Trust, vincoli di destinazione
Trust, vincoli di destinazione
e affidamento fiduciario nella legge del “dopo di noi”
(Seconda parte)
di XXXXXXXX XXXXX
SOMMARIO: 1. Natura giuridica del trust: una questione ancora aperta. – 2. Ulteriori negozi giu- ridici implicanti l’operatività delle disposizioni agevolative: gli atti di destinazione patrimoniale ex art. 2645-ter c.c. – 3. (Segue): ... il contratto di affidamento fiduciario.
1. (Segue): ... natura giuridica del trust: una questione ancora aperta
Il trust, nel silenzio legislativo (anche) del “dopo di noi”, va notoriamente definito come atto col quale il disponente (settlor) trasferisce la titolarità di de- terminati beni ad altro soggetto (trustee), fiducia- riamente obbligato a gestirli e restituirli secondo le indicazioni e il programma individuati dal dispo- nente medesimo nell’atto costitutivo del trust, nel- l’interesse di un beneficiario (nella specie, persona con disabilità grave).
Diversamente dal modello inglese rigorosamente unilaterale (1), il trust (del “dopo di noi”) sembra piuttosto qualificabile come negozio fiduciario di destinazione, frutto del collegamento negoziale (2) tra atto di destinazione patrimoniale (di per sé uni- laterale, trattandosi di apposizione di un vincolo su un bene) e negozio (contratto) fiduciario traslativo del bene ad altro soggetto incaricato dell’attuazio- ne della destinazione (3). Trattasi di due negozi di- stinti (destinatorio e fiduciario) (4) – ciascuno ca- ratterizzato da una propria causa, strumentale ri-
(1) Nella configurazione classica del diritto inglese, assunta a partire dal secolo XVIII, il trust ha la propria fonte in un atto unilaterale (c.d. dichiarazione di trust, nei trusts express e com- portamento concludente nei trusts implied), sostanzialmente qualificabile come negozio giuridico unilaterale, al quale acce- dono o fanno seguito uno o più atti dispositivi: il settlor dispo- ne traslativamente dei beni in favore del trustee, gli originari e previgenti connotati contrattuali sono scomparsi, perché il tra- sferimento di un estate è un negozio unilaterale e l’unilateralità consente di includere in una sola figura giuridica il trust testa- mentario, il trust istituito per mezzo della dichiarazione di trust ed il trust al quale si accompagna funzionalmente un negozio traslativo. L’affermazione ricorrente nel diritto inglese è che i trusts non sono contracts: unica parte necessaria dell’atto isti- tutivo è il disponente e sebbene la prassi internazionale tenda a rendere anche il trustee parte dell’atto, si ritiene preferibile mantenere la struttura dell’atto istitutivo quale atto unilaterale, lasciando che il trustee (o anche il guardiano) aderisca all’atto, solitamente sottoscrivendolo, ma senza esserne parte. Sull’ar- gomento, cfr. X. XXXXX, Xxxx istitutivi di trust e contratti di affida- mento fiduciario, Milano 2010, p. 22; ID., Istituzioni del diritto dei Trust e degli affidamenti fiduciari, Padova 2008, p. 6; ID., Trusts, Milano 2001, p. 155 ss.: «trust e contratti appartengono a mondi giuridici distinti […] il trust espressamente istituito ha quale propria fonte un atto unilaterale, al quale accedono o fanno seguito (o perfino precedono) uno o più atti di disposi- zione. […] l’atto di disposizione […] consiste nel trasferimento del diritto: tale trasferimento al trustee è essenziale affinché il trust venga in essere»; nello stesso senso, già X. XXXXXXXXXXXXX, Il «trust» nel diritto inglese, cit., p. 183 ss. Con precipuo riferi-
mento al trust nella legge sul “dopo di noi”, cfr. G. LA TORRE, Trust e dopo di noi, Milano 2016, p. 6: perché nasca un trust occorre, anzitutto, una manifestazione di volontà espressa in un atto c.d. istitutivo posto in essere dal disponente per indivi- duare il fine del trust, i compiti e i poteri del trustee; in secondo luogo, uno o più negozi dispositivi, con i quali il disponente trasferisce al trustee beni o in generale posizioni soggettive, funzionali alla realizzazione del compito a questi affidato.
(2) C.M. XXXXXX, Il Xxxxxxxxx, xxx., x. 000 xx.
(0) Xx xxxxxxxx, xx sottolinea come, in realtà, l’atto di desti- nazione in sé sia sempre unilaterale; l’errore di prospettiva na- sce dal confondere la destinazione con un’attribuzione, pre- sente in altri casi di destinazione, ma non in questo. Per l’isti- tuzione del vincolo è sufficiente un atto unilaterale: e ciò in quanto essa, incidendo solo sul patrimonio del disponente, in sé non richiede consensi. Il tenore letterale dell’art. 2645-ter e l’uso del termine “atto”, anziché “contratto”, potrebbe far pro- pendere per una precisa opzione del legislatore, nel senso di lasciare libertà di adozione dello strumento più opportuno: sic- ché qualunque tipologia di atto giuridico è di per sé ammessa ed efficace: qualunque struttura negoziale, unilaterale o bilate- rale, può essere utilizzata in relazione all’atto di destinazione. Cfr., in tal senso, XXXXX, Atto di destinazione e interessi merite- voli di tutela, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto di negoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile, Mila- no 2007, p. 60; cfr., altresì, X. XXXXXX, Interesse a costituire il vincolo di destinazione e tutela dei terzi, in X. XXXXXXX (a cura di), Atti di destinazione e trust. Art. 2645-ter c.c., cit. Parte della dottrina (X. XXXXXX, Redazione dell’atto di destinazione: struttura, elementi e clausole, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il
spetto alla funzione unitariamente e globalmente perseguita dal trust – volti dunque a realizzare “me- diatamente” un fine pratico unitario e finale, attra- verso il conseguimento di un interesse “immediato” e parziale: interesse autonomamente identificabile, rispettivamente, nella conformazione o destinazio- ne della res con conseguente separazione patrimo- niale (negozio unilaterale destinatorio) e nel trasfe- rimento fiduciario dei beni (negozio o contratto traslativo) (5). In altri termini, il trust (nella spe- cie, del “dopo di noi”) risulta funzionalmente ca- ratterizzato, da un lato, dalla causa destinatoria tipiz- zata nell’art. 2645-ter c.c. e ravvisabile nella desti- nazione di un patrimonio ad uno specifico scopo; dall’altro, dalla causa fiduciae (6) e dal rapporto fi- duciario o gestorio strumentale alla realizzazione dello scopo medesimo: una combinazione negoziale fra destinazione patrimoniale dei beni e attribuzio- ne in proprietà ad un fiduciario (7) che «determina un rafforzamento della posizione del beneficiario verso l’esterno [...]», rafforzamento che sicuramente allunga le distanze rispetto al trust “amorfo” della Convenzione de L’Aja e le accorcia riguardo al trust “anglosassone” (8).
Ed invero, il trust della legge del “dopo di noi” –
analogamente al modello anglosassone e a differenza
di quello “amorfo” che appare privo del «requisito del trasferimento» e di «alcun riferimento alla natu- ra fiduciaria del rapporto o comunque alla dimen- sione fiduciaria [...]» (9) sostituita dal «control- lo» (10) – si configura come negozio fiduciario di destinazione con il quale il settlor disponente-fidu- ciante trasferisce la proprietà di determinati beni (immobili, mobili, valori mobiliari, situazioni giuri- diche soggettive in generale) al trustee-fiduciario per una specifica destinazione (cura, assistenza e prote- zione delle persone con disabilità grave), con l’ob- bligo del trustee-fiduciario di esercitare le facoltà di godimento e di disposizione dei beni secondo le mo- dalità indicate dallo stesso disponente-fiduciante e, in particolare, ritrasferendolo a quest’ultimo. Ciò si evince chiaramente dalla legge sul “dopo di noi” là dove prevede, in caso di premorienza del beneficia- rio, il «(ri)trasferimento» dei beni e dei diritti costi- tuenti il trust fund in capo ai soggetti che hanno istituito il trust (art. 6, comma 4, legge n. 112 del 2016) o il «trasferimento del patrimonio residuo [...] in caso di morte del beneficiario» (art. 6, comma 5, legge n. 112 del 2016) (11): il che, peraltro, sembra allontanare il trust del “dopo di noi” dal modello anglosassone basato, diversamente dal primo, sulla fiducia germanistica (12) anziché romanistica. Più
Notariato, Negozio di destinazione: percorsi verso un’espres- sione sicura dell’autonomia privata, 1, 2007, p. 186 s.; M. D’Errico, Le modalità della trascrizione ed i possibili conflitti che possono porsi tra beneficiari, creditori ed aventi causa del “con- ferente”, ivi, p. 93 ss.; X. XXXXXXX, Destinazione patrimoniale ed autonomia negoziale: l’art. 2645-ter x.x., Xxxxx 0000, p. 87 ss.;
X. XXXXXX XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano 2010, p. 224 ss.), ha precisato che la destina- zione di per sé, quale apposizione di un vincolo su un bene, ha carattere unilaterale, trattandosi di un potere che compete uni- camente al proprietario del bene stesso, ma la struttura dell’at- to dipende dalla configurazione prescelta dal disponente e, in particolare, dalla presenza o meno dell’affetto traslativo: men- tre nei casi di destinazione c.d. statica (all’imposizione del vin- colo non si accompagna il trasferimento del bene ad altro sog- getto, rimanendo la titolarità di questo in capo al disponente) si avrà un atto unilaterale, nei casi di destinazione c.d. dinami- ca (trasferimento del bene ad altro soggetto incaricato dell’at- tuazione della destinazione) si ricorrerà allo strumento contrat- tuale: per un’approfondita trattazione al riguardo, cfr. M. BEL- LINVIA, La struttura dell’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c., in M. BIANCA (a cura di), La destinazione del patrimonio, cit.
(4) Sul negozio fiduciario, v. per tutti, X. XXXXXX, Il negozio fi- duciario, Milano 1964; X. Xxxxxxx, Il negozio fiduciario, Torino 2002; X. XXXXXXX, Il contratto estimatorio nella problematica del negozio fiduciario, Milano 1974, p. 291 ss.; X. XXXXXXXXX,voce Negozio fiduciario, in Enc. dir., XXVII, Milano 1978, p. 200 ss.
(5) Per XXXXXXXX, Il trust c.d. interno e i negozi di beni allo scopo, in Nuova g. civ. comm. 2005, fasc. 2, vol. 21, p. 91, la destinazione si realizza in forza di due negozi collegati ed auto- nomi: uno necessario e costante, idoneo a costituire il vincolo di destinazione (negozio c.d. destinatorio), l’altro eventuale e facoltativo idoneo a produrre il trasferimento del diritto desti- nato (negozio traslativo, nella specie fiduciario): ciò in quanto la destinazione può sorgere a prescindere della sussistenza di
un negozio traslativo (si pensi ad es. al fondo patrimoniale, co- stituito dal terzo che trattenga la proprietà del bene o alla ces- sione dei beni ai creditori). Orbene, il trust può ricostruirsi co- me collegamento tra negozio fiduciario traslativo delle res e negozio destinatorio.
(6) Sulla causa fiduciae, v. per tutti GRASSETTI, Del negozio fi- duciario e della sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridi- co, in R. d. comm. 1936, 1, p. 364.
(7) Cfr. X. XXXXXXXX, Dottrina e problemi del notariato argo- menti e attualità, in R. notar. 2008, fasc. 5, vol. 62, p. 1004.
(8) Il risultato è «un modello di “fiducia rinforzata”, indub- biamente nuovo per l’ordinamento italiano»: così, X. XXXXXXXX, op. loc. ult. cit.
(9) Così, ancora, X. XXXXX, Trusts, cit., p. 505.
(10) Ai sensi dell’art. 2 Conv. de l’Aja, come già più volte ri- levato, «per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – qua- lora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nel- l’interesse di un beneficiario o per un fine determinato».
(11) Più specificamente, alla morte del beneficiario del trust e conseguente scadenza del «termine finale della durata del trust» è previsto il trasferimento del patrimonio residuo per successione o donazione soggetta ad imposta «in considera- zione del rapporto di parentela o coniugio intercorrente tra di- sponente, fiduciante e destinatari del patrimonio residuo» (art. 6, comma 5, legge n. 112 del 2016).
(12) Com’è noto, il trust tipico dei sistemi anglosassoni o di common law si palesa assimilabile allo schema della fiducia “germanistica”, caratterizzata da una sorta di dissociazione fra proprietà e legittimazione, proprietà sostanziale e proprietà for- male: nel senso che il fiduciario acquista soltanto la proprietà formale del bene, idonea ad attribuirgli nei confronti dei terzi la legittimazione a compiere le operazioni e le attività previste e dovute nell’interesse del fiduciante, il quale mantiene la pro- prietà sostanziale ed effettiva del bene; laddove, nella fiducia
precisamente, il trustee del “dopo di noi”, a differen- za di quello anglosassone, non risulta intestatario so- lo formale né mero legittimato all’esercizio di un di- ritto di proprietà che rimane in capo al disponente- fiduciante (conformemente al modello della fiducia
c.d. germanistica) (13), ma acquista la proprietà dei beni e la titolarità di determinate situazioni giuridi- che soggettive con l’obbligo di ritrasferimento, in caso di premorienza del beneficiario, per l’appunto in capo ai soggetti che hanno istituito il trust (art. 6, comma 4, legge n. 112 del 2016), ovvero di tra- sferimento del patrimonio residuo in caso di morte
del beneficiario medesimo (art. 6, comma 5, legge
n. 112 del 2016, secondo lo schema della fiducia
c.d. romanistica): obbligo scaturente a carico del trustee dal pactum fiduciae dinamica (14)cum ami- co (15) stipulato col fiduciante-disponente per la realizzazione della destinazione e opponibile ai terzi, in mancanza di un’esplicita disposizione al riguardo, giusta applicazione (analogica) dell’art. 2645-ter c.c. e, alla luce della tradizionale (anche se non univo- ca) riconducibilità al mandato del negozio fiduciario in cui si articola il trust, dell’art. 1707 c.c. (16): sic- ché il disponente, imprimendo il vincolo (negozio
“romanistica”, prevalente nella nostra cultura giuridica e ora recepita e positivizzata nella legge n. 112 del 2016, il fiduciario acquista la piena proprietà del bene trasferitogli dal fiduciante, il quale perde qualsiasi diritto reale sul bene alienato e vanta verso il fiduciario solo un diritto di credito avente ad oggetto l’adempimento da parte di quest’ultimo degli obblighi concer- nenti l’utilizzazione del bene e il suo ritrasferimento: sull’argo- mento, X.XXXXX, Diritto civile, I, Torino 2014, p. 626 s. Nell’ordi- namento italiano, la fiducia germanistica, fondata per l’appun- to sul disgiungimento della legittimazione dalla proprietà, ha una valenza circoscritta ai titoli di credito e la dottrina si è sem- pre mostrata piuttosto contraria a generalizzare l’ammissibilità di siffatta fiducia: sul punto, cfr. X. XX XXXXXXX, Trust e fiducia nell’ordinamento italiano, cit., p. 358. Da ciò deriva, sul piano della disciplina, che nel diritto inglese la tutela del rapporto fi- duciario è conferita al beneficiario, e non al disponente settlor.
(13) In realtà, secondo le ricostruzioni, la fiducia germanisti- ca attribuisce al fiduciario soltanto una legittimazione all’eser- cizio dei diritti e delle prerogative inerenti la proprietà, ferma restando la proprietà in capo al fiduciante, oppure una proprie- tà risolutivamente condizionata alla morte del fiduciante o al tradimento della fiducia: sul punto, cfr. X. XXXXXXXXX, L’opportu- nità di un contratto di fiducia tipico, in La destinazione del patri- monio. Dialoghi tra prassi notarile, giurisprudenza e dottrina, cit., p. 291; X. Xxxxxxxxx, voce Negozio fiduciario, in Enc. giur., XX, Roma 1990, p. 1. Tuttavia, neppure tale seconda ricostru- zione sembra rispondere al trust della “legge sul dopo di noi”, in quanto se è vero che il fiduciario potrebbe qualificarsi come acquirente sub condicione risolutiva, stante il trasferimento in capo al disponente-fiduciante in caso di premorienza del bene- ficiario, è altrettanto vero che l’evento risolutivo è per l’appun- to rappresentato non dalla morte del fiduciante o dal tradimen- to della fiducia, bensì dalla premorienza del beneficiario (per- sona con grave disabilità) oppure, in generale, dalla morte di quest’ultimo e quindi scadenza del termine di durata del trust.
(14) La fiducia dinamica prevede, notoriamente, un trasferi- mento, mentre la fiducia statica si configura quando il fiduciario sia già titolare di una situazione giuridica attiva che, con il pac- tum fiduciae, si obbliga a modificare: al riguardo, X. XXXXXXX, Ma- nuale di diritto privato, Napoli 2017, p. 919. Sull’argomento, cfr. anche X. XXXXXXXX, Gli atti di disposizione e di amministrazione dei beni destinati, cit., p. 211: si ha destinazione “statica” quando l’effetto di destinazione si produce in relazione ad un diritto già appartenente al soggetto autore della destinazione; si ha invece destinazione “dinamica”, quando all’effetto di destinazione si accompagna, funzionalmente collegato, l’effetto traslativo di un diritto dalla sfera giuridica del soggetto destinante a quella del destinatario dell’attribuzione; MATANO, I profili di assolutezza del vincolo di destinazione: uno spunto ricostruttivo delle situazioni giuridiche soggettive, in R. not. 2007, 2, p. 370.
(15) Com’è noto, nella fiducia cum amico, l’alienazione è volta a realizzare particolari scopi nell’interesse dell’alienante o di altri e non a scopo di garanzia (fiducia cum creditore). Es- senziale alle due fattispecie è l’attribuzione di un diritto reale al
fiduciario da parte del fiduciante, accompagnata da un pactum fiduciae a carattere obbligatorio, che tende attraverso l’assun- zione di obblighi da parte del fiduciario, a piegare l’attribuzione della titolarità del diritto trasferito agli scopi specifici avuti di mira: nella fiducia cum amico la cessione servirebbe a consen- tire al fiduciario l’esplicazione di un’attività (di amministrazio- ne, di trasferimento a un terzo, di ritrasferimento dopo un cer- to lasso di tempo al fiduciante, ecc.) di prevalente interesse del fiduciante; nella fiducia cum creditore, invece, il trasferi- mento vale a costituire una garanzia per il fiduciario-creditore. Già nel diritto romano, il potere del fiduciario era di tal natura da poterne abusare: a ciò si rimediava non nel senso di rende- re impossibile l’abuso, bensì facendo leva sulla lealtà o fides del fiduciario: così, X. XXXXXXX, Società fiduciarie e negozio fidu- ciario, Milano 1978, p. 64 s.
(16) Xxx X. XX XXXXXXX, Trust e fiducia nell’ordinamento italia- no, cit., p. 359, fiduciario può essere solo il negozio sottostante, come avviene quando il fiduciante trasferisce la proprietà del ti- tolo con l’intesa che il fiduciario eserciterà il diritto ivi incorpora- to nei modi stabiliti dal fiduciante medesimo. Negozio sottostan- te che la dottrina prevalente riconnette appunto alla figura del mandato e, segnatamente, del mandato senza rappresentanza;
C.M. XXXXXX, Il contratto, in Diritto civile, 3, Milano 2015, p. 711, sottolinea come, relativamente alle alienazioni volte a realizzare particolari scopi nell’interesse dell’alienante o di altri (fiducia cum amico, quale quella sottostante al trust), la causa del nego- zio fiduciario è stata ravvisata nella causa del mandato e, riguar- do al problema della rilevanza della causa fiduciaria rispetto ai terzi, «può trovare applicazione analogica la regola valevole in tema di mandato senza rappresentanza (art. 1707 c.c.)»; X. XXX- XXX, Introduzione e considerazioni generali, in Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea, cit., p. 24, sottolinea come la fattispecie della destinazione allo scopo in- crocia il fenomeno della fiducia e del negozio fiduciario, nonché al tempo stesso, l’istituto del mandato di utilizzare i beni fiducia- riamente trasferiti per la realizzazione dello scopo della destina- zione. In giurisprudenza, cfr. per tutte Cass. n. 1798 del 1976 che ha affermato che dal patto fiduciario scaturisce l’obbligo di ritrasferire al fiduciante-mandante l’immobile acquistato fiducia- riamente. Contra, cfr. X. XXXXXXX, Il negozio fiduciario, cit., p. 67, che giudica inconcludenti gli argomenti addotti a sostegno della costruzione giuridica comunemente adottata dalla dottrina per qualificare il rapporto tra fiduciante e fiduciario come mandato;
X. XX XXXX, Il contratto fiduciario, Milano 1979, p. 28, che defini- sce l’adesione alla tesi del mandato senza rappresentanza un’in- versione concettuale tra causa ed effetto, poiché la causa del mandato va ravvisata nel compimento di atti giuridici e ciò può essere l’effetto, ma non lo scopo, del contratto fiduciario. Alla luce delle obiezioni autorevolmente mosse alla tesi che costrui- sce il negozio fiduciario come un contratto unitario atipico quali- ficato dalla causa fiduciae, una parte della dottrina e la costante giurisprudenza aderiscono all’idea che il negozio fiduciario si componga in realtà di due contratti collegati da una causa fidu- ciae (un contratto traslativo della proprietà del bene, e il patto fi-
di destinazione) su uno o più beni e cedendo questi in proprietà fiduciaria al trustee (negozio o contratto fiduciario) realizzerebbe sia la costituzione della de- stinazione, sia lo strumento della sua attuazione no- nostante il silenzio, al riguardo, del legislatore del “dopo di noi”. D’altro canto, ai fini dell’opponibilità erga omnes del pactum fiduciae – indubbiamente ne- cessaria per assicurare la separazione del trust fund dal patrimonio del trustee e garantire il consegui- mento della particolare finalità tipizzata dal legisla- tore (17) – non sarebbe sufficiente la sola tipizzazio- ne dello scopo o causa destinatoria (assistenza, cura e protezione delle persone con disabilità grave) av- venuta nella legge del “dopo di noi” che sembra ri- conoscere una fiducia (per l’appunto) legale (18).
2. Ulteriori negozi giuridici implicanti l’operatività delle disposizioni agevolative: gli atti di destinazione patrimoniale ex art. 2645-ter c.c.
La legge “dopo di noi”, accanto al trust indica – co- me ulteriori presupposti oggettivi di operatività
della legge n. 112 del 2016 – gli atti di costituzione dei vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter
c.c. (19). Sembrerebbe così confermata, da un lato, la diversità tra queste figure (20), in contrasto con l’orientamento tendente a sovrapporre il trust agli atti di destinazione patrimoniale disciplinati dal- l’art. 2645-ter c.c. (21); dall’altro, contrariamente a quanto ritenuto in dottrina (22) e ponendo fine al- la querelle sorta al riguardo (23), la novella apporta una novità di rilievo ai negozi di destinazione per- ché li arricchisce con la figura del “gestore”, preve- dendo e dando per scontato il trasferimento dei be- ni con vincolo di destinazione ad un “gestore”, di- versamente dalla lettera del testo dell’art. 2645-ter c.c., che non contiene alcuna menzione di affida- mento fiduciario né riferimento esplicito al profilo attributivo (24): sicché tra trust e negozi di destina- zione le distanze appaiono notevolmente ridotte al- lorché la destinazione venga realizzata attraverso l’affidamento ad un “gestore”, sostanzialmente e funzionalmente equivalente al “trustee”. In altri termini, nel trust l’affidamento fiduciario e il trasfe-
duciario con efficacia meramente obbligatoria) e che debba considerarsi comunque valido a patto che abbia causa lecita e non ricorra perciò un’ipotesi di frode alla legge. Il problema della giustificazione causale del trasferimento viene molto spesso ignorato, mentre altre volte si ritiene superabile con l’affermazio- ne che il contratto traslativo in realtà avrebbe una propria causa (ossia quella della vendita o della donazione a seconda dei casi) capace di giustificare il trasferimento della proprietà solo che es- sa nei rapporti interni, per effetto del patto fiduciario, operereb- be unicamente in astratto, operando invece, in concreto, la cau- sa del mandato (sempre solo nei rapporti interni): sull’argomen- to, cfr. X. XXXXXXXX XXXXXXXXXXX, La prescrizione del negozio fidu- ciario, in Nuova g. civ. comm. 2016, 2, p. 347; XXXXXXX, Il con- tratto, 2 ed., Padova 2011, p. 473; XXXXXXXX, Il contratto fiduciario e il contratto indiretto, in Dir. civ. (diretto da Xxxxxx-Xxxxxxxx), II, 3, Il contratto in generale, Milano 2008, p. 837. Sul mandato, cfr. per tutti, X. XX XXXX, Il mandato, Xxxxxx 0000.
(17) In altri termini, la destinazione (cura, assistenza e pro- tezione ai disabili gravi) non potrebbe attuarsi se il diritto tra- sferito fiduciariamente al trustee potesse essere pregiudicato da atti e fatti che non riguardino l’esercizio di quel diritto, co- me accadrebbe se esso cadesse nella successione del trustee o fosse aggredibile dai creditori di questi: sul punto, X. XXXXX, Trusts, cit., p. 310. Trattasi di una ragione funzionale cui con- segue, nel diritto inglese, la tutela del beneficiario legittimato ad esperire determinati rimedi e nel nostro, alla luce della “leg- ge sul dopo di noi”, l’opponibilità del pactum fiduciae.
(18) Si ricorre a tale espressione per indicare istituti regolati specificamente da norme positive, riconducibili all’area della fi- ducia, ove presentino il carattere della c.d. potestà d’abuso, ovvero istituti dotati di apposita disciplina legislativa e contrad- distinti da un particolare nomen iuris; oppure per escludere che la conformità tra il potere riconosciuto in capo al fiduciario ed il compimento delle attività a lui demandate possa venire garantita con strumenti di coercizione legale: sul punto, cfr. X. XXXXXXX, Il negozio fiduciario, Torino 2002, p. 219 ss.; X. XXXXXXX, Il contratto estimatorio nella problematica del negozio fiduciario, Milano 1974, p. 291 ss.
(19) Sull’argomento, cfr. per tutti, X. XXXXXX, Atti di destina- zione (ex art. 2645-terc.c.) e trust: analogie e differenze, in
Contr. e impr. 2007, 1, p. 351.
(20) In tal senso, in giurisprudenza, Trib. Reggio Xxxxxx 22 giugno 2012, in xxx.xxxxxx.xx, pubbl. 27 giugno 2012: il nego- zio xxxxxxxxxxxx ex art. 2645-ter c.c. differisce per molteplici aspetti dall’istituto del trust alla cui fattispecie non può essere ricondotto in alcun modo e, in particolare, per l’assenza di ef- fetti traslativi; contra, Trib. Brindisi 28 marzo 2011, in Trusts 2011, p. 639, alla cui stregua, l’istituto ex art. 2645-ter c.c. consente ad un soggetto di spogliarsi di uno o più beni, non diversamente da quanto accade al settlor nell’àmbito del trust. Il disponente attribuisce ad altri la proprietà di detti beni, simil- mente al settlor nei confronti del trustee. «Se si escludono dif- ferenze marginali, i due istituti tendono a coincidere quanto ai loro tratti salienti».
(21) Al riguardo, cfr. X. XXXX, Il trust italiano, in Dal trust al- l’atto di destinazione, cit., p. 127, la quale focalizzando l’atten- zione sul rapporto tra trust e atto di destinazione sottolinea co- me tale rapporto non possa che essere di totale sovrapposizio- ne nel senso di identificazione dell’uno nell’altro e viceversa.
(22) X. XXXXXXXX, La legge sul “dopo di noi”. Prime osserva- zioni sugli aspetti civilistici, in xxx.xxxxxxxxx.xx.
(23) Parte della dottrina ha sempre ritenuto compatibile con l’atto destinatorio una duplice tipologia di vincolo: statico, sen- za trasferimento della titolarità del bene, e dinamico, con tra- sferimento della proprietà dal conferente ad un gestore, cui viene affidato il compito di attuazione del disegno destinatorio: sul punto, cfr. X. XXXXXX, Riflessioni sul vincolo testamentario di destinazione ex art. 2645-ter c.c., in Dal trust all’atto di destina- zione. Il lungo cammino di un’idea, cit., p. 171.
(24) Nell’art. 2645-ter c.c. non si prevede il profilo attributi- vo, anche se il legislatore non lo nega. L’attribuzione dei beni vincolati a persona diversa dal conferente non è prevista espli- citamente nell’art. 2645-ter c.c., ma non è nemmeno esplicita- mente esclusa: in tal senso, v. DI XXXXXX, L’art. 2645-ter c.c. e il trust. Spunti per una comparazione, in R. not. 2009, p. 604. L’essenza del trust inglese è invece rappresentata dall’affida- mento fiduciario, di cui manca qualunque riferimento nell’art. 2645-ter c.c.: cfr., al riguardo, X. XXXXX, Gli atti di destinazione nel nuovo art. 2645-ter x.x. xxxxx xxxxxxxxx xx xxxxx, xxx., x. 000; ID., Il contratto di affidamento fiduciario, in R. not. 2012, 3,
rimento a quest’ultimo della titolarità dei beni (sal- vo il caso di autodestinazione) (25) sarebbe effetto naturale della fattispecie, mentre per i negozi di destinazione ex art. 2645-ter c.c. risulterebbe opzio- nale (26): tale norma, cioè, sembrerebbe «enuclea- re ipotesi non attributive e ipotesi attributive» ad un gestore (27).
Per entrambi gli istituti, poi, l’art. 6, comma 4, leg- ge n. 112 del 2016 dispone i «(ri)trasferimenti di beni e di diritti reali a favore dei [...] soggetti» che
«hanno istituito il trust [...] ovvero costituito il vincolo di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c.»: il che presuppone, tanto per il trust quanto per gli atti di destinazione, un trasferimento in ca- po, rispettivamente, al trustee e al gestore della pro- prietà dei beni destinati e un ritrasferimento da parte di questi una volta cessato il vincolo destina- torio (28).
Nella legge sul “dopo di noi”, invece, non vi è al- cun riferimento alla segregazione patrimoniale, ti- pica del trust: e, a meno di non voler ridurre a let- tera morta tale istituto – svuotando e frustrando la finalità propria della legge stessa, consistente nella tutela delle persone con disabilità grave (an- che e soprattutto dopo la morte dei disponen- ti) (29) – va legittimamente postulato che il legi- slatore del “dopo di noi” dia per scontato l’effetto segregativo del trust e rinvii, dunque, ad altre nor-
me dell’ordinamento, in primis all’art. 2645-ter c.c. Più precisamente – in mancanza di una norma ad hoc, stante la natura internazionalprivatistica del- la Convenzione dell’Aja e della relativa legge di ratifica e data la qualificazione giuridica del trust “dopo di noi” come negozio fiduciario di destina- zione (30) – troverebbe applicazione per il trust l’art. 2645-ter c.c. (31) che, per i beni immobili e mobili registrati, prevede che «i beni conferiti e i loro frutti possono [...] costituire oggetto di esecu- zione [...] solo per debiti contratti per tale scopo»; ovvero l’art. 1707 c.c., qualunque sia la natura dei beni conferiti, giusta la tradizionale (anche se non univoca) applicabilità delle norme sul man- dato al negozio fiduciario in cui si articola il trust, alla cui stregua «i creditori del mandatario (tru- stee) non possono far valere le loro ragioni sui be- ni che, in esecuzione del mandato (compito fidu- ciario), il mandatario (trustee) ha acquistato in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il mandato (negozio fiduciario e, quindi, trust) risulti da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento, ovvero, trattandosi di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, sia anteriore al pignoramento la trascri- zione dell’atto di ritrasferimento o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo» (32). In altri ter- mini, al trust del “dopo di noi”, che non si esauri-
p. 513 ss.
(25) Si parla di autodestinazione o di destinazione pura o destinazione “statica” per indicare l’assenza di mutamento di titolarità, ferma l’efficacia conformativa sulla res e la separazio- ne patrimoniale. Con precipuo riferimento all’art. 2645-ter c.c., sono essenzialmente tre gli argomenti addotti contro l’ammissi- bilità dell’autodestinazione: il lessico legale e cioè l’uso del ter- mine “conferente”, ma può legittimamente obiettarsi che il te- nore letterale non ha di norma e a maggior ragione in tale di- sposizione ambigua gran rilevanza giuridica; in ogni caso, il “conferimento” del bene a terzi non esclude che il disponente possa essere il beneficiario della destinazione. Per quel che concerne il pregiudizio ai creditori e il rischio di uso fraudolen- to dell’autodestinazione per finalità elusive, occorre sottolinea- re come per la frode alla legge il nostro ordinamento preveda dei rimedi e, in primis, la nullità per illiceità della causa; infine, alla rilevata mancanza di causa nell’autodestinazione, va ecce- pito che l’interesse meritevole di tutela riferibile a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o perso- ne fisiche può essere realizzato anche attraverso l’autodestina- zione ogniqualvolta il beneficiario coincida con il disponente.
(26) Alla destinazione ex art. 2645-ter c.c. può cioè accom- pagnarsi il trasferimento del diritto ad un altro soggetto (gesto- re) in funzione della realizzazione dello scopo, acquisto dunque connotato funzionalmente. In tal caso, sono due i mutamenti giuridici ai quali dovrà essere data pubblicità: il vincolo ex art. 2645-ter c.c. ed il trasferimento di diritti ex art. 2645 c.c. La “Legge sul dopo di noi” ha quindi posto fine, sotto tale profilo, alla vexata quaestio circa le modalità di attuazione della desti- nazione: nel senso che, a questo punto, il tenore letterale della norma non esclude l’attribuzione dei beni destinati (e non solo del potere/dovere di attuare il vincolo destinatorio) ad un sog-
getto diverso dal disponente (gestore): cfr. XXXXXXX, Le destina- zioni patrimoniali atipiche, cit., p. 24.
(27) Così, X. XXXXXX, L’emersione del modello della destina- zione di beni ad uno scopo, cit., p. 77.
(28) In senso contrario e cioè per una diversità dei due isti- tuti al riguardo, v. X. XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazio- ne, in Rass. d. civ. 2008, 4, p. 1030 s.
(29) Più precisamente, la “legge sul dopo di noi” indica al- cuni modelli negoziali (trust, vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e contratti di affidamento fiduciario) di cui inten- de incoraggiare la diffusione, al fine di garantire un costante sostegno alle persone con grave disabilità soprattutto per il tempo in cui resteranno prive del supporto familiare: fine evi- dentemente frustrato là dove i beni in trust o quelli cc.dd. “affi- dati” mediante contratto di affidamento fiduciario non rappre- sentassero un patrimonio separato.
(30) V., supra § 1.
(31) Il trust diventerebbe così opponibile ai terzi, fuoriuscen- do dalla dimensione propria della fiducia romanistica, la quale si caratterizza, secondo l’orientamento prevalente, per l’inop- ponibilità ai terzi degli obblighi fiduciari: X. XXXXXXX, Tassazione indiretta dei negozi di destinazione patrimoniale alla luce della legge n. 112 del 2016 (c.d. “Dopo di noi”), in Nuova g. civ. comm. 2017, p. 583.
(32) Per i beni mobili, stante la comunanza del dato struttu- rale dell’appartenenza o intestazione fiduciaria per un fine spe- cifico, potrebbe operare l’art. 22, Testo Unico in materia di in- termediazione finanziaria (d. legisl. n. 58 del 1998 e successive modifiche), il quale prevede espressamente che i valori e gli strumenti finanziari dei risparmiatori-investitori gestiti dall’in- termediario finanziario (nella, specie trustee), sebbene a questo intestati, costituiscono un patrimonio «distinto» e separato «a
sce nell’atto di destinazione disciplinato nel codi- ce civile all’art. 2645-ter, presentando altresì una causa fiduciae, tradizionalmente (sebbene non uni- vocamente) riconducibile a quella del mandato, risulta plausibile, in presenza di lacune normative o convenzionali, estendere la disciplina relativa all’opponibilità della segregazione patrimoniale contemplata per gli atti di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e per quelli compiuti dal mandatario ex art. 1707 c.c.
Se tutto ciò è vero, alla luce del dato testuale della legge sul “dopo di noi”, la distinzione tra trust e atti o vincoli di destinazione (sebbene non meramente terminologica) risulterebbe marginale, sfumata e ri- dotta, anzitutto, al profilo oggettivo (33) del trust e dell’atto di destinazione in concreto posto in essere per la cura, assistenza e protezione delle persone con disabilità grave: illimitato nel trust, limitato per i negozi di destinazione. Nonostante, infatti, varie aperture dottrinali rispetto alle categorie di beni che possano costituire oggetto del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. (34), il legislatore del “dopo di noi” mostra un atteggiamento di chiu- sura, confermando nell’art. 6, comma 3, lett. e) che esso può avere ad oggetto esclusivamente «be- ni immobili o mobili iscritti in pubblici registri»; laddove il trust fund può essere composto da «beni di qualsiasi natura» (35).
In secondo luogo, dal punto di vista della natura giuridica, permarrebbe la distinzione tra trust, frut- to del collegamento negoziale tra atto di destina- zione e contratto fiduciario traslativo (36), e negozi
di destinazione patrimoniale ex art. 2645-ter c.c. Più precisamente, il trust della “legge sul dopo di noi” contiene un negozio di destinazione, ma non si esaurisce in esso, contemplando altresì un pac- tum fiduciae collegato al primo per la realizzazione dello scopo della destinazione medesima.
Quanto alla forma, anch’essa di norma annoverata quale significativa differenza strutturale tra trust nella sua configurazione originaria (solitamente a forma libera) e negozio di destinazione (a forma vincolata dell’atto pubblico ad substantiam), essa non risulterebbe più determinante quale discrimen tra i due istituti: la “Legge sul dopo di noi”, analo- gamente ai negozi di destinazione disciplinati dal codice civile, anche per il trust sembra infatti ri- chiedere ad substantiam (e non, rispettivamente, ad trascriptionem o a meri fini fiscali) (37) la forma dell’atto pubblico. Altrettanto dicasi per la durata del vincolo, che si afferma illimitata nel trust del modello inglese e limitata (novant’anni) per l’atto di destinazione: a ben vedere, nel trust del “dopo di noi”, diversamente dai sistemi di common law e si- milmente ai negozi destinatori ex art. 2645-ter c.c., la durata del trust non è illimitata bensì fissata nel- la morte del beneficiario.
3. (Segue): ... il contratto di affidamento fiduciario
Annoverato tra i presupposti oggettivi di applica- zione della legge n. 112 del 2016, insieme al trust e ai vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c., in
tutti gli effetti da quello dell’intermediari(o)» (trustee) e, in quanto tale, sottratto alle eventuali azioni dei creditori dello stesso intermediario (trustee). Tuttavia, secondo l’orientamento maggioritario, in tale ipotesi saremmo di fronte ad una fiducia “germanistica”, in quanto ciò che si determina è una scissione tra proprietà e legittimazione, dato che della proprietà dei titoli non è tecnicamente investita la società di gestione, titolare dei diritti conferiti dai titoli: sull’argomento, cfr. per tutti X. XXXXX, La segregazione patrimoniale nelle operazioni finanziarie, in Contr. impr. 2001, 3, p. 1370.
(33) Sotto il profilo soggettivo, invece, entrambi gli istituti presentano un àmbito operativo illimitato, in quanto l’apparen- te limitazione soggettiva a persone con disabilità o pubbliche amministrazioni contemplata nell’art. 2645-ter c.c. è svuotata dalla stessa disposizione e, precisamente, dal riferimento an- che ad altri enti o persone fisiche, in grado di annullare ogni tentativo di circoscrivere la rilevanza degli interessi e dei sog- getti entro angusti confini.
(34) Sul punto, v. X. XXXXXXXX, Trust interno, art. 2645-ter c.c. e «trust italiano», cit., p. 182.
(35) Peraltro, il trust rappresenta notoriamente un modello dinamico di destinazione, nel senso che la destinazione non ha ad oggetto beni ma determinate attività: ciò risulta chiaro in una transazione nell’àmbito di una procedura concorsuale, che è stata l’occasione per un confronto in concreto dell’effi- cacia dei due strumenti, trust e atto di destinazione, posti a ga- ranzia dell’adempimento. Dal confronto è emerso, secondo
M.G. MONEGAT, Strumenti di garanzia in àmbito concorsua- le: trust e atto di destinazione a confronto, in Trusts e att. fid. 2016, p. 347, il vantaggio del trust rispetto al vincolo di desti- nazione di cui all’art. 2645-ter c.c.: oggetto della garanzia non è semplicemente il vincolo su un bene immobile, bensì il prez- zo che il disponente riceverà dalla vendita dell’immobile segre- gato, il cui valore è indicato a seguito di perizia di stima già eseguita, al quale si aggiungono i canoni mensili di locazione, trattandosi di immobile locato, dalla data di istituzione del trust alla vendita. «Nel trust possono essere incluse anche posizioni non dominicali, oltre che beni mobili non registrati, somme di denaro, titoli di credito»: così, A.C. DI XXXXXX, I vincoli di desti- nazione ex art. 2645-ter c.c. Alcune questioni nell’interpretazio- ne di dottrina e giurisprudenza, in R. d. civ. 2014, 3, p. 731 e, in particolare, nt. 24.
(36) V., supra § 1.
(37) Sulla natura ad substantiam e non ad trascriptionem della forma dell’atto pubblico per gli atti di destinazione patri- moniale ex art. 2645-ter c.c., cfr. tra gli altri, XXXXXXXX, La trascri- zione degli atti di destinazione, cit., p. 161 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Il controllo di «meritevolezza» degli atti di destinazione ex art. 2645-ter x.x., xxx., x. 00 x., xxx xxxxxx xxx xx xxxxx ad trascrip- tionem; XXXXXXX, Le destinazioni patrimoniali atipiche. Esegesi dell’art. 2645-ter x.x., xxx., 0000, x. 0 xx., xxxxxxxxxx che «per converso, la tesi che l’atto pubblico sia richiesto ad substan- tiam ha supporti sostanziali».
funzione dell’assistenza, cura e protezione delle per- sone con disabilità grave, per la prima volta ottie- ne il riconoscimento normativo (38) il c.d. con- tratto di affidamento fiduciario (39), frutto di mera elaborazione dottrinale (40) e avente lo scopo di disciplinare i “fondi speciali” composti da “beni sottoposti a vincolo di destinazione” (41). In assen- za ancora di una definizione legislativa, con tale espressione la dottrina intende riferirsi ad un nego- zio necessariamente bilaterale e, per l’appunto, un
«contratto per mezzo del quale un soggetto (affi- dante fiduciario) conviene con un altro (affidatario fiduciario) l’individuazione di posizioni soggettive (esistenti o future), dette banalmente “beni affida- ti”, e la loro destinazione a vantaggio di uno o più soggetti, detti beneficiari, in forza di un programma destinatorio, la cui attuazione è rimessa all’affidata- rio che a tanto si obbliga» (42).
Sembrerebbe trattarsi, a prima vista, di un contrat- to consolidato e, invece, come ammette la stessa
(38) X. XXXXXXX, Tassazione indiretta dei negozi di destinazio- ne patrimoniale alla luce della legge n. 112 del 2016 (c.d. “Dopo di noi”), in Nuova g. civ. comm. 2017, 4, p. 583, sottolinea co- me tale legge rappresenti il primo riconoscimento normativo del contratto di affidamento fiduciario, trattandosi di un mo- dello negoziale di recente elaborazione dottrinale e, precisa- mente, di X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, in R. not. 2012, p. 516 e ID., Il contratto di affidamento fiduciario, Mi- lano 2014. Lo stesso Autore, in Atti istitutivi di trust e contratti di affidamento fiduciario, Milano 2010, p. 3, dichiara che i con- tratti di affidamento fiduciario sono una costruzione giuridica elaborata da lui stesso, priva di alcuno specifico supporto giu- risprudenziale e dottrinale, eccezion fatta per i suoi scritti e tut- tavia recepita in una legge della Repubblica di San Marino (legge n. 43 del 2010). Ai sensi dell’art. 1 di tale legge, l’affida- mento fiduciario è un contratto tra affidante e affidatario, ai sensi del quale alcuni beni sono destinati ad uno o più benefi- ciari, che possono a loro volta essere parti del contratto. Sul punto, cfr. X. XXXXXXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario: aspetti innovativi della recente pronuncia del Giudice Tutelare di Genova, in Trusts e att. fid., p. 42.
(39) In realtà, “l’affidamento fiduciario” compare già nella legge n. 3 del 2012, volta a disciplinare «le situazioni di so- vraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali (art. 6.1.) e consentono che il debitore raggiunga con i propri creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare paga- mento dei creditori estranei all’accordo […] Il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fidu- ciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del rica- vato ai creditori» (art. 7.1). La legge richiama qui, testualmen- te, per la prima volta il “contratto di affidamento fiduciario”, imperniato sul “programma” (liquidazione, custodia e distribu- zione del ricavato ai creditori) e non sul vincolo di beni: nel senso che non sono i beni ad essere vincolati, ma l’attività che su di essi si compie, cfr. X. XXXXX, Il contratto di affidamento fi- duciario, in Trusts e att. fid. 2012, p. 587. Sull’argomento, cfr. anche M.R. XXXXXXX, La funzionalità del contratto di affidamen- to fiduciario, in Trusts e att. fid. 2016, p. 351 ss.; X. XXXXXXX, Autotutela e autorizzazioni nell’àmbito del contratto fiduciario, in Quad. Fond. It. Notar. 2017, vol. 20, n. 1, p. 145 ss.; X. XXXXXX- NITI, Profili tributari del contratto di affidamento fiduciario, in D. e prat. trib. 2018, vol. 89, p. 541 ss.; M.C. ANDRINI, L’affidamento di somme ai notai: una particolare fattispecie di affidamento fi- duciario, in Vita not. 2018, n. 1, p. 477 ss.; X. XXXXXXX, Atti di de- stinazione e negozio fiduciari comparati con l’affidamento fidu- ciario, in Quad. Fond. It. Notar. 2017, vol. 20, n. 1, p. 134 ss.;
X. XXXXX, Le ragioni della proposta dottrinale del contratto di affi- damento fiduciario, in Contr. e impr. 2017, p. 734 ss.; X. XXXXXX, Il regime fiscale del contratto di affidamento fiduciario: riflessi impositivi di un nuovo modello negoziale, in R. d. trib. 2016, vol. 26, n. 3, I, p. 371 ss.
(40) Mentre per il trust, la legge sembra sottintendere il rin- vio ad un istituto comunque socialmente tipico nella prassi (nazionale e internazionale), il richiamo al contratto di affida- mento fiduciario (ancor più del trust) pone notevoli difficoltà al- l’interprete, trattandosi di una figura coniata recentemente e
pressoché priva di riferimenti giurisprudenziali. Lo stesso “pa- dre” del contratto di affidamento fiduciario (X. XXXXX, Il contrat- to di affidamento fiduciario, Milano 2014, p. 487) evidenzia co- me esso emerga quasi esclusivamente dai suoi scritti e da qualche provvedimento: troppo «poco in termini di fonti di pro- duzione del diritto». In giurisprudenza, cfr. Trib. Genova 31 di- cembre 2012, in Trusts 2013, p. 422; Trib. Civitavecchia 4 di- cembre 2013, ivi 2014, p. 299; Trib. Genova 30 gennaio 2014,
ivi 2014, p. 511 e Trib. Genova 29 novembre 2016, ivi 2017, p.
409.
(41) Xxx xxxxxxx critici in merito all’“originalità” di tale espres- sione e alla sua interpretazione non agevole, v. X. XXXXX, L’affi- damento fiduciario nella vita professionale, Milano 2018, p. 109. In particolare, L’Autore rileva la mancanza di alcun significato della locuzione “fondi speciali” e del collegamento testuale fra il contratto di affidamento fiduciario e i vincoli di destinazione.
(42) Così X. XXXXXXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario: aspetti innovativi della recente pronuncia del Giudice Tutelare di Genova, cit., p. 34, e X. XXXXXXX, I negozi di destinazione patri- moniale in favore dei soggetti deboli: considerazioni in margine alla l. 22 giugno 2016, n. 112, in Nuova g. civ. comm. 2017, 1,
p. 128, che rinviano, rispettivamente, a X. XXXXX, Istituzioni del Diritto dei Trust e degli affidamenti fiduciari, Padova 2011, p. 243 e ID., Il contratto di affidamento fiduciario, in R. notar. 2012,
p. 516. Il cuore del contratto risiederebbe dunque nel “pro- gramma” e non nel vincolo impresso ai beni: il che distingue- rebbe il contratto di affidamento fiduciario dall’atto di destina- zione ex art. 2645-ter c.c. Il contratto di affidamento fiduciario viene prospettato come una figura forgiata dall’autonomia pri- vata allo scopo di cogliere e risolvere le limitazioni delle figure esistenti nel quadro di una piena fruizione delle potenzialità del nostro diritto rimaste fino ad ora inespresse: evitando così, da una parte l’abbandono di alcuni istituti del nostro ordinamento e, dall’altro, la trasmigrazione in ordinamenti stranieri. La dot- trina (X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 267) ha così ravvisato la necessità di un contratto di affidamento fi- duciario, anzitutto, tra donante e colui che accetta per i nasci- turi non concepiti ex art. 784 c.c., in forza del quale il donante si obbligherebbe a preservare il valore della donazione e a fare quanto necessario affinché il bene donato (o quello successi- vamente sostituito) pervenga al nascituro qualora egli nasca (o agli eventuali nascituri dopo il primo e la donazione sia a van- taggio di tutti). Nel contratto fra donante e chi agisce per il na- scituro sarebbe dunque fissato il programma dell’affidamento con le relative regole di comportamento, miranti alla realizza- zione di una comune finalità: sarà il contratto a prevedere la sostituzione del bene donato, la sua conservazione e manuten- zione, il soggetto incaricato dell’amministrazione, l’indicazione degli eventuali limiti, e così via. Il contratto disciplinerà altresì il passaggio del bene al beneficiario o ai beneficiari, disponen- do il momento in cui avrà luogo l’effetto traslativo e indivi- duandolo in relazione ad una certa età della persona della qua- le i non concepiti devono essere figli o all’accertamento del- l’impossibilità che, venuto in esistenza un figlio, altri ne possa- no nascere: sull’argomento, cfr. X. XXXXX, Il contratto di affida- mento fiduciario, cit., p. 270 s. Si osserva (X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 269) che in mancanza di tale
dottrina (43), l’esperienza giuridica in questo caso mostra un iter “non ricostruttivo” di un tipo con- trattuale già conosciuto nel suo pieno sviluppo, bensì “costruttivo” di un nuovo tipo contrattua- le (44). L’incertezza giuridica appare sovrana, in quanto il contratto di affidamento fiduciario sem- bra sfuggire ad un inquadramento e ad una conse- guente qualificazione: la disciplina di tale figura, nel nostro sistema, è tutta da costruire, ancor di più che per il trust.E se, da un lato, in favore del- l’operatività del contratto di affidamento fiducia- rio, si osserva (45) come esso sia un negozio di di- ritto italiano – diversamente dal trust necessaria- mente assoggettato ad un diritto straniero – è pur tuttavia vero che, contrariamente al trust, manca- no del tutto specifiche norme di legge volte a disci- plinare tale nuovo tipo contrattuale: sicché, nel si- lenzio legislativo, si dà per scontato (46) che il fon- do affidato, consistente in un patrimonio con com- ponenti attive e passive, non si confonda con il pa- trimonio dell’affidatario fiduciario e risponda delle sole obbligazioni inerenti alla realizzazione del pro- gramma. Di queste, risponderebbe con il proprio patrimonio anche l’affidatario fiduciario, il quale – nei limiti del contratto e in funzione del program- ma destinatorio – potrebbe consumare i beni, uti- lizzarli o mutarli: ciò in quanto il contratto non vincolerebbe le posizioni soggettive (fondo affida- to), bensì l’attività dell’affidatario fiduciario rispet- to ad esse. Nell’ordinaria configurazione, poi, parti (anche soggettivamente complesse) di questo con- tratto sarebbero l’affidante, l’affidatario fiduciario e il garante del contratto; ma, in relazione al pro- gramma concreto, siffatto ruolo potrebbe essere ri- vestito anche da coloro che trarranno o trarrebbero
vantaggi (beneficiari) dalla realizzazione del pro- gramma destinatorio.
Sulla base di tale “costruzione” dottrinaria, parreb- be legittimo qualificare – con non poche difficoltà
– il contratto di affidamento fiduciario come nego- zio inter vivos, di durata, ad effetti obbligatori e fun- zionalmente caratterizzato dal c.d. programma de- stinatorio.
Procedendo con ordine, l’efficacia di tale contratto (per l’appunto inter vivos) risulta svincolata dalla morte dei soggetti che vi partecipano e rimane tale anche là dove essa si dispieghi dopo la morte del- l’affidante (47) e, nella specie, «in vista del venir meno del sostegno familiare». In secondo luogo, il contratto di affidamento fiduciario sembrerebbe in- quadrabile tra i rapporti di durata, in quanto volto ad una rappresentazione del futuro e del dover es- sere, diversamente dall’atto o negozio di destinazio- ne che invece designerebbe un effetto già prodot- tosi nel momento in cui l’atto stesso è compiuto. Sembrerebbe trattarsi, poi, di contratto ad effetti obbligatori, dal momento che l’affidante fiduciario si obbliga a realizzare, più o meno discrezionalmen- te, con la propria attività e nei confronti del terzo beneficiario (48) (nella specie, disabile grave) un certo “programma destinatorio” che l’affidante (nel “dopo di noi”, i genitori) non può (49) compiere personalmente: il “programma”, inteso quale «serie di attività, non sempre del tutto precisamente de- terminate, in favore di una delle parti del rapporto o di un terzo» (50), sembra costituire peraltro la causa concreta del contratto di affidamento fidu- ciario, che guarderebbe alle attività da svolgere e risulterebbe «incentrato sul diritto delle obbligazio- ni, non sul diritto dei beni» (51). Più precisamen-
contratto sarebbe contestabile la stessa esistenza di quei “do- veri di protezione” e di tutela delle ragioni dei nascituri (cc.dd. “situazioni affidanti”), o comunque sarebbero incerti i relativi limiti e modalità di adempimento. Fra donante e colui che ac- cetta per il nascituro non concepito non interviene, infatti, se- condo l’orientamento dominante in dottrina, un contratto di donazione perfetto ed immediatamente efficace: sul punto, v. per tutti, X. Xxxx, Note sull’istituzione dei non concepiti, in R. trim. d. proc. civ. 1948, p. 72; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli 1956, p. 266; X. XXXXX, op. ult. cit., p. 267. Altro esempio normativo relativamente al quale si ritiene utile e necessario il ricorso al contratto di affidamento fiduciario è la donazione con riserva di disporre ex art. 790 c.c.: sull’argomento, cfr. ancora X. XXXXX, op. ult. cit., p. 285 ss.
(43) X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, Milano 2014, p. 255.
(44) È dubbia la possibilità stessa di parlare al riguardo di “tipo contrattuale”, dal momento che ciò richiede notoriamen- te elementi strutturali «invarianti» e costanti, laddove il contrat- to di affidamento fiduciario sarebbe strutturalmente caratteriz- zato da una certa elasticità.
(45) In tal senso, ancora, X. XXXXX, L’affidamento fiduciario nella vita professionale, Milano 2018, p. 3.
(46) Sull’argomento, cfr. X. XXXXX, L’affidamento fiduciario nella vita professionale, cit., p. 3 ss.; ID., Il contratto di affida- mento fiduciario, Milano 2014, p. 311 ss.
(47) Analogamente a quanto accade in un contratto di assi- curazione sulla vita stipulato dall’assicurato ex art. 1920 c.c. a favore di un terzo (es. moglie e/o figli) che produce senz’altro effetto tra le parti, in quanto l’assicurato sarà tenuto a pagare periodicamente all’assicuratore i premi previsti dal contratto, mentre i beneficiari avranno diritto a percepire l’indennità do- vuta dall’assicuratore solo alla morte dell’assicurato: sul punto, cfr. X. XXXXX, Xxxxxxx xxxxxx, X, Xxxxxx 0000, p. 73.
(48) In tal senso, X.XXXXXX, Il regime fiscale del contratto di af- fidamento fiduciario: riflessi impositivi di un nuovo modello ne- goziale, cit., p. 377.
(49) Al di fuori dell’àmbito di operatività della legge sul “do- po di noi”, l’affidante potrebbe anche non volere compiere l’at- tività diretta a realizzare il programma destinatorio.
(50) Così testualmente, ancora, X. XXXXX, op. ult. cit., p. 253.
(51) X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 252 e ID., L’affidamento fiduciario nella vita professionale, cit., p.
te, si individua la giustificazione causale del con- tratto di affidamento fiduciario nella «predisposi- zione della stabile realizzazione di un programma destinatorio meritevole di tutela» e a cui risulta vincolata l’attività che l’affidatario fiduciario svol- gerà, di norma, con il concorso di altri soggetti (af- fidante, garante o terzo) (52).
Il contratto di affidamento fiduciario, nella confi- gurazione dottrinaria, infatti, sarebbe fonte, a sua volta, di eventuali negozi bilaterali autorizzati- vi (53) – da parte dell’affidatario fiduciario ad altro soggetto (affidante, terzo, garante e, talvolta, anche beneficiario) – di tipo “costitutivo” (54), in quanto attributivi del potere di compiere atti con effetti reali sul fondo affidato, ovvero di disporre della po- sizione contrattuale dell’affidatario fiduciario o an- cora di far nascere obbligazioni a carico di quest’ul- timo (55): così, ad esempio, per mezzo di un nego- zio autorizzativo, l’affidatario fiduciario consente al garante o allo stesso affidante (finché vivo e capa- ce), o ai beneficiari, di operare sul fondo affidato, trasferendolo ad altro affidatario o addirittura ce- dendo ad un nuovo affidatario la relativa posizione contrattuale (56).
V’è di più. Le posizioni soggettive destinate alla realizzazione del programma e costituenti il fondo affidato possono essere trasferite dall’affidante al- l’affidatario fiduciario, ovvero acquisite da quest’ul- timo con mezzi fornitigli dall’affidante: non rappre-
senta quindi elemento strutturale costante, bensì eventuale, del contratto di affidamento fiduciario il trasferimento delle posizioni soggettive, in quan- to l’affidante potrebbe vincolare, anche solo tem- poraneamente, all’attuazione del programma posi- zioni soggettive di cui rimane titolare, oppure l’affi- datario potrebbe acquistare tali posizioni con mezzi propri e porle a servizio del programma fissato nel contratto di affidamento fiduciario: in questi casi, come in altri, mancherebbe un negozio ad effetti reali, traslativo delle posizioni soggettive (diritti reali su beni o diritti di credito). In altri termini, il trasferimento della proprietà di determinati beni o di altri diritti al fiduciario, per una specifica desti- nazione (cura, assistenza e protezione delle persone con disabilità grave), che, come già rilevato (57), rappresenta nel trust elemento indefettibile della fattispecie insieme all’atto (unilaterale) di apposi- zione del vincolo, nel contratto di affidamento fi- duciario – analogamente ai negozi di destinazione patrimoniale ex art. 2645-ter c.c. – sarebbe mera- mente eventuale.
Ne risulta comunque un’operazione negoziale com- plessa nella quale possono confluire distinti patti autonomi, seppure necessariamente tutti collegati sul piano funzionale all’affidamento fiduciario: ne- gozi autorizzativi, negozi traslativi e clausole istitu- tive di meccanismi di autotutela, intesa quale pro- cedimento che rimette all’autonomia privata la ri-
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(52) Trattasi sia di soggetti titolari di poteri in forza di un ne- gozio autorizzativo, sia di soggetti abilitati ad avvalersi dei meccanismi di autotutela: per i primi, il negozio autorizzativo inerente al contatto di affidamento fiduciario comporterebbe l’attribuzione da parte dell’affidatario fiduciario ad un altro sog- getto del potere o legittimazione a compiere atti con effetti reali sul fondo affidato o di disporre della posizione contrattua- le dell’affidatario fiduciario o di far nascere obbligazioni a cari- co di quest’ultimo rispetto a specifici beni inclusi nel fondo af- fidato. Autorizzato può essere l’affidante e successivamente un terzo o fin dal principio un terzo (o più terzi) oppure con- temporaneamente l’affidante e un terzo, dotati dei medesimi o di diversi poteri.
Per i secondi, si tratta dell’attribuzione di poteri di vario ge- nere a soggetti diversi dall’affidatario fiduciario e talvolta a quest’ultimo rispetto alle altre parti o ai soggetti interessati al programma.
(53) Il contratto di affidamento fiduciario, mediante apposi- te clausole, potrebbe apprestare meccanismi di sostegno al- l’attività dell’affidatario fiduciario e di intervento nella fase ese- cutiva del rapporto in forza di previ negozi autorizzativi, subor- dinando l’esercizio dei poteri dell’affidatario fiduciario a con- sensi o pareri dell’affidante ovvero di coloro che beneficiano o beneficeranno dell’affidamento o ancora di altri soggetti che il contratto designi o permetta di designare: al riguardo, cfr. X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 316.
(54) Sulla distinzione tra autorizzazione “integrativa” e “co- stitutiva”, v. X. XXXXXXXXX, voce Autorizzazione, in Enc. dir., IV, Milano 1959, p. 504, che sottolinea come l’effetto dell’autoriz- zazione di tipo “costitutivo” sia la nascita di un potere giuridico
di disporre o di una legittimazione ad agire sul patrimonio al- trui. Per C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano 2015,
p. 68 ss., l’autorizzazione “costitutiva” attribuisce la legittima- zione a modificare l’altrui sfera giuridica, compiendo atti giuri- dici in nome dell’autorizzato ma nell’interesse dell’autorizzan- te. Sul punto, cfr. M.R. XXXXXXX, La funzionalità del contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 354 e, in particolare, nt. 18.
(55) Più precisamente, la dottrina distingue al riguardo ne- gozi autorizzativi cc.dd. “fondamentali”,a mezzo dei quali l’af- fidatario attribuisce ad altri il potere di compiere atti con effetti reali sul fondo affidato, ovvero di disporre della posizione con- trattuale dell’affidatario o, ancora, di far nascere obbligazioni a carico dell’affidatario; negozi autorizzativi cc.dd. “secondari”, relativi ad aspetti meno centrali del programma destinatorio come quello con cui il garante autorizza l’affidatario a diminui- re o incrementare la rendita di un beneficiario: al riguardo, cfr.
X. XXXXXXX, Autotutela e autorizzazioni nell’àmbito del contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 153; X. XXXXX, Il contratto di af- fidamento fiduciario, cit., p. 322.
(56) In altri termini, con un negozio autorizzativo, si avrebbe non solo il trapasso dei diritti sui beni e il connesso effetto ablativo, ma altresì il trapasso della posizione del fiduciario: sul punto, v. X. XXXXX, Le ragioni della proposta dottrinale del con- tratto di affidamento fiduciario, in Contr. e impr. 2017, 3, p. 739. In ogni caso, è il contratto di affidamento fiduciario a de- terminare l’oggetto del negozio autorizzativo, adattandolo allo specifico programma: il contratto è congegnato in modo tale che in qualsiasi evenienza vi sia un soggetto autorizzato. Sul- l’argomento, cfr. X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 324.
(57) X. xxxxx,§ 0.
soluzione di conflitti. A quest’ultimo riguardo, co- me di norma accade nei contratti di durata, anche in quello di affidamento fiduciario, potrebbero es- sere inseriti meccanismi di autotutela, mediante l’attribuzione di poteri di vario genere all’affidata- rio fiduciario o a soggetti diversi da quest’ultimo (affidante, terzo o terzi) (58): ciò, al fine di assicu- rare il superiore interesse all’attuazione del pro- gramma destinatorio (nella specie, cura, assistenza e protezione delle persone con disabilità grave), a fronte di sopravvenienze ed eventuali “fatti ostaco- lativi” (59), relegando ad extrema ratio il ricorso al- la tutela giurisdizionale e prevenendo altresì gli stessi conflitti.
Anche alla luce dei rilievi svolti nelle pagine pre- cedenti in merito al trust del “dopo di noi”, sembra possibile ricavare differenze e affinità tra i due isti- tuti.
Senza alcuna pretesa di completezza, per quel che concerne le differenze, con precipuo riferimento al- la natura giuridica, appare legittimo optare per una fonte contrattuale dell’affidamento fiduciario, lad- dove il «trust non è (un mero) contract» (60), bensì (come già precisato) un collegamento negoziale tra atto (o negozio unilaterale) di destinazione patri- moniale e pactum fiduciae traslativo: ciò sembra confermato dal tenore letterale della legge sul “do- po di noi” che, diversamente dal trust, parla di “contratto” di affidamento fiduciario anziché di “atto”, conformemente alla sua configurazione tipi- ca dottrinaria. In particolare, da un lato, l’affidata- rio fiduciario, analogamente al trustee del “dopo di noi”, sarà sempre parte del contratto; dall’altro, se- condo la ricostruzione dottrinaria (61) e a differen- za del beneficiary trust (62), che può essere soltanto mero destinatario dell’attribuzione patrimoniale, i
beneficiari di un contratto di affidamento fiducia- xxx potranno non solo approfittare delle disposizio- ni in loro favore alla stregua di un contratto a fa- vore di terzi (63), ma anche essere parti di tale contratto (in tal caso, plurilaterale) (64).
Sul piano oggettivo, poi, non solo il contratto di affidamento fiduciario parrebbe includere sia beni presenti, sia futuri, laddove nel trust il vincolo di destinazione verrebbe impresso esclusivamente sui beni presenti (65); ma altresì i beni “affidati”, di- versamente da quelli “vincolati” ex art. 2645-ter
c.c. e oggetto di trust, si collocherebbero in una prospettiva dinamica (anziché statica), in cui l’ac- cento viene posto non sui singoli beni atomistica- mente considerati (trust), bensì su un insieme di beni funzionalmente connessi (fondo affidato) tra loro in quanto tutti strumentali all’esecuzione del programma: anzi, «vincolato non è il bene, ma l’at- tività che sul bene si compie», nel senso che «è l’attività che rimane vincolata nell’obiettivo e nei modi per realizzarla» (66). Nel contratto di affida- mento fiduciario, quindi, lo scopo cui i beni (fon- do) sono destinati non sarebbe raggiungibile se essi venissero valutati singolarmente: sicché l’espressio- ne “fondo affidato”, diversamente dal trust fund e dai beni destinati ex art. 2645-ter c.c., dovrebbe es- sere interpretato come “universalità” giuridica (67). Passando ad esaminare gli elementi in comune alle due figure, il “fondo affidato” costituirebbe – se- condo l’elaborazione dottrinaria e analogamente ai beni oggetto di trust – un patrimonio separato, affi- dato al fiduciario, ogniqualvolta ne divenga titola- re: separazione patrimoniale che, in assenza di al- cuna specifica norma al riguardo e similmente a quanto osservato per il trust, dovrebbe ricavarsi an- cora una volta dall’art. 2645-ter c.c. avente ad og-
(58) L’autotutela spettante all’affidatario fiduciario si mani- festerebbe ad es. nel suo potere di sostituire altri a sé nel rap- porto contrattuale, qualora ciò sia consentito da una disposi- zione del contratto di affidamento fiduciario: così, se il contrat- to preclude all’affidatario fiduciario di far valere l’eccessiva onerosità sopravvenuta, deve al tempo stesso prevedere rego- le che gli consentano di liberarsi dalle proprie obbligazioni sen- za pregiudizio per il programma; o quando un beneficiario sia debitore dell’altro per ragioni derivanti dall’esecuzione del pro- gramma, l’affidatario fiduciario può provvedere direttamente all’adempimento avvalendosi del fondo affidato o sostituendo il beneficiario inadempiente. L’autotutela potrebbe altresì con- sistere nella richiesta obbligatoria di pareri da parte dell’affida- tario fiduciario: sull’argomento, v. ancora X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 326.
(59) Così, testualmente, X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 324.
(60) Così, X. XXXXX, op. ult. cit., p. 22.
(61) Cfr., ancora, X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiducia- xxx, xxx., x. 000.
(62) «Un beneficiario o più beneficiari possono essere parti
di un contratto di affidamento fiduciario mentre non possono essere parti dell’atto istitutivo di un trust»: così, X. XXXXX, op. ult. cit., p. 489.
(63) Cfr., xx riguardo, X. XXXXX, Xxxx istitutivi di trust e contrat- ti di affidamento fiduciario, cit., p. 25.
(64) Può presentarsi, al riguardo, una varietà di moduli: sul punto cfr. X. XXXXXX, Il programma contrattuale: l’attività dell’af- fidatario fiduciario e i rapporti fra le parti, in Contratti di convi- venza e contratti di affidamento fiduciario quali espressioni di un diritto postmoderno, cit., p. 165.
(65) «I beni in trust non sono mai “beni futuri”, in quanto essi sono trasferiti al trustee precisamente perché siano segre- gati»: così, X. XXXXX, Trusts, cit., p. 576 s.
(66) Così, testualmente, M.R. XXXXXXX, La funzionalità del contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 351.
(67) Ciò in quanto bene giuridicamente astratto ma unita- rio, suscettibile di essere oggetto di proprietà e implicante il permanere della stessa identica titolarità, pur mutando la com- posizione dell’insieme. Sul punto, cfr. X. XXXXXXX, La posizione soggettiva dell’affidatario e la segregazione patrimoniale, cit., p. 156.
getto gli atti di destinazione patrimoniale e con i quali, mutatis mutandis, il contratto di affidamento fiduciario condividerebbe pur sempre la causa de- stinatoria a vantaggio di uno o più soggetti, detti beneficiari, in forza di un programma destinato- rio (68). Se così non fosse, verrebbe frustrata la stessa ratio legis: valea dire la promozione dei mo- delli negoziali ivi previsti, al fine di garantire un costante sostegno alle persone con disabilità grave, soprattutto dopo la morte dei disponenti.
Analoga al trust del “dopo di noi” sarebbe infine, nel caso di negozio dispositivo ad effetti reali, an- che la natura temporanea della proprietà, in quan-
to trasferita dall’affidante all’affidatario nell’inte- resse altrui: il patrimonio destinato appartenente all’affidatario risulta cioè, similmente a quello ac- quistato dal trustee, caratterizzato da una tempora- neità connaturata al rapporto e funzionalmente le- gata all’attuazione del programma (necessariamen- te temporaneo) (69). In entrambi i casi, il ritrasfe- rimento in capo ai disponenti o il trasferimento dei beni destinati a soggetti determinati avverrebbe a seguito di premorienza del beneficiario o scaden- za del termine, come sembra evincersi dall’art. 6, commi 4 e 5, legge n. 112 del 2016.
(68) Come già rilevato (v. supra, nel testo), il contratto di af- fidamento fiduciario (di per sé non trascrivibile) potrebbe non limitarsi a creare il vincolo di destinazione sul fondo affidato, ma potrebbe anche produrre, con efficacia immediata o differi- ta ed eventuale, un trasferimento della titolarità del fondo affi- dato: entrambi dovrebbero, ovviamente, essere oggetto di ido- nea pubblicità. In particolare, tale trasferimento richiede una specifica trascrizione che lo renda opponibile ai terzi: ciò do- vrebbe avvenire ai sensi e per gli effetti degli artt. 2643 e 2644
c.c. e, quindi, con efficacia dichiarativa finalizzata alla risolu-
zione di eventuali conflitti con soggetti che vantino diritti in- compatibili con quello acquistato dall’affidatario: al riguardo, cfr. X.XXXXX, L’affidamento fiduciario nella vita professionale, cit., p. 164.
(69) «Il fondo affidato appartiene solo temporaneamente» all’affidatario: così, X. XXXXX, Il contratto di affidamento fiducia- rio, cit., p. 314. «Naturalmente temporaneo è il trustee nel suo rapporto con i beni in trust, così come l’affidatario fiduciario ri- spetto al fondo affidato»: così, X. XXXXX, op. ult. cit., p. 488.