POSTE ITALIANE SPA
POSTE ITALIANE SPA
SPED. IN A. P. 70% - ROMA
2 /2003
AGENZIA PER LA RAPPRESENTANZA
NEGOZIALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
MARZO/APRILE 2003
REDAZIONE XXX XXX XXXXX 000
00000 XXXX
COMMENTI
IL CONTRATTO 2002/2005 DEL COMPARTO MINISTERI
NEGOZIAZIONE
IL MONITORAGGIO MENSILE DELLE SPESE
DEL PERSONALE
LEGISLAZIONE
LA MANOVRA FINANZIARIA DEL 2003
INSERTO OSSERVATORIO ARAN DI GIURISPRUDENZA
numero 2 • marzo/aprile 2003
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DIRETTORE
Xxxxx Xxxxxxx
DIRETTORE RESPONSABILE
Xxxx Xxxxx Xxxxxxxx
COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO
Xxxxxxxx Di Xxxxx Xxxxxxxxx D’Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx
Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Xxxxxx Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx
SEGRETERIA DI REDAZIONE
Xxxxxxx Xx Xxxxxx
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE
Xxxxxx Xxxxxxxx
REDAZIONE
Telefono 0000000000
Fax 0000000000
e-mail: xxxxxxxx@xxxxxxxxxxx.xx
STAMPA
Aut. Tribunale di Roma n. 630 del 27.12.95
Sped. In Abb. post. L. 662/96 art. 2 C. 20/c
ANNO VIII N. 2 MARZO-APRILE 2003
EDITORIALE
Ci siamo anche noi
di Xxxxx Xxxxxxx 3
INTERVISTE
Il nuovo contratto del Comparto Ministeri:
il punto di vista di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx 4
COMMENTI
Il contratto 2002-2005 del Comparto Ministeri
di Xxxxxx Xxxxxxx 8
I servizi pubblici essenziali nel Comparto Regioni-Autonomie locali
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx 14
OSSERVATORIO UNIONE EUROPEA
Avvenire delle cure mediche
e delle altre cure per le persone anziane 30
CONVEGNI
Legge quadro sull’assistenza n. 328/2000: una ricerca di Legautonomie
di Xxxxxxxx Xxxxxx 32
FLASH NOTIZIE
a cura di Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx
Attività svolta dall’Aran 34
LEGISLAZIONE
La manovra finanziaria del 2003
di Xxxxxxxxx X’Xxxxxxxx 43
NEGOZIAZIONE
Contratto Ministeri: aspetti economici
di Xxxxxx Xxxxxxxxxx 45
Il monitoraggio mensile delle spese del personale
di Xxxxxxxx X’Xxxxx 49
I costi contrattuali:
il ruolo degli attori istituzionali nel monitoraggio della spesa per il personale
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx 55
INSERTO:
Osservatorio ARAN
di giurisprudenza (prima parte)
1
numero 1 • gennaio/febbraio 2003
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CI SIAMO ANCHE NOI
La sottoscrizione del contratto del Comparto Ministeri segna un punto
di svolta nelle strategie dell’Agenzia, non soltanto per il fatto che esso apre di fatto la stagione dei rinnovi contrattuali per il quadriennio 2002-2005 e mette fine ad uno stato di tensione nelle relazioni sindacali e sociali nel settore della Pubblica Amministrazione.
Con il nuovo accordo contrattuale, in realtà, si passa ad una nuova fase del modo stesso di concepire
la regolamentazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici.
Infatti, con la tornata contrattuale che si è aperta, viene definitivamente
a compimento la “rivoluzione” nel sistema dei rapporti di lavoro
pubblici iniziata nel 1993 con l’emanazione del famoso decreto legislativo n. 29
e viene meno la sostanziale diversità di fonti normative rispetto al lavoro privato. Ciò ha riflessi sulla stessa tecnica di realizzazione dei testi contrattuali nel senso che viene meno la necessità – finora tipica del settore pubblico - di sottoscrivere ad ogni rinnovo l’intero testo contrattuale anziché le sole parti modificate.
Questa novità ha fatto sì che osservatori meno attenti scambiassero il testo
del rinnovo contrattuale con il contratto imputando, tra le altre cose, all’ARAN, di aver sottoscritto una normativa priva
di parti particolarmente qualificanti, come per esempio tutta la materia relativa alle cosiddette flessibilità del rapporto di lavoro.
Sarebbe bastato che quei frettolosi critici si fossero riletti i nostri contratti per rendersi conto che da tempo è stata regolamentata ed è in corso
di applicazione in tutti i comparti la più ampia gamma di soluzioni riguardanti
il part-time, il lavoro a tempo determinato, il telelavoro, il lavoro interinale, nonché la materia della conciliazione
e dell’arbitrato in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, che rappresenta una ipotesi tutt’altro che secondaria
di flessibilità in uscita.
L’Agenzia sta monitorando l’applicazione di tali istituti e sono in predisposizione alcune ricerche che dimostreranno come questa vituperata Pubblica Amministrazione abbia anche punti
di eccellenza che non sono secondi a nessuno nel nostro paese.
Ma, per tornare agli aspetti più strategici della questione, noi siamo convinti della necessità, per l’Italia, di un corretto ed equilibrato svolgersi della dialettica sociale che, sul piano dei rapporti
di lavoro, si sostanzia in un naturale
e corretto sistema di relazioni sindacali di cui entra a far parte - se necessario - anche il conflitto, ma che deve considerare come fisiologica la realizzazione
dei contratti collettivi secondo modalità e con tempi degni di un paese avanzato come il nostro. Finché ci sarà possibile continueremo a lavorare con questo spirito e in quella prospettiva.
Xxxxx Xxxxxxx
Presidente ARAN
numero 2 • marzo/aprile 2003
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IL NUOVO CONTRATTO DEL COMPARTO MINISTERI
IL PUNTO DI VISTA DI XXXXXXX XXXXXXXXXX
DIRIGENTE GENERALE DEL SERVIZIO I DELL’ARAN
In occasione della sottoscrizione del contratto del Comparto Ministeri abbiamo rivolto alcune domande alla dott.ssa Xxxxxxx Xxxxxxxxxx,
Capo delegazione della parte pubblica, su alcuni degli aspetti più rilevanti
del contratto. Ecco in sintesi le risposte.
Avete avuto particolari difficoltà nella trattativa? Più o meno rispetto ai precedenti negoziati?
La valutazione delle difficoltà di questo contratto dipende dal punto di vista
da cui lo si osserva.
Sotto il profilo finanziario, è stato uno dei contratti più difficili.
Dal protocollo d’intesa Governo-Sindacati del febbraio 2002 alla conclusione
del negoziato è trascorso un anno ed è stata necessaria la previsione, in legge finanziaria, di una quota delle risorse destinate in parte alla produttività.
Inoltre, tutto ciò è avvenuto in presenza di uno scontro sociale nel pubblico impiego, in un clima di tensione che negli ultimi tempi avevamo quasi dimenticato.
Sotto il profilo della normativa, il negoziato è stato invece relativamente semplice, visto che - essendo stato completato, con la seconda stagione contrattuale 1999-2001, il processo di trasformazione previsto dalla legge di riforma del 1993
che armonizza tutte le norme del settore pubblico a quelle del sistema privato - le parti hanno provveduto ad effettuare solo interventi “conservativi” delle discipline preesistenti e di “conservazione” di esse per aggiornarle e coordinarle alle leggi sopravvenute. In particolare, ciò è successo per le procedure disciplinari.
È un contratto che potremmo definire “breve”, con pochi articoli. Come mai?
Obiettivo comune delle parti è stato il consolidamento del sistema.
La ragione di questa scelta negoziale è logica e responsabile, perché si è voluto consegnare alle Amministrazioni una regolazione completa e moderna del rapporto di lavoro in grado di essere considerata “stabile” ed utilizzabile per una gestione del personale flessibile
e ottimale.
Sbaglierebbe, quindi, chi, riferendosi allo scarso numero di articoli (26) pensasse che questo contratto non è innovatore. Infatti, l’innovazione era già stata introdotta dai contratti delle stagioni 1994-1997 e 1998-2001 che hanno rappresentato la vera realizzazione della riforma Xxxxx-Xxxxxxxxx.
L’attuale contratto, inoltre, è in linea con i principi espressi dalla Comunità Europea in tema di molestie sessuali e di mobbing, dimostrando ancora
una volta di essere strumento sensibile, nella valutazione di tali fenomeni,
ai processi del cambiamento sociale.
Adesso, dopo la firma, qual è l’iter? Quando entra in vigore?
numero 2 • marzo/aprile 2003
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L’ARAN invia l’ipotesi di accordo al Comitato di settore (Dipartimento Funzione pubblica e Ministero Economia e Finanze) per acquisire il parere
di congruità con l’atto di indirizzo ricevuto. Xxx, come si spera, tale parere sia favorevole, l’ipotesi di contratto sarà inviata alla Corte dei conti per
la certificazione dei costi.
La Corte deve esprimere il suo giudizio in 15 giorni. Adempiuti questi obblighi, sarà possibile firmare definitivamente
il contratto, che entrerà in vigore il giorno successivo alla sua stipulazione.
Gli incrementi di stipendio decorreranno dalle date previste dal contratto
(1° gennaio 2002 e 1° gennaio 2003) e le disposizioni di parte normativa dalla data della firma, salvo diversa precisazione.
Quali sono i punti salienti del contratto?
Questo contratto si qualifica per
la conferma dei principi sui quali si fonda il sistema classificatorio del personale del Comparto, principi richiamati
e rafforzati dall’art. 8 perché costituiscano il fondamento della contrattazione integrativa anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 194
del 2002. Questa - pur riferita all’abrogazione di una norma di legge che aveva consentito selezioni interne al Ministero delle Finanze - richiama
i principi dell’articolo 97 della Costituzione, che devono essere mantenuti
e rispettati anche nel pubblico impiego privatizzato.
Altro aspetto rilevante è la riscrittura del codice disciplinare e degli articoli dedicati al rapporto tra procedimento disciplinare e penale e alla sospensione cautelare. Il primo, è stato nuovamente regolato per articolare meglio la sanzione della sospensione, che in precedenza era prevista per un massimo di dieci giorni, dopo i quali scattava
il licenziamento.
Per consentire alle Amministrazioni di proporzionare la sanzione
all’infrazione commessa, adesso esistono due tipi di sospensione: fino a 10 giorni, oppure da 11 giorni a 6 mesi.
In entrambi i casi, i primi 10 giorni sono senza retribuzione; nel secondo, è prevista una indennità alimentare.
Nel caso di infrazioni di maggiore gravità o di recidiva, o di condanna penale specie per i reati contro
la pubblica amministrazione, si passa al licenziamento.
Provvedimento che, naturalmente, può anche essere disposto direttamente quando si sia in presenza di un fatto tanto grave da giustificarlo.
Tra le infrazioni punibili sono previste, secondo un processo di gradualità, anche quelle relative alle molestie sessuali e al mobbing.
Occorre precisare che, in alcuni articoli di stampa, le due specifiche disposizioni in tale materia sono state lette come una limitazione della funzione dirigenziale. Questa interpretazione è frutto di un equivoco o di una scarsa conoscenza del sistema pubblico.
Infatti, il contratto di cui stiamo parlando, definisce il rapporto di lavoro degli impiegati dei ministeri e non dei dirigenti e, pertanto, i comportamenti sanzionati riguardano solo i primi
e non i secondi, che hanno un altro contratto. Né deve trarre in inganno che nella definizione di mobbing si faccia riferimento al “datore di lavoro”, perché si tratta di una definizione astratta, che giustifica, in parte,
la superficialità dell’osservazione.
Come si colloca questo contratto nel processo della riforma
della Pubblica Amministrazione?
Innanzitutto, esso conferma il sistema delle relazioni sindacali nel pubblico impiego, frutto della riforma che esalta il valore della contrattazione integrativa demandando alle Amministrazioni interessate la gestione di tutti gli istituti riguardanti il rapporto di lavoro (incentivi economici, sviluppo
numero 2 • marzo/aprile 2003
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professionale, formazione, eccetera) che sono tipici del settore privato.
L’auspicio è che il consolidamento del sistema voluto dalle parti sia una spinta per le Amministrazioni
a procedere sul cammino della riforma, ora interamente nelle loro mani.
A questo proposito, xxxxxx come risultino inappropriate le critiche rivolte
al contratto di aver arrestato il processo di cambiamento, dal momento che, come abbiamo detto, la fonte negoziale ha già raggiunto l’obiettivo nell’arco delle due tornate contrattuali precedenti. Un processo che sembra essere ignorato dagli esponenti del settore privato che non mostrano di conoscere i nostri contratti e parlano per slogan. Del pari inappropriati sembrano essere i commenti sui legami che questo contratto avrebbe dovuto avere con l’avvio del federalismo.
Infatti il contratto riguarda solo il rapporto di lavoro del personale dell’apparato statale che si sta progressivamente riducendo, sia per il trasferimento
alle Regioni delle competenze
(in relazione al decentramento già avviato dalla legge Xxxxxxxxx del 1997) sia, infine, per l’applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione. Dal momento in cui il personale dello Stato sarà oggetto di ulteriori trasferimenti, il rapporto di lavoro
dei relativi dipendenti ricadrà nell’ambito di applicazione di altri settori pubblici (Regioni, Autonomie locali, Sanità ecc.) ed apposite norme stabiliranno
le regole del passaggio, procedura questa non contrattuale, circostanza che i commentatori, ancora una volta, sembrano ignorare.
La firma di questo contratto è di buon auspicio per una rapida conclusione positiva degli altri comparti del settore pubblico?
Come tradizione, la stagione dei contratti comincia sempre con quello
dei dipendenti dei ministeri, destinato a fare da battistrada a tutti gli altri comparti. Tale priorità discende, indirettamente, dalla legge, poiché le Amministrazioni non statali in senso stretto (Enti pubblici non economici, Regioni-Autonomie locali, Sanità, Università, Ricerca) provvedono ad assicurare ai propri dipendenti incrementi stipendiali pari al tasso di inflazione programmato con risorse a carico dei propri bilanci, ma devono attenersi a criteri e parametri indicati per il personale dell’Amministrazione statale
(da ultimo, articolo 16 delle Legge n. 448/2001).
È quindi evidente che la chiusura
del contratto dei ministeriali è di buon auspicio per l’apertura degli altri comparti, sicuramente di quelli
delle altre amministrazioni statali.
Più problematiche si delineano
le trattative per il comparto della scuola, nel quale vanno definite le risorse aggiuntive previste da una norma speciale per il settore.
Per ciò che riguarda Regioni
ed Autonomie locali e Sanità, più che nei contratti in sé, i problemi relativi all’avvio del negoziato sono riconducibili al rapporto tra queste ed il Governo
in sede di ripartizione dei finanziamenti, più conflittuale dopo l’avvio
del federalismo fiscale, anche per le difficoltà insorte per il rispetto dei patti di stabilità e per il taglio dei trasferimenti operati dall’ultima legge finanziaria.
Una situazione, questa, che sembra complicare l’accettazione da parte dei suddetti comparti del protocollo del febbraio 2002 che ha assegnato agli statali circa un 1% in più del tasso di inflazione programmata
(poi confermato dalla finanziaria)
al quale le autonomie dovrebbero fare fronte con i propri bilanci.
Come l’ARAN intende favorire il processo federalista?
È evidente che tale compito non rientra tra quelli assegnati alla fonte negoziale.
numero 2 • marzo/aprile 2003
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Dopo l’emanazione della legge costituzionale n. 3 del 2001 vi è stato un lungo dibattito se l’ARAN fosse ancora da considerare soggetto negoziale in rappresentanza delle Regioni- Autonomie locali e Sanità. Questo dibattito sembra accantonato per
la presente stagione negoziale poiché tali comparti sono ancora compresi nel Contratto collettivo quadro stipulato il 18 dicembre 2002, relativo ai comparti del pubblico impiego.
Tuttavia nell’attuale quadro normativo, l’ARAN può dare il proprio contributo valorizzando ulteriormente
la contrattazione integrativa di tali amministrazioni alle quali, già
nelle stagioni contrattuali precedenti, era stata affidata la gestione del sistema integrato di gestione delle risorse umane (incentivi, sviluppo
professionale del personale, incarichi dirigenziali, sistema di valutazione, formazione, flessibilità del rapporto
di lavoro). In modo del tutto naturale, il contratto collettivo nazionale ha riservato per sé l’area dei diritti fondamentali dei lavoratori ed ora si tratta di dare vita ad istituti normativi sia di consolidamento ed aggiornamento delle norme esistenti sia nuovi per i quali i Comitati di settore di dette Amministrazioni trovino conveniente una disciplina di principi e criteri generali definita a livello nazionale per evidenti ragioni di uniformità.
numero 2 • marzo/aprile 2003
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IL CONTRATTO 2002-2005 DEL COMPARTO MINISTERI
1. PREMESSA
Con il completamento del processo di contrattualizzazione del rapporto
di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, avvenuto con
la stipulazione dei contratti
del quadriennio 1998-2001, si è conclusa un importante fase della riforma
del pubblico impiego, che aveva individuato, nella fonte negoziale, lo strumento più idoneo per la sua attuazione.
L’Ipotesi di accordo per il Comparto Ministeri sottoscritta il 28 febbraio 2003, che costituisce il primo testo contrattuale della tornata 2002-2005, si colloca pertanto in uno scenario diverso, ove, esaurito il compito di trasformazione degli istituti regolati da disposizioni pubblicistiche in norme pattizie,
le parti hanno optato per interventi negoziali per lo più diretti
alla manutenzione e all’aggiornamento del quadro normativo di riferimento, ormai definito.
Lo scopo è stato di apportare, in base all’esperienza maturata, quegli adattamenti ritenuti indispensabili per offrire alle amministrazioni
una strumentazione giuridica quanto più possibile idonea a costituire
un valido supporto tecnico per
una ottimale ed efficace gestione delle risorse umane.
Ma tale diversa missione dell’attività negoziale, tuttavia, non è meno delicata e complessa della precedente:
il contratto realizzato prende in esame diverse tematiche (ad esempio, relazioni sindacali, sistema classificatorio, norme disciplinari, oltre al trattamento economico) con il preciso obiettivo
di dare una risposta a questioni emerse nella fase applicativa o di introdurre clausole di chiarimento.
Ove si è ritenuto necessario, si è operata una sorta di raccordo tra la normativa di Comparto e la disciplina degli Accordi Quadro o anche tra quelle disposizioni che pur riguardando
i medesimi istituti, erano contenute in testi predisposti in diversi momenti contrattuali.
In tale contesto di conferma dell’assetto normativo vigente non mancano, però, gli aspetti innovativi, anche in relazione alla necessità di garantire, attraverso
lo strumento negoziale che si contraddistingue per la notevole flessibilità, il costante adeguamento della regolamentazione pattizia all’accentuato dinamismo che contraddistingue la legislazione
in materia di rapporto di lavoro nel suo complesso, sia a livello nazionale che europeo.
Questo è il caso, ad esempio, delle norme disciplinari, per le quali il contratto
ha operato una rivisitazione
della regolamentazione contrattuale già esistente al fine di adeguarla alla Legge
numero 2 • marzo/aprile 2003
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n. 97/2001, nel frattempo intervenuta, la cui emanazione ha costituito l’occasione per attualizzare l’intero
sistema già previsto nel CCNL 1994 -1997.
Sul versante delle novità, vanno, altresì, segnalate talune tematiche di grande rilevanza politica e sociale, come
il mobbing e le molestie sessuali, sulle quali si è espresso anche
il Parlamento europeo nell’ambito di recenti Risoluzioni indirizzate agli Stati membri e per le quali sono
state previste alcune importanti iniziative volte a contrastarne la diffusione.
In tema di molestie sessuali il contratto allega anche lo schema-tipo del codice di condotta relativo ai provvedimenti da assumere nella lotta contro
le molestie sessuali nei luoghi di lavoro come previsto dalla raccomandazione della Commissione europea
del 27 novembre 1991.
2. ANALISI DELLA NORMATIVA
2.1. RELAZIONI SINDACALI
Passando ad un’analisi più dettagliata della normativa, per quanto attiene alle relazioni sindacali viene
sostanzialmente confermato il precedente sistema, anche se la disciplina nel suo complesso si arricchisce di ulteriori specificazioni ed integrazioni.
Nel quadro delle innovazioni occorre menzionare, infatti, l’inserimento,
tra le materie di contrattazione,
di ulteriori tematiche, quali la possibilità di integrare le materie di informazione preventiva e successiva, nonché
la definizione dei “criteri generali per l’attuazione della mobilità volontaria dei dipendenti tra sedi centrali
e periferiche o tra le sedi periferiche di una stessa amministrazione”.
Quest’ultima previsione era già contenuta nel CCNL del 16 maggio 1995, ma l’attuale modifica contrattuale specifica, altresì, che si tratta comunque di una negoziazione
a termine, che non vincola le
amministrazioni all’obbligo di pervenire ad un accordo.
Una ulteriore integrazione riguarda le forme di partecipazione e consiste nella istituzione di appositi Comitati paritetici, ai quali è affidato il compito di acquisire elementi conoscitivi per
la formulazione di proposte in materia di formazione e di aggiornamento professionale.
Inoltre, il contratto prende in esame - ed è questa la novità più rilevante
del sistema di partecipazione sindacale
- anche il fenomeno del mobbing, che viene definito come forma di violenza morale o psichica attuata nei confronti di un lavoratore dal datore di lavoro
o da altri dipendenti e caratterizzata da una serie di atti, atteggiamenti
o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico
ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro, compromettere
la salute, la professionalità o la dignità del lavoratore stesso nell’ambito dell’ufficio di appartenenza oppure, addirittura, escluderlo dal contesto lavorativo.
Al fine di contrastare l’estensione del fenomeno si prevede, pertanto, l’istituzione, presso ciascuna
Amministrazione, di appositi Comitati paritetici, incaricati di raccogliere i dati ed di analizzarli sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo,
di formulare proposte per la prevenzione e la repressione delle situazioni
di criticità anche in relazione
alla individuazione delle possibili cause del fenomeno.
I Comitati potranno altresì formulare proposte in ordine alla costituzione
e al funzionamento di sportelli di ascolto, all’istituzione della figura del
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consigliere /consigliera, nonché per la definizione di eventuali codici
di comportamento.
Sono anche previste possibili iniziative di formazione, al fine di favorire
la consapevolezza della gravità del fenomeno.
2.2. SISTEMA CLASSIFICATORIO
Altro aspetto qualificante del CCNL è quello relativo al sistema classificatorio del personale, tema che presenta elementi di grande complessità anche per effetto della sentenza n. 194
del 2002 della Corte costituzionale
in materia di processi di riqualificazione. La soluzione adottata è stata quella
di confermare il precedente modello di classificazione definito nel CCNL del 16 febbraio 1999, ribadendo
e valorizzando, ai fini della contrattazione integrativa, alcuni degli elementi più significativi dello stesso, che risultano essere perfettamente in linea con
i principi enunciati dalla Corte costituzionale.
Ma la scelta contrattuale offre anche una prospettiva di possibile evoluzione del sistema: viene infatti istituita
una apposita Commissione con
il compito di formulare proposte per la realizzazione, in sede negoziale, di eventuali interventi migliorativi dell’impianto classificatorio vigente. In effetti, si è ritenuto opportuno,
una volta terminata l’attuale fase di prima applicazione, istituire una sessione
di studio e di analisi diretta a valutare la possibilità, sulla base dell’esperienza maturata, di adottare formulazioni più rispondenti alle esigenze di
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valorizzazione delle professionalità esistenti, anche in termini di maggiore semplificazione dell’attuale regolamentazione. Alla Commissione è demandato, altresì, il compito di fornire elementi di verifica per l’applicazione delle disposizioni sulla vicedirigenza contenute nella Legge n. 145/2002
e sull’area dei professionisti, entrambe citate nel Protocollo sottoscritto
nel febbraio 2002 dal Governo
e dalle Organizzazioni Sindacali.
2.3. NORME DISCIPLINARI
Sotto il profilo delle innovazioni, una tematica particolarmente significativa del contratto è costituita
dalla revisione del sistema delle norme disciplinari, già regolato nel CCNL
del 16 maggio 1995.
Le modifiche perseguono essenzialmente una duplice finalità: offrire, da un lato, una maggiore flessibilità al quadro normativo esistente attraverso una più ampia articolazione sia delle sanzioni che delle infrazioni, il cui contenuto viene integrato ed aggiornato,
e dall’altro, provvedere ad adeguare alcuni aspetti della disciplina alle più recenti norme legislative emanate sulla materia, con particolare riferimento alla Legge n. 97/2001.
In tale ottica, l’impianto generale
del Codice è rimasto per lo più lo stesso, anche se l’elencazione delle infrazioni viene ampliata con l’inserimento
di situazioni di molestie sessuali
o di mobbing, per le quali sono graduate, a seconda della gravità degli atti commessi, le diverse misure disciplinari.
Vengono, altresì, attuati i raccordi
con il nuovo Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, definito
dal Dipartimento della funzione pubblica, che, ai sensi dell’art. 54 del D.Lgs. n. 165/2001, deve essere allegato ai contratti collettivi.
La novità più rilevante riguarda, invece, l’articolazione delle sanzioni, che è integrata con la previsione di una specifica forma di sospensione
dal servizio, non regolata in precedenza, per la quale è prevista la privazione della retribuzione da 11 giorni fino
ad un massimo di sei mesi. L’introduzione di tale ulteriore sanzione tende ad attribuire un maggiore equilibrio al sistema vigente, laddove
il salto tra la sospensione fino a 10 giorni e il licenziamento con preavviso si è rivelato, nella concreta esperienza attuativa, troppo ampio in relazione
ai principi di proporzionalità
e gradualità, cui l’amministrazione deve attenersi nell’applicazione delle misure disciplinari. Tale sanzione, del resto,
già esisteva nel Testo unico n. 3 del 1957 e, collocandosi in una posizione intermedia, è destinata a quelle violazioni gravi ma non tanto
da portare al licenziamento con preavviso.
Come è ovvio, l’inserimento
di una nuova sanzione ha comportato una diversa graduazione delle possibili infrazioni dei lavoratori, rispetto
a quella prevista nel precedente contratto.
Ulteriori modifiche sono state apportate anche alla regolamentazione
del rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
Tale tematica era già disciplinata
nel CCNL del 16 maggio 1995 anche se inserita nell’articolo relativo al Codice disciplinare. L’attuale scelta negoziale di dare maggiore risalto alla materia attraverso la costituzione di uno specifico articolo promana dalla delicatezza della tematica in questione, per la quale la precedente disciplina era, in parte, carente.
Nel nuovo testo contrattuale la stessa viene integrata dalle innovazioni apportate dalla Legge n. 97/2001, raccordando le norme di essa inderogabili a quelle proprie della fonte negoziale con riferimento
al procedimento disciplinare.
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Sono infatti rimasti invariati gli aspetti procedurali, con riguardo alle modalità e alla durata della sospensione, mentre il nuovo testo contrattuale offre ulteriori precisazioni in relazione ai casi di assoluzione, proscioglimento
e condanna irrevocabile, definendo
i raccordi con la legislazione vigente.
Con riguardo alla tempistica per la riattivazione del procedimento
disciplinare, dopo la sua sospensione a seguito di procedimento penale,
la nuova regolamentazione recepisce le previsioni della Legge n. 97/2001, mentre per quanto riguarda i termini temporali per la conclusione
del procedimento disciplinare riattivato dopo la sospensione, la cui definizione viene rimessa dalle citata legge
alla contrattazione, la xxxxx xxxxxxxx mantiene il limite di 120 giorni, previsto per tutti gli altri casi, modificando
la previsione della Legge 97, che è di 180 giorni.
Anche la sospensione cautelare per procedimento penale, già disciplinata nel CCNL del 16 maggio 1995, viene modificato ed integrato con i riferimenti alle più recenti disposizioni legislative nel frattempo intervenute, ma non innova, nella sostanza, la pregressa disciplina che viene integralmente recuperata per quanto attiene ai casi
di sospensione, alla durata, al trattamento economico.
3. TRATTAMENTO ECONOMICO
Le disposizioni relative agli aspetti retributivi riprendono gli schemi già collaudati in tutti i precedenti contratti collettivi. L’aumento medio mensile pro-capite per il biennio 2002-2003 è
di 106 euro complessivi, che ricomprendono anche le quote destinate all’aumento dell’indennità di amministrazione e all’integrazione del Fondo unico di amministrazione.
In particolare per quanto riguarda quest’ultimo vengono riconfermate le precedenti caratteristiche
e le modalità di utilizzo.
Occorre invece registrare un importante elemento di novità in relazione
alla struttura della retribuzione laddove viene stabilito che, a decorrere
dal 1° gennaio 2003, l’indennità integrativa speciale (IIS) cessa di essere corrisposta come singola voce
della retribuzione ed è conglobata nella voce “stipendio tabellare”.
Sono, inoltre, previste ulteriori risorse per i contrattisti all’estero, attraverso l’incremento degli stanziamenti
dello specifico “Fondo unico per il personale assunto a contratto
a tempo indeterminato” istituito presso il Ministero degli affari Esteri, secondo quanto previsto nelle norme
di raccordo per tale personale sottoscritte in data 12 aprile 2001.
3.1. INDENNITÀ DI AMMINISTRAZIONE
In merito a tale istituto, l’Ipotesi di accordo in questione prevede
l’aumento differenziato delle misure attualmente in godimento, allo scopo di favorire il processo di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del Comparto. L’importo di tali incrementi viene individuato in relazione all’entità economica dell’indennità al momento corrisposta dalle singole amministrazioni. Lo spirito della norma e la scelta negoziale operata vengono chiariti dalla dichiarazione congiunta n. 5, strettamente collegata a questo articolo, in cui le parti ribadiscono quanto già enunciato in occasione
di recenti vicende giurisdizionali insorte sulla materia e, cioè,
che il costo della piena omogeneizzazione dell’indennità di amministrazione, all’interno dei Ministeri interessati dagli accorpamenti previsti dal D.Lgs.
n. 300/99, non può essere imputato alla fonte negoziale ma deve costituire
l’oggetto di un apposito finanziamento di legge. Infatti, il contratto collettivo non potrebbe assumersi, in ogni caso, tale onere, in considerazione del fatto
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che le risorse contrattuali, quantificate sulla base dei parametri contenuti nell’Accordo di luglio 1993, sono essenzialmente finalizzate a garantire il recupero del potere di acquisto.
Nonostante tale limite economico, le parti, anche in questo biennio, si sono comunque fatte carico
di portare avanti il processo
di riallineamento retributivo, perseguito sin dal contratto del 16 maggio 1995, attraverso specifici meccanismi
di perequazione dei valori dell’indennità stessa, consistenti, come già sopra accennato, nella definizione
di incrementi di maggiore o minore entità, a seconda che il personale appartenga ad amministrazioni, oppure a settori delle stesse, più o meno “ricchi”.
Sempre in relazione all’emolumento in questione, viene affrontata
una ulteriore delicata problematica, anch’essa oggetto di un esteso contenzioso all’interno del Comparto, che è quella della definizione
della misura spettante al personale che presta servizio presso un’altra amministrazione del comparto, nei casi di assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 4 del CCNL del 16 maggio 2001. L’individuazione dell’entità economica da corrispondere è stata effettuata, finora, sulla base della circolare
n. 179936 del Ministero del tesoro – Ragioneria generale dello Stato del 4 agosto 1995. Il CCNL, ponendosi
su una linea di continuità, ha, pertanto, confermato la prassi, sinora attuata,
di attribuire al personale di cui sopra l’importo previsto dall’Amministrazione di destinazione.
4. ULTERIORI NOVITÀ
Il contratto ha altresì introdotto alcune modifiche anche con riferimento
ad alcuni specifici istituti già regolati: tra questi vanno evidenziati
gli interventi in materia di trattamento economico per i dipendenti che usufruiscono di aspettativa per dottorato di ricerca al fine di recepire
le previsioni contenute nella Legge
n. 448/2001, l’adeguamento
della disciplina dei permessi retribuiti alle disposizioni di legge a favore
dei donatori di sangue e di midollo osseo, ecc.
Tra le norme di raccordo tra la disciplina di comparto e quella degli Accordi quadro vanno menzionate
le disposizioni in tema di procedure
di conciliazione ed arbitrato da seguire in caso di controversie individuali.
Si ritiene, inoltre, opportuno segnalare, tra le modifiche apportate in relazione a problematiche interpretative derivanti da vicende giurisdizionali in corso,
la questione dell’indennità di vacanza contrattuale.
Sotto tale profilo, infatti, recentemente si era ipotizzato che la precedente formulazione della norma potesse dare adito a pretese circa l’eventualità
della diretta erogabilità della stessa da parte delle amministrazioni.
Al fine di fugare ogni dubbio in proposito vengono, pertanto, apportate alcune specificazioni: infatti, da un lato
(art. 2, comma 6 dell’Ipotesi di accordo in questione), viene ribadita la necessità di attivare una fase negoziale per l’erogazione della stessa attraverso
il riferimento all’art. 47 del D.Lgs.
n. 165/2001 riguardante il procedimento di contrattazione collettiva, mentre dall’altro, in relazione al trattamento economico (art. 20), si chiarisce che
gli incrementi retributivi devono intendersi comprensivi anche dell’indennità in questione, escludendo, così che la stessa possa essere corrisposta al di fuori del contratto.
Xxxxxx Xxxxxxx
Dirigente ARAN
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I SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI NEL COMPARTO
REGIONI-AUTONOMIE LOCALI
1. PREMESSA
In data 19.9.2002 è stato sottoscritto il nuovo accordo collettivo nazionale recante le norme di garanzia
del funzionamento dei servizi minimi essenziali in occasione di ogni azione di sciopero nel Comparto Regioni-Enti locali, relativamente al personale
non dirigente.
L’accordo interviene a seguito di una trattativa tra l’ARAN e le Confederazioni ed Organizzazioni Sindacali rappresentative nel comparto che,
per la delicatezza della materia, si è protratta per più di un anno, con l’intervento anche di alcuni momenti di confronto delle parti con
la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge in materia di esercizio
del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e di salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.
Occorre ricordare, infatti, che, ai fini della loro validità ed efficacia,
gli accordi in materia servizi minimi essenziali sono preventivamente sottoposti alla Commissione di garanzia che, sentite le Organizzazioni
dei consumatori e degli utenti, deve valutare l’idoneità delle prestazioni indispensabili, delle procedure
di raffreddamento e conciliazione
e delle altre misure individuate negli
accordi stessi a garantire un effettivo contemperamento dell’esercizio
del diritto di sciopero con il godimento degli altri diritti della persona costituzionalmente previsti e tutelati (art.13 della Legge n.146/90 come modificata ed integrata dalla Legge
n. 83/2000).
In effetti, un primo accordo sui servizi minimi per il Comparto Regioni- Autonomie locali era già stato raggiunto e sottoscritto in data 7.5.2002, ma era stato giudicato inidoneo
dalla Commissione con delibera 02/126 del 27 giugno 2002.
Infatti, la Commissione, con specifico riferimento ai servizi degli asili nido, aveva ritenuto insufficiente la disciplina contrattuale proposta ad assicurare
la “…continuità dei servizi degli asili nido, delle scuole materne…..”, espressamente richiesta dall’art. 1, comma 2, lett.d) della Legge n. 146/90
e successive modificazioni ed integrazioni. Tale valutazione di inidoneità che, seppure limitata ad un solo e specifico punto, paralizzava l’intero accordo,
ha portato ad un’audizione delle parti negoziali presso la Commissione
di garanzia (ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett.a), della Legge n. 146/1990
e successive modificazioni
ed integrazioni) che ha fornito, in tale sede, anche sulla base degli elementi di valutazione emersi nel corso
del confronto, dei suggerimenti idonei ad una valutazione positiva dell’accordo, suggerimenti che sono stati puntualmente riportati nell’accordo attraverso la predisposizione di una specifica regolamentazione per
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il personale educativo degli asili nido (art.4 dell’Accordo del 19.9.2002).
L’esigenza di stipulare un nuovo accordo in materia di servizi pubblici essenziali nel comparto Regioni- Autonomie locali, come del resto anche per tutti gli altri comparti di contrattazione del lavoro pubblico, è derivata essenzialmente dalle novità introdotte nella disciplina della regolamentazione degli scioperi dalla Legge 11 aprile 2000,
n. 83, che ha modificato su molti punti la Legge 12 giugno 1990, n. 146.
Tra queste, particolare importanza assumevano le previsioni relative alla necessità (art. 2 della Legge n. 146/90 comma modificato dall’art.1, comma 4, della Legge n. 83/2000) per gli accordi collettivi in materia servizi minimi essenziali di:
1) indicare intervalli minimi da osservare tra l’effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo
per evitare che per effetto di scioperi successivi nel tempo proclamati anche da soggetti sindacali diversi ed incidenti sullo stesso servizio finale e sullo stesso bacino
di utenza venga pregiudicata
la continuità dei servizi pubblici costituzionalmente tutelati;
2) prevedere procedure di raffreddamento e conciliazione, obbligatorie per entrambe le parti, da esperire prima della proclamazione di ogni azione
di sciopero.
Inoltre, espressamente, l’articolo 19, comma 1, della Legge n. 146/1990
e successive modificazioni
ed integrazioni prevede, a garanzia di un effettivo recepimento
delle molteplici modifiche apportate alla disciplina dei servizi minimi essenziali da garantire in caso
di sciopero, l’obbligo delle parti negoziali di provvedere alla stipulazione di nuovi contratti collettivi in materia che tengano conto
delle novità introdotte, stabilendo anche il preciso termine temporale di sei mesi dall’entrata in vigore della nuova Legge n. 83/2000.
Tuttavia, accanto a tale necessità di adeguamento alla nuova fonte legale, vi erano anche motivi
di opportunità per una riformulazione delle regole pattizie in materia
di servizi minimi, in quanto in tal modo si sarebbe potuto procedere
ad un aggiornamento e adeguamento dei contenuti del precedente accordo di comparto allegato al CCNL del 1995, tenendo conto sia dei problemi emersi nell’effettiva prassi applicativa,
sia delle indicazioni fornite, in relazione ai singoli casi concreti ad essa sottoposti, dalla Commissione di garanzia.
Di seguito saranno brevemente esaminati gli aspetti più salienti della nuova regolamentazione.
2. I SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI E LE PRESTAZIONI INDISPENSABILI
La nuova disciplina negoziale (art.2), riproducendo sostanzialmente
la precedente indicazione contenuta nell’accordo del 1995, elenca preliminarmente i servizi pubblici da ritenersi essenziali nell’ambito del Comparto, la cui continuità
di erogazione, pertanto, deve essere comunque garantita in occasione
di ogni sciopero.
Tale indicazione riguarda, con effetto vincolante, tutti gli enti e le amministrazioni ricomprese nel comparto degli Enti locali, così come definito nel CCNQ
di definizione dei comparti di contrattazione collettiva del 2.6.1998.
Pertanto, l’accordo collettivo nazionale abbraccia una gamma ampia ed eterogenea di soggetti: Regioni ed Enti strumentali delle stesse, Province, Comuni, Comunità montane ed eventuali Consorzi istituiti tra tali organismi, Camere di commercio, IPAB (ad eccezione di quelle che per effetto di specifiche leggi regionali svolgono esclusivamente o prevalentemente
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attività di assistenza sanitaria e quindi applicano il CCNL del Comparto Sanità), Autorità di bacino, Istituti autonomi case popolari (ad eccezione di quelli che, a seguito delle leggi regionali di riforma, hanno mutato
la loro natura giuridica assumendo
la configurazione di Aziende, società ed enti pubblici economici aderendo alla Federcasa Aniacap).
Anche l’individuazione delle prestazioni indispensabili (art.2, comma 2) che, nell’ambito dei servizi pubblici essenziali così come definiti, devono essere comunque garantite ai cittadini ed agli utenti in occasione di ogni azione di sciopero, corrisponde
in larga misura a quella contenuta nel precedente accordo del 6.7.1995 (per cui può continuarsi a fare riferimento alle prassi applicative formatisi in proposito), ma presenta anche alcune significative modifiche. Così, infatti, relativamente al servizio di polizia municipale, la nuova formulazione testuale del punto 12, lett.d), che fa riferimento espresso all’attività di rilevazione relativa all’infortunistica stradale, consente di
superare l’equivoco testo del 1995, che si prestava ad una lettura tale da estendere il vincolo della garanzia della prestazione a qualsiasi tipologia di infortunistica anche non legata alla circolazione stradale.
In relazione al punto 14), la nuova disciplina limita la garanzia della prestazione ai soli casi di erogazione degli assegni con funzioni di sostentamento (con esclusione quindi degli emolumenti retributivi ordinariamente corrisposti al personale, precedentemente previsti dall’accordo del 1995) nonché
di compilazione e controllo delle distinte dei contributi previdenziali, a condizione però che lo sciopero coincida con l’ultimo giorno previsto dalla legge
per tali ultimi adempimenti.
La nuova formulazione più restrittiva tende a limitare la garanzia ai soli casi in cui vengano effettivamente
in considerazione interessi da tutelare in ogni caso in quanto o riconosciuti
a livello costituzionale (il necessario sostentamento delle persone)
o suscettibili di essere gravemente pregiudicati, con possibili conseguenze anche sotto il profilo della responsabilità del datore di lavoro pubblico,
da un ritardo nell’erogazione della prestazione dovuta.
Per i servizi educativi e scolastici (punto 18), viene prevista una specifica regolamentazione del personale insegnante negli artt. 3 e 4 dell’accordo. L’ultimo periodo dell’art. 2, comma 2, precisa che le prestazioni ivi indicate (si tratta di quelle concernenti
il servizio dei mattatoi, dei magazzini generali, il servizio attinente alla rete stradale ed ai cantieri, il sevizio
del personale nonché il servizio
di polizia municipale con riferimento alle attività di pronto intervento, della centrale operativa, di vigilanza della casa municipale e di assistenza al serio della rete stradale) devono essere garantite solo in quegli enti
ed amministrazioni nelle quali le stesse sono già ordinariamente previste.
In tal modo si evita una impropria dilatazione della garanzia, nel senso che essa non può certo valere
ad assicurare la continuità
di erogazione di quelle prestazioni che normalmente non sono previste.
3. LA DISCIPLINA RELATIVA
AL PERSONALE DEGLI ASILI NIDO E DELLE SCUOLE MATERNE
Come anticipato, una delle principali novità dell’accordo del 19.9.2002 è rappresentata dall’introduzione di una specifica regolamentazione delle modalità di sciopero del personale educativo degli asili nido, per il personale docente delle scuole materne e delle altre scuole gestite dagli enti locali (artt. 3 e 4).
Per comprendere la ratio della nuova
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regolamentazione è necessario fare un passo indietro e riepilogare brevemente le vicende concernenti il precedente accordo del 1995
e i successivi interventi
della Commissione di Garanzia.
L’accordo del 1995, pur prevedendo regole in materia di sciopero incidente sui servizi educativi e scolastici, non aveva stabilito una disciplina espressa e particolare per il personale insegnante e docente degli asili nido,
delle scuole materne e delle altre scuole gestite direttamente dagli enti locali.
Con la deliberazione n. 9.13 del 13 luglio 1996 la Commissione ha valutato l’accordo del 6 luglio 1995 idoneo ma con esclusione proprio della disciplina relativa al personale insegnate
e di quello addetto alle scuole materne ed agli asili nido. Conseguentemente, la Commissione stabilì che a tale personale, in assenza di integrazioni dell’accordo stesso, si sarebbe dovuto applicare la medesima disciplina operante nel comparto scuola.
La nuova disciplina, proprio sulla base di tali considerazioni, risente
della analoga disciplina contenuta nell’accordo del Comparto scuola (che gli enti avrebbero dovuto applicare
a partire dalla citata delibera n. 9.13 del 13 luglio 1996 della Commissione di garanzia), né poteva essere diversamente, anche al fine di evitare che nella stessa località lo sciopero nelle varie scuole, gestite da soggetti pubblici diversi, si svolgesse con modalità diverse.
Tale eventualità avrebbe generato comprensibile confusione negli utenti.
4. LA DISCIPLINA DEL PERSONALE DOCENTE DELLE SCUOLE MATERNE E DELLE ALTRE SCUOLE GESTITE DAGLI ENTI LOCALI (ART.3)
4.1 LE PRESTAZIONI INDISPENSABILI
Tale articolo individua preliminarmente le prestazioni che, all’interno dei servizi concernenti l’istruzione pubblica
(art.2, comma 1, lett.g) dell’accordo
devono essere garantite sotto il profilo
della continuità della loro erogazione:
1) attività, dirette e strumentali,
per lo svolgimento degli scrutini, degli esami finali e degli esami di idoneità;
2) attività, dirette e strumentali, per lo svolgimento degli esami
finali, con particolare riferimento agli esami conclusivi dei cicli
di istruzione dei diversi ordini e gradi del sistema scolastico;
3) vigilanza sui minori durante i servizi di refezione, ove funzionanti,
nei casi in cui non sia possibile un’adeguata sostituzione.
4.2 LA SCELTA NEGOZIALE
Il problema di fondo che le parti si sono trovate ad affrontare è stato quello di individuare un adeguato punto di equilibrio tra i due interessi, ugualmente tutelati a livello costituzionale, coinvolti nella vicenda: il diritto all’istruzione riconosciuto
a tutti i cittadini (art.34 C) e il diritto di sciopero dei lavoratori (art.40 C).
La garanzia del diritto all’istruzione è effettiva solo se non viene pregiudicata la efficacia dell’anno scolastico.
Ma per assicurare la continuità
del servizio, e quindi l’efficacia e la regolarità dell’anno scolastico, non si poteva certo in modo assoluto privare il personale docente operante nei servizi scolastici del diritto di sciopero. Inoltre, occorreva considerare anche la particolare natura della funzione dell’insegnamento del personale docente e di tutte le attività, anche complementari, in cui si estrinseca (non solo attività di insegnamento,
ma anche di valutazione dei discenti, di rapporto con le famiglie,
di predisposizione dei programmi,
di svolgimento degli scrutini ed esami ecc).
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Difficilmente, in presenza di tali caratteristiche si sarebbe potuto ipotizzare (come risulta dall’esperienza specifica già maturata dal comparto Scuola
in materia, sulla base delle precise indicazioni fornite dalla Commissione di garanzia) anche per il personale insegnante ed educativo delle scuole gestite dagli enti locali una soluzione che, per assicurare la continuità
del servizio, facesse riferimento all’individuazione di un livello minimo di servizio da garantire ed al mero contingentamento del personale
da esonerare dallo sciopero, come avviene in generale per il restante personale amministrativo in servizio presso le amministrazioni del comparto.
La scelta, pertanto, si è orientata nel senso di stabilire un numero
massimo consentito di ore di sciopero, in relazione a ciascun anno scolastico, quantificato in modo tale da non pregiudicare in alcun modo la regolarità dell’anno scolastico.
In tal modo, la continuità del servizio, che il legislatore con la Legge n.146/90 e successive modificazioni ha inteso tutelare, non deve essere valutata
in senso assoluto ma in rapporto alla durata complessiva dell’anno scolastico.
4.3 LE LIMITAZIONI QUANTITATIVE
A tal fine l’art.3, comma 3, lett.b), dell’accordo prevede che gli scioperi del personale insegnante e docente , anche brevi, non possono superare, per le attività di insegnamento e, per
le attività connesse con il funzionamento della scuola, nel corso di ciascun anno scolastico, il limite di 40 ore individuali (equivalenti a 8 giorni per anno scolastico) nelle scuole materne
ed elementari e di 60 ore (equivalenti
a 12 giorni di anno scolastico) negli altri ordini e gradi di istruzione.
Ai fini del rispetto dei limiti massimi,
il computo degli scioperi brevi (di durata inferiore alla giornata) viene effettuato tenendo presente il rapporto per cui
5 ore di sciopero breve corrispondono ad una giornata intera di sciopero.
La mancata osservanza dei tetti massimi comporterà ovviamente l’applicazione del meccanismo sanzionatorio predisposto dalla Legge n.146/90.
Pertanto, come espressamente affermato nell’ultimo comma dell’art.3, per garantire la continuità del servizio,
nel caso del personale docente
ed insegnante, non si darà applicazione alla generale disciplina della definizione dei contingenti di personale
da esonerare dallo sciopero valevole per le altre categorie di lavoratori.
4.4 LE MODALITÀ APPLICATIVE
Ai fini dell’operatività della nuova disciplina è previsto che, in caso
di sciopero, il dirigente o il responsabile del servizio scolastico invita, in forma scritta, il personale insegnante
a rendere una comunicazione volontaria circa la sua adesione allo sciopero entro il quarto giorno
dalla proclamazione dello sciopero. La qualificazione della comunicazione come “volontaria” esclude che ci si trovi in presenza di un vero e proprio
obbligo giuridico a carico del docente. Tale indicazione, espressa e precisa, non può conseguentemente essere intesa come imposizione di un obbligo comportamentale al dipendente, obbligo che avrebbe potuto porsi
in contrasto con la stessa valenza tradizionalmente riconosciuta al diritto di sciopero.
Infatti, questo, in dottrina e in giurisprudenza viene configurato come un diritto individuale ad esercizio collettivo.
Pertanto, ogni vincolo od obbligo imposto in materia al lavoratore, anche sotto il limitato profilo del momento
in cui decidere se aderire allo sciopero, avrebbe potuto tradursi in una limitazione del diritto soggettivo
dello stesso. In materia, si potrà fare, invece, riferimento ai principi generali
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in materia di correttezza e buona fede che devono sempre improntare
i rapporti tra le parti nell’esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro.
Decorso il termine temporale previsto, sulla base delle adesioni pervenute
dal personale, il dirigente o il responsabile del servizio valuta l’entità della riduzione del servizio scolastico ed adotta
le conseguenti decisioni circa le modalità di funzionamento o la eventuale sospensione del servizio stesso.
L’opzione in tal senso sarà adottata evidentemente nei casi in cui il soggetto decidente si renda conto, sulla base delle manifestazioni di volontà espresse dal personale, l’insussistenza delle condizioni necessarie e sufficienti per assicurare il regolare funzionamento del servizio.
La decisione assunta deve essere comunque comunicata alle famiglie almeno cinque giorni prima dell’effettuazione dello sciopero.
Evidentemente, spetta allo stesso dirigente o responsabile del servizio anche il controllo del rispetto
del monte ore annuo.
4.5 LE REGOLE PARTICOLARI
4.5.1 Le limitazioni di durata
L’art.2, comma 3, dell’accordo stabilisce anche alcune regole particolari concernenti le modalità stesse
di effettuazione degli scioperi e che vengono a rappresentare quindi precisi vincoli ai quali le organizzazioni sindacali devono attenersi onde non incorrere nei meccanismi sanzionatori previsti dalla legge.
Innanzitutto viene esclusa ogni possibilità di scioperi di durata indeterminata.
Vi è, poi, la previsione di una limitazione di durata complessiva di ciascuna azione di sciopero, legata anche
al momento in cui interviene. Infatti, lo sciopero , anche se trattasi di sciopero breve o di sciopero generale, non può superare, per
ciascun ordine e grado di scuola i due giorni consecutivi.
Il primo sciopero, all’inizio di ogni vertenza, non può superare la durata massima di una giornata lavorativa (24 ore consecutive); gli scioperi successivi al primo per la medesima vertenza non possono superare i due
giorni consecutivi (48 ore consecutive).
Qualora, gli scioperi fossero proclamati per giornate a ridosso dei giorni festivi, la loro durata non può comunque superare la giornata.
Particolarmente importante è il vincolo contenuto nell’art.3, comma 3 lett. C) in base al quale in caso di scioperi distinti nel tempo, sia della stessa che di altre XX.XX., che incidono sullo stesso servizio finale e sullo stesso bacino di utenza, l’intervallo tra l’effettuazione di un’azione di sciopero e la proclamazione della successiva è fissato in due giorni, a cui deve seguire sempre il preavviso di cui all’art.6, comma 1.
Si tratta del principio della cosiddetta “rarefazione soggettiva” (di cui si dirà più ampiamente avanti a proposito delle modalità di sciopero della generalità del personale) e che vale
ad evitare il disagio derivante agli utenti fruitori del servizio in conseguenza
del succedersi, in un breve arco di tempo, di una pluralità di scioperi proclamati dallo stesso o anche da più sindacati.
4.5.2 Gli scioperi brevi
Relativamente agli scioperi brevi - che sono alternativi rispetto agli scioperi indetti per l’intera giornata – viene previsto che essi possono essere effettuati soltanto nella prima oppure nell’ultima ora di lezione o di attività educative.
In presenza di un’organizzazione delle attività su più turni, gli scioperi possono essere effettuati soltanto nella prima o nell’ultima ora di ciascun
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turno. Qualora, invece, sia previsto che le attività si protraggano in orario pomeridiano, gli scioperi potranno essere effettuati nella prima ora
del turno antimeridiano e nell’ultima del turno pomeridiano.
Proprio per soddisfare tali precise indicazioni, è necessario, ovviamente, che la proclamazione dello sciopero breve sia sempre puntuale e precisa.
In particolare dovrà essere precisato se lo sciopero riguarda la prima oppure l’ultima ora di lezione, in quanto proprio il testo letterale dell’accordo esclude una forma di indicazione
del periodo prescelto tale da consentire variazioni unilaterali a libera scelta, anche dell’ultimo momento, da parte del soggetto che proclama lo sciopero. Si tratta di una clausola chiaramente finalizzata a dare certezza temporale allo sciopero evitando all’utenza ogni forma di possibile disagio aggiuntivo.
Sempre con riferimento agli scioperi brevi, ove riguardino, per le attività funzionali all’insegnamento la relativa durata deve essere stabilita con riferimento all’orario delle stesse predeterminato in sede di programmazione.
4.5.3 Sciopero e scrutini
In proposito, sempre al fine di garantire l’efficacia e la regolarità dell’anno scolastico, è stabilito che qualora
lo sciopero proclamato sia concomitante con le giornate nelle quali è prevista l’effettuazione degli scrutini trimestrali o quadrimestrali non finali, esso non può in nessun caso comportare un differimento della conclusione delle operazioni connesse agli scrutini stessi di durata superiore a 5 giorni, rispetto alle scadenze fissate dal calendario scolastico.
Gli scioperi proclamati e concomitanti con le giornate nelle quali è prevista l’effettuazione degli scrutini finali non
devono differirne la conclusione nei soli casi in cui il compimento dell’attività valutativa sia propedeutico allo svolgimento degli esami conclusivi dei cicli di istruzione.
Negli altri casi, i predetti scioperi non devono comunque comportare un differimento delle operazioni
di scrutinio superiore a 5 giorni rispetto alla scadenza programmata
della conclusione.
5. IL PERSONALE EDUCATIVO DEGLI ASILI NIDO
In considerazione della particolare natura del servizio concernente gli asili nido e dello specifico rilievo ad esso attribuito dal legislatore, il quale all’art.2, comma 2, lett.d) della Legge n.146/90 effettua un diretto riferimento “all’esigenza di assicurare
la continuità dei servizi degli asili nido”, la Commissione ha adottato, in data 27 giugno 2002, la delibera n.02/126, con
la quale, evidenziando tali aspetti, ha invitato le parti a modificare l’accordo già sottoscritto in data 7.5.2002 (che accomunava in unico articolo le regole concernenti sia gli asili nido che
le altre tipologie di scuole gestite dagli enti locali), al fine di introdurre una disciplina effettivamente idonea a garantire i servizi minimi essenziali anche negli asili nido.
Nell’ambito di tale specifica disciplina, vengono, innanzitutto, definite
le prestazioni indispensabili la cui continuità deve essere comunque garantita in occasione di uno sciopero e cioè lo “svolgimento dell’attività educativa, di assistenza e vigilanza
dei bambini”.
Pertanto, sulla base di tale indicazione, negli asili nido il servizio ordinario
e quello essenziale sostanzialmente coincidono.
E non poteva essere diversamente, in quanto, da un lato, l’elemento caratterizzante il servizio degli asili nido è l’attività di assistenza
e di vigilanza dei bambini, non potendosi parlare di didattica o di scrutini, mentre, dall’altro, il rapporto numerico,
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normativamente fissato, tra alunni
e personale educativo non può essere alterato, dato che esso viene stabilito in modo da assicurare sempre
la continuità e l’adeguatezza dell’assistenza di cui i bambini stessi, in virtù della loro età, necessitano.
Pertanto, il rapporto numerico tra bambini e personale educativo non può essere ridotto neppure in caso di sciopero.
Al fine di assicurare la continuità del servizio, la Commissione aveva anche proposto come soluzione specifica per gli asili nido quella
di limitare l’effettuazione dello sciopero solo alla prima o all’ultima ora dell’orario di fruizione del servizio
da parte dell’utenza, a prescindere dalla durata (per l’intera giornata
o breve) dello stesso.
Tuttavia, tale soluzione, che finiva per escludere per una sola categoria
di lavoratori la possibilità di un’astensione dal lavoro per un’intera giornata,
non è stata accolta dalle organizzazioni sindacali, le quali hanno preferito ricorrere, anche in questo caso,
al criterio della limitazione quantitativa delle ore di sciopero (articolo 2, comma 3, lettera b), scelta validata poi dalla stessa Commissione di Garanzia.
Pertanto, sulla base della disciplina contrattuale, il personale educativo degli asili nido potrà scioperare solo nel limite di 40 ore individuali, pari
a 8 giorni interi per anno scolastico. Per ciò che attiene agli altri profili regolativi (modalità, durata, scioperi brevi, regole di computo per la verifica del rispetto del tetto massimo, ecc),
la disciplina introdotta per il personale educativo (art.4, comma 3,) ricalca sostanzialmente quella prevista
per le altre categorie di personale insegnante dal precedente art.3.
Un ulteriore aspetto di specificità è costituito, invece, dall’articolo 4, comma 3, lettera e), secondo il quale gli scioperi proclamati per l’intera giornata lavorativa non possono comportare in nessun caso la chiusura degli asili nido e la sospensione del
servizio alle famiglie per più di otto giorni nel corso di ciascun anno scolastico.
Ciò comporta che, nel caso si siano susseguiti nel tempo scioperi proclamati per l’intera giornata, qualora essi abbiano già comportato la chiusura del servizio per gli otto giorni previsti, ulteriori scioperi per l’intera giornata comunque non possono comportare altre sospensioni del servizio.
Quindi, stante la necessità di rispettare il rapporto bambini – educatori, questi ultimi per evitare la ulteriore sospensione del servizio (vietata dall’accordo) non potranno più scioperare anche se per ipotesi alcuni di essi non hanno ancora raggiunto il limite massimo individuale delle 40 ore.
Anche per questa categoria di personale, per garantire la continuità del servizio, nel caso del personale docente
ed insegnante, non si darà applicazione alla generale disciplina della definizione dei contingenti di personale
da esonerare dallo sciopero valevole per le altre categorie di lavoratori (art.4, comma 4).
6. I CONTINGENTI DI PERSONALE
Relativamente alle altre categorie di lavoratori, a differenza di quanto previsto per i docenti e per gli
educatori delle scuole e degli asili nido, l’articolo 5 dell’accordo disciplina
i criteri per l’individuazione
dei contingenti di personale da esonerare dallo sciopero per assicurare la continuità delle prestazioni indispensabili così come individuate dall’art.2, comma 2, dello stesso accordo.
La regolamentazione prevista,
da un punto di vista sostanziale, ricalca quella precedente dell’accordo
del 1995, mentre se ne differenzia sotto il profilo formale.
Infatti, viene demandato ad appositi
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regolamenti di servizio (ad atti privatistici unilaterali propri del datore di lavoro) da emanare sulla base di protocolli d’intesa stipulati in sede di contrattazione decentrata tra ciascun ente
e le organizzazioni sindacali rappresentative (in quanto ammesse alle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro), il compito di definire, ai fini della continuità
dei servizi minimi essenziali,
i contingenti di personale, le categorie ed i profili professionali del personale che forma i contingenti nonché i criteri da seguire per l’articolazione
degli stessi a livello di singolo ufficio o sede di lavoro.
Si tratta di una disciplina particolare sotto un duplice profilo:
1) da un lato, l’accordo sindacale non è direttamente produttivo di effetti, ma deve essere inserito
in un apposito regolamento di servizio dei cui contenuti si assume pertanto la piena
responsabilità, anche sotto il profilo della rispondenza alla legge ed
ai contenuti dell’accordo nazionale, il singolo datore di lavoro;
2) dall’altro, alla trattativa in sede decentrata partecipano solo
le rappresentanze delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’art.43 del D.lgs.n.165/2001,
con esclusione quindi delle RSU.
È evidente che le parti negoziali, in sede di accordo, devono tenere
conto anche di quei profili regolativi delle modalità di effettuazione
degli scioperi stabiliti, a garanzia della continuità dei servizi pubblici essenziali, direttamente nella Legge
n.146/90 e successive modificazioni ed integrazioni (come ad esempio
il vincolo di cui all’art.13, comma 1,
lett.a) in virtù del quale, salvo casi particolari, le prestazioni indispensabili devono essere contenute in misura non eccedente mediamente il 50% delle prestazioni normalmente erogate e devono riguardare quote di personale non superiori mediamente ad un terzo del personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio).
Per la definizione di tale disciplina è previsto anche uno specifico vincolo temporale. Infatti, i protocolli di cui si tratta devono essere stipulati entro 30 giorni dalla data di efficacia dell’accordo e, comunque, prima dell’inizio del quadriennio
di contrattazione decentrata integrativa.
In caso di mancata intesa sui protocolli, sono attivate le procedure
di conciliazione previste dall’art. 7 dell’accordo nazionale.
Nelle more della definizione e della effettiva adozione dei regolamenti previsti, la continuità dei servizi minimi essenziali in caso di sciopero deve essere comunque garantita anche attraverso i contingenti e le altre modalità stabilite nei precedenti contratti decentrati già sottoscritti in applicazione dell’accordo del 6.7.1995. Conformemente a quanto già previsto nell’accordo del 6.7.1995, è stabilito poi che, in occasione di ogni azione
di sciopero, i dirigenti o i funzionari responsabili di ciascun ufficio o sede
di lavoro provvedono all’individuazione, di norma secondo un criterio
di rotazione ove possibile, i nominativi del personale da includere nei contingenti, così come individuati nei protocolli,
da esonerare dallo sciopero.
I nominativi devono essere poi comunicati alle organizzazioni sindacali locali ed ai singoli lavoratori interessati entro il quinto giorno antecedente all’effettuazione dello sciopero.
Resta confermato anche il diritto
del dipendente, chiamato a far parte dei contingenti, di esprimere, entro 24 ore dalla ricezione della comunicazione, la sua volontà di aderire allo sciopero chiedendo la sua sostituzione, ove ovviamente questa sia oggettivamente possibile.
Il comma 6 dell’art.5 prevede, inoltre,
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che i protocolli d’intesa di definizione dei contingenti di personale esonerato dallo sciopero sono parte integrante del presente accordo.
Con tale affermazione si è inteso evidenziare che gli accordi decentrati nei quali si individuano i servizi
da garantire, le modalità per assicurarli ed i contingenti di personale impiegato, in quanto conformi all’accordo nazionale, sono parte dello stesso
e quindi non richiedono alcuna ulteriore valutazione da parte della Commissione di garanzia, poiché questa si è già pronunciata sull’accordo nazionale, che dei protocolli costituisce il parametro giuridico e contenutistico.
Conseguentemente, a differenza di quanto avveniva sulla base dell’accordo nazionale del 6.7.1995,
gli enti del comparto non dovranno più inviare i singoli accordi decentrati
alla Commissione, al fine di ottenerne il giudizio di idoneità. È evidente peraltro che le parti negoziali locali (ma soprattutto il datore di lavoro pubblico dato che i protocolli sono poi recepiti in un regolamento di servizio) si assumono la responsabilità della conformità dei protocolli ai contenuti dell’accordo nazionale, aspetto sicuramente rilevante soprattutto per
i casi in cui dovessero successivamente insorgere contestazioni sull’effettiva idoneità dei protocolli a garantire
la continuità delle prestazioni indispensabili. Infatti, laddove vi siano dei contrasti sull’applicazione delle norme decentrate pattizie in occasione di azioni di sciopero, l’accordo locale costituirà utile elemento per
la Commissione nell’ambito
dei procedimenti di valutazione previsti dall’articolo 4, della legge citata.
7. LE MODALITÀ DI EFFETTUAZIONE DELLO SCIOPERO
Le modalità di effettuazione degli scioperi sono indicate nell’articolo 6.
7.1 IL PREAVVISO
Anche in questo caso, la tecnica seguita è stata quella di un arricchimento,
coerente con il nuovo quadro legale di riferimento, del precedente assetto regolativo risultante dall’accordo nazionale del 6.7.1995.
In particolare il primo comma, individuando nelle strutture sindacali e nelle rappresentanze sindacali
i soggetti che possono proclamare
lo sciopero, ribadisce la necessità per le stesse di rispettare il termine
di preavviso di 10 giorni, conforme a quanto previsto in generale
dalla legge, nella comunicazione dello stesso all’ente interessato.
Tale termine deve essere sempre rispettato ad eccezione (art.1, comma 3, dell’accordo nazionale) delle ipotesi
in cui si tratti di vertenze relative alla difesa dei valori e dell’ordine
costituzionale o per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori.
La comunicazione deve avere dei requisiti minimi precisi: durata dello sciopero, modalità di effettuazione e motivazioni dello stesso.
7.2 LA REVOCA E LA SOSPENSIONE
L’elemento di novità è rappresentato dal rilievo che l’accordo riconosce anche alla revoca, alla sospensione o al rinvio dello sciopero già
proclamato in precedenza, prevedendo che le strutture e le rappresentanze devono darne tempestiva comunicazione all’ente.
Si tratta di una disposizione finalizzata ad evitare la prassi negativa, spesso seguita, del cosiddetto “effetto annuncio” consistente nella proclamazione di uno sciopero a cui segue, nell’imminenza della sua effettuazione, la revoca dello stesso. In tal modo, infatti, l’utente viene scoraggiato dall’avvalersi del servizio pubblico dalla proclamazione dello
sciopero mentre la revoca dello stesso, a brevissima distanza temporale
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dal giorno stabilito per l’astensione dal lavoro, non gli consente
un adeguato margine di decisione sull’opportunità o meno di utilizzare il servizio stesso.
In sostanza, una revoca a ridosso dello sciopero viene a provocare un effetto analogo allo sciopero,
in quanto l’utenza potrebbe già aver orientato le proprie scelte su servizi o soluzioni sostitutive o anche
sulla non utilizzazione del servizio. Pertanto, tale disposizione va letta congiuntamente all’articolo 2, comma 6 della legge ove si prevede che salvo che sia intervenuto un accordo tra
le parti ovvero vi sia stata una richiesta da parte della Commissione di garanzia o dell’autorità competente ad emanare l’ordinanza di cui all’articolo 8,
la revoca spontanea dello sciopero proclamato, dopo che é stata data informazione all’utenza, costituisce forma sleale di azione sindacale e viene valutata dalla Commissione di garanzia ai fini previsti dall’articolo 4, commi
da 2 a 4-bis.
Per ciò che attiene alla definizione della tempestività della revoca
(o della sospensione o del rinvio), si può solo ricordare che la Commissione di garanzia in numerose decisioni ha individuato il termine di cinque giorni precedenti la data dello sciopero quale limite massimo per la revoca
o sospensione dello sciopero.
Tale termine di cinque giorni sarebbe pertanto necessario e sufficiente per consentire all’utenza di decidere
o meno l’utilizzazione o meno del servizio.
Si tratta, comunque, di un profilo il cui accertamento e la cui valutazione,
in relazione alle caratteristiche
del servizio interessato dallo sciopero, in termini di idoneità in caso
di contestazione spetta sempre alla Commissione di garanzia.
Un’ulteriore indicazione sui contenuti della revoca è contenuta anche nell’articolo 7, comma 9 dell’accordo, ove si prevede che la revoca non costituisce forma sleale di azione sindacale anche nel caso in cui sia intervenuto un accordo tra le parti
in virtù di oggettivi elementi di novità nella posizione di parte datoriale.
Conclusivamente la revoca si ritiene legittima, quando essa interviene:
1) a seguito di richiesta della Commissione di Garanzia, ai sensi dell’art.2, comma 6; della Legge n.146/90 e successive modificazioni ed integrazioni;
2) a seguito di richiesta dell’autorità competente ad emanare il provvedimento di precettazione previsto dall’articolo 8 della Legge n.146/90 e successive modificazioni ed integrazioni, ai sensi dell’art.2, comma 6 della stessa legge;
3) se sia intervenuto un accordo tra
le parti in virtù di oggettivi elementi di novità nella posizione di parte datoriale ;
4) se adottata spontaneamente dalle organizzazioni sindacali proclamanti entro i cinque giorni antecedenti lo sciopero.
Qualora lo sciopero si riferisca
a vertenze nazionali, la proclamazione dello stesso deve essere comunicata
al Dipartimento della Funzione pubblica. La proclamazione di scioperi per vertenze di carattere locale deve essere comunicata ai singoli enti interessati.
Nel caso di incidenza dello sciopero sui servizi resi all’utenza, gli enti devono assicurare adeguate, complete e tempestive forme di informazione, attraverso gli organi di stampa e le reti radiotelevisive di maggiore diffusione nell’area geografica interessata
dallo stesso, sui tempi e modalità dell’astensione dal lavoro.
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7.3 LA DURATA DELLE AZIONI DI SCIOPERO
L’accordo delinea, inoltre, la durata e i tempi delle azioni di sciopero.
Per quanto riguarda il primo sciopero, all’inizio di ogni vertenza, l’accordo stabilisce che esso non può superare la durata massima di una giornata lavorativa intesa come periodo di 24 ore consecutive.
È opportuno sottolineare che le 24 ore non sono frazionabili e pertanto non è da ritenersi ammissibile uno sciopero articolato su tre giorni da sei ore
al giorno (Delibera della Commissione di garanzia n. 02/118 del 20.6.2002).
La seconda azione di sciopero, sempre per la medesima vertenza, non può avere una durata superiore a due giornate lavorative (48 ore consecutive).
Gli scioperi di durata inferiore
alla giornata possono svolgersi solo in un unico periodo continuativo di ore, collocato all’inizio o alla fine di ciascun turno di lavoro, secondo le diverse forme di articolazione dell’orario di lavoro previste per
le diverse unità organizzative o sedi di lavoro. Si tratta di una previsione
finalizzata ad evitare l’eccessivo danno al servizio derivante dalla distribuzione disarticolata nell’ambito dell’orario
di lavoro delle ore di sciopero.
Sempre in una logica di tutela dell’erogazione dei servizi,
le organizzazioni sindacali hanno assunto espressamente anche l’impegno a che le eventuali azioni di sciopero riguardanti solo singole aree professionali e/o organizzative devono, comunque, essere poste in essere
in modo tale da non pregiudicare quelle prestazioni individuate come indispensabili dall’accordo nazionale.
Inoltre, non sono ammesse azioni di sciopero che riguardino singole unità organizzative che, in quanto
articolazioni interne di una più ampia struttura, non sono dotate
di autonomia funzionale.
Anche se si tratta di un impegno unilaterale, esso possiede ugualmente un preciso rilievo giuridico in quanto
contenuto in un accordo collettivo nazionale e pertanto non può non vincolare, secondo i principi generali di correttezza e buona fede nell’adempimento degli obblighi contrattuali, le organizzazioni sindacali che lo hanno sottoscritto.
Pertanto, eventuali comportamenti difformi delle organizzazioni sindacali sottoscrittrici, in caso di contestazione potrebbero essere valutati e sanzionati dalla Commissione di garanzia proprio sulla base del preciso impegno contrattualmente assunto.
La norma esclude anche forme surrettizie di sciopero quali l’uso improprio dell’istituto dell’assemblea sindacale.
Tale istituto non rientra nel campo di applicazione della Legge n. 146/90, essendo disciplinato dalla Legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. statuto
dei lavoratori). Tuttavia la Commissione in varie occasioni ha avuto modo
di sanzionare forme surrettizie di sciopero, come ad esempio
l’assemblea “itinerante” del personale di polizia municipale di Milano (delibera 99/343-10.6 del 27.5.1999).
7.4 LA RAREFAZIONE
DELLE AZIONI DI SCIOPERO
La lettera e), del comma 3, dell’articolo 6, affronta un ulteriore aspetto
di particolare delicatezza e cioè quello della effettuazione di più scioperi, distinti nel tempo e spesso anche ravvicinati tra loro, proclamati
da organizzazioni sindacali diverse. Per tale particolare casistica,
la disciplina contrattuale prevede che tra l’effettuazione di un’azione
di sciopero e la proclamazione della successiva vi deve essere un intervallo minimo di quarantotto ore.
Solo successivamente a tale arco temporale, può essere effettuata
una nuova proclamazione di xxxxxxxx,
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nel rispetto del termine di preavviso previsto e con le necessarie preventive procedure di conciliazione.
In sostanza, applicando le diverse clausole contrattuali in materia, tra uno sciopero ed il successivo ci deve esser un intervallo
non inferiore ai dodici giorni. L’operatività di tale nuova regolamentazione limitativa è subordinata alla circostanza che si tratti di scioperi che incidono sullo stesso bacino di utenza (ad es. il medesimo comune) e sullo stesso servizio finale (ad es. il servizio di polizia municipale). Si tratta dell’applicazione contrattuale del principio della c.d. “rarefazione soggettiva”, più volte sottolineato
dalla Commissione di garanzia.
7.5 I PERIODI DI FRANCHIGIA
Per i periodi di franchigia (i particolari periodi temporali durante i quali non possono essere proclamate azioni
di sciopero), il nuovo accordo riproduce, con alcune precisazioni ed integrazioni, i medesimi contenuti di quello del 1995.
In particolare è stato meglio formulata la previsione concernente il periodo pasquale, stabilendosi, a fini di maggiore certezza applicativa, che il periodo
di franchigia va dal giovedì antecedente la Pasqua al martedì successivo.
Con riferimento al periodo di commemorazione dei defunti, il periodo di franchigia è stato ridotto ai due giorni (prima erano tre) ed ai due successivi alla commemorazione
dei defunti, specificandosi anche che esso vale solo limitatamente ai servizi cimiteriali e di polizia municipale.
La precedente più ampia e generale estensione del limite, infatti, risultava del tutto priva di giustificazione
in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell’evento preso
in considerazione e dei servizi pubblici
che dallo stesso potevano essere direttamente interessati.
In proposito è anche opportuno ricordare che la Commissione
di garanzia, pronunciandosi sui termini previsti per i periodi di franchigia,
ha specificato che le date ed i termini indicati nei testi degli accordi devono, comunque, ritenersi inclusi
nella franchigia e quindi nel periodo
di interdizione delle azioni di sciopero. Sulla base di tali orientamenti,
ad esempio, nella particolare ipotesi di franchigia prevista per il periodo di Pasqua dall’art.6, comma 5, lett.c), che fa riferimento al periodo che va dal giovedì antecedente al martedì
successivo alla Pasqua, avremo che non è possibile effettuare uno sciopero non solo nella giornata del venerdì antecedente ma neanche in quella
del martedì successivo alla Pasqua. Sempre a titolo esemplificativo, con riferimento all’ulteriore ipotesi
di franchigia prevista dall’art.6, comma 5, lett. d), avremo che non sarà possibile effettuare azioni di sciopero né il 31 ottobre né il 4 novembre
di ciascun anno.
8. PROCEDURE DI RAFFREDDAMENTO E CONCILIAZIONE
8.1 LA RICHIESTA DI AVVIO DELLA PROCEDURA
L’articolo 7 disciplina uno degli aspetti più innovativi e di maggior interesse contenuto nella Legge n. 83 del 2000
e cioè la definizione delle procedure di raffreddamento e di conciliazione, obbligatorie per entrambe le parti,
da esperire prima della proclamazione di uno sciopero.
Si tratta in sostanza di procedure il cui preventivo espletamento ad opera delle parti viene configurato come una vera e propria condizione di legittimità della proclamazione dello sciopero.
La scelta contrattuale di fondo, data la novità e delicatezza della materia, è stata quella di attenersi strettamente
alle procedure di conciliazione stabilite direttamente nell’art. 2, comma 2,
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della Legge n.146/90 e successive modificazioni ed integrazioni, quasi riproducendone i contenuti.
Con riferimento al concetto di obbligatorietà del tentativo
di conciliazione, la Commissione
di garanzia, con delibera dell’1.6.2000 ha precisato “che qualora l’incontro conciliativo delle parti non sia intervenuto nei cinque giorni lavorativi successivi alla comunicazione della richiesta dell’organizzazione sindacale,
la Commissione riterrà adempiuto l’obbligo dell’organizzazione sindacale di far precedere alla proclamazione dello sciopero l’esperimento
delle procedure di raffreddamento,
e pertanto legittima – sotto tale profilo
– la proclamazione dello sciopero medesimo”.
Inoltre, la mancata convocazione delle parti richiedenti la conciliazione determina in capo alla Prefettura
l’impossibilità di adottare un’ordinanza ai sensi dell’articolo 8 della legge.
Alla luce della regolamentazione legale e contrattuale, quindi, il primo atto della vertenza viene ad identificarsi con la richiesta di attivazione della procedura di conciliazione e non direttamente con la proclamazione dello sciopero.
Si deve ritenere che, ovviamente, la richiesta di avvio della procedura di conciliazione non possa che
provenire dalle organizzazioni sindacali dato che essa rappresenta l’unico
e solo atto prodromico
alla proclamazione dello sciopero e, quindi, non è ipotizzabile che esso possa provenire dal datore di lavoro pubblico.
La giustificazione dell’introduzione del nuovo istituto è evidente: prevedere una forma di conciliazione con l’intervento di un soggetto istituzionale, terzo tra organizzazioni sindacali e datore di lavoro pubblico, una sorta di mediatore, al fine di agevolare e sollecitare le parti ad operare ogni possibile ed utile
tentativo di ricercare e di addivenire ad una soluzione positiva ed equilibrata della vertenza, prima che la stessa sfoci nell’aspetto patologico tipico del
sistema di relazioni sindacali cioè nella proclamazione dello sciopero. In tale ambito, solo qualora tale tentativo di composizione bonaria degli interessi in conflitto non porti ad alcun risultato positivo, è possibile ricorrere
alla proclamazione dello sciopero.
Pertanto, una proclamazione
di sciopero effettuata prima o anche solo congiuntamente alla richiesta di conciliazione sarebbe in contrasto con l’articolo 2 della Legge n.146/90
e successive modificazioni
ed integrazioni e quindi suscettibile di sanzione da parte
della Commissione di garanzia, ai sensi dell’articolo 4 della stessa legge.
8.2 I SOGGETTI COMPETENTI E LE PROCEDURE
L’art.7, comma 2, individua i soggetti competenti ai quali deve essere indirizzata la richiesta di avvio
delle procedure di conciliazione. Tali soggetti sono:
1) il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali nel caso di conflitto sindacale di livello nazionale;
2) il prefetto del capoluogo di regione in caso di conflitto sindacale
di livello regionale;
3) il prefetto del capoluogo
di provincia in caso di conflitto sindacale di rilievo locale.
Sotto il profilo procedurale ( comma 3), è previsto che il Ministero del lavoro, per i tentativi di conciliazione in sede nazionale, deve convocare le parti
in conflitto entro tre giorni
dalla comunicazione scritta che deve contenere l’indicazione delle motivazioni della formale specifica proclamazione dello stato di agitazione e della richiesta di avvio della procedura conciliativa.
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Lo stesso Ministero può chiedere alle organizzazioni sindacali
ed ai soggetti pubblici coinvolti nella vertenza ogni possibile notizia
o elemento per una positiva chiusura del tentativo di conciliazione.
La procedura deve esaurirsi nei tre giorni lavorativi successivi all’apertura del confronto.
Decorso tale ultimo termine, il tentativo di conciliazione si può considerare comunque espletato, agli effetti
delle previsioni dell’art.2, comma 2, della Legge n.146/90 e successive modificazioni ed integrazioni, e quindi le organizzazioni sindacali sono legittimate alla proclamazione dello sciopero.
Ugualmente, inoltre, il tentativo
di conciliazione si considera espletato quando i soggetti competenti per
la procedura non abbiano convocato le parti nel rispetto dei termini temporali precisamente stabiliti per
la convocazione e cioè entro i tre giorni che decorrono dalla comunicazione scritta della proclamazione dello stato di agitazione.
Per i tentativi di conciliazione presso i Prefetti, le procedure e le modalità sono le medesime di quelle previste
per la conciliazione dinanzi al Ministero del lavoro. Tuttavia mentre il termine
di convocazione delle parti è lo stesso (tre giorni), quello di conclusione è più ampio in quanto è fissato in 5 giorni lavorativi (anziché tre).
Il comma 6, sempre in materia di durata della procedura, stabilisce che la stessa, ove svolta dinanzi al Ministero
del lavoro, comunque non può essere superiore complessivamente a sei giorni lavorativi, decorrenti dalla formale proclamazione dello stato di agitazione; mentre quella dinanzi ai prefetti comunque non può superare i 10 giorni (si tratta di giorni liberi in quanto
a differenza delle altre ipotesi i giorni previsti non vengono espressamente qualificati come lavorativi e, quindi, sono comprensivi anche delle eventuali giornate festive e prefestive).
In presenza di tali indicazioni procedurali, pertanto, tirando le fila del discorso si può ritenere corretta la proclamazione di uno sciopero:
1) quando il tentativo di conciliazione, nel rispetto dei termini previsti,
si sia concluso senza che le parti abbiano raggiunto un accordo;
2) quando le parti non siano state convocate per la conciliazione entro il termine prefissato di tre giorni dal momento della relativa richiesta al soggetto competente;
3) quando sia comunque trascorso il periodo complessivo di durata massima della procedura conciliativa di cui si è detto (decorrente dalla data di formale proclamazione dello stato di agitazione e di richiesta di attivazione della procedura conciliativa) e cioè sei giorni,
se si tratta di procedura innanzi al Ministro del lavoro, e di dieci giorni, se si tratta di procedura innanzi al Prefetto.
8.3 IL VERBALE DI CONCILIAZIONE
In ogni caso, l’esito del tentativo
di conciliazione deve essere riportato in un apposito verbale, sottoscritto dalle parti, con l’indicazione delle specifiche posizioni di queste ultime sui contenuti della vertenza.
Tale verbale deve essere poi inviato alla Commissione di garanzia.
Xxx l’esito del tentativo sia positivo, il verbale dovrà riportare anche l’espressa dichiarazione delle
organizzazioni sindacali di revoca dello stato di agitazione già proclamato.
In caso di esito negativo, invece,
nel verbale dovranno essere riportate le ragioni del mancato accordo.
Da quel momento le parti si riappropriano della loro libertà di azione e, pertanto, le organizzazioni sindacali potranno procedere, eventualmente, alla
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proclamazione dello sciopero secondo le regole e le modalità stabilite sia nella legge che nell’accordo nazionale.
8.4 I CASI PARTICOLARI
L’ultimo comma dell’articolo 7 disciplina un altro particolare aspetto relativo alla nuova disciplina del tentativo obbligatorio di conciliazione. Infatti, esso prende in considerazione la particolare ipotesi della proclamazione di una seconda azione di sciopero
da parte del medesimo soggetto sindacale e nell’ambito della stessa vertenza.
Per tale fattispecie, la clausola contrattuale stabilisce che non è necessario
di nuovo il ricorso alla procedura di conciliazione, quando la nuova
proclamazione interviene nel periodo di tempo dei 120 giorni successivi
a quello di effettuazione o della revoca della prima azione di sciopero, esclusi i periodi di franchigia.
Tuttavia, in proposito, occorre aggiungere che può verificarsi anche un’altra situazione analoga ma non identica.
A seguito della proclamazione dello stato di agitazione, si svolge
la procedura conciliativa (adempimento necessario per la proclamazione
dello sciopero) presso il soggetto competente, che porta ad un accordo tra le parti, che, però, richiede successivi adempimenti attuativi.
Può accadere che tali adempimenti non soddisfino le organizzazioni sindacali, le quali, pertanto, decidono di proclamare uno sciopero con riferimento
ai contenuti dell’accordo già raggiunto in sede di conciliazione.
In questa ipotesi, non potrebbe farsi riferimento alla clausola contrattuale dato che, come si è detto, essa prende in considerazione solo l’ipotesi
di una seconda iniziativa di xxxxxxxx. Nel caso prospettato, infatti, manca proprio l’elemento del primo sciopero, in quanto a seguito del tentativo
di conciliazione non vi è stata proclamazione immediata dello stesso perché le parti sono giunte ad un accordo
che doveva chiudere la vertenza. Allora, per tale fattispecie quale deve essere l’intervallo di tempo necessario per escludere la necessità di un nuovo tentativo di conciliazione, relativamente alla stessa vertenza?
La Commissione ha ritenuto, anche al di fuori di una espressa regola contrattuale, in via meramente applicativa, che anche in questo caso operi un termine di 120 giorni, decorrenti dalla data di effettuazione
del tentativo di conciliazione, termine che, in assenza di esplicita previsione, non si interrompe nei periodi
di franchigia. Pertanto, ove la nuova azione sindacale per la medesima vertenza intervenga nel citato termine di 120 giorni non sarà necessario
il ricorso alla reiterazione del tentativo di conciliazione.
8.5 GLI OBBLIGHI COMPORTAMENTALI
Al fine di favorire l’instaurarsi di condizioni di serena e fattiva
collaborazione tra le parti sicuramente necessarie per una positiva chiusura della vertenza, nel rispetto dei principi di reciproca correttezza e buona fede, per tutta la durata del tentativo
di conciliazione, non si possono intraprendere iniziative unilaterali né rivolgersi all’autorità giudiziaria
sulle materie oggetto della vertenza. Comportamenti di tal genere, infatti, non avrebbero altra conseguenza che quella di acuire maggiormente
il confronto, irrigidendo ulteriormente ed inutilmente la posizione
delle controparti, facendo venire meno in partenza ogni possibilità di dialogo e di ricerca di un possibile accordo
in grado di soddisfare gli interessi di entrambi i contendenti.
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Dirigente ARAN
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AVVENIRE
DELLE CURE MEDICHE E DELLE ALTRE CURE
PER LE PERSONE ANZIANE
Riteniamo utile tracciare un rapido panorama sulle politiche comunitarie in materia sociale, soffermandoci
su alcuni aspetti affrontati nell’ottica del sostegno agli anziani.
Molto significativa sembra essere
la comunicazione della Commissione del 5 dicembre 2001 (COM 2001-723 finale), dedicata all’”avvenire delle cure mediche e delle altre cure per le persone anziane: per garantirne l’accessibilità,
la qualità e la sostenibilità finanziaria”. Il problema ha via via assunto un tale rilievo che il rapporto del Consiglio
in materia ha inserito questa tematica tra i grandi orientamenti di politica economica. Se è vero che l’Unione gode dei più alti standard di tutela al mondo con riguardo alla copertura dei rischi malattia- invalidità, accompagnati da una diffusa cultura sanitaria, è altrettanto vero che
i costi relativi sono i più alti, dopo quelli pensionistici, e sono passati da circa il 5% del PIL nel 1970 a più dell’8% nel 1998, con un incremento superiore a quello del PIL stesso.
Il trend pareva essersi interrotto nel ’90 ma l’incidenza delle spese sanitarie ha ricominciato a crescere dopo il 1999 con la conseguenza che attualmente ci si trova di fronte alla sfida di mantenere un accesso generalizzato con alti livelli di qualità e costi sostenibili dal sistema.
Una sfida sempre più difficile, dal momento che l’invecchiamento demografico cresce sempre in misura significativa (dopo
il 1970 la speranza di vita è cresciuta di 5,5
anni per le donne e quasi di 5 anni per gli uomini).
Malgrado scarti sensibili – l’uomo svedese e la donna francese avevano nel 1997
una speranza di vita superiore di 3 anni ai loro omologhi irlandesi e finlandesi – la longevità media dell’Unione è una delle più alte al mondo e non cessa
di aumentare.
Nel 2000 era di 74,7 anni per gli uomini e di 81,1 per le donne: uno scenario che porterà nel 2050 tali dati a 79,7 ed 85,1 anni. Gli anziani (ultrasessantacinquenni) passeranno, quindi, dal 16,1% nel 2000
al 22% nel 2025 e al 27,5% nel 2050.
Gli ultraottantenni (il 3,6% nel 2000)
saranno il 6% nel 2025 ed il 10% nel 2050. Le conseguenze di questi fenomeni sono difficilmente prevedibili e quantificabili con precisione, ma certo implicheranno un aumento fortissimo della spesa sanitaria per la nota tendenza
alla plurimorbilità degli anziani.
Sarà, parallelamente, in altrettanto rapida espansione il settore c.d. medico-sociale, tanto più in quanto si deve scontare
la generale tendenza alla riduzione delle solidarietà familiari che hanno fin
qui consentito di contenere il fenomeno, scaricando sul servizio sociale quelle cure che l’accrescersi dell’occupazione femminile tende sempre più a restringere, con pregiudizio dell’area della c.d. assistenza informale.
Una tendenza confermata, fra l’altro, dalla constatazione che l’occupazione nel settore sanitario-sociale è cresciuta, fra il 1995 ed il 2000, molto più di quella globale, con incrementi del 12,6%
a fronte di un 6,8% per il dato generale. Strumenti per contenere questi fenomeni sono senza dubbio lo sviluppo di nuove tecnologie e terapie, con conseguenti incrementi della produttività del lavoro;
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con risparmi che non potranno comunque compensare l’incremento dei costi
dei medicinali, specialmente quelli di nuova generazione, sempre più richiesti dai pazienti informati in vario modo della loro esistenza. Da più di mezzo secolo
la domanda di cure mediche cresce più del reddito pro capite, mentre si diffonde una cultura della salute e della prevenzione che tende sempre più a vedere nel malato-utente un portatore di diritti
(si pensi alle varie carte di diritti dei degenti) piuttosto che un mero paziente. La definizione di una politica comunitaria si scontra inevitabilmente con l’esigenza di tenere conto delle diversità dei sistemi nazionali.
Ci sono sistemi – in particolare quelli organizzati in servizio sanitario nazionale
– che si basano sui finanziamenti assicurati dalla fiscalità generale, ma il finanziamento pubblico riveste in ogni caso un peso preponderante; è di quasi l’84% del totale nel Paese in cui ha maggiore incidenza,
il Regno Unito, ma rappresenta, malgrado tutto, il 56% in quello in cui l’incidenza percentuale è minore.
Altrettanto significativo come elemento differenziatore è considerare il diverso peso degli interventi pubblici e di quelli privati (per questi ultimi intendendosi sia le spese della famiglia che quelle eventualmente coperte da assicurazioni complementari facoltative): essi rappresentano un quinto ed un quarto della spesa globale nella maggioranza degli Stati membri, ma sono molto deboli nel Regno Unito ed in Lussemburgo (meno del 5%) arrivando al 42% in Italia
e Portogallo.
Altro elemento differenziale è quello connesso ai diversi tipi di cure: quelle ospedaliere sono spesso largamente prese a carico dalla copertura di base, il che non avviene per le medicine,
le spese dentarie, i prodotti ottici, per non citare che i casi più diffusi.
Vengono, quindi, indicati 3 obiettivi
a lungo termine: l’accessibilità, la qualità e la vivibilità, obiettivi di cui è traccia nei piani nazionali d’azione per l’inclusione sociale.
Sono state, in tal modo, individuate 3 categorie di utenti privilegiati:
- l’educazione e prevenzione con particolare attenzione alle donne ed ai bambini;
- il miglioramento dell’accesso alle
cure che può giungere fino alla gratuità per le persone a basso reddito;
- l’avvio di interventi mirati per certe categorie svantaggiate, quali i minorati psichici, gli immigrati, i senza difese immunitarie, gli alcool- o-tossicodipendenti, le prostitute, ecc.
Le più recenti indicazioni fanno leva su due tipi di intervento, talvolta in concorso fra loro:
- regolazione della domanda attraverso aumenti dei contributi sociali o fiscali ed un maggiore onere per il consumatore finale (tramite riduzione dei rimborsi ed incremento dei tickets);
- regolazione dell’offerta che può essere macro-economica, quando si basa su misure tendenti a creare condizioni di migliore concorrenza fra i prestatori privati e pubblici di servizi ed una più accentuata contrattualizzazione dei rapporti fra “compratori” e “fornitori” di cure, sempre più inseriti in un’ottica
di mercato.
L’importante è che si possano distinguere i profili congiunturali e quelli strutturali; così consentendo riforme che possono rendere effettivamente più efficiente la spesa del settore, tenendo conto, comunque, della necessità di assicurare
a tutti condizioni accettabili di accesso, rafforzando la trasparenza ed il coinvolgimento nei processi di riforma di tutti gli operatori complessivamente presenti nel sistema sanitario.
Un obiettivo particolarmente attuale oggi dal momento che a Bruxelles è molto probabile che si stiano verificando
le condizioni per lo sviluppo
di un dialogo sociale settoriale in campo sanitario ospedaliero.
Il documento sopra riportato è stato fornito per gentile concessione del CEEP Italia – Prof. Xxxx Xxxxxx, con la collaborazione dell’Avv. Xxxxxx Xxxxxx
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LEGGE QUADRO SULL’ASSISTENZA N. 328/2000: UNA RICERCA
DI LEGAUTONOMIE
Lega Autonomie, associazione storica che raccoglie circa 2.500 enti locali tra Comuni e Province, ha presentato
a fine gennaio del 2003 la terza indagine sullo stato di attuazione dei principali istituti della Riforma
dell’assistenza, conosciuta anche come Legge n. 328/2000. L’appuntamento
di Napoli, dal titolo Riforme e stato sociale nel Mezzogiorno, è stato doppiamente importante.
Primo, perché ha verificato l’applicazione della legge nel contesto più delicato del tessuto economico e sociale italiano, il Mezzogiorno.
Secondo, perché lo ha fatto nel momento in cui è in corso una ridefinizione normativa tra lo stato centrale,
le Regioni e gli Enti locali.
Le due indagini precedenti riguardanti il Nord e il Centro erano state presentate rispettivamente a Brescia e a Pesaro.
Servizi sociali innovativi, in rete e capaci di rispondere in modo
efficiente alle esigenze delle persone più svantaggiate; piani sociali sovracomunali in grado di integrare risorse pubbliche e private per assicurare interventi mirati sulle persone e non più distribuiti su grandi categorie di soggetti sociali.
Questo prometteva la riforma
dell’assistenza approvata nell’ottobre del 2000 che assegnava alle Regioni
il compito di fissare indirizzi e norme di programmazione per la realizzazione, a cura dei Comuni, del sistema integrato dei servizi sociali (le Province avevano la funzione di raccordo).
Ma, nel suo complesso, l’applicazione della riforma del Welfare (la Legge 328 ha sostituito il modello basato
sulla beneficenza della precedente legge Crispi del 1890) si sta rivelando assai disomogenea tra Nord, Centro e Sud dell’Italia, e all’interno delle stesse aree.
Questo sia nell’attuazione sia nell’indirizzo, la cui differenziazione risponde comunque alla maggiore autonomia delle Regioni e degli Enti locali sancita dalla revisione del titolo V della Costituzione e alle misure introdotte dalla Finanziaria 2003.
Per una Lombardia che punta sulla gestione di bonus da gestire a livello individuale, la Toscana
e l’Xxxxxx Xxxxxxx sono orientate a rafforzare i servizi collettivi,
ma restano comunque le Regioni più avanzate nell’attuazione della riforma.
A tutt’oggi, però, nessuna Regione
ha ancora applicato in tutte le sue parti la legge quadro, non favorendo così
la rapida riorganizzazione dei servizi sociali territoriali dei Comuni.
In alcuni casi, i Comuni stanno provvedendo a riorganizzare il sistema dei servizi sociali anche in assenza
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di un quadro normativo regionale compiuto.
Questi i principali risultati dell’inchiesta sul Welfare municipale realizzata
da Legautonomie e dedicata all’universo dei Comuni capoluogo di provincia
del Mezzogiorno.
L’indagine evidenzia lo stato di attuazione dei principali istituti della riforma dell’assistenza: introduzione dei piani sociali di zona, definizione dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture e degli interventi; introduzione di sistemi per la qualità dei servizi; apertura all’esterno dei servizi sociali attraverso il coinvolgimento delle associazioni
e del terzo settore nella gestione.
La riforma al Sud è, dunque, in forte ritardo: mentre la Basilicata, la Campania e la Sicilia hanno varato il piano sociale, la maggior parte di Comuni si muove senza un effettivo coordinamento.
Nei 30 Comuni capoluoghi i piani sociali di zona sono stati avviati solo ad Avellino, a Benevento, a Napoli,
a Salerno e a Potenza (a Caserta tra breve). L’albo per accreditare le strutture private è partito solo a Lecce, Ragusa, Trapani e Siracusa.
La Carta della qualità dei servizi è realtà solo ad Avellino e a Catania.
Il coordinamento con le Ipab esiste solo a Siracusa.
Infine, 26 Amministrazioni su 30 hanno fatto ricorso alla esternalizzazione per la gestione dei servizi sociali.
Il quadro evidenziato dalla ricerca sembra attestare come nell’erogazione e nell’accesso alle prestazioni sociali
il Welfare dei Comuni marci all’insegna di uno squilibrio tra Centro-Nord e Sud del Paese.
Fino ad oggi, d’altro canto, nessuna Regione ha applicato in tutte le sue parti la legge quadro sull’assistenza e i capisaldi su cui puntava la riforma
(buoni per l’acquisto di servizi sociali, riordino delle istituzioni pubbliche
di beneficenza e assistenza, sistematizzazione dei rapporti con
gli enti non profit, criteri per garantire la qualità delle prestazioni sociali) sono rimasti pressoché lettera morta.
Tra le principali novità che emergono dal percorso sociale intrapreso
dalle medie e grandi città del Sud c’è un cambiamento di rotta rispetto
al passato per quanto riguarda
i destinatari dell’intervento: la famiglia risulta ormai centrale nella strategia sociale dei Comuni, come del resto prefigurato dal testo della riforma dell’assistenza. Si può notare anche una maggiore responsabilizzazione
dei dirigenti nell’esercizio delle funzioni sociali, ma la programmazione è ancora scarsa ed è insufficiente l’attenzione
ai risultati. Del resto, la spesa sociale attende di essere riqualificata
e reindirizzata verso un mix equilibrato di prestazioni di servizi reali
e di erogazioni monetarie.
Nel contesto attuale, la Legge quadro
n. 328/2000 sembra porsi comunque non più come norma vincolante ma piuttosto come legge di indirizzo, in attesa che si concluda il lungo percorso della legge costituzionale, chiamata a riordinare il sistema dei livelli istituzionali di governo.
Le scelte delle autonomie locali dovrebbero realizzarsi, quindi,
nel contesto di sistemi di finanziamento delle politiche sociali basati esclusivamente sulle responsabilità locali, salvo l’introduzione, da parte dello Stato, di un fondo perequativo per i territori di minore capacità fiscale per abitante, orientato a destinare
a Regioni ed Enti locali risorse aggiuntive e interventi speciali per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona.
Xxxxxxxx Xxxxxx
Esperto ARAN
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
12 dicembre 2002 L’interpretazione autentica è stata richiesta dal Comparto Ministeri Tribunale civile di Sassari. La questione concernente Verbale della riunione l'interpretazione autentica dell'art. 21, comma 4, per l'interpretazione nella parte in cui si stabilisce che "superati i periodi autentica dell'articolo 21, di conservazione del posto previsti dai commi 1 e 2 comma 4, del CCNL ovvero nel caso in cui, a seguito dell'accertamento 1994/1997 sottoscritto il disposto ai sensi del comma 3, il dipendente sia 16 maggio 1995 dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx qualsiasi proficuo lavoro, l'amministrazione può procedere, salvo particolari esigenze, alla risoluzione del rapporto di lavoro corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del preavviso", al fine di chiarire se la clausola in esame sia applicabile solo nel caso di malattia dipendente da causa di servizio o in tutti i casi in cui il dipendente abbia ottenuto la dichiarazione di permanente ed assoluta inidoneità. Considerato che la sigla sindacale CGIL/FP ha dichiarato la propria indisponibilità, in linea di principio e per tutti i comparti, a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche e che tale presa di posizione costituisce di fatto un impedimento al raggiungimento dell’accordo di interpretazione autentica in questione, in considerazione del fatto che il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i suindicati accordi interpretativi, ai fini della loro validità, devono essere sottoscritti all’unanimità da tutte le parti che hanno a suo tempo stipulato il contratto collettivo da interpretare. L’ARAN, pertanto, ha attestato la sussistenza del mancato accordo. |
12 dicembre 2002 L’interpretazione autentica è stata richiesta Comparto Ministeri dal Tribunale di Chiavari – Sezione Lavoro. Verbale della riunione La questione concerne l'interpretazione autentica per l'interpretazione dell'art. 15, ed in particolare "se tale norma autentica dell'articolo 15 consenta ai contratti collettivi integrativi locali del CCNL del 16 febbraio di prevedere, quali criteri di ammissione al percorso 1999 formativo per accedere all'esame finale per Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx l'avanzamento di livello, esclusivamente l'anzianità di servizio ed il titolo di studio e professionale che il suddetto art. 15 fissa solo come elementi utili ma non determinanti per la pre-selezione dei candidati". Considerato che la sigla sindacale CGIL/FP ha dichiarato la propria indisponibilità, in linea di principio e per tutti i comparti, a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche e che tale presa di posizione costituisce di fatto un impedimento al raggiungimento dell’accordo di interpretazione autentica in questione, |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
in considerazione del fatto che il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i suindicati accordi interpretativi, ai fini della loro validità, devono essere sottoscritti all’unanimità da tutte le parti che hanno a suo tempo stipulato il contratto collettivo da interpretare. L’ARAN, pertanto, ha attestato la sussistenza del mancato accordo. |
17 dicembre 2002 L’interpretazione autentica è stata richiesta Comparto Sanità dal giudice del lavoro del Tribunale di Palermo. Verbale della riunione I ricorrenti, tutti Operatori Tecnici addetti per l'interpretazione all’Assistenza (O.T.A.) hanno ritenuto che per attività autentica dell'allegato 1, di tipo alberghiero, menzionata nell’allegato 1 categoria B, operatori della categoria B, non si deve intendere tecnici addetti lo svolgimento della pulizia e sanificazione all'assistenza, CCNL 7 dei locali relativi alla degenza che, invece, aprile 1999 spetterebbe agli ausiliari specializzati. Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx Considerato che le sigle sindacali CGIL/FP e UIL/FPL hanno dichiarato rispettivamente: - la propria indisponibilità, in linea di principio e per tutti i comparti, a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche; - i loro dubbi in merito alla prassi seguita nelle interpretazioni autentiche previste dall’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001; Che tale presa di posizione costituisce di fatto un impedimento al raggiungimento dell’accordo di interpretazione autentica in questione, in considerazione del fatto che il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i suindicati accordi interpretativi, ai fini della loro validità, devono essere sottoscritti all’unanimità da tutte le parti che hanno a suo tempo stipulato il contratto collettivo da interpretare. L’ARAN, pertanto, ha attestato la sussistenza del mancato accordo. |
17 dicembre 2002 L’Ipotesi di accordo prevede, oltre al campo Dirigenza area I di applicazione, la definizione di alcuni istituti che Sottoscrizione tra ARAN di seguito si riportano: e Confederazioni ed - il trattamento di fine rapporto e previdenza Organizzazioni Sindacali complementare; dell’Ipotesi di accordo - l’accesso per concorso, i trasferimenti relativa alla sequenza e la mobilità dei dirigenti; contrattuale di cui agli - il periodo di prova; artt. 36 e 46 del CCNL - il trattamento di trasferta; 5/4/2001 I biennio - i diritti che derivano da invenzioni industriali; economico e all'art.3 del - il bilinguismo che conferma la relativa indennità CCNL 5/4/2001 II biennio per quei dirigenti della regione Valle d’Aosta e economico delle province autonome dove vige istituzionalmente Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx e con carattere di obbligatorietà il sistema del bilinguismo; |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
- la mobilità. Apposite sezioni (la seconda e la terza) riguardano, per gli Enti pubblici non economici, l’incentivazione alla rotazione degli incarichi e per il personale dirigente dell’amministrazione penitenziaria, le norme di raccordo del trattamento giuridico ed economico. |
18 dicembre 2002 L’Ipotesi prevede l’aumento della retribuzione base Comparto Università nella misura media a regime di euro 52,00; Sottoscrizione tra ARAN il finanziamento per il trattamento accessorio; e Confederazioni ed l’incremento dell’indennità di ateneo; la disciplina Organizzazioni Sindacali dei permessi retribuiti e i congedi per maternità dell’Ipotesi di accordo e parentali nonché quelli per la formazione. relativa al CCNL secondo Inoltre, considera i permessi per il diritto allo biennio economico studio, la tutela dei dipendenti che si trovano 2000–2001 in particolari condizioni psico-fisiche. Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx Il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali di lavoro si svolgerà nelle forme previste dal CCNQ in materia di conciliazione e arbitrato del 23 gennaio 2001. Quanto alla previdenza complementare è stata contemplata la costituzione di un fondo nel quale, per minimizzare le spese di gestione, “potranno accedere i lavoratori appartenenti ad altri comparti, a condizione di reciprocità”. È del pari considerata una copertura assicurativa in favore dei dipendenti autorizzati a servirsi del proprio mezzo di trasporto, in occasione di missioni o per adempimenti fuori dell’ufficio e per il tempo strettamente necessario all’esecuzione delle prestazioni di servizio. L’ipotesi d’intesa sostituisce il comma 8 dell’art. 24 del precedente CCNL 9.8.2000 in tema di mansioni del lavoratore disciplinando che “le assegnazioni a mansioni superiori cessino comunque di produrre effetti dalla data di sottoscrizione definitiva del CCNL 2002–2005”. È stata anche definita una specifica normativa per i collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre(CEL). |
18 dicembre 2002 Presupposti per la sigla del contratto sono stati Accordi Quadro l’accertamento della rappresentatività, Personale dei livelli la definizione dei comparti di contrattazione Sottoscrizione tra ARAN ed i principi indicati nell’atto di indirizzo e Confederazioni ed dell’Organismo di coordinamento dei Comitati Organizzazioni Sindacali di settore, tra cui il rispetto dei limiti dei contingenti del CCNQ per la attualmente previsti per i distacchi e permessi ripartizione dei distacchi sindacali mantenendo i criteri relativi alle modalità e permessi alle di ripartizione e fruizione degli stessi definiti Organizzazioni Sindacali con i precedenti CCNQ. |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
rappresentative nei Il CCNQ è costituito da: comparti nel biennio - una prima parte dedicata alle fonti legislative 2002–2003 e pattizie di riferimento; Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx - la ripartizione del contingente dei distacchi, in cui viene confermato il cosiddetto “contingente storico” massimo dei distacchi fruibile nelle PP.AA. dalle XX.XX. rappresentative e dalle Confederazioni cui le stesse aderiscono, pari a n. 2460 distacchi, cui si aggiungono i distacchi derivanti dal cumulo delle ore di permesso; - il contingente dei permessi orari giornalieri; - i distacchi derivanti dai cumuli, per il cui calcolo concorrono tre fattori: il numero dei minuti cumulati, il numero dei dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 2000 ed infine la natura del rapporto di lavoro dei dipendenti che concorrono al calcolo; - i permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari; - le disposizioni particolari per il comparto Scuola; - la durata del contratto e le disposizioni finali. |
18 dicembre 2002 Con il CCNQ si è provveduto a ridefinire i comparti Accordi Quadro di contrattazione collettiva, operazione necessaria Personale dei livelli all’attività contrattuale relativa al quadriennio Sottoscrizione tra ARAN 2002–2005. e Confederazioni ed Il CCNQ non ha alcun carattere innovativo non Organizzazioni Sindacali essendo previsti nuovi comparti di contrattazione del CCNQ per la rispetto a quelli complessivamente individuati definizione dei comparti nel precedente quadriennio. di contrattazione per il Le uniche modifiche sono state quelle relative quadriennio 2002 – 2005 alla ricollocazione di Amministrazioni o Enti Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx fra i comparti di contrattazione collettiva, necessaria per la mutata struttura organizzativa e finalità istituzionali degli stessi. Inoltre sono state previste norme di raccordo per regolare il passaggio del personale da un comparto all’altro, ed infine alcuni Enti hanno mutato la loro denominazione per cui sono stati nuovamente elencati all’interno del comparto di appartenenza. In particolare: - il cambiamento della denominazione del Comparto “Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo” in “Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo”, data dalla fuoriuscita dell’AGEA transitata nel Comparto Enti pubblici non economici e dal trasferimento della Cassa Depositi e Prestiti negli enti ex art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001; - gli spostamenti nel Comparto delle Istituzioni e degli Enti di ricerca e sperimentazione dove è stato ricompresso l’INAF, l’INGV e l’INDIRE, |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
l’INVSI, transitati dal Comparto Scuola, ed infine l’APAT ed altri enti di nuova istituzione. Ne è fuoriuscito, invece, il CISAM, transitato nel Comparto Ministeri; In conclusione l’art. 14, comma 1, di detta Ipotesi ribadisce il principio che la definizione dei comparti è materia demandata alla contrattazione collettiva, pur mantenendo una condizione di flessibilità contrattuale con riferimento a quei comparti che riuniscono al loro interno più amministrazioni con caratteristiche differenziate. |
8 gennaio 2003 Il CCNL integrativo ridefinisce gli spazi in cui può Comparto Enti pubblici operare la contrattazione integrativa. Essa riprende non economici una serie di istituti contrattuali già previsti Sottoscrizione tra ARAN e li esplicita fornendo all’Ente ulteriori elementi e Confederazioni ed di flessibilità nella gestione del fondo per Organizzazioni Sindacali le retribuzioni accessorie. L’Ente che recupera del CCNL integrativo risorse finanziarie direttamente, tramite maggiori relativo al personale servizi offerti all’utenza e quindi senza ulteriori dell'area dei oneri a carico del bilancio può destinarne professionisti e dell'area una quota residuale alle incentivazioni dei medici medica in attuazione e dei professionisti (previa adozione di un dell'art. 33 del CCNL regolamento). |
10 gennaio 2003 L’interpretazione autentica è stata richiesta Comparto Sanità dal giudice del lavoro del Tribunale di Trapani. Verbale della riunione La controversia riguarda un dipendente dell’AUSL per l'interpretazione n. 9 di Trapani con qualifica di collaboratore autentica dell'art. 22 - amministrativo che aveva partecipato alla procedura comma 8 del CCNL 7 di mobilità in ambito regionale ed, in subordine, aprile 1999 in ambito interregionale, di alcuni posti di organico Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx vacanti tra cui due posti di collaboratore amministrativo, indetta dalla Azienda Ospedaliera “S. Xxxxxxxx xx Xxx” giusta delibera n. 636 del 15.5.1998. La richiesta giudiziale dell’interpretazione autentica è volta a risolvere: - se con l’art.22 – comma 8 – del CCNL 7 aprile 1999 le parti negoziali abbiano voluto o meno imporre alle aziende ed enti di portare a compimento le procedure selettive o concorsuali pubbliche in corso alla data di entrata in vigore dello stesso prima di procedere con le selezioni interne previste dall’ art. 15 del medesimo CCNL; - se fra le procedure selettive o concorsuali pubbliche in corso alla data di entrata in vigore del CCNL 7 aprile 1999 vadano ricomprese anche le procedure di mobilità. Considerato che le sigle sindacali CGIL/FP e UIL/FPL |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
hanno dichiarato rispettivamente: - la propria indisponibilità, in linea di principio e per tutti i comparti, a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche; - i loro dubbi in merito alla prassi seguita nelle interpretazioni autentiche previste dall’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001; Che tale presa di posizione costituisce di fatto un impedimento al raggiungimento dell’accordo di interpretazione autentica in questione, in considerazione del fatto che il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i suindicati accordi interpretativi, ai fini della loro validità, devono essere sottoscritti all’unanimità da tutte le parti che hanno a suo tempo stipulato il contratto collettivo da interpretare. L’ARAN, pertanto, ha attestato la sussistenza del mancato accordo. |
29 gennaio 2003 Il Tribunale di Vibo Valentia ha richiesto all’ARAN Comparto Aziende l’interpretazione autentica dell’art. 24 del CCNL per Verbale della riunione il Comparto Aziende. In particolare con riferimento per l’interpretazione al sistema di classificazione del Corpo nazionale autentica dell’art. 24 del dei Vigili del fuoco, nella parte in cui è previsto CCNL del 24 maggio 2000 l’inquadramento del personale appartenente Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx al profilo professionale di collaboratore tecnico antincendi nella posizione economica C1 anziché C2, come preteso dal ricorrente. In apertura della riunione conclusiva convocata dall’Agenzia, presenti tutte le sigle sindacali, è stato comunicato che la CGIL/FP ha fatto pervenire una nota in cui dichiara, in linea di principio e per tutti i comparti, la propria indisponibilità a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche, previste dal D.Lgs. n. 165/2001. Questa posizione impedisce di fatto di arrivare ad un accordo di interpretazione autentica poiché il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i patti interpretativi, per esser validi, debbano essere sottoscritti all’unanimità da tutte le parti che, a suo tempo stipularono il contratto collettivo da interpretare. Anche l’Organizzazione Sindacale RDB, nel corso dell’incontro, ha confermato la propria volontà a non firmare intese di questo genere, come già espresso in altre occasioni analoghe. Pertanto, la questione pregiudiziale posta dalla CGIL/FP, della quale si deve obbligatoriamente prendere atto, impedisce la conclusione del negoziato per l’interpretazione autentica in oggetto. |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
29 gennaio 2003 L’interpretazione degli artt. 39 e 40 del CCNL Comparto Aziende per il personale delle Aziende era stata richiesta Verbale della riunione all’ARAN dal Tribunale di Udine – Sezione lavoro- per l'interpretazione in relazione alla causa promossa da un dipendente autentica degli artt. 39 e contro il Ministero dell’interno. In particolare essa 40 del CCNL del 5 aprile riguarda l’ipotesi, nel caso di specie non 1996 disciplinata, in cui, a seguito di sospensione Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx cautelare disposta discrezionalmente dall’Amministrazione nel corso di un procedimento penale, questo non sia definito con sentenza di assoluzione, ma venga dichiarato “non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati”. Non è stato possibile giungere alla stipulazione di un accordo a causa delle posizioni espresse da CGIL/FP e RDB. |
28 febbraio 2003 L’Ipotesi stabilisce che l’aumento medio Comparto Ministeri complessivo a regime è di 106 euro mensili per Sottoscrizione tra ARAN tredici mensilità. Sono previste due tranches e Confederazioni ed di aumento stipendiale al 1° gennaio 2002 Organizzazioni Sindacali e al 1° gennaio 2003 per complessivi 75 euro. dell’Ipotesi di CCNL per La restante quota è finalizzata all’aumento il quadriennio normativo dell’indennità di amministrazione (11 euro al mese) 2002-2005 e biennio e al salario variabile definito in contrattazione economico 2002-2003 integrativa (11 euro al mese). Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx È stata razionalizzata la busta paga con il conglobamento della indennità integrativa speciale (contingenza) nella voce stipendio. Il costo di questa operazione (circa 9 euro mensili) permetterà di avere una indennità di buonuscita più elevata a chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2003 in poi. Gli aumenti stabiliti consentono la crescita della retribuzione media complessiva del 5,66% così come definito nell’accordo del febbraio 2002 tra Governo e Sindacati e confermato dalla Legge Finanziaria per il 2003. La trattativa si è inoltre sviluppata su novità normative che vanno nel senso di migliorare la rispondenza della pubblica amministrazione alle esigenze del cittadino e rappresentano un ulteriore passo avanti nell’ammodernamento della macchina statale come stabilito nelle leggi di riforma. In particolare è stato avviato, con una dichiarazione congiunta, il riesame della classificazione del personale del Comparto anche in considerazione della Legge n. 145/02 che introduce la vice-dirigenza. Sono stati inoltre regolamentati alcuni istituti normativi, come ad esempio il mobbing, che è di particolare attualità ed interesse per i lavoratori. |
numero 2 • marzo/aprile 2003
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
4 marzo 2003 Questa Ipotesi integra la disciplina dell’indennità Enti art. 70 D.Lgs. n. di amministrazione e ne statuisce il carattere 165/2001 di generalità e la natura fissa e ricorrente. Sottoscrizione tra ARAN Regola che ad essa si applichino le discipline che e Confederazioni ed contemplano riduzioni o sospensioni dello Organizzazioni Sindacali stipendio tabellare; e a decorrere dal 1° gennaio dell’Ipotesi di CCNL ad 2000 è considerata utile agli effetti dell’indennità integrazione del CCNL di licenziamento, dell’indennità di buonuscita, per il personale non del trattamento di fine rapporto. L’Ipotesi prevede dirigente del CNEL che nel calcolo della retribuzione base sono sottoscritto in data ricomprese anche le posizioni di sviluppo 14/2/2001 economico denominate “super” e stabilisce anche il Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx divisore (30) per ottenere la retribuzione giornaliera. |
4 marzo 2003 Il sistema delle relazioni sindacali, la costruzione e Enti art. 70 D.Lgs. n. gestione delle risorse finanziarie per incentivare 165/2001 professionalità e produttività, in sede territoriale, Sottoscrizione tra ARAN costituiscono gli elementi principali affrontati e Confederazioni ed nel patto. Organizzazioni Sindacali Ampio spazio è dato alle materie della dell’Ipotesi di CCNL per contrattazione integrativa tra cui figurano: il personale non - criteri generali di ripartizione e utilizzo dirigente delle risorse del fondo, compresi quelli relativi dell’UNIONCAMERE alla valutazione e alla incentivazione; quadriennio normativo - criteri per l’attribuzione dei superminimi; 1999-2002 e biennio - linee d’indirizzo generale per la formazione; economico 1999-2000 - linee d’indirizzo e criteri per la prevenzione, Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx sicurezza e miglioramento dei luoghi di lavoro e adempimenti per facilitare l’attività dei dipendenti disabili; - accordi di mobilità; È stabilito che le componenti retributive con valenza incentivante siano correlate ai risultati e siano perciò graduate sulla base della verifica degli esiti raggiunti. L’istituto della concertazione è introdotto per la prima volta nel sistema della partecipazione nel CCNL dell’Unioncamere. Nel titolo IV ampio spazio è dato alla disciplina delle forme flessibili del rapporto di lavoro che sono introdotte dal contratto e di cui va sottolineata la particolare e significativa importanza per la gestione delle risorse umane. Tra le disposizioni di particolare interesse, va segnalato che le parti hanno concordato sull’opportunità di costituire un Fondo nazionale di pensione complementare, secondo le norme vigenti e che “al fine di garantire un numero di iscritti più ampio che consenta di minimizzare l'incidenza delle spese di gestione, le parti competenti potranno definire l'istituzione di un fondo pensione unico con altri lavoratori |
numero 2 • marzo/aprile 2003
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
dei comparti pubblici”. Nello stesso titolo VIII è regolamentata la formazione del personale quale leva strategica fondamentale per la cui realizzazione è destinata una percentuale del monte retributivo (pari all’1%). Le risorse, non utilizzate a tale scopo nel corso dell’esercizio finanziario di riferimento, sono vincolate allo stesso fine nei successivi esercizi finanziari. All’intesa è allegato il codice di condotta relativo alla lotta contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro. L’aumento sul tabellare medio mensile pro-capite a regime – dall’1. 7.2000 – è pari ad 50,83 e l’accessorio è cresciuto di 16,43 medi mensili pro capite. |
13 marzo 2003 Il contratto ridisciplina la materia delle relazioni Enti art. 70 D.Lgs. n. sindacali. Regola gli aspetti legati alla costituzione, 165/2001 allo svolgimento e all’estinzione del rapporto di Xxxxxxx i Contratti lavoro e gli aspetti relativi al conferimento degli collettivi per il personale incarichi dirigenziali e alla loro valutazione. dirigente del CONI Per i dirigenti di I fascia lo stipendio tabellare quadriennio normativo annuo, comprensivo della 13^ mensilità, è pari 1998-2001, biennio ad € 46.259,04, la retribuzione di posizione - parte economico 1998-1999 fissa - è pari ad € 20.658,28. Nel II biennio i benefici e biennio economico economici mensili sono pari ad € 85,73 a decorrere 2000-2001 dal 1.7.2000 e ad € 144,61 a decorrere dal 1.1.2001. Sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx Detti benefici sono corrisposti sulla retribuzione di posizione in godimento. Per i dirigenti di II fascia gli incrementi corrisposti sia nel I che nel II biennio consentono di pervenire a regime ad uno stipendio tabellare annuo, compresa la 13^mensilità, pari ad € 36.151,98 e ad una retribuzione di posizione – parte fissa - di € 8.779,76. Una apposita sezione è dedicata ai dirigenti medici che operano presso l’istituto di scienza dello sport. |
19 marzo 2003 L’Ipotesi prevede la proroga del contratto quadro Accordi quadro stipulato il 23 gennaio 2001 con il quale sono state Firmata l'Ipotesi di costituite le camere arbitrali presso tutte le direzioni proroga del CCNQ in regionali del Ministero del lavoro e le liste di arbitri, materia di procedure di articolate su base regionale. conciliazione ed Questa esperienza rappresenta una novità assoluta, arbitrato per il mondo del lavoro, sia pubblico che privato, Xxxx xxx.xxxxxxxxxxx.xx e che, seppur agli inizi, ha portato alla conclusione dei primi lodi arbitrali. L’ARAN e le Confederazioni Sindacali rappresentative hanno ritenuto utile continuarla e hanno valutato, inoltre, necessaria una azione più incisiva di divulgazione, fra i lavoratori e le Amministrazioni, sulla validità di questo strumento. |
numero 2 • marzo/aprile 2003
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LA MANOVRA FINANZIARIA DEL 2003
La manovra finanziaria del 2003 è contenuta nella Legge 28 dicembre 2002, n. 289
ed è composta da 95 articoli.
Per la curiosità: qualche articolo ha più di cinquanta commi!
Gli aspetti generali della “manovra”, per quanto concerne il pubblico impiego e la pubblica amministrazione in linea generale, sono già stati illustrati in questa rivista, ma grande importanza assumono anche gli altri aspetti
della manovra stessa, che vanno
ad incidere, tra l’altro, sui redditi dei cittadini, in modo diretto o indiretto. Per quanto concerne le imposte,
ad esempio, viene avviato il primo modulo della riforma IRPEF con tagli d’imposta per le fasce di reddito medio basse, comprese tra zero e 25 mila euro, così come viene rivisto
lo scaglionamento dei redditi, rispetto alle aliquote e al sistema delle deduzioni. Le aliquote sono cinque:
23% fino a 15 mila euro; 29% da 15 mila
a 29 mila euro; 31% da 29 mila fino a 32
mila euro; 39% oltre 32 mila sino a 70 mila euro; 45% oltre 70 mila euro.
Anche le Società (IRPEG) beneficiano di una riduzione di aliquota dal 36 al 34 per cento, mentre inizia la riduzione
dell’IRAP (ritenuta da molti incostituzionale) e sono previste riduzioni dell’imposta, attraverso il sistema delle deduzioni, per lavoratori disabili, apprendisti
e contratti formazione lavoro.
Sempre sul fronte fiscale assume
una notevole incidenza il “pacchetto” delle sanatorie che, destinate a società o imprenditori individuali, si
intrecciano e sono interdipendenti
con le misure riguardanti la contabilità.
Le sanatorie sono state classificate sotto l’indicazione di “concordato”, “integrativa”, “tombale” e “scudo fiscale” 1.
Il Concordato riguarda i soggetti che tendono a definire i redditi d’impresa o di lavoro autonomo, società semplici, Sas, Snc e simili secondo le indicazioni convenute nella stessa finanziaria,
iscrivendo, ad esempio, come esistenze iniziali le rimanenze omesse.
L’integrativa che consente a coloro che hanno presentato la dichiarazione integrativa semplice prevista dall’art. 8 della Finanziaria, di specificare
in un prospetto ad hoc gli elementi attivi e passivi indicati in dichiarazione: il prospetto va conservato per quattro anni dopo la dichiarazione cui si riferiscono.
Il tombale che dà ai contribuenti la possibilità di eliminare attività e passività fittizie e procedere alla
iscrizione di attività precedentemente omesse nell’inventario sul rendiconto o bilancio chiuso al 31 dicembre 2002. Lo scudo fiscale che dà l’opportunità di regolarizzare le scritture contabili relativamente all’emersione di attività detenute all’estero, sia nel caso
di dichiarazione integrativa che
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di condono tombale.
Le regolarizzazioni di cui si è fatto cenno hanno, in determinate condizioni, un effetto premiale anche sotto il profilo penale, fatti salvi i reati comunque punibili.
Sul fronte delle assunzioni di personale c’è da rilevare che gli Albi e i Collegi,
in generale gli Ordini professionali, non ricadono nei vincoli previsti
dalla stessa Finanziaria in generale per il pubblico impiego: in sintesi non si applicano i “tetti” numerici e finanziari. Permangono, inoltre, per i professionisti le agevolazioni fiscali riguardanti
le nuove assunzioni, fatte entro il 7 luglio 2002.
Il citato “bonus” potrebbe riguardare anche le assunzioni fatte dopo tale data, ma la circolare operativa che dovrà emanare l’Agenzia delle Entrate entro il 31 gennaio 2003, stabilirà
le condizioni per la concessione o meno dello stesso “bonus”.
Una cosa è certa: il beneficio non sarà più automatico ma verrà concesso dopo l’atto di assenso dell’Agenzia delle Entrate, di modo che non sarà più il silenzio-assenso ad operare,
ma il silenzio-xxxxxxx.
Sempre in materia fiscale c’è
da segnalare l’importanza della proroga al 30 settembre 2003 degli sgravi fiscali per le ristrutturazioni edili, con corresponsione dell’IVA al 10%:
la misura avrà notevoli risvolti positivi anche per l’occupazione nel settore e in quelli collegati.
L’Università e la Ricerca beneficeranno, invece, di un incremento di risorse
da 170 a 195 milioni di euro per ogni anno, dal 2003 al 2005, ripianati,
per la differenza, dalla cosiddetta “tassa sul fumo” il cui gettito è previsto,
in ragione di anno, in misura non inferiore a 435 milioni di euro.
Per le aree terremotate e in particolare per il Molise sono previsti interventi per l’edilizia scolastica, in parte ricollocando due miliardi circa
di vecchie lire già stanziati per le zone terremotate di Irpinia e Basilicata.
Uno sconto di circa il 90% delle tasse è destinato alle imprese della Sicilia orientale per le zone terremotate.
Inoltre, sempre nel 2003, 31 milioni
di euro costituiranno un fondo, presso il Ministero dell’Economia, per l’acquisto di PC da parte di giovani che compiono, nell’anno, l’età di 16 anni. Dulcis in fundo: la “Previdenza”.
Viene abolito il divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensione per chi ha almeno 37 anni di contributi (compreso, quindi, il riscatto della laurea che, è bene ricordarlo, vale come servizio effettivo) e 58 anni di età. La norma è comprensiva di “sanatoria” per chi, in passato, ha cumulato
i redditi “in nero”.
La norma “stralciata” dal noto disegno di legge sulla previdenza (delega collegata alla vecchia “finanziaria” già
A.C. 2145) anticipa il disegno riformatore in materia previdenziale, che dovrebbe prevedere un pacchetto di incentivi per favorire il rinvio
dei pensionamenti di anzianità.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto una sostanziale modifica: la non emendabilità della Legge Finanziaria proposta dal Governo,
ma sono diverse le proposte di modifica, anche alla luce del fatto che
il noto “documento” di programmazione economico-finanziaria ha perduto
il suo originario significato.
Xxxxxxxxx X’Xxxxxxxx
Direttore Generale
Servizio legislativo-legale ARAN
1 È in corso di esame in Parlamento un provvedimento legislativo del Governo per alcune modifiche delle cosiddette sanatorie.
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CONTRATTO MINISTERI: ASPETTI ECONOMICI
La sigla dell’Ipotesi di accordo per
il rinnovo del contratto dei ministeriali giunge dopo un difficile confronto tra Governo e XX.XX. durato più di un anno. Le mediazioni di volta in volta definite durante questo periodo (quelle che hanno preceduto il negoziato vero
e proprio) hanno trovato la loro formalizzazione nella Legge Finanziaria per l’anno 2003 (Legge n. 289/2002).
Più precisamente l’art. 33, comma 1, stanzia le risorse occorrenti sia per pieno rispetto dell’Accordo del 4-6 febbraio, sia per l’innalzamento
del tasso programmato del 2003, giungendo così ad una disponibilità complessiva tale da garantire la crescita delle retribuzioni per il biennio 2002- 2003 in misura pari al 5,66%.
Al contempo, la medesima disposizione sostituisce l’art.16, comma 1,
della Legge n. 448/2001, nella parte in cui finalizzava quota delle risorse
complessive, specificatamente lo 0,5% per ciascuno dei due anni del biennio, alla contrattazione integrativa.
Con quest’ultima modifica viene meno il vincolo di finalizzazione per il primo dei due 0,5%, quello relativo al 2002, permettendo al negoziato di destinare tali risorse alle voci retributive definite nel Contratto Collettivo Nazionale.
Va detto da subito che, anche se
la scelta di dirottare quote di risorse dalla retribuzione variabile su quella erogata con carattere di generalità può apparire lesiva dei principi contenuti nell’accordo di luglio 1993, in questo specifico caso, esistono taluni vantaggi e, in ogni caso, non si ravvisano controindicazioni. Innanzitutto va rilevato che la parte di risorse di cui si tratta (0,5% per il 2002) è riferita
ad un periodo di tempo ormai
completamente trascorso, su cui sarebbe stato intempestivo incidere utilizzando le leve della produttività “con effetto retroattivo”.
Con ogni probabilità quelle somme, riferite ad un periodo pregresso, sarebbero state erogate con criteri poco selettivi. Inoltre, aspetto tutt’altro che secondario, l’utilizzazione di quote di risorse in favore della retribuzione fondamentale in misura eccedente rispetto ai tassi programmati d’inflazione, potrà essere computata
in diminuzione del differenziale,
in gran parte già noto, tra inflazione reale e quella programmata da dover riconoscere nel prossimo biennio economico.
Rispetto alle possibili controindicazioni dovute ad un incremento retributivo più vicino all’inflazione reale che
a quella programmata, in termini di condizionamento dei salari sull’inflazione stessa, valgono
le seguenti considerazioni: la prima riguarda l’entità del fenomeno, l’anticipazione copre circa la metà dello scarto del solo anno 2002 e i dati 2003 già evidenziano una tendenza inflattiva sensibilmente superiore
ai valori programmati; la seconda riguarda il ritardo con cui si è arrivati alla sigla dell’accordo, per cui vi è una sostanziale impossibilità che i più elevati salari percepiti possano condizionare l’andamento dell’inflazione già determinatasi
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TABELLA A INCREMENTI MENSILI DELLA RETRIBUZIONE TABELLARE Valori in Euro da corrispondere per 13 mensilità | ||||
POSIZIONE ECONOMICA | DAL 1.1.02 | DAL 1.1.03 | ||
Ispettore Generale r.e. | 59,50 | 66,30 | ||
Direttore Divisione r.e. | 55,30 | 61,60 | ||
C3 - S | 47,90 | 53,40 | ||
C3 | 47,90 | 53,40 | ||
C2 | 43,60 | 48,60 | ||
C1 - S | 39,80 | 44,40 | ||
C1 | 39,80 | 44,40 | ||
B3 - S | 36,50 | 40,61 | ||
B3 | 36,50 | 40,61 | ||
B2 | 34,30 | 38,20 | ||
B1 | 32,60 | 36,30 | ||
A1 - S | 30,90 | 34,40 | ||
A1 | 30,90 | 34,40 |
TABELLA B NUOVA RETRIBUZIONE TABELLARE Valori in Euro per 12 mensilità | ||||
POSIZIONE ECONOMICA | DAL 1.1.02 | DAL 1.1.03 (1) | ||
Ispettore Generale r.e. | 18.899,48 | 26.667,22 | ||
Direttore Divisione r.e. | 17.178,86 | 24.784,21 | ||
C3 - S | 15.667,74 | 22.949,97 | ||
C3 | 14.190,15 | 21.472,38 | ||
C2 | 12.417,72 | 19.546,16 | ||
C1 - S | 11.558,70 | 18.537,36 | ||
C1 | 10.876,46 | 17.855,12 | ||
B3 - S | 10.548,16 | 17.406,52 | ||
B3 | 9.487,87 | 16.346,23 | ||
B2 | 8.598,99 | 15.375,22 | ||
B1 | 7.906,16 | 14.619,38 | ||
A1 - S | 7.725,15 | 14.373,71 | ||
A1 | 7.194,75 | 13.843,31 | ||
(1) Il valore a decorrere dal 1.1.2003 comprende ed assorbe l'Indennità Integrativa Speciale. |
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TABELLA C INCREMENTI MENSILI INDENNITÀ D'AMMINISTRAZIONE Valori in Euro da corrispondere per 12 mensilità CORTE DEI CONTI - MINISTERO GIUSTIZIA - CONSIGLIO DI STATO - AVVOCATURA DI STATO - MINISTERO GIUSTIZIA DAP EX MINISTERO COMMERCIO ESTERO - EX MURST EX PCM DIP. SPETTACOLO/TURISMO/AREE URBANE/AFFARI SOCIALI EX MINISTERO TRASPORTI MOTORIZZAZIONE/MARINA MERCANTILE/CIVILAVIA - EX MINISTERO BENI CULTURALI - MINISTERO DELLA SALUTE POSIZIONE ECONOMICA INCREMENTO DAL 1.1.02 RIDETERMINATO (1) DAL 1.1.03" Ispettore Generale r.e. 9,80 10,80 |
Direttore Divisione r.e. 9,60 10,80 C3 - S 9,00 10,00 C3 9,00 10,00 C2 8,00 8,80 C1 - S 7,20 8,00 C1 7,20 8,00 B3 - S 6,20 7,00 B3 6,20 7,00 B2 5,60 6,40 B1 5,20 5,80 A1 - S 4,80 5,40 A1 4,80 5,40 (1) Il valore a decorrere dal 1.1.2003 comprende ed assorbe l'incremento corrisposto dal 1.1.2002. |
nei primi 16 dei 24 mesi contrattualmente considerati.
In questo contesto anche l’uso
delle risorse disponibili sulle possibili finalizzazioni è stato fortemente condizionato dalla rivendicazione sindacale rivolta a salvaguardare
la capacità di acquisto dei salari. Occorre notare, tuttavia, che all’art. 20, comma 1, è esplicitamente indicato che i valori mensili indicati nella Tabella A del CCNL sono calcolati considerando oltre ai tassi d’inflazione programmati del biennio in corso e del recupero dell’inflazione reale del biennio precedente, anche una anticipazione sul differenziale che si è già determinato nel corso del 2002.
Il valore di tale anticipazione corrisponde allo 0,5% originariamente destinato dalla Legge Finanziaria per
l’anno 2002 alla contrattazione integrativa. Riguardo al recupero dell’inflazione reale del biennio 2000-2001, va detto che nel corso della trattativa è venuta meno l’originaria intenzione
di integrare lo 0,52% con una quota non prevalente dello 0,99% aggiuntivo (Accordo 4-6 febbraio 2002), in parte per le ragioni già elencate, in parte perché la stessa Legge Finanziaria all’art. 33, comma 1, nel richiamare
le citate somme aggiuntive, utilizza la formulazione letterale
“…da destinare anche all’incentivazione
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Posizione economica
INCREMENTO DAL 1.1.02
RIDETERMINATO (1)
DAL 1.1.03
TABELLA D INCREMENTI MENSILI INDENNITÀ D'AMMINISTRAZIONE
Valori in Euro da corrispondere per 12 mensilità
MINISTERO COMUNICAZIONI - EX MINISTERO LAVORO - EX MINISTERO TESORO E BILANCIO - EX MINISTERO FINANZE - MINISTERO DIFESA - MINISTERO INTERNO - EX MINISTERO INDUSTRIA
EX MINISTERO AMBIENTE - EX MINISTERO LAVORI PUBBLICI EX MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE
MINISTERO POLITICHE AGRICOLE - MINISTERO AFFARI ESTERI
Ispettore Generale r.e. Direttore Divisione r.e.
C3 - S C3 C2 C1 - S C1
B3 - S B3 B2 B1
A1 - S A1
27,80
26,60
20,80
20,80
18,60
16,60
16,60
14,60
14,60
13,20
11,80
10,60
10,60
29,00
27,80
21,80
21,80
19,60
17,40
17,40
15,40
15,40
13,80
12,40
11,20
11,20
(1) Il valore a decorrere dal 1.1.2003 comprende ed assorbe l'incremento corrisposto dal 1.1.2002.
della produttività”, rinunciando implicitamente al principio di prevalenza espresso dalle parti nel Protocollo d’intesa del 4-6 febbraio 2002. La restante parte delle risorse complessivamente disponibili sono state in parte utilizzate per aumentare l’indennità di amministrazione, per un importo medio di circa 11 euro al mese, ed in parte per aumentare il fondo unico con cui si finanzia la produttività collettiva ed i passaggi economici all’interno delle aree (anche in questo caso il valore medio mensile è di circa 11 euro). Va rilevato che anche in
questa tornata contrattuale è stato affrontato il problema della perequazione dell’indennità di amministrazione prevedendo due diversi incrementi, uno più elevato per i ministeri con valori d’indennità più bassi ed uno più contenuto per le altre. Altro aspetto significativo dell’accordo riguarda la razionalizzazione della busta paga mediante il conglobamento della indennità integrativa speciale (contingenza) nella voce stipendio. Il costo di questa operazione (circa 9 euro mensili) permetterà di avere una indennità di buonuscita più elevata a chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2003 in poi.
Xxxxxx Xxxxxxxxxx
Direttore Generale Servizio Studi ARAN
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IL MONITORAGGIO MENSILE
DELLE SPESE DEL PERSONALE
In un precedente contributo era stato evidenziato come il monitoraggio delle spese di personale nel corso dell’esercizio finanziario era possibile ricorrendo allo strumento del conto annuale delle spese di personale.
Era stata evidenziata, tuttavia,
la necessità di disporre di uno strumento che permetta il controllo della spesa
di personale nel corso dell’esercizio finanziario al fine di porre in essere eventuali azioni correttive su andamenti anomali.
Le linee guida che si possono proporre per la predisposizione di un sistema
di monitoraggio delle spese di personale si basano sui seguenti principi:
- definizione degli obiettivi.
Si rende opportuno, naturalmente, introdurre una gestione per obiettivi in tema di risorse umane con dei range di variazione una volta individuate le variabili da tenere sotto controllo. Tale aspetto si collega alla politica di personale che l’amministrazione/ente intende perseguire nel corso dell’anno: turn-over del personale, incrementi retributivi da definire nell’ambito della contrattazione integrativa, impatto della contrattazione nazionale, mobilità, ricorso a forme flessibili di lavoro;
- integrazione informatica delle procedure in materia di personale. È necessario che esista una banca dati in materia di personale che gestisca tutte le informazioni: dalla gestione del rapporto
di lavoro, dagli aspetti retributivi a quelli contabili. La gestione informatizzata delle informazioni in tema di personale costituisce l’elemento base, se non indispensabile, per impostare un
sistema di monitoraggio delle spese di personale calato sulla specifica realtà dell’amministrazione/ente;
- predisposizione di report.
Le informazioni disponibili devono essere riepilogate in maniera sintetica e chiara predisponendo schemi sintetici che offrono una chiara lettura dei fenomeni rilevati. Infatti, non è da sottovalutare l’aspetto del modo di presentare
le informazioni agli organi decisionali di ogni amministrazione/ente.
Le allegate tabelle, riprese da una realtà abbastanza significativa, cercano
di dare un primo contributo all’iter logico da seguire.
Al fine di agevolarne la lettura i dati sono stati riportati a solo titolo esemplificativo e, quindi, i valori medi ed i totali non coincidono.
Le tabelle A e B ripropongono, in lire, tutte le informazioni sulle singole voci
retributive, rilevate dalla procedura che eroga gli stipendi, nel corso di un mese evidenziando:
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TABELLA A GENNAIO 2002 - SPESA PER COMPETENZE FISSE | |||||
COL. 1 | COL. 2 | COL. 3 | COL. 4 | COL. 5 COL. 6 | |
AREE PROFESSIONALI | N. MENSILITA | STIPENDI | IND. INTEGR.SPEC. | R. I. A. | 13. MENS. ARRETRATI |
DIRIGENTE II FASCIA | 00 | 00.000.000 | 00.000.000 | 00.000.000 | - |
DIRIGENTE I FASCIA | 579 | 1.737.000.000 | 656.323.713 | 417.411.429 | - |
POSIZIONE ECON. C5 | 282 | 644.303.928 | 299.221.428 | 49.025.405 | - |
POSIZIONE ECON. C4 | 3.177 | 6.533.286.717 | 3.383.432.408 | 785.954.681 | - |
POSIZIONE ECON. C3 | 8.089 | 00.000.000.000 | 0.000.000.000 | 0.000.000.000 | - |
POSIZIONE ECON. C2 | 10.772 | 00.000.000.000 | 00.000.000.000 | 0.000.000.000 | - |
POSIZIONE ECON. C1 | 4.584 | 6.813.450.056 | 4.504.002.289 | 123.312.296 | - |
POSIZIONE ECON. B3 | 2.168 | 3.277.226.523 | 2.193.947.772 | 268.896.455 | - |
POSIZIONE ECON. B2 | 1.943 | 2.616.471.797 | 1.969.836.167 | 121.613.926 | - |
POSIZIONE ECON. B1 | 201 | 244.687.485 | 202.521.864 | 11.143.218 | - |
POSIZIONE ECON. A3 | 00 | 00.000.000 | 00.000.000 | 0.000.000 | - |
POSIZIONE ECON. A2 | 00 | 00.000.000 | 00.000.000 | 0.000.000 | - |
POSIZIONE ECON. A1 | 4 | 3.906.489 | 3.858.312 | 274.339 | - |
PERS. CONTRATTISTA | - | - | - | - | - |
PERS.TEMPO DETERM. | |||||
PERS.PART-TIME | - | - | - | - | - |
PERS. CESSATO | - | - | - | - | - |
TO T A L E | 33.598 | 00.000.000.000 | 00.000.000.000 | 0.000.000.000 | - 0.000.000.000 |
- il numero dei cedolini emessi;
- la spesa sostenuta per ogni emolumento;
- il valore medio per categoria di personale della componente fissa (Tab. A) ed accessoria (Tab. B);
Da tali tabelle, che costituiscono
la base delle informazioni disponibili e che possono essere costruite evidenziando le voci che ci interessano, il passaggio successivo è di pervenire a
valori medi per categoria e per singolo emolumento.
La tabella C ripropone le informazioni retributive per macro–aggregati evidenziando mensilmente:
- il numero delle unità inteso sia come unità omogeneizzate, prese a base per il calcolo della
retribuzione media, che come unità in servizio nel periodo di riferimento;
- la spesa per retribuzione distinta nelle due componenti di fissa ed accessoria;
- la retribuzione media per categoria di personale
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TABELLA A (SEGUE) GENNAIO 2002 - SPESA PER COMPETENZE FISSE | ||||||
COL. 7 | COL. 8 | COL. 9 | ||||
ASS. | INDENNITÀ | RECUP. | TOTALE | UNITÀ | MEDIA | |
NUCLEO | OMOG. | RETRIB. | ||||
AREE PROFESSIONALI | FAM. | FISSA | ||||
DIRIGENTE II FASCIA | - | - | - | 164.209.087 | 30,0 | 5.473.636 |
DIRIGENTE I FASCIA | 271.000 | 76.422.545 | - | 2.887.428.687 | 579,0 | 4.986.923 |
POSIZIONE ECON. C5 | 650.000 | 36.844.069 | - | 1.030.044.830 | 279,0 | 3.691.920 |
POSIZIONE ECON. C4 | 6.606.000 | 25.514.649 | - | 00.000.000.000 | 3.154,0 | 0.000.000 |
POSIZIONE ECON. C3 | 55.806.735 | 71.477.807 | - | 00.000.000.000 | 7.963,0 | 0.000.000 |
POSIZIONE ECON. C2 | 159.155.858 | 500.694.474 | - | 00.000.000.000 | 10.586,9 | 2.887.352 |
POSIZIONE ECON. C1 | 102.990.806 | 74.010.726 | - | 00.000.000.000 | 4.329,0 | 0.000.000 |
POSIZIONE ECON. B3 | 25.447.100 | 21.243.928 | - | 5.786.761.778 | 2.134,5 | 2.711.012 |
POSIZIONE ECON. B2 | 56.021.666 | 40.699.674 | - | 4.804.643.230 | 1.916,5 | 2.506.993 |
POSIZIONE ECON. B1 | 5.469.000 | 5.910.656 | - | 469.732.223 | 198,6 | 2.365.260 |
POSIZIONE ECON. A3 | 175.000 | 1.402.277 | - | 38.815.855 | 16,0 | 2.425.986 |
POSIZIONE ECON. A2 | 975.000 | 1.269.768 | - | 190.527.612 | 87,3 | 2.183.001 |
POSIZIONE ECON. A1 | 50.000 | 393.296 | - | 8.482.436 | 3,8 | 2.212.827 |
PERS. CONTRATTISTA | - | - | - | - | ||
PERS. TEMPO DETERM. | - | |||||
PERS. PART-TIME | - | - | - | - | ||
PERS.CESSATO | - | - | - | - | ||
TO T A L E | 414.087.165 | 1.024.444.844 | - | 102.574.670.749 | 32.915,9 |
La tabella D evidenzia con il ricorso
a numeri indici l’andamento delle unità di personale e della retribuzione media nel corso dell’anno.
La tabella E espone mensilmente e distintamente per categoria
di personale gli variazioni intervenute nella retribuzione media per
la componente fissa ed accessoria. Tutte le informazioni disponibili possono essere confrontate sia
nel tempo che nello spazio nonché essere esplose per le strutture che costituiscono l’amministrazione/ente. Tale ultimo approccio permette, anche di evidenziare l’andamento del costo del personale su base regionale
e di correlarlo all’output di produzione di ogni singolo ufficio.
La metodologia descritta non ha valore esaustivo ma si propone solo come
un primo approccio esemplificativo alla problematica del monitoraggio delle spese di personale
in un’amministrazione/ente pubblico.
Xxxxxxxx X’Xxxxx
Dirigente ARAN
numero 2 • marzo/aprile 2003
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TABELLA B GENNAIO 2002 - SPESA PER COMPONENTI ACCESSORIE | ||||||
COL. 1 | COL. 2 | COL. 3 | COL. 4 | COL. 5 | COL. 6 | |
QUALIFICA | STRAORDINARIO | INDEN. | INDEN. | RETRIB. | INCENT. | RETRIB. |
EX ART.15 | EX ART.18 | POSIZ. | PRODUTTIV. | RISULT. | ||
DIRIGENTE II FASCIA | - | - | - | 385.833.317 | - | 22.611.911 |
DIRIGENTE I FASCIA | - | - | 46.320.000 | 2.938.758.420 | - | 94.670.000 |
POSIZIONE ECON.C5 | 48.482.174 | - | 16.740.000 | - | 22.599.000 | - |
POSIZIONE ECON. C4 | 522.215.331 | - | 189.288.800 | - | 255.539.880 | - |
POSIZIONE ECON. C3 | 1.054.871.129 | - | 477.802.000 | - | 645.032.700 | - |
POSIZIONE ECON. C2 | 664.620.828 | - | 635.211.600 | - | 857.535.660 | - |
POSIZIONE ECON. C1 | 131.351.210 | - | 259.678.800 | - | 350.567.130 | - |
POSIZIONE ECON. B3 | 149.597.489 | - | 128.072.333 | - | 172.897.650 | - |
POSIZIONE ECON. B2 | 138.745.094 | - | 114.997.334 | - | 155.246.400 | - |
POSIZIONE ECON. B1 | 7.983.997 | - | 11.915.800 | - | 16.086.330 | - |
POSIZIONE ECON. A3 | 604.752 | - | 960.000 | - | 1.296.000 | - |
POSIZIONE ECON. A2 | 3.310.831 | - | 5.236.666 | - | 7.069.500 | - |
POSIZIONE ECON. A1 | 323.540 | - | 230.000 | - | 310.500 | - |
PERS.CONTRATTISTA | - | - | - | - | - | - |
PERS.TEMPO DETERM. | ||||||
PERS. PART-TIME | - | - | - | - | - | - |
PERS. CESSATO | - | - | - | - | - | - |
TO T A L E | 2.944.481.280 | - | 2.009.178.799 | 4.064.086.305 | 2.525.156.130 | 334.931.911 |
TABELLA B (SEGUE) GENNAIO 2002 - SPESA PER COMPONENTI ACCESSORIE | ||||||
COL. 7 | COL. 8 | COL. 9 | ||||
AREE PROFESSIONALI | INDEN. | ARRETR. | SPESE ACC. | TOTALE | UNITÀ | MEDIA |
PROF.STI | ANNI PREC. | E VARIE | OMOG. | RETRIB. | ||
VARIAB. | ||||||
DIRIGENTE II FASCIA | - | - | - | 408.445.228 | 30,0 | 13.614.841 |
DIRIGENTE I FASCIA | - | 250.574.110 | - | 3.330.322.530 | 579,0 | 5.751.852 |
POSIZIONE ECON. C5 | - | 13.242.571 | 224.424.963 | 325.488.708 | 279,0 | 1.166.627 |
POSIZIONE ECON. C4 | - | 259.887.849 | 1.740.008.379 | 2.966.940.239 | 3.154,8 | 940.459 |
POSIZIONE ECON. C3 | - | 608.698.147 | 2.687.293.670 | 5.473.697.646 | 7.963,3 | 687.366 |
POSIZIONE ECON. C2 | - | 163.473.070 | 2.490.665.301 | 4.811.506.459 | 10.586,9 | 454.479 |
POSIZIONE ECON. C1 | - | 44.286.850 | 388.833.055 | 1.174.717.045 | 4.329,0 | 271.359 |
POSIZIONE ECON.B3 | - | 22.894.176 | 431.275.050 | 904.736.698 | 2.134,5 | 423.856 |
POSIZIONE ECON. B2 | - | 80.965.008 | 303.791.938 | 793.745.774 | 1.916,5 | 414.165 |
POSIZIONE ECON. B1 | - | 19.979.924 | 28.157.359 | 84.123.410 | 198,6 | 423.590 |
POSIZIONE ECON. A3 | - | 180.000 | 5.005.578 | 8.046.330 | 16,0 | 502.895 |
POSIZIONE ECON. A2 | - | 4.707.932 | 976.658 | 21.301.587 | 87,3 | 244.066 |
POSIZIONE ECON. A1 | - | -21.085 | 1.048.600 | 1.891.555 | 3,8 | 493.453 |
PERS. CONTRATTISTA | - | - | - | - | ||
PERS. TEMPO DETERM. | - | |||||
PERS. PART-TIME | - | - | - | - | ||
PERS. CESSATO | - | - | - | - | ||
TO T A L E | 1.082.890.857 | 1.659.953.853 | 8.898.395.591 | 00.000.000.000 | 32.915,9 |
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TABELLA C SPESA PER RETRIBUZIONI 2002 | |||||
Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio |
al 31/01 | al 28/02 | al 31/03 | al 30/04 | al 31/05 | al 30/06 |
33.768 | 33.687 | 33.681 | 33.540 | 33.450 | 33.417 |
Unità omogeneizzate 33.165 | 33.012 | 32.923 | 32.809 | 32.786 | 32.543 |
FEBBRAIO | MARZO | APRILE | MAGGIO | GIUGNO | LUGLIO |
(in milioni) | (in milioni) | (in milioni) | (in milioni) | (in milioni) | (in milioni) |
Spesa per | |||||
competenze fisse 104.626 | 102.990 | 125.413 | 114.199 | 121.687 | 104.879 |
Spesa competenze | |||||
accessorie 139.385 25.380 | 90.402 | 24.104 | 35.726 | 70.125 | |
Spesa complessiva | |||||
per retribuzioni 244.011 | 128.369 | 215.815 | 138.302 | 157.412 | 175.005 |
Retribuzione media 7.284.461 | 3.858.569 | 6.274.178 | 4.054.610 | 4.339.614 | 5.371.051 |
Dirigente I fascia 19.173.186 | 28.699.682 | 19.498.754 | 23.923.284 | 19.342.038 | 23.482.718 |
Dirigente II fascia 13.548.354 | 14.650.708 | 12.665.000 | 11.582.899 | 9.920.669 | 13.238.570 |
Dirigente medico 10.945.418 | 8.446.024 | 10.704.363 | 8.734.145 | 8.125.730 | 8.897.807 |
Prof.sti Legali 9.358.535 | 7.793.988 | 16.276.702 | 7.993.460 | 49.103.566 | 7.720.743 |
Altri Professionisti 9.105.297 | 7.320.350 | 8.768.134 | 7.152.799 | 9.885.729 | 7.753.565 |
Art. 00 00.000.000 | 0.000.000 | 00.000.000 | 0.000.000 | 0.000.000 | 00.000.000 |
Aree professionali 6.899.833 | 3.423.931 | 5.810.027 | 3.677.163 | 3.587.983 | 5.020.234 |
TABELLA C (SEGUE) SPESA PER RETRIBUZIONI 2002 | |||||
Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio | Unità in servizio |
al 31/07 | al 31/08 | al 30/09 | al 31/10 | al 30/11 | al 31/12 |
33.313 | 33.262 | 33.224 | 33.188 | 33.227 | 33.230 |
Unità omogeneizzate 32.552 | 32.466 | 32.577 | 32.527 | 32.403 | 32.711 |
AGOSTO | SETTEMBRE | OTTOBRE | NOVEMBRE | DICEMBRE | TOTALE |
(in milioni) | (in milioni) | (in milioni) | (in milioni) | (in milioni) | (in milioni) |
Spesa per | |||||
competenze fisse 105.111 | 104.949 | 106.001 | 105.169 | 104.328 | 1.405.302 |
Spesa | |||||
competenze accessorie 52.512 | 43.829 | 69.736 | 101.372 | 40.460 | 729.143 |
Spesa complessiva | |||||
per retribuzioni 157.623 | 148.777 | 175.737 | 206.542 | 144.787 | 2.127.808 |
Retribuzione media 4.829.239 | 4.573.503 | 5.378.620 | 6.347.487 | 4.469.048 | 64.157.383 |
Dirigente I fascia 19.011.150 | 20.732.839 | 18.906.401 | 89.713.154 | 23.334.997 | 346.366.257 |
Dirigente II fascia 10.199.157 | 13.170.862 | 11.296.225 | 32.816.687 | 12.209.750 | 189.192.546 |
Dirigente medico 8.363.101 | 16.415.681 | 8.895.870 | 12.036.501 | 8.409.875 | 126.804.048 |
Prof.sti Legali 27.059.070 | 18.839.407 | 6.994.554 | 18.518.791 | 40.349.129 | 223.437.764 |
Altri Professionisti 7.594.580 | 20.132.588 | 6.376.597 | 16.388.780 | 4.379.403 | 109.394.214 |
Art. 15 7.989.763 | 8.190.003 | 17.627.402 | 10.431.439 | 8.764.148 | 127.519.422 |
Aree professionali 4.343.342 | 3.856.689 | 4.971.721 | 5.401.726 | 3.793.130 | 57.288.533 |
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TABELLA D NUMERI INDICI UNITÀ IN SERVIZIO ANNO 2002 (GENNAIO = 100) | ||||||
GENNAIO | FEBBRAIO | MARZO | APRILE | MAGGIO | GIUGNO | |
100 | 99,66 | 99,42 | 99,37 | 98,99 | 98,72 | |
Dirigente I fascia | 100 | 100,00 | 100,00 | 100,00 | 112,90 | 112,90 |
Dirigente II fascia | 100 | 99,49 | 98,63 | 98,63 | 97,26 | 96,57 |
Dirigente medico | 100 | 99,41 | 99,11 | 99,70 | 99,56 | 99,11 |
Prof.sti Legali | 100 | 99,12 | 99,12 | 99,71 | 99,12 | 97,35 |
Altri Professionisti | 100 | 98,70 | 98,70 | 98,70 | 98,70 | 98,70 |
Art. 15 | 100 | 98,18 | 97,57 | 97,17 | 95,75 | 94,53 |
Aree professionali | 100 | 99,70 | 99,48 | 99,41 | 99,04 | 98,82 |
TABELLA D (SEGUE) NUMERI INDICI UNITÀ IN SERVIZIO ANNO 2002 (GENNAIO = 100) | ||||||
LUGLIO | AGOSTO | SETTEMBRE | OTTOBRE | NOVEMBRE | DICEMBRE | |
98,62 | 98,32 | 98,17 | 98,06 | 97,95 | 98,06 | |
Dirigente I fascia | 112,90 | 112,90 | 112,90 | 112,90 | 112,90 | 116,13 |
Dirigente II fascia | 96,91 | 95,88 | 95,54 | 95,54 | 95,37 | 94,34 |
Dirigente medico | 99,11 | 99,11 | 98,96 | 99,26 | 98,82 | 98,67 |
Prof.sti Legali | 96,18 | 94,71 | 94,41 | 94,12 | 93,53 | 93,53 |
Altri Professionisti | 98,70 | 98,05 | 98,05 | 98,05 | 102,60 | 105,84 |
Art. 15 | 93,93 | 93,32 | 92,91 | 92,91 | 91,50 | 91,30 |
Aree professionali | 98,73 | 98,45 | 98,31 | 98,18 | 98,09 | 98,22 |
TABELLA E RETRIBUZIONI MEDIE 2002 | |||
GEN. 2002 / DIC. 2001 | FEB. 02 / GEN. 02 | DIC. 02/GEN. 02 | |
QUALIFICA | Fisso Variab. Totale | Fisso Variab. Totale | Fisso Variab. Totale |
DIRIGENTE I FASCIA | -51,5% 59,9% -3,6% | -0,4% 0,8% 0,4% | 49,2% 11,4% 22,2% |
DIRIGENTE II FASCIA | 0,1% 10,9% 5,6% | 0,0% 48,9% 26,2% | 25,1% 3,8% 13,7% |
POSIZ. ECONOMICA C5 | 7,5% 8,2% 7,7% | 0,1% n.s. 76,5% | 3,0% 77,8% 20,9% |
POSIZ. ECONOMICA C4 | -0,9% -12,8% -3,7% | 0,3% n.s. 84,1% | 4,2% 53,5% 14,8% |
POSIZ. ECONOMICA C3 | 0,0% -9,3% -1,8% | 0,4% n.s. 97,5% | 3,9% 26,2% 8,0% |
POSIZ. ECONOMICA C2 | 2,0% -11,7% -0,1% | 0,0% n.s. 109,1% | 3,7% 33,2% 7,7% |
POSIZ. ECONOMICA C1 | -5,2% -47,3% -11,7% | 0,1% n.s. 83,6% | 4,9% 69,6% 10,8% |
POSIZ. ECONOMICA B3 | 3,2% -35,4% -4,5% | 0,2% n.s. 116,3% | 3,7% 50,9% 10,0% |
POSIZ. ECONOMICA B2 | -4,5% -36,9% -11,0% | 0,7% n.s. 116,3% | 4,8% 47,9% 10,9% |
POSIZ. ECONOMICA B1 | -3,7% 5,9% -2,4% | 1,2% n.s. 102,7% | 7,7% -20,9% 3,4% |
POSIZ. ECONOMICA A3 | 10,1% 70,2% 17,3% | -4,7% n.s. 117,4% | -0,6% 0,9% -0,3% |
POSIZ. ECONOMICA A2 | -0,9% -17,4% -2,8% | 0,3% n.s. 49,0% | 6,5% 42,3% 10,1% |
POSIZ. ECONOMICA A1 | 0,0% -16,3% -3,4% | 0,0% n.s. 129,1% | 8,0% -43,9% -1,5% |
Media Aree A B C | -0,1% -17,9% -3,4% | 0,1% n.s. 99,3% | 4,0% 39,6% 9,6% |
RETRIBUZIONE MEDIA | 1,0% -11,4% -1,6% | 0,1% n.s. 91,9% | 4,5% 74,7% 17,7% |
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I COSTI CONTRATTUALI: IL RUOLO DEGLI ATTORI ISTITUZIONALI
NEL MONITORAGGIO DELLA SPESA
PER IL PERSONALE
Il rafforzamento della fonte collettiva operato con la riforma del pubblico impiego ha definitivamente modificato gli assetti del mercato del lavoro pubblico, soppiantando la logica centralistica finalizzata al controllo
e contenimento della spesa attraverso la fonte normativa.
La valorizzazione dei controlli economico-finanziari appare oggi essenziale, al fine di perfezionare un sistema in grado di verificare gli equilibri della Finanza pubblica e stimolare processi di correzione delle regole.
A tal fine il legislatore ha introdotto – sin dal 1993 – alcuni meccanismi idonei a monitorare l’andamento dei rinnovi contrattuali.
Particolare attenzione è stata posta all’attività di programmazione economico-finanziaria allo scopo di delineare un chiaro e definito quadro di riferimento nazionale1. Specifiche previsioni sono dedicate agli incrementi contrattuali, con l’obiettivo di verificare, da un lato, la loro rispondenza alle scelte
di Xxxxxxx pubblica e Politica dei redditi, dall’altro, il rispetto
dei principi di crescita salariale previsti dall’Accordo del Luglio ’93
e l’andamento delle retribuzioni di fatto. Si percepisce così chiaramente che l’attività di monitoraggio opera con tre finalità: conoscitiva, analizzare la spesa reale derivante dai contratti; propositiva, permettere iniziative innovative, integrative o modificative delle norme vigenti, soprattutto qualora si verifichino scostamenti
rispetto agli stanziamenti; metodologica, con lo scopo di migliorare l’attività
di valutazione.
Le Amministrazioni e le competenze specifiche ad esse attribuite sono delineate dal D.Lgs. n. 165/2001 (Titolo III e V), che pone, al centro
dell’attività di controllo e monitoraggio degli oneri finanziari derivanti dall’attuazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, il Ministero dell’Economia e Finanze – Ragioneria Generale dello Stato, l’ARAN e la Corte dei conti2, con chiari compiti tra loro complementari e sinergici finalizzati
a realizzare la più efficace rilevazione del costo del lavoro.
Il Ministero dell’Economia e Finanze – Ragioneria Generale dello Stato, deputato ad elaborare e redigere
il Conto annuale e la Relazione
sulla gestione, riceve dalle Amministrazioni pubbliche, per conto della Corte
dei conti ed entro il mese di maggio, la rilevazione della consistenza
del personale, in servizio ed in quiescenza, e le relative spese al lordo degli oneri previdenziali, nonché i risultati della gestione con riferimento agli obiettivi. Copia di detto documento è trasmesso alla Corte dei conti che ai sensi
del comma 4 dell’art. 60, riferisce annualmente al Parlamento
sulla gestione delle risorse finanziarie
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destinate al personale del settore pubblico.
L’ARAN, istituita con il compito di svolgere l’attività relativa
alla negoziazione e definizione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro per conto di tutte
le pubbliche Amministrazioni, svolge i suoi compiti istituzionali nel rispetto degli atti d’indirizzo dei Comitati
di settore e nei limiti di spesa imposti dalla Legge Finanziaria3.
Nel contrattare gli istituti alla base
del rapporto di lavoro, l’ARAN è tenuta alla verifica e alla stima degli eventuali oneri derivanti dagli stessi.
A tal fine, siglata l’Ipotesi di accordo, l’ARAN predispone una relazione tecnica, contenente numerosi elementi:
✓ la completa illustrazione della metodologia utilizzata e le fonti di riferimento;
✓ l’evoluzione delle trattative e delle direttive d’indirizzo;
✓ l’indicazione della previsione della crescita retributiva;
✓ le disponibilità finanziarie;
✓ l’analisi dei singoli articoli
con la valutazione dei relativi costi;
✓ la copertura complessiva derivante dall’ipotesi;
✓ il suo impatto sulla spesa complessiva per le retribuzioni dei pubblici dipendenti.
Sulla base dei prospetti redatti dall’ARAN, la Corte dei conti provvede alla certificazione della compatibilità dei costi contrattuali con gli strumenti di programmazione e di bilancio indicati dalla Legge di riforma della Contabilità generale dello Stato.
La competenza attribuita alla Corte è di natura diversa da quella consueta di giudice della legittimità.
In tale contesto il ruolo rivestito è molto più ampio del classico controllo contabile costituzionalmente previsto. La verifica è effettuata ex ante, dunque prima che il CCNL produca i suoi effetti e non è finalizzata a creare la certezza legale dei dati finanziari, ma
la congruità delle stime e la razionalità della metodologia utilizzata.
Per giungere alla certificazione dei costi contrattuali, la Corte effettua una serie di valutazioni seguendo diversi criteri, desumibili dalla ormai consolidata giurisprudenza delle Sezioni riunite
in sede di controllo4.
Propedeutica all’analisi della compatibilità, è svolta la valutazione dell’attendibilità dei costi contrattuali.
Con tale accezione la Corte intende l’accertamento della congruità delle stime elaborate nella relazione tecnica, ossia un corretto calcolo degli oneri con l’esplicitazione degli elementi
di base utili (dati, fonti e riferimenti normativi) e del metodo
di quantificazione adottato.
In merito, l’ARAN fornisce documenti completi e di semplice lettura, ancorché ricchi di informazioni analitiche, utilizzando dati più aggiornati, compatibilmente con l’ufficialità degli stessi, nonché effettuando elaborazioni volte
a stimare la dinamica degli oneri derivanti dagli istituti contrattuali. Svolto l’accertamento dell’attendibilità dei costi, la Corte analizza
la compatibilità degli stessi con gli strumenti finanziari5.
Le considerazioni enunciate dall’Organo di controllo in tale sede sono senza dubbio di più ampia portata, pur se riconducibili a due criteri fondamentali di verifica volti a valutare la compatibilità finanziaria ed economica. La compatibilità finanziaria ha come obiettivo la valutazione della copertura dei costi contrattuali, ossia
la rispondenza di questi con i vincoli di bilancio, al fine di individuare
le risorse reali necessarie per fronteggiare i futuri oneri.
In ordine a ciò, la Corte trova un valido riferimento nella Legge Finanziaria, dove è indicato il limite massimo
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di spesa per i rinnovi contrattuali delle Amministrazioni statali, mentre per
il settore pubblico i costi sono a carico dei rispettivi bilanci ed in coerenza con i medesimi parametri dei comparti statali6.
Per il settore pubblico, la Corte ha più diffusamente deliberato affermando che la sostenibilità degli oneri finanziari deve sottendere un’analitica esposizione dei trasferimenti dal Bilancio dello Stato ed una verifica della capacità di bilancio delle Amministrazioni, con idonea dimostrazione della copertura attestata dai Comitati di settore7.
La compatibilità economica consiste, invece, nell’esaminare il rispetto
dei parametri indicati nei Documenti di programmazione economico- finanziaria e negli Accordi sulla politica dei redditi. Essa corrisponde, dunque, all’attività di verifica della dinamica retributiva generata dal CCNL,
con i dati di Contabilità nazionale
e con le grandezze macroeconomiche assunte a base della politica economica della Nazione, al fine di dimostrarne
la coerenza degli andamenti.
In tal senso l’ARAN ha ampliato
le proprie relazioni tecniche al fine
di mostrare come gli oneri contrattuali rispettino gli obiettivi di Xxxxxxx pubblica, dando contezza:
✓ dell’andamento inflattivo programmato e reale;
✓ dei principali saldi del conto economico delle AA.PP. (Indebitamento netto, Avanzo primario) sia in termini assoluti che in ragione del PIL;
✓ del rapporto tra i redditi da lavoro dipendente e il PIL;
✓ del peso del personale contrattualizzato sulla spesa per retribuzioni;
✓ dell’incidenza del singolo contratto in termini di variazione della massa complessiva.
La Corte dei conti è chiaramente chiamata a svolgere un compito molto delicato, che non si concretizza
in una mera operazione di riscontro contabile, ma anzi prelude
ad un complesso lavoro d’analisi sulle numerose informazioni fornite dall’ARAN.
Il tentativo di circoscrivere la definizione di tale tipologia di controllo non è certamente facile.
La specificità e la molteplicità
dei contenuti contrattuali spingono la Corte a modificare i propri
orientamenti, a richiedere chiarimenti o formulare osservazioni.
La reciproca collaborazione e il dialogo aperto, derivante dall’iter della certificazione, è di fondamentale importanza. L’ARAN può acquisire valide indicazioni, mentre la Corte può conoscere l’evoluzione dei processi negoziali alla base delle norme contrattuali.
Di recente il Governo ha ampliato le proprie competenze in sede d’indirizzo, rendendo più stringenti le verifiche ante certificazione.
Infatti, la Finanziaria 2002 e le disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione8 introducono nuove regole per la verifica dei costi contrattuali nei comparti del Settore pubblico9, nonché per la compatibilità della spesa per la contrattazione integrativa.
Si sono così ripristinati i criteri più severi, già adottati nel quadriennio contrattuale ‘94-‘97, con i quali
le Amministrazioni del settore pubblico sono soggette alla verifica degli oneri contrattuali da parte del Ministero dell’Economia, attività peraltro sempre svolta per il settore statale.
In tale fase il dicastero analizza i contenuti della relazione tecnica redatta dall’ARAN, esprimendo le proprie valutazioni ed osservazioni.
Il parere è di supporto tecnico
al Comitato di settore ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, che si esprime attraverso il Ministro della Funzione pubblica, previa delibera
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del Consiglio. Il controllo prevede che l’Organo esecutivo esamini, insieme al Comitato di settore, la coerenza dell’Ipotesi di accordo con gli atti
di indirizzo generali e specifici
di comparto ed in caso di divergenze nella valutazione degli oneri,
il Comitato può tuttavia disporre
di dare corso all’Ipotesi, con l’impegno della totale copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni
e l’esclusione dello Stato da qualsiasi forma di partecipazione alla spesa, oggetto d’osservazioni.
Ciò coincide, senza dubbio, ad un recupero di centralismo decisionale
a svantaggio dell’autonomia dei Comitati di settore, e quindi degli Enti da essi rappresentati, ma d’altro canto non sembra essere così pressante da comprimere le loro libertà né, tanto meno, privarli della facoltà di porre scelte diversificate con riguardo
alla specificità del proprio comparto. Ancora la Finanziaria 2002 vincola le Amministrazioni, congiuntamente ai Comitati di settore ed al Governo,
a procedere a verifiche in merito alle implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa.
A tal fine, gli organi di controllo interno alle Amministrazioni, sono tenuti
ad inviare, annualmente, specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa al Ministero dell’Economia, che d’intesa con il Ministero
della Funzione pubblica opererà i controlli e le rilevazioni.
Qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con
i rispettivi vincoli di bilancio, si applica la disposizione dell’art. 40 c.3, per cui le clausole difformi sono nulle
e non possono essere applicate.
Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx
Servizio Studi ARAN
1 Il D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 modificato ed integrato da numerosi provvedimenti legislativi è stato abrogato dal D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165.
2 È da ricordare ad esempio la L. 208/1999, che ha
previsto la redazione del DPEF con l’utilizzo di parametri economici essenziali e previsioni tendenziali basate sulla “legislazione vigente” e non più sul criterio delle “politiche invariate”.
3 Art. 61 D.Lgs. n.165
4 Art. 3 D.P.R. 20.2.1998 n. 38 e Artt. 58-61 D.Lgs. n.
165.
5 Art. 46 c.3 D.Lgs. n. 165 con il rapporto trimestrale sull’evoluzione delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti e con la quantificazione dei costi contrattuali prevista dall’art. 47 c.4 e art. 48 c.3.
6 Art. 48 c.7 D.Lgs. n. 165 con la verifica
periodicamente gli andamenti della spesa del personale delle pubbliche amministrazioni a livello regionale e con la certificazione prevista dall’art. 47 c.4-7 .
7 Indica il limite massimo di spesa per il rinnovo
dei CCNL per il personale del Settore statale: Ministeri, Aziende autonome dello Stato, Scuola, Area I e Area V. La quantificazione è effettuata dal Ministero dell’Economia e Finanze, nel rispetto dei parametri previsti dagli strumenti di programmazione e bilancio di cui all’art. 1 bis L. 468/78 (Legge di riforma della Contabilità generale dello Stato).
8 In merito sono da ricordare le deliberazioni n.
17/98, 13/99,14/99,18/99,4/00,12/00,23/00, 26/01 e
numerose altre.
9 Gli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio sono indicati nella Legge sulla Contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (art. 1 bis L. 5 agosto 1978 n. 468): DPEF, bilancio annuale e pluriennale a legislazione vigente, d.l. finanziaria, relazione revisionale e programmatica, bilancio pluriennale programmatico, d.l. collegati alla manovra di finanza pubblica.
10 Art. 48 c.1, 2 D. Lgs. n. 165.
11 Mediante analisi, dati statistici, elaborazioni e proiezioni sui bilanci.
12 L’art. 17 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 ha
introdotto l’art. 40 bis, successivamente modificato dall’art. 14 della L. 16 gennaio 2003 n. 3, ed aggiunto un periodo al 3° comma dell’art. 47 del D.Lgs. 165/01.
13 Si tratta dei comparti: Regioni ed Autonomie
locali, Sanità, Enti pubblici non economici, Ricerca, Segretari comunali, Università, Enti art. 70 del D.Lgs. n. 165.
MARZO APRILE 2003
OSSERVATORIO
ARAN DI
GIURISPRUDENZA
di Xxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxx
L’acquisizione di informazioni sistematiche sull’andamento del
contenzioso del lavoro pubblico è stata un’esigenza particolarmente
sentita dall’ARAN, fin dall’inizio della sua attività. Tale esigenza portò
alla costituzione – nel 1997 – di un “Osservatorio di giurisprudenza”
con il compito di “massimare” ed ordinare i provvedimenti
giurisdizionali di maggior interesse o rilievo sui temi inerenti l’attività
dell’ARAN (principalmente rapporto di lavoro, rappresentatività
sindacale e relazioni sindacali), fornendo in tal modo un’adeguata
conoscenza degli orientamenti emersi in sede processuale, a seguito
della prima fase della privatizzazione del pubblico impiego, inaugurata
dal D.Lgs. n. 29/93. A distanza di qualche anno, l’Osservatorio di
giurisprudenza-ARAN costituisce oggi un significativo contenitore di
oltre 130 massime, riguardanti, non solo le decisioni assunte in
controversie in cui l’ARAN risulta direttamente coinvolta, ma anche le
decisioni più significative raccolte dall’Agenzia nell’ambito dell’attività
di monitoraggio del contenzioso o segnalate dalle Amministrazioni
rappresentate. Le massime sono state costantemente pubblicate su
questa Rivista in una forma che, in linea con il carattere divulgativo ed
informativo della “newsletter”, non si limita alla stretta enunciazione
del principio giurisprudenziale, ma ne contiene un’ampia
esplicitazione tesa a porre in particolare rilievo i contenuti della
motivazione.
La pubblicazione d’insieme del lavoro dell’Osservatorio, in forma di
inserto della Rivista, è finalizzata a facilitare la consultazione della
giurisprudenza, in quanto tutta la raccolta sarà disponibile in due
sezioni. Il sistema di classificazione dell’Osservatorio – definito anche
al fine di informatizzare la raccolta - comprende infatti un primo livello
in cui le massime sono suddivise sulla base di questioni emergenti e
un secondo livello in cui risultano suddivise “per oggetto o
argomento”.
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II
numero 2 • marzo/aprile 2003
numero 2 • marzo/aprile 2003
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1. QUESTIONI DI COSTITUZIONALITÀ
PRIVATIZZAZIONE
DEL RAPPORTO DI LAVORO NEL PUBBLICO IMPIEGO
Corte Costituzionale
Sentenza del 14 ottobre 1997 n. 309;
Art. 2, comma 1, lett. a, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e art. 2, commi 2 e 3, e art. 4, comma 1, seconda parte, del D.Lgs. n. 29/93 in relazione all’art. 97 Cost.; incompatibilità tra il pubblico impiego e il modulo strutturale del lavoro subordinato privato; questione di costituzionalità infondata;
E’ infondata la questione di costituzionalità dell’ art. 2, comma 1, lett. a, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dell’art. art. 2, commi 2 e 3, e art. 4, comma 1, seconda parte, del D.Lgs. n. 29/93 in relazione all’art. 97 Cost. in quanto l’evoluzione legislativa, avviata dalle leggi 142/90 e 241/90, e proseguita dalla legge delega n. 421/92 e dal decreto delegato 29/93, nonché dalle leggi n. 59 e 127 del 1997, è finalizzata a disegnare un processo globale di riforma e testimonia la volontà del legislatore di attuare interventi diretti ad incidere anche sul quadro strutturale, accentuando progressivamente la distinzione tra aspetto organizzativo della pubblica amministrazione e rapporto di lavoro con i propri dipendenti.
Il modello del pubblico impiego che scaturisce dal nuovo assetto delle fonti, nel quale l’organizzazione resta necessariamente disciplinata dalla legge e dalla potestà amministrativa mentre il rapporto di lavoro dei dipendenti abbandona il tradizionale statuto integralmente pubblicistico, non imposto dall’art. 97 cost., e viene attratto nell’orbita della disciplina civilistica per tutti quei profili che non sono connessi al momento esclusivamente pubblico dell’azione amministrativa, garantisce, senza pregiudizio dell’imparzialità, anche il valore dell’efficienza contenuta nel precetto costituzionale, assicurando il contenuto della prestazione in termini di produttività e di flessibilità.
PRIVATIZZAZIONE DELLA DIRIGENZA PUBBLICA
Corte Costituzionale
Sentenza 18 luglio 1996 n. 313;
Pubblico impiego; contrattualizzazione della dirigenza ai sensi del d. lgs. n. 29/93; questione di costituzionalità infondata;
E’ infondata, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la questione di costituzionalità degli artt. 2, comma 1, lett. a, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dell’art. art. 2, commi 2 e 4, e art. 4, 16, 17, 20, comma 1, del D.Lgs. n. 29/93. La disciplina della dirigenza non può
III
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essere avulsa dal complessivo sistema instaurato con la riforma per isolare il solo aspetto della diversità di regimi giuridici cui sono assoggettati i dirigenti generali, da un lato, e gli altri dirigenti, dall’altro.
La diversificazione del regime del rapporto tra dirigenti generali non contrattualizzati e dirigenti contrattualizzati, con duplicazione della relativa fonte,
attuata da D.Lgs. n. 29/93, non rappresenta, infatti, di per sé, un pregiudizio per l’imparzialità di tale categoria di dipendenti pubblici, posto che per questi non vi è, come accade per i magistrati, una garanzia costituzionale
di autonomia da attuarsi necessariamente con legge.
Il valore dell’imparzialità, non deve essere garantito necessariamente nelle forme dello statuto pubblicistico del dipendente, ben potendo trovare attuazione
in un equilibrato dosaggio di fonti regolatrici che colgano l’aspetto dinamico- funzionale dell’attuale collocazione della dirigenza, assicurando anche i valori dell’efficienza e del buon andamento della pubblica amministrazione.
ASSETTO ISTITUZIONALE DELL’ARAN E RAPPRESENTANZA
DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO
numero 2 • marzo/aprile 2003
Corte Costituzionale
Sentenza 30 luglio 1993 n. 359;
Privatizzazione del rapporto di pubblico impiego; rappresentanza della parte pubblica nel procedimento di contrattazione collettiva;
E’ infondata la questione di costituzionalità, con riferimento agli articoli 39, 76, e 97 Cost., dell’art. 2, comma 1, lett. b), legge 23 ottobre 1992 n. 421,
nella parte in cui prevede, per la rappresentanza di parte pubblica nel procedimento di contrattazione collettiva, un organismo unitario sottoposto alla vigilanza
ed operante in conformità alle direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. La procedura prevista dal D.Lgs. n. 29/93, riducendo lo spazio riservato alla legge regionale ed eliminando la fase normativa del recepimento degli accordi
già prevista dalla legge n. 93 del 1983, limita notevolmente l’ambito d’intervento consentito alle regioni a statuto ordinario dall’art. 117 cost., in tema di disciplina
dei propri rapporti di lavoro e di impiego. Sono pertanto illegittimi, con riferimento all’art. 117 Cost., gli artt. 45, 7° e 8° comma, 47, 49, 2° comma, 50, 2°, 3°, 4°, 8° e 10° comma, 51, 1° comma del D.Lgs. n. 29/93, nella parte in cui disciplinano
la contrattazione nazionale relativa ai rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle regioni a statuto ordinario e degli enti regionali,
senza garantirne una effettiva partecipazione nella fase della formazione e della sottoscrizione dei contratti collettivi.
Quindi la scelta operata dal legislatore, sia in tema di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego che in tema di affidamento in esclusiva dell’attività di contrattazione ad un unico organismo tecnico, è legittima ma deve comprendere soluzioni organizzative e procedurali in grado
di garantire una partecipazione effettiva dei soggetti regionali,
sia nella fase di formazione, sia in quella si sottoscrizione dei contratti collettivi.
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numero 2 • marzo/aprile 2003
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PROCEDURE DI RIQUALIFICAZIONE DEL PERSONALE
Corte Costituzionale,
Sentenza 4 gennaio 1999, n. 1
(Presidente: Xxxxxxx; Estensore: Ruperto); Ministero delle finanze (Avvocatura generale dello Stato) c/ Confedir e Dirstat Finanze (Avv. Xxxxxx); interventi: Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato); giudice rimettente: Consiglio di Stato, ordinanza 5 maggio 1998;
Confronta: Corte Cost., sentenze n. 477/95 - 314/94 - 309/97 - 479/95 - 333/93 - 453/90
Pubblico impiego; Ministero delle Finanze; procedure di riqualificazione del personale; accesso alla settima qualifica funzionale; incostituzionalità;
modalità di accesso al pubblico impiego; regola generale del concorso pubblico; concorso interno; ambito di ammissibilità;
esperienza all’interno dell’amministrazione; valutazione ai fini dell’ammissione al concorso.
Rif. normativi: articoli 51, 97, 98 della Costituzione - art. 3, commi 205, 206, 207,
legge 549/95 - art. 6, comma 6 bis, decreto legge n 30/97 - decreto legislativo n. 29/93 - decreto legge n. 669/96 - D.P.R. n. 1219/84.
• E’ incostituzionale l’art. 3, commi 205, 206, 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall’art. 6, comma 0 xxx, xxx xxxxxxx legge 31 dicembre 1997, n. 30, limitatamente alle procedure di riqualificazione per l’accesso alla settima qualifica funzionale per contrasto con l’art. 97, commi 1 e 3, della Costituzione in quanto tale normativa, realizzando, tramite corsi di riqualificazione del personale, una sorta
di globale scivolamento verso l’alto di tutta l’amministrazione finanziaria, contraddice totalmente i principi della c.d. privatizzazione del pubblico impiego i quali intendono garantire, senza pregiudizio dell’imparzialità, anche il valore dell’efficienza, che esige di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività e di flessibilità, e il valore della razionalizzazione amministrativa che collega funzionalmente
la materia delle assunzioni e della progressione nelle qualifiche con la definizione delle piante organiche e la verifica dei carichi di lavoro.
• In un ordinamento democratico, il concorso pubblico costituisce il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare una funzione pubblica in condizioni di imparzialità e al servizio esclusivo della Nazione in quanto
la selezione tecnica e neutrale dei concorrenti assicura la partecipazione dei cittadini all’impiego pubblico in condizioni di uguaglianza e il reclutamento
dei più capaci di essi.
• La previsione di meccanismi selettivi esclusivamente interni ad un dato apparato amministrativo, in sostituzione del concorso pubblico, ove non sia giustificata dall’esigenza di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione
o di attuare altri principi di rilievo costituzionale, che assumano importanza per la peculiarità degli uffici, reintroducendo surrettiziamente il modello delle carriere nell’attuale disciplina del pubblico impiego che ne prevede
il superamento, non trova giustificazione alla luce dei principi generali dell’efficienza e del buon andamento della pubblica amministrazione.
• Il possesso di una precedente esperienza nell’ambito dell’amministrazione può costituire un requisito di accesso al concorso solo ove si configuri come requisito professionale.
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Corte Costituzionale, sentenza 16 maggio 2002, n. 194 (Presidente: Xxxxxxx; Estensore: Capotasti; giudice rimettente: TAR Lazio, ordinanza 18 ottobre 2000; Confedir e Dirstat Finanze (Avv. Xxxxxx) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri (Avvocatura generale dello Stato);
Cfr: Corte Cost., sentenze n. 1/99 - 477/95 – 314/94 – 309/97 – 479/95 – 333/93 – 453/90 Pubblico impiego; Ministero delle Finanze; procedure di riqualificazione del personale; riserva del 70% dei posti disponibili; anzianità di servizio; valutazione abnorme; prove selettive; genericità; illegittimità costituzionale; sussiste;
E’ incostituzionale l’art. 3, commi 205, 206, 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall’art. 22, comma 1, lett. a) b) e c) della legge 13 maggio 1999,
n. 133 per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 cost. nella parte in cui, riservando il 70% dei posti disponibili in pianta organica alle procedure di riqualificazione senza che peraltro sia contestualmente bandito il concorso pubblico per il restante 30%
dei posti non rispetta la regola del concorso pubblico quale metodo migliore per assicurare la partecipazione dei cittadini all’impiego pubblico in condizioni
di uguaglianza e il reclutamento dei più capaci di essi, non essendo altresì
le procedure di riqualificazione medesime organizzate in modo tale da consentire comunque una seria verifica delle professionalità richieste, sia per la genericità dei contenuti della prova scritta di ammissione al corso, sia per la valutazione
del tutto abnorme del requisito dell’anzianità di servizio cosicché non possa essere esclusa una sorta di scivolamento generalizzato del personale nella qualifica superiore.
numero 2 • marzo/aprile 2003
EFFICACIA “ERGA OMNES”
DEI CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO NEL PUBBLICO IMPIEGO
Corte Costituzionale
Sentenza 14 ottobre 1997 n. 309;
Artt. 2, commi 2 e 3, 4, comma 1, seconda parte, 45, commi 2, 7 e 9, 49, comma 2 del D.Lgs. n. 29/93 in relazione all’art. 39, comma 4 Cost.; impossibilità da parte del legislatore di prevedere un’efficacia “erga omnes” dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego; questione di costituzionalità infondata;
E’ infondata la questione di costituzionalità degli artt. 2, commi 2 e 3, 4, comma 1,
seconda parte, 45, commi 2, 7 e 9, 49, comma 2 del D.Lgs. n. 29/93 in relazione all’art. 39, comma 4 Cost. poiché l’applicazione del contratto collettivo di lavoro, stipulato ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. n. 29/93, non deriva, da una generalizzata previsione di obbligatorietà, violativa del meccanismo previsto dall’art. 39 Cost., ma deriva, da un lato, dal dovere gravante sulle pubbliche amministrazioni, tutte rappresentate, nella contrattazione collettiva, dall’ARAN, di conformarsi, ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs n. 29/93, agli impegni assunti in sede negoziale. La forza cogente del contratto collettivo costituisce la premessa per realizzare la garanzia della parità di trattamento sancita dall’art. 49, comma 2, del D.Lgs. n. 29/93 e d’inderogabilità dei livelli minimi fissati dai contratti collettivi. Sul versante della posizione soggettiva del dipendente pubblico, invece, l’applicazione del contratto collettivo nei suoi confronti deriva dal rinvio alla disciplina collettiva contenuto nel contratto individuale di lavoro, per effetto del quale il contratto collettivo diviene impegnativo per tutti i dipendenti. In altri termini, la prestazione e le condizioni contrattuali della stessa trovano la loro origine, non già in una formale investitura, bensì nell’avere il singolo dipendente accettato che il rapporto di lavoro si instauri (o prosegua) secondo regole definite, almeno in parte, nella sede della contrattazione collettiva.
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RAPPRESENTATIVITÀ DELLE CONFEDERAZIONI
E DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI
Corte Cost.; sentenza del 22 novembre 1995 n. 244;
Rappresentatività del sindacato a livello aziendale ex art. 19 legge 20 maggio 1970
n. 300, così come modificato dal referendum abrogativo dell’art. 47 del D.Lgs. n. 29/93 e dell’art. 19, lett. a, legge 20 maggio 1970 n. 300, della indetto con DPR 5 aprile 1995; questione di costituzionalità infondata;
Secondo l’art. 19 della legge 20 maggio 1970 n. 300, pur nella sua versione risultante dalla prova referendaria, la rappresentatività del sindacato non deriva
da un riconoscimento del datore di lavoro, espresso in forma pattizia, ma è
una qualità attribuita dalla legge alle associazioni sindacali che abbiano stipulato contratti collettivi (nazionali, locali o aziendali) applicati nell’unità produttiva.
L’esigenza di oggettività del criterio legale di selezione comporta un’interpretazione rigorosa della fattispecie dell’art. 19, tale da far coincidere il criterio con la capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro, direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale. Non è perciò sufficiente la mera adesione formale ad un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione di un contratto che abbia carattere normativo, regolando in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale, di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva.
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Corte Cost.; sentenza 4 dicembre 1995 n. 492;
Criterio della maggiore rappresentatività successivamente al referendum abrogativo dell’art. 47 del D. lgs. n. 29/93 e dell’art. 19, lett. a, legge 20 maggio 1970 n. 300,
della indetto con DPR 5 aprile 1995; illegittimità costituzionale dell’art. 1 legge reg. Campania 2 agosto 1982, n. 41;
Pur se l’espressione “confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale” di cui alla disposizione dell’art. 19, lett. a, legge n. 300/70, è stata abrogata dal DPR n. 312 del 1995 in esito al referendum indetto con DPR 5 aprile 1995, il criterio del grado di rappresentatività continua ad avere la sua rilevanza in forza dell’altro indice previsto dalla stessa norma, e precisamente di quello che fa riferimento
alle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva.
Viene così valorizzata l’effettività dell’azione sindacale - desumibile
dalla partecipazione alla formazione della normativa contrattuale collettiva - quale presunzione di detta “maggiore rappresentatività”. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riguardo alle rappresentanze sindacali nel pubblico impiego
(art. 47 nel testo risultante dal D.Lgs. n. 546/93), pur considerando gli effetti del referendum indetto con il citato DPR 5 aprile 1995.
Il meccanismo di selezione delle associazioni legittimate, imperniato sul concetto
di maggiore rappresentatività del sindacato, deve operare in modo tale da assicurare ad ogni associazione di categoria la possibilità di essere comparata con le altre, senza cristallizzare una valutazione che deve rimanere fluida, atteso che
la rappresentatività è per sua natura soggetta a variazioni, sia in aumento che in diminuzione; per cui non pare consentito perpetuare una situazione
che deve invece essere considerata contingente.
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COSTITUZIONE
DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE (RSU)
Tribunale di Roma, sezione lavoro, sentenza 5 novembre 1999- SNALS (Sindacato Nazionale Autonomo lavoratori della Scuola) (avv. Rienzi, Xxxx, Viti e Marenghi)
c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione pubblica - Ministero della Pubblica Istruzione - ARAN (Avv. Generale Stato)
Sindacati - Impiego pubblico - Questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 4 e 6 l. n. 59/1997, degli artt. 47 e 47 bis D.Lgs. n. 29/1993 e dell’art. 8, comma 1, lett. h), D.Lgs. n. 396/ 1997 , nella parte in cui prevedono la costituzione delle RSU nel comparto Scuola per contrasto con gli artt. 33, 34, 39, 76, 77 e 97 Cost. - Infondatezza della questione di costituzionalità.
Sindacati - Impiego pubblico - Nullità dell’Accordo collettivo nazionale del 7.8.1998 relativo alla costituzione delle RSU per contrasto con precetti costituzionali -
Non sussiste - Fattispecie - Obbligo di rinunciare alla costituzione di RSA per chi ha aderito alle RSU .
Non violano i precetti costituzionali di cui agli artt. 33, 34, 39, 76, 77 e 97 Cost.,
le norme degli artt. 11, commi 4 e 6 legge n. 59/97, degli artt. 47 e 47 bis del D.Lgs.
n. 29/93 e dell’art. 8, comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 396/97 , nella parte in cui prevedono la costituzione delle RSU nel comparto Scuola, in quanto, in particolare:
a) in relazione all’art. 39 Cost., rispetto al quale si lamenta l’imposizione ai sindacati di un modello di organizzazione diverso da quello ivi previsto del sindacato registrato, costituisce giurisprudenza costituzionale l’interpretazione della norma dell’art. 39 nel senso che il modello del sindacato registrato non sia esclusivo
e che pertanto sia consentito al legislatore, come avvenuto per le norme relative alla costituzione delle RSU nel pubblico impiego, di adottare criteri selettivi
e organizzativi che si ritengano più appropriati al fine di individuare i sindacati ammessi a legittimare nel proprio ambito organismi di rappresentanza aziendale; inoltre l’art. 47 del D.Lgs. n. 29/93 non prevede una struttura rigida e neppure necessaria della rappresentanza, in quanto demanda ai sindacati il compito di definire la composizione delle RSU e di individuare le modalità di elezione, ponendo limiti solo a difesa della libertà e pluralità sindacale; inoltre l’art. 47 bis del decreto prevede un meccanismo di ammissione alle trattative contrattuali che non costringe affatto
il sindacato a partecipare alle elezioni, vista la presenza del riferimento al dato “associativo”; lo stesso, infine, deve dirsi per l’attribuzione in via esclusiva alle RSU dei diritti di informazione e partecipazione sindacale, in quanto l’art. 47, comma 7, si limita a consentire tale possibilità alle parti sindacali e in ogni caso la previsione rientra nella legittima determinazione del legislatore di adottare criteri selettivi
ed organizzativi, dovendo escludersi che i diritti di informazione e partecipazione rientrino nel concetto di libertà sindacale generale e debbano dunque essere garantiti a tutti i sindacati; b) in relazione all’art. 3 Cost. nessun profilo
di incostituzionalità può esse rilevato in relazione al adozione del dato elettorale quale indice di rappresentatività, in quanto tutti i sindacati si trovano nella medesima situazione giuridica; c) in relazione alle norme costituzionali relative all’autonomia scolastica e alla libertà di insegnamento, deve essere esclusa in ordine alla normativa sulle RSU qualsiasi particolarità del comparto scuola, non potendosi parlare
di duplicato degli organi collegiali, che hanno funzioni e composizione diverse
(ad esempio la partecipazione in seno ad essi di genitori e studenti); d) in relazione agli artt. 76 e 77 Cost., non vi è alcuna violazione in quanto nessun riferimento
alle RSU è operato dalle legge delega (art. 11, comma 4 legge n. 59/1997) neppure ove rinvia ai criteri direttivi di cui all’art. 2 l. n. 421/1992, in quanto costituisce
VIII
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giurisprudenza costituzionale il principio per cui la determinazione dei principi e criteri direttivi di cui all’art. 76 Cost. può avvenire anche “per relationem”,
con riferimento ad altri atti normativi, purché sufficientemente specifici: ne deriva che il richiamo da parte dell’art. 11, comma 4 legge n. 59/1997 ai criteri direttivi di cui all’art. 2 legge n. 421/1992 non è affatto generico, perché tra i principi di cui
alla precedente legge delega è da annoverarsi anche quello della definizione di “criteri di rappresentatività ai fini dei diritti sindacali e della contrattazione compatibili con le norme costituzionali” (punto b).
Non può essere dichiarata la nullità dell’accordo del 7.8.1998 sulle RSU nel pubblico impiego nella parte in cui prevede l’obbligo di rinunciare alla costituzione delle RSA per chi ha aderito alle RSU, in relazione alla violazione di norme costituzionali,
in quanto tale obbligo è previsto appunto nell’accordo collettivo e non nelle norme di legge di cui si eccepisce l’illegittimità costituzionale; né è possibile dichiarare
la nullità di un accordo sindacale perché illogico o irragionevole.
LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ACCERTAMENTO PREGIUDIZIALE
DELLA VALIDITÀ, EFFICACIA ED INTERPRETAZIONE DEI CONTRATTI COLLETTIVI
DI LAVORO PUBBLICO
numero 2 • marzo/aprile 2003
Tribunale di Treviso, sezione lavoro; ordinanza 30 ottobre 2001;
Lubelli ed altri c/ Ministero dei Trasporti e della navigazione (165/2000 R.G.)
Pubblico impiego; contrattazione collettiva; accertamento pregiudiziale; efficacia vincolante e retroattiva dell’accordo; contrarietà con artt. 24 e 39 cost.;
rilevanza e non manifesta infondatezza;
E’ rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 24 e 39 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 64, comma 2, e 49 del D.Lgs. n. 165/2001 nella parte in cui, attribuendo all’accordo pregiudiziale tra ARAN e Associazioni sindacali illimitata efficacia retroattiva e vincolante nel giudizio, impediscono al giudice di pronunciarsi in modo difforme dalle parti negoziali circa la validità e l’efficacia di una clausola contrattuale e prospettano un congegno di rappresentanza ex lege dei lavoratori pubblici da parte dei sindacati firmatari dei contratti collettivi.
COLLOCAMENTO A RIPOSO DEI DIRIGENTI
GENERALI DELLO STATO
Corte Costituzionale
Sentenza 16 maggio 2002, n. 193; Presidente: Xxxxxxx; Redattore: Xxxxxxx; Giudice rimettente: Consiglio di Stato, ordinanze n. 449 e 450 del 2001; Interventi: Presidente del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato)
Pubblico impiego; Dirigenti generali dello Stato ed equiparati; responsabilità dirigenziale; immediato collocamento a riposo; illegittimità costituzionale per contrasto con i criteri direttivi della legge delega; sussiste
E’ illegittimo l’art. 20, comma 9, ultimo periodo, del X.Xxx. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall’art. 6 del X.Xxx. 18 novembre 1993, n. 470 per contrasto con gli artt.
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76 e 77 cost. nella parte in cui prevede, in caso di responsabilità particolarmente grave e reiterata del dirigente generale dello Stato, l’immediato collocamento a disposizione dello stesso, non potendo il legislatore delegato prevedere tale facoltà senza il previo passaggio attraverso il periodo di messa a disposizione, che costituisce, secondo
i principi della legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, una imprescindibile garanzia per il dipendente di essere posto nella possibilità di cercare ed ottenere una diversa utilizzazione, anche in differente posizione di ufficio e di amministrazione.
2. QUESTIONI DI GIURISDIZIONE
DEVOLUZIONE AL GIUDICE ORDINARIO DELLE CONTROVERSIE
SUI RAPPORTI DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
numero 2 • marzo/aprile 2003
Consiglio di Stato,
Ad. Gen.; parere del 31 agosto 1992;
Art. 2 del disegno di legge concernente “Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego,
di previdenza e di finanza territoriale”; giurisdizione in materia di pubblico impiego; devoluzione al g.o.; legittimità ed opportunità della scelta;
• La sottrazione delle controversie di pubblico impiego al giudice amministrativo incontra diversi ostacoli, sia sul piano della costituzionalità con riferimento all’eventualità della scomparsa di ogni tutela giurisdizionale per gli interessi legittimi, sia con riferimento agli enormi inconvenienti di ordine pratico che deriverebbero dalla scissione della competenza giurisdizionale, a seconda che si discuta di interessi legittimi o di diritti soggettivi.
• In ogni caso, l’aumento delle materie di competenza del giudice civile del lavoro aggraverebbe la giurisdizione ordinaria in modo tale da diminuire ancora di più l’effettività della tutela dei dipendenti. Varrebbe meglio, semmai, perfezionare e rendere più rapida la giurisdizione amministrativa in materia.
Pretura circondariale di Campobasso; ordinanza 1 settembre 1998 (Pretore: X. Xxxxx); PARTI: X. Xxxx (Avv.ti. Xx Xxxxx e Iacovino) c/ Ministero delle Finanze (Avvocatura distrettuale di Stato);
Controversie di lavoro pubblico; riparto di giurisdizione nella fase transitoria; rilevanza del rapporto di lavoro; irrilevanza dei singoli atti;
Rif. norm.: Art. 45, comma 17, decreto legislativo n. 80/98 - articoli 669 bis e seguenti e 700 c.p.c. -
Ai sensi dell’art. 45, comma 17, del decreto legislativo n. 80/98, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario - cui spetta non un sindacato sull’atto ma sull’intero rapporto, così come avviene anche in altri ambiti della competenza funzionale pretorile in materia di lavoro e di previdenza sociale - le controversie
attinenti questioni incidenti sul rapporto di lavoro insorte successivamente alla data del 30/6/1998.
Pertanto il giudice ordinario difetta di giurisdizione in ordine ad atti successivi al 30 giugno 1998 ove essi incidano su una controversia sorta anteriormente a tale data come nell’ipotesi di provvedimenti, emessi anteriormente al 30 giugno, che siano reiterati in epoca successiva.
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Pretura di Roma, sezione lavoro; ordinanza 22 settembre 1998, n. 12407;
PARTI: Federazione di base del pubblico impiego (Avv. Xxxxxxx) / ARAN e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato);
Pubblico impiego; riparto di giurisdizione; casi dubbi; criterio prevalente;
Rif. norm.: art. 45, comma 17, decreto legislativo n. 80/98 - decreto legislativo n. 29/93 - art. 700 c.p.c.
Ai fini del riparto di giurisdizione in materia d rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 45, comma 17, del decreto legislativo
n. 80/98, nei casi dubbi, l’interprete dovrà privilegiare , conformemente ai principi generali della riforma del pubblico impiego, le soluzioni - comunque aderenti al testo della legge - che siano conformi alla generale volontà del legislatore. In questa prospettiva dovrà essere seguito il criterio dello spostamento, nei limiti più ampi possibili consentiti dalla norma, della giurisdizione dal giudice amministrativo
a quello ordinario.
Pretore del lavoro di Milano; sentenza 22 luglio 1997 n. 2803;
Pubblico impiego; devoluzione della giurisdizione al g.o.; decorrenza;
• La devoluzione al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro
delle controversie riguardanti i dipendenti pubblici, così come prevista dall’art. 68 D.Lgs n. 29/93, modificato dall’art. 33 del D.Lgs. n. 546/93, non ha trovato ancora concreta applicazione, non risultando conclusa la fase transitoria di cui all’art. 72 D.Lgs n. 29/93, destinata a concludersi con la stipulazione, per ciascun comparto, del secondo contratto collettivo nazionale di lavoro a valenza normativa.
• La legge delega n. 59/97 fissa al 30 giugno 1998 il termine del definitivo passaggio
di tutta la materia de quo alla giurisdizione del g.o., con funzioni di pretore del lavoro.
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GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ORDINARIO IN FUNZIONE DI GIUDICE DEL LAVORO SULLE PROCEDURE DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DI LAVORO PUBBLICO
Tribunale di Roma, sezione lavoro, sentenza 5 novembre 1999- SNALS (Sindacato Nazionale Autonomo lavoratori della Scuola) (avv. Xxxxxx, Xxxx, Viti e Marenghi) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione pubblica - Ministero della Pubblica Istruzione - ARAN (Avv. Generale Stato)
Sindacati - Impiego pubblico - Giurisdizione - Controversie relative alle procedure di contrattazione collettiva - Sindacabilità da parte del giudice ordinario dei contratti e accordi collettivi - Art. 68, comma 3 D.Lgs. n. 29/93 - Sussiste.
Rientrano nella giurisdizione del Giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro le controversie relative agli accordi collettivi, in quanto essi fanno parte
della “procedura” di contrattazione per la quale l’art. 68, comma 3, del D.Lgs. n. 29/93 prevede la giurisdizione del Giudice ordinario; ciò trova peraltro conferma
nell’art. 68, comma 5, il quale prevede la possibilità del ricorso in cassazione
per “violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi” estendendo la giurisdizione del Giudice ordinario anche alla fase di esecuzione degli accordi.
Tribunale di Bari, sez. lavoro; ordinanza 9 luglio 1998; Presidente: X. Xxxxxxx; Estensore: F. Caso;
PARTI: ANAG (Avv. Xxxxxxx) c/ ARAN (Avvocatura generale dello Stato);
Pubblico impiego; associazione sindacale; esclusione dalle trattative; ricorso ex art. 68,
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comma 3, decreto legislativo n. 29/93.
Procedure di contrattazione collettiva; disciplina nella fase transitoria.
Rif. norm.: art. 45 decreto legislativo n. 80/98 - decreto legislativo n. 29/93 - articoli 669 e 700 c.p.c. - art. 28 legge n. 300/70 -
• La causa proposta da un’associazione sindacale per veder riconosciuta la propria rappresentatività e quindi essere ammessa alla contrattazione collettiva rientra nell’ambito delle controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall’ARAN
e dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui agli artt. 45 e segg. del decreto legislativo n. 29/93 per cui la giurisdizione spetta , ai sensi dell’art. 68, comma 3, dello stesso decreto legislativo, al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.
La norma transitoria contenuta nell’art. 45 del decreto legislativo n. 80/98 non può essere considerata applicabile alle controversie sindacali sulle procedure
di contrattazione collettiva (art. 45 decreto legislativo n. 29/93) poiché esse hanno carattere esclusivamente collettivo e non presentano alcun collegamento diretto con questioni attinenti ad un periodo di uno o più rapporti individuali di lavoro.
Ne deriva che la devoluzione al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro di tale categoria di liti, ai sensi dell’art. 68, comma 3, del decreto legislativo n. 29/93,
come modificato dal decreto legislativo n. 80/98, può essere considerata già operante dal momento dell’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo n. 80/98.
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RIPARTO DI GIURISDIZIONE TRA GIUDICE ORDINARIO
E GIUDICE AMMINISTRATIVO
Pretura di Pisa; sentenza 13 ottobre 1997, n. 773; Ministero della pubblica istruzione c/ UNICOBAS
Condotta antisindacale della pubblica amministrazione; plurioffensività concreta e potenziale; domanda di parte; giurisdizione del g.a.;
• Nei procedimenti di repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300/70, come modificato dalla legge n. 146/90, in cui sia parte una pubblica amministrazione, la giurisdizione appartiene al TAR solo in presenza
di un comportamento concretamente plurioffensivo.
• L’esclusione di una organizzazione sindacale dalla firma del contratto collettivo decentrato, costituendo una condotta solo potenzialmente plurioffensiva, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario con funzioni di giudice del lavoro.
• L’impugnazione dell’atto di esclusione radica la giurisdizione del giudice amministrativo solo in presenza di una domanda di parte che espressamente investa anche il rapporto di pubblico impiego.
T.A.R. Lazio, sez. I; Sentenza 10 luglio 1996 n. 1748;
Pubblico impiego; contrattazione collettiva ex X.Xxx. 29/93; Comparto scuola; interesse del sindacato a partecipare alla trattativa in sede decentrata; giurisdizione del g.a.;
• L’assetto anteriore all’emanazione del D.Lgs. n. 29/93, che prevedeva consistenti margini di discrezionalità da parte dell’amministrazione nella rilevazione
dalla maggiore rappresentatività dei sindacati, non appare mutato.
Infatti la partecipazione al procedimento di stipulazione dei contratti collettivi ai sensi dell’art. 2, comma 3, e dell’art. 45 del D.Lgs. n. 29/93, continua ad essere riconosciuta ai sindacati maggiormente rappresentativi, non tanto al fine di soddisfare
una posizione soggettiva di pretesa individuale, bensì allo scopo di perseguire
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l’interesse pubblico a che la normazione di cui trattasi scaturisca dall’incontro
della volontà dell’amministrazione (tutelante l’interesse della collettività) con quella dei soggetti che maggiormente siano in grado di esprimere le esigenze delle categorie dei dipendenti pubblici. Poiché la partecipazione dei sindacati al procedimento
di contrattazione si conforma dunque quale interesse legittimo, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.
• Per quel che attiene, specificatamente, alla contrattazione del comparto
del personale della scuola, poiché l’art. 6 del CCNL del 4/8/95 del comparto-scuola è stato sottoscritto in un momento in cui era ancora in vigore la disciplina di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 395/88 e alle conseguenti direttive amministrative (giusta l’espressa previsione di abrogazione dell’art. 47 del D.Lgs. n. 29/93 solo a far data
dal 27 settembre 1995, contenuta nel citato DPR n. 116 del 1995), deve esplicitamente ritenersi che le parti contrattuali abbiano inteso fare ad essa riferimento,
con la conseguenza che la posizione dei sindacati in ordine alla partecipazione all’attività contrattuale da svolgersi nel solco del CCNL resta tuttora conformata come interesse legittimo, radicando perciò la giurisdizione del giudice amministrativo
DIFETTO DI GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ORDINARIO
IN FUNZIONE DI GIUDICE DEL LAVORO SULLE CONTROVERSIE SUL CONTENUTO DI UN PROTOCOLLO D’INTESA
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Tribunale di Roma, ordinanza 24 agosto 1999
CONFSAL (avv. Xxxxxx) c/ ARAN (Avvocatura dello Stato) ed altri;
pubblico impiego; contrattazione collettiva; art. 47 bis D.Lgs. n. 29/93; protocollo d’intesa sulle modalità di costituzione e di funzionamento del Comitato paritetico; controversia sul contenuto dell’accordo; giurisdizione del giudice del lavoro; non sussiste; modifica dell’accordo da parte del giudice; esclusione;
Non sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro sulle controversie aventi ad oggetto il contenuto dell’accordo di cui al protocollo d’intesa del 23 giugno 1999 sulle modalità di costituzione e di funzionamento del Comitato paritetico previsto dall’art. 47 bis del D.Lgs. n. 29/93 e succ. mod. , sottoscritto da ARAN e Confederazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale in quanto non si tratta né di un comportamento sanzionabile
ex art. 28 della legge n. 300/70, né di una controversia relativa alle procedure di contrattazione collettiva disciplinate dagli artt. 45 e segg. del medesimo X.Xxx. n. 29/93 e succ. mod.
Nel caso in cui sia richiesto, non l’annullamento del protocollo d’intesa,
ma la modifica dello stesso, il giudice comunque non potrebbe modificare la volontà espressa dalle parti nell’accordo, sostituendosi alle parti medesime
TRADIZIONALE CRITERIO
DEL RIPARTO DI GIURISDIZIONE
Corte di Cassazione, sezioni unite; sentenza 22 luglio 1998, n. 7179 (Presidente: A. La Torre; Xxxxxxxxx: X. Xxxxxxxxxxxx);
PARTI: Presidenza del Consiglio dei Ministri, ARAN, Dipartimento della funzione
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pubblica (Avvocato dello Stato Polizzi) c/CONFEDIR (Avv. Di Gioia).
Conformi: Corte cass., sentenze n.: 1898/97 - 12523/95 - 4386/84 - 4389/84 - 4390/84 - 1449/93 - 3104/95 - 1398/98 - 11461/90.
Riparto di giurisdizione; criterio del petitum sostanziale; contenuto. Riparto di giurisdizione; oggetto di indagine.
Pubblico impiego; contrattazione collettiva nazionale; esclusione del sindacato dalle trattative; diritto soggettivo; giurisdizione del g.o.; giurisdizione amministrativa esclusiva; esclusione.
Rif. norm.: D.Lgs. n. 29/93 - art. 6 legge n. 146/90 - art. 386 c.p.c.
• Ai sensi dell’art. 386 c.p.c. e secondo l’opinione diffusa della dottrina
e della giurisprudenza, ai fini del riparto di giurisdizione occorre tener conto del petitum sostanziale, che si determina in base al contenuto della domanda
e del titolo, in forza del quale questa viene proposta, per cui deve essere attribuita rilevanza non già alla formulazione soggettiva della domanda ma alla situazione giuridica obiettiva denunciata con la domanda stessa.
• In tale prospettiva, nel riparto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione generale amministrativa di legittimità, va accertato se la posizione soggettiva prospettata abbia consistenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo; nel riparto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa esclusiva, oggetto di indagine è, invece, l’individuazione della materia in cui quella posizione soggettiva sia ricompresa.
• La delibera dell’ARAN che esclude un’organizzazione sindacale dalle trattative contrattuali incide su un diritto soggettivo del sindacato escluso e radica la giurisdizione del giudice ordinario in quanto, nel vigente assetto delle relazioni sindacali del pubblico impiego privatizzato, le organizzazioni sindacali sono titolari di veri e propri diritti di libertà e di attività, non degradabili, per effetto di una valutazione discrezionale della pubblica amministrazione, ad interessi legittimi.
In tale ipotesi non è neppure configurabile la giurisdizione amministrativa esclusiva ai sensi dell’art. 6 della legge n. 146/90 se dall’atto introduttivo del giudizio non è ipotizzabile un comportamento “plurioffensivo” dell’amministrazione, tale da ledere posizioni soggettive di pubblici dipendenti, né vi è l’espressa richiesta di una pronuncia che interessi i singoli rapporti di impiego.
T.A.R. Lazio, sez. III ter; sentenza 17 giugno 1998, n. 1413 (Presidente: P. Xxxxxx; Xxxxxxxxx: X. Xxxxx);
PARTI: Xxxxxxxx ed altri (Avv. X. Xxxxxxxx) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, ENAV (Avvocatura generale dello Stato).
Confronta: TAR Lazio, sentenza n. 1748/96 Vedi Corte Cost., sentenza n. 309/97.
Pubblico impiego; contrattazione collettiva; diritti soggettivi del sindacato; art. 47 bis decreto legislativo n. 29/93; nuovi parametri della rappresentatività; obbligo di trattare da parte della p.a.; violazione dell’obbligo; contenuto; giurisdizione del g.o.;
Rif. norm.: decreto legislativo n. 29/93 - art. 28 legge n. 300/1970 -
Le posizioni giuridiche delle organizzazioni sindacali nell’ambito della contrattazione collettiva di pubblico impiego hanno consistenza di diritti soggettivi, essendo ancorate - ai sensi dell’art. 47 bis del decreto legislativo n. 29/93 che ha fissato i nuovi parametri della rappresentatività sindacale - a dati oggettivi e verificabili, indipendentemente dall’esistenza di atti amministrativi.
La violazione dell’obbligo a contrarre con una certa sigla sindacale, ove tale obbligo sia posto da disposizioni di legge o di contratto collettivo, incide, quindi, su posizioni di diritto soggettivo conoscibili - ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300/70
(Statuto dei lavoratori), espressamente richiamato dall’art. 55, comma 2, del decreto legislativo n. 29/93 - dal giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.
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RAPPORTO DI LAVORO
DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO DELL’A.S.L.
Xxxxx xx xxxxxxxxxx, X.X., 00 marzo 1997, n. 2518
Giurisdizione - Impiegato dello Stato e pubblico in genere - Servizio sanitario nazionale - Direttore amministrativo - Nomina - Approvazione del contratto di lavoro - Giurisdizione ordinaria.
Il rapporto di lavoro del direttore amministrativo di una USL è regolato da norme
di diritto privato e sono pertanto configurabili, rispetto ad esso, diritti soggettivi e non interessi legittimi, con la conseguente sussistenza della giurisdizione ordinaria.
TAR Lombardia, Milano sez. II sez. 28 novembre 1998, n. 2690
Giustizia amministrativa - Impiegato dello stato e pubblico in genere - Servizio sanitario nazionale - Direttore generale - Nomina - Giurisdizione amministrativa - Sussiste
Il rapporto di lavoro del direttore generale delle USL è qualificabile come rapporto di diritto privato di lavoro autonomo, ancorché coordinato con i fini dell’ente
e consegue ad un atto discrezionale di alta amministrazione, espressione di poteri pubblicistici, cui sono correlati in capo al privato interessi legittimi, conseguendone la giurisdizione amministrativa.
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VERIFICA DEI RISULTATI DEI DIRETTORI GENERALI DELLE ASL
TAR Calabria, Sez. Reggio Calabria., 9 luglio 1998, n. 772
Giurisdizione amministrativa - Servizio sanitario nazionale - Direttore generale - Revoca - Sussiste
La verifica dopo un anno dei risultati amministrativi e di gestione, in vista della conferma o revoca dei direttori generali delle ASL, si ricollega alla natura dell’atto di nomina, condividendone la natura ampiamente discrezionale e pertanto
la posizione tutelabile è di interesse legittimo, con la conseguente giurisdizione del giudice amministrativo
ESCLUSIONE DELL’ORGANIZZAZIONE SINDACALE
DALLE TRATTATIVE
CORTE CASS. Sez. Un.; sentenza del 12 dicembre 1996 n. 1398;
Pubblico impiego; Contrattazione collettiva ex X.Xxx. 29/93; interesse del sindacato a partecipare alla trattativa; qualificazione giuridica; giurisdizione del g.o.;
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esclusione della giurisdizione amministrativa esclusiva;
• Rientra nella giurisdizione del g.o. la tutela dell’interesse di un’organizzazione sindacale esclusa dalle trattative che hanno condotto alla sottoscrizione
di un protocollo d’intesa tra ARAN-parte pubblica e controparte sindacale in quanto la scelta di escludere un sindacato dalle trattative, non configurandosi come esercizio di un potere autoritativo ma come attività negoziale e paritetica della pubblica amministrazione, incide su una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo.
• L’esclusione di un sindacato dalle trattative per la sottoscrizione di un accordo tra l’ARAN e i sindacati del pubblico impiego non produce alcuna lesione
della posizione giuridica soggettiva dei pubblici dipendenti affiliati al sindacato escluso per cui non viene in rilievo la giurisdizione amministrativa esclusiva di cui all’art. 28 della legge 20 maggio del 1970 n. 300, come modificato dall’art. 6
della legge 12 giugno 1990 n. 146.
RICORSO
EX ART. 28 LEGGE N. 300/70
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Pretore del lavoro di Roma; sentenza del 19 dicembre 1996 n. 106759;
Pubblico impiego; individuazione dei sindacati maggiormente rappresentativi; giurisdizione del g.o. ex art. 28 legge 300/70; esclusione; giurisdizione
del g.a. ex art. 28 legge 300/70;
• La scelta della parte pubblica-ARAN, relativa all’individuazione dei sindacati maggiormente rappresentativi, verificabile in considerazione dei criteri predefiniti posti a base dell’individuazione dei contraenti dal Dipartimento della Funzione pubblica, a seguito dell’abrogazione dell’art. 47 del D.Lgs. n. 29/93, non può essere censurata, nel merito, da parte del g.o., sotto il profilo dell’art. 28 legge n. 300/70, posto che tale comportamento della p.a. non incide su posizioni soggettive
del singolo dipendente.
• Il ricorso ex art. 28 legge n. 300/70 si propone davanti al giudice amministrativo solo quando il comportamento che si assume lesivo incide anche su posizioni soggettive del singolo dipendente.
CONDOTTA ANTISINDACALE
Pretura di Pisa; sentenza 13 ottobre 1997, n. 773; Ministero della pubblica istruzione c/ UNICOBAS;
condotta antisindacale della pubblica amministrazione; plurioffensività concreta e potenziale; domanda di parte; giurisdizione del g.a.;
• Nei procedimenti di repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300/70, come modificato dalla legge n. 146/90, in cui sia parte una pubblica amministrazione, la giurisdizione appartiene al TAR solo in presenza di un comportamento concretamente plurioffensivo.
• L’esclusione di una organizzazione sindacale dalla firma del contratto collettivo
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decentrato, costituendo una condotta solo potenzialmente plurioffensiva, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario con funzioni di giudice del lavoro.
• L’impugnazione dell’atto di esclusione radica la giurisdizione del giudice amministrativo solo in presenza di una domanda di parte che espressamente investa anche il rapporto di pubblico impiego.
3. QUESTIONI DI COMPETENZA
COMPETENZA
DEL GIUDICE ORDINARIO, IN FUNZIONE
DI GIUDICE DEL LAVORO
Tribunale di Roma, sez. lavoro; ordinanza 20 marzo 2001 (R.G. 250193/01) FAS (Avv. Rienzi) c/ ARAN (Avvocatura dello Stato)
Pubblico impiego; contrattazione collettiva; controversie sull’ammissione delle OOSS alla trattativa; competenza; spetta al giudice del lavoro.
Le controversie sull’ammissione delle organizzazioni sindacali alla contrattazione collettiva, costituendo una fase o un sub-procedimento della complessa procedura di contrattazione collettiva prevista dall’art. 00 xxx xxx X.Xxx. x. 00/00, xxxxxxxxx nella competenza del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro ai sensi dell’art. art. 63, comma 3 del D. Lgs. n.165 del 30 marzo 2001(già art.68, comma 3
del D.Lgs. 29/93 e s.m.i.).
4. QUESTIONI DI AMMISSIBILITÀ DEL RICORSO
LEGITTIMAZIONE DELLE PARTI
TAR Lazio, sez. III; sentenza 14 settembre 1998, n. 2342 (Presidente: X. Xxxxx; Estensore: X. Xxxx’Xxxx)
PARTI: Associazione naz. sind. Personale Direttori amm. del ruolo ad esaurimento ed altri (avv. X. Xxxxxx) c/ Ministero dell’Università, ARAN,
Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri (Avvocatura generale dello Stato).
Confronta: TAR Lazio, sez. I, n. 884/92; TAR Lazio, sez. III, n. 1581/92; TAR Sicilia, Catania, ordinanza n. 942/96.
Pubblico impiego; pretese patrimoniali dei dipendenti; legittimazione attiva del sindacato; esclusione;
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Le pretese patrimoniali inerenti al rapporto di pubblico impiego si ricollegano a diritti soggettivi individuali la cui titolarità compete esclusivamente ai singoli dipendenti e non al Sindacato che li rappresenta il quale, al riguardo, non rivestendo
la qualità di creditore, risulta privo di legittimazione attiva.
Pretura di Roma, sezione lavoro; ordinanza 22 settembre 1998, n. 12407; PARTI: Federazione di base del pubblico impiego (avv. Salerni) c/ ARAN e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato).
Procedure di contrattazione collettiva ex art. 45 e segg. decreto legislativo n. 29/93; controversie promosse dai sindacati; soggetti legittimati a resistere in giudizio;
Rif. norm.: decreto legislativo n. 29/93 - art. 700 c.p.c.
Nelle controversie promosse dai sindacati che lamentino la lesione di loro prerogative verificatasi nelle procedure di contrattazione collettiva nazionale di cui al decreto legislativo n. 29/93, legittimati a resistere in giudizio sono esclusivamente l’ARAN -
per le trattative nelle quali essa ha la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni
- e le pubbliche amministrazioni stesse - per le procedure di contrattazione integrativa, ciò desumendosi dall’art. 68 del decreto stesso che, citando, quali possibili promotori di tali controversie, solamente le organizzazioni sindacali, l’ARAN
e le pubbliche amministrazioni, implicitamente individua quali parti processuali solo tali soggetti.
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T.A.R. Lazio, sez. I; Sentenza 10 luglio 1996 n. 1748;
Pubblico impiego; contrattazione collettiva ex X.Xxx. n. 29/93; Atti di esclusione di un sindacato dalle trattative; legittimazione al ricorso dei soggetti iscritti al sindacato;
Il soggetto legittimato all’impugnazione di un atto di esclusione di un sindacato dalle trattative contrattuali nel settore del pubblico impiego è solamente il sindacato escluso, potendo i suoi iscritti far valere esclusivamente, sulla base del vincolo associativo, l’interesse derivato a che la propria organizzazione partecipi
alla definizione del quadro normativo di settore attraverso lo strumento processuale dell’intervento e non dell’azione principale; il ricorso proposto, nei termini indicati, dai soggetti iscritti al sindacato è pertanto inammissibile per difetto di interesse.
LEGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA
Pretura di Roma, sez. lavoro; ordinanza 21 gennaio 1999, n. 138144;
PARTI: UNIRI ed altri (avv. ) c/ Presidenza del Consiglio dei ministri, ARAN (Avvocatura generale dello Stato) ed altri
Pubblico impiego; contrattazione collettiva nazionale; contratti ed accordi quadro; procedimento cautelare; sospensione dell’efficacia di clausole; legittimazione attiva delle XX.XX.; esclusione; legittimazione passiva; spetta al solo datore di lavoro.
Rif. normativi: art. 700 c.p.c. - art. 45 D.Lgs. n. 29/93 (come modificato dal D.Lgs.
n. 396/97) - art. 68 D.Lgs. n. 29/93 (come modificato dal D.Lgs. n. 80/98) - art. 28 legge n. 300/70.
• La controversia relativa alla validità dell’efficacia delle clausole del Contratto collettivo nazionale quadro sulle modalità di utilizzo dei distacchi, permessi
e aspettative sindacali, stipulato il 7 agosto 1998, e dell’accordo quadro per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza,
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stipulato il 27 luglio 1998, qualora la relativa azione venga promossa
da un’organizzazione sindacale non rientra nella previsione dell’art. 68 del D.Lgs.
n. 29/93, come modificato dal D.Lgs. n. 80/98. In tale ipotesi detta controversia non concerne, infatti, né un comportamento antisindacale della pubblica amministrazione ex art. 28 della legge n. 300/70 né le procedure di contrattazione
collettiva disciplinate dall’art. 45 del D.Lgs. n. 29/93. La legittimazione attiva spetta, pertanto, non all’organizzazione sindacale, ma esclusivamente ai singoli dipendenti che possono far valere la nullità delle specifiche clausole disciplinanti il loro rapporto di lavoro.
• Legittimato passivo in tale categoria di controversie è esclusivamente il datore
di lavoro e non la Presidenza del Consiglio dei ministri, né l’ARAN, né le altre XX.XX. firmatarie degli accordi.
LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELL’ARAN
numero 2 • marzo/aprile 2003
Tribunale di Roma, sezione lavoro, sentenza 5 novembre 1999- SNALS (Sindacato Nazionale Autonomo lavoratori della Scuola) (avv. Rienzi, Xxxx, Viti e Marenghi)
c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione pubblica - Ministero della Pubblica Istruzione - ARAN (Avv. Generale Stato)
Sindacati - Impiego pubblico - Giurisdizione - Legittimazione passiva per le controversie relative a contratti collettivi - Sussiste solo per l’ARAN - Fattispecie.
Nel caso di impugnazione di contratti collettivi nazionali la legittimazione passiva in sede giudiziale sussiste solo in capo all’ARAN, che, ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs.
n. 29/93 ha la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (nel caso di specie, in sede di impugnazione da parte del Sindacato SNALS dell’accordo
collettivo nazionale del 7.8.1998 relativo alla costituzione delle RSU, si deve dichiarare il difetto di legittimazione passiva per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione pubblica e per il Ministero della Pubblica Istruzione, sussistendo tale legittimazione passiva solo in capo all’A.RA.N.).
CONDOTTA ANTISINDACALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Tribunale di Roma, sez. lav.; sentenza 11/7/00 n. 12354;
Coordinamento provinciale di Roma Cobas Scuola (Avv. Salerni) c/ Ministero della pubblica istruzione, ARAN (Avvocatura dello Stato) ed altri
Pubblico impiego – ricorso per condotta antisindacale – requisiti generali – erronea interpretazione della legge sulla rappresentatività sindacale – insufficienza;
Sussiste condotta antisindacale, censurabile tramite ricorso ex art. 28 della legge
n. 300/70 in presenza di un comportamento del datore di lavoro diretto ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale. Ne deriva che l’eventuale erronea interpretazione di una disciplina legislativa da parte del datore di lavoro
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che si assuma lesiva delle prerogative del sindacato non consente il ricorso a detto strumento in mancanza di uno specifico comportamento, chiaramente individuato sotto il profilo spazio-temporale, eventualmente adottato in applicazione
di una qualsiasi norma di rilevanza interna ed esterna. In particolare non può ritenersi sufficiente a tal fine l’esistenza di atti di carattere generale emanati dall’amministrazione che ritengano insussistente il requisito della rappresentatività sindacale.
(Nella fattispecie il ricorrente Coordinamento provinciale di Roma dei Cobas Scuola aveva chiesto la dichiarazione di antisindacalità della condotta del Ministero
della pubblica istruzione e degli Istituti scolastici che avevano negato
il diritto del ricorrente di indire assemblee del personale per mancanza del requisito della rappresentatività sindacale)
SINDACATO DI LEGITTIMITÀ DEI CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO PUBBLICO
numero 2 • marzo/aprile 2003
T.A.R. Lazio, sez. II bis; sentenza 24 febbraio 1999, n. 737; Presidente: Xxxxxxx; estensore: Xx Xxxxxxx.
PARTI: Lorusso ed altri (avv.xx Xxxxxxx, Xxxxxxxxx e Masini) c/ Comune di Roma (avv. Xxxxx), Presidenza del Consiglio dei ministri ed ARAN
(Avvocatura generale dello Stato).
Confronta T.A.R. Lazio, sez. III bis; sentenza n. 1172/96 (massima pubblicata in “Arannewsletter” n. 1/98, pagg. 27 e 32) - Corte dei conti, sez. contr., n. 71/95 -
n. 155/95 - n. 156/95 - Corte dei conti, sez. Giur. Reg. Liguria, n. 88/95 n. 124/95
Pubblico impiego; contrattazione collettiva nazionale; atti pubblicistici e negoziali; compresenza; sindacato di legittimità; ammissibilità.
Rif. normativi: X.Xxx. n. 29/93 (nel testo anteriore alle modificazioni introdotte dai decreti legislativi n. 396/97 e 80/98).
Nella nuova dimensione privatistica dei rapporti di lavoro presso pubbliche amministrazioni, disciplinata dal decreto legislativo n. 29/93, coesistono atti di natura pubblicistica e atti a carattere strettamente negoziale per cui non può essere precluso un sindacato di legittimità che può investire - attraverso gli atti autorizzativi
o di autorganizzazione applicativa - anche clausole contrattuali che risultino pattuite in violazione di norme imperative di legge o dei principi pubblicistici che ancora permangono nel settore.
IMPUGNAZIONE DEL CONTRATTO
COLLETTIVO DI LAVORO
T.A.R. Lazio, Sez. I; Sentenza 20 aprile 1998, n. 1321; Ghera ed altri c/ Presidenza del Consiglio dei ministri ed A.RA.N.;
Conf. T.A.R. Lazio, sez. I; Sentenze n. 1319/98, 1327/98, 1322/98.
Pubblico impiego; impugnazione del contratto collettivo nazionale; legittimazione attiva; sindacato del contratto collettivo tramite impugnazione del contratto individuale;
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• Il contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti pubblici è un atto di autonomia privata impugnabile direttamente solo dalle parti che lo hanno sottoscritto e per motivi tassativamente elencati nel codice civile.
• Nel settore del pubblico impiego, il singolo dipendente può sindacare il contenuto delle clausole del contratto collettivo di lavoro solo tramite l’impugnazione
del contratto individuale di lavoro che, attraverso l’espresso rinvio ivi contenuto, incorpora il dettato del contratto collettivo medesimo.
• Il singolo dipendente può impugnare le clausole del contratto individuale di lavoro che ritiene illegittime per violazione del contratto collettivo o delle norme
imperative di legge.
SINDACATO
DEL CONTENUTO
DEI CONTRATTI COLLETTIVI
T.A.R. Lazio, sez. III bis; Sentenza 20 marzo 1996 n. 1172;
Pubblico impiego; Contratto collettivo nazionale di lavoro, stipulato ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs n. 29/93; Sindacabilità da parte del giudice;
Il contenuto dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego, stipulati ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. n. 29/93, può essere sindacato dal giudice soltanto nell’ipotesi in cui sia in contrasto con norme imperative di legge (art. 1418 c.c.). In tal caso l’impugnativa ha per oggetto il provvedimento del Presidente del Consiglio
dei ministri di autorizzazione alla sottoscrizione del contratto, avendo tale atto anche la funzione di evitare che tramite la disciplina contrattuale vengano introdotte regole contrarie ai valori fondamentali dell’ordinamento giuridico.
numero 2 • marzo/aprile 2003
T.A.R. Lazio, Sez. I; Sentenza 20 aprile 1998, n. 1321; Ghera ed altri c/ Presidenza del Consiglio dei ministri ed A.RA.N.;
Conf. T.A.R. Lazio, sez. I; Sentenze n. 1319/98, 1327/98, 1322/98.
Pubblico impiego; impugnazione del contratto collettivo nazionale; legittimazione attiva; sindacato del contratto collettivo tramite impugnazione del contratto individuale;
• Il contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti pubblici è un atto di autonomia privata impugnabile direttamente solo dalle parti che lo hanno sottoscritto e per motivi tassativamente elencati nel codice civile.
• Nel settore del pubblico impiego, il singolo dipendente può sindacare il contenuto delle clausole del contratto collettivo di lavoro solo tramite
l’impugnazione del contratto individuale di lavoro che, attraverso l’espresso rinvio ivi contenuto, incorpora il dettato del contratto collettivo medesimo.
• Il singolo dipendente può impugnare le clausole del contratto individuale
di lavoro che ritiene illegittime per violazione del contratto collettivo o delle norme imperative di legge.
TAR Lazio, sez. I ; sentenza 24/7/00 n. 6404;
della Volpe ed altri c/ PCM ed ARAN (Avvocatura dello Stato)
Pubblico impiego - contratto collettivo di lavoro - natura - giurisdizione g.a. - esclusione;contratto collettivo - determinazione dei comparti di contrattazione - impugnazione da parte dei singoli dipendenti - è inammissibile;
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Il contratto collettivo stipulato ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 29/93 è un atto di diritto privato, non più recepito da un atto regolamentare del Governo per cui non può essere oggetto di sindacato da parte del giudice amministrativo mancando in radice l’aggancio con l’esercizio di un potere pubblico di natura discrezionale, peraltro residuale nella attuale configurazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti. E’ inammissibile per difetto di interesse l’impugnazione di un atto di determinazione dei comparti pubblici di contrattazione collettiva (nel caso di specie, il D.P.C.M. del 30/12/93) proposta dai singoli dipendenti in quanto tale atto si limita a stabilire le aree di contrattazione, senza fissare alcun principio in ordine ai contenuti della disciplina del rapporto di lavoro, demandata, in via esclusiva, alla contrattazione collettiva.
SILENZIO-INADEMPIMENTO LEGITTIMAZIONE ATTIVA
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Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda ter - sentenza del 18 luglio 2001 n. 6634/01 – Pres. Leva, Rel. Xxxxxxxx – “Comitato degli architetti del Ministero dei beni e le attività culturali a tutela della professione” G.
(Avv. X. Xxxxx e X. Xxxx) c/ ARAN e c/Ministero dei beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello Stato).
Pubblico impiego – art 13 CCNL Comparto Ministeri quadriennio 1998-200 - silenzio inadempimento circa l’obbligo di iniziare le trattative per la definizione della disciplina di lavoro dei professionisti dipendenti prevista dall’art. 11 comma 4 lettera d) della legge 15 marzo 1997 n. 59 - inammissibile – difetto di legittimazione attiva – sussiste -
E’ inammissibile l’azione esperita per silenzio inadempimento dell’Amministrazione quando la materia in questione è demandata chiaramente alla contrattazione collettiva. Infatti, non essendo prevista una normativa pubblicistica in tale materia (la definizione di una distinta disciplina del lavoro per i dipendenti pubblici
professionisti) e quindi, essendo tale disciplina rimessa alle parti contrattuali, non può affermarsi che vi sia un obbligo di legge per le amministrazioni pubbliche di regolare necessariamente in maniera distinta tale attività lavorativa, pena una inammissibile interferenza coercitiva nei confronti delle parti sindacali. La fattispecie in questione si svolge, pertanto, al di fuori dell’ambito tradizionale dell’istituto del silenzio che afferisce a situazioni dell’amministrazione riguardanti l’esercizio del suo potere discrezionale e non quelle conseguenti obblighi contrattuali, per il rispetto dei quali sussiste l’ordinaria azione di accertamento.
Sussiste, infine, difetto di legittimazione attiva del Comitato degli architetti del Ministero dei beni e le attività culturali a tutela della professione, in quanto i soggetti che possono pretendere il rispetto di obblighi assunti in sede di contrattazione collettiva, sono solo coloro che hanno sottoscritto il contratto e non il Comitato ricorrente né i singoli dipendenti sottoscrittori del ricorso.
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5. QUESTIONI PROCESSUALI
ACCERTAMENTO PREGIUDIZIALE DELLA VALIDITA’, EFFICACIA
E INTERPRETAZIONE
DEI CONTRATTI COLLETTIVI
Tribunale di Roma, sez. lav.; ordinanza 24 gennaio 2001 – RG. 213712/00; Xxxxxxxxxx (Avv. Xxxxxx) c/ Regione Lazio (Avv. Caprio)
Contrattazione collettiva; Accertamento pregiudiziale della validità, efficacia e interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro pubblico; obbligo di attivazione del procedimento; sussiste solo se la norma contrattuale
è di significato oscuro.
Poiché l’accordo pregiudiziale relativo all’interpretazione, validità o efficacia di clausole di contratti collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 64
del D.Lgs. n. 165/2001ha efficacia retroattiva, l’obbligo di investire le parti negoziali della relativa questione sussiste solo in presenza di una norma dal significato veramente oscuro in quanto solo in tal caso è possibile evitare che l’interpretazione della norma produca effetti ablatori di diritti già acquisiti dalle parti del rapporto che altrimenti si potrebbero produrre se fondati su una norma dal significato chiaro
ed univoco. Ammettendosi invece che il giudice sia obbligato ad investire le parti negoziali della risoluzione di qualsiasi questione pregiudiziale, incluse quelle di significato chiaro ed univoco, si attribuirebbe all’ARAN ed alle associazioni sindacali un potere in contrasto con l’art. 24 della Costituzione di disporre dei diritti delle parti costituite in giudizio aldilà o contro la volontà di queste ultime ed in particolare i lavoratori (tanto più quelli non iscritti ai sindacati stipulanti l’accordo pregiudiziale) potrebbero subire l’espropriazione del diritto azionato in giudizio in forza di un accordo raggiunto da soggetti ad essi completamente estranei che, sostituendo una norma contrattuale, farebbero venir meno i presupposti costitutivi del diritto stesso.
Il significato della norma contrattuale può considerarsi oscuro quando, applicando
i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362-1365 c.c. – che costituiscono specificazione del canone interpretativo della comune intenzione delle parti – o si possa attribuire ad essa o una pluralità di significati tutti astrattamente conformi alla comune intenzione delle parti o non si possa attribuire alcun significato (art. 1371 c.c.)
Tribunale di Brescia, sez. lav; ordinanza 9 maggio 1999; X.X 0000/00
Xxxxxxxxx ed altri (Avv. Pezzucchi) c/ Azienda ospedaliera “Spedali civili di Brescia” (Avv. Xxxxxxx) Conformi: Tribunale di Trapani, ordinanza 27/4/01, Tribunale di Vercelli, ordinanza 23/1/ 01, Tribunale di Tortona, ordinanza 17/10/00.
Contrattazione collettiva; Accertamento pregiudiziale della validità, efficacia e interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro pubblico; obbligo di attivazione del procedimento; interpretazione agevole e univoca; sussiste.
Poiché il dato letterale dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001 non attribuisce al giudice alcuna discrezionalità in ordine all’emissione dell’ordinanza di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia e interpretazione dei contratti collettivi, sussiste l’obbligo di rimettere alle parti negoziali la risoluzione della questione interpretativa anche qualora sia ritenuta agevole o addirittura univoca e obbligata.
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Tribunale di Roma, sez. lav.; ordinanza 24 gennaio 2001 – RG. 213712/00; Xxxxxxxxxx (Avv. Xxxxxx) c/ Regione Lazio (Avv. Caprio)
Contrattazione collettiva; Accertamento pregiudiziale della validità, efficacia e interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro pubblico; obbligo di attivazione del procedimento; sussiste solo se la norma contrattuale
è di significato oscuro.
Poiché l’accordo pregiudiziale relativo all’interpretazione, validità o efficacia
di clausole di contratti collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 64 del D.Lgs.
n. 165/2001 ha efficacia retroattiva, l’obbligo di investire le parti negoziali della relativa questione sussiste solo in presenza di una norma dal significato oscuro in quanto solo in tal caso è possibile evitare che l’interpretazione della norma produca effetti ablatori di diritti già acquisiti dalle parti del rapporto che altrimenti si potrebbero produrre se fondati su una norma dal significato chiaro ed univoco. Ammettendosi invece che il giudice sia obbligato ad investire le parti negoziali della risoluzione
di qualsiasi questione pregiudiziale, incluse quelle di significato chiaro ed univoco, si attribuirebbe all’ARAN ed alle associazioni sindacali un potere in contrasto
con l’art. 24 della Costituzione di disporre dei diritti delle parti costituite in giudizio aldilà o contro la volontà di queste ultime e, in particolare, i lavoratori
(tanto più quelli non iscritti ai sindacati stipulanti l’accordo pregiudiziale) potrebbero subire l’espropriazione del diritto azionato in giudizio in forza di un accordo raggiunto da soggetti ad essi completamente estranei che, sostituendo una norma contrattuale, farebbero venir meno i presupposti costitutivi del diritto stesso.
Il significato della norma contrattuale può considerarsi oscuro quando, dopo aver applicato i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362-1365 c.c. – che costituiscono specificazione del canone interpretativo della comune intenzione delle parti – non si possa attribuire ad essa un significato univoco, essendo priva di alcun significato
o ammettendo una pluralità di significati tutti astrattamente conformi alla comune intenzione delle parti
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Tribunale di Brescia, sez. lav; ordinanza 9 maggio 1999; X.X 0000/00
Xxxxxxxxx ed altri (Avv. Pezzucchi) c/ Azienda ospedaliera “Spedali civili di Brescia” (Avv. Xxxxxxx)
Conformi: Tribunale di Trapani, ordinanza 27/4/01; Tribunale di Vercelli, ordinanza 23/1/ 01; Tribunale di Tortona, ordinanza 17/10/00.
Contrattazione collettiva; Accertamento pregiudiziale della validità, efficacia e interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro pubblico; obbligo di attivazione del procedimento; interpretazione agevole e univoca; sussiste.
Poiché il dato letterale dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001 non attribuisce al giudice alcuna discrezionalità in ordine all’emissione dell’ordinanza di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia e interpretazione dei contratti collettivi, l’obbligo di rimettere alle parti negoziali la questione interpretativa sussiste anche qualora
la sua risoluzione sia ritenuta agevole o addirittura univoca e obbligata.
NOTIFICA DEL RICORSO ALL’ARAN
Tribunale di Bari, Sez. lav.; ordinanza 9 luglio 1998; Presidente: X. Xxxxxxx; Estensore: F. Caso;
PARTI: ANAG (Avv. Xxxxxxx) c/ ARAN (Avvocatura generale dello Stato);
Ricorso giurisdizionale contro l’ARAN; notificazione all’Avvocatura dello Stato; giustificazione;
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Rif. norm.: art. 50 decreto legislativo n. 29/93 - art. 11 X.X. x. 0000/0000 - articoli 669 e 700 c.p.c.
Il ricorso giurisdizionale contro l’ARAN deve presumibilmente essere notificato anche all’Avvocatura dello Stato, ai fini di cui all’art. 11 R.D. n. 1612/1933, in quanto l’ARAN, pur avendo ordinamento, finalità e compiti peculiari, può essere considerata un’amministrazione dello Stato essendo dotata, ai sensi dell’art. 50, comma 10, decreto legislativo n. 29/93, di personalità giuridica di diritto pubblico.
6. QUESTIONI DI MERITO
PRIVATIZZAZIONE DEL RAPPORTO
DI LAVORO PUBBLICO
numero 2 • marzo/aprile 2003
Consiglio di Stato, Ad. Gen.; parere del 31 agosto 1992;
Art. 2 del disegno di legge concernente “Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”; privatizzazione del rapporto di pubblico impiego; funzione pubblica; incompatibilità; contrattazione collettiva; modello di riferimento; contratto individuale; rilevanza; privatizzazione delle strutture e privatizzazione del rapporto; priorità;
La privatizzazione generale, astratta e globale del pubblico impiego (sia pure con l’eccettuazione di alcune categorie e di alcuni provvedimenti) non è obiettivamente possibile, giacché né con interventi puramente nominali né con la contrattualizzazione, si può alterare la sostanza di rapporti giuridici che traggono
la loro qualificazione dalla natura pubblica degli interessi che vi sono implicati, dai connessi poteri dell’Ente pubblico datore di lavoro e dalle stesse strutture in cui sono inseriti. La contrattazione collettiva come forma vincolante per l’intera categoria,
non può discostarsi, come impianto generale, dal modello già recepito dalla legge
n. 93 del 1983, vale a dire il modello secondo cui la contrattazione collettiva postula un conclusivo atto regolamentare del Governo per l’acquisto dell’efficacia “erga omnes”;
L’introduzione del contratto individuale può avere una valenza solo formale, non potendosi ravvisare adeguati margini per una trattativa fra l’Ente e il singolo, e non essendo la forma-contratto rilevante di per sé in ordine alla qualificazione pubblica o privata del rapporto, anche ai fini dell’individuazione del suo giudice naturale.
Una integrale “privatizzazione” del rapporto potrebbe partire dalla trasformazione delle strutture, ossia individuando quegli apparati che, in conformità alle caratteristiche delle attività di pertinenza, possono essere privatizzati, cioè convertiti in Enti pubblici economici o in altre entità autonome; in via del tutto subordinata,
la “privatizzazione” del solo rapporto appare più coerente (salvi alcuni profili problematici, ad esempio in tema di giurisdizione) per le qualifiche funzionali corrispondenti a mansioni puramente ausiliarie ed esecutive.
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RAPPRESENTATIVITA’ SINDACALE NEL SETTORE
DEL PUBBLICO IMPIEGO
Pretura di Roma, sezione lavoro; decreto 27 novembre 1998, n. 130084;
PARTI: USPPLI (Avv.ti D’Avino e Xxxxxxxxx) c/ ARAN e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato).
Pubblico impiego; contrattazione collettiva nazionale; nuovi criteri di accertamento della rappresentatività sindacale; ammissione delle organizzazioni sindacali alla trattativa; provvedimento dell’ARAN; inattualità dei dati di riferimento; legittimità;
Rif. norm.: art. 8 del decreto legislativo n. 396/97 - art. 700 c.p.c.
• Il decreto legislativo 396/97 ha definito nuovi criteri di accertamento
della rappresentatività sindacale nel settore pubblico, sostituendo qualsiasi diverso criterio richiamato dalle previgenti disposizioni del decreto legislativo n. 29/93.
• E’ legittima la nota emessa dall’ARAN in data 5 marzo 1998, ai sensi dell’art. 8
del decreto legislativo n. 396/97, nella parte in cui non ammette alla contrattazione collettiva nazionale un’organizzazione sindacale che risulta priva della necessaria rappresentatività calcolata utilizzando i dati relativi alle deleghe del 1996 in quanto, ove non fossero stati utilizzati tali dati, in assenza dei dati relativi alle deleghe
per l’anno 1997, si sarebbe prodotta la inammissibile paralisi dell’attività di negoziazione sindacale.
numero 2 • marzo/aprile 2003
RAPPRESENTATIVITÀ DELLE CONFEDERAZIONI E DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI
E LORO LEGITTIMAZIONE ALLE TRATTATIVE
CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere del 27 settembre 1995 n. 2648;
Pubblico impiego - Criteri di determinazione della maggiore rappresentatività sindacale in seguito all’abrogazione referendaria dell’art. 47 del d. lgs. n. 29/93;
Il referendum, indetto con DPR del 5 aprile 1995, ha abrogato, non solo il meccanismo per la definizione e la disciplina della maggiore rappresentatività contenuta nel primo comma dell’art. 47 del D.Lgs. n. 29/93, ma anche la disposizione contenuta
nel secondo comma dello stesso articolo che consentiva la ultrattività dell’art. 8
del DPR 23 agosto 1988 n. 395 e delle conseguenti direttive emanate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica.
Con l’abrogazione dell’intera disposizione dell’art. 47, voluta dal corpo elettorale,
i criteri identificativi della maggiore rappresentatività non possono più essere stabiliti dalle parti rappresentative degli interessi ma devono avvenire attraverso un atto proveniente da un’autorità esterna alle parti in causa, e quindi attraverso una regolamentazione posta da un atto normativo.
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LEGITTIMAZIONE
DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI ALLA TRATTATIVA IN SEDE DECENTRATA INTEGRATIVA
Pretura di Roma, sez. lav; sentenza 13 marzo 1999, n. 2021;
PARTI: Ministero dei trasporti e della navigazione (Avvocatura generale dello Stato) c/ UIL (Avv.ti Luberti e Xxxxxxxxx)
Contrattazione collettiva; Contrattazione collettiva decentrata; articolazione nazionale e articolazione locale; unico livello; legittimazione delle organizzazioni sindacali.
Rif. norm.: art. 28 legge n. 300/70; art. 8 D.Lgs. n. 396/97; artt. 5 e 6 CCNL 1994/97 del comparto “Ministeri”;
Le organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL sono legittimate, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 396/97 a partecipare alla contrattazione decentrata locale o periferica anche se non abbiano sottoscritto il contratto nazionale decentrato di Amministrazione. I due tipi di contrattazione decentrata, infatti, appartengono ad un unico livello contrattuale e costituiscono articolazioni aventi pari posizione giuridica (di secondo livello) rispetto alla contrattazione nazionale di comparto (di primo livello).
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Tribunale Civile di Lamezia Terme – Sezione lavoro – giudice XXXXXXX – Sentenza n. 95/ 2001 del 24/5/2001 – FIST-CISL Catanzaro c/ Comune di Curinga. -
Pubblico impiego – CCNL personale comparto regioni e autonomie locali – contrattazione decentrata integrativa – delegazione di parte pubblica – soggetti legittimati a partecipare – designazione del Sindaco o suoi delegati – illegittima –
E’ illegittima la condotta del Comune che, nell’individuazione dei componenti
la delegazione di parte pubblica da ammettere alle trattative inerenti la contrattazione decentrata integrativa, include il suo Sindaco (o un suo delegato) attribuendo al medesimo anche la funzione di Presidente.
L’art. 10 del CCNL del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali prevede, infatti, che la delegazione di parte pubblica sia composta da dirigenti o,
in mancanza, da funzionari evidenziando, pertanto, la specificità delle qualifiche funzionali cui non possono ricomprendersi il sindaco o suoi delegati in quanto organo politico dell’Ente. Tale disposizione non può essere disattesa considerato che l’art. 45 del D.Lgs. n. 29/93 (oggi art. 40 D.Lgs. n. 165/2001), espressamente prevede che, a pena di nullità, la contrattazione integrativa si debba svolgere tra i soggetti
e con le procedure negoziali previste dai contratti collettivi nazionali.
TRATTATIVE NEGOZIALI SU TAVOLI SEPARATI
Pretura di Roma, sezione lavoro; ordinanza 22 settembre 1998, n. 12407;
PARTI: Federazione di base del pubblico impiego (avv. Xxxxxxx) / ARAN e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato);
Vedi Corte cass, n. 742/92 e Corte cass, n. 8518/93
Pubblico impiego; contrattazione collettiva; tavoli separati; art. 00 xxx xxxxxxx xxxxxxxxxxx x. 00/ 00; obbligo della p.a.
Rif. norm.: art. 47 bis decreto legislativo n. 29/93 - art. 700 c.p.c.
L’art. 47 bis, comma 3, del decreto legislativo n. 29/93, introdotto dal decreto legislativo
n. 80/98, introducendo la verifica da parte dell’ARAN di una soglia minima
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di rappresentanza (51%) delle organizzazioni sindacali che aderiscono all’ipotesi di accordo, piuttosto che inficiare le considerazioni in base alle quali
la giurisprudenza riconosceva la legittimità della prassi della trattativa su tavoli separati, ne ha corroborato la validità. Infatti, mentre anteriormente a tale normativa l’aspirazione della pubblica amministrazione ad ottenere il consenso
delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative corrispondeva all’esigenza di realizzare nella maniera migliore lo scopo della negoziazione collettiva, dopo l’entrata in vigore della citata norma, tale aspirazione corrisponde
ad una necessità imposta dall’ordinamento. Ne deriva che la pubblica amministrazione ha l’obbligo di trattare con la presenza contemporanea di tutte le organizzazioni sindacali solo quando vi sia il consenso di tutte le controparti;
ma se alcuna di esse rifiuti di sedersi allo stesso tavolo negoziale, la parte pubblica non può che prendere atto di tale presa di posizione e continuare la trattativa su tavoli separati in quanto, se essa trascurasse le organizzazioni che raccolgono il 51% dei consensi, il contratto collettivo non potrebbe essere validamente sottoscritto.
PERMESSI
E DISTACCHI SINDACALI
numero 2 • marzo/aprile 2003
T.A.R. Lazio, sez. I; sentenza 12 giugno 1996;
Criteri di ripartizione delle aspettative e dei distacchi sindacali ex D.P.C.M. n. 770/1994; profili di illegittimità; diversi criteri di ripartizione; ammissibilità; abrogazione normative di settore;
Sono illegittimi gli artt. 2, comma 4, e 3, comma 10, del D.P.C.M. n. 770/1994 in quanto operano una ripartizione dei distacchi fra i soggetti sindacali, riservando, aprioristicamente, una quota del 10% alle confederazioni e stabilendo che una quota - pari anch’essa al 10% - dei permessi sia da attribuire in parti uguali a tutte le organizzazioni maggiormente rappresentative ed il rimanente in proporzione alla rappresentatività. Tale previsione, infatti, si pone in contrasto con l’art. 54, comma 3, del D.Lgs. n. 29/93 il quale prevede che la ripartizione delle aspettative (ed anche
dei permessi, ancorché non espressamente menzionati,) tra confederazioni
e organizzazioni sindacali aventi titolo debba avvenire “sentite le confederazioni e le organizzazioni sindacali interessate”.
L’abrogazione delle norme particolari di settore in materia di aspettative e permessi sindacali costituisce un effetto ineludibile della nuova disciplina omogenea introdotta dal D.P.C.M. n. 770/ 1994, attraverso la fissazione del tetto massimo di usufruibilità
e la introduzione dei nuovi ed uniformi criteri di ripartizione per quote. L’attuale meccanismo di distribuzione dei distacchi di cui al D.P.C.M. n. 770/1994 prevede la ripartizione dei distacchi in stretta relazione con il grado di rappresentatività di ciascun sindacato all’interno del comparto, che è quello
determinato dalla quota di iscritti rispetto al totale del personale del comparto stesso. Una diversa ripartizione effettuata in relazione all’esponenzialità degli interessi professionali uniformi, aventi un’autonoma e differenziata rilevanza nel comparto non può essere adottata sulla base della normativa vigente senza che ciò alteri la proporzionalità della rappresentatività di ciascun sindacato; tuttavia può essere prevista in sede di regolamentazione della materia tramite contrattazione collettiva ove siano introdotte riserve minime di distacchi in favore dei sindacati aventi una specifica tipologia professionale.
T.A.R. Lazio; ordinanza 4 giugno 1997 n. 1372;
Pubblico impiego; contrattazione a livello decentrato; ammissione alla trattativa in via cautelare; ripartizione provvisoria dei permessi sindacali;
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La necessità che le organizzazioni sindacali, anche se non maggiormente rappresentative sul piano nazionale, partecipino alla contrattazione decentrata
in quanto maggiormente rappresentative in sede aziendale - al cui fine è sufficiente una rappresentatività superiore al 5% - comporta la possibilità dell’ammissione di tale organizzazione, da parte del giudice, in via cautelare, alle trattative aziendali e, conseguentemente, la necessità di includerla, sempre in via interinale,
nella ripartizione provvisoria del monte ore dei permessi sindacali retribuiti relativi al periodo di svolgimento della trattativa.
DEFINIZIONE DEI COMPARTI
DI CONTRATTAZIONE
T.A.R. LAZIO; Sentenza 22 novembre 1995 n. 244;
Pubblico impiego; Xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx xx X.Xxx. x. 00/00; Comparto Enti pubblici di Ricerca; Inserimento dei Ricercatori e Tecnologi nell’area dirigenziale;
E’ legittimo l’inserimento dei Ricercatori e dei Tecnologi nell’apposita area di contrattazione riservata al personale dirigenziale degli Enti Pubblici di Ricerca in quanto, da un lato, l’art. 2 della legge n. 421/92 ricomprende nella dirigenza, non solo il personale con funzioni e poteri tipicamente amministrativi e con responsabilità di uffici gerarchicamente ordinati, ma anche quello svolgente funzioni professionali elevate, dall’altro, l’art. 3 del D.Lgs. n. 29/93 sancisce che ai dirigenti non spetta solo la gestione amministrativa e quella finanziaria, ma anche quella tecnica, dovendosi intendere per tale ogni attività che debba svolgersi sulla base di conoscenze professionali specifiche di settore.
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CARATTERI
DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DI PUBBLICO IMPIEGO
T.A.R. Lazio, Sez. I; Sentenza 2 dicembre 1997, n. 2007; Federazione GILDA-UNAMS
+1 c/ Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri;
contrattazione collettiva di diritto privato e di pubblico impiego; scelta delle organizzazioni sindacali da parte del datore di lavoro pubblico e privato; differenze;
Mentre la contrattazione di diritto privato è improntata al principio di effettività
in base al quale la scelta del datore di lavoro si orienta verso associazioni sindacali che siano in grado di garantire l’attuazione delle clausole contrattuali e quindi,
in definitiva, la pace sociale, che è lo scopo della composizione negoziale
degli opposti interessi, nel settore del pubblico impiego, alla stregua della disciplina prevista dal decreto legislativo n. 29/93, il contratto collettivo di comparto produce effetti sostanziali nei confronti di tutti gli appartenenti al comparto, quali che siano le organizzazioni chiamate al tavolo delle trattative onde risulta più evanescente quel criterio di effettività che guida le scelte del privato datore di lavoro.
Ne deriva che il principio motore dell’azione amministrativa, nella contrattazione collettiva del pubblico impiego, non va individuato nella libertà, bensì
nella discrezionalità che trova il proprio limite ed il proprio parametro di commisurazione nella circostanza che la contrattazione sia imparzialmente condotta con quelle controparti che consentano di perseguire, in concreto, l’interesse pubblico del buon andamento dell’Amministrazione.
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Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda ter - sentenza del 14/01/ 2002 n. 256/02 – Pres. Leva, Rel. Xxxxxxxx – ANPRI-EPR Ass.
Naz.Professionale EE.PP. Ricerca ed altri riuniti (Avv.ti X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxx) c/P.C.d.M., XXXX e c/Ministero per le politiche agricole
(Avvocatura Generale dello Stato).
Pubblico impiego – ricercatori Ministero per le politiche agricole - art 53 CCNL Comparto Ministeri del 5/3/98 – inquadramento nel profilo di I ricercatore – anzianità prescritta con decorrenza anteriore alla stipula del contratto – eccesso di potere, illogicità, disparità di trattamento – non sussiste –
La decorrenza giuridica di benefici contrattuali è atto di assoluto merito rimesso alla libera contrattazione delle parti contraenti e non è discriminatoria in quanto, in virtù del principio che sancisce la non disparità di trattamento per posizioni oggettivamente diverse che vengono trattate in maniera diversificata, intende privilegiare la maggiore anzianità a favore di vincitori di concorso in servizio
ad una certa data.
Il contratto collettivo infatti, è configurabile non alla stregua di un provvedimento suscettibile di sindacato secondo moduli, regole e principi propri del sindacato del giudizio amministrativo, bensì come atto di diritto privato impugnabile
per i motivi elencati dal codice civile e cioè se la clausola del contratto si ponga
o meno in contrasto con norme imperative di legge che sono l’unico limite imposto all’autonomia privata oltre il quale il giudice non può spingersi.
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EFFICACIA
DEI CONTRATTI COLLETTIVI
T.A.R. Lazio, sez. III bis; sentenza 22 maggio 1998, n. 1157; Capicotto ed altri c/ Ministero della pubblica istruzione ed altri;
Conf. T.A.R. Lazio, sez. III bis; sentenza n. 1158/98
pubblico impiego; contratto collettivo nazionale di lavoro; sindacato maggiormente rappresentativo; mancata sottoscrizione; effetti;
La mancata sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro pubblico da parte di un sindacato ritenuto maggiormente rappresentativo non comporta la nullità del contratto medesimo, essendo previsto per le pubbliche amministrazioni un unico contratto collettivo per comparto, con efficacia erga omnes, ed essendo altresì previsto dall’art. 49 del D.Lgs. n. 29/93, come sostituito dal D.Lgs. n. 546/93 che le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.
NULLITA’ DELLE NORME DEL CONTRATTO COLLETTIVO
T.A.R. Lazio, sez. III bis; sentenza 20 marzo 1996 n. 1172;
Pubblico impiego; contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato ex art. 51 D.Lgs. n. 29/93; nullità delle clausole contrattuali;
E’ xxxxx xx xxx. 0000 x.x. xx xxxxxxxx di un contratto collettivo di lavoro stipulato ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 29/93 che sia contraria a norme imperative. Tale nullità è eccepibile tramite l’impugnazione del provvedimento del Presidente del Consiglio
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dei ministri di autorizzazione alla sottoscrizione del contratto poiché tale atto ha, tra l’altro, la funzione di evitare che tramite la disciplina contrattuale vengano introdotte regole contrarie ai valori fondamentali dell’ordinamento.
Tribunale Civile di Urbino – Sezione lavoro – Sentenza n. 958 del 15 dicembre 2000 – Albicocco (Avv. Paleani) c/ INPDAP (Avv. Xxxxxxx Xxxxx) Comune di Urbino
Pubblico impiego – accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi - art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001 – sindacato del giudice – ammissibile se rileva la contrarietà a norme imperative di legge –
Il giudizio di legittimità della clausola collettiva espresso dalle parti negoziali con accordo interpretativo sottoscritto ai sensi dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001 non può ritenersi vincolante per il giudice in quanto il sindacato di validità degli atti negoziali (pure di natura collettiva) spetta inequivocabilmente all’autorità giurisdizionale la quale, ove ritenga il contratto contrario a norme imperative di legge, può rilevarne la nullità, anche d’ufficio, ai sensi degli artt. 1418 e 1421 c.c.
Tribunale Civile di Urbino – Sezione lavoro – giudice XXXXXXXX – Sentenza n. 958 del 15 dicembre 2000 – Albicocco c/ Comune di Urbino.
Pubblico impiego – accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi - art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001 – sindacato del giudice – ammissibile se rileva la contrarietà a norme imperative di legge –
Il giudizio di legittimità della clausola collettiva espresso dalle parti negoziali con accordo interpretativo sottoscritto ai sensi dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001 non può ritenersi vincolante per il giudice in quanto il sindacato di validità degli atti negoziali (pure di natura collettiva) spetta inequivocabilmente all’autorità giurisdizionale la quale, ove ritenga il contratto contrario a norme imperative di legge, può rilevarne la nullità, anche d’ufficio, ai sensi degli artt. 1418 e 1421 c.c.
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DISAPPLICAZIONE DELLE NORME
DEL CONTRATTO COLLETTIVO
T.A.R. Lazio, Sez. I; Sentenza 20 aprile 1998, n. 1321; Ghera ed altri c/Presidenza del Consiglio dei ministri ed A.RA.N.;
Conf. T.A.R. Lazio, sez. I; Sentenze n. 1319/98, 1327/98, 1322/98.
pubblico impiego; contratto individuale di lavoro; motivi di impugnazione; effetti;
Le clausole del contratto individuale ritenute contrarie a norme imperative di legge sono dichiarate nulle, con la conseguente disapplicazione delle norme del contratto collettivo cui fa espressamente rinvio il contratto individuale medesimo.
PRINCIPIO DI PARITA’
DI TRATTAMENTO CONTRATTUALE ED EQUITA’ DELLA RETRIBUZIONE
T.A.R. Lazio, Sez. I; Sentenza 20 aprile 1998, n. 1321; Ghera ed altri c/Presidenza del Consiglio dei ministri ed A.RA.N.;
Conf. T.A.R. Lazio, sez. I; Sentenze n. 1319/98, 1327/98, 1322/98
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pubblico impiego; contratto collettivo di lavoro comparto “Ministeri”; Funzioni similari; differente trattamento economico; art. 36 Cost; copertura parziale; anzianità di servizio; legittimità;
Le differenti previsioni di trattamento economico, nel caso di funzioni similari, non possono dirsi in contrasto con l’art. 36 della Costituzione, in quanto la garanzia prevista non copre l’intero trattamento economico del dipendente ma solo la retribuzione che, nell’ordinario sinallagma contrattuale, è destinata a compensare la prestazione lavorativa eseguita nella normalità delle situazioni, per cui i criteri della proporzionalità e della sufficienza della retribuzione non trovano applicazione nel caso di un emolumento collegato a particolari caratteristiche della prestazione ovvero a particolari qualità del dipendente. Ne deriva che la posizione dei dipendenti inquadrati nella IX qualifica funzionale del Comparto “Ministeri” non è perfettamente identica a quella del personale appartenente alle ex qualifiche direttive ad esaurimento, per la maggiore anzianità professionale maturata da tale personale, che giustifica la differenza di trattamento retributivo legato, appunto, all’anzianità, anche alla luce dell’art. 36 della Costituzione e pur a parità di mansioni.
Tribunale di Roma, sezione lavoro; sentenza 31 dicembre 2001, n. 23202; Xxxxxxxxx (Avv. Cartoni Moscatelli) c/ Ministero dei Trasporti e della Navigazione (Avvocatura dello Stato)
Pubblico impiego – contrattazione collettiva – comparto Ministeri - trattamento economico – indennità di amministrazione – diversità di importo – violazione del principio di parità contrattuale – sussiste.
Principio di parità contrattuale – significato – differenza col settore privato – motivi Attuazione della parità contrattuale – spetta alle parti negoziali
E’ nullo l’art. 33 del contratto collettivo nazionale del Comparto Ministeri, sottoscritto il 16 febbraio 1999, per violazione dell’art. 49, comma 2, del D.Lgs. n. 29/93 e succ. mod. (ora art. 45 del D.Lgs. n. 165/2001) nella parte in cui, prevedendo che gli
incrementi della c.d. indennità di amministrazione siano applicati sui trattamenti già in atto, conserva la disparità di trattamento economico tra dipendenti di un unico ruolo amministrativo – ciò in quanto Il principio di parità di trattamento contrattuale, espressamente enunciato nell’art. 49, comma 2 citato, e consistente nell’obbligo di assicurare ai dipendenti pubblici, a parità di mansioni e inquadramento, lo stesso trattamento economico, opera nel rapporto di lavoro pubblico in quanto quest’ultimo, a differenza di quello del settore privato, essendo strumentale alla cura dell’interesse collettivo, è retto dai medesimi principi di imparzialità e buon andamento che regolano l’azione amministrativa.
Il compito di adottare le misure necessarie ad attuare detto principio di parità spetta però esclusivamente alla contrattazione collettiva e non al giudice che non può sostituirsi alle parti negoziali nel determinare il contenuto della disciplina pattizia. (Nella specie, alcuni dipendenti del Ministero dei Trasporti e della navigazione, provenienti dai ruoli della soppressa amministrazione della Marina mercantile, avevano chiesto al giudice il riconoscimento del diritto a percepire alla stessa indennità di amministrazione spettante ad altro personale del Ministero, proveniente dai ruoli della Motorizzazione civile, di importo più elevato rispetto all’indennità prevista per gli ex ruoli della Marina mercantile).
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