UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
Dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche Curriculum in Diritto Romano e Diritti dell’Antichità Ciclo XXVIII
IUS/18
LA ‘HEREDITATIS VENDITIO ’
IL CONTRATTO DI COMPRAVENDITA DELL’EREDITA’ IN DIRITTO ROMANO
Tesi di: Xxxxx XXXXXXX Xxxx. R 10192
Relatore:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx XXXXXXXXX
Anno Accademico 2014-2015
INDICE
INTRODUZIONE 1
CAPITOLO PRIMO – LE FONTI E LO STATO DELLA LETTERATURA 6
1. Le fonti 6
1.1. Le fonti giustinianee 6
1.2. Le fonti pregiustinianee 8
2. Lo stato della letteratura 9
2.1. X. XXXXXXXXX, Der Erbschaftskauf im römischen Recht 12
2.2. X. XXXXXXX, Venditio hereditatis. La venta de herencia en derecho romano 15
2.3. Y. XXXXXXXX XXXXXX, Propuesta sobre la venta de herencia en el derecho romano clasico 18
2.4. Altri contributi in materia di hereditatis venditio 20
CAPITOLO SECONDO – LA FATTISPECIE 23
1. Premessa 23
2. I limiti alla negoziabilità della hereditas 25
2.1. L’intrasmissibilità della vocazione ereditaria 26
2.1.1. L’eccezione della in iure cessio hereditatis (cenni) 28
2.2. L’intrasmissibilità dello status di erede 32
2.3 Il divieto di vendita della hereditas di un vivente 33
3. L’oggetto del contratto 34
3.1. Il contenuto economico del ius heredis 34
3.2. ‘quod ex hereditate pervenit’ 40
3.2.1. Il momento della determinazione dell’oggetto 40
3.2.2. Il significato di ‘pervenire’ 44
3.2.3. Il regime delle sopravvenienze 49
3.2.4. I mancati acquisti: rinvio 51
3.2.5. ‘si venditor hereditatis exceperit’ 52
4. L’alea (economica) del contratto 55
4.1. L’esistenza della hereditas 56
4.2. L’ammissibilità convenzionale della emptio spei 59
CAPITOLO TERZO – GLI EFFETTI 62
1. Premessa 62
2. Il regime delle garanzie 63
2.1. L’esonero dalla garanzia per evizione 65
2.2. L’esonero dalla garanzia per vizi 67
2.3. La garanzia del nomen heredis 68
3. Le obbligazioni delle parti 71
3.1. Le obbligazioni “indennitarie” 73
3.1.1. …a carico del venditore 73
3.1.2. …a carico dell’acquirente 77
3.1.2.1. Gli ‘onera hereditaria’ 78
3.1.2.2. Il problema della confusione: i crediti 81
3.1.2.3. Il problema della confusione: le servitù 83
3.2. Le obbligazioni volte a regolare la spettanza della legittimazione ad agire 84
3.2.1. … a carico del venditore 85
3.2.2. … a carico dell’acquirente 87
4. Le stipulationes emptae et venditae hereditatis 88
CAPITOLO QUARTO – RIFLESSI SULLA LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE ALLE AZIONI EREDITARIE 92
1. Premessa 92
2. La legittimazione attiva 93
2.1. …del venditore 93
2.2. …dell’acquirente 95
2.2.1. Il mandatum actionis 95
2.2.2. Le actiones utiles 98
2.2.3. Il rapporto tra actiones mandatae e actiones utiles 100
2.2.4. D. 0.0.00.0: una preclusione processuale 101
2.3. Il regime delle exceptiones 103
3. La legittimazione passiva 105
3.1. …del venditore 105
3.2. …dell’acquirente 106
3.2.1. Rischi connessi alla mancanza di legittimazione passiva dell’acquirente (rinvio) 107
3.3. Il regime della hereditatis petitio 109
CAPITOLO QUINTO – LA VENDITA DELL’EREDITÀ IN FRODE AI CREDITORI 115
1. Premessa 115
2. ‘separatio [bonorum] frustra desiderabitur’ 117
CONCLUSIONI 121
INDICE DELLE FONTI 127
BIBLIOGRAFIA 132
INTRODUZIONE
Il presente lavoro verte sul contratto di compravendita dell’eredità in diritto romano. Muovendo dall’esame dell’assetto di interessi realizzato dal negozio, lo studio si propone di ricostruirne la disciplina, mettendone in luce le differenze rispetto al regime ordinario della emptio venditio.
La compravendita dell’eredità è il contratto in forza del quale un soggetto
–il venditore–, a fronte del pagamento di un corrispettivo, cede ad un altro soggetto –l’acquirente– la pacifica disponibilità di un compendio patrimoniale acquisito iure hereditatis. La finalità economica di tale figura contrattuale è quella di consentire al venditore di neutralizzare gli effetti che si sono prodotti (e che in futuro potrebbero prodursi) nel suo patrimonio a motivo della delazione ereditaria e di incamerare un corrispettivo pari al valore netto della hereditas. Ex latere emptoris, la realizzazione di detta finalità si traduce nell'acquisto di una posizione economica di contenuto corrispondente a quella spettante all’erede.
L’utilità pratica che il venditore persegue attraverso la vendita dell’eredità è quella di ottenere l’immediata monetizzazione del ius heredis senza doversi accollare l’incombenza della gestione del compendio ereditario. Egli, infatti, dismettendo in blocco il patrimonio acquisito mortis causa, ne consegue il controvalore economico ed è sollevato dall’onere di conservarlo ed amministrarlo affinché mantenga il proprio valore e produca reddito.
Il ricorso all’alienazione, dunque, è tanto più economicamente vantaggioso, quanto più i costi da sostenere per l’amministrazione del patrimonio ereditario sono sproporzionati rispetto al suo valore intrinseco. Tale sproporzione può dipendere, ad esempio, dal numero dei soggetti coinvolti nella successione o dalla lontananza geografica dell’erede dalle res hereditariae. Quanto detto, ovviamente, non esclude che l’erede possa determinarsi a vendere per ragioni diverse, inclusa, ad esempio, la speculazione.
In ogni caso, indipendentemente dai motivi che inducono l’erede ad alienare la hereditas, è significativo osservare che, nella storia del diritto romano, ben tre istituti siano stati elaborati dalla giurisprudenza per realizzare questo schema negoziale (il che ne lascia presumere un’elevata ricorrenza nella prassi). Infatti, prima del contratto consensuale di emptio venditio, erano impiegati per raggiungere il medesimo scopo la in iure cessio hereditatis e le stipulationes emptae et venditae hereditatis.
Il più antico tra tutti tali istituti è un’applicazione della in iure cessio che prende il nome di in iure cessio hereditatis. Essa si declina in due diverse forme, a seconda che il venditore abbia o meno già accettato l’eredità che intende in iure cedere. Nel caso in cui l’accettazione non abbia ancora avuto luogo (ed il chiamato all’eredità sia un heres voluntarius chiamato ex lege), la in iure cessio hereditatis consente di trasferire a terzi, a titolo oneroso, la vocazione ereditaria; per effetto dell’atto, dunque, l’in iure accipiens non si limita a subentrare nella posizione economica del venditore, ma diviene egli stesso erede del de cuius in sostituzione dell’originario chiamato.
Nel caso opposto in cui l’accettazione abbia già avuto luogo, invece, la in iure cessio si limita a trasferire la proprietà delle res hereditariae lasciando inalterato
lo status di erede dell’in iure cedens che, pertanto, resta obbligato per i debiti ereditari; in conseguenza della cessione, inoltre, i crediti ereditari si estinguono.
Tale istituto, di cui non si conserva traccia nella compilazione giustinianea, ci è stato tramandato da alcuni passi delle Istituzioni di Gaio e dei Tituli ex corpore Ulpiani. Esso, verosimilmente, cadde in desuetudine prima ancora della scomparsa della in iure cessio, su cui si fonda, a causa della sua inidoneità a realizzare l’assetto di interessi voluto dalle parti se non nelle limitate ipotesi in cui la cessione avesse ad oggetto un’eredità legittima devoluta a un heres voluntarius.
Parallelamente alla in iure cessio hereditatis e, probabilmente, proprio in considerazione dei limiti di quest’ultima, la giurisprudenza elaborò, già in età preclassica, un ulteriore strumento giuridico per consentire all’erede di vendere la hereditas. Tale strumento consiste in una coppia di contratti verbali che ci sono stati tramandati dalle fonti con il nome di stipulationes emptae et venditae hereditatis. Attraverso la stipulatio ciascuna delle parti, separatamente, faceva sorgere le obbligazioni a proprio carico ed era la contestualità delle stipulationes a consentire la realizzazione dello schema negoziale corrispettivo proprio della compravendita.
La stipulatio venditae hereditatis consiste nella promessa, resa dall’acquirente, di tenere l’erede-venditore indenne dalle somme versate ‘hereditario nomine’ e di assisterlo in giudizio (‘ut recte defendatur’) qualora subisca le iniziative processuali dei creditori ereditari; la stipulatio emptae hereditatis, invece, è la corrispettiva promessa del venditore in forza della quale egli si impegna a trasferire all’acquirente tutti i proventi dell’eredità e a consentirgli di esercitare in sua vece le azioni ereditarie in veste di cognitor o procurator.
Come nel caso della in iure cessio hereditatis, anche l’esistenza delle stipulationes emptae et venditae hereditatis ci è tramandata dalle fonti pregiustinianee (e, in particolare, da Xxxx). A differenza della in iure cessio hereditatis, però, di dette stipulationes, si è conservata traccia anche nel Digesto: i compilatori, infatti, hanno fatto largo uso di passi ad esse dedicati riferendoli al successivo contratto consensuale, talvolta omettendo di espungere dai testi gli originari riferimenti al contratto verbale.
L’ultimo strumento negoziale cui è ricorsa la prassi per realizzare l’alienazione dell’eredità è il contratto di emptio venditio. L’impiego di tale contratto, quantomeno su larga scala, non può collocarsi prima della metà del II secolo a.C., quando, con l’estensione della procedura formulare ai processi celebrati dal pretore urbano, la compravendita consensuale sviluppatasi nell’ambito della iurisditio peregrina venne adottata anche nelle contrattazioni tra i cives romani.
La vendita dell’eredità realizzata a mezzo del contratto consensuale prende il nome di hereditatis venditio ed è l’unica, delle tre forme menzionate, disciplinata dalla compilazione giustinianea. La causa e gli effetti della hereditatis venditio, come emerge dai brani della giurisprudenza escerpiti nel Digesto, nonché dalle costituzioni imperiali contenute nel Codice –che saranno esaminati–, sono perfettamente coincidenti con quelli delle stipulationes emptae et venditae hereditatis. Ciò ha portato la dottrina ad interrogarsi circa i rapporti intercorrenti tra il contratto consensuale e il più antico contratto verbale; è infatti certo che, almeno per tutto il periodo classico, le due forme siano coesistite: non si spiegherebbe altrimenti il fatto che Xxxx, nelle Istituzioni, faccia ancora menzione delle stipulationes.
Rinviando al capitolo dedicato agli effetti del contratto l’esame dei rapporti tra la hereditatis venditio e le stipulationes emptae et venditae hereditatis, giova in questa sede premettere che la ricostruzione della disciplina del contratto in esame sarà svolta, nelle pagine che seguono, partendo dall’esegesi delle fonti giustinianee le quali, come si è detto, inquadrano tutte le cessioni di eredità inter vivos a titolo oneroso nella figura contrattuale della emptio venditio.
La tesi si articola in cinque capitoli. Il primo capitolo passa in rassegna le fonti in materia di vendita dell’eredità ed effettua una ricognizione dello stato della dottrina esistente sul tema. Il secondo capitolo ricostruisce la fattispecie contrattuale alla luce dei limiti entro i quali è ammessa la negoziabilità della hereditas, riservando particolare attenzione alla determinazione dell’oggetto e alla ricognizione dell’alea contrattuale. Il terzo capitolo è dedicato all’esame degli effetti del contratto e, più precisamente, allo studio del regime delle garanzie e delle obbligazioni accessorie che sorgono in capo alle parti a motivo della peculiarità della hereditas come merx. Il quarto capitolo studia i riflessi del contratto di hereditatis venditio sulla legittimazione processuale alle azioni ereditarie. Il quinto capitolo, infine, esamina l’ipotesi in cui il contratto di vendita dell’eredità sia concluso in danno dei creditori ereditari, allo scopo di sottrarre loro la garanzia rappresentata dalle res hereditariae.
CAPITOLO PRIMO – Le fonti e lo stato della letteratura
1. Le fonti
1.1. Le fonti giustinianee
Nell’ambito della compilazione giustinianea, l’istituto della hereditatis venditio è destinatario delle norme contenute nel quarto titolo del XVIII libro del Digesto e nel trentanovesimo titolo del IV libro del Codice, entrambi rubricati ‘De hereditate vel actione vendita’.
Dal punto di vista sistematico, si osserva innanzitutto che i compilatori, nonostante la stretta connessione che l’istituto presenta con il diritto successorio, hanno collocato i due titoli in esame nella sedes materiae del contratto di compravendita1. In particolare, D. 18.4 si trova dopo i titoli dedicati ai pacta adiecta alla compravendita2; tale collocazione induce a ritenere che, per i compilatori, il contratto di hereditatis venditio non fosse che un
1 La scelta sistematica non è scontata. Se lo appare è perché l’opzione esercitata dalla compilazione giustinianea è stata a tal punto assorbita dalla tradizione giuridica da essere ancora oggi conservata nell’impianto dei vigenti codici civili italiano (artt. 1542-1547), francese (artt. 1696-1701) e spagnolo (artt. 1531-1536). Una scelta di segno opposto, ad esempio, è stata fatta dal legislatore tedesco (§§ 2371-2385) che colloca gli articoli in materia di vendita d’eredità nel quinto libro del BGB, dedicato al diritto delle successioni.
2 I titoli che immediatamente precedono D. 18.4, infatti, raccolgono, rispettivamente, i passi in materia di in diem addictione (D. 18.2) e di lex commissoria (D. 18.3).
sottotipo della emptio venditio caratterizzato dalla ricorrenza di specifiche pattuizioni (richieste dalla peculiarità dell’oggetto) e, conseguentemente, destinatario di un’apposita disciplina.
Dall’esame formale di D. 18.43 e C. 4.39 si rileva inoltre, sin dalla rubrica4, che entrambi i titoli raccolgono non solo passi relativi alla hereditatis venditio, ma anche testi in materia di vendita del credito. Nel Digesto i primi sono ampiamente predominanti, sia per numero, sia per estensione, mentre nel breve titolo del Codice il rapporto tra i due gruppi appare più equilibrato. In particolare, dei venticinque frammenti di cui si compone D. 18.4, solo sette sono dedicati alla venditio actionis5; mentre, in C. 4.39, ben quattro costituzioni su nove6 si occupano della vendita del credito.
3 Una peculiarità del titolo in esame è stata ravvisata in dottrina nella singolare (presunta) assenza della massa edittale; secondo X. XXXXXX (Die Ordnung der Fragmente in den Pandectentiteln: ein Beitrag zur Entstehungsgeschichte der Pandecten, in ZGR 4 (1820), p. 460), infatti, il titolo si compone esclusivamente di una massa Sabiniana, che comprende i frammenti da 1 a 20, e di una massa Papinianea, cui sono ascrivibili i rimanenti passi. Sul punto, in dissenso rispetto alla teoria del Xxxxxx, si veda X. XXXXXX, The Curious Case of the Missing Mass: the Structure of Digest Title 18.4, in TR 62 (1994), pp. 297-307.
4 Come detto, entrambi i titoli recano la rubrica ‘De hereditate vel actione vendita’. La medesima rubrica è conservata, in traduzione, anche nel corrispondente titolo dei Basilici (B. 19.4): ‘Περὶ κληρονοµίας ἢ ἀγωγῆς πραθείσης’.
5 Si tratta dei i testi riportati ai nn. 4, 5, 6, 00.xx, 17, 19 e 23. Non si ravvisa il motivo per cui
X. XXXXXX (The Curious Case, cit., p. 297) non consideri D. 18.4.6 tra i testi in materia di venditio actionis. Il passo in questione, infatti, oltre a fare espresso riferimento alla vendita del credito (esordisce con ‘emptori nominis’), è collocato in chiusura di una catena di passi sul medesimo argomento. Il novero dei testi dedicati alla vendita del credito è ulteriormente ridotto a cinque da X. XXXXXX (Recherches sur les origines des rubriques du Digest, Tarbes 1960, p. 140, nt. 16), che, presumibilmente, non considera X.00.0.00.xx, ritenendolo –come suggerisce X. XXXXXX (ivi, p. 297, nt. 3)– unito al § 1 in tema di hereditatis venditio.
6 Si tratta delle costituzioni di cui ai nn. 3, 7, 8 e 9.
La trattazione congiunta dei due istituti è presumibilmente giustificata, nell’ottica dei compilatori, da un lato, dalla natura di res immaterialis del bene che, in entrambi i casi, forma l’oggetto del contratto di vendita7 e, dall’altro lato, dall’alea economica che li caratterizza8.
1.2. Le fonti pregiustinianee
Accanto alle fonti giustinianee, estremamente rilevanti per lo studio della hereditatis venditio (e, in particolar modo, della sua evoluzione storica) sono anche due passi delle Istituzioni di Gaio: Gai 2.252 e Gai 2.257.
Si tratta di due brani in tema di fedecommesso universale nei quali il giurista illustra l’invalsa consuetudine di adempiere l’obbligazione di ‘restituere’ (nascente in capo all’erede per effetto della disposizione fedecommissaria) mediante una fittizia vendita nummo uno dell’eredità, da realizzarsi con la stipulazione, tra erede e fedecommissario, delle medesime stipulationes ‘quae […] inter venditorem hereditatis et emptorem interponi solent’.
La natura di queste stipulationes emptae et venditae hereditatis9 e, soprattutto, il rapporto tra esse ed il contratto consensuale di vendita dell’eredità è stato oggetto di un vivo dibattito in dottrina. È infatti controverso se le prime
7 L’eredità, come il credito, presenta caratteristiche di astrattezza. ‘Hereditas’, infatti, non è semplicemente un nome collettivo che designa l’insieme delle res hereditariae, bensì un nomen iuris (la definizione è ulpianea ed è contenuta in D. 50.16.178.1) che richiama sinteticamente il complesso di situazioni giuridiche, attive e passive, che si trasferiscono (o sorgono) in capo all’erede per effetto della devoluzione mortis causa. Sul punto, più diffusamente, infra, Capitolo secondo, § 3.
8 X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), in Enciclopedia del diritto, XLVI, Milano 1993, p. 355. Sull’alea economica che caratterizza la hereditatis venditio e sui riflessi della stessa in materia di garanzie e di allocazione dei rischi contrattuali, v. infra, Capitolo secondo, § 4.
9 La denominazione si deve a Gai 2.257.
abbiano rappresentato lo strumento giuridico per l’alienazione dell’eredità in età preclassica, per poi scomparire con l’affermarsi della hereditatis venditio, ovvero se siano sopravvissute al diffondersi del contratto consensuale e si siano affiancate ad esso con lo scopo di definire più dettagliatamente il contenuto di alcune obbligazioni delle parti10.
2. Lo stato della letteratura
Come ha osservato Xxxxx Xxxxxxxxx, nella voce enciclopedica dedicata alla vendita, il tema della hereditatis venditio “non ha riscosso una particolare attenzione in letteratura” 11 . L’A., infatti, nello stilare una bibliografia essenziale12, segnala l’esistenza di un’unica monografia moderna sul tema ad opera di Xxxxxxx Xxxxxxx00 e ad essa rinvia per la rassegna della letteratura precedente.
00 x. xxxxx, Xxxxxxxx xxxxx, § 0.
11 X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 348, nt. 442.
12 Ibidem. L’A. dopo aver indicato i passaggi in cui l’argomento è affrontato in alcune opere sulla compravendita in generale, menziona alcuni contributi sul tema, comparsi in riviste ed opere collettanee, a firma di X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, X.X.X. Xxxxxx e X. Xxxxx. Detti contributi, su cui più diffusamente infra, non si occupano però della hereditatis venditio nel suo complesso, bensì affrontano singole questioni giuridiche sollevate dall’istituto.
13 X. XXXXXXX, Venditio hereditatis. La venta de herencia en derecho romano, Salamanca 1966. Lo stesso A., del resto, nell’introduzione dell’opera, precisa che “la venta de herencia estaba huérfana de un estudio amplio, lo más posible” (ivi, p. 15). La medesima osservazione è fatta nella prefazione da P. Xxxxxxxxx (“La venditio hereditatis no había sido objeto de un estudio monográfico en toda su amplia problemática”), relatore della tesi di dottorato da cui ha originato la monografia, il quale avanza altresì un’ipotesi sui motivi della mancanza di un’opera completa sul tema: “la no existencia de una específica y completa investigación sobre el tema se debió, sin duda, a la dificultad básica de explicar el contenido y alcance de la expresión hereditas” (ivi, “Prologo”, pagine non numerate).
Negli anni successivi alla redazione della voce, pur non registrandosi in dottrina alcuna sostanziale inversione di tendenza, il tema è stato oggetto di studio da parte di Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxx al quale si deve, dunque, la più recente trattazione completa in materia di hereditatis venditio14.
Volendo ricostruire lo stato della letteratura romanistica sul tema, giova quindi prendere le mosse dalle, pur brevi, note bibliografiche svolte da Xxxxxxx Xxxxxxx00. Nell’introduzione all’opera, l’.A., premessa l’inesistenza di uno studio completo e sistematico sulla hereditatis venditio16, afferma di aver
14 Y. XXXXXXXX XXXXXX, Propuesta sobre la venta de herencia en el derecho romano clasico, México 1997. Detta monografia è preceduta da un articolo comparso nella Revista de Investigaciones Jurídicas de la Escuela Libre de Derecho (ID., Las stipulationes emptae et venditae hereditatis, in Revista de Investigaciones Jurídicas de la Escuela Libre de Derecho 19 (1995), pp. 169-183) e non esaurisce la produzione dell’A. sul tema. Egli, infatti, a distanza di circa un decennio dalla prima pubblicazione, è tornato ad occuparsi della hereditatis venditio con due saggi aventi ad oggetto, rispettivamente, la questione dei rapporti tra il contratto consensuale di compravendita e le cd. stipulationes emptae et venditae hereditatis (ID., Stipulationes y consensualidad en la compraventa de herencia, in X. XXXXX XXXXXXX (coord.), Xxxxxxx xxxxx x xxxxxx. Xxxxxxxx x Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx 0000, pp. 171-194) e l’ipotesi della vendita dell’eredità effettuata all’incanto con l’intervento di un banchiere (ID., Hereditatis venditio per argentarium facta, in X. XXXXX XXXXXXXXX - J. L. XXXXXX XXXXXXX (coord.), El derecho comercial, de Roma al derecho moderno. IX Congreso Internacional, XII Iberoamericano de Derecho Romano (Las Palmas de Gran Canaria: 1-3 febrero de 2006), I, Las Palmas de Gran Canaria 2007, pp. 397-424). 15 X. XXXXXXX, Venditio hereditatis, cit., pp. 15-16. Le note bibliografiche cui si allude nel testo riguardano le sole opere dedicate in via esclusiva alla figura della hereditatis venditio o a suoi singoli aspetti; ben più ampia è invece, come si può desumere dal relativo indice, la letteratura consultata dall’A. su temi di carattere generale. Si rileva incidentalmente che analoga disamina, sia pure parziale, del quadro bibliografico di riferimento non è invece effettuata da Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxx.
16 L’affermazione, alquanto perentoria, è giustificata dal fatto che l’A., come in seguito dal medesimo precisato, non ha potuto consultare l’opera di X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftskauf im römischen Recht, Leipzig 1877).
rinvenuto solo quattro lavori “que hicieran referencia concreta a dicha venta”17.
Il primo lavoro citato è un articolo, assai risalente, sui rapporti tra hereditatis venditio e ius adcrescendi18 che l’A. non reputa però di alcuna utilità per l’impostazione della propria ricerca 19 . Identica considerazione, sia pure parzialmente mitigata20, è svolta in relazione al secondo lavoro consultato, a firma di Xxxxxxx Xxxxxxxx 21 , che si occupa dei contratti sull’eredità di un soggetto vivente. Le altre due opere menzionate, invece, vertono rispettivamente sulle stipulationes emptae et venditae hereditatis22 e sul problema della confusione dei diritti in conseguenza di una vendita d’eredità23 ; ad entrambi questi contributi l’A., pur sottolineandone la natura di indagini
17 X. XXXXXXX, Venditio hereditatis, cit., p. 15.
18 H. J. KLÜPFEL, Auch das Anwachsungsrecht geht auf den Käufer einer Erbschaft über, in Archiv für die civilistische Praxis 3 (1820), pp. 140-144.
19 X. XXXXXXX, Venditio hereditatis, cit., p. 15: “trabajo muy corto que no nos daba ninguna luz sobre la dirección a seguire”.
20 Ibidem: “mayor interés presentaba el esfuerzo de Vassalli pero tampoco nos ofrecía guías seguras en nuestra labor”.
00 X. XXXXXXXX, Xxxxxxxxxxx critica di diritto romano (fascicolo I), in ID., Studi giuridici, III, 1, Studi di diritto romano (1906-1921), Milano 1960, pp. 335-381 [già in Annali della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia, serie III, 3 (1913), pp. 267-327]. Il saggio è citato anche da X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 348, nt. 442.
22 X. XXXXX, Spunti storici e dommatici sull’alienazione dell’eredità, in AA.VV., Studi di storia e diritto in onore di Xxxxxx Xxxxx per il XL anno del suo insegnamento, I, Milano 1939, pp. 513-544. Anche quest’opera, come la precedente, è menzionata da X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 348, nt. 442.
23 X. XXXXX, Sale of Inheritance and Xxxxxx of Rights, in ZSS, Röm. Abt., 74 (1957), pp. 234-315 [ora in X. XXXXX – X. XXXXX (hrsg.), Xxxxx Xxxxx: Collected Studies in Roman Law, I, Frankfurt am Main 1991, pp. 649-722].
parziali, riconosce maggiore utilità nella ricostruzione della disciplina dell’istituto.
Al termine di questa breve rassegna, l’A. accenna ad un’ulteriore opera di cui ha trovato menzione nelle precedenti e che, tuttavia, non ha potuto consultare direttamente; si tratta di una monografia in lingua tedesca, scritta nella seconda metà del XIX secolo24, interamente dedicata all’esame della figura contrattuale della vendita d’eredità in diritto romano.
Nei paragrafi che seguono saranno dapprima brevemente analizzate le tre opere monografiche sopra citate e, successivamente, si darà conto dei contributi minori, al fine di tracciare un quadro bibliografico, quanto più possibilmente completo, sul tema in esame.
Con riguardo alle monografie, le sintetiche considerazioni che vengono svolte hanno lo scopo, non già di esporre le posizioni dei relativi Autori sulle singole questioni giuridiche inerenti alla hereditatis venditio25, bensì di individuare i differenti approcci al tema, con riferimento, in particolare, all’articolazione sistematica delle trattazioni ed all’accoglimento delle stesse da parte della dottrina. Con riguardo, invece, ai lavori comparsi in riviste o opere collettanee, la finalità della rassegna è quella di identificare i profili dell’istituto che hanno maggiormente sollecitato la produzione scientifica.
2.1. X. XXXXXXXXX, Der Erbschaftskauf im römischen Recht
L’opera, edita nel 1877, si divide in due parti dedicate, rispettivamente, al diritto pregiustinianeo e al diritto giustinianeo. L’assai
24 X. XXXXXXXXX, Der Erbschaftskauf, cit.
25 Delle argomentazioni addotte dagli Autori (e delle relative conclusioni raggiunte) con riguardo alle singole problematiche sollevate dallo studio della hereditatis venditio si darà conto, più diffusamente, man mano che verranno esaminati i vari profili dell’istituto.
disomogeneo sviluppo delle due parti (la prima si compone di sole dodici pagine, la seconda di ottanta) lascia subito intravedere il maggior interesse che riveste, per l’A., la ricostruzione della disciplina risultante dalle fonti della compilazione rispetto all’indagine della sua evoluzione storica. L’unico capitolo di cui consta la prima parte, peraltro, non si occupa dell’alienazione d’eredità realizzata tramite il contratto consensuale di compravendita, bensì esclusivamente di quella compiuta mediante la in iure cessio hereditatis.
La seconda parte dell’opera si articola in tre capitoli e riproduce l’impianto dei commentari dei Pandettisti. L’A., infatti, dapprima (nel capitolo secondo) analizza le peculiarità della hereditas quale oggetto del contratto di compravendita, poi (nel capitolo terzo) delinea le obbligazioni reciproche delle parti ed infine (nel capitolo quarto) si occupa della “Verhältniss der Contrahenten zu dritten Personen”, vale a dire dei riflessi della hereditatis venditio sulla legittimazione processuale alle azioni ereditarie. Il lavoro è quindi completato da una breve appendice sulle alienazioni di eredità effettuate dal fiscus.
È interessante osservare come, nel capitolo terzo, l’A. dedichi ampio spazio (pp. 58–74) al tema, caro ai giuristi del ius commune26, degli incrementi ereditari determinati dall’operare, successivamente al perfezionamento della
26 “L’interesse di questi scrittori per la compravendita di eredità è in genere molto modesto e discontinuo. Problemi di importanza fondamentale […] sono per lo più trascurati, mentre ad altri problemi di ben più limitato rilievo viene rivolta una grande e talora eccessiva attenzione. Tipico al riguardo è il caso della questione relativa al passaggio del cosiddetto ius adcrescendi all’acquirente, che costituì oggetto di ampie e sottili trattazioni, spesso di carattere monografico” (A. FEDELE, La compravendita dell’eredità, Torino 1957, pp. 8-9). Nelle note al testo (nt. 1 e 2), cui si rinvia, l’A. propone una lista delle trattazioni monografiche.
compravendita, del ius adcrescendi o di una substitutio vulgaris e si produca in una minuziosa disamina delle ‘aufgestellten Meinungen’.
L’opera di Xxxxxx Xxxxxxxxx costituisce il primo studio moderno di carattere generale sulla vendita d’eredità in diritto romano ed ha l’innegabile pregio di passare in rassegna la copiosa ma frammentaria letteratura che la precede27 e di riepilogare le posizioni della pandettistica sul tema28.
Essa, tuttavia, sconta l’approccio attualizzante di molte opere dell’epoca e, conseguentemente, in alcuni punti, difetta di un’adeguata prospettiva storica nella lettura delle fonti29. Non stupisce quindi che l’unica recensione coeva30
00 X. XXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxxxxxxxxx, cit., pp. 1-2. Il quadro tracciato dall’autore non è particolarmente edificante: “Suchen wir nach einer Darstellung des gesammten Rechtsinstituts, so finden wir […] ausser verschollen Dissertationen nur eine an Form und Inhalt barocke Monographie von Beseke, ausser den gedrangten Übersichten der Compendien nur die zwar auf das Detail der Lehre näher eingehenden, grossen Theils aber bereits veralteten Ausführungen von Xxxxxxxx und Glück”. Il catalogo (nt. 2) delle ‘dissertazioni perdute’ che l’A. non ha potuto consultare, ‘aller Mühe ungeachtet’, coincide in larga misura con quello stilato da X. Xxxxxx (cfr. supra nt. 26). Particolarmente tagliente è il giudizio sulla monografia di J. M. G. XXXXXX (De alienatione hereditatis ad explicandam leg. II Dig. De hered. vel act. vend. et componendas clarissimorum ictorum lites, Halae ad Salam 1774): “Trotz unerträglicher Breite berühtrt dieser Schriftsteller oft die wichtigsten Fragen mit keinem Worte” (nt. 3).
00 X. XXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxxxxxxxxx, cit. p. 2 nt. 4. L’ampia nota a piè di pagina indica i luoghi riferiti alla hereditatis venditio nei singoli commentari dei pandettisti.
29 X. XXXXXX (L’azione ‘ex vendito’ in D. 18.4.24: fattispecie, patologia, rimedio processuale, in X. XXXXXXXX (cur.), La compravendita e l'interdipendenza delle obbligazioni nel diritto romano, II, Padova 2007, p. 637, nt. 1) osserva che l’A. è “concentrato però sul ‘Justinianische Recht’, ancorché inteso come la proiezione statica delle fonti raccolte nella compilazione giustinianea” e che “la parte propriamente classica […] è peraltro improntata ad una prospettiva viziata dalla commistione dei profili della vendita di eredità e della sua cessione in iure”.
valuti l’opera in considerazione dell’apporto fornito alla dottrina civilistica e sollevi la critica che, con riferimento a determinati profili di disciplina, l’A. non si sia pronunciato sulla permanenza in vigore delle regulae iuris romane nel diritto del suo tempo31.
La monografia di Xxxxxx Xxxxxxxxx, come già precisato, non è stata consultata da Xxxxxxx Xxxxxxx e, probabilmente anche a motivo della sbrigativa valutazione fattane dall’A. spagnolo32, non è citata dalla quasi totalità della letteratura successiva33 che ha, proprio nella monografia di Torrent, il principale riferimento bibliografico.
2.2. X. XXXXXXX, Venditio hereditatis. La venta de herencia en derecho romano
La monografia di Xxxxxxx Xxxxxxx, ben più ampia ed articolata della precedente, è organizzata in tre distinte sezioni di cui, a dispetto del
30 [s.n.], Recensione a X. XXXXXXXXX, Der Erbschaftskauf im römischen Recht, Literarisches Centralblatt für Deutschland 36 (1877), pp. 1216-1217. La recensione è firmata in calce con una sigla (-t.) e non è stato possibile identificarne l’autore consultando gli indici della rivista; l’A., peraltro, non è menzionato neppure nell’unica citazione dell’articolo riscontrata (X. XXXXXXXXXX, Lehrbuch des Pandektenrechts unter vergleichender Darstellung des deutschen bürgerlichen Rechts bearbeitet von Xxxxxxx Xxxx, 8. Auflage, III, Frankfurt am Main 1901, § 621, p. 535 [trad. it.: X. XXXXX – P. E. BENSA (cur.), Diritto delle Pandette, Torino 1904, p. 394]).
31 Ibidem: “Der Verf. läßt es im Hinblicke auf ein von manchen Schriftstellern mit großer Zuversicht behauptetes abänderndes Gewohnheitsrecht dahin gestellt, ob das römische Recht in diesem Puncte noch gelte; er hätte wohl dreist dessen fortdauernde Geltung behaupten dürfen”.
32 X. XXXXXXX, Venditio hereditatis, cit., pp. 15-16: “Por ultimo, hay otro trabajo, que no hemos podido consultar directamente, de Xxxxxxxxx […] pero el escaso eco que ha tenido en la doctrina romanística y la fecha de su publicación, hace que no podamos considerarlo decisivo para nuestra investigación”.
33 L’opera non è citata, ad esempio, da Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxx. Fa eccezione X. XXXXXX (L’azione ‘ex vendito’, cit.); cfr. supra nt. 29.
titolo, solo una (la terza) propriamente dedicata alla hereditatis venditio. Alla trattazione del contratto consensuale di vendita dell’eredità, infatti, l’A. premette due ‘Titulos’: nel primo, suddiviso in due capitoli, l’A. si occupa di ricostruire la nascita e lo sviluppo della nozione di hereditas nel diritto romano arcaico (pp. 21-53) e di esaminare l’istituto della mancipatio familiae (pp. 55-85); nel secondo, analizza la in iure cessio hereditatis (pp. 89-149)34.
La struttura dell’opera è motivata dalla necessità di indagare approfonditamente l’oggetto del contratto35 e di individuarne gli antecedenti storici. Nella prospettiva dell’A., infatti, la mancipatio familiae e la in iure cessio hereditatis, in quanto istituti giuridici finalizzati alla cessione di un compendio ereditario, rappresentano le tappe di una ideale, continua evoluzione che conduce alla hereditatis venditio36.
34 “Ihr Verf. Gibt sich mit dem Versuch einer Gesamtdarstellung des römischen Erbschaftskaufs nicht einmal zufrieden, sondern schickt den Partien, die der venditio hereditatis gelten (s. 153-230), einen dem frührömischen Recht gewidmeten Abschnitt über hereditas und mancipio familiae (s. 21-85) und ein Stuck über die in iure cessio hereditatis (s. 89-149) voraus” (X. XXXXX-XXXX, Recensione a X. XXXXXXX, Venditio hereditatis. La venta de herencia en derecho romano, in ZSS, Röm. Abt., 85 (1968), p. 535).
35 X. XXXXXXX, Xxxxxxxx hereditatis, cit., p. 21: “Nos parece imprescindible iniciar nuestro trabajo exponiendo las principales teorías que los autores han dado de la herencia primitiva, exposición que entendemos ser un prius lógico para llegar a comprender lo que fuera la venta de herencia”.
36 “Hemos de estudiar ahora una forma arcaica de enajenación del patrimonio” (ivi, p. 55), “Siguiendo la evolución que nos hemos trazado en el estudio de la venditio hereditatis, analizaremos ahora xx xxxxxxxxxx x xx xxxxxxxxx xx xx xx xxxx xxxxx xx xx xxxxxxxx, hasta llegar en la última fase del pensamiento romano, a la venta de herencia” (ivi, p. 89). Questa prospettiva è però contestata da S. E. WUNNER (Recensione a X. XXXXXXX, Venditio hereditatis. La venta de herencia en derecho romano, in TR 36 (1968), p. 162), il quale osserva“daß die mancipatio familiae in ihrer noch nicht zum Libraltestament entwickelten Form "el primer precedente" der spateren
L’esposizione dei primi tre temi (nozione di hereditas primitiva – mancipatio familiae – in iure cessio hereditatis), sia pure con diversa ampiezza, segue il medesimo schema: l’A. dapprima, mediante un minuzioso spoglio della letteratura, ricostruisce le singole posizioni dottrinali esistenti e, successivamente, nella parte conclusiva, presenta il proprio punto di vista sulla questione.
Assai differente dall’approccio compilativo utilizzato nelle prime due xxxxxxx00 è invece il metodo adottato dall’A. per l’esame della hereditatis venditio; la terza sezione della monografia, infatti, pur senza tralasciare il confronto con la dottrina, consiste in una serrata esegesi delle fonti e, in particolare, di quelle contenute in D. 18.4 e C. 4.39.
L’opera di Xxxxxxx Xxxxxxx, come detto, ha rappresentato a lungo l’unica monografia moderna esistente in materia di hereditatis venditio. In considerazione di ciò, nessuno degli autori che, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, hanno affrontato lo studio (sia pure parziale) della materia ha potuto prescindere dal confrontarsi con i risultati della sua indagine.
Senza entrare, in questa sede, nel merito delle contestazioni mosse all’A. su singole conclusioni della sua ricerca, è opportuno rilevare le più generali osservazioni critiche mosse dalla dottrina sull’impostazione dell’opera e sul metodo di indagine. In particolare, i recensori dell’opera, pur condividendone
venditio hereditatis ist kann wohl nur in einem sehr allgemeinen Sinn gesagt werden” soprattutto dal momento che detto istituto “erfiillt keinen Kaufzweck”.
37 Si rileva che l’uso della letteratura fatto dall’A. non è stato esente da critiche. In particolare si veda S. E. WUNNER, Rec. a A. XXXXXXX, xxx., x. 000: “Statt der umfangreichen, unkritischen Literaturberichte, die in der Sache nicht weiterführen, hätte der Verfasser die selbständige Quellenanalyse viel mehr in den Vordergrund stellen müssen”.
una valutazione sostanzialmente positiva38, sono concordi nel ritenere che l’eccessivo ampliamento dell’ambito di indagine abbia impedito all’autore di concentrarsi su quello che avrebbe dovuto essere il tema centrale della trattazione39.
2.3. Y. XXXXXXXX XXXXXX, Propuesta sobre la venta de herencia en el derecho romano clasico
Il volume, pubblicato nel 1997, è, ancora oggi, il più recente contributo monografico in materia di vendita dell’eredità40. L’opera, che, a
38 X. XXXXX-XXXX (Rec. a X. XXXXXXX, cit., passim), in particolare, nonostante alcune mirate osservazioni critiche –su cui infra–, riconosce all’A. accuratezza e chiarezza nella conduzione dell’esegesi delle fonti ed afferma che le critiche sollevate “soll uns aber nicht davon abhalten, dem Verf. für ein informatives, klares und anregendes Erstlingswerk zu danken”. Su posizione analoga anche X. XXXXXXXXX, Recensione a A. TORRENT, Venditio hereditatis. La venta de herencia en derecho romano, in Iura 18 (1967), pp. 207-210 [ora in X. XXXXXX – X. XXXXXXXXX (cur.), Opuscoli. Scritti di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, I, Napoli 2012, pp. 209-212].
39 In modo assai perentorio si esprime X. XXXXX-XXXX (Rec. a X. XXXXXXX, cit., p. 535) il quale, dopo aver descritto l’impianto dell’opera, conclude che “diese Anlage des Buches scheint mir freilich nicht glücklich”. Il motivo del mancato gradimento risiede nel fatto che, secondo il Recensore, le prime due sezioni dell’opera costringono l’A. a disperdere le proprie energie su questioni vastissime (peraltro senza poter assumere al riguardo posizioni risolutive), “wärend die der venditio hereditatis eigentümlichen Fragen im gazen doch kurz zu kommen”. Dello stesso avviso è X. XXXXXXXXX (Rec. a X. XXXXXXX, cit. p. 210), per il quale “nell’economia del lavoro i primi due titoli non appaiono eccessivamente utili, poiché nessun nesso particolarmente stretto sembra legare le materie ivi trattate al problema della venditio hereditatis”. Analoga infine la posizione di S. E. WUNNER (Rec. a X. XXXXXXX, cit., p. 159), secondo il quale “die kaufrechtliche Problematik dürfte auch eindeutig im Vordergrund stehen”, mentre “der Verfasser legt das Schwergewicht seiner Untersuchung jedoch auf die erbrechtlichen Aspekte seines Themas”.
40 “This is a systematic and substantial exposition of the main issues involved in the sale of an inheritance in classical Roman law. Relying mainly on D. 18.4 and C. 4.39, the author offers a succinct survey of the many difficult jurisprudential problems which arise in this
differenza del lavoro di Xxxxxxx Xxxxxxx, si concentra esclusivamente sulla hereditatis venditio, si articola in otto capitoli secondo un sistema di “distribuzione della materia per nuclei fondamentali di problemi”41.
Il primo nucleo riguarda i rapporti tra le stipulationes emptae et venditae hereditatis ed il contratto consensuale di compravendita. Tali rapporti, ampiamente trattati nel primo capitolo, rappresentano un tema particolarmente caro all’A. che, su di essi, si era già espresso in un articolo apparso prima della monografia 42 e sui quali è tornato a scrivere anche successivamente43.
All’analisi delle stipulationes emptae et venditae hereditatis l’A. fa seguire lo studio dell’oggetto della compravendita (capitolo secondo), l’esame dei modi di trasmissione dell’eredità compravenduta (capitolo terzo), l’individuazione delle obbligazioni di ciascuna delle parti (capitoli quarto e quinto) e della loro responsabilità (capitolo settimo) ed, infine, la problematica della confusione dei diritti (capitolo sesto).
La parte più caratterizzate dell’opera, tuttavia, è senz’altro il capitolo ottavo, in cui l’A. da un lato, con l’ausilio di fonti letterarie, affronta la
area.” (X. XXXXXXXX, Recensione a Y. XXXXXXXX XXXXXX, Propuesta sobre la venta de herencia en el derecho romano clasico, in TR 68 (2000), fasc. 1-2, p. 122).
41 A. BURDESE, Recensione a Y. XXXXXXXX XXXXXX, Propuesta sobre la venta de herencia en el derecho romano clasico, in SDHI 65 (1999), p. 417.
42 Y. XXXXXXXX XXXXXX, Las stipulationes emptae, cit. Si rileva che le posizioni originariamente assunte dell’A sono in parte dal medesimo superate nella monografia in commento.
43 Y. XXXXXXXX XXXXXX, Stipulationes y consensualidad, cit.
questione, trascurata dalla letteratura precedente44 , dell’importanza e della funzione sociale della hereditatis venditio e, dall’altro, sulla base dei risultati dell’esegesi delle fonti romane, tenta di isolare “principi ispirati a criteri di ragione e di equità […] che possano riuscire ancora utili nella interpretazione integrativa delle codificazioni a base romanistica, in particolare nei paesi dell’America Latina”45.
L’approccio “attualizzante” dell’A. è infine ulteriormente confermato dall’appendice contenente la traduzione in lingua spagnola di D. 18.4 e C. 4.39, espressamente finalizzata ad assicurare “la posibilitad de que los juristas y abogados puedan tener un instrumento de consulta ya sea en el aspecto teórico come en el practico sobre la materia”46.
2.4. Altri contributi in materia di hereditatis venditio
A completamento della rassegna bibliografica è opportuno dar conto delle opere di quegli Autori che, pur non affrontando uno studio onnicomprensivo dell’istituto, hanno condotto ricerche su singoli aspetti della hereditatis venditio 47 . A fini espositivi, questi studi parziali possono essere
44 In particolare, lo studio della rilevanza sociale dell’istituto non è affrontato da X. Xxxxxxx. Come osserva infatti X. XXXXX-XXXX (Rec. a X. XXXXXXX, cit., p. 536): “überdies verführt es dazu, die Frage nach den rechtssoziologischen Grundlagen der venditio hereditatis zu übergehen”. Sul punto Y. Xxxxxxxx Xxxxxx raccoglie il suggerimento di X. Xxxxx-Xxxx il quale, nel recensire l’opera di X. Xxxxxxx, aveva sottolineato proprio la necessità di condurre una verifica, preferibilmente con l’ausilio delle fonti letterarie, circa la concreta rilevanza sociale dell’istituto.
45 A. BURDESE, Rec. a Y. XXXXXXXX XXXXXX, xxx., x. 000.
46 Y. XXXXXXXX XXXXXX, Propuesta, cit., p. 9.
47 Il riferimento è ovviamente limitato a quei contributi scientifici che hanno espressamente ad oggetto una fonte in materia di hereditatis venditio, ovvero uno specifico profilo della
raggruppati in ragione dell’argomento affrontato, così da fornire un’indicazione delle tematiche maggiormente dibattute in dottrina.
Un primo tema è rappresentato, senz’altro, del divieto dei negozi aventi ad oggetto l’eredità di una persona vivente. Si tratta di un argomento che presenta numerosi punti di contatto con la più ampia questione del divieto dei patti successori e che, con riferimento alla compravendita, è stato affrontato da Xxxxxxx Xxxxxxxx00 e, più recentemente, da Xxxxxx Xxxxxx00.
Un secondo, importantissimo, tema è costituito dalle stipulationes emptae et venditae hereditatis sulle quali, all’infuori delle opere monografiche, esistono i già citati contributi di Xxxxxxxxx Xxxxx00 e di Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxx00.
Un terzo gruppo di opere verte invece sulla questione del ius adcrescendi; si tratta di una problematica che ha conosciuto alterne fortune, sulla quale, accanto a contributi assai risalenti52, si segnalano nuove e più recenti proposte interpretative53. Detta problematica si pone nel caso in cui il contratto di hereditatis venditio abbia ad oggetto non già l’intero asse ereditario, bensì una sua quota; in tale ipotesi, infatti, l’eventuale rinuncia di un coerede determinerebbe
fattispecie contrattuale o dei suoi effetti, non potendosi chiaramente dar conto delle opere che, solo incidentalmente, sfiorano il tema.
48 X. XXXXXXXX, Miscellanea critica, cit.
49 X. XXXXXX, Los precedentes clásicos de la prohibición de negocios sobre la herencia de un vivo en derecho romano, in AA.VV., Estudios juridicos en homenaje al profesor Xxxxx Xxxx Xxxxxxxx, XX, Xxxxxxxx 0000, pp. 475-486.
50 X. XXXXX, Spunti storici e dommatici, cit.
51 cfr. supra nt. 14.
52 H. J. KLÜPFEL, Auch das Anwachsungsrecht, cit.
00 X. X. XXXXXXXXX XXXXXXXX, Xx xxxxxxxxxx xx restituir la cuota acrecida en la venditio hereditatis, in RIDROM 6 (2011), pp. 196-226.
l’accrescimento della quota del coerede-venditore, sollevando questioni circa le modalità di trasferimento all’acquirente di tale incremento.
Un ulteriore argomento che negli anni ha sollecitato l’attenzione degli studiosi è quello dei rapporti tra emptio spei e vendita dell’eredità; due sono i lavori 54 che, differenziandosi dalla copiosissima letteratura in materia di contratti aleatori, hanno concentrato la propria attenzione, in via esclusiva, sulla configurabilità di una vendita aleatoria dell’eredità.
Infine, un quinto ed ultimo tema ricorrente può essere individuato nello studio delle ipotesi di estinzione per confusione di diritti in conseguenza di una vendita d’eredità. Su tale argomento, oltre all’amplissimo contributo di Xxxxx Xxxxx00, si ricorda un articolo di Xxxxx del Xxxxxx Xxxxxxx Salcedo56.
54 X. XXXXX, Erbschaftskauf und Hoffnungskauf, in BIDR 74 (1971), pp. 45-59 e X.X.X. XXXXXX, Xxxxxxxx hereditatis and emptio spei, in Tulane Law Review 33 (1958-1959), pp. 541-550. Ad essi si aggiunge la terza sezione (intitolata “La vendita di eredità e la dottrina dell’emptio spei”) del già citato contributo di X. XXXXXXXX (Miscellanea critica, cit., pp. 366-378).
55 X. XXXXX, Sale of Inheritance, cit.
56 X. XXXXXXX XXXXXXX, Notas sobre xx xxxxxxxxx x xx xxxxx xx xxxxxxxx, xx XXXX 0 (0000), XX § 000000.
CAPITOLO SECONDO – La fattispecie
1. Premessa
La hereditatis venditio, come desumibile dalla collocazione sistematica nella compilazione giustinianea dei passi ad essa dedicati57 , è un sottotipo del contratto consensuale di emptio venditio. Il presente capitolo si propone di esaminare le caratteristiche della fattispecie che hanno indotto la giurisprudenza romana ad elaborare, al riguardo, regole specifiche ad integrazione (e, talvolta, a correzione) delle norme generali in materia di compravendita.
I motivi della considerevole attenzione riservata dai prudentes all’istituto sono senz’altro da ricercarsi nella peculiarità della hereditas come merx e, in particolare, nella compresenza di profili di diritto contrattuale ed elementi di diritto successorio 58 . Tali ragioni ‘scientifiche’, tuttavia, non appaiono sufficienti a giustificare l’interesse della giurisprudenza per la fattispecie; ad
00 x. xxxxx, Xxxxxxxx xxxxx, § 0.
58 Come osserva X. XXXXXXXX XXXXXX (Propuesta, cit., pp. 223-224), infatti, “es cierto que la materia, al desenvolverse en el campo contractual y tocar a la vez aspectos de derecho sucesorio, ocasiona un grado de dificultad especial, que por si sola podría ser razón suficiente para un análisis detallado de la jurisprudencia clásica”.
esse devono dunque verosimilmente aggiungersi considerazioni di ordine prettamente pratico legate alla diffusione sociale del contratto in esame59.
Nei paragrafi che seguono, lo studio della fattispecie si muoverà su tre livelli: l’individuazione dei limiti entro i quali l’ordinamento consente ai privati di negoziare le situazioni soggettive derivanti da una successione per causa di morte (§ 2), l’esame dell’oggetto del contratto sulla base dell’esegesi dell’articolato passo ulpianeo riportato in D. 18.4.2. (§ 3) ed infine l’analisi dell’alea economica tipica della hereditatis venditio e delle ipotesi in cui detta alea
59 Secondo Y. XXXXXXXX XXXXXX (Propuesta, cit., p. 224), infatti, “la gran cantidad de problemas concretos planteados implica que la venta de herencia era un negocio común en la vida social romana y que resolvía problemas que se daban en la práctica”. Lo studio della diffusione e della funzione sociale della hereditatis venditio esula dallo scopo del presente lavoro; al riguardo, si rinvia all’indagine, unica in letteratura, condotta da Y. Xxxxxxxx Xxxxxx sulla base di alcune epistole ed orazioni ciceroniane. L’esame delle fonti letterarie porta l’A. a formulare la seguente conclusione: i motivi della diffusione sociale del contratto di hereditatis venditio sarebbero da ricercarsi nella “costumbre sumamente difundida en la clases más elevadas […] de recompensar a sus propios amigos y familiares instituyéndoles herederos de una porción de la herencia” (ivi, p. 229-230); tale consuetudine, infatti, farebbe sorgere, con una certa frequenza, in capo agli eredi la necessità “trasformar en dinero la cuantía de bienes que constituían la hereditas”, specialmente quando detti beni risultino di difficile amministrazione a motivo della loro collocazione geografica o dell’esistenza di numerosi coeredi. In tal senso si era già incidentalmente pronunciato anche X. XXXXX-XXXX (Rec. a X. XXXXXXX, cit., p. 537), secondo il quale la hereditatis venditio “sich als Ausweg anbot, wenn eine räumlich so entlegene Erbschaft anfiel, daß man Schwierigkeiten hatte, sich ihrer Abwicklung im erforderlichen Ausmaß zu winden”.
A X. Xxxxx-Xxxx si deve anche l’ulteriore suggestione, sviluppata da Y. Xxxxxxxx Xxxxxx, circa l’idoneità della hereditatis venditio ad assolvere la funzione di negozio traslativo di attività economiche imprenditoriali; l’A., infatti, conclude le proprie brevi considerazioni in materia sostenendo che “die venditio hereditatis [...] ein fein ziseliertes Instrument für Transaktionen in Kreisen der Oberschicht darstellt und manche Funktion der modernen Unternehmensübertragung (insbesondere bei Industriefusionen) zu erfüllen vermochte”.
può trascendere l’aspetto puramente finanziario ed accedere alla causa del contratto (§ 4).
2. I limiti alla negoziabilità della hereditas
Al fine di individuare l’ambito di applicazione della hereditatis venditio e di comprendere le scelte adottate dalla giurisprudenza nella determinazione del suo oggetto, giova preliminarmente esaminare la compatibilità dello schema contrattuale della vendita con i principi del diritto successorio.
In particolare, è opportuno soffermarsi sui limiti posti dall’ordinamento alla negoziabilità di alcune situazioni giuridiche soggettive (potenzialmente) derivanti da una successione per causa di morte e precisamente: lo status di chiamato all’eredità, lo status di erede e l’aspettativa di un’eredità futura. Ciascuna di queste situazioni giuridiche, infatti, incontra limiti alla propria commerciabilità in alcuni principi fondamentali del diritto ereditario romano; si tratta di principi che, talvolta pur in difetto di un’espressa enunciazione nelle fonti, caratterizzano il sistema delle successioni al punto da essersi conservati, in larga misura, negli attuali ordinamenti di tradizione romanistica 60 : il principio di intrasmissibilità della vocazione ereditaria, la regola ‘semel heres, semper heres’ ed il divieto dei patti successori.
60 La conservazione, negli ordinamenti attuali di tradizione romanistica, dei principi indicati nel testo è verificata, senza dubbio, con riferimento all’intrasmissibilità degli status di chiamato all’eredità e di erede. Diversa è invece l’ampiezza con cui i medesimi ordinamenti hanno mantenuto il divieto dei patti successori; sul punto v. X. XXXXXXX, Il divieto dei patti successori. Contributo allo studio dell’autonomia privata nella successione futura, Napoli 2012 (per l’ordinamento italiano) e X. XXXXXX, Uno sguardo comparatistico sui patti successori e sulla distribuzione negoziata della ricchezza d'impresa, in Riv. di diritto privato 3 (2013), pp. 355-374.
Dall’esame dei limiti alla negoziabilità delle situazioni soggettive sopra elencate si possono trarre elementi per l’esatta determinazione della prestazione del venditore nella hereditatis venditio.
2.1. L’intrasmissibilità della vocazione ereditaria
La prima questione che si pone riguarda l’ammissibilità di un contratto di compravendita che abbia ad oggetto una hereditas ancora non adita dal chiamato e che si proponga di trasferire all’acquirente la vocazione ereditaria61, al fine di consentire a quest’ultimo, con un atto di accettazione, di conseguire la qualifica di erede. Tale questione deve essere risolta in senso negativo alla luce della natura personalissima della vocazione ereditaria e della sua (conseguente) intrasmissibilità a mezzo di un atto negoziale.
61 Nella letteratura romanistica, i termini ‘vocazione’ e ‘delazione’ sono alternativamente utilizzati per indicare l’offerta dell’eredità al chiamato al momento dell’apertura della successione e per distinguere questa prima fase del fenomeno successorio dalla seconda (e conclusiva) fase dell’acquisto, che si verifica allorché il chiamato manifesti, espressamente (mediante la cretio) o con comportamento concludente (pro herede gestio), la propria attenzione di accettare. X. XXXXXXXXX, pur avallando l’uso alternativo dei due termini (Istituzioni di diritto romano, Milano 1990, pp. 675: “i due momenti della delazione, o della vocazione, ereditaria e dell’acquisto dell’eredità”), sottolinea che “nella dottrina moderna si è individuata una differenza tra la delazione e la vocazione ereditaria: la delazione, infatti, viene intesa in senso oggettivo, indicando, nel fenomeno successorio, l’aspetto per cui, alla morte del de cuius, il patrimonio viene destinato ad essere acquistato da un successore; la vocazione ereditaria ha, invece, carattere soggettivo ed è la designazione del chiamato, mediante la quale si individua il soggetto a favore del quale avviene l’offerta e può fondarsi su un testamento (vocazione testamentaria) o, in mancanza, sull’indicazione della legge nell’ambito di una cerchia parentale più o meno ampia (vocazione legittima)”. Nelle pagine che seguono, dal momento che la quaestio della trasmissibilità riguarda la possibilità di modificare convenzionalmente la destinazione soggettiva della chiamata, si è preferito utilizzare il termine ‘vocazione’; si fa tuttavia avvertenza che i brani di alcuni Autori citati utilizzano indifferentemente il termine ‘delazione’ con il medesimo significato.
Il principio che vieta la trasmissione per atto inter vivos della vocazione ereditaria, benché non sia oggetto di espressa enunciazione da parte delle fonti, è unanimemente affermato dalla dottrina sulla base del seguente argomento a fortiori: il diritto classico non conosceva l’istituto della trasmissione, vale a dire non consentiva agli eredi del chiamato, che fosse morto dopo l’apertura della successione, ma prima di accettare l’eredità, di subentrare nella vocazione; dal momento che la trasmissione mortis causa della vocazione, in quanto operante indipendentemente dalla volontà dei soggetti coinvolti, costituisce senz’altro un minus rispetto alla cedibilità inter vivos della stessa, si deve ritenere che anche quest’ultima fosse, a maggior ragione, esclusa62 dal diritto classico.
Non inficia la validità dell’argomento la circostanza che, in età postclassica, sia venuto meno il divieto di trasmissione mortis causa della vocazione63 ; al contrario, il fatto che il provvedimento legislativo che ha ammesso la cd. transmissio Iustinianea non prenda in considerazione la trasmissione inter vivos, è conferma del trattamento volutamente differenziato tra le due ipotesi.
62 In tal senso, ex multis, si vedano X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., pp. 678-679 (“La delazione è strettamente personale: se dopo l’apertura della successione, il chiamato muore prima dell’acquisto, i suoi eredi non subentrano nella delazione stessa […] Al principio non si derogò mai, sul piano del ius civile, per tutto il periodo classico”), X. XXXXXXX XXXX, Xxxxx xx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, 00 xx., Xxxxxx 2002, p. 552 (“la delazione all’erede estraneo è soltanto un’offerta, non è un diritto perfetto trasmissibile agli eredi […] Comunque in nessun caso l’eredità non ancora accettata passa all’erede dell’erede [rectius ‘del chiamato’]”) e X. XXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, 3 ed., Palermo 2006, p. 571 (“La delazione ereditaria, sino a tutta l’età classica intrasmissibile mortis causa, era a fortiori intrasmissibile con atti inter vivos”).
63 In forza di una costituzione del 529 d.C. contenuta in C. 6.30.19.
La ratio del permanere del divieto di trasmissione inter vivos è da ricercarsi, nell’ipotesi di vocazione testamentaria, nell’intenzione di tutelare l’intuitus personae che ha sorretto l’istituzione d’erede e, nell’ipotesi di vocazione ex lege, nell’esigenza di escludere che i privati possano autonomamente modificare la direzione soggettiva impressa dalla legge alla vicenda successoria.
2.1.1. L’eccezione della in iure cessio hereditatis (cenni)
Un’eccezione, ammessa dal diritto classico, al divieto sopra esposto di trasmissione della vocazione ereditaria, è rappresentata dall’istituto della in iure cessio hereditatis64. Si tratta di un’applicazione della in iure cessio di cui è conservata testimonianza in alcuni passi delle Istituzioni di Gaio65 e nei Tituli ex corpore Ulpiani66.
64 La letteratura sul tema è estremamente ampia e non può qui essere richiamata che sommariamente. Si vedano, in particolare: X. XXXXXXXXX, In iure cessio hereditatis: spunti per la valutazione della hereditas, in SDHI 10 (1944), pp. 1-100, F. XX XXXXXXX, Nota in tema di in iure cessio hereditatis, in AA.VV. Studi in onore di Xxxx Xxxxxxx: nel cinquantesimo anniversario del suo insegnamento universitario, 1899-1948, Napoli 1948, pp. 568-589, X. XXXXXXX, Notazioni romanistiche. III. In iure cessio hereditatis, in AA.VV. Studi in onore di Xxxx Xxxxxxx, cit., pp. 38-46, X. XXXXXXXXX, La in iure cessio dell’eredità, in Scritti giuridici in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, IV, Diritto pubblico e storia del diritto, Padova 1950, pp. 255-292 e P. VOCI, Diritto ereditario romano, I, Introduzione. Parte generale, 2 ed., Milano 1967, pp. 98-102. Per ulteriore bibliografia, si rinvia infine all’ampia trattazione di X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., pp. 89-149).
65 Si tratta di due brani, di contenuto essenzialmente identico, contenuti nel secondo (Gai
2.35 e Gai 2.37) e nel terzo libro (Gai 3.85 e Gai 3.87) delle Istituzioni.
66 Il brano ulpianeo si compone di quattro frammenti del diciannovesimo titolo:
Tit. Ulp. 19.12: ‘Hereditas in iure ceditur vel antequam adeatur, vel posteaquam adita fuerit’
Tit. Ulp. 19.13: ‘Antequam adeatur, in iure cedi potest legitimo ab herede; posteaquam adita est, tam a legitimo quam ab eo, qui testamento heres scriptus est’
Tit. Ulp. 19.14: ‘Si, antequam adeatur, hereditas in iure cessa sit, proinde heres fit, cui cessa est, ac si ipse heres legitimus esset; quod si posteaquam adita fuerit, in iure cessa sit, is, qui
Le fonti prevedono due fattispecie distinte a seconda che l’in iure cedens non abbia ancora accettato l’eredità (in iure cessio hereditatis nondum aditae), ovvero abbia già provveduto in tal senso (in iure cessio hereditatis post aditionem). Solo nel primo dei due casi gli effetti del negozio rappresentano un’eccezione al principio dell’intrasmissibilità della vocazione ereditaria.
Nella in iure cessio hereditatis nondum aditae, infatti, il chiamato all’eredità trasferisce all’in iure accipiens la propria vocazione ereditaria. Quest’ultimo, per effetto della in iure cessio, non acquista soltanto la vocazione di cui ha disposto il cedente, bensì, immediatamente, la qualifica di erede (‘proinde fit heres is, cui in iure cesserit, ac si ipse per legem ad hereditatem vocatus esset’67, ‘pleno iure fit ille heres, cui cessa est hereditas, proinde ac si ipse per legem ad hereditatem vocaretur’68), “perché l’esercizio di una sia pur fittizia vindicatio hereditatis comportava accettazione della delazione mediante pro herede gestio”69. Questa ipotesi di in iure cessio, tuttavia, è ammessa solo per il chiamato all’eredità ex lege70 che non rientri nel novero degli heredes sui et necessarii71.
cessit, permanet heres, et ob id creditoribus defuncti manet obligatus; debita vero pereunt, id est debitores defuncti liberanturi’
Tit. Ulp. 19.15: ‘Res autem corporales, quasi singulae in iure cessae essent, transeunt ad eum, cui cessa est hereditas’
67 Gai 2.35.
68 Gai 3.85.
69 X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 694.
70 Gai 2.36: ‘Testamento autem scriptus heres ante aditam quidem hereditatem in iure cedendo eam alii nihil agit […]’; Gai 3.86: ‘testamento scriptus heres […] ante aditam vero hereditatem cedendo nihil agit’.
71 L’impossibilità per gli eredi necessari di porre in essere una in iure cessio hereditatis nondum aditae discende dal fatto che, detti eredi, stante il peculiare regime automatico di acquisto dell’eredità loro riservato, non potevano mai trovarsi nella condizione di chiamati all’eredità. In merito alla in iure cessio comunque posta in essere da un erede necessario, le fonti registrano un contrasto tra scuole: secondo alcuni prudentes, infatti, l’atto produrrebbe i
Nella in iure cessio hereditatis post aditionem, invece, il cedente, conserva la qualifica di erede (‘post obligationem vero si cesserit, nihilo minus ipse heres permanet et ob id creditoribus tenebitur’) e si limita a trasferire all’in iure accipiens la proprietà dei singoli beni che compongono l’asse ereditario (‘corpora vero eius hereditatis proinde transeunt ad eum, cui cessa est hereditas, ac si ei singula in iure cessa fuissent’), provocando contestualmente l’estinzione dei crediti (‘debita vero pereunt, eoque modo debitores hereditarii lucrum faciunt’)72.
L’istituto, in entrambe le sue forme, scomparve in età postclassica, come desumibile dall’assenza di riferimenti ad esso nella compilazione giustinianea73.
medesimi effetti di una in iure cessio hereditatis post aditionem, secondo altri, invece, non sarebbe produttiva di effetti:
Gai 2.37: ‘Idem et de necessariis heredibus diversae scholae auctores existimant, quod nihil videtur interesse, utrum aliquis adeundo hereditatem fiat heres an inuitus existat. Quod quale sit, suo loco apparebit: sed nostri praeceptores putant nihil agere necessarium heredem, cum in iure cedat hereditatem’
Gai 3.87: ‘Suus autem et necessarius heres an aliquid agant in iure cedendo, quaeritur. Nostri praeceptores nihil eos agere existimant; diversae scholae auctores idem eos agere putant, quod ceteri post aditam hereditatem; nihil enim interest, utrum aliquis cernendo aut pro herede gerendo heres fiat an iuris necessitate hereditati adstringatur’.
72 Tutti i passi citati sono tratti da Gai 2.35; con analogo tenore si esprime anche Gai 3.85: ‘quod si postea quam heres extiterit, cesserit, adhuc heres manet et ob id creditoribus ipse tenebitur’, ‘sed res corporales transferet, proinde ac si singulas in iure cessisset,’, ‘debita vero pereunt, eoque modo debitores hereditarii lucrum faciunt’.
73 Secondo alcuni Autori, sarebbe un diretto riferimento all’istituto, sopravvissuto alla soppressione operata dai compilatori, il frammento Ulpianeo escerpito in D. 00.0.0.00:
D. 44.4.4.28 (Ulp. l. 76 ad ed.): ‘Si, cum legitima hereditas Gaii Seii ad te perveniret et ego essem heres institutus, persuaseris mihi per dolum malum, ne adeam hereditatem, et posteaquam ego repudiavi hereditatem, tu eam Sempronio cesseris pretio accepto isque a me petat hereditatem: exceptionem doli mali eius, qui ei cessit, non potest pati.’
Questi autori intendono ‘cesseris’ in senso tecnico come ‘(in iure) cesseris’ e avanzano conseguentemente l’ipotesi che “nel diritto del Corpus iuris sia rimasta, con gli stessi limiti
L’espressa intenzione di non menzionare l’istituto emerge con particolare chiarezza nel terzo libro delle Istituzioni di Xxxxxxxxxxx dove i compilatori, dopo aver riportato il contenuto di Gai 3.82-84, saltano i passi dedicati alla in iure cessio hereditatis (Gai 3.85-87) e si riallacciano al testo gaiano nel paragrafo immediatamente successivo74.
Se, da un lato, la scomparsa della in iure cessio hereditatis nel periodo postclassico è la conseguenza naturale dello scomparire del mezzo negoziale con cui essa si attua (la in iure cessio), dall’altro, il fatto che l’istituto non sia stato sostituito da alcun surrogato, lascia presumere che ne sia venuta meno la ratio originaria.
Tale ratio, secondo la dottrina prevalente, è da ricercarsi nella necessità di “ovviare agli inconvenienti derivanti dalla mancanza della successio ordinum vel graduum”75 nel diritto ereditario classico.
sostanziali della classica in iure cessio hereditatis, la possibilità di cedere l’eredità delata e non ancora adita” (X. XXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 571). La ricostruzione è tuttavia minoritaria.
74 X. XXXXXXXXX, In iure cessio, cit., p. 76: “I compilatori delle Istituzioni saltarono interamente i riferimenti alla in iure cessio hereditatis che Xxxx sviluppava. Essi seguirono pedissequamente il modello gaiano nel titolo decimo del libro terzo e, dal principium al § 3, riportarono i paragrafi III 82-84 delle Istituzioni gaiane. Saltarono i §§ 85-87 che si riferivano alla in iure cessio hereditatis. Quando ripresero il filo della trattazione gaiana, si riallacciarono al § 88, sicché il proposito di non far menzione del nostro istituto è già per questo fatto arguibile”.
75 X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 694. Secono il ius civile, infatti, la rinuncia all’eredità da parte di un chiamato non comportava la devoluzione della vocazione ai soggetti appartenenti alla medesima classe di successibili con un grado di parentela più elevato (successio graduum), né, in mancanza di questi ultimi, ai soggetti appartenenti alla classe successiva (successio ordinum). Del medesimo avviso sono anche X. XXXXXXXXX (Xx xxxx xxxxxx, xxx., x. 00: “In diritto giustinianeo, con il sistema della transmissiones, le cose sono profondamente cambiate e può darsi che anche questo nuovo stato di cose abbia influito notevolmente sulla scomparsa della
2.2. L’intrasmissibilità dello status di erede
Accertato il limite posto dall’intrasmissibilità della vocazione ereditaria a mezzo di un atto inter vivos, occorre ora chiedersi se sia ammissibile un contratto di compravendita il cui oggetto sia costituito dallo status di erede. Ci si deve cioè domandare se il sostantivo ‘hereditas’ utilizzato dalle fonti in materia di hereditatis venditio possa essere inteso nell’accezione soggettiva di ‘ius heredis’.
Anche in questo caso, la risposta deve essere negativa. La compravendita, infatti, non può avere ad oggetto la qualità di erede, essendo questa strettamente personale ed intrasmissibile, in ossequio al principio cristallizzato dai giuristi medievali nel brocardo ‘semel heres, semper heres’. Tale principio, di cui il diritto romano fece applicazione senza mai formularlo76, esclude che, una volta conseguita la qualità di erede per effetto della aditio hereditatis, sia possibile dismetterla.
cessione della delazione ereditaria, giacché si deve supporre che una della applicazioni pratiche (e non l’originaria o l’unica, come altri ha sostenuto) dell’antica in iure cessio hereditatis, fosse quella di ovviare alla mancanza della successio graduum, che si riscontra nella struttura primitiva del sistema successorio romano”) e X. XXXXXXX (Xxxxxxxxxxx, xxx., x. 000, xx. 00: “l’in iure cessio hereditatis rappresentò un rimedio al divieto civilistico di successio ordinum e graduum”).
76 Sul punto v. X. XXXXX, Das römische Privatrecht. Erster Abschnitt: Das altrömische, das vorklassische und das klassische Recht, 2. Auf., Xxxxxxx 0000, § 000, x. 000, xx. 00: “Unröm.
>semel heres, semper heres<, wohl nach Gai D. 28,5,89”.
La dottrina, pur riconoscendo la formulazione medievale, suole rinvenire un appiglio testuale al principio in due passi del Digesto:
D. 4.4.7.10 (Ulp. l. 11 ad ed.)‘[…] sine dubio heres manebit, qui semel extitit’
D. 28.5.89 (Gai. l. sing. de casibus) ‘[…] non potest adiectus efficere, ut qui semel heres exstitit desinat heres esse’
Il principale corollario della regula iuris in esame è il divieto di apporre alla heredis institutio testamentaria condizioni risolutive o termini, al fine di scongiurare la creazione di eredi “a tempo”. In applicazione della medesima ratio, il principio esclude quindi che l’erede, una volta accettata l’eredità, possa dismettere, alienandola, la qualifica di successore a titolo universale (e lo status ad essa connesso).
2.3 Il divieto di vendita della hereditas di un vivente
L’ultimo limite di ordine generale alla commerciabilità della hereditas di cui occorre dar conto in questa sede consiste nel divieto dei patti successori77 e, in particolar modo, nel divieto di quelli che la dottrina civilistica moderna raccoglie nella categoria dei patti cd. dispositivi.
Si tratta dei contratti sulla vivi hereditas, vale a dire degli atti tra vivi con cui alcuno disponga, a titolo gratuito od oneroso, di un’eredità futura che attende di acquistare da un soggetto vivente. Tali atti sono nulli (‘cogendus non est’) per contrarietà al buon costume: ‘quia non probe de hereditate viventis agitur’78.
77 Sull’amplissima e dibattuta questione del divieto dei patti successori, si rinvia alla manualistica e ai trattati di diritto ereditario, con l’avvertenza che, secondo la dottrina prevalente, la giurisprudenza romana non giunse mai a teorizzarne la categoria (che è infatti il frutto delle riflessioni dei giuristi medievali); in particolare, si vedano: X. XXXXXXX XXXX, Xxxxx, cit., p. 534, X. XXXXXXXX, Corso di diritto romano, VI, Le successioni, 2 ed., Milano 1974, pp. 211-216, X. XXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 569; X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 676 e P. VOCI, Diritto ereditario, cit., pp. 491-496.
78 D. 36.1.28.4 (Iul. l. 40 dig.). Lo stesso principio è espresso, con riferimento ad una donazione, in D. 39.5.29:
D. 39.5.29.2 (Pap. l. 10 resp.): ‘Donationem quidem partis bonorum proximae cognatae viventis nullam fuisse constabat: verum ei, qui donavit ac postea iure praetorio successit, quoniam adversus bonos mores et ius gentium festinasset, actiones hereditarias in totum denegandas respondit’
In materia di hereditatis venditio, il divieto è sancito dal frammento di Xxxxxxxx che apre il titolo del Digesto:
D. 18.4.1 (Pomp. l. 9 ad Sab.): ‘Si hereditas venierit eius, qui vivit aut nullus sit, nihil esse acti, quia in rerum natura non sit quod venierit’
Se le parti convengono la vendita dell’eredità di una persona vivente (‘eius, qui vivit’), il contratto non si intende validamente perfezionato (‘nihil esse acti’); secondo Xxxxxxxx, infatti, la vivi hereditas è da considerarsi alla stregua dell’eredità di una persona che non esiste (‘aut nullus sit,’), vale a dire un oggetto impossibile che ‘in rerum natura non est’.
Il giurista dunque, nel motivare la comminata invalidità del negozio, non si appella alla ratio tradizionale della contrarietà al buon costume, bensì ricorre all’argomento tecnico-giuridico dell’impossibilità dell’oggetto. La hereditas, infatti, può configurarsi in quanto tale solo al momento dell’apertura della successione; prima di allora, il patrimonio del soggetto è una mera aggregazione di beni e diritti passibili di separate vicende giuridiche.
3. L’oggetto del contratto
3.1. Il contenuto economico del ius heredis
L’oggetto del contratto di hereditatis venditio è definito dalle fonti
per relationem ricorrendo alla categoria giuridica della ‘hereditas’79. Alla luce dei
Come osserva P. VOCI (Diritto ereditario, cit., p. 495): “La nullità è stabilita in un testo che si riferiscc alla donazione; tanto più è da ritenersi per la vendita”.
79 ‘Hereditas’ è infatti un nomen iuris, un’espressione che esprime un concetto giuridico privo di corrispondenza nel mondo della realtà materiale. La definizione è ulpianea, ma la percezione della ‘hereditas’ come una categoria giuridica è attestata già in Xxxxxxxx:
D. 50.16.119 (Pomp. l. 3 ad Q. Mucium): ‘"Hereditatis" appellatio sine dubio continet etiam damnosam hereditatem: iuris enim nomen est sicuti bonorum possessio’
limiti posti dall’ordinamento alla circolazione delle situazioni soggettive nascenti dalle successioni per causa di morte, è ora possibile individuare l’esatto contenuto della prestazione di dare a carico del venditore dell’eredità.
Stante l’intrasmissibilità degli status di chiamato all’eredità e di erede, infatti, la merx compravenduta, sinteticamente designata dalle fonti ricorrendo al sostantivo ‘hereditas’, deve comporsi in via esclusiva di elementi puramente patrimoniali.
In tale prospettiva, il termine ‘hereditas’ che ricorre nei passi di D. 18.4 e di C. 4.39 non può essere inteso che in due accezioni: in senso strettamente oggettivo, come somma delle res hereditariae, ovvero, in senso più ampio, quale complesso dei rapporti giuridici patrimoniali, attivi e passivi, che si trasferiscono (o sorgono) in capo all’erede per effetto della devoluzione mortis causa.
La prima lettura, intendendo la ‘hereditas’ come una universitas rerum, riduce il contratto di hereditatis venditio ad una vendita in blocco di beni corporali; accogliere tale lettura rende però inspiegabile il motivo di tanto interesse per il contratto in esame da parte dei prudentes e della cancelleria imperiale. Infatti, qualora la hereditatis venditio fosse stata percepita come una semplice vendita ad oggetto multiplo, difficilmente avrebbe suscitato un così intenso dibattito giurisprudenziale, dal momento che la pluralità dei beni non è di per sé un elemento di specialità sufficiente a giustificare l’elaborazione di una disciplina differenziata quoad effectum.
D. 50.16.178.1 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘"Hereditas" iuris nomen est, quod et accessionem et decessionem in se recipit: hereditas autem vel maxime fructibus augetur’.
La seconda lettura, invece, qualificando l’eredità come universitas iuris80, individua l’oggetto del contratto di hereditatis venditio nel contenuto economico del ius heredis, vale a dire nella variazione prodottasi nel patrimonio del venditore per effetto dei rapporti giuridici dei quali è divenuto titolare in conseguenza del suo status di erede. Tale contenuto economico, pur ovviamente comprendendo le res hereditariae, non si esaurisce in esse, ma include le attività immateriali (crediti) e gli elementi passivi dell’eredità; oggetto del contratto, dunque, non è la somma dei beni che compongono il relictum, bensì il risultato economico netto conseguito dall’erede-venditore hereditatis causa.
80 La distinzione tra universitas iuris e universitas rerum (o facti), cui nel testo si ricorre per esigenze di chiarezza espositiva, è estranea all’esperienza giuridica romana ed è frutto dell’elaborazione scientifica dei giuristi medievali. La mancata elaborazione delle due categorie, tuttavia, non ha impedito ai giuristi romani di intendere la ‘hereditas’ come universitas, come risulta, ad esempio, da D. 50.16.208 (Afric. l. 4 quaest.): ‘"Bonorum" appellatio, sicut hereditatis, universitatem quandam ac ius successionis et non singulas res demonstrat’.
A tal proposito, X. XXXXXXXXX (Istituzioni, cit., p. 696) ha osservato che “per evidenziare il carattere unitario dell’hereditas stessa, i giuristi impiegano la categoria dell’universitas, quella che i medievali avrebbero chiamato universitas iuris per contrapporla alle universalità di mobili, quali universitates facti”.
Sul vivace dibattito del secolo scorso in merito all’evoluzione storica che ha portato la giurisprudenza romana a qualificare l’eredità come universitas si vedano X. XXXXXXXX, La successio in universum ius e l'universitas, in Scritti giuridici vari, I, Famiglia e successioni, Torino 1916, pp. 250-306, ID., La formazione scolastica della dottrina dell'universitas, in Scritti giuridici, I, cit., pp. 307-323, X. XXXXXXXXXX, La eredità come universitas. Risposta a un critico, in BIDR 43 (1935), pp. 129-138 e X. XXXXXX, La dottrina giuridica della universitas nelle fonti romane, in BIDR 61 (1958), pp. 1-59 [ora in ID., Scritti giuridici, III, Diritto Romano. Diritto Privato, Milano 1965, pp. 119-176].
Questa lettura, per la quale propendono gli Autori che si sono occupati del tema81, fa della hereditatis venditio una vendita di res incorporalis82, con ciò giustificando l’attenzione ad essa dedicata dalle fonti. Essa, inoltre, ha l’innegabile pregio di conciliarsi con il profilo causale del contratto che emerge dalle fonti.
81 In questo senso, già X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftskauf, cit., p. 16) secondo il quale “Erbschaftsverkauf ist der Vertrag, durch welchen such der eine Contrahent verpflichtet, dem anderen gegen eine von diesem zu zahlende Geldsumme den ökonomischen Erfolg eines Erbrechts zu verschaffen. Wir sagten: der Verkäufer habe dem Käufer den ökonomischen Erfolg eines Erbrechts zu gewären – denn die hereditas im subjectiven Sinne kann im justinianischen Rechte selbst von dem ab intestato Berufenen nicht mehr einem Anderen zugewandt werden”. Anche X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., p. 236), nelle conclusioni della sua opera, afferma che “la venta de herencia sería en este sentido, no venta del ius successionis, sino venta del contenido o ejercicio del ius successionis. La misma formula de la venta “quod ex hereditate pervenerit”, nos inclina a pensar en venta del ejercicio del ius xxxxxxxxxxxx.Xx vendía todo lo que precediese de la herencia; ello supone que la hereditas se veía como un todo o universitas”; egli, tuttavia, coerentemente alla posizione assunta in tema di rapporti tra contratto consensuale e stipulationes emptae et venditae hereditatis (su cui v. infra, Capitolo terzo, § 4), reputa le hereditatis venditio idonea al solo trasferimento delle res hereditariae (ibidem: “el hecho de que pasaran al comprador la totalidad de las cosas (universitas rerum), y hubiera que estipular la cesión de las obligaciones, da a entender que no se vendía una entidad única comprensiva idealmente de cosas y derechos (universitas iuris)”). In tempi più recenti, aderiscono alla lettura anche X. XXXXXXXXX (v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 349 nt.
451 “il contratto ha per oggetto il ius heredis” e “più precisamente […] il contenuto economico dello stesso”) e –sia pure incidentalmente- X. XXXXXX (L’azione ‘ex vendito’, cit., p. 671 nt. 58). La questione non è affrontata da Y. XXXXXXXX XXXXXX il quale, nel capitolo dedicato all’oggetto della vendita, si limita ad osservare che “el objeto en la venta de herencia es la hereditas, cuyo carácter de cosa incorporal y unitaria en el derecho romano clásico permitía que se entendiese como una mercancía (merx)” (Propuesta, cit., pp. 65-66).
82 La ‘hereditas’, intesa come estrinsecazione del ius successionis, è annoverata dalle fonti tra le res incorporales benché composta, tra l’altro, di beni materiali; v. per tutti Gai 2.14: ‘Incorporales sunt, quae tangi non possunt, qualia sunt ea, quae in iure consistunt, sicut hereditas, ususfructus, obligationes quoquo modo contractae. nec ad rem pertinet, quod in hereditate res corporales continentur […] nam ipsum ius successionis et ipsum ius utendi fruendi et ipsum ius obligationis incorporale est’.
La funzione economica della hereditatis venditio, infatti, come testualmente desumibile da due passaggi del lungo brano ulpianeo contenuto in D. 18.4.2, consiste nel mettere l’acquirente nella condizione in cui si sarebbe trovato se fosse stato egli stesso investito della delazione ereditaria83:
D. 00.0.0.xx. (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘[…] cum id inter ementem et vendentem agatur, ut neque amplius neque minus iuris emptor habeat quam apud heredem futurum esset […]’
D. 18.4.2.18 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘[…] si vendidit hereditatem, aequissimum videtur emptorem hereditatis vicem heredis optinere […]’
Secondo Xxxxxxx, per effetto del contratto, l’acquirente deve “prendere il posto dell’erede” (‘vicem heredis optinere’); affinché ciò si verifichi, il regolamento contrattuale è chiamato a disciplinare le obbligazioni reciproche delle parti in modo tale (‘id inter ementem et vendentem agatur, ut’) che l’acquirente venga a trovarsi in una posizione giuridica (‘iuris emptor habeat’) equivalente a quella dell’erede (‘neque amplius neque minus […] quam apud heredem futurum esset’).
L’equivalenza, ovviamente, impone che all’acquirente spettino (‘respicere’) tanto gli elementi attivi dell’eredità compravenduta, quanto il peso delle passività ad essa inerenti:
D. 18.4.2.9 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Sicuti lucrum omne ad emptorem hereditatis respicit, ita damnum quoque debet ad eundem respicere’
Oggetto dell’acquisto dell’hereditatis emptor, pertanto, può ben dirsi il contenuto economico del ius heredis al netto delle passività.
83 X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftskauf, cit., p. 34): “der Verkäufer der Erbschaft hat den Käufer so zu stellen, als wäre dieser Erbe geworden”.
Il principio dell’intrasmissibilità della delazione ereditaria accettata, tuttavia, limita il ‘vicem heredis optinere’ ai soli rapporti interni ed impedisce che la causa negoziale possa esplicarsi attraverso un fenomeno di surrogazione84; l’acquirente dell’eredità resta –utilizzando una terminologica moderna– successore a titolo particolare del venditore85: da quest’ultimo egli acquista inter vivos le singole situazioni giuridiche attive che compongono la hereditas e nei confronti del medesimo è obbligato a sopportare il peso delle passività ereditarie.
Proprio l’impossibilità della surrogazione ha imposto alla giurisprudenza, da un lato, di esplicitare i criteri attraverso i quali individuare in concreto gli elementi patrimoniali attivi che il venditore è tenuto a rimettere all’acquirente e, dall’altro, di disciplinare le obbligazioni che sorgono in capo alle parti per assicurare che, nei rapporti interni, il peso delle passività ereditarie gravi in via esclusiva sull’acquirente.
Nel paragrafo che segue verrà analizzato il primo dei due profili, mentre il secondo, più strettamente attinente alla definizione degli effetti del contratto, sarà separatamente esaminato nel terzo capitolo.
84 X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftsverkauf, cit., p. 21) “Somit ist es nur der praktische, materielle Erfolg seines Erbrechts, welchen der Erbe veräussern kann: er kann sich nur verpflichten, den Käufer so zu stellen, als wäre dieser an seiner Statt Erbe geworden, und in diesem Sinne sagt Xxxxxx (L. 2 § 18. D. h. t.): aequissimum videri emptorem hereditatis vicem heredis optinere und Xxxxxxxxx (L. 9. D. comm. praed. VIII, 4.): id agitur ut quasi tu heres videaris extitisse”.
85 X. XXXXXXXXX, xxx, p. 22: “Immer aber bleibt [...] der Käufer Singularsuccessor: es richtet sich daher der Rechtsübergang an den einzelnen Activbestandtheilen der Erbschaft, wie die Abnahme der in ihr enthaltenen onera nach den allgemeinen Regeln. Die universitas ist zwar Gegenstand des Geschäfts, aber nicht der successio”.
3.2. ‘quod ex hereditate pervenit’
L’esame dei criteri elaborati dalla giurisprudenza per determinare l’oggetto dell’obbligazione di dare del venditore deve essere condotto attraverso l’esegesi di alcuni passaggi del brano ulpianeo contento in D. 18.4.2; i ventuno paragrafi che compongono il brano, infatti, tratteggiano in modo pressoché esaustivo la fattispecie e la disciplina del contratto.
Con riferimento all’oggetto del contratto, in particolare, il giurista xxxxxxxxx si occupa di individuare il momento rilevante per la sua determinazione (D. 18.4.2.1), di tracciarne l’esatto perimetro illustrando il significato di ‘pervenire’ (D. 18.4.2.3) e distinguendo gli acquisti mortis causa da quelli meramente occasionati dallo status di erede (D. 18.4.2.7), di tratteggiare il regime delle sopravvenienze (D. 18.4.2.4) ed infine di analizzare le clausole con le quali le parti convengono di escludere dalla hereditatis venditio singoli cespiti dell’asse ereditario (D. 18.4.2.12-14).
3.2.1. Il momento della determinazione dell’oggetto
Il venditore è obbligato ad immettere l’acquirente nella disponibilità di quanto gli sia pervenuto a motivo della sua qualità di erede (‘quod ex hereditate pervenit’). Dato che l’eredità è una universitas per sua natura passibile nel tempo di oscillazioni quantitative 86 , occorre innanzitutto individuare il momento in cui cristallizzarne il quantum dedotto in contratto:
86 D. 50.16.178.1 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘"Hereditas" iuris nomen est, quod et accessionem et decessionem in se recipit: hereditas autem vel maxime fructibus augetur’. Le oscillazioni quantitative possono dipendere, ad esempio, dalla circostanza –menzionata da Ulpiano– che nella hereditas siano ricompresi beni fruttiferi, ovvero dalla peribilità dei cespiti ereditari, ovvero ancora dalla insolvenza dei debitori del de cuius. Inoltre, nell’ipotesi di eredità alienata pro parte dall’erede chiamato a succedere in una quota inferiore all’intero, il compendio compravenduto è
D. 18.4.2.1 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘In hereditate vendita utrum ea quantitas spectatur, quae fuit mortis tempore, an ea, quae fuit cum aditur hereditas, an ea quae fuit cum hereditas venumdatur, videndum erit. Et verius est hoc esse servandum quod actum est: plerumque autem hoc agi videtur, ut quod ex hereditate pervenit in id tempus quo venditio fit, id videatur venisse’
La consistenza del compendio ereditario compravenduto può astrattamente determinarsi in relazione a tre momenti distinti: il momento dell’apertura della successione (‘mortis tempore’), il momento –qualora non coincidente con il primo 87 – dell’accettazione dell’eredità (‘cum aditur hereditas’) ed infine il momento in cui è perfezionato il contratto di compravendita (‘cum hereditas venumdatur’).
Xxxxxxx ritiene si tratti di una quaestio voluntatis da risolversi, caso per caso, tenendo conto di quanto convenuto dalle parti (‘hoc esse servandum quod actum est’); egli tuttavia osserva che, nella prassi, il quando della determinazione dell’oggetto è il più delle volte (‘plerumque autem hoc agi videtur’) identificato nel momento della conclusione del contratto (‘id tempus quo venditio fit’). L’osservazione statistica formulata dal giurista in chiusura del paragrafo deve valere, ragionevolmente, quale criterio suppletivo qualora la volontà delle parti sul punto non emerga dal regolamento contrattuale88.
suscettibile di incremento in dipendenza della sorte delle altre partes hereditatis: la quota compravenduta, infatti, può espandersi per effetto del ius adcrescendi o dell’operare di una sostituzione volgare.
87 Nel caso in cui il venditore sia un heres necessarius, infatti, l’accettazione si verifica automaticamente al momento dell’apertura della successione.
88 X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftsverkauf, cit., p. 34): “Man hat eine Präsumtion dafür aufstellen wollen, das allein dasjenige, was bis zur Zeit des Kaufsabschlusses aus der Erbschaft an den Erben gediehen ist”.
Della genuinità del passo in esame (e, in particolar modo, della sua chiusa) si è a lungo dubitato in dottrina, a motivo dei riferimenti al ‘quod actum est’ e all’‘id quod plerumque accidit’, da alcuni Autori ritenuti indizi di interpolazione in quanto espressione della diffusa tendenza dei compilatori a sciogliere nodi interpretativi riducendoli a quaestiones facti e ricorrendo a presunzioni 89 . La dottrina più recente, tuttavia, nel valorizzare il riconoscimento dell’autonomia privata operato dalla giurisprudenza classica, ammette l’autenticità del testo in esame90.
La determinazione del quantum (‘ea quantitas spectatur’) deve intendersi quale “traduzione in termini quantitativi del ius heredis di cui il venditore ha disposto”91, vale a dire individuazione delle voci dell’attivo ereditario che diverranno oggetto dell’obbligazione principale del venditore e ricognizione delle passività il cui peso economico l’acquirente sarà chiamato a sopportare.
Tale determinazione, peraltro, si limita ad escludere la rilevanza, ai fini del regolamento contrattuale, delle variazioni quantitative subite dalla hereditas prima del termine fissato dalle parti, ma non preclude che, dopo detto termine,
89 Per tutti v. X. XXXXX, Spunti storici e dommatici, cit., p. 528: “i commissari di Xxxxxxxxxxx, che brancolano nel buio per la mancanza della stipulatio si aggrappano alla emptio consensuale e tirano in ballo il quod actum est nel senso di volontà delle parti, e poi costruiscono una presunzione col plerumque creando così un cumulo di incompatibilità con la stipulatio quanta pecunia”. L’A., dopo aver sostenuto la non classicità del passo in commento, aggiunge: “credo che nel caso dell’alienazione dell’eredità i classici tenessero presente più tosto il momento dell’adizione […] La considerazione bizantina del momento del contratto consensuale è causa di altre interpolazioni”.
90 Affermano la classicità del passo X. XXXXXXXXX (v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 351, nt. 478) e Y. XXXXXXXX XXXXXX (Propuesta, cit., p. 89, nt. 118). Sulla questione non si sofferma X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., pp. 162-163) che affronta l’esegesi del passo in una prospettiva differente riferirendolo alle stipulationes emptae et venditae hereditatis.
91 X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 351, nt. 478.
il compendio ereditario compravenduto possa essere interessato da ulteriori incrementi o decrementi dei quali tener conto nello svolgimento del rapporto.
La scelta del momento in cui determinare quantitativamente il contenuto della hereditas compravenduta rileva sotto due profili: il primo (strettamente economico) concerne la determinazione del prezzo, il secondo attiene alla definizione del regime di responsabilità delle parti.
La determinazione del quantum 92 dell’eredità compravenduta, infatti, consente alle parti, da un lato, di negoziare il corrispettivo in denaro dovuto dall’acquirente e, dall’altro, di circoscrivere le reciproche obbligazioni – quantomeno pro praeterito– alle poste attive e passive individuate nel momento prescelto, relegando all’irrilevanza le variazioni quantitative subite dalla hereditas prima di detto momento93.
92 La determinazione del quantum deve intendersi nel senso, già chiarito nel testo, dell’individuazione delle voci dell’attivo e del passivo ereditario destinate a formare oggetto, rispettivamente, dell’obbligazione principale del venditore e delle obbligazioni indennitarie dell’acquirente. Tale determinazione, benché rappresenti il principale criterio sulla base del quale le parti convengono il prezzo, non vale ad escludere che, nei fatti, la consistenza dell’oggetto del contratto subisca oscillazioni quantitativa a causa di sopravvenienze o dell’insolvenza dei debitori dell’erede.
93 Y. XXXXXXXX XXXXXX (Propuesta, cit., p. 90): “Si al venderse la herencia se optara que la magnitud de la misma fuese al momento de la muerte del de cuius, el vendedor no podría deducir los gastos funerarios que hubiese realizado, situación que podría realizarse en los otros dos casos. Si se optara que la magnitud fuera al momento de venderse la misma, el vendedor no estaría obligado a restituir al comprador los bienes que hubiera perdido, vendido x xxxxxx, antes de la venta”. Dopo aver così delineato le conseguenze della scelta, l’A., in relazione alla seconda ipotesi, conclude aggiungendo “sino el precio de los mismos como veremos más adelante en el mismo parágrafo”. Quest’ultima considerazione, fondata su un passaggio di D. 18.4.2.3 (‘Sed et si rerum venditarum ante hereditatem venditam pretia fuerit consecutus, palam est ad eum pretia rerum pervenisse’) non appare condivisibile in quanto, di fatto,
3.2.2. Il significato di ‘pervenire’
Il paragrafo successivo del brano ulpianeo si occupa di fornire una definizione in senso tecnico del verbo ‘pervenire’ utilizzato per indicare gli acquisti mortis causa dell’erede-venditore al fine di dare risposta all’interrogativo circa le modalità con cui gli acquisti medesimi si intendono perfezionati (‘Pervenisse ad venditorem hereditatis quomodo videatur, quaeritur’). La questione è discussa analiticamente da Xxxxxxx, analizzando separatamente le diverse tipologie di beni (materiali ed immateriali) che compongono la hereditas e valutando la sorte delle res hereditariae dopo l’accettazione:
D. 18.4.2.3 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Pervenisse ad venditorem hereditatis quomodo videatur, quaeritur. Et ego puto, antequam quidem corpora rerum hereditariarum nactus venditor fuerit, hactenus videri ad eum pervenisse, quatenus mandare potest earum rerum persecutionem actionesque tribuere: enimvero ubi corpora nactus est vel debita exegit, plenius ad eum videri pervenisse. Sed et si rerum venditarum ante hereditatem venditam pretia fuerit consecutus, palam est ad eum pretia rerum pervenisse. Illud tenendum est cum effectu videri pervenisse, non prima ratione: idcirco quod legatorum nomine quis praestitit, non videtur ad eum pervenisse: sed et si quid aeris alieni est vel cuius alterius oneris hereditarii, pervenisse merito negabitur. Sed et rerum ante venditionem donatarum pretia praestari aequitatis ratio exigit’
Con riferimento alle res corporales, Xxxxxxx distingue l’ipotesi in cui il venditore sia già entrato nel possesso dei beni ereditari (‘ubi corpora nactus est’), dall’ipotesi in cui non vi sia ancora stato immesso (‘antequam quidem corpora rerum hereditariarum nactus venditor fuerit’); il giurista afferma che, mentre nel primo caso, le res si intendono pervenute al venditore “nel pieno senso del termine” (‘plenius’), nel secondo caso, si reputano dal medesimo conseguite nella misura
priva di qualsiasi rilevanza la scelta del momento di determinazione della quantitas
compravenduta.
in cui egli si trovi nella condizione di poter trasmettere a terzi la legittimazione attiva alle azioni reipersecutorie (‘mandare potest earum rerum persecutionem’) e ad ogni altra azione personale94 finalizzata al loro conseguimento (‘actionesque tribuere’).
Con riferimento invece alle res incorporales, e, in particolare, ai debita ereditari, il giurista xxxxxxxxx si limita ad affermare che essi si considerano a pieno titolo pervenuti al venditore (‘plenius ad eum videri pervenisse’) una volta incassati (‘exegit’); in tale ipotesi, oggetto dell’obbligazione di restituere non sarà il diritto di credito in sè, bensì il suo controvalore economico. Non deve stupire la circostanza che, in relazione ai crediti, Xxxxxxx non riproduca lo schema bipartito adottato per i corpora hereditaria, vale a dire non esamini il significato di ‘pervenire’ in relazione alle posizioni creditorie non ancora riscosse dall’erede; in tal caso, infatti, la trasmissione all’acquirente, in difetto di un negozio ad hoc95, dovrà necessariamente avvenire secondo le diverse regole fissate per il trasferimento della legittimazione attiva alle azioni ereditarie96.
Il brano prosegue quindi con l’esame dell’ipotesi in cui alcune res hereditariae, già pervenute al venditore, siano da questi cedute, a titolo oneroso o gratuito, prima del perfezionamento della hereditatis venditio (‘ante hereditatem venditam’, ‘ante venditionem’). La cessione delle res, in tal caso, determina un
94 Xxxxx distinzione actio/persecutio e sulla sua sovrapponibilità, in Ulpiano, alla classificazione
actio in personam/actio in rem, v. F. CASAVOLA, Actio, xxxxxxx, persecutio, Napoli 1965.
95 “Fuori di questi casi [di successione a titolo universale], a Roma, non era giuridicamente possibile che crediti e debiti mutassero titolare passando inalterati da un soggetto a un altro. Oltre tutto, mancavano all’uopo tipici negozi idonei. […] Ecco pertanto che prassi e giurisprudenza suggerirono un altro espediente: il cedente nominava il cessionario cognitor o procurator ad litem dandogli modo così di agire in giudizio contro il debitore con la stessa azione della quale era titolare il cedente” (X. XXXXXXX, Istituzioni, cit., pp. 533-534).
96 Sul punto, x. xxxxx, Xxxxxxxx xxxxx, § 0.0.
xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxx: in luogo del bene originario, si reputa pervenuto all’erede-venditore il prezzo conseguito dalla vendita ovvero, in caso di donazione, il suo valore di mercato97. L’operare della surrogazione, però, è dovuto, in ciascuna delle due ipotesi, ad una ratio differente: nel trasferimento a titolo oneroso, l’operare dell’automatismo è evidente (‘palam est’) ed è giustificato dalla circostanza che l’incremento patrimoniale trova la propria causa nell’originario acquisto ex hereditate98; nel trasferimento a titolo gratuito, invece, la surrogazione si verifica per effetto della previsione normativa indotta da pressanti (‘exigit’) considerazioni di equità sostanziale (‘aequitatis ratio’).
Esaurita la casistica99 , Xxxxxxx procede a circoscrivere ulteriormente l’ambito del ‘pervenire’, con un’avvertenza (‘illud tenendum est’) di carattere generale: perchè una res possa dirsi pervenuta hereditatis causa al venditore, non
97 Tale valore è atecnicamente designato da Ulpiano con il sostantivo ‘pretium’ che, nel contesto, “viene ad assumere il significato di valore oggettivo della cosa, non di corrispettivo ottenuto con la vendita” (M. TALAMANCA, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 353, nt. 492).
98 Sul punto v. X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftsverkauf, cit., p. 36): “hatte er solche vor dem Vertragsschlusse bereits veräussert, muss er den erhalten Kaufpreis an ihrer Statt herausgeben, nicht allein, weil bei einer universitas iuris der Preis an die Stelle der Sache tritt, sondern auch, weil das empfangene Geld ex hereditate ad eum pervenit”.
Il principio “pretium succedit in locum rei” è noto al diritto successorio romano e trova applicazione, ad esempio, in materia di legittimazione passiva alla hereditatis petitio: “legittimato passivo all’azione non è soltanto chi possieda le cose ereditarie, ma colui che, avendole possedute, pro herede o pro possessore, ne abbia perso la disponibilità, ricevendone un corrispettvo. Si ha così un caso di surrogazione reale” (X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 703).
99 La dissertazione casistica è in realtà interrotta al termine l’analisi della surrogazione dei pretia alle res compravendute e riprende, dopo il periodo in commento, con l’esame della surrogazione per i casi di donazione. La frammentazione dell’unico discorso è tra i motivi che hanno indotto parte della dottrina a ritenere interpolato il passo e, in particolare, la chiusa riferita alle donazioni.
è sufficiente che il suo acquisto sia sostenuto da una giusta causa iniziale (‘non prima ratione’), bensì occorre che abbia effetti definitivi (‘cum effectu’100), vale dire che permanga nel patrimonio del venditore e non sia da questi impiegata per adempiere legati (‘quod legatorum nomine quis praestitit’), per pagare debiti del de cuius (‘quid aeris alieni’) o per soddisfare altri oneri ereditari in genere (‘cuius alterius oneris hereditarii, pervenisse merito negabitur’)101.
La stabilità dell’acquisto (‘cum effectu’) non è peraltro l’unico attributo necessario del ‘pervenire’; per soddisfare il profilo causale del contratto, infatti, il ‘pervenire’ deve essere dipendente dalla qualifica di erede e non da questa meramente occasionato. Tale secondo requisito è desumibile da:
D. 18.4.2.7 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Solet quaeri, an et, si quid lucri occasione hereditatis venditor senserit, emptori restituere id debeat. Et est apud Iulianum haec quaestio tractata libro sexto digestorum et ait, quod non debitum exegerit, retinere heredem et quod non debitum solverit, non reputare: nam hoc servari, ut heres emptori non praestet quod non debitum exegerit, neque ab eo consequatur quod non debitum praestiterit. Si autem condemnatus praestiterit, hoc solum heredi sufficit esse eum condemnatum sine dolo malo suo, etiamsi maxime creditor non fuerit is cui condemnatus est heres: quae sententia mihi placet’
Xxxxxxx, citando un’opinione di Xxxxxxxx, annovera tra gli acquisti ‘occasione hereditatis’ i casi di indebiti solutio: pertanto, l’erede-venditore, qualora escuta con successo un debitore ereditario apparente, non è tenuto a rimettere
100 Il fatto che ‘pervenire cum effectu’ indichi, nel lessico delle fonti, un acquisto stabile e definitivo, può essere dedotto anche dalla circostanza che Xxxxxxx ricorra a quest’espressione per definire il verbo ‘habere’; v. D. 50.16.164.2 (Ulp. l. 15 ad Sab.): ‘"Habere" sicut pervenire cum effectu accipiendum est’.
101 Si considera oggetto dell’acquisto hereditatis causa non già la somma delle res hereditariae
conseguite dall’erede, bensì il risultato economico utile, al netto delle passività ereditarie; v.
D. 50.16.165 (Pomp. l. 5 ad Sab.): ‘Venisse ad heredem nihil intellegitur nisi deducto aere alieno’.
all’acquirente il relativo incasso (‘heres emptori non praestet quod non debitum exegerit’) e può trattenerlo (‘et ait […] retinere heredem’); simmetricamente, qualora egli adempia indebitamente un’obbligazione, credendola ereditaria, non può esigerne il rimborso dall’acquirente secondo le regole generali (‘neque ab eo consequatur’). La ratio di tale disciplina è da ricercarsi nel fatto che l’arricchimento e l’impoverimento derivanti, rispettivamente, dall’incasso e dal pagamento del ‘quod non debitum’, non presentano alcun collegamento causale con la hereditas compravenduta e sono ad essa accidentalmente correlati dal solo erroneo convincimento dell’erede-venditore102.
Un’eccezione a favore del venditore è posta da Xxxxxxx nella sola ipotesi in cui il pagamento indebito sia stato coartato da una condanna giudiziale (‘si autem condemnatus praestiterit’); in quest’unico caso, il venditore, purché non gli sia ascrivibile alcuna condotta dolosa (‘sine dolo malo suo’), può ottenere dall’acquirente il rimborso della somma versata nei confronti del creditore apparente.
Come già il § 2, anche D. 18.4.2.3 è stato fortemente sospettato di interpolazione da parte della dottrina in considerazione della ricorrenza di stilemi (come la costruzione avverbiale ‘hactenus… quatenus’) e di concetti giuridici (il richiamo alla ‘aequitatis ratio’) cari ai compilatori giustinianei103. Anche in questo caso, però, gli A. che più recentemente si sono occupati del tema si sono discostati dalla lettura tradizionale e, pur riconoscendo nel testo
102 X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftsverkauf, cit., p. 39): “der rein subjective Zusammenhang mit der Erbschaft liegt hier in der irrigen Meinung des Zahlenden”.
103 Per tutti, si veda X. XXXXX (Spunti storici e dommatici, cit., p. 534), la cui opinione è accolta da X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., p. 164: “Las frases finales nos parecen totalmente compilatorias. Es difícil pensar que Xxxxxx llegaras a tales sutilezas. De Ulpiano tampoco parece ser, y sólo pueden pertenecer a los compiladores”).
le tracce di un intervento finalizzato ad abbreviarlo, ne hanno affermato la sostanziale classicità dei contenuti104.
3.2.3. Il regime delle sopravvenienze
D. 18.4.2.4 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Non tantum autem quod ad venditorem hereditatis pervenit, sed et quod ad heredem eius ex hereditate pervenit, emptori restituendum est: et non solum quod iam pervenit, sed et quod quandoque pervenerit, restituendum est’
Il venditore è tenuto a rimettere all’acquirente dell’eredità non solo quanto già pervenuto al momento della conclusione del contratto, ma anche quanto gli perverrà successivamente, in qualunque momento (‘sed et quod quandoque pervenerit’). L’obbligazione del venditore non tollera alcun termine finale: qualora un acquisto ex hereditate dovesse perfezionarsi successivamente al suo decesso e quindi in capo al suo erede (‘quod ad heredem eius ex hereditate pervenit’), questi sarebbe in sua vece obbligato ad ‘emptori restituere’.
Nel breve paragrafo in commento, Xxxxxxx affronta unitariamente (e sinteticamente) la tematica delle sopravvenienze105, vale a dire degli acquisti ex
104 In particolare X. XXXXXXXXX (v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 353, nt. 492) osserva che “il testo dà l’impressione di essere stato raccorciato, in quanto la discussione al proposito doveva essere articolata, anche se non è escluso che la soluzione prospettata e la ratio aequitatis stessa (intesa, ovviamente, non nel senso di un’aequitas bursalis, ma di adeguato contemperamento degli interessi in gioco) possano essere state avanzate dallo stesso Xxxxxxx o da qualche altro giurista”; Y. XXXXXXXX XXXXXX (Propuesta, cit., p. 91, nt. 119) non affronta espressamente la questione, ma si limita a dar atto del mutato orientamento della dottrina sul punto.
105 Le sopravvenienze prese in considerazione da Ulpiano sono quelle di segno positivo; le
sopravvenienze di segno negativo, vale a dire l’emersione di debiti ereditari non noti (o non reclamati) al momento della conclusione del contratto, non sono soggette alla disciplina del passo in commento in quanto non concorrono alla formazione dell’oggetto del contratto.
hereditate verificatisi dopo la conclusione del contratto. Il giurista non ne fornisce un catalogo, rimettendone all’interprete la ricostruzione.
La nozione di sopravvenienza rilevante ai fini della hereditatis venditio comprende tanto gli incrementi “naturali” (quali, a titolo esemplificativo, i frutti, le accessioni, gli incrementi fluviali), quanto gli accrescimenti “giuridici” 106 . Tra questi ultimi possono annoverarsi i crediti ereditari sopravvenuti (ed es. quelli nascenti da cause pendenti al momento dell’apertura della successione), gli acquisti condicionis implendae causa, e, in caso di vendita dell’eredità pro parte, le espansioni della quota compravenduta per effetto del ius adcrescendi107 o di una sostituzione volgare108.
Esse, infatti, incidono sul regime dell’obbligazione indennitaria gravante sull’acquirente (v.
infra, Capitolo terzo, § 3.1.2).
106 X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftsverkauf, cit., p. 38): “Zum Erbvermögen gehört auch, was der Verkäufer sonst auf Grund der Erbschaft (ex causa hereditatis) lucrierte. Dem Käufer gebührt daher der natürliche und juridische Zuwachs: Früchte, Alluvionen, Accessionen; der Betrag von Vermächtnissen, welcher durch den Wegfall des Honorierten dem Erben verblieb; was er als Erbe condicionis implendae causa empfing; der Gewinn –z.B. der Erfolg der Ausübung eines Vicinitätsrechts oder ein Canon– welchen derselbe in Bezug auf ein bei der Veräusserung vorbehaltenes Grundstück ex causa, quae praecessit venditionem, wenn auch erst nach Vertragsabschlusse machte”.
107 Il tema della spettanza del ius adcrescendi all’acquirente dell’eredità è stato a lungo dibattuto dai giuristi di diritto comune. Come osserva X. XXXXXXXXX (Der Erbschaftsverkauf, cit., p. 58), si è trattato di “eine lis vetus ac nobilis” i cui echi sono conservati nelle opere dei pandettisti; v. per tutti C. F. VON GLÜCK, Ausführliche Erläuterung der Pandekten nach Hellfeld ein Commentar, XVI, 1, (XVIII, 1 – XVIII, 4), Xxxxxxxx 0000, §§ 0000-0000, pp. 309-474 [trad. it.: X.
XXXXX, Commentario alle Pandette. Tradotto ed arricchito di copiose note e confronti col codice civile del Regno d'Italia, già sotto la direzione del Xxxx. X. Xxxxxxxx ed ora dei Proff. X. Xxxxx x X. Xxxxxxxx, XXXXX, Xxxxxx 0000, pp. 673-842]. Il nodo problematico riguardava l’eventuale automatismo dell’acquisto in capo all’emptor hereditatis ed è stato superato dalla dottrina moderna riconducendo l’incremento patrimoniale generato dal ius adcrescendi ad un’ordinaria sopravvenienza soggetta all’obbligo di ‘restituere’ del venditore previsto da D. 18.4.2.4 (in
3.2.4. I mancati acquisti: rinvio
Dopo aver illustrato il significato del verbo ‘pervenire’ rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto ed il regime delle sopravvenienze, Xxxxxxx si sofferma sull’ipotesi del mancato acquisto di singoli cespiti ereditari imputabile a dolo o colpa lata dell’erede-venditore (D. 18.4.2.5); a tal riguardo, il giurista xxxxxxxxx stabilisce la regola secondo cui il venditore, che, per colpa o dopo, ometta una condotta necessaria a consolidare un acquisto mortis causa (ad esempio, ‘ne possessionem adipisceretur’) ovvero tenga un comportamento tale da disperdere il valore economico di un
questo senso, X. XXXXXXX DELOGU, L’accrescimento nel diritto ereditario romano, Milano 1941, p. 137: “in ogni caso l’accrescimento in confronto del compratore opera in via obbligatoria, mai direttamente”).
108 Diverso trattamento riceve invece l’incremento patrimoniale di cui l’erede-venditore benefici, dopo la conclusione del contratto di vendita, a causa di una sostituzione pupillare. Tale incremento, essendo causato da una nuova e distinta vocazione ereditaria (quella del pupillo), non può a rigore essere considerato un acquisto ex hereditate rilevante ai fini della determinazione del ‘quod ad venditorem pervenit’. L’erede-venditore, infatti, è investito di una chiamata all’eredità nuova e del tutto autonoma, benchè “collegata” alla prima a causa della sostituzione. L’ipotesi è contemplata da Xxxxxxx:
D. 18.4.2.2 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Illud potest quaeri, si etiam impuberi sit substitutus is qui vendidit hereditatem testatoris, an etiam id, quod ex impuberis hereditate ad eum qui vendidit hereditatem pervenit, ex empto actioni locum faciat. Et magis est, ne veniat, quia alia hereditas est: licet enim unum testamentum sit, alia tamen atque alia hereditas est. Plane si hoc actum sit, dicendum erit etiam impuberis hereditatem in venditionem venire, maxime si iam delata impuberis hereditate venierit hereditas’
Il giurista si chiede se rientri nell’oggetto dell’obbligazione di dare del venditore (‘ex empto actioni locum faciat’) anche l’eredità del pupillo che sia a questi pervenuta per effetto della sostituzione (‘si etiam impuberi sit substitutus is qui vendidit’); la risposta è negativa in considerazione del fatto che l’eredità pupillare ‘alia hereditas est’ rispetto a quella compravenduta. Ciò non toglie, tuttavia, che, qualora le parti lo convengano, l’eredità pupillare possa ‘in venditionem venire’; in particolar modo se già delata al momento del perfezionamento della compravendita avente ad oggetto l’eredità paterna.
acquisto già verificatosi (‘accepto quem liberavit’), resta obbligato nei confronti dell’acquirente.
La questione, che riguarda un’ipotesi patologica del rapporto più che la definizione dell’oggetto del contratto, verrà esaminata più dettagliatamente nel capitolo terzo, nell’ambito dell’analisi delle obbligazioni accessorie (indennitarie) che sorgono in capo alle parti per neutralizzare le ricadute economiche delle sopravvenienze109.
3.2.5. ‘si venditor hereditatis exceperit’
L’ultimo profilo che occorre esaminare in relazione all’oggetto del contratto riguarda la possibilità di escludere convenzionalmente singoli cespiti ereditari dalla hereditas compravenduta.
La giurisprudenza affronta la questione con riguardo a due categorie di beni: gli schiavi e gli immobili. La circostanza che solo tali tipologie di beni siano oggetto dei responsa tramandatici dalla compilazione giustinianea è presumibilmente dovuta all’essere gli schiavi e gli immobili le res di maggior valore economico; da essa, tuttavia, non deve desumersi a contrario che le parti non possano convenire l’esclusione dal contratto di altre categorie di beni.
Sul punto vengono in considerazione, per quanto concerne gli schiavi, due paragrafi contigui di D. 18.4.2 (§§ 12-13) e, per quanto concerne gli immobili, il successivo § 14 del passo ulpianeo, nonché il frammento che chiude il titolo dedicato alla hereditatis venditio (D. 18.4.25).
D. 18.4.2.12 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Apud Iulianum scriptum est, si venditor hereditatis exceperit servum sine peculio et eius nomine cum eo fuerit actum de peculio et in rem verso, id dumtaxat eum consequi, quod praestiterit eius peculii
109 v. infra, Capitolo terzo, § 3.1.
nomine quod emptorem sequi debeat, aut quod in rem defuncti versum est: his enim casibus aes alienum emptoris solvit, ex ceteris causis suo nomine condemnetur’
D. 18.4.2.13 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Quid ergo si servum cum peculio exceperit venditor hereditatis conventusque de peculio praestitit? Xxxxxxxxx libro sexto digestorum non repetere eum scripsit, si modo hoc actum est, ut, quod superfuisset ex peculio, hoc haberet: at si contra actum est, recte repetere eum posse ait: si vero nihil expressim inter eos convenit, sed tantummodo peculii mentio facta est, cessare ex vendito actionem constat’
Xxxxxxx distingue il caso in cui il venditore esclude dalla hereditatis venditio uno schiavo ma non il suo peculium (§ 12), dal caso in cui li esclude entrambi (§ 13); in ambedue le ipotesi, la exceptio è esaminata dal giurista nella prospettiva dell’eventuale esercizio vittorioso, da parte dei creditori peculiari, di un actio de peculio110 contro il venditore riservatario.
Il venditore che non ha trattenuto il peculium, è chiamato a rispondere nei confronti dei creditori peculiari e ha azione di regresso contro l’acquirente nei limiti (‘dumtaxat) di quanto a questi trasferito a titolo di quel peculio (‘quod praestiterit eius peculii nomine’) 111 . Il diritto di regresso è giustificato dalla circostanza che il peso economico del debito peculiare, in quanto attinente al patrimonio del de cuius, deve gravare sull’acquirente e che, conseguentemente, il venditore deve essere indennizzato per aver pagato un debito altrui (‘aes alienum emptoris solvit’).
110 Nel primo dei due paragrafi in commento, Xxxxxxx tratta, giungendo alle medesime conclusioni, non solo dell’actio de peculio, ma anche dell’actio in rem verso.
111 Nel caso di actio in rem verso, il limite all’azione di regresso è rappresentato dal ‘quod in rem defuncti versum est’.
Nella diversa ipotesi del venditore che abbia trattenuto presso di sé tanto lo schiavo quanto il peculium, la facoltà di regresso nei confronti dell’acquirente per quanto versato ai creditori peculiari è, secondo Xxxxxxx, una quaestio voluntatis. Se le parti nulla hanno stabilito (‘nihil expressim inter eos convenit’), ovvero se hanno convenuto che al venditore permanga il peculio al netto dei debiti ad esso inerenti (‘quod superfuisset ex peculio’), il diritto di regresso deve essere escluso; se invece ‘contra actum est’, vale a dire se è stato stabilito che al venditore spetti il peculio nella sua originaria consistenza, deve essere consentita l’azione di regresso contro l’acquirente.
Con riguardo agli immobili, il problema dell’exceptio è trattato dai due passi sopra indicati sotto il profilo della spettanza delle sopravvenienze connesse al bene convenzionalmente escluso dal compendio ereditario.
D. 18.4.2.14 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Si venditor hereditatis aedes sibi exceperit, quarum nomine damni infecti promissum fuerat, interest quid acti sit: nam si ita excepit, ut damni quoque infecti stipulationis onus sustineret, nihil ab emptore consequeretur: si vero id actum erit, ut emptor hoc aes alienum exsolveret, ad illum onus stipulationis pertinebit: si non apparebit quid acti sit, verisimile erit id actum, ut eius quidem damni nomine, quod ante venditionem datum fuerit, onus ad emptorem, alterius temporis ad heredem pertineat’
Il primo caso, esaminato da Xxxxxxx, riguarda una compravendita di eredità dalla quale è convenzionalmente esclusa un’abitazione (‘aedes’) in relazione alla quale il de cuius ha prestato la cautio damni infecti. La questione che il giurista si trova a dirimere verte, in particolare, sull’individuazione del soggetto destinato a sopportare in via definitiva il peso della cautio qualora si verifichino i presupposti per la sua escussione. Anche in questo caso, Xxxxxxx opta per valorizzare l’autonomia privata (‘interest quid acti sit’) e si limita a dettare un presunzione per i casi dubbi (‘si non apparebit quid acti sit’): in mancanza di
diversa volontà delle parti si presume che il rischio di sopportazione dell’onere sia ripartito in base a un criterio temporale. Se il danno che aziona la cautio damni infecti si verifica prima della conclusione della compravendita, il relativo onere compete all’acquirente, se invece il danno si verifica dopo la conclusione del contratto, è il venditore il soggetto tenuto a sopportarne il peso economico.
D. 18.4.25 (Lab. l. 2 pithanon): ‘Si excepto fundo hereditario veniit hereditas, deinde eius fundi nomine venditor aliquid adquisit debet id praestare emptori hereditatis. Xxxxxx: immo semper quaeritur in ea re, quid actum fuerit: si autem id non apparebit, praestare eam rem debebit emptori venditor, nam id ipsum ex ea hereditate ad eum pervenisse videbitur non secus ac si eum fundum in hereditate vendenda non excepisset’
Il secondo passo esamina la questione della spettanza di una sopravvenienza attiva (‘aliquid adquisit’) dipendente da un terreno che il venditore si è riservato. Secondo Xxxxxxx, l’acquisto deve senz’altro essere rimesso all’acquirente dell’eredità (‘praestare eam rem debebit emptori venditor’) in quanto perventuo all’erede-venditore ‘ex ea hereditate […] non secus’; il giurista però segnala la difforme opinione di Xxxxx che, al fine di salvaguardare l’autonomia privata, circoscrive l’operatività della regola tracciata da Labeone al solo caso di incertezza circa le intenzioni delle parti (‘si autem id non apparebit’).
4. L’alea (economica) del contratto
Come più volte ricordato, la hereditas è una universitas passibile di accrescimenti e diminuzioni112. A fronte di questa peculiarità del suo oggetto, è inevitabile che il contratto di hereditatis venditio si caratterizzi per un’alea
112 cfr. supra nt. 86.
economica, a carico dell’acquirente, normalmente estranea al sinallagma della compravendita113.
Detta alea economica si misura nell’eventuale allontanamento tra il valore della hereditas concordato dalle parti al momento della conclusione del contratto (e cristallizzato nel prezzo) 114 ed il valore reale del compendio ereditario trasferito all’acquirente al netto delle passività. La probabilità e la misura dell’eventuale allontanamento sono elementi valutati dalle parti nella determinazione del prezzo e sono strettamente connessi alla solvibilità dei debitori ereditari e alla ricorrenza di sopravvenienze.
L’esistenza di un rischio economico a carico dell’emptor hereditatis è inoltre coerente con la causa del contratto: la funzione economica della hereditatis venditio è infatti quella di mettere l’acquirente nella condizione in cui si sarebbe trovato se fosse stato l’erede e l’incertezza sul quantum del compendio ereditario è un elemento caratterizzante del ius heredis.
4.1. L’esistenza della hereditas
L’alea naturale del contratto di hereditatis venditio è circoscritta al quantum della prestazione del venditore e non altera la natura commutativa della causa contrattuale. Il fatto che la compravendita dell’eredità non si atteggi, per sua
113 Al riguardo, dunque, non deve trarre in inganno il passo di Xxxxx contenuto in D. 18.4.7 (Xxxx. 14 ad Plautium); il giurista, infatti, intende solamente escludere che la hereditatis venditio si atteggi a contratto aleatorio (‘nec enim alea emitur’). Sul punto, v. xxxxx § 0.0.
000 Xx xarti convengono il prezzo sulla base del valore stimato, alla data di perfezionamento del contratto, della hereditas compravenduta, nella consistenza determinata in relazione a uno dei tre momenti indicati da D. 18.4.2.1. Come sopra precisato (cfr. supra nt. 93), l’individuazione del quantum della hereditas vale esclusivamente ad identificare le attività e le passività ereditarie che si intendono ricomprese nell’oggetto del contratto.
natura, a contratto aleatorio in senso tecnico emerge con chiarezza dal seguente passo di Xxxxx:
D. 18.4.7 (Xxxx. l. 14 ad Plaut.): ‘Cum hereditatem aliquis vendidit, esse debet hereditas, ut sit emptio: nec enim alea emitur, ut in venatione et similibus, sed res: quae si non est, non contrahitur emptio et ideo pretium condicetur’
L’esistenza dell’eredità (‘esse debet hereditas’), infatti, è requisito essenziale per l’esistenza e la validità del contratto (‘ut sit emptio’) dal momento che oggetto del medesimo sono le res e non l’alea, come invece accade, ad esempio, qualora le parti convengano la vendita del risulato di una battuta di caccia (‘venatione’115).
Pertanto, in caso di inesistenza della hereditas (‘si non est’), il contratto di compravendita si intende non perfezionato (‘non contrahitur’) e l’acquirente ha diritto alla ripetizione del prezzo versato (‘pretium condicetur’).
Il diritto dell’acquirente alla restituzione del prezzo è ribadito dal successivo passo di Giavoleno:
D. 18.4.8 (Iav. l. 2 ex Plaut.): ‘Quod si nulla hereditas ad venditorem pertinuit, quantum emptori praestare debuit, ita distingui oportebit, ut, si est quidem aliqua hereditas, sed ad venditorem non pertinet, ipsa aestimetur, si nulla est, de qua actum videatur, pretium dumtaxat et si quid in eam rem impensum est emptor a venditore consequatur’
Il giurista, nel determinare i criteri di quantificazione dell’importo dovuto all’acquirente (‘quantum emptori praestare debuit’) nell’ipotesi in cui il venditore
115 La locuzione ‘et similibus’ richiama sinteticamente le altre fattispecie tipiche di vendita aleatoria note al diritto romano quali, ad esempio, la vendita del risultato della pesca (‘captus piscium’) o della caccia di volatili (‘captus avium’) e la vendita dell’esito della raccolta di monete gettate alla folla (‘captus missilium’). Sul punto, v. X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 347 e X. XXXXXXX XXXX, La compravendita in diritto romano, 2. ed., Napoli 1954, I, pp. 117-121.
alieni un’eredità che non gli spetta (‘si nulla hereditas ad venditorem pertinuit’), distingue due casi: nel primo il venditore cede una hereditas esistente sulla quale però non vanta diritti, nel secondo, invece, negozia un’eredità inesistente (‘si nulla est, de qua actum videatur’).
Secondo Xxxxxxxxx, il valore della compensazione spettante all’acquirente deve essere diversamente calcolato. Nella prima ipotesi, infatti, il giurista ritiene che il venditore debba versare all’acquirente una somma corrispondente al valore venale della hereditas (‘ipsa aestimetur’) sulla quale il primo ha accampato diritti senza averne titolo. Nella seconda ipotesi, invece, egli sostiene che all’acquirente competa, a titolo di risarcimento, la sola restituzione del prezzo (‘pretium dumtaxat’), eventualmente accresciuto delle spese sostenute (‘si quid […] impensum est’) per la negoziazione del contratto (‘in eam rem’) 116.
116 Il risarcimento che compete all’acquirente è ulteriormente ampliato dalla previsione del passo di Xxxxx che i compilatori hanno escerpito nel successivo D. 18.4.9 (Xxxx. l. 33 ad ed.) a guisa di integrazione del frammento di Giavoleno: ‘Et si quid emptoris interest’. L’ampiezza dell’interesse risarcibile dell’acquirente è stata oggetto di inteso dibattito; la dottrina più recente, tuttavia, privilegiando una lettura che tenga conto anche del disposto del frammento che precede, ritiene che l’id quod interest debba qui intendersi come ricoscimento del solo interesse negativo. In tal senso si vedano D. MEDICUS, Id Quod Interest: Studien zum römischen Recht des Schadenersatzes, Köln-Graz 1962, pp. 163-165 e X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 350, nt. 469. Si segnala che i due passi in esame (D. 18.4.8-9) sono stati oggetto di interesse anche da parte di Autori che non si sono direttamente interessati alla vendita dell’eredità; detti passi, infatti, unitamente ad alcuni frammenti in materia di alienazione di res extra commercium, sono stati alla base della riflessione che ha condotto X. XXX XXXXXXX (‘Culpa in contrahendo’ oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelangten Verträgen, in
Jahrbüchern fu die Doxxxxxx xxx xxxxxxxx xxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx 0 (1860), pp. 1-112) ad
elaborare la teoria della culpa in contrahendo e ad affermare la responsabilità delle parti per i comportamenti colposi tenuti nel corso delle trattative, qualora da questi sia dipesa la conclusione di un contratto nullo o inefficace. Non è possibile soffermarsi in questa sede
4.2. L’ammissibilità convenzionale della emptio spei
Il contratto di hereditatis venditio, benchè caratterizzato da una significativa alea economica è, come detto, un contratto commutativo.
Le fonti tuttavia ammettono che, per accordo tra le parti, il contratto possa atteggiarsi ad emptio spei, ovvero possa avere ad oggetto una hereditas della cui esistenza non vi è prova al momento della conclusione del contratto. I compilatori, in particolare, hanno previsto due fattispecie di vendita aleatoria graduandole in base al tenore del rischio assunto dall’acquirente.
D. 18.4.10 (Iav. l. 2 ex Plaut.): ‘Quod si in venditione hereditatis id actum est, si quid iuris esset venditoris, venire nec postea quicquam praestitu iri: quamvis ad venditorem hereditas non pertinuerit, nihil tamen eo praestabitur, quia id actum esse manifestum est, ut quemadmodum emolumentum negotiationis, ita periculum ad emptorem pertineret’
Il passo di Xxxxxxxxx esamina l’ipotesi di una vendita avente ad oggetto il diritto eventualmente spettante al venditore (‘si quid iuris esset venditoris’) su una hereditas determinata. Avendo le parti così descritto l’oggetto del contratto, qualora il venditore non vantasse in concreto alcun diritto sull’eredità de qua (‘quamvis ad venditorem hereditas non pertinuerit’), nulla potrebbe essere da lui preteso da parte dell’acquirente (‘nec postea quicquam praestitu iri’, ‘nihil tamen eo praestabitur’)117 . Su quest’ultimo, infatti, grava l’alea del negozio ed il peso
sull’amplissima letteratura in materia per la quale si rinvia a F. PROCCHI, ‘Licet emptio non teneat’. Alle origini delle moderne teoriche sulla cd. ‘culpa in contrahendo’, Padova 2012.
117 La pretesa che Xxxxxxxxx intende escludere è quella avente ad oggetto la restituzione del prezzo prevista da D. 18.4.7 (Xxxx. l. 14 ad Plaut.). “Das wir so zu verstehen sein: stellt sich heraus, dass die Erbschaft nicht dem Verkäufer zusteht, dann soll der Käufer keinen Anspruch auf Rückgabe des Kaufpreises haben” (X. XXXXX, Erbschaftskauf, cit., p. 54).
economico delle sue conseguenze, siano esse positive (‘emolumentum negotiationis’) o negative (‘periculum’).
La sopportazione del rischio da parte dell’acquirente è tuttavia esclusa nel caso in cui il venditore, al momento della conclusione del contratto, sia già a conoscenza del fatto che l’eredità non gli spetta. In questo senso Gaio:
D. 18.4.12 (Gai. l. 10 ad ed. prov.): ‘Hoc autem sic intellegendum est, nisi sciens ad se non pertinere ita vendiderit: nam tunc ex dolo tenebitur’118
Il venditore che consapevolmente (‘sciens’) vende un’eredità sulla quale non vanta alcun diritto, infatti, non è liberato (‘tunc ex dolo tenebitur’) ed è conseguentemente tenuto a risarcire il danno secondo le regole generali.
L’alea della fattispecie contemplata da Xxxxxxxxx abbraccia la sola sussistenza della vocazione ereditaria. Dal tenore letterale del passo, infatti, si evince che il rischio contrattuale dipende esclusivamente dalla circostanza che il ius heredis potrebbe non competere al venditore (‘ad venditorem hereditas non pertinuerit’) e non dalla diversa e più radicale eventualità che la hereditas non xxxxxx000. Tale rischio, tuttavia, è comunque sufficiente a snaturare la causa commutativa del contratto; pertanto, le parti, qualora intendano realizzare un
118 Come osserva X. XXXXXXXXX (v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 351 nt. 473), benchè il frammento sia giustapposto nel Digesto al passo ulpianeo di D. 18.4.11 (di cui infra nel testo), “probabilmente ha più diretto riferimento al caso trattato da Giavoleno”. È infatti in
D. 18.4.10 (e non in D. 18.4.11) che si discute del ‘pertinere’ dell’eredità al venditore.
119 Il brano, infatti, a differenza dei precedenti D. 18.4.7-8 non parla di ‘nulla hereditas’. Il fatto che l’alea della fattispecie sia circoscritta all’incertezza circa l’esistenza della vocazione del venditore ha fatto si che “il giurista non riportasse la fattispecie all’emptio spei, in quanto ciò non era necessario, sussistendo in effetti l’hereditas oggetto del contratto” (X. XXXXXXXXX,
v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 351).
simile assetto di interessi, devono espressamente pattuirlo (‘si in venditione hereditatis id actum est’, ‘id actum esse’)120.
Un’ulteriore ipotesi di vendita aleatoria dell’eredità è contemplata da Ulpiano in D. 18.4.11:
D. 18.4.11 (Ulp. l. 32 ad ed.): ‘Nam hoc modo admittitur esse venditionem "si qua sit hereditas, est tibi empta", et quasi spes hereditatis: ipsum enim incertum rei veneat, ut in retibus’
Secondo il giurista xxxxxxxxx, alle parti è consentito concludere la vendita di una qualsiasi eredità eventualmente devoluta al venditore secondo la formula ‘si qua sit hereditas, est tibi empta’121; all’autonomia privata è cioè permesso negoziare l’alienazione di un bene che non è ancora venuto e che potrebbe non venire ad esistenza.
Oggetto del contratto, come nelle altre ipotesi di emptio spei note alla giurisprudenza (‘ut in retibus’), è dunque un’aspettativa di diritto (‘quasi spes hereditatis’), l’alea stessa dell’esistenza della cosa (‘ipsum enim incertum rei’).
120 L’espressa pattuizione è peraltro necessaria per sollevare il venditore dall’obbligo di prestare la garanzia del ‘nomen heredis’; tale garanzia è infatti prescritta da D. 18.4.13 (Xxxx. l. 14 ad Plaut.) con la sola eccezione dei contratti in cui ‘ita convenit, ut quidquid iuris haberet venditor emptor haberet’. Sull’obbligo del venditore di garantire il ‘nomen heredis’, v. infra, Capitolo Terzo,
§ 2.3.
121 Come osserva X. XXXXXXXXX (v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 351) è “difficile immaginare il funzionamento della statuizione in parola per il caso in cui le parti avessero preso in considerazione l’eredità di una determinata persona”. In tal caso, infatti, “si sarebbe venuto a violare il divieto dei patti successori dispositivi”.
CAPITOLO TERZO – Gli effetti
1. Premessa
Dopo aver esaminato la fattispecie contrattuale della hereditatis venditio, occorre ora indagare gli effetti giuridici ad essa ricondotti dalle fonti; in particolare, il presente capitolo, si propone di analizzare le differenze tra la disciplina (ordinaria) prevista dalle fonti per il contratto di compravendita e quella (speciale) dedicata, dalle medesime, alla hereditatis venditio. Le peculiarità della hereditas come merx e l’assetto di interessi che le parti intendono realizzare con la compravendita dell’eredità, infatti, incidono sulla disciplina del rapporto contrattuale sotto tre profili: da un lato, si ripercuotono sul regime delle garanzie, dall’altro, determinano l’insorgere in capo alle parti, accanto alle tradizionali obbligazioni ex vendito ed ex empto, di specifiche (e caratterizzanti) obbligazioni accessorie.
Nei paragrafi che seguono, pertanto, saranno dapprima analizzate le garanzie dovute dal venditore dell’eredità (§ 2), quindi verranno singolarmente esaminate le obbligazioni accessorie tipiche della hereditatis venditio (§ 3).
Un paragrafo (§ 4) sarà infine dedicato alle stipulationes emptae et venditae hereditatis; come anticipato, infatti, la compravendita consensuale non è l’unica modalità nota all’ordinamento romano per alienare una hereditas.
Giova tuttavia premettere che, in considerazione della completa sovrapposizione delle due figure contrattuali operata dai compilatori, essendo divenuto pressoché impossibile, se non in via congetturale, individuare quali aspetti della disciplina fossero in origine riferibili alle stipulationes, l’esegesi delle fonti verrà condotta nella prospettiva giustinianea di un’unica figura contrattuale, riservandosi di affrontare separatamente la dibattuta questione circa i rapporti intercorrenti, in età classica, tra la hereditatis venditio consensuale e le stipulationes emptae et venditae hereditatis.
2. Il regime delle garanzie
In forza del contratto di compravendita, il venditore è normalmente tenuto a garantire l’acquirente contro l’evizione 122 e per i vizi della merx compravenduta123.
122 Dal momento che, almeno sino alla costituzione giustinianea del 528 d.C. (C. 4.21.17), la compravendita consensuale è un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori, il venditore è tenuto ‘ob evictionem se obligare’ (D. 00.0.0.xx) al fine assicurare all’acquirente la continuazione del pacifico godimento della merx conseguito per effetto della traditio possessionis. L’obbligo di prestare la garanzia per evizione è pertanto “un effetto naturale del contratto, che le parti possono escludere con apposita pattuizione (pactum de non praestanda evictione)” (M. TALAMANCA, Istituzioni, cit., p. 590). In origine, come emerge dal tenore letterale delle fonti, la garanzia è prestata attraverso un negozio collegato (una stipulatio), alla cui conclusione il venditore è tenuto in forza della compravendita consensuale; la responsabilità del venditore per l’evizione è quindi azionata attraverso una actio ex stipulatu, mentre l’actio empti può essere esperita, solo prima del verificarsi del fatto evittivo, per far valere l’inadempimento da parte dell’acquirente dell’obbligazione ‘ob evictionem se obligare’. Successivamente, superata la necessità di una apposita stipulatio, l’actio empti viene concessa, ad evizione avvenuta, direttamente in funzione di garanzia e cioè per consentire all’acquirente di ottenere il ristoro economico del danno subito; la garanzia per evizione, dunque, diviene una conseguenza automatica del contratto consensuale. Sull’evoluzione storica della garanzia per evizione si veda, per tutti, X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit., pp. 385-400.
Nella hereditatis venditio, stante la finalità economica che con essa le parti intendono realizzare, il regime delle garanzie si differenzia significativamente da quello ordinario: il venditore non è infatti tenuto a prestare all’acquirente la garanzia per evizione, né quella per i vizi; egli è obbligato esclusivamente a garantire il proprio status di erede.
Tale caratteristico regime delle garanzie assicura una ripartizione del rischio tra le parti contraenti conforme alla causa contrattuale: in conseguenza dell’esonero del venditore dall’obbligo di prestare le garanzie per evizione e per vizi, infatti, l’acquirente è esposto, nella stessa misura in cui lo sarebbe stato l’erede, all’incertezza circa la composizione quantitativa e qualitativa del compendio ereditario124.
123 A differenza della garanzia per evizione, la garanzia per vizi non costituisce, in origine, un naturale negotii: “egli [il venditore] è tenuto con l’actio empti […] quando abbia espressamente attestato l’esistenza di qualità della cosa” (X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 591). Tale attestazione sulle qualità della merx è facoltativa, con la sola eccezione delle compravendite di schiavi e di bestiame sottoposte, ratione materiae, all’attività giusdicente degli edili curuli. L’editto curule, infatti, prevede “a carico del venditore l’obbligo di dichiarare i vizi occulti degli schiavi e degli animali venduti, e per gli schiavi quello di assumersi, mediante una stipulatio, la garanzia che lo schiavo fosse sano e non dedito alla fuga […] e che su di lui non gravasse una responsabilità nossale” (X. XXXXXXXXX, ibidem). La regola introdotta dagli edili curuli, inizialmente ad applicazione limitata, subisce progressive estensioni da parte della giurisprudenza tanto che, già in età classica, si registra “una tendenza parallela a quella già notata in tema di evizione, a comprendere cioè anche la responsabilità per i vizi nel campo dell’azione contrattuale (a. empti), almeno quando i vizi fossero noti al venditore: tendenza portata a compimento nel diritto giustinianeo” (X. XXXXXXX XXXX, Xxxxx, cit., p. 344).
124 Sulla tipicità dell’alea economica nella hereditatis venditio, v. supra, Capitolo secondo, § 4.
2.1. L’esonero dalla garanzia per evizione
L’esonero del venditore dall’obbligo di prestare la garanzia per evizione è testuale ed è contenuto nel principium del lungo brano ulpianeo escerpito in D. 18.4.2:
D. 00.0.0.xx (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Venditor hereditatis satisdare de evictione non debet, cum id inter ementem et vendentem agatur, ut neque amplius neque minus iuris emptor habeat quam apud heredem futurum esset: plane de facto suo venditor satisdare cogendus est’
Il venditore non è tenuto a garantire che l’eredità, o meglio, i cespiti ereditari siano liberi da diritti di terzi (‘satisdare de evictione non debet’) che possano pregiudicare il pacifico godimento dell’acquirente; egli è dunque esclusivamente obbligato a garantire per il fatto proprio (‘de facto suo venditor satisdare’).
Nel passo in esame, Xxxxxxx non si limita ad enunciare la regola, ma ne esplicita anche la ratio: la garanzia per l’evizione non è dovuta dal momento che il rapporto contrattuale ha lo scopo di far conseguire all’acquirente una posizione giuridica (‘iuris emptor habeat’) identica a quella che avrebbe avuto l’erede (‘quam apud heredem futurum esset’). Al fine di assicurare detta identità, la posizione giuridica dell’acquirente non può essere né più ampia, né più ristretta (‘neque amplius neque minus’) di quella conseguita dal venditore in dipendenza del suo status di erede. In questa prospettiva, il riconoscimento della garanzia per evizione rappresenterebbe un ingiustificato favor per l’acquirente: il possesso delle res hereditariae da parte di quest’ultimo, infatti, verrebbe a godere di una tutela non accordata al possesso dell’erede-venditore, il quale è esposto alle rivendicazioni dei terzi.
L’esonero dalla garanzia per evizione è ribadito da una costituzione di Xxxxxxxx Xxxxxx del 200 d.C.; la giustificazione fornita, tuttavia, è in questo caso di natura strettamente tecnico-giuridica:
C. 8.44.1 (Imperatores Xxxxxxx, Xxxxxxxxx): ‘Emptor hereditatis rem a possessoribus sumptu ac periculo suo persequi debet. Evictio quoque non praestatur in singulis, cum hereditatem iure venisse constet, nisi aliud nominatim inter contrahentes convenit’
La garanzia per evizione consiste nell’assunzione di responsabilità, da parte del venditore, per l’ipotesi in cui l’habere licere dell’acquirente sia impedito o turbato da pretese di terzi; in quanto tale, dunque, la garanzia può essere prestata solo in relazione a singole res corporales. Conseguentemente, dal momento che oggetto del contratto di compravendita è la hereditas e che quest’ultima è una universitas (‘cum hereditatem iure venisse constet’) non riducibile alla somma delle res corporales che la compongono, il venditore non è tenuto a prestare la garanzia per evizione in relazione ai singoli cespiti ereditari (‘evictio quoque non praestatur in singulis’), salvo espressa pattuizione in tal senso (‘nisi aliud nominatim inter contrahentes convenit’).
La soluzione adottata è coerente con il principio che regola la determinazione dell’oggetto del contratto: la hereditas è alienata in blocco senza che abbia alcuna rilevanza la sua composizione quantitativa, salvo che quest’ultima sia stata oggetto di espressa statuzione da parte del venditore125.
125 Il principio (sul quale, più diffusamente, v. supra, Capitolo secondo, § 3) è desumibile dalla lettura congiunta di due passi contigui:
D. 18.4.14.1 (Xxxx. l. 14 ad Plaut.): ‘Si hereditas venierit, venditor res hereditarias tradere debet: quanta autem hereditas est, nihil interest’
D. 18.4.15 (Gai. l. 10 ad ed. prov.): ‘Nisi de substantia eius adfirmaverit’
2.2. L’esonero dalla garanzia per vizi
Come la garanzia per evizione, anche la garanzia per vizi è espressamente esclusa:
D. 00.0.00.xx (Ulp. l. 1 ad ed. aedil. curul.): ‘Proinde Pomponius ait iustam causam esse, ut quod in venditione accessurum esse dictum est tam integrum praestetur, quam illud praestari debuit quod principaliter veniit […] Sed hoc ita, si certum corpus accessurum fuerit dictum: nam si servus cum peculio venierit, ea mancipia quae in peculio fuerint sana esse praestare venditor non debet, quia non dixit certum corpus accessurum, sed peculium tale praestare oportere, et quemadmodum certam quantitatem peculii praestare non debet, ita nec hoc. Eandem rationem facere Pomponius ait, ut etiam, si hereditas aut peculium servi venierit, locus edicto aedilium non sit circa ea corpora, quae sunt in hereditate aut in peculio […] Puto hanc sententiam veram, nisi si aliud specialiter actum esse proponatur’.
L’esenzione è prevista da un passo ulpianeo, tratto dal commentario all’editto degli edili curuli, che si occupa dell’estensione della garanzia agli accessori del bene compravenduto (‘quod in venditione accessurum esse’); in esso il giurista xxxxxxxxx aderisce alla tesi di Xxxxxxxx secondo cui le disposizioni dell’editto curule in materia di garanzia per vizi non trovano applicazione relativamente ai cespiti ricompresi in un peculio o in un’eredità (‘locus edicto aedilium non sit circa ea corpora, quae sunt in hereditate aut in peculio’). I singoli cespiti, infatti, non stanno in un rapporto di bene principale/bene accessorio con la universitas che li comprende (‘quia non dixit certum corpus accessurum’).
La ratio dell’esenzione è, anche in questo caso, da rinvenirsi nella circostanza che la vendita della hereditas, come quella del peculio, non è semplice una vendita in blocco: come non è dovuta alcuna garanzia sulla quantità dell’universitas compravenduta (‘quemadmodum certam quantitatem peculii
praestare non debet’), così parimenti non è dovuta alcuna garanzia sulla qualità delle res che la compongono (‘ita nec hoc’).
Come già in materia di garanzia per evizione, la giurisprudenza fa salva la possibilità per l’autonomia privata di convenire, in deroga alla regola generale, l’applicazione del regime edittale a singoli cespiti della hereditas compravenduta (‘nisi si aliud specialiter actum esse’).
2.3. La garanzia del nomen heredis
Il venditore è tenuto a garantire (‘praestare debet’) all’acquirente la sua condizione di erede (‘heredem se esse’). Il contenuto della garanzia emerge con chiarezza da un passo di Xxxxx:
D. 18.4.13 (Xxxx. l. 14 ad Plaut.): ‘Quod si sit hereditas et si non ita convenit, ut quidquid iuris haberet venditor emptor haberet, tunc heredem se esse praestare debet: illo vero adiecto liberatur venditor, si ad eum hereditas non pertineat’’
Il venditore deve garantire all’acquirente di essere l’effettivo titolare del ius heredis il cui contenuto economico viene compravenduto; l’obbligo di prestare detta garanzia è escluso nella sola ipotesi in cui le parti abbiano convenuto una vendita aleatoria (‘ut quidquid iuris haberet venditor emptor haberet’)126.
La garanzia del nomen heredis si risolve, di fatto, in una garanzia circa l’esistenza dell’oggetto del contratto: lo status di erede costituisce infatti un ineliminabile prius logico rispetto alle attribuzioni patrimoniali che, per effetto del contratto, vengono trasferite all’acquirente.
126 Sul punto, v. supra, Capitolo secondo, § 4.2.
L’aleatorietà della compravendita deve essere espressamente pattuita (‘ita convenit’) mediante un appostio un apposito pactum adiectum (‘illo vero adiecto’); solo in tal caso, infatti, il venditore è liberato (‘liberatur venditor’) benché risulti non avere diritti la hereditas compraveduta.
Circa le modalità attraverso le quali il venditore è tenuto a fornire la prova del proprio status di erede, la giurisprudenza si pronuncia solo in relazione alle ipotesi di successione testamentaria:
D. 10.2.4.3 (Ulp. l. 19 ad ed.): ‘Sed et tabulas testamenti debebit aut apud eum, qui ex maiore parte heres est, iubere manere aut in aede deponi. Nam et Xxxxx scribit vendita hereditate tabulas testamenti descriptas deponi oportere: heredem enim exemplum debere dare, tabulas vero authenticas ipsum retinere aut in aede deponere’
In tali ipotesi, la prova del nomen heredis è fornita mediante la consegna all’acquirente di una copia del testamento che istituisce il venditore (‘heredem enim exemplum debere dare’). Quest’ultimo, secondo l’opinione di Xxxxxxx riferita da Xxxxxxx, è legittimato a conservare il documento originale (‘tabulas vero authenticas ipsum retinere’), salvo preferisca depositarlo in un tempio (‘in aede deponere’).
Nell’opposta ipotesi in cui l’eredità si sia devoluta ex lege, invece, nel silenzio delle fonti, è verosimile ritenere che, sia sufficiente l’attestazione del venditore e che il profilo probatorio venga eventualmente in rilievo solo qualora siano avanzate contestazioni da parte di terzi.
L’eventualità che lo status di erede del venditore sia contestato da terzi dopo la conclusione della hereditatis venditio è presa in considerazione da un responsum di Scevola:
D. 44.4.17.2 (Xxxxx. l. 27 dig.): ‘Ex quadrante heres scriptus a coherede ex dodrante instituto emit portionem certa quantitate, ex qua aliquam summam in nominibus ex kalendario uti daret, stipulanti spopondit: defuncto venditore hereditatis falsum testamentum Septicius accusare coepit et hereditatem ab emptore petit et ne quid ex ea minueret, impetravit: quaesitum est, cognitione falsi pendente an heredes ex stipulatu petentes doli exceptione summoventur.
Respondit heredes venditoris, si ante eventum cognitionis pergant petere, exceptione doli mali posse summoveri’127
Il caso concreto esaminato dal giurista ruota intorno alla vendita di una quota d’eredità: l’erede testamentario istituito nella quota di un quarto acquista dal coerede la residua quota di tre quarti, impegnandosi a pagarla, in parte in denaro, in parte mediante la cessione di ‘nomina ex kalendario’; il venditore, però, muore prima che il prezzo gli venga pagato ed il suo status di erede viene contestato da Septicio che, sostenendo la falsità del testamento (‘falsum testamentum Septicius accusare coepit’) che lo istituiva, agisce contro l’acquirente per ottenere la restituzione dell’eredità (‘hereditatem ab emptore petit’).
Il quesito sottoposto a Scevola è il seguente: in pendenza del giudizio di falso (‘cognitione falsi pendente’), qualora gli eredi del venditore convengano l’acquirente per il pagamento del prezzo (‘an heredes ex stipulatu petentes’), può quest’ultimo opporre loro la exceptio doli? La risposta del giurista è positiva: sino all’avvenuta decisione della controversia (‘ante eventum cognitionis’), la pretesa degli eredi del venditore può essere paralizzata dalla exceptio doli.
Dal passo in esame, pertanto, può ricavarsi una regola di vigenza generale secondo la quale il venditore, il cui nomen heredis sia revocato in dubbio, in pendenza del giudizio sulla spettanza dell’eredità, non può agire per ottenere il pagamento del prezzo; qualora lo faccia, infatti, gli potrebbe essere opposta la exceptio doli.
127 L’alienazione dell’eredità avviene, nel passo in esame, mediante le stipulationes emptae et veditae hereditatis (‘stipulanti spopondit’). Come anticipato (v. supra, Introduzione), tuttavia, i compilatori hanno fatto largo uso dei passi della giurisprudenza classica riferiti a dette stipulationes riferendoli alla compravendita d’eredità consensuale. Questo consente, sia pure con le cautele che verranno di seguito precisate (v. infra § 4), di includere il passo in esame tra quelli utili alla ricostruzione della disciplina del contratto di hereditatis venditio consensuale.
3. Le obbligazioni delle parti
Per effetto della hereditatis venditio sorgono in capo alle parti le obbligazioni tipiche della compravendita consensuale: il venditore è tenuto ad immettere l’acquirente nel possesso del bene compravenduto (‘possessionem tradere’128), mentre quest’ultimo è obbligato al versamento del prezzo129.
La disciplina di tali obbligazioni segue, anche nella hereditatis venditio, le regole generali fissate dalla giurisprudenza per la compravendita consensuale; esse, pertanto, non saranno, in questa sede, oggetto di specifica indagine. Con
128 Il venditore è obbligato a fornire (‘praestare’) la res compravenduta, ovvero a trasmetterne il pacifico godimento all’acquirente mediante la consegna:
D. 19.1.11.2 (Ulp. l. 32 ad ed.): ‘Et in primis ipsam rem praestare venditorem oportet, id est tradere […]’
D. 00.0.0.xx (Xxxx. l. 32 ad ed.): ‘[…] venditori sufficit […] possessionem tradere’
La dottrina è unanime nel ritenere che, tra le obbligazioni imposte dal diritto romano al venditore, non rientri quella di trasferire la proprietà; il venditore, infatti, è unicamente tenuto a far conseguire all’acquirente il possesso del bene compravenduto mediante semplice traditio e a garantirgliene il pacifico godimento. Se il bene compravenduto è una res nec mancipi, la consegna con cui il venditore adempie la propria obbligazione contrattuale è altresì sufficiente a trasferire la proprietà, se invece oggetto del contratto è una res mancipi, l’acquirente, pur divenendo possessore, non consegue il dominium ex iure Quiritium. In quest’ultimo caso, infatti, il trasferimento della proprietà è subordinato al compimento dell’atto solenne della mancipatio che, normalmente, accompagnava il contratto di compravendita. Sulla dibattuta questione circa la ricorrenza di un obbligo ex contractu in capo al venditore di porre in essere il negozio traslativo necessario per il trasferimento della proprietà si veda, per tutti, X. XXXXXXXXX, v. Vendita (dir. rom.), cit.
129 L’obbligazione dell’acquirente è un’obligazione di dare in senso tecnico in quanto comporta il trasferimento della proprietà di nummi di valore corrispondente al prezzo convenuto:
D. 19.1.11.2 (Ulp. l. 32 ad ed.): ‘[…] Emptor autem nummos venditoris facere cogitur’
D. 00.0.0.xx (Xxxx. l. 32 ad ed.): ‘Emptor enim, nisi nummos accipientis fecerit, tenetur ex vendito’
riferimento all’obbligazione del venditore, tuttavia, si rileva incidentalmente che la terminologia tradizionale ad essa riferita (il verbo ‘tradere’) ha un’unica occorrenza in D. 18.4130 e che, nella quasi totalità dei passi, il contenuto di detta obbligazione è indicato con il verbo ‘restituere’, ovvero utilizzando un lemma normalmente estraneo al campo semantico del contratto di compravendita. Il verbo ‘restituere’131, infatti, è normalmente utilizzato dalle fonti per indicare il contenuto dell’obbligazione dell’erede fiduciario nei confronti del fedecommissario. L’utilizzo, non certo casuale, del termine sottolinea la stretta affinità funzionale avvertita dalla giurisprudenza tra i due rapporti obbligatori; affinità peraltro confermata dalla circostanza, riferitaci da Gaio132, che l’adempimento dell’obbligazione dell’erede fiduciario avvenisse mediante una fittizia vendita dell’eredità nummo uno al fedecommissario. Tanto nel fedecommesso, quanto nella hereditatis venditio, infatti, la finalità del trasferimento è quella di mettere il cessionario nella condizione in cui si sarebbe trovato se fosse stato l’erede133.
Come sopra anticipato, accanto alle ordinarie obbligazioni ex vendito ed ex empto, la hereditatis venditio, a motivo della peculiarità del suo oggetto e della sua causa, fa altresì sorgere in capo a ciascuna delle parti alcune obbligazioni accessorie.
130 Si tratta di D. 18.4.14.1 (Xxxx. l. 14 ad Plaut.): ‘Si hereditas venierit, venditor res hereditarias tradere debet’.
131 Sulle occorrenze del verbo ‘restituere’ nella compilazione giustinianea, si veda la corrispondente voce nel Vocabularium iurisprudentiae romanae, V, Berlino 1939, coll. 179-190. 132 Gai 2.252: ‘[…] tunc enim in usu erat ei, cui restituebatur hereditas, xxxxx uno eam hereditatem dicis causa venire’.
133 Per il fedecommesso, v. I. 2.23: ‘Restituta autem hereditate is quidem qui restituit nihilo minus heres permanet: is vero qui recipit hereditatem aliquando heredis aliquando legatarii loco habebatur’.
Dette obbligazioni possono essere classificate, per semplicità espositiva, in due gruppi: da un lato, un gruppo di obbligazioni “indennitarie” finalizzate ad assicurare che, nei rapporti interni, il risultato economico del ius heredis si ripercuota esclusivamente sul patrimonio dell’acquirente e, dall’altro, un gruppo di obbligazioni volte a regolare la spettanza della legittimazione ad agire in relazione alle azioni dipendenti dal nomen heredis.
3.1. Le obbligazioni “indennitarie”
Possono essere definite “indennitarie” le obbligazioni accessorie che impongono a ciascuna parte contraente di neutralizzare, mediante risarcimento per equivalente, i decrementi patrimoniali sofferti dalla controparte che non corrispondano all’assetto d’interessi perseguito dal contratto. Tali obbligazioni sono essenziali perché garantiscono il conseguimento della funzione economica della hereditatis venditio, ovvero il trasferimento, in capo all’acquirente del risultato economico del ius heredis al netto delle passività.
In capo del venditore, pertanto, sorgono obbligazioni finalizzate a garantire che, all’acquirente, sia riconosciuto il valore economico degli acquisti hereditatis causa eventualmente non conseguiti in natura per dolo o colpa grave del venditore stesso. L’acquirente, invece, è gravato da obbligazioni volte ad assicurare che, nei rapporti interni, il peso degli onera hereditaria sia interamente a suo carico.
3.1.1. …a carico del venditore
Il venditore, come si è visto, è tenuto a trasmettere all’acquirente tutto ciò che sia a lui pervenuto ex hereditate. A tal proposito, nel lungo brano escerpito in D. 18.4.2, Xxxxxxx, dopo aver chiarito il significato
tecnico del verbo ‘pervenire’ (§§ 3-4)134, prende in considerazione l’ipotesi in cui l’erede-venditore135 impedisca o vanifichi un acquisto mortis causa:
D. 18.4.2.5 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Sed et si quid dolo malo eorum factum est, quo minus ad eos perveniat, et hoc emptori praestandum est: fecisse autem dolo malo quo minus perveniat videtur, sive alienavit aliquid, vel etiam accepto quem liberavit vel id egit dolo malo, ne de hereditate adquireretur vel ne possessionem adipisceretur quam posset adipisci. Sed et si non dolo malo, sed lata culpa admiserit aliquid, utique tenebitur: deperdita autem et deminuta sine dolo malo venditoris non praestabuntur’
Nella casistica esaminata dal giurista xxxxxxxxx vengono in rilievo condotte, tanto attive quanto omissive, finalizzate a diminuire l’ammontare del ‘pervenire’ (‘quo minus perveniat’) o a disperderne il risultato economico; Xxxxxxx ne elenca alcune a titolo esemplificativo: l’alienazione di beni136, la liberazione di debitori ereditari mediante acceptilatio, l’omessa apprensione di beni ‘quam posset adipisci’.
Tali condotte, se accompagnate dall’elemento soggettivo del dolo (‘dolo malo … factum est’, ‘fecisse autem dolo malo’, ‘id egit dolo malo’), obbligano il venditore a risarcire l’acquirente per un importo corrispondente al ‘minus’ da esse causato (‘et hoc emptori praestandum est’). Infatti, essendo divenuto impossibile l’adempimento in natura dell’obbligazione principale, si verifica
134 v. supra, Capitolo secondo, § 3.2.2.
135 Rectius, l’erede-venditore e/o il suo erede, come si evince dai plurali ‘eorum’ ed ‘eos’ contenuti nel primo periodo del passo in commento e riferiti ai due soggetti indicati nel paragrafo che precede come destinatari dell’obbligo di ‘emptori restituere’.
136 Nel caso della vendita di cespiti ereditari, il passo in esame si sovrappone al § 3 del medesimo frammento, dove Xxxxxxx sancisce la surrogazione reale del pretium alla res ereditaria alienata (o donata) a terzi. I due frammenti possono essere coordinati nell’ottica di un rapporto di specialità: nel § 5, infatti, come si vedrà nel testo, viene in rilievo l’elemento soggettivo che accompagna il comportamento del venditore, mentre nel § 3 tale elemento soggettivo non è preso in considerazione.
una sorta di perpetuatio obligationis: il venditore non è liberato ed è tenuto a indennizzare l’acquirente per la perdita economica derivante dal mancato acquisto.
Al xxxx Xxxxxxx equipara la colpa grave; il passaggio del frammento che opera l’estensione della regola alla lata culpa, tuttavia, è fortemente sospettato di interpolazione137.
L’obbligazione “indennitaria” sorge solo in presenza di condotte imputabili a titolo di dolo (o colpa grave): le perdite o, più in generale, le diminuzioni di valore della hereditas non imputabili (‘deperdita autem et deminuta sine dolo malo’), infatti, liberano il venditore.
La regola, affermata da Xxxxxxx nella chiusura del passo in commento, è ribadita, sia pure relativamente a un caso specifico, da D. 18.4.3:
D. 18.4.3 (Pomp. l. 27 ad Sab.): ‘Si venditor hereditatis exactam pecuniam sine dolo malo et culpa perdidisset, non placet eum emptori teneri’
Il venditore che, dopo aver riscosso crediti ereditari (‘exactam pecuniam’), perda il denaro incassato non è tenuto a indennizzare l’acquirente (‘non placet eum
137 A. DE MEDIO (Studi sulla 'culpa lata' in diritto romano, BIDR 18 (1906), p. 286), nel quadro della più ampia riflessione sulla non classicità della nozione di ‘culpa lata’, reputa interpolata la frase ‘sed et si non - tenebitur’. La non classicità dell’inciso è sostenuta, con argomentazioni analoghe, anche da altri Autori; in proposito, si veda X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXX (hrsg.), Index Interpolationum quae in Iustiniani Digestis inesse dicuntur, I, Weimar 1929, col. 323. In tempi più recenti, l’interpolazione è ammessa anche da X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., p. 170): “El inciso [sed et si non - tenebitur] non parece claramente xxxxxxxxxxx”, che però non motiva sul punto. Prescindendo da valutazioni sistematiche sul concetto di ‘lata culpa’, l’ipotesi di interpolazione è peraltro corroborata dal mancato coordinamento tra l’inciso in esame e la conclusione del passo dove, nell’esprimere sinteticamente al regola generale, si omette ogni riferimento alla colpa e si richiama solo il dolo.
emptori teneri’), purché la perdita non gli sia imputabile a titolo di dolo o di colpa.
Il passo di Xxxxxxxx, quindi, sembra prospettare un regime di responsabilità del venditore più rigoroso di quello tratteggiato da Xxxxxxx: il venditore, infatti, rimarrebbe obbligato nei confronti dell’acquirente non solo in caso di condotte dolose o gravemente colpose, bensì anche nell’ipotesi di comportamenti imputabili a titolo di colpa semplice.
L’antinomia tra i due passi, tuttavia, è verosimilmente ascrivibile a un difetto di coordinamento tra gli interventi eseguiti dai compilatori sui rispettivi testi: la medesima dottrina che sostiene la non genuinità del riferimento alla ‘culpa lata’ in D. 18.4.2.5, infatti, ritiene interpolato anche l’inciso ‘et culpa’ del passo in esame138. A sostegno di questa tesi, oltre alla non classicità delle classificazioni della culpa139, depone il passo ulpianeo escerpito in D. 00.0.00.0:
138 x. X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXX (xxxx.), Xxdex, cit., col. 324. Y. XXXXXXXX XXXXXX
(Propuesta, cit., pp. 207-208) nega l’esistenza di un contrasto tra i due brani facendo leva, non sulla possibilità di un intervento dei compilatori, bensì sulla circostanza che essi si occupano di due fattispecie distinte: “no existe la afirmada contradicción […] los dos textos tratan cuestiones diversas, en las que era posible que valiesen criterios diversosEn efecto, en D.
18.4.2.5 se examina la actitud del vendedor que tiene como finalidad el obstaculizar que se incluyese algo en el pervenire y en la sucesiva transmisión al comprador, mientras que en D.
18.4.3 se considera la diversa hipótesis que el dinero ya era incluido en el pervenire, no pudiendo el vendedor trasmitirlo a causa de su pérdida”. L’argomento non appare condivisibile in quanto D. 18.4.2.5 non contempla solo condotte idonee ad escludere o limitare gli acquisti mortis causa, ma anche comportamenti che incidono sulla consistenza del patrimonio ereditario dopo la sua avvenuta acquisizione; tra questi, ad esempio, le ipotesi ‘alienavit aliquid’ ed ‘accepto quem liberavit’.
139 “Al di là delle modificazioni del regime sostanziale, nella compilazione si nota la tendenza
–già iniziata nelle scuole orientali– ad un’esplicita contrapposizione e classificazione delle varie figure di culpa” (X. XXXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 668).
D. 45.1.50.1 (Ulp. l. 50 ad ed.): ‘Item stipulatione emptae hereditatis: "quanta pecunia ad te pervenerit dolove malo tuo factum est eritve, quo minus perveniat" nemo dubitabit quin teneatur, qui id egit, ne quid ad se perveniret’
Il passo verte sulla stipulatio emptae hereditatis che, come si è visto, costituisce l’originaria modalità di alienazione dell’eredità, prima dell’affermazione del contratto consensuale. Come si può notare, il formulario riportato da Xxxxxxx coincide testualmente, in larga misura, con il testo del responsum, del medesimo giurista, contenuto in D. 00.0.0.0: ‘dolove malo tuo factum est eritve, quo minus perveniat’.
Ulpiano riporta l’opinione indiscussa (‘nemo dubitabit quin’) secondo cui il venditore resta obbligato (‘teneatur’) se ha impedito dolosamente un acquisto mortis causa. La circostanza che il dolo sia l’unico elemento soggettivo ad assumere rilevanza induce a ritenere verosimile che il riferimento alla ‘culpa lata’ contenuto in D. 18.4.2.5 sia frutto di un intervento dei compilatori.
3.1.2. …a carico dell’acquirente
L’acquirente è obbligato a tenere indenne il venditore da ogni pregiudizio economico che gli sia derivato dall’aver conseguito la qualifica di erede.
Nella casistica esaminata dalla giurisprudenza, i pregiudizi economici che il venditore può subire per effetto dell’acquisto dell’eredità possono essere distinti in due gruppi: nel primo rientrano gli esborsi sostenuti per il pagamento di oneri causati o dipendenti dalla successione, al secondo invece appartengono le minusvalenze patrimoniali determinate dall’estinzione per confusione di crediti (o altre situazioni giuridiche attive) vantati nei confronti del de cuius.
3.1.2.1. Gli ‘onera hereditaria’
L’acquirente dell’eredità, in quanto destinato, nei rapporti interni, a ‘vicem heredis optinere’ 140 , riceve dal venditore le componenti patrimoniali attive della hereditas (‘lucrum omne’) ed è tenuto a sopportare (‘ad eundem respicere’) il peso di ogni passività ereditaria (‘damnum’):
D. 18.4.2.9 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Sicuti lucrum omne ad emptorem hereditatis respicit, ita damnum quoque debet ad eundem respicere’
Egli, pertanto, è tenuto a rimborsare il venditore che, con mezzi propri, abbia sostenuto esborsi a causa dell’eredità compravenduta:
D. 18.4.2.11 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Sive ipse venditor dederit aliquid pro hereditate sive procurator eius sive alius quis pro eo, dum negotium eius gerit, locus erit ex vendito actioni, dummodo aliquid absit venditori hereditatis: ceterum si nihil absit venditori, consequens erit dicere non competere ei actionem’
Gli esborsi passibili di indennizzo sono indicati da Ulpiano, in D. 18.4.2.11, con un’espressione atecnica assai ampia (‘dederit aliquid pro hereditate’) alla quale possono essere ricondotti il pagamento dei debiti ereditari, il soddisfacimento dei legati, nonché l’adempimento di ogni altra obbligazione nascente in capo all’erede-venditore ‘propter hereditatem’141.
140 D. 18.4.2.18 (Ulp. l. 49 ad Sab.).
141 Si pensi, ad esempio, alle obbligazioni propter rem dipendenti da cespiti ereditari o al pagamento di sentenze di condanna pronunciate in cause instaurate contro il de cuius.
La genericità dell’espressione adottata da Xxxxxxx nel passo in commento è compensata dalla casistica contenuta nei paragrafi successivi del medesimo frammento che menziona espressamente alcuni ‘onera hereditaria’ risarcibili:
D. 18.4.2.16 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Si quid publici vectigalis nomine praestiterit venditor hereditatis, consequens erit dicere agnoscere emptorem et hoc debere: namque hereditaria onera etiam haec sunt. Et si forte tributorum nomine aliquid dependat, idem erit dicendum’
Il diritto al risarcimento può essere esercitato dal venditore mediante l’actio ex vendito, a condizione che l’esborso gli abbia causato una perdita patrimoniale (‘dummodo aliquid absit venditori’); l’obbligazione indennitaria dell’acquirente, infatti, non sorge qualora il venditore sia ancora in possesso delle res hereditariae e da queste tragga la provvista per l’adempimento, senza intaccare il proprio patrimonio personale (‘si nihil absit venditori’).
L’indennizzo è unicamente subordinato alla ricorrenza di una perdita nel patrimonio dal venditore, a nulla rilevando la circostanza che il pagamento che l’ha generata sia stato eseguito personalmente dall’erede (‘Sive ipse venditor’), da un suo procuratore (‘sive procurator eius’) o addirittura da un terzo che abbia agito in veste di negotiorum gestor (‘sive alius quis pro eo, dum negotium eius gerit’).
L’azione contrattuale è inoltre concessa al venditore per l’ottenimento dell’indennizzo nell’ipotesi in cui egli, a qualunque titolo (‘quoquo nomine’), abbia assunto un’obbligazione a causa dell’eredità (‘propter hereditatem’):
D. 18.4.2.20 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Sed et si quid venditor nondum praestiterit, sed quoquo nomine obligatus sit propter hereditatem, nihilo minus agere potest cum emptore’
D. 18.4.2.17 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Quod si funere facto heres vendidisset hereditatem, an impensam funeris ab emptore consequatur? Et ait Labeo emptorem impensam funeris praestare debere, quia et ea, inquit, impensa hereditaria esset: cuius sententiam et Xxxxxxxxx putat veram et ego arbitror’
Il paragrafo § 16 sancisce la risarcibilità tanto del vectigal, quanto delle spese sostenute ‘tributorum nomine’. Il paragrafo § 17, invece, affronta la questione delle spese funerarie. È verosimile che tale questione sia stata oggetto di ius controversum; è altrimenti difficilmente spiegabile il motivo per cui Xxxxxxx abbia avvertito l’esigenza di richiamare l’opinione conforme di due giuristi (Xxxxxxx e Xxxxxxxx) a sostegno della propria posizione sul punto. Il passo non ci tramanda le tesi di segno opposto, ma la formulazione del quesito che apre il paragrafo lascia pensare che le divergenze interpretative muovessero da considerazioni sul momento in cui la vendita è perfezionata (‘funere facto’).
Il venditore, dunque, è ammesso ad agire giudizialmente in via preventiva al fine di ottenere dall’acquirente la provvista per il soddisfacimento degli onera hereditaria142.
Come più volte ricordato, la ratio dell’obbligazione indennitaria dell’acquirente è da ricercarsi nella funzione economica della hereditatis venditio che impone l’assunzione da parte di quest’ultimo del peso economico delle passività ereditarie. Pertanto, affinché l’oggetto di detta obbligazione indennitaria, non sia esuberante rispetto alla causa contrattuale, l’acquirente non può essere chiamato a indennizzare il venditore per gli onera da esso sostenuti che, benché oggettivamente connessi all’eredità, non siano passibili di esecuzione coattiva. L’acquirente, infatti, avrebbe potuto legittimamente omettere l’adempimento tali onera anche qualora fosse stato l’erede.
Non sono pertanto rimborsabili, ad esempio, l’adempimento spontaneo di obbligazioni naturali, l’accidentale pagamento dell’indebito 143 ed il volontario soddisfacimento integrale di legati eccedenti la quarta falcidia. In tale ultimo caso, tuttavia, le fonti espressamente riconoscono la possibilità che le parti convengano un patto volto ad estendere l’ampiezza dell’obbligazione indennitaria dell’acquirente:
D. 35.2.71 (Xxxx. l. 32 ad ed.): ‘Potest heres in vendenda hereditate cavere, ut et lege Falcidia interveniente solida legata praestentur, quia ea lex heredis causa lata est nec fraus ei fit, si ius suum deminuat heres’
142 “Si xx xxxxxxxx xxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxxx xxxxxx xxxx, x xxx xxxxx titulo se hallare obligado a causa de la herencia, puede reclamar contra el comprador para que éste pague” (X. XXXXXXX, Venditio hereditatis, cit., p. 182).
143 v. D. 18.4.2.7 (Ulp. l. 49 ad Sab.), per il cui commento v supra, Capitolo secondo, § 3.2.2.
Le parti possono cioè, mediante un apposito pactum adiectum al contratto di compravendita, prevedere che i legati riducibili siano soddisfatti per l’intero (‘solida legata praestentur’); la deroga è ammessa perché le disposizioni della lex Falcidia sono dettate nell’interesse dell’erede (‘ea lex heredis causa lata est’) il quale, conseguentemente, può rinunciare alla tutela offertagli dalla legge (‘ius suum deminuat heres’).
3.1.2.2. Il problema della confusione: i crediti
Il venditore che, alla data di apertura della successione, sia creditore del de cuius vede estinguersi per confusione il proprio credito (‘confusione creditor esse desinit’) per effetto dell’acquisto dell’eredità:
D. 18.4.2.18 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Cum quis debitori suo heres exstitit, confusione creditor esse desinit: sed si vendidit hereditatem, aequissimum videtur emptorem hereditatis vicem heredis optinere et idcirco teneri venditori hereditatis, sive cum moritur testator debuit (quamvis post mortem debere desiit adita a venditore hereditate) sive quid in diem debeatur sive sub condicione et postea condicio exstitisset, ita tamen, si eius debiti adversus heredem actio esse poterat, ne forte etiam ex his causis, ex quibus cum herede actio non est, cum emptore agatur’
L’automatica estinzione del credito determina, nel patrimonio del venditore, una perdita che l’acquirente è tenuto ad indennizzare (‘aequissimum videtur emptorem […] idcirco teneri venditori hereditatis’) versando una somma corrispondente all’importo del credito estinto. Infatti, qualora fosse stato l’erede, egli sarebbe subentrato al de cuius nel rapporto debitorio e sarebbe stato tenuto all’adempimento nei confronti del venditore.
Tale essendo la ratio dell’obbligazione indennitaria dell’acquirente, è facile comprendere il motivo per cui la giurisprudenza nega al venditore il diritto al
rimborso per tutti i casi ‘ex quibus cum herede actio non est’144; sarebbe infatti iniquo (e contrario alla funzione economica del contratto) porre l’acquirente in un condizione deteriore rispetto a quella nella quale si sarebbe trovato hereditatis causa.
L’astratta trasmissibilità mortis causa del debito estinto per confusione è l’unica condizione posta per il suo indennizzo; a nulla rileva, infatti, la circostanza che detto debito fosse esigibile al momento dell’apertura della successione (‘sive cum moritur testator debuit’) o lo sia divenuto successivamente per scadenza di un termine (‘sive quid in diem debeatur’) o avveramento di una condizione (‘sive sub condicione et postea condicio exstitisset’).
Al fine di semplificare i rapporti tra le parti contraenti, la giurisprudenza prevede altresì la possibilità che il venditore, in sede di esecuzione del contratto, trattenga dalla massa ereditaria un importo corrispondente al credito estinto. Tale possibilità è desunta da un passo di Iavoleno:
D. 12.6.45 (Iavol. l. 2 ex Plaut.): ‘Si is, qui hereditatem vendidit et emptori tradidit, id, quod sibi mortuus debuerat, non retinuit, repetere poterit, quia plus debito solutum per condictionem recte recipietur’
Il giurista riconosce al venditore un diritto di retentio per gli importi a lui dovuti dal de cuius (‘id, quod sibi mortuus debuerat’) e, in caso di mancato esercizio del diritto, gli concede la facoltà di ripetere quanto versato mediante condictio indebiti. Gli Autori che si sono occupati del passo, tuttavia, pur ammettendo la
144 Rientrano in questa ipotesi tutti i debiti nascenti da rapporti obbligatori non trasmissibili mortis causa ex latere debitoris. Tali sono, ad esempio, i debiti nascenti da rapporti obbligatori caratterizzati dall’intuitus personae (come le obbligazioni ex mandato o ex societate) e quelli derivanti da obligationes ex delicto.
classicità del diritto di retentio, ritengono interpolato il passaggio che identifica il mezzo processuale145.
3.1.2.3. Il problema della confusione: le servitù
La seconda ipotesi in cui viene in rilievo il problema della confusione è quella delle servitù. Qualora infatti l’erede- venditore sia stato titolare di un diritto di servitù gravante su un fondo di proprietà del de cuius, l’acquisto dell’eredità, determinando la coincidenza tra il proprietario del fondo dominante ed il proprietario del fondo servente, comporta l’estinzione per confusione del diritto reale in ossequio al principio ‘nemini res sua servit’.
Dal momento che, se l’acquirente della hereditas fosse stato l’erede, il diritto di servitù non si sarebbe estinto, la giurisprudenza prevende un’obbligazione indennitaria a carico dell’acquirente avente ad oggetto il ripristino della servitù estinta:
D. 18.4.2.19 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Et si servitutes amisit heres institutus adita hereditate, ex vendito poterit experiri adversus emptorem, ut servitutes ei restituantur’
D. 8.4.9 (Pomp. l. 10 ad Sab.): ‘Si ei, cuius praedium mihi serviebat, heres exstiti et eam hereditatem tibi vendidi, restitui in pristinum statum servitus debet, quia id agitur, ut quasi tu heres videaris exstitisse’
145 In tal senso X. XXXXXXX (Venditio hereditatis, cit., p. 191: “Xx xxxxxxx, xx xxxxxxx xx xxx xxxxxxx [Xxxxx, Xxxxxxx, Xxxxx, Xxxxxxx] creen interpolado el fragmento donde habla de la condictio. […] La parte final podría verosímilmente ser una glosa”) e X. XXXXX (Sale, cit. p. 254: “The decision, from repetere poterit, is hardly classical, though it may well antedate Xxxxxxxxx”).
Il venditore può quindi agire ex vendito per ottenere, a cura e spese dell’acquirente, la ‘restitutio in pristinum statum’ della servitù estinta. In assenza di diversa indicazione da parte delle fonti, si deve ritenere che il ripristino della servitù avvenga mediante il perfezionamento, tra venditore ed acquirente, dell’apposito negozio costituivo, secondo le regole ordinarie.
3.2. Le obbligazioni volte a regolare la spettanza della legittimazione ad agire
Dal momento che l’autonomia privata non può deviare la vocazione ereditaria, né obbligare i terzi, il contratto di hereditatis venditio non produce l’effetto di trasferire all’acquirente la legittimazione (attiva e passiva) alle azioni dipendenti dal nomen heredis; conseguentemente, il venditore rimane l’unico soggetto legittimato ad agire giudizialmente contro i debitori dell’eredità ed il solo esposto alle azioni degli aventi causa del de cuius.
Il principio è enunciato con chiarezza in due costituzioni di età severiana:
C. 4.39.2 (Imperator Xxxxxxxxx): ‘Ratio iuris postulat, ut creditoribus hereditariis et legatariis seu fideicommissariis te convenire volentibus tu respondeas et cum eo, cui hereditatem venumdedisti, tu experiaris suo ordine […]’.
C. 6.37.2 (Imperatores Xxxxxxx, Xxxxxxxxx): ‘Quamvis heres institutus hereditatem vendiderit, tamen legata et fideicommissa ab eo peti possunt et quod eo nomine datum fuerit, venditor ab emptore vel fideiussoribus eius xxxxxx xxxxxxx’
La prima costituzione, che ritiene il principio così ovvio da motivarlo appellandosi alla ratio iuris, sancisce il perdurare in capo al venditore della legittimazione passiva alle azioni intentate da creditori ereditari, legatari e fedecommissari (‘ut creditoribus hereditariis et legatariis seu fideicommissariis te convenire
volentibus’)146; la seconda, collocata nel titolo del libro sesto rubricato ‘De legatis’, sia pure limitatamente alle azioni finalizzate al conseguimento dei legati e dei fedecommessi (‘tamen legata et fideicommissa ab eo peti possunt’), conferma il disposto della precedente. Entrambe, infine, prevedono che, nell’ipotesi in cui venga citato in giudizio, il venditore possa agire in regresso nei confronti dell’acquirente (‘et cum eo, cui hereditatem venumdedisti, tu experiaris suo ordine’) per ottenere il ristoro del ‘quod eo nomine datum fuerit’147.
Il venditore, tuttavia, in conseguenza della vendita, ha perso ogni interesse al petitum delle azioni ereditarie delle quali conserva la legittimazione ad agire. In cosiderazione di ciò, pertanto, la giurisprudenza ha imposto alle parti delle obbligazioni accessorie finalizzate a ripristinare, almeno nei rapporti interni, l’auspicabile coincidenza, in capo allo stesso soggetto, della legittimazione processuale e del sottostante interesse sostanziale.
3.2.1. … a carico del venditore
Per effetto del contratto, sorge in capo al venditore l’obbligo di ‘actiones praestare’, cioè di porre l’acquirente in condizione di poter esperire in giudizio le azioni derivanti dalla qualità di erede (‘hereditarias actiones’):
146 Resta ferma l’eccezione rappresenta dalla hereditatis venditio compiuta dal fisco. Con riguarda a questa ipotesi, disciplinata da C. 4.39.1 (Imperatores Xxxxxxx, Xxxxxxxxx), v. infra, Capitolo quarto, § 3.
La costituzione, affrontando il tema sotto il profilo del diritto sostanziale, afferma la irresponsabilità del fisco per i debiti ereditari (‘nec fiscum creditoribus hereditariis respondere certum et absolutum est’) e ne accolla l’onere all’acquirente (‘ad onus emptoris bonorum pertinere’).
147 A fronte dell’escussione del venditore da parte dei creditori ereditari ovvero della sua soccombenza a fronte dei legatari e dei fedecommissari sorge in capo all’acquirente l’obbligazione accessoria “indennitaria” regolata dai principi sopra illustrati; v. supra § 3.1.2.
D. 18.4.2.8 (Ulp. l. 49 ad Sab.): ‘Non solum autem hereditarias actiones, sed etiam eas obligationes quas ipse heres constituit dicendum erit praestari emptori debere: itaque et si fideiussorem acceperit ab hereditario debitore, ipsam actionem quam habet heres praestare emptori debebit: sed et si novaverit vel in iudicium deduxerit actionem, praestare debebit hanc ipsam actionem quam nactus est’
Al fine di garantire all’acquirente le medesime possibilità di agire in giudizio spettanti all’erede, la giurisprudenza impone al venditore di ‘praestare’, oltre alle azioni ereditarie in senso stretto, anche quelle a tutela dei diritti sorti ex novo per effetto della gestione dell’eredità da lui fatta (‘eas obligationes quas ipse heres constituit’). Tra tali azioni Ulpiano annovera quelle per l’escussione della fideiussione eventualmente ottenuta da un debitore ereditario (‘si fideiussorem acceperit ab hereditario debitore’) e quelle nascenti della novazione di preesistenti crediti ereditari (‘si novaverit’).
L’obbligazione di ‘actiones praestare’ è in origine adempiuta attraverso la conclusione di un contratto accessorio di mandatum actionis148 in forza del quale l’acquirente è autorizzato ad agire in veste di procurator in rem suam ed il venditore conserva la propria concorrente legittimazione ad agire. L’accessorietà del mandatum alla hereditatis venditio è testimoniata dalla circostanza che le fonti, per l’esecuzione dei rapporti nascenti dal mandato, impongano alle parti il ricorso alle azioni contrattuali del negozio principale149.
148 Sul punto, v. infra, Capitolo quarto, § 2.2.1.
149 Il ricorso all’actio ex empto, anziché all’actio mandati, nei rapporti tra venditore e acquirente dell’eredità è sostenuto incidentalmente da Xxxxxxx nel dirimere una più articolata questione circa la legittimazione ad agire dell’erede del fideiussore che abbia alienato l’eredità devolutagli:
D. 00.0.00.xx (Ulp. l. 31 ad ed.): ‘Heredem fideiussoris, si solverit, habere mandati actionem dubium non est. Sed si vendiderit hereditatem et emptor solverit, an habeat mandati
La stipula del mandatum actionis diviene però facoltativa150 quando, a partire dal regno di Xxxxxxxx Xxx, si fa strada il riconoscimento, in capo all’emptor hereditatis, di un’autonoma legittimazione attiva iure honorario. Il pretore, infatti, concede all’acquirente actiones utiles e, contestualmente, riconosce al debitore ereditario, che sia già stato escusso dall’emptor hereditatis, l’exceptio doli nei confronti del venditore151.
3.2.2. … a carico dell’acquirente
Xxxx’acquirente, già obbligato a tenere indenne il venditore da ogni pregiudizio economico derivante dalla qualifica di erede, grava il complementare obbligo di assumerne la defensio processuale qualora questi sia citato in giudizio da creditori ereditari, legatari, fedecommissari o soggetti che contestino la legittimità del suo status di erede:
Gai 2.252: ‘heres quidem stipulabatur ab eo, cui restituebatur hereditas, ut
[…] et xxxxxx si quis cum eo hereditario nomine ageret, ut recte defenderetur’
L’assunzione della defensio è realizzata attraverso la costituzione in giudizio dell’acquirente come cognitor o procurator in rem suam del venditore. Se
actionem, quaeritur. Et Xxxxxxxx libro tertio decimo scribit idcirco heredem habere mandati actionem, quia tenetur iudicio ex empto, ut praestet actiones suas, idcircoque competere ex empto actionem, quia potest praestare’
Sul punto il giurista riferisce l’opinione di Xxxxxxxx, secondo la quale l’erede-venditore è tenuto a cedere all’acquirente le sue azioni in base all’azione di compravendita (‘quia tenetur iudicio ex empto, ut praestet actiones suas’).
150 Precisandosi che, laddove il contratto di mandato sia comunque concluso, l’acquirente conserva, in concorso elettivo tra loro, l’actio utilis e quella esercitabile in qualità di mandatario del venditore; v. C. 4.39.5 (Imperator Xxxxxxxxx Xxxxxxx): ‘Emptor hereditatis actionibus mandatis eo iure uti debet, quo is cuius persona fungitur, quamvis utiles etiam adversus debitores hereditarios actiones emptori tribui placuerit’.
151 Sul punto, più dettagliatamente, v. infra Capitolo quarto. § 2.3.
l’acquirente interviene in giudizio in tale veste, l’attore consuma l’azione secondo i principi generali; la consumazione invece non si verifica qualora l’attore citi in giudizio l’acquirente il quale, in proprio, intervenga spontaneamente nel processo. In tal caso, tuttavia, è riconosciuta al venditore una exceptio taciti pacti per l’ipotesi in cui l’attore intenti nei suoi confronti una nuova causa152.
L’assunzione della defensio da parte dell’acquirente è un comportamento dovuto, ma non coercibile; in caso di inerzia, pertanto, al venditore non resta che la tutela risarcitoria per l’inadempimento.
Nonostante il considerevole rischio per il venditore di una siffatta modalità di adempimento dell’obbligazione di prestare la defensio, non si registra sul punto un’evoluzione giurisprudenziale analoga a quella, sopra riportata, in materia di legittimazione attiva; non si riscontra infatti nelle fonti l’esistenza di actiones utiles concesse in via generale dal pretore nei confronti dell’acquirente dell’eredità153.
4. Le stipulationes emptae et venditae hereditatis
La compravendita consensuale non è l’unica modalità nota all’ordinamento romano per alienare un’eredità; nelle Istituzioni di Xxxx, infatti, si conserva traccia di un contratto verbale.
Di tale contratto (rectius, di tali contratti) è fatta menzione in due passi in materia di fedecommesso:
152 Sul punto, più dettagliatamente, v. infra, Capitolo quarto, § 3.2.
153 Sul riconoscimento all’acquirente di un’autonoma legittimazione ad agire relativamente a singole azioni, x. xxxxx, Xxxxxxxx xxxxxx, § 0.0.
Xxx 0.000: ‘[…] tunc enim in usu erat ei, cui restituebatur hereditas, nummo uno eam hereditatem dicis causa venire; et quae stipulationes inter venditorem hereditatis et emptorem interponi solent, eaedem interponebantur inter heredem et eum, cui restituebatur hereditas, id est hoc modo: heres quidem stipulabatur ab eo, cui restituebatur hereditas, ut quidquid hereditario nomine condemnatus fuisset sive quid alias bona fide dedisset, eo nomine indemnis esset, et xxxxxx si quis cum eo hereditario nomine ageret, ut recte defenderetur; ille vero, qui recipiebat hereditatem, invicem stipulabatur, ut si quid ex hereditate ad heredem pervenisset, id sibi restitueretur, ut etiam pateretur eum hereditarias actiones procuratorio aut cognitorio nomine exequi ’
Gai 2.257: ‘[…] si vero totam hereditatem restituerit, ad exemplum emptae et venditae hereditatis stipulationes interponendae sunt’
Il trasferimento dell’eredità dall’erede fiduciario al fedecommissario avveniva con una vendita simbolica (‘nummo uno’) realizzata a mezzo di reciproche stipulationes (‘heres quidem stipulabatur […] ille vero, qui recipiebat hereditatem, invicem stipulabatur’). Nel discutere delle obbligazioni dell’erede fiduciario, pertanto, Xxxx riporta il formulario di dette stipulationes, denominandole ‘stipulationes emptae et venditae hereditatis’.
Dall’esame del passo gaiano si rileva una sostanziale coincidenza, negli effetti, tra stipulationes e le obbligazioni tipiche della venditio hereditatis: in forza del contratto verbale, infatti, il venditore promette all’acquirente di consegnargli quanto a lui pervenuto a titolo di eredità (‘ut si quid ex hereditate ad heredem pervenisset, id sibi restitueretur’) e di consentirgli l’esercizio delle azioni ereditarie in qualità di procurator o cognitor (‘ut etiam pateretur eum hereditarias actiones procuratorio aut cognitorio nomine exequi’), mentre l’acquirente si impegna a tenere il venditore indenne dalle spese sostenute ‘hereditario nomine’ e a difenderlo nei giudizi ereditari (‘si quis cum eo hereditario nomine ageret, ut recte defenderetur’).
Alla luce di quanto sopra, pertanto, si deve ammettere che, in età classica, le parti che intendessero alienare un’eredità avessero a disposizione non solo la compravendita consensuale tramandataci dalle fonti giustinianee154, ma anche le stipulationes emptae et venditae hereditatis. Si pone dunque il problema di indagare i rapporti tra le due forme contrattuali.
La dottrina più risalente155 prendendo le mosse da O. LENEL156 ritiene che, per tutta l’età classica, le stipulationes dovessero necessariamente affiancarsi alla compravendita consensuale per assicurare il sorgere delle obbligazioni reciproche a carico delle parti; in particolare, dalle stipulationes dipenderebbero gli obblighi indennitari delle parti, nonché le obbligazioni finalizzate a garantire la cessione delle azioni e la defensio del venditore.
Alcuni Autori 157 hanno successivamente rivisto questa posizione ipotizzando che, dopo l’avvento della compravendita consensuale, le stipulationes in esame, pur continuando nella prassi delle contrattazioni ad
154 Sul punto, v. supra, Introduzione.
155 Su tutti, v. X. Xxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx.
156 X. Xxxxx, nella Palingenesi (X. XXXXX, Palingenesia Iuris Civilis, II, Lipsiae 1889, coll. 1190- 1191), ha considerato interpolato il brano ulpianeo di D.18.4.2 laddove fa riferimento alle azioni proprie del contratto consensuale, ritenendo che, in epoca classica, pur in presenza del contratto di emptio venditio, le parti dovessero comunque ricorrere alle stipulationes per far sorgere le reciproche obbligazioni. L’opinione dell’A. è fondata sull’ordine sistematico, da lui ricostruito, dell’opera di Xxxxxxx (il XLIX libro del commentarium ad Sabinum) da cui sono tratti gran parte dei frammenti che compongono D.18.4: dal momento che in detta opera, dal libro XLVI al libro L, Ulpiano di occupa delle obbligazioni verbali (‘De verborum obligationibus’), l’A. reputa verosimile che i passi, prima dell’intervento dei compilatori, facessero riferimento non già al contratto consensuale, bensì alle stipulationes emptae et venditae hereditatis.
157 In particolare X. Xxxxxxxxx e, da ultimo, Y. XXXXXXXX XXXXXX (Stipulationes y consensualidad, cit.m p. 178 e, specialmente, nt. 11) che, sul tema, ha rivisto la posizione originariamente assunta (in ID., Las stipulationes emptae, cit.).
affiancare la emptio venditio, si siano ridotte a mero strumento di esecuzione158. Il contratto consensuale, infatti, avrebbe progressivamente attratto a sé, sino ad assorbirle integralmente, le obbligazioni accessorie caratteristiche della compravendita dell’eredità.
158“Può darsi che, all’origine, la vendita dell’eredità si attuasse esclusivamente mediante l’impiego di tali stipulationes, le quali accompagnassero la mancipatio collettiva delle res hereditariae. In periodo classico, però, le stipulationes emptae et venditae hereditatis erano viste come un modo d’esecuzione della vendita consensuale, cui, del resto, le parti non erano tenute, anche se –in linea di fatto– può darsi che normalmente vi provvedessero” (X. XXXXXXXXX,
v. Vendita (dir. rom.), cit., p. 355).
CAPITOLO QUARTO – Riflessi sulla legittimazione processuale alle azioni ereditarie
1. Premessa
La vendita dell’eredità, come detto, non fa perdere al venditore la propria qualifica di erede 159 ; con essa, pertanto, egli conserva la legittimazione processuale, attiva e passiva, alle azioni ereditarie, vale a dire alle azioni dipendenti dal nomen heredis. In conseguenza della vendita, tuttavia, il venditore perde l’interesse ad agire; il contratto, infatti, sposta sull’acquirente il risultato economico del ius heredis e ne fa il titolare esclusivo dell’interesse sostanziale sotteso alle azioni ereditarie.
La permanenza della legitimatio ad causam in capo all’erede-venditore ostacola dunque la piena realizzazione della finalità economica del contratto in quanto impedisce all’acquirente di ‘vicem heredis optinere’160. Al fine di rimuovere questo ostacolo e di garantire la completa attuazione della causa contrattuale, la prassi, non potendo trasferire ope contractus la legittimazione ad agire161, ha
159 v. supra, Capitolo primo, § 2.2.
160 D. 18.4.2.18 (Ulp. l. 49 ad Sab.).
161 Il trasferimento in capo all’acquirente della legittimazione processuale in sé è escluso in base ai principi generali dell’ordinamento. Infatti, nel caso della legittimazione passiva, il
posto a carico delle parti delle obbligazioni reciproche volte ad assicurare che la partecipazione a ciascun giudizio (e la sopportazione degli oneri del medesimo) competa al soggetto portatore del corrispondente interesse sostanziale.
La già esaminata162 giurisprudenza che si occupa di tali obbligazioni accessorie, tuttavia, non esaurisce il novero delle fonti che si offrono all’interprete che si accinga ad esaminare il contratto di hereditatis venditio con riguardo ai riflessi dello stesso sulla legittimazione processuale delle parti contraenti. Accanto ad essa, infatti, vengono in considerazione alcuni passi della compilazione giustinianea collocati al di fuori della sedes materiae del contratto in esame; si tratta di responsa e di costituzioni imperiali che delineano il regime di singole actiones ed exceptiones nel caso in cui il mezzo processuale venga esercitato in una causa connessa alla vendita di un’eredità.
Il presente capitolo è dedicato all’analisi di queste ulteriori fonti con lo scopo di illustrare con maggior precisione le ripercussioni che il contratto di hereditatis venditio ha sulla legittimazione ad agire, attiva (§ 2) e passiva (§ 3), delle parti contraenti.
2. La legittimazione attiva
2.1. …del venditore
Il venditore conserva la legittimazione processuale attiva alle azioni ereditarie; egli, pertanto, anche dopo la conclusione della hereditatis
trasferimento inciderebbe su diritti di xxxxx (i legittimati attivi all’azione) in contrasto con la regola secondo cui ‘res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest’. Nel caso della legittimazione attiva, invece, l’ammissibilità del trasferimento è esclusa dall’inscindibile nesso di dipendenza esistente tra la legittimazione medesima e la qualifica di erede.
162 v. supra, Capitolo terzo, § 3.
xxxxxxxx, può agire giudizialmente, in quanto erede, per escutere i crediti ereditari e, più in generale, per azionare le pretese connesse alla successione163. La permanenza in capo al venditore della legittimazione attiva non è oggetto di ius controversum: il nesso di dipendenza esistente tra la legitimatio ad causam e il nomen heredis, infatti, è ritenuto dalle fonti così evidente da non richiedere espressa conferma.
Prova di detta permanenza, pertanto, può solo ricavarsi indirettamente dai passi che affermano l’obbligo per il venditore di porre l’acquirente nella condizione di poter esercitare le azioni ereditarie; la conservazione della legittimazione ad agire in capo all’erede-venditore, infatti, è un necessario prius logico alla possibilità che quest’ultimo possa ‘actiones praestare’164.
L’adempimento dell’obbligo di ‘hereditarias actiones praestare’, peraltro, pur verosimilmente comprendendo il tacito impegno dell’erede-venditore ad astenersi dall’esercitare le azioni “trasferite” 165 , si limita ad attribuire all’acquirente la facoltà di adire le vie giudiziarie, senza escludere il perdurare della legittimazione attiva in capo all’originario titolare. Il legittimato passivo alle azioni ereditarie, pertanto, è in linea teorica contemporaneamente esposto
163 È il caso, ad esempio, delle ‘obligationes quas ipse heres constituit’ menzionate da Ulpiano in D. 18.4.2.8; sul punto v. supra § 2.1.
164 D. 18.4.2.8 (Ulp. l. 49 ad Sab.). sul punto v. supra, Capitolo terzo, § 3.2.1.
165 Tale impegno discende dalla bona fides che impedisce al venditore di venire contra factum proprium, cioè di vanificare con un suo comportamento gli effetti della propria precedente condotta. È inoltre verosimile che la violazione di detto impegno possa essere oggetto di apprezzamento del giudice in caso di esercizio della actio empti che, come visto (v. supra § 3.2.1), è lo strumento con il quale l’acquirente può pretendere che il venditore ‘praestet actiones suas’ (D. 00.0.00.xx); la actio empti, infatti, da luogo ad un iudicium bonae fidei nell’ambito del quale il iudex può (e deve) dare rilievo ad eventuali condotte, anche successive alla conclusione del contratto, che siano intrinsecamente incompatibili con il concetto di bona fides, prescindendo dall’inserimento nella formula di apposite eccezioni.