SENSIBILIZZARE UOMINI E DONNE NEL COMMERCIO E NEL TERZIARIO AVANZATO: OPPORTUNITÀ
Spedizione Poste Italiane SpA in abb. post. 70% Roma Aut. n. C/AC/RM/75/2011
SENSIBILIZZARE UOMINI E DONNE NEL COMMERCIO E NEL TERZIARIO AVANZATO: OPPORTUNITÀ
E STRUMENTI DI MIGLIORAMENTO NELLA CONTRATTAZIONE
A cura di Solco S.r.l.
Supplemento N.6 al N.1/2011 anno II del semestrale “EBINTER NEWS - BILATERALITÀ NEL TERZIARIO”
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ENTE BILATERALE NAZIONALE TERZIARIO
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Via Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, 137 - 00147 Roma - Tel. 06/00000000 - Fax 06/00000000 xxxx@xxxxxxx.xx - xxxxxxx@xxxxxxx.xx - xxx.xxxxxxx.xx
I SOCI
COME NASCE
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GLI SCOPI
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LE ATTIVITÀ
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Il Centro studi sociali per il terziario, turismo e servizi Filcams CGIL nasce nel 2007, quale diramazione organizzativa del Centro Multiservizi Xx.Xx., al fine di promuovere e coordinare progetti e attività di studio e ricerca nel settore sindacale, nel campo del lavoro, della sicurezza e della responsabilità sociale delle imprese, e sulle tematiche previdenziali, assistenziali e assicurative.
Impegnato anche sul fronte documentale (attraverso la costruzione di uno specifico patrimonio archivistico relativo alle tematiche sindacali e del lavoro), per il conseguimento dei propri obiettivi il Centro Studi si mette in relazione con organismi universitari e altri enti e gruppi di ricerca, e si avvale della consulenza di ricercatori, studiosi ed esperti nel campo delle problematiche individuate.
Il Centro Multiservizi Xx.Xx. è una società di assistenza e consulenza che svolge la propria attività nel settore editoriale, della ricerca, della formazione e informazione. Offre diverse tipologie di servizi: gestione di pubblicazioni saltuarie e periodiche (libri, riviste, opuscoli); produzione di supporti informativi di carattere multimediale; formazione professionale e sindacale; organizzazione di seminari, convegni, congressi e incontri tematici; attuazione di campagne informative.
La sede operativa è in Xxxxx Xxxxxxxx 00, 00000 Xxxx. Sito web: xxx.xx-xx.xx • e-mail: xxxx@xx-xx.xx Editing: Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
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E STRUMENTI DI MIGLIORAMENTO NELLA CONTRATTAZIONE
A cura di Solco S.r.l.
La ricerca è stata realizzata da un gruppo di lavoro coordinato da Xxxxxxxxx Xxxxxxx e dal Direttore Scientifico Xxxxxx Xxxxxxxx, e composto da
Xxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxx.
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E NEL TERZIARIO AVANZATO: OPPORTUNITÀ E STRUMENTI DI MIGLIORAMENTO NELLA CONTRATTAZIONE
Supplemento N.6 al N.1/2011 anno II del semestrale:
Direttore Responsabile
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx
Redazione, Direzione, Amministrazione
EBINTER
Xxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, 000 00000 Xxxx
Tel. 00.00000000, Fax 00.00000000
xxx.xxxxxxx.xx xxxxxxx@xxxxxxx.xx
Registrazione del Tribunale di Roma n. 218/2011 del 06/07/2011
ROC 21627
Stampa
Romana Editrice S.r.l. Via dell’Enopolio, 37
00000 Xxx Xxxxxxx (Xxxx)
Finito di stampare nel mese di febbraio 2012.
indice
INDICE | pag | |
1. INTRODUZIONE | 3 | |
2. MITO E REALTÀ DELLA PARITÀ RETRIBUTIVA DI GENE- | ||
RE: IL PUNTO DI VISTA DEI LAVORATORI E DELLE LAVO- | ||
RATRICI | 11 | |
2.1 Le caratteristiche dei lavoratori e delle lavoratrici intervi- | ||
stati | 13 | |
2.2 La condizione lavorativa | 15 | |
2.3 L’orario di lavoro | 18 | |
2.4 Il reddito da lavoro | 21 | |
2.5 Atteggiamenti e percorsi rispetto al lavoro | 24 | |
2.6 Il tempo extra-lavorativo, gli aiuti familiari e la conciliazione | 27 | |
2.7 Atteggiamenti e percezioni rispetto alla parità di genere | ||
nel lavoro | 30 | |
3. ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE EMERSI DALLE INTER- VISTE AI TESTIMONI PRIVILEGIATI | 35 | 1 |
3.1 L’impatto della crisi e le differenze territoriali | 38 | |
3.2 Tipologie contrattuali, professionalità e differenze di gene- re: le problematiche emerse | 43 | |
3.3 Le problematiche emerse | 49 | |
3.4 I vantaggi e i limiti della contrattazione e della normativa | 54 | |
CONCLUSIONI | 63 | |
BIBLIOGRAFIA | 71 | |
APPENDICE | 77 | |
1. Questionario di rilevazione per i lavoratori | 79 | |
2. Tracce di intervista ai testimoni privilegiati | 88 |
1
Introduzione
Al pari di quanto accade negli altri comparti, il settore del commer- cio e del terziario avanzato è caratterizzato da una forbice retributiva di genere piuttosto ampia e pervasiva, che non abbraccia esclusivamen- te le posizioni apicali delle strutture produttive, ma caratterizza in ge-
nerale le modalità di organizzazione e svolgimento della produzione a 5
tutti i suoi livelli. La difficoltà che le donne incontrano nel tentativo di costruire percorsi di carriera continuativi e soddisfacenti dipende da una serie di fattori interni ed esterni all’azienda e al mercato del lavoro. Tra i primi giova ricordare la segregazione orizzontale e verticale, i meccanismi di attribuzione degli incarichi e delle responsabilità poco trasparenti, le differenze nella formazione erogata a uomini e donne. Tra i secondi, si possono citare i modelli valoriali prevalenti, che orien- tano le scelte formative di ragazze e ragazzi e che attribuiscono alla donna ancora il carico esclusivo della cura della casa e della famiglia; la difficoltà di conciliare vita lavorativa, vita privata e carichi di cura, laddove i servizi alle famiglie risultano ancora deficitari rispetto alla do- manda; la persistenza di stereotipi di genere rispetto alle professioni e di discriminazioni dirette e indirette nell’accesso al mercato del lavoro. Nel precedente volume di questo studio (Il gap retributivo e la diffe- renza di genere: analisi comparativa nell’applicazione dei contratti del comparto del commercio e del terziario avanzato) si è cercato di in- quadrare il fenomeno del gender pay gap nelle sue manifestazioni e nelle sue motivazioni di fondo oltre che nella dimensione quantitativa, prendendo le mosse da quanto già emerge dalla letteratura scientifica
e istituzionale sul tema, dalle indagini e dagli studi sul campo, con par- ticolare riguardo a quelli in cui si dà conto delle caratteristiche qualita- tive e quantitative del fenomeno all’interno del comparto del commer- cio. Utilizzando i dati amministrativi disponibili, si è inoltre proceduto a fornire ampie evidenze empiriche a livello aggregato sul mercato del lavoro femminile, sul gender pay gap e sui fenomeni ad esso connessi, quali la segregazione orizzontale e verticale e la forte polarizzazione nell’offerta di lavoro registrata in alcuni settori merceologici dei servizi tra gli uomini (prevalentemente impiegati a tempo pieno) e le donne (generalmente occupate a tempo parziale). Si è inoltre cercato di dare conto di alcuni dei fattori che ostacolano la parità retributiva nel merca- to del lavoro italiano, analizzando dati e spunti di riflessione emersi da un’attenta analisi della letteratura recente.
Al termine della fase di ricognizione dei dati e delle relative analisi offerte dalla letteratura in materia, sono state formulate alcune ipotesi di lavoro per un ulteriore approfondimento del tema di fondo dell’inda- gine, che si pone l’obiettivo – è bene ricordarlo - di fornire elementi uti- li a formulare possibili ipotesi di lavoro, in sede di riflessione e di dibat- tito tra i soggetti preposti alla contrattazione settoriale e aziendale, nel- l’ottica della promozione della parità di genere (e di retribuzione).
6 Più in particolare, si richiamano qui, dal capitolo conclusivo del pre-
cedente volume, per la loro importanza, i fattori socio-economici del contesto territoriale: i valori individuali, le politiche territoriali e azienda- li in termini di servizi alla famiglia e pari opportunità, ma anche il con- testo economico in cui è calata l’impresa e la sua apertura verso l’inno- vazione e l’internazionalizzazione.
In questo contesto agiscono i modelli di organizzazione del lavoro: la contrattazione nazionale e integrativa, la tipologia contrattuale e l’orario di lavoro, i criteri e le modalità di assegnazione dei compiti, i meccanismi di premialità e valorizzazione delle competenze interni alle imprese.
Usando questa e altre griglie interpretative, congiuntamente all’a- nalisi dei percorsi di vita individuali, le ricerche sociologiche identifica- no alcuni fattori come cruciali nel conseguimento di un’effettiva parità di opportunità e trattamento sul mercato del lavoro: su di essi insiste la stessa ricerca quantitativa, mirata a individuare indicatori idonei a defi- nire i contorni del fenomeno del gender pay gap:
- valorizzazione sociale del lavoro femminile, così da riportare su un piano egualitario, con l’abbandono degli stereotipi consolidati e il riconoscimento, per converso, delle competenze individuali, i percorsi lavorativi di uomini e donne;
- diffusione di modelli organizzativi flessibili, capaci di adeguarsi alle esigenze di conciliazione tra vita lavorativa, lavoro domestico e vita privata di uomini e donne;
- rafforzamento della capacità negoziale, individuale e collettiva, delle donne nella società e nei luoghi di lavoro;
- promozione di politiche orientate a diffondere una cultura parita- ria sia all’interno dei contesti lavorativi sia nel tessuto sociale tali da favorire l’abbandono di modelli tradizionali e il superamento degli stereotipi di genere anche all’interno delle famiglie;
- rafforzamento del sistema dei servizi alle famiglie, sia nella so- cietà sia quelli attuabili all’interno delle imprese come gli asili ni- do aziendali, ancora scarsamente diffusi.
Assumendo le ipotesi di lavoro qui succintamente richiamate, si è ritenuto necessario impostare il lavoro di approfondimento facendo ri- corso a uno studio sul campo, avente a oggetto alcuni territori specifici all’interno di tre regioni, Lombardia, Lazio e Sicilia, che si è ritenuto po- tessero offrire un quadro più completo, in quanto “emblematiche” delle situazioni che si verificano a livello nazionale. Il presupposto implicito è
che il quadro di insieme non possa essere illustrato come sintesi di una situazione uniforme quanto piuttosto come composizione che dia
conto delle diverse realtà macro-territoriali che nella loro articolazione, 7
su questo come sulla generalità dei temi socio-economici riferiti alle caratteristiche del sistema produttivo, si presentano come un tratto di- stintivo della realtà del nostro Paese.
In questa seconda fase dello studio si presentano dunque i risulta- ti di tale indagine sul campo, volta a cogliere l’esistenza, da un lato, di quelle dinamiche, richiamate dalla letteratura, che possono influenza- re negativamente i percorsi di carriera e le retribuzioni delle donne e dall’altro di casi di buone pratiche che abbiano ottenuto risultati signifi- cativi nel contrastare quelle stesse dinamiche, all’interno del campo di osservazione limitato ai territori già richiamati (Lombardia, Lazio e Si- cilia), appartenenti alle tre principali circoscrizioni geografiche.
Per far ciò si è ritenuto di utilizzare due diversi strumenti, tra loro in- teragenti e complementari. In primo luogo ci si è orientati a condurre interviste a testimoni privilegiati, individuati tra operatori sindacali, re- sponsabili aziendali della gestione del personale e delle relazioni sin- dacali, esponenti delle associazioni di categoria. Contemporaneamen- te si è proceduto a somministrare un questionario di indagine a lavora- tori e lavoratrici del comparto del commercio, in grado di sintetizzare non solo le specifiche occupazionali e retributive del loro impiego, ma
anche una serie di variabili socio-culturali in grado di catturare le even- tuali criticità incontrate nel conciliare vita lavorativa, vita privata e atti- vità di cura. Per le caratteristiche dell’indagine, non avendo a disposi- zione elenchi attendibili dei lavoratori/lavoratrici per la costruzione di una lista di campionamento, si è scelto di procedere con un campiona- mento “a valanga”, individuando nelle delegate sindacali i “punti di ac- cesso” preferenziali nelle aziende1.
Lo strumento di indagine per le interviste ai lavoratori consiste in un questionario di circa 40 domande, volte ad analizzare non solo gli aspetti relativi alla condizione professionale degli individui, ma anche quelli motivazionali sottesi alle scelte lavorative, e, soprattutto, i fattori critici della partecipazione femminile al mercato del lavoro – legati cioè alla possibilità di conciliare le esigenze private, quelle familiari e quelle lavorative. Ai soggetti intervistati, tuttavia, viene anche fornita una du- plice griglia interpretativa del fenomeno in esame: dapprima si valuta l’esistenza e l’eventuale genesi della forbice retributiva di genere, dal- l’altra si chiede di identificare gli interventi capaci di favorire la concilia- zione. Al fine di valutare correttamente la dimensione del differenziale, si è cercato di ricostruire in maniera accurata sia la professione e il li-
8 vello di inquadramento di lavoratori e lavoratrici intervistati, sia la for- mazione scolastica di base2.
Per quanto riguarda le interviste ai principali attori del contesto or- ganizzativo, ci si propone di raggiungere sia chi opera all’interno del contesto produttivo e del territorio nel quale operano le imprese del settore (imprenditori e delegati sindacali) sia le Parti Sociali, chiamate a definire nell’ambito della Contrattazione Collettiva e decentrata le principali modalità di espletamento dell’attività produttiva. Molteplici sono gli obiettivi dei colloqui con questi testimoni privilegiati. Si vuole innanzitutto analizzare i principali fattori di ostacolo alla effettiva parità di trattamento tra uomini e donne attraverso uno sguardo più vicino al- le realtà produttive e territoriali. Si vuole poi verificare l’esistenza e l’ef- ficacia di buone pratiche nel favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata di lavoratori e lavoratrici, anche sulla scorta degli incenti- vi offerti dalla legge 53 del 2000. In tale ambito si vuole anche porre l’attenzione sulla contrattazione di secondo livello, al fine di compren- dere quanto il tema della parità di genere sia effettivamente affrontato
1 Le tracce di intervista ai testimoni privilegiati e i questionari somministrati a lavorato- ri e lavoratrici si trovano in allegato al presente volume.
2 Il questionario somministrato ai lavoratori è allegato al presente volume.
a livello decentrato. Obiettivo meno esplicito ma altrettanto percorribile è quello di sensibilizzare le Parti Sociali al tema delle differenze retri- butive di genere e al lavoro femminile in generale, soprattutto in quei contesti dove la prevalenza di modelli valoriali ancora incentrati sul la- voro maschile finisce per penalizzare, in ambito contrattuale, le temati- che legate alla parità di trattamento tra uomini e donne3.
Gli strumenti predisposti hanno consentito di acquisire un certo nu- mero di elementi rilevanti per una messa a fuoco delle modalità con cui il fenomeno del differenziale retributivo di genere si manifesta e per una ulteriore valutazione della sua stessa diffusione. A quest’ultimo ri- guardo, vale la pena di ribadire come, per gli scopi della indagine di campo, non fosse necessariamente richiesta la robustezza delle evi- denze di natura quantitativa, di cui comunque si è data ampia trattazio- ne nella prima parte della ricerca, in cui si è compiuta una ricognizione della letteratura sull’argomento. Le indicazioni che ci si ripropone di trarre sono piuttosto di carattere qualitativo, nel senso di individuazio- ne dei fattori che determinano i differenziali e le discriminazioni e di de- terminazione dei nessi causali utili a spiegarne l’incidenza.
Al tempo stesso si deve considerare come gli strumenti di indagine
utilizzati (interviste a interlocutori privilegiati e somministrazione di 9
questionari “a valanga”) fossero tali da permettere di acquisire elemen-
ti di conoscenza anche, se non soprattutto, circa il grado di percezione soggettiva che i diversi attori hanno del fenomeno, nella consapevolez- za che essa stessa rappresenti un fattore decisivo ai fini della capacità di contrastare la diffusione del fenomeno stesso.
Dalla viva voce di alcuni protagonisti sono infine emerse alcune se- gnalazioni di casi di successo, oltre a ricette o idee di soluzione, utili a comporre una sorta di repertorio da mettere a disposizione degli attori cui spetta sia di scrivere le regole e le norme astratte sia di gestirne l’attuazione. Attorno a questo repertorio, che si potrebbe configurare come una sorta di cassetta di attrezzi, nella fase conclusiva della ricer- ca che qui si presenta si procederà a un ulteriore approfondimento del- la tematica affrontata: da un lato, passando attraverso un percorso di disseminazione dei risultati da cui potranno trarsi utilissimi feedback, dall’altro organizzando e gestendo dei veri e propri focus group dedi- cati allo scambio di valutazioni e all’arricchimento dei dati di conoscen- za e delle ipotesi di intervento.
3 Le tracce di intervista ai testimoni privilegiati sono in allegato al presente volume.
Capitolo 2 Mito e realtà della parità retributiva di genere: il punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici
2.1 Le caratteristiche dei lavoratori e delle lavoratrici intervistati
La nostra indagine sul campo ha raggiunto poco meno di 100 lavo- ratori e lavoratrici nel comparto del terziario, residenti nel Lazio, in
Lombardia e in Sicilia; sono donne il 65% dei rispondenti e uomini il ri- 13
manente 35%, riflettendo il maggiore peso della componente femmini- le sull’occupazione del settore. Si tratta in larga maggioranza – nel 67
% dei casi – di lavoratori e lavoratrici in età compresa tra 25 e 44 anni, mentre la quota di over-45 raggiunta dal questionario di rilevazione è di poco inferiore al 30% del totale degli intervistati.Quasi il 60% del cam- pione è costituito da lavoratori in possesso di un diploma di scuola su- periore, il 14,4% ha terminato con successo un corso di laurea univer- sitario. Il rimanente 21,6% dei rispondenti possiede la licenza media o un titolo di avviamento professionale. Xxxxx osservare, tuttavia, che le lavoratrici risultano mediamente più scolarizzate dei loro colleghi: la quota di laureate tra le lavoratrici intervistate è infatti pari al 16,7%, a fronte di una percentuale maschile pari al 10%. In sostanza, l’80% del- le donne da noi raggiunte possiede almeno il diploma di scuola secon- daria superiore, mentre l’analoga percentuale tra gli uomini si ferma al 73,3%. Per quanto attiene alle caratteristiche socio-anagrafiche dei la- voratori intervistati, il 50% dei maschi risulta celibe, il 43,3% sposato o convivente, il 6,7% separato o divorziato. La quota di donne sposate o conviventi risulta invece più elevata, arrivando a un terzo del totale. Ta- le fattore spiega anche la differente proporzione di lavoratori e lavora-
xxxxx con almeno un figlio in età inferiore ai 14 anni: poco più di un quar- to del campione maschile e circa il 40% del campione di lavoratrici.
Tabella 2.1 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base alla classe di età
Classe di età | % |
Meno di 25 anni | 4,4 |
Tra 25 e 44 anni | 67 |
45 anni e più | 28,6 |
Totale | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Figura 2.1 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base al titolo di studio
14
Tabella 2.2 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base al titolo di studio, percentuali rispetto al sesso
Titolo di studio | Uomini | Donne |
Fino alla licenza media | 16,7 | 11,7 |
Titolo professionale | 10 | 8,3 |
Diploma di scuola media superiore | 3,63 | 63,3 |
Titolo universitario | 10 | 16,7 |
Totale | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.3 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base allo stato civile, percentuali rispetto al sesso
Stato civile | Uomini | Donne | Totale |
Celibe/Nubile | 50 | 30 | 36,7 |
Coniugata/o - Convivente | 43,3 | 66,7 | 58,9 |
Separata/o – Divorziata/o | 6,7 | 3,3 | 4,4 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Figura 2.2 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base alla presenza di un figlio in età inferiore ai 14 anni
15
2.2 La condizione lavorativa
Il nostro campione di lavoratori rappresenta in modo sufficiente- mente esaustivo i diversi comparti che caratterizzano il settore del ter- ziario. La maggioranza delle lavoratrici raggiunte dalla nostra indagine lavora nella grande distribuzione, mentre tra gli uomini prevalgono gli impiegati nel commercio al dettaglio.
45,0
40,0
35,0
39,7
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
25,8
Uomini
Donne
Fonte: Indagine diretta
In particolare, sono quasi il 50% le donne occupate in ipermercati, supermercati e grandi magazzini, mentre il 36,8% è impiegato in pic- coli esercizi specializzati nel commercio al dettaglio. Residuale risulta di conseguenza il numero di donne impiegate nel commercio all’in- grosso e nei servizi.
Tra gli uomini la distribuzione settoriale appare più eterogenea: il 34,4% è impiegato nel commercio al dettaglio, il 31% nella grande di- stribuzione, il 12,5% nel commercio all’ingrosso, il 21,9% in agenzie e società di servizi. Operai e impiegati sono rappresentati in una propor- zione pari a 60/40 nel complesso del campione e anche all’interno del- le singole disaggregazioni rispetto al genere.
Vi è da sottolineare, tuttavia, come solo nella componente maschi- le dei lavoratori intervistati si rintracci una figura direttiva, riflettendo quel fenomeno di segregazione verticale evidenziato nei capitoli pre- cedenti di questo rapporto. Parimenti, mentre la quota di operai spe- cializzati e tecnici tra gli uomini supera il 12%, tra le donne la totalità delle operaie risulta impiegata in mansioni generiche.
Inoltre, nonostante un’anzianità di servizio superiore ai tre anni per la grande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici intervistate - e un 78,3% di essi con oltre cinque anni di anzianità -, il 14,5% delle la-
16 voratrici è impiegato con un contratto di lavoro a termine, a fronte del-
la totalità di contratti a tempo indeterminato registrati tra i lavoratori di sesso maschile intervistati.
Tabella 2.4 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base al settore di attività economica, percentuali rispetto al sesso
Settore di attività | Uomini | Donne | Totale |
Ipermercati, supermercati, discount, grandi magazzini | 31,3 | 49,1 | 42,7 |
Commercio al dettaglio in esercizi specializzati | 34,4 | 36,8 | 36 |
Commercio all'ingrosso | 12,5 | 1,8 | 5,6 |
Agenzie, servizi | 21,9 | 12,3 | 15,7 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.5 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base alla pro- fessione, percentuali rispetto al sesso
Professione | Uomini | Donne | Totale |
Professioni qualificate nel commercio e nei servizi | 46,9 | 61,7 | 56,5 |
Operaio specializzato | 9,4 | 1,7 | 4,3 |
Tecnico | 3,1 | 1,1 | |
Impiegato generico | 28,1 | 25 | 26,1 |
Impiegato di concetto | 9,4 | 11,7 | 10,9 |
Quadro, impiegato direttivo | 3,1 | 1,1 | |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.6 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base all’anzia- nità di servizio, percentuali rispetto al sesso
Anzianità di servizio | Uomini | Donne | Totale |
Meno di tre anni | 3,3 | 3,8 | 3,6 |
Dai tre ai cinque anni | 10 | 22,6 | 18,1 |
Oltre 5 anni | 86,7 | 73,6 | 78,3 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
17
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.7 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base al contratto di impiego, percentuali rispetto al sesso
Contratto | Uomini | Donne | Totale |
Indeterminato | 100 | 85,5 | 90,7 |
Determinato | - | 14,5 | 9,3 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
2.3 L’orario di lavoro
Come già visto in precedenza, l’orario di lavoro ridotto caratterizza l’attività lavorativa di molte donne nel comparto del terziario, mentre ri- sulta residuale tra i lavoratori di sesso maschile. Questo fenomeno di- pende anche in misura cruciale dalla divisione dei ruoli sia nell’ambito lavorativo sia in quello domestico. In ambito lavorativo, le donne rico- prono ruoli tipicamente intercambiabili, che facilmente si prestano al- l’alternanza (ad esempio, le cassiere nella grande distribuzione o le commesse nei piccoli esercizi con orario spezzato). In ambito domesti- co rimane a carico delle donne la maggior parte delle attività di cura dei figli e di gestione della casa. Soprattutto in presenza di figli, laddo- ve tali compiti ricadano esclusivamente sulle donne, i rigidi orari impo- sti dalla loro cura limita la flessibilità “offerta” dalle lavoratrici, penaliz- zandone opportunità di carriera e di formazione. Ne consegue che le donne dedicano o possono dedicare al lavoro retribuito un numero di ore minore rispetto agli uomini con il risultato di un reddito da lavoro mediamente inferiore a quello dei loro colleghi. Nel nostro caso, osser- viamo un micro-universo dove la quota di lavoro parziale raggiunge tra le donne il 47,3%, una quota non troppo distante da quella registrata a
18 livello nazionale, soprattutto nel settore del commercio. Per il 44,4%
delle lavoratrici a tempo parziale, questo rappresenta una necessità le- gata alla cura dei figli e della casa, mentre per il 22,2% rappresenta un modo di conciliare studio e lavoro. Tra gli uomini i lavoratori a tempo parziale sono appena il 15,7%. In tal caso, tuttavia, le motivazioni sot- tostanti tale condizione sono legate alla difficoltà a trovare un impiego a tempo pieno ovvero allo svolgimento di una seconda attività lavorati- va. Nel complesso, dunque, il monte ore cumulato dalle donne in una settimana risulta assai inferiore a quello dei colleghi. Oltre a un orario medio che differisce di circa quattro ore, è interessante osservare co- me il 43,6% delle lavoratrici non superi le 31 ore settimanali, mentre l’81,3% degli uomini cumula mediamente almeno 32 ore di lavoro in una settimana. Un dato del nostro campione che appare in controten- denza con quello nazionale è la maggiore frequenza del lavoro straor- dinario tra le donne: di queste, infatti, il 20% dichiara di svolgere fino a 5 ore di straordinario mensile e il 9,1% dichiara di svolgerne anche più di cinque. Tra gli uomini le analoghe quote ammontano, rispettivamen- te, al 12,9% e al 6,5%. Due sono le osservazioni da fare a questo da- to, in aggiunta all’ovvia considerazione relativa alle distorsioni che pos-
sono derivare dalla limitatezza dei casi rilevati in numero assoluto. La prima è il fatto che essendo maggioritaria la quota di part-timers tra le donne, per esse è relativamente più “facile” cumulare ore di lavoro in eccesso a quelle normali di lavoro. La seconda riguarda invece l’effet- tiva retribuzione di tali ore, spesso prestate in situazioni particolari, magari in funzione di opportunità dettate dal mantenimento di buoni rapporti con il datore di lavoro.
Figura 2.3 - Lavoratori e lavoratrici intervistati in base all’orario di lavoro
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
9,4
6,3
7,3
40,0
84,4
Part-time verticale o misto Part-time orizzontale
Full-time
52,7
Uomini Donne
Fonte:Indagine diretta
19
Tabella 2.8 - Lavoratori e lavoratrici a tempo parziale in base alla volontà di lavorare part-time, percentuali rispetto al sesso
Volontà part-time | Uomini | Donne | Totale |
Non vuole un lavoro a tempo pieno | 20 | 32 | 30 |
Non ha trovato un lavoro a tempo pieno | 60 | 28 | 33,3 |
Altri motivi | 20 | 40 | 36,7 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.9 - Motivazioni della scelta di lavorare a part-time delle lavoratrici a tempo parziale volontario, valori percen- tuali
Motivi per cui sceglie il part-time % | |
Studia o segue corsi di formazione professionale | 22,2 |
Malattia, problemi di salute personali | 16,6 |
Si prende cura dei figli, di altre persone | 44,4 |
Svolge un secondo lavoro | 5,6 |
Ha a disposizione più tempo libero | 5,6 |
Altri motivi | 5,6 |
Totale | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Orario di lavoro | Uomini | Donne | Totale |
Fino a 31 ore settimanali | 18,7 | 43,6 | 34,5 |
Oltre 32 ore settimanali | 81,3 | 56,4 | 65,5 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Media ore | 36,7 | 32,6 | 34,1 |
Tabella 2.10 - Orario di lavoro settimanale in classi e orario di xx- xxxx xxxxx
00
Xxxxx: indagine diretta.
Tabella 2.11 - Lavoratori e lavoratrici in base al numero di ore di straordinario mensile, percentuali rispetto al sesso
Straordinario | Uomini | Donne | Totale |
Nessuno | 80,6 | 70,9 | 74,4 |
Fino a 5 ore | 12,9 | 20 | 17,5 |
Oltre 5 ore | 6,5 | 9,1 | 8,1 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
2.4 Il reddito da lavoro
Arrivando ora al focus della rilevazione effettuata, occorre premet- tere alcune note esplicative. Il questionario somministrato ai lavoratori prevedeva la compilazione di alcune semplici domande inerenti il red- dito mensile netto ed eventuali integrazioni annuali ad esso quali men- silità aggiuntive, straordinari retribuiti, premi o incentivi di produzione, partecipazioni agli utili, buoni pasti sostitutivi del servizio mensa.
Innanzitutto, possiamo rilevare come il differenziale retributivo me- dio misurato su una retribuzione mensile nel nostro campione ammon- ti al 12,2%. La forbice retributiva più elevata, sia in termini assoluti sia relativi si registra nel Lazio, dove il salario medio degli intervistati è pa- ri a 1.199 euro per i lavoratori e di 964 euro per le lavoratrici. Ne con- segue che il gender pay gap laziale sfiora i 20 punti percentuali.
In Lombardia, la forbice retributiva mensile si ferma ad appena 5 eu- ro, pari allo 0,5% su base relativa. In Sicilia, dove registriamo i salari più elevati tra i lavoratori da noi intervistati4, un uomo guadagna media- mente 1.267 euro e una lavoratrice circa 1.203 euro, con un differenzia- le di 65 euro mensili pari al 5,1%. Larga parte dei differenziali di genere
nei redditi da lavoro annui è da rintracciare nei meccanismi di premialità 21
associati alla presenza sul luogo di lavoro. La disponibilità di tempo, fat-
tore che caratterizza tipicamente i lavoratori di sesso maschile “liberi” dai lavori di cura che ricadono sulle mogli/conviventi, è uno degli ele- menti che concorre alla percezione di emolumenti extra legati a straor- dinari, indennità di viaggio, indennità di reperibilità. Inoltre, la segrega- zione orizzontale confina spesso le donne in ruoli e posizioni scarsa- mente incentivate e gli uomini in ruoli di coordinamento o responsabilità anche in livelli professionali relativamente poco qualificati.
Vi è da dire che nel campione da noi intervistato solamente nel Lazio emergono evidenti fattori di differenziazione tra uomini e donne per ciò che attiene ai benefits percepiti. In tale contesto geografico, infatti, in un anno un lavoratore accumula in media quasi 500 euro in più di quanto percepito dalle colleghe intervistate. In Lombardia e in Sicilia, invece, lo scostamento tra le due grandezze non risulta particolarmente ampio, es- sendo anzi a favore della componente femminile in quest’ultima regione. Ne consegue che l’integrazione al reddito garantita dalla percezione di
4 Tale fenomeno è spiegato dal fatto che la maggioranza dei lavoratori isolani da noi intervistati lavora a tempo pieno (81,8%), contro il 40% di part-timers registrato nelle altre due regioni.
questi extra amplifica di pochi decimi di punto il gap retributivo registrato su base annuale rispetto a quello osservato sulla retribuzione mensile. La forbice si allarga ovviamente nel Lazio, passando dal 19,6% al 20,8%, ri- mane allo 0,5 % in Lombardia e si riduce dal 5,1% al 4,5% in Sicilia.
Tabella 2.12 - Retribuzione netta media mensile di uomini e donne in base alla regione di lavoro
Retribuzione netta | Differenza | |||
Regione | Uomini | Donne | Assoluta | % |
LAZIO | 1.199 | 964 | 235 | 19,6 |
LOMBARDIA | 1.087 | 1.082 | 5 | 0,5 |
SICILIA | 1.267 | 1.203 | 64 | 5,1 |
Totale | 1.195 | 1.050 | 145 | 12,2 |
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.13 - Integrazioni annue (benefits) al reddito da lavoro di uo- mini e donne (valori medi) in base alla regione di lavoro
Benefits | Differenza | |||
Regione | Uomini | Donne | Assoluta | % |
LAZIO | 1.551 | 1.062 | 489 | 31,6 |
LOMBARDIA | 1.225 | 1.222 | 3 | 0,2 |
SICILIA | 1.127 | 1.164 | -37 | -3,2 |
Totale | 1.437 | 1.148 | 289 | 20,1 |
22
Fonte: indagine diretta.
Tabella 2.14 - Retribuzione annua netta di uomini e donne in ba- se alla regione di lavoro (valori medi)
Retribuzione annua | Differenza | |||
Regione | Uomini | Donne | Assoluta | % |
LAZIO | 15.937 | 12.624 | 3.313 | 20,8 |
LOMBARDIA | 14.269 | 14.200 | 69 | 0,5 |
SICILIA | 16.336 | 15.598 | 738 | 4,5 |
Totale | 15.781 | 13.743 | 2.038 | 12,9 |
Fonte: indagine diretta.
A condizionare il reddito da lavoro attuale, comunque, non contri- buisce esclusivamente la quantità di lavoro prestata nel presente, ma anche le opportunità di carriera e di sviluppo professionale avute nel corso degli anni. Le carriere femminili risultano tipicamente più acci- dentate, sia per i problemi legati alla conciliazione (soprattutto a ridos- so della nascita dei figli), sia per le differenti condizioni di lavoro di la- voratori e lavoratrici - queste ultime tipicamente impiegate con contrat- ti atipici -, sia per le minori opportunità formative concesse alle lavora- trici rispetto ai loro colleghi. Se nel caso dei lavoratori da noi intervista- ti non si rilevano significativi scostamenti nella quota di lavoratori e la- voratrici che hanno ricevuto formazione on-the-job, appare invece evi- dente il diverso percorso di carriera intrapreso da uomini e donne. Il 27,5% di queste ultime ha infatti sperimentato nel corso della vita pro- fessionale almeno un’interruzione di oltre tre mesi, legata alla mater- nità, ma anche alla cassa integrazione o a periodi di malattia. Disoccu- pazione, CIG (cassa integrazione guadagni) e condizioni di difficoltà spiegano invece la quasi totalità di periodi di mancanza di lavoro per gli uomini.
Figura 2.4 - Quota di lavoratori e lavoratrici che hanno dovuto ab- bandonare il lavoro almeno una volta per più di tre 23
mesi nel corso della loro carriera.
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
Uomini
Donne
Fonte:Indagine diretta
17,2
27,5
Tabella 2.15 - Motivi dell’interruzione lavorativa, percentuali ri- spetto al sesso
Motivi interruzioni | Uomini | Donne | Totale |
CIG o mobilità | 12,5 | 18,2 | 15,8 |
Disoccupazione | 25 | 9,1 | 15,8 |
Malattia | 12,5 | 18,2 | 15,8 |
Maternità | 0 | 36,3 | 21,1 |
Studio/formazione | 12,5 | 0 | 5,3 |
Altro | 37,5 | 18,2 | 26,2 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
2.5 Atteggiamenti e percorsi rispetto al lavoro
Nel corso dell’indagine si è voluto indagare su quali siano gli aspet- ti considerati più importanti nelle scelte di lavoro. Abbiamo così appre- so che per oltre un terzo degli intervistati l’aspetto più importante nella
24 scelta del lavoro è la retribuzione (33,1%), seguita dalla stabilità del rapporto di lavoro (31,8%). Un risultato, in linea con indagini nazionali sul lavoro (Isfol e ISTAT, Rapporto annuale 2009) e che non stupisce, considerando anche le difficoltà economiche e lavorative legate alla crisi economica.
Naturalmente si possono osservare alcune differenze in relazione alle caratteristiche socio-angrafiche degli intervistati. Così, ad esem- pio, le donne attribuiscono maggiore importanza al livello di protezione e alla stabilità del rapporto di lavoro; mentre per gli uomini conta di più la retribuzione (aspetto indicato dal 36,8% degli uomini e dal 26% del- le donne). In generale, però i dati mostrano che anche le donne, sep- pure in misura minore degli uomini, sono attente agli aspetti retributivi, ma anche alla soddisfazione professionale.
Inoltre, comprensibilmente, all’aumentare dell’età aumentano co- loro che danno maggiore importanza al livello di protezione, ma an- che alla soddisfazione professionale; viceversa, nella classe di età più giovane gli aspetti considerati più importanti sono la retribuzione, la stabilità del rapporto di lavoro, ma anche la gestione del tempo (Fi- gura 2.5).
Figura 2.5: Aspetti considerati più importanti nelle scelte di lavo- ro, per genere (valori percentuali)
Non so
Gestione del tempo
Livello di protezione sociale
Stabilità del rapporto di lavoro
Soddisfazione professionale
Retribuzione
0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0
Totale Femmine
Maschi
Fonte: indagine diretta.
Come è noto, uno dei fattori che incidono sul gap retributivo di ge-
nere concerne il fatto che le donne, rispetto agli uomini, coprano più 25
frequentemente posizioni lavorative che non implicano elevate compe- tenze e/o responsabilità, seppure a fronte di titoli di studio, o di espe- rienze lavorative pari o superiori a quelli degli uomini. Partendo da tale dato, abbiamo posto agli intervistati la domanda: “Come valuta il suo lavoro dal punto di vista professionale?”. Ancora una volta, i risultati sono in linea con quanto mostrato da indagini nazionali e mostrano dunque un quadro piuttosto sconfortante, da cui emerge una notevole differenza di genere nelle allocazioni delle posizioni lavorative, ma an- che una scarsa valorizzazione delle risorse umane.
Solo per citare alcuni dati, complessivamente il 53,5% degli intervi- stati svolge un lavoro che non richiede elevate competenze professio- nali, mentre il 44,2% svolge un lavoro che richiede elevate competen- ze professionali, anche se non c’è un adeguato riconoscimento profes- sionale. Soltanto il 2,3% afferma di svolgere un lavoro che richiede ele- vate competenze professionali, che sono riconosciute.
Le differenze di genere sono macroscopiche e confermano la pre- senza di un’elevata segregazione occupazionale (tabella 2.16): tra le donne il 62,5% svolge un lavoro che non richiede elevate competenze professionali, contro il 36,7% degli uomini; inoltre tra gli uomini il 60%
svolge un lavoro con elevata competenza (non riconosciuta) e tra le donne soltanto il 35,7%.
Tabella 2.16: “Come valuta il suo lavoro dal punto di vista profes- sionale?”, per genere (valori percentuali)
Genere | |||
Maschi Femmine Totale | |||
Non richiede elevate competenze professionali | 36,7 | 62,5 | 53,5 |
Richiede elevate competenze professionali e sono riconosciute | 3,3 | 1,8 | 2,3 |
Richiede elevate competenze professionali, ma non c’è un adeguato riconoscimento professionale | 60 | 35,7 | 44,2 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Al fine di sondare alcuni aspetti relativi alla qualità del lavoro, non-
26 ché alla motivazione, abbiamo posto agli intervistati la domanda “Le piace il suo lavoro?”. I risultati mostrano che complessivamente alla maggior parte degli intervistati “piace” il lavoro svolto: quasi il 60% de- gli intervistati, infatti, afferma che il proprio lavoro gli piace “abbastan- za” e il 13% “molto”. Viceversa, coloro che dichiarano di non gradire il loro lavoro sono il 27,3%. (Figura 2.6).
In relazione alle diverse caratteristiche si osserva che le donne, i soggetti appartenenti alle classi centrali di età e coloro che risiedono in Sicilia dichiarano maggiormente, rispetto agli altri intervistati, di avere un lavoro che gli/le “piace”.
Come atteso, tra gli intervistati i più “soddisfatti” sono coloro che svolgono lavori che richiedono elevate competenze professionali, spe- cie se riconosciute, e viceversa. Infatti, ben il 60% di coloro che svolgo- no un’attività che non richiede elevate competenze professionali affer- ma che il proprio lavoro piace “poco o per nulla”. Un dato che riflette soprattutto la posizione delle donne e dunque non positivo, conside- rando la centralità che il lavoro tuttora occupa nella vita delle persone non soltanto in termini retributivi, ma anche di identità, di ruolo sociale ecc. e che incide sulle motivazioni e sulle scelte lavorative delle donne (anche in termini di non partecipazione o di rinuncia alla “carriera”).
Figura 2.6: Gradimento del lavoro (valori percentuali)
Fonte: indagine diretta.
2.6 Il tempo extra-lavorativo, gli aiuti familiari e la conciliazione
27
Come è noto, le donne lavoratrici in Italia devono fare i conti con una organizzazione sociale distante da una divisione paritaria dei ruo- li nella gestione e nell’espletamento del lavoro non retribuito (Isfol e ISTAT, Rapporto annuale 2009). Tali ostacoli naturalmente influiscono sulle caratteristiche dell’occupazione femminile e sulla continua ricer- ca di equilibri di “conciliazione” che spesso finiscono per “minare” i per- corsi di carriera delle donne. Abbiamo chiesto agli intervistati di indica- re, pensando alla propria condizione familiare, quali potessero essere gli interventi più efficaci per favorire un equilibrio tra impegni di lavoro e vita privata familiare.
In generale le richieste più frequenti riguardano i tempi di lavoro più flessibili (31,9%); gli orari e i turni di lavoro programmati trimestral- mente (26,4%) e i servizi per l’infanzia e /o per gli anziani (25,7%). Ri- spetto a tali opinioni e richieste degli intervistati non vi sono grandi dif- ferenze di genere, mentre, come atteso, abbiamo riscontrato differen- ze territoriali. Laddove la carenza dei servizi per l’infanzia e per gli an- ziani è maggiore, ossia in Sicilia, gli intervistati chiedono maggior- mente proprio i servizi insieme a tempi di lavoro più flessibili (Tabella
2.17 e Figura 2.7).
Per niente
6,5%
Molto
13,0%
Poco
20,7%
Abbastanza
59,8%
Tabella 2.17 “Pensando alla sua situazione lavorativa e familiare, quali possono essere gli interventi più efficaci per fa- vorire un equilibrio tra impegni di lavoro e vita priva- ta familiare?”, per genere (valori percentuali)
Maschi Femmine Totale | |||
Tempi di lavoro più flessibili | 34 | 30,9 | 31,9 |
Orari e turni di lavoro programmati trimestralmente | 23,4 | 27,8 | 26,4 |
Servizi per l'infanzia e/o per gli anziani 27,7 | 24,7 | 25,7 | |
Indennità economiche ai nuclei familiari 8,5 | 10,3 | 9,7 | |
Maggiore condivisione nel lavoro familiare tra uomini e donne | 6,4 | 6,2 | 6,3 |
Totale | 100 | 100 | 100 |
Fonte: indagine diretta.
Figura 2.7: “Pensando alla sua situazione lavorativa e familiare, quali possono essere gli interventi più efficaci per fa-
28 vorire un equilibrio tra impegni di lavoro e vita privata familiare?” (valori percentuali)
Fonte: indagine diretta.
In Lombardia, invece, la richiesta ricade maggiormente sui tempi di lavoro flessibili, ma anche sulla necessità di orari e turni di lavoro pro-
Maggiore condivisione nel lavoro familiare tra uomini e donne
Indennità economiche ai nuclei familiari
Servizi per l'infanzia e/o per gli anziani
Totale Sicilia Lombardia
Lazio
Orari e turni di lavoro programmati trimestralmente
Tempi di lavoro più flessibili
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
grammati trimestralmente. La richiesta di una maggiore flessibilità nei tempi di lavoro, ma anche di una maggiore programmabilità è interpre- tabile alla luce del miglioramento della gestione della vita privata.
È interessante osservare che tra gli intervistati in Sicilia, nessuno ha indicato l’item “una maggiore condivisione nel lavoro familiare fra uomini e donne”. Tale risultato indica il persistere, anche tra i lavorato- ri e le lavoratrici, di un atteggiamento culturale penalizzante per le don- ne dal punto di vista professionale.
Come evidenziato anche dal Global Gender Gap Report 2009, il fatto che sulle donne ricada la maggior parte del lavoro di cura dei figli si traduce in un ulteriore svantaggio nel loro accesso ai lavori qualifica- ti, ben pagati e agli avanzamenti di carriera. Allo stesso modo anche il part-time rafforza i bassi livelli retributivi delle donne, prima quando i bambini sono piccoli poi quando sono cresciuti (ivi).
Soltanto il 19,3% degli intervistati ricorre a un aiuto domestico. Tale dato è spiegabile anche con il fatto che, nel nostro campione, poco meno della metà ha un lavoro part-time, la cui retribuzione è spesso insufficiente per permettersi aiuti domestici5. Anche in questo caso vi sono notevoli differenze territoriali. Mentre in Lombardia e nel Lazio vi
fanno ricorso rispettivamente il 19,5% e il 3,1% degli intervistati, in Si- 29
cilia la percentuale sale al 53,3%. Tale dato, che andrebbe probabil-
mente approfondito, benché sia certamente attribuibile alla maggior carenza dei servizi per l’infanzia e per gli anziani, al contempo riflette probabilmente un maggior ricorso degli intervistati meridionali all’aiuto fuori dal nucleo familiare convivente, ma comunque interno alla fami- glia allargata, e dunque presumibilmente non retribuito.
Nella settimana lavorativa degli intervistati, in media non vi sono grandi differenze nelle ore dedicate al lavoro professionale, infatti in media sia gli uomini sia le donne impegnano 27 ore a settimana. Le ore invece dedicate in media alla cura dei figli sono 20.
Le differenze di genere maggiori riguardano le ore dedicate al lavo- ro domestico, che per gli uomini sono 6,5, mentre per le donne sono 11,8. Gli uomini rispetto alle donne, inoltre, dedicano più ore al tempo libero: 13,9 ore contro le 9,5 delle donne.
5 Diversi studi hanno evidenziato che, in tale condizione, il part-time, invece di essere una buona soluzione per suddividersi tra mercato e famiglia, può diventare una condi- zione doppiamente penalizzante, combinando una scarsa retribuzione con un elevato volume di lavoro domestico (Xxxxxxx, 2009).
Figura 2.8 Per il lavoro domestico e di cura, il suo nucleo familia- re si avvale abitualmente di un aiuto? (valori percen- tuali)
Sì 19% Sì No No 81% |
Fonte: indagine diretta.
Sostanzialmente i risultati dell’indagine tra i lavoratori e le lavoratri- ci del commercio confermano quanto emerso anche da altri studi, os-
30 sia che il doppio carico famiglia- lavoro in Italia continua ad essere in massima parte sulle spalle delle donne che lavorano, mentre è ancora ridotto il contributo dei loro partner alle attività necessarie alla vita fa- miliare. Un dato confermato anche da indagini europee che mostrano che, benché tra le giovani generazioni si rilevino significativi mutamen- ti, i maschi italiani sono quelli che dedicano minor tempo al lavoro di cura in Europa (Reyneri, 2009; Istat, 2010).
2.7 Atteggiamenti e percezioni rispetto alla parità di genere nel lavoro
Partendo dal presupposto che le disuguaglianze di genere sono prodotte anche dalla valutazione sociale del lavoro femminile, sono stati sondati gli atteggiamenti e le percezioni rispetto alla parità di ge- nere nel lavoro e le eventuali differenze nelle risposte tra uomini e donne, ma anche tra intervistati residenti nelle diverse aree territoria- li. Abbiamo chiesto agli intervistati di indicare il loro grado di accordo rispetto ad alcune affermazioni che contengono quei fattori ed ele- menti che, come ampiamente dimostrato da altre ricerche, incidono indirettamente sulla formazione del gap retributivo di genere. I risulta-
ti sono sintetizzati nelle tabelle 2.18 e 2.19. Sostanzialmente il quadro che emerge conferma la presenza di molti pregiudizi e stereotipi di genere.
Molto Abbastanza Poco Per nulla Totale d'accordo d'accordo d'accordo d'accordo | |||||
Le donne sono meno propense a fare carriera | 4,3 | 21,3 | 41,4 | 33 | 100 |
Le donne non sanno contrattare le loro posizioni lavorative | 2,2 | 22 | 36,3 | 39,5 | 100 |
Le donne fanno troppe assenze per maternità e cura dei familiari | 5,3 | 9,6 | 46,8 | 38,3 | 100 |
Le donne sono meno disponibili a fare straordinari e alla flessibilità di orario di lavoro | 3,3 | 23,9 | 38 | 34,8 | 100 |
Alle donne si danno minori incarichi e indennità accessorie | 16,5 | 31,9 | 31,9 | 19,7 | 100 |
Alle donne si danno minori opportunità di formazione professionale | 16,1 | 35,5 | 29 | 19,4 | 100 |
Il problema della parità tra uomini e donne è ormai superato | 10,6 | 20,2 | 31,9 | 37,3 | 100 |
Tabella 2.18: Grado di accordo con le affermazioni:
31
Fonte: indagine diretta.
In generale, come si può osservare, gli intervistati non sono d’accordo con le affermazioni secondo le quali “le donne siano me- no propense a fare carriera”, “le donne non sappiano contrattare le loro posizioni lavorative” e le “donne facciano troppe assenze per maternità e cura dei familiari”. Sono però osservabili differenze di genere nelle risposte fornite. Così, sono soprattutto gli uomini a ri- tenere che “le donne facciano troppe assenze per maternità e cura dei familiari” e che “le donne siano meno disponibili a fare straordi- nari e alla flessibilità di orario di lavoro”. Viceversa, ben l’81% delle donne intervistate è in disaccordo con tale affermazione, il che la- scia presupporre una disponibilità quanto meno pari a quella degli uomini.
Ulteriori differenze tra le posizioni maschili e femminili riguardano il fatto che le donne ritengano anche di ricevere “minori incarichi e in- dennità accessorie” (tra gli uomini, quasi i due terzi sono in disaccor- do con tale affermazione) e “minori opportunità formative”. Tale posi- zione riflette soprattutto il pensiero delle donne e delle residenti al Nord.
Infine, abbiamo proposto agli intervistati di indicare il loro grado di accordo rispetto all’affermazione “il problema della parità tra uomini e donne è ormai superato”. Ebbene, quasi il 70% non è d’accordo con tale affermazione e ben il 37,2% non è per nulla d’accordo. Si- gnificative, però anche in questo caso, le differenze di genere tra gli intervistati: ben il 73,4% delle donne ritiene che il problema della pa- xxxx tra uomini e donne non sia ancora superato, contro il 61,3% dei colleghi uomini.
È interessante osservare, coerentemente con i modelli culturali ter- ritoriali, che il maggior livello di disaccordo si trova tra le intervistate della Sicilia e il minore tra quelle della Lombardia.
Tabella 2.19: Grado di accordo con le affermazioni, per genere:
Accordo Disaccordo | |||||
M | F | M | F | Totale | |
Le donne sono meno propense a fare carriera | 25,9 | 23,4 | 74,1 | 76,6 | 100 |
Le donne non sanno contrattare le loro posizioni lavorative | 25,9 | 24,1 | 74,1 | 75,9 | 100 |
Le donne fanno troppe assenze per maternità e cura dei familiari | 22,6 | 10 | 77,4 | 90 | 100 |
Le donne sono meno disponibili a fare straordinari e alla flessibilità di orario di lavoro | 42 | 19 | 58 | 81 | 100 |
Alle donne si danno minori incarichi e indennità accessorie | 35,5 | 54,3 | 64,5 | 45,7 | 100 |
Alle donne si danno minori opportunità di formazione professionale | 38,8 | 57,6 | 61,2 | 42,4 | 100 |
Il problema della parità tra uomini e donne è ormai superato | 38,7 | 26,6 | 61,3 | 73,4 | 100 |
32
Fonte: indagine diretta.
Figura 2.9: Grado di accordo, per area territoriale, con l’afferma- zione: “Il problema della parità tra uomini e donne è ormai superato” (valori percentuali)
Totale
Sicilia
Lombardia
Lazio
20,00% 40,00% 60,00% 80,00%
0,00%
Poco-per nulla d'accordo
Molto-abbastanza d'accordo
Fonte: Indagine diretta
Nonostante tali risultati, tra gli intervistati soltanto il 21,6% ha rispo- sto affermativamente alla domanda “In linea di massima, nel suo am- biente di lavoro, ritiene che le donne siano discriminate?”, mentre il
69,3% ha risposto negativamente. È interessante osservare che tra gli 33
uomini intervistati vi è stata una maggior frequenza di risposte affer- mative (27,6%) rispetto alle donne (18,6%).
Figura 2.10: “In linea di massima, nel suo ambiente di lavoro, ritie- ne che le donne siano discriminate?”, per genere (va- lori percentuali)
Fonte: indagine diretta.
Totale
Femmine
Sì
Non so No
Maschi
0
10
20
30
40
50
60
70
80
Capitolo 3 Alcuni spunti di riflessione emersi dalle interviste ai testimoni privilegiati
Nel corso dell’indagine sono stati realizzati degli approfondimenti di carattere qualitativo, attraverso interviste e colloqui con i rappresen- tanti di aziende del settore del commercio, delle associazioni datoriali e dei sindacati. Come è noto, dal punto di vista della contrattazione na-
zionale, la discriminazione di genere in termini di retribuzione è proibi- 37
ta e dunque formalmente inesistente. Tuttavia, le ricerche e gli studi realizzati a livello nazionale ed europeo hanno mostrato che la discri- minazione retributiva di genere trova spazio nella contrattazione indivi- duale a livello aziendale e attraverso una discriminazione indiretta, os- sia fenomeni di segregazione occupazionale orizzontale, verticale e contrattuale (Xxxxxxxxxxx, 2010; The Global Gender Gap Report 2009). Nell’indagine “qualitativa” pertanto sono stati indagati soprattut-
to quegli aspetti (settoriali, territoriali, contrattuali, culturali, sociali) che incidono indirettamente sulla creazione del gap retributivo di genere.
Le interviste, a seconda dell’interlocutore, si sono pertanto concen- trate su alcuni aspetti riguardanti sia il contesto territoriale e “sociale” di riferimento, sia l’organizzazione del lavoro e la contrattazione. In particolare si è chiesto agli intervistati di fornire informazioni e opinio- ni/percezione sui seguenti aspetti:
- l’impatto della crisi, con riferimento alla condizione occupaziona- le femminile;
- le caratteristiche dell’organizzazione del lavoro, rispetto a ruoli e professionalità;
- la contrattazione e la normativa.
I testimoni qualificati contattati come referenti della realtà setto- riale e/o territoriale talvolta hanno manifestato interesse, coinvolgi- mento e competenze rispetto al tema oggetto di indagine, contri- buendo a mettere in luce i relativi punti di forza e di debolezza. Vice- versa, in alcuni casi, si è avuta poca disponibilità da parte dei testi- moni privilegiati identificati nel partecipare all’indagine, nonché rifiuti da parte di alcuni rappresentanti delle associazioni datoriali, che in parte denotano la scarsa valenza attribuita alla materia oggetto di in- dagine.
3.1 L’impatto della crisi e le differenze territoriali
Agli interlocutori intervistati sono state rivolte alcune domande mi- rate a verificare se vi siano state delle differenze tra uomini e donne nell’impatto dell’attuale crisi economica. Come evidenziato dal rap- porto annuale dell’Istat (2010) la maggiore perdita di posti di lavoro si è verificata nei settori industriali (in particolare della manifattura), ca- ratterizzati da una prevalenza dell’occupazione maschile. In generale,
38 dunque, come evidenziato dall’Istat il lavoro femminile è stato relativa-
mente meno colpito rispetto a quello degli uomini, “grazie” alla pre- senza di una elevata concentrazione (per via della segregazione) in settori produttivi che hanno mostrato una maggiore capacità di tenuta nella crisi.
A fronte di ciò, tuttavia, le indagini Istat sull’uso del tempo mostra- no che il lavoro non retribuito, domestico e di cura, svolto dalle donne ha continuato a crescere, presumibilmente per compensare il calo complessivo del reddito familiare, ma anche in virtù dei tagli di budget a livello del welfare locale e nazionale.
Inoltre, soprattutto nel sud d’Italia, le sempre maggiori difficoltà nel trovare un impiego stanno provocando tra le donne un aumento del co- siddetto effetto “scoraggiamento” e di conseguenza un progressivo au- mento dell’area dell’inattività femminile (Isfol, 2011).
Dunque, un primo argomento sul quale si è richiesta una valutazione agli intervistati ha riguardato l’impatto che la crisi ha avuto nel territorio e nel settore di riferimento. Naturalmente, come atteso, gli impatti della cri- si hanno avuto differenze in relazione all’area territoriale (Lombardia, La- zio e Sicilia), alla dimensione di impresa e ai comparti produttivi.
In Lombardia, come riportato da due rappresentanti sindacali inter-
vistati, “l’impatto della crisi è stato pesante ha investito in modo tra- sversale tutti i settori”, anche se “nella grande distribuzione alimentare è stato più contenuto rispetto al comparto della distribuzione “non food”, dove invece si è avuta una sensibile contrazione. Nonostante la riduzione dei consumi da parte delle famiglie, il comparto alimentare ha avuto una maggiore tenuta.”
Nel settore del commercio, come testimoniato anche dalle statisti- che istituzionali (ISTAT, Rapporto annuale 2010; Banca d’Italia, 2010), l’impatto della crisi si è avvertito in un secondo momento, rispetto al settore industriale:
“Inizialmente (verso aprile 2009) il commercio in quanto tale è sta- to colpito nelle attività che commercializzavano meccano-tessile, ossia tutti i prodotti legati all’industria (viti, bulloni, auto), quindi non tanto la grande distribuzione ma le aziende che commercializzavano prodotti che servivano l’industria. Solo dopo si è verificato l’impatto sui grandi consumi, sulla capacità di spesa delle famiglie. Le attività che nel terri- torio sono state colpite sono soprattutto piccole e medie imprese” (Rappresentante sindacale, Lombardia).
Inoltre, come evidenziato da un intervistato, in Lombardia, alcuni
fenomeni di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale si erano già verificati anche prima della crisi ed erano stati causati principalmente 39
da una eccessiva competizione tra i punti vendita. “Numerosi sono sta- ti i casi di imprese commerciali fagocitate dall’apertura di grossi centri commerciali. Per i piccoli esercizi commerciali il problema vero è stato quello di come affrontare l’arrivo delle grandi superfici. Alcuni esercizi hanno chiuso, altri sono stati assorbiti nelle grandi strutture commer- ciali. Attualmente, sembra esserci una crisi dei centri commerciali e si sta verificando un ritorno alla media dimensione” (Rappresentante sin- dacale, Lombardia).
A livello di impatto nel mercato del lavoro, come ricorda un testimo- ne privilegiato, nel settore del commercio i lavoratori non hanno potuto usufruire degli ammortizzatori sociali al pari dei lavoratori dell’indu- stria, sicché vi è stata una rilevante quota di aziende e di lavoratori che non hanno avuto accesso agli ammortizzatori sociali. Nel territorio di Varese le parti sociali e le istituzioni hanno raggiunto un accordo che ha permesso di utilizzare “una prima cassa integrazione in deroga che era legata all’indotto dell’aeroporto di Malpensa. Dopo è arrivata la leg- ge regionale con la cassa integrazione in deroga e quindi anche le aziende fino a 50 dipendenti sono state inserite in tale attività e proce- dimenti. Si è messa in moto una macchina che ha consentito a più di
1.200 aziende di accedere a questo strumento fondamentale. Perché il calo degli ordini è stato senza precedenti, circa il 30-40%”.
In questa situazione i lavoratori atipici sono quelli che hanno mag- giormente risentito degli effetti della crisi: “I contratti a termine a vario titolo (per sostituzioni ecc.) non sono stati rinnovati o non sono stati at- tivati quelli che solitamente venivano attivati. Ugualmente il lavoro somministrato è in netto calo, quasi azzerato” (Rappresentante sinda- cale, Lombardia).
Nel Lazio, così come in altre regioni, l’impatto della crisi nel settore del commercio si è avvertito in ritardo rispetto all’industria.
“I consumi hanno tenuto per un po’, anche se c’erano già dei se- gnali di contrazione per la grande distribuzione, che nella media nazio- nale erano intorno al –2% e nel Lazio al –4%. Tale maggiore impatto nel territorio laziale è in parte stato causato dall’alto numero di insedia- menti commerciali, che ha determinato una saturazione nel mercato”. In merito alle differenze provinciali nel territorio laziale, Roma ha avuto una maggiore tenuta grazie alla forte componente di lavoro pub-
blico e alla presenza del turismo.
“Nelle altre province del Lazio è stato un disastro, soprattutto per quelle che avevano un’economia più industriale. Fino al 2008 nelle
40 province, essendoci un minor sviluppo di insediamenti commerciali, ri-
spetto a Roma, le aziende hanno continuato a investire nella rete com- merciale, come se potesse diventare una compensazione rispetto alla perdita del settore industriale” (Rappresentante sindacale, Lazio).
La crisi dunque nella regione Lazio ha avuto un impatto drammati- co, con la chiusura di molte piccole aziende commerciali e un altissimo livello di cassa integrazione6. Le chiusure hanno riguardato soprattutto il piccolo commercio, mentre le grandi aziende hanno effettuato tagli e ristrutturazioni in cui sono stati ugualmente coinvolti sia uomini sia donne.
L’occupazione femminile ha registrato una forte contrazione7.
“Il trend positivo che aveva caratterizzato gli scorsi anni si è arre- stato e vi è stato anche un arretramento. Di fatto anche oggi si è in una crisi piena. Questo per quanto riguarda sia il commercio tradizionale che il settore terziario dei servizi alle imprese. Anche nei settori tecno- logici la crisi ha avuto ripercussioni importanti che in questo caso han- no colpito soprattutto le figure professionali alte: per ridurre i costi, le
6 Nello scorso anno si è registrato il 300% di incremento delle ore di cassa integrazio- ne rispetto all’anno precedente.
aziende hanno tagliato quelle figure che avevano un peso rilevante” (Rappresentante sindacale, Lazio).
“Nel 2008-2009 abbiamo rilevato una scrematura con una riduzio- ne di personale non assistita. Le aziende per la prima volta hanno se- riamente realizzato risparmi a 360°. Dalle macchine date al personale alla tipologia della macchina, viaggi ecc.” (Rappresentante datoriale, Lazio).
Anche in Sicilia la crisi economica ha avuto forti ripercussioni nel mercato del lavoro, peraltro, in un territorio in cui, come è noto, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è molto bassa, sia rispetto agli uomini che alle altre regioni e “non si intravedono inver- sioni di tendenza”. Anche una sindacalista intervistata sottolinea che “i dati sull’occupazione femminile sono drammatici. Inoltre, partico- larmente sentito è l’effetto scoraggiamento, ossia le donne non si presentano più nel mercato del lavoro”. Va inoltre tenuto presente che in Sicilia la presenza delle donne nel settore del commercio non supera il 30%, un valore quindi che mostra una notevole differenza ri- spetto ad altre regioni in cui nella grande distribuzione vi è una fortis-
sima presenza femminile. “Tali dati riflettono la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro in generale, le difficoltà materiali che
si incontrano nel territorio nella ricerca del lavoro e anche a fattori 41
culturali che ancora relegano la donna a un ruolo familiare di gestio- ne della famiglie e della vita domestica” (Rappresentante sindacale, Sicilia).
“Nel territorio di Palermo l’impatto della crisi è stato molto forte
‹‹una crisi nella crisi››, essendo l’area già caratterizzata dalla significa- tiva perdita di posti di lavoro. Negli ultimi mesi si è registrato un crollo dell’occupazione a causa della chiusura di molte attività commerciali.
7 Il rapporto annuale Istat (2010) evidenzia che l’impatto della crisi è stato particolar- mente forte sull’occupazione femminile nel Mezzogiorno, che ha assorbito quasi la metà del calo complessivo (105 mila unità). «La crisi accentua la difficoltà di occupa- zione delle donne con titoli di studio che si fermano alla scuola media: tra il 2008 e il 2009 le occupate con titolo di studio basso diminuiscono di 111 mila unità. Tra il 1996 e il 2008 il tasso di occupazione delle donne era aumentato dal 38,2 al 47,2%: paral- lelamente, la quota delle occupate era cresciuta dal 36,4 al 39,9% del totale, con una diminuzione delle differenze di genere nell’occupazione. Interrompendo questa ten- denza favorevole, nel 2009 il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è ri- disceso al 46,4%, in progressivo peggioramento nel corso dell’anno (-0,6 punti per- centuali nel primo semestre e -1,1 punti nel secondo). Il tasso di occupazione delle donne residenti in Italia è ancora molto lontano da quello dell’Ue (pari al 58,6% nel 2009)».
In generale, tutto il terziario ha risentito della crisi: il commercio, il turi- smo, la grande distribuzione organizzata, la vigilanza. L’impatto della crisi si è sentito soprattutto nel 2010, a seguito del crollo degli ordinati- vi industriali. In Sicilia nel 2009 sono stati persi nel settore del terziario
516.000 posti di lavoro. Tali dati ufficiali, inoltre, non considerano il la- voro nero che nel settore riguarda soprattutto le donne” (Rappresen- tante sindacale, Sicilia).
Alcune aziende hanno fatto ricorso a procedure di mobilità e cassa integrazione; le imprese hanno privilegiato procedure di licenziamento collettive dal momento che la regione Sicilia ha stanziato dei finanzia- menti ad hoc. Tali misure sono state tuttavia contrastate dal sindacato non essendo misure di politica attiva del lavoro. Al termine, infatti, non vi sono soluzioni occupazionali.
In merito alle differenze dimensionali delle imprese, dalle interviste è chiaramente emersa la maggiore difficoltà delle piccole imprese, in un territorio che “è caratterizzato al 90% da piccola, piccolissima e me- dia impresa e in cui soltanto una piccola fetta di mercato è coperta dal- la grande distribuzione” (Rappresentante sindacale, Sicilia).
“Le piccole hanno ceduto sotto i colpi della crisi. Spesso le piccole
imprese hanno i connotati dell’impresa familiare e molte aziende stori-
42 che hanno chiuso i battenti” (Rappresentante sindacale, Sicilia).
“Appare ovvio che le piccole strutture abbiano avuto maggiori diffi- coltà a combattere la concorrenza dei “più grandi” e per tale motivo ne- gli ultimi due anni moltissime piccole e medie imprese si sono viste co- strette a cessare la propria attività o a ricorrere all’utilizzo degli ammor- tizzatori sociali ordinari e in deroga, il cui ricorso ha cifre esponenziali. Anche la grande distribuzione sta soffrendo la concorrenza, sia per cause legate al difficile momento di crisi che investe tutto il Paese e che ha portato a un sempre più crescente calo dei consumi, sia a cau- sa del proliferare di nuovi centri commerciali a distanza ravvicinata”
(Rappresentante sindacale, Sicilia).
Attualmente nella grande distribuzione si procede attraverso con- tratti a termine, che allo scadere dei 3-4 mesi non vengono rinnovati. Secondo l’opinione di una sindacalista intervistata, “anche le nuove aperture commerciali hanno finito per determinare una nuova preca- rietà. Inoltre, i giovani raramente si avvicinano al sindacato perché si sentono minacciati e vi ricorrono eventualmente solo al termine del contratto per una eventuale vertenza”.
3.2 Tipologie contrattuali, professionalità e differenze di genere: le problematiche emerse
Il settore del commercio è caratterizzato da una elevata presenza femminile con significative differenze a livello territoriale8.
Come è noto, uno dei fenomeni che contribuisce in buona misura alla costruzione del differenziale retributivo di genere è la segregazio- ne sia orizzontale, ossia la disomogenea partecipazione di uomini e donne ai diversi settori occupazionali, sia verticale, ossia l’asimmetrica distribuzione dei due sessi nelle posizioni maggiormente qualificate e retribuite.
Nella nostra indagine, se pur con differenze territoriali, si conferma la presenza rilevante di una segregazione di genere sia orizzontale sia verticale. Le donne spesso sono sovrarappresentate in settori in cui il loro lavoro è scarsamente valutato e con livelli retributivi inferiori ai set- tori a predominanza maschile (Advisory Committee on Equal Opportu- nities for Women and Men, 2009).
In Lombardia, il settore del commercio e soprattutto della grande distribuzione è caratterizzato da una prevalenza femminile (circa il
65% di donne), con una marcata segmentazione e segregazione della 43
forza lavoro interna. Vi sono delle caratterizzazioni per tipi di reparti e
funzioni. Alcuni lavori più pesanti, come ad esempio scaricare camion, rifornire reparti o dirigerli, sono riservati agli uomini, mentre la presen- za di donne tra le cassiere è circa del 90%. Nelle aziende che commer- cializzano meccano-tessile, macchine, bulloni, l’indotto dell’industria aeronautica vi è una prevalenza di forza lavoro maschile.
Dalle interviste svolte con i rappresentanti sindacali sembrano emergere in Lombardia alcuni lievi segnali di cambiamento nella distri- buzione delle mansioni in relazione al genere:
“Dal punto di vista professionale in alcuni ruoli si sta affacciando anche l’azienda […] a riconoscere il ruolo delle donne nelle funzioni di- rettive, assegnando alcuni compiti, come la barriera casse o la gestio- ne quotidiana amministrativa alle donne. È un fenomeno recente di 3- 4 anni. Se guardiamo alla figura del direttore di supermercato, anche l’azienda […] si sta muovendo, ma con cautela. All’interno della coope- razione invece ci sono maggiori esperienze con queste figure”.
8 Per un approfondimento cfr. Solco (a cura di), Il gap retributivo e la differenza di ge- nere: analisi comparativa nell’applicazione dei contratti del comparto del commercio e del terziario avanzato, Ebinter-Centro studi Filcams CGIL, Roma, 2012.
“Nella grande distribuzione gli specialisti (macellai, panificatori, ga- stronomi) sono maschi. Mentre le donne coprono ruoli più generalisti ma sempre di più sono le donne responsabili di settore, di reparti, di cassa. I quadri femminili sono in genere molto pochi”.
“Nell’ultimo periodo inoltre sta nascendo una figura femminile in 2- 3 reparti nuovi (ossia, panetteria, pasticceria) dove il responsabile del reparto è un uomo, ma chi gestisce il servizio alla clientela, il riforni- mento, la qualità della produzione è spesso una donna”.
Circa 8 anni fa nelle aziende della grande distribuzione vi è stato un grosso ricambio generazionale. Le lavoratrici “anziane” che erano in full-time sono andate in pensione e sono state assunte lavoratrici giova- ni per lo più in possesso del diploma. Gli intervistati evidenziano che, nella grande distribuzione si ha ormai un elevato utilizzo del tempo de- terminato. Le altre formule contrattuali flessibili utilizzate sono i contrat- ti di inserimento e in minor misura l’apprendistato. È inoltre utilizzato an- che il tempo determinato stagionale per sostituire ferie o picchi e, solita- mente, si tratta di lavoratori che di anno in anno vengono richiamati dal- le stesse aziende. Le forme contrattuali atipiche sono molto utilizzate, ma secondo gli intervistati non ci sono differenze o discriminazioni di
genere. Mentre i sindacalisti intervistati ritengono che i contratti a termi-
44 ne siano utilizzati (generalmente per far fronte a intensificazione/picchi
di lavoro o sostituzione di maternità) anche in modo improprio.
L’impatto delle ristrutturazioni, anche conseguenti alla crisi econo- mica, secondo l’opinione degli intervistati ha colpito in ugual misura uomini e donne: “direi che non ci sono state differenze di genere nella grande distribuzione in relazione alle ristrutturazioni” (Rappresentante sindacale, Lombardia).
Secondo i rappresentanti sindacali intervistati, la maggiore proble- matica in relazione al genere concerne “la quantità di tempo lavorato”. In merito al tempo di lavoro, così si esprime un intervistato: “Se si intende part-time la metà del tempo pieno possiamo dire che nelle aziende siamo un po’ sopra; in alcune aziende siamo con un part-time che si aggira intorno alle 24 ore. Ci sono anche punte che arrivano a 28 ore. Il sindacato sta spingendo nella contrattazione il fatto di poter portare il part-time medio a 18-20 ore minime e di avere dei contratti integrativi aziendali che portino anche a 25-26 ore. Si è visto che spes- so viene assegnato un part-time con un basso numero di ore, ma poi ci sono tante ore supplementari. Certamente questa organizzazione ri- sponde meglio alle esigenze dell’impresa per la gestione dei picchi,
anche se le ore straordinarie sono maggiormente retribuite”.
I dati disponibili, ma anche le informazioni raccolte attraverso le inter- viste effettuate mostrano infatti un elevato utilizzo del part-time, soprattut- to in ruoli e mansioni che tipicamente sono coperti da donne. In alcune realtà aziendali tra le donne il part-time raggiunge valori anche del 90%.
Secondo quanto riportato da alcuni testimoni intervistati, “le funzio- ni e i reparti (ad es. macelleria) in cui è utilizzato il full-time sono preva- lentemente o esclusivamente coperti da personale maschile. La mag- gior parte delle assunzioni per le donne si verifica invece alle casse dove è applicato l’orario part-time, poiché l’azienda ha un’esigenza di regolazione sulla base dei flussi della clientela con un’ organizzazione giornaliera o settimanale. Nei supermercati si lavora più nei fine setti- mana che nei giorni infrasettimanali e quindi si usano i part-time per far fronte a questo maggior flusso.”
Inoltre, “negli anni sono state stabilite regole per passare da part-ti- me a full-time perché il passaggio è molto richiesto. Gli uomini hanno maggiore facilità a passare al full-time. In generale si può dire che i la- voratori vengono assunti quasi tutti con un contratto part-time, però gli uomini hanno una maggiore possibilità di passare all’orario full-time”.
Il part-time nella maggior parte dei casi è involontario, anche se i
lavoratori sono “consapevoli”, poiché è dichiarato dalle aziende al mo- mento dell’assunzione. 45
“È l’esatto contrario di quanto avviene negli altri settori. È imposto dall’assunzione e c’è il rischio che rimanga tale per sempre”. (Rappre- sentante sindacale, Lombardia). E in questo periodo di crisi “si accetta tutto. Chi va al colloquio sa che è un lavoro part-time.”
Secondo un rappresentante sindacale il problema non è tanto nel- l’orario part–time in quanto tale, ma nel fatto che solitamente le azien- de indicano “delle fasce orarie di lavoro, mentre ci dovrebbe essere l’o- rario di entrata e di uscita, dando anche la possibilità ai lavoratori di avere un altro lavoro.”
Anche un altro intervistato sottolinea questa problematica del part- time: “Il part-time è diventato per le aziende uno strumento utilizzato per avere maggiore flessibilità organizzativa nell’azienda (più teste a parità di ore) L’utilizzo del part-time è sproporzionato perché nella maggior parte dei casi i part-timers non hanno di fatto un orario. Lo hanno nel contratto ma poi gli orari vengono modificati e sono prope- deutici il più delle volte a colmare delle carenze di organico. Non viene rispettata la legge che prevede un orario definito.”
Un rappresentate sindacale intervistato evidenzia però che ultima- mente si sta verificando una richiesta in alcuni reparti (pasticceria, ga-
stronomia) di produzione per il full-time. “Per queste figure, una lavora- trice che ha il diploma di pasticcere può aspirare al tempo pieno”.
In relazione alle differenze di genere e all’impatto che l’utilizzo del part-time ha sui differenziali retributivi, un rappresentante sindacale in- tervistato ritiene che “Il part-time sia una forma strategica utilizzata dell’azienda per le assunzioni, ma che in sé non abbia una discrimina- zione di genere, o una pregiudiziale di genere.
Però va notato che i profili professionali di esiguo contenuto sono prevalentemente part-time e spesso sono coperti da donne e quindi in questo senso si può dire che incida indirettamente anche sui differen- ziali retributivi. Per il personale maschile c’è maggiore opportunità di raggiungere livelli professionali alti e quindi il tal senso c’è un impatto sui differenziali retributivi”.
Dalle interviste svolte nel Lazio emerge una situazione nel settore del commercio (soprattutto nel settore commerciale tradizionale) con caratteristiche e modelli organizzativi aziendali abbastanza simili a quelli riscontrati in Lombardia. Anche in questo caso nel settore del commercio (e soprattutto della grande distribuzione) vi è una netta prevalenza di donne (circa l’80%). E negli ultimi anni il part-time è di- ventato “quasi l’unica tipologia contrattuale per le donne, in modo par-
46 ticolare nella grande distribuzione. Nel settore delle piccole e medie
aziende invece vi è ancora una prevalenza di full-time, dal momento che i lavoratori sono pochi.” (Responsabile sindacale, Lazio).
Nelle grandi aziende il part-time riguarda in maggior misura le don- ne rispetto agli uomini, che sono utilizzati in attività che richiedono il tempo pieno: ad esempio, gli addetti alla movimentazione, i capirepar- to. Le giovani donne sono prevalentemente utilizzate nel settore delle casse. Nei reparti specialisti (macelleria, pescheria) invece sono quasi tutti uomini, anche se vi sono alcuni reparti, come ad esempio la ga- stronomia, dove ci sono più donne che uomini. Gli uomini però sono spesso capireparto e sono inquadrati tutti al 4° livello; le donne invece sono al 3°, ossia sono prevalentemente adibite al banco.
Va rilevato che nelle nuove catene di abbigliamento di multinazionali straniere si sta intravedendo un diverso utilizzo della forza lavoro femmi- nile, che è inquadrata anche nei ruoli e nelle mansioni più elevate. Se- condo l’opinione di una sindacalista “c’è una tendenza a una valorizza- zione. Sono aziende estere (Spagna, Svezia) con un’impostazione cul- turale diversa. Nelle aziende italiane non si intravedono cambiamenti”.
A tal proposito la responsabile aziendale di una multinazionale sve- dese evidenzia che nell’azienda “non vi sono differenze di funzioni per
genere. Ad esempio, anche la logistica è seguita da molte donne. La responsabile logistica per l’ Italia è una donna. In generale non ci sono delle evidenze in termine di concentrazione in cassa. La percentuale di uomini è però minore di quella relativa alle donne. Per noi è importan- te bilanciare tutti i gruppi per genere. Una differenza di genere è data dal fatto che è difficile trovare uomini disponibili a lavorare nella cassa, mentre le donne sono più disponibili a fare tutto. Nell’azienda, rispetto a progressione di carriera sono spinte le crescite di uomini quanto di donne” (Responsabile aziendale, Lazio).
La tipologia contrattuale e il relativo orario sono molto legati al tipo di attività che si svolge. Nella grande distribuzione solitamente ci sono i turni non solo per il full-time (la grande distribuzione è aperta 13 ore). Per alcuni tipi di attività (ad esempio, cassiere) le turnazioni sono di- versificate per settimana, ma anche nella stessa settimana. Il vantag- gio per le aziende in termini di flessibilità riguarda non soltanto le tur- nazioni, ma anche “l’allungamento dell’orario di lavoro”.
In merito alle tipologie contrattuali, nel Lazio la tipologia più diffusa tra le forme atipiche è il tempo determinato, che solitamente, prima della crisi, veniva trasformato in contratto a tempo indeterminato. I con- tratti a termine riguardano sia gli uomini sia le donne e coprono un po’
tutte le figure. Una differenza di genere rilevata da una rappresentante 47
sindacale intervistata concerne però il fatto che “al momento della tra- sformazione contrattuale alle donne è proposto in maggior misura, ri- spetto agli uomini, il contratto part-time”.
Prima della crisi era molto utilizzato anche il lavoro interinale, che di fatto aveva sostituito i contratti a termine per sostituzioni di assenze, maternità ecc. Anche per questa tipologia contrattuale vi era una pre- senza femminile molto alta ed, essendo una tipologia di lavoro non continuativa, era anche richiesta dalle giovani donne.
Altre forme contrattuali, come ad esempio il lavoro a chiamata, non sono state molto utilizzate dalle aziende del commercio, anche perché sono state tenute fuori dalla contrattazione nazionale e quindi non le- gittimate.
Anche nel Lazio, il part-time, soprattutto nelle aziende del commer- cio tradizionale, è molto diffuso e secondo quanto riportato da una rap- presentante aziendale: “L’utilizzo del part-time corrisponde all’esigenza dell’azienda di soddisfare al meglio le esigenze della propria clientela, presidiando adeguatamente alcune funzioni e servizi […]. Se da un lato il part-time risponde ad alcune esigenze dell’azienda, dall’altro, a volte, si concilia anche con precise necessità dei collaboratori. L’apertura dei
negozi durante i week-end e l’orario continuato giornaliero richiedono flessibilità, spesso offerta dall’attività di studenti-lavoratori che trovano vantaggioso combinare il lavoro con le esigenze di studio; inoltre il part- time può conciliarsi con le esigenze delle donne madri e lavoratrici. Per le donne è spesso un incontro tra le esigenze della domanda e quelle dell’offerta” e “anche i turni spesso vanno verso conciliazione”.
La scelta del part-time da parte aziendale è dunque legata alla possibilità di coprire tutte le fasce orarie della giornate. Vi sono alcuni comparti di aziende commerciali che sono chiusi soltanto per 3-4 ore al giorno (logistica riempimento, ristorazione, chiusura, ecc.) e altri che sono aperti per 24 ore. Inoltre, “per coprire anche i flussi della clientela è necessario avere un maggior numero di teste”.
Per le aziende solitamente il passaggio al full-time fa parte di un percorso di crescita “perché il full-time è sempre legato ad aree di re- sponsabilità.”
Sostanzialmente dunque le condizioni lavorative che influiscono sul gap retributivo di genere sono abbastanza simili nelle aziende commerciali che operano in Lombardia e nel Lazio.
Viceversa, alcune differenze rispetto alle tipologie contrattuali e al-
l’utilizzo del part-time emergono dalle interviste svolte in Sicilia. Tali dif-
48 ferenze derivano principalmente dal contesto socio-economico e cultu-
rale di riferimento.
Anche in Sicilia alle donne sono “riservate” specifiche posizioni pro- fessionali: “nella grande distribuzione organizzata le donne sono collo- cate prevalentemente alla cassa, ma vi sono anche repartiste, genere vario. Sono rare invece le specialiste; non vi sono donne, né in macelle- ria, né in pescheria. Solitamente questi ruoli sono assegnati agli uomi- ni”. E una rappresentante sindacale intervistata evidenzia che “La pre- senza femminile tra le posizioni apicali, secondo la mia esperienza, non è delle più rosee. Nella nostra regione le professioni apicali vengono co- perte da professionalità prestate da altre regioni. Anche laddove potreb- bero esserci posizioni interessanti spesso le aziende indicano figure provenienti dalle loro regioni, quasi a non voler valorizzare tutto il capi- tale che noi abbiamo sia in termini di competenze che di conoscenze. Sono prevalentemente uomini, ma ci sono anche donne provenienti dal Nord o dal Centro, non sono mai espressione delle realtà locali”.
In riferimento alle differenze di genere, le più macroscopiche sono nei profili professionali: le donne non riescono a raggiungere ruoli api- cali e di conseguenza vi sono differenze retributive. Inoltre, i benefit so- no legati a profili professionali che solitamente non sono coperti dalle
donne, che quindi automaticamente ne sono escluse.
Anche in Sicilia, tra le forme atipiche, il contratto a tempo determi- nato è la tipologia lavorativa più utilizzata, che ha sostituito il contratto a tempo indeterminato. I contratti a tempo determinato spesso non vengono rinnovati perché nel frattempo si xxxxxxxx reparti, imprese e intanto cambiano le esigenze. Un’altra tipologia contrattuale utilizzata è l’apprendistato e, negli anni passati, l’interinale.
Una differenza rilevata in Sicilia, rispetto alle regioni del Centro- Nord, concerne il fatto che il part-time è molto diffuso anche tra gli uo- mini. Come testimonia un’intervistata: “la grande aspirazione sia degli uomini che delle donne è trasformare il part-time in tempo pieno. In Si- cilia spesso il part-time è involontario e viene accettato con l’aspirazio- ne a un consolidamento in full-time. Spesso le donne nella nostra realtà sono monoreddito (separazioni, divorzi) e il part-time non basta. E anche se sono coniugate spesso il marito è disoccupato.”
Anche in Sicilia sono state riscontrate alcune problematiche legate all’utilizzo del part-time e che indirettamente impattano sui differenzia- li retributivi di genere. Ad esempio, un primo aspetto riguarda le fasce orarie di lavoro: “Riguardo ai turni, vi sono delle giuste aspirazioni da parte delle donne rispetto alle fasce orarie. Le aziende però non ne
tengono conto. Per esempio, l’azienda […] ha acquistato […] e non ha 49
tenuto conto della vecchia distribuzione oraria. L’azienda […] impone, ad esempio, un orario di lavoro continuato, imponendo quindi di lavora- re anche nella fascia del pranzo, che solitamente non è gradita, perché coincide con l’uscita dei bambini dalla scuola. Le donne preferirebbero avere un orario spezzato con la pausa pranzo libera. Siamo in un terri- torio dove mancano i servizi e spesso anche il sostegno familiare. In presenza dei bambini scatta il problema del pranzo. La situazione si modifica naturalmente in relazione alla caratteristiche delle lavoratrici. Ad esempio, anche l’azienda […] fa orario continuato e le dipendenti sono nella maggior parte dei casi single quindi riescono a sopportare la fascia del pranzo”.
3.3 Le problematiche emerse
Sul fronte delle differenze retributive dalle interviste emerge che nel- le aziende della grande distribuzione, in cui è presente il sindacato, non vi è una evidente differenza di genere poiché il “salario” è legato al livel- lo di inquadramento. Ciò che invece emerge in alcuni casi è una differen-
ziazione legata a premi ad personam che dipendono non tanto e non so- lo dalla produttività del lavoratore/trice, ma anche dalla disponibilità.
“Le aziende piuttosto che consolidare le ore utilizzano in modo fi- siologico delle prestazioni supplementari. Anche questo utilizzo ha una prevalenza maschile e quindi con un impatto sulla retribuzione. Ossia, pur tenendo un contratto part-time con dei picchi non sempre prevedi- bili, la disponibilità e quindi le ore aggiuntive in proporzione le fanno di più gli uomini; anche per una questione di pronta disponibilità” (Re- sponsabile sindacale, Lombardia).
In quest’ambito si segnala una tendenza da parte delle imprese (so- prattutto nel Nord Italia) “a responsabilizzare i lavoratori assegnando de- gli obiettivi, che non sono misurabili dal sindacato. Vengono assegnati degli obiettivi e in quell’ambito il responsabile di quell’area o di quel re- parto percepisce un premio. In questo cambiamento, seppure in minor misura, sono coinvolte anche le donne perché gli obiettivi sono oramai legati ad aree e ultimamente anche le donne hanno delle funzioni diretti- ve (ad esempio, la barriera casse). Questa organizzazione per obiettivi riguarda la barriera casse ma anche alcuni reparti di produzione”.
Infine, un rappresentante sindacale intervistato evidenzia che so- prattutto al Nord vi è da parte delle donne un cambiamento, anche nel
50 concetto di famiglia. “Oggi si assiste a un ritardo nel costruire un per-
corso di vita familiare e poi c’è una attenzione delle donne a percorsi di carriera e a rendersi disponibili nel tempo e nell’ orario di lavoro. Si par- la di orari che vanno dalle 6 di mattina alle 22 di sera. Anche se con turni e orari differenziati. Anche se le nuove generazioni costruiscono la famiglia più tardi, rispetto al passato, è pur vero che nel momento in cui ciò accade la scelta lavorativa fatta diventa conflittuale con la fami- glia, poiché le esigenze sono altre. Ho avuto esperienza di donne che hanno fatto carriera in alcuni reparti e poi hanno dovuto retrocedere perché non si conciliavano con le esigenze della famiglie. Questo è un problema molto presente.”
Un aspetto, quest’ultimo, sottolineato anche da un rappresentante datoriale che afferma che “La donna con i figli è pesantemente pena- lizzata, ma se non ha una ruolo con prospettive di professionalità non ha particolari problemi. Le situazioni di penalizzazione si verificano do- ve ci sono ruoli intermedi o di responsabilità”.
In generale va evidenziato che la maternità continua ad essere in- dicata dai testimoni privilegiati intervistati come uno dei principali vin- coli al percorso professionale, oltre ad essere spesso causa di un vero e proprio demansionamento e disinvestimento dell’azienda nei con-
fronti delle lavoratrici.
Un ulteriore fattore riscontrato in tutti i contesti territoriali concerne il fatto che “i premi di produttività sono riconosciuti a persone che han- no una disponibilità di permanenza in azienda molto alta. Quindi sono più per gli uomini. Questa disponibilità favorisce molto il legame fidu- ciario che si crea tra lavoratore e azienda. Di fatto, nella percezione aziendale è molto più facile allacciare questo tipo di rapporto fiduciario con gli uomini che non con le donne, poiché influisce la disponibilità di tempo, ma anche il fattore culturale”. Del resto, come evidenziato da un rappresentante delle associazioni datoriali, “l’organizzazione deriva da un modello maschile che interpreta il ruolo di responsabilità con un’ampia disponibilità di tempo”.
Dalle interviste si conferma quanto evidenziato anche in altri studi, ossia che i meccanismi dei sistemi “premianti” all’interno delle aziende sono un elemento importante per comprendere le ragioni delle diffe- renze retributive di genere e dei percorsi di carriera delle donne. Spes- so, infatti, i criteri di valutazione dipendono, oltre che dall’adempimen- to di compiti e dal crescere di esperienza e responsabilità, soprattutto dalla rilevanza delle ore passate nel luogo di lavoro. E come è noto le donne sono tendenzialmente meno disponibili a orari “lunghi”, avendo,
rispetto agli uomini, maggiori carichi di lavoro familiare. Da questo pun- 51
to di vista va evidenziata sia l’importanza di promuovere “culturalmen- te” una maggiore condivisione tra i partner delle attività familiari e di cura, sia la necessità di una più ampia diffusione dei servizi di assi- stenza ai bambini (e agli anziani) sul territorio.
Nel Sud, un altro fattore che indirettamente agisce sui differenziali retributivi femminili è dovuto, secondo il parere di alcuni intervistati, al fatto che “in Sicilia gli investimenti sono tutti fatti da imprenditori non lo- xxxx, xxx xxxx, xxx xxxxxx, aziende straniere e i nostri territori sono visti come territori di conquista e non vengono valorizzati”. La conseguenza è che “non c’è attenzione delle aziende nei confronti delle donne del sud; le aziende non hanno la giusta attenzione ai curricula di queste la- voratici”. E ciò causa un impatto sulle progressioni di carriera, sostan- zialmente “non vengono poste in essere le condizioni affinché le don- ne possano proporsi nei ruoli apicali, sicché le donne, di fronte a con- dizioni di lavoro che non consentono di conciliare i bisogni di vita con le aspirazioni lavorative, si presentano per avere un reddito a fine mese”. In questa situazione le aspirazioni di carriera sono piuttosto rare.
Inoltre, anche il possesso di titoli di studio di studio medio-alti non offre alle lavoratrici siciliane del commercio la possibilità di raggiunge-
re le stesse posizioni occupate dai colleghi uomini (o da donne mana- ger che provengono da altre aree del paese), rompendo il “tetto di cri- stallo” che le tiene lontane dai ruoli dirigenziali.
Tra le cause indirette vi è inoltre la mancanza sia di politiche azien- dali sia di welfare. “Palermo, ad esempio, conta dei ritardi gravissimi sugli asili nido9. Oltre alla scarsa attenzione, anche da parte di grandi gruppi, a politiche di conciliazione. Nelle piccole imprese inoltre si an- nida il lavoro nero, quindi andare a parlare di politiche di conciliazione è impossibile”.
Un altro aspetto importante dal punto di vista del divario retributivo di genere, confermato dagli interlocutori intervistati, è l’incidenza del minor numero di ore svolto dalle donne rispetto al lavoro a tempo pie- no, indicato come una delle cause dei bassi livelli retributivi femminili. Dal momento che il part-time, come è emerso anche dalla nostra inda- gine, coinvolge quasi esclusivamente le donne, è importante che nel- l’ambito della contrattazione si mettano in luce le opportunità esistenti per sviluppare da un lato modelli organizzativi virtuosi di flessibilità e orari ridotti, anche per coloro che hanno responsabilità gestionali e di direzione (part-time reversibile, orario flessibile, banca delle ore, isole
52 o coppie di lavoro ecc.).
Infine, alcuni interlocutori hanno evidenziato anche il persistere di
problematiche di tipo culturale, soprattutto al Sud: “immagini, stereotipi e pregiudizi sul ruolo della donna nel mondo del lavoro sono sempre stati quelli di relega a incarichi di “non responsabilità”, ritenendo le donne inaffidabili, anche in funzione del ruolo predominante che occu- pano all’interno nel nucleo familiare (accudire i figli, gli anziani ecc.). Fortunatamente nell’ultimo decennio le donne hanno riscattato la loro immagine, riuscendo a uscire dagli stereotipi e dai pregiudizi, ne è te- stimonianza il maggior numero di donne che rivestono cariche di re- sponsabilità a tutti i livelli, politici, economici, industriali”.
Si conferma dunque la permanenza di un “doppio stereotipo” che ostacola la presenza delle donne nel lavoro e la loro crescita professio- nale. Da un lato, infatti, dando per scontato che siano le donne ad as- solvere ai carichi domestici e familiari vi è da parte delle aziende un minor investimento sulle lavoratrici. Dall’altro lato, si aggiunge un se- condo pregiudizio, basato esclusivamente sul “genere femminile” e sullo scarso coinvolgimento nel lavoro e nella disponibilità di tempo da
9 A tal proposito si ricorda che nel Sud il tasso di copertura degli asili nido è in media del 5%, contro il 20/30% di alcune regioni del Nord. Cfr Del Boca, Rosina (2009).
dedicare all’azienda.
Tenendo dunque conto del fatto che sia i responsabili sindacali sia datoriali hanno ribadito che “nei settori del commercio non esistono differenze di genere e sul gap retributivo, poiché gli stessi sono norma- ti dai vigenti CCNL, per cui paga base e contingenza sono uguali sia per gli uomini che per le donne, salvo nelle piccole e piccolissime im- prese dove l’assenza sindacale impedisce di esercitare il controllo su questi elementi”, tuttavia è emersa dalle interviste una serie di fattori e di problematiche che indirettamente incidono sul gap retributivo di ge- nere e che sono riassunti nel quadro sottostante.
Le problematiche emerse che incidono indirettamente sugli aspetti re- tributivi
- premi ad personam che dipendono non tanto e non solo dalla produttività del lavoratore/trice, ma anche dalla disponibilità;
- fasce orarie di part-time e turni che non consentono a chi lo desi- dera di “completare” l’orario lavorativo con un’altra occupazione;
- segmentazione e segregazione professionale;
- difficoltà di conciliazione con la vita familiare;
- retrocessioni nelle carriere dopo la nascita di un figlio;
- la mancanza di servizi per l’infanzia e di welfare per gli anziani;
- la mancanza di politiche aziendali di conciliazione;
- il sottoinquadramento, c’è un addensamento molto forte delle donne al IV livello che è il più diffuso nel settore;
- lo scarso interesse delle imprese a investire sulle donne;
- l’elemento culturale, soprattutto al Sud, che in parte relega an- cora la donna (specie se con bassi titoli di studio) in una condi- zione “secondaria” nel mercato del lavoro;
- le “carriere interrotte”che caratterizzano le occupate donne e che sono attribuibili principalmente alle interruzioni per la cura dei figli e di altri familiari.
53
Come si può osservare, le evidenze emerse dalla interviste conver- gono con i risultati degli studi e delle ricerche finora realizzate sia a li- vello nazionale che europeo10 e mostrano che le discriminazione indi- rette, le difficoltà di conciliare vita privata e vita lavorativa, gli stereotipi
10 Cfr. Isfol, 2010; The Global Gender Gap Report 2009.
e i pregiudizi culturali sembrano essere le cause principali all’origine dei differenziali salariali.
3.4 I vantaggi e i limiti della contrattazione e della normativa
Un primo elemento emerso dalle interviste è stato la scarsa nume- xxxxxx di sperimentazioni nel settore del commercio mirate a migliorare la qualità dell’organizzazione del lavoro e la possibilità di conciliazione per le donne e quindi agire indirettamente sul gap retributivo.
Un’esperienza da citare riguarda la sperimentazione delle “Isole”, |
che al momento è stata sospesa “perché ha fatto emergere dei di- |
fetti. Il progetto prevedeva un coinvolgimento di 70 donne. Un pri- |
mo problema emerso è legato alle diverse esigenze, anche se |
parliamo della sola barriera casse, tra donne sposate e non spo- |
xxxx, tra donne con figli e senza. Anche in questo caso ci siamo |
trovati in presenza di lavoratrici giovani che avevano a volte più |
rapporti di lavoro. Per alcune lavoratrici, quindi, l’organizzazione |
oraria decisa di settimana in settimana poteva andar bene, per al- |
tre no. In questa sperimentazione era prevista la compensazione, |
ossia una lavoratrice poteva anche andare in difetto rispetto al |
proprio orario di lavoro e poi recuperare nel mese successivo. Ab- |
biamo riscontrato facendo una verifica annuale che più del 50% |
era in difetto di orario, quindi di un recupero. In alcuni casi le lavo- |
xxxxxxx hanno dovuto lavorare a tempo pieno per recuperare la re- |
tribuzione già anticipata dall’impresa. Un ulteriore problema ha ri- |
guardato il fatto che in un gruppo di 7-8 persone, che ogni volta |
dovevano dare la loro disponibilità rispetto alle fasce orarie fissa- |
te, venivano a crearsi tanti gruppi, essendo l’orario part-time circa |
di 3,5 ore per coprire un orario complessivo di 13 ore di apertura |
al pubblico. Nel caso in cui le assenze erano numerose si creava- |
no dei problemi e delle discrepanze perché significava chiedere a |
chi restava al lavoro una prestazione maggiore. Al momento è sta- |
to sospeso perché nel frattempo si è abbassato anche il fatturato |
3.4.1. Una sperimentazione interessante. Il modello organizzativo del- le “Isole”
54
e l’azienda ha inserito un nuovo sistema alla cassa: ossia il clien- te alla cassa si serve da solo. Questo ha creato un nuovo gruppo di isole dove ogni 4-5 casse c’è una sola cassiera che va e inter- viene nel momento in cui il cliente ha bisogno e chiede aiuto. Que- sto non vuol dire necessariamente licenziamento, ma il fatto che l’azienda cerca di utilizzare al meglio le professionalità, magari spostandole sull’approvvigionamento” (Rappresentante sindaca- le, Lombardia).
Un’ulteriore esperienza, gestita attraverso la contrattazione, ri- guarda un’azienda svedese operante nel settore del commercio in accordo con i sindacati in contesti del Centro Nord: si sono messe in campo alcune azioni mirate a migliorare le pari oppor- tunità e la conciliazione lavoro-vita privata. In particolare le atti- vità svolte sono:
- informazioni a tutti i collaboratori sui loro diritti-doveri, come i congedi maternità/paternità, i congedi parentali e in caso di ma- lattia dei figli;
- corsi di formazione per le collaboratrici in gestazione, puerperio o allattamento, in cui si affrontano i temi generali su salute, sicu-
rezza, e si forniscono informazioni per la prevenzione dei rischi 55
specifici sul posto di lavoro.
- alcune sedi hanno stipulato convenzioni con asili vicini ai nego- zi, per semplificare ai genitori-lavoratori la gestione quotidiana del tempo;
- in azienda sono predisposte delle “banche di straordinari” e so- no pubblicate le richieste alle quali si può rispondere in base al- le esigenze.
- il part-time: dal 2 gennaio 2008 tutte le assunzioni (sia a tempo indeterminato sia determinato) prevedono un orario di lavoro non inferiore alle 20 ore medie settimanali, per garantire un sa- lario mensile più consistente.
In realtà, la contrattazione finora non è entrata nelle cause delle dif- ferenze retributive, ma “si è lavorato sugli effetti per cercare di mitigar- li”. Sostanzialmente attraverso la contrattazione “si è cercato di non di- scriminare le donne (non di limitare il gap), inserendo nella maturazio- ne dei parametri di produttività, ad esempio le assenze di maternità. Questo per la maternità obbligatoria, mentre sono escluse le aspettati- ve non retribuite o i periodi di congedo per malattia figlio. Sulle differen-
ze influiscono inoltre le possibilità di carriera, poiché il salario di pro- duttività è legato al livello di inquadramento, quindi più si sale nella car- xxxxx e più aumenta, ma questo solitamente non riguarda le donne che per lo più si fermano al sesto livello”.
Le opinioni dei testimoni privilegiati intervistati si dividono sostan- zialmente tra coloro che ritengono che tale materia sia “migliorabile” soltanto attraverso una normativa e coloro che invece ritengono che la contrattazione possa agire almeno su alcune delle problematiche emerse che sono cause indirette del gap retributivo di genere.
“Tutto quello che si è avuto di positivo è derivato dalla contrattazio- ne di gruppo. Ad esempio, Xxxxxx, GS hanno dei buonissimi integrati- vi che discendono dalla contrattazione di secondo livello: per esempio in tema di tutela della maternità, il part-time post maternità, il diritto al- lo studio, i congedi. Questo riguarda i grandi gruppi, mentre nei piccoli si trova molto poco”.
“La contrattazione decentrata quando è di gruppo si deve calare anche nel territorio e nelle caratteristiche di un determinato contesto. Ad esempio, per una stessa azienda può esserci un problema di man- canza di asili nido a Palermo, ma non a Belluno. Allora forse nella pro- vincia di Palermo bisognerebbe spendere dei soldi per la creazione di
56 un asilo aziendale”.
Tra i “sostenitori” della via della contrattazione si intravedono possi- bilità in merito a:
- trovare soluzioni per migliorare la conciliazione tra lavoro e vita privata “laddove l’organizzazione del lavoro non viene concertata, le aziende non rispettando la legge di fatto impediscono una program- mazione e una conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e questo im- patta in modo pesantissimo sulle donne”.
- contribuire a creare occasioni, opportunità di crescita nei luo- ghi di lavoro, anche promuovendo la formazione in azienda (“che è molto poca”) e le possibilità di sperimentazione offerte dalle normative nazionali e comunitarie sulle pari opportunità. “Oggi un po’ più aperti di ieri ma la questione è di avere delle oppor- tunità di crescita professionale che siano alla pari”.
- promuovere servizi interaziendali. “Nella grande distribuzione una questione molto difficile è quella dei servizi per l’infanzia. Sono stati fatti degli accordi aziendali in cui si sono messi in piedi degli asili in- teraziendali con il contributo delle aziende e dei lavoratori. Per que- ste aziende la sperimentazione ha funzionato perché all’interno di esse, che erano commerciali ma non della grande distribuzione, era
possibile avere un orario flessibile di lavoro in entrata e in uscita. Sul- la base di questa esperienza e visto che ormai in ogni quartiere del- le città vi sono attività commerciali nel giro di 500-1.000 metri uno dall’altro potrebbe essere utile trovare un accordo tra le aziende inte- ressate e il sindacato per promuovere asili interaziendali che possa- no dare una risposta alla popolazione di diverse aziende vicine. Cre- do che questa soluzione possa essere utile”.
- Agire nella contrattazione di secondo livello con le imprese che stanno nascendo. “Il contratto nazionale deve dare uno spaccato delle professioni, un inquadramento generale e poi demandare alla contrattazione di secondo livello le situazioni specifiche. Il problema, però, è che il contratto di secondo livello si applica solo al 20-25% del- la potenziale platea del commercio. Inoltre, il contratto nazionale è molto più sbilanciato sulla grande distribuzione e sulle grandi imprese. Ad esempio, nella contrattazione si dovrebbe tener conto di quelle la- voratrici con sono in grado di svolgere una serie diversa di mansioni; è un valore aggiunto e andrebbe premiato. Questo discorso potrebbe essere sviluppato nelle nuove imprese che stanno nascendo. Ci vor- rebbe quindi un contratto nazionale che demandi a una contrattazione esigibile di secondo livello; servono delle garanzie per il II livello”.
“Sono poche le aziende dove esiste la contrattazione decentrata e in 57
quelle dove è presente, l’argomento su cui si chiedono condizioni di miglior favore è quello relativo al lavoro domenicale (esenzione dallo svolgimento del lavoro domenicale per le madri e i padri con figli mi- nori ai 3 anni, permessi per malattia dei figli, incrementare la percen- tuale del part time post maternità ecc.)”.
- Migliorare le norme contrattuali in materia di rientro post mater- nità. “Riteniamo che molte norme contrattuali siano poco chiare e in- clini a soggettiva interpretazione, ad esempio per quanto attiene il mantenimento della mansione al rientro dalla maternità. Statistica- mente sono frequentissimi i casi in cui le lavoratrici al rientro della maternità vengono adibite a mansioni differenti da quelle preceden- temente svolte, con un emergente demansionamento post partum.” Inoltre, dalle interviste emerge in modo rilevante la problematica del- l’organizzazione degli orari e del relativo rispetto di essi: “A vol- te si discute del premio di produttività, quando poi c’è un’organizza- zione che fa acqua con orari che non vengono rispettati. C’è una scarsa vigilanza su questo”.
Tra i “sostenitori” della necessità di una normativa in materia vi è in- vece il timore che un’azione “dal basso” possa essere inefficace.
“Principalmente il livello di intervento deve essere di carattere nor- mativo e legislativo. Siamo in una fase in cui la contrattazione è condi- zionata da rapporti di forza che per noi sono sfavorevoli. Siamo in una fase in cui la grande distribuzione è tentata dalla cancellazione della contrattazione di secondo livello. Ha iniziato la Carrefour, che è la se- conda azienda della grande distribuzione in Italia, che un anno fa ha disdettato il contratto aziendale. E ora anche altre aziende stanno sul- la stessa strada. Credo che su un tema così importante ci sia bisogno di un intervento legislativo, come è stato per i congedi parentali, che hanno in parte dato dei miglioramenti per le donne” (Rappresentante sindacale, Lombardia).
E ancora: “Credo che l’attuale normativa nazionale dovrebbe equi- parare il lavoro pubblico con quello privato in termini di congedi, per- messi, riconoscendo anche alle lavoratrici del settore privato tutti quei benefit che hanno le lavoratrici del pubblico. Dal momento che la mag- gior parte di ciò deriva dalla contrattazione di secondo livello e dato che in Sicilia quest’ultima è ardua da raggiungere, alcune cose an- drebbero trattate a livello di normativa nazionale, così da farle diventa- re obbligatorie per tutti”.
Come già anticipato, le maggiori differenze che incidono sul gap re-
58 tributivo di genere sono nella parte di benefit e riconoscimenti ad per-
sonam che sono contrattati all’atto dell’assunzione. In tal caso, “suben- trano ovviamente dinamiche non condivisibili da una organizzazione sindacale che sono fatte di scambi, laddove poi questi scambi sono ri- tenuti concessioni, mentre sono diritti che si sono persi. Si trovano mo- dus vivendi personali, individuali.”
“Il CCNL crea condizioni di equità, non garantisce ovviamente il ri- conoscimento alle donne di funzioni e mansioni superiori nella stessa misura in cui vengono attribuiti agli uomini, poiché questo sta alla di- screzionalità della Impresa. È ovvio che una sorta di discriminazione emerge qualora le funzioni più alte ricevono premi o incentivi che sono frutto di elargizioni unilaterali, slegate dalla contrattazione sia a livello territoriale che a livello aziendale.”
Vi è inoltre chi, soprattutto da parte datoriale, ritiene che la materia dei servizi di conciliazione non possa essere delegata alle imprese, ma che sia esclusivamente di competenza delle politiche di welfare. “Non deve essere il privato che garantisce le tutele delle donne, ci vuo- le il sostegno della rete sociale. Il pregiudizio sociale del datore di lavo- ro trova radici e origini nell’assenza totale di politiche di sostegno”.
“Il problema non è tanto nelle esigenze di parità retributiva dentro
l’azienda. Il problema è fuori ed è complicato perché non ci sono i ser- vizi. Un’azienda può cercare di venire incontro con una flessibilità ora- ria, con il lavoro da casa ecc. Il problema è il costo dei servizi, i servizi che si hanno e il fatto che gli uomini si fanno meno carico del peso del- la famiglia. Il peso va quasi tutto sulla donna. È questo che va a influire sul gap retributivo delle donne. È un riflesso immediato. È complicato trovare poi un compromesso che possa garantire l’azienda, che ha un’esigenza di lavoro che difficilmente si incontra con i servizi e i tem- pi delle città. Ad esempio, in termini di supporto al costo dei servizi non esiste nulla. Sono poche le aziende che danno supporti in questo ca- so. Lo Stato dovrebbe intervenire a supporto della maternità e della natalità” (Responsabile aziendale).
Infine, vi è un elemento culturale rappresentato dallo scarso inte- resse delle imprese a investire sulle donne. “Questo non si può risolve- re con il sistema di contrattazione”, ma anche con l’accettazione da parte delle donne, soprattutto al Sud, di condizioni lavorative peggiori rispetto agli uomini.
“Tra le lavoratrici del territorio, ma anche in generale nel paese c’è una sorta di torpore, di accettazione di tale situazione almeno in que-
sto momento. Proprio per effetto di quella crisi che porta ad accettare anche condizioni non buone. Può emergere in questo un individuali- 59
smo. Il sindacato in questo potrebbe fare molto, però si scontra con il territorio. Anche le battaglie per il lavoro nero sono perse dall’inizio perché non hai con te le lavoratrici”.
3.4.2. Alcuni esempi di buone pratiche
Come evidenziato da un’ampia letteratura, ma anche dalla nostra indagine, per incidere sulla diminuzione del gap retributivo di genere occorre intervenire in primo luogo su quelle misure/politiche che rendo- no possibile prima l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e poi la loro permanenza in una condizione di parità rispetto agli uomini.
La conciliazione di lavoro e famiglia investe i vari ambiti del welfare (anche locale), del mercato del lavoro, dell’organizzazione interna del lavoro, delle politiche aziendali, degli aspetti contrattuali.
In Italia, sono state svolte alcune “sperimentazioni”, anche grazie all’art. 9 della legge 53/2000 che finanzia azioni positive per la flessibi- lità di aziende private, in applicazione di accordi stipulati con le orga- nizzazioni sindacali più rappresentative.
La normativa italiana prevede incentivi monetari per le imprese che sviluppano azioni positive per una migliore conciliazione di vi- ta familiare e vita lavorativa. L’art. 9 della legge 53/2000 finanzia azioni positive per la flessibilità di aziende private, in applicazione di accordi stipulati con le organizzazioni sindacali più rappresen- tative. Destinatari di queste azioni positive sono le lavoratrici ma- dri e i lavoratori padri, compresi quelli adottivi o affidatari. I proget- ti finanziabili devono rientrare in una delle seguenti tipologie:
1. Consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, di usufruire di par- ticolari forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro;
2. Prevedere programmi di formazione per il reinserimento dei la- voratori dopo il periodo di congedo per maternità e/o parentale;
3. Individuare progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, in periodo di astensione ob- bligatoria o di congedo parentale, con altro imprenditore o lavo- ratore autonomo.
60 Sono inoltre da segnalare alcune sperimentazioni promosse da en-
ti locali.
Solo per citarne alcune:
1) “il Family audit” promosso dalla provincia di Trento è un proces- so di analisi sistematica che consente all’organizzazione di com- piere un’indagine ampia e partecipata al proprio interno, con l’o- biettivo di individuare iniziative che consentono di migliorare le esigenze di conciliazione tra famiglia e lavoro dei dipendenti. Il processo analizza 6 macro ambiti quali organizzazione del lavoro, cultura della conciliazione, comunicazione, benefit e servizi, di- stretto famiglia, nuove tecnologie.
L’Audit famiglia e lavoro è stato elaborato in Germania nel 1995, su incarico della Fondazione utilità Xxxxxx Xxxxxxxxxxx e sull’e- sempio del Family Friendly Index americano.
A partire dal 1998 l’Audit è stato adottato come strumento di imple- mentazione delle politiche familiari dal Ministero del Welfare au- striaco. Dal 2004 è stato introdotto in xxx xxxxxxxxxxxx xxxxx xx Xxxx Xxxxx con un progetto transnazionale finanziato dalla Commissione
europea. Nel 2010 è stato firmato un protocollo di intesa per la pro- mozione a livello nazionale del family audit tra il Dipartimento per le Politiche della famiglia e la Provincia autonoma di Trento.
In particolare l’Audit:
1. È uno strumento di attuazione della Responsabilità sociale d’Impresa.
2. Risponde ai bisogni reali delle persone, delle organizzazioni e della comunità territoriale.
3. Non considera la conciliazione un fattore solo femminile11.
2) Il progetto “Progetto Gender Competency: Il commercio, setto- re all’avanguardia per quanto riguarda la conciliabilità”, realizzato dal Centro di formazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l’Ente Bilaterale per il Commercio (EBK) in Alto Adi- ge e dall’IPL-AFI12.
I risultati di tali sperimentazioni mostrano che laddove si è riusciti a coniugare al meglio le esigenze produttive e di mercato delle aziende con quelle individuali e familiari dei lavoratori/trici vi è anche un au- mento della produttività delle imprese. In sintesi le organizzazioni, che
adottano politiche aziendali orientate alla famiglia, ottengono una serie 61
di benefici in ordine a:
• mantenimento e rafforzamento delle competenze e del know- how in azienda;
• miglior ambiente lavorativo e una maggiore motivazione da parte del personale;
• diminuzione dell’assenteismo del personale;
• aumento dell’innovazione e della creatività tra i dipendenti;
• aumento della qualità del lavoro svolto e di soddisfazione del cliente;
• rientro più rapido al lavoro dopo periodi lunghi di assenza per congedi;
• maggiore attrattività dell’impresa per nuovi collaboratori e colla- boratrici;
• impatto positivo d’immagine dell’azienda presso i clienti e pubbli- cità indiretta.
11 Cfr. <xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/>. Il testo del protocollo è in allegato a Sol- co (a cura di), Il gap retributivo e la differenza di genere, cit.
12 Cfr. anche <xxxx://xxx.xxxxxxxxx-xxx.xx/xxxxxxxxxxx/0-XxxxxxxxxxxxXxxxxXxxxxx. asp?st=8>.
Trovare soluzioni di conciliazione lavoro-famiglia in azienda signifi- ca, quindi, agire su diverse aree, attuando concrete azioni13.
Azioni che agiscono sul tempo | • Part-time reversibile • Flessibilità oraria ma programmabile • Banca delle ore (o degli straordinari) • Regolazione flessibile delle pause • Creazione coppie di lavoro: organizzazione in due in base alle esigenze • Telelavoro • Orari flessibili in entrata e in uscita • Determinazione da parte dei dipendenti dei turni di lavoro |
Azioni che agiscono sulla cultura della conciliazione | • Sportello family friend con specialisti (av- vocato, counselor) a disposizione per pro- blemi familiari • “Family audit” • Informazioni a tutti i collaboratori sui loro diritti-doveri, come i congedi maternità/pa- ternità, i congedi parentali e in caso di ma- lattia dei figli |
Azioni che agiscono sui servizi | • Mezzi di trasporto condivisi • Servizi salva-tempo: pagamento bollette, spesa, piccole riparazioni • Baby sitting a chiamata • Organizzazione in convenzione di centri estivi per bambini nei periodi di chiusura delle scuole • Voucher per i servizi di prima infanzia |
Azioni che agiscono sulla formazione | • Corsi mamme in carriera: formazione per aggiornare le dipendenti che sono state in maternità • Ricerca fondi per finanziare corsi formativi ri- volti alla promozione delle carriere femminili |
3.4.3. Alcuni esempi di tipologie di azioni per la conciliazione lavoro-fa- miglia tratti da casi di “best practices”
62
13 Per casi di best practices nell’Unione Europea cfr.:<xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxx/xxxx. jsp?catId =687&intPageId=785&langId=en>.
Conclusioni
I contributi della scienza sociale al tema delle differenze retributive di genere sono molteplici, anche perché il tema del lavoro femminile è spesso al centro di molti lavori che esplorano il ruolo delle donne e il rapporto tra i generi in una società in continua evoluzione.
Il tema del lavoro femminile ha assunto rilievo nel momento in cui 65
si sono incrinati i tradizionali rapporti sociali e culturali di riferimento, che in passato costituivano anche modelli di comportamento e orien- tamento delle scelte ed esercitavano pertanto una considerevole for- za prescrittiva. L’indebolimento di strutture solidaristiche, le spinte al- l’individualizzazione, la crescente esposizione al rischio hanno da una parte costretto le donne a “ricostruire le proprie biografie indivi- duali” e dall’altra hanno aperto nuovi spazi di opportunità e di scelta (ITER, 2001).
Nel caso dei differenziali retributivi di genere, l’analisi sociologica si snoda anche attraverso l’analisi dell’interazione tra scelte individuali, contesto socio-culturale e contesto lavorativo. La possibilità di costituir- si un’identità attraverso il lavoro retribuito è certamente uno degli ele- menti essenziali per l’analisi del lavoro femminile. La stessa compre- senza di diversi modelli di identità femminile – e in particolare del rap- porto individuale con il mondo del lavoro - rappresenta di per sé il se- gnale di un percorso di diversificazione e quindi di valorizzazione delle singole aspirazioni individuali. Si assiste insomma a un progressivo abbandono da parte delle donne di scelte “omologate”, che non ap- paiono più, come tali, scelte obbligate. È infatti andato scemando il po-
tere impositivo e l’effetto condizionante di un modello socio-culturale di riferimento che, ormai debole, cede il passo a favore di una valorizza- zione della progettualità individuale, senza per questo necessariamen- te sminuire le specificità di genere.
Diversi sono tuttavia i fattori individuati in letteratura, che possono ostacolare questo processo di transizione: la non linearità del cambia- mento nei modelli valoriali di riferimento, la crescente precarizzazione del lavoro, la scarsità di strutture di sostegno alle famiglie, i contesti or- ganizzativi nei quali le donne si trovano a vivere e lavorare. L’instabilità lavorativa rischia di minare i percorsi di “emancipazione” delle donne dal modello male-bread winner, ricacciandole nel lavoro domestico; la scarsità di servizi alla famiglia impedisce la piena realizzazione della propria individualità nel contesto lavorativo, stante comunque il deside- rio di coltivare e realizzarsi anche attraverso la sfera affettiva e la ma- ternità; i contesti organizzativi, laddove ancora refrattari o inerti rispet- to alle mutate esigenze di conciliazione tra lavoro retribuito e lavoro non retribuito, elevano spesso barriere, se non esplicite discriminazio- ni, al lavoro femminile.
Sulla scorta di questi elementi, l’analisi qualitativa del fenomeno dei differenziali retributivi di genere studia i micro- e macro-contesti so-
66 ciali, al fine di evidenziare i possibili fattori di amplificazione delle di-
sparità di trattamento. Equità, valorizzazione, negoziazione, tempo e cultura sono ad esempio le “parole chiave” identificate in un lavoro ISFOL che analizza diversi contesti organizzativi per studiare la forma- zione dei salari e le eventuali disparità di trattamento tra uomini e don- ne (Isfol, 2008). Da una parte agiscono i fattori socio-economici del contesto territoriale: i valori individuali, le politiche territoriali e azienda- li in termini di servizi alla famiglia e pari opportunità, ma anche il con- testo economico in cui è calata l’impresa e la sua apertura verso l’inno- vazione e l’internazionalizzazione; dall’altra i modelli di organizzazione del lavoro: la contrattazione nazionale e integrativa, la tipologia con- trattuale e l’orario di lavoro, i criteri e le modalità di assegnazione dei compiti, i meccanismi di premialità e valorizzazione delle competenze interni alle imprese.
Utilizzando questa e altre griglie interpretative, congiuntamente al- l’analisi dei percorsi di vita individuali, le ricerche sociologiche tendono a identificare diversi fattori cruciali nel conseguimento di un’effettiva parità di opportunità e trattamento sul mercato del lavoro. Xxxxxxx che tra l’altro abbiamo visto permeare anche gli studi di carattere quantita- tivo, sempre alla ricerca di indicatori idonei a meglio definire il contesto
in cui analizzare il fenomeno del gender pay gap:
- La valorizzazione sociale del lavoro femminile, che passa anche attraverso l’abbandono di visioni stereotipate, e che, attraverso il riconoscimento delle competenze individuali, riporta su un piano egualitario i percorsi lavorativi di uomini e donne;
- La diffusione di modelli organizzativi flessibili, capaci di adeguar- si alle esigenze di conciliazione tra vita lavorativa, lavoro dome- stico e vita privata di uomini e donne;
- Il rafforzamento della capacità negoziale, individuale e collettiva, delle donne nella società e nei luoghi di lavoro;
- La promozione di politiche orientate a diffondere una cultura pa- ritaria sia all’interno dei contesti lavorativi sia nel tessuto sociale che agiscano sull’abbandono di modelli tradizionali e sul supera- mento degli stereotipi di genere anche all’interno delle famiglie;
- Il rafforzamento del sistema dei servizi alle famiglie, sia nella so- cietà, sia quelli attuabili all’interno delle imprese come gli asili ni- do aziendali, ancora scarsamente diffusi.
In termini complessivi le rappresentazioni emerse dalle interviste
non ci forniscono semplici ricette per affrontare i problemi e, così come dimostrato da altre ricerche, si conferma che la sola analisi dei redditi
non basta a spiegare le cause delle differenze retributive di genere, 67
che risiedono anche nelle motivazioni individuali, nei meccanismi di di- visione del lavoro all’interno della famiglia, nei fattori culturali e nei mo- delli organizzativi del lavoro (Isfol, 2009).
Restando ferma la necessità di avviare interventi che agiscano dunque su più livelli e che aggrediscano la questione del gender gap anche in modo indiretto, è possibile tuttavia ricavare un quadro in cui possono essere individuate alcune possibili aree di azione.
Punti di forza/ Opportunità | • Nelle nuove catene di abbigliamento este- re si sta intravedendo un utilizzo delle don- ne diverso, anche con livelli più alti. C’è una tendenza a una valorizzazione. Sono aziende estere (Spagna, Svezia) con un’impostazione culturale diversa • Tendenza al cambiamento culturale tra le giovani donne (specie se con livelli di istru- zione medio-alti) • Crescente utilizzo dei congedi parentali anche tra gli uomini |
Punti di debolezza / Xxxxxx | • Presenza di segmentazione e segregazio- ne professionale • Xxxxxxxx “interrotte” che caratterizzano le occupate donne e che sono attribuibili prin- cipalmente alle interruzioni per la cura dei figli e di altri familiari • Presenza di contrattazione individuale tale da produrre benefici “asimmetrici” tra i generi • Scarso interesse delle imprese a investire nelle carriere femminili • La conciliazione è concepita dalle imprese soltanto come un costo • Esiguità della formazione in azienda mira- ta alla crescita professionale • Persistenza di fattori culturali che favori- scono la discriminazione |
Aree di intervento | • Sul piano generale: - Promuovere l’offerta e l’accesso ai servizi per la famiglia (attraverso servizi per l’in- fanzia anche interaziendali facilmente ac- cessibili e fruibili, con orari flessibili, servizi per gli anziani) - Potenziare la presenza delle donne nelle aree istituzionali pubbliche e private in cui si snodano i processi decisionali • Sul versante aziendale e contrattuale: - riorganizzare i modi e i tempi di lavoro ma- schili e femminili (proponendo ad esempio diverse articolazioni del part-time e model- li orari che consentano una programmabi- lità per poter conciliare sia la vita privata sia un eventuale altro impegno lavorativo, banca delle ore) - adottare criteri di “discriminazione positiva” nell’approccio alla contrattazione aziendale • Sul piano socio-culturale: - promuovere la condivisione del lavoro di cura familiare, con strumenti che consen- tano e favoriscano la condivisone tra i part- ner (con articolazioni differenziate dei con- gedi parentali, aumento della quota di retri- buzione del congedo parentale maschile, campagne di sensibilizzazione sul tema) - promuovere le motivazioni femminili ad ac- cettare incarichi di responsabilità - adottare “politiche temporali” (coordina- mento degli orari dei servizi sul territorio e sperimentazione di orari atipici, notturni, prolungati, a richiesta ecc.) |
68
Le conclusioni che qui si propongono vanno evidentemente consi- derate come aperture di discorso, da sviluppare su piani molteplici:
- dovranno essere sottoposte al vaglio degli attori chiave (sul ver- sante sindacale come su quello imprenditoriale) per sviluppare un confronto di idee e di proposte, in particolare per gli aspetti che riguardano più da vicino il contesto aziendale e l’ambito del- la contrattazione a quel livello;
- si dovranno inoltre prevedere forme di intervento volte a ottenere una maggiore sensibilità agli aspetti di contesto che condiziona- no maggiormente le opportunità di crescita professionale e sala- riale delle donne lavoratrici – sul piano sociale (servizi) ovvero culturale (condivisione, motivazione); a questo fine si potrà dare luogo a incontri specifici rivolti in particolare agli operatori sinda- cali (in forma unitaria e su base regionale); in fase conclusiva si potrà organizzare un incontro di sintesi aperto a interlocutori esterni (policy makers);
- come una forma di “ricerca-azione”, nel momento stesso in cui l’analisi e le proposte vengono vagliate dagli attori chiave e dai policy makers si verifica una sollecitazione sul piano culturale a una percezione del problema e pertanto a una maggiore consa-
pevolezza della necessità di intervenire al riguardo. 69
In definitiva si può quindi ipotizzare, per la successiva fase di disse- minazione e di follow up, un incontro (eventualmente in due riprese) con gli attori chiave, naturalmente sotto l’egida dell’ente bilaterale, co- sì da assicurare il coinvolgimento su entrambi i versanti dei protagoni- sti delle relazioni sindacali, per il confronto e la sensibilizzazione.
In sede locale, eventualmente nella forma di video-conferenza per permettere anche la contaminazione tra contesti culturali e sociali dif- ferenti, si possono prevedere gli incontri dedicati agli operatori sinda- cali, allargati eventualmente già in questa fase a policy makers (ammi- nistratori locali nel campo delle politiche sociali) ovvero a esponenti dei luoghi istituzionalmente deputati a promuovere le politiche di parità (Consigliere di parità sotto l’egida del Ministero del Lavoro e figure si- mili istituite a livello locale).
Infine si potrebbe dar luogo a un incontro finale, a carattere semi- nariale, sul tema, per la comunicazione e la diffusione dei risultati del- lo studio realizzato e della successiva fase di disseminazione e sensi- bilizzazione, aperto agli interlocutori esterni.
Bibliografia
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ISFOL, Roma.
ID. (2010), Rompere il cristallo, ISFOL, I libri del Fondo Sociale Eu- ropeo, Roma.
The Global Gender Gap Report 2009, World Economic Forum, 27 ottobre 2009.
75
Appendice
1. QUESTIONARIO DI RILEVAZIONE PER I LAVORATORI
1) QUESTIONARIO
INDAGINE SUI DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI DI GENERE
La Società SOLCO sta svolgendo una ricerca mirata a indagare le dif-
ferenze di genere e di retribuzione nel settore del commercio e del ter- 79
ziario per conto dell’Ente Bilaterale Nazionale del Terziario.
Chiediamo gentilmente di rispondere alle domande del questionario a coloro che hanno al momento un contratto di lavoro dipendente (a tempo indeterminato o determinato) in un’impresa operante nel setto- re del commercio.
Tramite il questionario, ci proponiamo di rilevare informazioni sulle eventuali differenze tra uomini e donne nelle modalità lavorative, nei profili professionali e nelle retribuzioni. Il questionario è rigorosa- mente anonimo. Le conoscenze attinte con la ricerca saranno utiliz- zate esclusivamente per fornire suggerimenti sulla condizione lavora- tiva e formulare proposte per la contrattazione e per politiche del lavo- ro che incontrino le esigenze delle lavoratrici, dei lavoratori e delle aziende.
Pertanto le chiediamo di rispondere con sincerità a tutte le domande del questionario (anche dove vi sono delle domande “di descrizione”, come per esempio la domanda A.3, o dove si richiede di specificare la risposta. Se barra la casella “altro” si ricordi di specificare cosa intende). Segni con una x le risposte che la riguardano oppure riempia gli spazi appositamente predisposti. Se non vuole o non sa rispondere a una domanda, passi alla successiva fino al termine del questionario. Atten-
zione! Dopo alcune domande sono indicati due diversi percorsi a se- conda della risposta che indicherà.
Al termine della ricerca i risultati saranno a disposizione di coloro che li richiederanno. Molte grazie per la collaborazione.
SEZIONE A: IL LAVORO
A.1 Può indicare qual è il settore di attività economica dell’impresa, negozio o studio in cui lavora?
Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati
(es. ipermercati, supermercati, discount, grandi magazzini) ■ 1 Commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e
tabacco in esercizi specializzati (es. frutta e verdura in esercizi specializzati) ■ 2
Commercio al dettaglio di carburante in esercizi specializzati ■ 3 Commercio al dettaglio di apparecchiature informatiche e per
le telecomunicazioni (ICT) in esercizi specializzati ■ 4 Commercio al dettaglio di altri prodotti per uso domestico
(tessili, ferramenta ecc.) in esercizi specializzati ■ 5 Commercio al dettaglio di articoli culturali e ricreativi in
80 esercizi specializzati ■ 6
Commercio al dettaglio di altri prodotti in esercizi specializzati
(es. abbigliamento, calzature, farmacie, arredi) ■ 7 Commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di
autoveicoli e motocicli ■ 8
Commercio di parti e accessori di autoveicoli ■ 9 Commercio all’ingrosso (escluso quello di autoveicoli
e di motocicli) ■ 10
Commercio all’ingrosso di materie prime agricole e
di animali vivi ■ 11
Commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, bevande
e prodotti del tabacco ■ 12
Commercio all’ingrosso di beni di consumo finale ■ 13 Commercio all’ingrosso di apparecchiature informatiche,
elettroniche, telefoniche ■ 14
Commercio all’ingrosso specializzato di altri prodotti
(es. combustibili, metalli, legname ecc.) ■ 15
Commercio all’ingrosso non specializzato ■ 16 Commercio al dettaglio (escluso quello di autoveicoli
e di motocicli) ■ 17
Altro (specificare……………….....................................….) ■ 18
A.2 Può indicare a quale gruppo professionale appartiene? | |
Operaio non specializzato o posizione similare | |
(addetto alle pulizie, guardiano ecc.) Professioni qualificate nel commercio e nei servizi | ■ 1 |
(commesso, cassiere, cameriere ecc.) | ■ 2 |
Operaio specializzato | ■ 3 |
Tecnico (informatico ecc.) | ■ 4 |
Impiegato generico | ■ 5 |
Impiegato di concetto | ■ 6 |
Quadro, impiegato direttivo | ■ 7 |
Dirigente Altro (specificare)………………………………………………..... | ■ 8 |
A.3 Qual è esattamente la sua professione? (ad esempio, respon- sabile di reparto, cassiere/a, responsabile risorse umane, segre- tario/a amministrativo/a ecc.)
………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………
A.4 Lei ha un contratto a termine (a tempo determinato) o un con-
tratto a tempo indeterminato (senza una scadenza)? 81
Dipendente a tempo indeterminato ■ 1 (Passare alla domanda A.5)
A tempo determinato ■ 2 (Passare alla domanda A.4.1)
A.4.1 Di che tipo di contratto si tratta? | |
Contratto di inserimento lavorativo | ■ 1 |
Contratto di apprendistato | ■ 2 |
Contratto di lavoro interinale o di somministrazione lavoro | ■ 3 |
Contratto Individuale di Lavoro a tempo determinato | ■ 4 |
Altro | ■ 5 |
Non so | ■ 997 |
A.5 Qual è il suo livello di inquadramento?
……………………………………………….............................................
A.5.1 Può specificare qual è la sua anzianità di servizio e la sua anzianità di livello?
Anzianità di servizio: Specificare in anni/mesi…………………………
Anzianità di livello: Specificare in anni/mesi…………………………
A.6 Lei lavora a tempo pieno o con un orario ridotto part-time? A tempo pieno ■ 1 (passare alla domanda A.7) Part-time orizzontale ■ 2 (passare alla domanda A.6.1) Part-time verticale o misto ■ 3 (passare alla domanda A.6.1)
A.6.1 Lavora part-time (a tempo parziale) perché non vuole un la- voro a tempo pieno, non ha trovato un lavoro a tempo pieno o per altri motivi?
Non vuole un lavoro a tempo pieno ■ 1(passare alla domanda A.6.2) Non ha trovato un lavoro a tempo pieno ■ 2 (passare alla domanda A.7) Altri motivi ■ 3 (passare alla domanda A.6.2)
Non so ■ 997
A.6.2 Per quale tra questi motivi lavora part-time (a tempo parzia- le)? (possibili 2 risposte)
Studia o segue corsi di formazione professionale ■ 1
Malattia, problemi di salute personali ■ 2 Per prendersi cura dei figli, di bambini e/o di altre
persone non autosufficienti ■ 3
82 Svolge un secondo lavoro ■ 4
Altri motivi familiari (esclusa cura dei figli o di altre persone) ■ 5
Avere a disposizione più tempo libero ■ 6 Altri motivi (specificare……………………………………......…) ■ 7
A.7 Qual è il suo orario settimanale di lavoro? In caso di meccani- smi di compensazione su base annuale consideri l’orario medio o normale di lavoro.
Numero di ore (specificare) …………………
Non so ■ 997
A.8 Quante ore di straordinario retribuito e/o ore in più non retri- buite e non recuperabili svolge mediamente al mese?
Fino a 5 ore al mese ■ 1 Oltre 5 ore al mese ■ 2
Nessuna ■ 3
SEZIONE B: REDDITI DA LAVORO
B.1 Nel mese scorso qual è stata la retribuzione netta consideran- do anche lo straordinario abituale e gli eventuali assegni familia-
ri? Escluda altre mensilità (tredicesima, quattordicesima ecc.) e le voci accessorie non percepite regolarmente tutti i mesi (premi di produttività annuali, arretrati, indennità per missioni, straordi- nari non abituali ecc.)
Euro |_|_|_|_|_|,00
Non sa |9|9|9|9|7|
Non risponde |9|9|9|9|8|
B.2 Negli ultimi 12 mesi ha ricevuto qualcuno dei seguenti com- pensi aggiuntivi? (barrare le caselle con i compensi ricevuti e in- dicare l’importo)
Tredicesima, quattordicesima ■ Importo Euro |_|_|_|_|_|,00 Straordinario non abituale cioè
non percepito tutti i mesi ■ Importo Euro |_|_|_|_|_|,00 Premi e incentivi di produttività, di
risultato per progetti speciali, mance ■ Importo Euro |_|_|_|_|_|,00 Quote di azioni e/o obbligazioni
della azienda, partecipazione 83
agli utili aziendali ■ Importo Euro |_|_|_|_|_|,00
Buoni pasto ■ Numero medio mensile _|_| Valore unitario _|_|_|_|_|,_|_|
B. 4 Ha avuto formazione retribuita?
Sì ■ 1 (specificare il numero di ore….) (andare a domanda B 4.1) No ■ 2 (andare a domanda B5)
B. 4.1 Se ha avuto formazione retribuita, può specificarne la tipologia?
Obbligatoria ■ 1
Professionalizzante ■ 2
Generale ■ 3
Altro (specificare) ■ 4
B.5 Con riferimento alla sua storia lavorativa in generale, ci sono stati periodi significativi (almeno tre mesi) in cui non ha lavorato senza percepire la normale retribuzione?
Sì ■ 1
No ■ 2 (Passare alla domanda B. 7)
B.6 Per quali motivi? | |
CIG o mobilità | ■ 1 |
Disoccupazione | ■ 2 |
Malattia | ■ 3 |
Maternità | ■ 4 |
Per svolgere attività di cura figli | ■ 5 |
Per svolgere attività di cura di anziani o altri familiari | ■ 6 |
Studio/formazione | ■ 7 |
Altro | ■ 8 |
Retribuzione | ■ 1 |
Soddisfazione professionale | ■ 2 |
Stabilità del rapporto di lavoro | ■ 3 |
Livello di protezione sociale (malattia, maternità, pensione) | ■ 4 |
Gestione del tempo di lavoro (orari, flessibilità organizzativa) | ■ 5 |
Altro (specificare… ) | ■ 6 |
Non so B.8 Il suo lavoro le piace: | ■ 7 |
B.7 Nelle scelte di lavoro sono diversi gli elementi che si possono considerare importanti. Quali tra i seguenti hanno contato di più nel suo caso? (non più di 2)
84
Molto ■ 1
Abbastanza ■ 2
Poco ■ 3
Per niente ■ 4
B.9 Come valuta il suo lavoro dal punto di vista professionale? (1 sola risposta)
Non richiede elevate competenze professionali ■ 1 Richiede elevate competenze professionali e sono riconosciute ■ 2 Richiede elevate competenze professionali ma non c’è
un adeguato riconoscimento ■ 3
SEZIONE C
INTERAZIONI TRA VITA PRIVATA FAMILIARE E CONTESTO PROFESSIONALE
C.1 Può indicare il suo grado di accordo rispetto alle seguenti af- fermazioni?
Molto Abbastanza Poco Per nulla d’accordo d’accordo d’accordo d’accordo
Le donne sono meno propense
a fare carriera ■ ■ ■ ■
Le donne non sanno “contrattare”
le loro posizioni lavorative ■ ■ ■ ■
Le donne fanno troppe assenze per
maternità e cura dei familiari ■ ■ ■ ■
Le donne sono meno disponibili a fare straordinari e alla flessibilità di orario di lavoro
(richiesta dall’azienda/ente) ■ ■ ■ ■
Alle donne si danno minori incarichi e indennità accessorie
(premi di produttività ecc.) ■ ■ ■ ■
Alle donne vengono date minori
opportunità di formazione professionale ■ ■ ■ ■
Il problema della parità tra uomini
e donne è oramai superato ■ ■ ■ ■
C.2 Secondo lei, pensando alla sua situazione lavorativa e fami- 85
liare, quali possono essere gli interventi più efficaci per favorire un equilibrio tra impegni di lavoro e vita privata familiare? (pos- sibili 2 risposte)
Tempi di lavoro più flessibili (in relazione ai problemi
personali e agli orari dei servizi) ■ 1 Orari e turni di lavoro programmati trimestralmente ■ 2 Servizi per l’infanzia e/o per gli anziani (con modalità
orarie elastiche ed estese) ■ 3
Indennità economiche ai nuclei familiari ■ 4 Maggiore condivisione nel lavoro familiare fra uomini e donne ■ 5 Altro (specificare) ■ 6
Non so ■ 997
C.3 In linea di massima, nel suo ambiente di lavoro, ritiene che le donne siano discriminate?
Sì ■ 1
No ■ 2
Non so ■ 3
C.4 Quanto tempo dedica, in media, in una settimana lavorativa alle seguenti attività (consideri anche i tempi di trasporto)?
(Classificare in Specificare ordine di le ore importanza
partendo da 1 a 7)
Lavoro professionale
(compreso straordinario) | | | | Cura dei figli (include anche il tempo
dedicato ad accompagnarli a scuola, alle attività extrascolastiche,
a cambiare pannolini) | | | | Cura di altri parenti presenti e non
nel nucleo familiare | | | | Lavoro domestico
(incluse pratiche amministrative) | | | |
Cura di sé | | | |
Tempo libero, volontariato, politica | | | |
86 Sonno | | | |
C.5 Per il lavoro domestico e di cura il suo nucleo familiare si av- vale abitualmente (settimanalmente) di un aiuto?
Sì ■ 1
No ■ 2
D.1 Sesso
Maschio ■ 1
Femmina ■ 2
SEZIONE D
I DATI ANAGRAFICI
D.2 Anno di nascita …………........………………………………………
D.3 Nazionalità
Italiana ■ 1
Altri paesi dell’Unione Europea ■ 2 Paesi extra-comunitari ■ 3
D.4 Titolo di studio
Licenza elementare o nessun titolo ■ 1
Licenza media ■ 2
Titolo/corsi professionali (due o tre anni) ■ 3
Diploma di scuola media superiore ■ 4 Titolo universitario (laurea; diploma universitario; laurea breve) ■ 5 Dottorato di ricerca o specializzazione post-laurea ■ 6
D.5 Provincia di residenza ……………………(SIGLA )
D.6 Stato civile
Celibe/nubile ■ 1
Coniugata/o convivente ■ 2
Separata/o divorziata/o ■ 3
Vedova/o ■ 4
D.7 Da quanti componenti è formato il suo nucleo familiare, Lei compreso? (Indicare il numero di persone che convivono nella sua abitazione)
Uno ■ 1
Due ■ 2
Tre ■ 3 87
Quattro ■ 4
Più di quattro ■ 5
D.8 Ha figli conviventi minori di 14 anni?
Sì, uno ■ 1
Sì, due ■ 2
Sì, tre ■ 3
Sì, più di tre ■ 4
No ■ 5
D.9 Ha persone conviventi a carico al di sopra dei 50 anni?
No ■ 1
Sì, una ■ 2
Sì, più di una ■ 3
D.10 Usufruisce dei benefici L.104?
Sì ■ 1
No ■ 2
Grazie per il tempo che ci ha dedicato!
2. TRACCE DI INTERVISTA AI TESTIMONI PRIVILEGIATI
INDAGINE SUI DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI DI GENERE
A) Per i/le delegati/e sindacali
La Società SOLCO sta svolgendo una ricerca mirata a indagare le dif- ferenze di genere e di retribuzione nel settore del commercio e del terziario. Tramite l’indagine, ci proponiamo di rilevare informazioni sul- le eventuali differenze tra uomini e donne nelle modalità lavorative, nei profili professionali e nelle retribuzioni. L’intervista è rigorosa- mente anonima. Le conoscenze attinte con la ricerca saranno utiliz- zate esclusivamente per fornire suggerimenti sulla condizione lavora- tiva e formulare proposte per la contrattazione e per politiche del lavo- ro che incontrino le esigenze delle lavoratrici, dei lavoratori e delle aziende.
Le chiediamo gentilmente di rispondere alle domande in relazione alle imprese che lei segue.
Al termine della ricerca i risultati saranno a disposizione di coloro che li richiederanno. Molte grazie per la collaborazione.
88 1) Nelle imprese che lei segue vi sono differenze di genere in rela- zione ai seguenti ambiti:
Sì | No | Specificare le motivazioni | |
Tipologia del contratto (es. part-time, tempo determinato) | |||
Inquadramento contrattuale | |||
Retribuzione, contrattuale e di fatto (stipendio base, premi di produzione fissi e variabili, straordinario, indennità, altre voci) | |||
Orario di lavoro, ore lavorate e loro distribuzione (turni, straordinari ecc.) | |||
Profilo professionale, mansione, progressione di carriera | |||
Partecipazione alla formazione aziendale | |||
Eventuali benefits e altri istituti rilevanti | |||
Altri aspetti ritenuti salienti |
2) Vi sono professionalità, mansioni o cicli di lavorazione nei qua- li non vi sono differenze di genere?
3) Lei ritiene che nel settore/ territorio/azienda in cui operano la aziende che lei segue vi siano fattori di cultura che possano inci- dere sulle differenze di genere nel lavoro? Ad esempio, immagini, stereotipi, pregiudizi su professionali, ruoli, “inaffidabilità” delle donne?
4) Ci sono degli esempi, sia in positivo sia in negativo, di azioni che hanno influito sulle differenze di genere e sul gap retributivo nella sua azienda ? (ad esempio, in riferimento ai seguenti ambiti: aggiornamento, formazione e sviluppo professionale; criteri di valutazione e affidamento di compiti e responsabilità; riconosci- mento economico delle professionalità).
5) Xxxxx sono secondo lei, rispetto al tema del gap retributivo e delle differenze di genere i vantaggi e i limiti della contrattazione a livello nazionale e decentrato?
Molto d’accordo | Xxxxxxxxxx d’accordo | Poco d’accordo | Per nulla d’accordo | |
Le donne sono meno propense a fare carriera | ||||
Le donne non sanno “contrattare” le loro posizioni lavorative | ||||
Le donne fanno troppe assenze per maternità e cura dei familiari | ||||
Le donne sono meno disponibili a fare straordinari e alla flessibilità di orario di lavoro (richiesta dall’azienda/ente) | ||||
Alle donne si danno minori incarichi e indennità accessorie (premi di produttività ecc.) | ||||
Alle donne vengono date minori opportunità di formazione professionale | ||||
Il problema della parità tra uomini e donne è oramai superato |
6) Può indicare il suo grado di accordo rispetto alle seguenti af- fermazioni?
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7) Secondo lei, pensando alla sua situazione delle donne nelle aziende che lei segue, quali possono essere gli interventi più ef-
ficaci per favorire un equilibrio tra impegni di lavoro e vita priva- ta familiare?
Tempi di lavoro più flessibili (in relazione ai problemi personali e agli orari dei servizi)
Orari e turni di lavoro programmati trimestralmente Servizi per l’infanzia e/o per gli anziani
(con modalità orarie elastiche ed estese) Indennità economiche ai nuclei familiari Maggiore condivisione nel lavoro familiare fra uomini e donne
Altro (specificare) ..........................................................................
Non so
8) Vi sono state esperienze di contrattazione decentrata (azienda- le, territoriale) sui temi della parità di genere e retributiva? Vi sono state delle azioni positive “Buone pratiche” attuate in azienda per ridurre i differenziali?
9) Secondo lei quali esigenze di parità di genere e retributiva non
90 sono ancora soddisfatte dalla attuale normativa nazionale?
10) Indicare le caratteristiche delle imprese seguite:
Dimensione / Numero di addetti
Settore (specificare ad es. grande distribuzione, commercio nell’indot- to industriale, ecc.)
Provincia/ territorio di riferimento
Eventuali Note/ Osservazioni
B) Per gli imprenditori
1) Qual è stato il trend generale della sua impresa negli ultimi due anni e gli effetti dell’attuale crisi?
2) Xxxxx sono le principali caratteristiche del personale che lavora nella sua impresa? E nello specifico quali sono le caratteristiche della forza lavoro femminile? (Genere, età, titolo di studio)
3) Nella sua impresa vi sono differenze di genere in relazione ai seguenti ambiti:
Sì No Specificare le motivazioni Tipologia del contratto (es. part-time, tempo determinato)
Inquadramento contrattuale
Retribuzione, contrattuale e di fatto (stipendio base, premi di produ- zione fissi e variabili, straordinario, indennità, altre voci)
Orario di lavoro, ore lavorate e loro distribuzione (turni, straordinari ecc.)
Profilo professionale, mansione, progressione di carriera
Partecipazione alla formazione aziendale Eventuali benefits e altri istituti rilevanti Altri aspetti ritenuti salienti
4) Vi sono professionalità, mansioni o cicli di lavorazione nei qua- li non vi sono differenze di genere ?
5) Lei ritiene che nel settore/ territorio in cui opera la sua azienda vi siano fattori di cultura che possano incidere sulle differenze di genere nel lavoro? Ad esempio, immagini, stereotipi, pregiudizi su professionali, ruoli, “inaffidabilità” delle donne?
6) Ci sono degli esempi, sia in positivo sia in negativo, di azioni che hanno influito sulle differenze di genere e sul gap retributivo
nella sua azienda? (ad esempio in riferimento ai seguenti ambiti: aggiornamento, formazione e sviluppo professionale; criteri di 91
valutazione e affidamento di compiti e responsabilità; riconosci- mento economico delle professionalità)
7) Xxxxx sono secondo lei, rispetto al tema del gap retributivo e delle differenze di genere i vantaggi e i limiti della contrattazione a livello nazionale e decentrato?
8) Vi sono state esperienze di contrattazione decentrata (azienda- le, territoriale) sui temi della parità di genere e retributiva? Vi sono state delle azioni positive “Buone pratiche” attuate in azienda per ridurre i differenziali?
9) Secondo lei quali esigenze di parità di genere e retributiva non sono ancora soddisfatte dalla attuale normativa nazionale? Eventuali Note/ Osservazioni
C) Per i rappresentanti delle Parti Sociali
1. Lo stato di salute del territorio/settore/imprese nel settore del commercio
Qual è stato il trend generale (economico, produttivo) delle imprese del settore e del territorio negli ultimi due anni e gli effetti dell’attuale crisi? (in riferimento soprattutto al commercio e alla grande distribuzione)
2. Le caratteristiche del mercato del lavoro locale/settoriale e le differenze di genere
a) Quali sono le principali caratteristiche del mercato del lavoro del set- tore di appartenenza a livello locale sia in relazione alla domanda sia all’offerta? (dimensione delle imprese, modelli organizzativi, professio- nalità utilizzate, forme contrattuali utilizzate, gli orari di lavoro, la forma- zione)
b) Quali sono nello specifico nel suo settore le caratteristiche della for- za lavoro femminile?
c) Nel settore delle aziende che lei rappresenta (Rappresentante dato- riale) / che lei segue (Rappresentante sindacale) quali sono le differen- ze di genere nei diversi ambiti? (Si fa riferimento alla tipologia del con- tratto, all’inquadramento contrattuale, alla retribuzione, contrattuale e
di fatto - stipendio base, premi di produzione fissi e variabili, straordi-
92 nario, indennità, altre voci – all’orario di lavoro, ore lavorate e loro di-
stribuzione – turni, straordinari ecc., al profilo professionale e alla man- sione, alla progressione di carriera, alla partecipazione alla formazione aziendale, a eventuali benefits e altri istituti rilevanti, altri aspetti ritenu- ti salienti).
d)Vi sono professionalità, mansioni o cicli di lavorazione nei quali non vi sono differenze di genere?
e) Lei ritiene che nel settore/ territorio/ aziende in cui opera vi siano fat- tori di cultura aziendale e individuale che possono incidere sulle diffe- renze di genere nel lavoro? Ad esempio, immagini, stereotipi, pregiudi- zi su professionali, ruoli, “inaffidabilità” delle donne?
f) Ci sono degli esempi, sia in positivo sia in negativo, di azioni che hanno influito sulle differenze di genere e sul gap retributivo nelle aziende che lei rappresenta (o che lei segue, nel caso del Rappresen- tante sindacale?) (riferimento ai seguenti ambiti: aggiornamento, for- mazione e sviluppo professionale, criteri di valutazione e affidamento di compiti e responsabilità; riconoscimento economico delle professio- nalità)
3. La Contrattazione (in riferimento al commercio e alla grande distri-
buzione)
a) Xxxxx sono secondo lei, rispetto al tema del gap retributivo e delle differenze di genere, i vantaggi e i limiti della contrattazione a livello nazionale e decentrato?
b) Vi sono state esperienze di contrattazione decentrata (aziendale, territoriale) sui temi della parità di genere e retributiva? Vi sono state delle azioni positive “Buone pratiche” attuate in enti/aziende per ridurre i differenziali?
c) Quali esigenze di parità di genere e retributiva non sono ancora sod- disfatte dalla attuale normativa nazionale? Ritenete che le norme sia- no difficili da applicare a causa di resistenze o situazioni conflittuali? Avete sperimentato o avete notizia di difficoltà di applicazione delle norme che le rendono di fatto inefficaci o insoddisfacenti?
Eventuali Note/ Osservazioni
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