TRA
PROTOCOLLO D’INTESA SPERIMENTALE TRA LA ATS - ASSL CAGLIARI E LA CASA CIRCONDARIALE DI CAGLIARI-UTA PER LA PREVENZIONE E LA RIDUZIONE DEL RISCHIO AUTOLESIVO E SUICIDARIO NELL’ISTITUTO PENITENZIARIO
TRA
L’Azienda per la Tutela della Salute (ATS) Sardegna, con sede legale in Xxxxxxx, Xxx Xxxxx Xxxxxx x. 00, C.F. 92005870909 e P. I.V.A. 00935650903, nell’interesse dell’ASSL Cagliari in persona del Direttore, Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx, delegato con deliberazione ATS n° del , domiciliato per la carica presso le sede legale della ASSL Cagliari in Xxx Xxxxx xxxxx Xxxxxxxxx, 0 Selargius
E
la Casa Circondariale di Cagliari - Uta, nella persona del Direttore f.f. xxxx. Xxxxx Xxxxx, C.F. PRCMRC68S13B354I domiciliato per la carica presso Casa Circondariale di Cagliari - Uta
PREMESSO
• che il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri e che gli istituti penitenziari (I.I.P.P.) hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza delle persone detenute;
• che il suicidio di una persona detenuta rappresenta un forte agente stressogeno per il personale che lavora nell’Istituto Penitenziario (I.P.) e per gli altri detenuti e che pertanto un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero Istituto;
• che gli I.I.P.P. sono luoghi dove si concentrano gruppi vulnerabili di popolazione, che sono tradizionalmente tra quelli più a rischio, ovvero giovani maschi, persone con disturbi mentali, persone interdette, socialmente isolate, con problemi di abuso di sostanze, e con storie di precedenti comportamenti suicidari, ai quali si sommano l’impatto psicologico dell’arresto e dell’incarcerazione, le crisi di astinenza dei tossicodipendenti, la consapevolezza di una condanna lunga, o lo stress quotidiano della vita in carcere;
VISTI
• il documento “Prevenzione del suicidio nelle carceri” redatto dall’OMS nel 2007;
• la Raccomandazione n. 4 del Ministero della Salute “Prevenzione del suicidio di paziente in ospedale”, marzo 2008;
• il documento “Il suicidio in carcere Orientamenti bioetici” elaborato dal Comitato Nazionale per la Bioetica il 25 giugno 2010;
• l’accordo conseguito in sede di conferenza unificata Stato-Regioni del 19.01.2012, contenente le ”Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei
detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale”;
• l’allegato A del DPCM 1° aprile 2008 “ Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria” che riserva, in particolare, una specifica attenzione alla tematica della presa in carico dei nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidario;
• le "Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio Sanitario Nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari, e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale”, stipulate congiuntamente dal Ministero della Salute e dal Ministero della Giustizia, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 Febbraio 2012;
• le disposizioni ministeriali diramate con circolari D.A.P. nn. 0445732 del 25.11.2011, 0251644 del 13.07.2013, 0144378 del 17.04.2014, 0215131 del 17.06.2015, 0425948 del 21.12.2015 e n.42087 del 04.02.2016, n.79280 del 28.03.2017, recettive del predetto accordo, delle intervenute disposizioni sulla sorveglianza dinamica dei detenuti appartenenti al circuito di media sicurezza e concernenti la predisposizione di interventi multi professionali mirati alla riduzione del rischio suicidario;
• la D.G.R. n. 13/5 del 14.03.2017 “ Definizione della Rete regionale della Sanità Penitenziaria in attuazione dell’Accordo Stato Regioni del 22.01.2015. Annullamento delle Linee Guida per l’organizzazione del servizio e il trasferimento dei rapporti di lavoro approvato con Xxxx. G.R.
n. 17/12 del 24.04.2012. Nuove Linee Guida;
• la nota Provveditorato Regionale A.P. della Sardegna n°7842/XxxX/S9 del 28.03.2017;
• il documento prodotto dal Gruppo interistituzionale ASL8 di Cagliari - Amministrazione Penitenziaria e Giustizia Minorile per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario, istituito su richiesta della Regione Sardegna e su mandato dell’Osservatorio Regionale sulla sanità penitenziaria;
ATTESO CHE
Nel presente protocollo viene privilegiata l'osservazione integrata da parte di tutti gli operatori del “sistema penitenziario” al fine di intercettare precocemente segnali di vulnerabilità predittivi di comportamenti a rischio, alla quale segue la condivisione delle osservazioni e la programmazione degli interventi in relazione alla specifica organizzazione dell’I.P. di Uta.
Tutte le figure professionali che a qualsiasi titolo hanno un contatto con le persone detenute sono coinvolte nell’attività di osservazione e di attenzione diffusa, in particolare il personale di polizia penitenziaria, che più di altri svolge un presidio costante dei settori detentivi.
Vengono superati i vecchi concetti di grande sorveglianza e sorveglianza a vista, sanitaria o custodiale, improntati ad una gestione meccanica della persona, a tutto vantaggio di un approccio multi professionale delle situazioni a rischio.
Viene favorita la partecipazione della persona, che fa leva principalmente sull'ascolto, la conoscenza e il sostegno, al fine di valorizzare la relazione interpersonale.
Si avrà cura di responsabilizzare la popolazione detenuta attraverso il coinvolgimento dei detenuti
disponibili all’accoglienza e al supporto dei propri compagni di detenzione (peer supporters).
Lo strumento cardine in grado di individuare precocemente e trattare stati di disagio psicologico con tempestività è il coordinamento funzionale delle diverse figure professionali mediante costanti interazioni e sinergie, nel rispetto delle competenze di ciascuna area operativa.
Si realizza una rete precostituita di comunicazione per cui chiunque rilevi un rischio sappia a chi e come comunicarlo, al fine di migliorare la conoscenza della persona e consentire di costruire gli interventi più adeguati al caso specifico.
Presso l’I.P. di Uta viene istituito un gruppo multi professionale, denominato Gruppo S.O.S. (Servizio Operatori Sostegno), composto da professionalità mediche, psichiatriche, psicologiche, infermieristiche, educative e di polizia penitenziaria. Tale gruppo, al quale vengono inviate le segnalazioni, ha il compito di valutare le situazioni di disagio di cui al presente protocollo che si possono verificare sia al momento dell’arresto che nel corso di tutta la detenzione, programmando gli interventi sia individualizzati che di sistema, anche con l’eventuale coinvolgimento della comunità esterna e del volontariato.
Il Gruppo S.O.S. riassorbe le competenze dello Staff di accoglienza e Sostegno di cui alle disposizioni
D.A.P. ed eventuali ulteriori staff multidisciplinari per la gestione dei casi critici, escludendo in ogni caso il Gruppo di Osservazione e Trattamento di cui all’art. 29 D.P.R. 230/2000.
I componenti del Gruppo S.O.S. e i ruoli verranno stabiliti di concerto tra il Direttore dell’I.P. e il Responsabile dell’U.O. Tutela della salute in carcere.
Per le comunicazioni al Gruppo S.O.S. viene attivata una mail dedicata, alla quale avranno accesso i componenti del gruppo, il Direttore dell’I.P. e il Responsabile dell’U.O. della ASSL.
In ogni caso restano di esclusiva competenza del Servizio Sanitario Nazionale gli interventi terapeutici a carattere sanitario appropriati da adottare all'interno o all’esterno dell'Istituto.
Tutto ciò premesso, si stabilisce e si stipula quanto segue:
Art. 1 INGRESSO IN CARCERE
L’arresto e l’ingresso in carcere rappresentano un evento connotato da forte stress emotivo e di rottura di un equilibrio psicologico, che può prescindere dallo stato psichico della persona.
Ciò rende necessario sottoporre a screening specifico tutte le persone che fanno ingresso nell’I.P.
Il medico di turno, alla presenza dell’infermiere, effettua la visita di primo ingresso il più presto possibile e comunque entro 8 ore dalla segnalazione.
La valutazione precoce del rischio suicidario viene effettuata in base alle indicazioni riportate nell’allegato 1 e alla scala di Blaauw.
Se emergono sospetti o vengono evidenziati fattori di rischio o se la scala di Blaauw rileva un valore
uguale o superiore a 24, l’operatore deve approfondire il colloquio con il paziente e al tal fine è consigliato utilizzare la traccia presentata nell’Allegato 2 (facente parte della Raccomandazione Ministeriale n. 4, elaborata sulla base delle correnti linee guida psichiatriche internazionali, nonché di indicazioni nazionali).
A tutte le persone detenute è assicurato un colloquio con lo psicologo, di norma entro le 48 ore dall’arrivo.
Alle persone detenute “nuovi giunti” verranno consegnati un “kit di prima sistemazione” nel caso in cui fossero sprovviste di prodotti per l'igiene personale e di abbigliamento intimo e un opuscolo predisposto di concerto tra l’Amministrazione Penitenziaria e l’Area sanitaria, nel quale vengono riportate le informazioni di base per accedere ai servizi sanitari e dell’area della sicurezza, al fine di facilitare l’orientamento all’interno della struttura penitenziaria.
Si distinguono le seguenti tipologie di ingresso in carcere:
A) PERSONE DETENUTE NUOVI GIUNTI DALLA LIBERTA'
Xxxxxxx assegnate precauzionalmente presso la sezione accoglienza al fine di ridurre l'impatto negativo con il contesto detentivo. Qualora entro 7 giorni non si evidenzino particolari forme di disagio, tali persone potranno essere trasferite provvisoriamente, a cura del Responsabile dell'Area Sicurezza o delegato e sentito il personale dell'Area Educativa, nelle sezioni coerenti con lo status giuridico e circuito detentivo di appartenenza per la durata di mesi 1 (uno), sino alla successiva e definitiva sistemazione
B) PERSONE DETENUTE NUOVI GIUNTI PROVENIENTI DA ALTRI ISTITUTI
Saranno ubicate, a cura dell'Area Sicurezza e per un adeguato periodo di osservazione di mesi 1, presso una sezione ordinaria coerente con lo status giuridico e circuito detentivo di appartenenza, in attesa di ulteriori valutazioni comportamentali.
E’ fatto salvo il principio che tutti gli operatori del sistema penitenziario sono chiamati a rilevare o captare segnali di disagio ed effettuare un colloquio volto a verificare lo stato d’animo della persona e possono essere in grado in talune situazioni di fornire direttamente alla persona interessata un chiarimento o una rassicurazione già sufficienti a eliminare il disagio.
Qualora un operatore rilevi o capti segnali di disagio tali da meritare adeguato monitoraggio lo comunicherà personalmente al più presto al medico di turno.
Il medico di turno, sia che abbia ricevuto una segnalazione sia che abbia direttamente rilevato il rischio, nel più breve tempo possibile effettua una prima valutazione del grading del rischio autolesivo/suicidario secondo il seguente “SCHEMA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO” e modula ed integra i suoi interventi con i DISPOSITIVI A CURA DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA illustrati nello schema successivo.
SCHEMA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
• presenza di fugaci e infrequenti pensieri di morte o di non voler vivere
A - RISCHIO LIEVE
AZIONI
• modula gli interventi in coerenza con i dispositivi attivati dalla A.P. secondo lo schema allegato
• infrequenti pensieri di morte o di voler morire, non facili da superare
• allusioni o minacce indirette di pianificazione o ambivalenza circa il morire
• storia di tentativo di suicidio o di comunicazione di intento suicidario
B - RISCHIO MEDIO: basta la presenza di un solo dei seguenti fattori:
AZIONI
• richiede formalmente una valutazione psicologica da effettuarsi entro 2 gg
• lo psicologo ridefinisce il livello di rischio
• pensieri intensi di morte o di voler morire, dai quali sembra impossibile liberarsi
• minacce chiare circa il morire
• non vuole vivere
• vuole morire
• ha in mente una data/ora vicina
C - RISCHIO ALTO: basta la presenza di un solo dei seguenti fattori:
AZIONI
• richiede formalmente una valutazione dell’equipe salute mentale da effettuarsi entro 2 gg
• valuta la necessità di un intervento terapeutico immediato e successivamente collabora con lo psichiatra per la definizione del PTI
• l’equipe di Salute Mentale ridefinisce il livello di rischio e predispone un Piano individuale di trattamento entro 14 gg
• è stato appena messo in atto un tentativo suicidario
D - RISCHIO ALTO ATTUALE:
AZIONI
• Il medico di turno richiede valutazione URGENTE psichiatra/psicologo entro le 48 ore
• assicura gli interventi sanitari subito necessari, compreso il ricovero in SPDC, volontario o con TSO
• per il resto come allo schema precedente
DISPOSITIVI A CURA DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
A RISCHIO LIEVE | B RISCHIO MEDIO Confronto con area sanitaria | C RISCHIO ALTO Confronto con area sanitaria | D RISCHIO ALTO ATTUALE | |
ALLOCAZIONE | Limitazione dell’uso di oggetti | |||
ASCOLTO E SUPPORTO | Il personale di P.P. addetto a funzioni di livello adeguato con presenza significativa può effettuare colloqui generici tesi a verificare lo stato d’animo. Colloqui con educatori e volontari. La sintesi del colloquio va messa a disposizione dell’area sanitaria. | Il personale di P.P. addetto a funzioni di livello adeguato con presenza significativa può effettuare colloqui generici tesi a verificare lo stato d’animo. Colloqui con educatori e volontari. La sintesi del colloquio va messa a disposizione dell’area sanitaria. | Il personale di P.P. addetto a funzioni di livello adeguato con presenza significativa può effettuare colloqui generici tesi a verificare lo stato d’animo. Colloqui con educatori e volontari. La sintesi del colloquio va messa a disposizione dell’area sanitaria. Coinvolgimento dei compagni di detenzione (peer supporter) | |
COINVOLGI- MENTO | Valutazione di ampliamento dei contatti con i congiunti | Valutazione di autorizzazione di ulteriori contatti e telefonate straordinarie con i congiunti ed altre persone. Opportunità di favorire attività sportive, ricreative e tratta mentali. | Autorizzazione di colloqui e telefonate straordinarie con i congiunti ed altre persone. Opportunità di favorire attività sportive, ricreative e occupazionali, anche volontarie e in deroga alle liste di collocamento | |
COMUNICA- ZIONI | Alla magistratura competente al fine di coinvolgerla | Alla magistratura competente al fine di coinvolgerla. Specifiche ai congiunti e alle persone indicate dagli artt. 29 O.P e 63 Regolamento Esecuzione per il loro coinvolgimento | Alla magistratura competente al fine di coinvolgerla. Specifiche ai congiunti e alle persone indicate dagli artt. 29 O.P e 63 Regolamento Esecuzione per il loro coinvolgimento |
Nel caso di rischio medio (B) lo psicologo ridefinisce il livello di rischio.
Fatte salve le situazioni di rischio alto di cui ai punti C e D dello schema suddetto, il medico di turno, a seconda della problematica rilevata durante il colloquio, oltre lo psichiatra e/o lo psicologo coinvolge gli operatori che ritiene necessari: altro specialista, e/o l’amministrazione penitenziaria (direzione, area trattamentale, sicurezza).
L’equipe Salute mentale coinvolta nelle situazioni di rischio C e D ridefinisce il grado di rischio individuale utilizzando appositi strumenti psicodiagnostici standardizzati e in uso in campo internazionale. Se viene evidenziato un disturbo, col contributo dei medici dei servizi, l’equipe definisce entro due settimane un Piano di Trattamento Individuale (PTI), nel quale si devono riportare l’ipotesi diagnostica (codifica ICD10/DSM V), il quadro clinico, l’eventuale uso di sostanze e/o altri comportamenti di abuso, le risorse e le potenzialità esistenti, le necessità riabilitative e assistenziali nonchè il trattamento farmacologico.
Ogni PTI indica gli elementi prognostici e definisce un piano di monitoraggio.
Nei casi di rischio alto il PTI deve necessariamente integrarsi con il Programma Individualizzato di trattamento di competenza dell’Amministrazione Penitenziaria (ex art. 29 D.P.R. n. 230/2000) al fine di conciliare l’obiettivo di salute con quello del recupero sociale in un’ottica di complementarietà degli obiettivi.
La sintesi e gli aggiornamenti degli interventi dell’equipe Salute Mentale devono essere riportate all’interno del Gruppo S.O.S. per ricalibrare gli interventi e i programmi.
Le azioni del medico di turno e dell’equipe Salute Mentale si integrano con le disposizioni dell’area sicurezza.
In ogni caso il medico di turno segnala via mail il caso di specie al Gruppo S.O.S. fornendo le informazioni ed eventuali elementi utili alla risoluzione delle problematiche rilevate e modula i propri interventi in coerenza con i dispositivi della AP secondo lo schema precedente.
Tutti gli interventi devono essere riportati nella cartella clinica della persona detenuta.
Se i segnali di disagio persistono, il detenuto interessato permarrà presso la sezione di osservazione per una più approfondita osservazione, per almeno 30 giorni.
Al termine di tale periodo, se non vi saranno ulteriori indicazioni da parte del Gruppo S.O.S., potrà essere collocato, a cura del Responsabile dell'Area Sicurezza o delegato e sentito il personale dell'Area Educativa, nelle sezioni coerenti con lo status giuridico e circuito detentivo di appartenenza.
Le procedure di accoglienza, seppur importanti, costituiscono solo una piccola parte del programma di prevenzione del suicidio nelle carceri.
Art. 2
OSSERVAZIONE DURANTE IL PERIODO DI DETENZIONE
Durante il percorso detentivo si verificano situazioni che possono determinare un aumento dei livelli di stress che rendono necessari una costante vigilanza e il monitoraggio delle risposte emotive e comportamentali delle persone detenute.
A tal fine, tutto il personale operante nell’istituto a qualsiasi titolo ha il dovere di prestare attenzione in particolare nelle situazioni indicate:
• durante i controlli di sicurezza di routine per rilevare segnali significativi quali: crisi di pianto, insonnia, pigrizia, estrema irrequietezza o passeggiare avanti e indietro; improvvisi sbalzi di umore, di abitudini alimentari o alterazioni del sonno; gesti di “spoliazione” come ad esempio dar via oggetti personali; perdita di interesse in attività e/o relazioni; ripetuti rifiuti di cure o richiesta di dosi maggiori di farmaci.
• in occasione di periodi critici quali ad esempio la comunicazione di morte di un familiare e/o un divorzio ovvero in prossimità o a seguito di udienze in tribunale.
• durante i colloqui con familiari, amici, avvocati e magistrati per rilevare eventuali conflitti o problemi emergenti durante la visita.
Resta ferma una particolare attenzione da parte di tutti che dovrà essere dedicata alla:
- frequenza della corrispondenza;
- notifica di atti giudiziari;
- comunicazione di diagnosi di patologie gravi o invalidanti;
- comunicazione di eventi critici familiari;
- qualità della vita in sezione detentiva.
Le situazioni critiche devono essere comunicate al medico di turno che procederà secondo quanto descritto nel precedente articolo.
Inoltre si dovrebbero sensibilizzare i familiari al fine di rendere noto al personale penitenziario ogni segnale o percezione di un intento suicidario nel loro familiare detenuto.
Il vademecum di cui all’allegato 3, che verrà reso disponibile a tutti gli operatori, riporta un elenco non esaustivo dei fattori che più frequentemente possono causare situazioni di disagio che devono essere monitorate.
Art. 3 INTERVENTI DA ATTUARE
AMBIENTE E CLIMA SOCIALE
Deve essere posta particolare attenzione all’ambiente detentivo in quanto la qualità del clima sociale è di importanza critica nel ridurre al minimo i comportamenti suicidari.
Verranno elaborate e sperimentate strategie per ridurre il bullismo ed altre forme di violenza, valorizzando invece le relazioni supportive tra detenuti e personale di custodia.
La qualità del rapporto tra agente e detenuto è di cruciale importanza per ridurre il livello di stress dei detenuti e per fare in modo che gli stessi siano portati con fiducia a comunicare i momenti in cui le loro forze reattive stanno per essere sopraffatte, provano disperazione o si sviluppa in loro un’ideazione suicidaria.
Gli interventi elencati sono tesi ad accompagnare la persona nel corso della sua detenzione e sono orientati a favorire una migliore vivibilità all’interno dell’istituto penitenziario:
• osservazione e colloqui di sostegno e/o terapeutici;
• screening psicodiagnostico in ingresso e in itinere;
• informazione ed orientamento all’ingresso;
• attività socio educative, culturali, artistiche e sportive;
• attività lavorative;
• attività scolastiche e formative;
• attività di gruppo;
• grande sorveglianza, sorveglianza a vista nei casi indicati;
• maggiore apertura delle camere di detenzione;
• individuazione dei casi a rischio a cura del Gruppo SOS.
ALLOGGIAMENTO
Esiste una forte associazione tra suicidio dei detenuti e tipo di alloggio assegnato.
La scelta dell’alloggiamento costituisce un elemento essenziale della prevenzione in quanto i periodi di solitudine favoriscono l’ideazione e la realizzazione di comportamenti auto lesivi.
E’ pertanto opportuno inserire i soggetti a rischio in celle condivise con altri detenuti disponibili e formati per fornire supporto nella relazione quotidiana (peer supporters).
Nei casi in cui sia impossibile la convivenza con altri detenuti, l’area sicurezza di concerto con l’area sanitaria può individuare degli spazi adeguatamente approntati nei quali tale detenuto possa essere allocato da solo, anche limitatamente al periodo notturno e per il tempo strettamente necessario, sotto sorveglianza continua da parte del personale di P.P. e con controlli frequenti da parte degli operatori sanitari.
Si dovrà rassicurare la persona detenuta che tale allocazione non ha un valore punitivo ma al contrario le offre l’opportunità di maggiori contatti con gli operatori sanitari e della polizia penitenziaria. In tali alloggiamenti si dovranno comunque garantire condizioni di dignità.
OGGETTI PERICOLOSI
L’attenzione agli oggetti a disposizione delle persone a rischio rappresenta un importante fattore di prevenzione.
Soprattutto nei casi di alto rischio, la limitazione dell’uso di alcuni oggetti può riguardare bombolette di gas (per esempio limitandone l’uso davanti al personale di polizia penitenziaria), lamette (consentendo in alternativa il servizio di barberia), cinture, lacci di scarpe, sacchetti di plastica, coperte, lenzuola, oggetti contundenti.
Sarà cura della Direzione dell’istituto regolarne l’uso per evitare rischi concreti, valutando nel contempo il contenimento di eventuali vissuti di deprivazione da parte dei destinatari.
RELAZIONI CON LA FAMIGLIA E CON L’AMBIENTE ESTERNO
I detenuti arrivano in carcere portando con sè alcune vulnerabilità al suicidio che, associate al trauma dell’incarcerazione e ai fattori stressanti della vita in carcere, all’isolamento sociale e fisico e alla mancanza di risorse supportive accessibili, contribuiscono ad aumentare il rischio di suicidio.
Quindi l’interazione sociale, i rapporti con l’esterno e in particolare con la famiglia, rappresentano validi strumenti di sostegno alla persona in difficoltà.
La normativa di riferimento prevede diverse soluzioni finalizzate ad incrementare tali contatti e la Direzione dell’Istituto può valutare l’opportunità di ampliare quelli già autorizzati o di autorizzare ulteriori contatti o telefonate.
ASCOLTO E SUPPORTO DA PARTE DI TUTTI GLI OPERATORI DELL’I.P.
Qualunque operatore dell’I.P., anche senza una specifica formazione, può ascoltare chi abbia evidenziato segnali di disagio fornendo una forma di sostegno attraverso colloqui generici mirati a verificare lo stato d’animo della persona, integrandosi con i colloqui dei professionisti e riportando eventuali segnalazioni al medico di turno.
COMUNICAZIONI
In base all’art. 29 dell’O.P. e all’art. 63 del Regolamento di Esecuzione, qualora si tratti di rischio medio/alto, è indispensabile curare alcune comunicazioni da rendere alle Autorità Giudiziarie competenti, compreso il Magistrato di Sorveglianza, ai congiunti e alle persone indicate dall’interessato.
FORMAZIONE INTERPROFESSIONALE CONGIUNTA
Rappresenta una componente essenziale del programma di prevenzione del suicidio.
L’attività di formazione e aggiornamento, a cura della A.T.S. e della Amministrazione della Giustizia, dovrà privilegiare la dimensione congiunta (operatori sanitari, area socio-educativa, Polizia Penitenziaria) in un'ottica bio-psico-sociale e favorirà, in particolare, il coinvolgimento del Personale di Polizia Penitenziaria.
Gli agenti infatti sono coloro che nell’arco delle 24 ore hanno più contatti con le persone detenute rispetto a qualsiasi altro operatore e formano la prima linea di difesa nella prevenzione dei tentativi di suicidio, che spesso vengono tentati nelle celle e frequentemente durante le ore notturne o nei fine-settimana.
L’attività di formazione riguarderà soprattutto:
- Sviluppo delle strategie utili al riconoscimento dei segnali di disagio nelle persone detenute
- Sviluppo delle capacità di comunicazione veloce, efficace e circolare;
- Sviluppo della costruzione di risposte finalizzate alla prevenzione degli eventi auto-lesivi e suicidari.
- Tecniche di primo soccorso con esercitazioni pratiche per l'utilizzo di strumenti (per esempio defibrillatore).
DEBRIEFING POST FACTO
A cura del Gruppo S.O.S., dovrà essere attivato nella fase immediatamente successiva all'evento suicidario (attuato o tentato) e riguarderà:
- l’analisi e la ricostruzione dell'evento anche sulla base della documentazione;
- una riflessione interna finalizzata all'individuazione dei fattori e delle variabili correlati all'evento;
- una riflessione interna finalizzata al miglioramento dell'intervento di prevenzione;
- la decompressione del personale nei casi gravi o di morte;
- la decompressione dei peer supporters e dei detenuti testimoni dell'evento.
SVINCOLO DALL’INTERVENTO DI EMERGENZA
Deve essere attivato un costante monitoraggio delle situazioni che hanno richiesto l’attivazione dei processi di cautela e deve essere effettuata un’attenta valutazione congiunta della risoluzione del disagio al fine del ripristino dell’ordinario regime detentivo.
CONTINUITA’ TERAPEUTICA
Nell’eventualità che sia stato rilevato un rischio suicidario nel corso della detenzione, si farà una segnalazione al Dipartimento di salute mentale di residenza dell’interessato.
Art. 4
RESPONSABILITA’ COLLETTIVA
La prevenzione, oggetto del presente protocollo, riguarda tutte le figure professionali operanti a qualsiasi titolo nell’I.P.
Xxxxxx, in qualsiasi circostanza lavorativa, è nella condizione di verificare lo stato d’animo della persona detenuta.
Pertanto, in capo ad ognuno vi è l’onere della comunicazione finalizzata alla prevenzione di condotte auto lesive.
Art. 5
IN CASO DI TENTATIVO DI SUICIDIO
Il personale di polizia penitenziaria deve essere addestrato a mettere in sicurezza l’area e a prestare pronto soccorso al detenuto nell’attesa dell’arrivo del personale medico interno e/o esterno.
Tutto il personale deve essere a conoscenza delle procedure da attuare nel caso di un tentativo di suicidio e deve essere addestrato all’uso delle attrezzature di rianimazione, che devono essere rapidamente accessibili
Per evitare ritardi nell’intervento ed assicurare un canale efficiente di comunicazione, il personale medico dovrà essere dotato di cicalino.
L’equipaggiamento per il salvataggio di emergenza deve essere mantenuto in ordine, funzionale, regolarmente testato.
Immediatamente dopo l’evento e non appena le circostanze cliniche lo consentano, dovrebbe essere condotta una valutazione psicologica approfondita della persona detenuta, possibilmente in un’area riservata.
La valutazione dovrebbe chiarire i fattori che hanno precipitato l’atto autolesivo, il grado di intenzionalità dell’atto, le problematiche (sia acute che croniche) che il detenuto sta affrontando, la presenza o meno di un disturbo psichiatrico, la probabilità di una ripetizione dell’atto a breve termine (per es., in caso di una forte ideazione suicidaria che il detenuto fa difficoltà a respingere), il tipo di aiuto necessario e quello che il detenuto è in grado di accordare.
I tentativi a scopo manipolativo
Vi sono indicazioni che molti atti suicidari possono raccogliere in sé sia un alto livello di intento suicidario, sia le motivazioni manipolative, ad esempio per attirare l’attenzione sul proprio disagio, o per influenzare la gestione della propria detenzione, come evitare il trasferimento in un altro complesso dove le visite dei familiari potrebbero essere meno frequenti. In realtà non è facile differenziare la simulazione da un tentativo di suicidio, neanche chiedendo al detenuto stesso quale fosse il suo intento.
Purtroppo i tentativi di suicidio, qualunque sia la loro motivazione, possono portare comunque alla morte del detenuto, anche se questo non era l’intento originale in quanto può essere ignorata la reale pericolosità del metodo prescelto.
I tentativi di suicidio con un intento suicidario basso devono essere visti come un modo disfunzionale di comunicare un problema.
La risposta più corretta in tal caso sarebbe far parlare il detenuto di questi problemi, piuttosto che punirlo. Ignorare il comportamento autolesivo o punirlo con l’isolamento possono in realtà peggiorare la situazione, e indurre il detenuto a correre dei rischi ancora maggiori.
IN CASO DI SUICIDIO
Dopo i necessari tempestivi interventi propri dell’area sanitaria, dell’area sicurezza e dell’area trattamentale devono essere attivate le procedure di debriefing.
Art. 6
SPERIMENTAZIONE E REVISIONE DEL PROTOCOLLO
Dopo un periodo di sperimentazione di almeno 6 (sei) mesi dalla sottoscrizione del presente protocollo, il gruppo S.O.S. effettuerà delle verifiche sull’efficacia dello stesso rispetto agli obiettivi indicati, proponendo alla Direzione dell’Istituto e della ASSL eventuali modifiche e correttivi funzionali ai risultati attesi.
Il presente protocollo dopo la sottoscrizione verrà presentato a tutti coloro che operano nell’Istituto Penitenziario anche appartenenti al volontariato, inviato all'A.G. per opportuna conoscenza e proposto per l'inserimento nel Regolamento Interno dell'Istituto.
Uta ,
Il Direttore della Casa Circondariale di Uta Il Direttore dell’ASSL Cagliari
Dr. Xxxxx Xxxxx Dr.Xxxxx Xxxxxxx
Allegato 1
VISITA DI PRIMO INGRESSO
E’ opportuno che già durante la visita di primo ingresso il personale medico e infermieristico, secondo le specifiche competenze professionali, centri l’attenzione su particolari fattori anamnestici, obiettivi e clinici.
Anamnesi. E’ necessario indagare soprattutto su: pregressi atti auto-lesivi, eventi avversi recenti (come lutti o malattie), abusi sessuali, familiarità per suicidio, primo accesso in assoluto in carcere.
Esame obiettivo. Durante l’esame obiettivo dedicare una particolare attenzione per rilevare gli
eventuali segni di recenti/pregressi comportamenti autolesionistici e/o suicidari. E’ possibile anche cogliere i segni tipici di abuso/dipendenza da alcool e/o da sostanze stupefacenti nonché di
un’eventuale sindrome da astinenza.
Condizioni cliniche. L’accertamento delle condizioni cliniche è fondamentale. In effetti, il rischio di comportamenti suicidari è più elevato in alcune condizioni cliniche:
- patologia psichiatrica grave (depressione, disturbo bipolare, schizofrenia ed altri disturbi psicotici, disordini della personalità con comportamento aggressivo e impulsivo);
- abuso/dipendenza da alcool, stupefacenti e/o psicofarmaci, gioco d’azzardo patologico;
- sindromi cerebrali organiche;
- altri possibili sintomi/disturbi comportamentali: disperazione, impulsività, esternazione di idee di suicidio, o negazione incongrua/contraddittoria, ricerca di mezzi letali, ansia, attacchi di panico, agitazione, insonnia, cambiamenti di umore, rabbia, abulia, ritiro sociale;
- diagnosi multiple;
- patologia terminale.
Deve essere rivolta una particolare attenzione a tutti i pazienti che:
- hanno vissuto recentemente drastici cambiamenti di vita, o eventi di vita stressanti, o lutti significativi;
- presentano una sintomatologia psichiatrica, specialmente laddove sono presenti sintomi depressivi, disperazione, comportamenti impulsivi, abuso di sostanze, e tratti di personalità borderline;
- hanno subito o temono di subire una grave perdita nella propria sfera personale o nella propria autonomia (a seguito della comunicazione di una diagnosi di particolare gravità, di patologia oncologica, di passaggio da terapia curativa a palliativa, di decesso di neonato, di amputazione d’arto e di altre prognosi infauste);
- manifestano una sindrome organica confusionale.
Allegato 2
GUIDA PER IL COLLOQUIO CON IL PAZIENTE
(allegato alla Raccomandazione n. 4 del Ministero della Salute “Prevenzione del suicidio di paziente in ospedale”)
La presente guida vuole costituire una traccia per gli operatori per la conduzione del colloquio, partendo dalla quale è necessario sviluppare, in relazione alla specifica situazione, una propria linea operativa.
Essa può essere utilizzata quando vi è un sospetto da approfondire (dopo aver quindi raccolto attraverso l’anamnesi e le informazioni circa i rischi).
E’ opportuno che il colloquio avvenga in un clima di rispetto e fiducia; è pertanto necessario scegliere una sede in cui non vi siano interruzioni, venga garantita la privacy e che consenta di porsi in costante atteggiamento empatico e di ascolto attivo nei confronti del paziente. E’ importante cercare di non perdere il contatto oculare con il paziente.
Durante il colloquio porre attenzione alle interruzioni della comunicazione, alle affermazioni mirate a suscitare senso di colpa negli altri o a imporre comportamenti, rivolte a specifiche persone o al mondo intero. Ricordare che il modo di porre le domande influenza la probabilità di ottenere risposte sincere: è quindi opportuno mantenere un approccio non giudicante e non condiscendente, ma realistico.
Nel seguito vengono elencate alcune domande che possono essere utilizzate per la conduzione del colloquio, che vanno scelte e adattate alla specifica situazione. Il colloquio, che va iniziato in modo graduale, è opportuno faccia riferimento a fatti, facendo precedere alcune domande sullo stato d’animo, alle domande sulle intenzioni suicidarie.
Esse sono utili per accertare l’entità del rischio di suicidio, se la persona ha forti sensi di colpa o se prova una forte rabbia per un torto subito e spera con il suicidio di suscitare disagio e rimpianto nel colpevole, i fattori protettivi, il rischio effettivo di morte.
- Come si sente?
- Che progetti ha quando esce dal carcere?
- Si è sentito giù recentemente?
- Si è mai sentito così in precedenza?
- Che cosa era successo?
- C’è qualcosa che La preoccupa o La turba molto?
- In che modo le persone (eventualmente specificare) vicine Le rendono la vita più difficile?
- Ha avuto l’impressione di non farcela più? Ha l’impressione che non ci sia una via di uscita?
- Sente di dovere espiare qualche colpa?
- Alcune persone nella sua situazione penserebbero che non vale la pena continuare a vivere. E’ successo anche a Lei?
- Ha mai pensato di farsi del male (o togliersi la vita)? Come?
- Con che frequenza Le sovvengono tali pensieri?
- Per quanto tempo ci ha pensato negli ultimi giorni? Che cosa l’ha trattenuta dal farlo? (Ciò consente di identificare i fattori protettivi).
- Ha mai chiesto aiuto? A chi si è rivolto? Qualcuno Le è stato particolarmente vicino?
- Ha mai pensato a come ciò influenzerebbe la vita dei suoi cari? (Se ha famiglia)
- Ha mai tentato il suicidio prima? Quante volte? Quando l’ultima volta? In che modo? (Xxxxxxxsi quale era il rischio effettivo di morte)
- Ha mai pensato a come farla finita? (Xxxxxxxsi se il piano è realistico ed è davvero potenzialmente letale)
- Ha progettato quando farlo?
- Ha il necessario per farlo?
- Ha pensato a chi lasciare le cose che le sono più care?
- Ha espresso le sue volontà a qualcuno di cui si fida o le ha lasciate scritte?
- Ha mai fatto impulsivamente qualcosa di cui poi si è pentito?
Allegato 3
VADEMECUM
1 - FATTORI STRESSOGENI
- Suicidi familiari/amicali
- Xxxxx familiari/amicali
- Perdita/abbandono dai familiari
- Separazione/divorzio
- Allontanamento dai figli
- Gravi malattie familiari
- Conclusione/interruzione di rapporti significativi
- Cambiamenti ambientali/residenziali
- Litigi con parenti/amici
- Esperienze di abuso/maltrattamento
- Espulsione/allontanamento dal gruppo
- Episodi di rifiuto/umiliazioni subiti
- Fallimenti scolastici
2 - FATTORI STRESSOGENI CONTESTUALI
- Attesa udienza/ Emissione sentenza di condanna
- Rigetto di istanze
- Aggravamento di condanne
- Prolungata detenzione
- Maltrattamenti fisici/psicologici da parte di altri detenuti
- Scarsa frequenza dei colloqui con i familiari
- Inattività
- Patologia organica
- Esposizione a fenomeni auto lesivi (rischio di emulazione)
3 - INDICATORI PRIMARI DI RISCHIO SUICIDARIO
- Familiarità suicidaria
- Pregressi tentativi suicidari