SINTESI
Note in tema di negozio modificativo
Niccolo` Xxxxxxxxxx
Dottorando in Diritto civile
SINTESI
» Nov a zio ne
a) Novazione oggettiva e contratto modificativo ad effetti non novativi
Relativamente alle variazioni apportate dalle parti ad un contratto di locazione di immobile ad uso commerciale, la Suprema Corte chiarisce che le modificazioni di carattere qualitativamente accessorio, come la variazione del canone o il mutamento del termine di scadenza, ai sensi dell’art. 1231 c.c., non sono idonee a determinarne la novazione, con conseguente sopravvivenza del rapporto originario.
b) Profili ricostruttivi della figura del negozio modificativo
La pattuizione modificativa, che non muta nella sostanza economica
la fisionomia del rapporto, si pone in relazione di dipendenza rispetto a questo ed e` funzionalmente ed unilateralmente collegata al contrat- to di locazione originario. Tale situazione conduce ad interessanti ri- svolti sul piano degli effetti, secondo i principi sanciti dalla giurispru- denza in tema di collegamento negoziale: l’invalidita` del contratto originario, fonte del rapporto, si riverberera` sul contratto modificativo, comportandone la nullita`; mentre l’invalidita` di quest’ultimo provo- chera` la reviviscenza delle clausole modificate o soppresse od il venir meno di quelle aggiunte.
Cassazione civile, sezione III, 9 marzo 2010, n. 5665
Pres. Xxxxxxx – Est. Filadoro – P.G. Finocchi Ghersi – C. S. di S. A. s.a.s. c. S. s.r.l.
Obbligazioni e contratti – Novazione oggettiva – Elementi caratterizzanti – Aliquid novi, animus novandi e causa novandi – Accerta- mento del giudice di merito – Insussistenza – Modificazioni accessorie – Configurabilita` del negozio modificativo – Censurabilita` in sede di legittimita` – Limiti – Fattispecie in tema di contratto di locazione
Le variazioni di misura del canone e la modificazione del termine di scadenza non sono in se´ indice della novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione che non rilevano ai fini della configurabilita` della nova- zione oggettiva del rapporto obbligatorio, la quale postula, oltre all’aliquid novi, l’animus novandi (inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo) e la causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo). L’accertamento che su tali tre elementi compia il giudice di merito e` incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato.
» SOMMARIO
1. Il caso – 2. Ripetizione del negozio e modificazioni del regolamento – 3. L’analisi della figura del contratto modificativo – 4. Il rapporto tra art. 1230 e art. 1231 c.c. – 5. Il collegamento tra contratto originario e contratto modificativo
Il fatto
Con sentenza del 14 gennaio – 16 febbraio 2005 la Corte d’Appello di Napoli rigettava l’appello principale proposto dalla C. S. di S. A. s.a.s. con atto notificato il 23.5.2003, avverso la decisione del locale Tribunale n. 3895/2003, ed in accoglimento dell’appello incidentale della S. s.r.l., condannava la C. S. al ripristino dell’immobile come sin dall’origine locato, a sue cure e spese, nonche´ al risarcimento del danno – per tutti i lavori eseguiti senza il consenso del locatore – da liquidarsi in separata sede.
La Corte territoriale osservava, preliminarmente, che nel caso di specie non vi era stata novazione oggettiva dell’originario contratto di loca- zione del 1975, avente ad oggetto un capannone e antistante spiazzo in (Omissis).
I vari contratti che si erano susseguiti nel corso degli anni tra la C. S. e la
S. dovevano essere considerati come un unico contratto, rinnovatosi nel corso degli anni.
La modificazione di alcuni elementi accessori, come la durata o la sca- denza della locazione e la misura del canone, non configuravano la novazione della obbligazione originaria (ex art. 1231 c.c.), mancando qualsiasi elemento da quale poter desumere, in modo inequivoco, la volonta` delle parti di estinguere la precedente obbligazione e di sosti- tuirla con una nuova.
In questo – unico – contratto era presente la clausola che richiedeva il consenso del locatore per le opere che il conduttore intendesse eseguire nell’immobile locato.
Del tutto irrilevante era dunque la circostanza che l’immobile, nel con- tratto del 1987, fosse stato locato nello stato di fatto in cui si trovava e l’accertamento dell’epoca dei commessi abusi.
In ogni caso, poiche´ era espressamente richiesto il consenso scritto del
locatore, tale consenso non era ravvisabile nella richiesta di xxxxxxx ne´ nella stipula del contratto del 1987.
Il rilevante numero e la portata delle opere piu` volte eseguite dalla conduttrice, sempre senza il consenso della locatrice, inducevano i giu- dici di appello a ritenere grave l’inadempimento della C. S., con le conseguenze di cui all’art. 1590 c.c.
Avverso tale decisione la C. S. ha proposto ricorso per Cassazione, sor- retto da due distinti motivi.
Resiste la S. s.r.l. con controricorso.
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1230 e 1231 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. La Corte territoriale aveva ritenuto che l’ultimo contratto intervenuto tra le parti costituisse rinnovazione di un unico rapporto locatizio, ini- ziato nel 1975 ed ha considerato, pertanto, irrilevante l’epoca nella quale erano stati effettuati gli interventi sull’immobile, espressamente vietati al conduttore senza il consenso del locatore (ritenendo pertanto irrile- vante la circostanza che nell’ultimo contratto figurasse la clausola dalla quale risultava che l’immobile fosse «locato nello stato di fatto in cui si trova»).
In tal modo, i giudici di appello avevano violato le regole ermeneutiche dettate dagli articoli richiamati, incorrendo nella falsa applicazione del- le norme relative alla novazione.
Il senso letterale delle parole contenute nel contratto del 1987 non consentiva di giungere a conclusioni diverse da quelle indicate dalla ricorrente.
Numerosi elementi (quali la misura del canone) dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto non conteneva solo una diversa misura del canone ma intendeva ‘‘azzerare’’ il contratto pregresso, por- tando ad una diversa regolazione del rapporto. Tra l’altro, sottolineava la ricorrente, le parti non avrebbero avuto bisogno di pattuire una durata ulteriore del contratto, considerato che quello immediatamente precedente (1981) si sarebbe rinnovato automaticamente in mancanza di disdetta.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 115
c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, xxxxxx, insufficiente e con- traddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in re- lazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
La prova testimoniale, gia` formulata in primo grado e reiterata nel giudizio di appello, diretta ad accertare l’epoca degli interventi effet- tuati dalla conduttrice sull’immobile, era necessaria al fine di escludere l’inadempimento grave lamentato dalla societa` locatrice.
La prova per testi tendeva ad accertare che nessun intervento era stato eseguito dopo la stipulazione del nuovo contratto del 1987. I testi indi- cati, tutti dipendenti della societa` C. S. fino dal 1975, erano perfetta- mente a conoscenza dei singoli interventi edili realizzati nell’immobile locato e dell’epoca di realizzazione degli stessi.
I giudici di appello, sull’erroneo presupposto della irrilevanza dell’epoca di realizzazione dei lavori, avevano rigettato la richiesta di ammissione di tale prova, senza alcuna motivazione, in tal modo impedendo alla attuale ricorrente la possibilita` di provare la verita` dei fatti dedotti.
Osserva il Collegio: i due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, non sono fondati.
La Corte territoriale ha accolto l’appello incidentale della S. (avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto che le opere concretanti il grave inadempimento fossero state effettuate esclusivamente nella vigenza dell’ultimo del contratto del 1987) sottolineando che le nume- rose opere abusivamente eseguite dalla C. S. durante l’intero arco del- l’unico rapporto di locazione dovevano considerarsi rilevanti ai fini del-
l’inadempimento della conduttrice, in considerazione del loro numero e della loro importanza, e del fatto che la esecuzione di ogni modifica dell’immobile, secondo l’originario contratto (ma anche in quelli suc- cessivi) era consentita solo previo consenso scritto della locatrice.
La valutazione circa la gravita` dell’inadempimento della societa` condut- trice non e` stata sottoposta a censure da parte della ricorrente.
La decisione cui sono pervenuti i giudici di appello e` in tutto conforme ai principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte... Omissis.
In particolare, i giudici di appello hanno rilevato che: 1) il contratto di locazione vietava espressamente ogni modifica dell’immobile locato senza il consenso del locatore: non vi era alcuna prova dalla quale desumere la esistenza del consenso della locatrice al compimento delle opere eseguite dalla conduttrice; 2) in particolare, non era possibile ravvisare una prova di questo genere nella richiesta di condono presen- tata dalla locatrice ne´ nella stipula del contratto del 1987 (anche nella ipotesi in cui si volesse riconoscere a questo la natura di nuovo con- tratto); 3) non poteva neppure condividersi la tesi della conduttrice secondo la quale, essendo state alcune opere effettuate prima della stipula del contratto del 1987 ed essendo stato, in questo ultimo con- tratto, locato l’immobile «nello stato di fatto in cui si trovava» la loca- trice avrebbe approvato l’abuso e ratificato la autorizzazione tacita gia` data in precedenza; 4) anche a prescindere dalla considerazione che si trattava di un unico contratto risalente al 1975, secondo la giurispru- denza di questa Corte, il consenso non puo` consistere in una semplice tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifesta- zione di volonta`, volta ad approvare le eseguite innovazioni: manifesta- zione di volonta` non ravvisabile nel caso di specie.
Sulla base di tali premesse la Corte territoriale precisava che nel caso di specie «la volonta` delle parti, invero, era quella di rinnovare il contratto di locazione, non gia` quella di sanare pregresse situazioni che, in ogni caso, avrebbero potuto essere considerate alla fine del rapporto».
Si tratta di un accertamento di merito, logicamente motivato, che sfug- ge pertanto a qualsiasi violazione di norme di legge e di vizi di moti- vazione.
Le sole variazioni di misura del canone e la modificazione del termine di scadenza non sono di per se´ indice della novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa ob- bligazione o di modalita` non rilevanti ai fini della configurabilita` della novazione.
La novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mu- tamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, ex art. 1230 c.c., mentre non e` ricollegabile alle mere modificazioni accessorie, ai sensi dell’art. 1231 c.c.
Essa, inoltre, deve essere connotata non solo dall’aliquid novi, ma anche dagli elementi dell’animus novandi (inteso come manifestazione ine- quivoca dell’intento novativo) e della causa novandi (intesa come inte- resse comune delle parti all’effetto novativo) e l’accertamento che su tali tre elementi (volonta`, causa ed oggetto del negozio) compia il giudice di merito e` incensurabile in cassazione se adeguatamente mo- tivato (Cass. n. 6680/1998, cfr. Cass. n. 6380/2001, Cass. n. 13294/2005, Cass. n. 15347/2006, Cass. n. 12946/2007). Omissis.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della societa` ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la societa` ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.200,00 (duemiladuecento/00), di cui euro 2.000,00 (duemila/ 00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge. Cos`ı deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, 8.2.2010.
Depositato in Cancelleria il 9.3.2010.
1. Il caso
I litiganti avevano concluso nel 1975 un contratto di locazione di un capannone industriale il quale poneva a carico del conduttore il divieto di eseguirvi opere senza il consenso del locatore. Questi,
dunque, citava in giudizio il primo per sentirlo dichiarare ina- dempiente e condannato alla riduzione in pristino degli svariati interventi effettuati nel corso del rapporto ed al risarcimento del danno, vedendo accolte le proprie domande in entrambi i gradi
di merito. Il conduttore proponeva ricorso per Cassazione soste- nendo fondamentalmente che il rapporto era stato novato da una scrittura privata del 1987, la quale non riproduceva la clau- sola concernente il divieto di esecuzione di opere sull’immobile locato senza il consenso del locatore e che invece precisava che l’immobile veniva «locato nello stato di fatto in cui si trova». Per il ricorrente, numerosi elementi – tra i quali, in primis, la variazio- ne della misura del canone – dovevano portare alla conclusione che il nuovo contratto intendeva estinguere il rapporto sorto nel 1975 e determinava la costituzione di un nuovo regolamento tra le parti. I giudici di legittimita` respingono la predetta argomen- tazione e confermano l’inquadramento della questione effettua- to dalla Corte d’Appello, sintetizzabile, nei suoi tratti essenziali, come di seguito: a) la stipulazione del secondo contratto non importava il consenso del locatore all’esecuzione delle opere sul- l’immobile locato ed era esclusa, pertanto, qualsivoglia ‘‘sanato- ria’’ delle medesime; b) alla scrittura del 1987 deve attribuirsi la natura di contratto modificativo non novativo del rapporto, in quanto non implicante un mutamento dell’oggetto o del titolo di quest’ultimo, ma contenente solo modificazioni accessorie ai sensi dell’art. 1231 c.c.
2. Ripetizione del negozio e modificazioni del regolamento La pronuncia in commento – la quale si pone in relazione di continuita` con un orientamento giurisprudenziale assolutamen- te uniforme(1) – offre lo spunto per spendere alcune considera- zioni in tema di negozio modificativo ad effetti non novativi,
istituto che non e` mai stato specificamente oggetto di trattazione organica da parte della dottrina italiana ma che, talvolta, e` stato affrontato ex professo nell’ambito di piu` ampli studi(2).
In xxx xxxxxxxxxxx, xxxxxxxx, occorre fugacemente rilevare come il caso in questione presenti una non inconsueta intersecazione tra la delicata questione concernente la distinzione fra modificazio- ni contrattuali novative e non novative ed il tormentato istituto della ripetizione del negozio(3).
Senza indugiare oltremisura su questo secondo aspetto, si puo`
quietamente osservare che, una volta conferita, come vedremo, la piena cittadinanza nel nostro ordinamento alla figura del ne- gozio di modifica del regolamento posto da un precedente nego- zio, non vi sono motivi per escludere che il risultato trasforma- tivo del rapporto si possa realizzare per mezzo di una ripetizione totale o parziale dell’accordo originario(4).
E` evidente, innanzitutto, che il contratto modificativo si concilia,
per lo piu`, con una ripetizione parziale del primo negozio o, meglio, con una semplice allusione ai suoi elementi identificativi: se le parti infatti riproducono per intero il precedente negozio aggiungendovi od eliminandone qualche clausola, xxxx` difficile, generalmente, sostenere che esse non abbiano inteso porre nel nulla il primo negozio e sostituirlo con il secondo. Nella maggior parte dei casi di tal specie, dunque, apparira` piu` corretto ascri- vere al secondo negozio una funzione estintivo-costitutiva (id est, novativa) piuttosto che la funzione trasformativa propria del contratto modificativo(5).
Niente esclude, tuttavia – come nel caso in commento –, che le
(1) Il dictum in oggetto, infatti, si ripropone nei termini esposti con frequenza costante in materia di variazione della misura del canone o del termine di scadenza del contratto di locazione: cfr. Cass., 26.2.2009, n. 4670, in Giust. civ. mass., 2009, 323; Cass., 21.5.2007, n. 11672, ivi, 2007,
994; Cass., 4.5.2005, n. 9280, ivi, 2005, 1027; Cass., 17.8.2004, n. 16038, in
Rep. Giur. it., 2004, Obbligazioni e contratti, n. 649; Cass., 9.4.2003, n. 5576,
in Giust. civ. mass., 2003, 777; Cass., 19.11.1999, n. 12838, in Arch. locazio-
ni, 2000, 249; Cass., 9.7.1998, n. 6680, in Giust. civ. mass., 1998, 675. Cfr. anche la giurisprudenza citata da CENDON, sub artt. 1173-1320, in Comm. Cendon, Milano, 2009, 1291 ss. L’A., peraltro, esprime perplessita` sul fatto che la variazione del prezzo di locazione (ma idem per quanto concerne la variazione del prezzo nella vendita) venga considerata un elemento acces- sorio del relativo contratto, posto che il canone costituisce il corrispettivo della concessione in godimento del bene locato, id est l’oggetto del con- tratto, del quale rappresenta per definizione elemento essenziale. In ter- mini generali la giurisprudenza di legittimita` e` comunque concorde nel ritenere che «la modificazione quantitativa di una precedente obbligazio- ne ed il differimento della scadenza per il suo adempimento non costitui- sce una novazione» (cos`ı, da ultimo, Cass., 6.7.2010, n. 15980, in Giust. civ. mass., 2010, 1012), cos`ı come esclude la novazione «la semplice regolazio- ne pattizia delle modalita` di svolgimento della preesistente prestazione» (Cass., 16.6.2005, n. 12962, in Giust. civ. mass., 2005, 6), essendo necessario a determinare l’effetto novativo «un mutamento sostanziale dell’obbliga- zione» (Cass., 12.9.2000, n. 12039, in Giust. civ. mass., 2000, 1924). Cfr., al riguardo, anche la giurisprudenza citata infra alla nt. 40.
(2) Un principio di indagine e` costituito dai preziosi quanto risalenti
apporti di X. XXXXXXXXX, Contributo alla specificazione del negozio modifica- tivo, in Giust. civ., 1957, I, 847 e X. XXXXX, La rinuncia e il contratto modi- ficativo, l’offerta irrevocabile nella civil law e nella common law, in Riv. dir. comm., 1952, 341; mentre un utile punto di riferimento ai fini dello svolgi- mento di un’indagine sul tema e` rappresentato da tutti gli studi in materia di novazione e, in particolare, dagli approfondimenti dedicati al contratto modificativo da X. XXXXXXXX, La prestazione in luogo dell’adempimento fra novazione e negozio modificativo del rapporto, Milano, 1987, 179 ss. e MA- CARIO, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996, 361 ss. Come osserva X. XXXXX, Quid dei pacta adiecta ex intervallo. Spunti per una ricerca comparatistica, in Riv. dir. comm., 1966, I, 262, il negozio modificativo corrisponde in parte ai «patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento» di cui all’art. 2723 c.c., i quali corrispondono grossomodo ai pacta adiecta ex intervallo dei testi giustinianei (D. 2, 14, 7,
§§ 5-6), argomento il cui interesse e` stato compiutamente sollevato, appun- to, soltanto per quanto concerne l’aspetto della prova.
(3) Per ripetizione del negozio si intende «la formazione, ad opera delle parti, di una dichiarazione negoziale, di una seconda dichiarazione, ugua-
le, in tutto o in parte, alla prima», X. XXXXXXX, Ripetizione del negozio, in Enc. giur., Xxxx, 0000. Si intuisce come «[la] difformita` fra il primo ed il secondo negozio [sia] tra i profili piu` studiati e consueti alla teoria della ripetizione. Difformita` che e` anche espressa come prevalenza dell’uno sull’altro», X. XXXX, La ripetizione del negozio giuridico, Milano, 1968. Il dibattito dottrinario su tale figura, come testimoniato dalla relativa pro- duzione bibliografica, si infervora nella prima meta` del secolo scorso per poi appiattirsi, nella seconda meta`, sulle prospettive proposte dagli studi piu` autorevoli. La dottrina tedesca ha preparato il terreno ai giuristi italia- ni, cfr. XXXXXXXXX, Die Vertragsvollziehung als Vertragsreproduktion, in AcP, 1887, 157; MEYER, Vertragsvollziehung und Vertragsreproduktion, in AcP, 1897, 1; XXXXXX, Die Privatrechtlichen Funktionen der Urkunde, ivi, 1941,
1. La parte piu` accreditata dei rappresentanti la nostra scienza civilistica si
e` cimentata con la questione; per ripercorrere l’iter dello studio di tale figura negoziale si segnalano come fondamentali, ma senza alcuna pretesa di completezza, i contributi di X. XXXXX, L’indole giuridica del cosiddetto contratto riproduttivo, in Giur. it., 1898, I, 2, 449; X. XXXXX, La documenta- zione del contenuto contrattuale, in Riv. dir. comm., 1919, I, 414; CANDIAN, Documento e negozio giuridico, Xxxxx, 0000; XXXXXXXXXX, Documento e negozio giuridico, in Riv. dir. processuale civ., 1926, I, 181; SEGRE`, Ricogni- zione, riproduzione e rinnovazione del negozio giuridico, in Scritti giuridici, Cortona, 1930, 638; X. XXXXX, La riproduzione del negozio giuridico, Pado- va, 1933; X. XXXXXX, Natura giuridica del negozio di accertamento, in Riv. dir. processuale civ., 1933, I, 132; PUGLIATTI, Logica del diritto e dato positivo, in Arch. giur., 1935, 166; X. XXXXXX`, Il riconoscimento e la transazione nel problema della rinnovazione del negozio e della novazione dell’obbligazio- ne, in Ann. Mess., VII, 1934-1935, 311, nonche´ in Raccolta di scritti, Milano, 1980, I, 398; X. XXXXXXXXXX, Il negozio di accertamento, Milano, 1939; X. XXXXXXXXXXXX, Sulla rinnovazione del negozio giuridico, in Giur. completa Cass. civ., 1950, III, 447; N. IRTI, op. cit.; X. XXXXXXXXX, Transazione e negozio di accertamento, in Riv. dir. comm., 1944, I, 181; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, L’accertamento negoziale e la transazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1956, 1; X. XXXXXX, Accertamento (Teoria generale), in Enc. dir., I, Milano, 1958, 205; X. XXXXXXXXXX, Accertamento (negozio di), ivi, 227; X. XXXXXXXX, Riproduzione e innovazione del contratto, Milano, 1988; ID., Riproduzione (e rinnovazione) del negozio giuridico, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 1048;
X. XXXXXXX, op. cit.; C. RIMINI, Il problema della sovrapposizione dei con- tratti e degli atti dispositivi, Milano, 1993.
(4) Cfr. in tal senso X. XXXXXXX, op. cit., 3.
(5) X. XXXXXXXXX, op. cit., 853, parla, per il caso in cui un secondo negozio riproduca per intero il primo, di «estinzione per inutilita`» del negozio originario; cfr., sul punto, anche le osservazioni di PERLINGERI, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, IV, Delle obbli- gazioni, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1975, 96 ss.
parti abbiano inteso perseguire allo stesso tempo: a) uno scopo accertativo, tramite la fedele riproduzione nel secondo negozio di parte del contenuto del primo(6); b) un obiettivo modificativo, per mezzo della parte del secondo negozio incompatibile con il primo(7).
La qualificazione del sostrato negoziale costituira` in concreto l’esito di una quaestio facti, volta ad accertare se l’intenzione dei contraenti sia compatibile o meno con la parziale conserva- zione del rapporto preesistente.
Pertanto, si puo` affermare che l’area di intersezione tra negozio
modificativo e ripetizione (modificativa) del negozio si estenda tanto all’ipotesi in cui le parti, in relazione all’accordo originario, enuncino semplici elementi di identificazione o ne riproducano parzialmente il contenuto, di talche´ la disciplina del rapporto risultera` dalla combinazione delle due fonti negoziali, quanto all’ipotesi di ripetizione integrale con la contestuale eliminazio- ne/modifica/sostituzione/addizione di una o piu` clausole, che abbia la duplice funzione di accertare una parte di contenuto del precedente negozio e di modificarne un’altra, senza che il
secondo negozio sia espressione di un intento novativo dei con- traenti.
3. L’analisi della figura del contratto modificativo
L’art. 1321 c.c. (che riecheggia l’art. 1098 c.c. 1865) ammette espressamente che il contratto possa avere la funzione di ‘‘rego- lare’’ un rapporto giuridico patrimoniale: accanto ai negozi co- stitutivi di un rapporto ed a quelli estintivi, pertanto, il nostro ordinamento accoglie anche i ‘‘negozi regolamentari’’, categoria la cui estensione tende ad identificarsi con (ma non e` esaurita da) quella del negozio modificativo(8)(9).
Quest’ultimo puo` essere definito come la manifestazione di vo-
xxxxx` volta a modificare l’assetto di privati interessi posto da un precedente regolamento negoziale, apportandovi mutamenti tali da non incidere sulla fisionomia originaria del rapporto(10), nel quale funzionalmente s’innesta e che interviene a regolare in relazione di complementarita` con il negozio primitivo.
Trattasi, dunque, di una fattispecie regolamentare del rapporto, innovativa non per quanto concerne l’esistenza dello stesso, ma relativamente alla sua disciplina(11).
(6) Il negozio di accertamento persegue lo scopo di «imprimere certezza giuridica ad un preesistente rapporto» (Cass., 18.12.1981, n. 6715, Mass. Foro it., 1981, 2398; cos`ı anche Cass., 20.5.2004, n. 9651, in Giust. civ. mass., 2004, 5; Cass., 5.6.1997, in. 4994, in Foro it., 1997, I, 2456 ed in Notariato, 1998, 240) ed ha effetto retroattivo sui rapporti che regolamenta. Cfr., sul punto, la bibliografia citata sub nt. 3.
(7) «La dichiarazione riproduttiva... puo` essere fatta per chiarire il con-
tenuto del precedente negozio ed eliminare eventuali incertezze (negozio di accertamento)... o per introdurre qualche modificazione accessoria o comunque parziale (negozio modificativo o regolamentare in senso stret- to)», Cass., 30.3.1963, n. 799, in Foro it., 1963, I, 1757.
(8) «A nessuno... verrebbe in mente di dubitare della ammissibilita` di poteri delle parti di ‘‘modificare’’ – consensualmente – un rapporto con- trattuale precedentemente costituito», XXXXXXXXXXX, Poteri unilaterali di modificazione («ius variandi») del rapporto contrattuale, in Giur. comm., 1992, I, 20, 18. L’effetto modificativo, assieme a quello costitutivo ed a quello estintivo, e` ricondotto alla categoria della c.d. efficacia costitutiva,
«dove l’aggettivo assume un significato generico e serve a designare un qualunque fenomeno innovativo» X. XXXXXX, Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, 490 ss. Siffatta efficacia modificativa, la quale
«trasforma l’interesse originario e la relativa situazione giuridica in uno dei suoi elementi strutturali ovvero nel suo contenuto essenziale», non deve essere confusa con l’efficacia c.d. dichiarativa, in particolare con quella ‘‘specificativa’’ di determinati elementi di un rapporto sorto in modo non sufficientemente dettagliato (ad es., nel rapporto di mandato o di lavoro la prestazione del debitore puo` non essere interamente de- terminata al momento della costituzione del rapporto), cfr. sul punto anche XXXXXXXXXXX, op. cit., 20. Tale ultimo tipo efficacia menzionato e` proprio degli ordini, delle istruzioni e di ogni altra dichiarazione il cui compito si esaurisca nello specificare il contenuto di una situazione giu- ridica senza toccarne struttura e contenuto: e` evidente che siamo al di fuori della categoria dei negozi giuridici, rimanendo immutato l’interesse originario. L’efficacia costitutiva propria del negozio modificativo, invece, implica vere e proprie conseguenze trasformative della struttura e del contenuto di una determinata situazione giuridica. Siffatte conseguenze, peraltro, non discendono necessariamente ed esclusivamente da un con- tratto, cfr. X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. Xxxxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, 250-251. Tale infatti puo` essere l’effetto di una manife- stazione unilaterale di volonta` da parte di un contraente al quale lo jus variandi sia stato attribuito dal contratto originario o da una norma di legge (ad es. artt. 1661 e 1685 c.c.; art. 118 t.u.b.). Sul fondamento ed i limiti dello jus variandi, si rinvia al breve studio di XXXXXXXXXXX, op. cit.,; alla completa monografia di X. XXXXXXX, Fondamento e limiti dello ius variandi, Napoli, 2000; e agli ulteriori riferimenti bibliografici riportati da ROPPO, Il contratto, in Tratt. Iudica e Xxxxx, Milano, 2001, 561; da ultimo, sul tema, cfr. X. XXXXX, Le clausole attributive dello ius variandi, Milano, 2008. Ma l’effetto modificativo puo` nondimeno conseguire dall’accetta- zione di un’offerta di rettifica ex art. 1432 c.c., ovvero di un’offerta di reductio ad equitatem del contratto rescindibile (art. 1450 c.c.) o di quello risolubile per eccessiva onerosita` sopravvenuta (artt. 1467, 3º co. e 1468 c.c.). Sul tema si rinvia a X. XXXXXX, La rettifica del contratto, Milano, 1973, e X. XXXXXXXX, Riduzione ad equita`, in Digesto civ., XVII, Torino, 1998, 603. La vicenda modificativa e` propria anche di tutte quelle ipotesi di rilevan- za legislativa di sopravvenienenze contrattuali (ad es. artt. 1623, 1635,
1664, 1897 c.c.) cui consegue il rimedio della revisione, sul quale si veda
X. XXXXXXXXX, Revisione del rapporto, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 104 ss., e la bibliografia ivi citata: «la revisione del rapporto costituisce l’univer- sale denominatore di ogni processo di modificazione giuridica della pre- stazione causato da circostanze sopravvenute al contratto e necessario per conservare la corrispettivita` contrattuale e per garantire la compiuta
attuazione del rapporto in alternativa alla sua risoluzione». E` opportuno
notare, altres`ı, che queste brevi note hanno ad oggetto il contratto mo- dificativo a prescindere dal fatto che esso sia il frutto di negoziazioni liberamente intavolate e concluse tra le parti ovvero il risultato finale delle trattative iniziate dai contraenti in esecuzione dell’obbligazione di rinegoziazione sorta a loro carico in forza di una clausola di hardship inserita nel contratto originario; con la precisazione per cui, in quest’ul- tima ipotesi, il negozio modificativo rivestira` anche una funzione solu- toria di una specifica obbligazione. Cfr. sul punto XXXXXXX, op. cit., 372 ss. Infine, appare il caso di osservare che viene qui in considerazione il negozio modificativo dell’elemento oggettivo, dal momento che, per de- finizione, cade al di fuori del concetto di modificazione stricto sensu l’avvicendamento soggettivo nel rapporto, che in quanto tale incide sem- pre sulla sua fisionomia. Al riguardo, per quanto concerne la novazione soggettiva del lato passivo, l’art. 1235 c.c. rinvia alle norme sulla delega- zione, l’espromissione e l’accollo (prevedendo, dunque, piu` che un feno- meno novativo, dei meccanismi di assunzione liberatoria di obbligazioni altrui), mentre alla novazione soggettiva attiva il Legislatore del 1942 non riserva menzione, preordinando a tal fine lo strumento della cessione del credito. Sul dibattito dottrinario sviluppatosi a proposito dell’ammissibi- lita`, al di fuori di questi istituti, di autonome figure di novazione sogget- tiva passiva ed attiva, cfr. MAGAZZU` , Novazione, in Enc. dir., XXVIII, Mila- no, 1978, 792; X. XXXXXXXXX, Novazione, in Enc. giur., 1990, 13; X. XXXXXXXX,
Novazione, in Digesto civ., XII, Torino, 1995, 280.
(9) «Regolamento» e` un termine piu` ampio di «modificazione»: «[si] re- gola un rapporto non solo quando lo si modifica, ma anche quando lo si accerta, quando si pattuisce un rovesciamento dell’onere di provare i fatti che lo determinano, quando si elimina – o si rinuncia ad eliminare – la vicenda costitutiva del rapporto (ossia quando sia annulla l’atto che ha costituito il rapporto). L’espressione ‘‘regolare’’, contenuta nell’art. 1321, apre la possibilita` di far spaziare gli effetti del contratto in un settore molto ampio», SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, in Tratt. Sacco, Torino, 2004, 11. Per X. XXXXX, op. cit., 249, i negozi regolamentari si identificano con i c.d. negozi di secondo grado (sul punto si veda infra nt. 44), ovvero quelli diretti a «fissare, confermare, interpretare, risolvere, assorbire» negozi giu- ridici precedentemente conclusi tra i medesimi soggetti; in senso adesivo GASPERONI, Collegamento e connessione di negozi, in Riv. dir. comm., 1955, I, 377; e Salv. ROMANO, Autonomia privata, Milano, 1957, 110. Tuttavia, cfr. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1949, 261, per il quale la funzione regolatoria si identifica alternativamente nell’accertamento o nella modificazione del rapporto preesistente. Al con- trario, identifica la categoria dei negozi regolamentari con quella dei ne- gozi modificativi PERLINGERI, op. cit., 32; nello stesso senso appaiono essere orientati REDENTI, I contratti nella pratica commerciale. Parte generale, I, Padova, 1931, 13 ss.; e CARRESI, Il contenuto del contratto, in Riv. dir. civ., I, 1963, 387 ss.
(10) X. XXXXXXXXX, op. cit., 848; XXXXXXX, op. cit., 362. (11) XXXXXXXXXX, op. cit., 116.
Primo, banale, rilievo: in ossequio al principio consacrato dal 1º co. dell’art. 1372 c.c., la modificazione del rapporto puo` essere posta in essere solamente dai soggetti (da tutti i soggetti) che posero in essere il negozio modificando(12).
Secondo il tradizionale iter analitico della struttura negoziale, rilevata l’identita` soggettiva tra negozio originario e negozio di modifica, altro requisito di quest’ultimo sarebbe l’animus modi- ficandi, cioe` «quello stato d’animo che si ha quando, dopo essersi creato un negozio, si vuole, con un nuovo negozio, modificare gli effetti accessori del primo». In tal senso, l’animus modificandi rileverebbe quale indefettibile discrimen tra il negozio modifica- tivo e le figure ad esso affini, in particolare il negozio di accerta- mento e la novazione(13).
Se tale distinzione non implica particolari complessita` concet-
tuali, la sua nettezza finisce pero` per essere compromessa in sede di individuazione pratica: sul punto, dunque, si e` correttamente osservato come, per delinearla, debba essere svolta una quaestio voluntatis (rectius, una questio facti) che, in quanto tale, «si rac- comanda assai piu` all’intelligente discrezione del pratico e del magistrato che all’analisi del teorico»(14).
Al riguardo, peraltro, pensiamo che sia indubbiamente preferibi- le sgombrare il campo da indagini che involvono puramente lo stato psicologico dei contraenti e puntare, come vedremo appe- na infra, sui dati obiettivi che emergono dal testo contrattuale e che ne rivelano il profilo funzionale(15).
In relazione alla forma del negozio modificativo, invece, non sorgono particolari problemi: esso deve avere la medesima forma
del negozio da modificare. Infatti, se un negozio deve rivestire una determinata forma (per volonta` di legge o delle parti con- traenti) cio` e` imposto in vista ed in funzione del particolare rap- porto che si vuole regolare; e dato che «esiste unicita` di obbietto tra il negozio da modificare ed il negozio modificativo», consi- stente «nel regolare un unico rapporto giuridico», la conclusione non puo` che essere quella per cui il negozio modificativo deve rivestire una forma almeno equipollente a quella del negozio originario(16).
Queste brevi osservazioni offrono l’opportunita` di precisare che la vicenda modificativa interviene sul rapporto non ancora esau- rito e non sull’atto negoziale originario(17) e che le trasformazioni del regolamento non hanno effetto retroattivo, ma si producono dal momento perfezionativo del negozio di modifica(18).
Da questo punto di vista si puo` icasticamente affermare che il negozio modificativo produce modificazione nel rapporto, ma non del rapporto, che rimane lo stesso nei suoi tratti essenzia- li(19).
Per quanto attiene, poi, al requisito causale, occorre osservare che il negozio modificativo e` dotato di causa propria ed auto- noma, nettamente distinta da quella del negozio modificato, e consistente, appunto, nella modificazione di quest’ultimo(20): «la sola volonta` di modifica o il solo fatto che l’accordo modificativo inerisce ad un precedente rapporto o contratto valido in se´, per- che´ avente una causa adeguata o sufficiente o tipica, giustifica la sanzione dell’accordo stesso»(21).
E` dunque sul piano funzionale che conviene ricercare l’anzidetto
(12) X. XXXXX, op. cit., 249; X. XXXXXXXXX, op. cit., 848; in questo senso, esplicitamente, anche Xxxx., 7.1.1957, n. 17, in Giust. civ., 1957, I, 847. Per quanto attiene alla formazione del contratto modificativo – non po- tendosi dubitare che l’art. 1326 c.c. (ma anche l’art. 1327 c.c.) si riferisca a tutti i contratti, siano essi costitutivi, modificativi od estintivi di obbliga- zioni – valgono le regole generali, per cui cfr. Cass., 4.5.1994, n. 4274, in Foro it., 1995, I, 2963: «l’accordo destinato a modificare un contratto pre- cedentemente concluso dalle parti si considera perfezionato solo quando risultino intervenuti l’incontro e la fusione di una proposta e di una ac- cettazione perfettamente coincidenti nel contenuto, con riguardo tanto alla clausole essenziali quanto a quelle accessorie». Tuttavia, in dottrina si e` talvolta sostenuto che il silenzio di una parte seguente la proposta di modifica fatta dall’altra, in determinate circostanze ed in deroga al regime generale, possa rivelarsi sufficiente per il perfezionamento dell’accordo, cfr. X. XXXXXXX, Il diverso valore del silenzio tra conclusione del contratto e modifica dello stesso, in Corriere giur., 1993, 1181, ed i rilievi critici di A.M. SINISCALCHI, Inizio di esecuzione e silenzio. Spunti in tema di modificazione del rapporto contrattuale, in Rass. dir. civ., 1994, 526.
(13) X. XXXXXXXXX, op. cit., 848-849. L’A. parla testualmente non di negozio di accertamento ma di negozio c.d. rinnovativo, caratterizzato dalla volun- tas renovandi, consistente nell’intenzione «di riprodurre per intero un precedente negozio con uno nuovo, che, mentre da un lato assorbirebbe e sostituirebbe, annullandolo, il vecchio, da un altro lato conserverebbe in vita il rapporto giuridico gia` creato dal vecchio negozio, magari modifi- candolo o adattandolo a sopravvenute nuove esigenze delle parti».
(14) CANDIAN, op. cit., 110; XXXXXXXXXX, op. cit., 209.
(15) Cfr. XXXXXXX, op. cit., 362.
(16) X. XXXXX, La rinuncia e il contratto modificativo, l’offerta irrevocabile nella civil law e nella common law, cit., 346; X. XXXXXXXXX, op. cit., 849-850; XXXXXXX, op. cit., 362. Il problema della forma, ovviamente, si pone rispetto ai negozi in ordine ai quali la volonta` delle parti o la legge prevedono una forma particolare, giacche´ se il negozio da modificare non e` formale, il negozio modificativo non e` soggetto a vincoli morfologici. Una soluzione piu` elastica e` propugnata da ROPPO, op. cit., 227, per cui i contratti modi- ficativi di elementi che, pur essendo stati in concreto formalizzati, non richiedevano di esserlo, non debbono essere formali: ad es., in una vendita immobiliare, mentre non si puo` certamente concordare verbalmente la modifica del prezzo, potrebbe concordarsi a voce la modifica delle condi- zioni di pagamento o delle modalita` di consegna contemplate in una clausola dell’atto scritto. Xxxxxxxxx, e` da sottolinearsi che nella prassi sono invalse clausole contrattuali che prevedono che «ogni modifica al presente accordo dovra` necessariamente farsi per iscritto» et similia.
(17) CARIOTA FERRARA, op. cit., 638, definisce tale questione in termini di
«dubbio fondamentale».
(18) Xxx. Xxxx., 00.0.0000, x. 000, xx Xxxx xx., I, 1111; Cass., 16.12.1987, n.
9358, in Giust. civ. mass., 1987, 2570; Cass., 27.4.1982, n. 2634, ivi, 1982, 940; cfr., altres`ı, gli ulteriori riferimenti giurisprudenziali forniti da M. CA- SELLA, op. cit., 5. Al riguardo, vale appena la pena di osservare che l’espres- sione «negozio modificato», pertanto, e` imprecisa e qualora venga impie- gata dovra` essere intesa come «negozio originario», fonte del rapporto modificato dal secondo negozio. D’altronde, per dirla con REDENTI, op. cit., 12-13, «se c’e` una cosa che non possa fare secondo i teologi neanche il Padre Eterno e` proprio questa: che un avvenimento che e` realmente avvenuto, non sia accaduto (si dissolva... dalla storia). Quando si dice dunque che si scioglie o si risolve ‘‘il contratto’’ non si vuol dire che si risolve l’avvenimento accaduto, bens`ı la situazione giuridica o il rapporto che ne sia sorto». Va di contrario avviso X. XXXXXXXXX, op. cit., 853-854, per il quale «in tanto il negozio modificativo determina la vicenda del rapporto, in quanto ne tocca il negozio di origine, facendolo apparire ex postfacto in una luce diversa da quella sua primitiva». Relativizza l’importanza di tali rilievi XXXXXXX, op. cit., 366, il quale non manca di sottolineare come «[il] mantenimento della distinzione negozio-rapporto, ai fini dell’efficacia del negozio modificativo, rischia di far perdere di vista la concreta dinamica della vicenda e pertanto deve essere abbandonata».
(19) X. XXXXXXXX, op. cit., 613. In questo senso la vicenda modificativa
incide indubbiamente anche sull’interpretazione del contratto: da una parte, infatti, deve essere evidenziata la rilevanza ermeneutica delle clau- sole modificate ai fini dell’interpretazione di quelle non investite dall’effi- cacia del negozio modificativo, ai sensi dell’art. 1363 c.c.; dall’altra, la stessa vicenda di revisione del regolamento contrattuale, in se´ considerata, ha una portata ermeneutica di cui l’interprete dovra` tenere conto per stabilire la comune intenzione delle parti ex art. 1362 c.c.; cfr. XXXXXXX, op. cit., 370.
(20) XXXXXXXXXX, op. cit., 209; X. XXXXXXXXX, op. cit., 850; XXXXXXX, op. cit.,
364. E` pertanto l’interesse delle parti ad incidere sul regolamento pur conservando l’identita` del rapporto a costituire la causa del contratto mo- dificativo, mentre la causa novandi e` individuata dall’interesse alla sosti- tuzione (la quale consta un momento estintivo ed uno costitutivo, ben distinti sul piano logico) di un rapporto nuovo a quello preesistente. Cfr., sulla definizione della causa novandi, X. XXXXXXXXX, op. cit., 12.
(21) X. XXXXX, La rinuncia e il contratto modificativo, l’offerta irrevocabile nella civil law e nella common law, cit., 346. Invero, lo scopo perseguito dai contraenti «e` la modifica nella conservazione dell’originario regolamento di interessi»: esso e` cioe` «rappresentato dal non volere piu` parzialmente (momento negativo) il pregresso rapporto contrattuale e, contestualmen- te, dal volerlo parzialmente trasformare (momento positivo) pur conser- vandolo», cfr. X. XXXXXXX, op. cit., 150; ALPA, XXXXXXX, ROPPO, Rischio con- trattuale e autonomia privata, Napoli, 1982, 159; AMORE, Appalto e claim, Padova, 2007, 13. Piu` analitica e` la posizione di ROPPO, op. cit., 374, per il quale se le modifiche sono ‘‘bilaterali’’ (alcune a vantaggio di una parte,
discrimine tra negozio modificativo, negozio di accertamento e novazione, trasponendo sul piano obiettivo la questione – affron- tata dalla dottrina tradizionale in termini di indagine psicologi- ca – dell’identificazione dell’animus che ha spinto i contraenti a porre in essere il secondo atto di autoregolamentazione. Tale qualificazione e` indubbiamente il risultato di una quaestio facti che – come pure sostiene la sentenza in commento – spetta al giudice di merito risolvere.
Affermatane l’autonomia causale, resta inteso, peraltro, che il ne- gozio modificativo non puo` funzionalmente sorreggersi se non in quanto innestato nel rapporto originato dal negozio primitivo(22). Ma il vero nodo cruciale del contratto modificativo e` la delimi- tazione del suo ‘‘oggetto’’, il quale finira` per svelarne il profilo funzionale. Tale questione si identifica precisamente con quella relativa alla distinzione tra contratto modificativo e novazione oggettiva.
Si tratta, pertanto, di «identificare il criterio che valga a fissare su basi rigorose la linea di confine tra la trasformazione che lascia permanere la situazione giuridica anteriore e la trasformazione che invece produce un’innovazione radicale: tra due opposti fe- nomeni, cioe`, i quali sembrano distinguersi soltanto sotto un profilo empirico-quantitativo»(23).
Al riguardo conviene prendere le mosse dall’osservazione di fon- do secondo la quale «sistema fondamentale di interessi e situa- zione giuridica fondamentale sono... due lati della stessa meda- glia», per cui «ad ogni sistema fondamentale di interessi corri- sponde una situazione giuridica fondamentale», cosicche´ «ad ogni variazione del primo fa riscontro una variazione della se- conda». Si puo` pertanto affermare che «tutte le volte in cui un fatto trasforma il sistema di interessi lasciandone intatto il nu- cleo fondamentale si ha modificazione; quando invece un fatto comporta una trasformazione che incide il nucleo fondamentale si ha innovazione»(24).
Sul piano del diritto positivo, i risvolti di tali considerazioni si apprezzano alla luce dell’art. 1231 c.c., il quale dispone che «il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l’apposizione o l’eliminazione di un termine e ogni altra modificazione accesso- ria dell’obbligazione non producono novazione».
E` dunque l’espressione «ogni altra modificazione accessoria», la
quale si accoda ad un’elencazione di carattere indubbiamente esemplificativo, ad introdurre il criterio normativo dell’"accesso- rieta`’’ per innalzare lo steccato tra modificazione novativa e mo- dificazione non novativa.
Posto pertanto che il mutamento radicale della prestazione pro- duce novazione, dal momento che innegabilmente incide sull’i- dentita` strutturale e funzionale dell’obbligazione(25), si e` osser- vato che, per qualificare le modificazioni come accessorie o me- no, occorrera` «esaminare quali sono per ogni obbligazione gli elementi essenziali e quali gli elementi accessorii o secondari di essa e in rapporto alla figura giuridica astratta quale e` nell’or- dine giuridico e, piu` specialmente, in rapporto a cio` che si e` dalle parti in concreto stabilito»(26).
Si e` chiarito, inoltre, come l’accessorieta` o meno del regolamento posto dal negozio modificativo non vada apprezzata da un punto di vista meramente quantitativo, ma squisitamente ‘‘qualitativo’’: in altri termini, la modifica non novativa puo` interessare anche la totalita` delle clausole, purche´ lasci intatto l’oggetto del rapporto e non ne snaturi, nei tratti essenziali, il nucleo funzionale origi- nario(27).
4. Il rapporto tra art. 1230 e art. 1231 c.c.
Sulla questione in tal guisa delineata se ne innesta un’altra, com- plementare, che vale la pena di affrontare, seppur sommaria- mente, vale a dire quella relativa al rapporto tra le norme dettate dalle prime due disposizioni del codice in tema di novazione(28). Occorre infatti stabilire, da una parte, se il mutamento dell’og- getto o del titolo di un’obbligazione comporti sempre e comun- que l’effetto estintivo-costitutivo proprio della novazione oppure se le parti possano realizzare quei radicali cambiamenti esclu- dendo l’effetto novativo; dall’altra, se le parti possano novare l’obbligazione per mezzo di mutamenti dell’obbligazione mera- mente accessori(29).
Il primo problema verte sull’interpretazione dell’art. 1230 c.c., il quale dispone che si ha novazione «quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso», manifestando «in modo non equivoco» la volonta` di estinguere l’obbligazione originaria.
Secondo una parte della dottrina(30) l’intenzione delle parti non
altre a vantaggio dell’altra) la causa sarebbe da rinvenirsi nello scambio, mentre se sono ‘‘unilaterali’’ (perche´ avvantaggiano un contraente a di- scapito dell’altro), allora s`ı, solamente la preesistenza del rapporto potreb- be essere indicata come ragione giustificativa del negozio.
(22) Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., 852, e quanto si osservera` infra nell’ultimo paragrafo.
(23) X. XXXXXX, Efficacia giuridica, cit., 490 ss. (24) X. XXXXXX, Efficacia giuridica, cit., 491-492.
(25) XXXXXXXXXX, op. cit., 106. Al riguardo, pertanto, non esisterebbero limiti positivi alle modificazioni accessorie, ma solo limiti negativi: potreb- bero, cioe`, costituire oggetto di negozi modificativi tutte le modifiche di un precedente rapporto, le quali non importino un mutamento nella struttura e nel nomen iuris del rapporto stesso; cos`ı, testualmente, X. XXXXXXXXX, op. cit., 852.
(26) X. XXXXXXXXX, La novazione nel diritto civile italiano, Palermo, 1924, 103.
(27) Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., 852. Interessanti sono le osservazioni di PERLINGERI, op. cit., 106 ss., circa l’incidenza sul profilo causale del negozio e sul titolo dell’obbligazione dell’apposizione od eliminazione di condi- zione, termine e modus. Riguardo alla condizione, stante la sua idoneita` ad introdurre nel regolamento i motivi individuali dei soggetti contraenti, la sua apposizione o la sua eliminazione puo` incidere sul profilo funzionale del negozio (che da commutativo diviene aleatorio e viceversa) e determi- nare la novazione dell’obbligazione da esso discendente; non e` questa, tuttavia, una conseguenza necessaria: spettera` all’interprete soppesarne il ruolo all’interno del concreto regolamento di interessi divisato dalle parti. Per quanto concerne il termine, invece, la lettera dell’art. 1231 c.c.
militerebbe contro la possibilita` di ricondurre un’efficacia novativa alle vicende relative ad apposizione, differimento o rimozione; tuttavia, la pre- visione legislativa dell’irrilevanza del termine sotto questo aspetto non osterebbe a riconoscergli un ruolo essenziale all’interno del regolamento contrattuale. Pertanto, «quando il termine in relazione al concreto assetto di interessi non e` sostanzialmente modalita` ‘‘accessoria’’, bens`ı elemento caratterizzante la prestazione o lo schema causale dal quale l’obbligo di quella prestazione trae la sua giustificazione», l’apposizione, il differimen- to o l’eliminazione di tale elemento ‘‘accidentale’’ possono determinare la novazione dell’obbligazione. Per quanto attiene al modus, infine, la sua limitata incidenza sulla funzione gratuita del negozio al quale e` apposto implica che la sua aggiunta o rimozione non possa mai determinare no- vazione. Cfr., sul punto, anche CENDON, op. cit., 1291 ss. e la giurisprudenza ivi citata.
(28) La questione concernente l’identificazione del confine tracciato da- gli artt. 1230-1231 c.c. tra novazione e modifica meramente accessoria, e` chiaramente un to`pos classico degli studi in tema di novazione: cfr., per tutti, X. XXXXXXXX, Novazione (dir. civ.), in Noviss. Dig. It., XI, Torino, 1965, 434; MAGAZZU` , op. cit., 792; PERLINGERI, op. cit., 113 ss.; X. XXXXXXXXX, op. cit., 6 ss.; X. XXXXXXXX, Novazione, cit., 280.
(29) X. XXXXXXXX, La prestazione in luogo dell’adempimento fra novazione e negozio modificativo del rapporto, cit., 184 ss.; ID., Novazione, cit., 280; cfr. anche le sintesi di X. XXXXXXXXXX, Novazione, in Enc. giur., Agg., 2008, 1, e XXXXXXXX, La novazione, in Trattato delle obbligazioni, diretto da Xxxxxxxx e Talamanca, III, Padova, 2008, 464 ss.
(30) Cfr. XXXXXXXXXX, op. cit., 78 ss. e 113 ss.; CODACCI XXXXXXXXX, Ampiezza del concetto di novazione, in Riv. it. scienze giur., 1950, 355; X. XXXXXXXX, op.
rileverebbe al fine di decidere se il mutamento dell’oggetto o del titolo determini o meno una novazione: questa prospettiva pro- pugna l’autonomia delle norme espresse dai due commi di cui si compone l’art. 1230 c.c.: la prima preciserebbe l’ambito di ricor- renza della novazione; la seconda – che introduce l’elemento dell’animus novandi – avrebbe la funzione di discernere la no- vazione dalla situazione in cui le parti, accanto al rapporto ori- ginario, ne volessero far sorgere un altro senza pregiudicare l’e- sistenza del primo(31).
Dunque, la presenza dell’animus novandi permetterebbe, al piu`, di distinguere le ipotesi di novazione da quelle di cumulo di piu` obbligazioni tra le stesse parti, ma sarebbe certo ininfluente al fine di distinguere tra modificazione accessoria e novazione. Quest’ultima, dunque, troverebbe la propria disciplina esclusiva- mente nel 1º co. dell’art. 1230 c.c. e ricorrerebbe ogniqualvolta sia riscontrato un obiettivo mutamento dell’oggetto o del titolo dell’obbligazione, essendo irrilevante che l’intenzione delle parti sia stata, in ipotesi, quella di mantenere in vita l’originario rap- porto.
Secondo altro filone dottrinario(32), invece, lo sfavore del Legi- slatore del 1942 per l’istituto della novazione, che sarebbe desti- nato ad operare in fattispecie residuali(33), orienterebbe verso la conclusione per cui il mutamento dell’oggetto o del titolo del- l’obbligazione non necessariamente comporterebbe la novazione del rapporto.
Per questa elaborazione – sostenente la lettura congiunta dei due commi dell’art. 1230 c.c., che esprimerebbero un’unica norma – il mutamento sostanziale del rapporto deve sempre essere ac- compagnato dall’animus novandi per aversi novazione, altrimen- ti si ricadrebbe nella mera modificazione.
Quanto al secondo problema delineato, anche qui – specular- mente – constano due posizioni in dottrina.
La prima esalta il ruolo dell’animus novandi, attribuendo alle
parti la possibilita` di convenire la novazione del rapporto anche apportandovi modifiche qualitativamente secondarie(34).
Di contrario avviso e` invece quella parte di dottrina che fa leva sulla lettera dell’art. 1231 c.c.: tale disposizione, contrariamente a quella che la precede, non effettuando riferimenti all’animus no- vandi, fisserebbe la regola per cui, in presenza di una modifica di carattere accessorio, la volonta` dei contraenti non sarebbe suffi- ciente a determinare novazione(35).
Tirando le fila del discorso che abbiamo svolto in questo para- grafo, si rileva che, in realta`, per quanto concerne la prima que- stione, e` opinione pressoche´ comune che, nelle ipotesi in cui l’identita` del rapporto sia del tutto stravolta dalle trasformazioni operate dal contratto modificativo, l’effetto estintivo-costitutivo della novazione non possa essere evitato(36); per quanto riguarda la seconda, che in presenza di modifiche qualitativamente acces- sorie, l’autonomia privata non sia comunque in grado di deter- minare novazione(37).
Ribadita, pertanto, l’importanza di stabilire l’entita` – sostanziale
o meno – delle mutazioni, al fine di discernere la novazione dalla modifica non novativa, e` dato osservare come in dottrina si sia diffusa in modo crescente la convinzione che i rapporti tra no- vazione e negozio modificativo si siano informati ad un «gradua- le rovesciamento..., al punto che oggi appaiono eccezionali, e quindi abbisognevoli di particolari giustificazioni, non piu` le fat- tispecie in cui in luogo di una novazione e` ammissibile una sem- plice modifica, bens`ı le fattispecie in cui la novazione costituisce l’unico mezzo per attuare un certo mutamento nelle relazioni di carattere obbligatorio che legano le parti»(38).
Del tutto coerente con questa impostazione appare, dunque, la valorizzazione del ruolo dell’animus novandi nell’equilibrio della fattispecie delineata dall’art. 1230 c.c.: solo l’inequivoca volonta` delle parti di sostituire a quello originario un nuovo rapporto puo` comportare la novazione; al contrario, l’intenzione delle parti
cit., 435 ss.; XXXXXXXXXX, Vicenda modificativa, prestazione in luogo dell’a- dempimento e novazione del rapporto obbligatorio, in Xxxx. xxx. xxx., 0000, X, 000.
(31) X. XXXXXXXX, Novazione, cit., 283.
(32) Sotto il vigore del codice del 1865, cfr. XXXXXXX, op. cit., 99 ss. e 113 ss.; XXXXXXXXXX, op. cit., 211; sotto la vigenza del nuovo codice, cfr. F. PEL- LEGRINI, Dei modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento, in Comm. X’Xxxxxx e Xxxxx, Firenze, 1948, 124; X. XXXXXXXXX, La novazione oggettiva e i negozi estintivi onerosi, Milano, 1968, 32 ss.; ID., Novazione, cit., 6; C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1993, 452: «... ne´ la disciplina generale del contratto ne´ la disciplina della novazione limitano l’autonomia delle parti al punto di vietare una novazione che non comporti un mutamento sostanziale del rapporto».
(33) E` opinione diffusa che la novazione non sia che «il rudimento sto-
rico rimasto nel diritto odierno di un istituto romano», al quale oggi potrebbe riconoscersi solo una «modesta funzione economico-sociale», cos`ı X. XXXXX, op. cit., 258. Cfr., sulla ‘‘crisi’’ della novazione l’ampia intro- duzione sul punto di MAGAZZU` , op. cit., 785; XXXXXXXX, op. cit., 471 ss.; e, in particolare, X. XXXXXXXX, La prestazione in luogo dell’adempimento fra no- vazione e negozio modificativo del rapporto, cit., 186 ss. e ID., Novazione, cit., 284 ss. Quest’ultimo A. svolge un’interessante indagine in prospettiva
comparatistica: in Germania la figura dell’A¨ nderungsvertrag di cui al §
305 BGB ha sostituito ab origine l’istituto della novazione. I giuristi tede- schi sono concordi nel ritenere che di negozio modificativo possa parlarsi sino al punto in cui l’obbligazione mantenga la propria identita`. Per sta- bilire se tale identita` sussista o meno assumono rilievo di parametri «la volonta` delle parti, il significato economico della modificazione in rap- porto alla struttura del contratto, la generale considerazione del traffico giuridico», XXXXXX, Xxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxxx, X Xxxxxxxxxxx Xxxx, 0 § 00, XX, Xxxxxxxxx, 0000, 237; cfr., anche XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx-Xxx Xxxx, 0000, 171 ss. Circa il mutamento del titolo, si e` escluso che la mo- difica dell’obbligazione tale da far mutare la qualificazione del contratto
– cioe` il tipo – determini necessariamente novazione. Anche qualora il
mutamento riguardi una delle prestazioni poste in relazione sinallagma- tica, perche´ il rapporto mantenga la sua identita` sarebbe sufficiente che
rimanga inalterata l’altra. Riguardo alla modificazione dell’oggetto, vale ancora il risalente principio per cui non determinerebbe novazione la sostituzione dell’oggetto della prestazione con un altro della stessa specie; mentre va sfumando il correlativo assunto per cui provoca necessaria- mente novazione la sostituzione dell’oggetto della prestazione con un altro di specie diversa. Non dissimili gli approdi della dottrina francese, per la quale l’assenza di animus novandi determinerebbe la modificazio- ne non novativa del rapporto, purche´ il nuovo oggetto sia comunque idoneo a soddisfare il comune interesse delle parti e corrisponda allo scopo dell’obbligazione; cfr., sul punto, ancora X. XXXXXXXX, La prestazione in luogo dell’adempimento fra novazione e negozio modificativo del rap- porto, cit., 192, sub nt. 30, che cita GHOZI, La modification de l’obligation par la volonte´ des parties, Xxxxx, 0000.
(34) ; X. XXXXXXXXX, La novazione oggettiva e i negozi estintivi onerosi, cit.,
37-38.
(35) X. XXXXXXXX, La prestazione in luogo dell’adempimento fra novazione e negozio modificativo del rapporto, cit., 193; ID., Novazione, cit., 286.
(36) «Esprimere la volonta` di continuare il rapporto originario, e poi realizzare una modifica tale da alterarne l’identita`, rappresenterebbe una palese contraddizione: compiere una modifica di questa portata, rispetto all’intento di mantenere il rapporto originario, costituirebbe, in un certo senso, un venire contra factum proprium», X. XXXXXXXX, Novazione, cit., 286; cfr. anche N. DI XXXXXX, Novazione, in Tratt. Xxxxxxxx, 9, I, Torino, 1999, 336 ss.
(37) X. XXXXXXXX, Novazione, cit., 286. Cfr. anche X. XXXXXXXX, op. cit., 435 ss.; e BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica e Zatti, Milano, 1991, 693- 694.
(38) X. XXXXXXXX, Novazione, cit., 286-287. Osserva l’A. che «nel costante ampliamento degli spazi concessi al negozio modificativo si riflette il dif- ficile trapasso da una concezione ‘‘statica’’ del rapporto obbligatorio, visto come realta` immutabile, alla piu` moderna concezione ‘‘dinamica’’, che il rapporto obbligatorio intende come un’entita` in grado di evolversi, e su- scettibile di essere adattata, per volonta` delle parti, al variare delle circo- stanze di fatto o a nuovi interessi dalle parti stesse conseguiti». Cfr. anche XXXXXXX, op. cit., 387.
non puo` determinare novazione nelle ipotesi di modificazioni qualitativamente accessorie di cui all’art. 1231 c.c.
Come gia` accennato, peraltro, l’indagine relativa a tale requisito non puo` essere condotta in termini di indagine puramente psi- cologica, ma deve rispecchiarsi in una quaestio facti che l’inter- prete ha l’onere di definire tenendo conto del «significato eco- nomico della modifica»(39) e di tutti gli elementi obiettivi che concorrano ad esplicitare l’intenzione delle parti.
Alla luce di questo panorama dottrinario – essenzialmente teso alla valorizzazione del negozio modificativo e ad un’estensione della sua area applicativa a discapito del recessivo istituto della novazione – vanno lette le indicazioni della giurisprudenza di legittimita`, unanime nel ritenere che la novazione e` conseguenza solamente di «un mutamento sostanziale dell’obbligazione»(40),
«non e` ricollegabile alle mere modificazioni accessorie»(41) e
«l’effetto estintivo dell’obbligazione che e` proprio della novazio- ne presuppone sempre – anche ove si acceda alla concezione piu` ampia della novazione medesima, che la ravvisi in ogni ipotesi di mutamenti di carattere quantitativo dell’oggetto o di modifiche di modalita` o di elementi di una medesima prestazione – che sia accertata la sussistenza dell’animus novandi, che deve costituire lo specifico intento negoziale comune ai contraenti, e che deve essere provato in concreto»(42).
5. Il collegamento tra contratto originario e contratto modificativo
Si e` detto che, sul piano logico, modificare significa essenzial- mente riassettare l’equilibrio del sistema di interessi divisato dal- le parti lasciandone intatto il nucleo fondamentale.
Di conseguenza, si e` osservato come il diritto positivo accolga questa impostazione, sancendo che la trasformazione, per non alterare la struttura e la funzione del rapporto, debba intervenire su profili accessori del medesimo.
A tal proposito, e` stato ben evidenziato come il concetto di accessorieta` collimi, in prospettiva effettuale, con quello di di- pendenza: «l’accessorieta` deve essere intesa e valutata in rela- zione agli effetti del contratto originario, cioe` confrontando gli effetti dell’accordo modificativo con il regolamento di interessi fondamentale, di cui e` espressione il contratto originario. Il carattere accessorio, in altri termini, dipendera` dall’esistenza di un rapporto di dipendenza, quanto all’efficacia giuridica, fra l’accordo modificativo e il contratto originario, nel senso che soltanto quest’ultimo puo` (ed anzi deve) porsi come un prius, antecedente giuridico necessario perche´ l’altro si giustifichi e
produca i suoi effetti. E` evidente, da quanto appena osservato
in punto di accessorieta`, che l’analisi della struttura del nego- zio non puo` prescindere dalla valutazione della sua effica- cia»(43).
Secondo la dottrina piu` risalente e` proprio la dipendenza, in ottica funzionale, dal negozio originario a fare del contratto mo- dificativo un negozio di «secondo grado»(44).
Si ritenga o meno che la partizione tra negozi di primo e di secondo grado conservi una qualche utilita`, essa rimarca in ma- niera inequivoca la natura unilaterale del nesso funzionale di collegamento presente tra il negozio fondamentale ed il negozio modificativo(45).
Come e` noto, il collegamento negoziale – che puo` costituire o
meno espressione dell’autonomia contrattuale privata – e` un meccanismo attraverso il quale e` perseguito un risultato econo- mico complesso, che viene realizzato non gia` per mezzo di un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralita` coor- dinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno e` concepito, funzionalmente e teleologica- mente, come collegato con gli altri, s`ı che le vicende che inve- stono un contratto possono ripercuotersi sull’altro(46).
(39) X. XXXXXXXX, Novazione, cit., 284.
(40) Cass., 12.9.2000, n. 12039, cit.; cfr., nello stesso senso, ex pluribus, Cass., 6.7.2010, n. 15980, cit.; Cass., 26.2.2009, n. 4670, cit.; Cass., 21.1.2008, n. 1218, in Guida dir., 2008, 14, 59.
(41) Cos`ı la sentenza che annotiamo.
(42) Cass., 14.7.2000, n. 9354, in Rep. Foro it., 2000, Obbligazioni in ge- nere, n. 49.
(43) XXXXXXX, op. cit., 365.
(44) Cos`ı X. XXXXXXXXX, op. cit., 855, che accoglie una classificazione risa- lente a E. BETTI, op. cit., 249. Quest’ultimo, identificando i negozi c.d. di secondo grado con la categoria dei negozi regolamentari, afferma che «[il] negozio concluso, o il rapporto giuridico da esso creato, puo` a sua volta formare oggetto di svariati negozi, i quali rientrano nell’ampia categoria dei negozi di secondo grado..., che comprende tutti i negozi diretti a rego- lare in questo senso (fissare, confermare, interpretare, risolvere, assorbire ecc.) negozi giuridici in precedenza conclusi fra le parti stesse: e cio`, con la loro integrazione o con la sovrapposizione di altri negozi modificativi della situazione giuridica preesistente». Cfr. anche CARIOTA FERRARA, op. cit., 308:
«i negozi di secondo grado hanno per oggetto rapporti giuridici preesi- stenti, che hanno gia` costituito obietto di altri negozi (negozio fondamen- tale o originario o di primo grado). Specificando e precisando: col negozio fondamentale il rapporto e` disciplinato per la prima volta, quindi come rapporto sociale, che diventa giuridico; il negozio di secondo grado ha per oggetto un rapporto giuridico, appunto, gia` esistente». Tale terminologia e` utilizzata, tra gli altri, anche da TAMBURRINO, I vincoli preliminari nella formazione progressiva del contratto, Milano, 1954, 210; GASPERONI, op. cit., 377; Salv. ROMANO, op. cit., 110; CARRESI, op. cit., 387; MAGAZZU` , op.
cit., 820, sub nt. 189; e, piu` recentemente, anche da X. XXXXXXX, Il collega-
mento contrattuale volontario, Xxxx, 0000, 85.
(45) Evidenziano la relazione di dipendenza X. XXXXXXXXX, op. cit., 855; e XXXXXXX, op. cit., 370.
(46) Se si scorrono i repertori di giurisprudenza si realizza come tale massima si ripeta sin dalla prima meta` del secolo scorso, senza variazioni apprezzabili: cfr., nell’ultimo decennio, Cass., 17.5.2010, n. 11974, in Giust. civ. mass., 2010, 761; Cass., 26.3.2010, n. 7305, in Guida dir., 2010, 19, 38; Cass., 4.3.2010, n. 5195, ibidem, 14, 61; Cass., 25.11.2008, n. 28053, ivi,
2009, 2, 68; Cass., 8.10.2008, n. 24792, ivi, 2008, 46, 79; Cass., 10.7.2008,
n. 18884, in Giust. civ. mass., 2008, 1123; Cass., 5.6.2007, n. 13164, in Rep.
Xxxx xx., 0000, Xxxxxxxxx xx xxxxxx, x. 00; Cass., 20.4.2007, n. 9447, ivi, 2007,
voce cit., n. 339; Cass., 27.3.2007, n. 7524, in Contr., 2008, 132; Cass.,
16.2.2007, n. 3645, ibidem, 2008, 156, nonche´ in Giust. civ., 2008, I, 1278;
Cass., 27.7.2006, n. 17145, in Dir. e prat. soc., 2006, XX, 70; Cass., 28.3.2006,
n. 7074, in Guida dir., 2006, 24, 84; Cass., 16.3.2006, n. 5851, in Rep. Foro it.,
2006, Contratto in genere, n. 32; Cass., 12.7.2005, n. 14611, ivi, 2005, voce
cit., n. 343; Cass., 16.9.2004, n. 18655, in Giust. civ., 2005, I, 125; Cass.,
21.7.2004, n. 13580, in Dir. e giustizia, 2004, XLI, 19; Cass., 29.4.2004, n.
8218, in Contr., 2004, 1023, nonche´, in Foro it., 2005, I, 490; Cass.,
11.6.2001, n. 7852, ivi, 2001, Contratto in genere, n. 240. Per la giurispru- denza di merito, cfr., di recente, Trib. Xxxxxx, 00.0.0000, in De Jure; Trib. Lamezia Terme, 19.1.2011, ibidem; Trib. Nola, 10.4.2010, ibidem; Trib. To- rino, 22.2.2010, ibidem. La giurisprudenza ha fatto propria la sistemazione organica della questione risalente ai celebri scritti di X. XXXXXXXXXX, Negozi giuridici collegati, in Riv. it. scienze giur., 1937, 275, e X. XXXXXX`, Deposito in funzione di garanzia e inadempimento del depositario, in Foro it., 1937, I, 1476. Per la notevole ed eterogenea quantita` di fenomeni di autonomia privata complessi che si rivelano idonei ad essere letti in chiave di colle- gamento negoziale, tale materia ha da sempre attirato i cultori della scien- za civilistica italiana e la produzione bibliografica e` sterminata. Senza alcuna pretesa di completezza e limitandoci agli studi piu` significativi, si segnalano gli organici contributi di A. XXXXXXXX, Appunti in tema di negozi giuridici collegati, in Giust. civ., 1954, I, 259; XXXXXXXXX, op. cit., 357; DI SABATO, Unita` e pluralita` di negozi, in Riv. dir. civ., 1959, I, 412; XXXXXXXXX, In tema di negozi collegati, in Dir. e giur., 1960, 273; X. XXXXXXXX, Xxx negozi collegati, in Riv. dir. comm., 1962, II, 342; XXXXXXXX, Criteri obiettivi (e ‘‘mistica della volonta`’’) in tema di collegamento negoziale, in Foro padano, 1974, I, 339; EAD., I contratti collegati, in Nuova giur. comm., 1986, II, 256; EAD., Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, ivi, 1997, II, 233; EAD., I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innova- tive, in Contratto e impresa, 2000, 1, 127; C. DI XXXXX, Collegamento nego- ziale e funzione complessa, in Riv. dir. comm., 1977, I, 279; XXXXXXXXX, Negozi collegati in funzione di scambio, in Riv. dir. civ., 1979, II, 398; le monografie di SCHIZZEROTTO, Il collegamento negoziale, Napoli, 1983; X. XXXXXXX, X
Si deve alla dottrina una minuta classificazione dei possibili tipi di collegamento(47).
Cercando, dunque, di incasellare negli alvei delle diverse parti- zioni dottrinali la natura della relazione che lega il negozio ori- ginario al negozio modificativo, ci pare possibile definirla come un collegamento funzionale, diacronico, necessario ed unilatera- le.
Che il nesso abbia natura funzionale – e non meramente occa- sionale – non e` logicamente revocabile in dubbio: lo abbiamo evidenziato precisando che negozio originario e negozio modifi- cativo coesistono per regolare, in relazione di complementarita`, il medesimo rapporto.
Per quanto attiene alla dimensione cronologica, e` d’uopo accen- nare ad una classificazione invalsa nella dottrina tradizionale, ovvero quella consistente nel distinguere tra nessi ‘‘di concorso’’
– che si riscontrano quando due o piu` negozi cooperano in re-
lazione di sintesi e simultaneita` ad uno stesso risultato –, e xxxxx ‘‘di continuita`’’ o ‘‘sequenza’’ – che descrivono la relazione inter- corrente tra due o piu` negozi posti in ordine di successione tem- porale l’uno rispetto all’altro, la cui sequenza mira alla realizza- zione di un risultato unitario(48).
E` certo che il negozio modificativo, atteso che viene posto in
essere in un momento cronologicamente successivo al negozio che ha prodotto il rapporto, si pone in relazione di sequenza (evidentemente eventuale, non necessitata) rispetto a quest’ulti- mo.
Tale diacronia fa s`ı che resti estranea al nostro tema la questione piu` intricata che gli studi in materia di collegamento negoziale debbono affrontare, e cioe` l’individuazione del discrimen tra uni- ta` e pluralita` di negozi in una situazione complessa, ove cioe` vi sia una pluralita` di dichiarazioni contestuali tra le parti.
Per quanto concerne la fonte del collegamento funzionale, inve- ce, vengono distinte le categorie del collegamento necessario e del collegamento volontario(49).
Il primo e` espressione dell’autonomia contrattuale privata e po- stula la teorica autosufficienza dei singoli frammenti negoziali, i quali, se le parti non avessero deciso di collegarli per realizzare l’affare economico complesso, avrebbero potuto avere una loro vita autonoma.
La figura del collegamento necessario, invece, si riscontra allor- che´ la connessione tra due o piu` negozi derivi dalla ‘‘natura’’ di uno di essi, con cio` volendosi intendere che un negozio, al fine di spiegare gli effetti suoi propri, obiettivamente e necessariamente presuppone l’esistenza dell’altro(50).
Xxx, appare manifesto che il fenomeno di connessione contrat- tuale che xxxxxxx descrivendo debba essere annoverato in que- sta seconda categoria.
Infatti, se, da una parte, e` innegabile che sia la volonta` dei con- traenti a porre in essere quelle modifiche, qualitativamente ac- cessorie, che escludono l’effetto novativo e rendono il contratto di modifica un contratto dipendente da quello principale, dal- l’altra, nessun rilievo diretto assume tale volonta` nella costitu- zione del legame tra negozio originario e negozio modificativo, il quale e` la diretta conseguenza della funzione che il secondo adempie rispetto al primo.
Tale nesso di collegamento, logicamente indissolubile, e` stato espressivamente definito «un onere, come tale pur sempre vo- luto, che le parti subiscono»: «le vicende di un negozio avranno rilevanza sull’altro per il loro carattere di necessita`, in quanto funzionano obiettivamente come condizioni di possibilita` di esistenza dell’altro negozio; nel senso, cioe`, che la loro man- canza determini l’impossibilita` di esistenza dell’altro rappor- to»(51).
Per quanto riguarda la descrizione degli effetti del collegamen- to(52), torna utile, invece, la distinzione fra collegamento unila- terale e collegamento bilaterale(53).
Con il primo si intende indicare la situazione di dipendenza di un
collegamenti negoziali, Xxxx, 0000; ID., Operazioni economiche e collega- mento negoziale, Padova, 1999; X. XXXXX, Profili del collegamento negoziale, Milano, 1999; X. XXXXX, I contratti collegati nelle esperienze giuridiche ita- liana e francese, Napoli, 1999; X. XXXXXXX, op. cit.; X. XXXXXX, Il collegamento volontario tra contratti nel sistema dell’ordinamento giuridico. Sostanza economica e natura giuridica degli autoregolamenti complessi, Napoli, 2002; X. XXXXXXXX, I contratti collegati, Milano, 1998; ID., Il collegamento negoziale nella societa` per azioni, Milano, 2008; NARDI, Frode alla legge e collegamento negoziale, Milano, 2006; e le voci enciclopediche di R. SCO- GNAMIGLIO, Collegamento negoziale, in Enc. dir., Milano, 1960, VII, 375; X. XXXXXXXX, Contratto collegato, ivi, 1962, X, 48; XXXXXX e ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, in Enc. giur., IX, Xxxx, 0000.
(47) Tali classificazioni, la maggior parte delle quali recepite e fatte pro- prie dalla giurisprudenza, hanno una funzione prevalentemente descritti- va e, talvolta, denotano un uso improprio della categoria. Cfr. le critiche mosse agli eccessi classificatori da X. XXXXXXXXXX, Negozi giuridici collegati, cit.; DI SABATO, op. cit., 428; XXXXXXXXX, op. cit., 278; e, in particolare, X. XXXXX, Il contratto, I, Milano, 1955, 119, che si scaglia contro «il nefasto interesse per le generalizzazioni e per i connessi ludi classificatori e con- cettualistici».
(48) X. XXXXX, op. cit., 298 ss.
(49) Il primo A. che disserto` organicamente in materia di collegamento negoziale, ne distinse tre tipi: a) «collegamento derivante dalla funzione stessa cui il negozio, obiettivamente considerato, adempie rispetto ad un altro»; b) «collegamento dovuto alla circostanza che uno dei negozi trova la sua causa in un rapporto scaturente da altro negozio»; c) infine, il collegamento che si verifica quando una pluralita` di negozi sono coordi- nati da un nesso economico e teleologico voluto dalle parti, X. XXXXXXXXXX, Xxxxxx xxxxxxxxx collegati, cit., 327. Successivamente si e` affermato che sarebbe stato sufficiente distinguere tra collegamento volontario e con- nessione imposta dalla natura dei negozi o dalla legge, cfr. DI SABATO, op.
cit., 430. Quest’ultimo A., piu` precisamente, distingue fra collegamento precettivo (volontario) e collegamento materiale (necessario): la seconda categoria «costituisce senza dubbio il tipo piu` evidente di collegamento e si ha quando, anche indipendentemente da una particolare influenza del- la volonta` del collegamento sulla concreta determinazione del precetto negoziale, il nesso di fatto tra la situazione su cui opera un negozio e quella su cui opera l’altro negozio sia di tale evidenza per cui l’una situa- zione risulti, in fatto, subordinata all’esistenza dell’altra. Aver voluto un negozio implica la necessita` di volere anche l’altro, poiche´, essendo con- nesse le due situazioni, le vicende di un negozio, destinate ad operare su una delle situazioni di fatto, hanno automaticamente rilevanza sulla si- tuazione subordinata, che costituisce il substrato materiale dell’altro ne- gozio». Vi e`, inoltre, chi – valorizzando il ruolo della volonta` privata – ha criticato la distinzione in parola osservando che anche «negli stessi negozi collegati necessariamente il legame puo` in linea mediata ricondursi al- l’autonomia dei privati alla quale compete in concreto la scelta degli stru- menti negoziali», cos`ı X. XXXXXXXXXXXX, Collegamento negoziale, cit., 378; ma cfr. nello stesso senso anche XXXXXXX, I contratti parasociali, Milano, 1987, 235, e, per un’esaustiva sintesi sul rilievo della distinzione in dottri- na, X. XXXXXXX, op. cit., 29 ss.
(50) In alcune ipotesi, peraltro, il nesso tra negozi e la relativa disciplina sono posti direttamente dal legislatore: cfr., ad es., l’art. 1595, 3º co., c.c., in tema di sublocazione.
(51) DI SABATO, op. cit., 430. La medesima natura ha il nesso che lega il rapporto principale alla garanzia: l’ipoteca, il pegno e la fideiussione, in- fatti, vivono in funzione del mutuo che garantiscono. Allo stesso modo, la sublocazione e il subappalto e, in generale, il subcontratto, in tanto pos- sono essere posti in essere, in quanto sussista il c.d. contratto-base. Cfr. sul punto GASPERONI, op. cit., 357 ss.
(52) La giurisprudenza a tale riguardo afferma che «[il] collegamento comporta la ripercussione delle vicende che investono un contratto (inva-
negozio da un altro (i cui effetti sono ben compendiati dall’ada- gio accessorium sequitur principale); con il secondo, invece, si allude all’interdipendenza fra negozi, situazione nella quale gli atti sono, solitamente, in rapporto di pariordinazione (ed ove le conseguenze sono sintetizzate nel brocardo simul stabunt simul cadent).
Abbiamo appena osservato come l’analisi strutturale del negozio non possa prescindere dalla valutazione della sua efficacia: eb- bene, dal momento che il negozio modificativo esplica un’effica-
cia innovativa degli elementi qualitativamente secondari del rap-
diritto di recedere sia stato attribuito dallo stesso negozio modi- ficativo, e` il rapporto a sciogliersi, non l’atto negoziale(54).
Qualche precisazione si palesa invece necessaria per quanto con- cerne gli effetti dell’invalidita`, la quale, bens`ı, investe l’atto di autonomia privata nella sua dimensione di fatto giuridico costi- tutivo del rapporto.
Xxxxxxxx, al riguardo, che l’invalidita` che colpisce il negozio originario, provocando il venir meno del rapporto con effetti retroattivi, determini l’originaria insussistenza del sostrato ogget- tivo del negozio modificativo e ne cagioni una genetica impossi-
` ` bilita` funzionale, sanzionata con la nullita`(55).
porto, esso non puo che porsi in relazione di accessorieta e,
quindi, di dipendenza funzionale dal negozio poietico di quel rapporto. Quest’ultimo ne costituisce un antecedente logico, cro- nologico e giuridico.
Occorre adesso trarre da quanto sinora argomentato le debite conclusioni.
Le eventualita` della risoluzione e del recesso non sembrano sol-
levare questioni peculiari, dal momento che intervengono sull’u- nico rapporto esistente, seppur regolato da una pluralita` di fonti negoziali.
Infatti, anche se l’inadempimento riguarda proprio uno di quegli aspetti del rapporto sui quali e` intervenuta la modifica ovvero il
Nel caso in cui, invece, sia il negozio modificativo ad essere col- pito da una vicenda invalidante, non puo` giungersi, evidente- mente, alla stessa conclusione, dal momento che il negozio ori- ginario, non dipendendo funzionalmente da quello modificativo, continuera` ad esplicare i propri effetti ed a costituire l’unica fonte regolamentare del rapporto.
Cesseranno, dunque, di avere efficacia le disposizioni introdotte dall’accordo di modifica, mentre assisteremo ad un fenomeno di ‘‘reviviscenza’’ di quelle sostituite o soppresse, «per cui il conte- nuto normativo del precedente negozio o rapporto giuridico, gia` assorbito e, per cos`ı dire, imprigionato nel negozio [modificati- vo], una volta caduto questo, ritorna libero e riprende tutta la sua
lidita`, inefficacia, risoluzione) sull’altro, seppure non necessariamente in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all’altro e non viceversa) ed in rap- porto di principale ed accessorio», cos`ı, da ultimo, Cass., S.U., 14.6.2007, n. 13894, in Riv. dir. processuale, 2008, 1141; in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, 741; e in Resp. civ., 2008, 2045. La formula si trasmette nei decenni con poche variazioni, cfr. Xxxx., 5.6.2007, n. 13164, cit.; Cass., 27.3.2007, n. 7524, in Contr., 2008, 132; Cass., 28.3.2006, n. 7074, cit.; Xxxx., 28.6.2001, n.
8844, in Giust. civ., 2002, I, 113; in Giur. it., 2002, 1618; e Nuova giur.
comm., 2002, I, 654; Cass., 27.4.1995, n. 4645, in Giust. civ., 1996, I, 1093;
Cass., 6.9.1991, n. 9388, in Rep. Foro it., 1992, 1991, Xxxxxxxxx, atto e ne- gozio in genere, n. 158; Cass., 5.7.1991, n. 7415, ivi, 1991, voce cit., n. 159;
Cass., 4.5.1989, n. 2065, ivi, 1989, voce cit., n. 193; Cass., 31.3.1987, n. 3100,
xxx, 1987, Contratto in genere, n. 31; Cass., 15.12.1984, n. 6586, ivi, 1994,
voce cit., n. 91; Cass., 25.7.1984, n. 4350, ivi, 1984, voce cit., n. 92; Cass.,
15.2.1980, n. 1126, ivi, 1980, voce cit., n. 63; Cass., 12.2.1980, n. 1007, in
Giur. it., 1981, I, 1, 1537.
(53) Distinzione proposta da XXXXXXXXXX e XXXXXXX, Lehrbuch, des bu¨ r- gerlichen Rechts14, II, Tu¨ bingen, 1954, 384, e ripresa quasi uniformemente da tutti gli A. che si sono occupati del tema; su tutti cfr. X. XXXXXXXX, op. cit., 52-53; e X. XXXXX, op. cit., 3. In giurisprudenza cfr., da ultimo, Cass.,
28.3.2006, n. 7074, cit.: «il collegamento negoziale puo` essere bilaterale o unilaterale. E` bilaterale quando le vicende di un contratto reagiscono ne- cessariamente sull’altro, per cui l’invalidita` di uno, nel suo significato piu` generale, determina necessariamente l’invalidita` dell’altro e reciproca- mente. E` unilaterale, quando tale reciprocita` non sussiste ed un negozio puo` restare valido, anche in presenza dell’invalidita` dell’altro». Enunciano la distinzione de qua anche Cass., 10.10.2005, n. 19678, in Giust. civ. mass., 2005, 2334; nonche´ in Dir. e giustizia, 2006, 34; Cass., 6.8.2004, n. 15190, in Rep. Xxxx xx., 0000, Xxxxxxx, x. 0; Cass., 6.9.1991, n. 9388, cit.; per quanto concerne le corti di merito, cfr. Trib. Salerno, 15.4.2008, in Civilista, 2009, 47; e App. Milano, 13.10.2004, in Giur. di Merito, 2005, 2618.
(54) Cfr. pero` XXXXXXX, op. cit., 372 ss. il quale descrive le affinita` tra
contratto modificativo concluso in esecuzione dell’obbligo di rinegozia- zione e transazione. L’A. osserva che, da una parte, entrambi possono ascriversi alla categoria dei contratti c.d. regolamentari e sono caratteriz- zati da un certo grado di atipicita` di contenuto; dall’altra, peraltro, che mentre il contratto modificativo e` un mezzo di adeguamento del rapporto ai mutati interessi delle parti e mira, dunque, a comporre un conflitto economico senza che questo sia ancora sfociato in una lite, la transazione invece presuppone la sussistenza di un conflitto giuridicamente qualifica- to. Sulla scorta di questa premessa l’A. passa in rassegna gli artt. 1965 c.c. ss. per vagliarne l’attitudine applicativa al contratto modificativo. In par- ticolare, e` valutata positivamente la possibilita` di applicare al contratto modificativo la norma dettata dall’art. 1976 c.c. il quale preclude la riso- luzione per inadempimento della transazione novativa, salvo che il diritto alla risoluzione abbia costituito oggetto di stipulazione espressa. Cio` per- che´ «con riferimento alla dinamica dei contratti a lungo termine, appare irrazionale una diversa scelta (nel senso cioe` di consentire la risoluzione dell’accordo modificativo con la reviviscenza del preesistente regolamento
d’interessi), posto che le parti hanno voluto certamente superare l’origi- nario assetto contrattuale, sostituendolo con altro idoneo a consentire la prosecuzione del contratto». Come detto, peraltro, crediamo che le vicen- de del negozio non siano da confondere con le vicende del rapporto e che effetto modificativo ed effetto novativo vadano tenuti distinti: il primo consiste nella trasformazione degli elementi secondari di un rapporto, del quale lascia intatta la fisionomia, mentre il secondo consiste nell’e- stinzione di un rapporto e la contestuale costituzione di uno nuovo. Nel primo caso, dunque, l’unicita`/continuita` del rapporto impedisce che si presentino questioni di reviviscenza di obbligazioni in seguito alla sua risoluzione.
(55) Cfr. anche X. XXXXXXX, op. cit., 4-5. Non si ha alcuna sopravvenienza, bens`ı un difetto vitale e strutturale del contratto logicamente e cronologi- camente precedente che influisce fatalmente sulla possibilita` di esistenza del negozio modificativo. Il fenomeno della propagazione dell’invalidita` da un negozio ad un altro, sul presupposto di un nesso di collegamento funzionale, e` stato talvolta definito come ‘‘invalidita` derivata’’: cfr., per tutti, X. XXXXXXXXXXXX, Sulla invalidita` successiva nei negozi giuridici, in Scritti giuridici, Padova, 1996, 198, e X. XXXXXXXXX, Invalidita` (dir. priv.), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, 596, e la bibliografia ivi richiamata. Invero, l’invalidita` derivata – della quale la scienza civilistica non possiede una nozione sicura – appare una locuzione meramente descrittiva degli effetti provocati dalla caducazione del negozio originario: il negozio accessorio, infatti, cade a sua volta non per derivazione, ma per un suo vizio intrinse- co, consistente nel venire meno dei propri presupposti oggettivi e funzio- nali. In realta`, l’invalidita` derivata costituisce patrimonio dogmatico del diritto amministrativo: cfr., da ultimo, C. St., 23.10.2007, n. 5559, in xxx.xxxxxxx.xxx: «nell’ambito del fenomeno generale dell’invalidita` deri- vata, si deve distinguere tra la figura dell’invalidita` caducante (o ‘‘travolgi- mento’’ o ‘‘effetto travolgente’’) e quella dell’invalidita` ad effetto viziante. La figura dell’invalidita` caducante... si delinea allorquando il provvedi- mento annullato in sede giurisdizionale costituisce il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali, esecutivi e mera- mente confermativi, sicche´ il suo venir meno travolge automaticamente
– e cioe` senza che occorra una ulteriore specifica impugnativa – tali atti
successivi strettamente e specificamente collegati al provvedimento pre- supposto. La figura dell’invalidita` ad effetto solo viziante si ravvisa in tutte le ipotesi nelle quali si e` in presenza di provvedimenti presupponenti solo genericamente o indirettamente connessi a quello presupposto, di guisa che, proprio per la rilevata assenza di uno specifico e stretto legame di dipendenza o di presupposizione, tali atti successivi non possono ovvia- mente rimanere travolti ipso iure, occorrendo per la loro eliminazione una esplicita pronuncia giurisdizionale di annullamento (a seguito, ovviamen- te, o della loro contestuale impugnazione con lo stesso ricorso principale o della loro successiva impugnazione con i motivi aggiunti o con autonomo ricorso). L’effetto caducante puo` essere ravvisato solo quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialita` immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile con- seguenza di quello precedente, perche´ non vi sono nuove e ulteriori valu- tazioni di interessi, ne´ del destinatario dell’atto presupposto, ne´ di altri».
primitiva efficienza. Non e` un rapporto che si crei ora ex novo, per la prima volta...; ma e` lo stesso rapporto primitivo che, dopo uno stato di quiescenza, rivive»(56).
Sulla questione, anche la Suprema Corte ha avuto modo di espri- mersi, con specifico riguardo all’annullamento del contratto mo- dificativo: «[l]’atto con il quale le parti convengono una modifi- cazione accessoria di una precedente obbligazione, pur non co-
stituendo una novazione e non comportando, dunque, l’estinzio- ne dell’obbligazione originaria, ha, in ogni caso, natura contrattuale ed e` soggetto, quindi, alle regole che ne prevedono l’annullabilita`, con la conseguenza che, ove tale annullabilita` sia stata eccepita soltanto riguardo all’atto negoziale modificativo e siffatta eccezione sia fondata, le obbligazioni nascenti dal con- tratto restano quelle antecedenti alla modificazione»(57). &
(56) X. XXXXX, Inefficacia del negozio cambiario e reazione del rapporto causale, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, XX, 000.
(57) Cass., 24.10.2007, n. 22339, in Giust. civ. mass., 2007, 2030. Parla esplicitamente di «reviviscenza» dell’obbligazione Cass., 11.2.1998, n. 1395, in Giur. it., 1999, 271 (relativamente alla rinascita delle obbligazioni discendenti dal contratto preliminare in seguito all’annullamento del con-
tratto definitivo). Per quanto concerne la giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Perugia, 30.7.2008, in De Jure, e Pret. Taranto, 24.11.1992, in Foro it., 1993, I, 1304, rispettivamente in tema di inefficacia e di invalidita` del negozio solutorio: tali vicende provocano il ripristino del rapporto scatu- rente dal contratto originario.