Agenzia (contratto di) - Scioglimento del contratto - Indennità - In genere - Indennità di cessazione del rapporto - Disciplina attuativa delle direttive comunitarie - Deroga mediante contratto collettivo - Prevalenza della disciplina legale - Limiti...
Cass. civ., sez. Lavoro 29-07-2002, n. 11189 - Pres. Sciarelli G - Rel. Filadoro C - P.M. Xxxxxxxx X (conf.) - Mencaraglia c. Kenwood Electronics Italia SpA
RV556357
Agenzia (contratto di) - Scioglimento del contratto - Indennità - In genere - Indennità di cessazione del rapporto - Disciplina attuativa delle direttive comunitarie - Deroga mediante contratto collettivo - Prevalenza della disciplina legale - Limiti - Trattamento più favorevole in concreto - Fondamento.
La disciplina legale dell'indennità dovuta all'agente, in caso di cessazione del rapporto, a norma dell'art. 1751 cod. civ. (nel testo introdotto dal D.LGS. n. 303 del 1991 e dal D.LGS. n. 65 del 1999, per dare attuazione alle direttive comunitarie in materia), riferimento al criterio dell'equità (che prevede anche l'esame di tutte le circostanze del caso) non solo per determinare quando l'indennità deve essere erogata, ma anche per la determinazione dell'indennità stessa, e, di conseguenza, deve ritenersi prevalente sulla contrattazione collettiva tutte le volte che l'applicazione del criterio stabilito dalla legge conduca a un trattamento in concreto più favorevole all'agente, restando irrilevante una valutazione ex ante della maggior convenienza della regolamentazione pattizia rispetto a quella legale.
Riferimenti normativi
Codice civile art. 1751
D.Lgs. 15-02-1999, n. 65, art. 5
D.Lgs. 10-09-1991, n. 303, art. 4
Giurisprudenza correlata
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 12 gennaio-12 marzo 1999, il Tribunale di Milano, in parziale riforma della decisione del locale Pretore, assolveva la società per azioni Kenwood Electronics Italia dalla domanda relativa all'indennità di mancato preavviso proposta dall'ex agente Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx.
I giudici di appello rilevavano che dal documento del 21 febbraio 1991, sottoscritto da entrambe le parti, risultava che il rapporto di agenzia era continuato - sia pure in termini mutati (con la riduzione della zona) -.
Da ciò derivava che il Mencaraglia non poteva far valere il diritto alla indennità sostitutiva del preavviso, pur sempre collegata ad una cessazione del rapporto.
In altre parole, il meccanismo pur sempre contrattuale (anche se per mera adesione) della riduzione di zona, insieme con le altre modifiche introdotte, e la continuazione del rapporto escludeva che la domanda di condanna all'indennità di mancato preavviso potesse trovare accoglimento.
Quanto all'altra domanda, relativa alla indennità di scioglimento del contratto, i giudici di appello precisavano che nel caso di specie ricorrevano tutti i requisiti previsti dall'art. 1751 codice civile (consistenti nei vantaggi per la società, nella perdita per l'ex agente e nell'equità).
Ad avviso del Tribunale, pertanto, doveva trovare applicazione la disposizione di legge ora richiamata, quale trattamento inderogabile di miglior favore rispetto a quello previsto dagli Accordi Economici Collettivi, che, in quanto in concreto meno favorevole per l'agente, urterebbe contro l'espresso divieto dell'ultimo comma dell'art. 1751 codice civile.
Inutilmente, ad avviso del Tribunale, la società preponente aveva dedotto che, almeno in parte, tale aumento fosse dipeso da una massiccia campagna pubblicitaria (e quindi non fosse in alcun modo ricollegabile ai meriti derivanti dall'attività svolta dall'agente).
L'apporto personale dell'agente Xxxxxxxxxxx nell'incremento della clientela e degli affari era veramente indiscutibile e risultava ancor più apprezzabile se solo si teneva conto - come era giusto - del fatto che erano intervenuti frequenti variazioni nel corso del rapporto, sia in ordine ai prodotti che in relazione alla zona (di fatto dimezzatagli dalla preponente).
Avverso tale decisione il Mencaraglia ha proposto ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo.
Resiste la Kenwood Electronics Italia con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale (in ordine alla condanna al pagamento della indennità di scioglimento del rapporto). La società ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I due ricorsi devono essere riuniti, in quanto proposti entrambi contro la medesima decisione (art. 335 codice di procedura civile).
Con il primo motivo, il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2 dell'A.E.C. per agenti e rappresentanti di imprese commerciali - nonché insufficienze e contraddittorietà di motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile).
Rileva il ricorrente che l'istruzione probatoria aveva dimostrato che la stipula in successione dei contratti di agenzia a tempo indeterminato con il medesimo agente senza soluzione di continuità del rapporto costituiva un vero e proprio "escamotage" individuato ed utilizzato dalla preponente per operare modifiche, comportanti anche rilevanti riduzioni, alla zona dell'agenzia o addirittura per mutare il prodotto affidato all'agente per la commercializzazione.
Il Tribunale richiamava il testo dell'art. 2 n. 4 dell'A.E.C. per gli Agenti e Rappresentanti di Commercio, che prevede la possibilità per la preponente di variare la zona agenziale (salvo i casi di lieve entità) previa comunicazione scritta all'agente o al rappresentante da darsi almeno due mesi prima (quattro per i monomandatari), salvo accordo tra le parti per una diversa decorrenza del preavviso.
Con una motivazione confusa e contraddittoria, ad avviso del ricorrente, il Tribunale aveva ritenuto "rilevante ed essenziale" la riduzione di zona "concordata" tra le parti e, tuttavia, aveva escluso il diritto del ricorrente al riconoscimento della indennità per il mancato preavviso.
Il ricorso è inammissibile ancor prima che infondato.
La sentenza impugnata ha escluso il diritto del Mencaraglia all'indennità di preavviso, considerando il comportamento tenuto dalle parti, prima e dopo la sottoscrizione dell'accordo del 1991.
Avverso tale decisione, il ricorrente ha proposto una denuncia diretta di violazione e falsa applicazione di una disposizione dell'Accordo Economico Collettivo, senza dedurre vizi di ermeneutica contrattuale né denunciare vizio logico di ragionamento.
In realtà, il ricorrente si limita a proporre una diversa lettura della disposizione contrattuale, osservando che la rilevante riduzione di zona impostagli dalla preponente avrebbe in ogni caso comportato il riconoscimento dell'indennità di preavviso in suo favore.
Con accertamento insindacabile in questa sede, i giudici di appello avevano osservato che la -pur rilevante - riduzione di zona era stata concordata tra le parti e comunque che la stessa era stata compensata con altre modifiche funzionali ad un riequilibrio del rapporto.
Con una motivazione del tutto logica, pertanto, i giudici di appello hanno concluso che, essendo continuato il rapporto di agenzia, non poteva avere alcun fondamento la domanda del Mencaraglia intesa ad ottenere il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso (che presuppone pur sempre la cessazione del rapporto).
Con l'unico motivo, la ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1751 codice civile, con riferimento agli accordi sindacali del 30 ottobre 1992 (industria) e del 27 novembre 1992 (commercio).
Appare opportuno premettere che la ricorrente incidentale non censura la motivazione della sentenza impugnata sotto il profilo della sua completezza o logicità, proponendo esclusivamente una censura di violazione di norme di legge.
Il Tribunale, secondo la società Kenwood Electronics Italia, avrebbe errato nel riconoscere al Mencaraglia l'indennità di cessazione del rapporto nella misura massima prevista dall'art. 1751 codice civile (anziché nella minore misura prevista dagli Accordi Economici Collettivi).
In tal modo, i giudici di appello avrebbero mostrato di non tener conto della lettera e dello spirito della Direttiva 86/653 della Comunità Europea così come recepita nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo n. 303 del 10 settembre 1991.
Anche tale ricorso è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte circa i criteri da adottare ai fini della determinazione dell'indennità dovuta all'agente commerciale alla cessazione del rapporto.
L'art. 1751 del codice civile, nella sua originaria formulazione, prevedeva l'indennità per lo scioglimento del contratto per fatto non imputabile all'agente.
La norma è stata modificata dalla legge 15 ottobre 1971 n. 911 che ha esteso il diritto all'indennità ad ogni ipotesi di risoluzione del contratto di agenzia, ma la modifica è venuta sostanzialmente meno a seguito del D.L.vo 10 settembre 1991 n. 303 che, in attuazione dell'art. 18 della direttiva comunitaria, ha escluso l'indennità nel caso di grave inadempienza da parte dell'agente o nel caso di dimissioni volontarie di quest'ultimo (e cioè non dovute ad età, infermità o malattia).
Tale intervento legislativo, ad avviso della ricorrente incidentale, sarebbe già di per sé sufficiente a far ritenere più favorevole la disciplina dell'indennità prevista dai c.d. "accordi ponte", rispetto a quella di cui all'art. 1751 codice civile.
L'art. 1751, comma 6°, codice civile, nel testo modificato dal decreto del 1991, vieta alle parti del contratto di agenzia di derogare ai criteri di determinazione ivi stabiliti solo quando ciò avvenga a detrimento dell'agente.
Questa Corte ha già avuto occasione di precisare che l'inderogabilità della indennità di cessazione del rapporto di agenzia a svantaggio dell'agente ha lo scopo di impedire, nella disciplina dei rapporti tra agenti commerciali e loro preponenti, differenze tra le legislazioni nazionali tali da poter influenzare sensibilmente le condizioni di concorrenza e da pregiudicare il livello di protezione degli agenti (Cass. Sez. Un. 30 giugno 1999 n. 369).
Non essendo tuttavia questa inderogabilità assoluta, è pur sempre possibile la introduzione - per via contrattuale - di una deroga alla disciplina legale, purché questa non sia pregiudizievole per l'agente, e solo nei limiti eventualmente desumibili dalla "ratio" della direttiva comunitaria e delle norme interne di attuazione (Cass. 11 agosto 2000 n. 10659 e 30 agosto 2000 n. 11402).
Nella prima delle due decisioni ora richiamate, questa Corte, con un "obiter dictum", pur dichiarando l'inammissibilità del ricorso per la mancata trascrizione del testo dell'accordo economico collettivo, ha affermato che la disciplina dell'indennità dovuta all'agente in caso di cessazione del rapporto, a norma dell'art. 1751 codice civile, deve ritenersi derogabile - oltre che da parte dei contratti individuali - anche ad opera della contrattazione collettiva, nei limiti indicati dalla stessa legge.
In alcune decisioni, questa Corte ha già avuto occasione di precisare che la valutazione se la regolamentazione pattizia sia o non pregiudizievole per l'agente rispetto a quella legale - con la conseguenza, nella prima ipotesi, della nullità delle clausole relative - deve essere operata ex ante, non potendosi né sul piano obiettivo né su quello dell'affidamento delle parti, specie in un rapporto di durata, giudicare della validità delle clausole del negozio costitutivo che tale rapporto sono destinate a regolare nel suo ulteriore svolgimento (e che costituiscono dunque un prius logico- giuridico), alla luce del risultato economico (il quale rappresenta una conseguenza del rapporto) che al momento della sua cessazione le parti concretamente conseguirebbero a secondo che si applichi il regime convenzionale o quello legale (Cass. 11402 del 30 agosto 2000).
Ad avviso del Collegio, tuttavia, queste considerazioni generali meritano di essere rivisitate alla luce della lettera e dello spirito della nuova disciplina contenuta nell'art. 1751 codice civile, affermando la prevalenza della disciplina codicistica sulla contrattazione collettiva tutte le volte che l'applicazione del criterio stabilito dalla legge conduca ad un trattamento in concreto più favorevole all'agente.
Nel rapporto di agenzia, il diritto all'indennità di scioglimento del contratto - secondo la disciplina dell'art. 1751 codice civile derivante dalla modifica del primo alinea attuata dal Decreto Legislativo
n. 65 del 15 febbraio 1999 - è subordinato alla concorrente presenza sia del requisito della permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall'attività di promozione degli affari compiuta dall'agente, sia dalla rispondenza ad equità dell'attribuzione all'agente della indennità, in considerazione delle circostanze del caso concreto ed in particolare delle provvigioni da lui perse (Cass. 2 maggio 2000 n. 5467).
Il testo della direttiva riprende alcune disposizioni già dettate dall'art. 89b del codice tedesco, che prevedeva il ricorso ad un controllo equitativo per stabilire non solo l'esistenza del diritto alla indennità di cessazione, ma anche la misura di tale indennità.
La disposizione del codice tedesco individua, infatti, quattro presupposti che devono sussistere congiuntamente, ai fini della maturazione del diritto all'indennità di fine rapporto:
- la cessazione del rapporto di agenzia (par. 2.1);
- i notevoli vantaggi per il preponente (par. 2.2);
- la perdita delle provvigioni da parte dell'agente (par. 2.3);
- la valutazione conclusiva della rispondenza ad equità della indennità riconosciuta all'ex agente (par. 2.4).
Il riferimento al criterio dell'equità, contenuto nella disposizione dell'art. 1751 codice italiano (che prevede anche l'esame di tutte le circostanze del caso) impone di fare riferimento al risultato economico in concreto conseguibile al momento della risoluzione del rapporto, secondo le due diverse discipline.
Tale interpretazione, del resto, appare in linea con i contenuti della Direttiva Europea, che deve fungere da criterio interpretativo per il giudice nazionale ed in caso di contrasto prevalere sul testo introdotto nell'ordinamento interno.
La Direttiva Europea, infatti, ha configurato una indennità di tipo assolutamente meritocratico, che tende a compensare coloro che abbiano arrecato dei vantaggi alla preponente e poco o nulla a chi non abbia significativamente incrementato il portafoglio.
Gli Accordi Economici Xxxxxxxxxx, invece, hanno attribuito le stesse indennità a tutti indistintamente gli agenti, in misure percentuali fisse, in relazione a vari scaglioni di fatturato (senza attribuire alcuna rilevanza agli aumenti di fatturato, riferibili al buon lavoro dell'agente).
Il richiamo all'equità non serve, in altre parole, solo per determinare i casi nei quali l'indennità deve essere erogata, ma deve essere utilizzato anche come criterio per la determinazione dell'indennità stessa.
L'AEC prevede un trattamento più favorevole della disciplina del codice civile solo per quegli agenti che non siano in grado di dimostrare i presupposti previsti da quest'ultima, con la conseguenza che la disciplina dell'art. 1751 codice civile trova piena applicazione in tutti i casi in cui sia possibile dimostrare l'esistenza dei presupposti indicati dalla legge.
Poiché nel caso di specie non è contestato che il trattamento legale di cui all'art. 1751 codice civile (riconosciuto dal Pretore all'interno della misura massima) fosse, in concreto, più favorevole all'agente di quanto previsto dall'Accordo Economico Collettivo, e che sussistessero tutti i presupposti indicati da tale norme, il ricorso incidentale della società Kenwood Electronics Italia deve essere rigettato, alla luce del disposto dell'ultimo comma dell'art. 1751 codice civile secondo il quale la disciplina legislativa non è comunque derogabile a svantaggio dell'agente.
Conclusivamente, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio.