UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
Corso di Master I Livello in Regolazione dello Sviluppo Locale
TESI DI MASTER
LA FORMAZIONE NEL SETTORE TERZIARIO TRA BILATERALITÀ, CONTRATTAZIONE E RAPPRESENTANZA SINDACALE.
L’ESPERIENZA RECENTE DEI FONDI PARITETICI INTERPROFESSIONALI PER LA FORMAZIONE CONTINUA IN ITALIA E NEL VENETO (2007-2009)
Relatore: xxxx. Xxxxx Xxxxxxx
Corsista: XXXXXXX XXXXXX
Matricola N. 934381
INDICE
Introduzione 3
Nota metodologica 6
Parte 1. Bilateralità e contrattazione nel settore terziario a livello nazionale
1. Il ruolo del sindacato tra bilateralità e contrattazione 8
1.1. La contrattazione della formazione continua nel terziario 13
1 2. L’evoluzione della contrattazione nel biennio 2007 – 2008
Accordi nei CCNL Terziario e Turismo 17
1.3. Gli Enti Bilaterali del terziario 20
1.3.1. Gli Enti Bilaterali nazionali 21
1.3.2. Gli Enti Bilaterali territoriali e decentrati nella Regione Veneto 24
1.4. Alcune considerazioni 27
2. Normativa e bilateralità dei fondi interprofessionali del terziario 28
2.1. Dalle origini legislative agli accordi interconfederali 28
2.2. La struttura interna dei fondi: gli organi di rappresentanza politica 39
2.3. La struttura interna dei fondi: gli organi tecnico-funzionali 48
Parte 2. I fondi paritetici interprofessionali del settore terziario visti da vicino
3. La partecipazione ai fondi interprofessionali del terziario: imprese e lavoratori nel biennio 2007 – 2008 52
3.1. L’incidenza della adesioni ai fondi del terziario: l’importanza del Nord Est 52
3 2. Le adesioni delle imprese ai fondi per classe dimensionale nel periodo novembre 2007 –
luglio 2008: alcune tendenze 55
3.3. Le adesioni ai fondi dei lavoratori in valore assoluto e per classe dimensionale dell’impresa 58
3.4. Le adesioni delle imprese ai fondi per settore economico 60
3.5. Imprese e decentramento: alcuni accenni sulla contrattazione per classe dimensionale e settore 63
3.6. Fondi interprofessionali e piani formativi 64
4. La negoziazione dei piani formativi e il ruolo del sindacato 66
4.1. La contrattazione tra le Parti Sociali 66
4.2. Sindacati e risultati della contrattazione 68
5. L’impatto dei piani formativi dei fondi interprofessionali del terziario nella Regione Veneto nel triennio 2007 – 2009 76
5.1. Fonter: l’Avviso 1/2008 76
5.2. Avvisi e Conto Formazione di Fondimpresa (2008-2009) 83
5.3. Avvisi For.te (2007-2009) 115
Considerazioni conclusive 126
ALLEGATI
Indice delle tavole 130
Indice delle tabelle 131
Riferimenti bibliografici 133
Sitografia 136
INTRODUZIONE
La Strategia di Lisbona elaborata dalla seduta del Consiglio Europeo tenutasi nel marzo del 2000, afferma come la piena occupazione sia un obiettivo da raggiungere con gli strumenti della conoscenza. Attraverso di essi, il concetto di innovazione passerebbe dall’idea di progresso tecnologico in senso produttivo, alla conciliazione tra competitività ed integrazione sociale. Questo presupposto politico, sottolinea con forza la necessità, in un prossimo futuro, di un miglioramento qualitativo della forza lavoro che dovrebbe generare nei processi economici uno sviluppo in positivo delle condizioni contrattuali dei rapporti. All’interno di un mercato sempre più integrato e reticolare, conterà maggiormente l’impatto delle politiche attive scelte per favorire la formazione e l’apprendimento life long learning.
Ciò nonostante, l’argomento formazione si articola in così tanti aspetti che riguardano soprattutto le best practice della sua attuazione, che un’analisi di una sua parte specifica è l’unica maniera per fare un discorso organico e descrittivo. Anche per questa ragione, il lavoro che seguirà in queste pagine è un tentativo di fare luce sull’argomento, prendendo ad oggetto della disquisizione principale il ruolo che un particolare Ente Bilaterale denominato Fondo Paritetico Interprofessionale, possiede nell’erogazione della Formazione Continua.
La ricerca è organizzata in due parti e composta di cinque capitoli.
Nella prima parte verrà indagata la terminologia in uso nella teoria dei Fondi, concentrandosi principalmente sui due concetti chiave (i più usati in letteratura) di bilateralità e contrattazione. Queste due nozioni vengono indicate come il cuore del ragionamento sul fenomeno, ma devono essere usate con grande cautela, soprattutto quando si tratta di andare a vedere la loro “traduzione” nella pratica della documentazione e/o della normativa, cioè gli strumenti specifici e gli attori attraverso i quali i due concetti prendono vita. Inoltre, per circoscriverne ulteriormente l’area semantica, si è scelto di parlare dell’argomento aggiungendo un ulteriore elemento di attenzione che vada ad integrare il ragionamento: nello specifico, viene preso in considerazione il ruolo di politica attiva che il sindacato confederale ricopre nella produzione di accordi con la parte datoriale per la tutela della bilateralità all’interno di questi enti. L’idea è di esaminare gli accordi di
contrattazione nazionale e decentrata che questo dialogo produce concentrandosi sulle realtà produttive del settore commercio, turismo e servizi.
Nel primo capitolo si discuterà proprio della presenza della rappresentanza sindacale sugli atti pubblicati, l’efficacia del lavoro di rappresentanza, lo sviluppo della contrattazione in una rassegna bibliografica quadriennale che va dal rinnovo dei CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro) del Commercio, Turismo e Servizi del 2004 agli ultimi accordi stipulati nel 2008. Come si vedrà, il focus dell’attenzione viene posto di più sugli strumenti e le “aree contrattuali” nelle quali il sindacato è protagonista per la regolazione della formazione: dalle clausole sul diritto all’informazione e all’apprendimento, alle modalità di finanziamento dei percorsi di formazione. Il capitolo discute sull’evoluzione della contrattazione in materia di formazione tra il 2007 e il 2008, in merito a cosa sia stato fatto a livello nazionale. Si aprirà una larga panoramica sugli enti bilaterali attivi nel settore terziario presenti su tutto il territorio nazionale, compresi quelli che operano a livello decentrato e/o tramite articolazioni a livello territoriale nella Regione Veneto.
Nel secondo capitolo il lavoro si occuperà più nel dettaglio dell’evoluzione diacronica della normativa legata all’istituzione dei Fondi: a partire dalle leggi a carattere nazionale che dal 1993 cominciano una lunga discussione – mai terminata – sulla loro utilità politica ed economica, fino agli accordi inter- confederali che costituiscono gli enti alla nascita: verranno segnate ed esplorate le principali tappe legislative, dalla Legge di avvio n. 236 del 1993, fino agli accordi stipulati tra le rappresentanze. Un ingrandimento ulteriore verrà dedicato alle competenze specifiche che ciascuno dei tre Fondi considerati svolge sulla base della propria organizzazione interna: in base al proprio Statuto, per la parte politica, e del Regolamento, che declina gli aspetti della parte funzionale ed amministrativa. Da questa analisi traspare l’applicazione del concetto di bilateralità (rappresentanze, compiti e funzioni): un elemento che da vita ad un vero e proprio sistema organizzativo molto sostanziale nella presa di decisioni.
La seconda parte del progetto approfondisce l’oggetto di studio, raggruppando i Fondi in un cluster di settore. L’ottica più classica sulla suddivisione per settore produttivo tipico di questi enti è stata spostata, invece,
sulle attività formative per lo sviluppo dei numerosi “rami di applicazione” del terziario. A partire da questa descrizione, il terzo capitolo scatta una fotografia della partecipazione delle imprese alle opportunità di finanziamento di Fondi tra Novembre 2007 e Luglio 2008, tenendo presente due dimensioni, che sono anche le più utilizzate in letteratura per ordinare questo tipo di informazioni quantitative:
1) le adesioni delle imprese per classe dimensionale, 2) il numero dei lavoratori impiegati dalle imprese aderenti.
Il quarto capitolo funge da collante tra la fotografia di tipo statistico del capitolo precedente e una parte più qualitativa, che prende in esame i risultati delle attività formative. Questa parte, spiega le differenze tra le tipologie di piano formativo e le modalità di somministrazione, nonché il ruolo che la rappresentanza sindacale assume, o dovrebbe assumere, nei tavoli di progettazione aziendale.
Infine, la quinto capitolo riporta lo stato dell’arte delle attività a partire dai piani formativi (i corsi effettivamente approvati e finanziati) nella Regione Veneto nel triennio 2007-2009. Si discuterà di ogni singolo Avviso messo a bando in quel periodo, chiosando sull’impatto e il coinvolgimento dei lavoratori e del territorio.
NOTA METODOLOGICA
Sintetizzo qui di seguito per punti alcune considerazioni metodologiche che accompagnano questo lavoro di ricerca:
▪ I dati elaborati provengono da principalmente da tre fonti accessibili al pubblico: documenti, rapporti di ricerca statistici, letteratura sindacale, associativa e monografica, passata e recente, sulle attività dei fondi paritetici interprofessionali a livello nazionale e regionale;
▪ I dati vengono aggregati attraverso due strumenti: tabelle e tavole sinottiche. Le prime si riferiscono alla parte quantitativa della ricerca e provengono principalmente dai più recenti rapporti elaborati da istituti nazionali (Ministero del Lavoro - Rapporti ISFOL, fonti statistiche ufficiali, banche dati) e da documenti istituzionali pubblicati dalle consultazioni e dagli Organi Sociali dei Fondi, con frequenze assolute e percentuali del fenomeno preso in esame. Le seconde fanno riferimento all’ampia letteratura di settore, soprattutto pubblicazioni scientifiche e articoli, presenti in forma cartacea e digitale nei siti dedicati all’argomento, di cui si fa menzione in bibliografia. In calce ad ogni elaborazione vengono specificate le fonti e il tipo di elaborazione svolta;
▪ L’approccio all’elaborazione del dato è di tipo induttivo, compatibilmente con la complessità e la continuità dell’argomento. Dopo una prima lettura delle fonti documentali, infatti, si è resa necessaria una prima scrematura. Ho ritenuto opportuno che l’elaborazione di una descrizione del fenomeno fosse il più possibile compatibile con gli aspetti più esplorati dalle indagini precedenti: la classe dimensionale dell’impresa aderente al fondo e i lavoratori che usufruiscono della formazione (analizzati per numero di presenze in valore assoluto e per tipologia contrattuale);
▪ Per la ricostruzione della parte normativa mi sono affidato alla letteratura di settore e alla consultazione delle leggi in materia di formazione, cercando un ordine diacronico che fosse fruibile alla lettura. Sono stati selezionati gli estratti delle leggi che descrivono l’avanzamento normativo della materia formazione in
riferimento ai Fondi (leggi ordinarie e finanziarie, decreti legislativi, accordi interconfederali, accordi tra le parti sociali, etc.) e descritti;
▪ Nel corso della lettura si vedrà come il lavoro è volutamente circoscritto a tre fondi interprofessionali (Fon.ter, Fondimpresa e For.te) nel periodo di attività più recente. Più specificamente, viene descritto l’andamento della formazione finanziata dai Fondi nel periodo che va da novembre 2007 a luglio 2008 per i dati secondari reperibili e, per la parte specifica di ciascun fondo – dove fosse possibile – estrapolando le attività svolte fino al settembre 2009.
PARTE 1. Bilateralità e contrattazione nel settore terziario a livello nazionale
Capitolo 1. Il ruolo del sindacato tra bilateralità e contrattazione
Bilateralità
L’esperienza della bilateralità in Italia vista con gli occhi delle rappresentanze sindacali è un interessante e vasto campo d’indagine. Da una prima analisi della letteratura di settore1, alle origini delle difficoltà che ancora incontrano gli organi paritetici di tutela è presente proprio una mancata presa di consapevolezza del ruolo cruciale che ricopre il sindacato dei lavoratori a fronte delle trasformazioni del mondo del lavoro, soprattutto nel settore del terziario.
Per comprendere la controtendenza italiana nella materia del lavoro rispetto ad altri paesi europei come la Svezia, la Danimarca o il Belgio, basta accennare a come la funzione del sindacato nei paesi nordici sia più articolata e complessa, ritenendosi altresì direttamente responsabile della gestione dell’assicurazione contro la disoccupazione dei lavoratori.
In Italia, da decenni, le rappresentanze discutono principalmente del riconoscimento delle funzioni di contrattazione nel mercato del lavoro, rappresentando esclusivamente gli interessi economici, ovvero quelle che potremmo indicare come le relazioni industriali “in senso stretto”. Questa visione si discosta lungamente dallo stato attuale delle cose, anche a fronte dei mutamenti economici di natura strutturale2 oggi in corso, perché escluderebbe a priori tutte quelle possibili competenze che con il post-fordismo e le sue conseguenze sociali (la liberalizzazione del lavoro, la privatizzazione dei servizi socio-sanitari e lo sviluppo di sistemi integrativi al reddito) dovrebbero essere oggetto di attenzione e dibattito.
In altre parole: l’eredità culturale di politica sociale assistenzialista lasciataci dal fordismo, di matrice fortemente keynesiana, pone grandemente in ombra tutte quelle attività legate alla protezione sociale e al mutualismo che, nel nostro paese sono ad oggi ancora affidate al vecchio sistema di welfare state.
1 Si veda G. D’Xxxxx (2008).
2 Come afferma P. Messina (2009) riferendosi alle nuove forme che ha assunto (o che dovrebbe assumere) la regolazione politica a livello locale.
A partire dai primi anni ’90, il legislatore ha cominciato a ragionare su possibili nuove forme, esterne al welfare statale, per la protezione e il finanziamento della previdenza sociale, grazie anche alla consapevolezza che il modello di produzione italiano poggia le sue fondamenta sulla micro, piccola e media impresa. In questi luoghi di lavoro, le relazioni rilevano una maggiore flessibilità e, talvolta, mancano - o sono in costante ridefinizione - le regole su garanzie e tutele.
L’esperienza degli enti bilaterali e del rapporto che il sindacalismo dovrà coltivare con essi, va discussa a partire da questo quadro generale che si avvale, a mio avviso, di almeno tre dimensioni analitiche. In estrema sintesi, il quadro tridimensionale comprenderebbe: le imprese di una certa classe dimensionale, operanti in un settore peculiare; i lavoratori, le cui materie di interesse riguardano la tutela e la previdenza, il salario, lo sviluppo della professionalità, le plurali forme contrattuali; e gli enti bilaterali, nella ridefinizione delle funzioni che svolgono sul territorio.
In questa visione, gli enti bilaterali si pongono come un terzo attore della governance locale, all’interno di un più ampio progetto di politiche attive e redistributive per discutere sull’innovazione del lavoro contrattualizzato. La loro esperienza va collocata dentro un disegno di partecipazione, in aree e settori tradizionalmente caratterizzati da una frammentazione territoriale e produttiva, la cui maggiore rappresentanza è presente soprattutto nel Nord Est del Paese. I caratteri tipici dei sistemi produttivi locali presuppongo una parcellizzazione non solo produttiva (delle imprese), ma anche delle competenze (dei lavoratori, da aggiornare continuamente). Le parti sociali, per venire incontro a una situazione così complessa, hanno cercato di costruire degli assetti contrattuali oltre il CCNL nazionale, sviluppando un sistema di forme di confronto e controllo volte alla tutela del lavoratore. Ciò che è stato fatto di buono a livello settoriale e territoriale in materia di welfare assistenziale, ad esempio, viene descritto bene da D’Xxxxx (2008), quando parla di forme delle prestazioni3.
La prima prestazione degna di nota riguarda la previsione degli obblighi normativi derivanti dal contratto di lavoro, di cui si ha un esempio virtuoso nell’istituzione
3 L’idea che gli enti bilaterali debbano assolvere delle prestazioni di welfare assistenzialista ed integrativo è ripresa anche in Giaccone (2008).
della Cassa Portieri, che prevede l’erogazione dell’indennità di malattia, non prevista per quella categoria di lavoratori.
Un secondo aspetto da segnalare riguarda le prestazioni integrative ed i servizi sociali supplementari, di cui sono esempio virtuoso i Fondi Intercategoriali per il sostegno al reddito per gli artigiani oppure, nel terziario, la contribuzione contrattuale del 30% che dal CCNL del Turismo viene affidato all’ente bilaterale per il sostegno dei lavoratori dipendenti interessati da processi di ristrutturazione. Il Fondo EST, il fondo Fon.Te e il Q.u.A.s a tutela del lavoratore dipendente e dirigente del settore dei servizi, sono un ulteriore esempio del fine mutualistico di questi enti.
La terza prestazione concerne lo sviluppo di azioni a sostegno della formazione professionale e continua. A partire dalla Legge n. 236 del 1993 prosegue una definizione normativa, durata più di dieci anni, per costruire delle misure efficaci per la promozione della formazione a tutti i livelli (territoriale, settoriale ed aziendale) attraverso lo strumento dei Fondi Paritetici Interprofessionali. Nasce una nuova forma di bilateralità nella contrattazione della materia formazione, che integra la discussione sui rapporti di lavoro.
Riassumendo fin qui, potremmo usare le considerazioni di Xxxxxxxxxx (2004), secondo il quale la bilateralità (in senso lato) è nientemeno che un sistema sociale, costituito da organizzazioni che la gestiscono sul territorio, determinando processi in un “orientamento partecipativo”. Gli enti bilaterali, quindi, possono essere intesi come sotto-sistemi operativi senza i quali risulterebbe molto più difficile negoziare le plurime materie oggetto delle relazioni industriali, e quindi instaurare una qualsiasi relazione partecipata, con prese di posizione su tematiche importanti, come la formazione dei lavoratori.
Contrattazione e formazione continua
La formazione, al pari del salario, dell’orario di lavoro e delle assenze per ferie e malattia, risulta un’importante materia della contrattazione. Più precisamente, quest’ultima dovrebbe svolgersi sulla base delle finalità che si prefiggono le attività di formazione negoziate tra le parti. Ogni categoria e/o comparto di settore
per cui viene richiesta della formazione possiede delle peculiarità sui seguenti elementi:
▪ le caratteristiche dimensionali e funzionali delle imprese che la richiedono;
▪ il mercato di riferimento in cui tali imprese operano e le sue trasformazioni;
▪ la presenza o meno di situazioni di crisi del mercato stesso;
▪ l’operatività delle rappresentanze sindacali nelle aziende.
Un altro aspetto da considerare nella contrattazione di questa materia così complessa risulta essere, secondo Xxxxxxxxx (2006), la relazione che le imprese instaurano con due particolari istituti operanti sul territorio: gli Enti Bilaterali e gli Enti di formazione.
L’autore, riprendendo le considerazioni fatte da Xxxxx e Xxxxxxx (2004), dopo un’attenta indagine sui CCNL nazionali, sintetizza nei seguenti punti le finalità complessive4 della formazione codificate dai Testi Unici del 2004:
▪ la promozione della mobilità e la valorizzazione professionale;
▪ la gestione dell’innovazione nelle sue diverse accezioni;
▪ la promozione della cultura d’impresa;
▪ il miglioramento della qualità dei sistemi di relazioni industriali;
▪ l’adattamento delle competenze dei lavoratori;
Ciò nonostante, la finalità principale riguarda l’attenuazione dell’impatto dei processi di ristrutturazione e di riorganizzazione delle imprese, attraverso azioni formative volte alla qualificazione e/o riqualificazione delle competenze dei lavoratori. Come si vedrà più avanti con dati alla mano, quest’ultimo è un aspetto dell’innovazione dei processi produttivi (a partire dai lavoratori) che le parti sociali hanno considerato troppo spesso facoltativo, attribuendogli per la maggioranza dei casi attività formative obbligatorie per legge, come ad esempio corsi sulla sicurezza e sulla tutela della salute in azienda.
4 Cfr. Isfol (2004), (a cura di X. Frigo; X. Xxxxxxx), La formazione continua nella contrattazione collettiva, I libri del Fondo sociale Europeo
In una logica competitiva tra piccole e piccolissime imprese, riqualificare operativamente il personale dipendente, diventa una risorsa con più risvolti: da una parte il lavoratore aumenta la sua capacità contrattuale decentrata, con la possibilità di proporsi alla concorrenza, qualora le condizioni di lavoro non gli siano favorevoli e/o soddisfacenti; dall’altra, se l’azienda non provvede al rinnovo delle conoscenze, rischia di incontrare serie difficoltà future nel suo posizionamento competitivo sul mercato di settore. La regolazione contrattuale, quindi, da una parte diventa un rischio per la parte datoriale che tutela i propri interessi economici e un rischio per la parte dei lavoratori, i quali potrebbero vedersi rifiutare momenti di aggiornamento professionale per rispondere ad una mera logica di profitto da parte dell’impresa; dall’altra, potrebbe diventare un vantaggio per entrambi gli interessi: la continua presenza di personale qualificato in continua mobilità su un territorio produttivo, non può che essere una ricchezza, se lo si considera in una logica di sviluppo locale.
Sempre Xxxxxxxxx (2006) prende in esame gli strumenti e le aree contrattuali nelle quali la formazione viene regolata: i diritti di informazione, gli interventi sui mercati del lavoro (interno ed esterno), il diritto allo studio e all’apprendimento, gli organismi della bilateralità, il finanziamento della formazione continua.
Il diritto alla formazione è un concetto che riporta alla scolarizzazione delle masse: una istituzione che prese piede nella contrattazione collettiva già dai primi anni ’70, per cercare di far interagire mondo del lavoro e mondo della scuola.
Le importanti innovazioni in materia, si sono ottenute tramite i permessi retribuiti per l’esercizio del diritto allo studio, di norma 150 ore retribuite per ogni dipendente, a prescindere dal contratto di riferimento. L’ottenimento di un permesso si atteneva a determinati condizionamenti: il tipo di corso di studio, l’istituzione scolastica pubblica scelta dalle parti sociali per la formazione, la finalità “ufficiale” dei corsi di studio, volti all’ottenimento di regolari titoli, con valore legale.
Il secondo strumento è la certificazione delle competenze acquisite dal lavoratore, deciso dalla direzione aziendale e in costante scontro dialettico con la parte sindacale, ancorata ad una cultura organizzativa che tende a privilegiare la
dimensione collettiva, dei percorsi (anche non formali) per l’avanzamento della carriera individuale del lavoratore.
I congedi retribuiti, invece, sono disciplinati dall’articolo 6 della medesima legge e prevedono che il lavoratore possa usufruire di permessi su atti
vità formative concordate tra le parti sociali, e finalizzate allo sviluppo delle competenze professionali per migliorare il capitale umano dell’impresa da cui proviene. Nel contratto del Commercio l’articolo 5 ha subito tra il 2003 e il 2004 solo un’integrazione sui preavvisi di richiesta del congedo: 30 giorni se il congedo non supera i 5 giorni totali, altrimenti 60 giorni. Inoltre, può usufruire del congedo l’1% dei dipendenti occupati, e nelle aziende di medio grande dimensione (50-99 lavoratori dipendenti) si potrà assentare un solo lavoratore.
I congedi non retribuiti per la formazione (articolo 5 della Legge n. 53/2000) sono un ulteriore strumento per favorire il diritto allo studio: il lavoratore ha la possibilità di prendere congedo per partecipare ad iniziative formative anche non direttamente riconducibili al lavoro da lui svolto in azienda.
Xxxxxxxxx parla altresì dell’esperienza degli organismi bilaterali in quanto strumenti di governance politica multilivello; essi operano a livello nazionale, regionale (in collaborazione con istituzioni locali) e settoriale, dove sono presenti anche Osservatori, Commissioni e gli Enti Bilaterali (di cui si parlerà nel prossimo paragrafo in relazione al settore terziario). Gli organi di settore hanno il compito di definire precise politiche formative concertate, dopo aver rilevato il fabbisogno formativo e professionale effettivo delle imprese ed essersi rapportati con l’apparato istituzionale di riferimento.
Infine, dagli anni 2000 sono nati i Fondi Paritetici Interprofessionali, ovvero organismi bilaterali che gestiscono le risorse finanziarie atte a programmare attività formative a livello di settore.
1.1. La contrattazione della formazione continua nel terziario
Primi passi in più direzioni (1993 – 2002)
Per inoltrarsi esaustivamente nell’argomento complesso della contrattazione collettiva della materia formazione, specie se la si circoscrive in un settore
specifico, è necessario ripercorrere alcune tappe storiche che definiscono con quali strumenti la formazione continua dei lavoratori è stata negoziata.
Tra gennaio e luglio del 1993 un Protocollo d’Intesa tra le parti sociali ha dato il via alla Legge n. 236 nei cui articoli 3 e 3 bis si costruisce la base giuridica per l’avvio degli interventi formativi determinate categorie di lavoratori occupati. Con la Legge n. 196/1997 viene introdotto lo strumento del Piano Formativo, utilizzato come mezzo di promozione, finanziamento e realizzazione degli interventi. L’applicabilità della bilateralità avviene solo successivamente, con la Legge n. 53/2000 con la quale si discute del diritto alla formazione: l’art. 6 prevede, infatti, la possibilità ai lavoratori di usufruire del congedo per la formazione continua5, attribuendo alle parti sociali il compito di decidere il monte ore da destinarvi.
Nonostante questo, la corposa normativa e gli accordi successivi stipulati tra le parti sociali non hanno ricevuto da parte delle imprese un riscontro entusiasta. Infatti, fino al 2002, la percentuale delle aziende che usufruivano della formazione continua si attestava intorno al 24,7% sul totale nazionale, ed erano principalmente organizzazioni di grandi dimensioni. Oltretutto, la formazione era destinata ad un tipo ideale di lavoratore che fosse di sesso maschile, di giovane età, di nazionalità italiana, in possesso di un alto livello di istruzione e/o di una elevata qualifica professionale. L’utenza della formazione, insomma, veniva selezionata fra una platea molto ristretta di beneficiari.
Le successive discussioni hanno portato ad affinare altri strumenti di disciplina della formazione.
Il Piano Formativo (di cui si vedrà più approfonditamente il quarto capitolo) dal 2003 si configurerà come lo strumento privilegiato per l’erogazione della formazione in azienda assieme ai Progetti Formativi concertati in base agli accordi bilaterali tra le parti sociali, che ne discutono i contenuti. Questa soluzione fu produttiva, se non altro a parlare di bilateralità: il Piano fungeva da medium tra gli interessi dell’azienda e il diritto alla formazione, di cui si parlava già negli articoli
5 La questione del congedo formativo (art. 5 e 6 Legge 53/2000) è stata studiata di recente da Xxxxxx e Gazier (2003). Il congedo per la formazione è una misura di politica attiva del lavoro di breve durata, volta al mantenimento della capacità occupazionale nella transizione tra mercato del lavoro e formazione, uno dei cinque mercati del lavoro transizionali (transitional labour markets). Questi mercati inquadrano le misure protettive adottate a livello europeo dalle nazioni in cui è presente una forma di welfare, per mantenere inalterati i redditi dei lavoratori, anche a fronte di periodi di disoccupazione.
della Legge n. 53/2000. Restava un problema legato alla rappresentanza, tutt’ora presente negli ambienti aziendali. L’indagine campionaria sulla formazione continua dell’ISFOL dello stesso anno ha rilevato come le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) presenti all’interno delle aziende avessero una scarsa conoscenza dell’argomento “formazione”: la rilevazione ha dimostrato come un gran numero di RSU (36,2%) non svolga attività di pressione politica e sindacale a favore della formazione, e come solo il 2,5% delle stesse partecipi a tavoli di concertazione in cui venga deciso il numero dei lavoratori da formare. Anche la selezione dei dipendenti risultava assai scarsa (1%) e la progettazione dei contenuti formativi particolarmente debole: si assesta sul 5,2% del totale.
In altre parole: all’alba dei primi abbozzi legislativi di una disciplina condivisa a favore della formazione continua, e dopo almeno 3 anni di trattative iniziali, risultavano ancora deboli gli strumenti dedicati alla progettazione e la rappresentanza sindacale nelle aziende. Xxxxx restando che la contrattazione ha la finalità di stimolare gli addetti alle relazioni industriali nel migliorare gli aspetti e il profilo generale dei lavoratori, dopo la fase di avvio durata quasi dieci anni, incomincia un sistematico ordinamento degli aspetti legati alle attività formative. Diventa importante guardare alla contrattazione della formazione a partire dalle sue stesse finalità, da cui deriveranno successivamente delle dimensioni analitiche per comprendere appieno il fenomeno nel suo divenire.
I riferimenti normativi nei Testi Unici (2003-2004)
Nei Testi Unici dei Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro del 2003 e del 2004, si parla di formazione continua dei lavoratori. Prendendo in esame i due documenti dedicati al terziario, alla distribuzione, ai servizi e al turismo non è presente un solo capitolo dedicato specificatamente alla formazione dei lavoratori, anche se ne emergono alcuni riferimenti con dei contenuti interessanti.
Nel Testo Unico 2 luglio 2004 del CCNL per i dipendenti della aziende del terziario delle distribuzione e dei servizi al Titolo IV – ENTI BILATERALI, art. 18 – Ente Bilaterale Nazionale per il Terziario, si leggono accenni alla formazione
dei lavoratori in quanto scopo degli enti preposti ai commi c), d), h), m)6, relativamente all’analisi dei fabbisogni formativi, alla rete istituzionale di gestione politica, alle pari opportunità di uomini e donne nell’accesso ai programmi formativi, al reinserimento lavorativo (come ammortizzatore sociale) e alla collaborazione con il Fondo Interprofessionale For.te.
Nel Testo Unico 19 luglio 2003 del CCNL per i dipendenti da aziende del settore turismo, l’accenno alla formazione è molto più incisivo. Al Capo V – FORMAZIONE (art. 23) ai commi (1), (3), (7), la formazione viene vista sia come evoluzione degli standard qualitativi strategici utili alle imprese per l’aumento della competitività sul mercato, sia come una riqualificazione del capitale umano dedicato, il quale assume competenze lungo tutto l’arco della vita professionale a partire, o meno, da specifici titoli di studio e/o esperienza professionale pregressa.7
6 Rif. Testo Unico, Contratto Collettivo Nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi, Roma 2 luglio 2004 pp. 35-36-37:
c) incentivare e promuovere studi e ricerche sul settore terziario, con particolare riguardo all’analisi dei fabbisogni di formazione;
d) promuovere, progettare e/o gestire anche attraverso convenzioni, iniziative in materia di formazione continua, formazione e riqualificazione professionale, anche in collaborazione con le istituzioni nazionali, europee, internazionali nonché con altri organismi orientati ai medesimi scopi;(…)
h) favorire anche attraverso azioni formative, le pari opportunità per le donne, in vista della piena attuazione della legge 125/91, nonché il loro reinserimento nel mercato del lavoro dopo l’interruzione dovuta alla maternità; (…)
m) valutare l’opportunità di avviare forme di sostegno al reddito sulla base delle future disposizioni legislative in materia di ammortizzatori sociali. A tale scopo potranno anche essere considerate iniziative che favoriscano la predisposizione di progetti di formazione e/o riqualificazione, al fine di agevolare il reinserimento dei lavoratori al termine del periodo di sospensione dal lavoro, in sinergia con il fondo previsto per la formazione continua (FOR.TE).
7 Rif. Testo Unico, Contratto Collettivo Nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende del settore turismo Roma 19 luglio 2003 pp. 46-47:
(1) L’evoluzione degli standard qualitativi delle imprese e dei servizi offerti alla clientela assumono per le Parti valenza strategica per lo sviluppo del settore. Tale obiettivo si persegue prevalentemente mediante la valorizzazione delle risorse umane, con particolare riferimento alla formazione professionale;
(2) La professionalità degli addetti costituisce un patrimonio comune delle Parti, da essa dipendono lo sviluppo del settore e la sua capacità competitiva sui mercati internazionali; (…)
(7) Con il presente Contratto, le Parti ribadiscono il valore strategico della formazione professionale; individuano gli opportuni strumenti normativi capaci di agevolare l’ingresso e la permanenza nel settore dei lavoratori in possesso di specifici titoli di studio e/o di adeguata esperienza professionale, individuando negli enti bilaterali la sede idonea per l’esame concertato delle relative problematiche e la promozione delle conseguenti iniziative.
Gli enti bilaterali, a questo proposito, sono indicate come le organizzazioni preposte alla promozione di iniziative formative, nonché alla gestione e alla disamina delle problematiche legate alla formazione continua dei lavoratori nelle imprese turistiche. Il paragrafo sulla FORMAZIONE CONTINUA del medesimo contratto individua altresì nei fondi interprofessionali nazionali le entità riconosciute ai sensi dell’articolo 118 della Legge n. 388 del 2000 per il finanziamento di piani formativi.
1.2. L’evoluzione della contrattazione nel biennio 2007 – 2008.
Anno 2007
I dati a disposizione del biennio 2007-2008 ci mostrano una certa evoluzione della contrattazione. Il 2007 ha visto un sostanziale rafforzamento della bilateralità soprattutto a livello dei dispositivi di formazione dei lavoratori. Per citare alcuni esempi particolari del settore, il CCNL del personale dipendente delle imprese di assicurazioni ha stabilito di costituire entro i sei mesi dal recepimento e dall’entrata in vigore del protocollo d’intesa stipulato nel 20078, un proprio ente bilaterale nazionale, esclusivo per la formazione assicurativa: si chiamerà Enbifa (Ente Bilaterale Nazionale per la formazione nelle Assicurazioni), e avrà il compito di promuovere ricerche ed analisi sui fabbisogni formativi, finanziarsi tramite bandi pubblici e sperimentare attività formative, confrontandosi anche a livello europeo.
Il fondo interprofessionale For.te ottiene il riconoscimento come lo strumento primario per la qualificazione professionale e l’aggiornamento, a favore di determinate tipologie di lavoratori: coinvolti in processi di riorganizzazione e di riconversione tecnologica, soprattutto verso coloro che non beneficiano da tempo delle attività formative aziendali. Si è stabilito, inoltre, che il livello aziendale della formazione venga curato maggiormente sull’aspetto dei criteri di accesso
8 Ipotesi di Intesa per il rinnovo del CCNL del personale dipendente non dirigente delle imprese di assicurazioni, sottoscritto in data 17/09/2007 tra le parti sociali Ania (Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici), Fiba-CISL (Federazione Italiana Bancari Assicurativi), Fisac-CGIL Federazione Italiana Sindacale dei lavoratori delle Assicurazioni e del Credito), Snfia (Sindacato Nazionale Funzionari Imprese Assicuratrici); UILca (Credito, Esattoria, Assicurazioni)
alla formazione, sulle risorse, sugli investimenti e sui costi di formazione continua e la valutazione dei risultati; le parti sociali dovranno inoltre accordarsi su un monte ore complessivo di almeno 2 ore/anno da dedicare alla formazione del singolo dipendente, nessuno escluso. L’Accordo di rinnovo del CCNL per i dipendenti del settore turismo9 ha previsto l’istituzione di una Commissione permanente per le Pari Opportunità (una novità per il settore), che svolga altresì compiti di aggiornamento e formazione professionale verso quei lavoratori in periodo di astensione, aspettativa o congedo.
Anno 2008
L’anno si apre con l’intento delle parti sociali di riformare l’intero sistema contrattuale vigente, iniziando dalla proposta delle parti sindacali di istituire una piattaforma unitaria, dove si possano registrare tutti i contratti, divisi per settore, mantenendo i due livelli principali: nazionale e decentrato. La piattaforma servirà da base per mantenere inalterato il primo livello e registrare le modifiche della contrattazione decentrata, potenziandola, in modo da favorire il potere di acquisto aziendale dei lavoratori sul territorio. In questo processo di rinnovamento, viene riposta particolare attenzione sui Fondi Interprofessionali, in quanto soggetti finanziatori (proponenti) della valorizzazione delle professionalità attraverso attività di formazione continua permanente, sulla salute e la sicurezza. Il breve documento scaturito da questa proposta iniziale viene sottoscritto dalle parti sindacali CISL, UIL e Confindustria titolandosi “Linee Guida sulla riforma della struttura della contrattazione”, del quale esistono varie versioni, a seconda delle fonti. Come si legge nel documento non è esplicito il riferimento alla formazione, ma si parla più in generale di “servizi ai lavoratori”, la cui gestione viene affidata ai fondi paritetici.
9 Ipotesi di accordo di rinnovo CCNL dipendenti aziende settore turismo, sottoscritto in data 26/07/2007 tra le parti sociali Federalberghi; Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi); Fiavet (Federazione Italiana Imprese Viaggi e turismo); Faita (Federazione delle Associazioni Italiane Turismo all’aria aperta); Confcommercio; Federetti; Filcams-CGIL; Fisascat-CISL; Uiltucs-UIL.
Il rinnovo contrattuale tra il 2007 e il 2008 nel settore terziario è stato particolarmente rilevante; il rapporto ISFOL-FOP 2008 del Ministero del Lavoro, sussume il rinnovo e/o gli accordi sui rinnovi dei seguenti CCNL:
1. Quadri direttivi e personale delle aree professionali dipendenti delle imprese creditizie, finanziarie e strumentali (8 dicembre 2007);
2. Imprese di assicurazione e personale dipendente non dirigente (17 settembre 2007);
3. Ipotesi di accordo separato CCNL addetti aziende del terziario, distribuzione e servizi (18 luglio 2008);
4. Addetti aziende del settore turismo (27 luglio 2007).
La promozione della formazione continua viene citata in queste quattro disposizioni soprattutto in riferimento alle attività che ne conseguono. Tutti gli accordi stabiliscono delle linee guida standard i cui molteplici scopi prevedono:
▪ potenziare la bilateralità contrattuale per effettuare analisi e ricerche sui fabbisogni formativi e di professionalità a livello nazionale e territoriale;
▪ introdurre (o aumentare) uno specifico monte ore/formazione per i lavoratori;
▪ inserire in sistemi rinnovati di classificazione del personale specifici criteri di valutazione di competenze e conoscenze che il lavoratore dovrà possedere per il progresso di carriera;
▪ rafforzare i sistemi di prevenzione e sicurezza attraverso la formazione dei lavoratori;
▪ intervenire sulla formazione a favore dei lavoratori stranieri.
Sulla bilateralità contrattuale è giusto, infine, accennare a quali dovrebbero essere le attività degli enti bilaterali secondo tutti i contratti nazionali, compresi quelli del terziario. Gli Enti Bilaterali servono ad attuare efficaci analisi dei fabbisogni, ad instaurare rapporti di collaborazione coi fondi paritetici e gli enti locali per la promozione dei piani formativi; fanno attività di monitoraggio della normativa
vigente e delle politiche-interventi per la promozione dei piani; infine, devono dotarsi di un apparato di professionisti capaci di proporre piani formativi rivolti alle fasce più deboli della popolazione e di innovare, ristrutturare e convertire le imprese di piccole dimensioni.
1.3. Gli Enti Bilaterali nel terziario
Dall’attuazione dei CCNL del terziario e del turismo nascono le gestioni degli enti bilaterali che fanno capo al settore terziario. Essi si possono suddividere per comodità analitica in nazionali e territoriali.
Se si considerano tutti gli enti bilaterali, a livello nazionale sono 19 e coprono quasi tutti i settori contrattuali delle categorie rappresentate.
Quelli territoriali, invece, sono 90 di cui:
▪ 38 nel turismo,
▪ 6 che si occupano di commercio e turismo,
▪ 1 per le imprese di pulizia,
▪ 1 specifico del settore vigilanza,
▪ 44 relativi ai contratti di lavoro del terziario.
Se, tra questi, si selezionano solo quelli a «bilateralità contrattuale» (ovvero quel tipo di accordi industriali gestiti da enti che si sono sviluppati senza essere finanziati da fondi pubblici, ma alimentati con risorse fornite direttamente dai lavoratori e/o dalle imprese) a livello nazionale se ne possono contare 13. Tra questi appaiono tutti quegli enti di derivazione legislativa, tra cui i Fondi Interprofessionali nati sulla base dell’art. 18 della legge n. 388/2000 e successive. I due principali fondi interprofessionali per il terziario sono For.Te e Fon.Ter.
Come altri fondi di settori diversi, essi hanno il compito di gestire lo 0,30 % del monte salari versato dalle imprese all’INPS, contribuendo così a finanziare, e successivamente valutare, i programmi di formazione che le imprese propongono al fondo per ottenere il finanziamento. Generalmente, i due fondi interagiscono con gli enti bilaterali perché il settore dei servizi, del turismo e del terziario ha un bisogno continuo di aggiornamento dei propri lavoratori, che si trovano di fronte a
compiti estremamente diversificati ed in continua evoluzione. Quindi, possiamo affermare che la formazione continua del terziario è strategica, prima di essere obbligatoria.
Secondo l’indagine svolta nel 2002 da FILCAMS-CGIL esiste da più di dieci anni una fitta rete di organizzazioni che gestisce la bilateralità del settore; la sua diffusione territoriale è piuttosto disomogenea anche se maggiormente determinata a livello locale.
Agli albori della loro costituzione, gli enti bilaterali fungevano principalmente da osservatori dei fabbisogni formativi del settore, ed è solo successivamente che cominciano a rivestire incarichi di assistenza mutualistica ed integrativa all’intervento pubblico, tra cui si annoverano il contributo dato alle stesse misure di welfare, come l’assistenza sanitaria integrativa fornita dal Fondo EST e da Fon.Te.
Oramai in tutti i contratti collettivi nazionali che hanno ad oggetto il settore del terziario e del turismo, è determinante la presenza dell’ente bilaterale, che viene citato e disciplinato da precise norme. Le esperienze a livello nazionale sono almeno 8: 4 Enti Bilaterali, con funzioni specifiche per la categoria considerata, 1 Fondo Pensione, 1 Fondo per l’assistenza sanitaria integrativa e 2 Fondi Paritetici Interprofessionali.
Tutti quanti nascono da precisi accordi tra la parte datoriale, rappresentata da Confesercenti e Confcommercio, e le tre principali federazioni sindacali di categoria: FILCAMS (Federazione Italiana Lavoratori Commercio Turismo e Servizi) per la CGIL, FISASCAT (Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini Turismo) per la CISL, e UILTUCS (Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi) per la UIL. A livello territoriale, alcuni enti sono promossi da ulteriori federazioni minori di cui si vedrà in seguito, soprattutto nel settore del turismo.
1.3.1. Gli Enti Bilaterali nazionali
A livello nazionale vengono disciplinati a partire dai CCNL dei settori di riferimento i seguenti enti bilaterali, di seguito riportati in ordine di costituzione:
- Qu.A.S. (Cassa Assistenza Sanitaria Quadri), al cui controparte è Confcommercio. Costituitasi nel 1989 in attuazione dell’articolo 11, seconda parte, del CCNL per i dipendenti del terziario, della distribuzione e dei servizi del 14 dicembre 1990, e contratti successivi, nonché dell’art. 101, capo decimo, titolo V del CCNL per i dipendenti da aziende del settore Turismo del 30 maggio 1991 e contratti successivi10, ha lo scopo di fornire un’assistenza sanitaria integrativa al Servizio Sanitario Nazionale. L’iscrizione all’ente è obbligatoria per tutti i dipendenti inquadrati con un CCNL Terziario che ricoprano la qualifica di Quadro, in base agli accordi stipulati tra le parti sociali;
- EBNT (Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo), la cui controparte datoriale costituita da Federalberghi, Faita, Fiavet, Fipe, Intersind. Costituito in base all’articolo 6 del CCNL del Turismo il 30 maggio del 1991, si occupa principalmente di contrattazione collettiva in materia di occupazione e mercato del lavoro, formazione e qualificazione professionale (cit.), è attualmente l’ente nazionale con la rete territoriale capillare più grande del settore: conta oltre 500 Centri di servizio di rappresentanza datoriale sul territorio;
- E.Bi.N.Ter (Ente Bilaterale Nazionale per il Terziario), la cui controparte datoriale è Confcommercio. Nato nel 1995 dall’accordo interconfederale ispirato dall’art. 16 del CCNL del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi 03/11/1994, è attualmente in funzione. L’ente promuove attività di studio, ricerca ed analisi dei fabbisogni formativi per le imprese del settore. Si occupa di formazione professionale, di formazione continua e di riqualificazione professionale collaborando anche con diversi istituti italiani ed europei;
- Quadrifor (Istituto Bilaterale per la Formazione dei Quadri nel Terziario, Distribuzione e Servizi), la cui controparte è Confcommercio. Costituitosi nel 1995 come previsto dal CCNL per dipendenti da aziende del terziario, della
10 cit. art.1 Statuto dell’ente.
distribuzione e dei servizi, il 30 novembre del 199411, ha lo scopo di organizzare, progettare ed utilizzare corsi di formazione, anche “a distanza” con tecniche multimediali; aggiornare costantemente i Quadri aziendali, favorendo gli investimenti formativi anche mediante l’utilizzo di progetti collegati a programmi europei;
- Fon.te (Fondo Pensione Complementare per i Dipendenti da Aziende del Terziario, Commercio, Turismo e Servizi), è un fondo pensione nato in attuazione dell’Accordo Collettivo Nazionale del 29 novembre 1996 sottoscritto tra Confcommercio e parti sindacali e, inoltre, dall’Accordo Collettivo Nazionale del 22 gennaio 1999 sottoscritto tra Federalberghi, Fipe, Faita, Fiavet e le federazioni sindacali. L’ente ha lo scopo, di consentire agli aderenti di disporre, all’atto del pensionamento, di prestazioni pensionistiche complementare del sistema obbligatorio. Esso provvede alla raccolta dei contributi, alla gestione delle risorse nell’esclusivo interesse degli aderenti, e all’erogazione delle presentazioni secondo quanto disposto dalla normativa in materia di previdenza complementare.12
- For.Te (Fondo Paritetico Interprofessionale nazionale per la formazione continua nel terziario), istituito attraverso l’accordo interconfederale del 25 luglio 2001 (e modificato in seguito in data 31 ottobre 2007) tra le parti datoriali Confcommercio e Confetra, e le parti sindacali, il fondo ha lo scopo di finanziare la formazione continua dei dipendenti dei datori di lavoro aderenti al Fondo, che operano nel settore del terziario: a) commercio- turismo-servizi, b) logistica-spedizioni-trasporto. Al Fondo possono altresì aderire i datori di lavoro di altri settori economici.13
11 cit. art.1 Statuto dell’ente.
12 cit. art.1 Statuto dell’ente (Scopo)
13 cit. art.2 Statuto dell’ente (Scopi). E’ da tenere presente che la voce ”altri settori economici” interessava anche il ramo Assicurazioni e Banche, le cui prospettive di finanziamento sono affidate all’FBA (Fondo Banche Assicurazioni – Fondo paritetico Interprofessionale per la Formazione Continua nel settore del Credito e delle Assicurazioni)
- Fon.Ter (Fondo Paritetico Interprofessionale per la formazione continua del Terziario), approvato dall’accordo interconfederale sottoscritto tra Confesercenti e parti sindacali in data 22 luglio 2002. Ha lo scopo di promuovere e finanziare attività formative aziendali, territoriali e settoriali; sostiene e finanzia piani di formazione continua, promuove attività per la qualificazione e riqualificazione professionale dei lavoratori.
- Fondo EST (Fondo di assistenza sanitaria integrativa commercio turismo servizi ed affini), approvato dall’accordo interconfederale sottoscritto nel 2005 tra Confcommercio, Fipe e Fiavet e dai sindacati dei lavoratori Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e UilTucs-UIL. Ha lo scopo di garantire trattamenti di assistenza sanitaria integrativa ai lavoratori dell’intera categoria definita dal CCNL nazionale.
In questo lavoro verrà preso in considerazione anche il fondo interprofessionale Fondimpresa in quanto, non solo risulta ad oggi quello più influente nei finanziamenti all’industria manifatturiera e dei servizi ma anche tra il 2007 e il 2009, quello che ha lavorato molto con le piccole e micro imprese soprattutto attraverso l’impiego di piani formativi in Conto Formazione. Fondimpresa nasce dall’accordo tra Confidustria e le parti sindacali CGIL CISL UIL del 18 gennaio 2002, proponendosi di dare un corpo a quanto definito nella Legge n. 388/2000 attivata dalla legge finanziaria del 2001, dove si parla della costituzione dei fondi interprofessionali.
1.3.2. Gli Enti Bilaterali territoriali e decentrati nella Regione Veneto
Lo statuto nazionale di E.Bi.N.Ter prevede all’art. 5 SCOPI E FINALITA’ di istituire su scala territoriale di uno (o più) enti bilaterali specifico per ogni regione, e di una rete di enti più piccoli aventi riferimento provinciale e sede all’ASCOM di zona. Come afferma giustamente Giaccone (2008), tutti gli enti bilaterali decentrati si sono costituiti dallo stesso ceppo comune, ma non nello stesso periodo di tempo. Ogni ente possiede una storia peculiare basata
principalmente su accordi di prestazione e contribuzione, di casi particolari derivanti dalle aree di riferimento.
Il livello provinciale rappresenta da oltre 25 anni un’importante sede contrattuale tra i sindacati e le associazioni di rappresentanza del territorio, soprattutto perché è in questo livello di governance che si incontra la contrattazione di secondo livello.
L’EBV (Ente Bilaterale Veneto), costituitasi come associazione nel 1996 dall’accordo interconfederale tra Confesercenti e le parti sindacali è l’organizzazione bilaterale del terziario maggiore sul territorio del Veneto. Essa si rivolge a tutte quelle imprese del territorio Veneto che applicano i due CCNL del terziario, della distribuzione e dei servizi e del turismo.14
L’ente si articola per provincia (vedi Tav.1) in sotto-settori, generando altrettanti enti bilaterali, di cui si vedranno in questa sede esclusivamente le denominazioni. La controparte datoriale territoriale sono le agenzie provinciali ASCOM (Associazione Commercio, Turismo e Servizi) di Confcommercio.
Belluno | Ente Bilaterale Provincia di Belluno |
Padova | Ente Bilaterale Padova per il Terziario ed il Turismo Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx (O.B.T.A.) |
Rovigo | Ente Bilaterale Rovigo Terziario e Turismo (X.Xx. Ro Ente Bilaterale per lo sviluppo del terziario e del turismo polesano |
Treviso | Ente Bilaterale Treviso Commercio, Turismo e servizi (X.Xx.Xxx) |
Venezia | Ente Bilaterale Terziario Provincia di Venezia Ente Bilaterale Turismo Spiagge Venete ed Entroterra provincia di Venezia Ente Bilaterale Turismo dell’area veneziana (EBT Area Veneziana) |
Vicenza | Ente Bilaterale Vicenza per il Commercio e il Turismo |
Verona | Ente Bilaterale del Commercio e servizi Verona Ente Bilaterale del Turismo Veronese Ente Bilaterale Turismo Gardesano |
Tavola 1 – Gli Enti Bilaterali decentrati nel Veneto per provincia Provincia Enti Bilaterali Territoriali
Fonte: ricerche su siti specialistici
14 Giaccone (2008) intende l’EBV come un raggruppamento di regolazione della contrattazione decentrata su scala territoriale, che qualifica un’organizzazione preposta non solo alla gestione dei contratti, ma anche di un vero e proprio mercato del lavoro territoriale e di area.
Come si nota per ogni singola provincia sono presenti enti attualmente in funzione, che gestiscono le risorse del territorio in materia di commercio, distribuzione, servizi e turismo, ciascuno di essi in rappresentanza di aree specifiche del territorio: come il Polesine nel rodigino o il turismo sul Lago di Garda, nel veronese.
Secondo Xxxxxxxx (2008) la presenza di questi organismi sul territorio dipende dalla compresenza di due caratteri ben specifici: la prestazione e la contrattazione. Tra le prestazioni identifica anche la formazione professionale, partita dapprincipio in ottemperanza degli obblighi legislativi in materia di Contratti Formazione Lavoro (Cfl) e sicurezza, e sviluppatasi solo poi sul versante della Formazione Continua, anche grazie all’avvio dei Fondi Interprofessionali specifici di settore (nel caso del terziario, è possibile citare il fondo For.te, istituito nel 2003).
Tra le prestazioni che un ente bilaterale può fornire a livello decentrato la formazione è in cima alla lista delle priorità, se pur con qualche riserva gestionale che ora vedremo. Infatti, come afferma l’autore:
“L’importanza della formazione professionale è nota, specie nei sistemi di piccola e piccolissima [micro] impresa: il costo della formazione è particolarmente forte non tanto per una ragione di costi, quanto per le incertezze ad essa associati, data l’alta mobilità del lavoro in queste imprese, e per il forte impatto sul processo produttivo della sua assenza”15 .
La formazione costa quindi, ma non è il solo problema. Nel settore del terziario è frammentata e di difficile impiego, a causa della continua mobilità dei lavoratori del settore. Scrivono a questo proposito Xxxxxxxxx e Xxxxxx (2007) da uno studio comparato di cinque sistemi formativi in cinque diversi paesi europei, sulla sostanziale incapacità di generare un’offerta formativa stabile per lavoratori qualificati, in quanto gli imprenditori del settore hanno grosse difficoltà nel coordinare azioni virtuose per le proprie aziende nell’area della formazione. A questo proposito, l’ente bilaterale territoriale fungerebbe da “regolatore di rapporti”, rientrando nella compensazione dei costi ed offrendo quel coordinamento che manca alle piccole e piccolissime imprese del settore. Da
questa situazione, a partire da tempi recenti, gli Enti bilaterali hanno cominciato ad occuparsi a tempo pieno di formazione, investendo in un core business di difficile fallimento.
Come fa notare giustamente D’Xxxxx (2008), gli enti bilaterali in quanto organizzazioni, de facto “autonome” (almeno dal punto di vista gestionale e nell’offerta dei servizi) appartengono al territorio e alle sue risorse.
“La distribuzione delle risorse tra i vari livelli (nazionale, regionale e provinciale o comprensoriale) pone anche in questo caso problemi complessi e ancora non del tutto risolti, che fanno riferimento anche all’autonomia degli enti decentrati e al ruolo di coordinamento di quelli di livello superiore”16.
E’ difficile confutare questa ipotesi, che porta inevitabilmente a chiedersi, da una parte, in che misura l’operato autonomo degli Enti Bilaterali influenzi il territorio usufruendo delle sue risorse e, dall’altra, se questo uso è da considerarsi essenziale e le attività degli enti davvero strategiche, oppure se sono presenti dei surplus delle presenze sul territorio che sarebbe meglio arginare, piuttosto che favorire.
1.4. Alcune considerazioni
Contrattazione e bilateralità sono due fenomeni della stessa matrice socio- economica che, fino ad ora, sono andati di pari passo. Una prima considerazione che palesa dai dati e dalla letteratura a disposizione riguarda le differenze fra settori e territori. Prima di tutto, esiste un notevole “gap d’intesa” tra quanto viene affermato e siglato nella contrattazione nazionale (Testi Unici, Accordi) sull’importanza della formazione e l’effettiva declinazione a livello aziendale, quando cioè le rappresentanza sindacali si trovano a parlarne nelle realtà aziendali. Sarebbe necessario riaccendere l’impegno da entrambe le Parti Sociali ad inserire il dibattito sull’argomento nella contrattazione decentrata, cercando più soluzioni e investendo nuovamente sull’accrescimento delle competenze dei lavoratori. Per conseguire questo obiettivo ambizioso occorre però creare una piattaforma formativa condivisa che favorisca tutti i lavoratori, con livelli di istruzione diversi e diverse competenze acquisite nel corso della professione.
Capitolo 2. Normativa e bilateralità dei fondi interprofessionali del terziario
Ogni fondo interprofessionale si costituisce come un’associazione che gestisce piani e progetti formativi, e per questo abbisogna di una normativa interna che ne disciplini da un lato l’organizzazione (Statuto) e dall’altra il funzionamento (Regolamento). Entrambi i documenti ricostruiscono il clima disciplinare17 all’interno del quale opera un fondo, le regole cui si attengono e le procedure che seguono. I paragrafi seguenti vogliono essere uno sguardo sulla normativa esterna ed interna vigente, con lo scopo primario di mettere in luce tre argomentazioni:
1. le origini normative e gli accordi interconfederali tra le parti sociali dei fondi;
2. gli organi sociali e le competenze di governo dei fondi;
3. le strutture preposte alla gestione tecnica dei fondi;
Per rispondere ad esigenze comparative, lavorando nello specifico sui fondi interprofessionali che si occupano di servizi, i paragrafi che seguono tratteranno specificamente ciascun aspetto e l’ultimo chiarificherà quale somiglianze e differenze organizzative e funzionali esistono all’interno delle associazioni nella gestione della bilateralità.
2.1. Dalle origini legislative agli accordi interconfederali
Come è già stato più volte ripetuto, tutti i fondi paritetici interprofessionali per la formazione, inclusi quelli che si occupano specificamente di terziario, sono istituiti sulla base di accordi interconfederali, nella definizione di intese stipulate dalle parti sociali costituitesi in associazioni di rappresentanza di interessi economici, che rappresentano da una parte l’impresa e, dall’altra, il lavoratore dipendente. Com’è noto, questa “associazione di associazioni” ha subito nel nostro paese una lunga gestazione legislativa prima di vedere la luce in una – se pur parcellizzata - stabilità normativa.
17 Corbetta, 1999, 453
Il primo scambio di esperienze tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali italiane e francesi, precursori nell’attuazione di questo sistema formativo, si era già realizzato nel 1992; a quell’epoca in Francia esisteva per legge l’obbligo delle imprese ad investire una quota consistente del monte salari (1,5%) per la gestione di processi bilaterali necessari alla contrattazione dei salari, all’alternanza scuola- lavoro e alla concertazione sui fabbisogni formativi dei lavoratori impiegati nelle aziende. In quegli anni in Italia, sulla scia dell’esperienza francese, il sistema dei fondi è ancora nella sua fase embrionale. Nel testo della Legge n. 236 - “Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione” approvata nel 199318 si comincia a parlare sottovoce di “fondo per l’occupazione” (art.1), di “fondo per lo sviluppo” (art. 1 ter.) e di “interventi di formazione professionale” (art.9). In quest’ultimo articolo si specifica l’importanza della costituzione di forme decisionali paritetiche per lo sviluppo di professionalità a livello locale (comma 1):
“ […] l'approfondimento delle situazioni occupazionali locali e lo svolgimento di indagini mirate ai fabbisogni di professionalità, le regioni e le province autonome possono stipulare convenzioni con organismi paritetici istituiti in attuazione di accordi tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con il finanziamento a carico del Fondo […]” ;
e il coinvolgimento dell’allora Ministero del Lavoro e della rete di governance composta dagli altri enti pubblici, nell’erogazione di contributi economici e dei piani e progetti formativi da soggetti terzi (anche non pubblici), che abbiano come oggetto la questione della formazione professionale dei lavoratori dipendenti.
Successivamente è l’art. 17 “Riordino della formazione professionale” comma 1, lettera d della Legge n. 196 - “Norme in materia di promozione dell’occupazione” del 24 giugno 1997, conosciuta come il c.d. “Pacchetto
18 C’è chi ritiene che la legge derivi da un preciso accordo dello stesso periodo sul costo del lavoro siglato tra Governo e Parti sociali, il Protocollo del luglio 1993 “Sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo” nel quale già si prevede di «Finalizzare le risorse finanziarie derivanti dal prelievo dello 0,30% a carico delle imprese alla formazione continua».
Treu19”, ma dai più considerata una conferma della 236/1993, nella quale si parla della
“[…] Destinazione progressiva delle risorse [finanziarie, come disposto dalla Legge del 1993 e successive modificazioni], agli interventi di formazione dei lavoratori nell’ambito dei piani formativi aziendali o territoriali, concordati tra le parti sociali, con specifico riferimento alla formazione di lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, di lavoratori collocati in mobilità, di lavoratori disoccupati per i quali l’attività formativa è propedeutica all’assunzione; le risorse di cui alla presente lettera confluiranno in uno o più fondi nazionali, articolati regionalmente e territorialmente aventi configurazione giuridica di tipo privatistico e gestiti con partecipazione delle parti sociali; dovranno altresì essere definiti i meccanismi del fondo di rotazione”.
Dell’estratto citato mi sembra significativo annotare come la norma sia concepita come attuatrice di interventi che aiutino a gestire la flessibilità dei lavoratori, piuttosto che concentrarsi sull’assistenza previdenziale nel caso la stessa abbia dei ritorni in negativo. La formazione serve, si dice tra le righe, a riqualificare i lavoratori in mobilità, a generare continui rapporti e a negoziare continuamente le condizioni di occupabilità. Affinché una tale operazione riesca, le risorse finanziarie devono essere veicolate da enti privati e bilaterali che organizzino internamente la partecipazione di entrambe le rappresentanze delle Parti sociali, definendo come funzionano gli organi interni di gestione.
Tra il 1997 e il 2000 vengono discussi due Accordi. Il 22 dicembre del 1998, viene siglato un Accordo di concertazione nazionale denominato “Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione”20, nel quale si dice (Allegato 4) che il
19 Il Pacchetto Treu, voluto dal Sen. Xxxxxxx Xxxx, un giurista che è stato più volte ministro della repubblica, eletto nella XIII Legislatura (Governo Dini), ha apportato numerose modifiche al mercato del lavoro in quanto la Legge che porta il suo nome contiene disposizioni che regolano alcuni istituti, tra cui apprendistato, tirocini e lavoro interinale (fino a quel momento vietato dalla Legge 1360 del 1960): getta, de facto, le fondamenta della “flessibilità” sul lavoro nella contrattazione sociale tra datori e dipendenti.
20 La verbalizzazione d’intesa di questo accordo, siglato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla presenza dell’On. Xxxxxxx x’Xxxxx, con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx e le Parti sociali, tra cui l’allora Segretario Generale della CGIL Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxx. Il testo completo è reperibile al sito internet: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxx_xxxxxxxxx_xxx_xxxxxxxx/xxxxxxxxx_xxxx/xxxxxxxxx/xxxxx_xxxxxxx_0 9981222.htm
Governo in carica si impegna alla “[…] rapida costituzione del Fondo interprofessionale per la formazione continua, secondo le modalità definite dal Regolamento di attuazione della Legge del 1997”, specificando che si tratta di uno strumento per l’occupabilità dei lavoratori dipendenti inquadrati all’interno dell’azienda come Operai, Impiegati, Quadri e Dirigenti, Soci lavoratori delle imprese cooperative. In questa maniera, si definiscono i destinatari dei piani e dei progetti formativi finanziati dai fondi.
Ma è la Legge n. 388 - “Interventi in materia di formazione professionale nonché disposizioni in materia di attività svolte in fondi comunitari e di Fondo sociale europeo”, del 23 dicembre 2000 che finalmente sblocca le risorse21 già stanziate dalla precedente Legge n. 144 del 17 maggio 1999 - “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”, favorevole alla formazione continua soprattutto all’art. 66 (Integrazione del Fondo per l’occupazione e interventi i materia di formazione continua). Le risorse finanziarie, si legge all’art. 118 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (già Legge finanziaria 2001), comma 1 sono finalizzate a:
“[…] promuovere […] lo sviluppo della formazione professionale continua, in un'ottica di competitività delle imprese e di garanzia di occupabilità dei lavoratori, possono essere istituiti, per ciascuno dei settori economici dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e dell'artigianato, fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, nel presente articolo denominati "fondi". Gli accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale possono prevedere la istituzione di fondi anche per settori diversi [da quelli citati22]”;
specificando che i fondi sono uno strumento di competitività delle imprese e di
occupabilità dei lavoratori e che gli accordi sono validi se i fondi sono subordinati
21 Con la valuta di allora le risorse ammontano a 200 miliardi di lire. L’ammontare della spesa autorizzata a decorrere dall’anno 1999 è il gettito dei contributi fiscali di cui si parla nel Decreto Legge del 20 maggio 1993.
22 Corsivo mio.
alle direttive del Ministero del Lavoro tramite una “verifica di conformità” (comma 2), una costante “vigilanza sulla gestione” (sempre comma 2) e un “versamento del contributo integrativo” del datore di lavoro (comma 3) all’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale. Quest’ultimo, provvederà bimestralmente a trasferire quel contributo al fondo cui l’impresa aderisce.
Successivamente va indicata la Legge n. 289 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” del 27 dicembre 2002 che, nel corso del 2003 già Legge finanziaria che, insieme alla Circolare INPS
n.71 del 2 aprile intitolata “Articolo 118 della legge 19.12.20000, n.388. Istituzione ed attivazione dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua. Modalità adesione”, al Decreto Interministeriale del 23 aprile, intitolato “Definizione dei criteri di riparto delle risorse di cui all’art. 118, commi 10 e 12, lettera b), della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Fondi interprofessionali per la formazione continua” e, infine, della Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.36 del 18 novembre 2003 “Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua. Criteri e modalità per la gestione delle risorse finanziarie di cui ai commi 10 e 12, lettera b) dell’art. 118 della legge 23 dicembre 2000, n.388 (legge finanziaria 2001), e successive modificazioni”, finisce la fase transitoria di avvio normativo dei fondi paritetici con somma gioia degli addetti ai lavori.
Nello specifico, il comma 1 dell’art. 48 della finanziaria 2003 introduce tre novità di rilievo per l’effettiva configurazione dei fonti:
▪ agevolando la formazione continua anche dei dirigenti, proponibile anche in sezioni riservate dei fondi in questione;
▪ finanziando sia i piani formativi a carattere “individuale” sia quelli a concordati tra le parti;
▪ avvalorando le attività dei fondi interprofessionali con quelle delle regioni e delle province autonome, stabilendo come i relativi piani debbano tenere conto delle programmazioni delle amministrazioni locali.
Nel comma 2 del medesimo articolo, viene ulteriormente ribadita l’autorizzazione ministeriale per l’attivazione dei fondi rafforzando il ruolo del Dicastero del Lavoro e delle Politiche Sociali sui compiti di vigilanza, funzione strategica, monitoraggio sulla gestione dei fondi. Nel comma 3 si fissa la data del 30 giugno 2003 per le adesioni ai fondi da parte delle imprese con il contributo integrativo all’INPS. In base alla Circolare INPS n. 71, si definiscono delle modalità burocratiche che i rappresentanti delle aziende debbono seguire per aderire al fondo. Al punto 6 si precisa che il datore può aderire a un unico fondo per tutti i dipendenti soggetti alla medesima disciplina contrattuale e che l’adesione può avvenire anche verso un fondo rivolto ad settore diverso da quello di appartenenza. Nella pratica, per aderire, l’impresa dovrà inserire nell’apposito modello DM10/2 la dicitura “adesione fondo”, specificando il codice di adesione (uno per fondo) e segnalando il numero dei dipendenti in forza.
Sul Decreto Interministeriale del 23 aprile si legge all’art. 1 che la ripartizione delle risorse finanziarie avvenga tramite «il criterio del numero dei dipendenti delle impresa associate alle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro proponenti i Fondi»; un sistema di classificazione che, come si avrà modo di vedere più avanti nel lavoro, viene usata per analizzare le attività dei fondi: la classe dimensionale.
Il Decreto Direttoriale n. 148 del 24 giugno 2003, ripartisce lo stanziamento di risorse finanziarie per lo start-up degli otto fondi già costituiti ed autorizzati. La dotazione di partenza di 96 milioni di euro veniva liquidata in tre tranche, definite dall’art. 3 del decreto: il 20% su richiesta del fondo interessato; il 40% a seguito della presentazione di un Piano Operativo di Attività (POA); il 20% rimanente liquidato sulla base della dichiarazione del legale rappresentante del fondo riguardo alla spesa del 70% sul totale delle anticipazioni percepite, e la presentazione da parte dello stesso di un Rapporto di esecuzione sulle attività realizzate.
Ma è specialmente con la Circolare Ministeriale n. 36 del 18 novembre del 2003 che gli strumenti fin qui concepiti, di cui si possono avvalere i fondi per ricevere i finanziamenti, trovano opportuna regolamentazione.
I Piani Operativi di Attività (POA), devono essere predisposti e trasmessi entro 30 giorni dalla pubblicazione della Circolare sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e alle Regioni o Province autonome affinché ne possano tenere conto nelle rispettive programmazioni pluriennali.
I piani devono descrivere:
- gli obiettivi generali e specifici,
- la descrizione di imprese e lavoratori che intendono rappresentare,
- le attività da realizzare per raggiungere gli obiettivi,
- il piano finanziario con la ripartizione delle spese (gestionali e propedeutiche),
- le regole di individuazione degli organismi che realizzeranno concretamente le attività (corsi) stabilite dai piani formativi presentati,
- il modello organizzativo (con le eventuali articolazioni regionali o territoriali)
- le procedure seguite per la candidatura, selezione e sovvenzionamento degli enti accreditati a cui è demandata la gestione dei piani.
Le spese ammissibili sono di carattere gestionale, propedeutico e dirette. Le prime riguardano l’organizzazione del fondo e la gestione, tra cui anche le articolazioni territoriali. Le seconde, propedeutiche, si riferiscono agli investimenti in informazione e pubblicità per la promozione delle opportunità. Le spese dirette riguardano il costo di realizzo dei Piani formativi, sostenute direttamente dalla imprese aderenti e/o da organismi accreditati. Rientrano nel budget di spesa: la progettazione, il personale docente, la formazione, l’orientamento e la selezione dei partecipanti, le spese degli allievi, il monitoraggio, ed il funzionamento di gestione.
La Circolare, entrata in vigore il 15 gennaio 2004, sembrava rappresentare, nella sostanza, l’approccio normativo della fase di transizione nella costituzione dei fondi. Cosa che non è accaduta, in quanto vengono citati i fondi interprofessionali anche nell’art. 1 della Legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (già Legge Finanziaria
2005), in cui si apportano delle modifiche alla stessa Circolare MLPS n. 36 sulle modalità di adesione ai fondi, le tempistiche e il trasferimento delle risorse finanziarie, come si legge nel seguente passaggio:
« I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, all’INPS, che provvede a trasferirlo, per intero, una volta dedotti i meri costi amministrativi, al fondo indicato dal datore di lavoro. L’adesione ai fondi è fissata entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetti dal 1º gennaio successivo; le successive adesioni o disdette avranno effetto dal 1º gennaio di ogni anno. L’INPS, entro il 31 gennaio di ogni anno, a decorrere dal 2005, comunica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e ai fondi la previsione, sulla base delle adesioni pervenute, del gettito del contributo integrativo, di cui all’articolo 25 della legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, relativo ai datori di lavoro aderenti ai fondi stessi nonché di quello relativo agli altri datori di lavoro, obbligati al versamento di detto contributo, destinato al Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo (FSE), di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Lo stesso Istituto provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi interprofessionali e di trasferimento delle risorse agli stessi mediante acconti bimestrali nonché a fornire, tempestivamente e con regolarità, ai fondi stessi, tutte le informazioni relative alle imprese aderenti e ai contributi integrativi da esse versati. Al fine di assicurare continuità nel perseguimento delle finalità istituzionali del Fondo per la formazione professionale e per l’accesso al FSE, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, rimane fermo quanto previsto dal secondo periodo del comma 2 dell’ articolo 66 della legge 17 maggio 1999, n. 144».
Successivamente, dalla normativa transizionale sulla costituzione dei fondi, la macchina amministrativa ha continuato a produrre accordi e leggi di scambio di sapore più recente, una volta rodato e sistemato il sistema formativo paritetico a livello nazionale.
A livello regionale/territoriale, è da segnalare l'accordo sulla Formazione continua siglato in Veneto tra la Regione e le Parti Sociali, che, in coerenza con l'Accordo del 17 aprile 2006 tra Parti Sociali, Regioni e Ministero del lavoro, istituisce un Osservatorio regionale permanente per l'indirizzo, l'integrazione,il monitoraggio e
la valutazione del sistema regionale di formazione continua23. Nel documento sottoscritto si legge della volontà politica di collegare la formazione continua avviata dai fondi interprofessionali con la “nuova programmazione sui fondi strutturali”, ovvero il Programma Operativo Regionale Obiettivo “Competitività Regionale Occupazione 2007-2013” parte del FESR (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale) e del FSE (Fondo Sociale Europeo)
Nello specifico, si legge al punto 1) come sia necessario: “individuare forme di coordinamento tra Regione, Parti Sociali e Fondi Paritetici Interprofessionali, finalizzate alla strutturazione di un’offerta formativa adeguata all’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e allo sviluppo della competitività del sistema economico e che, in un quadro di complementarità e non sovrapposizione tra azioni e risorse, garantiscano la valorizzazione delle diverse filiere (Fondi Strutturali, Legge 236/93, Legge 53/00, Fondi regionali, e Fondi Paritetici Interprofessionali)” legate al sistema economico regionale, alle professionalità già presenti all’interno delle imprese, al fine di favorire le categorie svantaggiate e le opportunità di accesso alla formazione. Al punto 2) si mette particolare enfasi all’integrazione dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle attività formative e si ribadisce, anche in merito a questo, nel punto 3) l’utilità per ciascun fondo di avere referenti territoriali adibiti a tale scopo. L’istituzione di un Osservatorio sulla Formazione a carattere regionale è il punto 4) dell’accordo, con funzione di: orientamento, integrazione, condivisione di strumenti operativi, ricerca e promozione delle attività dei fondi sul territorio.
Nel 2009 è stata varata la Legge n.2 del 28 gennaio 2009 (Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-legge del 29 novembre 2008, n. 185) recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (G.U. n. 22 del 28 gennaio 2009), nel cui comma 7 dell’art. 19 si legge che:
23 L’accordo tra Regione Veneto e Parti Sociali regionali per il coordinamento della programmazione delle attività finalizzate al sostegno della formazione continua è sottoscritto dai rappresentanti dei seguenti enti ed associazioni di rappresentanza degli interessi economici: Regione Veneto, Confindustria Veneto F.I.V., Confapi Veneto, Federmanager Veneto, CNA (Confederazione Nazionale Artigiani), Confartigianato del Veneto – Federazione Regionale Artigiani del Veneto (F.R.A.V.), Federclaai Veneto, Confcommercio Veneto, Confesercenti Veneto, ConfProfessioni Veneto, Confcooperative Veneto, Lega cooperative Veneto, Confsal Veneto, A.G.C.I. Veneto, C.G.I.L. Veneto, C.I.S.L. Veneto, U.I.L. Veneto.
«[…] I fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre2000, n.388,e successive modificazioni, e i fondi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, possono destinare interventi, anche in deroga alle disposizioni vigenti, per misure temporanee ed eccezionali anche di sostegno al reddito per l'anno 2009, volte alla tutela dei lavoratori, anche con contratti di apprendistato o a progetto, a rischio di perdita del posto di lavoro ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008.»
Una sorta di ammortizzatore sociale in deroga, di carattere mutualistico e privato, in cui valore dipende dalle decisioni prese dall’accordo stipulato tra le Parti Sociali e la destinazione dei finanziamenti da “misure anti crisi”. Restando in tema sull’evoluzione mutualistica dei fondi interprofessionali, l’ultimo nato è l’Accordo stipulato tra Governo e Regioni del 12 febbraio 2009, di cui si legge un Commento pubblicato sul sito internet della CGIL Nazionale del 17 febbraio, che con questo si modifica l’attività dei fondi interprofessionali da “sostegno al reddito” dei lavoratori, ad ammortizzatore in deroga, sostenendo al punto 8, comma a) la posizione del Dipartimento Politiche dell’Organizzazione della Confederazione:
«Al riguardo, credo si debba verificare la disponibilità alla sinergia tra sostegno al reddito e attività di formazione, secondo quanto già detto sopra; invece non può esserci, per evidenti ragioni statutarie ma soprattutto perché non può essere chiesto ai fondi di supplire alle carenze dell’impegno pubblico, un intervento dei fondi sotto forma di ammortizzatore in deroga. In conclusione, vale la pena di ricordare come su tutta la materia sia pendente l’emanazione del decreto ministeriale previsto dal comma 3 dell’articolo 19. Ma ciò non dovrà distogliere la nostra iniziativa dal rivendicare, anche ricorrendo alle mobilitazioni già in essere in alcune Regioni, la immediata messa a disposizione, da parte del Governo e delle Regioni, delle misure necessarie per contrastare l’espulsione di migliaia di lavoratori dal lavoro. Osservazioni più dettagliate seguiranno riguardo alle modalità di copertura degli apprendisti e dei lavoratori in somministrazione. »24
24 Rif. alla pagina web: xxxx://xxx.xxxx.xx/XxxxxxxxxXxxxxxxxx.xxxx?XXx00000
Al momento, non essendoci ulteriori indicazioni normative in merito ai fondi interprofessionali, direi che è possibile individuare tre fasi principali per una visione d’insieme del lungo percorso normativo dei fondi interprofessionali:
1. una fase di assestamento tra il 1993 e il 1999;
2. una fase di elaborazione normativa e di definizione tra il 2000 e il 2003, in cui viene “conclusa” ;
3. una fase di attuazione e di modifica tra il 2003 e il 2009, dove i fondi cominciano ad assumersi oneri di tipo più assistenziale che di investimento.
Riguardi agli Accordi Interconfederali, previsti dall’art.118, Legge Finanziaria n. 388 del 23 dicembre 2000 e successive modificazioni al cui comma 1 si legge:
«Gli accordi interconfederali [sono] stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale possono prevedere la istituzione di fondi anche per settori diversi. Il fondo relativo ai dirigenti può essere istituito con accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei dirigenti comparativamente più rappresentative. I fondi finanziano piani formativi aziendali, territoriali o settoriali concordati tra le parti sociali, nella misura del 100 per cento del progetto nelle aree depresse di cui all'obiettivo 1 del regolamento (CE)
n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999 e nella misura del 50 per cento nelle altre aree. Ai fondi afferiscono, progressivamente e secondo le disposizioni di cui al presente articolo, le risorse derivanti dal gettito del contributo integrativo stabilito dall'articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, relative ai datori di lavoro che aderiscono a ciascun fondo.»
Per ciò che concerne i fondi interprofessionali presi in considerazione, l’oggetto dell’Accordo interconfederale è riassumibile nello schema che segue, il quale considera anche i soggetti promotori e le eventuali modifiche approntate sugli Statuti o documenti interni del Fondo.
Fondi del Xxxxxxxxx | Xxxxxxxx promotori, accordi e modifiche degli accordi |
Fon.ter Fondo per la formazione continua nel terziario | Confesercenti, CGIL, CISL, UIL. Accordo interconfederale 22 luglio 2002 |
Fondimpresa Fondo per la formazione continua delle imprese associate a Confindustria | Confindustria, CGIL, CISL, UIL. Accordo interconfederale 18 gennaio 2002 Modifica allo Statuto in data 19 aprile 2006 |
For.te Fondo per la formazione continua nel terziario | Confcommercio, Xxx, Ania, Confetra, CGIL, CISL, UIL. Accordo interconfederale 25 luglio 2001 Modifica dell’accordo interconfederale del 31 ottobre 2007 |
2.2. La struttura interna dei fondi: gli organi dei rappresentanza politica
I fondi hanno una struttura articolata su base territoriale: oltre a quella interna operativa, ne segue una composta di articolazioni regionali. In questo paragrafo farò riferimento alla loro struttura proponendo una ricognizione sugli Organi Sociali e sul sistema di funzionamento, dettato dal regolamento interno degli stessi.
Gli Organi Sociali che compongono i fondi realizzano gli scopi e le finalità previste dalla normativa interna. La Tav. 2 riporta gli estratti delle norme relative agli scopi generali che ogni fondo prevede di realizzare in materia di formazione.
Tavola 2 – Articoli dallo Statuto dei Fondi interprofessionali
Fondi del Terziario Scopi e finalità (articoli dallo Statuto)
Fon.ter
Fondo per la formazione continua nel terziario
Art.2
▪ Promuovere la qualificazione professionale
▪ Promuovere lo sviluppo occupazionale
▪ Sostenere la competitività imprenditoriale nell’ambito dei CCNL sottoscritti
▪ Finanziare piani formativi aziendali, territoriali o settoriali
Fondimpresa
Fondo per la formazione continua delle imprese associate a Confindustria
Art.2
▪ Finanziare piani formativi aziendali (anche individuali), territoriali e settoriali compresi quelli in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro
▪ Promuovere il criterio di redistribuzione alle aziende aderenti delle risorse versate dalle medesime e ad essa trasferite dall’INPS
▪ Promuovere ogni attività necessaria allo sviluppo della formazione professionale in coerenza con i compiti istituzionali
For.te
Fondo per la formazione continua nel terziario
Art.2
▪ Promuovere la qualificazione professionale
▪ Promuovere lo sviluppo occupazionale
▪ Sostenere la competitività imprenditoriale nell’ambito dei CCNL sottoscritti
Fonte: Statuto Fon.ter, Fondimpresa e For.te
Fon.ter
La struttura interna di Fon.ter è composta da 4 organi principali: l’Assemblea, il Consiglio di Amministrazione, il Presidente e il Vice-Presidente ed il Collegio dei Revisori dei Conti.
L’Assemblea (art.7) è composta in maniera paritetica da 24 membri di cui 12 in rappresentanza di Confesercenti e altri 12 in rappresentanza delle parti sindacali CGIL, CISL e UIL. La durata in carica è di quattro anni, durante i quali è possibile la dimissione, la sostituzione o il rinnovo dei membri con comunicazione scritta al Presidente del Fondo. L’assemblea possiede compiti
deliberativi: nomina i membri del Consiglio di amministrazione e i membri del Collegio dei Revisori dei Conti. Delibera inoltre sulle linee guida per l’attuazione degli scopi dell’Associazione, sul compenso degli amministratori e dei Revisori dei Conti, approva le modifiche ai documenti normativi aziendali (Statuto e Regolamento) e i bilanci consuntivi e preventivi redatti dal Consiglio di Amministrazione. L’organo si riunisce in via ordinaria due volte all’anno o in via straordinaria ogni qual volta sia richiesto da almeno due terzi dei membri dell’Assemblea, dal Presidente o dal vice, oppure dal Collegio dei Revisori dei Conti. Perché le adunanze dell’assemblea siano considerate valide, sono necessarie le firme di almeno sei membri della Confesercenti e di due membri per ciascuna delle rappresentanze sindacali.
Il Consiglio di amministrazione (art.8) prevede 12 membri, ripartiti equamente tra rappresentanza datoriale e rappresentanza sindacale. I membri nominati dall’Assemblea hanno carica quadriennale e possono essere riconfermati più volte: l’avvicendamento viene proposto dall’organo assembleare, che ne propone i membri sostituti. Al Consiglio spettano poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione per il raggiungimento degli scopo prefissi dal fondo. Nello specifico, il Consiglio attua tutti gli indirizzi dell’Assemblea vigilando sul funzionamento dei servizi tecnici ed amministrativi ed altresì sul funzionamento in itinere delle iniziative promosse dal fondo, approvando tutti i costi di amministrazione e di funzionamento. Il Consiglio elabora i bilanci del fondo, siano essi preventivi e consuntivi i quali verranno posti all’attenzione dell’Assemblea che procederà alla loro vidimazione. Vengono affidate al Consiglio anche la divisione del lavoro sociale sui compiti da svolgere e il trattamento economico dei dipendenti del fondo, deliberando sull’assunzione e sul licenziamento del personale necessario a ricoprire i ruoli interni al fondo. L’organo ha il potere di modificare lo Statuto ed il Regolamento di Fon.ter, approvare tutte le procedure di valutazione inerenti i tempi di erogazione dei finanziamenti, le modalità di rendiconto dei piani ed i progetti formativi. Infine, è importante la sua funzione di nomina di due Comitati di Comparto, di carattere tecnico – scientifico, istituiti per dibattere e deliberare sul settore del Commercio e del Turismo.
La figura del Presidente e del suo Vice, sono disciplinati dall’art.9 dello Statuto. Come gli altri organi, la carica ha durata quadriennale. La sua figura prevede principalmente la legale rappresentanza del fondo; a questo proposito, promuove le convocazioni sia ordinarie che straordinarie dell’Assemblea, presiede tutti i Consigli di Amministrazione, dando esecuzione alle delibere degli organi previsti da Statuto. In caso d’emergenza, l’organo può assumere tutti i poteri del Consiglio di Amministrazione qualora quest’ultimo approvi entro 30 giorni dall’adozione dei provvedimenti d’urgenza.
L’ultimo, ma non meno importante, organo sociale è il Collegio dei Revisori dei Conti (art.11). La sua composizione è ridotta a 3 membri effettivi: 1 designato da Confesercenti, 1 designato dai sindacati dei lavoratori e il terzo con funzione di presidenza del Collegio, nominato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con funzioni di garanzia. I Revisori dei Conti svolgono funzioni e doveri rispondenti agli articoli 2403, 2404, 2407 del Codice Civile: riferiscono all’Assemblea di eventuali irregolarità riscontrate nell’esercizio delle funzioni, esaminare i bilanci consuntivi per controllare la corrispondenza delle voci relative alle scritture dei registri contabili. Il Collegio si riunisce con cadenza trimestrale oppure ogni qual volta il Presidente lo ritenga opportuno o uno dei Revisori ne faccia espressa richiesta.
Fondimpresa
La struttura interna di Fondimpresa è composta da 5 organi: il Comitato di indirizzo strategico dei soci, l’Assemblea, il Consiglio di Amministrazione, il Presidente e il Vice-Presidente ed Xxxxxxxx Xxxxxxxxx.
Il Comitato di indirizzo strategico dei soci (art.8) è composto in maniera paritetica da 3 rappresentanti di Confindustria (il Presidente e due Vice-presidenti pro- tempore) e 1 membro per ciascuna delle rappresentanze dei lavoratori nella forma di Segretari Generali pro-tempore. Le funzioni che spettano al Comitato sono puramente di indirizzo: definire le linee strategiche e quali sono le priorità nelle attività annuali; nominare, sostituire e revocare il Consiglio di Amministrazione e deliberare sull’adesione di altri soci. L’organo ha l’obbligo di deliberare all’unanimità dei presenti alle riunioni.
L’Assemblea (art.9) è composta da 6 rappresentanti delle parti sociali: 3 membri per Confindustria e 1 membro per ciascuna delle rappresentanze sindacali CGIL, CISL e UIL. Le riunioni sono convocate dal Consiglio di Amministrazione anche fuori dalla sede sociale purché avvengano in Italia o all’interno dell’Unione Europea, e sono presiedute dal Presidente e i membri in caso di assenza possono delegare in forma scritta qualche altro componente facente funzione. Spetta all’Assemblea l’approvazione dei bilanci (consultivo e preventivo), nominare un incaricato al controllo contabile, modificare lo Statuto e il relativo Regolamento su proposta del Comitato di indirizzo strategico dei soci e, infine, nominare, sostituire o revocare il Collegio Sindacale.
Anche il terzo organo sociale, il Consiglio di Amministrazione, è composto in via paritetica da 6 membri (art.10) di cui 3 designati da Confindustria ed 1 designato rispettivamente dalle rappresentanze sindacali. La durata in carica dei membri è triennale, con possibilità di ri-eleggibilità per le successive due volte. La sua convocazione ordinaria avviene presso la sede sociale almeno tre volte all’anno e può essere convocato straordinariamente quando almeno un terzo dei componenti del Consiglio e due membri del Collegio Sindacale ne faccia richiesta, con opportuna indicazione degli argomenti da trattare. Il Consiglio annovera compiti di “indirizzo operativo” sulla programmazione di tutte le attività dell’associazione, nonché di vigilanza su tutte le iniziative promosse. Le delibere perciò hanno come oggetto: le scelte programmatiche annuali; l’approvazione del modello organizzativo e il relativo organigramma; l’approvazione dei regolamenti interni ed eventuali modifiche; la ripartizione annuale delle risorse finanziare fra la copertura dei costi di amministrazione e il funzionamento dell’Associazione; la nomina del Presidente e del Direttore Generale e la definizione dei compiti, delle responsabilità e del compenso; la predisposizione dei bilanci preventivi e consuntivi.
Il Presidente ed il Vice-presidente è l’organo disciplinato dall’art.12 e si occupa della rappresentanza dell’Associazione di fronte a terzi esterni all’organico. Viene nominato dal Consiglio di Amministrazione e resta in carica 3 anni. Egli convoca le riunioni del Comitato di indirizzo strategico dei soci, convoca e presiede le riunioni dell’Assemblea e le riunioni del Consiglio di Amministrazione. In qualità
di garante dello Statuto, dà esecuzione alle delibere degli organi previsti dalla normativa interna e propone al Consiglio di Amministrazione il Direttore Generale, scelto attraverso criteri di comprovata esperienza professionale nelle materie oggetto dell’Associazione. Egli è inoltre referente al Comitato sulle attività del Consiglio di Amministrazione e sovrintende tutta l’attività svolta dal Direttore Generale.
Il Collegio Sindacale (art.13) viene nominato dall’Assemblea ed è composto da 3 membri effettivi e 2 supplenti che sono detti Sindaci. La ripartizione è la seguente: a Confindustria spetta 1 membro effettivo e 1 supplente; alle rappresentanze sindacali spettano 1 effettivo e 1 supplente e un terzo membro, a cui spetta la funzione di Presidente è nominato direttamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. I componenti del Collegio sono in sostanza dei Revisori dei Conti e, perciò, devono essere iscritti all’Albo della categoria professionale ed adempiere alle funzioni stabilite dagli articoli 2403, 2403bis, 2404 3 2407 del Codice Civile. La loro durata in carica è di tre anni, con possibilità di riconferma per altre due volte. Si riuniscono in via ordinaria con cadenza trimestrale, oppure in via straordinaria ogni qual volta il Presidente del Collegio lo ritenga opportuno o uno solo dei Sindaci ne faccia richiesta.
For.te
La struttura interna di For.te è identica a quella del fondo Fon.ter. Si compone di quattro organi sociali: l’Assemblea, il Consiglio di amministrazione, il Presidente e Vice-presidente e il Collegio dei Revisori dei Conti.
L’Assemblea (art.7) è composta pariteticamente da 36 membri, 18 in rappresentanza delle 4 associazioni datoriali e 18 in rappresentanza dei tre sindacati, così ripartiti: 14 sono destinati a Confcommercio, 4 a Confetra e 6 membri per ogni rappresentanza dei lavoratori. L’organo resta in carica quattro anni e nell’arco di questo tempo i suoi membri possono essere sostituiti. Si riunisce ordinariamente con cadenza biennale, fatte salvo le richieste di riunione straordinaria indette da almeno i due terzi dei membri dell’Assemblea. I compiti dell’Assemblea riguardano le nomine dei direttivi degli organi, definire le linee guida per l’attuazione degli scopi prefissati dall’Associazione e deliberare sulle
retribuzioni di amministratori e membri di organi funzionali. Inoltre, l’Assemblea delibera su eventuali modifiche a Statuto e Regolamento su proposta del Consiglio di Amministrazione, ma solo una volta sentito il parere dei fondatori del fondo; approva bilanci consuntivi e preventivi redatti dal Consiglio; delibera sul modello organizzativo del fondo e su eventuali modifiche e/o sostituzioni dei componenti dell’Assemblea.
Il Consiglio di Amministrazione (art.8) è costituito da 18 membri complessivi, ripartiti così: 7 dalla Confcommercio, 2 dalla Confetra, 3 dalla CGIL, 3 dalla CISL e altri 3 dalla UIL. I componenti vengono nominati dall’Assemblea, con la maggioranza assoluta dei sui membri e durano in carica quattro anni con possibilità di riconferma, come di sostituzione. Il Consiglio ha competenze nell’ordinaria e straordinaria amministrazione per il raggiungimento degli scopi. Tra i compiti svolti, sono di particolare importanza: l’attuazione degli indirizzi formulati dall’Assemblea, vigilare sullo svolgimento dei servizi amministrativi e tecnici e sulle iniziative poste in essere, deliberare sui costi di amministrazione, redigere i bilanci preventivi e consuntivi che verranno successivamente approvati dall’Assemblea, regolare i rapporti di lavoro con il personale di Fon.ter specificamente in materia di retribuzione (sulla base anche del bilancio preventivo), assunzioni e licenziamenti, nomina e/o revoca del Direttore. Inoltre, il Consiglio predispone eventuali modifiche allo Statuto e al Regolamento del fondo e definisce la regolamentazione generale delle procedure che riguardano la valutazione, i tempi e l’assegnazione delle risorse finanziarie per i piani formativi. Tra le competenze, esso annovera altresì: deliberazioni sui piani da finanziare in accordo con il Comitato di comparto relativo alla materia trattata, esaminare i ricorsi inoltrati dai soggetti a cui non è stato concesso l’autorizzazione al finanziamento, avanzare l’approvazione di nuove proposte di finanziamento all’Assemblea, derivanti anche da consulenze di esperti esterni al fondo.
Il Presidente ed il Vice-presidente (art.9) durano in carica un quadriennio e le cariche vengono assegnate separatamente dalle Associazioni datoriali, per il primo, e dalle rappresentanze sindacali, per il secondo. L’organo ha funzione di rappresentanza legale del fondo; si adopera per promuovere le convocazioni ordinarie e straordinarie di Assemblea e Consiglio d’Amministrazione, presiede le
riunioni del Consiglio e da esecuzione alle delibere degli organi previsti dallo Statuto.
Il Collegio dei Revisori dei Conti (art.12) è composto da tre membri effettivi: il primo designato dalle quattro associazioni datoriali, il secondo dalle tre organizzazioni sindacali e il terzo, con funzione di Presidente e garante della bilateralità, designato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. I componenti del Collegio sono dei Revisori contabili e per questo devono essere iscritti all’Albo professionale corrispondente, ed adempiere alle disposizioni di legge disciplinate dal Codice Civile già viste in precedenza. Il Collegio si riunisce ordinariamente ogni trimestre per esaminare i bilanci consuntivi di For.te sulle relative voci contabili, oppure qualora il Presidente del Collegio lo ritenga opportuno o quando uno solo dei Revisori ne faccia espressa richiesta.
Tavola 3 – La bilateralità degli organi interni ai fondi interprofessionali Fon.ter,
Fondimpresa e For.te
Fondi del Terziario | Organi sociali bilaterali (da Statuto) | Membri previsti (da Statuto) per parte sociale e descrizione | |
Associazioni imprese | Associazioni Lavoratori | ||
Fon.ter | Assemblea | Confesercenti: 12 | Cgil, Cisl, Uil : 12 |
Fondo per la | |||
formazione continua nel terziario | Consiglio di Amministrazione | Confesercenti: 6 | Cgil, Cisl, Uil: 6 |
Presidente e Vice- Presidente | Art. 9 Non paritetico | Art. 9 Non paritetico | |
Collegio dei Revisori dei Conti | Confesercenti: 1 | Cgil, Cisl, Uil: 1 Ministero del Lavoro +1 (Controllo) | |
Fondimpresa Fondo per la formazione | Comitato di indirizzo strategico dei soci | Confindustria: 3 [1 Presidente 2 Vice-presidenti] | Cgil, Cisl, Uil: 3 [Segretari generali] |
continua delle | |||
imprese associate a Confindustria | Assemblea | Confindustria: 3 | Cgil, Cisl, Uil: 3 |
Consiglio di Amministrazione | Confindustria: 3 | Cgil, Cisl, Uil: 3 | |
Presidente e Vice- Presidente | Art. 12 Non paritetico | Art.12 Non paritetico | |
Cgil, Cisl, Uil | |||
1 membro effettivo | |||
Confindustria | 1 membro supplente | ||
Collegio Sindacale | 1 membro effettivo 1 membro supplente | [Sindaci] | |
[Sindaci] | Ministero del Lavoro | ||
+ 1 [Presidente] | |||
For.te Fondo per la formazione | Assemblea | Confcommercio: 14 Confetta: 4 | Cgil, Cisl, Uil: 18 (6 cad.) |
continua nel terziario | Consiglio di Amministrazione | Confcommercio: 7 Confetra: : 2 | Cgil, Cisl, Uil: 9 (3 cad.) |
Presidente e Vice- Presidente | Art. 9 Non paritetico | Art. 9 Non paritetico | |
Collegio dei Revisori dei Conti | Confcommercio, Confetra, Xxx, Ania: 1 | Cgil, Cisl, Uil: 1 Ministero del Lavoro + 1 [Presidente] |
[Fonte: Statuti e regolamenti dei fondi]
2.3. La struttura tecnico-funzionale dei fondi
Quella rappresentanza che potremmo definire “tecnica sulle funzioni” che vengono esplicitate all’interno dei fondi, e che riguardano attività amministrative, contabili – finanziarie e progettuali gestionali fanno capo solitamente ad un Direttore (affiancato da Vice) e ad un generico Gruppo Tecnico - chiamato diversamente a seconda del contesto - cui viene affidato l’esame definitivo dei piani formativi per verificarne il possibile (o meno) accesso ai finanziamenti. La struttura duale dei fondi prevede quindi una segmentazione sia a livello nazionale, presente in tutti e tre i fondi considerati, sia a livello territoriale – c.d. “articolazioni” – presenti specialmente nei grandi fondi, in questo caso specifico Fondimpresa.
Fonter
La responsabilità operativa del Fondo è affidata ad un Direttore, nominato dal Consiglio di amministrazione o da un consigliere delegato dal Consiglio stesso. Tra le mansioni principali a lui imputabili sono comprese attività di gestione amministrativa, contabile ed operativa. Segue le direttive del Consiglio e i compiti aggiuntivi o in delega che da esso provengono: per espletare i compiti amministrativi ha facoltà di avvalersi di un supporto collaborativo intero di lavoratori dipendenti, come anche di collaboratori esterni. Riguardo alle responsabilità contabili, il Direttore gestisce i conti correnti intestati al fondo, predispone ogni tre mesi un rapporto tecnico-economico da sottoporre al Consiglio di amministrazione sulle attività svolte, redige la bozza dei bilanci (preventivo e consuntivo) anche in riferimento ai singoli Comitati di comparto.
Quest’ultimi sono il secondo importante organo operativo del fondo. Vengono costituiti su delibera del Consiglio di amministrazione per raggruppare le competenze tecnico-scientifiche necessarie alle attività di elaborazione di progetti e proposte riguardanti le attività del fondo (art.3 del Regolamento). Ciascun Comitato è un organo composto di 6 componenti, dura in carica quattro anni ed è possibile riconfermarne i membri. Essi si occupano di consulenze tecnica alle imprese, forniscono cioè indicazioni utili alle stesse per l’approvazione dei progetti. Inoltre, tra le mansioni, i Comitati annoverano la possibilità di esaminare
le richieste di finanziamento per i progetti formativi. La rappresentanza tecnica dei Comitati si estende, laddove possibile, a livello territoriale tramite Enti Bilaterali presente nelle aree in cui devono essere implementate determinate attività formative.
Fondimpresa
In Fondimpresa tutta la responsabilità operativa viene affidata ad un Direttore Generale, nominato dal Consiglio di amministrazione su proposta del Presidente. Il Consiglio funge, anche in questo caso, da controllore delle attività del direttore, il quale dovrà conferire periodicamente delle sue attività. Difatti, oltre a svolgere i compiti che il Consiglio gli affida, ha funzione di coordinamento dei progetti formativi approvati e quindi al responsabilità operativa di tutto l’apparato tecnico. Inoltre, ha funzione economico-contabile, predisponendo il bilancio preventivo e consuntivo e presentando trimestralmente al Consiglio di amministrazione un rapporto tecnico-economico che ne evidenzi le attività svolte.
Il Comitato di direzione affianca il direttore generale ed è composto da quest’ultimo, e dai rispettivi Direttori delle Aree previste nell’organigramma adottato dal Consiglio di amministrazione.
Dei fondi considerati Fondimpresa è l’unico che si avvale di un’articolazione territoriali (art. 4 del Regolamento), vista l’immensa mole di attività formativa di cui si occupa, un riferimento locale che gestisca, coordini e proponga anche attività formative, diviene necessario, oltre che strategico. Al comma 2 si legge che Fondimpresa si avvale a livello territoriale della collaborazione degli enti bilaterali, curando attraverso le sue articolazioni i rapporti di collaborazione e coordinamento con le amministrazioni pubbliche, anche al fine di mantenere il raccordo con la programmazione regionale sulla materia. La capacità tecnica e gestionale, di valutazione complessiva dei piani formativi presentati dalle imprese vengono decise dalle articolazione, sulla base delle direttive del Consiglio di amministrazione (comma 3). Le articolazioni territoriali hanno il compito di redigere trimestralmente i bilanci consuntivi (comma 4) per comunicare le spese sostenute per le attività (comma 5); il tutto viene trasmesso periodicamente alla
sede nazionale del fondo semestralmente, tramite un rapporto che sintetizza le attività svolte in quel periodo di tempo.
Un altro organo interno previsto dal successivo articolo prevede l’istituzione di due consulte a livello nazionale. La prima prende il nome di Consulta delle Articolazioni territoriali, la seconda di Consulta delle Categorie, composta dai rappresentanti delle parti sociali presenti alla stipula dei rapporti inerenti i contratti collettivi nazionali. Le riunioni delle Consulte non sono frequenti: tuttavia, da Regolamento, hanno l’obbligo di riunirsi almeno una volta l’anno per fare il punto sui piani formativi e le risorse erogate per ognuno di essi a seconda del profilo dei dipendenti.
For.te
Il regolamento del fondo è stato aggiornato il 27 novembre 2008. L’art. 2 consegna la responsabilità operativa dell’organizzazione al Direttore, nominato dal Consiglio di amministrazione, il quale gestisce l’attività amministrativa, contabile e operativa. La dicitura del comma 2 lettera b individua uno staff generale per l’espletamento dei compiti direttoriali composto da collaboratori interni ed esterni; tra questi la figura del Vice direttore il quale coadiuva il suo operato in caso di assenza.
La particolarità di questo fondo riguarda la gestione delle competenze in materia di formazione. Mentre Xxxxxxxxxxx gestisce una fitta rete di articolazioni territoriali, che comprendono anche alcuni enti bilaterali e il rapporto costante con le direttive politiche delle regioni, For.te ha costituiti a livello nazionale i Comitati di Comparto (art.4). Questi sono degli organi paritetici, composti da un minimo di 6 fino ad un massimo di 18 membri eletti metà per parte datoriale, e l’altra metà per parte sindacale. La bilateralità viene garantita anche dal coordinamento. Infatti, il Coordinatore del Comitato, di estrazione datoriale, è affiancato da un Vice Coordinatore di Comparto di parte sindacale. I Comitati hanno funzione consigliare, esprimendosi liberamente su questioni legate al finanziamento dei piani formativi (art.5), la definizione degli scopi da raggiungere (art.2 dello Statuto) e la valutazione tecnico-scientifica della validità dei piani formativi aziendali presentati dai datori di lavoro iscritti al fondo (art. 8 dello Statuto). Il
comma 6 predispone la loro articolazione su base nazionale non escludendo un’estensione a livello territoriale purché si avvalgano della collaborazione di altri attori presenti sul territorio come enti bilaterali o altri enti organizzati che si occupino di promuovere, coordinare, finanziare ed implementare attività formative, piani e progetti in forma bilaterale concordata.
PARTE 2. I fondi paritetici interprofessionali del settore terziario visti da vicino
Capitolo 3. La partecipazione ai fondi interprofessionali del terziario: imprese e lavoratori nel biennio 2007-2008
Il tema quantitativo della partecipazione delle imprese alle attività formative promosse dai fondi è fondamentale, quando si tratta si sussumere in numeri e classi dimensionali specifiche il fenomeno. Per “partecipazione” si intendono le adesioni ai tre fondi di riferimento, da parte delle imprese come “insieme di lavoratori” ed in base al loro capitale umano (il numero di dipendenti), considerate nell’ultimo periodo utile di cui si possiedono dati statistici, che sono stati accorpati a seconda delle esigenze conoscitive: il 2007 e il 2008.
3.1 L’incidenza delle adesioni ai fondi del terziario
Le adesioni ai fondi per la formazione continua sono state rilevate da due Rapporti Isfol del 2007 e del 2008, commissionate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La reportistica mostra l’effettiva incidenza dello “strumento" del fondo sulle scelte di politica attiva del lavoro di imprese e lavoratori, sia a livello nazionale che a livello regionale.
In tutto il paese, negli ultimi otto mesi (ovvero nel periodo compreso tra novembre 2007 e luglio 2008) le attività formative promosse dai fondi interprofessionali per i lavoratori hanno registrato una sensibile crescita. Il successo è dovuto, in primo luogo, al consolidamento dei fondi c.d. “storici” (Fondimpresa, For.te, FonCoop), che ancora oggi rappresentano circa il 67% delle adesioni totali e, in secondo luogo, ad un innalzamento significativo delle attività di formazione nel settore del terziario tradizionale e di quello avanzato (servizi alle imprese ad elevato contenuto di innovazione tecnologica).
I dati disponibili al 2008 stimano adesioni alle attività formative crescenti nelle imprese italiane: il 49% delle imprese con il 59% dei lavoratori dipendenti.
In generale, i rapporti individuano il Nord del paese come l’area produttiva più interessata a partecipare ai piani formativi finanziati, sebbene con alcune peculiarità riscontrabili a partire dai dati a disposizione. Al luglio 2008 sono complessivamente 318.553 le aziende che hanno presentato dei progetti formativi ai fondi interprofessionali, per un numero totale di lavoratori pari a 4.280.011. La regione capofila è la Lombardia, che si assesta con 104.730 imprese e rispettivi
1.779.199 lavoratori dipendenti.
Segue la Lombardia il Veneto, le cui adesioni si aggirano intorno alle 67.470 imprese per un totale di 751.368 lavoratori (un incremento di 34.023 lavoratori dipendenti rispetto al Novembre 2007). I fattori che incidono maggiormente sul tasso di adesione sembrano essere la classe dimensionale dell’impresa (calcolato sul numero medio di lavoratori dipendenti) e il settore economico di esercizio. Da una prima lettura della situazione generale è possibile fare delle considerazioni a partire da questi due fattori.
La prima considerazione riguarda la dimensione delle imprese aderenti: più l’impresa è piccola, più è alta l’adesione ai fondi interprofessionali che si occupano di terziario. Le distribuzioni disponibili mostrano da una parte un elevato interesse di adesione delle micro e piccole imprese (con frequenze di 90 punti percentuali) e, dall’altra, un certo disinteresse delle imprese di medie e grandi dimensioni (con valori massimi sui 3 punti percentuali). Come afferma Xxxxxxxx nel suo studio pubblicato nel luglio 2008, le imprese che lavorano nel settore dei servizi sono, in larga parte, di classe dimensionale micro e piccola, almeno per quanto riguarda l’area veneta.
La seconda considerazione concerne il settore in cui l’impresa opera: i fondi interprofessionali si differenziano sulla specializzazione nei finanziamenti alle imprese. A titolo di esempio, For.Agri è nato per supportare le imprese del settore agricolo, Fondartigianato punta a finanziare la formazione nelle piccole e medie imprese artigiane, presenti soprattutto nella xxxx xxxxx x.x. Xxxxx Xxxxxx00.
Questa specializzazione non appare così ovvia nei fondi che si occupano di terziario, proprio in conseguenza di una definizione ontologica.
25 X. Xxxxxxxx, 1983
Il settore dei servizi per sua natura è mutevole e, ad oggi, esistono più classificazioni (e quindi nessun accordo preciso) degli ambiti di cui questo settore dovrebbe occuparsi.
Una recente classificazione dei settori che riguardano il Commercio, l’Alberghiero-Turismo, i Servizi avanzati la si può trovare esplicitata nel Rapporto Union Camere - Excelsior nella tavola titolata: “Corrispondenza tra la classificazione di attività economica Ateco 2002 e i settori Excelsior” (pp. 221- 222), di cui si riporta di seguito un estratto.
SETTORI EXCELSIOR CODICI DI ATTIVITÀ ATECO 2002
Commercio al dettaglio
Commercio
52 Commercio al dettaglio, escluso quello di autoveicoli e di motocicli
Commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli
50 Commercio, manutenzione e riparazione di autoveicoli e motocicli, vendita al dettaglio di carburante
Commercio all’ingrosso 51 Commercio all’ingrosso e intermediari del commercio (esclusi autoveicoli e motocicli)
Servizi
73 Ricerca e sviluppo
74.1 Attività legali, contabilità, consulenza fiscale, commerciale e di gestione
74.2 Attività di architettura, ingegneria e altre attività tecniche
74.3 Collaudi ed analisi tecniche
Servizi avanzati alle imprese
74.4 Pubblicità
74.5 Servizi di ricerca, selezione e fornitura di personale
74.85 Servizi di reprografia e traduzione
74.86 Attività di call center
74.87 Altri servizi alle imprese
Una tale ambiguità nella classificazione dei servizi solleva forti dubbi sul suo carattere autonomo: è nettamente più facile che esso sia trasversale, magari rispetto all’industria e/o al manifatturiero in generale.
In altre parole: i servizi devono considerarsi un prodotto di un’impresa, oppure se essi un’attività fra quelle che svolge l’impresa? Tale ambiguità viene rivelata anche attraverso le adesioni ai tre fondi interprofessionali considerati. Come si vedrà, Fon.ter, Fondimpresa e For.te (definiti per comodità analitica come i “fondi del terziario”) finanziano anche imprese che non si occupano direttamente di servizi, e quindi non ascrivibili al “terziario tradizionale”. Tramite l’analisi delle adesioni per classe dimensionale sulle imprese e sui lavoratori aderenti (in valore assoluto e relativo percentuale) e per settore, è possibile avere un quadro complessivo di questa tendenza, limitatamente al periodo 2007 – 2009. Comparando le partecipazioni ai tre fondi, a livello macro, si individuano le tendenze in voga nel biennio considerato.
3.2. Le adesioni delle imprese ai fondi per classe dimensionale nel periodo novembre 2007 – luglio 2008: alcune tendenze
Come è stato accennato nel paragrafo predente, la classe dimensionale delle imprese che richiedono finanziamenti per la formazione, conta. Sono soprattutto le micro-imprese, quelle di pochi dipendenti e magari a conduzione famigliare, a richiederlo.
Tenendo conto che esse non sono vincolate a nessun fondo, salvo l’accettazione di uno o più finanziamenti di progetti formativi nello stesso periodo di tempo (possibile, ma raro). Nel 2007, così come nel 2008, la quota percentuale delle imprese aderenti ai fondi del terziario ha rilevato un fabbisogno formativo piuttosto elevato: più dell’80% delle imprese aderenti ai fondi interprofessionali richiede formazione nell’ambito dei servizi.
In termini dimensionali, sono le micro imprese ad aderire di più ai fondi, con percentuali piuttosto alte. Tra il 2007 e il 2008 (a parte il caso di Fon.ter che ha registrato, in generale, un lieve calo delle adesioni) gli altri due fondi registrano un lieve incremento sul fabbisogno espresso dalla micro e dalla piccola impresa.
For.te mantiene un certa influenza a livello micro e perde adesioni nella piccola e media impresa.
Tabella 1 - Distribuzione percentuale degli aderenti ai fondi "terziario" per classi dimensionali (relativi a posizioni INPS al netto delle cessazioni. Novembre 2007)
Fondo | Micro (1-9 dipendenti) | Piccole imprese (11-49 dipendenti) | Medie imprese (50-249 dipendenti) | Grandi imprese (250 e oltre dipendenti) | Tot. |
Fon.ter | 87,94 | 10,21 | 1,59 | 0,26 | 100 |
Fondimpresa | 44,51 | 37,22 | 14,89 | 3,37 | 100 |
For.te | 84,00 | 13,08 | 2,26 | 0,66 | 100 |
Totale fondi al 2007 | 81,90 | 14,70 | 2,83 | 0,56 | 100 |
Fonte: Elaborazione da Rapporto Isfol 2007 - su dati MLPS/INPS
In generale anche le medie e le grandi imprese, se pur con percentuali nazionali risicate, aderiscono ai fondi del terziario. Fondimpresa registra un calo delle adesioni se pur lieve a livello di piccola, media e grande impresa, guadagnando dei punti sulla dimensione micro.
Tabella 2 - Distribuzione percentuale degli aderenti ai fondi "terziario" per classi dimensionali (relativi a posizioni INPS al netto delle cessazioni. Luglio 2008)
Fondo | Micro imprese (1-9 dipendenti) | Piccole imprese (11-49 dipendenti) | Medie imprese (50-249 dipendenti) | Grandi imprese (250 e oltre dipendenti) | Tot. |
Fon.ter | 87,86 | 10,06 | 1,78 | 0,3 | 100 |
Fondimpresa | 46,27 | 36,34 | 14,24 | 3,15 | 100 |
For.te | 84,7 | 12,46 | 2,17 | 0,68 | 100 |
Totale fondi al 2008 | 81,80 | 14,73 | 2,90 | 0,57 | 100 |
Fonte: Elaborazione da Rapporto Isfol 2008 - su dati MLPS/INPS
I dati dei rapporti rilevano come la classe dimensionale dell’azienda possa determinare il fabbisogno formativo, e di conseguenza l’adesione ad un fondo del terziario. E’ curioso da notare come ci sia un netto scostamento di tutti i
finanziamenti verso la micro e la piccola impresa nel periodo considerato, al di là del calo di interesse complessivo che possa aver subito un particolare fondo, presente senza distinguere le classi dimensionali.
Su quali siano le ragioni per cui a richiedere formazione nei servizi siano le micro e le piccole imprese è possibile avanzare alcune ipotesi:
▪ un’impresa di dimensioni ridotte potrebbe essere impiegata in settori ad alta specializzazione che richiedono anche una conoscenza “non espressa” dei processi di produzione. Questo genere di conoscenza non può essere trasferita tramite una formazione pianificata, tramite cioè una consulenza fatta all’azienda. Per questo motivo l’analisi del fabbisogno formativo non si focalizza sulla filiera produttiva di un bene ma su tutte quelle attività di servizio che servono al prodotto per immettersi in un particolare mercato anche di nicchia;
▪ le micro e le piccole imprese non hanno risorse strutturali o di personale per provvedere alla formazione dei dipendenti. Esse si affidano a finanziamenti esterni e ad enti di formazione che preparino programmi ad hoc su commissione;
▪ riguardo al profilo professionale (contrattuale) dei lavoratori delle micro imprese a conduzione familiare, esse tendono ad assumere lavoratori di altissima specializzazione sulla manifattura. La formazione sui servizi servirebbe a colmare quei divari gestionali che derivano dalla mancanza di competenze, sia che si tratti di personale molto qualificato (ma specializzato in uno o più processi di produzione), sia che si tratti di personale non selezionato in base alle competenze, cioè attraverso la conoscenza diretta o, appunto, familiare o per conoscenza diretta. Le imprese di medie e grandi dimensioni, essendo più strutturate ed avendo mediamente più esperienza sulla selezione delle risorse umane (oltre ad uffici ed aree apposite), richiedono già all’ingresso un profilo lavorativo con esperienza e competenze codificate. Essendoci perciò meno
dispersione di risorse, e una più marcata divisione del lavoro, tali aziende assumono lavoratori con profili già preparati sul versante dei servizi o verso i quali il fabbisogno formativo sia già stato colmato dall’istruzione superiore (diploma/laurea).
3.3. Le adesioni dei lavoratori in valore assoluto e per classe dimensionale dell’impresa
La Tab. 3 mostra la distribuzione sui valori assoluti di imprese e lavoratori nel periodo di tempo considerato. L’adesione delle imprese è passata in meno di un anno (8 mesi) dalle 175.388 del 2007 ai 188.411 del 2008, con un incremento registrabile di 13.023 nuove imprese.
Su un totale di 446.671 aziende aderenti ai fondi interprofessionali nel 2007, più di un terzo (175.388) aderiscono ai fondi del terziario. Nel 2008 questa tendenza rimane, con un ulteriore incremento.
Il numero dei lavoratori in forza non si riferisce al totale dei partecipanti ai piani formativi: è una caratteristica dimensionale che serve a dare un riscontro sulle possibili unità lavorative che avrebbero accesso ai piani formativi qualora le imprese lo richiedessero.
Come si vede, questa disponibilità di destinatari per la formazione è molto alta: i principali fondi del terziario potrebbero gestire piani formativi per più di 4 milioni di lavoratori, sugli oltre 6 milioni totali delle imprese aderenti ai fondi interprofessionali (dati a luglio 2008).
Tabella 3 - Adesioni espresse e lavoratori in forza presso le imprese aderenti (Valori assoluti a posizioni INPS al netto delle cessazioni. Novembre 2007)
Fondi | Novembre 2007 Luglio 2008 Incrementi | |||||
Adesioni | Lavoratori | Adesioni | Lavoratori | Adesioni | Lavoratori | |
Fon.ter | 44.712 | 329.486 | 47.154 | 366.904 | 2.442 | 37.418 |
Fondimpresa | 42.257 | 2.272.980 | 48.518 | 2.456.146 | 6.261 | 183.166 |
Forte | 88.419 | 1.344.466 | 92.739 | 1.429.385 | 4.320 | 84.919 |
Subtotale | ||||||
fondi | 175.388 | 3.946.932 | 188.411 | 4.252.435 | 13.023 | 305.503 |
terziario | ||||||
Totale Fondi | 446.671 | 5.717.163 | 481.699 | 6.199.015 | 35.028 | 481.852 |
Fonte: Elaborazione da Rapporto Isfol 2007 - su dati MLPS/INPS
Fondimpresa detiene la fetta più larga del mercato formativo. Come si è visto nel paragrafo precedente, la diminuzione delle medie e delle grandi imprese aderenti al fondo e l’aumento delle micro e delle piccole, le ha portato alcuni vantaggi economici. In altri termini: un mercato di richieste più esteso sulle micro e piccole imprese risulta essere più redditizio in termini di risorse da formare, anche se più del 50% dei lavoratori aderenti a Fondimpresa appartiene alla grande impresa (Tab.4). Cioè una quantità minore di lavoratori, ripartiti in più imprese di piccole dimensioni, sembra essere una nicchia più “conveniente” per la formazione. A luglio 2008, Fondimpresa conta da sola 2.456.146 lavoratori che sono più della metà dei lavoratori delle imprese che aderiscono ai fondi del terziario, e più di un terzo dei lavoratori a livello nazionale. Si nota una tendenza inversa se si mettono a confronto le Tab. 2 e 4. Fondimpresa lavora di più sulla formazione di una bassa percentuale di lavoratori in forza nelle micro (3,4%) e piccole realtà (16,3), a fronte della più elevata presenza di lavoratori nelle medie (29,4%) e nelle grandi realtà (50,8%).
Tabella 4 - Percentuali dei lavoratori delle imprese aderenti ai fondi per classi dimensionali (relativi a posizioni INPS al netto delle cessazioni. Luglio 2008)
Fondo | Micro imprese (1-9 dipendenti) | Piccole imprese (11-49 dipendenti) | Medie imprese (50-249 dipendenti) | Grandi imprese (250 e oltre dipendenti) | Tot. |
Fon.ter | 27,4 | 24,2 | 22,7 | 25,7 | 100 |
Fondimpresa | 3,4 | 16,3 | 29,4 | 50,8 | 100 |
For.te | 84,7 | 12,46 | 2,17 | 0,68 | 100 |
Totale fondi | 16,6 | 21,9 | 22,2 | 39,3 | 100 |
Totale nazionale | 26,1 | 25,0 | 18,4 | 30,5 | 100 |
Fonte: Elaborazione da Rapporto Isfol 2008 su dati MLPS/INPS
Riguardo agli altri fondi (Tab. 4) i lavoratori delle imprese aderenti a For.te sono in percentuale di molto inferiore nelle medie e delle grandi realtà, lavorando prevalentemente con le micro imprese. La distribuzione dei lavoratori delle imprese aderenti a Fon.ter è, invece, più omogenea sulle quattro classi dimensionali.
Questi dati suggeriscono che il fondo Fon.ter pianifica a tutti i livelli percorsi di formazione e che For.te, invece, mantiene più un livello aziendale dei piani formativi. Quest’ultima affermazione è invertita nel caso di Fondimpresa.
3.4. Le adesioni delle imprese ai fondi per settore economico
Nel par. 3.1. si è detto come il terziario sia per sua natura un settore “indeterminabile”. Il settore dei servizi si può considerare autonomo nel caso di imprese micro e piccole che produco “beni immateriali” sotto forma di servizi alle persone o di servizi alle imprese; oppure, l’interpretazione più accreditata, come settore trasversale esclusivamente sui servizi alle imprese a medio - alto contenuto tecnologico. La Tab. 5 mostra la distribuzione percentuale per settore delle imprese aderenti ai fondi del terziario nel periodo novembre 2007- luglio 2008.
Tabella 5 - Distribuzione diacronica delle adesioni ai fondi terziario per settore economico dell’impresa (relativi a posizioni INPS al netto delle cessazioni. Novembre 2007 – Luglio 2008)
FOR.TE | |||
SETTORI | FON.TER | FONDIMPRESA | |
INPS | |||
07 - 08 | Novembre Luglio | Novembre Luglio | Novembre Luglio |
2007 2008 | 2007 2008 | 2007 2008 | |
Agricoltura | 0,6 0,5 | 0,4 0,4 | 0,2 0,2 |
Estrattivo | 0,1 0,1 | 1,0 1,0 | 0,0 0,0 |
Manifatturiero | 10,4 10,1 | 54,4 51,5 | 2,8 2,8 |
Energia, acqua e gas | 0,0 0,0 | 0,6 0,6 | 0,1 0,1 |
Costruzioni | 7,3 6,9 | 18,7 20,2 | 0,7 0,7 |
Commercio | 34,5 34,5 | 6,5 7,1 | 46,1 45,6 |
Xxxxxxxx e ristoranti | 20,4 20,5 | 1,4 1,6 | 23,5 23,9 |
Trasporti e ICT | 2,8 2,9 | 4,0 4,2 | 3,8 3,8 |
Finanza e | |||
assicurazioni | 1,6 1,6 | 0,7 0,7 | 3,4 3,5 |
Immobiliari, | |||
noleggio, | |||
informatica, | |||
ricerca, servizi | 11,9 12,2 | 8,7 8,9 | 12,7 12,8 |
alle imprese | |||
Altri servizi | |||
(accorpate le voci | |||
“Istruzione” e “Sanità”) | 10,5 10,8 | 3,4 3,4 | 6,7 6,7 |
Totale | 100 |
Fonte: Elaborazione da Rapporto Isfol 2007 / Rapporto Isfol 2008 sulla Formazione e Orientamento professionale su dati MLPS/INPS
Una lettura dei dati permette di comprendere da che settore provengano queste imprese (di classe dimensionale micro e piccola) e quale variazione percentuale riscontri ogni fondo nell’arco temporale considerato.
Le imprese di Fon.ter appartengono principalmente al settore del “Commercio” (34,5) con percentuale invariata nel periodo, del Turismo (“Alberghi e ristoranti”) e dell’Immobiliare, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese (11,9 – 12,2). I dati della voce “Altri servizi” è un accorpamento delle percentuali legate all’Istruzione e alla Sanità, che costituiscono il quarto asse di intervento del fondo. Non ci sono variazioni rilevanti delle adesioni nel periodo considerato. Fon.ter si occupa altresì della formazione nel settore “Manifatturiero” (10,4 – 10,1), dove registra un tasso di adesioni simile al dato della voce Altri Servizi (10,5 – 10,8).
Anche l’adesione dal settore delle Costruzioni hanno avuto un certo peso fino al 2007 ma, come si nota, è una tendenza diminuita nel 2008. Infine, il fondo non opera con imprese (tendenzialmente di grandi dimensioni) nel settore dell’Energia, acqua e gas: le risorse umane delle aziende municipalizzate non rientrano nei suoi piani formativi.
Al contrario, Fondimpresa opera per oltre la metà con imprese del settore Manifatturiero, pur subendo un calo delle adesioni a luglio 2008 (- 2,9%). A seguire il settore delle Costruzioni, che ha subìto un aumento delle iscrizioni ai piani formativi (da 18,7 a 20,2), e l’Immobiliare, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese” (da 8,7 a 8,9). Anche questo fondo lavora molto poco con il settore delle municipalizzate, il cui tasso di adesione è di poco inferiore all’1%.
Le imprese aderenti a For.te appartengono principalmente al settore del Commercio, del Turismo (“Alberghi e ristoranti”) e all’Immobiliare, noleggio, informatica, ricerca e servizi alle imprese: in leggero aumento le adesioni negli ultimi due settori. La voce Altri servizi è presente (6,7%) e rimane invariata nei due periodi. Le imprese del Manifatturiero sono presenti, se pur in percentuale molto minore rispetto agli altri due fondi.
3.5. Imprese e decentramento: alcuni accenni sulla contrattazione per classe dimensionale e settore
La formazione è una di quella materie per le quali è previsto un rinvio contrattuale a livello decentrato a causa delle specificità organizzative, tecnologiche nei luoghi concreti della produzione e dei servizi. Di regola, è l’accordo siglato a livello territoriale e/o aziendale a disciplinare la risorsa formazione, valutandone l’agibilità dei finanziamenti e l’interesse per i lavoratori. Tale accordo viene stipulato dai datori di lavoro e dalle RSU/RSA che operano nelle aziende. Secondo Xxxxxxxxx (2006) l’argomento si è diffuso nella contrattazione di secondo livello con l’avvento della formazione continua sugli scopi aziendali e la crescita delle tematiche da contrattare legate alla stessa formazione aziendale, oltre alle retribuzioni, all’orario e all’organizzazione del lavoro: ovvero alle relazioni sindacali in senso stretto. Il rapporto ISTAT del 2002 rileva che, a livello nazionale, un quarto delle imprese (ovvero il 25,7%) che prevedono un contratto aziendale, discutono sulla formazione. In generale, rimane basso l’interesse a parlare di formazione: per restare nel settore che si sta trattando, tra il 1997 e il 2003, la media nel Commercio ed Alberghiero-Turismo si aggirava al 17% delle imprese. Spostando l’attenzione un pò più in là, nel rapporto Isfol sulla formazione continua del 2007, l’analisi condotta dal CNEL26 sugli accordi sindacali del periodo 1998-2006, rileva come in essi non siano presenti particolari approfondimenti sulla formazione in aziendale, limitandosi a generali considerazioni sull’importanza delle materia e rimandando alla discussione negli incontri con le RSU/RSA, le quali dovrebbero monitorare, gestire e proporre i percorsi formativi: quest’ultime sembrano occuparsi più dettagliatamente di temi “classici” della contrattazione decentrata.
D’altronde, i dati del rapporto Isfol INDACO-Imprese rielaborati da Isfol 2007 non sono più confortanti. Essi mostrano come le imprese di piccola dimensione non siano molto interessate alla contrattazione aziendale della formazione: ciò contrasta sensibilmente con le elaborazioni dei finanziamenti da parte dei fondi Fon.Ter e For.te, i quali nel periodo novembre 2007 – luglio 2008, invece hanno finanziato maggiormente quella classe.
26 Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
E’ chiaro che bisogna, a questo punto, suddividere nettamente le due attività, per semplicità analitica. Al dato di fatto che piccole e micro imprese richiedono finanziamenti per la formazione aziendale non corrisponde che la decisione derivi dal lavoro di lunghi tavoli di concertazione bilaterali. Le motivazioni potrebbero essere altre e le più disparate. In ogni caso, il secondo settore nel quale è comunque più alta la propensione a contrattare la formazione sono proprio i servizi, nella seguente misura: 14,7% per le imprese di piccole dimensioni (20-49 dipendenti); 41,2% per le imprese di grandi dimensioni (250 e oltre).
Il ruolo delle rappresentanze sindacali resta comunque piuttosto debole e soprattutto influenzato dalla classe dimensionale dell’impresa. Le RSU sono, in generale, poco attive nel settore del commercio: 7,6% delle imprese.
3.6. Fondi interprofessionali e piani formativi
Alla luce dei rapporti statistici e delle sintesi presentate fin qui, appare una situazione complicata dal fatto che ogni impresa di qualsiasi classe dimensionale, cerca il soddisfacimento dei fabbisogni formativi dei propri lavoratori. Tuttavia, ciò che è rilevabile a livello micro con una ricerca qualitativa, però, non è oggetto di questo lavoro.
Nei capitoli che seguono, si indagheranno le modalità principali attraverso cui viene finanziato un piano formativo dai fondi interprofessionali, presentando un progetto nella logica concorrenziale di una politica del lavoro di tipo re- distributivo. A scadenza periodica e con delle cadenze amministrative specificate nei bandi, ogni fondo eroga delle risorse finanziarie a disposizione delle aziende a loro aderenti sotto forma di Avvisi (nel caso di Fondimpresa, anche con la modalità in Conto Formazione). L’importanza delle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori (RSU/RSA) a livello aziendale concerne la partecipazione ai c.d. tavoli di progettazione, che servono a definire i piani formativi. Il quarto capitolo illustrerà proprio questo processo a livello teorico, ed il ruolo effettivo del sindacato come Parte Sociale dialogante. L’ultimo capitolo del lavoro, cercherà un riscontro tangibile della teoria del piano formativo sulle risorse stanziate, nonché sugli effettivi riconoscimenti dei piani per ogni Avviso di ogni fondo.
Nello specifico, verrà descritto l’impatto socio-economico nel settore terziario della formazione impartita attraverso i piani formativi, circoscrivendola nel periodo 2007 – 2009, guardando nella direzione de:
a. le risorse complessive (quando possibile suddivise per Comparto di esercizio);
b. la tipologia di lavoratore a cui viene rivolta la formazione in azienda e le competenze che più di altre vengono sviluppate;
c. i soggetti proponenti, i soggetti attuatori e i corsi di formazione che fanno parte di quel determinato piano formativo, nonché il periodo di approvazione ed emanazione (quando disponibile).
Da una parte si ritiene necessario riflettere sullo strumento del piano formativo ed in che modo esso possa essere impiegato con finalità positive; dall’altra, una panoramica complessiva sull’operato pratico dei fondi consente di comprendere le dimensioni del fenomeno che, ad oggi, è tutt’altro che scontato e costantemente in crescita.
Capitolo 4. Piano formativo e contrattazione sindacale
4.1. La contrattazione tra le Parti Sociali
La riflessione sugli strumenti di programmazione della formazione e su come questi debbano essere contrattati dalle parti sociali non possiede, di fatto, una letteratura specifica a cui fare riferimento. Nell’impossibilità di partire da una procedura ascrivibile ad uno “standard di comportamento”, il dibattito rimane comunque particolarmente acceso: le prassi che si riscontrano nei singoli tavoli contrattuali diventano quella letteratura di confine, tra il pratico ed il teorico, che evolve e si aggiorna di continuo e che è utile tenere sotto costante osservazione.
La riflessione sulla contrattazione dei Piani e dei Progetti formativi risulta, di fatto, più approfondita e complessa perché toccano gli “scopi aziendali” di quella formazione concertata nella quale il sindacalista svolge, tra gli altri, un compito di mediazione particolarmente delicato tra le parti.
Il ruolo del sindacato è legittimato da protocolli normativi, dalla legislazione italiana ed europea. A livello locale, la garanzia implicita del sistema delle regole bilaterali definite dagli Statuti dei Fondi interprofessionali è essenziale al fine di comporre degli strumenti di orientamento non meccanicistici, ma mutevoli (che non vuol dire instabili) di una relazione partecipata, che parte “dal basso” ovverosia dal confronto diretto in sede aziendale con il datore di lavoro. Per questo è utile parlare di un processo di contrattazione e non di una sua forma predefinita: un processo prevede uno sviluppo, un percorso operativo che chiama in causa proposte orientative, proposte di approfondimento, buone prassi europee27, normativa dei contratti collettivi nazionali e della contrattazione decentrata.
I Piani e i Progetti formativi sono quindi degli strumenti politici, veicoli di risorse economiche che, per articolazione strutturale, dipendono dalla tipologia di Avviso e di Fondo paritetico da cui parte il finanziamento.
27 Il regolamento della programmazione del FSE 2007-2013 voluto dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea cita all’articolo 5: “Gli Stati membri e l’autorità di gestione di ciascun programma operativo assicurano il coinvolgimento delle parti sociali e l’adeguata consultazione dei portatori di interesse non governativi, al livello territoriale appropriato, nelle fasi di programmazione, attuazione e sorveglianza del sostegno del FSE”.
Sintetizzando, il Piano formativo aziendale è concordato in quanto piano organico di formazione, che nasca da un’attenta analisi dei fabbisogni e può prevedere più azioni, sviluppandosi in maniera complessa per tutto un arco temporale definito dai Bandi di Avviso.
Per convenzione, le tipologie di Piano formativo sono state suddivise in:
▪ Piani aziendali o piani formativi d’Impresa, che riguardano solo i lavoratori di una specifica azienda come destinatari della formazione;
▪ Piani interaziendali, presentati congiuntamente da più aziende o comparti produttivi;
▪ Piani settoriali, incentrati su problematiche comuni all’intero paese, ad aree geografiche che definiscono un distretto produttivo, a specifiche filiere produttive o ambiti professionali, che coinvolgono perciò più aziende;
▪ Piani individuali (o Voucher formativi), che riguardano il singolo lavoratore nel percorso professionale individuale.
I piani possono essere presentati dai c.d. soggetti proponenti, che rispondo ai bandi di finanziamento pubblicati dai singoli Fondi interprofessionali. I soggetti proponenti sono per la maggior parte dei casi:
▪ Imprese (per i piani aziendali);
▪ Gruppi di imprese (per i piani interaziendali);
▪ Consorzi di imprese (per i piani settoriali);
▪ Enti accreditati (per svolgere attività formative);
▪ Le Università e/o altri soggetti pubblici o privati legittimati a svolgere attività formative.
All’interno delle strutture di questi enti, esistono delle figure specifiche che hanno il compito di occuparsi della presentazione dei Piani e del reperimento dei fondi. Più spesso, in ambito aziendale: i Servizi di Formazione e sviluppo, le Risorse Umane, i responsabili di Gestione e delle Linee operative. Se guardiamo all’ambito delle associazioni di rappresentanza degli interessi economici ci sono referenti delle associazioni datoriali, territoriali, nazionali o estere, e i referenti delle associazioni dei lavoratori, con le rappresentanze sindacali presenti nelle commissioni paritetiche aziendali e/o di settore.
Riguardo a quest’ultimo punto, l’impegno del sindacato è fare in modo che ogni progetto formativo sia corredato da un accordo sindacale, in base al tipo di Bando/Invito/Apertura emesso dal Fondo, dalla dimensione stessa del piano e dalla dimensione stessa dell’impresa che si avvale o meno di una rappresentanza sindacale. In merito agli accordi “allegati” al piano formativo, essi hanno natura negoziale: derivano cioè da una discussione intra-aziendale delle rappresentanze delle Parti Sociali e rappresenta, a questo proposito, una sorta di dichiarazione di intenti e di scelte pertinenti distintive che facciano dell’accordo in sé la “fattibilità politica” del Piano stesso. Una volta siglato l’accordo politico in cui si definiscono anche i fabbisogni formativi a cui le parti sociali aziendali vogliono far fronte, è il momento della sua elaborazione tecnica da parte dei c.d. soggetti attuatori, ovvero coloro che realizzano su carta il Piano formativo, valutando: i criteri di accesso alla formazione, criteri di scelta ponderata delle azioni in base al fabbisogno, i tempi di realizzo, le modalità di verifica in itinere e finale del processo.
4.2. Sindacati e risultati della contrattazione
Il ruolo del rappresentante sindacale in materia di formazione permanente assume connotati strategici per la discussione dei processi formativi all’interno delle aziende. Come è già stato accennato nel capitolo 3, la contrattazione decentrata della formazione dentro le aziende è molto più onerosa rispetto alla trattativa di argomentazioni classiche come salari e orari, a livello nazionale. Questo accade soprattutto perché nelle aziende il sindacato incontra i fabbisogni formativi specifici, cioè quelli legati agli “scopi produttivi” che, molto spesso,
possono non coincidere con l’idea di una formazione atta alla sola riqualificazione del lavoratore e al suo “diritto alla conoscenza”: le logiche di un’organizzazione vanno spesso oltre questa mission generica, rendendo la discussione più intensa.
Il sindacalista si trova perciò in una situazione delicata: egli, da una parte, è tenuto a mantenere la discussione contrattuale sul “classico”, e nel contempo dovrà avere una visione più globale della formazione, tarata sulle esigenze del lavoratore e sullo sviluppo di carriera attraverso l’accumulo di nuove competenze spendibili nella stessa organizzazione.
Dall’analisi dei dati statistici più recenti a disposizione emerge un’attività limitata delle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie). Nonostante l’argomento formazione sia tornato in auge grazie anche agli scopi aziendali, il rapporto Istat del 2002 – non proprio recente - rilevava come dato macro che solo in un quarto delle imprese italiane (25,7%) le Parti Sociali sembrano essere interessate alla sua contrattazione. Nel periodo compreso tra il 1998 e il 2006, una riproposizione della stessa indagine mette in luce la sostanziale mancanza di evoluzione del dialogo sull’argomento.
Complessivamente, possiamo dire che l’interesse, basso o alto che sia, dipende da due fattori principali: la classe dimensionale dell’impresa, in cui è presente anche la dimensione a gestione famigliare (micro impresa), ed il settore di appartenenza (manifatturiero e servizi). Ciò che colpisce di questo dato proposto dall’indagine Isfol Indaco - Imprese del 2007, è che le imprese del settore terziario, che comprende il commercio, servizi e turismo contratta l’argomento formazione molto di più degli altri, facendo particolare attenzione agli strumenti di contrattazione - i c.d. piani formativi - e alle fonti di finanziamento dai i fondi paritetici Fon.ter e For.te.
Volendo approfondire la rilevazione, è utile citare qui di seguito un progetto di studio e ricerca piuttosto recente, promosso e gestito da AGFORM S.r.l.28, di cui si fa menzione anche nel numero 15 di “Formazione e dintorni” datato del 27
28 AGFORM S.r.l è un’agenzia di consulenza e formazione di derivazione sindacale, con sede operativa presso la CGIL della Regione Veneto. Il progetto di studio e ricerca sull’argomento è intitolato “La rete per la formazione” e fa parte del Progetto “Una comunità di facilitatori territoriali della formazione continua”, finanziato dal fondo strutturale FSE 2005, Obiettivo 3, DGR 4202 del 22.12.04, Mis. C1, Cod. Prog. 01, con una partnership composta da AGFORM, CGILVeneto, Ires Veneto, Kairòs, FSE, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Regione Veneto.
luglio 2005, la newsletter della CGIL Veneto ed AGFORM S.r.l. a cura di Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxx Xxxxxx. In questo lavoro, ricercatori dell’istituto di ricerca Ires Veneto e i progettisti di AGFORM hanno condotto un monitoraggio delle attività dei funzionari sindacali delle RSU all’interno delle imprese a livello regionale. Il campione è stato costruito coinvolgendo 63 funzionari delle Camere del Lavoro provinciali e 276 delegati sindacali, in una ricerca svoltasi in più fasi contigue. Nella prima fase sono stati somministrati dei questionari strutturati e realizzati alcuni focus group presso le Camere del Lavoro regionali. L’obiettivo iniziale è l’approfondimento delle attività delle RSU su due processi che riguardano la formazione da vicino:
▪ le attività di informazione e orientamento nei confronti dei lavoratori;
▪ le attività negoziali delle imprese.
A ciascuno funzionario e segretario regionale di categoria è stato somministrato un questionario incentrato su due aree di indagine: il fabbisogno formativo dei facilitatori (termine generico con cui si identifica l’attività di negoziazione delle parti sociali) e dei lavoratori, e il profilo personale e professionale dei rispondenti - facilitatori, concernente specificamente la loro esperienza sindacale. Questa fase della ricerca si focalizza su due piani della contrattazione decentrata: la conoscenza dei contenuti e la capacità di realizzare attività per favorire la formazione nell’azienda. Riguardo ai contenuti, le domande del questionario si sono concentrate su tre aspetti: la conoscenza della normativa vigente sulla formazione continua, la gestione del processo formativo e gli strumenti formativi adottati.
Per capire la sostanza dell’esperienza sindacale in materia, la prima fase del monitoraggio ha accostato la maturazione delle conoscenze della materia ad elementi quali:
▪ il genere (maschio o femmina) dei funzionari e segretari di categoria, che ha visto una preponderanza degli uomini rispetto alle donne, in tutte le province venete;
▪ l’età media dei rispondenti, dalla quale risultava una coorte compresa tra 45 – 59 anni d’età (in special modo per le province di Venezia, Vicenza, Verona) ed alcuni casi di età più giovane (34 anni) nelle province di Padova e Rovigo.
La ventennale, ed in alcuni casi, trentennale esperienza di contrattazione dei 63 segretari e funzionari intervistati è piuttosto indicativa sulla conoscenza delle argomentazioni, e del tempo di aggiornamento sulle stesse, che definiscono il profilo del sindacalista “tipo” operante nella Regione Veneto.
La seconda fase, riguarda i delegati (o Rappresentanti) sindacali: più della metà sono Rappresentanti Sindacali Aziendali (RSA), mentre un 34% sono Rappresentanti Sindacali Unitari (RSU). Emergono anche qui delle tendenze medie non confortanti: rimane preponderante la presenza maschile (69%) con alcune federazioni, come quella del Commercio, Turismo e Servizi e dell’industria tessile (FILCAMS e FILTEA) in cui le donne sono le principali portavoce dei lavoratori. L’età media qui si abbassa, mostrando una coorte compresa tra i 41 e i 45 anni (il 25% del totale), con una maggioranza con più di 50 anni nella FILCAMS. Il titolo di studio dei rappresentanti è medio-alto: il 42% dei rispondenti possiede un diploma di scuola superore, il 33% la licenza media e solo l’8% è in possesso di laurea.
Questi dati di massima sono importanti per comprendere quali siano i punti di forza e di debolezza effettivi delle rappresentanze nelle aziende, puntualizzando gli “strumenti conoscitivi” con cui un sindacalista si propone ai tavoli di concertazione. Se la taratura di questa interpretazione del dato comprende, come abbiamo visto, anche caratteristiche socio – anagrafiche, è possibile interpretare le esperienze di contrattazione in modo più preciso e critico. I dati sull’esperienza di negoziazione della formazione, alla luce di quanto detto, non sono assolutamente confortanti. Da un’indagine della Fondazione CUOA condotta per ISFOL si legge come,
“ […] solo il 3% ha pianificato gli interventi di formazione anche sulla base di accordi formali con organizzazioni sindacali. Quando è successo: 1) si è trattato prevalentemente di accordi stipulati da singole imprese e non inseriti in accordi a valenza territoriale o settoriale; 2) il coinvolgimento degli attori terzi è stato comunque marginale, nel senso che spesso si è trattato di una semplice formalizzazione dell’accordo senza alcun ruolo progettuale o della comunicazione da parte dell’impresa di decisioni già prese, piuttosto che della concreta partecipazione alla progettazione dei contenuti dell’intervento”29
Tale considerazione può essere letta, a mio avviso, in due modi: tenendo conto della classe dimensionale ridotta delle aziende (per lo più piccole imprese, a conduzione famigliare, dove la negoziazione ricopre un ruolo marginale nel sistema - produzione); una scarsa preparazione tecnica del delegato sindacale sui temi della formazione, che non gli permette di apportare un contributo decisivo nella presa in carico dei progetti formativi. Quest’ultima affermazione, è confermata a tutt’oggi da una dichiarazione del 30 luglio 2009 da parte di un progettista AGFORM che lamenta una mancanza di scambio delle informazioni tra rappresentanti (RSU, in quel caso specifico) e i tecnici della stessa parte sociale, oltre che ad un’assenza dai tavoli di contrattazione:
“[…] il giorno prima di presentare il piano viene interpellato l’RSU e gli si dice di firmarlo. Firmano perché un piano formativo non si rifiuta mai. Oppure adesso ti chiamano o per chiederti una controproposta del piano, oppure per chiederti cosa sia. E allora tu gli spieghi cos’è un piano. Dovrebbero essere formati, ma spesso non vengono ai tavoli di progettazione. “
Per restare in tema il problema delle rappresentanze, almeno nelle imprese delle province venete, è il coinvolgimento. Con questo intendiamo i momenti in cui si cerca di ufficializzare attraverso “azioni” la contrattazione della formazione.
La situazione è critica, in quanto le iniziative formative sembrano non colpire l’attenzione delle rappresentanze:
29 Rif. Isfol, 2004b
▪ per la firma del progetto formativo si applica “spesso” solo il 10% del totale, “a volte” un buon 46% e “mai” un altrettanto buon 44%;
▪ la decisione sul “quando” erogare la formazione viene presa con le rappresentanze nel 22% dei casi e mai nel 41%;
▪ i lavoratori da formare vengono decisi con entrambe le parti presenti nel 59% dei casi; stessa situazione per definire i contenuti dei progetti. Sembrano essere gli argomenti di maggiore interesse per la parte sindacale;
▪ nelle decisioni in merito all’orario di erogazione della formazione la presenza è quasi parificata all’assenza (29% nel caso di rappresentante presente, 36% nel caso di rappresentante assente).
Sul fronte del pensiero teorico dei piani formativi, alcuni autori30 si sono impegnati a tramutare le conoscenze operative, in un modello che, in qualche modo, delineasse, lo sviluppo del negoziato e ne identificasse le sue fasi, sussumendo le azioni da svolgere per arrivare al compimento della bilateralità nella contrattazione della formazione. Il modello è esplicitato nella Tav. 4 che segue: una sorta di vademecum del rappresentante sindacale.
Tavola 4 - Fasi di sviluppo del negoziato sindacale sul piano formativo e punti di attenzione
Fasi di sviluppo del piano | Obiettivi | Oggetto di negoziato tra le Parti Sociali | Modalità operative | Punti di attenzione |
1. Condivisione strategica e orientamento | Definizione e condivisione collegiale dei principi generali dei piani e dei fabbisogni formativi | Si rendono esplicite e si condividono le ragioni per cui le parti sociali si impegnano congiuntamente a definire il perché ed il per come utilizzare la leva della formazione continua. Scelte di fondo (finalità ed obiettivi). Macro aree di competenze e contenuti (fabbisogni formativi). Risultati attesi in termini di impatto e ricaduta. | Tavoli di confronto. Comitati di indirizzo e pilotaggio. Modalità di animazione efficace per integrare i processi e la dinamica del confronto. | In questa fase è necessario condividere un possibile accordo di principio tra le parti (una Dichiarazione di Intenti) in cui si condivide l’idea di massima del piano e si allineano gli intendimenti sulle finalità e gli obiettivi di massima della formazione (obiettivi e risultati). Qui le parti sociali che condividono l’accordo potrebbero essere per esempio: il responsabile delle risorse umane, il responsabile della formazione e sviluppo e la Rsu/Rsa eventualmente supportata da Oo Ss territoriali e/o di categoria. |
2. Contestualizzazione | Condivisione formativa e formulazione degli indirizzi di orientamento | Si rende esplicito e si informa sul dettaglio del piano: strumenti, metodi e condizioni per la formulazione condivisa del piano. Ad esempio: obiettivi specifici ed azioni di sviluppo; destinatari coinvolti; modelli di apprendimento e metodologie formative; valutazione dei risultati; eventuale riconoscimento delle competenze apprese. | Incontro di informazione e validazione della nota di orientamento. | In questa fase è importante dare seguito ai contenuti espressi nel precedente accordo di intenti, arricchendolo di una nota di orientamento al Piano, che prende le misure dei vincoli e delle potenzialità coi quali si misurerà tutto il processo di progettazione e contiene riflessioni di scenario sul contesto organizzativo aziendale, aree critiche di formazione, i fabbisogni di apprendimento, i metodi e gli esiti della valutazione formativa. |
3. Progettazione tecnica e validazione del Piano | Elaborazione tecnica del piano in funzione degli indirizzi bilaterali. Approfondimenti di dettaglio e progettazione formativa | Le parti definiscono insieme il sistema di regole e le modalità di accesso alla formazione, le modalità di realizzazione del ciclo formativo (orario di lavoro, contenuti). Si rendono espliciti e si condividono, con chi realizza le attività formative, gli strumenti di approfondimento tecnico del piano. | Procedure di consultazione e condivisione tra le parti sulle linee generali del piano e approvazione delle finalità del piano. Incontri tra le figure tecniche del piano formativo e la Direzione aziendale della formazione e i responsabili delle linee, i rappresentanti di parte sindacale e datoriali, per validare il progetto tecnico del piano formativo e gli strumenti di realizzazione. | In questo terzo momento del processo del piano le Rsu/Rsa e/o le Oo Ss esterne debbono validare il progetto esecutivo e chiedere dati ed informazioni ai tecnici al fine di valutare di volta in volta la coerenza dell’indirizzo dato al Piano formativo o le sue opportune modifiche. La realizzazione tecnica del piano formativo è contenuta in un capitolato di piano formativo. Esso rappresenta un set di misure, contenuti, metodologie e strumenti che regolano i contratti di apprendimento tra lavoratore ed azienda, che debbono essere condivisi dalle rappresentanze sindacali. |
4. Monitoraggio in itinere e valutazione finale | Individuazione di un processo di condivisione tra le parti circa un possibile accordo per la ricaduta in azienda dell’apprendimento raggiunto. | I soggetti attuatori rendono espliciti i risultati dell’apprendimento. Le parti sociali condividono metodi, criteri, indicatori per valutare la qualità dell’erogazione e misurare l’apprendimento raggiunto. | Procedure di consultazione tra le parti per giungere ad individuare una metodologia e una strumentazione leggera per le verifiche in itinere e valutazione finale degli apprendimenti. | In questa ultima fase del piano le rappresentanze sindacali debbono essere messe in grado, da chi ha realizzato e gestito il piano, di poterne valutare gli esiti, condividendo con le figure aziendali i parametri in base ai quali si può valutare in itinere il processo di piano e alla fine il suo esito. Potrebbe essere richiesto un set leggero e flessibile di possibili strumenti o processi di riconoscimento dell’apprendimento e degli esiti del piano, ad esempio mediante l’utilizzo di: questionari di soddisfazione dei partecipanti ai corsi; questionari ai dirigenti dell’impresa sulla qualità della formazione; valutazione del rapporto tra obbiettivi previsti e condivisi, e risultati raggiunti; modalità ed azioni che consentano a distanza di tempo (qualche mese dai corsi) di verificare se la formazione ha migliorato l’organizzazione del lavoro e/o se ha rafforzato e migliorato le competenze dei lavoratori. |
Elaborazione da X. Xxxxxxx, 2002
Capitolo 5. L’impatto dei piani formativi dei fondi interprofessionali del terziario nella Regione Veneto nel periodo 2007 - 2009
5.1. Fon.ter: l’Avviso 1/2008
Risorse finanziarie
Tra il 2007 e il 2009 il Consiglio di Amministrazione del Fondo Interprofessionale Fon.Ter ha messo a bando un solo avviso, con una deliberazione del 22 Settembre 2008 e la chiusura dei termini di presentazione dei progetti formativi al 22 Luglio 2009, dando alle imprese aderenti 10 mesi di tempo per concordare e presentare un progetto formativo finanziabile. Il Fondo ha stanziato una somma totale pari a 18.575.687, 18 €, destinati ai lavoratori e lavoratrici dipendenti delle aziende aderenti. I lavoratori dovevano essere assunti con un contratto a tempo indeterminato, oppure con un contratto a tempo determinato con anzianità pari o superiore a tre mesi. Inoltre, potevano essere presi in considerazione lavoratori e lavoratrici di aziende in crisi congiunturale, in fase di riorganizzazione e/o riduzione temporanea delle attività. L’ammontare del totale delle risorse finanziarie è così ripartita:
▪ 5.000.000 € sono stati destinati a Progetti Formativi Nazionali di cui:
o 2.148.524, 30 € per il Settore Commercio-Servizi
o 895.959,27 € per il Settore Turismo
o 1.127.854,76 € per il Settore Socio-Sanitario
o 827.661, 68 € per Altri Settori Economici
▪ 13.575.687,18 € sono stati destinati a Progetti Territoriali suddivisi per Regione e Comparto di interesse. L’ammontare delle risorse per Progetti Territoriali è più consistente in Lombardia (2.186.276,54 €), in Xxxxxx Xxxxxxx (1.606.424,80 €), in Campania (1.602.022,10 €), in Sicilia (1.258.497,02€) e nella Regione Veneto, dove l’importo complessivo è di 1.206.308,58 € così ripartiti:
o 534.469, 30 € Settore Commercio-Servizi;
o 228.061,06 € Settore Turismo;
o 216.432,08 € Settore Socio-Sanitario;
o 227.346,14 € Altri Settori Economici.
Complessivamente, la maggior parte delle risorse viene stanziata per Progetti di natura commerciale e di servizio (5.801.888, 66€).
E’ da notare che l’apertura non presentava una denominazione specifica e/o un’area di intervento formativo descrittivo del bando, probabilmente per via della già chiara suddivisione per Comparti di azione, che rende più agevoli le adesioni delle imprese, chiarificando anche la quantità di risorse rese disponibili dal Fondo, e superflue altre classificazioni.
Classe dimensionale nei Comparti
L’andamento delle adesioni viene pubblicata sul sito di Fon.Ter, suddividendola per il criterio della classe dimensionale dell’impresa aderente.
Tabella 6 – Adesioni Imprese a Fon.ter - I Comparto
COMMERCIO-SERVIZI | ||
Classe | Numero Aziende | Numero Dipendenti |
1-50 dipendenti | 30.653 | 112.281 |
50-250 dipendenti | 442 | 41.398 |
250-500 dipendenti | 37 | 12.868 |
Oltre 500 dipendenti | 34 | 107.414 |
Totali | 31.166 | 273.961 |
Fonte: Elaborazione dal sito xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx
La Tab.6, ci suggerisce un adesione maggiore della micro e piccola impresa con il numero più alto di aziende (oltre 30.000) e di dipendenti (oltre 100.000), su tutto il territorio nazionale. Di contro, la classe d’impresa che aderisce di meno all’apertura sono le aziende oltre i 500 dipendenti, il cui numero si riduce a 34, anche se il numero dei dipendenti supera i 100.000, come nel caso delle micro aziende. Il dato, purtroppo, non è completo perché non sappiamo quanti di questi dipendenti sopraccitati siano effettivamente stati avviati alla formazione: come si è visto dai capitoli precedenti, per una questione legata al
costo totale di formazione, è abbastanza raro che un azienda formi tutti i suoi lavoratori contemporaneamente o mediante l’utilizzo di un solo avviso.
Tabella 7 – Adesioni Imprese a Fon.ter - II Comparto
TURISMO | ||
Classe | Numero Aziende | Numero Dipendenti |
1-50 dipendenti | 13.918 | 50.437 |
50-250 dipendenti | 98 | 8.775 |
250-500 dipendenti | 8 | 3.004 |
Oltre 500 dipendenti | 4 | 3.654 |
Totali | 14.028 | 65.870 |
Fonte: Elaborazione dal sito xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx
La Tab.7, dedicata al Turismo, mostra una tendenza simile al primo Comparto, ma con un numero di aderenti decisamente inferiore. Il totale delle aziende che si occupano del settore e che aderiscono all’apertura è metà di quelle dedicate al Commercio-Servizi; il numero di dipendenti circa un quarto. Anche in questo caso, la precedenza e l’interesse è nella micro e piccola impresa.
Tabella 8 – Adesioni Imprese a Fon.ter - III Comparto
SOCIO-SANITARIO | ||
Classe | Numero Aziende | Numero Dipendenti |
1-50 dipendenti | 1.976 | 11.289 |
50-250 dipendenti | 311 | 35.509 |
250-500 dipendenti | 47 | 16.027 |
Oltre 500 dipendenti | 30 | 34.322 |
Totali | 2.364 | 97.147 |
Fonte: Elaborazione dal sito xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx
La Tab. 8 ripropone una partecipazione simile ai primi due comparti, con i numeri e le peculiarità del settore Socio-Sanitario, di cui Fon.ter non mette a disposizione dati specifici sulle attività di questa tipologia di azienda, che si presuppone siano Aziende Sanitarie e/o altre forme accreditate da enti di derivazione pubblica e/o mutualistica. Ciò non toglie che il numero di aderenti è il
più basso tra i comparti, ma non un numero di dipendenti che si avvicina ai 100.000.
Tabella 9 – Adesioni Imprese a Fon.ter - IV Comparto
ALTRI SETTORI ECONOMICI | ||
Classe | Numero Aziende | Numero Dipendenti |
1-50 dipendenti | 9.985 | 49.966 |
50-250 dipendenti | 141 | 12.343 |
250-500 dipendenti | 6 | 1.912 |
Oltre 500 dipendenti | 5 | 9.028 |
Totali | 10.137 | 73.249 |
Fonte: Elaborazione dal sito xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx
Le aziende collocate nel Comparto “Altri Settori Economici” (Tab. 9) aderenti a Fon.ter sono un terzo di quelle che si occupano di Commercio – Servizi: la classe dimensionale rilevante resta nella micro e piccola impresa, dove sono presenti la maggioranza dei dipendenti. Le fonti disponibili non riportano nessuna specifica su quali siano i Settori Economici in cui operano tali aziende.
Nel complesso, l’aderenza al Fondo sulla base dell’Avviso 1/2008 pubblicato a fine 2008 ha visto la partecipazione di 57.695 imprese, costituite da 510.227 lavoratori dipendenti.
Piani formativi approvati nella Xxxxxxx Xxxxxx
Xx Xxx. 0 elenca i Progetti formativi Territoriali che sono stati approvati in Veneto dal CDA di Fon.ter a seguito dell’apertura. Nello specifico, vengono citati i Xxxxxxxx che hanno compartecipato alla realizzazione del Progetto (Soggetti Proponenti e Soggetti Attuatori), il numero di protocollo/archivio dove risiede ora la documentazione presso l’ente di riferimento, la data di ratifica del CDA e il titolo del progetto, che si riferisce al corso all’interno del quale i dipendenti hanno svolto la formazione.
Sono stati approvati complessivamente 32 corsi, più della metà dei quali promossi ed attuati dall’ente Cescot Veneto (18). Altri soggetti che si ripropongono più volte sono Sophia Group Srl (3) e Schema Consulting (2). Spuntano inoltre altri enti di formazione riconosciuti a livello nazionale, tra cui il CIPAT (Centro
Istruzione Professionale e Assistenza Tecnica) promosso dalla CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) nazionale e territoriale: promuove formazione consulenza nel settore primario, anche se negli ultimi anni ha ampliato i servizi anche verso soggetti terzi.
Tavola 5 – Denominazione dei piani formativi avviati nella Regione Veneto a seguito della ratifica (16/12/2009 – 29/05/2009) dal cda di Fonter per i Comparti di Commercio-Servizi, Turismo, Socio-sanitario, Altri Settori Economici
Soggetto proponente Numero di - Protocollo Soggetto (Archivio) attuatore | Data di presentazion e | Data di ratifica dal CDA | Titolo del Piano formativo - Titolo del Progetto formativo / Corso | |
Cescot Veneto | 35/01/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Formazione Studio Polato: le leve per l’innovazione continua |
Cescot Veneto | 47/01/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Come gestire un salone di parrucchieri: costruire un bagaglio tecnico ed artistico |
Cescot Veneto | 64/01/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Area commerciale: formazione e sviluppo HR. |
Cescot Veneto | 65/01/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Orientati all’eccellenza |
Cescot Veneto | 70/01/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Innovare i processi aziendali |
Sophia Group srl | 94/01/07/08 | 06/12/2008 | 16/12/2008 | Competenze professionali nei servizi intergrati |
Cescot Veneto | 60/03/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Costruire una relazione d’aiuto con le persone disabili |
Cescot Veneto | 69/04/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Strategie per un efficace sistema di gestione aziendale |
Cescot Veneto | 72/04/07/08 | 05/12/2008 | 16/12/2008 | Aggiornamento per un’organizzazione più competente |
ASS.FOR PIEMONTE | 93/04/07/08 | 06/12/2008 | 16/12/2008 | Management e marketing aziendale per lo sviluppo del gruppo Omas- Bressan |
Schema Consulting | 100/04/07/08 | 06/12/2008 | 16/12/2008 | Miglioramento organizzativo attraverso la formazione in C.M. Brunello Srl |
Sophia Group srl | 110/04/07/08 | 06/12/2008 | 16/12/2008 | Sviluppo di competenze trasversali in Anthesys |
Cescot Veneto | 163/01/07/08 | 29/12/2008 | 28/01/2009 | La fidelizzazione del cliente |
Cescot Veneto | 167/01/07/08 | 29/12/2008 | 28/01/2009 | Un nuova competenze per essere innovatori: il Key Account Management |
Cescot Veneto | 170/04/07/08 | 29/12/2008 | 28/01/2009 | La formazione del personale per il miglioramento continuo |
Cescot Veneto | 172/04/07/08 | 29/12/2008 | 28/01/2009 | Qualificazione del personale in azienda |
Schema Consulting | 197/04/07/08 | 30/12/2008 | 28/01/2009 | Aggiornamento delle competenze tecniche e trasversali per il personale di Arco e CMS |
FORMASI' SRL | 198/04/07/08 | 30/12/2008 | 28/01/2009 | Strumenti organizzativi e gestionali per il supporto dell’efficienza aziendale |
Cescot Veneto | 245/01/07/08 | 28/01/2009 | 24/02/2009 | Governare se stessi per un’organizzazione ottimale del lavoro |
Cescot Veneto | 251/01/07/08 | 29/01/2009 | 24/02/2009 | Adeguamento delle competenze di un gruppo di lavoro in crescita |
Cescot Veneto | 280/01/07/08 | 30/01/2009 | 24/02/2009 | Competenze e ruoli nel gruppo Confesercenti |
CIPAT della regione Veneto | 314/01/07/08 | 30/01/2009 | 24/02/2009 | Aggiornamento tecnico per il personale delle Società di Servizi all'impresa del sistema C.I.A. |
E-WORK | 201/02/07/08 | 30/12/2008 | 24/02/2009 | La formazione tecnica e relazionale in Free Service srl |
Sophia Group srl | 341/02/07/08 | 31/01/2009 | 24/02/2009 | Specializzazione linguistica ed orientamento al cliente nel settore crocieristico |
Ospedale Riabilitativo di Alta Specializzazione | 256/03/07/08 | 29/01/2009 | 24/02/2009 | Sviluppo di nuove competenze per la gestione eccellente della struttura |
Cescot Veneto | 289/03/07/08 | 30/01/2009 | 24/02/2009 | Il miglioramento continuo nell’erogazione di prestazioni sanitarie |
Centro Polifunzionale Don Calabria | 349/03/07/08 | 31/01/2009 | 24/02/2009 | Secondo piano di formazione continua pluriaziendale per lo sviluppo e la qualificazione delle figura professionali in ambito socio-sanitario |
Cescot Veneto | 463/01/07/08 | 27/02/2009 | 26/03/2009 | Gruppo Jmel: un sistema informativo completo per la gestione aziendale |
Cescot Veneto | 468/01/07/08 | 27/02/2009 | 26/03/2009 | Aggiornamento fiscale nel gruppo Confesercenti |
Centro Polifunzionale Don Calabria | 586/01/07/08 | 31/03/2009 | 28/04/2009 | Primo progetto territoriale mono - aziendale per una catena di supermercati del biologico |
Pulitalia | 611/01/07/08 | 28/04/2009 | 28/04/2009 | Il Business English per il miglioramento qualitativo delle prestazioni professionali |
CONSORZIO CTM ALTROMERCATO | 650/01/07/08 | 30/04/2009 | 29/05/2009 | Piano formativo Altro Mercato 2009 |
Fonte: CDA Fon.ter
La natura dei corsi di formazione che vengono approvati è particolarmente variegata e la loro denominazione suggerisce un focus sulle attività che riguardano più il Comparto Commercio – Servizi e il Comparto Altri Settori Economici, lasciando ampio margine decisionale alla presentazione dei Progetti Territoriali da parte delle imprese aderenti. Tentando una riduzione metodologica per tipologia, è possibile riscontrare la presenza di tre tipologie di corsi:
▪ Corsi per l’affinamento di competenze trasversali in gestione del lavoro e relazionali – comunicative;
▪ Corsi per l’aggiornamento in materia fiscale;
▪ Corsi di presentazione e conoscenza delle competenze manageriali e gestionali come leva per l’innovazione aziendale.
5.2. Avvisi e Conti Formazione di Fondimpresa (2006-2009)
Risorse finanziarie e tipologie di piani formativi
Tra il 2006 e il 2009 Fondimpresa ha emanato in totale 9 bandi di avviso a scadenza periodica, mettendo a disposizione delle aziende aderenti un ammontare complessivo di risorse pari a 247.860.000 €, per il finanziamento di piani formativi Territoriali, Settoriali, di Sicurezza e di Sostegno (come accumulo per Conto Formazione e/o stanziamenti per l’adozione di misure preventive da parte delle aziende aventi lavoratori a rischio licenziamento in tempi di crisi economica).
Nella sola Regione Veneto, il totale dell’importo complessivo vinto dalle aziende aderenti ha totalizzato nel triennio l’importo di 18.506.044, 35 € (dato aggiornato a luglio 2009), così ripartiti per tipologia di piano formativo:
▪ Territoriale: 8.400.760, 05 €
▪ Settoriale: 4.435.823,90 €
▪ Sicurezza: 5.269.460,40 €
▪ Sperimentazione modalità formative innovative: 400.000 €
L’attività di Fondimpresa in Regione ha coinvolto complessivamente 17.995 lavoratori di 1.236 aziende, per le quali se si utilizza la stessa suddivisione per tipologia di piano formativo, lo specchio delle attività complessive è il seguente:
▪ Territoriale: 1.427 corsi di formazione per 7.745 lavoratori di 589 aziende;
▪ Settoriale: 592 corsi di formazione per 2.607 lavoratori di 195 aziende;
▪ Sicurezza: 1.155 corsi di formazione per 7.643 lavoratori di 452 aziende.
Il fondo suddivide in tre tipologie i lavoratori (Tab.10), Operai, Impiegati, Quadri, attraverso le quale è possibile farsi un’idea dell’ammontare formativo che spetta a ciascuna posizione professionale, ed in base a quale piano formativo vengono più agevolati l’uno piuttosto che l’altro.
Tabella 10 – Valori assoluti delle tipologie professionali e tipologie di piani formativi nella Regione Veneto
TIPOLOGIA PIANO | LUOGO | OPERAI | IMPIEGATI | QUADRI | Totale |
Territoriale | Veneto | 2.969 | 4.325 | 451 | 7.745 |
Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx | Xxxxxx- Xxxxxx Xxxxxxx- Xxxxxx Xxxxxx | 000 4.651 | 1.780 2.753 | 138 239 | 2.607 7.643 |
Totale | 8.309 | 8.858 | 828 | 17.995 |
Fonte: Consulta delle Articolazioni Territoriali, Roma 15 luglio 2009
Il 61% del totale Operati (8.309) riceve formazione da piani sulla Sicurezza e solo il 26% di essi segue corsi di settore, l’aggiornamento professionale “puro”. La maggioranza degli Impiegati (4.325) viene iscritta a piani territoriali e più di un quarto del totale di questi (2.753) segue i corsi sulla sicurezza. I Quadri, infine,
sono proporzionalmente un decimo delle figure impiegatizie e operaie, e vengono messi in formazione attraverso piani formativi territoriali.
Nella Tab. 6 si è cercato di sistematizzare ed accorpare le informazioni riguardanti la tipologia del piano e il numero, i periodi di scadenza, l’importo totale nazionale e l’importo totale regionale. Come si nota, non tutte le celle sono compiute: la dispersione nel reperimento del dato è un ulteriore limite all’analisi.
Tavola 6 – Codici degli avvisi erogati da Fondimpresa dal 2006 ad oggi con alcune specifiche descrittive
Denominazione | Tipologia | Periodi di scadenza | Piani finanziati | Importo totale stanziato (€) | Importo totale per il Veneto (€) |
1/2006 | Territorial e | 28 febbraio 2007 | 52 | 35.960.000 | 3.800.000 |
1/2007 | Settoriale Territorial e | 1-31 ottobre 2007 - 14 marzo 2008 15 aprile 2008 | 34 | 49.900.000 | 2.909.921 |
1/2008 | Sicurezza | 8 luglio 2008 15 ottobre 2008 | 147 | 12.000.000 | 1.477.814 |
2/2008 | Settoriale Territorial e | 17 novembre – 15 dicembre 2008 - 1-30 aprile 2009 | 86 | 60.000.000 | 3.469.800 |
3/2008 | Sostegno (Piani formativi aziendali in Conto Formazio ne) | 15 gennaio 2009 29 gennaio 2010 | 318 (settembre 2009) | 6.000.000 | In corso |
4/2008 | Territorial e | 2 – 31 marzo 2009 | 17 (aprile 2009) | 2.000.000 | 400.000 |
1/2009 | Sicurezza | 9 marzo 2009 - 15 settembre – 15 ottobre 2009 | 52 | 12.000.000 | 1.599.840 |
2/2009 | Settoriale Territorial e | 16 novembre – 15 dicembre 2009 - 1-30 aprile 2010 | ND | 60.000.000 | 3.600.000 (da assegnare) |
3/2009 | Sostegno (per aziende con lavoratori ad alto rischio licenziam ento) | 15 ottobre 2009 – 15 ottobre 2010 | ND | 10.000.000 | In corso |
Fonte: ns. elaborazione dal sito Fondimpresa accorpati ai dati della Consulta delle Articolazioni Territoriali, Roma il 15 Luglio 2009
Come si nota, tutti gli avvisi dal 28 febbraio 2007 a settembre 2009 sono stati completati e la distribuzione delle risorse è già avvenuta su base territoriale. Rimangono aperti: l’Avviso 3/2008 a Sostegno della iniziative di Conto Formazione, con scadenza a gennaio 2010, l’Avviso 2/2009 (con prima scadenza prossima a novembre – dicembre 2009, e la seconda in aprile 2010), l’Avviso 3/2009 (con scadenza entro ottobre 2010).
Conto formazione
La modalità del Conto Formazione distingue Fondimpresa dagli altri fondi interprofessionali. Essa concede alle imprese aderenti una modalità individuale per gestire in autonomia la formazione, accumulando credito attraverso il 70% del contributo obbligatorio del 0,30% sulle retribuzioni dei dipendenti versato all’INPS. L’azienda ha poi la possibilità di usufruire di queste risorse con le medesime modalità del Conto di Sistema (Avviso), presentando un piano formativo adeguato alle esigenze richieste dal settore.
Talvolta, come nel caso dell’Avviso 3/2008, il Conto Formazione è legato più alle risorse integrative che una tantum, o in seguito ad eventi economicamente
sfavorevoli (ad esempio la crisi economica del 2008 e licenziamenti), vengono messe a bando per integrare i costi fissi della formazione.
Le tipologie di piano formativo con questa modalità sono principalmente sei: Aziendale, Aziendale Multi Regionale, Aziendale Solo Voucher, Aziendale Con Voucher, Interaziendale, Interaziendale Multi Regionale.
I dati resi disponibili dalla Consulta delle Articolazioni Territoriali, riunitasi a luglio 2009 alla presenza delle rappresentanze sindacali, sono aggiornati all’11 settembre 2009 e mostrano il seguente risultato delle attività sul territorio nazionale:
▪ Sono stati presentati complessivamente 900 piani formativi;
▪ La maggior parte di questi (755) sono di tipo Aziendale;
▪ Il costo totale dei piani è di 7.274.806, 24 € di cui 4.638.890 € a carico di Fondimpresa;
▪ Le azioni formative sono state 1.126, per un totale ore corsi di 126.191 e un numero complessivo di allievi di 34.461
AVVISO 1/2008: “Sicurezza sul lavoro e tutela della salute dei lavoratori” Aree di intervento e priorità di selezione
L’Avviso propone alle imprese di presentare piani formativi che siano inerenti a tre aree tematiche specifiche, così descritte dal bando (Fonte: sito Fondimpresa):
a. la Sicurezza: interventi formativi finalizzati all’incremento della sicurezza sui luoghi di lavoro e al miglioramento dei livelli di prevenzione e protezione;
b. la Gestione ambientale e sicurezza: azioni formative inerenti ad aspetti di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, direttamente connessi al Sistema di Gestione Ambientale;
c. i Sistemi di gestione integrati: sviluppo della competenze in materia di sicurezza e di tutela della salute nell’ambito di interventi per la introduzione di sistemi di gestione della sicurezza o di sistema di gestione integrata qualità, ambiente, sicurezza.
Inoltre, le priorità definite dal bando devono essere contenute in forma progettuale all’interno del piano stesso, oppure inserite nella lettera di manifestazione di interesse delle aziende aderenti. Trattandosi di sicurezza, ha priorità la presenza di lavoratori maggiormente soggetti ai rischi di infortunio, ovvero: lavoratori non italiani, lavoratori di età inferiore ai 32 anni (quindi con ridotta esperienza) e i lavoratori assunti dall’azienda da meno di 12 mesi. La tipologia di azienda aderente che presenta il piano deve essere, nella misura di almeno il 30% delle proposte approvate da CDA, attiva in settori economici con maggiore frequenza di infortuni: metallurgia, fabbricazione di prodotti in metallo, fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, fabbricazione di mezzi di trasporto, trasporti e logistica, magazzinaggio e comunicazioni, fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici. Inoltre, ritorna in auge la necessità di formazione di aziende di classe dimensionale piccola e/o media (max 150 dipendenti) che abbiano attivato, o che stiano attivando, percorsi di formazione sulle competenze gestionali, di processo e comportamentali in materia di prevenzione e protezione dai rischi sui luoghi di lavoro. Tutti i lavoratori, indistintamente dalla tipologia del contratto, devono essere occupati nelle aziende iscritte al fondo per i quali sia previsto il versamento del contributo integrativo ai sensi dell’art. 25 della legge n. 845/1978.
Piani formativi approvati nella Regione Veneto
La prima fase per la presentazione dei piani formativi è scaduta alle ore 12.00 del 10 aprile 2008. Nella Regione Veneto sono stati approvati complessivamente 10 piani formativi che hanno coinvolto 4.668 lavoratori per un ammontare complessivo di 1.871.912 €. Come è possibile vedere dalla Tav.7, gli enti che riportano maggiori chance di accettazione dei piani formativi presentati sono quelli il cui interesse è legato al ramo industriale, come Foréma (Ente di formazione di Confindustria di Padova), Formazione Unindustria di Treviso e l’ente SIVE Formazione di Mestre che ha totalizzato due edizioni di “Lavorare in sicurezza”, a cui hanno partecipato 1.152 lavoratori in due trance.
Tavola 7 – Piani formativi approvati nella Regione Veneto. Fondimpresa AV 1/2008 - I fase
Soggetto proponente - Soggetto attuatore | Numero di Protocollo (Archivio) | Titolo del Piano formativo - Titolo del Progetto/Corso | Numero dei lavoratori implicati | Ammontare del finanziamento erogato (€) |
SIT | AV/10/S08 | Piano formativo per la sicurezza e la prevenzione dei rischi sul lavoro. | 331 | 72.072,00 |
Soggetto unico | AV/17/S08 | La sicurezza nelle aziende del territorio vicentino | 415 | 200.000,00 |
ESEV Verona, Centro per la FP delle maestranze edili della prov. di Vicenza "A.Palladio" | AV/18/S08 | La sicurezza nelle aziende venete con particolare attenzione al mondo dell'edilizia e al suo indotto | 462 | 199.980,00 |
CIM&FORM | AV/19/S08 | Impresa Sicura | 376 | 199.980,00 |
SIVE Formazione | AV/20/S08 | Lavorare in Sicurezza ed.1 | 450 | 199.980,00 |
SIVE Formazione | AV/21/S08 | Lavorare in Sicurezza ed.2 | 702 | 199.980,00 |
FOREMA/ASSITA L | AV/22/S08 | Security Environment | 438 | 199.980,00 |
FOREMA/ASSITA L | AV/23/S08 | Crescere in azienda in siurezza | 606 | 199.980,00 |
Formazione | ||||
Unindustria Treviso/ | ||||
REVIVISCAR, | ||||
Ente Scuola | ||||
Professionale | ||||
Lavoratori Edili e Affini Prov. di | AV/24/S08 | Formazione e sicurezza sul | 420 | 199.980,00 |
Treviso, | lavoro - ed. 2 | |||
CFPME- Centro | ||||
Formazione | ||||
Professionale | ||||
Maestranze Edili | ||||
Formazione | ||||
Unindustria Treviso/ | ||||
REVIVISCAR, | ||||
Ente Scuola Prof. Lavoratori Edili e Affini Prov. di | AV/25/S08 | Formazione e sicurezza sul lavoro- ed. 1 | 468 | 199.980,00 |
Treviso, | ||||
CFPME - Centro | ||||
Formazione Prof. | ||||
Maestranze Edili |
Fonte: CDA Fondimpresa
Riguardo alla seconda fase (Tav. 8), la cui scadenza a decorrere dal 15 settembre 2008 fino alle ore 12.00 del 15 ottobre 2008, i dati sono incompleti per mancanza di una loro effettiva pubblicazione. Si può affermare che, nel complesso, di 11 piani formativi i lavoratori che hanno partecipato alla formazione sono leggermente inferiori alla prima fase del medesimo bando (3.771) e che l’ammontare della spesa complessiva è di 2.999.570 €. Anche in questo caso, gli enti di formazione che meglio gestiscono l’accaparramento delle risorse sono Foréma scarl (per il polo terziario di Padova), la Formazione Unindustria di Treviso e, da parte sindacale, tra i soggetti attuatori per il piano
formativo AV/23/S08II è stata determinante la presenza dell’ente di consulenza e formazione che fa capo alla CGIL Veneto, AGform Srl.
Tavola 8 - Piani formativi approvati nella Regione Veneto. Fondimpresa AV 1/2008 - II fase
Soggetto Numero di proponente Protocollo - (Archivio) Soggetto attuatore | Titolo del Piano formativo - Titolo del Progetto/Corso | Numero dei lavoratori implicati | Ammontare del finanziamento erogato (€) | |
Foréma | AV/19/SO8II | Organizzare e gestire in sicurezza | ND | 199.980 |
Foréma | AV/20/SO8II | Impresa-sicura per competere | ND | 199.980 |
Formazione Unindustria Treviso | AV/21/SO8II | Lavorare in sicurezza Ed.2 | ND | 199.980 |
Risorse in crescita | AV/22/SO8II | La sicurezza nella Provincia di Vicenza Ed.1 | ND | 199.980 |
CIM & FORM/ | AV/23/S08II | La sicurezza in | 378 | 199.980 |
AGForm Srl | azienda | |||
STUDIO ESSEPI | ||||
Srl | ||||
Formazione Unindustria Treviso/ REVIVISCAR Ente Professionale Lavoratori edili ed Affini della Provincia di Treviso C.F.P.M.E. - Centro Formazione professionale maestranze edili ECOFIN Consulting srl | AV/24/S08II | Lavorare in sicurezza ED.1 | 468 | 199.980 |
Foréma/ASSISTA L | AV/25/S08II | Sicurezza: La nuova strategia per il lavoro | 430 | 199.980 |
SIVE Formazione Formazione alla 462 ECOFIN AV/26/S08II sicurezza e alla 199.980 Consulting prevenzione |
Lavorare in sicurezza nella 500 CIFIR scarl AV/27/S08II Provincia di 199.980 Xxxxxx XX.0 |
La sicurezza nella 505 Risorse in Crescita AV/28/S08II Provincia di 200.000 Vicenza ED. 2 |
- Istituto Salesiano - ENIPG - Xxx Xxxxx Ente - Ist. Pavoniano Nazionale per Artigianelli l'Istruzione - Comitato Professionale Provinciale per Grafica l'Istruzione - INFO srl Professionale dei - ASIG Lavoratori Service srl dell'Industria - Osservatorio Grafica Tecnico per i - Associazione Quotidiani e le ATS Grafica 650 CNOS-FAP Agenzie di 2008/filiera grafica 799.770 Regione Lazio Informazione - Impricart srl "Carlo - Associazione Lombardi" Padre Monti - A.F.G.P. - - Istituto Rizzoli Associazione per l'insegnamento Formazione delle Arti Grafiche Xxxxxxxx - Ass. CNOS-FAP Piamarta Regione AVS/31/08 Lombardia |
Fonte: CDA Fondimpresa
Riassumendo: l’impatto nell’area veneta del primo avviso indetto da Fondimpresa nel 2008 ha dato i seguenti risultati:
▪ 21 piani formativi approvati nelle due fasi, quindi tra il 10 aprile e il 15 ottobre 2008;
▪ 8.439 lavoratori “a rischio” messi in formazione;
▪ 4.871.482 € di stanziamento complessivo da parte del fondo.
AVVISO 2/2008
Aree di intervento e priorità di selezione
A differenza dell’avviso 1/2008, il secondo bando pubblicato da Fondimpresa per l’anno 2008 non ha titolo. Tuttavia, è particolarmente pregnante la suddivisione delle tipologie e delle aree tematiche che richiede. Nello specifico, dai documenti si legge un interessamento del fondo verso progetti formativi che si occupino di:
▪ Ambiente, sicurezza ed innovazione organizzativa: innovazioni organizzative finalizzate anche all’incremento della sicurezza sui luoghi di lavoro e/o alla salvaguardia dell’ambiente.
▪ Sviluppo organizzativo: azioni legate alla crescita professionale e allo sviluppo organizzativo;
▪ Innovazione tecnologica: processi di implementazione di innovazioni tecnologiche in impresa;
▪ Competenze tecnico professionali: azioni di sviluppo delle competenze tecnico professionali finalizzate al rafforzamento del potenziale dell’individuo e dell’impresa;
▪ Competenze gestionali e di processo: azioni di sviluppo delle competenze di carattere gestionale e di processo;
▪ Qualificazione/Riqualificazione: azioni per il rafforzamento delle competenze di base e professionali, o volte a favorire processi di riqualificazione.
Le priorità messe a bando per le suddette competenze da sviluppare in sede di formazione, riguardano: alcune categorie svantaggiate (donne, popolazioni non statistiche sfavorite dal ricevere formazione), imprese che abbiano come missione l’innovazione (di processo, di produzione, organizzativa), la crescita dimensionale (ovvero l’aspirazione a passare da una classe dimensionale piccola verso un allargamento dell’impresa) favorendo anche l’aggregazione e l’integrazione con altre imprese; imprese che abbiano sbocchi produttivi e commerciali all’estero, che consentano ai lavoratori uno sviluppo professionale e che rispettino l’ambiente. Per tutti lavoratori partecipanti deve essere riconosciuto il versamento del contributo integrativo ai sensi dell’art. 25 della legge n. 845/1978 e il 65% del complesso dei destinatari, devono provenire da imprese aderenti al fondo con un personale inferiore a 200 dipendenti.
Piani formativi approvati nella Regione Veneto
Nella prima fase, i piani formativi approvati sono stati 7 per un totale di 3.758.385
€ di finanziamenti. Le risorse sono andate ad Arcadia Consulting Srl, una società di consulenza e formazione sita a Cittadella (Padova), a Foréma scarl, alla Formazione Unindustria Treviso, a Risorse in Crescita e a Confindustria Veneto SIAV, in quanto soggetti proponenti capofila.
La particolarità dei risultati di questa apertura sono i partenariati costituiti tra più enti di formazione, soprattutto dove l’ammontare delle risorse è superiore ai
400.000 € e con 500 lavoratori. I lavoratori messi in formazione nella prima fase ammontano a 3.031, distribuiti tra le province di Padova, Treviso, Vicenza e nella Regione del Friuli Venezia Giulia.
Tavola 9 - Piani formativi approvati nella Regione Veneto. Fondimpresa AV 2/2008 - I fase
Soggetto Proponente Numero di - Protocollo Soggetto (Archivio) Attuatore | Titolo del Piano formativo - Titolo del Progetto/Cors o | Numero dei lavoratori implicati | Ammontare del finanziamento erogato (€) |
Arcadia Consulting AVT/59/08 Srl | Sviluppo della competitività d’impresa | 129 | 208.740 |
Foréma scarl CIFIR Scarl Assistal AVT/72/08 Crel Veneto Genesis | Gli strumenti per il miglioramento delle professionalità aziendali | 500 | 499.950 |
SIVE Formazione X.XX&FOR M AVT/73/08 Studio Essepi Srl Federazione CNOS-Fap | Strumenti per innovare e competere | 500 | 499.950 |
Formazione Unindustria Treviso AVT/74/08 Reviviscar Cofin Consorzio | Formazione, innovazione e competitività | 500 | 499.950 |
Risorse in crescita AGform Srl AVT/75/08 Ecofin Consulting Srl | La formazione gestionale e operativa nel territorio vicentino | 500 | 499.950 |
Confindustri a Veneto SIAV SpA AVT/76/08 Formindustr ia | Piano formativo Confindustria Friuli Venezia Giulia 2009 | 252 | 249.975 |
Risorse in crescita AVS/77/08 | Sviluppare la professionalità nell’impresa metalmeccanic a: produzione efficiente, innovatività e orientamento al mercato | 650 | 799.920 |
Fonte: CDA Fondimpresa
In merito alla seconda fase, il sito di Fondimpresa riporta l’elenco dei piani finanziati ma senza l’ammontare del finanziamento e il numero di lavoratori messi in formazione. L’approvazione è data 23 settembre 2009, e per il Veneto conta 5 piani formativi presentati da:
▪ Foréma scarl (numero di protocollo: AVT/24/08II)
▪ Risorse in crescita (numero di protocollo: AVT/26/08II)
▪ Confindustria Veneto SIAV SpA (numero di protocollo: AVT/27/08II)
▪ Arcadia Consulting Srl (numero di protocollo: AVT/81/08II)
▪ CPIPE (Centro Provinciale di Istruzione Professionale Edile) (numero di protocollo: AVT/80/8II)
AVVISO 3/2008 – Sostegno alla presentazione dei piani formativi sul “Conto Formazione” delle imprese aderenti di dimensioni minori
Aree di intervento e priorità di selezione
Come suggerisce il titolo dell’apertura, l’Avviso 3 ha ad oggetto i piani formativi presentati sul Conto Formazione, ai quali Fondimpresa concede un ulteriore finanziamento nella misura di 1.000.000 € totale, circa 8.000 € per ogni piano presentato. Le condizioni di imprese e lavoratori per usufruire dell’integrazione sono le seguenti:
▪ Le imprese aderenti debbono aver aderito al fondo entro, e non oltre, la denuncia contributiva all’INPS dell’ottobre 2007 a cui deve aver versato il contributo integrativo obbligatorio dello 0,30 % sulla retribuzione dei dipendenti;
▪ Le imprese debbono aver maturato un accantonamento sul proprio “Conto Formazione” che sia inferiore agli 8.000 € e presentare il piano formativo
a valere sul proprio “Conto Formazione aziendale”, verso cui viene richiesto il finanziamento aggiuntivo previsto dall’Avviso 3.
▪ I destinatari sono esclusivamente i lavoratori già occupati, per i quali è valido l’obbligo di versamento contributivo all’INPS in base all’art. 25 della legge n. 845/1978 e successive modifiche.
Piani formativi
Le aziende possono presentare i piani formativi dal 15 gennaio 2009 e, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, non oltre il 31 ottobre 2009. Di recente, l’avviso ha concesso una proroga per la presentazione al 29 gennaio 2010 mettendo a disposizione più risorse: 6.000.000 €.
Un aggiornamento del 23 settembre 2009 conta un totale di 318 piani formativi finanziati, con un finanziamento aggiuntivo di 1.462.012, 92 € e un costo totale dei piani di 3.113.295, 96. Nella sola Regione Veneto sono stati finanziati 92 piani formativi (i più numerosi). I rimanente è ancora disponibile per le aziende entro, e non oltre la data del 29 gennaio 2010 salvo ulteriori proroghe.
Avviso 4/2008 – “Sperimentazione di modalità innovative di formazione per le imprese aderenti di dimensioni minori”
Aree di intervento e priorità di selezione
L’apertura 4 si pone la finalità di sperimentare modalità innovative di svolgimento delle attività formative, specialmente nelle imprese di classe dimensionale media, al di sotto dei 100 dipendenti. Per fare questo, l’avviso ha avviato una prima fase esplorativa stanziando 2.000.000 €, così ripartiti in 6 regioni italiane: 600.000 € in Lombardia, 400.000 € in Veneto, 300.000 € in Piemonte, 300.000 € in Xxxxxx Xxxxxxx, 200.000 € nelle Marche ed altri 200.000 € in Campania.
Le aree tematiche di interesse sono le medesime descritte dall’Avviso 2/2008:
▪ Ambiente, sicurezza e innovazione organizzativa;
▪ Sviluppo Organizzativo;
▪ Innovazione tecnologica;
▪ Competenze tecnico-professionali;
▪ Competenze gestionali e di processo;
▪ Qualificazione/riqualificazione;
Riguardo alle priorità e ai destinatari dei piani formativi, gli elementi di interesse riguardano specificamente:
▪ Le donne e lavoratori di imprese aderenti fino a 49 dipendenti e tutti i lavoratori occupati in imprese fino a 99 dipendenti, ubicate negli ambiti territoriali di riferimento (regioni);
▪ Aziende che provvedano a sviluppare attività innovative per l’erogazione della formazione continua, come la presenza di modalità non tradizionali quali action learning, FAD, affiancamento, training on the job, coaching, per almeno il 60% della durata del piano formativo-
Piani formativi approvati nella Regione Veneto
Al 31 marzo 2009, le domande pervenute per il finanziamento hanno avuto risposta. La Regione Veneto si aggiudica due finanziamenti di 200.000 € ciascuno (da qui l’ammontare complessivo stanziato di 400.000 € previsto) per i seguenti piani:
1. L’ente di formazione Risorse in crescita presenta un piano formativo dal titolo: “Strumenti per il miglioramento e l’integrazione dei processi nelle filiere e nei network di PMI manifatturiere”, archiviato al numero di protocollo AV4/07/08;
2. L’ente di formazione di Confindustria Veneto (SIAV Spa), presenta un piano formativo dal titolo: “Innovazione e miglioramento dei processi
nelle PMI della filiera ICT” , archiviato al numero di protocollo
AV4/08/08.
Entrambi i piani formativi sono in corso di attuazione. Per il secondo, l’ente Ires Veneto sta provvedendo al monitoraggio delle azioni formative dal 1 settembre 2009.
AVVISO 1/2009 – “Sicurezza sul lavoro e tutela della salute dei lavoratori”
Aree di intervento e priorità di selezione
Ulteriore apertura al 2009 con la sicurezza sul lavoro nelle imprese, un tema già toccato nell’Avviso 1/2008. Le risorse stanziate sono complessivamente pari a
12.000.000 € suddivisi in due scadenze per la presentazione dei piani da
6.000.000 € ciascuna: la prima scadenza entro il 9 marzo 2009, la seconda tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2009 entro le ore 12.
Gli ambiti di intervento sono i medesimi dell’Avviso 1/2008, ovvero: Salute e sicurezza; Gestione ambientale e sicurezza e Sistemi di gestione integrati che devono apparire nei piani formativi. Inoltre, tra le priorità concesse ai presentatori appaiono di sicura importanza:
▪ la presenza di lavoratori soggetti al rischio di infortunio sul lavoro: lavoratori stranieri, di età inferiore ai 32 anni, oppure assunti da meno di 12 mesi oppure donne;
▪ la presenza di percorsi di sviluppo integrato di competenze gestionali, di processo e comportamentali in materia di tutele della salute, prevenzione e protezione dai rischi sui luoghi di lavoro che generi, anche, competenze comportamentali in materia di sicurezza;
▪ la condivisione del piano formativo a livello territoriale, e a livello delle categorie competenti.