CAMERA ARBITRALE PER I CONTRATTI PUBBLICI
CAMERA ARBITRALE PER I CONTRATTI PUBBLICI
PRESSO AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE
IL COLLEGIO ARBITRALE
composto da
Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx – Presidente Prof. Avv. Xxxxx Xxxxxx – Arbitro
Avv. Xxxx Xxxxxxx – Arbitro ha pronunciato il seguente
LODO ARBITRALE RITUALE NON DEFINITIVO
nel procedimento arbitrale R.G.A. 14/19 promosso
da STS SERVIZI TECNOLOGIE SISTEMI s.r.l., in persona del suo Amministratore Unico e legale rappresentante p.t., dott.ssa Xxxxx Xxxxxx, con sede in Bologna Xxxxx Xxxxxx Xxxxxx, 182/2, codice fiscale e partita IVA 03814070375, rappresentata e difesa, come da mandato in calce all’Atto di Diffida ad Adempiere del 31 gennaio 2019, notificato il 1° febbraio 2019, dall'avv. Xxxxxxxx Xxxx, nel cui studio legale in Bologna, xxxxxx Xxxxxx x. 0, elegge domicilio (xxxxxxxx.xxxx@xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx),
- ATTORE -
contro AZIENDA SANITARIA LOCALE N. 1 AVEZZANO – SULMONA – L’AQUILA
(codice fiscale e partita IVA 01792410662), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Direttore Generale Xxxx. Xxxxxxx Xxxxx, rappresentato e difeso dall’Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx (C.F. CLG RRT 68T28 A345B – PEC: xxxxxxx.xxxxxxxxxx@xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx) del Foro di L’Aquila ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Xxxx, Xxxxx Xxxxx, x. 00/x (Telefax 06 8080731), come da procura stesa in calce all’atto di nomina di arbitro notificato il 17 marzo 2020,
- CONVENUTO -
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1. SEDE DELL’ARBITRATO
La sede dell’arbitrato è stata fissata in Roma presso lo studio del Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx, Viale Gorizia, n. 52.
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2. CONVENZIONE DI ARBITRATO
Il procedimento arbitrale è stato introdotto sulla scorta della clausola arbitrale di cui all’art. 31 della “Convenzione per l’affidamento in Concessione di Committenza alla Società S.T.S. Servizi e Tecnologie Socio-Sanitarie S.p.A., delle attività di servizio relative alla progettazione e alla
realizzazione delle opere necessarie per il completamento del sistema dei presidi sanitari della XXX
x. 0 xx Xxxxxx xx Xxxxxx, XX” conclusa in data 1° marzo 1991 per atto notaio dott.ssa Xxxxxxx Xxxxx (repertorio n. 12063, racc. 3610), registrato in Castel di Sangro il 18.3.1991 al n. 81 (di seguito la “Convenzione”).
L’art. 31 (rubricato “Clausola compromissoria”) della Convenzione dispone, per la parte di interesse, che “qualsiasi controversia sorta tra le parti, relativamente al presente atto e alla sua esecuzione, previa pronunzia del Concedente in sede amministrativa, sarà deferita ai sensi dell’art. 806 del Cod. Proc. Civ. e dell’art. 349 della legge 20.3.1865, n. 2248 all. F, ad un Collegio Arbitrale composto da tre membri”; “Il Collegio che avrà sede in Roma giudicherà secondo diritto e con applicazione delle norme del codice di rito ed il verdetto dovrà essere reso entro novanta giorni”.
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4. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
4.1. Con “atto di diffida ad adempiere e di contestuale accesso agli arbitri” notificato in data 6 febbraio 2019 alla AZIENDA SANITARIA LOCALE 1 DI AVEZZANO-SULMONA-L’AQUILA (d’ora innanzi anche la “Azienda”), STS SERVIZI TECNOLOGIE SISTEMI s.r.l. (d’ora innanzi anche “STS” o la “Società”) ha invitato la Azienda a pagare la somma di Euro 414.485,31 per attività svolte dalla società in dipendenza della Convenzione e del successivo “Atto Aggiuntivo alla convenzione stipulata tra la società S.T.S. Servizi Tecnologie Sistema S.p.A. con l’allora X.X.XX. n. 3 di Castel di Sangro in data 1 marzo 1991 per notaio Xxxxxxx Xxxxx rep. 12063 racc. 3610 relativa alla progettazione e realizzazione delle opere necessarie per il completamento del sistema dei presidi sanitari della X.X.XX. di Castel di Sangro (AQ)” concluso in data 21 maggio 1996 per notaio Xxxxxxx Xxxxx, rep. n. 17763, racc. 5751 (di seguito anche solo l’“Atto Aggiuntivo”) in riferimento all’Ospedale di Castel di Sangro, al DBS di Roccaraso e alla RSA di Ataleta.
La società esponeva altresì che, in mancanza di tempestivo adempimento, avrebbe ritenuto la sua richiesta di pagamento rigettata e l’atto notificato avrebbe assunto valore, portata ed effetti di domanda di arbitrato, ai sensi dell’art. 31 della Convenzione e così, dichiarando di adire per la risoluzione della controversia il Collegio arbitrale di cui all’art. 31 citato, STS nominava quale arbitro di propria designazione l’avv. Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx ed invitava l’Azienda a procedere alla designazione del proprio arbitro.
Con successivo “atto di nomina (di) nuovo arbitro di parte” notificato alla Azienda il 28 ottobre 2019, STS, preso atto della dichiarazione del xxxx. Xxxxxxxx di non accettare la nomina di arbitro, nominava come arbitro di parte il Prof. Avv. Xxxxx Xxxxxx.
4.2. Con “atto di nomina di arbitro” notificato a STS il 17 marzo 2020, la Azienda nominava quale arbitro di propria elezione il Dirigente Amministrativo Avv. Xxxx Xxxxxxx.
La precedente nomina, quale arbitro di parte della Azienda, da parte del Presidente del Tribunale, dell’Avv. Xxxxxxxxx Xxxx perdeva quindi ogni effetto, dovendo il procedimento arbitrale essere amministrato dalla Camera Arbitrale dell’ANAC e non possedendo il suddetto avv. Xxxx (per espressa dichiarazione della Camera Arbitrale) i requisiti prescritti, a pena di nullità, per la nomina ai sensi dell’art. 209, co. 5, d.lgs. n. 50 del 2016.
4.3. Con comunicazione del 26 marzo 2020 (prot. n. 0024303, Aus-Arbit. Strutture Ausiliarie Camera Arbitrale) la Camera Arbitrale per i contratti pubblici presso Autorità Nazionale Anticorruzione rappresentava che (ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 209 c. 8 d.lgs. n. 50/2016) il Consiglio della Camera Arbitrale, nella seduta del 25 marzo 2020, in riferimento al procedimento contraddistinto da R.G.A. 14/19 preso atto della designazione degli arbitri di parte, aveva deliberato alla unanimità di voti espressi di nominare il Collegio arbitrale nelle persone del Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx, come terzo arbitro con funzioni di Presidente del Collegio arbitrale; Prof. Avv. Xxxxx Xxxxxx, nato a Roma il 3 maggio 1938, quale arbitro designato da STS; Avv. Xxxx Xxxxxxx quale arbitro designato dall’Azienda.
Al contempo, la Camera Arbitrale prendeva atto delle dichiarazioni dei suddetti arbitri “di non versare in nessuna delle situazioni di incompatibilità alla nomina di cui all’art. 815 c.p.c. e agli artt. 209, c. 6, e 210, c. 10, d.lgs. n. 50/2016 e di avere preso visione e di accettare il Codice deontologico degli arbitri camerali redatto ai sensi dell’art. 210, c. 2, d.lgs. n. 50/2016”. Infine la Camera Arbitrale menzionava il deposito in acconto della spesa di funzionamento del Collegio arbitrale presso la Segreteria della Camera Arbitrale (come da comunicazione del 21 aprile 2020, prot. n. 0029765 della medesima Camera Arbitrale, Aus-Arbit. Strutture Ausiliarie Camera Arbitrale).
4.4. Il 26 maggio 2020, presso lo studio del Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx, sito in Roma, Viale Gorizia n. 52 (Studio Legale PBFM), si sono riuniti i componenti del Collegio Arbitrale (Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx; Prof. Avv. Xxxxx Xxxxxx; Avv. Xxxx Xxxxxxxx), i quali hanno dichiarato di accettare la nomina ad arbitri, ribadito di non trovarsi in alcuna delle condizioni di incompatibilità previste dalla legge, attribuito al Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx (come stabilito dalla Camera Arbitrale nei modi dianzi indicati) la funzione di Presidente del Collegio e fissato la sede dell’arbitrato in Roma presso lo studio del Presidente del Collegio Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx, Viale Gorizia n. 52.
Nella medesima occasione il Collegio ha assegnato a STS termine fino al 25 giugno 2020 per provvedere al deposito della prima memoria defensionale, con la formulazione ed illustrazione dei quesiti da sottoporre al Collegio ed eventuali istanze istruttorie nonché per la produzione di documenti, invitandola a rappresentare nelle memorie tutte le questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito, dalla stessa ritenute rilevanti ai fini del decidere. Il Collegio ha altresì assegnato alla Azienda termine fino al 24 luglio 2020 per il deposito della memoria defensionale contenente
controdeduzioni ed eventuali domande riconvenzionali, formulazione ed illustrazione dei quesiti, istanze istruttorie, nonché per la produzione di documenti, invitandola a rappresentare nelle memorie tutte le questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito, dalla stessa ritenute rilevanti ai fini del decidere.
Il Collegio ha infine fissato per il giorno 14 settembre 2020 alle ore 12.30 presso la sede del Collegio Arbitrale la riunione per la comparizione personale delle parti per il tentativo di conciliazione, per la formulazione di controdeduzioni e formulazione di eventuale prova contraria, nonché per la discussione orale delle questioni controverse.
4.5. Il 14 settembre 2020 si è tenuta presso la sede dell’Arbitrato la prima udienza di comparizione delle parti nel corso della quale le parti personalmente intervenute e i rispettivi avvocati hanno dato atto che è stato loro comunicato regolarmente il deposito avversario e si è altrettanto regolarmente dispiegato il contraddittorio nella fase introduttiva che ha preceduto la udienza arbitrale.
Con il consenso degli arbitri, le parti personalmente intervenute e i rispettivi avvocati (questi ultimi anche ai sensi dell’art. 816-bis c.p.c.) hanno deciso di accordare agli arbitri (anche alla luce dell’art. 820 c.p.c.) una proroga di centocinquanta giorni del termine di 90 giorni per il deposito del lodo previsto nell’articolo 31 della Convenzione, espressamente dichiarando applicabile al procedimento la sospensione feriale nel periodo dal 1 agosto al 31 agosto.
In ragione della proroga così concessa e della sospensione feriale del termine nel periodo dal 1 agosto 2020 al 31 agosto 2020 (estremi compresi), il termine per la pronuncia del lodo è stato dunque fissato, con l’espresso consenso delle parti e dei loro difensori, al 21 febbraio 2021, salva ulteriore proroga ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 820 c.p.c.
Esperito senza successo il tentativo di conciliazione, il Collegio ha quindi invitato le parti e i rispettivi avvocati a formulare eventuali controdeduzioni e produrre o dedurre eventuale prova contraria e, all’esito della discussione orale delle questioni controverse, ha assegnato alle parti un unico termine di 45 giorni per il deposito a mezzo PEC degli scritti difensivi conclusionali, fissando successiva udienza per la discussione finale in data 17 novembre 2020 ore 12.
4.6. Ritualmente depositati dalle parti gli scritti difensivi conclusionali, in data 17 novembre 2020 si è tenuta l’udienza di discussione finale mediante collegamento telematico sulla piattaforma Teams all’esito della quale il Collegio ha preso in decisione la causa, riservandosi di provvedere entro il termine fissato, col consenso delle parti, al 21 febbraio 2021 (salvo ulteriore proroga ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 820 c.p.c.) ed assegnando alle parti ulteriore termine sino a venerdì 4 dicembre 2020 per il deposito (con comunicazione via PEC a ciascun arbitro) di scritti difensivi conclusionali.
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5. LE DOMANDE E LE ECCEZIONI DELLE PARTI
5.1 Con la prima memoria autorizzata del 24 giugno 2020, STS ha formulato i quesiti da sottoporre al Collegio rassegnando le seguenti conclusioni: “1.- Dica il Collegio se per le attività svolte da STS su incarico dell’Azienda, di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 della parte espositiva di questo atto, debba essere riconosciuto ad STS l’importo di € 414.485,31, oltre iva ed accessori di legge, o quell’altra somma che sarà accertata, anche ai sensi dell’art. 1226 x.x., xx xxxxx xx xxxxxxxx. Xx xxxx xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxx, condannino gli Arbitri l’Azienda, in persona del suo legale rappresentante, a corrispondere a STS gli importi relativi; 2.- in via subordinata, dica il Collegio se per le attività svolte da STS a favore dell’Azienda, di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 della parte espositiva di questo atto debba essere riconosciuto a STS, a titolo di indebito arricchimento, l’importo di € 414.485,31, oltre iva ed accessori di legge, o quell’altra somma che sarà accertata, anche ai sensi dell’art. 1226 x.x., xx xxxxx xx xxxxxxxx. Xx xxxx xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxx, condannino gli Arbitri l’Azienda a corrispondere a STS gli importi relativi; 3.- dica il Collegio se, sulle somme di cui ai precedenti quesiti, STS abbia il diritto di percepire dall'Azienda gli interessi moratori, da calcolarsi ai sensi del d.lgs. n. 231/2002 ovvero degli artt. 35 e 36 D.P.R. 1063/1962, richiamati nella Convenzione, o secondo gli indici che il Giudicante riterrà di applicare. In caso di risposta affermativa, condannino gli Arbitri l’Azienda, in persona del suo legale rappresentante p.t., a pagare a STS il relativo importo; 4.- dica il Collegio se, sulle somme del quesito che precede, spettino a STS gli interessi e la rivalutazione monetaria. In caso di risposta positiva, fissino gli Arbitri sia i tassi che la decorrenza e condannino l'Azienda, in persona del suo legale rappresentante p.t., a corrispondere a STS i relativi importi; 5.- Dica il Collegio se le spese del procedimento arbitrale, i compensi per l'Arbitro ed il Segretario, le spese i diritti e gli onorari di difesa tecnica debbano essere posti a carico dell'Azienda, condannandola al pagamento. Con ogni più ampia riserva di dedurre, produrre, indurre e di modificare i quesiti che precedono e/o di aggiungerne altri. In via istruttoria, nella denegata ipotesi l’On.le Collegio non ritenesse gli importi dei corrispettivi come sopra calcolati congrui, fin da ora si chiede venga disposta CTU, al fine di determinarli”.
Alla base di queste richieste, la Società ha rappresentato che, in virtù della Convenzione e dell’Atto Aggiuntivo, l’X.X.XX. x. 0 xx Xxxxxx xx Xxxxxx (xxx AZIENDA SANITARIA LOCALE 1 di AVEZZANO-SULMONA–L’AQUILA) aveva affidato a STS la redazione e l’esecuzione di tutti i servizi ed attività, quali piano di sviluppo dei servizi sanitari, studi di fattibilità, progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, piani di sicurezza e coordinamento, direzione dei lavori, misura e contabilità, per la realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria dell’allora ULSS n. 3 di Castel di Sangro e le strutture socio-sanitarie di Roccaraso ed Ateleta.
STS ha precisato che le sue pretese traggono origine dalla realizzazione di prestazioni progettuali che essa ha eseguito in attuazione della Convenzione e dell’Atto Aggiuntivo relativamente all’Ospedale di Castel di Sangro, al DSB (Distretto Sanitario di Base e Poliambulatorio) di Roccaraso e alla RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) di Ateleta.
Più specificatamente, STS ha dedotto di aver eseguito le seguenti prestazioni di carattere progettuale:
a) redazione di “n. 3 copie dello studio di fattibilità e dei progetti di massima” nonché del “progetto preliminare” relativi all’ampliamento e ristrutturazione dell’Ospedale di Castel di Sangro; b) redazione di “n. 3 copie dello studio di fattibilità e dei progetti di massima” nonché del “progetto esecutivo” del Distretto Sanitario di Base e Poliambulatorio di Roccaraso; c) redazione dello “studio di fattibilità” e del “progetto esecutivo” riguardante la realizzazione di una RSA nel comune di Ateleta, e di aver quindi diritto ad ottenere il pagamento del corrispettivo quantificato in Euro 414.485,31.
5.2 Con la prima memoria autorizzata del 24 luglio 2020, la Azienda ha resistito alle pretese di STS ed ha chiesto che il Collegio Arbitrale “voglia: - in via preliminare, in accoglimento delle ragioni spiegate nel presente atto, accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva e/o comunque il difetto di titolarità del rapporto dal lato passivo della Asl n. 1 di Avezzano – Sulmona – L’Aquila rispetto alla presente controversia per tutti i motivi di cui alla narrativa che precede e, per l’effetto, dichiarare l’inammissibilità e/o infondatezza di ogni domanda proposta nei propri confronti; - sempre in xxx xxxxxxxxxxx, xxxxxxxxx x xxxxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxx compromissoria di cui all’art. 31 della Convenzione rep. n. 12063 del 1° marzo 1991 stipulata tra la Unità Locale Socio- Sanitaria di Castel di Sangro e la società S.T.S. Servizi e Tecnologie Socio-Sanitarie S.p.A. per nullità assoluta della suddetta convenzione a cui detta clausola accede e, per l’effetto, accertare e dichiarare l’invalidità della procedura arbitrale e/o il difetto di competenza del Collegio arbitrale a decidere della presente controversia; - ancora in via preliminare, accertare e dichiarare l’incompetenza del Collegio arbitrale a decidere della presente controversia in ragione dell’insussistenza di una clausola compromissoria nell’Atto Aggiuntivo rep. n. 17763 del 21 maggio 1996 stipulato tra l’Azienda U.S.L. Avezzano – Sulmona, a prescindere dalla mancata riproposizione all’interno del medesimo atto della clausola compromissoria di cui all’art. 31 della precedente Convenzione rep. n. 12063 del 1° marzo 1991, comunque nulla; - in via principale di merito, accertare e dichiarare la nullità assoluta della Convenzione rep. n. 12063 del 1° marzo 1991 e del successivo Atto Aggiuntivo rep. n. 17763 del 21 maggio 1996, in quanto sottoscritti da soggetti privi di legittimazione e comunque contrari a norme imperative e di ordine pubblico; - sempre in via principale di merito, in accoglimento delle ragioni spiegate nel presente atto, accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione dei diritti di credito vantati da S.T.S. Servizi e Tecnologie Socio-Sanitarie S.p.A. e, per
l’effetto, rigettare la relativa domanda di pagamento; - ancora in via principale di merito, in accoglimento delle ragioni spiegate nel presente atto, respingere tutte le domande formulate da Controparte in quanto inammissibili e/o comunque infondate in fatto ed in diritto. Il tutto, in ogni caso, con condanna della società S.T.S. Servizi e Tecnologie Socio-Sanitarie S.p.A. al pagamento delle spese di funzionamento del Collegio arbitrale e al pagamento delle spese di assistenza tecnica e legale sopportate dall’Azienda Sanitaria in relazione alla presente procedura arbitrale. Con espressa riserva di ulteriormente dedurre, eccepire e produrre nonché articolare mezzi di prova entro i termini e con le modalità indicate nel verbale di costituzione del collegio arbitrale, anche in ragione delle difese che verranno assunte da Controparte”.
La Azienda ha dunque eccepito anzitutto “la carenza di legittimazione passiva della Azienda Sanitaria sia con riferimento alla principale azione negoziale sia alla subordinata domanda di indebito arricchimento atteso che, come verrà ampiamente illustrato nel prosieguo del presente atto, i debiti contratti dalle vecchie USL non possono gravare sulle nuove ASL sussistendo, per converso, una responsabilità concorrente tra Gestioni liquidatorie e Regione Abruzzo in relazione ai rapporti attivi e passivi sorti anteriormente alla data del 10 febbraio 1999” (pag. 3 della memoria e poi, nel dettaglio, pagg. 4-15 della stessa memoria).
Al riguardo, la difesa della Azienda ha ripercorso analiticamente il quadro normativo in tema di modalità di erogazione dei servizi sanitari, quale sviluppatosi nel tempo a far data dalla istituzione del Servizio Sanitario Nazionale attraverso la legge del 23 dicembre 1978, n. 833, prendendo in considerazione poi la normativa (Legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 e d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502) che ha successivamente condotto alla trasformazione delle U.S.L. in “aziende” e sul regime delle obbligazioni già gravanti sulle prime, alla luce vuoi dell’art. 3, comma 5, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, vuoi dell’art. 6, ultimo comma della legge 23 dicembre 1994, n. 724, vuoi dell’art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, vuoi delle leggi regionali abruzzesi sul punto (artt. 41 l.r. 24 dicembre 1996, n. 146 e 1 l.r. 29 novembre 1999, n. 123).
Col richiamo di numerosi precedenti giurisprudenziali, la difesa della Azienda ha dunque sottolineato che “è stata realizzata una fattispecie a successione ex lege della Regione nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle medesime U.S.L., attraverso la creazione di apposite “gestioni stralcio”, poi divenute “liquidatorie” a norma dell'articolo 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, con conseguente esclusione di ogni ipotesi di successione in universum ius delle A.S.L. alle preesistenti U.S.L.” (pag. 9).
A parere della difesa della Azienda, le norme richiamate (regionali non meno che nazionali), quali interpretate in giurisprudenza, comporterebbero – in rapporto a “vicende sostanziali antecedenti alla data del 10 febbraio 1999 (quale quelle delle quali si discute)” – “la legittimazione passiva della
Regione Abruzzo concorrente con quella della ‘’Gestione Liquidatoria’’ mentre in relazione alle fattispecie successive alla suddetta data si configurerebbe la legittimazione della sola Gestione Liquidatoria ma, comunque, giammai quella dell’Azienda Sanitaria in quanto tale; rispetto alla quale, proprio per effetto delle esaminate disposizione normative, non è neppure configurabile una responsabilità di tipo solidale in ordine all’adempimento delle relative obbligazioni in quanto si è inteso realizzare una successione ex lege delle Regioni nei rapporti obbligatori di già pertinenza delle soppresse Unità Sanitarie Locali”.
In conclusione, la difesa della Azienda sostiene “che il presente giudizio arbitrale, avente ad oggetto pretese creditorie che trovano la propria fonte nella Convenzione stipulata in data 1° marzo 1991 e nel relativo Atto Aggiuntivo del 21 maggio 1996, avrebbe dovuto essere esperito dalla S.T.S. nei confronti della Regione Abruzzo e della Gestione liquidatoria anziché vedere coinvolta l’odierna Azienda Sanitaria”.
5.3. La difesa della Azienda ha comunque eccepito “in seconda battuta, il difetto di competenza del Collegio arbitrale a conoscere della presente controversia quale diretta conseguenza della invalidità della Convenzione del 1° marzo 1991 cui accede la clausola compromissoria invocata da STS e, comunque, della mancata riproposizione di quest’ultima nell’atto Aggiuntivo del 21 maggio 1996 da considerarsi, peraltro, anch’esso integralmente invalido”.
Segnatamente, ad avviso della difesa della Azienda “nella fattispecie in esame si profila innanzitutto l’integrale nullità della Convenzione rep. n. 12063 del 1° marzo 1991 (pur rilevabile d’ufficio dal Collegio arbitrale) in quanto per mezzo di tale contratto l’allora USL n. 3 di Castel di Sangro (della quale, come è stato dimostrato, l’odierna A.S.L. n. 1 Avezzano – Sulmona – L’Aquila non ha assunto le relative ipotetiche obbligazioni di pagamento) ha disposto nei confronti della STS l’illegittimo affidamento di servizi di progettazione senza fare ricorso ad alcun tipo di procedura di evidenza pubblica”.
La difesa della Azienda ha evidenziato a tal proposito che “l’Unità Socio-Sanitaria Locale di Castel di Sangro si è avvalsa del modulo della “concessione di committenza” che già all’epoca della sottoscrizione della Convenzione del 1991 doveva ritenersi espunto dall’ordinamento in quanto non coerente con la normativa comunitaria in materia di lavori pubblici, sottraendosi alle regole da questa fissate ed intese ad assicurare la più piena ed efficace concorrenza tra gli operatori nell’accesso al mercato dei lavori pubblici”. In ogni caso – prosegue la difesa della Azienda – sarebbe evidente che “nella fattispecie di cui si discute non poteva farsi luogo, com’è invece avvenuto, all’affidamento diretto dei predetti servizi di ingegneria tenuto conto che la giurisprudenza prevalente riferisce anche all’ipotesi di concessione di (sola) committenza la doverosa esplicazione
di una qualche procedura concorsuale, sia pure nelle forme della trattativa privata, almeno con procedura negoziata”.
La difesa della Azienda ne deduce conclusivamente “l’invalidità ai sensi dell’art. 1418 c.c. per contrasto con norme imperative e di ordine pubblico dell’intera Convenzione del 1991 in ragione dell’illegittimo affidamento alla S.T.S. dei servizi di progettazione relativi all’Ospedale di Castel di Sangro, al Distretto Sanitario di Base e Poliambulatorio di Roccaraso nonché alla RSA di Ateleta che, di conseguenza, travolge necessariamente anche la clausola compromissoria racchiusa nello stesso atto inficiando radicalmente la competenza del Collegio arbitrale a conoscere della presente controversia”.
Quanto alla questione della eventuale autonomia della clausola compromissoria contenuta nell’art. 31 della Convenzione del 1991, la difesa della Azienda nega che siffatta autonomia possa essere invocata nel caso di specie visto che “la causa della nullità risulta esterna al negozio e comune alla clausola compromissoria, sicché l’invalidità stessa è in grado di travolgere entrambi gli atti negoziali pur nella loro autonomia”.
5.4. La difesa della Azienda ravvisa una ulteriore “causa di invalidità che attiene tanto alla Convenzione del 1991, nella sua interezza, quanto alla clausola compromissoria di cui all’art. 31 nella sua sostanziale autonomia e che discende dalla sottoscrizione di entrambi gli atti negoziali da parte del Presidente del Comitato di gestione della USL n. 3 di Castel di Sangro senza il necessario coinvolgimento, preventivo ovvero successivo, del Comune di Castel di Sangro di cui, come si è visto, l’Unità Socio-Sanitaria Locale costituiva modulo operativo privo di personalità giuridica” (pagg. 22-23 della memoria). In altri termini, secondo la tesi della Azienda “il Presidente del Comitato di Gestione era privo di legittimazione a stipulare sia la Convenzione del 1991 e sia, a maggior ragione, la clausola compromissoria che accede alla stessa in quanto la disciolta USL non godeva di una capacità a contrarre diversa rispetto all’ente comunale e non poteva, pertanto, assumere impegni negoziali se non per mezzo di un atto di gestione del dirigente di settore competente” (pag. 23), dovendo per di più “essere coinvolto nella stipula il Consiglio Comunale di Castel di Sangro che, si è avuto modo di precisare, costituiva allo stesso tempo l’organo di indirizzo politico-amministrativo del Comune e l’assemblea generale della USL” (pag. 23).
In definitiva, ad avviso della difesa della Azienda, “la sottoscrizione della Convenzione del 1991 nonché della clausola compromissoria ex art. 31 ad opera di un soggetto privo di legittimazione determina, per l’effetto, la radicale nullità degli atti da quello stipulati e la consequenziale incompetenza del Collegio Arbitrale adito a giudicare della presente controversia” (pag. 23).
5.5. La difesa della Azienda ha eccepito la incompetenza del Collegio Arbitrale anche in relazione all’Atto Aggiuntivo di cui viene rilevata la invalidità per svariate ragioni: (i) “il Direttore Generale
della Azienda Sanitaria Avezzano-Sulmona, con la stipula dell’Atto Aggiuntivo del 1996, non avrebbe potuto ‘’ratificare’’ e/o ‘’convalidare’’ l’originaria Convenzione del 1991 siccome atto ontologicamente nullo perché stipulato in violazione di norme imperative e di ordine pubblico quali quelle concernenti la procedura ad evidenza pubblica; e ciò, evidentemente, anche in relazione alla clausola arbitrale ivi prevista all’art. 31”; (ii) la illegittimità dell’Atto Aggiuntivo (nella misura in cui ha confermato l’affidamento diretto a STS dei servizi di progettazione già previsti nella Convenzione del 1991) discenderebbe poi dalla “violazione delle disposizioni all’epoca vigenti di cui al D.Lgs. 157/1995 che precludevano all’Amministrazione di procedere all’affidamento diretto ai privati di attività di servizi” e richiedevano il ricorso a procedure ad evidenza pubblica in relazione alla aggiudicazione di appalti di servizi; (iii) né, prosegue la difesa della Azienda, ricorreva nel caso di specie alcuna delle condizioni in base alle quali lo stesso d.lgs. n. 157/1995 in materia di appalti di servizi consente di procedere con trattativa privata (pagg. 26-28 della memoria). Tanto più – continua la difesa della Azienda evocando al contempo l’art. 6 della Convenzione del 1991 – che “non essendo intervenuto alcun finanziamento regionale delle opere cui si riferisce la progettazione asseritamente elaborata dalla S.T.S. nei successivi quattro anni dalla sottoscrizione della Convenzione del 1° marzo 1991, l’Amministrazione competente avrebbe senz’altro dovuto indire delle gare di affidamento dei medesimi servizi nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. 157/1995 non essendo più vincolata al mantenimento del rapporto in essere con il precedente concessionario” (pag. 29).
In ogni caso, secondo quanto rilevato dalla Azienda, la incompetenza del Collegio arbitrale discenderebbe altresì dalla circostanza che nell’Atto Aggiuntivo non è contenuta una clausola compromissoria né è riprodotta la clausola compromissoria già inserita nell’art. 31 della Convenzione del 1991, negando l’Azienda che sia possibile “estendere l’efficacia della clausola arbitrale contenuta all’art. 31 della Convenzione del 1991 al successivo Atto Aggiuntivo del 1996 che nulla dice, invece, in ordine alla devoluzione in arbitri di eventuali liti tra le parti”.
5.6. Nel merito, la difesa della Azienda ha chiesto, comunque, di “accertare e dichiarare, per quanto possa occorrere, l’intervenuta prescrizione nei confronti dell’Azienda Sanitaria del diritto di credito vantato dalla STS tenuto conto dell’infruttuoso decorso del termine decennale di cui all’art. 2946 c.c. dalla data di conclusione delle attività asseritamente rese nonché della inefficacia degli atti interruttivi della prescrizione indirizzati ad un soggetto, quale è la Asl n. 1 Avezzano – Sulmona – L’Aquila, estraneo alle vicende sostanziali sottese al presente giudizio arbitrale”.
L’Azienda ha poi in ogni caso contestato “anche nel merito, e per quanto possa occorrere, la fondatezza delle pretese avversarie da ritenersi inesigibili alla luce del mancato avveramento della condizione negozialmente prevista dalle parti del finanziamento delle opere pubbliche ad opera della Regione Abruzzo”.
In particolare, la difesa della Azienda ha dedotto “l’assoluta carenza di prova circa lo svolgimento” delle “attività di carattere progettuale” da parte di STS, che si sarebbe limitata “al deposito di un elenco elaborati del Progetto Esecutivo del DSB di Ateleta. Non una sola tavola, un solo elaborato, un solo prospetto è stato offerto in comunicazione e, pertanto, non vi è prova documentale che le prestazioni siano state effettivamente eseguite né è al momento possibile per il Collegio apprezzare l’entità ed il contenuto delle stesse se del caso anche a mezzo di CTU la quale, in effetti, assumerebbe un inammissibile connotato esplorativo”.
La difesa della Azienda (per quanto riguarda gli interventi di ampliamento e ristrutturazione dell’Ospedale di Castel di Sangro) ha dedotto poi la erronea quantificazione del compenso richiesto per l’attività di progettazione di STS. A parere della Azienda la erronea quantificazione del compenso richiesto dalla Società “discende dalla contabilizzazione di ben tre progetti di massima ed un progetto preliminare considerati da Controparte [STS] come fossero progetti distinti laddove, invece, si tratta di aggiornamenti del medesimo originario progetto determinati dalla necessità di adeguare gli elaborati in base all’attività programmatoria regionale che variava nel tempo con modifica dei finanziamenti connessi”.
5.7. La difesa della Azienda ha infine eccepito tanto la inammissibilità quanto la infondatezza della domanda (articolata da STS in via subordinata rispetto alla domanda principale di adempimento) di arricchimento senza causa, quale formulata nel quesito della Società posto in calce alla prima memoria autorizzata di STS del 24 giugno 2020. In proposito la difesa della Azienda ha (i) riproposto la eccezione di legittimazione passiva; (ii) ha contestato la possibilità stessa che STS sottoponesse al Collegio la domanda di arricchimento senza causa dopo avere chiesto l’esatto adempimento negoziale; (iii) ha escluso la ricorrenza del requisito della cosiddetta “sussidiarietà”, quale condizione di ammissibilità della azione di arricchimento senza causa; (iv) ha ritenuto anche infondata nel merito
– sotto svariati profili – detta azione per la mancanza delle condizioni previste dall’art. 2041 c.c. e comunque per la loro mancata dimostrazione ad opera della Società.
5.8. Con memoria in data 28 ottobre 2020 la Società ha replicato vuoi alle eccezioni pregiudiziali avanzate dalla Azienda vuoi alle difese della medesima Azienda concernenti il merito delle pretese dedotte in arbitrato.
STS ha anzitutto escluso la nullità della Convenzione per essere stata attribuita senza apposita procedura ad evidenza pubblica e quindi – secondo la tesi della Azienda – in violazione di norme imperative. A parere della Società, invece, con la Convenzione l’Azienda ha affidato a STS, attraverso l’istituto della concessione di cui alla legge n. 1137/1929, oltre alle prestazioni di progettazione, attività e funzioni proprie dell’ente medesimo. Questo particolare tipo di esecuzione di lavori pubblici era, quindi, espressamente previsto dal legislatore ed è stato legittimato dalla
giurisprudenza civile ed amministrativa. La procedura ad evidenza pubblica – argomenta la Società
–, mentre non era necessaria per l’affidamento della concessione di committenza, avrebbe dovuto viceversa applicarsi nel momento successivo della aggiudicazione degli appalti a terzi ad opera del concessionario. Di talché – conclude la Società – “alla Convenzione, quindi, non era applicabile la legge n. 584/1977 né il d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 né la legge 11 febbraio 1994, n. 109. Quest’ultimi provvedimenti legislativi, tra l’altro, erano entrati in vigore dopo la sua sottoscrizione”. La Società nega ancora la nullità della Convenzione per essere stata sottoscritta dal Presidente del Comitato di Gestione della USL. Stando alla difesa di STS, secondo la normativa sia nazionale (l. n. 833/1978) che regionale (l.r. n. 60/1986), “gli atti di amministrazione, che non fossero riservati all’Assemblea Generale, spettavano al Comitato di Gestione, entrambi, con il Presidente del Comitato di Gestione, organi dell’USL (art. 15, comma 10, legge n. 833/1978)”.
La difesa di STS ha replicato anche alla ulteriore eccezione di nullità avanzata dalla Azienda dell’Atto Aggiuntivo che, secondo la Società, si riallaccia alla Convenzione del 1991, modificandone soltanto parte del contenuto. La circostanza, poi, che l’Atto Aggiuntivo sia stato sottoscritto dal Direttore generale della Azienda (che ha predisposto pure la deliberazione n. 546 del 10 maggio 1996, allegata al medesimo Atto Aggiuntivo) comporta, in contemplazione delle previsioni che vi figurano, che la Convenzione “è stata assunta dall’Azienda oggi convenuta, che si è sostituita ai precedenti soggetti, accollandosi, conseguentemente, le obbligazioni, comprese quelle non adempiute, che facevano carico a questi ultimi” (pag. 9 della memoria). Secondo quanto rilevato da STS, l’Azienda avrebbe così deciso esplicitamente di dare “continuità ed esecuzione” con l’Atto Aggiuntivo alla Convenzione. Questa – precisa la Società – “è stata la volontà di entrambe le parti, le quali davano atto che restava «invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione a mio rogito del 1.3.1991 Rep. n. 12063»”.
In conclusione, STS assume che “l’Atto Aggiuntivo e la Convenzione, quindi, rappresentano un unico atto che racchiude un’unica volontà contrattuale; le disposizioni normative applicabili, pertanto, sono quelle vigenti all’epoca della sottoscrizione di quest’ultima”. La Società aggiunge altresì che, anche ammessa ma non concessa, la applicabilità del d.lgs. n. 157 del 1995, sarebbe stata comunque consentita la aggiudicazione di un appalto di servizi a trattativa privata, ricorrendo nel caso di specie le condizioni profilate dall’art. 7, comma 2, lett. e, d.lgs. n. 157/1995.
Quanto alla eccezione di difetto di legittimazione passiva della resistente, STS ha replicato che le obbligazioni dedotte in giudizio sono riferibili alla Azienda giacché essa ha deciso con la stipula dell’Atto Aggiuntivo “di proseguire il rapporto instaurato con STS con la Convenzione”.
La Società sostiene poi la validità della clausola compromissoria (e quindi la competenza del Collegio arbitrale) anche nella denegata ipotesi di invalidità degli atti che la contengono, e ciò alla luce del principio di autonomia della convenzione di arbitrato.
In ogni caso, XXX ritiene che sussista il potere degli arbitri di pronunciare sulla sua domanda di indebito arricchimento “nella denegata ipotesi gli Arbitri dovessero pronunciare la nullità degli atti intercorsi tra le parti”.
Nel merito, la Società ha contestato la fondatezza della eccezione di prescrizione avanzata dalla Azienda in ragione della esistenza di ripetuti atti interruttivi rivolti alla USL di Castel di Sangro, ma con effetti riferibili – secondo la tesi di STS – alla Azienda che ha deciso nel 1996 di proseguire nel rapporto convenzionale instaurato con la Società nel 1991.
STS ha altresì contestato la fondatezza degli argomenti con i quali la Azienda ha eccepito la inesigibilità dei compensi relativi alle progettazioni del DBS di Roccaraso e della RSA di Ateleta in ragione del mancato finanziamento. Secondo la Società, alla luce del principio di buona fede immanente al sistema (e consacrato in specie nell’art. 1358 c.c.), graverebbe sulla Azienda l’onere di fornire la “rigorosa prova di avere agito, secondo buona fede, per ottenere i finanziamenti e, conseguentemente, mantenere integre le ragioni e le aspettative di STS”. Ed a tal proposito, STS ha dedotto che tale prova non solo non è stata fornita dalla Azienda, ma emergerebbe un suo comportamento gravemente omissivo e silente fino ad oggi, con la conseguenza per cui la condizione in oggetto si dovrebbe considerare avverata a mente dell’art. 1359 c.c.
Infine la difesa di STS ha pure replicato alla eccezione della Azienda circa la carenza di prova dei fatti costitutivi dei diritti azionati nel presente arbitrato ed alla eccezione di inammissibilità della azione di indebito arricchimento.
5.9. Con memoria del 29 ottobre 2020 la Azienda ha ribadito le difese in rito e in merito già ampiamente sviluppate.
5.10. Le parti hanno infine depositato note conclusionali (autorizzate dal Collegio) in data 4 dicembre 2020.
Nella ultima memoria del 4 dicembre STS si è soffermata in particolare sul richiamo (operato dalla Azienda resistente) della giurisprudenza del Supremo Collegio sulla non estensibilità di una clausola arbitrale a controversie relative ad altri contratti, ancorché gli stessi risultino collegati a quello principale cui accede la medesima clausola (pag. 29 memoria Azienda). Ad avviso della difesa di STS “la fattispecie al vaglio della Corte è completamente diversa dall’ipotesi oggetto di questo arbitrato”. La stessa massima della sentenza, prosegue la difesa della Società, “perimetra la materia del contendere ad una “clausola compromissoria avente ad oggetto le controversie relative al rapporto sociale (che) non si estende alla controversia relativa al rapporto interno fra fiduciante e
fiduciario”. Ad avviso di STS, “si tratta, pertanto, di due rapporti completamente autonomi e distinti, quando, invece, le parti con l’Atto Aggiuntivo hanno dato continuità al medesimo rapporto sorto con la Convenzione del 1991. D’altra parte, l’Atto Aggiuntivo da solo non sarebbe eseguibile”.
Inoltre, la difesa di STS ha (i) replicato ulteriormente alla eccezione della Azienda circa la assenza di prova delle proprie domande articolate in arbitrato, osservando, in particolare, che “le prestazioni eseguite dalla ricorrente sono state tutte approvate, con deliberazione degli organi competenti dell’Azienda; sono state, da ultimo, certificate dal Direttore ASL 1 Avezzano – Sulmona – L’Aquila Unità Operativa Complessa Lavori Pubblici prot. 29781 del 16 febbraio 2016 (doc. 12, xxx.xxx)”; e
(ii) ha replicato alla eccezione della Azienda di inesigibilità della prestazione per mancanza del finanziamento a tal fine: ha così evidenziato che, non solo l’art. 35 della Convenzione non può trovare applicazione al caso di specie, ma che, di più, la “questione, così come prospettata da controparte – che il Concessionario avrebbe lavorato gratis e che nulla potrebbe pretendere dall’Azienda per le prestazioni espletate – implicherebbe la nullità della clausola, ai sensi dell’art. 1419 c.c., perché trasformerebbe una concessione (qual è la fattispecie oggetto di questo arbitrato), che è un contratto a titolo oneroso, in un negozio a titolo gratuito”, non rilevando la giurisprudenza citata dalla Azienda in quanto essa farebbe riferimento “ad una diversa figura contrattuale, quella del contratto di opera di prestazione professionale intellettuale ex art. 2230 c.c.”.
5.11. La difesa della Azienda nelle proprie “note conclusionali autorizzate” del 4 dicembre 2020 si è soffermata anzitutto sulla “autonomia e diversità dei due contratti (del 1991 e del 1996) e sulle conseguenze che ne derivano sul piano della eccepita incompetenza del Collegio arbitrale a decidere la controversia”. Rinvenuta la causa novativa dell’Atto Aggiuntivo, la tesi della Azienda è che si è in presenza di “due contratti diversi ed autonomi sul piano oggettivo e soggettivo: quello del 1991 è una concessione di committenza dove il concedente è la ULSS n. 3 di Castel di Sangro; quello del 1996 è un appalto pubblico di servizi dove la stazione appaltante è la Azienda USL Avezzano- Sulmona” (pag. 2 della memoria). La tesi di STS (incentrata sulla idea che Convenzione del 1991 ed Atto Aggiuntivo del 1996 costituiscono un unico contratto, al quale è subentrata l’Azienda nelle obbligazioni della USL) viene qualificata “fantasiosa” ed “aberrante” e frutto di una evidente contraddizione.
Ad avviso della Azienda, trattandosi di due contratti distinti ed autonomi, la mancata riproduzione nell’Atto Aggiuntivo (di cui è assunto il carattere integralmente novativo) della clausola compromissoria contenuta nella Convenzione escluderebbe sul punto la competenza arbitrale. La difesa della Azienda aggiunge che detta clausola compromissoria “era stata articolata nel senso di potersi riferire solo all’atto convenzionale/concessorio del 1991 in cui era inserita, siccome recita testualmente “qualsiasi controversia sorta tra le parti relativamente al presente atto ed alla sua
esecuzione, previa pronunzia del Concedente in sede amministrativa, sarà deferita ai sensi dell’art. 806 (…)”. La clausola compromissoria avrebbe pertanto dovuto essere ribadita nell’Atto Aggiuntivo in dipendenza del suo contenuto di appalto di servizi. In mancanza di ciò la clausola non può dirsi esistente.
La Azienda nega poi ogni rilievo alla circostanza che l’Atto Aggiuntivo si chiuda indicando che “resta invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione a mio rogito del 1.3.1991 rep.
n. 12063”. Tale previsione, ad avviso della Azienda, non può riguardare la clausola compromissoria. Invero “tale clausola di rinvio di carattere generale non può certo valere di per sé ad integrare il recepimento della (autonoma) clausola compromissoria (che, peraltro, come appena visto, dal relativo dato testuale non sarebbe mutuabile per relationem); e, comunque, si atteggia come una mera clausola di stile pleonastica afferente piuttosto alla ricordata tecnica redazionale specificata nelle premesse dello stesso Aggiuntivo e della presupposta delibera, laddove sono state confermate e recepite solo le obbligazioni integranti un appalto di servizi” (pag. 5).
La difesa della Azienda ha insistito poi sulla tesi per cui la clausola relativa ad un contratto non si può estendere ad altro contratto, quantunque collegato al primo.
Con riferimento alla eccezione di difetto di legittimazione passiva, la Azienda ha evidenziato ulteriori profili che ne comproverebbero la fondatezza. A parere della Azienda, infatti, “si dimostra del tutto inconferente la pretesa successione dell’A.U.S.L. n. 1 Avezzano Sulmona nella Convenzione del 1996 (che, peraltro, non consentirebbe di azionare gli impegni precedentemente assunti con la Convenzione del 1991) dal momento che in questo modo si finirebbe per ignorare il disposto di cui all’art.6, comma primo della L. 23.12.1994, n.724 e di cui all’art.2, comma quattordicesimo della L. 29.12.1995, n.549; norme queste invero che hanno una valenza inderogabile”. Di conseguenza – osserva ancora la difesa della Azienda – “poiché nel caso in esame le pretese creditorie di STS troverebbero teoricamente la propria fonte negoziale nel preteso unicum contrattuale risalente alla Convenzione stipulata in data 1° marzo 1991 antecedente alla suindicata data del 10 febbraio 1999, se ne ricava definitivamente che, a tutto voler concedere, le stesse avrebbero dovuto essere rivolte (anche agli effetti interruttivi dei crediti) nei confronti della Regione Abruzzo e della Gestione liquidatoria e non, invece, dell’Azienda Sanitaria n. 1 di Avezzano – Sulmona – L’Aquila che risulta essere del tutto estranea ai rapporti attivi e passivi afferenti alla ULSS n. 3 di Castel di Sangro”. Né, precisa ancora la Azienda, “nella logica dell’unicum contrattuale, rileva la circostanza che l’atto del 1996 sia stato sottoscritto dal D.G. dell’Azienda USL Avezzano – Sulmona perché, in quel momento, la posizione debitoria sull’atto del 1991 fa già capo alle Gestioni stralcio/Gestioni Liquidatorie e la normativa di settore esclude la teorica possibilità che le neo costituite Aziende Sanitarie possano ritenersi gravate di dette posizioni debitorie”. La difesa della Azienda ritiene infine inconferente il
richiamo di STS alla figura dell’accollo per giustificare la successione della Azienda nelle obbligazioni della USL.
Inoltre, la difesa della Azienda ha ulteriormente argomentato tanto la tesi già esposta della nullità della Convenzione “per mancato espletamento della procedura di evidenza pubblica prevista anche per le concessioni di ‘committenza pura’”, quanto la tesi già enunciata della “nullità dell’Atto Aggiuntivo stipulato in data 21 maggio 1996 ove inteso come autonomo appalto pubblico di servizi” (pag. 10 e ss.).
A quest’ultimo proposito, la difesa della Azienda ha obiettato che il richiamo effettuato da STS al d.lgs. n. 157 del 1995 (onde sostenere che comunque ricorrevano le condizioni per l’affidamento diretto profilate dagli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 157 cit.) è erroneo. La tesi della Azienda è che l’Atto Aggiuntivo non sarebbe stato correttamente stipulato secondo la disciplina di cui al d.lgs. 1995, n. 157 all’epoca vigente e relativa agli appalti pubblici di servizi, non sussistendo le condizioni “di cui all’art. 6, comma 2 del medesimo D.Lgs. 157/1995” e non “ricorrendo i presupposti di cui al successivo art. 7, comma 2 lett. e) (recte d)” correlati alla urgenza dell’affidamento.
L’Azienda ha eccepito ancora la “carenza di potere degli arbitri a decidere sulla domanda di arricchimento senza causa”, in quanto estranea alla portata della clausola compromissoria ed alla luce della diversità della causa petendi di siffatta domanda rispetto alla domanda di adempimento contrattuale.
Nel merito la difesa della Azienda ha ribadito, in ogni caso, la prescrizione dei crediti azionati in dipendenza del fatto “che gli atti di messa in mora, riferendosi al c.d. unicum contrattuale risalente al 1991, avrebbero dovuto essere rivolti alla sezione stralcio della U.S.L. n. 3 di Castel di Sangro e, successivamente alla sua istituzione, alla gestione liquidatoria della medesima Unità Sanitaria Locale ovvero anche alla Regione Abruzzo”.
La difesa della Azienda si è, poi, soffermata sulla eccezione di “inesigibilità dei compensi richiesti” [da STS] “per mancato avveramento della condizione del finanziamento regionale”. In proposito l’Azienda ritiene che il richiamo effettuato da STS tanto al principio di buona fede quanto all’art. 1358 c.c. sia non solo infondato ma anche inammissibile (in quanto tardivo, per non essere stato formulato entro il termine di decadenza della prima udienza arbitrale del 14 settembre 2020 ed alla luce delle indicazioni fornite dal Collegio in tale occasione). In particolare, la difesa della Azienda propone la tesi secondo la quale “sul piano sostanziale, a dispetto di quanto ex adverso sostenuto, va rilevato che nella fattispecie non è stato configurato alcun obbligo per l’Azienda Sanitaria di richiedere il finanziamento delle opere alla Regione Abruzzo”.
L’Azienda ha insistito infine sulla infondatezza delle pretese creditorie azionate da STS “relative al DSB nel comune di Roccaraso ovvero alla RSA nel comune di Ateleta attesa l’acclarata ed indiscussa
circostanza relativa al mancato finanziamento da parte dalla Regione Abruzzo”. La difesa della Azienda indugia altresì sulle produzioni documentali effettuale assieme alla memoria conclusionale di STS, delle quali eccepisce la inammissibilità per tardività e comunque, per varie ragioni, la loro irrilevanza ai fini del riconoscimento delle pretese attoree: “a tal riguardo” – scrive la difesa della Azienda a pag. 15 –, “non assume alcuna concreta incidenza sulla fattispecie negoziale di cui si discute il documento n. 20 allegato alla memoria conclusionale avversaria, pur tardivamente ed inammissibilmente prodotto, che intenderebbe dimostrare tanto l’assegnazione da parte del CIPE alla Regione Abruzzo della somma di L. 552.007.000.000 per la realizzazione del Programma Straordinario di Investimenti in edilizia sanitaria quanto la previsione di “un finanziamento di Lire 800.000.000 per la DSB di Roccaraso e lire 300.000.000 per la RSA di Ateleta”. Ebbene – sostiene l’Azienda –, “non è chi non veda che il documento avversario costituisce un atto meramente programmatico che nulla dimostra in ordine all’effettivo finanziamento delle opere oggetto del presente giudizio arbitrale che, per converso, avrebbe potuto desumersi esclusivamente da uno specifico atto di impegno delle somme nei capitoli di bilancio regionale che, tuttavia, non sussiste”. Del pari inconferenti si rivelano – secondo la Azienda – “i richiami ex adverso effettuati tanto alla corrispondenza intercorsa tra il Comune di Castel di Sangro e la Asl Avezzano-Sulmona (doc. n. 21 allegato alla memoria conclusionale di Controparte) quanto alla missiva del Comune di Ateleta dell’11 febbraio 1999 (doc. n. 22 allegato alla memoria conclusionale di Controparte), tenuto conto che trattasi di solleciti inviati ad un soggetto, l’A.U.S.L. n. 1 Avezzano-Sulmona, dalla cui condotta non dipendeva l’avveramento della condizione negoziale” (pag. 15 delle note).
La difesa della Azienda ha contestato l’ammissibilità del richiamo effettuato da STS all’art. 1359 c.c. (onde dedurne la esistenza di un interesse della Azienda contrario all’ottenimento del finanziamento dovendo essa, secondo la tesi della società, cofinanziare obbligatoriamente le opere del programma sanitario regionale al 10%), in quanto tardivamente eseguito (sulla scorta del documento 20 prodotto dalla Società con la memoria finale e quindi – secondo l’avviso della Azienda – oltre i termini decadenziali) e comunque infondato: “nel caso in esame” – afferma la Azienda a pag. 18 – “non può ritenersi in alcun modo operante l’istituto di cui all’art. 1359 c.c. in quanto né dagli atti negoziali stipulati con S.T.S. né dalla situazione riscontrabile al momento della conclusione dei medesimi è possibile desumere un interesse contrario e/o un disinteresse dell’Azienda Sanitaria all’avveramento della condizione del finanziamento regionale sicché, a contrario, deve presumersi che questa fosse cointeressata con la società esponente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto contrattualmente dedotto”.
La difesa della Azienda ha comunque ribadito “la carenza di prova circa lo svolgimento delle attività da parte di S.T.S.” e si è opposta “alla ex adverso invocata liquidazione equitativa”. Sul primo profilo,
la Azienda lamenta la mancata produzione da parte di STS delle delibere che dimostrerebbero la esecuzione delle attività ed al contempo segnala che il richiamo avversario alla “fede privilegiata” (che assiste delibere consimili) è improprio e non può essere comunque riferito alla nota prodotta dalla Società (nota prot. 29781 del 16 febbraio 2016 dell’U.O.C. Lavori Pubblici e Investimenti: doc. 12 allegato alla prima memoria autorizzata della Asl del 22 luglio 2020). Quanto all’ulteriore profilo della liquidazione equitativa, la Azienda ne esclude la ammissibilità sul rilievo che detta liquidazione ex art. 1226 c.c. non può essere impiegata per “colmare le lacune dell’asserito creditore nell’assolvere all’onere probatorio su di esso incombente teso a dimostrare l’entità dell’attività progettuale asseritamente effettuata”.
* * *
Tutto ciò considerato, il Collegio, riunito in conferenza personale in data 8 gennaio 2021 mediante collegamento telematico con piattaforma Zoom, ha deliberato di pronunciare il seguente lodo rituale non definitivo per decidere sulle questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito formulate dalla Azienda.
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6. MOTIVAZIONE
6.1. Sulla nullità della Convenzione, dell’Atto Aggiuntivo e della clausola compromissoria
In ordine logico, il Collegio ritiene di affrontare prioritariamente la questione prospettata dalla Azienda relativa alla nullità della Convenzione e, di riflesso, alla nullità della clausola compromissoria che vi è contemplata all’art. 31 (e così la questione della asserita incompetenza del Collegio Arbitrale a decidere la presente controversia).
L’invalidità della Convenzione ai sensi dell’art. 1418 c.c. e, dunque, per contrasto con norme imperative e di ordine pubblico deriverebbe, secondo la tesi della Azienda, dalla sua natura di concessione c.d. di committenza e dalla circostanza che l’affidatario di essa avrebbe dovuto essere individuato tramite una procedura ad evidenza pubblica, oltre che dalla pretesa incompetenza dell’organo che la sottoscrisse.
Il Collegio ritiene che la eccezione, nelle sue svariate articolazioni, non possa essere accolta e che debba, al contrario, essere dichiarata la validità della Convenzione pur se non preceduta da pubblica gara e ciò anche alla luce della normativa europea esistente al tempo.
La giurisprudenza formatasi sul punto conferma la conclusione esposta. È stato infatti affermato (Cons. Stato, Sez. II, 21 dicembre 1994, n. 2698) che l’affidamento di una concessione di committenza, che ha ad oggetto una serie di attività giuridiche e tecniche per rendere possibile l'esecuzione dell'opera pubblica e può riguardare l’esercizio di funzioni pubbliche, “non può essere ricondotto alle procedure di aggiudicazione di cui alla direttiva Cee n. 89/440 e al d.lgs. 19 dicembre
1991 n. 406; ne deriva che non risulta violata la disciplina comunitaria qualora l'affidamento dei lavori avviene a trattativa privata”.
Questo principio affermato in sede giurisdizionale era stato precedentemente enunciato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, allorché si ritenne legittimo l’affidamento di una concessione di committenza1 “a trattativa privata senza incorrere nella violazione della disciplina comunitaria (e, in particolare, nelle previsioni della direttiva n. 440/89) atteso che, nella specie, quanto viene richiesto al concessionario è l’espletamento di singole prestazioni professionali se non addirittura l’esercizio occasionale di pubbliche funzioni (che rientrano nelle previsioni dell’art. 55 del Trattato di Roma)2” (Cons. Stato, Sez. III, Parere 4 dicembre 1990, n. 192, in Cons. St., 1991, I, 1615, in Foro amm., 1991, 1760-1764).
La esigenza di ricorrere alla evidenza pubblica, mentre non concerne la scelta “a monte” del concessionario, si pone viceversa “a valle” nei casi nei quali il concessionario debba individuare il soggetto terzo al quale affidare in appalto specifiche attività inerenti alla concessione (Cons. St., sez. V, 4 novembre 1994, n. 1257; nonché, in rapporto alla figura della concessione di costruzione, Cass., sez. un., 29 dicembre 1990, n. 12221).
Il Collegio ritiene che la nullità della Convenzione non sussista neppure in rapporto agli ulteriori profili in relazione ai quali è stata dedotta.
Ed infatti, nel momento in cui è stata conclusa la Convenzione (i) non era ancora entrato in vigore il divieto di fare ricorso alla concessione c.d. di committenza contemplata sin dalla Legge 24 giugno 1929, n. 11373 – divieto cui fa rinvio la difesa della Azienda (citando l’art. 19 co. 3 legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dall’art. 9 co. 31 e 32 legge 18 novembre 1998, n. 415); (ii) né era
1 Nel testo del parere, dove pure si parla di concessione di servizi, si afferma che tale tipo di concessione “viene anche – con maggiore precisione – denominata concessione di committenza” (si veda in Foro amm., 1991, 1760).
2 Così, alla lettera, il passaggio (qui rilevante) del parere, riprodotto in Foro amm., 1991, 1761.
3 Recante “disposizioni sulle concessioni di opere pubbliche” [Legge abrogata dall'articolo 231, comma 1, lett. g), del
D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554. Successivamente l’abrogazione è stata ribadita, a decorrere dal 16 dicembre 2009, dall'articolo 2, comma 1, del D.L. 22 dicembre 2008 n. 200). L’art. 1 così disponeva al co. 1: “Possono essere concesse in esecuzione a province, comuni, consorzi e privati, opere pubbliche di qualunque natura, anche indipendentemente dall'esercizio delle opere stesse”. Il co. 2 così proseguiva: “Negli atti di concessione può disporsi che la spesa a carico dello Stato sia corrisposta in unica soluzione al momento della liquidazione dei lavori, oppure ripartita in non più di trenta rate annuali costanti, comprensive di capitale e interesse”. Stando al co. 3 “Il pagamento dei contributi dello Stato, degli enti pubblici e dei privati nelle opere in concessione può essere stabilito nell'atto di concessione in modo invariabile a corpo, qualunque sia per risultare l'effettivo costo dell'opera, ovvero a misura secondo la quantità effettiva dei lavori eseguiti in base a prezzi fissati per unità di misura”. Secondo il co. 4, “Qualora occorra, per i lavori suppletivi ed imprevisti, di fissare nuovi prezzi, si provvederà con atto Aggiuntivo, da approvare con le forme usate per la concessione” Per il co. 5, “Tuttavia l'importo complessivo dei contributi non potrà superare di oltre un quinto quello prima previsto, rimanendo a totale carico del concessionario la eventuale maggiore spesa occorrente per l'opera”.
ancora entrato in vigore il già ricordato d.lgs. n. 157 del 1995 (“Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”).
A parere del Collegio, poi, non merita di essere accolta neanche la ulteriore eccezione della difesa della Azienda che si incentra sulla pretesa incompetenza del Presidente del Comitato di Gestione della USL a sottoscrivere la Convenzione, all’interno della quale è presente la clausola compromissoria.
La normativa rilevante, ove applicata ai fatti di causa, conduce ad una soluzione opposta rispetto a quella prospettata dalla Azienda. Invero, secondo l’art. 15 Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) “il comitato di gestione [della Unità Sanitaria Locale] compie tutti gli atti di amministrazione dell'unità sanitaria locale”. Poi la legge regionale abruzzese 31 ottobre 1986 n. 60, mentre assegna all’art. 9 al Comitato di Gestione il potere di compiere “tutti gli atti amministrativi ad esso attribuiti dalle leggi statali e regionali” e mentre enumera le funzioni riservate all’Assemblea Generale (art. 6), all’art. 11 conferisce al Presidente del Comitato di Gestione della Usl “la legale rappresentanza della U.L.S.S.”. In punto di fatto è poi decisivo osservare che la Convenzione è stata sottoscritta dal Presidente dell’Unità Locale Socio-Sanitaria di Castel di Sangro, “a questo atto autorizzato con delibera del Comitato di Gestione n. 287 in data 20.04.89 che in copia autentica si allega sub ‘A’”. Va rimarcato che la legittimazione alla sottoscrizione della Convenzione è stata conferita al Presidente da una apposita deliberazione dell’organo di Amministrazione: “ai sensi dell’art. 15, 10° comma, l. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, tutti gli atti di amministrazione della Usl rientrano nella competenza del comitato di gestione” (TAR Campania, Sez. II, 31 maggio 1989, n. 219).
Deve, dunque, ritenersi non meritevole di accoglimento la eccezione della Azienda secondo la quale la Convenzione avrebbe dovuto essere sottoscritta dal dirigente competente di settore del Comune di Castel di Sangro.
In definitiva, il Collegio ritiene che debba affermarsi la validità della Convenzione per le ragioni indicate e di essere, quindi, perfettamente competente a decidere la controversia sul fondamento della
– parimenti valida – clausola compromissoria contenuta nell’art. 31 della medesima Convenzione. Ci si deve soffermare, ora, sulla ulteriore questione dedotta dalla Azienda relativamente alla nullità dell’Atto Aggiuntivo.
In ordine a tale profilo, la difesa della Azienda – premessa la totale autonomia dell’Atto Aggiuntivo rispetto alla Convenzione – ha dedotto la nullità dell’Atto Aggiuntivo in conseguenza della pretesa violazione delle disposizioni all’epoca vigenti di cui al D.Lgs. 157/1995 che precludevano all’Amministrazione di procedere all’affidamento diretto ai privati di attività di servizi.
Il Collegio non ritiene di poter aderire alla prospettazione della difesa della Azienda, secondo la quale
– lo si ripete – l’Atto Aggiuntivo sarebbe qualificabile come appalto di servizi e, quindi, sarebbe autonomo e diverso dalla Convenzione: il primo – assume l’Azienda – avrebbe completamente novato la seconda.
Secondo il Collegio tale ricostruzione della Azienda confligge con il contenuto dell’Atto Aggiuntivo (e della allegata delibera del Direttore Generale della Azienda U.S.L. Avezzano – Sulmona n. 542 del 10 maggio 1996). Infatti, se è vero che con l’Atto Aggiuntivo le parti hanno apportato alcune modifiche alla Convenzione (sulle quali v. infra), in pari tempo hanno in maniera oltremodo significativa previsto espressamente “la continuazione del rapporto di servizi”: “sia perché alcune attività sono state già poste in essere dalla S.T.S. Servizi Tecnologie Sistemi S.p.A., sia perché quest’ultima potrebbe vantare diritti risarcitori da una revoca della concessione”.
A parere di questo Collegio la Convezione e l’Atto Aggiuntivo non sono contratti autonomi, ma fanno parte dello stesso rapporto negoziale. A tacer d’altro, se l’Atto Aggiuntivo avesse revocato la Convenzione, la Convenzione stessa sarebbe allora inefficace e non esplicherebbe più alcun effetto, minando l’esistenza stessa dell’Atto Aggiuntivo che da solo non potrebbe essere eseguito.
Considerato che i due atti (del 1991 e del 1996) si innestano su di un rapporto negoziale unitario di cui curano congiuntamente la regolazione, il Collegio ritiene che all’Atto Aggiuntivo non possa essere applicata la normativa sopravvenuta alla stipula della Convenzione del 1991, compresa quella di cui al d.lgs. n. 157/1995. Trattandosi di un unico rapporto contrattuale, lo stesso è sottoposto alla disciplina normativa in vigore al tempo della conclusione della Convenzione del 1991.
Solo per completezza, va comunque osservato che se pure fosse applicabile (ciò che il Collegio inclina ad escludere per i motivi testé indicati) il predetto decreto n. 157/1995, egualmente l’Atto Aggiuntivo non potrebbe essere dichiarato nullo, avendo l’Azienda comunque sufficientemente motivato4 sulla necessità di una trattativa privata, definita come “procedura negoziata in cui l'amministrazione aggiudicatrice consulta le imprese di propria scelta e negozia con una o più di esse i termini del contratto” (art. 6, d.lgs. n. 157/1995 cit.). Non ha, pertanto, pregio l’affermazione dell’Azienda, secondo la quale la “procedura negoziata giammai legittima un affidamento diretto quale quello in questione” (memoria della Azienda, p. 11).
6.2. Sulla eccezione di incompetenza del Collegio
4 Si veda, in particolare, la Deliberazione del Direttore Generale n. 542 che evidenzia l’urgenza sottesa alla decisione assunta, alludendo ai “termini particolarmente ristretti per l’accesso ai finanziamenti”, in dipendenza della determinazione regionale “presa per l’accelerazione delle procedure di approvazione dei progetti relativi ai programmi di intervento di che trattasi”. Sono poi segnalati i “motivi di opportunità” che depongono per l’affidamento dei servizi in esame alla società STS (società, questa, che aveva già compiuto alcune attività contemplate dalla Convenzione del 1991
– che “ha già avuto parziale esecuzione” – e che avrebbe potuto “vantare diritti risarcitori da una revoca della concessione”).
Il Collegio deve ora occuparsi dell’altro profilo relativo alla eccezione di incompetenza avanzata dalla difesa della Azienda sul presupposto per cui l’Atto Aggiuntivo non conterrebbe alcuna clausola compromissoria.
Secondo quanto rilevato dalla difesa della Azienda, infatti, il Collegio Arbitrale dovrebbe dichiararsi incompetente per quanto attiene alla esecuzione del predetto Atto Aggiuntivo in relazione al quale non esisterebbe – secondo l’avviso della Azienda – una apposita clausola compromissoria.
Si tratta, quindi, di verificare se la clausola compromissoria contenuta nella Convenzione del 1991 sia riferibile anche alle controversie nascenti dalla esecuzione dell’Atto Aggiuntivo del 1996. Lo nega la difesa della Azienda, mentre lo afferma la difesa della Società STS.
Nel caso di specie rilevano i seguenti elementi ricavabili dalla integrale lettura dell’Atto Aggiuntivo del 1996:
(a) le parti non hanno inteso introdurre una disciplina integralmente diversa del regolamento contrattuale del 1991 ed hanno per converso previsto espressamente “la continuazione del rapporto di servizi” (vuoi perché “alcune attività sono state già poste in essere dalla S.T.S. Servizi Tecnologie Sistemi S.p.A.”, vuoi perché “quest’ultima potrebbe vantare diritti risarcitori da una revoca della concessione”);
(b) le parti hanno concordemente deciso, da un lato, di proseguire nel rapporto di servizi, e, dall’altro lato, di limitare il contenuto della Convenzione, espungendo da essa “ogni contenuto di tipo concessorio così da limitarla alle attività di assistenza tecnico-amministrativo-legale” (esprimendo, a monte, la volontà di “trasformare la convenzione a suo tempo stipulata in una convenzione di servizi, epurandola da ogni contenuto di tipo concessorio”) ed insieme rideterminando la misura del compenso spettante a STS;
(c) le parti hanno espressamente indicato gli articoli della Convenzione oggetto ora di modifica ora di abrogazione;
(d) fra tali articoli presenti nella Convenzione ed oggetto di modifica ed abrogazione da parte dell’Atto Aggiuntivo non figura l’art. 31, nel quale, come anticipato, è contenuta la clausola compromissoria sul fondamento della quale è stato avviato il presente giudizio arbitrale;
(e) le parti hanno in particolare precisato che “resta invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione” del 1991, così manifestando la inequivocabile volontà di preservare la clausola compromissoria inserita nel ridetto art. 31.
Il Collegio non concorda perciò con la difesa della Azienda che qualifica tale ultima previsione alla stregua di una clausola di stile ed è invece convinto che (visto il carattere altrettanto puntuale che selettivo degli interventi operati con l’Atto Aggiuntivo) si sia in presenza della consapevole e
volontaria estensione della originaria clausola compromissoria all’unitario rapporto contrattuale tra le parti risalente al 1991.
In altri termini, si è in presenza di un significativo ed espresso richiamo pattizio, quale parte integrante dell’Atto Aggiuntivo, alle norme del contratto principale, fra le quali la clausola relativa alla competenza arbitrale. La Convenzione, pertanto, integra l’Atto Aggiuntivo, che non può essere considerato “autonomo”: senza l’articolato della Convenzione sarebbe un atto “monco”.
Da quanto precede emerge, in effetti, che le parti, tramite l’Atto Aggiuntivo, mentre hanno inteso dar seguito al rapporto instaurato con la Convenzione e ne hanno al contempo solo in parte rimodulato il contenuto, non hanno in alcun modo voluto, da un lato, introdurre una regolamentazione contrattuale integralmente differente dalla precedente5, e, dall’altro lato, eliminare la clausola compromissoria inserita nell’originario accordo del 1991.
D’altra parte, la necessità della trascrizione di una clausola arbitrale contenuta in un atto richiamato specificatamente in uno successivo, che ne ha recepito il contenuto, è stata pacificamente esclusa dalla giurisprudenza (cfr., ad es., Cass., Sez. I, 22 ottobre 2003, n. 157836; Cass., 19 giugno 0000, x. 000000; si vedano pure Cass., Sez. VI, 30 marzo 2011, n. 7197, Cass., Sez. I, 4 gennaio 2017, n. 81). In conclusione, secondo il Collegio la clausola arbitrale contenuta nell’art. 31 della Convenzione è perfettamente valida ed efficace anche con riguardo alle controversie relative all’Atto Aggiuntivo, anche se non vi è stata materialmente trascritta. Con quest’ultimo atto del 1996, le parti hanno esplicitamente ed univocamente fatto riferimento alla Convenzione (“Resta invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione a mio rogito del 1.3.1991 rep. 12063), il cui rinvio formulato dai contraenti equivale alla sua materiale trascrizione nell’Atto Aggiuntivo da loro sottoscritto. Pertanto, risulta materialmente inserita in quest’atto anche la clausola compromissoria
5 Nella deliberazione n. 542 del 10 maggio 2016, d’altra parte, il Direttore Generale della ASL dichiara “di confermare tutte le obbligazioni assunte, intese come attività di assistenza tecnico amministrativa” ed afferma di ritenere sussistenti “motivi di opportunità per la continuazione del rapporto di servizi”.
6 Secondo la Suprema Corte, “il richiamo della disciplina fissata in un distinto documento, che sia effettuato dalle parti contraenti, sulla premessa della piena conoscenza di tale documento ed al fine dell’integrazione del rapporto negoziale, nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, assegna alle previsioni di quella disciplina, per il tramite di relatio perfecta, il valore di clausole concordate e, quindi, le sottrae all’esigenza dell’approvazione specifica per iscritto di cui all’art. 1341 c.c. E’ vero che questa conclusione è stata formulata dalla giurisprudenza con riguardo ad una clausola compromissoria che era contenuta nel capitolato generale di appalto (art. 47 del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), ma è pur vero che a tale conclusione la Corte era giunta sulla base del conferimento alla clausola de qua del valore di xxxxx xxxxxxxx liberamente convenuta”. Insomma, “nel contratto per relationem perfectam l’atto di riferimento è recepito nella sua integrità ed il rinvio ad esso formulato dai contraenti equivale alla sua materiale trascrizione nel documento da loro sottoscritto. Pertanto, ove l’atto di riferimento contenga una clausola compromissoria, anche questa risulta materialmente inserita nel documento ed anche ad essa si estende la sottoscrizione dei contraenti”.
7 Ad avviso della Cassazione, “il richiamo della disciplina fissata in un distinto documento che sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento ed al fine dell’integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, assegna alle previsioni di quella disciplina il valore di clausole concordate per effetto di relatio perfecta”.
contenuta nella Convenzione (art. 31), senza necessità di riproporla. In pratica, non vi è dubbio che le parti con l’atto del 1996 abbiano fatto esplicito riferimento alla “convenzione a mio rogito del 1.3.1991 rep. 12063” e che questa fosse pienamente conosciuta dalle parti che hanno sottoscritto l’Atto Aggiuntivo, intendendo in concreto trasferire la disciplina contenuta nella Convenzione (clausola compromissoria inclusa) nel nuovo atto da loro stipulato nel 1996.
Questa conclusione non è contraddetta dalla circostanza che nelle premesse della Deliberazione n. 542 del 10 maggio 1996 del Direttore Generale della ASL (allegata all’Atto Aggiuntivo) si dichiari “che la novazione oggettiva, soltanto parziale, della convenzione, non determina la nascita di un nuovo brocardo tempus regit actum”.
Se si fosse trattato di una novazione integrale del precedente rapporto, si sarebbe potuta porre la questione della sopravvivenza della clausola compromissoria già inserita nell’accordo poi novato (in dipendenza della sua estinzione in quanto ricompresa in un accordo in tesi integralmente modificato). Nel caso di specie, però, non di integrale novazione si tratta ma di (mera) modificazione parziale dei contenuti del precedente atto, la quale è stata effettuata nell’Atto Aggiuntivo attraverso la puntuale ed espressa menzione degli articoli della originaria convenzione del 1991 oggetto vuoi di modifica vuoi di abrogazione, con salvezza di tutti i rimanenti articoli di essa, ivi compreso ovviamente anche l’art. 31 (contenente la clausola compromissoria).
Al di fuori degli articoli espressamente richiamati per disporne, a seconda dei casi, la modifica e la abrogazione, l’Atto Aggiuntivo ha confermato le obbligazioni nascenti a carico delle parti dalla Convenzione originaria, tanto è vero che, nella deliberazione n. 542 del 10 maggio 1996, il Direttore Generale della ASL dichiara significativamente “di confermare tutte le obbligazioni assunte, intese come attività di assistenza tecnico amministrativa” ed afferma, del pari significativamente, di ritenere sussistenti “motivi di opportunità per la continuazione del rapporto di servizi”.
La perdurante esistenza della Convenzione comporta dunque la protratta efficacia della clausola compromissoria che vi era contenuta, tenuto conto della volontà delle parti (manifestata nell’Atto Aggiuntivo del 1996) di mantenere “invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione” del 1991.
Né, del resto, la clausola compromissoria, per sua natura neutrale (in quanto mero strumento per disciplinare la modalità di risoluzione di liti future), può essere omologata a quei “contenut[i] di tipo concessorio” già presenti nella Convenzione e poi eliminati dall’Atto Aggiuntivo; anzi, quale strumento negoziale, la clausola compromissoria non ha alcunché di comune con “contenut[i] di tipo concessorio” ed autoritativo (ne rappresenta anzi il rovescio speculare). Si aggiunga in proposito, del resto, che, se fosse insorta nel vigore della Convenzione (e prima della conclusione dell’Atto Aggiuntivo), una controversia (quale quella oggetto del presente giudizio e) concernente il preteso
espletamento di servizi di progettazione, non vi sarebbe stato dubbio sul fatto che tale controversia (al lume delle pattuizioni contemplate dalla Convenzione medesima) avrebbe potuto essere devoluta già allora in arbitrato ai sensi dell’art. 31 e della clausola compromissoria che vi è presente.
Così ricostruita la relazione che intercede tra la Convenzione e l’Atto Aggiuntivo, risulta inconferente il richiamo effettuato dalla difesa della ASL al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la clausola compromissoria contenuta in un contratto non consente di estendere la deroga alla competenza del giudice ordinario (ed il deferimento agli arbitri) a controversie relative ad altri contratti, ancorché gli stessi risultino collegati a quello principale cui accede la medesima clausola (cfr. Cass., Sez. III, 17 gennaio 2017, n. 941; Cass., Sez. I, 7 febbraio 2006, n. 2598; Cass., sez. I, 11 aprile 2001, n. 5371).
In effetti la difesa della Azienda, nel riferirsi a tale orientamento, evoca un precedente (Cass., sez. VI, 13 settembre 2019, n. 22903) che, pur richiamando incidentalmente il principio citato, esclude (in rapporto alla clausola compromissoria contenuta in un contratto sociale) “la possibilità di ritenere devoluta alla competenza degli arbitri la domanda proposta dalla ricorrente, la quale, pur avendo ad oggetto l'accertamento della titolarità effettiva della partecipazione sociale, fatta valere da un socio nei confronti di un altro socio, non trova la sua causa petendi nel contratto sociale” (par. 1.2 della motivazione).
La giurisprudenza citata in tema di collegamento negoziale si riferisce propriamente a contratti diversi8 e nega che la clausola presente nell’uno possa, in dipendenza di tale diversità, estendersi automaticamente all’altro contratto (privo di clausola).
Per quanto sin qui detto, la situazione in esame è differente, non trattandosi di due contratti diversi, ma di una Convenzione (quella del 1991) rimodulata nel contenuto (restringendone l’oggetto quale
8 Ad es., un contratto di locazione (con clausola) e un contratto di sub-locazione (senza clausola): Xxxx., Sez. III, 17 gennaio 2017, n. 941. Con altra pronuncia (Cass., Sez. I, 7 febbraio 2006, n. 2598) si è ritenuto che il collegamento tra l'atto costitutivo di una società ed il successivo contratto con cui uno dei soci aveva venduto agli altri una quota dell'immobile destinato all'esercizio dell'attività sociale fosse sufficiente a giustificare l'estensione della clausola compromissoria contenuta nel primo contratto al secondo, con la conseguente dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla domanda di risoluzione dello stesso e di restituzione delle somme pagate per il trasferimento della comproprietà dell'immobile. Quanto a Cass., Sez. I, 11 aprile 2001, n. 5371, essa ha affermato che deve “escludersi che, tramite la clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, la deroga alla giurisdizione del giudice ordinario e il deferimento agli arbitri si estendano a controversie relative ad altri contratti ancorché collegati al contratto principale, cui accede la predetta clausola, la quale, invece, si estende alle controversie insorte in relazione alle modificazioni apportate dalle parti al contenuto negoziale originario. (Nella specie, in applicazione del principio di cui alla massima, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza della Corte d'appello che aveva dichiarato la nullità parziale del lodo impugnato, escludendo la riconducibilità alla "causa debendi" rappresentata dalla originaria stipulazione - consistente nell'affidamento ad una società, da parte del ministero degli affari esteri, dell'incarico della esecuzione di un programma di collaborazione ed assistenza ai lavori per la realizzazione di un progetto di sviluppo agroindustriale nel Mozambico - in relazione alla quale era stata convenuta la clausola compromissoria, del successivo affidamento alla stessa ditta dell'incarico di provvedere alle attività di supporto alle strutture di sicurezza, attuate con l'intervento di militari mozambicani, a tutela del cantiere contro la guerriglia in atto localmente, e, quindi, dell'affidamento, sempre alla medesima ditta, delle attività di committenza e gestione delle opere civili, la cui esecuzione era originariamente prevista a carico degli organi mozambicani)”.
originariamente definito) attraverso la stipula dell’Atto Aggiuntivo, con la espressa previsione della conservazione delle disposizioni (contenute nella Convenzione, fra le quali l’art. 31 relativo alla clausola compromissoria) non esplicitamente modificate o abrogate in modo puntuale dall’Atto Aggiuntivo medesimo (abbiamo già richiamato la espressa precisazione contenuta nell’Atto Aggiuntivo secondo cui “resta invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione” originaria del 1991).
Del resto, l’art. 808-quater c.p.c. dispone che, “nel dubbio, la convenzione d'arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”.
Nella specie, non solo il contratto, ma anche il “rapporto” che ne è derivato è unitario ed è pertanto, anche da questo punto di vista, ricompreso nella originaria clausola compromissoria9.
La posizione della giurisprudenza suffraga la conclusione testé esposta dal Collegio. Si insegna infatti che, “nel caso di clausola compromissoria riguardante qualsiasi vertenza originante dal contratto, rientra nella competenza arbitrale la controversia sorta dalla modificazione delle pattuizioni originarie, in quanto la predetta clausola compromissoria va riferita a tutte le controversie che si ricolleghino al contratto stesso” (Xxxx., Sez. II, 27 giugno 1988, n. 4336; cui adde, in senso sostanzialmente conforme, Cass., Sez. II, 5 dicembre 1987, n. 9049; Cass., Sez. I, 11 aprile 2001, n. 5371; Cass., Sez. I, 17 luglio 1985, n. 4220).
In conclusione deve ritenersi che la clausola compromissoria contenuta nell’art. 31 della Convenzione è certamente applicabile anche alle controversie relative alla esecuzione delle prestazioni rese successivamente alla conclusione dell’Atto Aggiuntivo, dovendosi dunque rigettare la corrispondente eccezione di incompetenza proposta dalla Azienda.
6.3. Sulla autonomia, in ogni caso, della clausola arbitrale
Le precedenti conclusioni dispenserebbero il Collegio dal soffermarsi sulla questione della autonomia della clausola compromissoria, giacché evidentemente, una volta ritenuta, da un lato, la validità tanto della Convenzione quanto dell’Atto Aggiuntivo del 1996 e, dall’altro lato, la operatività della clausola compromissoria contenuta nell’art. 31 della Convenzione anche in rapporto all’Atto Aggiuntivo (per le ragioni dianzi enunciate), non vi può essere alcun dubbio circa la competenza del Collegio a dirimere la presente controversia.
Nondimeno, per ragioni di completezza e considerato che su questo profilo si è svolto un intenso contraddittorio fra le parti, il Collegio giudica comunque opportuno indugiare sul tema.
9 La Suprema Corte ritiene che la clausola compromissoria contenuta in un contratto preliminare si estenda anche al contratto definitivo e così alle liti insorgenti intorno ad esso: Xxxx., Sez. VI, 22 gennaio 2020, n. 1439; Cass., Sez. I, 31 ottobre 2011, n. 22608.
A questo proposito rileva quanto dispone l’art. 808, co. 2, c.p.c., a mente del quale “la validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce”. Con questa previsione è stato espressamente riconosciuto il principio da tempo diffuso in giurisprudenza10 della c.d. autonomia della clausola compromissoria.
In base a questo principio, come ribadito nell’art. 808 co. 2 cit., il Collegio sarebbe stato comunque competente anche nella ipotesi (che qui non sussiste per le ragioni illustrate in precedenza) di nullità del contratto nel quale la clausola è inserita. Sarebbe così spettato, in ogni caso, al Collegio di pronunciare (ricorrendone i presupposti, qui insussistenti) la nullità della Convenzione e la nullità dell’Atto Aggiuntivo (che il Collegio ha viceversa qualificato validi).
In senso opposto non si pone il precedente citato dalla Azienda per inferirne la nullità della clausola compromissoria e così la incompetenza degli arbitri. Si tratta di Cass., Sez. I, 1° settembre 2015, n. 17393 (pag. 22 della prima memoria della Azienda).
La Suprema Corte, con questa pronuncia, giudica legittimo (respingendo il ricorso per cassazione) che gli arbitri abbiano pronunciato la nullità del contratto per violazione di norme imperative ricavando questo loro potere dalla autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto al quale ineriva11. Non è quindi esatto – come sostiene la difesa della Azienda – che nella situazione descritta (di nullità del contratto per violazione di norme imperative) la Suprema Corte “ha rilevato la nullità della clausola compromissoria perché inserita in un contratto pubblico nullo per violazione delle norme imperative sulla individuazione del contraente più affidabile” (pag. 22 della prima memoria della Azienda). È vero esattamente l’opposto, vale a dire che, ad avviso della Cassazione, la violazione di norme consimili, se pure cagiona la nullità del contratto, non travolge la clausola compromissoria che vi è inserita (con la conseguenza che gli arbitri, prima, e la Corte d’appello, poi, in caso di impugnazione del lodo sul punto, hanno il potere di dichiarare la nullità del contratto).
10 V., ad es., Cass., Sez. I, 12 marzo 1990, n. 2011, che richiama un precedente del 1972: “l’eventuale invalidità del negozio non si comunica alla clausola compromissoria che vi acceda e (…) rientra nella competenza arbitrale la stessa cognizione delle causa di nullità o annullabilità del negozio (Cass., 11.10.1972, n. 3003)”.
11 Si legge nella motivazione: “9. Il secondo motivo, che va ora esaminato perché a carattere più liquido, è infondato. La Corte d'Appello, accogliendo il settimo motivo d'impugnazione dedotto dalla Regione, ha annullato il lodo - che, pronunciando sulla domanda di adempimento proposta dalla CSA, aveva riconosciuto un credito dell'odierna ricorrente
- sul presupposto della nullità del contratto per violazione di norme imperative. 10. L'accertamento relativo al rapporto sostanziale demandato alla valutazione degli arbitri non viola, anzitutto, come pare ritenere la ricorrente, il principio di autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio cui si riferisce, principio che è fissato in ragione del rispetto della volontà delle parti di rinunciare alla giurisdizione ordinaria a favore degli arbitri, e che opera in senso opposto rispetto a quello invocato dalla ricorrente, in quanto è la nullità del contratto a non travolgere la clausola compromissoria in esso contenuta (salvo quando la causa dell'invalidità è esterna al contratto, e comune a questo e alla clausola, cfr. Cass. n. 2925 del 2005) restando, appunto, demandato agli arbitri di conoscere delle cause inerenti alla validità del contratto medesimo (cfr. Cass., Sez. 1, 12 marzo 1990, n. 2011; Cass., Sez. 1, 20 giugno 2000,
n. 8376; Cass., Sez. 1, 8 febbraio 2005, n. 2529; Cass., Sez. 1, 31 ottobre 2011, n. 22608; n. 25024 del 2013)”.
La nullità del contratto si estende eccezionalmente alla clausola compromissoria soltanto quando la causa di nullità sia “esterna” al contratto e “comune” a questo e alla clausola medesima (e, si legge nel precedente citato, in senso opposto a quanto sostenuto dalla difesa della Asl, tale non sarebbe comunque il caso di eventuale nullità del contratto per violazione di norme imperative relative alla individuazione del soggetto affidatario di un contratto pubblico).
Causa “esterna” al contratto e “comune” ad esso ed alla clausola si ha – stando ai precedenti della Corte – nel caso, ad esempio, di contratto concluso dal “falsus procurator”12 o dall’incapace13 e in casi consimili, che nulla hanno obiettivamente in comune con la vicenda che il Collegio deve risolvere.
6.4. Sulla eccezione di difetto di legittimazione passiva, ovvero di difetto di titolarità dal lato passivo delle obbligazioni di pagamento dedotte in giudizio
Ricostruito nel modo che precede il rapporto convenzionale fra le parti quale dipanatosi fra il 1991 (con la stipula della Convenzione) ed il 1996 (con la conclusione dell’Atto Aggiuntivo), il Collegio è nelle condizioni di decidere della eccezione di difetto di legittimazione passiva della Azienda a partecipare al presente giudizio arbitrale, ovvero di difetto di titolarità dal lato passivo delle obbligazione di pagamento dedotte in giudizio da parte di STS.
Come già esposto nella parte in fatto, la Azienda ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva sostenendo che la obbligazione dedotta in giudizio (ove pure esistente) sarebbe a carico (non della ASL medesima ma) della Regione Abruzzo e della Gestione liquidatoria costituita presso la Regione: “il presente giudizio arbitrale” – sostiene l’Azienda –, “avente ad oggetto pretese creditorie che trovano la propria fonte nella Convenzione stipulata in data 1° marzo 1991 e nel relativo Atto Aggiuntivo del 21 maggio 1996, avrebbe dovuto essere esperito dalla S.T.S. nei confronti della Regione Abruzzo e della Gestione liquidatoria anziché vedere coinvolta l’odierna Azienda Sanitaria che in alcun modo può essere chiamata a rispondere dei debiti contratti da un distinto soggetto giuridico nel periodo antecedente la suddetta data” (e, come già chiarito nella precedente parte in fatto, l’Azienda si riferisce alla data del 10 febbraio 1999).
A suffragio della eccezione in esame, la difesa della Asl ricostruisce la evoluzione normativa in materia ed esamina i precedenti giurisprudenziali in argomento. In particolare questi precedenti enunciano il principio secondo cui i rapporti obbligatori gravanti sulle soppresse Xxx non sono
12 Stando a Cass., Sez. II, 16 febbraio 2018, n. 3854, “il difetto di potere rappresentativo costituisce una causa esterna di inefficacia del contratto che si estende alla clausola compromissoria ivi contenuta sicché non trova applicazione il principio di autonomia della clausola compromissoria in virtù del quale ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale” (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva ritenuto efficace nei confronti di una società una clausola arbitrale contenuta in un atto sottoscritto da un "falsus procurator", senza accertare se questo, o anche la sola clausola, avessero formato oggetto di ratifica).
13 La dottrina è conforme: v., ad es., F.P. LUISO, Diritto processuale civile. V. La risoluzione non giurisdizionale delle controversie, 10a, Milano, Xxxxxxx, 2019, p. 133.
trasferiti alle neoistituite Aziende Sanitarie, ma gravano sulle apposite gestioni liquidatorie regionali, sul presupposto che non si è realizzato un fenomeno di successione in universum ius delle aziende alla precedenti Usl. A non diverse conclusioni è pervenuta la giurisprudenza con specifico riferimento alla legislazione regionale abruzzese.
Per decidere anche su tale eccezione, il Collegio ritiene che debbano essere applicati al caso di specie i seguenti principi generali.
Nel presente giudizio non si discute di obbligazioni già gravanti sulla USL di cui si assume puramente e semplicemente il trasferimento a carico della Azienda, come sarebbe stato se la medesima Azienda non avesse avuto alcun ruolo nella vicenda e nessuna partecipazione alla integrazione dei presupposti dai quali sarebbero in ipotesi sorte le obbligazioni stesse.
Nella specie, al contrario, la Azienda risulta avere deciso, in autonomia, attraverso i suoi organi competenti, di far propria la Convenzione stipulata dalla (poi cessata) Usl (Unità Locale Socio- Sanitaria di Castel di Sangro n. 03) attraverso la stipula dell’Atto Aggiuntivo.
Questo Atto Aggiuntivo è stato stipulato dalla Azienda Unità Sanitaria Locale “Avezzano-Sulmona”, a mezzo del proprio legale rappresentante e Direttore Generale.
Parte integrante di questo Atto Aggiuntivo (costituendone allegato) è la deliberazione n. 542 del 10 maggio 1996 del medesimo Direttore Generale i cui contenuti sono stati poi trasfusi nel medesimo Atto Aggiuntivo. Con tale provvedimento, in particolare, il Direttore Generale, mentre delibera “di enucleare dalle prestazioni poste a carico della S.T.S. Servizi Tecnologie Sistemi s.p.a. dalla convenzione dell’1.03.1991 stipulata per notaio Golia rep. 12063 racc. n. 3610 tutte le attività autoritative proprie del Concessionario”, dichiara sia “di confermare tutte le obbligazioni assunte, intese come attività di assistenza tecnico amministrativa” (indicando al contempo le previsioni della Convenzione del 1991 di cui era disposta la abrogazione e la modifica), sia di ritenere sussistenti “motivi di opportunità per la continuazione del rapporto di servizi”. Nelle premesse della Deliberazione si dà atto della rideterminazione dei contenuti della Convenzione e del compenso per STS e si dichiara “che la novazione oggettiva, soltanto parziale, della convenzione, non determina la nascita di un nuovo brocardo tempus regit actum”.
Quanto ai contenuti dell’Atto Aggiuntivo, pure da essi si ricava la scelta degli organi competenti della neoistituita Azienda di assumere gli impegni discendenti dalla Convenzione. Premesso “che la Azienda U.S.L. Avezzano-Sulmona ha in essere una convenzione” (la Convenzione citata del 1991) e che “la suddetta convenzione ha già avuto parziale esecuzione”, dato atto della disponibilità del concessionario STS tanto di “trasformare la convenzione a suo tempo stipulata in una convenzione di servizi, epurandola da ogni contenuto di tipo concessorio così da limitarla alle attività di assistenza tecnico-amministrativo-legale”, quanto di ridurre “il compenso all’undici virgola
cinquanta per cento (11,50%) sul valore delle opere e forniture”, nell’Atto Aggiuntivo si dichiara che “quanto sopra è stato accettato dalla Azienda U.S.L. giusta delibera del Direttore Generale n. 542 del 10.5.1996, che, in copia conforme, si allega sub B”. Segue poi la indicazione delle previsioni della Convenzione del 1991 (“intervenuta tra le costituite parti”) abrogate o modificate, con la precisazione che “resta invariato tutto quanto altro contenuto nella menzionata convenzione” (a rogito del medesimo notaio) del 1991.
Da quanto precede si ricava in modo univoco che la Azienda ha assunto in proprio (con la deliberazione n. 542 Direttore Generale ed il successivo ed attuativo Atto Aggiuntivo del 1996) le obbligazioni discendenti a carico dell’Ente dalla Convenzione del 1991 ed oggetto del presente giudizio. Il Collegio ritiene in conclusione che sussiste pertanto la legittimazione passiva della Azienda convenuta in arbitrato, nel senso che, ove ritenute esistenti, le obbligazioni dedotte in giudizio dovranno gravare su di essa.
* * *
PER QUESTI MOTIVI
il Collegio arbitrale, riunito in conferenza personale in data 8 gennaio 2021 mediante collegamento telematico a mezzo piattaforma Zoom, a maggioranza dei suoi membri (e con opinione dissenziente dell’Avv. Xxxx Xxxxxxx: All. n. 1 al presente atto), non definitivamente pronunciando, ritenuta e dichiarata la sua competenza, decide come segue:
– rigetta, nei sensi e nei modi di cui in motivazione, la domanda proposta dalla Azienda Sanitaria Locale 1 di Avezzano-Sulmona-L’Aquila di nullità della “Convenzione per l’affidamento in Concessione di Committenza alla Società S.T.S. Servizi e Tecnologie Socio- Sanitarie S.p.A., delle attività di servizio relative alla progettazione e alla realizzazione delle opere necessarie per il completamento del sistema dei presidi sanitari della XXX x. 0 xx Xxxxxx xx Xxxxxx, XX” conclusa in data 1° marzo 1991 per atto notaio dott.ssa Xxxxxxx Xxxxx (repertorio n. 12063, racc. 3610), registrato in Castel di Sangro il 18.3.1991 al n. 81 e dell’“Atto Aggiuntivo alla convenzione stipulata tra la società S.T.S. Servizi Tecnologie Sistema S.p.A. con l’allora X.X.XX. n. 3 di Castel di Sangro in data 1 marzo 1991 per notaio Xxxxxxx Xxxxx rep. 12063 racc. 3610 relativa alla progettazione e realizzazione delle opere necessarie per il completamento del sistema dei presidi sanitari della X.X.XX. di Castel di Sangro (AQ)” concluso in data 21 maggio 1996 per notaio Xxxxxxx Xxxxx, rep. n. 17763, racc. 5751;
– per l’effetto, dichiara ed accerta la validità della clausola arbitrale contenuta nell’art. 31 della “Convenzione per l’affidamento in Concessione di Committenza alla Società S.T.S. Servizi e Tecnologie Socio-Sanitarie S.p.A., delle attività di servizio relative alla progettazione e alla
realizzazione delle opere necessarie per il completamento del sistema dei presidi sanitari della XXX x. 0 xx Xxxxxx xx Xxxxxx, XX” conclusa in data 1° marzo 1991 per atto notaio dott.ssa Xxxxxxx Xxxxx (repertorio n. 12063, racc. 3610), registrato in Castel di Sangro il 18.3.1991 al n. 81;
– rigetta, nei sensi e nei modi di cui in motivazione, l’eccezione di incompetenza del Collegio Arbitrale proposta dalla Azienda Sanitaria Locale 1 di Avezzano-Sulmona-L’Aquila;
– rigetta, nei sensi e nei modi di cui in motivazione, l’eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dalla Azienda Sanitaria Locale 1 di Avezzano-Sulmona-L’Aquila;
– riserva al lodo definitivo, che sarà depositato entro il termine prorogato ex lege e fissato dall’art. 820 co. 4, lett. c) c.p.c., la decisione sulle altre domande ed eccezioni proposte dalle parti, così come sulla regolazione tra le parti delle spese dell’arbitrato e degli onorari degli arbitri, disponendo per l’ulteriore prosecuzione del giudizio con separata ordinanza.
Così deciso dagli arbitri riuniti in conferenza personale in data 8 gennaio 2021 e sottoscritto nei luoghi e nelle date che seguono.
Letto, confermato e sottoscritto in numero 3 originali. Roma, 8 febbraio 2021
Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx (Presidente) Roma, 8 febbraio 2021
Prof. Avv. Xxxxx Xxxxxx Roma, 8 febbraio 2021
Avv. Xxxx Xxxxxxx
In allegato (n. 1): Opinione dissenziente dell’Avv. Xxxx Xxxxxxx.
ALLEGATO 1 - Opinione dissenziente dell’arbitro Xxx. Xxxx Xxxxxxx.
OPINIONE DISSENZIENTE
Sulla non legittimazione e/o incompetenza del Collegio Arbitrale a decidere la controversia de qua per inesistenza della clausola arbitrale.
1- L’arbitro Avv. Xxxxxxx eccepisce che il Collegio arbitrale sia privo della legittimazione a decidere la controversia de qua, mancando nella fattispecie la previsione di una specifica clausola compromissoria.
Occorre evidenziare che detta clausola non può validamente rinvenirsi nell’altro contratto, che
S.T.S. (Servizi e Tecnologie Socio sanitarie s.p.a.) e la USL di Castel Di Sagro in data 1° marzo 1991 ebbero a stipulare (Convenzione Repertorio n. 12063).
Detta Convenzione contiene una clausola compromissoria espressamente riferita solo “a qualsiasi controversia sorta tra le parti relativamente al presente atto (rectius: Convenzione n. 12063/1991) e alla sua esecuzione.” Detta clausola, quindi, non può ritenersi valevole per le controversie relative ad altri contratti: ciò in quanto il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio in cui è stata inserita ne comporta l'estensione alle sole cause di invalidità di questo, purché ad esso non esterne. Si esclude l'ultrattività in ordine ai rapporti derivanti da contratti successivi, neppure indirettamente menzionati nella clausola stessa e di cui il precedente negozio costituisca ormai soltanto un mero antecedente storico.
Il secondo contratto (del 1996), impropriamente definito “atto Aggiuntivo”, si identifica a tutti gli effetti di legge in un nuovo contratto, essendo nuova la natura del rapporto negoziale avente ad oggetto un appalto, non più la concessione prevista nella Convenzione del 1991.
Tale ricostruzione trae fondamento logico dai seguenti elementi:
- il nuovo contratto ha previsto l’abrogazione di tutti gli articoli del vecchio testo aventi ad oggetto il rapporto concessorio;
- nella premessa del contratto del 1996 le parti danno espressamente atto di “epurare di ogni contenuto di tipo concessorio il rapporto qualificando come illegittimo il precedente contratto” ;
- l’art. 19 del contratto del 1996 ha annullato ogni riferimento alla figura del concedente che era contenuta nel vecchio testo.
Se ne inferisce che la clausola di rinvio apposta quasi in calce all’atto del 1996 fa riferimento solo agli obblighi assunti con la Convenzione cui accede detta clausola, senza che essa possa ritenersi implicitamente richiamata nel nuovo contratto: ciò in quanto essa è stata espressamente riferita allo
specifico rapporto concessorio (stabilito nel 1991) e comunque non potrebbe risultare per relationem, essendo ciò vietato dal principio di autonomia della clausola compromissoria (come inteso dalla Corte Regolatrice: ad esempio, cfr. Cass. 1.9.2015 n. 17393, “In virtù del principio di autonomia della clausola compromissoria, essa ha un'individualità nettamente distinta dal contratto nel quale è inserita, non costituendone un accessorio”; “La clausola compromissoria costituisce un contratto autonomo ad effetti processuali, anche quando sia inserita nell'atto contenente il contratto cui ineriscono le controversie oggetto della clausola; né, data la loro autonoma funzione, tra i due contratti sussiste tecnicamente un rapporto di accessorietà”, Cass. 13.10.2011 n. 22608).
Nella fattispecie se le parti avessero inteso deferire agli arbitri le controversie incorse nel contratto del 1996 avrebbero dovuto richiamare espressamente la clausola arbitrale del 1991, quale autonomo contratto (ad effetti processuali), distinto e diverso dalla Convenzione del 1991 (avente effetti obbligatori).
L’art. 31 della richiamata Convenzione, peraltro, prevedeva l’esperimento di un tentativo di amichevole composizione della controversia e, nel caso di esito negativo dello stesso, il deferimento ad un collegio arbitrale, previa pronunzia del Concedente in sede amministrativa: pronunzia che nella fattispecie non è in alcun modo rinvenibile, ragion ulteriore per cui la clausola compromissoria non deve ritenersi validamente attivata. Neppure risulta essere stato esperito il tentativo di amichevole composizione della lite.
La clausola compromissoria, dunque, fermo restando la vincolatività solo in relazione alle controversie insorte per l’esecuzione del primo contratto, ha attribuito soltanto alla parte pubblica la facoltà di avvalersi o meno della competenza arbitrale, riservando alla stessa la facoltà di chiedere che la controversia fosse eventualmente decisa dal giudice ordinario. Detta facoltà deve ritenersi valida, essendo in linea con i limiti di esercizio dell'autonomia privata oltreché coerente con la tendenza di sistema favorevole al riconoscimento della giustizia pubblica quale forma primaria di soluzione dei conflitti.
2- La clausola compromissoria deve comunque ritenersi inefficace ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190. A norma dell’art. 1, comma 19 della richiamata legge le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, possono essere deferite ad arbitri solo previa autorizzazione motivata da parte dell'organo di governo dell'amministrazione. La citata legge non esclude dall'applicazione del comma 19 gli arbitrati conferiti successivamente alla data di entrata in vigore della stessa legge ma sulla base di clausole compromissorie pattuite anteriormente. La Corte Costituzionale (Sent. N. 108 del 9.6.2015) ha chiarito, in proposito, che lo ius superveniens, consistente nel divieto di deferire le controversie ad arbitri senza una preventiva e motivata autorizzazione dell'amministrazione, non
ha l'effetto di rendere nulle in via retroattiva le clausole compromissorie originariamente inserite nei contratti, bensì quello di sancirne l'inefficacia per il futuro, in applicazione del principio, espresso dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la nullità di un contratto o di una sua singola clausola, prevista da una norma limitativa dell'autonomia contrattuale che sopravvenga nel corso di esecuzione di un rapporto, incide sul rapporto medesimo, non consentendo la produzione di ulteriori effetti, sicché il contratto o la sua singola clausola si devono ritenere non più operanti.
La successiva abrogazione della citata norma non ha mutato i principi valevoli nella fattispecie: la sopravvenuta norma di cui all’art. 209, comma 3, del Codice degli appalti (D. Lgs. n. 50 del 2016), infatti, continua a prevedere “la nullità della clausola compromissoria inserita senza autorizzazione nel bando o nell’avviso con cui e’ indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito. La clausola e’ inserita previa autorizzazione motivata dell’organo di governo della amministrazione aggiudicatrice”.
Nella fattispecie non si evince l’esistenza di alcuna autorizzazione motivata da parte del Direttore Generale della ASL, né risulta che la clausola compromissoria sia stata menzionata nella lettera di invito (tenuto conto del mancato espletamento di una gara pubblica), per cui deve ritenersi che nel caso di specie la ASL non possa ritenersi vincolata da una clausola compromissoria prevista da un contratto diverso, non richiamata esplicitamente, né autorizzata da alcun atto del Direttore Generale.
3- Carenza della legittimazione passiva della A.S.L. n. 1 Avezzano Sulmona L’Aquila.
L’avv. Xxxxxxx fa presente che la Convenzione del 1991 è stata stipulata dal Presidente del Comitato di gestione della ULSS n. 3 di Castel di Sangro.
Detta Convenzione non può ritenersi vincolante nei confronti della Asl 1 Avezzano Sulmana L’Aquila, la quale è carente di legittimazione passiva nella controversia de qua.
Queste le ragioni.
L’art. 6, comma 1, della l. 23 dicembre 1994 n. 724 (come integrato dall’art. 2, comma 14, della l. 28 dicembre 1995 n. 549) prevede che i rapporti obbligatori afferenti alle soppresse unità sanitarie locali (U.S.L.) non sono stati trasferiti alla responsabilità delle neoistituite aziende di unità sanitaria locale (A.U.S.L.), ma spettano alla competenza esclusiva delle apposite “gestioni liquidatorie’’ costituite presso le Regioni nella loro autonoma e distinta configurazione soggettiva di ‘’enti pubblici non economici’’ (Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 11088 del 20/05/2014); con la conseguenza che nessuna legittimazione passiva può spettare alle nuove Aziende (da ritenersi, invece, ‘’enti pubblici economici’’) per debiti contratti da una soppressa USL, ancorché confluita nella struttura della nuova azienda (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2001, n. 484; in termini, Cass. civ., Sez. Lav., 27 gennaio 1998, n. 803; cfr. in termini anche la successiva giurisprudenza di
legittimità secondo cui “la legittimazione sostanziale (e processuale) concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle USL spetti comunque alle Regioni; nonché in alternativa (anche) alle gestioni stralcio - che prolungano la soggettività degli enti soppressi durante la fase liquidatoria - almeno fino a quando le stesse non siano definitivamente e formalmente chiuse con apposito provvedimento”: Cass. civ., sez. un., 20 giugno 0000, x. 00000; conf. Cass. civ., Sez. I, 13 marzo 2013, n. 6208; Cass. civ., sez. III, 02 luglio 2010, n. 15725).
Sulla base della citata giurisprudenza non può assumere alcun rilievo la circostanza che la AUSL n. 1 abbia stipulato un nuovo contratto con S.T.S., essendo incontrastato che “i debiti ed i crediti facenti capo alle unità sanitarie locali e risalenti al periodo anteriore all’1.1.1995 non possono in alcun modo gravare sulle neo-costituite aziende sanitarie, realizzandosi invece, attraverso la costituzione di apposite gestioni stralcio, poi liquidatorie, la successione ex lege delle Regioni nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle Unità sanitarie locali; con la conseguenza che deve escludersi, per i suddetti rapporti obbligatori, finanche una solidarietà passiva tra le Aziende sanitarie locali e la Regione; nè tale disciplina è passibile del rilievo di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt.3 e 42 della Costituzione, sia perchè essa trova ragionevole giustificazione nella specificità del soggetto A.S.L. e nell’intento del legislatore di garantirne l’operatività non gravandolo di debiti pregressi, sia perchè la tutela dei creditori è in ogni caso garantita con l’attribuzione alle Regioni della responsabilità in ordine all’adempimento delle obbligazioni di che trattasi” (Cass. Civ., Sez. Lavoro, 17.5.2000, n.6420; cfr: Xxxx. Xxx., Xxx.X, 00.0.0000, x.0000; Cass.Civ. Sez.I, 7.6.2000, n.7709 ed altre).
Nella Regione Abruzzo la trasformazione delle gestioni stralcio in gestioni liquidatorie è intervenuta solo con l’entrata in vigore dell’art. 41 della L.R. 24 dicembre 1996, n. 146, la cui previsione è stata oggetto di interpretazione autentica ai sensi dell’art. 41 della L.R.A. n. 123 del 29 novembre 1999 secondo cui, per quanto qui rileva, “L'articolo 41 della legge regionale 24 dicembre 1996, n. 146 è da intendere nel senso che tutti i debiti, i crediti ed il fondo di cassa risultanti alla chiusura dell'esercizio finanziario 1994, facenti capo alle preesistenti Unità locali socio sanitarie sono imputati esclusivamente alle gestioni liquidatorie, costituenti contabilità speciali delle aziende unità sanitarie locali” (comma 1) mentre il successivo comma ha stabilito che “La responsabilità della contabilità delle gestioni liquidatorie, nell'ambito delle funzioni attribuite ai direttori generali delle aziende unità sanitarie locali, quali commissari liquidatori delle soppresse unità locali socio - sanitarie ricomprese nel territorio di ciascuna azienda, è attribuita agli uffici bilancio e ragioneria. La gestione liquidatoria di cui al precedente comma 1 è dotata di autonomia rappresentatività anche in sede processuale, attraverso il suo rappresentante legale nella figura del commissario
liquidatore” prevedendo, inoltre, che “le eventuali sopravvenienze passive fanno carico al bilancio regionale” (comma 6).
La Corte di Cassazione ha poi ribadito che “per effetto della soppressione delle Unità sanitarie locali, aventi natura di enti strumentali delle Regioni, si è realizzata una fattispecie di successione ex lege delle Regioni in tutti i rapporti obbligatori facenti capo alle estinte Unità sanitarie locali, con esclusione di ogni ipotesi di successione in universum ius delle Aziende Unità sanitarie locali alle preesistenti unità sanitarie locali (Cass., SS.UU. 26 febbraio 1999, n. 102; Cass., 26 settembre 1997,
n. 9438)”, precisando che “che riguardo alle cause relative ai su detti rapporti le A.S.L. sono prive di legittimazione passiva, spettando questa alle Regioni, quali titolari delle gestioni liquidatorie, in persona del loro organo rappresentativo, che è il Direttore generale della A.S.L. subentrata alla
U.S.L. soppressa, il quale agisce quale organo regionale nell'interesse della Regione (Cass., SS.UU. 6 marzo 1997, n. 1989; 6 giugno 1998, n. 5602; 28 luglio 1999, n. 8159)”.
La Corte di Cassazione ha poi chiarito che la norma di cui all’art. 41 della Legge R.A. n. 146 del 1996 vada “interpretata, nell'ambito dei su detti principi posti dalla legislazione statale, nel senso che, una volta trasferiti i debiti e i crediti delle Unità sanitarie soppresse, e collocati in apposite contabilità separate, ai sensi del primo comma, alle AA.SS.LL., non potendo essi essere fatti gravare sulle AA.SS.LL. in base a quanto prescritto dall'art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994, dette contabilità a stralcio sono state trasformate, in conformità di quanto prescritto dall'art. 2 della legge
n. 549 del 1995, in gestioni liquidatorie regionali, amministrate dai Direttori generali delle Aziende sanitarie, che provvedono alla liquidazione quali organi regionali, con fondi estranei ai bilanci delle Aziende sanitarie”.
Ne deriva che anche per le cause relative ai debiti delle soppresse Unità sanitarie locali della regione Abruzzo l'ente passivamente legittimato è la Regione, quale titolare delle singole gestioni liquidatorie, e non la A.S.L. (…)”.
La Corte di Cassazione, in seguito all’emanazione della L.R.A. n. 123 del 29 novembre 1999 (di “interpretazione autentica ed integrazione dell’41 della L.R. 24 dicembre 1996, n. 146’’) sul tema della concorrente responsabilità della Regione e delle gestioni liquidatorie, rispetto alle vicende antecedenti alla data del 10.2.1999 ha peraltro precisato che “sono soggetti debitori, in luogo delle disciolte USL, sia la Gestione Liquidatoria, che mantiene l'autonoma soggettività giuridica posseduta dall'USL disciolta e di cui persegue il procedimento liquidatorio, sia la Regione” (nello stesso senso Cass. 28 agosto 2002 n. 12605, e 8 luglio 2005 n. 14336).
In nessun caso è stata mai affermata dalla Corte di Cassazione la legittimazione passiva delle
AUSL.
Poiché risulta che nella fattispecie le pretese creditorie di S.T.S. troverebbero la propria fonte negoziale nella Convenzione stipulata in data 1° marzo 1991 e nell’Atto Aggiuntivo del 21 maggio 1996, entrambi antecedenti alla data del 10 febbraio 1999, se ne deduce che le stesse avrebbero dovuto essere rivolte (anche agli effetti interruttivi della prescrizione dei crediti asseriti) nei confronti della Regione Abruzzo e della Gestione liquidatoria e non, invece, dell’Azienda Sanitaria n. 1 di Avezzano
– Sulmona – L’Aquila che risulta essere del tutto estranea ai rapporti attivi e passivi afferenti alla ULSS n. 3 di Castel di Sangro.