PARERE
PARERE
Sui doveri del Responsabile del procedimento il quale ritenga illegittime le riserve formulate dall’impresa appaltatrice, ed in particolare: a) se debba richiedere la relazione riservata della DL; b) se debba comunque dare avvio al processo di accordo bonario; c) con quale atto formale debba formalizzare la dichiarazione di infondatezza delle riserve.
1-. Premessa.
Viene richiesto un parere dal Responsabile del procedimento per la realizzazione di un appalto di lavori aggiudicato dalla Comunità montana Cusio Mottarone. Le questioni nascono in seguito alla formulazione di riserve legate al (pacifico tra le parti) ritardo nella realizzazione dell’opera, ritardo la cui imputabilità è invece contestata, ritenendo l’impresa che lo stesso sia sostanzialmente dovuto a: 1) sospensione di (parte dei lavori) in attesa di un’autorizzazione della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, e 2) ad avverse condizioni metereologiche, mentre, a giudizio del Responsabile del procedimento supportato dall’avviso della Direzione lavori, tali circostanze sarebbero irrilevanti vuoi in fatto che in diritto, il ritardo dipendendo, invece, 1) dal ritardato inizio dei lavori; 2) da frequenti sospensioni dell’attività da parte dell’impresa sub-appaltatrice.
Oltre alla richiesta di parere, allo scrivente sono stati trasmessi in copia:
• Registro di contabilità n° 1, con allegate riserve esplicitate in data 14 giugno 2005;
• Estratto della relazione della Direzione lavori (ultime due pagine).
2-. Il Responsabile del procedimento.
La figura del Responsabile del procedimento, individuata dall’art. 7 l. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, è “caricata” di molteplici funzioni dalla legge e ancor più dall’art. 8 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, di attuazione della legge Merloni. Tra l’altro, egli accerta la data di effettivo inizio dei lavori e ogni altro termine di svolgimento dei lavori (art. 8, comma 1, lett. t) d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554), e propone la definizione bonaria delle controversie che insorgono in ogni fase di realizzazione dei lavori (art. 8, comma 1, lett. z).
Puntualmente si è osservato che la quantità e qualità dei compiti del Responsabile del procedimento è tale che sarebbe più corretto denominarlo “Responsabile dell’intervento”, poiché indipendentemente dalla identificabilità, nella realizzazione di un’opera pubblica, di ben distinti e separati procedimenti amministrativi, tale figura assume su di sé l’onere di tutti gli adempimenti necessari affinché, dalla progettazione preliminare al collaudo dell’opera, tutte le fasi del processo si svolgano nel rispetto dei principi di legalità, dell’economicità, dell’efficienza e della trasparenza dell’azione amministrativa (A. XXXXXXXXXX, Il
responsabile del procedimento, in V. ITALIA (cur.), Il regolamento della legge quadro sui lavori pubblici, Milano, Xxxxxxx, 2000, 33).
3-. Sulla disciplina delle contestazioni fra la stazione appaltante.
La materia delle contestazioni tra stazione appaltante e l’appaltatore ha trovato nuova disciplina da parte dell’art. 137 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, il quale pure riconosce un ruolo centrale al Responsabile del procedimento.
Bisogna peraltro immediatamente rilevare che la disposizione trova applicazione esclusivamente in relazione a contestazioni attinenti ad “aspetti tecnici”, con esclusione quindi delle questioni attinenti all’interpretazione del contratto o a fattori di altra natura (X. XXXXXXXXXX - A. VARLARO SINISI, Esecuzione dei lavori, in X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXX – G. DE MARZO, L’attuazione della legge quadro sui lavori pubblici, Milano, IPSOA, 2000, 644 s.).
Nella fattispecie, solo alcune delle contestazioni dedotte nelle riserve attengono ad aspetti puramente tecnici; la procedura prevista dall’art. 137 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, potrebbe dunque trovare parziale applicazione, ma è dubbio che essa possa risolvere tutti i problemi.
In particolare si ricorda che l’art. 137 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, prevede che il Responsabile del procedimento comunichi all’appaltatore la decisione circa le contestazioni. In dottrina si è chiarito che, riferendosi ad una comunicazione, la disposizione esclude la necessità della formale notifica della decisione (X. XXXXXXXXXX - A. VARLARO SINISI, Esecuzione dei lavori, cit., 644, nt. 34). Il provvedimento del Responsabile dovrebbe essere comunicato con qualsiasi forma idonea a provare la data del ricevimento della comunicazione stessa da parte dell’appaltatore, come una raccomandata con avviso di ricevimento).
Nella fattispecie, peraltro, l’appaltatore ha già provveduto ad iscrivere le proprie riserve, e quindi trova applicazione, in luogo dell’art. 137, l’art. 149 d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, purché le riserve abbiano un importo complessivo che superi i limiti di cui all’art. 31 bis della l. 11 febbraio 1994, n. 109 (dieci per cento dell’importo contrattuale).
a) se debba richiedere la relazione riservata della DL.
Il 1° comma dell’art. 149 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, dispone che sia lo stesso Direttore dei lavori, in presenza di riserve che superino il limiti di cui all’art. 31 bis della l. 11 febbraio 1994, n. 109, a darne comunicazione al Responsabile del procedimento e a trasmettere la propria relazione riservata.
Il 1° comma dell’art. 31 bis, della l. 11 febbraio 1994, n. 109, inserito nella legge Merloni dall’art. 9 del d.l. 3 aprile 1995, n. 101, testualmente disponeva: «[…] qualora, a seguito dell’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare in misura sostanziale e in ogni caso non inferiore al 10 per cento dell’importo contrattuale, il responsabile del procedimento acquisisce immediatamente la relazione riservata del direttore dei lavori […]». La disposizione,
peraltro, è stata modificata ulteriormente dalla l. 1° agosto 2002, n. 166; nel testo attualmente vigente, fermo il limite di valore, «il responsabile del procedimento promuove la costituzione di apposita commissione perché formuli, acquisita la relazione del direttore dei lavori[…]».
La novella ha sostituito il Responsabile del procedimento con una commissione di conciliazione. Peraltro, giusta il comma 1 quater dell’art. 31 bis, l. 11 febbraio 1994, n. 109, la costituzione della commissione è facoltativa per gli appalti di importo inferiore a 10 milioni di euro, e il Responsabile del procedimento può essere componente della commissione stessa. Il vantaggio della commissione è che, ai sensi del comma 1 ter dell’art. 31 bis, le parti possono conferire alla commissione il potere di assumere decisioni vincolanti (mentre tale possibilità non sussiste rispetto al Responsabile del procedimento: X. XX XXXXXXXX, L’accordo bonario, cit., 1657).
Vigente la disciplina anteriore alle modifiche apportate dalla l. 1° agosto 2002,
n. 166, si era sostenuto che la relazione non doveva essere necessariamente inviata contestualmente alla comunicazione dell’iscrizione delle riserva, ma, qualora non lo fosse, dovesse essere richiesta immediatamente e doveva comunque essere trasmessa al più presto, nel termine massimo di novanta giorni previsto per sentire l’appaltatore (così X. XX XXXXXXXX, Accordo bonario, in X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXX –
G. DE MARZO, L’attuazione della legge quadro sui lavori pubblici, cit., 695). Qualora la relazione non fosse stata trasmessa, essa doveva senz’altro essere richiesta, come d’altra parte espressamente tuttora prevede, oltre al già richiamato 1° comma dell’art. 31 bis, della l. 11 febbraio 1994, n. 109, il 2° comma dell’art. 149 del
d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554 («Il responsabile del procedimento […] acquisisce la relazione riservata del direttore dei lavori […]»).
Oggi, il Responsabile del procedimento richiede la relazione del Direttore dei lavori solo qualora la commissione di conciliazione non sia costituita; diversamente, è piuttosto quest’organo che deve chiedere la relazione stessa; naturalmente, qualora la relazione sia trasmessa al Responsabile del procedimento, questi la invierà a sua volta alla commissione.
Per completezza si ricorda che l’art. 10 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, di attuazione della l. 11 febbraio 1994, n. 109, sottrae all’accesso la relazione in questione; può dubitarsi della possibilità di introdurre deroghe all'accesso in via regolamentare, ma una recente decisione del Consiglio di Stato legittima con riferimento al combinato disposto tra l’art. 31 bis della l. 11 febbraio 1994, n. 109, e l’art. 22, 1° comma, l. 7 agosto 1990, n. 241; secondo il giudice amministrativo, la disposizione della Merloni, definendo come riservate le relazioni stesse, introdurrebbe direttamente un’ipotesi di segreto, semplicemente confermata dalla disposizione regolamentare (Cons. St., Sez. V, 15 aprile 2004, n. 2163, in Urbanistica e appalti, 2004, 1071, con nota critica di X. XXXXXXXXX, Diritto d’accesso e relazioni riservate del direttore dei lavori e dell’organo di controllo; cfr. anche Cons. St., Sez. V, 10 luglio 2002, n. 3842, in Foro amm. CDS, 2002, 1720). Peraltro, la più recente riforma dell’art. 31 bis l. 11 febbraio 1994, n. 109, omette l’aggettivo “riservata”, il che potrebbe incidere sulla questione dell’accessibilità (così
X. XX XXXXXXXX, L’accordo bonario, in X. XXXXXXXXXX – G. DE MARZO, La nuova disciplina dei lavori pubblici, cit., 1656).
b) se debba comunque dare avvio al processo di accordo xxxxxxx.
Il 1° comma dell’art. 31 bis, della l. 11 febbraio 1994, n. 109, nella sua formulazione anteriore alle modifiche apportate dalla l. 1° agosto 2002, n. 166, disponeva che il Responsabile del procedimento, acquisita la relazione del Direttore dei lavori, «formula all’amministrazione, entro novanta giorni dall’apposizione dell’ultima delle riserve di cui sopra, proposta motivata di accordo xxxxxxx».
A norma del 2° comma dell’art. 149 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, «Il responsabile del procedimento, valutata l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell’effettivo raggiungimento del limite di valore [di cui al primo comma], nel termine dei novanta giorni dalla apposizione dell’ultima delle riserve, acquisisce la relazione riservata del direttore dei lavori […], sente l’appaltatore sulle condizioni e i termini di un eventuale accordo, e formula alla stazione appaltante una proposta di soluzione bonaria».
Il Responsabile del procedimento era al cuore del procedimento per la realizzazione di un accordo bonario X. XXXXXXXXX, Commento all’art. 31 bis, in X. XXXXXXXXX (dir.), La riforma dei lavori pubblici, Torino, 2000, 635). La disposizione legislativa chiaramente disponeva (e dispone) nel senso dell’obbligatorietà, per il Responsabile del procedimento, della formulazione della proposta di accordo bonario. La norma regolamentare non può che essere interpretata in conformità alla norma primaria, di cui costituisce una non felice parafrasi (così R. DE NICTOLIS, Accordo bonario, cit., 696). L’unica ipotesi in cui può non procedersi a formulazione della proposta, secondo il testo dell’art. 149 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, è quella in cui le riserve siano inammissibili (per vizi formali o tardività), ovvero manifestamente infondate.
Come già accennato, sussiste divergenza tra stazione appaltante ed impresa aggiudicataria circa la responsabilità del ritardo dei lavori. Senza entrare nel merito, che esula da quanto richiesto, si ricorda che, a parere del Direttore dei lavori, il ritardo è innanzitutto imputabile al mancato tempestivo inizio dell’esecuzione dell’opera al momento della consegna dei lavori, attività che, in base all’art. 130 del
d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, deve essere documentata in apposito verbale alla quale l’appaltatore deve presentarsi munito di personale idoneo (ex multis A. VARLARO SINISI, L’esecuzione dei lavori, in X. XXXXXXXXXX – G. DE MARZO, La nuova disciplina dei lavori pubblici, Milano, IPSOA, 2003, 1327 ss.). L’impresa, invece, attribuisce il ritardo a sospensioni dei lavori dovuta alla necessità di conseguire un’autorizzazione della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e ad avverse condizioni metereologiche; anche al proposito è appena il caso di ricordare che è compito del Direttore dei lavori, e non dell’appaltatore, decidere la sospensione dei lavori quando si verifichino le condizioni di cui all’art. 24 del d.m. 19 aprile 2000, n. 145 (ancora X. XXXXXXX SINISI, L’esecuzione dei lavori, cit., 1339).
Se le riserve dell’impresa non appaiono prima facie fondate né in fatto né in diritto, è tuttavia dubbio che le stesse possano qualificarsi come manifestamente infondate, considerato comunque l’incertezza determinata dalla necessità di richiedere l’autorizzazione della Sovrintendenza.
Scopo delle disposizioni ricordate, d’altra parte, è quello di deflazionare il contenzioso, ritenendosi che «l’art. 31 bis, nell’intento di perseguire l’efficienza dell’azione amministrativa e di ovviare, in quanto possibile, agli effetti negativi di un contenzioso che spesso si prestava, con la sua complessità, agli intenti defatigatori delle parti che volessero comunque ricavare un utile dalle difficoltà della procedura» (X. XXXXXXXXX, Commento all’art. 31 bis, cit., 632).
Non può escludersi che da un confronto tra le parti possano individuarsi punti di contatto o, quantomeno, ridursi le divergenze.
La ratio che sottostà alle previsioni normative analizzate, d’altra parte corrisponde ormai ad un principio generale dell’ordinamento come dimostrato dalle recenti modifiche apportate alla legge generale sul procedimento (ancora X. XXXXXXXXX, Commento all’art. 31 bis, cit., 632).
L’art. 6 della l. 11 febbraio 2005, n. 15 ha introdotto, dopo l’art. 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il nuovo art. 10 – bis, il cui comma unico così dispone: «Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali».
Ad una prima lettura, e in assenza di interventi giurisprudenziali, pare che la norma costituisca un’ulteriore manifestazione di quel principio di trasparenza che già era insito nella stesura originaria della l. 7 agosto 1990, n. 241 e che ora, a seguito delle modifiche apportate con legge 11 febbraio 2005, n. 15, trova un esplicito riconoscimento nel comma 1° dell’art. 1 della legge sul procedimento. E’ altresì evidente l’intento del legislatore di spingere verso una conclusione consensuale del procedimento, al chiaro fine di limitare le occasioni di contenzioso (xxxxxxx X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX e X. XXXXXXXXX, La partecipazione al procedimento amministrativo, 2 ed., Milano, Xxxxxxx, 2005).
Pur in assenza di completi elementi di giudizio, pare dunque che, nella fattispecie, il Responsabile del procedimento debba avviare il procedimento per la conclusione dell’accordo bonario.
c) con quale atto formale debba formalizzare la dichiarazione di infondatezza delle riserve (e sulla procedura di conciliazione).
Come risulta dalla risposta al quesito precedente, pare che il Responsabile del procedimento non possa dichiarare tout court infondate le riserve, salvo che ritenga le stesse manifestamente infondate ex art. 149 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554. La dottrina ha chiarito che la disposizione ha lo scopo «di evitare che il valore delle riserve venga artatamente gonfiato per raggiungere il limite di valore necessario per attivare il procedimento di definizione bonaria» (R. DE NICTOLIS, Accordo bonario, cit., 696).
In caso le riserve siano manifestamente infondate, nel senso ora precisato, pare applicabile l’insegnamento già richiamata a proposito dell’art. 137 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554; è sufficiente una comunicazione, con qualsiasi forma idonea a provare la data del ricevimento della comunicazione stessa da parte dell’appaltatore, come una raccomandata con avviso di ricevimento; naturalmente, dovrà essere indicato il termine per ricorrere e l’autorità giurisdizionale (amministrativa) competente.
Qualora, invece, come in questa sede suggerito, si dia corso al procedimento per la conclusione dell’accordo bonario, troverà applicazione l’art. 31 bis, della l. 11 febbraio 1994, n. 109. In base al testo normativo in vigore anteriormente alle modifiche apportate dalla l. 1° agosto 2002, n. 166, il Responsabile del procedimento doveva sentire l’appaltatore e formulare una motivata proposta di accordo xxxxxxx alla stazione appaltante (anche se l’art. 149 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, tace sul punto, nella fattispecie, trattandosi di stazione appaltante pubblica, la motivazione sarebbe stata comunque necessaria: R. DE NICTOLIS, Accordo bonario, cit., 697, e in tal senso depone ancora il nuovo testo dell’art. 31, 1° comma, l. 11 febbraio 1990, n. 104).
Il termine di novanta giorni è ritenuto semplicemente ordinatorio (ex multis X. XXXXXXXXX, Commento all’art. 31 bis, cit., 636, nonché, con riferimento alle più recenti modifiche normative, R. DE NICTOLIS, L’accordo bonario, cit., 1658 s.).
La proposta poteva essere inviata al committente per le vie amministrative (ex multis X. XXXXXXXXX, Commento all’art. 31 bis, cit., 636), il quale può richiedere ulteriori pareri, anche legali (R. DE NICTOLIS, Accordo bonario, cit., 698). Qualora la proposta stessa fosse fatta propria dal committente con provvedimento motivato entro l’ulteriore termine di 60 giorni, anch’esso ritenuto semplicemente ordinatorio, da comunicarsi all’appaltatore, e da questi condivisa, si provveva alla sottoscrizione dell’accordo. Più specificamente, giusta il 4° comma dell’art. 149 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, «Qualora l’appaltatore aderisca alla soluzione bonaria prospettata dalla stazione appaltante nella comunicazione, il responsabile del procedimento convoca le parti per la sottoscrizione del verbale di accordo bonario […]».
La dottrina aveva chiarito che l’accordo dovrà essere sottoscritto dalle parti, ma non anche dal Responsabile del procedimento (R. DE NICTOLIS, Accordo bonario, cit., 698).
Peraltro, come già accennato, la disciplina preesistente è stata modificata funditus dalla l. 1° agosto 2002, n. 166. Oggi è previsto che il Responsabile del procedimento promuova la costituzione una commissione di conciliazione, nominando uno dei membri, mentre l’altro è nominato dall’impresa, e il terzo di comune accordo dai due contestualmente all’accettazione dell’incarico; i componenti della commissione debbono essere dotati di specifica idoneità (art. 31 bis, comma 1 bis); il nuovo 1° comma dell’art. 31 stabilisce che sia la commissione a formulare motivata proposta di soluzione transattiva del contrasto, assegnando poi alla stazione appaltante e all’appaltatore un termine di trenta giorni per l’accettazione (amplius R. DE NICTOLIS, L’accordo bonario, cit., 1651, la quale insiste sulla natura transattivi dell’accordo).
Qualora, per l’importo dell’appalto, si decida di non costituire la commissione, oppure l’impresa non provveda a nominare il membro ad essa assegnato (per questa ipotesi R. DE NICTOLIS, L’accordo bonario, cit., 1654), sarà ancora il Responsabile del procedimento, acquisita come già detto la relazione del Direttore dei lavori, ma senza necessità di sentire l’impresa (così ancora R. DE NICTOLIS, L’accordo bonario, cit., 1656), a formulare la motivata proposta transattiva e a trasmetterla ad entrambe parti che potranno accettarla nel termine di trenta giorni.
Se il tentativo di accordo bonario fallisce, perché la proposta della del Responsabile del procedimento o della commissione (qualora naturalmente non sia stato conferito ex art. 31 bis, comma 1 ter, l. 11 febbraio 1994, n. 109, a quest’ultima il potere di decidere con effetti vincolanti), non sia accettata dalle parti, l’appaltatore potrà agire in giudizio giusta la disciplina dell’art. 32 l. 11 febbraio 1994, n. 109 (X. XX XXXXXXXX, L’accordo bonario, cit., 1652).
4-. Conclusioni.
In base alle considerazioni esposte, occorre rilevare che:
a) il Responsabile del procedimento, in caso non si sia provveduto alla costituzione di una commissione di conciliazione, deve richiedere la relazione (non più espressamente qualificata come riservata), della DL;
b) il Responsabile del procedimento deve dare avvio al processo di accordo bonario, salvo che ritenga le riserve manifestamente infondate, anche con specifico riferimento al loro valore;
c) il Responsabile del procedimento, qualora ritenga le riserve manifestamente infondate, lo può comunicare con qualsiasi forma idonea a provare la data del ricevimento della comunicazione stessa da parte dell’appaltatore.
Tanto precisato, si ribadisce tuttavia l’opportunità, nella specie, di dare avvio al procedimento per la ricerca di un accordo bonario, eventualmente nominando specifica commissione di conciliazione.
Torino, 6 ottobre 2005
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx