ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO – CONSIGLIO PROVINCIALE DI NAPOLI
ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO – CONSIGLIO PROVINCIALE DI NAPOLI
XV MASTER IN DIRITTO DEL LAVORO
***
«VERSO L’IMPRESA “SMART”.
GLI STRUMENTI LEGALI E DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA. IL RUOLO DEL CONSULENTE DEL LAVORO»
NAPOLI, OTTOBRE - NOVEMBRE 2018
AVV. XXXXXXXX XXXXXXX
1
1. Contratto a termine e Somministrazione alla luce della Circolare Min. Lav. n. 17/2018
2. Tutele Crescenti: Decreto Dignità e Corte Costituzionale
2
CONTRATTO A TERMINE E
CIRC. MIN. LAVORO n. 17/2018
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 3
Ambito di intervento Decreto Dignità
I punti di intervento del c.d. Decreto Dignità (D.L. n. 87 del 12/7/2018, convertito, con modificazioni, in Legge n. 96 del 9/8/2018), in relazione alla disciplina del contratto di lavoro a termine, contenuta nel D.Lgs. n. 81 del 15/6/2015, si possono così sintetizzare:
• riduzione della durata massima del contratto, da trentasei a ventiquattro mesi;
• reintroduzione della causale per i contratti di durata superiore ai dodici mesi, per le proroghe superiori ai dodici mesi e per i rinnovi;
• riduzione del numero delle proroghe da cinque a quattro;
• introduzione di un limite quantitativo di contratti a termine e di somministrazione, rispetto ai contratti a tempo indeterminato;
• introduzione di un contributo addizionale per i rinnovi dei contratti a termine;
• innalzamento dei termini di impugnazione da 120 a 180 giorni.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 4
Al fine di ridurre gli eventuali effetti sull’occupazione, la Legge di conversione del Decreto dignità ha previsto un regime transitorio per l’entrata in vigore di alcune nuove disposizioni.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 5
Apposizione del termine e durata massima
DURATA MASSIMA
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Le modifiche alla disciplina previgente, apportate dall’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 87 del 2018, riguardano la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a tempo determinato, con riferimento ai rapporti stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, o di periodi di missione in somministrazione a tempo determinato, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 6
Apposizione del termine e durata massima
Più precisamente, le parti possono stipulare liberamente un contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, mentre in caso di durata superiore tale possibilità è riconosciuta esclusivamente in presenza di specifiche ragioni che giustificano un’assunzione a termine.
Tali condizioni, sono rappresentate esclusivamente da:
• esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
• esigenze di sostituzione di altri lavoratori; (*)
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
• esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
(*) periodo introdotto dalla L. n. 96/2018
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 7
D.Lgs. n. 81/2015, Art. 19, comma 1bis – new
Apposizione del termine e durata massima
In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi. (*)
(*) comma introdotto dalla L. n. 96/2018
Il CTD nella accezione sin qui nota (ACAUSALE) si ferma a 12 mesi.
Ultimo aggiornamento 15 settembre 2018 8
Apposizione del termine e durata massima
Occorre tener conto della durata complessiva dei rapporti di lavoro a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, considerando sia la durata di quelli già conclusi, sia la durata di quello che si intende eventualmente prorogare.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Si consideri l’esempio di un primo rapporto a termine della durata di 10 mesi che si intenda prorogare di ulteriori 6 mesi. In tale caso, anche se la proroga interviene quando il rapporto non ha ancora superato i 12 mesi, sarà comunque necessario indicare le esigenze innanzi richiamate in quanto complessivamente il rapporto di lavoro avrà una durata superiore a tale limite, come previsto dall’articolo 19, comma 4, del d.lgs. n. 81/2015.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 9
Apposizione del termine e durata massima
Il decreto-legge non ha modificato la previsione di cui all’articolo 19, comma 3, del d.lgs. n. 81/2015 ai sensi del quale, raggiunto il limite massimo di durata del contratto a termine, le stesse parti possono stipulare un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi presso le sedi territorialmente competenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Anche a tale contratto si applica la nuova disciplina dei rinnovi, la quale impone l’obbligo di individuazione della causale, ai sensi degli articoli 21, comma 01, e 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 10
D.Lgs. n. 81/2015, Artt. 19 e 21 Xxxxxxxx e rinnovi
Anche il regime delle proroghe e dei rinnovi del contratto a termine è stato
modificato dal decreto legge n. 87, in ordine alla durata massima e alle condizioni (articoli 19, comma 4, e 21 del d.lgs. n. 81/2015 come da ultimo modificato).
Cambia la portata applicativa dei 2 istituti
E’ possibile prorogare liberamente un contratto a tempo determinato entro i 12 mesi, mentre per il rinnovo è sempre richiesta l’indicazione della causale.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 11
D.Lgs. n. 81/2015, Artt. 19 e 21 Xxxxxxxx e rinnovi
La proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano
giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza. Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.
Si ricade altresì nell’ipotesi del rinnovo qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 12
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
D.Lgs. n. 81/2015, Artt. 19 e 21 Xxxxxxxx e rinnovi
Secondo Circ. n. 17/2018 non sarebbe possibile prorogare un contratto a
tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.”
Questa indicazione è in contrasto con quanto lo stesso Ministero del Lavoro aveva affermato con la Circ. n. 42/2002, nella quale, asseriva: “fermo restando che la proroga deve riferirsi alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato, ciò implica la possibilità che le ragioni giustificatrici della proroga, oltre che prevedibili sin dal momento della prima assunzione, siano anche del tutto diverse da quelle che hanno determinato la stipulazione del contratto a termine purché riconducibili a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui all'art. 1 del decreto.”
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 13
D.Lgs. n. 81/2015, Artt. 19 e 21 Xxxxxxxx e rinnovi
Ulteriore novità è rappresentata dalla riduzione del numero massimo di
proroghe, che non possono essere superiori a 4, entro i limiti di durata massima del contratto e a prescindere dal numero dei contratti (articolo 21, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015) e con esclusione dei contratti instaurati per lo svolgimento di attività stagionali (articolo 21, comma 01).
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 14
Forma scritta del termine
Al comma 4 del d.lgs. n. 81/2015, con la eliminazione del riferimento alla possibilità che il termine debba risultare "direttamente o indirettamente" da atto scritto, si è inteso offrire maggiore certezza in merito alla sussistenza di tale requisito.
Viene quindi esclusa la possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza, ferma restando la possibilità che, in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro continui a desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione, come in caso di sostituzione della lavoratrice in maternità di cui non è possibile conoscere, ex ante, l’esatta data di rientro al lavoro,
sempre nel rispetto del termine massimo di 24 mesi.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 1175
Documento Centro Studi ANCL
Causale
A latere delle esigenze sostitutive (ferie, maternità, congedo parentale,
malattia, infortunio sul lavoro, ecc.), la norma distingue in modo esplicito l’ipotesi di assunzione per svolgere l’attività ordinaria dell’impresa da quella per svolgere attività che non sono tipiche dell’impresa considerata.
Infatti, nel caso di esigenza che riguardi l’attività ordinaria, la disposizione richiede un incremento di lavoro “significativo” e “non programmabile”; nel secondo caso, invece, la disposizione si limita a richiedere la sussistenza di “esigenze temporanee”. In questo ultimo caso, si segnala che si potrebbe riaprire il dibattito circa il collegamento tra temporaneità ed esigenza. Infatti, come ricordato, la Corte di Cassazione ebbe modo di precisare che non occorre una “necessaria e assoluta temporaneità intrinseca o ontologica della esigenza tecnica, produttiva o organizzativa”, ma occorre una “temporaneità relativa e sufficientemente oggettiva” (Cass. 27 aprile 2010, n. 10033).
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 16
Causale – esempi / settore commercio
La vendita straordinaria di abiti sportivi
Una catena di negozi di abbigliamento ha bisogno di assumere a termine alcuni lavoratori per gestire la vendita straordinaria di uno stock di abiti sportivi, per circa due mesi. Il lotto, tuttavia, non rappresenta una quota importante del fatturato: nonostante siano presenti le altre due condizioni richieste dalla norma (“temporaneità” e “non programmabilità”), la “significatività” dell’esigenza temporanea presenta aspetti critici, che potrebbero dar luogo a contenzioso.
Documento Centro Studi ANCL
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 17
Causale – esempi / settore logistica
La gestione temporanea di un magazzino
Un’impresa che si occupa di logistica deve far fronte alla gestione di un nuovo magazzino, affidatole da un cliente “storico”. La trattativa si è protratta per alcuni mesi e la commessa, pur essendo temporanea, richiede qualche giorno al mese di attività da parte di due addetti, sui 100 totali occupati dall’azienda. Non è possibile assumere due lavoratori a termine per gestire l’incarico, perché l’incremento non si configura come “significativo” e “non programmabile”.
Documento Centro Studi ANCL
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 18
Causale – esempi / settore calzaturiero
L’incremento nella produzione di scarpe
Un’azienda che produce scarpe ottiene una commessa da un nuovo cliente, per un articolo. È richiesta la produzione di un ingente quantitativo, per soli sei mesi. Pur trattandosi di un’esigenza connessa all’attività ordinaria, la causale sussiste, perché l’incremento di lavoro è “temporaneo”, “non programmabile” (con il nuovo cliente non ci sono stati rapporti lavorativi precedenti, né erano in corso trattative commerciali) e “significativo” nei volumi prodotti.
Documento Centro Studi ANCL
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 19
Causale – esempi / settore commercio
Il corner estivo per la vendita di ventilatori
Una ditta che vende prodotti per il giardinaggio decide, per il periodo estivo, di aggiungere un corner dedicato a condizionatori e ventilatori. La stessa strategia commerciale era stata seguita due anni fa. C’è bisogno di impiegare due addetti. L’esigenza è di certo “temporanea” e “oggettiva”, ma è difficile affermare la completa estraneità rispetto all’attività ordinaria (la stessa campagna era già avvenuta): il lavoratore a termine potrebbe invocare la trasformazione a tempo indeterminato.
Documento Centro Studi ANCL
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 20
Causale – esempi / settore meccanico
L’assemblaggio sperimentale dei componenti
Una società che produce particolari meccanici acquisisce una commessa per una nuova lavorazione, del tutto estranea all’attività ordinaria. Nello specifico, un nuovo cliente commissiona l’assemblaggio di alcuni componenti: il lavoro è assegnato per soli sei mesi, trattandosi di un’esigenza del tutto temporanea e legata alla necessità di sperimentare il progetto. In questa ipotesi, sussistono dunque le ragioni riferite alla prima tipologia di causale indicata dal decreto.
Documento Centro Studi ANCL
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 21
Causale – esempi / laboratorio di analisi e centri ambulatoriali
Le nuove analisi commissionate al laboratorio
A un laboratorio chimico viene affidato un lotto di analisi specifiche, che il laboratorio stesso non ha mai effettuato. Si tratta, peraltro, di una commessa importante e richiesta a tempo indeterminato. Tuttavia, nonostante sia una lavorazione nuova, la mancanza del requisito della “temporaneità” fa venir meno la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato, per coprire le necessità che derivano dal nuovo incarico.
Documento Centro Studi ANCL
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 22
Rinvio alla contrattazione collettiva
L’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015 non è stato modificato dal decreto legge n. 87, nella parte in cui rimette anche per il futuro alla contrattazione collettiva la facoltà di derogare alla durata massima del contratto a termine.
Pertanto i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (secondo la definizione degli stessi contenuta all’articolo 51 del d.lgs. n. 81/2015) potranno continuare a prevedere una durata diversa, anche superiore, rispetto al nuovo limite massimo dei 24 mesi.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
23
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018
Rinvio alla contrattazione collettiva
Le previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati prima del 14 luglio 2018, che - facendo riferimento al previgente quadro normativo - abbiano previsto una durata massima dei contratti a termine pari o superiore ai 36 mesi, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza dell’accordo collettivo.
Il decreto-legge n. 87, nell’introdurre le condizioni innanzi richiamate, non ha invece attribuito alla contrattazione collettiva alcuna facoltà di intervenire sul nuovo regime delle condizioni.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
24
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018
Contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro
A decorrere dal 14 luglio 2018, il contributo addizionale a carico del datore di lavoro - pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato - è incrementato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Analogo criterio di calcolo dovrà essere utilizzato per eventuali rinnovi successivi, avuto riguardo all’ultimo valore base che si sarà venuto a determinare per effetto delle maggiorazioni applicate in occasione di precedenti rinnovi.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 25
Contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro
La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, in quanto la disposizione introdotta dal decreto-legge n. 87 prevede che il contributo addizionale sia aumentato solo in occasione del rinnovo.
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 26
Contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro
Pertanto, in caso di rinnovo, avremo, ad esempio: 1° contratto a tempo determinato: 1,40%
2° contratto a tempo determinato: 1,90%
3° contratto a tempo determinato: 2,40%
4° contratto a tempo determinato: 2,90%
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 27
Contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro
Il contributo maggiorato è previsto anche per i rapporti a termine per attività stagionali previste dalla contrattazione collettiva e che, quindi, si rinnovano annualmente senza limite. Questo potrebbe portare a dover applicare, negli anni, una maggiorazione molto onerosa: 1,4 + (0,5 x n° contratti per attività stagionali).
Circ. Min. Lav.
31/10/2018, n. 17
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 28
Regime transitorio
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 29
D.L. n. 87/2018, Art. 1, commi 2 e 3 Modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo
determinato
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo, nonché quelle di cui agli articoli 2 (somministrazione) e 3 (tutele crescenti e aumento ctr. Add. NASPI), non si applicano ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 30
La Legge di conversione n. 96/2018 ha previsto un regime transitorio in relazione all’entrata in vigore delle modifiche su causali, proroghe e rinnovi.
In particolare, l’art. 1, comma 2, della Legge n. 96/2018 precisa che le disposizioni modificative si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.
Poiché detta previsione non è stata inserita nel corpo del D.L. n. 87/2018, bensì nel testo della Legge di conversione, emergono ipotesi differenti, a seconda della data di stipula, di rinnovo o di proroga del contratto a termine, così come si evince dagli schemi seguenti.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 31
Regime transitorio
1° Teoria (Circ. Min. Lav. n. 17/2018)
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 32
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: DURATA MASSIMA COMPLESSIVA
Data stipula | Durata Complessiva | Causali | Norma applicata |
Prima del 14/7/2018 | 36 mesi | No | d.lgs. 81/2015 in vigore al 13/7/2018 |
Dal 14/7/2018 | 24 mesi | Se durata superiore a 12 mesi | d.lgs. 81/2015 come modificato dal d.l. 87/2018 conv. in l. 96/2018 |
Ultimo aggiornamento 15 settembre 2018 33
34
Ulti
o aggiornamento 15 settembr
e 2018
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: PROROGHE
Data stipula | Data proroga | Numero e Xxxxxx complessiva | Causali | Norma applicata |
Prima del | Prima del 31/10/2018 | 5 in 36 mesi | No | d.lgs. 81/2015 in vigore al 13/7/2018 |
14/7/2018 | ||||
Se durata | ||||
Dal 1/11/2018 | 4 in 24 mesi | superiore a | d.lgs. 81/2015 | |
12 mesi | come | |||
modificato dal | ||||
Dal 14/7/2018 | Dal 14/7/2018 | 4 in 24 mesi | Se durata superiore a 12 mesi | d.l. 87/2018 conv. in l. 96/2018 |
m |
Data stipula | Data rinnovo | Durata complessiva | Causali | Norma applicata |
Prima del 14/7/2018 | Prima del 31/10/2018 | 36 mesi | No | d.lgs. 81/2015 in vigore al 13/7/2018 |
Dal 1/11/2018 | 24 mesi | Si | d.lgs. 81/2015 come modificato dal d.l. 87/2018 conv. in l. 96/2018 | |
Dal 14/7/2018 | Dal 14/7/2018 | 24 mesi | Si |
Ultimo aggiornamento 15 settembre 2018 35
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: IMPUGNAZIONE
Data termine | Decadenza termine impugnazione cessazione | Norma applicata |
Prima del 14/7/2018 | 120 giorni | d.lgs. 81/2015 in vigore al 13/7/2018 |
Dal 14/7/2018 | 180 giorni | d.lgs. 81/2015 come modificato dal d.l. 87/2018 conv. in l. 96/2018 |
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 36
Regime transitorio
2° Teoria (Fondazione Studi)
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 37
a) CTD stipulati prima del 14.07.2018
-Contratti a termine: sono regolati dal d.lgs. 81/15 prima della riforma 2018;
-Xxxxxxxx e xxxxxxx effettuate dal 14.07 al 11.08: si applica il D.L. n. 87/18;
-Proroghe e rinnovi effettuate dal 12.08 al 31.10: si applica il D.lgs. n.81/15 ante riforma;
-Proroghe e rinnovi effettuate dal 01.11: si applica il D.lgs. n.81/15 come modificato dal D.L. n. 87 e successiva legge di conversione.
b) CTD stipulati dal 14.07.2018
-Contratti a termine: si applica il D.lgs. n.81/15 come modificato dal D.L. n. 87 e successiva legge di conversione, fermo restando che le disposizioni in ordine alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato sono state introdotte dalla legge di conversione (attuale art. 19, co. 1-bis)
-Proroghe e rinnovi: si applica il D.lgs. n.81/15 come modificato dal D.L. n. 87 e successiva legge di conversione, fermo restando che le disposizioni in ordine alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato sono state introdotte dalla
legge di conversione.
Ultimo aggiornamento 15 settembre 2018 38
39
Ulti
o aggiornamento 15 settembr
e 2018
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: PROROGHE
Data stipula | Data proroga | Numero e Durata complessiva | Causali | Xxxxx applicata |
5 in 36 mesi | ||||
Prima del 14/7/2018 | Prima del 31/10/2018 | (4 in 24 mesi e causali dal 14/7 al 11/08 – Xxxx. x. 00/00XX) | No | d.lgs. 81/2015 in vigore al 13/7/2018 |
Se durata | ||||
Dal 1/11/2018 | 4 in 24 mesi | superiore a 12 mesi | d.lgs. 81/2015 come | |
modificato dal | ||||
Dal 14/7/2018 | Dal 14/7/2018 | 4 in 24 mesi | Se durata superiore a 12 mesi | d.l. 87/2018 conv. in l. 96/2018 |
m |
Data stipula | Data rinnovo | Durata complessiva | Causali | Norma applicata |
Prima del 14/7/2018 | Prima del 31/10/2018 | 36 mesi (24 mesi e causali dal 14/7 al 11/08 – Xxxx. x. 00/00XX) | No | d.lgs. 81/2015 in vigore al 13/7/2018 |
Dal 1/11/2018 | 24 mesi | Si | d.lgs. 81/2015 come modificato dal d.l. 87/2018 conv. in l. 96/2018 | |
Dal 14/7/2018 | Dal 14/7/2018 | 24 mesi | Si |
Ultimo aggiornamento 15 settembre 2018 40
SOMMINISTRAZIONE E
CIRC. MIN. LAVORO n. 17/2018
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 41
Ambito di intervento Decreto Dignità
Le novità introdotte dal Decreto Dignità alla disciplina del contratto di somministrazione, contenuta nel D.Lgs. n. 81 del 15/6/2015, si possono così sintetizzare:
• esclusione dell’applicazione del contratto di somministrazione a tempo determinato applicato per la generalità delle aziende ai lavoratori portuali di cui all’articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84;
• introduzione di un limite quantitativo complessivo fra contratto di somministrazione a tempo determinato e contratti a tempo determinato;
• esenzione del limite quantitativo al contratto di somministrazione a tempo determinato per i soggetti che godono da almeno sei mesi di trattamenti di prestazioni a sostegno del reddito o cosiddetti svantaggiati;
• reintroduzione del reato di somministrazione fraudolenta;
• specificazione che quanto previsto per la causale (reintrodotta per i tempi determinati oltre il 12mo mese) si riferisce all’utilizzatore.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 42
D.Lgs. n. 81/2015, Art. 38- bis
1. Ferme restando le sanzioni di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l'utilizzatore sono puniti con la pena dell'ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 43
Disciplina dei rapporti di lavoro
L’art. 2 del DL 87/2018 ha esteso la disciplina del lavoro a termine alla somministrazione a termine (la cui disciplina si trovava già negli articoli 30 e seguenti del D.Lgs. 81/2015).
In particolare l’art. 34 (disciplina dei rapporti di lavoro) comma 2 del D. Lgs. 81/2015 viene sostituito completamente rafforzando la previsione secondo cui i rapporti di lavoro a tempo determinato tra somministratore e lavoratori sono soggetti alla disciplina in materia di lavoro a tempo determinato.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 44
D.Lgs. n. 81/2015, Art. 34, comma 2
2. In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 45
Quindi anche ai rapporti di lavoro a termine in somministrazione si applica quanto previsto dalla disciplina sui contratti a termine, con esclusione delle seguenti disposizioni:
1. Art. 21, comma 2: stop and go
2. Art. 21, comma 23: limiti contingentamento
3. Art. 21, comma 24: diritto di precedenza
La norma non ha introdotto invece alcun limite all’invio in missione di lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore. Come precisa la circolare n. 17, in questo caso, ai sensi dell’articolo 31 del citato decreto legislativo n. 81, tali lavoratori possono essere inviati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata, rispettando i limiti percentuali stabiliti dalla medesima disposizione.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 46
La norma precisa che le condizioni di cui all'art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 si applicano esclusivamente all'utilizzatore (art. 2, comma 1-ter D.L. n. 87/2018) .
L’utilizzatore deve rispettare i vincoli inerenti alla durata massima del contratto e alla presenza della causale per il ricorso al lavoro somministrato.
Il somministratore deve rispettare i vincoli inerenti alla durata massima del contratto, a proroghe e rinnovi.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 47
Pertanto, in caso di durata della somministrazione a termine per un periodo superiore a 12 mesi presso lo stesso utilizzatore, o di rinnovo della missione (sempre presso lo stesso utilizzatore), il contratto di lavoro stipulato dal somministratore con il lavoratore dovrà indicare una motivazione riferita alle esigenze dell’utilizzatore medesimo.
A questo proposito è utile precisare che, invece, non sono cumulabili a tale fine i periodi svolti presso diversi utilizzatori, fermo restando il limite massimo di durata di 24 mesi del rapporto (o la diversa soglia individuata dalla contrattazione collettiva).
MLPS circ. 17/2018
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 48
Come precisa la circolare, l’obbligo di specificazione delle causali insorge non solo nell’ambito della somministrazione (stesso utilizzatore, stesso lavoratore in missione) ma anche quando quello stesso lavoratore abbia avuto in precedenza un rapporto a termine ‘’diretto’’ con la stessa azienda utilizzatrice, per mansioni di pari livello e categoria.
In merito la circolare fornisce degli esempi per chiarire quando insorge l’obbligo delle causali:
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 49
In merito la circolare fornisce degli esempi per chiarire quando insorge l’obbligo delle causali:
• in caso di precedente rapporto di lavoro a termine di durata inferiore a 12 mesi, un eventuale periodo successivo di missione presso lo stesso soggetto richiede sempre l’indicazione delle motivazioni in quanto tale fattispecie è assimilabile ad un rinnovo;
• in caso di precedente rapporto di lavoro a termine di durata pari a 12 mesi, è possibile svolgere per il restante periodo e tra i medesimi soggetti una missione in somministrazione a termine, specificando una delle condizioni indicate all’articolo 19, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015;
• in caso di un periodo di missione in somministrazione a termine fino a 12 mesi, è possibile per l’utilizzatore assumere il medesimo lavoratore direttamente con un contratto a tempo determinato per una durata massima di 12 mesi indicando la relativa motivazione.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 50
Lo stesso tipo di considerazioni devono essere fatte anche per la valutazione del periodo massimo di occupazione a termine presso lo stesso datore di lavoro (sempre con riferimento a mansioni di pari livello e categoria).
Il rispetto del limite massimo attuale dei 24 mesi (o diverso secondo le previsioni della contrattazione collettiva) per il contratto a termine tra stesso datore di lavoro e stesso lavoratore, deve essere valutato con riferimento non solo al rapporto di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore, dovendosi a tal fine considerare sia i periodi svolti con contratto a termine, sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale (circ. 17/2018).
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 51
La circolare inoltre chiarisce che il computo dei 24 mesi di lavoro deve tenere conto di tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione intercorsi tra le parti, ivi compresi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 52
• Limite di contingentamento per la somministrazione a tempo indeterminato: 20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore, tranne differente disposizione da parte della contrattazione collettiva (anche aziendale) applicata dall’utilizzatore
• Il somministratore deve assumere a tempo indeterminato il lavoratore da utilizzare a tempo indeterminato
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 53
Viene introdotto invece un nuovo limite di contingentamento per le somministrazioni a termine combinato con il limite di contingentamento già esistente, e non modificato, per i contratti a termine in ‘’assunzione diretta’’.
Ferma restando la percentuale massima di contratti a termine già disciplinata (contingentamento legale o contrattuale), possono essere presenti nell’impresa utilizzatrice lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori inviati in missione per somministrazione a termine, entro la percentuale massima complessiva del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 54
Sul nuovo limite di contingentamento la circ. 17/2018 chiarisce che resta ferma la facoltà per la contrattazione collettiva di individuare percentuali diverse, per tenere conto delle esigenze dei diversi settori produttivi. In tal senso si può ritenere che i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza del contratto collettivo, sia con riferimento ai limiti quantitativi eventualmente fissati per il ricorso al contratto a tempo determinato sia a quelli fissati per il ricorso alla somministrazione a termine.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 55
Il nuovo limite numerico si applica ai nuovi contratti a termine (‘’diretti’’ e in somministrazione) stipulati a partire dal 12 agosto 2018. Dunque tutti i contratti fuori quota stipulati antecedentemente a tale data rimangono comunque validi fino alla loro naturale scadenza, con la possibilità da parte dell’azienda di stipularne di nuovi solo se alla cessazione dei vecchi risultano ‘’quote di contingentamento’’ libere secondo i nuovi termini di legge.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 56
Sono esclusi dall’applicazione del nuovo limite di contingentamento i contratti in somministrazione a tempo determinato per soggetti:
• disoccupati percettori di NASPI da almeno sei mesi
• lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 57
Reg. UE 651/2014 (Art. 2 n. 4)
«lavoratore svantaggiato»: chiunque soddisfi una delle seguenti condizioni:
a) non avere un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b) avere un'età compresa tra i 15 e i 24 anni;
c) non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o aver completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non avere ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
d) aver superato i 50 anni di età;
e) essere un adulto che vive solo con una o più persone a carico;
f) essere occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;
g) appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro e avere la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un'occupazione stabile;
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 58
Reg. UE 651/2014
(Art. 2 n. 99)
«lavoratore molto svantaggiato»: chiunque rientri in una delle seguenti categorie:
a) lavoratore privo da almeno 24 mesi di impiego regolarmente retribuito;
b) lavoratore privo da almeno 12 mesi di impiego regolarmente retribuito che appartiene a una delle categorie di cui alle lettere da b) a g) della definizione di «lavoratore svantaggiato».
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 59
L’ANCL evidenzia che sulla nuova formulazione dell’art. 31, comma 2 è stata avanzata un’altra lettura interpretativa.
Secondo una diversa interpretazione il legislatore, con la disposizione in esame, avrebbe riferito il limite del 30% non alla somministrazione tout court bensì al cumulo tra le due forme contrattuali della somministrazione a tempo determinato e del contratto a termine.
In altre parole, qualora l’azienda ricorresse ad entrambe le forme di flessibilità in entrata, ricadrebbe nell’ambito di applicazione del limite del 30% (“non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore”); se viceversa utilizzasse solo lavoro in somministrazione, tale regime vincolistico non opererebbe, e la somministrazione a termine sarebbe di fatto svincolata dal limite legale di contingentamento.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 60
Infine si ricorda che il nuovo contributo addizionale a carico del datore di lavoro introdotto per i rinnovi dei contratti a termine si applica anche ai contratti a termine in somministrazione, con gli tessi criteri incrementali previsti per i contratti a termine in assunzione diretta.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 61
TUTELE CRESCENTI DAL DECRETO DIGNITÀ ALLA
CORTE COSTITUZIONALE.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 62
1. Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle
c.d. Tutele crescenti
2. Le novità del Decreto Dignità
3. L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 63
Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle c.d. Tutele crescenti
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 64
Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle c.d. Tutele crescenti
Il d.lgs. n. 23/2015 – recante le c.d. “tutele crescenti” riservate, in caso di licenziamento illegittimo, ai lavoratori assunti (ovvero convertiti) a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 – è stato oggetto di un duplice e ravvicinato intervento, da parte:
- prima, del legislatore: con il D.L. n. 87/2018 (c.d. decreto Dignità), conv. dalla L. n. 96/2018;
- e poi, della Corte Costituzionale: con la sent. n. 194/2018 del 26.09.2018, depositata con motivazioni in data 08.11.2018.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 65
Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle c.d. Tutele crescenti
Ambito
Entrambi gli interventi non mettono in discussione gli elementi cardine del
d.lgs. n. 23/2018, e cioè la previsione:
- di una tutela di ordine risarcitorio pressoché generalizzata;
- e di una tutela di tipo reintegratorio soltanto peculiare, e cioè riservata ai soli licenziamenti discriminatori, nulli o intimati in forma orale (art. 2), nonché ai licenziamenti disciplinari (Giusta causa e Giustificato Motivo Soggettivo) nei casi di insussistenza del fatto materiale contestato (art. 3, comma 2).
Ed infatti
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 66
Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle c.d. Tutele crescenti
Ed infatti
Gli interventi agiscono su una specifica disposizione normativa del D.lgs. n. 23/2015: l’art. 3, comma 1, che – come è noto – prescrive una indennità risarcitoria (alternativa alla reintegra) per la generalità dei “casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa”.
Si ricorda che
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 67
Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle c.d. Tutele crescenti
Nel d.lgs. n. 23/2015, la tutela risarcitoria generalizzata (alternativa alla reintegra) ricorre:
- nei casi di Licenziamento per G.M.O.: per ogni ipotesi di illegittimità;
- nei casi di Licenziamento disciplinare (G.C. ovvero G.M.S.) ove il fatto materiale contestato al lavoratore risulti dimostrato in giudizio (ma comunque non sufficiente a ritenere legittimo il licenziamento);
- nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato in violazione del requisito di motivazione o della procedura disciplinare (indennità dimezzata);
- nei licenziamenti collettivi, irrogati in violazione degli artt. 4 e 5, Legge n. 223/1991.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 68
Decreto Dignità e Corte cost. n. 194/2018: l’ambito di intervento sulle c.d. Tutele crescenti
Il testo dell’art. 3, comma 1, previgente al duplice intervento del 2018 era il seguente:
“1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.”
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 69
Le novità del Decreto Dignità
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 70
L’art. 3 del D.L. n. 87/2018, come modificato dalla Legge di conversione n. 96/2018, interviene sul testo del d.lgs. n. 23/2015, sui seguenti punti:
1. l’indennità risarcitoria generalizzata di cui all’art. 3, comma 1, rivedendo al rialzo il numero di mensilità minime e massime (c.d. forbice);
2. l’Offerta conciliativa di cui all’art. 6, anche qui limitatamente al numero delle mensilità oggetto di offerta.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 71
Le novità del Decreto Dignità
Come cambiano gli artt. 3 (co. 1) e 6 del d.lgs. n. 23/2015, dopo il decreto Dignità?
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 72
VECCHIO TESTO | NUOVO TESTO |
1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità | 1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità. |
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 73
VECCHIO TESTO | NUOVO TESTO |
1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non e' assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegnoUlctiimrcooalgagrieor.nament | 1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non e' assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 3 non superiore a 27 mensilità, mediante o 1c3onnosevegmnbarea2l0la18voratore di un assegno circolare. |
74
VECCHIO TESTO | NUOVO TESTO |
(…) L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario. | (…) L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario. |
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 75
Le novità del Decreto Dignità
Sintesi
Il Decreto Legge aveva modificato i limiti minimo/massimo del solo indennizzo di cui all’art. 3, comma 1, previsto per il caso di licenziamento ingiustificato, non toccando le altre indennità previste dalla disciplina.
La legge di conversione ha provveduto a innalzare i limiti minimo/massimo anche dell'indennità fiscalmente agevolata oggetto della procedura conciliativa prevista dall'art. 6 (già fissati in 2 e 18 mensilità) e ora elevati a 3 e 27 mensilità.
Non vengono invece modificati i valori minimi e massimi dell'indennizzo previsto per la fattispecie disciplinata dal d.lgs. n.23/2015 e, cioè, i vizi formali e procedurali, che rimangono fissati in 2 e 12 mensilità (art. 4), mentre il regime riservato alle Piccole Imprese viene rimodulato indirettamente, come si
preciserà in seguito.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 76
Le novità del Decreto Dignità
DUNQUE
Il D.L. n. 87/2018 agisce sulla disciplina dei licenziamenti illegittimi, intervenendo esclusivamente sui profili risarcitori.
Ad essere modificato, dunque, non è il criterio di determinazione della sanzione della reintegra – che continua ad essere (almeno in astratto) di tipo “residuale”, e cioè confinata al solo licenziamento disciplinare in caso di insussistenza del fatto materiale contestato (cfr. infra) – ma soltanto la c.d. tutela indennitaria.
In che modo??
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 77
Le novità del Decreto Dignità
Il nuovo art. 3
Le modifiche non riguardano il meccanismo di “graduazione” delle c.d. “tutele crescenti”, che continua(va) ad essere articolato nella misura di n. 2 mensilità per ogni anno di servizio.
Il provvedimento, infatti, si è limitato ad elevare la forbice del tetto minimo e massimo:
- da un minimo di 4 fino ad un massimo di 24 mensilità;
si passa ora a
- da un minimo di 6 fino a un massimo di 36 mensilità.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 78
Le novità del Decreto Dignità
Il nuovo art. 6
Il Correttivo 2018 agisce anche sulla c.d. Offerta di conciliazione disciplinata dall’art. 6, d.lgs. n. 23/2015.
Anche qui, le modifiche intervenute in sede di conversione del Decreto non riguardano il meccanismo scalare delle somme offerte in conciliazione – che resta ancorato “ad una mensilità per ogni anno di servizio” – ma la forbice del tetto minimo e massimo:
- da un minimo di 2 fino ad un massimo di 18 mensilità;
si passa ora a
- da un minimo di 3 fino a un massimo di 27 mensilità.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 79
Le novità del Decreto Dignità
Il nuovo art. 6
La modifica dell'art. 6 rende sempre più conveniente il ricorso alla conciliazione post-licenziamento, considerati le aspettative e i tempi di una causa di impugnazione.
Trattasi invero di un intervento che comporta anche un aumento degli oneri finanziari collegati all'istituto, per il noto premio fiscale previsto dall’art. 6 cit. di cui si dirà (cfr. infra).
Pertanto, in caso di invarianza degli stanziamenti previsti dal comma 2, le risorse disponibili annualmente serviranno a “coprire” un numero inferiore di conciliazioni.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 80
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 81
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
In data 8 novembre 2018 è stata depositata la Sentenza della Corte Costituzionale n. 194/2018 che ha dichiarato illegittimo l’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte non modificata dal Decreto Dignità.
Questi in breve i punti nevralgici:
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 82
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
I punti nevralgici
1. La norma dichiarata incostituzionale
2. I principi costituzionali violati
3. Il contenuto dispositivo della pronuncia: gli effetti
4. Gli effetti su altre disposizioni del d.lgs. n. 23/2015
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 83
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
1. La norma dichiarata incostituzionale
“ (…) il denunciato art. 3, comma 1, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente alle parole «di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio»”
Dunque non viene interessata dalla pronuncia la parte dell’art. 3, comma 1, relativa alla determinazione di un importo minimo/massimo (c.d. forbice), che era stata modificata dal d.lgs. n. 87/2018, transitando da 4/24 a 6/36 mensilità.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 84
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
2. I principi costituzionali violati
Ad essere stati violati, per la Consulta, sono alcuni principi costituzionali contenuti nelle seguenti norme:
- Art. 3 Cost.: sia il principio di uguaglianza sotto il profilo dell’ingiustificata omologazione di situazioni diverse, sia il principio di ragionevolezza;
- Artt. 4, comma 1, e 35, comma 1, Cost.: il principio di ragionevolezza;
- Artt. 76 e 117, comma 1, Cost.: il principio di osservanza dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (qui per violazione dell’art. 24 della Carta Sociale Europea).
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 85
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
2. I principi costituzionali violati
In parziale accoglimento delle questioni sollevate dal Giudice remittente (Tribunale di Roma, Sezione Lavoro), la Corte ha anzitutto osservato che l’art. 3, comma 1, prevede una indennità rigida «in quanto non graduabile in relazione a parametri diversi dall’anzianità di servizio, e la rende uniforme per tutti i lavoratori con la stessa anzianità. L’indennità assume così i connotati di una liquidazione legale forfetizzata e standardizzata», insuscettibile di personalizzazione.
Da tale presupposto, la Corte ha quindi sostanzialmente evidenziato che tale metodo di calcolo:
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 86
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
2. I principi costituzionali violati
Da tale presupposto, la Corte ha quindi sostanzialmente evidenziato che tale metodo di calcolo:
1. determini l’ingiustificata omologazione di situazioni diverse, facendo venire meno l’esigenza della «personalizzazione del danno subito dal lavoratore», imposta dal principio di eguaglianza;
2. non integri, specialmente per i lavoratori con minore anzianità di servizio, un adeguato ristoro del danno prodotto, tradendo così la finalità primaria della tutela, cioè «prevedere una compensazione adeguata del pregiudizio subito dal lavoratore ingiustamente licenziato»;
3. è in grado di minare, sempre con specifico riferimento ai lavoratori con minore anzianità di servizio, «la funzione dissuasiva [dell’indennità] nei confronti del datore di lavoro, allontanandolo dall’intento di licenziare
senza valida giustificazUiltoimnoea»gg.iornamento 13 novembre 2018 87
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
2. I principi costituzionali violati
In ragione di ciò, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il metodo di calcolo di cui all’art. 3, c. 1, d.lgs. n. 23/2015, che determina l’aumento (di due mensilità per ogni anno di servizio) dell’indennità dovuta al lavoratore licenziato in funzione della sola anzianità di servizio dello stesso.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 88
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
3. Il contenuto dispositivo della pronuncia: gli effetti
Il venir meno del predetto criterio di calcolo comporta che “Le «mensilità», cui fa “ora” riferimento l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015 sono da intendersi relative all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR (*), così come si evince dal d.lgs. n. 23 del 2015 nel suo complesso, con riguardo alla commisurazione dei risarcimenti”
E dunque:
(*) confermata la differenza con l’art. 18 che parla di “ultima retribuzione globale di fatto”
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 89
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
3. Il contenuto dispositivo della pronuncia: gli effetti
E dunque:
“Nel rispetto dei limiti, minimo e massimo(*), dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato, il giudice terrà conto innanzi tutto dell’anzianità di servizio – criterio che è prescritto dall’art. 1, comma 7, lett. c) della legge n. 184 del 2013 e che ispira il disegno riformatore del d.lgs. n.23 del 2015 – nonché degli altri criteri già prima richiamati, desumibili in chiave sistematica dalla evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti).”
(*) ora ricompresi tra 6 e 36 mensilità
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 90
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
3. Il contenuto dispositivo della pronuncia: gli effetti
Pertanto:
Anche nelle c.d. “tutele crescenti” al Giudice del Lavoro viene ora accordata la discrezionalità sulla personalizzazione del danno subito dal lavoratore illegittimamente licenziato.
Tale discrezionalità, rammenta la Corte, oltre a dover rispettare i limiti minimi e massimi previsti dal legislatore non deve sfociare nell’arbitrarietà, dovendosi considerare diversi fattori, tra cui:
1. anzianità di servizio (innanzitutto);
2. numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro;
3. dimensioni dell’attività economica;
4. comportamento e coUnltidmiozaigoginorinadmeelnlteo 1p3 naorvetmi.bre 2018 91
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
3. Il contenuto dispositivo della pronuncia: gli effetti
Ne consegue che
• Come per le vicende assoggettate all’art. 18 stat. lav.:
spetterà al Giudice adito quantificare l’importo dovuto al lavoratore illegittimamente espulso.
• Diversamente dalle vicende assoggettate all’art. 18 stat. lav.:
però, nelle “tutele crescenti” la discrezionalità del Giudice sarà più ampia, poiché, in forza delle modifiche apportate dal Decreto Dignità, il range tra minimo e massimo spazierà da 6 a 36 mensilità (in luogo di 12/24 previsto dall’art. 18 stat. lav.).
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 92
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
4. Gli effetti su altre disposizioni del d.lgs. n. 23/2015
La pronuncia esplica effetti ultronei rispetto alla mera vicenda oggetto del giudicato (nella specie trattavasi di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo).
A chiarirlo è anche la Corte, ove afferma che: “Questa Corte non può dunque esimersi da uno scrutinio complessivo del denunciato art. 3, comma 1, entro cui rientra anche il caso in cui non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, fattispecie quest’ultima che ricorre nel giudizio a quo.”
Ultimo aggioErndamienntfoa1t3tni:ovembre 2018 93
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
4. Gli effetti su altre disposizioni del d.lgs. n. 23/2015
L’incostituzionalità dell’art. 3, comma 1, si riverbera:
• Non soltanto nelle ipotesi di illegittimità del Licenziamento per GMO ovvero del Licenziamento per GC o GMS (ove risulti accertata la sussistenza del fatto materiale contestato), previste dalla norma stessa;
• Ma anche nell’ipotesi di:
• Licenziamento irrogato da Piccole imprese e organizzazioni di tendenza (art. 9, che richiama l’indennità ex art. 3, comma 1);
• Licenziamento collettivo (art. 10, che richiama l’indennità ex art. 3, comma 1).
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 94
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
4. Gli effetti su altre disposizioni del d.lgs. n. 23/2015
Licenziamento irrogato da Piccole imprese e organizzazioni di tendenza
L’art. 9 dispone che “Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l'articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell'importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall'articolo 4, comma 1 e dall'articolo 6, comma 1, e' dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.”
E dunque
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 95
Licenziamento irrogato da Piccole imprese e organizzazioni di tendenza
Qui la regola del dimezzamento dell’indennità “subisce” gli effetti della pronuncia della Corte cost. n. 194/2018, oltre che del Decreto Dignità:
- per effetto del Decreto Dignità: cambia il limite minimo di mensilità da riconoscere, passando da 2 mensilità (la metà delle 4 minime sinora riconosciute) a 3 mensilità (la metà delle attuali 6 minime) … mentre il limite massimo resta sempre fermo a 6 mensilità.
- per effetto della Consulta, invece: non ci sarà più il meccanismo di crescita scalare (pari ad una mensilità per ogni anno di servizio da un minimo di 3 ad un massimo di 6), bensì all’interno di tale range (da 3 a 6 mensilità) il Giudice determinerà discrezionalmente l’ammontare che riterrà più giusto.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 96
L’intervento della Consulta: la pronuncia, gli effetti
Gli effetti su altre disposizioni del d.lgs. n. 23/2015
Licenziamenti collettivi
L’art. 10 dispone che “In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all'articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all'articolo 5, comma 1, della legge n. 223 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.”
E dunque
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 97
Licenziamenti collettivi
Il richiamo all’indennità risarcitoria di cui all’art. 3, comma 1 – come novellato dal Decreto Dignità e dalla pronuncia di incostituzionalità Corte Cost. n. 194/2018 – sta a significare che il Giudice del lavoro, in caso di illegittimità dei licenziamenti collettivi per violazione degli artt. 4 (procedura) e 5 (criteri di scelta), liquiderà una indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 6 ed un massimo di 36 mensilità, in ragione dei seguenti fattori:
1. anzianità di servizio (innanzitutto);
2. numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro;
3. dimensioni dell’attività economica;
4. comportamento e condizioni delle parti.
Ultimo aggiornamento 13 novembre 2018 98