QUESITO
Divisione Contribuenti
Direzione Centrale Piccole e medie imprese
Risposta n. 334/2022 |
OGGETTO: Articolo 25 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con |
modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Start-up innovativa e contratto di associazione in partecipazione.
Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, e' stato esposto il seguente
QUESITO
La società ALFA S.R.L. (di seguito anche "ALFA", "la società" o "l'istante") rappresenta quanto segue.
ALFA a decorrere dal ... 2020 è iscritta nel registro delle imprese come "start-up innovativa", ai sensi del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ed ha per oggetto la progettazione, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti e servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
Nello specifico, la società ha sviluppato un servizio innovativo di La
realizzazione di questo progetto comporta per la start-up il sostenimento di ingenti costi di investimento sia nell'acquisto che nell'installazione ....
La società è pertanto intenzionata a realizzare una partnership con investitori, sia persone fisiche che imprese, disposti ad accollarsi le spese di ..., in cambio della partecipazione agli utili derivanti ..... La partnership assumerebbe la veste di
associazione in partecipazione con apporto di capitali, a fronte del diritto spettante all'associato di partecipare agli utili derivanti dallo specifico affare.
L'istante evidenzia che, ai fini delle imposte dirette, l'utile attribuito all'associato persona fisica viene considerato reddito di capitale, mentre nel caso di associato imprenditore l'utile diventa un componente positivo del reddito di impresa (dividendo). Dunque, a suo avviso, in campo fiscale l'associazione in partecipazione con apporto di capitale viene trattata alla stregua di un rapporto di natura partecipativa e l'erogazione dell'utile all'associato alla stregua della distribuzione di dividendo.
Quanto sopra premesso, considerato che l'articolo 25, comma 2, lett. e) del decreto legge n. 179 del 2012 prevede che le start-up, oltre ai requisiti elencati nello stesso comma, non debbano aver distribuito e non possano distribuire utili fino a quando sono iscritte nella sezione speciale della CCIAA, la società chiede se tale divieto risulta operante anche nel caso di attribuzione di utili all'associato che apporta capitale nell'ambito di un contratto di associazione in partecipazione sottoscritto con la start-up.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Secondo l'istante, il divieto di distribuzione di utili previsto dal citato articolo 25 opererebbe solo per i soci investitori nel capitale sociale, poiché agli stessi sono riservate agevolazioni fiscali derivanti dalla partecipazione al capitale della start-up, sia in termini di deducibilità dal reddito sia di detrazione di imposta delle somme investite.
Tale prospettazione è, a parere dell'istante, confermata dal disposto dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge n. 179 del 2012, che prevede che il diritto alle agevolazioni decade se, entro tre anni dall'investimento, si attua una cessione anche parziale della partecipazione, dal che si evince l'intento del legislatore di creare un vincolo temporale del socio investitore con la start-up, in cambio di un risparmio
fiscale.
Nel caso prospettato invece, secondo la società, si è di fronte ad una remunerazione sotto forma di utili, che viene garantita all'associato che apporta capitale nel singolo affare nell'ambito di un contratto di associazione in partecipazione, forma contrattuale ben distinta da quella del contratto societario.
Pertanto, il divieto stabilito dall'articolo 25, comma 2, del decreto legge n. 179 del 2012 non sarebbe estensibile al caso prospettato, in quanto sia la forma contrattuale sia la qualifica dell'investitore sono a parere dell'istante "diametralmente opposte a quelle regolamentate dal legislatore nella normativa sopra indicata".
Nello specifico, l'istante evidenzia che il contratto di associazione in partecipazione si distingue da quello di società, in quanto si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive, oneroso e consensuale in cui manca un autonomo patrimonio comune, nonché una gestione comune; rileva altresì l'interpellante che la qualifica di socio è ben diversa da quella di associato, in quanto la titolarità dell'impresa spetta all'associante, il quale svolge ogni attività con responsabilità esclusiva verso i terzi e con il solo obbligo di presentare un rendiconto all'associato.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare, si evidenzia che il presente parere viene reso in ordine al profilo di interpretazione della norma tributaria espressamente richiamato dall'istante e non agli ulteriori presupposti e requisiti per l'applicazione della disciplina in commento, e prescinde dall'esame delle questioni che implicano accertamenti di carattere tecnico che non rientrano tra le competenze dell'amministrazione finanziaria (cfr. al riguardo circolare n. 9/E del 2016 e, più di recente, circolare n. 31/E del 2020).
Il decreto legge n. 179 del 2012 ha introdotto un quadro organico di disposizioni, riguardanti la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative.
La disciplina in questione è stata oggetto di diversi interventi normativi di
modifica, tra cui il decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12) e la legge 30 dicembre 2018, n.
145.
Ai fini d'interesse, l'articolo 25 del citato decreto legge n. 179 del 2012, rubricato "Start-up innovativa e incubatore certificato: finalità, definizione e pubblicità", al comma 2 stabilisce i requisiti necessari per assumere la qualifica di start-up innovativa, tra i quali, alla lettera e), è previsto che la start-up "non distribuisce, e non ha distribuito, utili".
L'istanza in oggetto concerne la sussistenza di tale requisito in caso di stipula da parte della start-up, in qualità di associante, di un contratto di associazione in partecipazione con determinati investitori, ai fini della realizzazione di uno specifico progetto.
Ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, con il contratto di associazione in partecipazione, l'associante attribuisce ad un altro soggetto, l'associato, una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto.
La determinazione della natura e dell'oggetto dell'apporto è rimessa alla volontà delle parti e può consistere in una somma di denaro, nella cessione di beni mobili o immobili o nella prestazione di un'opera o di un servizio (con la limitazione che, nel caso in cui l'associato sia una persona fisica, l'apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro).
Con l'apporto reso, l'associato ordinariamente partecipa al rischio dell'attività di impresa o dell'affare posto in essere dall'associante; l'articolo 2553 del codice civile stabilisce infatti che l'associato partecipa agli utili ed alle perdite, con il limite che "le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto".
Il contratto di associazione in partecipazione assume per l'associante una funzione prettamente "finanziaria", di reperimento dei mezzi necessari per lo svolgimento dell'attività o per il compimento dell'affare, evitando il ricorso
all'ordinario mercato finanziario, mentre per l'associato assume una funzione "associativa", tesa a soddisfare l'interesse a partecipare ai vantaggi conseguenti al raggiungimento degli scopi prefissati attraverso l'attività o gli affari svolti, con i rischi di impresa che ne conseguono.
A seconda della preminente rilevanza che si attribuisce alle summenzionate funzioni, la causa giuridica del negozio in oggetto può essere ricondotta rispettivamente nell'ambito dei contratti sinallagmatici a carattere aleatorio ovvero nell'ambito dei contratti associativi.
Ciò posto, ai fini d'interesse si rileva che, al di là dell'inquadramento giuridico della figura negoziale in esame, assume valenza dirimente la circostanza che il legislatore fiscale abbia equiparato il trattamento fiscale della remunerazione corrisposta in relazione ai contratti di associazione in partecipazione (allorché, come nel caso in esame, sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi) a quello della remunerazione dovuta in relazione a titoli e strumenti finanziari comunque denominati, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società.
Ai sensi dell'articolo 109, comma 9, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), entrambi i tipi di remunerazione risultano indeducibili per il soggetto emittente/associante e, in base all'articolo 44, comma 1, rispettivamente lettere e) ed f), del TUIR, sia gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società, sia gli utili derivanti da associazioni in partecipazione sono per il percettore da considerarsi redditi di capitale (eccetto il caso in cui l'apporto dell'associato sia costituito da solo lavoro).
Il trattamento fiscale è dunque, sia per l'associato che per l'associante, equivalente a quello di una partecipazione ad una società di capitali: la distribuzione dell'utile non è deducibile in capo all'associante, mentre il regime di imposizione fiscale, in capo all'associato varia a seconda che si tratti di un soggetto IRES, di un soggetto IRPEF imprenditore o di un soggetto IRPEF privato, secondo le rispettive
regole previste per le diverse categorie di percettori.
A parere della scrivente, tenuto conto del relativo regime di tassazione, ove la start-up innovativa procedesse a corrispondere utili all'associato in partecipazione perderebbe i requisiti previsti dall'articolo 25, comma 2, del decreto legge n. 179 del 2012, che alla lettera e) dispone che la start-up "non distribuisce, e non ha distribuito, utili".
Tale conclusione è peraltro avvalorata dall'essere il divieto di distribuzione di utili finalizzato a favorire l'investimento degli stessi per la crescita della start-up innovativa; ove si procedesse a remunerare l'associato in partecipazione con tali utili verrebbe meno il comportamento virtuoso che la norma agevolativa intende premiare con le corrispondenti agevolazioni fiscali.
Alla luce di quanto sopra rappresentato, si ritiene che la normativa relativa alle start-up innovative precluda la distribuzione di utili anche nell'ipotesi di ricorso a contratti di associazione in partecipazione.