COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) BLANDINI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) SICA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 24/11/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente afferma che nell’aprile 2010 ha sottoscritto con la convenuta un contratto di finanziamento - finalizzato all’acquisto di beni di consumo – con rimborso attraverso bollettino postale, e per un importo complessivo di euro 345,40. Successivamente gli veniva recapitata gratuitamente una carta di credito, che solo dopo scoprirà essergli stata fornita in forza della sottoscrizione di una clausola a margine del contratto di finanziamento predetto di cui il ricorrente afferma non aver avuto contezza.
Dopo aver riscontrato delle anomalie sugli estratti conto e dopo aver registrato l’applicazione di tassi di interesse superiori al tasso soglia legislativamente previsto – sulla cui usurarietà però l’attore precisa di non voler proporre taluna questione in questa sede - il ricorrente rileva la nullità del contratto dovuta, a suo avviso, sia ad una presunta carenza di forma scritta sia ad una indeterminatezza dell’oggetto.
Quanto alla carenza di forma scritta, evidenzia che “la sottoscrizione [del ricorrente] nel modello contrattuale indicato come ‘richiesta facoltativa di apertura di credito a tempo indeterminato’ non appare idonea ad integrare i criteri della forma scritta obbligatoria per i contratti bancari” e che, quindi, vi è stata una violazione dell’art. 117 comma 1 del TUB, in quanto, “non può assumere il valore di un contratto una clausola riguardante una carta di credito revolving inserita in modo illegibile (perché redatta in caratteri minuscoli) e posta a margine di un contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto di beni di consumo”. L’attore lamenta di essere stato indotto in errore all’atto
della firma in quanto – in assenza di informazioni e chiarimenti da parte del venditore – credeva di aver sottoscritto esclusivamente un contratto di “credito finalizzato” e non anche ulteriori aperture di credito. Il ricorrente, definisce la clausola vessatoria (e pertanto nulla) dato il carattere “eccessivamente minuscolo” della scrittura e la sua “posizione a margine” del contratto di finanziamento.
Quanto poi alla indeterminatezza dell’oggetto, il ricorrente lamenta la mancanza di ogni specificazione sulle condizioni economiche del credito utilizzabile. Riprova di ciò sarebbe la dicitura: “TAN da 0 a max mai superiore al TAEG – TAEG da 0% al tasso soglia”. Indeterminato sarebbe quindi il tasso di interesse come del tutto assente sarebbe il piano di ammortamento e ogni informazione idonea a chiarire la natura e l’imputazione degli importi dovuti. Alla luce di tutti questi motivi il ricorrente conclude per la violazione degli obblighi di trasparenza imposti agli istituti di credito dall’ordinamento.
La resistente, circa il merito della controversia, ha rimarcato l’inadempimento del cliente all’obbligo di restituzione del capitale utilizzato. Il ricorrente con la sottoscrizione del contratto in oggetto ha preso atto della facoltà di concessione dell’apertura di una linea di credito, utilizzabile anche mediante carta di credito, e delle relative condizioni generali di utilizzo riportate sul contratto di finanziamento stesso. La predetta carta di credito è stata inviata gratuitamente, inattiva e senza alcun obbligo di utilizzo unitamente ad una lettera di accompagnamento con indicazione delle condizioni previste e dei servizi offerti.
Alla data delle controdeduzioni, la linea di credito in contestazione, a fronte di un utilizzo per € 8.936,38, risulta ripianata solo per € 6.744,00, avendo il cliente sospeso ogni versamento dal novembre 2014. Vani sono stati i tentativi di recupero del debito residuo.
L’intermediario ha chiesto al Collegio di “confermare il diritto a vedersi corrispondere” dal ricorrente “le rate del finanziamento sino alla copertura degli importi dovuti a titolo di capitale e degli interessi legali”.
DIRITTO
Il contratto in oggetto è un contratto di finanziamento finalizzato flessibile.
Si rinviene in atti la clausola contrattuale relativa alla “richiesta facoltativa di apertura di credito a tempo indeterminato” , debitamente sottoscritta dal ricorrente.
In riferimento alla stessa, il ricorrente sostiene che – essendo contenuta nel medesimo documento contrattuale del finanziamento (e non in un documento distinto e autonomo), riportata con un carattere talmente ridotto da non consentirne la lettura, e asseritamente sottoscritta su mera indicazione (se non induzione) del commerciante senza previ chiarimenti e informazioni – non potrebbe ritenersi integrato il requisito della forma scritta ad substantiam, prevista dall’art. 117 TUB.
Viceversa, questo Xxxxxxx ha rinvenuto la clausola riferita al TAEG di cui il ricorrente lamenta l’assoluta indeterminatezza, che si trova, appunto, nel medesimo documento sottoscritto dal cliente, e che non risulta affatto indeterminata, individuando puntualmente il TAEG stesso.
Quanto all’elemento riferito alla dimensione della clausola, pur rinvenendosi effettivamente dei caratteri ridotti, non sembrano talmente minimi da determinare una scarsa leggibilità della clausola stessa.
Con riferimento infine ad aspetti non emersi in atti – quali il comportamento asseritamente fraudolento del venditore –, questo Arbitro non può dare corso ad approfondimenti, non potendo disporre mezzi istruttori utili allo scopo ed attesa anche la terzietà dei soggetti asseritamente responsabili.
La domanda, pertanto, non può essere accolta.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1