa è il brevetto che protegge l’innovazione di A e beta è il brevetto detenuto dall’impresa B.
1Il modello trae spunto da quello di modello sviluppato da Xxxxxx e Manenti (2014) per gli accordi di cross licensing.
2Come è stato rilevato anche da Xxxxxxxx e altri (1998), l’assunzione dell’innovazione di processo consen-
te di concentrare l’attenzione sulla funzione di costo marginale; l’innovazione di prodotto comporta invece un cambiamento della funzione di domanda relativa al prodotto finale che, in questo caso, rimane uguale.
45
Le due innovazioni di processo consentono a entrambe le imprese di abbattere i costi mar- ginali di produzione, migliorando la tecnologia fino a quel momento disponibile. Le due tec- nologie sono inoltre complementari, in quanto un loro utilizzo congiunto permette un ulteriore abbattimento dei costi di produzione. Esse tuttavia non risultano essenziali, poiché entrambe le imprese sarebbero comunque in grado di compiere il processo produttivo senza accedere all’in- novazione della rivale. La complementarietà delle innovazioni crea l’opportunità per accordi di trasferimento tecnologico, dal momento che ciascuna delle due imprese può acquistare il diritto di utilizzare la tecnologia dell’altra per ottenere un miglioramento dei propri costi marginali.
Il gioco Il gioco prevede due stadi:
i
t0 A e B entrano in contatto e negoziano un contratto di licenza incrociata. Se il contratto è sottoscritto, ciascuna impresa ottiene il permesso di utilizzare la tecnologia dell’altra dietro pagamento di una licenza concordata tra le parti e il gioco finisce. Indichiamo con πCL con i = A, B i profitti dell’impresa i in questo caso.
i
i
i
t1 Se il contratto di cross licensing non viene sottoscritto, allora rimane aperta la possibilità per entrambe le imprese di negoziare un semplice contratto di licenza (non incrociata) con cui le due imprese offrono all’altra il permesso di utilizzare la propria tecnologia. Questo sottogioco può essere rappresentato come un gioco simultaneo in cui A e B decidono se offrire alla rivale la licenza d’uso della propria tecnologia o meno. Indichiamo con πLL con i = A, B il caso in cui entrambe le imprese ottengono il permesso di utilizzare le rispettive tecnologie, con πLN con i = A, B i profitti dell’impresa i quando B ottiene il permesso di usare la tecnologia di A ma A non ottiene il permesso, con πNL con i = A, B i profitti dell’impresa i quando A ottiene il permesso di usare la tecnologia di B ma B non
i
ottiene il permesso, e con πNN con i = A, B il caso in cui nessuna delle due imprese
ottiene il permesso di utilizzare la tecnologia dell’altra.
Il gioco (rappresentato in Figura 3.1) viene risolto mediante induzione a ritroso. In questo modello si assume che i contratti di licenza prevedano pagamenti in forma di "royalty", ossia viene corrisposta una somma per ogni unità di output prodotto3. In base allo schema del gioco, due sono le tipologie di accordo che dobbiamo considerare:
a) Accordo di cross licensing. Le imprese si concedono a vicenda accesso alle rispettive innovazioni dietro il pagamento di una royalty (per-unit payment) r fissata in modo coo- perativo; formalmente, si assume che r viene deciso da A e B in modo da massimizzare
3I risultati ottenuti attraverso modello sono limitati all’utilizzo delle royalties per unità di prodotto.
3.1. UN MODELLO DI CROSS LICENSING AGREEMENT CON INNOVAZIONI COMPLEMENTARI4
πCL, πCL
A B
Cross
Licensing
πLL, πLL
Licensing
A B
B
B
A, B
No licensing
No Cross
Licensing
Licensing
πLN, πLN
A B
A
Licensing
πNL, πNL
No licensing
A B
No licensing
πNN, πNN
A B
Figura 3.1: Albero del gioco la funzione dei profitti congiunti:
r = argmax{Πi,j = πi(r) + πj(r)} i, j = A, B;
b) Accordi di licensing. Le imprese stipulano accordi di licenza indipendenti coi quali l’im- presa i concede a j il permesso all’uso della sua tecnologia dietro una royalty ri; in questo caso la royalty viene determinata autonomamente da ciascuna impresa in modo da massimizzare i propri profitti. Formalmente:
ri = argmax{πi} i = A, B.
Le funzioni di domanda Come detto, A e B competono sullo stesso mercato. La funzione di domanda inversa è:
pi(qi, qj) = 1 − qi − gqj i, j = A, B (3.1)
con g che rappresenta il grado di sostituibilità tra i prodotti delle due imprese. In particolare, per g = 1 i prodotti finali sono perfetti sostituti, per g < 1 sono differenziati. Si noti, di conseguenza, che:
• g = 0 rappresenta il caso in cui le due imprese non sono in concorrenza;
• g = 1 rappresenta il caso di massima concorrenza fra le imprese.
I costi di produzione Le funzioni di costo sono molto importanti ai fini della nostra analisi. Sia MCi = c < 1 il costo marginale per la produzione del bene, che le imprese devono sostenere
se utilizzano la tecnologia corrente (ossia quella precedente all’introduzione delle innovazioni di processo). Grazie alle innovazioni ottenute, A (risp. B) è in grado di ridurre i costi marginali a cα (risp. cβ). Quindi le funzioni di costo delle imprese, date le rispettive tecnologie e prima di valutare la stipula del contratto di licenza, sono:
MCA = cα (3.2)
MCB = cβ (3.3)
con α, β ∈ (0, 1) che rappresentano il grado di efficienza tecnologica ottenuta con l’utilizzo dei brevetti: più bassi sono α e β, maggiore è l’efficienza ottenuta attraverso le innovazioni di processo. Per α, β = 1, l’efficienza tecnologica ottenuta attraverso il brevetto è nulla. In altre parole, α e β indicano il "valore" del brevetto. Le due tecnologie sono complementari; le due imprese possono infatti ridurre ulteriormente i loro costi di produzione nel caso utilizzino nel proprio processo produttivo anche l’innovazione della rivale. Ciò può essere ottenuto attraverso un contratto di licenza o attraverso licenze incrociate. Nel caso i utilizzi l’innovazione della rivale, il suo costo marginale diviene:
MCi = cαβ con i = A, B. (3.4)
Per capire l’applicabilità del modello, si pensi a un semplice esempio con due imprese operanti nell’industria automobilistica. L’impresa A ha recentemente brevettato un sistema ottico, pre- sente nella catena di montaggio, con cui vengono rilevati, con notevole precisione, eventuali difetti nelle parti della carrozzeria prima di essere assemblati. Questo sistema, oltre ad assicu- rare la massima accuratezza nel controllo, consente l’istantanea trasmissione dei dati dei pezzi difettati lungo tutte le altre fasi del montaggio. Ciò si traduce in un notevole risparmio di tempo per la registrazione dei dati e, di conseguenza, di costo; l’impresa B ha brevettato un sistema costituito da sensori montati nei robot e nelle attrezzature in grado di misurarne il consumo energetico e inviare i dati a un software per l’elaborazione, al fine di ottimizzare il livello dei consumi energetici in tutte le fabbriche. Tale sistema consente di ottenere consistenti risparmi di costo di energia elettrica utilizzata nelle fabbriche di B4.
4Gli esempi sono tratti da McCandless (2015), in cui vengono illustrati i più recenti sviluppi di ciò che è stata definita "Industria 4.0" e i progetti interni della casa automobilistica BMW con cui si ottimizzano i costi di produzione.
3.2 L’equilibrio del gioco
Come detto, il gioco si risolve per induzione a ritroso. Partiamo dunque dal determinare l’equi- librio di Xxxx nel sottogioco in t1; questo sottogioco può essere rappresentato attraverso una matrice, come segue:
Impresa B
Licenza No Licenza
Impresa A
Licenza
πLL, πLL A B | πLN , πLN A B |
πNL, πNL A B | πNN , πNN A B |
No Licenza
Ciascuna impresa deve decidere se offrire (e a quali condizioni) o meno un accordo per trasferire l’innovazione alla rivale. Per trovare l’equilibrio di Xxxx nel il sottogioco, è necessario determinare i profitti delle imprese nei vari possibili scenari.
Si analizzano quindi tre scenari:
• L’impresa i cede la licenza a j; in questo caso, j paga una royalty fissata da i (ri =
argmax{πi}) e utilizza l’innovazione di i, con i, j = A, B;
• Nessun accordo tra le parti. Ciascuna delle due imprese utilizza esclusivamente la propria tecnologia;
• L’impresa i concede la licenza all’impresa j, ma non viceversa; in questo caso, j paga una royalty fissata da i e utilizza l’innovazione di i, mentre i non utilizza l’innovazione di j, con i, j = A, B.
Si procede quindi ad analizzare gli equilibri che caratterizzano le diverse configurazioni con- trattuali introdotte.
3.2.1 Profitti delle imprese con accordi di licenza
Si consideri ora il caso in cui tanto A che B offrono le proprie tecnologie alla rivale con semplici accordi di licenza. Nel caso in cui entrambe le imprese si concedano la licenza, la funzione di
costo delle imprese è MCi = cαβ con α, β ∈ (0, 1). Data la funzione di domanda inversa, la funzione di profitto è costituita da:
πi(qi, ri) = (1 − qi − gqj − cαβ − rj)qi + riqj i, j = A, B. (3.5)
Dunque l’impresa i riceve una somma corrispondente a riqj da j per l’uso della sua tecnologia, ma deve pagare a j la somma rjqi perché incorpora la tecnologia di quest’ultima nel proprio processo produttivo. Qui e in tutti gli altri casi assumiamo che le royalties vengano fissate pri- ma dalle imprese e solo dopo queste competano. Risolviamo prima la fase della competizione, quando le royalties rA e rB sono date. Data la funzione (3.5), si risolve il sistema delle condi- zioni del primo ordine dπi(qi, ri)/dqi = 0 con i = A, B, ottenendo così l’output di Xxxxxxx date le royalties:
q (r , r ) = 2(1 − rj) − cαβ (2 − g) − g(1 − ri)
i, j = A, B. (3.6)
i i j
4 − g2
Inserendo questa espressione nella funzione (3.5) possiamo trovare la funzione di profitto data la royalty. La funzione così ottenuta è concava rispetto a ri. Si procede così a individuare i valori di ri che massimizzano i profitti delle imprese:
ri = argmax{πi} con i = A, B.
Risolvendo il sistema di condizioni di primo ordine, dπi(ri)/dri = 0 e risolvendo rispetto a ri
si ottiene:
ri =
g3(1 cαβ + r ) + 4g2(cαβ + 1) + 8(1 cαβ)
− −j
con i, j = A, B (3.7)
16 − 6g2
Risolvendo il sistema dato, si ottiene la royalty di equilibrio, ossia:
i
rLL =
(4 g2 2g)(1 cαβ)
− − −
i = A, B. (3.8)
8 − g2 + 4g
In cui l’apice LL ricorda che siamo nel caso in cui entrambe le imprese decidono di cedersi in licenza i brevetti delle rispettive tecnologie. Si può verificare che la misura del canone risulta positiva per g ∈ [0, 1]. Sostituendo nelle funzioni di quantità, prezzo e profitto, si ottengono:
i
qLL = 2 (1 − cαβ)
(3.9)
8 − g2 + 4g
i
pLL =
LL
2(g + 3) + 2c αβ(g + 1) − g2 (3.10)
8 − g2 + 4g
2 (6 − g2 + 2g)(1 − c αβ)2
con i = A, B.
πi =
(3.11)
(8 − g2 + 4g)2
3.2.2 Profitti delle imprese senza accordo di licenza
Si consideri il caso più semplice, ossia quello in cui le imprese A e B non stipulano alcun accordo. In questo caso ciascuna impresa utilizza la propria innovazione e i costi marginali sono pari a c. Data la funzione di domanda, la funzione di profitto delle due imprese è:
πi = (1 − qi − gqj − cα)qi i, j = A, B. (3.12)
In base all’ipotesi di concorrenza à la Xxxxxxx, risolvendo il sistema di equazioni del primo ordine delle due imprese, si ottengono i livelli di output delle due imprese:
A
qNN = 2(1 − cα) − g(1 − cβ)
(3.13)
4 − g2
B
qNN = 2(1 − cβ) − g(1 − cα), (3.14)
4 − g2
ove l’apice NN ci ricorda che siamo nel caso in cui le due imprese non sottoscrivono alcun contratto di licenza. Dunque i prezzi sono:
ed i profitti:
pNN =
A
B
pNN =
NN
2 + cα(2 − g2) − g(1 − cβ) (3.15)
4 − g2
− − −
2 + cβ(2 g2) g(1 cα)
, (3.16)
4 − g2
[2(1 − cα) − g(1 − cβ)]2
πA =
B
πNN =
(3.17)
(2 − g)2(2 + g)2
− − −
[2(1 cβ) g(1 cα)]2
. (3.18)
(2 − g)2(2 + g)2
3.2.3 I profitti delle imprese quando solo una concede la licenza
Si consideri ora il caso in cui A concede lo sfruttamento della propria tecnologia a B dietro il pagamento di una royalty unitaria rA, ma B non fa altrettanto. Le funzioni di domanda inversa
delle imprese sono del tutto identiche a quelle viste in precedenza; le funzioni di costo stavolta saranno MCA = cα e MCB = cαβ, rispettivamente per A e per B. Come si può notare la funzione di costo di A non dipende dalla tecnologia beta. Le funzioni di profitto nella fase competitiva saranno di conseguenza:
πA(qA, rA) = (1 − qA − gqB − cαβ)qA + rAqB (3.19)
πB(qB) = (1 − qB − gqA − cαβ − rA)qB (3.20)
Risolvendo in modo del tutto simile ai casi precedenti, possiamo ricavare gli output di Xxxxxxx dato rA, la royalty ottimale fissata da A ed profitti delle imprese, che risultano:
A
πLN =
32 − 24g2
c2α2 8 − 4β(2g − β) + g2 + 2cα g(4 − g) − 4β(1 − g) − 8 − g(8 − g) + 12
LN 4[cα(β − g) + g − 1]2
(3.21)
πB =
(3.22)
(8 − 3g2)2
in cui l’apice LN denota il caso in cui A cede la licenza, ma B non fa altrettanto.
Naturalmente, quando è B a cedere la licenza il risultato è identico ma invertito, dunque:
A
πNL =
4[cβ(α − g) + g − 1]2 (3.23)
(8 − 3g2)2
B
πNL =
c2β2 8 − 4α(2g − α) + g2 + 2cβ g(4 − g) − 4α(1 − g) − 8 + g(8 − g) + 12 32 − 24g2
.
(3.24)
in cui l’apice NL denota il caso in cui è A a non cedere la licenza.
Siamo ora in grado di definire l’equilibrio nel gioco simultaneo di licensing. Usando i livelli
di profitto appena determinati, è possibile verificare che πLL > πNL e che πLL > πLN : in altre
A A B B
parole, LL è equilibrio di Xxxx in quanto nessuna impresa ha incentivo a deviare unilateralmen- te dalla configurazione in cui entrambe si concedono in uso le rispettive tecnologie. Si ricordi che qui non siamo in presenza di licenza incrociata, in quanto ciascuna impresa determina la propria royalty in modo non cooperativo.
Si noti inoltre che LL (sia A che B stipulano un accordo di licenza) rappresenta l’unico equilibrio del gioco.
3.2.4 La decisione in t0
Una volta determinato l’equilibrio nel sottogioco in t1, possiamo risalire l’albero del gioco e determinare la scelta delle imprese in t0. Le due imprese negoziano un accordo di licenza incro- ciata ed anticipano che, in caso di disaccordo, negozieranno un accordo di licenza ed otterranno πLL.
Determiniamo, dunque, i profitti che le due imprese ottengono nel caso di accordo di licenza incrociata. Ciascuna impresa confronterà poi quanto ottenuto in questo caso con quanto otterrà se l’accordo non viene raggiunto.
Le funzioni di profitto delle due imprese quando stipulano del contratto di licenza incrociata sono:
πi(qi, r) = (1 − qi − gqj − cαβ − r)qi + rqj con i, j = A, B. (3.25)
Si noti che in questo caso c’è una sola royalty r pagata da A a B e viceversa. Come sempre, l’interazione fra A e B avviene in due fasi: una prima fase in cui A e B determinano la royal- ty, con cui si mettono a reciproca disposizione le proprie innovazioni, ed una seconda fase in cui le due imprese competono sul mercato retail. Partendo da questa seconda fase, le imprese massimizzano i propri profitti data la royalty. Pertanto, risolvendo il sistema delle condizioni di primo ordine si ottiene la quantità di equilibrio per r:
q (r) = 1 − r − cαβ
i = A, B. (3.26)
i 2 + g
Utilizzando queste espressione, possiamo definire il profitto che A e B ottengono data la royalty:
π (r) = (1 − cα β − r) [1 − cα β + r(1 + g)]
i = A, B. (3.27)
i (2 + g)2
Una volta individuati i profitti per una data royalty, è possibile individuare la royalty ot- timale che massimizza la la funzione dei profitti congiunti: r = argmax{Πi,j = πi(r) + πj(r)}, con i, j = A, B. Il valore di r che massimizza tale funzione è pari a:
rCL = 1 g(1 − cαβ)
(3.28)
2 1 + g
Sostituendo rCL nell’equazione (3.26), è possibile ottenere le quantità e dunque i prezzi di equilibrio con accordo di cross licensing:
qCL = 1 − cαβ
(3.29)
i 2 (g + 1)
pCL = 1 + cαβ
(3.30)
i 2 2
con i = A, B. Si noti che pCL corrisponde al prezzo che fisserebbe un monopolista con costi marginali pari a cαβ: l’accordo di cross licensing è utilizzato dalle parti come strumento di col- lusione contrattuale5. Le imprese, definendo r, aumentano i propri costi marginali, inducendo in tal modo la riduzione dell’output e dunque un aumento del prezzo, annullando così la con- correnza6. Utilizzando pCL si ottengono i profitti in equilibrio in presenza di un accordo di cross licensing, che sono dunque:
i
πCL =
(1 cαβ)2
−
i = A, B. (3.31)
4(1 + g)
Si noti come il livello di royalty fissato dalle imprese dato dall’espressione (3.28) cresca con il grado di concorrenza fra le imprese: drCL/dg > 0: il livello della royalty viene deter- minato anche per compensare l’effetto negativo sui profitti legato all’alto grado di sostituibilità tra i prodotti e, dunque, l’elevata concorrenza nel mercato. Dunque: maggiore è il livello di concorrenza, che spinge i prezzi al ribasso, più elevato è il corrispettivo della licenza, così da mantenere meglio il livello di collusione.
Si noti che per g = 0, rCL = 0: i prodotti sono completamente differenziati, non vi è concorrenza e le imprese operano in due mercati distinti. La conclusione che si può trarre è dunque che gli accordi di licenza incrociata in cui le imprese mettono a reciproca disposizione le proprie tecnologie senza alcun corrispettivo avvengono tra imprese operanti in mercati distinti.
Osservazione 1. Gli accordi di licenza incrociata prevedono il pagamento di una royalty più alta quando la concorrenza nel mercato dei prodotti finali è più intensa. Viceversa, quelli che prevedono lo scambio dei brevetti senza pagamento di una royalty si hanno quando le imprese operano in mercati distinti.
Equilibrio
Confrontando i profitti che le due imprese ottengono in presenza di contratto di cross licensing con quelli che ottengono in caso l’accordo non sia siglato, e dunque il gioco procede allo stadio successivo, è immediato verificare che πCL > πLL per ogni α e β.
5Questo equilibrio è dimostrato in Xxxxx-Xxxxxx e Xxxxxxx (2010) e in Xxxxxxxxx (2010).
6È agevole verificare che pCL < pLL. In presenza di accordo di licenza incrociata i prezzi praticati dalle imprese a livello retail sono più bassi, poiché le imprese superano il cd. “complements effect” o “royalty stacking” dovuto al mancato coordinamento tra gli aderenti all’accordo. Si è parlato del "complements effect" nel capitolo 1, al paragrafo 1.1.1.
Osservazione 2. Indipendentemente dal valore dei brevetti e dal grado di concorrenza fra le imprese, l’equilibrio del gioco è tale per cui le imprese sottoscrivono un contratto di licenza incrociata.
Posto che in assenza di accordo di cross licensing le imprese sottoscrivono comunque un contratto di licenza, esse non possono che preferire la licenza incrociata a due contratti di licen- za: i costi di produzione sono gli stessi nei due casi (MC = cαβ), ma con l’accordo di cross licensing le imprese pervengono a un assetto collusivo che garantisce loro profitti maggiori.
La natura dell’accordo di licenza, però, caratterizzata dalla collaborazione fra concorrenti, può destare qualche preoccupazione di carattere antitrust. La forma dell’accordo di fatto ridu- ce le esternalità del mercato, indebolendo così la concorrenza. Perciò, nel prossimo paragrafo vogliamo indagare gli aspetti riguardanti il benessere sociale totale.
3.2.5 Licensing e benessere sociale
Abbiamo visto che il contratto di cross licensing è uno strumento di collusione. Ci si chiede se un accordo con due input complementari e tuttavia non essenziali rappresenta comunque una soluzione desiderabile anche da un punto di vista sociale. Si consideri a questo proposito la funzione del benessere sociale totale, definito come la somma dei profitti delle imprese e dei surplus dei consumatori:
Σ
W = πi + CSi con i = A, B. (3.32)
i
2
dove il surplus dei consumatori è definito come CSi = (1−pi)qi . È necessario confrontare i vari livelli di benessere nelle varie situazioni: in Appendice mostriamo che il livello di benessere sociale in presenza di accordo di cross licensing è superiore a WLL, WLN e WNL per qualsiasi valore di α e β.
Osservazione 3. Il benessere sociale totale in presenza di accordo di cross licensing è superiore a quello in cui le imprese stipulano contratti di licenza indipendenti.
Rimane un ultimo confronto, quello tra benessere sociale con e senza accordo di cross licensing.
Confronto fra WCL e WNN
Usando le funzioni di profitto delle imprese in assenza di accordo di licenza e le funzioni di profitto delle imprese in caso di accordo di cross licensing trovate in precedenza, nonché i prezzi
e le quantità di equilibrio in questi due casi, è possibile calcolare la funzione del benessere sociale con e senza accordo di cross licensing, in funzione dei valori dei brevetti, WNN (α, β) e WCL(α, β). Affinché CL sia più efficiente dal punto di vista del benessere sociale rispetto a NN deve valere la seguente condizione:
WCL(α, β) ≥ WNN (α, β). (3.33)
Questa condizione identifica il luogo dei punti nel quadrante (α, β) per cui è desiderabile che il contratto di licenza incrociata venga sottoscritto. Imponendo WCL(α, β) = WNN (α, β) e risolvendo per α, si ottengono le funzioni di "iso-benessere" αW (β) e αW (β) ossia l’insieme
1 2
delle tecnologie (α, β) per le quali l’accordo di cross licensing e l’assenza di accordo generano lo stesso livello di benessere7.
Attraverso passaggi algebrici è possibile mostrare che WCL(α, β) > WNN (α, β) per α ∈
[αW (β), αW (β)]. In Figura 3.2 abbiamo rappresentato nel quadrante (α, β) le funzioni αW (β)
1 2 1
2
e αW (β) per vari valori di g, ossia per diversi livelli di concorrenza fra A e B. Dalla figura discendono due interessanti osservazioni:
Osservazione 4. Quando le due innovazioni o i) permettono entrambe un forte abbattimento dei costi di produzione (area 1) o ii) non permettono un significativo abbattimento dei costi di pro- duzione (area 2), il benessere sociale risulta massimizzato senza alcun accordo di trasferimento tecnologico fra le imprese.
Questo risultato ha una naturale interpretazione. Un accordo di cross licensing produce due effetti sul benessere sociale, uno positivo e uno negativo. Da un lato, infatti, con accor-
7Formalmente, l’equazione WCL(α, β) = WNN (α, β) ammette due soluzioni:
1
αW (β) = 1 {[β(2c + 3) − 2]g4 + 2βcg3+
√
{[3g2(g2 − 8) + 48]β2 + [2g(g + 4)(g − 3)] − 24}c
g2[−8β(2c + 3) + 18] + g[−8(2βc + 1)] − 4{(g + 2)2(g − 2)2{−3/2c2(g2 − 12)β4+
2
3
3
2 2
− 3c(g + 3)(g − 2) β + {[c(c + 3) + 3]g + g (c − 3) + g[−3c(3c + 8) − 24]+
2
2
2
2
− 9(c
e
− 4)}β
− 2(g +3)[(c +3/2)g
− 2(c +3)g− 3(c− 2)]β +9 +1/2g(2g
1
g 18) (g +1) 2 +48β 24
− − } } − }
(3.34)
2
{3β2[(g2(g2 − 8) + 16] + [2g(g + 4)(g − 3)] − 24}c
αW (β) = 1 {(−g2 + 4)√2√g + 1{−3c2(g2+
2
4
3
3
2
2
2
2
− 12)β − 6c(g + 3)(g − 2) β + {[c(c + 3) + 6]g + (2c − 6)g + [−6c(3c + 8) − 48]g − 18c + 72}β +
2
2
− 4(g + 3)[(c + 3/2)g
+ (−2c − 6)g − 3c + 6]β + g(2g
1
− g − 18} 2 +
+ [−2 + (2c + 3)β]g4 + 2βcg3 + [18 + (−16c − 24)β]g2 + (−16βc − 8)g + 48β − 24} (3.35)
Figura 3.2: Valori dei brevetti per cui è desiderabile che si stipuli CL per g ∈ [0, 1]
do di licenza incrociata le imprese si "trasferiscono" le tecnologie, accrescendo così l’efficacia produttiva. Imprese più efficienti equivale a due prezzi più bassi e benessere sociale più alto.
Dall’altro lato, però, il cross licensing è un accordo orizzontale che, come abbiamo visto, permette alle imprese di replicare un prezzo di collusione e limitare la concorrenza. Quando (α, β) o sono molto bassi o sono molto alti, l’effetto negativo sul benessere domina quello posi- tivo e sarebbe desiderabile dal punto di vista sociale che le imprese non siglassero l’accordo. Se, infatti, (α, β) sono molto bassi o molto alti entrambi, l’accordo di cross licensing non permette significativi abbattimenti di costo, e l’effetto positivo sul benessere è dunque modesto.
Ciò è spiegato in Figura 3.2, in cui si può vedere che l’area comprensiva dei valori dei bre- vetti all’interno della quale è socialmente desiderabile che le due imprese stipulino un accordo di cross licensing tende ad aumentare al ridursi di g.
Ciò conduce ad un ulteriore risultato del modello.
Osservazione 5. Più i prodotti delle due imprese sono differenziati, maggiore è l’area dei va- lori dei brevetti in cui è socialmente desiderabile che le imprese stipulino un accordo di cross licensing.
In altre parole, l’accordo di cross licensing è tanto più desiderabile quanto più le due imprese producono prodotti differenziati, quindi quanto minore è la concorrenza. D’altro canto, il con-
tratto di cross licensing è una forma di collusione che permette maggiore efficienza produttiva; quando le imprese non sono in concorrenza, prevale l’aspetto desiderabile dell’accordo.
In conclusione, la frontiera delle aree di efficienza in cui le imprese stipulano un accordo di licenza incrociata risulta ridimensionata rispetto a quella dei tradizionali approcci considerati dalla letteratura economica per lo scambio di tecnologie complementari. Esistono delle "zone grigie" caratterizzate da valori di tecnologie complementari in cui la conclusione del contratto origina inefficienze e un indebito vantaggio per le imprese.
3.3 Accordo di cross licensing e deterrenza all’ingresso
In questa sezione estendiamo il modello per studiare l’impatto degli accordi di licenza incrociata sulla capacità di entrata di possibili rivali; possono due imprese insediate trovare profittevole usare un accordo di cross licensing per impedire l’accesso a una concorrente8?
Si consideri dunque il caso in cui, oltre alle due imprese A e B che sottoscrivono un contratto di cross licensing, ve ne sia una terza, l’impresa C, che desidera entrare nel mercato. Come prima, A e B detengono ciascuna una tecnologia che consente un’innovazione di processo, ed essendo entrambe complementari nell’uso, decidono di sottoscrivere un accordo di licenza incrociata; è presente poi un’impresa C che intende entrare sul mercato. L’impresa C non ha innovato, dunque può produrre ricorrendo alla tecnologia di pubblico dominio che implica un costo marginale di produzione pari a c.
Il timing del gioco Il gioco è il seguente:
t0 Le imprese A e B sottoscrivono un accordo di cross licensing che consente loro di accede- re alle rispettive tecnologie. Nel farlo, decidono il corrispettivo r che intendono applicare all’accordo;
t1 L’impresa C osserva r e decide se entrare o meno nel mercato. Per entrare, C deve sostenere un costo fisso irrecuperabile di ingresso f ≥ 0;
t2 Si determinano le quantità ed i prezzi in equilibrio.
8Tra i possibili comportamenti finalizzati ad impedirne l’accesso, un tipo di condotta è caratterizzata dagli investimenti strategici, i cui modelli presentati in Xxxxxx (1991) sono stati riproposti in Motta e Polo (2005). I modelli economici che studiano l’impatto degli investimenti sulle possibilità di entrata, come pure quello che segue, sono caratterizzati dalla sequenzialità delle interazioni tra imprese (Polo, 1993). Si assume inoltre che i brevetti siano validi e che sia impossibile per il competitor entrante imitare la tecnologia avversaria.
Entra
i
πT , πC
CL(r)
A, B C
Non entra
i
πD, 0
Figura 3.3: Il gioco
Il gioco (rappresentato in Figura 3.3) viene risolto mediante induzione a ritroso. Seguiamo l’approccio di Xxxxx e Xxxx (2005) ed analizziamo due scenari: il primo in cui A e B fissano r in modo "innocente", ossia in modo da massimizzare i propri profitti congiunti, e il secondo in cui A e B fissano r in modo "strategico".
Dunque, gli scenari che devono essere analizzati sono:
• Triopolio. I profitti che le imprese realizzano quando C entra nel mercato, ossia quando le imprese incumbent mantengono un comportamento "innocente" e non intendono bloc- care l’accesso della rivale. In questo caso, le imprese incumbent determinano il livello di royalty r che massimizza i profitti congiunti (come nella sezione precedente) πi, con i = A, B. L’impresa C sceglie la quantità che massimizza i profitti πC;
i
• Duopolio. Le imprese determinano r in modo da escludere C dal mercato. Indichiamo con rf questo livello di royalty. Indichiamo con πf in caso di strategia di foreclosure.
Le funzioni di domanda In modo analogo alla sezione precedente, la funzione di domanda per l’impresa i è pi = 1 − qi − (qj + qz)g, con i, j, z = A, B e C.
I costi di produzione A e B sono dotati di innovazione tecnologica che riduce i propri costi di produzione. In questa sezione assumiamo, per semplicità, che la qualità delle innovazioni di A e di B sia la stessa: α = β. Dunque, nel caso di un accordo di cross licensing i costi marginali delle imprese sono:
MCA = MCB = α2c (3.36)
L’impresa C, invece, produce con la tecnologia corrente di pubblico dominio e dunque sostiene un costo marginale pari a c.
3.3.1 L’equilibrio del gioco
A e B tengono un comportamento "innocente" Si cominci analizzando l’ultimo stadio del gioco t2: in particolare, il caso in cui le imprese A e B non hanno ostacolato l’ingresso nel mercato dell’impresa C. Date le funzioni di domanda, le funzioni di profitto delle imprese sono:
πi = (1 − qi − g(qj + qC) − c α2 − r)qi + rqj, i, j = A, B (3.37)
πC = (1 − qC − g(qA + qB) − c)qC − f. (3.38)
Dove f è il costo di ingresso dell’impresa C. Risolvendo il sistema delle condizioni del primo ordine, è possibile mostrare che, per data royalty r negoziata da A e B, l’output prodotto dalle tre imprese è pari a:
qi =
2(1 − r) − g(1 − c) − 2 cα2
2 (2 − g) (1 + g)
, i = A, B (3.39)
qC =
cg(2α2 − 1) − g(1 − 2r) + 2(1 − c) 2(2 − g)(1 + g)
. (3.40)
Sostituendo questi livelli di output nelle funzioni di profitto delle imprese, possiamo definire la funzione di profitto congiunto di A e di B nonché la funzione di profitto di C, data la royalty r:
Xx,x(r) =
[2 cα2 + g(1 − c) − 2(1 − r)][2 cα2 − 2gr(1 − g) + g(1 − c) − 2(1 + r)] 4 (2 g) (1 + g)
− 2 2 i, j = A, B
(3.41)
πC =
[cg(2α2 1) g(1 2r) + 2(1 c)]2
− − − −
[2 (2 − g) (1 + g)]2 − f. (3.42)
Nel caso di comportamento "innocente", la royalty ottimale viene fissata da A e da B al- lo stadio t0 in modo da massimizzare la funzione dei profitti congiunti (3.41); risolvendo la condizione del primo ordine rispetto ad r, è immediato ricavare la royalty ottima r∗:
r∗ =
g (1 − g) [2 − (2 α2 − g) c − g] 4(1 + g − g2)
. (3.43)
Utilizzando r∗ e le espressioni relative agli output di equilibrio, è possibile determinare i profitti
delle tre imprese quando C entra nel mercato:
πi =
i = A, B (3.44)
− − −
2(cα2 − 1) + g(1 − c) 2
16(1 + g − g2)
πC =
g c(2α2 + g 2) g + 2(1 c) 2
[4(g2 − g − 1)]2 − f. (3.45)
La soluzione trovata è caratterizzata dal fatto che A e B non agiscono strategicamente: esse negoziano la royalty in modo da massimizzare i propri profitti e non con la finalità di escludere la rivale dal mercato; in questo caso si dice che A e B ”accomodano” l’ingresso. Se il costo fisso di entry f risulta sufficientemente elevato, allora C non entra anche quando A e B seguono una strategia accomodante; guardando all’espressione (3.45), i profitti di C in caso di strategia
accomodante da parte di A e B sono negativi per f > f¯, dove:
f¯ =
.
g c(2α2 + g − 2) − g + 2(1 − c) 2
[4(g2 − g − 1)]2
In altre parole, si dice che per f ≥ f¯, l’entrata è bloccata. In questo caso il mancato ingresso non dipende dal comportamento delle imprese A e B ma dall’eccessivo livello dei costi d’ingresso. Assumiamo dunque che f < f¯ e che quindi l’entrata per l’impresa C non risulti bloccata.
Ci si chiede in tale contesto se A e B possono trovare conveniente modificare i termini del-
l’accordo di cross licensing per escludere l’impresa C dal mercato. In altri termini, c’è spazio per una strategia di foreclosure? Se si osserva infatti l’espressione della funzione di profitto di C data la royalty r che abbiamo definito sopra nell’espressione (3.42), è possibile vedere che dπC(r)/dr > 0. Dunque, una riduzione di r da parte di A e B implica minori profitti per C; ciò è del tutto ragionevole, posto che una minore royalty equivale a costi marginali più bassi per A e B, si ricordi che oltre al costo di produzione ciascuna impresa paga una royalty per unità di produzione, quindi MC = r + cα2. Una riduzione di r implica quantità maggiori, come si può vedere anche nell’equazione (3.26). Si consideri di seguito un comportamento delle incumbent finalizzato a tale scopo.
A e B si comportano si comportano in modo "strategico" Usando la funzione (3.42) dei profitti di C per data r, è possibile ottenere rf , ossia il livello della royalty che azzera i profitti
dell’entrante:
2
rf =
1 g (1 − 2 cα2
+ c) + (2 − g) (g + 1)
g
√f − 1 + c. (3.46)
Per r = rf − ε, con ε piccolo a piacere, se C entra non è in grado di coprire i costi fissi di entrata. Si vede immediatamente che rf decresce al ridursi di f : più basso è il costo di ingresso di C, più A e B dovranno ridurre la royalty per riuscire tenere l’impresa C fuori dal mercato.
Dunque, quando A e B fissano una royalty r = rf − ε, con ε piccolo a piacere, C non è in grado di coprire i costi di ingresso e dunque non entra; la configurazione del mercato rima- ne quella di duopolio, come quella che abbiamo analizzato nella sezione precedente. Usando l’espressione (3.27) relativa ai profitti di A e di B per data royalty che abbiamo trovato so- pra, possiamo determinare il profitto che A e B ottengono nell’ultimo stadio t2, quando fissano r = rf con cui escludono l’impresa C:
πf = 1
h(g + 2) (1 − c) − 2 (2 − g) (1 + g) √f i {(2 + g) [ 1 − 2α2g + g c+g−1]+
i 4g2 (2 + g)2
+ 2√f (2 − g) (g + 1)2} i = A, B. (3.47)
3.3.2 I fattori che incentivano il comportamento escludente
Sinora si è detto che, per dei costi iniziali sufficientemente bassi, esiste la possibilità per due im- prese incumbent che siglano un contratto di cross licensing di impedire l’accesso al mercato di una terza impresa. Ci chiediamo ora se questa strategia rappresenti anche quella più profittevole. Se lo fosse, le imprese sarebbero spinte ad adottare un comportamento strategico finalizzato ad impedire l’accesso al mercato. Si procede così confrontando i profitti con e senza foreclosure per determinare in quali circostanze alle imprese incumbent conviene accomodare l’ingresso di C e quando no.
i
È utile iniziare l’analisi ricorrendo ad una simulazione numerica e ad un’analisi grafica. La Figura 3.4 mostra le funzioni di profitto di A (e per simmetria di B) quando A e B fissano rf , πf con i = A, B, che indica i profitti di duopolio e quando, invece, A e B accomodano l’ingresso, πi, con i = A, B ovvero i profitti in presenza di triopolio, dove πi è data dall’espressione (3.44)
i
e πf è data dall’espressione (3.47). Da notare che i profitti in caso di foreclosure decrescono
quanto più f è basso; ciò è del tutto naturale, dato che più basso è il costo fisso di ingresso di C, più costoso è per A e B fare foreclosure.
Il grafico mostra le funzioni di profitto per valori di costo fisso f , nel caso specifico in cui g = 1, α = 0.9 e c = 1/2. Come si vede, i profitti con foreclosure sono superiori a quelli con strategia accomodante per livelli di f sufficientemente elevati; per f molto piccolo (f < ffor), ad A e B conviene accomodare l’ingresso di C. Per f molto modesto, è troppo costoso per A
Figura 3.4: Livello dei profitti rispetto a f .
e B tenere fuori C (devono abbassare molto r e ciò implica minori profitti). Il modello dunque mostra come esista lo spazio per un uso strategico dei contratti di cross licensing.
Osservazione 6. Per f sufficientemente elevato (f > f¯ ), l’entrata è bloccata: C non entra
anche se A e B non si comportano strategicamente. Per f molto modesto (f < ffor), è troppo costoso per A e B tenere fuori C. Per f ∈ (ffor, f¯), invece, le imprese A e B trovano conveniente mettere in atto un comportamento strategico di foreclosure.
Si vede che ffor è il punto oltre il quale per A e B è profittevole comportarsi in maniera strategica e ostacolare l’entrata. Per ottenere ffor si impone la condizione:
i
πf = πi i = A, B. (3.48)
Risolvendo in f e assumendo per semplicità che c = 1/2, si ottiene:
− −
ffor = 1 (g+2)2 4 α4g2(2 g+1)(1 g)+4 α2g(5 g3 5 g2+2)+ 64 (1 + g)4(2 − g)2(1 − g2 + g)
− g2(g3 + 13 g2 − 20 g + 8) − 4 g + 4 − 4 H(α2g − g + 1) , (3.49)
q
dove H = g3 (1 − g2 + g) 12 α2g − 4 α4g − 4 α2 − g2 − 9 g + 8 .
Questo risultato ricorda ciò che viene sostenuto in Regibeau e Xxxxxxx (2011), dove si di- scute dei potenziali effetti escludenti degli accordi di cross licensing tra imprese dotate di ampi portafogli di brevetti9.
La possibilità di entrata nel mercato dipende dal livello dei costi fissi d’ingresso f . È dun- que interessante chiedersi come varia il livello dei costi fissi d’entrata ffor rispetto al grado di sostituibilità dei prodotti finali (g) e dei valori delle tecnologie comprese nell’accordo (α).
Anche in questo caso è conveniente procedere con simulazioni numeriche. Procediamo rap- presentando la ffor(g), nello specifico caso in cui α = 0.9, c = 1/2: come si può notare nella Figura 3.5, ffor(g) decresce con g. Ciò che si osserva è che, all’aumentare del grado di concorrenza nel mercato, le imprese A e B sono più propense ad adottare una strategia escludente.
Procedendo in maniera del tutto analoga, ma per diversi valori delle tecnologie introdotte nell’accordo, si osserva che la curva ffor si abbassa al ridursi di α. Per fare un esempio, si consideri uno scenario rappresentato dal punto I in Figura 3.5: A e B accomodano l’entrata se α è relativamente elevato (e quindi la tecnologia è di basso valore). Man mano che il valore di α si riduce, le imprese hanno convenienza ad adottare un comportamento escludente. Ciò porta a rilevare che quanto più efficaci sono le tecnologie di cui A e B dispongono (quindi per valori di α sempre più bassi), tanto più esse sono indotte ad adottare una strategia escludente.
Osservazione 7. Ad un aumento del grado di sostituibilità dei prodotti finali corrisponde un minor livello dei costi fissi per cui risulta profittevole fare deterrenza all’entrata. Ad un au- mento del grado di efficacia delle tecnologie incluse nell’accordo, l’area che consente di fare deterrenza all’entrata aumenta.
Le imprese hanno dunque un maggior incentivo ad adottare un comportamento escludente per livelli di g più elevati perché maggiore è l’intensità della concorrenza dell’impresa riva-
9Il risultato ricorda anche uno studio di Xxxxxxxxx (2010) in cui si dimostra che, all’interno di un consorzio per l’adozione di uno standard, un accordo di cross licensing può essere finalizzato a impedire l’adozione di una tecnologia migliore di un concorrente esterno al consorzio. In questo contesto l’Autore studia il mercato delle tecnologie adottate a monte, e non quello dei prodotti finali, come in questo caso.
Figura 3.5: Funzione di ffor.
le: l’incentivo a fare foreclosure è massimo quando affrontano l’entrata di un rivale che pro- duce prodotti omogenei. Inoltre, l’incentivo ad adottare un comportamento escludente cresce con il grado di efficacia delle tecnologie: migliore è la tecnologia di cui dispongono le impre- se per abbattere i costi marginali, maggiore è l’incentivo a sfruttarla per creare una barriera all’ingresso.
Conclusioni
In questo capitolo si è sviluppato un modello teorico in cui si è visto che, nonostante gli accordi di licenza incrociata debbano considerarsi prevalentemente procompetitivi, esiste la possibilità di mettere in atto due comportamenti scorretti con finalità collusive ed escludenti.
In primo luogo, gli accordi fra due imprese concorrenti che si concedono l’accesso a tecno- logie complementari sono tendenzialmente desiderabili da un punto di vista sociale, ma occorre vigilare quando l’intensità della concorrenza tra le imprese è alta, poiché, se i contratti non con- sentono un sostanziale abbattimento dei costi, l’effetto collusivo potrebbe dominare, riducendo così il benessere sociale.
In secondo luogo, sfruttando la presenza di costi fissi di entrata, due imprese possono de- terminare i termini dell’accordo con il fine di ostacolare l’ingresso sul mercato di un potenziale concorrente. Inoltre, l’incentivo ad adottare un comportamento strategico è maggiore al cresce- re del grado d’intensità della concorrenza e quando le tecnologie condivise attraverso le licenze incrociate consentono di ottenere un maggior abbattimento dei costi marginali.
Un’ulteriore questione da approfondire riguarda l’incentivo agli investimenti, ovvero se gli accordi di licenza incrociata stimolano possono stimolare l’efficienza dinamica. Nel nostro mo- dello, infatti, le tecnologie coinvolte nell’accordo sono date e il gioco è caratterizzato da simme- tria informativa. Ci si potrebbe chiedere se l’accordo può incentivare le imprese ad investire in ricerca e sviluppo per migliorare la qualità dei propri brevetti. Le imprese tendono ad accumu- lare portafogli di brevetti che consentiranno loro di diminuire i rischi derivanti da contenziosi e per guadagnare potere contrattuale con i rivali. Non sappiamo però se ciò possa tradursi in un aumento delle attività di ricerca e sviluppo o piuttosto nel tentativo di raccogliere il maggior numero di brevetti. Da un lato, ciò potrebbe significare togliere risorse alle fasi di sviluppo, e quindi avere degli effetti negativi sul benessere. Dall’altro, il ricorso agli accordi di cross licensing potrebbe dare alle imprese la "freedom-to-operate" che possa consentire di ottenere sufficienti profitti per incentivarne gli investimenti in ricerca.
Questi aspetti risultano decisivi ai fini dell’impatto degli accordi di licenza incrociata sul benessere sociale e senz’altro lasciano la porta aperta a ulteriori scenari di ricerca, sia teorica che empirica.
Appendice A
Confronto dei livelli di benessere sociale
Si consideri per prima il livello di benessere sociale in presenza di accordo di cross licensing, che sarà poi confrontato con gli altri livelli di benessere sociale (WLL, WLN , WNL):
WCL =
3 (1 − c α β )2
4 (1 + g)
. (A.1)
Il livello di benessere sociale con due contratti di licenza di accordo è:
7 − g2 + 3 g (1 − c α β )2
WLL = 4
(8 − g2 + 4 g)2
. (A.2)
È possibile verificare che WCL > WLL per α, β ∈ (0, 1).
Si consideri il livello di benessere sociale nel caso in cui A cede e B non cede:
WLN = 1
8 (3g2 − 8)2
3(αc − 1)2 g4 + 60(αc − 1)(αβc − 1)g3 + (−36β2 − 64)c2α2+
+ (72 β + 128)cα − 100 g2 − 192 (αc − 1)(α βc − 1)g+
+ 304 + (112 β2 + 192)c2α2 + (−224 β − 384)cα . (A.3)
È possibile verificare che WCL > WLN per α, β ∈ (0, 1).
Si consideri il livello di benessere sociale nel caso in cui B cede e A non cede:
WNL = 1
8 (3 g2 − 8)2
3 (β c − 1)2g4 + 60 (β c − 1)(α β c − 1)g3 + (−36 α2 − 64)c2β2+
+ (72 α + 128)cβ − 100 g2 − 192 (β c − 1)(α β c − 1)g+
+ 304 + (112 α2 + 192)c2β2 + (−224 α − 384)cβ . (A.4)
È possibile verificare che WCL > WNL per α, β ∈ (0, 1).
69
Bibliografia
Xxxxxxx X. X. (2011). Antitrust law and intellectual property: Intersection or crossroad?
Computer and Internet Lawyer, 28(3), 5–14.
Xxxxxxxxx A. K.; Xxxxxxx J. J.; Xxxxxx T. (2014). The smartphone royalty stack: Surveying royalty demands for the components within modern smartphones. Disponibile su SSRN 2443848.
Xxxxxxxx X.; Xxxxxx X.; Xxxxxx M.; Xxxxxxxxx X. (1998). Risk sharing in licensing.
International Journal of Industrial Organization, 16(5), 535–554. Xxxxxx X.; Xxxxxxxx V. (2002). Economia industriale. Xxxxxxx, Roma.
Campobasso G. F. (2008). Diritto dell’impresa 1, volume 6. ed. UTET giuridica, Torino.
Xxxx X. (2010). Patent pools and cross-licensing in the shadow of patent litigation. International economic review, 51(2), 441–460.
Xxxxx X. X.; Xxxxxx R. R.; Xxxxx J. P. (2000). Protecting their intellectual assets: Appropriability conditions and why US manufacturing firms patent (or not).
Comino S.; Manenti F. M. (2014). Industrial organisation of high-technology markets. Xxxxxx Xxxxx, Cheltenham.
Comino S.; Manenti F. M. (2015). Intellectual property and innovation in information and communication technology (ict). Institute for Prospective and Technological Studies, Joint Research Centre. EUR 27549 EN.
Commissione Europea (2014). Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia.
Department of Justice and Federal Trade Commission (1995). Antitrust guidelines for the licensing of intellectual property.
71
Department of Justice and Federal Trade Commission (2007). Antitrust enforcement and intellectual property rights: promoting innovation and competition.
Xxxx E.; Xxxxx D. (2015). Untangling the patent thicket literature. Tusher Center for Management of Intellectual Capital.Working Paper, (7).
Eswaran M. (1994). Cross-licensing of competing patents as a facilitating device. Canadian Journal of Economics, pp. 689–708.
Fershtman C.; Xxxxxx M. (1992). Cross licensing of complementary technologies.
International journal of industrial organization, 10(3), 329.
Xxxxxxxx A.; Xxxxxxxx M. (2016). The antitrust framework for technology transfer agreements and patent pools in the european union. Rivista Italiana di Antitrust/Italian Antitrust Review, 2(3).
Xxxxxxx X.; Xxxxxxx C. (1997). Antitrust issues in the licensing of intellectual property: The nine no-no’s meet the nineties. Xxxxxxxxx Papers on Economic Activity.Microeconomics, 1997, 283–349.
Xxxxx P.; Xxxxxx D.; Xxxxxxxxxxx-Xxxxxxxxx X.; Xxxxxxxx X.; Xxxx J.; Thumm N. (2015).
Report of the expert group on patent aggregation. European Commission.
Xxxxxxxxxx G.; Xxxxxx X.; Xxxxxxx D. (2013). Incidence and growth of patent thickets: The impact of technological opportunities and complexity. The Journal of Industrial Economics, 61(3), 521–563.
Xxxxxxxxxx G. V.; Xxxxxx S.; Xxxxxxx D. (2011). How to measure patent thickets—a novel approach. Economics Letters, 111(1), 6–9.
Grindley P. C.; Xxxxx D. J. (1997). Managing intellectual capital: licensing and cross-licensing in semiconductors and electronics. California management review, 39(2), 8–41.
Hall B. H.; Xxxxxxx C.; xxx Xxxxxxxxxx G.; Xxxxxxx-Xxxxxxxxx C. (2013). A study of patent thickets. The Intellectual Property Office.
Xxxxx A. B.; Xxxxxx X. (2006). Innovation and its discontents. Innovation policy and the economy,
6, 27–65.
Jeon D. S.; Xxxxxxxx Y. (2015). Cross-licensing and competition. Disponibile su SSRN 2696132.
BIBLIOGRAFIA 73
Xxxx M.; Xxxxxxx C. (1985). On the licensing of innovations. The Rand journal of economics,
16(4), 504–520.
Xxxxx-Xxxxxx A.; Xxxxxxx K. M. (2010). Licensing complementary patents: "patent trolls, "market structure, and "excessive" royalties. Berkeley Technology Law Journal, 25(2), 1121–1143.
McCandless K. (2015). Seeing into the future. Automotive Manufacturing Solutions, 16(2), 26–28.
Motta M.; Polo M. (2005). Antitrust. Il mulino, Bologna.
Xxxxxxx S.; Xxxx H. U. (2006). The incidence of cross-licensing: A theory and new evidence on the firm and contract level determinants. Research Policy, 35(9), 1347–1361.
Pluvia Xxxxxx M.; Xxxxxxx D. (2009). Who licenses out patents and why? OECD Science, Technology and Industry Working Papers.
Polo M. (1993). Teoria dell’oligopolio. Il mulino, Bologna.
Regibeau P.; Xxxxxxx K. (2011). Assessment of potential anticompetitive conduct in the field of intellectual property rights and assessment of the interplay between competition policy and ipr protection. European Commission Competition Report.
Xxxxxxxx X.; Xxxxxxx K. (2004). The relationship between intellectual property law and com- petition law: An economic approach. Relazione tecnica, University of Essex, Department of Economics, Economics Discussion Papers 581.
Xxxxxxx C. (2001). Navigating the patent thicket: Cross licenses, patent pools, and standard setting. Innovation policy and the economy, 1(1), 119–150.
Xxxxxxx C. (2003). Antitrust limits to patent settlements. The Rand journal of economics, 34(2), 391–411.
Xxxxxxxxx E. (2010). Technology adoption in standard setting organizations: A model of exclusion with complementary inputs and hold-up. TILEC Discussion Paper No. 2011-003.
Xxxxxx J. (1991). Teoria dell’organizzazione industriale. Hoepli, Milano.
Xxxxxxx S.; Xxxxx P. (2012). Cross-licensing e uso strategico dei brevetti. Finanza, marketing e produzione, 30(1), 140–171.
WIPO (2016). World intellectual property indicators 2016.
Ziedonis R. H. (2004). Don’t fence me in: Fragmented markets for technology and the patent acquisition strategies of firms. Management Science, 50(6), 804–820.