Attività di gestione e contratto di mandato
Enciclopedia
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Attività di gestione e contratto di mandato
Sommario: 1. Cenni storici e rilievi sistematici. – 2. Il mandato come tipo gestorio. – 3. (segue) Cooperazione giuridica e cooperazione materiale.
1. – Nato storicamente nel diritto romano (all’interno dello ius civile) co- me contratto consensuale, quale obligatio quae consensu contrahitur, frutto cioè del semplice consenso manifestato dalle parti e dell’accordo così rag- giunto, innovazione questa non trascurabile, stante l’antico principio se- condo cui nudum pactum non parit obligationem, il mandato si caratterizza, fin dalle sue origini, quale strumento di affidamento ad altri per il compi- mento di attività giuridicamente rilevanti; lo stesso etimo dei termini man- datum e mandare che derivano da manum dare, cioè darsi la mano, rende edotti del fatto che la simbolica stretta di mano serviva ad evidenziare pro- prio questo elemento dell’affidamento caratteristico appunto del rapporto di mandato che, secondo quanto riferito dal giureconsulto Xxxxx, «originem ex officio et amicitia trahit » (D. 17.1.1.4) (1). Da qui l’ulteriore corollario, co- me ancora riportato da Xxxxx, secondo cui «mandatum nisi gratuitum xxx- xxx xxx » (X. 00.0.0.0), xxxxx xxxxxxxxxx, ma successivamente abbandonata, essenziale gratuità di questo tipo di contratto, nato quale vincolo costituti- vo di un impegno assunto da parte del mandatario di fare alcunché a favore del mandante « operante sul piano del costume e della morale sociale, non su quello del diritto » (2) e, poi, attratto nelle sfere dello ius in termini di ve- ro e proprio obbligo giuridico.
Peraltro, proprio questo originario tratto distintivo appare strettamente correlato al carattere (atecnicamente) fiduciario, nel (limitato) senso cioè di
(1) Per una compiuta indagine sul contratto di mandato nel diritto romano x. Xxxxxxx- Xxxx, Il mandato nel diritto romano, Napoli, 1965; da ultimo Randazzo, Mandare. Radici del- la doverosità e percorsi consensualistici nell’evoluzione del mandato romano, Milano, 2005.
(2) Provera, voce Mandato (negozio giuridico): a) Storia, in Enc. dir., XXV, Milano, 1975, p. 313.
rapporto fondato sulla fiducia, del contratto in esame, così come anche og- gi ordinariamente viene ritenuto distinguendosi i negozi (propriamente) fi- duciari, ossia quelli « nei quali l’affidamento in chi riceve un’attribuzione patrimoniale (fiduciario) si considera il solo correttivo dell’eterogeneità dei mezzi giuridici impiegati rispetto allo scopo economico » (3), dai negozi di fi- ducia, rinvenendosi in questi ultimi quelle « figure nelle quali con intensità maggiore o minore la considerazione delle qualità individuali delle parti può influire, come motivo determinante sulla conclusione e sugli effetti del negozio » (4), cioè rapporti fiduciari in senso lato come appunto (tra gli altri) il mandato (5), riferimento quest’ultimo equivalente (e sovrapponibile) alla categoria dei contratti stipulati intuitu personae (6). Ciò, ovviamente, non si- gnifica che il mandatario non avesse diritto al rimborso delle spese sostenu- te e al risarcimento dei danni eventualmente subiti nell’esecuzione dell’in- carico, ma questo non intaccava la gratuità del mandato e traccia di questa caratteristica classica dell’istituto può rinvenirsi nel nostro ordinamento che, all’art. 1709 c.c., stabilisce il principio della presunzione di onerosità
(3) Messina, I negozi fiduciari, ora in Scritti giuridici, I, Milano, 1948, p. 1.
(4) Messina, I negozi fiduciari, cit., p. 1.
(5) Per un richiamo alla cautela in ordine alla qualificazione del mandato in termini di contratto di fiducia v. Luminoso, Il mandato, Torino, 2000, 23. Non è ovviamente possibile in questa sede affrontare minimamente la questione di cui si è rapidissimamente fatto accenno in testo, anche in ordine alla rilevata ambiguità terminologica non soltanto del termine fidu- cia ma anche dell’evidenziata eterogeneità di termini (usati in raffronto) quali negozio (fidu- ciario) e rapporto (fiduciario) rinviando, per tutti, a Pugliatti, Fiducia e rappresentanza indi- retta, ora in Diritto civile. Metodo-Teoria-Pratica. Xxxxx, Milano, 1951, p. 201 ss. e spec. p. 260 ss. Sul tema v., da ultimo, Xxxxxxx, I contratti speciali. Il mandato, la commissione, la spedizione, in Tratt. dir. priv. diretto da Xxxxxxx, XIV, Torino, 2007, p. 23 ss., con specifico riferimento al rapporto tra mandato senza rappresentanza e negozio fiduciario. In ordine all’impiego nel linguaggio giuridico del concetto di fiducia (tra proprietà fiduciaria e contratto fiduciario) cfr., perspicuamente, Xxxxxxx, Il negozio giuridico, II ed., in Tratt. dir. civ. e comm. già diretto da Xxxx, Messineo e Xxxxxxx, continuato da Xxxxxxxxxxx, Milano, 2002, p. 483 ss.; Id., Il contrat- to, Padova, 2007, p. 447 ss.
(6) Per questa configurazione, espressamente, Messineo, Manuale di diritto civile e com- merciale, IX ed., V, Milano, 1958, p. 39; diversamente, sembra, Cass., 22 luglio 1999, n. 7888, in Arch. locaz., 1999, p. 936 ss., con nota di De Tilla, Sulla identità giuridica dell’amministra- tore di condominio, rilevando che il mandato, pur caratterizzato dall’elemento della fiducia, non è tuttavia necessariamente basato sull’intuitus personae, traendone così la consequenza (che forse, invece, doveva rappresentarne il presupposto logico) della possibilità per il man- datario di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 1717 c.c. ma dimenticando, in ogni caso, che la sostituzione deve comunque sempre essere autorizzata dal mandante o risultare ne- cessaria per la natura dell’incarico, pena la responsabilità del mandatario per l’operato della persona sostituita.
del mandato; presunzione di onerosità che, dunque, ammette la prova con- traria basata, ad esempio, sulla diversa pattuizione della parti, ma che testi- monia ormai la professionalità di tale contratto prevedendosi, in assenza di pattuizione, la determinazione della misura del compenso in base alle tarif- fe professionali.
Del resto, la soluzione adottata dal codice civile del 1942 con riguardo alla remunerazione della prestazione cooperativa resa, pur con una sostan- ziale diversità di impostazione, non è estranea al previgente codice civile del 1865 il quale se, per un verso, prevedeva, all’interno della definizione del contratto di mandato, che l’obbligo poteva essere assunto gratuitamen- te o mediante compenso (cfr. art. 1737 c.c. del 1865), per altro verso, in una successiva disposizione, sanciva la essenziale gratuità del contratto stesso, facendo peraltro salvo il patto contrario (cfr. art. 1739 c.c. del 1865).
Occorre poi aggiungere che proprio la originaria caratterizzazione in chiave amicale del mandato con la connessa previsione della essenziale gra- tuità, pur trovando validi sostenitori anche nel diritto intermedio (7), ben presto avrebbe lasciato il posto, in un contesto fortemente pervaso dallo svi- luppo delle attività economiche, ad una regola diversa, espressione di uno specifico àmbito di operatività (anche sotto il profilo del tipo negoziale) del mandato, quello commerciale appunto, disponendosi nel codice di com- mercio del 1882 che « il mandato commerciale non si presume gratuito » (art. 349, comma 2°, c. comm. del 1882) (8). Questa regola peraltro, destina- ta al mondo degli affari commerciali, in quanto rivolta appunto a quel tipo di mandato (commerciale) avente « per oggetto la trattazione di affari com- merciali per conto e in nome del mandante » (art. 349, comma 1°, c. comm. del 1882) (9), avrebbe trovato sostanziale ingresso al momento della unifica- zione della disciplina commerciale con quella civile nel codice civile del 1942 proprio attraverso la richiamata previsione dell’art. 1709 c.c., con il de- finitivo tramonto dunque dell’opposto principio della essenziale gratuità
(7) Per alcuni accenni v. Provera, voce Mandato, cit., p. 318 ss.
(8) Sulla duplicazione dei codici (civile e commerciale) e sulla correlativa contrapposizio- ne di regole (una vera e propria duplicazione dei sistemi di diritto privato) x. Xxxxxxx, Il di- ritto privato fra codice e costituzione, II ed., Bologna, 1988, p. 19 ss., il quale ricorda per l’ap- punto la disciplina del mandato commerciale (artt. 349-387 c. comm. del 1882) in antitesi al mandato civile (artt. 1737-1763 c.c. del 1865); similmente Id., voce Diritto commerciale, in Di- gesto, disc. priv. (sez. comm.), IV, Torino, 1990 (rist.), p. 355 ss.
(9) Sintetiche, ma puntuali, indicazioni sono rinvenibili, con riguardo al mandato com- merciale, in Vivante, Istituzioni di diritto commerciale, XXIII ed., Milano, 1922, p. 221 ss., giu- stificandosi il ricorso a tale strumento negoziale con l’affidamento riposto dal mandante
« nella esperienza, nell’avvedutezza del mandatario perché xxxxxxxx e concluda – nei limiti tracciatigli – in sua vece » (p. 222).
del mandato (10); correlativamente, non si può non concordare con chi evi- denzia la rilevanza molto modesta, atteso lo scarso valore economico dei mandati gratuiti, della statuizione codicistica secondo cui « se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore » (art. 1710, comma 1°, c.c.) (11).
Ad ogni modo, l’attuale previsione di ordinaria (e naturale) onerosità del mandato non produce alcuna alterazione funzionale di tale schema contrattuale trattandosi, sotto questo profilo, di figura “incolore”, la cui ca- ratterizzazione tipologica non è cioè legata a questo aspetto del programma negoziale (12). In buona sostanza, così come perspicuamente rilevato, siamo in presenza di un tipo negoziale a bassa (o, forse, bassissima) definizione e, correlativamente, ad elevata elasticità, nella misura in cui alla sua definizio- ne (o identificazione) non concorrono una pluralità di elementi (tutti ne- cessari) ma rispetto al quale appare, invece, decisiva la sola natura della pre- stazione del mandatario, atteso che « il corrispettivo può esserci (mandato oneroso) o non esserci (mandato gratuito) e in entrambi i casi si rimane nel tipo. Se il corrispettivo c’è, può avere qualsiasi natura. Qui dunque l’elasti- cità del tipo è massima » (13).
L’individuata necessità, ai fini della identificazione del tipo in termini di mandato, della inalterata permanenza del nucleo fondamentale, rappresen- tato appunto dal compimento (obbligatorio) di atti giuridici per conto al- trui, è allora pienamente compatibile con la modificazione pattizia o il man- cato rispetto della (restante) disciplina codicistica senza che ciò comporti, appunto, variazione del tipo negoziale; pertanto, nel caso in cui le parti ab- biano, per qualsiasi motivo, derogato, ad esempio, alle disposizioni di cui
(10) Discorso differente, quantunque connesso, appare poi quello relativo alla possibile (particolare) configurazione del rapporto, in ordine ai profili di gratuità od onerosità dell’ope- razione in esame, tra la posizione del mandatario e l’esecuzione dell’incarico quale strumen- to di attuazione dell’interesse (anche e, forse, in xxx xxxxxxxxxx) xxx xxxxxxx; questa sembra appunto l’ipotesi (ma per ulteriori indicazioni ed esemplificazioni v., infra, § 2) del mandato (non oneroso) a vendere autoveicoli usati conferito ad un soggetto professionale (di regola un concessionario) come “corrispettivo” dello sconto concesso al mandante sull’acquisto di au- toveicoli nuovi, senza obbligo di rendiconto e senza rimessione al mandante di quanto il mandatario abbia realizzato in esecuzione del mandato, fattispecie per la quale v., da ultimo, Cass., 16 agosto 2005, n. 16937, in Dir. e prat. trib., 2005, II, p. 1507 e Fisco, 2005, 1, p. 6045 ss.
(11) Il riferimento è a Maffeis, Il mandato, III, Il rapporto gestorio, in I contratti di colla- borazione, a cura di Xxxxxx, in Tratt. contr. diretto da Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, 16, Torino, 2011, p. 181.
(12) Sull’indifferenza causale del mandato rispetto alla onerosità e gratuità v. Xxxxxx- xx, Il mandato, cit., p. 18 e p. 52, ove, in nota, esaustivi riferimenti bibliografici e giurispru- denziali.
(13) Roppo, Il contratto, in Tratt. dir. priv. a cura di Xxxxxx e Zatti, Milano, 2001, p. 426.
agli artt. 1709 (presunzione di onerosità), 1712 (comunicazione dell’esegui- to mandato) e 1713 c.c. (obbligo di rendiconto), in assenza cioè di espressa previsione della onerosità del rapporto, in mancanza del rispetto da parte del mandatario dell’obbligo di rendere il conto nonché della previa comu- nicazione dell’avvenuta esecuzione del mandato a fronte, peraltro, dell’a- stensione, da parte del mandante, in ordine all’assegnazione di puntuali istruzioni sul quomodo della gestione, ciò non comporta una diversa quali- ficazione della fattispecie (14). Si deve tuttavia al riguardo sicuramente di- stinguere l’ipotesi della modificazione pattizia della disciplina (nella misura in cui tale possibilità è consentita dall’ordinamento: v., esemplificando, la previsione contenuta nell’art. 1713, comma 2°, c.c., che non rende arbitre le parti di disporre a proprio piacimento del prefissato obbligo di rendiconto da parte del mandatario, in linea, peraltro, con il principio generale stabilito dall’art. 1229 c.c.), che appare consona alla rinvenuta elasticità del tipo ne- goziale, dalla (diversa) ipotesi nascente della combinazione tra (possibile) variazione consensuale della regolamentazione normativa e profili di inat- tuazione (volontaria) e/o di inadempimento delle regole di comportamen- to (rispettivamente del mandante e/o del mandatario).
2. – Proprio le considerazioni in precedenza formulate consentono di individuare il nucleo centrale del contratto di mandato, così come peraltro esplicitato nel codice civile, nel compimento (costituente obbligo giuridi- co) da parte del mandatario di uno o più atti giuridici per conto del man- dante (cfr. art. 1703 c.c.). Sotto questo profilo il mandato è riconducibile ad un fenomeno di notevole estensione, che raggruppa figure distinte, descri- vibile con l’espressione “cooperazione nello svolgimento di atti od attività giuridiche” (15), quantunque il concetto di cooperazione, quale espressione del rapporto tra sfere giuridiche soggettive, appaia, per certi versi, differen- te da quello utilizzato per indicare, con il termine più tecnico di gestione, il
(14) Si tratta del caso deciso da Cass., 23 aprile 2004, n. 7779, in Guida al dir., 3 luglio 2004,
n. 26, p. 60, in merito all’intervenuta delega da parte dei vari comproprietari di un fondo rusti- co a favore di uno di loro quanto all’amministrazione del relativo terreno, fattispecie inqua- drata nel mandato e non nell’affitto di fondo rustico, nonostante le deviazioni presenti rispet- to alla regolamentazione codicistica di cui agli artt. 1703 ss. c.c.
(15) La differenza tra atto e attività è messa in luce da X. Xxxxxxx, voce Attività, in Enc. dir., III, Milano, 1958, p. 981 ss., il quale evidenzia la distinzione che intercorre tra due possi- bili modi di intendere il termine attività: esso infatti può indicare gli atti nel loro insieme, i quali comunque sono oggetto di singole discipline, oppure può essere espressione più pene- trante, attribuendosi rilevanza giuridica all’insieme degli atti, « che perciò diventano oggetto come tale (come insieme) di una normativa distinta dalla normativa dei singoli atti » (982), ap- punto in quanto attività « quale entità giuridicamente rilevante » (983).
rapporto in virtù del quale un soggetto agisce per conto di un altro. Que- st’ultima relazione, peraltro, ha oggi assunto un rilievo in parte differente con specifico riferimento all’attività di investimento (prima in valori mobi- liari, oggi in generale) in strumenti finanziari, quale svolgimento di un ser- vizio, segnatamente di investimento, all’interno dei mercati finanziari, indi- cando cioè il rapporto tra soggetto e bene in virtù della possibilità del primo di disporre del bene medesimo pur non essendone proprietario, rapporto fissato nella nozione di legittimazione (16).
Rispetto al fenomeno della cooperazione giuridica il contratto di man- dato si presenta come forma di collaborazione nell’altrui attività giuridica di valenza generale, quale punto di riferimento sistematico del nostro codice civile (17); ciò lo si evince anzitutto da alcune disposizioni che individuano in esso lo schema tipico per inquadrare i profili di riferimento dell’attività giuridica di collaborazione, attività peraltro non necessariamente ricondu- cibile a questo specifico tipo legale. A tal riguardo è possibile ricordare, in via esemplificativa, l’art. 18 c.c. relativo alla responsabilità degli ammini- stratori nei confronti dell’ente collettivo (18); apparentemente differente in- vece è, oggi, la regola normativamente fissata con riferimento all’obbligo, da parte degli amministratori di società per azioni, di adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto, essendo stato sostituito l’originario richiamo alla diligenza del mandatario (vecchio testo dell’art. 2392, comma 1°, c.c.) con la nuova formula della « diligenza richiesta dalla natura dell’in- carico e dalle loro specifiche competenze » (attuale art. 2392, comma 1°,
(16) Sulla nozione di legittimazione x. Xxxxx, Teoria generale del negozio giuridico2, in Tratt. dir. civ. it. diretto da Xxxxxxxx, XX, 0, Xxxxxx, 1960 (rist.), p. 21 ss., p. 73 ss., p. 162 ss., p. 375 ss. e
p. 556 ss.; nei termini di cui in testo Xxxxxxx, Gestione fiduciaria e disposizione del diritto, Mi- lano, 1991, p. 11. La questione, già ampiamente affrontata sotto il vigore della l. 2 gennaio 1991, n. 1, istitutiva delle società di intermediazione mobiliare (SIM) e per la cui disamina sia consentito il rinvio a Di Rosa, Rappresentanza e gestione. Forma giuridica e realtà economica, Milano, 1997, p. 267 ss., si presenta in termini non dissimili, per certi versi anche più chiari, sotto il profilo delle scelte legislative e della connessa terminologia giuridica, nella vigenza dell’attuale regolamentazione dell’attività di intermediazione finanziaria.
(17) Adesivamente, da ultimo, Xxxxxx, Del mandato, in Comm. c.c. diretto da X. Xxxxxxx- xx, Dei singoli contratti (artt. 1655-1802), a cura di Valentino, Torino, 2011, sub artt. 1703-1704, p. 335.
(18) In merito Xxxxxxx, Delle persone giuridiche, in Comm. c.c. Scialoja e Branca, Libro I, Delle persone e della famiglia, Bologna-Roma, 1969, sub art. 18, p. 257 ss., rileva che « nono- stante il rinvio di cui al presente articolo, le « norme sul mandato » abbiano qui scarsa possi- bilità di applicazione. Si potrà, tutt’al più, ritenere applicabile la norma dell’art. 1710 c.c., rela- tivo alla diligenza del mandatario », con la consequenza che regola in esame, indicando qua- le parametro di riferimento una diligenza normale e ordinaria, è (meramente) esplicativa del principio generale (proprio del diritto delle obbligazioni) di cui all’art. 1176 c.c.
c.c., come risultante, a far data dal 1° gennaio 2004, dalle modifiche appor- tate dall’art. 1, d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della l. 3 ottobre 2001, n. 366). A tal ultimo proposito, tuttavia, giova precisare che così come in precedenza il parametro di valutazione rappresentato dalla di- ligenza del mandatario non serviva certamente ad individuare negli ammi- nistratori la qualità di mandatari quanto piuttosto ad identificare regole in tema di responsabilità per la disciplina del comportamento delle parti nel- l’ambito dell’attività di collaborazione nella sfera giuridica altrui, indican- dosi cioè comunque un criterio astratto e tipico di valutazione da specifica- re in relazione ai singoli casi concreti (19), allo stesso modo la riformata pre- visione legislativa non ha fatto altro che confermare con termini diversi la stessa regola oggettiva e generale ugualmente da riferire alla particolarità della situazione concreta e correlata alla natura dell’incarico e alle specifi- che competenze degli amministratori (20).
Del resto, l’individuazione delle regole del mandato quale base siste- matica per la regolamentazione dei profili di responsabilità nell’agire gesto- rio appare una costante del nostro legislatore, quand’anche il relativo rap-
(19) In questo senso X. Xxxxxxx, Gli amministratori di società per azioni, in Tratt. dir. priv. diretto da Xxxxxxxx, 16, Torino, 1994 (rist.), p. 493; sulla impossibilità di qualificare gli ammi- nistratori di società in termini di mandatari v., per tutti, Weigmann, voce Società per azioni, in Digesto, disc. priv. (sez. comm.), XIV, Torino, 1997, p. 387, che pure tuttavia riconosce la ri- conducibilità normativa della (originaria) fattispecie in tema di responsabilità allo schema di cui all’art. 1710 c.c.; similmente, sia rispetto alla vecchia sia rispetto alla nuova disciplina, Xxxxxxx-Genghini, Il nuovo diritto societario, II ed., Le nuove società di capitali e cooperati- ve, I, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. ec. diretto da Xxxxxxx, XXIX, Padova, 2004, p. 259.
(20) Sulla sostanziale equivalenza, sotto il profilo contenutistico, della nuova disciplina di cui all’art. 2392, comma 1°, c.c., rispetto al sistema previgente x. Xxxxxxxxxx, La riforma del- le società di capitali e delle cooperative, Torino, 2003, p. 121. In termini diversi Pilati, voce Amministratori di società (diritto del lavoro e della previdenza sociale), in Digesto, disc. priv. (sez. comm.), Aggiornamento, V, Torino, 2009, p. 3, richiamando la distinta posizione di parte della dottrina specialistica proprio alla luce delle modifiche societarie, in particolare gli artt. 2364, comma 1°, n. 5, c.c., e 2380 bis, c.c.; deve tuttavia al riguardo rilevarsi che la prospettiva indicata, con la correlativa conclusione della sussidiarietà e residualità delle norme dettate in tema di mandato, piuttosto che apparire (per stessa ammissione dei suoi stessi sostenitori) ri- duttiva (rispetto a quanto da altri differentemente sostenuto), sembra invece essere destinata a confermare quanto affermato in testo, atteso che la regola di cui si discute è certamente de- putata a risolvere, così come del resto la previsione originaria dell’art. 2392, comma 1°, c.c., non tanto un problema di qualificazione del rapporto instaurato tra amministratori e società (questione del tutto estranea all’intenzione del legislatore) quanto piuttosto un problema di individuazione di criteri di valutazione alla cui stregua misurare (ed eventualmente sanzio- nare) l’operato degli amministratori.
porto non risulti necessariamente riconducibile allo schema del mandato. È sufficiente ricordare al riguardo, in aggiunta alle disposizioni in prece- denza citate, il disposto dell’art. 2030 c.c. (nonché, ma con rilievi differenti, l’art. 2032 c.c. e comunque sempre in tema di gestione di affari altrui) (21).
In questo senso, e in termini più generali, si è correttamente fatta rileva- re, quale dato caratteristico della figura in esame, « la sua duttilità e utilizza- bilità per una varietà di contenuti operativi, pur ricompresi nell’ambito de- gli atti giuridici » (22). Non sembra allora potersi condividere il rilievo di chi, sia pure autorevolmente, ha evidenziato un presunto declino del manda- to (23), dovendosi piuttosto concordare con l’avvertita forza espansiva di ta- le strumento negoziale anche rispetto all’emersione nella pratica commer- ciale di nuovi e più evoluti tipi (sociali) contrattuali (24). Emblematico, a tal proposito, appare il caso dei contratti relativi alla prestazione di servizi di in- vestimento di cui all’art. 23, d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.), rispetto a cui, se è pur vero che una aprioristica riconduzione al contratto di mandato, tradizionalmente costituente ad avviso della dottrina il rapporto tra imprese di investimento e investitori (25), può non essere corretta, sem- bra altrettanto convincente ritenere che i contratti di investimento relativi alla prestazione di un servizio (caratterizzantesi talvolta anche per la natura professionale di entrambi i contraenti), sotto il profilo della individuata di- sciplina in relazione a talune indicazioni normative (cfr., esemplificativa- mente, art. 21, comma 2°, e artt. 22 e 24, d. lgs. n. 58/1998), appaiono signifi-
(21) Per significative indicazioni di carattere storico-sistematico x. Xxxxxxx, voce Gestione di affari altrui: a) Premessa storica, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, p. 628 ss.; con riferimen- to alla complessa tematica della negotiorum gestio cfr., di recente, Sirena, La gestione di affari altrui. Ingerenze altruistiche, ingerenze egoistiche e restituzione del profitto, Torino, 1999, p. 3 ss. e spec. p. 229 ss., nel quadro di un’elaborata trattazione sul piano della ricostruzione della fat- tispecie e dei relativi effetti, muovendo (in particolare) dalla funzione dell’istituto ravvisata
« nella restituzione del profitto netto lucrato dal soggetto agente mediante l’ingerenza nell’al- trui sfera giuridica » (p. 5) e individuando dunque nella « disciplina giuridica della gestione di affari altrui [. . .] i criteri normativi in base ai quali l’ordinamento stabilisce la destinazione del profitto netto lucrato mediante l’ingerenza nell’altrui sfera giuridica » (p. 6).
(22) Xxxxxx, Mandato e attività professionale, Milano, 1988, p. 13.
(23) Il riferimento è a De Nova, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, p. 193 ss. e p. 229 ss.
(24) Si tratta della posizione di Xxxxx, La proprietà del mandatario, Padova, 1996, p. 208 ss.
(25) Per un esplicito richiamo a questo atteggiamento v. X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxx, Merca- ti, strumenti finanziari e contratti di investimento, in I contratti del mercato finanziario, I, a cura di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxx, in Tratt. contr. diretto da Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, Torino, 2004, p. 38.
cativamente più vicini allo schema gestorio del contratto di mandato che ad altri strumenti negoziali, tipici o atipici (26).
Un’interessante applicazione della figura del mandato, sebbene caratte- rizzata anche da un interesse del mandatario e con tratti peculiari, può poi rinvenirsi in tema di locazione finanziaria o leasing, giacché il soggetto fi- nanziario che concede il bene all’utilizzatore acquista tale bene su indica- zione di quest’ultimo per poi assicurargliene la disponibilità appunto a tito- lo di leasing; si realizza cioè un acquisto da parte del concedente ma sostan- zialmente per conto dell’utilizzatore-beneficiario (27). In realtà qui l’opera- zione economica sottesa al contratto di mandato (28), di cui quest’ultimo ap-
(26) Ciò, evidentemente, non esclude la condivisibilità della prospettiva di X. Xxxxxxxxx-
X. Xxxxx, Xxxxxxx, strumenti finanziari e contratti di investimento, cit., p. 45, secondo cui « l’art. 23 del T.U. non introduce il tipo « contratto di investimento », ma eleva tale figura a categoria trasversale comprensiva [. . .] di tutti i singoli contratti di investimento (dei quali, a loro volta, bisognerà invece verificare la tipicità o eventuale sottotipicità rispetto ai tradizionali tipi civi- listici) »; in precedenza, per alcune riflessioni in ordine alla qualificazione del rapporto scatu- rente dall’attività di gestione da parte delle società di intermediazione mobiliare, sia consen- xxxx il rinvio a Xx Xxxx, Rappresentanza e gestione, cit., p. 267 ss. e spec. p. 277 ss. Per la pro- spettazione del contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento di cui all’art. 23
d. lgs. n. 58/1998 in termini di mandato v., in giurisprudenza, le due decisioni gemelle di Trib. Rovereto, 18 gennaio 2006, in Nuova giur. civ. comm., 2006, p. 1239 ss., con nota di Xxxxxxxx, Intermediazione finanziaria e strumenti di tutela degli investitori, secondo cui l’ordine imparti- to dal cliente all’intermediario finanziario va qualificato come direttiva impartita dal man- xxxxx al mandatario ai sensi dell’art. 1711 c.c. e l’atto di negoziazione per conto terzi da parte dell’intermediario finanziario va qualificato come negozio di attuazione del mandato; conformemente, sia pure facendo specifico riferimento ad un certo contenuto contrattuale in ordine all’attività di negoziazione di strumenti finanziari, Trib. Mantova, 30 novembre 2006, in Banche dati giuridiche on line Utet.
(27) In questi termini Cass., 24 agosto 1993, n. 8919, in Giust. civ., 1993, I, p. 2608 ss., se- gnalando che il bene è acquistato dalla società finanziaria (concedente) in nome proprio e per conto dell’utilizzatore; per la considerazione della rinvenibilità di un mandato nel leasing fi- nanziario v., altresì, Xxxxxx, Mandato e attività professionale, cit., p. 99, nota 100. In generale, per la variabilità delle tecniche utilizzabili con riferimento all’ambito delle operazioni di lea- sing, cfr. anche De Nova, Contratto per persona da nominare, in Sacco-De Nova, Il contratto, in Tratt. dir. priv. diretto da Xxxxxxxx, 10, II, Torino, 1988 (rist.), p. 417, nota 4, il quale ricorda come sia possibile e nella prassi accada che il futuro utilizzatore acquisti un bene dal fornito- re, riservandosi di nominare un terzo, la società di leasing, la quale, avvenuta la nomina, con- cede il bene in leasing all’utilizzatore: opererebbe qui il ricorso al contratto per persona da no- minare su cui v., per tutti, X. Xxxxxxx, Il contratto per persona da nominare, in Il contratto in generale, VI, in Tratt. dir. priv. diretto da Xxxxxxx, XIII, Torino, 2000, p. 159 ss.
(28) Sui rapporti tra i due concetti, contratto e operazione economica, v. X. Xxxxxxxxx, Il contratto e le sue classificazioni, in I contratti in generale, I, in Tratt. contr. diretto da X. Xxxxx- xxx, 0, Xxxxxx, 1999, p. 48 ss.
pare la formalizzazione giuridica, consente di cogliere l’elasticità di tale schema negoziale, adattabile alla realizzazione di interessi molteplici, giac- ché, nel caso in esame, all’interesse dell’utilizzatore-mandante ad avere la disponibilità di un certo bene con determinate caratteristiche fa riscontro il correlativo interesse del concedente-mandatario all’esecuzione dell’incari- co gestorio quale momento preliminare che consenta la successiva conces- sione in godimento del bene medesimo dietro corrispettivo. In tale ipotesi, peraltro, il mandato sembrerebbe essere caratterizzato dall’essenziale gra- tuità, con ogni probabilità perché il mandatario otterrà il proprio compenso attraverso il corrispettivo della successiva concessione in godimento; in ogni caso il tratto della (eventuale) gratuità non sembra alterare gli schemi consueti, atteso che, come in precedenza già evidenziato (29), è lo stesso le- gislatore a stabilire ex art. 1709 x.x. xx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx, facendo quindi salva la prova contraria. Ancora più convincente, sotto que- sto profilo, è la proposta riconducibilità dell’operazione di sale and lease back (locazione finanziaria di ritorno) in senso “tecnico” al contratto di mandato (30); siamo in presenza, più precisamente, di una particolare forma di sale and lease back nata nella prassi commerciale dei primi anni novanta del secolo scorso, che evidentemente presenta gli stessi problemi di liceità dell’operazione “normale” di sale and lease back la quale, come è noto, al termine di un complesso cammino giurisprudenziale (in dialogo e in con- trapposizione con la dottrina) viene oggi ritenuta fattispecie negoziale da valutare in concreto, quanto alla sua liceità (o illiceità) rispetto alla (presun- ta) violazione del divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c., es- sendosi operato al riguardo un distinguo tra sale and lease back ordinario (o normale) e sale and lease back anomalo, il cui relativo discrimen è stato affi- dato ad una serie di indici identificativi elaborati dalla stessa giurispru- denza (31). Nel caso del sale and lease back “tecnico” la violazione del di-
(29) V., supra, § 1.
(30) Così come evidenziato da Trib. Milano, 26 ottobre 1992, in Contratti, 1993, 46 ss., con nota di De Nova, Il lease back “tecnico” è valido; in precedenza x. Xxxxxxx, Il contratto di « lea- se back», in questa rivista, 1986, p. 558 ss.
(31) Significativa, al riguardo, è la decisione assunta da Xxxx., 16 ottobre 1995, n. 10805, in Contratti, 1996, p. 28 ss., con nota di De Meo, Il contratto di lease-back normale e anomalo, che delinea una serie di elementi (oggettivi e soggettivi) caratterizzanti l’operazione, ai fini della tipizzazione dello schema, la cui assenza (di uno o più) serve a denunciare il perseguimento di uno scopo di garanzia in violazione dell’art. 2744 c.c. e costituiti dalla qualità delle parti contraenti, di regola rappresentate da una impresa (o lavoratore autonomo) e da una impresa di leasing; dalla natura del bene, che deve essere strumentale per l’esercizio dell’impresa; dai criteri di determinazione del prezzo di vendita, dei canoni e del prezzo di opzione, di regola omogenei in una corretta contrattazione; dalla considerevole durata del rapporto; dalla
vieto del patto commissorio sarebbe esclusa dal fatto che il bene oggetto del contratto non preesiste nel patrimonio dell’utilizzatore, ma viene da questi acquistato proprio in qualità di mandatario della società di leasing al fine di facilitare l’espletamento della procedura di importazione del bene; resta peraltro il dubbio che le parti abbiano in questo modo posto in essere un’operazione complessa volta ad aggirare il divieto, preordinando la con- cessione in leasing alla sussistenza della proprietà del bene in capo all’utiliz- zatore.
La disamina delle possibili varianti (soggettive e oggettive) della loca- zione finanziaria consente un ulteriore riscontro in ordine all’utilizzo del mandato come tipo gestorio rispetto ad un settore particolare che si con- traddistingue sia per i soggetti coinvolti (uno dei quali è pubblico) sia per i beni oggetto dell’operazione (beni immobili), venendo al riguardo in consi- derazione la fattispecie del leasing immobiliare pubblico quale strumento per ottenere la disponibilità di beni immobili da parte della pubblica ammi- nistrazione senza disporre delle relative risorse finanziarie corrispondenti al costo di costruzione; negli ultimi anni, infatti, il legislatore (nazionale e regionale), soprattutto nel contesto delle leggi finanziarie, ha previsto l’uti- lizzabilità di tale schema negoziale pressato dalla necessità di reperire im- mobili da destinare, a vario titolo, a pubblico utilizzo a fronte dell’assenza di adeguate risorse finanziarie a tale fine (32). Tale operazione ha, di recente,
conformità delle condizioni del contratto di utilizzazione del bene a quelle generalmente pra- ticate per un leasing. Da ultimo in senso conforme, sia pure più sinteticamente, Cass., 21 lu- glio 2004, n. 13580, in Giur. it., 2005, p. 924 ss.; Cass., 6 agosto 2004, n. 15178, in Giust. civ.,
2005, I, p. 1019 ss.; xxxxxxx Xxxx., 14 marzo 2006, n. 5438, in Xxxxxxxxx, 2007, p. 522 ss., con no- ta di Toschi Vespasiani, Il lease back e il divieto del patto commissorio ancora al vaglio della Suprema Corte. Per alcuni rilievi critici in ordine all’indirizzo giurisprudenziale ormai domi- nante e alle relative (adesive) posizioni dottrinali v., in precedenza, Xxxxxx, L’alienazione in funzione di garanzia, Milano, 1996, p. 477 ss.; nonché, più di recente, Dolmetta, Lease-back e patto commissorio: un rapporto complesso, in Giur. comm., I, 2002, p. 306 ss. e spec. p. 309 ss.; da ultimo, per un approccio sistematico alla disamina del (senso del) divieto del patto com- missorio, in relazione altresì alla liceità di altre operazioni dirette ad acquisire liquidità, Xxxxxxxxxx, Note in tema di alienazione a scopo di garanzia, in questa rivista, 2006, p. 16 ss.
(32) Si possono esemplificativamente ricordare l’art. 23, comma 16°, l. 23 dicembre 1998,
n. 454, sul bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 e sul bilancio pluriennale per il triennio 1999-2001, rispetto alle esigenze immobiliari del Ministero del tesoro e del Ministe- ro delle finanze; l’art. 28, comma 1°, l. 18 febbraio 1999, n. 28, contenente disposizioni in ma- teria tributaria, di funzionamento dell’Amministrazione finanziaria e di revisione generale del catasto, in ordine alla necessità di reperire immobili da destinare a sedi degli uffici unici del Ministero delle finanze nonché per lo svolgimento delle relative attività di gestione; l’art. 145, comma 34°, l. 23 dicembre 2000, n. 388, cd. l. finanziaria per l’anno 2001, al fine di ri- spondere ai bisogni del Ministero della giustizia; da ultimo l’art. 1, comma 907°, l. 27 dicem-
ricevuto l’avallo anche della giurisprudenza amministrativa attraverso un parere relativo (nel caso di specie) ad uno schema di convenzione attuativa del programma di costruzione, ammodernamento ed acquisto di immobili destinati a caserme ed alloggi per il Corpo della Guardia di finanza ai sensi dell’art. 29, l. 18 febbraio 1999, n. 28, contenente disposizioni in materia tri- butaria, di funzionamento dell’Amministrazione finanziaria e di revisione generale del catasto (33). La particolarità della vicenda, evidenziata dall’or- gano di giustizia amministrativa, risiede nella predisposizione di un modu- lo convenzionale mediante il quale un soggetto terzo (distinto dalla pubbli- ca amministrazione e individuato in raggruppamenti di imprese bancarie e di costruzione) ha (ed assume) il compito di realizzare il relativo program- ma, provvedendo altresì anche alla relativa provvista finanziaria, con il ri- sultato che venga garantita l’esecuzione del progetto senza necessità di ri- correre all’esterno. Al di là della qualificazione del contratto in esame come contratto atipico costituente appalto di servizi misto, avente ad oggetto sia la provvista finanziaria sia la realizzazione del programma di intervento, ciò che qui interessa fare rilevare è l’espresso riferimento al mandato quale pre- supposto negoziale (e fondamento giustificativo) della complessiva opera- zione posta in essere; più precisamente, un mandato senza rappresentanza ex art. 1703 c.c. consistente appunto « nel compimento da parte del terzo di atti giuridici (compravendita ed appalti) i cui risultati dovranno poi essere trasferiti alla pubblica amministrazione » (34).
bre 2006, n. 296, cd. l. finanziaria per l’anno 2007, che individua in termini generali nel leasing uno strumento a disposizione della pubblica amministrazione per la realizzazione, l’acquisizio- ne e il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, in linea (peraltro) con l’applica- zione del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ossia il codice dei contratti pubblici, che, rispetto alla fatti- specie in esame, ha previsto all’art. 160 bis la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pub- blica utilità in termini di appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo. Per ciò che con- cerne la legislazione regionale si può fare riferimento, in precedenza, all’art. 5 l. reg. Lombardia, 29 gennaio 1975, n. 27, relativamente al finanziamento degli investimenti per l’attuazione del piano ospedaliero; nonché alla l. reg. Liguria, 10 settembre 1982, n. 39, che riconosceva nel lea- sing uno schema finalizzato all’acquisto di porzioni immobiliari per la sede degli uffici regionali.
(33) Cons. Stato, 6 dicembre 2000, n. 1504, inedito.
(34) Cons. Stato, 6 dicembre 2000, n. 1504, cit.; tale schema, peraltro, era stato già utiliz- zato dalla regione Xxxxxx Xxxxxxx che aveva affidato ad una società finanziaria la costruzio- ne di un immobile destinato ad ospitare i propri uffici e sulla relativa gara d’appalto bandita dalla società medesima T.A.R. Xxxxxx Xxxxxxx (Bologna), sez. II, 27 novembre 1993, n. 618, in Arch. giur. op. pubbl., 1995, II, p. 1011, aveva affermato la giurisdizione del giudice ammini- strativo in quanto la società finanziaria, pur avendo natura privata, doveva essere ricondotta tra i soggetti pubblici operando quale sostituto (organo indiretto) della pubblica amministra- zione in vista della realizzazione dell’opera pubblica.
Incarico gestorio, interesse di entrambe le parti contraenti (mandante e mandatario) e non onerosità della prestazione di cooperazione giuridica si intersecano, poi, in un altro àmbito anch’esso caratterizzato dalla pervasi- vità del contratto di mandato. Infatti, proprio il tratto (comune alle prece- denti ipotesi) della ricorrenza (anche) di un interesse del mandatario sem- bra giustificare la espressa qualificazione della gratuità dell’incarico gesto- rio con riferimento alla (ulteriore) fattispecie dell’associazione temporanea di imprese; si tratta, più precisamente, di quel fenomeno di collaborazione imprenditoriale rispetto a cui prima la l. 8 agosto 1977, n. 584 e poi il succes- sivo e sostitutivo d. lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, relativi alla regolamenta- zione dell’affidamento di appalti pubblici a riunioni temporanee di imprese (nonché, più di recente, la l. quadro 11 febbraio 1994, n. 109, in materia di la- vori pubblici; il connesso regolamento di attuazione emanato con d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554 e, oggi, il d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, codice dei con- tratti pubblici), prescrivono che ai fini (e prima) della presentazione dell’of- ferta per la partecipazione alla gara d’appalto (o, più in generale, alle proce- dure di affidamento dei contratti pubblici) venga nominata un’impresa ca- pogruppo (all’interno della pluralità di imprese) attraverso l’attribuzione a questa di un mandato (collettivo speciale con rappresentanza) gratuito (artt. 34, comma 1°, lett. d) e 37, commi 14° e15°, d. lgs. n. 163/2006) (35).
3. – Se, dunque, alla luce dei rilievi in precedenza formulati si può certo aderire al riscontrato carattere, per così dire, totalizzante del mandato, nel senso che non esiste nel nostro sistema giuridico « alcun contratto all’in- fuori del mandato che abbia per oggetto la cooperazione giuridica » (36), è
(35) Per taluni approfondimenti su tale modello di collaborazione tra imprese (rappresen- tante, sia pure impropriamente per certi versi, la versione italiana del contratto di joint ventu- re, nato nell’esperienza di common law) sia consentito il rinvio a Di Rosa, L’associazione tem- poranea di imprese. Il contratto di joint venture, Milano, 1998; Id., La joint venture, in I contratti di collaborazione, a cura di Xxxxxx, in Tratt. contr. diretto da Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, 16, Tori- no, 2011, p. 1083 ss. Sui problemi di qualificazione del contratto di associazione temporanea di imprese cfr. Xxxxxxx, Tipicità e atipicità del contratto di associazione temporanea di impre- se, in Associazioni temporanee di imprese, Atti del convegno (Amalfi 30 maggio 1992), Milano, 1994, p. 11 ss. Sul particolare modus operandi dell’associazione temporanea di imprese rispet- to al mandato conferito all’impresa capogruppo v. da ultimo, in giurisprudenza, Cons. Stato, 28 febbraio 2006, n. 893, in Nuovo dir., 2006, p. 1046 ss., con riferimento (nel caso di specie) al- la sottoscrizione della polizza fideiussoria da parte delle imprese partecipanti ancora non for- malmente riunite.
(36) Xxxxxxxxx, Il rapporto di gestione sottostante alla rappresentanza, ora in Studi sulla rap- presentanza, Milano, 1965, p. 208; sul mandato quale schema generale della gestione, cioè di ogni forma di gestione, v. espressamente X. Xxxxx xx., Patrimonio e gestione. Spunti per una rico- struzione sistematica dei fondi comuni d’investimento, in Riv. dir. comm., 1992, I, p. 51, nota 60.
importante precisare, al fine di meglio delineare la funzione (e anche l’og- getto) di tale contratto, che quest’ultimo si distingue, quale strumento ne- goziale comportante l’esplicazione di un’attività di cooperazione, per l’es- sere diretto a fondare (in capo al mandatario) un obbligo di facere generico (sotto il profilo della non necessarietà della specificazione contenutistica, come nel caso del mandato generale) ma al contempo specifico (sotto il profilo della tipologia dell’attività da svolgere), in quanto avente ad oggetto il compimento di « uno o più atti giuridici patrimoniali (di regola, ma non necessariamente, negozi giuridici), che implicano attività dichiarativa per conto di un’altra (mandante) (1703); cioè, si obbliga a prestare al mandante, un servizio, di contenuto giuridico (il cd. negozio gestorio)» (37). Tale ulteriore puntualizzazione consente, per un verso, di ribadire che «l’obbligazione di compiere l’attività gestoria costituisce quindi la nota elementare e costante della figura; ne identifica la funzione specifica » (38); permette, per altro ver- so, conformemente alla disposizione dell’art. 1703 c.c., di mettere l’accento sul fatto che oggetto del mandato è il compimento di atti giuridici, categoria quest’ultima ricomprendente gli atti giuridici in senso stretto ed i negozi giuridici (39), precisamente un’attività giuridica etero regolata (40).
La peculiarità rappresentata dalla esclusiva rilevanza dell’area della coo- perazione giuridica, ossia l’imprescindibilità di quest’ultima nel mandato, ne consente la differenziazione rispetto a talune altre figure negoziali gene- ricamente collaborative. Anzitutto rispetto al contratto di agenzia con il quale « una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona deter- minata » (art. 1742 c.c.), ove invece appare elemento essenziale e caratteriz- zante la cooperazione materiale (41), a cui si aggiungono, quali ulteriori tratti
(37) Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., p. 39.
(38) Xxxxxxxx, Il mandato, cit., p. 16.
(39) Per utili indicazioni sulla distinzione tra atti giuridici in senso stretto e negozi giuridi- ci, anche con riferimento alla disciplina applicabile, v. Xxxxxxxxx Xxxx-Breccia-Busnelli- Xxxxxx, Diritto civile, 1, II, Fatti e atti giuridici, Torino, 1989 (rist.), p. 447 ss.; in precedenza, dif- fusamente, Xxxxx Xxxxxx, Atti e negozi giuridici, ora in Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1983 (rist. inalterata), p. 3 ss. Significative esemplificazioni in ordine all’oggetto del mandato sono riportate da Xxxxxxxxx, Del mandato, in X. Xxxxxxx, La giurisprudenza sul co- dice civile coordinata con la dottrina, Libro IV, Delle obbligazioni, Tomo VIII (artt. 1703-1753), a cura di Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx, Milano, 2005, sub art. 1703, p. 5112 ss.
(40) L’indicazione si ritrova in Xxxxxx, Il mandato: profili d’inquadramento, in Xxxxxx- Xxxxxxx-Grossi-Xxxxxxxx-Settesoldi, Il mandato, a cura di Xxxxxx, Milano, 2000, p. 5.
(41) Sulla relativa distinzione, imperniata (fondamentalmente) sul carattere materiale o giuridico della cooperazione, v., in precedenza, Ghezzi, Del contratto di agenzia, in Comm. c.
c. Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1970, sub art. 1742, p. 13; nonché, più di recente, Luminoso, Mandato, commissione, spedizione, in Tratt. dir. civ. e
distintivi, l’onerosità del rapporto, la continuità e la stabilità dell’attività (42); sotto quest’ultimo profilo, cioè, il contratto di agenzia, pur limitato rispetto al contratto di mandato alla promozione verso corrispettivo della conclu- sione di affari tra preponente e terzi in una zona determinata, è destinato ad attuare una collaborazione professionale autonoma in continuativa coordi- nazione con l’attività del preponente per una serie indefinita di affari (43) at- traverso lo svolgimento da parte dell’agente di un’attività economica orga- nizzata il cui rischio economico e giuridico ricade esclusivamente sull’a- gente medesimo (44). Del resto lo stesso eventuale conferimento di poteri rappresentativi non esclude, come previsto dall’art. 1752 c.c., l’applicazione delle disposizioni in tema di agenzia e, dunque, la configurazione dell’as- setto di interessi in termini di contratto di agenzia, che pertanto può risulta- re con o senza rappresentanza. In buona sostanza la previsione dell’art. 1752 c.c. rende edotti del fatto che la sussistenza di poteri rappresentativi non soltanto non è incompatibile con il tipo negoziale dell’agenzia ma, al- tresì, non non incide, di per sé, sulla qualificazione del rapporto instaurato, non trattandosi di elemento che può consentirne (in quanto tale) la ricon- duzione all’uno o all’altro schema (agenzia o mandato); il processo di qua- lificazione va, invece, operato avendo riguardo agli altri criteri in preceden- za indicati, rispetto ai quali, pertanto, l’istituto della rappresentanza appare “neutro” o, meglio, risulta in via di principio, per espressa scelta legislativa, idoneo a combinarsi con la disciplina del contratto di agenzia senza per questo escluderne la possibile configurabilità e ricorrenza (45).
comm. diretto da Xxxx e Messineo e continuato da Xxxxxxx, XXXII, Milano, 1984, p. 127 ss.; riassuntivamente Aug. Xxxxxxxxxx, Il contratto di agenzia, Milano, 2003, p. 127 ss.; in giuri- sprudenza cfr., puntualmente, Cass., 16 ottobre 1998, n. 10265, in Rep. Foro it., 1998, voce Agenzia, c. 488.
(42) Sulla non episodica collaborazione professionale autonoma dell’agente rispetto al preponente x. Xxxx., 1 giugno 1998, n. 5372, in Discipl. comm., 1999, p. 182, con nota di Tripo- di, Xxxxx note sul procacciamento d’affari.
(43) In ordine alla preordinazione del rapporto scaturente dal contratto di agenzia ad un numero indefinito di prestazioni di una certa specie, da svolgere nell’interesse del preponen- te, x. Xxxx., 23 febbraio 1999, n. 1553, in Orient. giur. lav., 1999, I, p. 421.
(44) Le modalità di svolgimento dell’attività da parte dell’agente e le relative caratteristi- che distintive, così come evidenziate in testo, consentono poi la differenziazione dal rappor- to di lavoro subordinato, del quale, come precisato da Xxxx., 15 febbraio 2002, n. 7087, in Xx- xx. xxx., 0000, x. 000, x elemento essenziale la prestazione di energie lavorative con soggezio- ne al potere direttivo del datore di lavoro e nell’ambito di un’organizzazione di cui rischio e ri- sultato fanno capo esclusivamente a quest’ultimo; in senso conforme Cass., 1 settembre 2003, n. 12756, in Contratti, 2004, p. 388.
(45) Adesivamente Cass., 16 ottobre 1998, n. 10265, cit.
Significative differenze sono poi riscontrabili rispetto al contratto di mediazione e alla relativa attività del mediatore, definito come « colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza es- sere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza » (art. 1754 c.c.) (46). Al riguardo, infatti, occorre in primo luogo rilevare la diversa struttura dei relativi rapporti, concretizzantesi nel- la differente rilevanza giuridica assunta dal conferimento dell’incarico, che nel mandato implica la doverosità dell’agire del mandatario a fronte, ove non prevista la gratuità della prestazione resa, del compenso a carico del mandante per l’opera svolta (a prescindere dal risultato raggiunto), mentre nella mediazione, in cui il diritto alla provvigione spetta, ai sensi dell’art. 1755, comma 1°, c.c., soltanto se l’affare è concluso per effetto dell’inter- vento del mediatore, la semplice assunzione di un’iniziativa da parte di uno dei soggetti interessati alla conclusione dell’affare, rappresentata ap- punto dal conferimento di un incarico funzionale allo svolgimento di un’attività di mediazione, non crea, di per sé, alcun obbligo giuridico per il mediatore (47); si tratta poi, in secondo luogo, di considerare il carattere de- terminante assunto ancora una volta dalla natura dell’attività esplicata dal mediatore e dal mandatario.
In merito, proprio con riferimento a tale ultimo rilievo, non appare con- troverso che a differenza del mandato, ove « l’attività a cui il mandatario si obbliga consiste nel compimento di atti giuridici, è – cioè – una attività ne- goziale che fa del mandatario un cooperatore giuridico delle parti, nella me- diazione l’attività del mediatore è costituita da un comportamento materia- le, diretto a mettere in contatto due o più parti, al fine di far concludere tra le stesse un contratto, attività che fa del mediatore un cooperatore soltanto
(46) Per un’analisi sistematica v. Luminoso, La mediazione, II ed., in Tratt. dir. civ. e comm.
già diretto da Xxxx, Messineo e Xxxxxxx, continuato da Xxxxxxxxxxx, XXXX, 0, Xxxxxx, 2006,
p. 1 ss.; sinteticamente, ma compiutamente, Cataudella, voce Mediazione, in Enc. giur. Trec- cani, XIX, Milano, 1990, p. 1 ss.
(47) Cfr., in proposito, Cass., 17 novembre 1997, n. 11389, in Rep. Foro it., 1997, voce Me- diazione, c. 1414; sulla diversa posizione giuridica del mandatario, ricostruita appunto in ter- mini di obbligo, rispetto a quella del mediatore, valutata in termini di onere, v., altresì, Cass., 18 febbraio 1998, n. 1719, in Corr. giur., 1999, p. 211 ss., con nota di X. Xxxxxxxx, Sulla diffe- renza tra mandato e mediazione: dubbi in ordine ad un orientamento consolidato e in Giur. it., 1999, c. 268 ss., con nota di X. Xxxxxxxxxxx; similmente Cass., 27 giugno 2002, n. 9380, in Ar- ch. civ., 2003, p. 446; diversamente Perfetti, Della mediazione, in Comm. c.c. diretto da X. Xx- xxxxxxx, Dei singoli contratti (artt. 1665-1802), a cura di Valentino, Torino, 2011, sub art. 1754, p. 674 ss., rilevando che « nulla nella disciplina positiva e nel sistema giustifica l’affermazione della necessaria “potestatività” dell’azione del mediatore » (p. 685), con riguardo al rapporto tra contrattualità (della fattispecie negoziale) e correlativa assunzione, da parte del mediato- re, dell’obbligo di attivarsi.
materiale delle parti medesime » (48). In realtà è proprio il terreno del tipo di cooperazione prestata a dovere essere più approfonditamente indagato al fine di cogliere, ma non solamente sotto il profilo definitorio, la fondamen- tale distinzione tra i due contratti e, al riguardo, un ulteriore contributo può venire dalla disamina di una particolare figura della pratica commerciale che, pur condividendo il tratto comune della collaborazione, ha tuttavia da- to àdito a non poche perplessità in ordine al relativo inquadramento nel- l’àmbito mediatizio. Il riferimento è al broker, che non è un agente di assi- curazione ma, secondo la definizione contenuta nella (nuova e) attuale di- sciplina normativa conserva (rispetto alla precedente, ma come si vedrà in- sufficiente, regolamentazione legislativa) la qualifica di mediatore di assi- curazione o di riassicurazione alla stregua di soggetti operanti « in qualità di intermediari che agiscono su incarico del cliente e senza poteri di rappre- sentanza di imprese di assicurazione o di riassicurazione » (art. 109, d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, codice delle assicurazioni private). Al riguardo, in- fatti, non può ritenersi, nonostante la semplificata formulazione della di-
(48) Cass., 18 febbraio 1998, n. 1719, cit., p. 270, che, ribadendo la natura non vincolante del nomen iuris utilizzato dalle parti contraenti, cassa la precedente decisione di appello la quale, erroneamente e illogicamente in ordine all’attività svolta da un’agenzia tecnico-immo- biliare, aveva ravvisato nell’espressione “procurare la vendita” un vero e proprio conferimen- to di mandato senza indagare nello specifico se si trattasse di mandato a vendere o di manda- to a procurare la vendita; per un ordine di problemi analogo x. Xxxx., 00 maggio 2002, n. 7067, in Arch. civ., 2003, p. 326, secondo cui costituisce ipotesi di mediazione tipica la fattispecie in base alla quale una parte manifesta ad un intermediario il proprio interesse a vendere un be- ne immobile, incaricandolo di ricercare un potenziale acquirente, senza tuttavia né conferire un formale mandato a vendere (ossia rilasciato per iscritto) né attribuire poteri rappresentati- vi (anch’essi a maggior ragione bisognevoli ad substantiam di forma scritta ex art. 1392 c.c.) né impegnarsi a versare comunque un corrispettivo per l’attività svolta anche in caso di mancata conclusione dell’affare; sul punto si segnalala recente decisione di Xxxx., 14 luglio 2009, n. 16382, in Contratti, 2009, p. 1085 ss., con nota di Toschi Vespasiani, Mediazione tipica e atipi- ca e contratto di mandato, a cui avviso il conferimento ad un mediatore professionale dell’in- carico di reperire un acquirente o un venditore di un bene immobile dà vita ad un contratto di mandato e non di mediazione, atteso che il mediatore (tipico, diversamente dal mandatario e con consequenziali differenziazioni in ordine al correlativo regime di responsabilità) pone in essere un’attività giuridica in senso stretto (e quindi non negoziale) ex art. 1754 c.c. di messa in relazione di due o più parti, idonea a favorire la conclusione di un affare. Sulla difficoltà, in concreto, di distinguere se la cooperazione sia materiale o giuridica cfr. Di Chio, voce Me- diazione e mediatori, in Digesto, disc. priv. (sez. comm.), IX, Torino, 1993, p. 393 ss., il quale, attraverso la disamina di talune ipotesi contrattuali, evidenzia la frequente alterazione di mo- delli che, spesso, appaiono aprioristicamente indicati come mandato o come mediazione, do- vendosi invece preferire una riconsiderazione in termini differenti della concreta fattispecie: è questo il caso, ad es., delle agenzie immobiliari o, come a breve si considererà in testo, del broker assicurativo.
sposizione sopra richiamata, che vengano meno i dubbi ricostruttivi solle- vati in precedenza nel vigore della originaria definizione secondo cui « è mediatore di assicurazione e riassicurazione, denominato anche broker, chi esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione o riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendano provvedere con la sua collabora- zione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del conte- nuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione » (art. 1, l. 28 novembre 1984, n. 792, istitutiva dell’albo pro- fessionale dei brokers e, oggi, abrogata per effetto della previsione contenu- ta nell’art. 354, comma 1°, d. lgs. n. 205/2009).
Al di là della non felice (e giustamente soppressa) formulazione norma- tiva, che mette(va) insieme caratteristiche proprie di distinte figure (media- zione, prestazione d’opera intellettuale, appalto d’opera o di servizi, man- dato), dando luogo a contrapposte ricostruzioni sotto il profilo della qualifi- cazione del contratto di brokeraggio (49), non sembra potersi dubitare (an- cora oggi) della molteplicità delle attività ascrivibili al broker e, più in parti- colare, della individuabile differenziazione tra un’attività (almeno secondo quanto originariamente indicato dal legislatore) che presenta tratti di so- stanziale e abituale ricorrenza (ossia l’assistenza e la collaborazione nella conclusione dei contratti e nella determinazione del relativo contenuto, quale prestazione che, alla stregua della riconosciuta qualifica soggettiva di mediatore professionale, può certo fattualmente riferirsi, in aggiunta, all’in- terposizione resa ma non può certo giuridicamente ricondursi alla semplice intermediazione) e un’attività che, invece, si caratterizza per la sua even- tualità (ossia la gestione e l’esecuzione dei contratti conclusi per il tramite della prestazione di assistenza resa dal broker).
Tuttavia, in considerazione del fatto che l’attività (originariamente) considerata eventuale dal legislatore si presenta nella prassi più che abitua- le e, direi, abbastanza naturale in quanto richiesta al broker proprio in rela- zione sia alle capacità professionali di quest’ultimo sia alla complessità del- lo stesso settore assicurativo e riassicurativo, risulta allora evidente che la proposta qualificazione di mediatore atipico, già non appagante sotto il semplice profilo della valutazione dell’attività di assistenza e di collabora-
(49) Per specifici approfondimenti v. Xxxx-Xxxxxxx, voce Broker, in Digesto, disc. priv. (sez. comm.), II, Torino, 1987, p. 361 ss.; in precedenza Bonilini, Commento all’art. 1 legge 28 novembre 1984, n. 792, in Le nuove leggi civ. comm., 1985, p. 737 ss.; M. Bin, Broker di assicu- razione, in questa rivista, 1985, p. 531 ss.; diffusamente, da ultimo, X. Xxxxxxxx, Brokeraggio e tipo contrattuale, Milano, 2001; per una recente ricostruzione del dibattito cfr., altresì, F. Ro- meo, La tutela del “consumatore” nel contratto di assicurazione danni, Milano, 2004, p. 114 ss.
zione nella conclusione dei contratti e nella loro determinazione contenu- tistica, non tiene conto delle peculiarità della figura in esame (50). Amaggior ragione, allorché si prendano in considerazione i servizi prestati dal broker (ulteriori rispetto a quelli di consulenza verso i propri clienti nella ricerca dei migliori strumenti al fine della copertura assicurativa dei rischi che que- sti intendono coprire nonché di assistenza nella stipulazione dei relativi contratti) rappresentati dalla collaborazione alla gestione ed esecuzione dei contratti (cd. incarico di gestione delle polizze), si abbandona necessaria- mente il campo della mediazione o del rapporto di prestazione intellettuale (dunque l’àmbito dell’attività materiale o intellettuale) per entrare nell’àm- bito della cooperazione giuridica, ossia del compimento di atti giuridici (ne- goziali o meno) inquadrabili nel contratto di mandato, quali « il versamen- to dei premi per conto dell’assicurato, la comunicazione di mutamenti che determinano una diminuizione o un aggravamento del rischio, la dichiara- zione di rinnovo del contratto, la denuncia dei sinistri e la richiesta dell’in- dennizzo » (51). Tutto ciò deve allora indurre, prima di formulare avventate
(50) Sotto questo profilo, infatti, come perspicuamente evidenziato anche alla luce del complessivo impianto normativo della l. n. 792/1984 da Xxxxxxxxx Xxxx-Busnelli-Breccia- Xxxxxx, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1990 (rist.), p. 651, « innegabili sono dunque gli aspetti caratteristici delle prestazioni professionali di carattere intellettuale, ma questi ultimi sembrano indissociabili dall’esistenza di una struttura organizzativa di tipo im- prenditoriale »; per una disamina dell’insieme delle varie attività compiute dal broker rispetto alla (riduttiva) opera di intermediazione v., pure, Aug. Xxxxxxxxxx, I contratti di distribuzione, agenzia, mediazione, concessione di vendita, franchising, in I contratti del commercio, dell’indu- stria e del mercato finanziario diretto da Xxxxxxx, 3, Torino, 1995, p. 2136 ss. In giurispruden- za, per l’insufficienza della prospettiva mediatizia, v. già Trib. Milano, 12 febbraio 1987, in Xx- xx xxx., 0000, x. 000 xx.; nonché, più di recente, Trib. Torino, 10 gennaio 1997, in Giur. it., 1998,
c. 975 ss. e c. 978 ss., con nota di Scozia; analogamente, sia pure in termini non sempre li- neari, App. Milano, 25 marzo 1997, in Giur. it., 1998, c. 974 ss. e c. 976 ss., con nota di Scozia, cit.; sulla permanenza del contrasto qualificatorio v., puntualmente, Cass., 6 maggio 2003, n. 6874, in Corr. giur., 2003, p. 1303 ss., con nota di Xxxxxxx, L’impresa commerciale del broker.
(51) App. Milano, 25 marzo 1997, cit., c. 977; analogamente, quanto alla riferibilità della cooperazione del broker nella fase di gestione ed esecuzione del contratto allo schema del mandato, Trib. Torino, 10 gennaio 1997, cit. Il riferimento al modello della mediazione o a quello del mandato può rilevare, in particolare, in ordine al problema della corresponsione della provvigione (o del compenso) che, di regola, rispetto alla mediazione grava su entram- be le parti (cfr. art. 1755, comma 1°, c.c., sia pure con la possibile variante indicata nel succes- sivo comma 2°), mentre rispetto al mandato la relativa onerosità (assolutamente normale in rapporti, come quello di brokeraggio, caratterizzati dalla professionalità della prestazione) è a carico del (solo) mandante; su tale questione, oltre alla sentenza torinese di primo grado cita- ta in apertura della presente nota, v. altresì la relativa sentenza di secondo grado, ossia App. Torino, 5 novembre 1998, in Giur. merito, 2000, p. 708 ss., con nota di Xxxxxxx Xxxxxx, Il ruolo del “broker” nei rapporti con la p.a. Tali ordini di problemi, in termini generali, sono pre-
ricostruzioni qualificatorie, ad individuare puntualmente il tipo di attività svolta e, in presenza di una pluralità (non omogenea) di prestazioni rese, a stabilire non tanto l’eventuale carattere preminente dell’una rispetto all’al- tra, onde poi ricercare la disciplina applicabile (del contratto tipico) secondo la tecnica dell’assorbimento, quanto piuttosto a delineare il reale assetto di interessi che le parti hanno ritenuto di definire (e perseguire) con la com- plessa operazione posta in essere proprio per non cadere nell’errore di escludere (quale petizione di principio) il cumulo di regolamentazione del- la pluralità di schemi (tipici) negoziali ricorrenti (52).
Si tratta cioè di muoversi, per certi versi, nella stessa prospettiva che (correttamente) sembra doversi adottare a proposito della ben nota que- stione della regolamentazione dei contratti atipici o innominati, dovendosi al riguardo escludere, in termini generali, il principio di fondo (pur frequen- temente applicato) della riconduzione del contratto atipico al tipo legale. Piuttosto, la risoluzione del problema della qualificazione negoziale, che non si celi sotto la forma della (rigida) sussunzione, deve prendere le mosse dall’idea (diametralmente opposta) secondo cui « il problema dell’atto di autonomia, e del negozio atipico per eccellenza, non può essere risolto cer- tamente attribuendogli una struttura che esso non ha, e non è conforme al- l’interesse delle parti, perché in tal modo l’autonomia finirebbe col trovare non tutela, ma negazione » (53), prospettandosi la significativa soluzione
« della possibilità di applicare in via diretta il regolamento dei singoli contratti, per singole norme e per gruppi di norme, anche ai contratti ati- pici » (54), quale frutto immediato della rinuncia « all’idea che l’applicazione di una normativa composta debba risolversi sul piano della conformità del fatto al tipo legale » (55).
Nel caso del broker, pertanto, al di là di sterili (in punto di risultato) ope- razioni qualificatorie, anche a motivo della non felice definizione normati- va, occorre invece partire proprio dalla tipologia delle attività che il legisla- tore ha ritenuto potessero ricondursi a tale figura professionale, seguendo un itinerario che consenta l’individuazione della disciplina applicabile in re-
senti nella recente decisione di Xxxx., 14 luglio 2009, n. 16382, cit., ove la distinzione tra me- diazione tipica e contratto di mandato, proprio con riferimento alla (consequenziale) temati- ca del diritto alla provvigione.
(52) L’avvertenza si deve a Sacco, La qualificazione, in Sacco-De Nova, Il contratto, II, in Tratt. dir. civ. diretto da Xxxxx, Torino, 1993, p. 429, a proposito della tendenza a tipizzare in or- dine ai contratti atipici.
(53) X. Xxxxx, Contratto e rapporto nella permuta atipica, Milano, 1974, p. 283, con riferi- mento all’intera teoria dei contratti misti.
(54) X. Xxxxx, Xxxxxxxxx e rapporto, cit., p. 283.
(55) X. Xxxxx, Xxxxxxxxx e rapporto, cit., p. 244.
lazione alla concreta attività il cui svolgimento viene richiesto ed espletato; più specificamente, allorché l’oggetto dell’attività (esclusiva o concorrente) sia rappresentato dalla gestione ed esecuzione dei contratti è fuor di dubbio che, rispetto a ciò, la regolamentazione di cui agli artt. 1703 ss., c.c., appaia la più rispondente all’assetto di interessi gestorio (56).
In termini più generali, dunque, proprio la ricorrenza di un’attività qua- lificata di conclusione di negozi giuridici per conto del mandante o comun- que di atti volontari (anche non negoziali ma comunque) aventi rilevanza giuridica esterna da parte del mandatario, diretti alla conclusione e al rego- lare adempimento di contratti tra le parti, a cui peraltro può non essere estraneo (consequenzialmente o strumentalmente) il compimento anche di atti materiali di natura accessoria (57), ne consente la differenziazione an- che rispetto ad un’altra fattispecie negoziale, ossia il contratto d’opera, il cui oggetto è invece precipuamente rappresentato da un’attività di cooperazio- ne consistente nel compimento di un’opera o di un servizio, materiale o in- tellettuale (cfr. art. 2222 c.c.) (58). Sotto questo profilo appare allora com- prensibile quell’orientamento giurisprudenziale che (sia pure in ordine ad una fattispecie rappresentativa) conferma la validità di un mandato a svol- xxxx trattative, ossia un incarico gestorio alla effettuazione di trattative per la conclusione (nel caso di specie) di un contratto di compravendita, in quanto « la prestazione del mandatario non deve necessariamente consiste-
(56) Una prospettiva similare mi sembra rinvenibile in Di Chio, voce Mediazione e me- diatori, cit., p. 396 ss., il quale, pur richiamando in certa misura la tecnica dell’assorbimento (ora rispetto alla mediazione ora rispetto ad altri schemi tipici), ritiene possibile un’applica- zione composita (e, dunque, non esclusiva) delle regole tipiche riferite ai modelli contrattua- li ricorrenti nella specifica attività del broker (mediazione, mandato, locazione d’opera, appal- to di servizi o d’opera).
(57) In tal senso Xxxxxxxx, Il mandato, cit., p. 41.
(58) Così, ad es., Cass., 17 maggio 1993, n. 5582, in Rep. Foro it., 1993, voce Mandato, c. 1902, che ha ricondotto all’ipotesi del mandato l’attività svolta per il reperimento dei fornito- ri, la verifica della qualità della merce e l’autorizzazione ai pagamenti; in senso conforme, da ultimo, Cass., 26 luglio 2005, n. 15607, in Rep. Foro it., 2005, voce Mandato, c. 1632, condivi- dendo la decisione del giudice di merito il quale aveva qualificato il rapporto in esame come mandato anziché come locazione d’opera, una volta accertato che l’attività richiesta all’inca- ricato consisteva nel prestarsi per favorire una transazione su una controversia giudiziale in- sorta con un terzo con riferimento ad una compravendita immobiliare; per la giurisprudenza di merito v., sia pure non chiaramente in motivazione in ordine al rapporto tra attività mate- riale e attività giuridica, App. Perugia, 12 marzo 1997, in Rass. giur. umbra, 1997, p. 701 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, secondo cui si configura come mandato, e non come contratto d’o- pera, l’accordo con il quale un soggetto si obbliga al compimento di una serie di atti giuridici diretti alla lottizzazione di un terreno, alla presentazione della prescritta documentazione al- la pubblica amministrazione e alla realizzazione delle relative opere di urbanizzazione.
re nella conclusione di xxxxxx xxxxxxxxx, ma può concretarsi anche nel com- pimento di atti volontari non negoziali, quali sono appunto le trattative con- trattuali, senza con ciò ricadere nel contratto d’opera » (59).
Ancora una volta, pertanto, risulta confermato il dato fondamentale della cooperazione giuridica, quale tratto distintivo del mandato, assumen- do decisiva importanza l’espletamento di attività giuridica nell’interesse di un soggetto differente da quello che ne è diretto autore e individuandosi nella disciplina degli artt. 1703 ss., c.c., lo statuto comportamentale che rap- presenta la regolamentazione di ordine generale che presidia lo svolgimen- to di attività negoziale e non negoziale (purché non meramente materiale o puramente intellettuale) nell’altrui interesse (60). Peraltro, lo stesso (even- tuale) tratto comune dello svolgimento di attività giuridica non consente di assimilare contratto di mandato e contratto di lavoro subordinato, allorché cioè quest’ultimo abbia ad oggetto il compimento di atti giuridici da parte del prestatore di lavoro (61), atteso che nel primo l’attività è autonoma men- tre nel secondo c’è subordinazione e dipendenza (62).
(59) Cass., 4 marzo 2002, n. 3103, in Corr. giur., 2002, p. 911, con nota di Xxxxx, La respon- sabilità contrattuale nel mandato a svolgere trattative, che con riguardo all’istituto della rap- presentanza ha ulteriormente modo di precisare che « agli atti giuridici leciti non negoziali [. . .] le norme sulla rappresentanza si applicano in via analogica [. . .] soltanto ove si tratti di cd. atti simili ai negozi (quali la costituzione in mora, la denunzia di vizi, le partecipazioni in ge- nere, ecc.), con esclusione degli atti materiali non espressione di pensiero, ma tipicamente di- retti alla semplice produzione di un evento, i cd. Realakte (trasformazione, acquisto o perdita di detenzione ecc.) ».
(60) In tal senso, da ultimo, Trib. Roma, 25 settembre 2006, in Banche dati giuridiche on li- ne Utet, in merito alla riconduzione negli schemi del mandato del rapporto giuridico tra am- ministratore condominiale ed ente di gestione (in nome e) per conto del quale quegli ne espleta il relativo governo; in precedenza, conformemente, Cass., 22 luglio 1999, n. 7888, cit. Su tale ordine di problemi v., puntualmente, Xxxxxxxxx, L’amministratore e la rappresentan- za degli interessi condominiali, Milano, 1992, p. 111 ss. e spec. p. 193 ss., il quale ritiene che nel- la fattispecie in esame la generica funzione gestoria del mandato abbia modo di puntualizzar- si, assumendo quella particolare e, soprattutto, autonoma considerazione che caratterizza l’attività di amministrazione, potendosi configurare uno schema contrattuale, il cd. contratto di amministrazione, che si distacca sia dal mandato sia dalle altre figure che coprono l’area dei contratti il cui contenuto è costituito dallo svolgimento di un’attività.
(61) X. Xxxxxxxx, Xxxxxxx, commissione, spedizione, cit., p. 127, il quale richiama la fatti- specie del lavoro gestorio ex art. 2203 ss. c.c.; Id., Il mandato, cit., p. 44.
(62) Chiaramente Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., p. 39; in prece- denza già X. Xxxxxxxxx, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Tratt. dir. civ. it. diretto da X. Xxxxxxxx, XXXX, 0, Xxxxxx, 1954 (rist. invariata), p. 9.