CENNI SULL’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO NEI SISTEMI DI COMMON LAW
CENNI SULL’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO NEI SISTEMI DI COMMON LAW
di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx
The state of a man’s mind
is as much a fact as the state of his digestion
L. J. XXXXX
e 🙢
1. Prolegomeni
A differenza di quanto avviene nell’ordinamento italiano1, in cui il contratto deve essere interpretato, tramite un’operazione complessa2, indagando la comune
1 Si vedano: artt. 1362 e ss. c.c.
2 Secondo SENIGAGLIA, «l’interpretazione del contratto è una operazione gnoseologica, di carattere procedurale, mediante la quale il giudice ricerca, per (ri)costruire, il senso giuridicamente “rilevante” del contratto» (X. XXXXXXXXXX, Interpretazione complessiva del contratto e clausola generale di ragionevolezza, in Giur. it., 2003, pag. 279). Sul punto, si veda: X. XXXXXXX, L'interpretazione autentica del contratto, in Contr. impr., 2001, II, pag. 1110.
1
intenzione delle parti che appare dall’atto3, senza limitarsi al significato letterale delle parole4, nei sistemi di Common Law l’interpretazione del contratto è stata a lungo caratterizzata dalla priorità del criterio della letteralità (Evidence Rule5). Tuttavia, si deve segnalare che, negli ultimi anni, la ricostruzione della volontà contrattuale appare «svalutata»6 soprattutto in Gran Bretagna7.
3 In dottrina, ex plurimis, si vedano: X. XXXXXXXXX, L’interpretazione del negozio giuridico con particolare riguardo ai contratti, Cedam, Padova, 1938; X. XXXXXXXX, Dottrina generale del contratto, Xxxxxxx, Milano, 1948; X. XXXXXXXXXXX, Interpretazione del contratto e principio dispositivo, in Temi, 1963, pag. 1142; X. XXXXXXXXX, L’interpretazione del contratto, Cedam, Padova, 2006. Si deve ricordare che la formulazione del primo comma dell’art. 1362 c.c. affonda le proprie radici in un testo di PAPINIANO (D. 50, 16, 219) e in un passo del XXXXXXX (presente nel Traitè des obligations). Peraltro, la norma è assai simile a quella espressa dall’art. 1156 del Code Napoléon.
4 Eppure, è necessario evidenziare che, in tema di interpretazione dei contratti, l’art. 1362 c.c., pur prescrivendo all’interprete di non limitarsi nell’attività di ermeneutica negoziale all’analisi del significato letterale delle parole, non relega tale criterio al rango di strumento interpretativo del tutto sussidiario e secondario, collocandolo al contrario nella posizione di mezzo prioritario e fondamentale per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti, con la conseguenza che il giudice, prima di accedere ad altri, diversi parametri di interpretazione, è tenuto a fornire compiuta ed articolata motivazione sulla ritenuta equivocità ed insufficienza del dato letterale, a meno che tale equivocità non risulti ictu oculi di assoluta non confutabile evidenza (in tal senso: Cass. civ., sez. III, 20 maggio 1997, n. 4480, in Mass. Giur. it., 1997; Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 1998, n. 10554, ivi, 1998). In particolare, nella ricerca della comune intenzione delle parti contraenti al momento della conclusione del contratto, il primo e principale strumento dell'operazione interpretativa è costituito dalle parole ed espressioni del contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, restando escluso, ove esse indichino un contenuto sufficientemente preciso, che l’interprete possa ricercare un significato diverso da quello letterale in base ad altri criteri ermeneutici, il ricorso ai quali presuppone la rigorosa dimostrazione dell'insufficienza del mero dato letterale ad evidenziare in modo soddisfacente la volontà contrattuale (ex pluribus: Cass. civ., Sez. lavoro, 8 gennaio 2003, n.83, in Mass. Giur. lav., 2004, 6, pag. 146; Cass. civ., sez. lav., 5 febbraio 2004, n. 2153, in Arch. civ., 2004, pag. 1446; Gius, 2004, pag. 2516).
5 Cfr.: Court of Appeal, Xxxxxx x. Xxxxxxx & General Plantations Trust Ltd [1924], 1 Ch 287.
6 L’espressione è utilizzata da G. ALPA, Contratto nei sistemi di common law, in Digesto – Disc. priv., vol. IV, Utet, Torino, 1998, pag. 180.
7 Mentre rappresenta ancora il criterio ermeneutico principale nei Paesi nordamericani. In particolare, si rinvia all’Uniform Commercial Code (§§ 2-202 e ss.).
2
2. Interpretation e construction
Attualmente, infatti, si tende a differenziare la interpretation dalla construction8 e nell’opera esegetica condotta dall’interprete viene attribuito un ruolo sempre più rilevante ai criteri soggettivi9.
Del resto, i sistemi di Common Law si caratterizzano per la presenza di taluni “correttivi”, tra i quali si segnala la Golden Rule10, secondo la quale l’interpretazione della volontà delle parti di un contratto deve evitare risultati assurdi11.
Come sottolineato dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte italiana, in un dictum del 199512, nel diritto anglosassone si deve distinguere tra interpretation, intesa come esegesi della volontà espressa13, e construction14, diretta a ricostruire la volontà secondo criteri oggettivi15.
8 A. L. XXXXXX, On Contracts, One Volume Edition, St. Xxxx, Minnesota, 1952, pag. 154. Come ricorda ALPA, «si tratta (…) di una serie di operazioni che si susseguono, secondo l’orientamento prevalente in Inghilterra su piani diversi e tra loro interferenti: l’individuazione del fundamental term (o fundamental obligation) che distinguee il nucleo centrale delle obbligazioni dedotte in contratto dalle obbligazioni rimanente (la cui inesecuzione non comporta breach of the contract), la classificazione delle obbligazioni delle parti in conditions e warranties e successivamente in implied conditions e express conditions, la determinazione del significato esatto delle espressioni usate (Plain Meaning Rule) e l’osservanza (spesso rigorosa) di quanto si è espressamente indicato nel contratto (Parol Evidence Rule)» (in tal senso: X. XXXX, op. cit., pag. 180).
9 Cfr.: X. XXXX, op. cit., pagg. 180 e ss.
10 A. L. XXXXXX, op. cit., pagg. 154 e ss.
11 Spesso si fa riferimento alle interpretazioni derivanti dal buon senso (Eiusdem Generis Rule) e dalla logica.
12 Cass. civ., sez. I, 2 novembre 1995, n. 11392, in Contratti, 1996, 2, pag. 125; Foro it., 1996, I, col.
2852; Giur. it., 1997, I,1, pag. 384.
13
X. XXXX, op. cit., pagg. 180 e ss.
14 Si rinvia al caso Pyskoty x. Xxxxxxxx,, 109 Conn. 593, 145 Atl. 58, 1929.
15 Cfr.: C. M. XXXXXXXXX, The Parol Evidence Rule as a Procedural Device for Control of The Jury, in Yale
L. Journal, 1932, vol. 41, pag. 365.
3
Nell’occasione si è evidenziato che l’interpretazione letterale ha la stessa portata e lo stesso ruolo che è previsto dalla nostra disciplina, «almeno in linea di principio»16. In particolare, si è rilevato che la dottrina ha chiarito che vi è in atto una tendenza a svalutare questo strumento interpretativo nel diritto britannico, a differenza di quanto avviene nel diritto nordamericano17.
E’ stato anche osservato che la Parol Evidence Rule, oggetto di forti critiche nella stessa cultura giuridica anglosassone, corrisponde al broccardo della tradizione romanista in claris non fit interpretatio, che, «vieta al giudice di ricorrere ad ulteriori strumenti ermeneutici quando, all'esito di un procedimento interpretativo, ritenga che dai termini usati dalle parti emerge con chiarezza e univocità la loro comune intenzione»18. Ma, come si è anticipato, non è possibile un’applicazione “secca” del criterio della letteralità, che, spesso, non consente di salvare un accordo contrattuale “in bilico” tra validità e invalidità19, secondo il principio che vuole che il contratto debba interpretarsi ut res magis valeat quam pereat20.
3. Attuali tendenze
Sulla base di quanto osservato, si ritiene che anche nei Paesi di Civil Law sia necessario “scavare” nella reale volontà espressa dalle parti, abbandonando un criterio assoluto quale quello espresso dalla Parol Evidence Rule21.
In tal senso, assumono un rilievo assai importante i cd. implied terms22, che permettono di ricercare la reale volontà delle parti a prescindere da quanto sia stato
16 Cass. civ., sez. I, 2 novembre 1995, n. 11392, cit.
17 E XXXXXX, The Parol Evidence Rule, The Plain Meaning Rule, and the Principles of Contractual Interpretation, in X. Xxxx. L. Rev., 1998, pag. 533.
18 Cass. civ., sez. I, 2 novembre 1995, n. 11392, cit.
19 E XXXXXX, op. cit.
20 Il broccardo è presente anche nei Principles of European Contract Law (art.5.101.).
21 E XXXXXX, op. cit.
4
effettivamente scritto nell’accordo23. Le parole, quindi, anche se non pronunziate o scritte dalle parti, possono essere implicite “di fatto”24, o addirittura “by law”, in quanto richiamati dagli statutes25.
22 G.M. XXXXX, Implied Terms and Interpretation in Contract Law, in X. XXXXXXXXX - X. XX XXXXX, Encyclopedia of Law and Economics, vol. IV, Xxxxxx Xxxxx Publishing, Inc., Northampton, Massachusetts, 2000., 2000, pag. 78.
23 Infatti, trattasi di clausole che si possono desumere dal testo stesso o, addirittura, dall’analisi complessiva dell’accordo contrattuale.
24 Si veda: G. H. XXXXXXX, The law of contract, Sweet & Xxxxxxx, London, 1995, pagg. 185 e ss.
25 Cfr.: The Sale of good act (1979).
5