FORMA E NULLITÀ DI PROTEZIONE NEI CONTRATTI FINANZIARI
Dipartimento di diritto privato e storia del diritto
Corso di dottorato in diritto comparato, privato, processuale civile e dell’impresa
Curriculum diritto privato (IUS/01) Ciclo XXXIII
Tesi di dottorato di ricerca
FORMA E NULLITÀ DI PROTEZIONE NEI CONTRATTI FINANZIARI
Xxxx. Xxxxxxx XXXXXXXX
Tutor
Xxxxx.xx Prof.ssa Xxxxxxxxxx XXXXXXXXX
Referente del curriculum
Xxxxx.xx Prof.ssa Xxxxxx XXXXXXX XXXXXXX
Coordinatore del Corso di dottorato Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxx XXXXXXXX
Anno Accademico 2020-2021
ai miei genitori
Indice
Presentazione IV
Capitolo I
EVOLUZIONE FUNZIONALE DELLA FORMA. IL NEOFORMALISMO NEGOZIALE
1. La polisemia del termine “forma” e i tentativi di definizione 1
2. Il requisito formale nella sua evoluzione storica 6
3. La forma nel codice civile 7
4. Il perimetro del requisito formale. Il problema della relatio a elementi extratestuali 14
5. Il principio della libertà delle forme 17
6. Le funzioni dei requisiti di forma nella prospettiva codicistica 22
7. Il fenomeno del “neoformalismo negoziale” 25
8. I “nuovi” vincoli di forma introdotti dalla legislazione speciale e di settore 29
9. I formalismi eterogenei nel diritto europeo dei contratti 33
10. Forma del contratto e trasparenza 38
11. La forma nei progetti di armonizzazione del diritto contrattuale 43
12. Il contratto asimmetrico quale efficace categoria descrittiva 45
13. La forma di protezione 49
Capitolo II
LA FORMA DI PROTEZIONE
NEI CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI
1. I requisiti di forma dei contratti bancari e finanziari 51
2. Il contratto quadro e i singoli ordini di investimento 56
3. Oltre la forma di protezione: i doveri di condotta e di informazione degli intermediari 61
4. La tutela sostanziale dell’investitore: profilatura della clientela; valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza; governo del prodotto 69
5. Il contratto “monofirma”: inquadramento del problema 76
6. Il panorama giurisprudenziale e dottrinale 81
7. La lettura funzionale delle Sezioni Unite 86
8. Il dibattito in merito all’impostazione teleologica della Suprema Corte 90
9. Prospettiva funzionale e coerenza teorica. L’unità del concetto di forma nel prisma delle sue molteplici finalità 97
10. La forma del contratto nell’ottica di una giurisprudenza degli interessi 102
11. Forma, sanzione e proporzionalità 105
Capitolo III
LA NULLITÀ DI PROTEZIONE NEI RAPPORTI DI INVESTIMENTO
1. Le nullità di protezione nei contratti asimmetrici 109
2. Legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio 115
3. La nullità di protezione “virtuale” 121
4. Il problema della “nullità selettiva” 124
5. Nullità di protezione e tutela restitutoria 127
6. L’ipotesi della convalida del contratto quadro viziato 131
7. Lo scrutinio della condotta dell’investitore secondo buona fede. Profili di abuso del diritto e del processo 134
8. L’exceptio doli generalis 140
9. La pronuncia delle Sezioni Unite: il regime restitutorio delle nullità di protezione e il criterio ordinante della buona fede 144
10. La ripetizione unilaterale dell’indebito e il giudizio (equitativo) ex fide bona. Osservazioni critiche 150
11. Gli strumenti di tutela della parte debole nei rapporti di intermediazione finanziaria. Superamento del formalismo 158
Conclusioni 163
Bibliografia 166
PRESENTAZIONE
La legislazione speciale e di settore ha progressivamente introdotto, all’interno dell’ordinamento, un nuovo formalismo, che trova la propria ra- gion d’essere nella tutela e nella promozione di interessi emergenti nelle di- namiche negoziali proprie della contrattazione di massa.
Nell’impostazione originaria del codice civile, i requisiti di forma, de- stinati ad operare nei rapporti tra pari, sono essenzialmente posti a presidio di una adeguata ponderazione delle parti in ordine alla rilevanza giuridica degli atti riguardanti i beni ritenuti di preminente importanza economica e sociale all’epoca della codificazione, i.e. i beni immobili, e a salvaguardia di esigenze di certezza dei rapporti giuridici privati, anche nei confronti dei terzi. La forma vincolata si configura quale vestimentum della dichiarazione negoziale, necessario per la completezza strutturale dell’atto, la cui inosser- vanza comporta la nullità del contratto, azionabile da chiunque vi abbia in- teresse.
Le forme previste dalla normativa di derivazione comunitaria trovano invece il proprio naturale campo d’elezione nei rapporti connotati da dispa- xxxx di forza negoziale. Il legislatore ha inteso recepire le esigenze del mutato contesto economico-sociale, caratterizzato non più dalla centralità della proprietà fondiaria, ma dal dinamismo di un mercato concorrenziale di prodotti e di servizi – di consumo, bancari, finanziari – ove impera la con- trattazione asimmetrica; in questo contesto, il bene giuridico più rilevante è l’informazione detenuta dal contraente c.d. forte, nei cui confronti l’altra parte si trova in posizione di strutturale e fisiologica debolezza. La forma
diviene così uno strumento per ridurre le asimmetrie informative e garantire la trasparenza del contenuto contrattuale.
Proteggendo la parte debole del rapporto, la normativa intende pro- muovere, di riflesso, l’ordine, l’efficienza e la competitività del mercato di riferimento. Invero, l’informazione, veicolata in maniera corretta, riduce il rischio di scelte irrazionali; circolando liberamente, è fattore di incremento degli scambi e favorisce la concorrenza.
Per effetto della legislazione post-codicistica, la forma del contratto ha così conosciuto una significativa evoluzione, acquisendo la capacità di forni- re risposte a interessi di tutela emergenti. Si potrebbe parlare, nel rapporto tra le parti del contratto, di “forma di protezione”; una forma che non può essere letta e interpretata ignorando le specifiche finalità perseguite dal legi- slatore nell’ambito della contrattazione asimmetrica.
A presidio del “nuovo” vincolo di forma è previsto il rimedio di una nullità, parimenti, protettiva, che limita il diritto di azione alla sola parte tu- telata. La nullità relativa tende infatti a garantire, in via principale, la prote- zione dell’interesse particolare del contraente debole; assicurando peraltro, al contempo, la promozione di interessi di carattere generale, riconducibili sempre alle istanze proprie della concorrenza e del mercato.
Anche in considerazione della sostanziale identità di ratio, forma e nul- lità “di protezione” si prestano a uno studio congiunto e interconnesso. Il legame tra i due istituti, studiati nella loro dimensione evolutiva, si manifesta non solo sul piano empirico-applicativo, ma anche – e soprattutto – sul pi- ano concettuale.
È questo l’oggetto e lo scopo del presente studio: un’analisi del “nuo- vo” formalismo introdotto dalla normativa speciale e del rimedio previsto per la sua violazione, nell’ottica del processo di progressiva rimeditazione
delle categorie generali del diritto civile, alla luce degli scopi perseguiti dal diritto regolatorio (segnatamente, in materia finanziaria). In questa prospet- tiva, ci si propone di indagare come la valorizzazione, in chiave ermeneuti- ca, del dato funzionale consenta di superare una pretesa intangibilità e im- mutabilità dei concetti, affinché gli stessi possano arricchirsi di nuovi signi- ficati, così da fornire risposte adeguate ai problemi posti dalla moderna real- tà economica.
Il settore prescelto per questa indagine, quello dei “contratti finanzia- ri” (1), nel corso degli anni ha visto il sorgere di numerose questioni inter- pretative problematiche e rappresenta un terreno fecondo per misurare la tenuta dei classici istituti civilistici nel settore della contrattazione asimme- trica. La scelta di porsi nell’angolo visuale di uno specifico settore di disci- plina consente perciò non solo di confrontarsi con tematiche applicative di non marginale importanza, ma anche di porre le basi per una riflessione su un piano più generale.
In detto contesto, il tema centrale che si dovrà affrontare è il raccordo tra la normativa speciale e di settore e la disciplina generale codicistica. Co- me si vedrà, la giurisprudenza ha tentato di fornire risposte a problemi spe- cifici, più o meno convincenti, ma che si risolvono pur sempre nella deci- sione di singole fattispecie o classi di fattispecie, ricercando un punto di e- quilibrio tra interessi contrapposti. È compito del formante dottrinale, inve- ce, ripensare le categorie generali, al fine di consentire alle stesse di rinno- varsi, conservando una (nuova) centralità anche con riferimento alla “con-
1 L’espressione di sintesi, utilizzata nel titolo del presente studio, vuole riferirsi specificamente ai contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, disciplinati dal D. Lgs. 24 feb- braio 1998, n. 58 (“Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”). Nondimeno, molte delle tematiche che saranno affrontate hanno portata trasversale, interes- sando l’intero settore dei contratti bancari e finanziari.
trattazione diseguale” del nuovo millennio; evitando, al contempo, il rischio che le categorie medesime finiscano per frammentarsi, scindendosi in sotto- sistemi impermeabili tra loro.
Altra questione decisiva che si è inteso affrontare è quella legata al possibile sfruttamento disfunzionale e opportunistico della normativa di protezione, suscettibile di produrre effetti distorsivi non solo sul singolo rapporto, ma sul sistema nel suo complesso.
Introdotte le principali tematiche che formeranno oggetto d’indagine e delineata la loro rilevanza, sia consentito fare cenno alla struttura del pre- sente lavoro.
Il primo capitolo sarà dedicato allo studio dell’evoluzione, in senso funzionale, del requisito di forma del contratto, nel trascorrere dalla sua classica configurazione codicistica al manifestarsi del c.d. neoformalismo negoziale. Si approfondiranno i nuovi scopi assegnati alla forma dalla legi- slazione speciale, nonché la natura delle prescrizioni di forma-contenuto e degli eterogenei precetti lato sensu “formalistici” introdotti da detta legisla- zione, come gli obblighi di consegna di copia del contratto e le regole con- formative delle modalità di espressione linguistica, sino a definire i caratteri della “forma di protezione”.
Il secondo capitolo tratterà della forma dei contratti bancari e finan- ziari. Saranno esaminati, preliminarmente, i presupposti e i limiti della tutela formale in subiecta materia, e l’integrazione della stessa mediante la previsione di specifici obblighi di informazione e di condotta in capo agli intermediari; nonché la rilevanza delle regole – di adeguatezza, appropriatezza e governo del prodotto – tese a garantire una tutela sostanziale dell’investitore. Si ap- profondirà poi il requisito di forma dei contratti aventi ad oggetto la presta- zione dei servizi di investimento, cercando di coniugare la necessaria coe-
renza teorica con un’interpretazione evolutiva di detto requisito, alla luce delle specifiche funzioni – principalmente informative – dallo stesso assolte. In particolare, sarà affrontata la questione della validità del contratto di in- termediazione finanziaria recante la sottoscrizione del solo investitore, og- getto di una importante pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione.
Infine, il terzo capitolo sarà incentrato sulla nullità prevista dall’art. 23 TUF. Nel contesto della progressiva ricostruzione, in via interpretativa, di uno “statuto” comune delle nullità di protezione, si prenderà in esame la re- gola dell’operatività della tutela invalidante ad esclusivo vantaggio della par- te protetta, al fine di porre in luce le potenziali criticità di una sua applica- zione nell’ambito dei rapporti di investimento. Si affronterà, in particolare, il tema dei possibili abusi della posizione di vantaggio accordata dall’ordinamento, con specifico riferimento alle azioni di nullità c.d. “selet- tiva”. La questione – rispetto alla quale è mancata un’uniformità di vedute tra gli interpreti, tanto da essere stata anch’essa recentemente posta all’attenzione delle Sezioni Unite – sarà esaminata criticamente anche alla luce della ratio della normativa di protezione, prospettando soluzioni inter- pretative tese ad evitare che la stessa finisca per essere piegata disfunzio- nalmente, nel perseguimento di scopi ulteriori e diversi da quelli che il legi- slatore ha ritenuto meritevoli di tutela.
L’analisi svolta offrirà lo spunto per una riflessione in merito al supe- ramento del formalismo e alla tutela sostanziale degli interessi degli investi- tori nei rapporti di intermediazione finanziaria.
Capitolo I
EVOLUZIONE FUNZIONALE DELLA FORMA. IL NEOFORMALISMO NEGOZIALE
SOMMARIO: 1. La polisemia del termine “forma” e i tentativi di definizione. – 2. Il requisito formale nella sua evoluzione storica. – 3. La forma nel codice civile. – 4. Il perimetro del requisito formale. Il problema della relatio a elementi extratestuali. – 5. Il principio della libertà delle forme. – 6. Le funzioni dei requisiti di forma nella prospettiva codicistica. – 7. Il fenomeno del “neoformalismo negoziale”. – 8. I “nuovi” vincoli di forma introdotti dalla legislazione speciale e di settore. – 9. I formalismi eterogenei nel diritto europeo dei contratti.
– 10. Forma del contratto e trasparenza. – 11. La forma nei progetti di armonizzazione del diritto contrattuale. – 12. Il contratto asimmetrico quale efficace categoria descrittiva. – 13. La forma di protezione.
1. La polisemia del termine “forma” e i tentativi di definizione
La forma è il modo in cui l’atto si manifesta nel mondo del diritto, ac- quisendo una sembianza e, per l’effetto, un significato e un valore giuridico. In ambito negoziale, la forma è il mezzo attraverso il quale avviene la mani- festazione di volontà; nel diritto dei contratti, essa è la modalità con la quale le parti esprimono il proprio consenso (1).
1 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1952, 125 ss.; ID., La forma degli atti nel dirit- to internazionale privato, in Ann. Xxxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, 32 ss.; X. XXXXXXXX, Contratto (dir. priv.), in Enc. dir., IX, Milano, 1961, p. 839 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Lezioni sul negozio giuri- dico, Bari, 1962, 152 ss.; ID., Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1969; X. XXXXXXX, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966, 24-25; ID., Forma degli atti (Diritto civile), in Enc. giur., XIV, Roma, 1988, p. 1 ss.; A. LISERRE - X. XXXXXX, Xxxxx, in Trattato di diritto privato, di- retto da X. Xxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, p. 395; X. XXXXXXXXXX, Forma degli atti (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, p. 988 ss.; X. XXXX, Forma solenne e interpretazione del negozio, Pa- dova, 1969; N. IRTI, Idola libertatis. Tre esercizi sul formalismo negoziale, Milano, 1985; ID., Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1997; X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987; A. PALAZZO, Forme del negozio giuridico, in Dig. disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 1992, p. 442 ss.; X. XXXXXXXXXXX, La forma del contratto: appunti per una voce, in Studi senesi, 2004, I, p. 105 ss.; U. BRECCIA, La forma, in Trattato del contratto, diretto da X. Xxxxx, X, Xxxxxx, 0000, p. 463 ss.; F. DI XXXXXXXX, La forma, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, I, I contratti in generale, Torino, 2006; F. VENOSTA, Osservazioni sulla nozione di forma del contratto, in Nuovo dir. civ., 2017, p. 5 ss.
La nozione giuridica di forma, diversamente da quelle elaborate in ambito filosofico (2), è essenzialmente legata alla sfera della sensibilità mate- riale, identificando un elemento che consenta all’atto di venire a esistenza quale fenomeno giuridicamente rilevante.
Non pare tuttavia possibile individuare una nozione univoca di “for- ma”, trattandosi di espressione polisemica (3) che identifica, quanto meno, due concetti distinti tra loro: uno, più generale; l’altro, più specifico, ricom- preso all’interno del primo.
In senso lato, la forma è la necessaria estrinsecazione dell’atto, quale che ne sia la modalità, purché idonea allo scopo; in particolare, in ambito negoziale, la forma coincide con le modalità – scritte o orali, espresse o per facta concludentia – attraverso le quali la volontà fuoriesce dalla sfera dichia- rante, divenendo così conoscibile all’esterno. In questa accezione, l’elemento formale è immanente a ogni atto giuridico, in quanto condizione stessa della sua venuta a esistenza (4).
2 La forma è concepita, nel pensiero di Xxxxxxx, come l’essenza e la causa delle cose materiali; nella visione di Xxxxxxxxxx, si sovrappone al concetto di atto, contrapponendosi a quello di po- tenza e materia; la concezione kantiana considera la forma in chiave gnoseologica, come l’insieme delle modalità attraverso cui la mente ordina il sensibile.
Cfr. F. VENOSTA, La forma dei negozi preparatori e revocatori, Milano, 1997, p. 6 ss.; X. XXXX, For- malismo giuridico, in Dig. disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 1992, p. 425 ss.; X. XXXXX, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, Milano, 2011, pp. 5-6.
3 Così X. XXXXXXXXXX, Forma degli atti (dir. priv.), cit., p. 999.
4 Cfr. X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 126: “una forma che soddisfi anche in modo minimo l’esigenza fondamentale della riconoscibilità da parte di altri, è un elemento dal quale non si può mai prescindere”; X. XXXXXXXXXXXX, Contributo alla teoria del negozio giuridico, cit., p. 107: “l’atto di autonomia privata implica necessariamente una sua forma estrinseca: non può concepirsi un autoregolamento di interessi nell’ambito delle relazioni economico- sociali, che non sia esteriormente posto, riconoscibile”.
Nega la rilevanza giuridica di una simile definizione di forma, ritenuta eccessivamente ampia e vaga, N. IRTI, Idola libertatis, cit., p. 85, secondo cui un tema di forma si pone solo nelle ipotesi di requisito formale imposto dalla legge o dalle parti ai fini della validità del contratto, doven- dosi parlare – in difetto – di “contratto amorfo”.
In senso stretto, la forma consiste nel requisito formale (5), vale a dire nella specifica modalità espressiva prescritta dal legislatore – o stabilita con- venzionalmente dagli stessi contraenti – affinché la manifestazione di vo- lontà possa essere efficace e l’atto valido. È nel senso di tale più circoscritta accezione che, in ambito contrattuale, si giustifica la disposizione di cui all’art. 1325 c.c., che, nell’elencare i requisiti essenziali del contratto, vi in- clude la forma solo “quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”. Ed è sempre con riguardo al requisito normativo – e non già alla forma intesa in senso ampio – che si colloca la distinzione, tradizionalmente operata, tra contratti formali e contratti informali.
La distinzione tra i due concetti sopra rappresentati è essenziale e si pone quale imprescindibile chiave di lettura di tutte le varie questioni gravi- tanti attorno al tema della forma, prima fra tutte quella legata al principio generale della libertà delle forme, di cui ci si occuperà funditus più avanti. In- fatti, se si intende la forma in senso lato, è palese che “atti non formali, nel senso che non ne sia affatto regolata la forma, non esistono”, con la conse- guenza che la forma non è qualcosa di eccezionale, costituendo piuttosto condizione essenziale dell’esistenza di ogni tipo di atto (6); ma se, corretta- mente, si inquadra la questione nell’ambito della forma in senso stretto, al- lora le prescrizioni formali potrebbero configurarsi quali eccezioni al men- zionato principio generale.
Ferma la bipartizione concettuale di cui si è detto, è poi necessario considerare la radicale divergenza di vedute, in dottrina, in ordine al valore della forma nell’ambito della teoria del negozio giuridico.
5 Xxxxx e chiara è la contrapposizione, anche terminologica, operata da X. XXXXX, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit., p. 12.
6 Così X. XXXXXXXXXX, Teoria generale del diritto, Roma, 1951, p. 275.
La dottrina volontaristica, attribuendo un ruolo centrale e preminente alla dichiarazione di volontà, ha assegnato alla forma una funzione ancillare (ancorché necessaria): essa rappresenterebbe unicamente “il mezzo, o il modo, con cui si pone in essere la dichiarazione (espressa) di volontà, ossia è la veste esteriore, che quest’ultima assume” (7).
Antitetica è l’opzione interpretativa offerta dalla dottrina precettiva, che – in aperta critica al c.d. “dogma della volontà” – ha attribuito alla for- ma un ruolo autonomo, opponendosi fermamente alla sua concezione co- me mero “veicolo” della volontà negoziale. Sulla base dell’assunto per cui il consenso ha sempre bisogno di una forma per manifestarsi nella dimensio- ne economico-sociale, la forma cesserebbe di essere un dato secondario, un semplice elemento del negozio, per identificarsi con il negozio stesso, la cui essenza non potrebbe essere ricondotta semplicemente alla sfera psichica dei dichiaranti (8).
Il panorama teorico, di cui si sono offerti alcuni scorci, testimonia da subito la notevole complessità delle tematiche oggetto del presente studio, le quali si pongono oggi – a seguito della diffusione dei nuovi formalismi di matrice europea – al centro di un rinnovato dibattito in ordine al ruolo e al- le funzioni dell’elemento formale, che si avrà modo di approfondire nel prosieguo.
Sul piano terminologico, occorre da ultimo precisare le sfumature di significato che caratterizzano, rispettivamente, l’espressione “forma” e quel-
7 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto commerciale, Milano, 1957, p. 502.
8 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit.
la – appena accennata – “formalismo” (9). Tra i due termini corre un rap- porto di derivazione semantica, poiché “la parola formalismo fa capo al termine forma” (10). In ambito contrattuale, l’espressione “formalismo” as- sume peraltro un significato peculiare, essendo per lo più utilizzata nel sen- so di “attitudine o propensione dell’ordinamento a istituire requisiti di for- ma per il contratto” (11). Sebbene parte della dottrina sia fautrice di una vera e propria distinzione concettuale tra forma e formalismo, arrivando a indi- viduare due nozioni differenti (12), sembra preferibile considerare i due ter- mini quali espressioni di un medesimo concetto, intendendo per “forma” (in senso stretto) i “requisiti formali” e per “formalismo” la tendenza legi- slativa a crearne (13).
9 X. XXXXXXX, Formalismo, in Noviss. dig. it., VII, Torino, 1961, p. 573 ss.; X. XXXXXXXX, For- malismo giuridico, in Enc. it., III appendice, Roma, 1961, p. 658 ss.; A.E. CAMMARATA, Formali- smo giuridico, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, p. 1013 ss.; X. XXXXXX, Formalismo giuridico, in ID., Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano, 1972, p. 80 ss.; X. XXXX, Formalismo giuridico, cit.
10 X. XXXX, Formalismo giuridico, cit., p. 426.
11 Così F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice scrittura, in Obbl. e Contr., 2008, p. 872 ss., spec. p. 874, che evidenzia i profili non solo quantitativi, ma anche qualitativi dei “nuovi” requisiti di forma. Diversa – e non “neutra” – è l’accezione uti- lizzata da X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, cit., p. 18, secondo cui “Si ha formalismo quando si assume la forma come fine a se stessa e se ne esalta il ruolo a pre- scindere dall’individuazione del fondamento giuridico che la giustifica”.
12 X. XXXXXXXXXX, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in Trattato di diritto privato europeo, a cura di X. Xxxxxx, III, Padova, 2003, p. 48, che intende la forma quale “modalità fissata dalla legge per l’‘esteriorizzazione’ degli atti di autonomia priva- ta” e il formalismo quale “espressione di un rigido legame tra la forma dell’atto e la ricorrenza nello stesso di uno specifico contenuto”.
13 F. XXXXXXX, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice scrittura, cit., pp. 874-875, secondo cui accogliendo la menzionata distinzione “si corre il pericolo di rompe- re inopportunamente il nesso di derivazione linguistica tra ‘forma’ e ‘formalismo’”.
2. Il requisito formale nella sua evoluzione storica
Ancor prima del sorgere della civiltà giuridica, il requisito formale era onnipresente, assolvendo a una elementare, ma decisiva funzione: rendere socialmente rilevanti, e dunque meritevoli di tutela, gli atti di maggiore im- portanza e interesse per la comunità. La fondamentale connessione tra for- ma necessaria dell’atto – allora connotata da elevato simbolismo – ed effi- cacia giuridica era dunque conosciuta già dagli ordinamenti primitivi.
La medesima connessione si rinviene nell’ordinamento romano, ca- ratterizzato dalla presenza di requisiti formali tipici, necessari affinché gli at- ti potessero produrre i propri effetti; effetti anch’essi predeterminati dalla legge, in un sistema governato dalla tipicità. Ai fini della produzione di de- terminate conseguenze giuridiche, era dunque necessario porre in essere un atto solenne con le rigide formalità prescritte (14); formalità essenzialmente orali, avendo la scrittura, nelle dinamiche negoziali del tempo, un ruolo del tutto marginale, anche in ragione del fatto che pochi erano in grado di pa- droneggiarla (15).
L’apertura alla libertà delle forme si deve, principalmente, al pensiero giusnaturalistico: con l’affermazione del primato della volontà dei contraenti e del principio secondo cui ogni promessa è vincolante per legge di natura (pacta sunt servanda), si affievoliva il formalismo giuridico, pur sopravvivendo nelle codificazioni moderne alcune forme solenni, al fine di salvaguardare
14 Così, ad esempio, ai fini del trasferimento della proprietà dei beni di maggior importanza economico-sociale (res mancipi), era necessario procedere alla mancipatio, atto solenne che ri- chiedeva la presenza di cinque cittadini romani e di un libripens, persona che reggeva una bi- lancia di bronzo; innanzi a tali soggetti, l’acquirente afferrava il bene pronunziando la formula di rito (X. XXXXXXXXXX, Diritto romano. Istituzioni e storia, Milano, 2010, p. 402).
15 X. XXXXXXX, Il formalismo negoziale nell’esperienza romana, Torino, 1994.
interessi generali preminenti e, in particolare, quello della certezza nella cir- colazione dei beni immobili.
Parallelamente, allo sviluppo dei traffici commerciali si accompagnava la definitiva affermazione del documento scritto quale principale forma di attestazione (e prova) dell’attività negoziale, quale è rimasta sino ad oggi.
3. La forma nel codice civile
Il codice civile contempla la forma, da intendersi nell’accezione ristret- ta di “requisito formale” eventualmente previsto dalla legge a pena di nulli- tà, tra gli elementi essenziali del contratto di cui all’art. 1325 c.c.
Nel sistema codicistico, la forma richiesta ai fini della validità (forma ad substantiam) è dunque elemento costitutivo del contratto; essa rappresenta il vestimentum che la dichiarazione negoziale deve necessariamente assumere affinché l’atto possa produrre effetti giuridici. I contratti assoggettati – dalla legge o dalla volontà delle parti – a un vincolo di forma ad substantiam sono detti contratti formali.
I contratti formali si dividono, principalmente, in contratti che devono essere conclusi per iscritto – mediante scrittura privata o atto pubblico – e contratti che devono necessariamente essere stipulati per atto pubblico.
I contratti rientranti nella prima categoria sono elencati dall’art. 1350 c.c., secondo cui la forma scritta è richiesta per i contratti traslativi della proprietà di beni immobili; i contratti costitutivi, modificativi e traslativi di diritti reali su beni immobili (usufrutto, uso, abitazione, servitù, superficie, enfiteusi); i contratti costitutivi della comunione di diritti reali immobiliari; gli atti di rinuncia a diritti reali immobiliari; i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico; i contratti di anticresi; i contratti di locazione immobiliare ultranovennale; i contratti di società o di associazione con i quali si conferi-
sce il godimento di beni immobili o di diritti reali immobiliari per una dura- ta superiore a nove anni o per un tempo indeterminato; gli atti che costitui- scono rendite vitalizie o perpetue; gli atti di divisione di beni immobili e di diritti reali immobiliari; le transazioni aventi ad oggetto controversie relative a diritti reali immobiliari (16).
Il requisito della forma scritta è talvolta richiesto non già per l’intero contratto, bensì per singole clausole, come quelle di pattuizione di interessi in misura extralegale (art. 1284 c.c.) e quelle vessatorie, contenute nelle con- dizioni generali di contratto (art. 1341 c.c.).
Tra gli atti rientranti nella seconda categoria, da stipularsi necessaria- mente in forma pubblica, si segnalano – a titolo non esaustivo – gli atti co- stitutivi delle associazioni e delle fondazioni (art. 14 c.c.); le convenzioni matrimoniali (art. 162 c.c.); gli atti costitutivi di fondi patrimoniali (art. 167 c.c.); i patti di famiglia (art. 768 ter c.c.); le donazioni (art. 782 c.c.); gli atti costitutivi di società di capitali (artt. 2328 e 2463 c.c.) e cooperative (art. 2521 c.c.); gli atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c.; la concessione (art. 2821 c.c.), la rinuncia (art. 2879 c.c.) e la cancellazione (art. 2882 c.c.) dell’ipoteca.
La scrittura privata (17) è disciplinata dagli artt. 2702 ss. c.c.; in assenza di un’espressa definizione normativa, è comunemente intesa come un do-
16 X. XXXX, Atti che devono farsi per iscritto - Art. 1350, in Comm. Xxxxxxxxxxx-Busnelli, Milano, 2003; F. VENOSTA, Commento all’art. 1350 c.c., in X. Xxxx - X. Xxxxxxxxx (a cura di), Codice civile commen- tato, Milano, 2009; X. XXXXXXXXXXX, Commento all’art. 1350 c.c., in Commentario del codice civile, di- retto da X. Xxxxxxxxx, Torino, 2011.
17 X. XXXXXXXXXXX, Scrittura privata, in Jus, 1961, p. 447 ss.; A. TORRENTE - X. XXXXXXXXXXX,
Manuale di diritto privato, Milano, 2017, p. 258 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Scrittura privata, in Noviss. dig. it., XVI, Torino, 1969, p. 810 ss.; L.P. COMOGLIO, Le prove, in Trattato di diritto privato, a cura di X. Xxxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, p. 268 ss.; X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx privata, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, p. 805 ss.; X. XXXXXXXXX, Scrittura privata, in Enc. giur., XXVIII, Roma, 1992.
cumento scritto, redatto da uno o più soggetti privati e da questi fatto pro- prio mediante la sottoscrizione.
La sottoscrizione (18) consiste nell’apposizione autografa del nome e del cognome del sottoscrittore in calce al documento (19).
Essa costituisce il principale – ma non l’unico – criterio di attribuzio- ne della paternità dei documenti, in un sistema ove è ormai diffuso il ricorso alla firma digitale (20), e in cui la giurisprudenza, da tempo, riconosce criteri di imputazione equipollenti (21): ci si riferisce in particolare all’orientamento, su cui ci si soffermerà infra, che equipara la produzione in giudizio di un do- cumento alla sua sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del vin- colo contrattuale con effetti ex nunc, ove sia presente in atti la proposta con-
18 X. XXXXXXXXXX, Studi sulla sottoscrizione, in Riv. dir. comm., 1929, p. 512 ss.; X. XXXXXXX, Sot- toscrizione, in Noviss. dig. it., XVII, Torino, 1970, p. 1004; X. XXXXXXX, La paternità delle scritture: sottoscrizione e forme equivalenti, Milano, 1997.
19 La tesi più rigorosa ritiene necessario che la sottoscrizione riporti, per esteso, nome e co- gnome della persona: così X. XXXXXXXXXXXX, Scrittura privata, cit., p. 811; X. XXXXXXX, Xxxxxxx- ra privata, cit., p. 809. Altra parte della dottrina ritiene sufficiente che la sottoscrizione sia attri- buibile, senza margini di incertezza, a una certa persona: cfr. X. XXXXXXX, Sottoscrizione, cit., p. 1013, secondo cui sarebbe concessa la “più ampia libertà di modo e di forma, purché sia sem- pre possibile risalire alla paternità”; in senso conforme X. XXXXXXX, La sigla come sottoscrizione della scrittura privata, in Giur. It., 1969, I, 1, 137; C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, Mila- no, 2019, p. 256 ss.
20 La firma digitale è disciplinata dal D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale), che all’art. 1 la definisce come “un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare di firma elettronica tramite la chiave privata e a un soggetto terzo tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”. Ai sensi dell’art. 20, com- ma 1 bis, D. Lgs. n. 82/2005, “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile quando vi è apposta una fir- ma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata…”.
In dottrina, si veda X. XXXXXXXXXXX, La firma digitale. Formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2000.
21 L’individuazione di criteri equipollenti ha indotto parte della dottrina a rilevare una “crisi della sottoscrizione”: così X. XXXXXXXXXXX, Commento all’art. 1350 c.c., cit.
trattuale firmata dalla controparte (22). La configurabilità di criteri di imputa- zione alternativi alla sottoscrizione è ammessa anche dalla dottrina preva- lente (23).
Mediante la sottoscrizione il documento acquista l’efficacia probatoria di cui all’art. 2702 c.c., secondo cui la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta,
22 L’orientamento è da tempo consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Tra le pronunce più recenti, cfr. Cass. 22 gennaio 2018, n. 1525, in Giust. civ. Mass., 2018: “In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ‘ad substantiam’, la produzione in giudizio di una scrittura privata a cura di chi non l’aveva sottoscritta costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e, pertanto, perfeziona ‘ex nunc’ il contratto in essa contenuto, pur- ché la controparte in giudizio sia la stessa che aveva già firmato tale scrittura e sia ancora in vita al momento di detta produzione, non producendosi altrimenti il necessario incontro delle volontà negoziali”. Cfr., ex multis, Xxxx. 24 marzo 2016, n. 5919, in Contratti, 2016, 12, p. 1089 ss.; Cass. 17 ottobre 2006, n. 22223, in Giust. civ. Mass., 2006. In argomento, cfr. X. XXXXXXX, La produzione in giudizio come equipollente della sottoscrizione, in Contratti, 2000, p. 1098 ss.
Parte della dottrina si è espressa in senso critico rispetto al menzionato orientamento giuri- sprudenziale: cfr. X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, 00, XX, Xxxxxx, 0000, p. 279 ss., ove si evidenzia che se la produzione in giudizio va- lesse realmente come manifestazione del consenso, non si potrebbe spiegare come il contratto possa perfezionarsi “anni o decenni dopo il giorno in cui il convenuto ha sottoscritto il testo dell’accordo”. Secondo questa impostazione, quindi, “la proposta contrattuale è in vita per il tempo necessario a rispondere. Non dura anni, anche se non revocata”. In questa situazione, “l’efficacia riconnessa all’invocazione del documento in giudizio avrebbe un senso solo se sot- tintendesse la presunzione che la proposta sia stata sin dall’inizio (e cioè, tempestivamente) accettata. Ma la giurisprudenza non riconosce all’invocazione un simile effetto ex tunc. Essa equipara semplicemente la invocazione in giudizio alla sottoscrizione e alla recezione”.
23 Già X. XXXXXXXXXX, Studi sulla sottoscrizione, cit., p. 527, rilevava l’esistenza di “atti analoghi alla sottoscrizione”, idonei a “significare assunzione di paternità del documento” (portando l’esempio del sigillo).
Più di recente, X. XXXXXX, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo for- malismo, Milano, 2008, p. 193, che ritiene la sottoscrizione “surrogabile in presenza di altri e diversi indici di riconducibilità dello scritto al suo autore”. Come chiarisce X. XXXXXXXX, Forma, firma, informazione (il contratto come stabile contenitore di istruzioni), in Giust. civ., 2020, p. 390 ss., “la dichiarazione di paternità racchiusa nella sottoscrizione è una formula convenzionale, vale a dire che essa viene utilizzata per il fatto di essere comoda e chiara, e non perché sia l’unica possibile”.
se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta (24).
Di efficacia probatoria privilegiata è munito l’atto pubblico (25), defini- to normativamente come il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede (art. 2699 c.c.): esso fa piena prova, fino a querela di falso, della prove- nienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché del- le dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.).
Dal requisito di forma ad substantiam si suole tradizionalmente distin- guere la forma ad probationem, categoria che ricomprende i contratti in rela- zione ai quali è richiesta una determinata forma a fini probatori; così, ad e- sempio, è espressamente previsto che il contratto di assicurazione (ex art. 1888 c.c.) e quello di transazione (ex art. 1967 c.c.) debbano essere provati per iscritto.
In questi casi, pur in assenza del requisito formale prescritto, il con- tratto è valido; tuttavia, esso non potrà essere provato in giudizio per testi-
24 La scrittura si ritiene riconosciuta, anzitutto, se il soggetto contro cui viene prodotta in giu- dizio non provvede, nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione (art. 215 c.p.c.), al disconoscimento, mediante formale negazione della propria scrittura o della propria sottoscrizione (art. 214 c.p.c.). In caso di disconoscimento, la parte che intende avva- lersi della scrittura può proporre istanza di verificazione (art. 216 c.p.c.); all’esito del relativo procedimento, se è accertata l’autenticità della sottoscrizione, e dunque la paternità della scrit- tura, quest’ultima si ritiene legalmente riconosciuta.
Si ha, inoltre, per riconosciuta la sottoscrizione autenticata da un notaio, o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, il quale attesti che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza, pre- vio accertamento dell’identità personale del sottoscrittore (art. 2703 c.c.): mediante il ricorso alla c.d. scrittura privata autenticata è dunque possibile prevenire il rischio di disconoscimento della firma.
25 B. BRUGI - X. XXXXXXXX, Atti pubblici, in Noviss. dig. it., I, 2, Torino, 1958, p. 1521 ss.; X. XXXXXXXXX, Atto pubblico, in Enc. giur., IV, Roma, 1988, p. 6 ss.; X. XXXXXX, Atto pubblico, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, p. 265 ss.; X. XXXXXXXX, L’atto pubblico, Torino, 1992.
moni (art. 2725 c.c.) – e, conseguentemente, nemmeno per presunzioni: cfr. art. 2729, comma 2, c.c. –, salvo che il contraente abbia senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova (art. 2724, n. 3, c.c.). Fuori da tale ipotesi, il contratto privo della forma scritta potrà dunque essere prova- to solo con i limitati mezzi della confessione e del giuramento.
La bipartizione tra forma ad substantiam e forma ad probationem, e la ri- levanza di quest’ultima nel terreno del diritto sostanziale, hanno formato oggetto di critica da parte di attenta dottrina. Ciò in quanto dalla disciplina normativa emerge chiaramente che la forma ad probationem rileva unicamente sul piano processuale; conseguentemente, in tale ambito non può parlarsi di forma dell’atto ma, piuttosto, di forma della prova (26).
Si consideri, poi, che la necessità della prova per iscritto riguarda non solo le ipotesi di forma ad probationem, ma anche i contratti in relazione ai quali è prevista una forma necessaria ad substantiam; in proposito, si è parlato
– efficacemente – di “forma doppiamente necessaria”, per la validità e per la prova (27). Ciò che evidenzia, una volta di più, la scarsa utilità della bipar-
26 Così X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 271: “Quando noi diciamo che la forma è imposta per la prova di un atto, in realtà noi parliamo della forma della prova, e non, invece, della forma dell’atto … Quando invece noi diciamo che la forma è imposta per la validità dell’atto, intendiamo dire che la dichiarazione negoziale stessa deve essere formalizzata”.
X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, cit., p. 124 ss., rileva che “la forma non assolve mai fun- zione di prova, sicché la categoria delle formae ad probationem è logicamente inammissibile … Dove la legge stabilisce l’uso della prova scritta, le parti sono chiamate, non già a soddisfare un onere, ma a compiere una valutazione di opportunità pratica: precostituire la prova scritta o valersi delle altre prove ammesse dalla legge (confessione e giuramento decisorio: ex art. 2735, comma 2 e 2739, comma 1 c.c.)? Qui non c’è un onere di forma, ma il generale onere della prova (art. 2697 c.c.), assolvibile anche con le residue fonti della confessione e del giu- ramento decisorio”.
27 X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 271; X. XXXXXXX, Forma, in Trattato di diritto civile, cit.
tizione (28) e, soprattutto, lo scarso rigore teorico della contrapposizione tra forma ad substantiam e forma ad probationem.
I requisiti formali previsti dalla legge (forme legali) non esauriscono il panorama degli oneri di forma operanti in ambito contrattuale, potendo le parti, nell’esercizio dell’autonomia privata, prevedere forme determinate per i propri negozi: si parla, al riguardo, di forme volontarie o convenzionali (29).
Il riferimento normativo è l’art. 1352 c.c., che consente espressamente alle parti di convenire per iscritto l’adozione di una certa forma per la stipu- lazione di un futuro contratto (30), prevedendo al contempo la presunzione legale che la forma prescelta sia stata voluta ai fini della validità dell’atto (ad substantiam). Come è stato osservato in dottrina, il patto sulla forma rientra nell’insieme dei contratti normativi, con cui le parti determinano preventi-
28 È poi appena il caso di ricordare che, indipendentemente dalle specifiche norme di legge che prevedono una determinata forma per la prova di alcuni contratti, il principio dell’esclusione della prova per testi è esteso, in via generale, a tutti i contratti di valore superio- re a Euro 2,58 (art. 2721 c.c.); soglia mai aggiornata e ormai simbolica, che peraltro tende a svuotare di autonoma rilevanza le – poche – espresse previsioni di legge che impongono re- quisiti formali a fini probatori in relazione a specifici contratti.
29 Sul tema, oltre al recente contributo di X. XXXXX, Forme convenzionali, in Comm. Xxxxxxxxxxx- Xxxxxxxx, Milano, 2016, si vedano X. XXXXXXXX, Le forme volontarie nella teoria dei contratti, Pado- va, 1949; F. DI XXXXXXXX, Accordi sulla forma e accordi sulla “documentazione” del futuro negozio, in La forma degli atti nel diritto privato. Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Napoli, 1988, p. 91 ss.; X. XXXXXX, Forme ‘‘extralegali’’ e autonomia negoziale, Xxxxxxxx-Xxxxxx, 0000; ID., Forme convenziona- li, in Dig. disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 2013, p. 276 ss.; X. XXXXXXX, Autonomia privata, forma- lismo volontario e nullità del contratto, in Contratti, 1996, p. 418 ss.; A.M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti, Torino, 2002; G. CER- XXXXX XXXXXXXXXXX, Questioni irrisolte intorno ai patti sulla forma di futuri contratti, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx.
00 Non vi è motivo per ritenere che il requisito formale prescelto debba rientrare necessaria- mente tra quelli tipizzati dal legislatore: come è stato rilevato in dottrina, “le parti possono su- bordinare l’efficacia del patto all’adozione delle forme più strane: adozione della lingua basca, ad es.; apposizione dell’impronta digitale accanto alla sottoscrizione; controfirma dei testimoni in calce alla scrittura privata … con il limite, beninteso, della serietà dell’intento” (così R. SAC- CO - G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 272). In senso conforme X. XXXXXXX, Forma, in Trattato di diritto civile, cit., p. 469.
vamente un elemento – nella specie, quello formale – della loro successiva contrattazione (31).
La forma extralegale, oltre che concordata tra le parti ai sensi dell’art. 1352 c.c., può essere imposta unilateralmente dal proponente che richieda l’accettazione in una forma determinata, ai sensi dell’art. 1326, comma 4,
c.c. In ossequio al tenore letterale della norma, ove l’accettazione difetti del requisito formale richiesto, la stessa deve ritenersi inefficace ipso iure (32), con conseguente mancato perfezionamento del vincolo contrattuale.
4. Il perimetro del requisito formale. Il problema della relatio a elementi extratestuali
In relazione ai contratti formali, si pone il tema di stabilire quali ele- menti debbano necessariamente risultare dal dato testuale, affinché il con- tratto possa ritenersi validamente stipulato nella forma richiesta ad substan- tiam. La problematica riguarda i limiti di un rinvio (relatio) a fonti esterne al documento, che concorrano a determinare, in qualche misura, i contenuti del contratto (33).
L’insegnamento tradizionale e più rigoroso esclude categoricamente che il contenuto di un negozio solenne possa rinvenirsi in elementi esterni alla dichiarazione negoziale (34). In questa prospettiva, l’onere di forma non potrebbe che riguardare il contratto nella sua interezza, ivi inclusi gli ele- menti accidentali o, comunque, secondari.
31 C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, cit., p. 267 ss.
32 X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 274.
33 X. XXXXXX, La relatio nei negozi formali, in Riv. dir. civ., 1972, I, p. 177 ss.; X. XXXX, Forma so- lenne e interpretazione del negozio, cit., p. 164 ss.; X. XXXXXXX, Forma, in Trattato di diritto civile, cit.,
p. 424 ss.
34 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1966, p. 208.
Peraltro, secondo la dottrina e la giurisprudenza ormai prevalenti, ai fini del rispetto del requisito formale è necessario e sufficiente che la forma investa gli elementi essenziali del contratto (35). Deve dunque risultare dal dato testuale, in primo luogo, l’accordo delle parti, restando naturalmente inteso che nei contratti stipulati inter absentes (36) devono essere formali tanto la proposta, quanto l’accettazione; in secondo luogo, la causa, ancorché im- plicitamente; infine, un oggetto determinato o anche solo determinabile, va- le a dire individuato dal riferimento a elementi esterni, ovvero rimesso alla determinazione di un terzo (37).
35 In dottrina, si vedano X. XXXXXX, La relatio nei negozi formali, cit., p. 124 ss.; G.B. XXXXX, In tema di formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1964, I, p. 192 ss.
In giurisprudenza, cfr. Cass. 27 febbraio 2008, n. 5197, in Giust. civ. Mass., 2008, 2, 310: “Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, la volontà comune delle parti de- ve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, res, pretium)”.
36 In dottrina è pacifico che, nell’ambito dei rapporti di diritto privato, i contratti formali non debbano essere necessariamente conclusi mediante sottoscrizione contestualmente apposta dalle parti su un unico documento (cfr. X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 278), es- sendo ammissibile il perfezionamento del contratto a distanza tramite lo scambio di proposta e accettazione a mezzo di corrispondenza; tale prassi è comune nella stipulazione dei contratti d’impresa mediante c.d. scambio di corrispondenza commerciale.
In giurisprudenza, cfr. Cass. 29 gennaio 2014, n. 1980, in Guida al dir., 2014, 15, 82, secondo cui “Ai fini della sussistenza del requisito della forma scritta nei contratti non occorre che la volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora si accerti che il secondo docu- mento è inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la forma- zione dell’accordo”. In senso conforme, Cass. 21 agosto 2012, n. 14584, in Guida al dir., 2012, 44, 68; Cass. 13 febbraio 2007, n. 3088, in Giust. civ. Mass., 2007, 2; Cass. 23 dicembre 0000, x.
00000, in Giust. civ. Mass., 2005, 1; Cass. 18 luglio 1997, n. 6629, in Giust. civ. Mass., 1997, 124;
Cass. 1 dicembre 1992, n. 12819, in Giust. civ. Mass., 1992, 12.
37 C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, cit., p. 251 ss. Nel primo caso, nulla quaestio se il rinvio è a dati obiettivi, quali ad esempio indici di borsa che concorrano a determinare univo- camente e automaticamente il quantum della prestazione. Ove invece la relatio sia diretta a ri- chiamare dichiarazioni esterne al documento contrattuale, è necessario che le parti se ne as- sumano la paternità; così, sempre a titolo esemplificativo, non potrebbe ammettersi il rinvio ad allegati al contratto non sottoscritti dalle parti.
Sembra condivisibile l’opzione interpretativa che ammette la determi- nazione per relationem sia degli elementi non essenziali del contratto, sia dello stesso oggetto, purché le parti abbiano individuato, nella dichiarazione for- male, criteri chiari e univoci per la determinabilità del contenuto dell’accordo.
Alla medesima ratio di certezza si ispira la disciplina di settore bancaria e finanziaria nell’escludere, sotto pena di nullità, il rinvio agli usi per la de- terminazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione prati- cati nei rapporti bancari (art. 117, comma 6, TUB), nonché del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico nell’ambito della presta- zione dei servizi di investimento (art. 23, comma 2, TUF).
Sulla scorta di tali indicazioni normative, in dottrina è stato osservato che l’approccio maggiormente liberale in materia di relatio a dati extratestuali non potrebbe essere adottato nel peculiare campo della contrattazione a- simmetrica, caratterizzato – come si vedrà – da particolari esigenze di tra- sparenza del regolamento negoziale, ai fini della tutela della parte debole, che giustificano la necessità di una piena autosufficienza del testo del con- tratto (38).
Nell’ipotesi della determinazione dell’oggetto ad opera del terzo, si pone il problema della forma dell’atto di arbitraggio: ad avviso di alcuni interpreti, anch’esso dovrebbe essere investi- to dal requisito formale, sostanziandosi nella determinazione del contenuto dell’accordo inter partes (cfr. X. XXXXXXX, Arbitraggio, in Noviss. dig. it., I, Torino, 1958, p. 835); secondo altra tesi, l’atto del terzo sarebbe invece a forma libera, in ragione della sua natura di fonte esterna al contratto (X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 395).
38 X. XXXX, Forma informativa nei contratti asimmetrici. Contributo allo studio della forma funzionale nei contratti asimmetrici, bancari e di investimento, Milano, 2018, p. 83 ss. L’Autore giunge perciò a rite- nere che “anche nei casi in cui la relatio non sia espressamente vietata non possa essere am- messa – almeno nel caso del contratto asimmetrico – in quanto lesiva dei principi di comple- tezza e trasparenza del regolamento contrattuale applicabili in tale specifico contesto negoziale quale espressione del superiore valore … di tutela della persona più debole nella contrattazio- ne in particolari settori del mercato”.
5. Il principio della libertà delle forme
Secondo l’insegnamento dottrinale tradizionale e maggioritario, nell’ordinamento vige il principio generale della libertà delle forme, in forza del quale la volontà negoziale può essere manifestata con qualsiasi forma, fatte salve le previsioni di legge che impongono specifici oneri formali in re- lazione a determinate fattispecie (39).
Questo orientamento interpretativo trae origine dall’insegnamento giusnaturalistico e trova il proprio caposaldo teorico nel “dogma della vo- lontà”: stante il ruolo centrale della volontà negoziale, la forma in cui la stessa si manifesta assume valore secondario, e non può tradursi in una li- mitazione all’autonomia privata fuori dalle ipotesi espressamente previste dalla legge.
Ne deriva la concezione delle disposizioni impositive di vincoli forma- li quali norme eccezionali – contrastanti con il generale principio della liber- tà contrattuale – e, come tali, insuscettibili tanto di applicazione analogica, in virtù dell’espresso divieto di cui all’art. 14 disp. prel. c.c., quanto di inter- pretazione estensiva (40).
39 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 285; X. XXXXXXXX, Contratto (dir. priv.), cit.;
X. XXXXXXXXXX, Forma degli atti (dir. priv.), cit., p. 988 ss.; X. XXXXXX, La forma tra regola ed ecce- zione, in Rass. dir. civ., 1986, p. 49 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, cit., p. 135; A. DE CUPIS, Sul contestato principio della libertà delle forme, in Riv. dir. civ., 1986, p. 203 ss.; X. XXXXXXXX, In tema di libertà delle forme, ivi, 1986, p. 203 ss.; X. XXXXXXX, Applicazione e por- tata del principio di tassatività delle forme solenni, in La forma degli atti nel diritto privato. Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Napoli, 1988, p. 809 ss.; A. PALAZZO, Forme del negozio giuridico, cit., p. 442; ID., La forma negoziale tra nuove polemiche e sicure realtà, in Scritti in onore di Xxxxxxx Xxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, x. 000 xx.; F. VENOSTA, La forma dei negozi preparatori e revocatori, cit., p. 40; X. XXXXXXX -
X. XXXXXX, Forma, in Trattato di diritto privato, cit., p. 395; C.M. BIANCA, Diritto civile, III, Il con- tratto, cit., p. 243; X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, Milano, 2011, p. 206.
40 Cfr., per tutti, X. XXXXXXXXXX, Forma degli atti (dir. priv.), cit., p. 988 ss., secondo cui i requi- siti formali previsti dalla legge costituirebbero “una deroga penetrante – non solo … al princi- pio della libertà di forma … – ma alla stessa autonomia privata … Il sistema dovrebbe essere perciò inteso come veramente eccezionale, cosicché non dovrebbe indulgersi alla tendenza di
Il fondamento normativo della libertà delle forme viene individuato dalla dottrina maggioritaria, da un lato, nell’art. 1322 c.c., che codifica l’autonomia contrattuale (con fondamento costituzionale nell’art. 41 Cost.); d’altro lato, nel combinato disposto dell’art. 1325, che include la forma tra i requisiti essenziali del contratto solo ove la stessa sia prevista dalla legge sotto pena di nullità, e dell’art. 1350, che all’elencazione degli “atti che de- vono farsi per iscritto” aggiunge, sub n. 13, “gli altri atti specialmente indica- ti dalla legge”.
La generale libertà delle parti in ordine alla scelta della forma ritenuta più confacente ai propri interessi è ritenuta, dalla citata dottrina, funzionale alla speditezza dei traffici e alla circolazione della ricchezza. Non a caso, la forma scritta emerge là dove detti interessi sono affievoliti (41), oppure nei settori in cui i medesimi devono necessariamente arretrare dinnanzi a pre- minenti esigenze di certezza, come nell’ambito della contrattazione immobi- liare.
La vigenza, nel nostro ordinamento, di un principio generale della li- bertà delle forme non è peraltro pacifica. Autorevole dottrina ha messo in discussione l’impostazione tradizionale, formulando un’articolata critica in- centrata vuoi sui ragionamenti strettamente dogmatico-strutturali, vuoi su una lettura assiologica e sistematica del requisito formale.
estenderlo al di là dei casi effettivamente disciplinati”, con conseguente divieto non solo del “ricorso all’analogia, ma anche all’interpretazione estensiva, che costituisce … un comodo scudo per eludere il discorso dell’art. 14 disp. prel.”.
41 Emblematico è il caso dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione, che, in base alle previsioni del X.X. 00 novembre 1923, n. 2440 (recante “Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”) e del X.X. 00 maggio 1924, n. 827 (recante “Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”), devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità. Con ri- ferimento all’attività iure privatorum della pubblica amministrazione, dunque, il principio della libertà delle forme non sussiste, sostituito dalla generale previsione della forma vincolata.
Sotto il primo profilo, il riferimento è al pensiero di Xxxx, che muove dall’analisi di una delle disposizioni comunemente invocate a fondamento della concezione liberale, vale a dire l’art. 1325 c.c. Secondo l’Autore, la norma in questione in realtà descriverebbe due diverse fattispecie contrat- tuali, di cui “una fattispecie debole, risultante dalla combinazione di tre re- quisiti (accordo, causa, oggetto)” e “una fattispecie forte, risultante dalla combinazione di quattro requisiti (accordo, causa, oggetto, forma)”. In que- sta situazione, la norma sulla forma sarebbe unica ed esclusiva: “quella, che, descrivendo il modello di fattispecie forte, aggiunge il requisito della forma ‘quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità’ (art. 1325, n. 4, c.c.). La norma, descrittiva del modello di fattispecie debole, non è una norma sulla forma: ed, infatti, elenca accordo, causa, ed oggetto” (42).
Non sarebbe quindi presente, all’interno dell’ordinamento giuridico, una norma positiva che preveda la libertà di forma (43); con la conseguenza
42 X. XXXX, Idola libertatis, cit., p. 20 ss. Cfr., inoltre, ID., Del falso principio di libertà delle forme. Strutture forti e strutture deboli, in AA.VV., La forma degli atti nel diritto privato. Studi in onore di Miche- le Giorgianni, Napoli, 1988, p. 449 ss.
43 X. XXXX, Idola libertatis, cit., p. 20 ss.: “non si danno dunque due norme sulla forma – l’una regolare, l’altra eccezionale –; ma una sola norma, la quale, in sé considerata, non è né regolare né eccezionale. Mancando il termine di raffronto, la norma non può assumere alcuna qualifica di relazione: non si paragona ad altre, e così rimane una tra le norme dell’ordinamento. Nella descrizione legislativa della fattispecie debole (accordo + causa + oggetto), non c’è una norma sulla libertà di forma, ma pura assenza di una norma sulla forma (tabula absentiae)”.
In senso critico, X. XXXXXX, La forma tra regola ed eccezione, cit., p. 52 ss., rileva che nell’art. 1325 sarebbero invece ravvisabili due norme, di cui una “prevede quale requisito del contratto la forma, quando questa è prevista a pena di nullità” e l’altra “che, non prevedendo il requisito della forma, (implicitamente) lo esclude in tutti gli altri casi”. Quest’ultima norma, “riferendosi alla generalità dei contratti” rappresenterebbe la regola; mentre l’altra, riguardando “soltanto quelli in cui la forma è disciplinata sotto pena di nullità, e perciò [contenendo] certamente una previsione più limitata”, rappresenterebbe l’eccezione, “risultando altresì la sua natura deroga- toria dalla circostanza che essa comprende un ulteriore e ‘specificativo’ elemento rispetto a quelli che ha in comune con la fattispecie dell’altra norma più ampia e generale, alla quale è perciò subordinata”.
che l’art. 1325, n. 4, c.c. non potrebbe qualificarsi come norma eccezionale, al pari delle singole norme impositive di vincoli formali, che sarebbero per- ciò suscettibili di applicazione analogica a fattispecie in cui siano ravvisabili similari esigenze meritevoli di tutela. Nella visione irtiana, pertanto, “il for- malismo si viene mostrando, non limitato ed eccezionale, ma dilatato ed e- spansivo” (44), sicché l’autonomia privata resta circoscritta alla determina- zione del contenuto del contratto, essendo la scelta della forma ritenuta al di fuori della sfera di dominio delle parti.
Sotto altro profilo, le critiche alla libertà delle forme hanno interessato il principio comunemente posto a fondamento della suddetta libertà, ossia quello dell’autonomia privata, del quale è stata contestata l’idoneità a rap- presentare un valore insuscettibile di limitazioni, se non in casi tassativi (45).
Ciò in quanto, in una prospettiva assiologica e costituzionalmente o- rientata, l’autonomia delle parti avrebbe quale criterio ispiratore non solo quello dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), ma anche i valori personalistici e, al contempo, solidaristici (art. 2 Cost.). Sarebbe dunque op- portuno il ricorso al formalismo per limitare l’autonomia negoziale, là dove siano ravvisabili esigenze di garanzia e promozione di interessi ulteriori e diversi rispetto a quello della libertà, di rilevanza costituzionale e comunita- ria. Ed è proprio nella valorizzazione di tali interessi che troverebbero causa
Ritiene parimenti configurabile, alla luce dell’art. 1325, n. 4, c.c., una “norma implicitamente ammissiva della libertà della … forma”: A. DE CUPIS, Sul contestato principio di libertà delle forme, cit., p. 203 ss.
44 X. XXXX, Idola libertatis, cit., p. 23. Si noti peraltro che, nella visione dell’Autore, l’applicazione analogica delle disposizioni sulla forma è ritenuta possibile soltanto in relazione ai contratti atipici.
45 Ci si riferisce al pensiero di X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, cit.
gli interventi del legislatore, europeo e nazionale, che hanno nel tempo in- trodotto nuovi vincoli di forma a tutela del contraente debole (46).
Si propone, così, una ricostruzione della forma in chiave funzionale, con riguardo agli interessi che il legislatore ha inteso promuovere o tutelare mediante l’introduzione di vincoli formali. In questa prospettiva, la verifica in ordine alla possibilità o meno di un’applicazione analogica dei vincoli di forma dovrebbe compiersi mediante un procedimento ermeneuitico che consenta, caso per caso, valutati la funzione del requisito formale e i valori che caratterizzano lo specifico contesto normativo in cui esso è posto, di qualificare la regola sulla forma come eccezionale o meno (47).
Altra dottrina ha rilevato “una certa relatività della libertà delle forme” (48), ammettendo, da un determinato punto di vista, la valenza di tale princi- pio – nel senso che, salva diversa disposizione, un contratto non può essere considerato invalido per il fatto che non sia stata adottata una forma solen- ne –, ma affermando che da ciò non potrebbe discendere una qualificazione delle disposizioni che impongono oneri formali come norme eccezionali, dovendosi dunque ritenere ammissibile un’interpretazione estensiva delle stesse.
46 X. XXXXXXXXXXX, Riflessioni sul “diritto contrattuale europeo” tra fonti e tecniche legislative, in Il diritto dei contratti fra persona e mercato, Napoli, 2003, p. 485 ss.; ID., Le ragioni del mercato e le ragioni del diritto dalla Comunità economica europea all’Unione Europea, in X. Xxxxxxxxxxx - X. Xxxxxxxx (a cura di), Il diritto dei consumi, IV, Napoli, 2009, p. 7 ss.
47 X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, cit., p. 45 ss., secondo il quale l’art. 1325, n. 4, c.c. sarebbe da intendersi a guisa di un “frantume di norma che si integra e si colora di volta in volta dalla disciplina del singolo atto”.
48 X. XXXXX - X. XX XXXX, Il contratto, cit., pp. 269-270: ciò in quanto il principio della libertà delle forme “deve … essere illustrato mettendolo in relazione ai molteplici effetti riconnessi alle forme: talora l’adozione della forma è requisito per la prova; altre volte per la validità dell’atto; altre volte, per l’efficacia dell’atto come titolo esecutivo, o per l’opponibilità dell’atto a terzi”.
Peraltro, come si è detto, la maggioranza degli interpreti resta favore- vole a riconoscere la libertà delle forme quale principio generale cui è in- formato il sistema privatistico; così, pure, la giurisprudenza (49).
Invero, revocare al menzionato principio il diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento comporterebbe il rischio di derive illiberali, lasciando all’interprete indefiniti spazi di valutazione in ordine ai confini dei vincoli di forma, con sacrificio – oltre che dell’autonomia privata, nei settori in cui ancora essa sopravvive – della certezza dei rapporti contrattuali. Del resto, come vedremo, nel quadro della contrattazione asimmetrica – ove sussisto- no particolari e rilevanti esigenze di tutela della parte debole, soprattutto sotto il profilo informativo – il legislatore europeo e nazionale è intervenuto determinando specificamente, e dettagliatamente, l’ambito e i contenuti dei requisiti formali. E, in termini di politica del diritto, in detto contesto non pare ravvisabile la necessità, e tanto meno l’opportunità, di un’autonoma funzione “espansiva” dei formalismi da affidare, in ultima analisi, agli organi giudicanti.
6. Le funzioni dei requisiti di forma nella prospettiva codicistica
Prima di procedere all’analisi del nuovo formalismo di matrice comu- nitaria, si rende necessario focalizzare l’attenzione sulle funzioni “tradizio- nali” della forma nel sistema delineato dal codice civile, tenuto conto del contesto della codificazione e dei valori ritenuti preminenti nel quadro eco- nomico-sociale dell’epoca. L’esame consegnerà i necessari termini di raf-
49 Cfr. Cass. Sez. Un., 22 marzo 1995, n. 3318, in Giust. civ., 1995, I, 2750; più di recente, Cass. 23 settembre 2013, n. 21729, in Giust. civ. Mass., 2013; Cass. 22 agosto 0000, x. 00000, ivi;
Cass. 8 gennaio 2004, n. 109, in Giust. civ. Mass., 2004; Cass. 19 maggio 2003, n. 7768, in Vita
not., 2003, 1418. Secondo Xxxx. Sez. Un., 17 settembre 2015, n. 18214, in Arch. Locazioni, 2015, 6, 615, occorre considerare che il “presunto” principio di libertà delle forme non è tuttavia privo di eccezioni nell’ordinamento attuale, improntato al “neoformalismo”.
fronto per indagare le “nuove” funzioni del requisito formale nel diritto eu- ropeo dei contratti (50).
Nella visione codicistica, le prescrizioni di forma sono finalizzate anzi- tutto alla responsabilizzazione delle parti in ordine alla rilevanza giuridica dell’atto posto in essere, richiamando l’attenzione delle stesse rispetto agli effetti dell’atto medesimo, fatto proprio mediante la sottoscrizione: garan- tendo, in ultima istanza, la serietà della dichiarazione negoziale. Detta esi- genza risulta particolarmente evidente in relazione ai contratti da stipularsi per atto pubblico, ove il consenso deve essere espresso avanti a un pubblico ufficiale. In quest’ottica, quanto più gravi sono le conseguenze giuridiche ed economiche dell’atto, maggiori sono i vincoli di forma imposti dalla legge (51): non a caso, per la donazione, in cui il donante si spoglia a titolo gratuito di un proprio diritto, si registra un onere formale particolarmente elevato, che aggiunge alla forma pubblica la presenza di due testimoni (cfr. art. 782 c.c. e art. 48, L. 16 febbraio 1913, n. 89) (52).
50 Cfr., per tutti, C.M. XXXXXX, In tema di forma solenne, in Riv. dir. civ., 1955, p. 480 ss.; ID., Dirit- to civile, III, Il contratto, cit., p. 248 ss.; A. TORRENTE - X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, cit., p. 576.
51 X. XXXXX, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit., pp. 41-42, rileva che “Tendenzialmente l’assunzione del dovere o di un potere a favore di altri si coniuga con la necessità di forma e viceversa l’estinzione di siffatte situazioni giuridiche si sottrae al condizionamento formale, conseguendo alla estinzione la ricostruzione dell’originario stato di libertà”. Allorché si tratti di individuare la ratio delle norme recanti precetti di forma, “non si può dunque non tenere in considerazione il tipo di situazione soggettiva specificamente rile- vante che si costituisce, si modifica oppure si estingue”.
52 In considerazione della suindicata ratio, pare allora singolare che in relazione all’assunzione di una garanzia personale – che pure espone il garante a gravi conseguenze economiche, che investono tutto il suo patrimonio – il codice non preveda un requisito formale “in senso stret- to”, ma si esprima unicamente sulle modalità di espressione della forma “in senso lato”, pre- vedendo che la volontà di prestare fideiussione debba essere “espressa” (art. 1937 c.c.); senza, pertanto, necessità di forma scritta ad substantiam.
In secondo luogo, i vincoli di forma perseguono esigenze di certezza dell’atto. La manifestazione orale di volontà è labile, restando la sua soprav- vivenza affidata alla memoria di coloro che l’hanno pronunciata e delle per- sone che eventuamente abbiano assistito all’atto. Al contrario, la scrittura rappresenta uno strumento durevole che consente di conservare le dichiara- zioni negoziali, di chiarirne l’oggetto, di favorirne l’interpretazione. La for- malizzazione dell’intesa consente così di ridurre l’insorgere di controversie in ordine ai contenuti e all’esistenza stessa del contratto; ragione per cui l’ordinamento, come si è visto supra, limita fortemente il ricorso alla prova orale in ambito contrattuale, al fine di indurre le parti a formare per iscritto idonea documentazione della propria attività negoziale.
Infine, i requisiti formali rispondono a necessità di ordine generale connesse alla conoscibilità da parte dei terzi e alla conseguente opponibilità dell’atto a questi ultimi, con conseguente salvaguardia della sicurezza dei traffici giuridici. È del resto evidente la simmetria tra l’elencazione di cui all’art. 1350 c.c. (“Atti che devono farsi per iscritto”) e quella di cui all’art. 2643 c.c. (“Atti soggetti a trascrizione”), che testimonia l’intima correlazio- ne tra la forma scritta ad substantiam e la tutela dell’affidamento dei terzi, at- tuata mediante la trascrizione nei pubblici registri di un titolo idoneo allo scopo, costituito – oltre che dalle sentenze – dagli atti pubblici e dalle scrit- ture private autenticate o giudizialmente accertate (art. 2657 c.c.).
Le esigenze di tutela predette sono avvertite con particolare riferimen- to agli atti a vario titolo riguardanti gli immobili, costituenti, all’epoca della codificazione del 1942, i beni di preminente rilevanza economica e sociale. È per questo che larga parte degli oneri di forma – e di pubblicità – prescrit- ti dal codice investono proprio i negozi dispositivi della ricchezza immobi- liare.
Come si vedrà subito di seguito, l’emersione di nuovi interessi, meri- tevoli di tutela, ha dato avvio alla progressiva introduzione, nella legislazio- ne speciale e di settore, di nuovi vincoli di forma, reputati idonei ad accor- dare efficiente protezione giuridica a queste istanze, per lo più correlate alla tutela della persona (contraente in posizione di debolezza) e, in via mediata, del mercato concorrenziale.
7. Il fenomeno del “neoformalismo negoziale”
Con la locuzione “neoformalismo negoziale” (53) si suole identificare la tendenza, caratteristica – soprattutto – della legislazione di derivazione co- munitaria, a introdurre progressivamente all’interno dell’ordinamento nuovi vincoli di forma e formalità in genere, cui è assegnata la funzione di proteg- xxxx e promuovere valori emergenti nelle moderne dinamiche contrattuali.
53 In argomento, si vedano X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, cit., p. 80 ss.; X. XXXXX, Dalla formazione alla forma dei contratti su valori mobiliari (prime note sul “neoformalismo” negoziale), in Banca, borsa, tit. cred., 1990, p. 778 ss.; ID., Forma contrattuale e tutela del contraente “non qualificato” nel mer- cato finanziario, Milano, 1996; X. XXXXXXXXX, Profili della forma nella nuova legislazione sui contratti, Napoli, 1999; X. XXXXXXXXX - X. XXXXXXXX, Contratti del consumatore, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 2000, p. 235 ss.; F. DI MARZIO, Riflessioni sulla forma nel nuovo diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 395 ss.; ID., Verso il nuovo diritto dei contratti (note sulla contrattazione disegua- le), in Riv. dir. priv., 2002, p. 729 ss.; X. XXXXXXXXXX, La disciplina dell’atto e dell’attività; i contratti fra imprese e fra imprese e consumatori, cit.; M. MESSINA, “Libertà di forma” e nuove forme negoziali, To- rino, 2004; F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice scrit- tura, cit.; U. XXXXXXX, La forma, cit.; F. DI XXXXXXXX, La forma, cit.; X. XXXXXXXX, Nuovi re- quisiti di forma nel contratto. Trasparenza contrattuale e neoformalismo, Padova, 2006; X. XXXXXX, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, cit.; B. PASA, La for- ma informativa nel diritto contrattuale europeo. Verso una nozione procedurale di contratto, Napoli, 2008;
X. XXXXXXX, Formalità e procedimento contrattuale, Milano, 2008; X. XXXXXXXX, Le forme negoziali nel nuovo diritto dei contratti: le c.d. forme di protezione, in Studium Iuris, 2010, p. 255 ss.; S. PA- GLIANTINI, Neoformalismo contrattuale, in Enc. dir., Annali, IV, Milano, 2011, p. 772 ss.; ID., For- ma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, Pisa, 2009; X. XXXXX, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit.; X. XXXXXXX - X. XXXXXX, Profili del neoformalismo negoziale, Napoli, 2013; X. XXXXX DE MARINIS, La forma del contratto nel sistema di tutela del contraente debole, Napoli, 2013; X. XX XXXXX, Il problema della forma contrattuale, Torino, 2017.
Il diritto contrattuale di matrice europea interviene in un contesto e- conomico profondamente diverso da quello della codificazione del 1942, incentrato – come già ricordato – sulla proprietà immobiliare (54). Ci rife- riamo al vasto settore dei consumi e dei servizi bancari, finanziari e assicura- tivi, in cui la contrattazione è per definizione asimmetrica e il bene giuridico di maggior rilievo è l’informazione (55), detenuta dal contraente x.x. xxxxx, che è anche il predisponente del testo contrattuale.
In questo ambito, la forma è concepita non più quale limite all’autonomia negoziale, ma come strumento per la protezione di classi di contraenti in posizione di debolezza, attuata mediante l’incorporazione dell’informazione in un documento scritto.
Il neoformalismo si connota, dunque, per un radicale mutamento nella concezione del requisito della forma. Essa, da semplice vestimentum della di- chiarazione negoziale, si espande sino ad inglobare la fase della contratta- zione, sostituita dalle informazioni fornite per iscritto alla parte tutelata, e persino il contenuto stesso del contratto, che giunge ad essere in larga parte predeterminato dalla legge; si parla, al riguardo, di prescrizioni di c.d. forma- contenuto, in virtù delle quali forma e sostanza finiscono inevitabilmente per confondersi.
L’esigenza di tutelare nuovi interessi giuridici ha comportato un signi- ficativo ampliamento delle funzioni perseguite dalla previsione legislativa di requisiti formali.
54 X. XXXXX, Dalla formazione alla forma dei contratti su valori mobiliari (prime note sul “neoformalismo” negoziale), cit., p. 781, osserva che “mentre il sistema del codice civile attuale prevede prescri- zioni particolari di forma essenzialmente per i contratti su beni immobili, per il particolare ‘va- lore’ socioeconomico di essi e per le connesse esigenze della trascrizione e della conoscibilità dei terzi”, la nuova legislazione speciale, e la normativa regolamentare di attuazione, impon- gono “vincoli formali anche a contratti (di massa) su beni mobili”.
55 X. XXXXXXXXXXX, L’informazione come bene giuridico, in Rass. dir. civ., 1990, p. 326 ss.
I “nuovi” vincoli previsti nell’ambito della contrattazione asimmetrica assolvono, in parte, a scopi “tradizionali” della forma, noti – come si è visto al paragrafo precedente – al sistema di cui al codice civile, quali la responsa- bilizzazione del contraente, nella specie quello in posizione di debolezza, nonché la garanzia della certezza dei vincoli contrattuali.
Ma alle predette funzioni se ne aggiungono altre, speciali e caratteriz- zanti. Scopo precipuo del neoformalismo è, anzitutto, la tutela del contraen- te debole, perseguita attraverso due principali linee d’intervento. In primo luogo, la riduzione dell’asimmetria informativa che caratterizza la posizione del consumatore o del cliente nei confronti della controparte qualificata, mediante la previsione di numerosi doveri di informazione imposti a carico di quest’ultima, che devono anche costituire oggetto di formalizzazione nel testo contrattuale.
In secondo luogo, i nuovi requisiti di forma mirano a garantire la pie- na conoscibilità e la trasparenza delle condizioni predisposte dal soggetto professionale, riguardanti il bene o il servizio oggetto del contratto, così da consentire al soggetto tutelato una maggiore ponderazione del consenso (56), anche mediante comparazione con i beni o i servizi offerti da altri operatori,
56 A ben vedere, una simile funzione della forma non è del tutto sconosciuta al sistema del codice civile. Ci si riferisce alla previsione di cui all’art. 1341 c.c., che tende a garantire la co- noscibilità delle condizioni generali di contratto (comma 1) e, nel richiedere la specifica ap- provazione per iscritto di determinate clausole, mira a rendere edotto il soggetto aderente del- la reale entità del vincolo che è in procinto di contrarre (comma 2). Al riguardo, cfr. X. XXXXX
- G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 115 ss. Le perplessità ivi sollevate in ordine all’efficacia della disciplina codicistica dei contratti per adesione inducono a riflessione, più in generale, circa i limiti di una tutela (solo) formale: “L’apparato di controllo predisposto dal codice civile nei confronti delle condizioni generali di contratto, e in particolare delle clausole vessatorie, non è adeguato, e ciò perché il problema delle condizioni generali non sta nel fatto che l’aderente non conosce o non riflette, ma sta nel fatto che l’aderente non è in grado di ottenere la modi- ficazione delle clausole predisposte dall’altro contraente” (cfr. p. 132).
nonché un’agevole ricognizione dei propri diritti nel successivo corso del rapporto, ove questo si protragga nel tempo (57).
Nel perseguire dette finalità il legislatore – come si vedrà specifica- mente infra – ha introdotto, oltre a requisiti di forma del contratto in senso proprio, prescrizioni di forma-contenuto, regole di “chiarezza” del testo contrattuale e “formalismi” eterogenei, come, ad esempio, l’obbligo di ma- teriale consegna al cliente di una copia del contratto (cfr. art. 117 TUB e art. 23 TUF).
La forma vincolata, accompagnata alla consegna del documento con- trattuale, consente altresì di favorire la prova in giudizio del rapporto e, al tempo stesso, di ridurre la discrezionalità del giudice, così perseguendo fina- lità di certezza e di limitazione del contenzioso.
È necessario porre in luce che, nel proteggere il contraente debole, la legislazione di derivazione comunitaria intende tutelare, di riflesso, il merca- to e la libera concorrenza (58). Regolando, mediante le prescrizioni di forma, l’attività d’impresa dei soggetti professionali che predispongono le condi- zioni di contratto, si vogliono infatti favorire, indirettamente, la competitivi- tà e l’ordine del mercato; ciò che, in ultima analisi, torna a recar vantaggio ai
57 X. XXXXXXX, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di responsabilità, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, x. 000 xx.
00 Ad avviso di X. XXXXXX, Diritto europeo dei contratti e regole dello scambio, in Eur. dir. priv., 2000, p. 967 ss., l’obiettivo ultimo perseguito dal diritto europeo dei contratti si sostanzia nel “rendere uniformi e controllare alcuni aspetti o momenti dei rapporti di scambio che, per le modalità di svolgimento, per la natura dei beni o servizi scambiati, per la posizione rivestita sul mercato dalle parti, potrebbero rivelarsi fattori comunque discorsivi rispetto all’obiettivo dell’ordinato ed efficiente funzionamento del mercato unico”.
In senso analogo X. XXXXXXX, Informazione economica e responsabilità civile, Padova, 2011, p. 128 ss.; nonché X. XXXXXXXXX, I contratti del mercato finanziario, Pisa, 2018, p. 179, secondo cui l’obbligo di forma scritta previsto dalla legislazione speciale “adempie ad una funzione di ga- ranzia della conoscibilità e della certezza dei contenuti contrattuali”, a tutela non solo del “contraente non predisponente”, ma anche “della corretta e sicura operatività del mercato”.
clienti che al mercato medesimo si rivolgono. In dottrina si è parlato, con espressione efficace, di “circolarità” fra gli obiettivi di tutela (59).
È questa la ratio del neoformalismo: la tutela degli interessi particolari della persona dinnanzi alle potenziali insidie della contrattazione standardiz- zata che si traduce, in via mediata, nel soddisfacimento dell’interesse genera- le, particolarmente avvertito dal legislatore europeo, legato alla conforma- zione e al regolare funzionamento del mercato concorrenziale.
8. I “nuovi” vincoli di forma introdotti dalla legislazione speciale e di settore
Così delineate, nei loro tratti essenziali, le principali caratteristiche del neoformalismo e, segnatamente, le nuove funzioni assegnate al requisito formale nel contesto anzidetto, si rende ora opportuno ripercorrere i prin- cipali interventi mediante i quali il legislatore nazionale – per lo più sospinto da quello comunitario – ha introdotto nel nostro ordinamento nuovi vincoli di forma o, comunque, prescrizioni formalistiche in ambito contrattuale.
Sotto il primo profilo, numerose sono le leggi speciali e di settore che hanno stabilito il requisito della forma scritta sotto pena di nullità, in rela- zione a tipologie eterogenee di contratti.
Il requisito della forma scritta è imposto, anzitutto, dall’art. 117 D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (“Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”, “TUB”) in relazione ai contratti bancari; al requisito di forma
59 L. DI BONA, Spunti di riflessione in tema di obblighi informativi (e neoformalismo) nei contratti asimme- trici, in Studi urbinati di scienze giuridiche, p. 229 ss., spec. p. 238, fa riferimento a “obiettivi multi- livello, reciprocamente integrantisi in una sorta di sinergica circolarità: dalla protezione del contraente (più) debole, alla correzione dei fallimenti del mercato, all’incentivazione del libero gioco della concorrenza e così, in un virtuoso ritorno, a tutela della effettiva libertà negoziale dei paciscenti”.
Cfr. X. XXXXX, Profili del contratto nell’investimento finanziario, in Riv. dir. comm., 2016, p. 347 ss., il quale evidenzia che dovrebbe ritenersi definitivamente superata una contrapposizione “mani- chea” tra la visione “paternalista”, di protezione del soggetto debole, e quella “liberista”.
scritta si aggiunge la previsione dell’obbligo per la banca di consegnare al cliente un esemplare del contratto (60).
Identico vincolo di forma è previsto, sempre sotto pena di nullità, per i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento ex art. 23 D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”, “TUF”) che saranno oggetto dello specifico approfondimento del presente studio (v. infra, capitolo II). Anche in rela- zione ai contratti finanziari la norma prescrive, altresì, la consegna di un e- semplare del contratto all’investitore (61). Particolari vincoli contenutistici del contratto sono previsti, come si vedrà infra, dalla disciplina regolamentare (cfr. regolamento Consob adottato con delibera n. 20307 del 15 febbraio 2018, “Regolamento Intermediari”, art. 37) (62).
Proseguendo nell’elencazione degli interventi normativi di maggior ri- lievo, si rammenta che la forma scritta è prevista per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo (63), ai sensi dell’art. 1 L. 9 dicembre 1998, n.
60 Il requisito della forma scritta ad subtantiam e l’obbligo di consegna di un esemplare del con- tratto erano stati introdotti, prima dell’emanazione del TUB, già dall’art. 3, comma 1, della L. 17 febbraio 1992, n. 154 (“Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”).
61 Prima dell’emanazione del TUF, gli obblighi di forma scritta e di consegna di una copia del contratto al cliente erano stati introdotti dall’art. 6 della L. 2 gennaio 1991, n. 1 (“Disciplina dell’attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull’organizzazione dei mercati mobi- liari”).
62 È opportuno precisare che, a livello regolamentare, l’art. 37 del previgente regolamento Consob n. 16190/2007 (così come l’art. 30 del precedente regolamento n. 11522/1998) pre- vedeva l’obbligo di prestazione dei servizi di investimento “sulla base di un apposito contratto scritto” soltanto rispetto ai contratti con i clienti al dettaglio. A seguito delle novità introdotte dalla direttiva 2014/65/UE (XxXXX XX) e in attuazione del Regolamento (UE) 2017/565, il nuovo Regolamento Intermediari ha esteso in via generale l’obbligo di stipulazione per iscrit- to, rendendolo pertanto applicabile anche ai contratti con clienti professionali.
63 X. XXXXXXXXX, Formalismo e contratto di locazione, Milano, 2004; X. XXXXXXXXX - F. PADOVI- NI, La locazione di immobili urbani, Xxxxxx, 0000.
431 (“Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”).
Altro requisito di forma a pena di nullità è stato previsto dal D. Lgs. 9 novembre 1998, n. 427 (“Attuazione della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili”) in relazione al contratto di multiproprietà (64); la relativa disciplina è poi confluita nel D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del consumo”) (65).
Il requisito della forma scritta era stato altresì contemplato dal D. Lgs. 17 marzo 1995, n. 111 (“Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concer- nente i viaggi, le vacanze ed i circuiti ‘tutto compreso’”) con riferimento ai contratti di vendita di pacchetti turistici (66), ora disciplinati dal D. Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (“Codice del turismo”). A seguito delle recenti modifi-
00 X. XX XXXX, Xxxxx multiproprietà, in Riv. dir. priv., 1999, p. 5 ss.; X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di multiproprietà, Milano, 2003; X. XXXXXXXXX, La multiproprietà, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxx, XXVI, Il diritto privato dell’Unione europea, Torino, 2006, p. 290 ss.
65 Ai sensi dell’art. 72 cod. cons., “Il contratto deve essere redatto per iscritto, a pena di nulli- tà, su carta o altro supporto durevole, nella lingua italiana e in una delle lingue dello Stato dell’Unione europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a sua scelta, pur- ché si tratti di una lingua ufficiale della Unione europea”. Al requisito della forma scritta si ag- giunge così la prescrizione, lato sensu formalistica, relativa all’uso della lingua. Il precedente art. 71 cod. cons. individua gli obblighi informativi precontrattuali cui l’operatore è tenuto nei confronti del consumatore; le informazioni devono essere fornite “in maniera chiara e com- prensibile” e sempre “su carta o altro supporto durevole facilmente accessibile al consumato- re”. L’art. 72, comma 4, cod. cons. dispone che “Le informazioni di cui all’articolo 71, comma 1, costituiscono parte integrante e sostanziale del contratto e non possono essere modificate salvo qualora vi sia l’accordo esplicito delle parti oppure qualora le modifiche siano causate da circostanze eccezionali e imprevedibili, indipendenti dalla volontà dell’operatore, le cui conse- guenze non avrebbero potuto essere evitate neanche con la dovuta diligenza. Tali modifiche, indicate espressamente nel contratto, sono comunicate al consumatore su carta o altro sup- porto durevole a lui facilmente accessibile, prima della conclusione del contratto”. Infine, l’art. 72, comma 7 cod. cons. specifica che “Il consumatore riceve una copia o più copie del con- tratto all’atto della sua conclusione”.
66 Si veda, per tutti, X. XXXXX, I contratti del turismo organizzato, in Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 1999.
che apportate al Codice del turismo ad opera del D. Lgs. 21 maggio 2018, n. 62, è ammessa eccezione al requisito della forma scritta del contratto, ferma restando la consegna al cliente di copia o conferma del contratto su un sup- porto durevole (67).
In relazione ai contratti di subfornitura (68), poi, l’art. 2 L. 18 giugno 1998, n. 192 (“Disciplina della subfornitura nelle attività produttive”) pre- vede sia la forma scritta a pena di nullità (69), sia prescrizioni di chiarezza del testo contrattuale e di forma-contenuto (70).
67 Il Codice del Turismo prevede, altresì, una dettagliata disciplina in materia di informazioni precontrattuali, da fornirsi al consumatore anche mediante la consegna di un modulo informa- tivo standard (art. 34 cod. tur.), alcune delle quali vanno a costituire parte integrante del con- tratto di pacchetto turistico (art. 35 cod. tur.), nonché prescrizioni in tema di semplicità e chia- rezza del linguaggio (art. 36, comma 1, cod. tur.) e requisiti di forma-contenuto (art. 36, com- ma 5, cod. tur.).
00 X. XX XXXX (x xxxx xx), Xx xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; G. ALPA - X. XXXXXXXX (a cura di), La subfornitura. Commento alla legge 18 giugno 1998 n. 192, Milano, 1999; X. XXXXX, Gli accordi in- terprofessionali “in deroga” alla disciplina legale del contratto di subfornitura, in Contratti, 1999, p. 300 ss.;
X. XXXXXX, (a cura di), Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Nuove leggi civ., 2000, p. 365 ss.; M.R. XXXXXXX, La subfornitura, in X. Xxxxx, M.R. Xxxxxxx, X. Xxxxxx (a cura di), I con- tratti per l’impresa, I, Bologna, 2012, p. 207 ss.; ID., Subfornitura (Diritto civile), in Enc. dir., Annali, VIII, Milano, 2015, pp. 775-795.
69 La norma in esame precisa che “Costituiscono forma scritta le comunicazioni degli atti di consenso alla conclusione o alla modificazione dei contratti effettuate per telefax o altra via telematica” (comma 1), e che “Nel caso di proposta inviata dal committente secondo le moda- lità indicate nel comma 1, non seguita da accettazione scritta del subfornitore che tuttavia ini- zia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge e ad es- so si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma restando l’applicazione dell’articolo 1341 del codice civile” (comma 2). Il comma 3 puntualizza che “Nel caso di con- tratti a esecuzione continuata o periodica, anche gli ordinativi relativi alle singole forniture de- vono essere comunicati dal committente al fornitore in una delle forme previste al comma 1 e anche ad essi si applica quanto disposto dallo stesso comma 1”.
70 Sotto il primo profilo, la norma de qua stabilisce che “Il prezzo dei beni o servizi oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso, tale da non inge- nerare incertezze nell’interpretazione dell’entità delle reciproche prestazioni e nell’esecuzione del contratto” (comma 4). I vincoli contenutistici del contratto sono previsti dal successivo comma 5.
La redazione per iscritto a pena di nullità è altresì imposta dall’art. 3, comma 1, L. 6 maggio 2004, n. 129 (“Norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale”) per il contratto di franchising (71), in relazione al quale è altresì prevista la previa consegna all’aspirante affiliato, da parte dell’affiliante, di copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato degli allegati espressamente contemplati dalla legge stessa (art. 4, comma 1).
9. I formalismi eterogenei nel diritto europeo dei contratti
La varietà, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, dei vincoli impo- sti dal neoformalismo, manifestatosi mediante l’evoluzione normativa sopra delineata, potrebbe indurre a fraintendimenti in ordine alla natura delle pre- scrizioni recate dalla legislazione de qua, sicché preme sgombrare il campo da qualsivoglia ambiguità concettuale.
Anzitutto, come rileva attenta dottrina (72), si rende necessario operare una fondamentale distinzione tra forma informativa (73) (“ad informationem”), costituita dai vincoli formali in senso stretto previsti – nei contratti asimme- trici – a tutela del contraente debole, che integrano un requisito di validità del contratto, e forma-modulo (textform) (74), costituita dagli ulteriori e diver- si obblighi di informazione, attuati mediante la consegna di moduli standard,
71 X. XX XXXX, La nuova legge sul franchising, in Xxxxxxxxx, 2004, p. 761 ss.; X. XXXXXXXXX, Pri- me note di commento alla normativa in materia di franchising, in Corr. giur., 2004, p. 851 ss.; X. XXXX, La nuova legge sull’affiliazione commerciale, in Nuove leggi civ. comm., 2004, p. 1153 ss.; X. X’XXXXX, Il procedimento di formazione del contratto di franchising secondo l’art. 4 l. 129/2004, in Riv. dir. priv., 2005, p. 769 ss.
72 E. TOSI, Forma informativa nei contratti asimmetrici, cit., p. 88 ss.
73 Al riguardo si veda B. PASA, Forma informativa, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg. V, Torino, 2010, p. 651 ss.
74 Il termine “textform” compare nel §126b del BGB con riferimento ai documenti informativi
– di natura non contrattuale – forniti su supporto scritto o altro idoneo strumento duraturo.
il cui eventuale inadempimento non inficia la validità del contratto, limitan- do i propri effetti nell’ambito della responsabilità precontrattuale.
Rispetto alle semplici textform, non si pone alcun tema di imputabilità soggettiva, non ravvisandosi alcuna esigenza di sottoscrizione da parte né del contraente debole, né del contraente forte, stante la natura non contrat- tuale del modulo. In considerazione di ciò, sembra potersi affermare che la textform non è forma in senso stretto; rectius, essa nulla ha a che fare con la forma del contratto (75).
Viceversa, i precetti di forma ad informationem, seppur anch’essi caratte- rizzati dalla ratio di limitazione dell’asimmetria informativa tra contraente forte e contraente debole, costituiscono veri e propri requisiti formali; sic- ché, come si vedrà approfonditamente infra, il tema delle sottoscrizioni – e, segnatamente, della necessità o meno di una sottoscrizione da parte del contraente “forte” – pone complesse e delicate questioni interpretative.
Così delineata la bipartizione concettuale tra requisiti formali ad infor- mationem e semplici forme-modulo, si rileva che è nella prima categoria che si collocano le prescrizioni di forma scritta riguardanti i contratti bancari (art. 117 TUB) e finanziari (art. 23 TUF), nonché tutti gli obblighi informa- tivi previsti dalla normativa speciale che si inseriscono nella forma del con- tratto andando a costituire, per espressa previsione del legislatore, “parte in- tegrante” del contratto stesso: così, le informazioni di cui all’art. 71, comma 1, cod. cons. in relazione ai contratti di multiproprietà (ex art. 71, comma 4, cod. cons.), nonché alcune delle informazioni da fornire agli acquirenti di pacchetti turistici (ex art. 35, cod. tur.).
75 X. XXXXXXXXXXX, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, cit.; B. PASA, La forma infor- mativa nel diritto contrattuale europeo, cit., p. 251 ss.
Sono invece mere forme-modulo quelle riguardanti i contratti nego- ziati fuori dei locali commerciali (art. 50, comma 2, cod. cons.), i contratti a distanza (art. 51 cod. cons.) e la commercializzazione a distanza di servizi finanziari (art. 67 bis ss. cod. cons.).
L’eterogeneità dei nuovi formalismi si manifesta anche mediante pre- scrizioni conformative del testo contrattuale e, financo, delle modalità lin- guistiche della sua espressione.
Sotto il primo profilo, il riferimento corre alle disposizioni che xxxxxx- dono l’utilizzo di formule predeterminate dalla legge, quale quella prevista dall’art. 118 TUB ai fini dell’efficacia della modifica unilaterale delle condi- zioni contrattuali (76).
Quanto al secondo profilo, ci si riferisce alle disposizioni che – in de- roga alla generale facoltà di utilizzare, nel testo del contratto, qualsiasi lingua prescelta dalle parti – impongono l’utilizzo della lingua italiana o di altra lin- gua dell’Unione Europea, tutelando così l’interesse all’effettiva comprensi- bilità delle condizioni contrattuali, nel contesto di un’offerta di beni e servizi che non conosce più barriere né confini (77).
Tra le prescrizioni lato sensu “formalistiche”, vi è poi quella riguardante la consegna al cliente di una copia del contratto, prevista da numerose di-
76 Il secondo comma della norma in esame dispone: “Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’ […]”. Ai sensi del terzo comma, “Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osser- vate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente”.
77 L’onere de quo è imposto, ad esempio, in relazione al contratto di multiproprietà, che deve essere redatto “nella lingua italiana e in una delle lingue dello Stato dell’Unione europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a sua scelta, purché si tratti di una lingua uffi- ciale della Unione europea” (art. 72, comma 1, cod. cons.). Analogamente, l’utilizzo della lin- gua italiana è prescritto per il testo della garanzia convenzionale nella vendita di beni di con- sumo (art. 133, comma 4, cod. cons.).
sposizioni nel panorama della legislazione a tutela del contraente debole (78). Tale obbligo, posto a carico della controparte professionale, mira a raffor- zare la tutela del cliente sotto il profilo della diminuzione dell’asimmetria in- formativa, garantendo la disponibilità di un supporto materiale che consen- ta al cliente medesimo di entrare in possesso delle informazioni nella fase precontrattuale, e di verificare il contenuto dei reciproci diritti e obblighi nel successivo corso del rapporto (79).
Preme evidenziare che l’assolvimento o meno dell’obbligo di conse- gna di copia del contratto non interferisce nel procedimento di formazione del vincolo, né sotto il profilo della struttura contrattuale. La consegna ma- teriale del documento deve qualificarsi quale semplice obbligazione di facere, da intendersi come specificazione del generale obbligo di buona fede ex artt. 1337 e 1375 c.c., che integra ex lege il contenuto del contratto e che viene adempiuta in una fase successiva alla conclusione del contratto stesso. Di conseguenza, pare ragionevole concludere che “il dovere di consegnare una copia del contratto ha poco a che vedere con la forma” (80).
La qualificazione giuridica di quest’obbligo influisce in maniera rile- vante sulla portata delle conseguenze della sua violazione. In virtù della tesi
78 In particolare, tale obbligo è previsto in relazione ai contratti bancari (art. 117 TUB), finan- ziari (art. 23 TUF), di multiproprietà (art. 72, comma 7, cod. cons.), turistici (art. 36 cod. tur.), negoziati fuori dai contratti commerciali (art. 50, comma 2, cod. cons.), a distanza (art. 51 cod. cons.) e di franchising (art. 4, L. 6 maggio 2004, n. 129).
Xxxxxx interpreti hanno ritenuto che l’utilizzo, nel testo dell’art. 23 TUF e dell’art. 117 TUB, del termine “esemplare” (e non “copia”) costituirebbe indice della necessaria redazione del testo del contratto in duplice originale (così X. XXXX, Atti che devono farsi per iscritto, cit., p. 296).
79 Cfr. U. BRECCIA, La forma, cit., p. 692, secondo cui “l’esemplare o copia del contratto è pre- so in considerazione nella sua consistenza materiale: quale oggetto, a sua volta, di un compor- tamento vincolato nella fase di esecuzione”.
80 Così F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice scrittura, cit., p. 877.
interpretativa qui accolta, la consegna di copia del contratto, non rilevando dal punto di vista strutturale, si configura quale regola di condotta, e non di validità (81); con la conseguenza che sono di norma configurabili, in capo alla parte tutelata, i soli rimedi tipici dell’inadempimento, e – segnatamente – la richiesta di adempimento in forma specifica e il risarcimento del danno e- ventualmente subito (82).
Altra parte della dottrina ritiene invece che la mancata consegna de- termini l’invalidità del contratto, con conseguente possibilità per la parte debole di far valere la nullità di protezione posta nel suo interesse (83); e ciò, in particolare, nei casi in cui la normativa fa riferimento non a una “copia”, ma a un “esemplare” del contratto (ad esempio, l’art. 117 TUB e l’art. 23 TUF), così fornendo un’indicazione testuale che lascerebbe intendere la ne- cessaria formazione di due originali (84).
81 Sulla distinzione tra regole di condotta e regole di validità, cfr. Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, in Foro it., 2008, I, 779, su cui ci si soffermerà amplius nel prosieguo.
82 In senso conforme F. VENOSTA, op. ult. cit., p. 877; X. XXXX, Commento all’art. 23, in Com- mentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di X. Xxxx e
X. Xxxxxxxxxxx, X, Padova, 1989, p. 263 ss.; D. DI SABATO, Il documento contrattuale, Milano 1998, p. 93 ss. Alcuni Autori ritengono che l’inadempimento dell’obbligo di consegna possa dar luogo anche alla risoluzione del contratto: così X. XXXXXXXX, Servizi ed attività di investi- mento. Prestatori e prestazione, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 2012, pp. 477-478; cautamente, an- che F. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 877.
83 A.A. DOLMETTA, Strutture rimediali per la violazione di “obblighi di fattispecie” da parte di interme- diari finanziari (con peculiare riferimento a quelli di informazione e di adeguatezza operativa), in Contratti, 2008, p. 80 ss.; ID., Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, p. 102 s., secondo cui “confezione dello scritto contrattuale e consegna formano una sequenza unitaria”; nello stes- so senso X. XXXXXXXXX, Profili della forma nella nuova legislazione sui contratti, cit., p. 110 ss.; X. XXXXXXX, Problematiche in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali, in La nuova legge bancaria, a cura di X. Xxxxxxx Xxxxxx, Napoli, 1995, p. 616 ss.
84 X. XXXXXXXX, Doppia firma e doppio esemplare nei contratti finanziari: i dubbi della Suprema Corte, in xxxxxx.xx; X. XXXXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di investimento dopo l’attuazione della MiFID, in Contratti, 2008, p. 173 ss.
10. Forma del contratto e trasparenza
La disciplina di tutela del consumatore (85), così come la normativa primaria e secondaria dei settori bancario, finanziario e assicurativo, ha in- trodotto un insieme di regole tese a garantire ai clienti un’informazione chiara, intelligibile ed esauriente, che favorisca la comprensione delle carat- teristiche del bene o del servizio acquistato, dei costi e dei rischi correlati al medesimo, anche al fine di agevolare la possibilità di confronto con altre of- ferte reperibili sul mercato. La finalità perseguita da dette regole è comune- mente ricondotta alla nozione di “trasparenza contrattuale” (86).
Può infatti accadere che la documentazione elaborata dal contraente professionale, ancorché completa nei contenuti, risulti di difficile fruibilità, a causa della carenza di cognizioni specialistiche in capo al contraente debole, dell’uso di un linguaggio di non immediata comprensione, della quantità di informazioni fornite (87).
85 Cfr. art. 35, comma 1, cod. cons., ai sensi del quale “Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile”.
86 Sul tema della trasparenza contrattuale, con particolare riferimento ai settori bancario e fi- nanziario, X. XXXX, La “trasparenza” dei contratti nei settori bancario, finanziario, assicurativo, in Giur. it., 1992, p. 409 ss.; ID., Quando il segno diventa comando: la “trasparenza” dei contratti bancari, assicu- rativi e dell’intermediazione finanziaria, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2003, p. 470 ss.; ID., La trasparen- za nelle operazioni bancarie e la tutela del risparmiatore, in Vita Not., 2004, p. 663 ss.; E. XXXXXXXXX, La trasparenza delle condizioni contrattuali (contratti bancari e contratti con i consumatori), in Banca, borsa, tit. cred., 1997, p. 102 ss.; X. XXXXXX, Brevi riflessioni sulla nuova disciplina della trasparenza bancaria, in Contr. e xxxx., 2004, p. 842 ss.; X. XXXXXXXX, Neoformalismo e trasparenza, in Contr. e impr., 2005, p. 601 ss.; ID., Nuovi requisiti di forma nel contratto. Trasparenza contrattuale e neoformalismo, cit.; X. XXXXXX, Trasparenza nei servizi bancari e tutela del consumatore, in Nuova giur. civ. comm., 2011, p. 1181 ss.; X. XXXXXXXXXX - X. XXXXXXXXXX, La nuova disciplina sulla trasparenza nei contratti bancari e trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, in Contr. e impr., 2011, p. 1142 ss.; X. XXXXXXX, La trasparenza del contratto. Per un’analisi dei rapporti di intermediazione credi- tizia, Milano, 2011; X. XXXXXX, La trasparenza bancaria, Padova, 2012; X. XXXXXX, Sul concet- to di “chiarezza” nei rapporti bancari, in Dir. banc. e merc. fin., 2012, p. 431 ss.; X. XXXXXXXXXX, La trasparenza bancaria, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxx, X, Xxxxxx, 0000, p. 663 ss.
87 Sul rischio di un’ipertrofia informativa, cfr. X. XXXXXXXXXXX, Mercato finanziario e regolamenta- zione operativa, in Banca, borsa, tit. cred., 1992, p. 724 ss; X. XXXXXXX, Le regole di condotta degli inter-
I doveri di trasparenza non devono essere confusi con i doveri di in- formazione. L’informazione si sostanzia nel trasferimento di dati dalla parte qualificata, che ne detiene il dominio, alla parte debole del rapporto, che ne è priva; la trasparenza, intesa in senso proprio (88), attiene alle modalità e- spressive attraverso le quali i dati sono trasferiti, che devono essere caratte- rizzate da chiarezza e comprensibilità, al fine di consentire alla parte tutelata la piena consapevolezza delle scelte effettuate.
La distinzione non è di poco momento. Se infatti, come si è visto, i doveri di informazione, talvolta veicolati tramite textform, possono in altri casi assurgere a veri e propri requisiti del contratto – ove sia configurabile una forma informativa prescritta dalla legge a pena di nullità –, i precetti di trasparenza dovrebbero ritenersi sempre estranei all’ambito formale, in quanto espressione di un dovere di condotta del soggetto professionale, la cui violazione non potrebbe comportare conseguenze invalidanti.
Rilevanti indicazioni a conferma dell’opinione espressa si rinvengono nella normativa primaria del settore bancario, e in particolare nel Titolo VI del TUB, dedicato alla disciplina della “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”. Nell’ambito di detta disciplina, i requisiti formali ad informationem, la cui violazione è sanzionata con la nullità, sono unicamente
mediari finanziari, Milano, 2004, p. 236, secondo cui “è notorio che il modo migliore per lascia- re disinformato l’interlocutore è inondarlo di carte, con la certezza che, sommerso da un muc- chio di cose tra cui sia difficile rintracciare le poche essenziali, l’interessato non riuscirà a di- stricarsi”; e, da ultimo, X. XX XXXX, Spunti di riflessione in tema di obblighi informativi (e neoformali- smo) nei contratti asimmetrici, cit., p. 265 ss.: “nient’affatto trascurabile appare il rischio che la su- perfetazione delle informazioni talora si risolva in un pregiudizio, anziché nella tutela, della consapevolezza e della libertà negoziale del contraente debole: fiaccato, sviato, stornato (per non dire stordito!) dal diluvio di dati e informazioni pur minimali e di dettaglio sottopostegli dal professionista, il consumatore ben può perdere di vista l’essenza del regolamento negozia- le, e proprio su questa formarsi un consenso non pienamente ed effettivamente consapevole”.
88 Per le diverse accezioni del termine “trasparenza”, si veda X. XXXX, La “trasparenza” dei con- tratti nei settori bancario, finanziario, assicurativo, cit.
quelli previsti dall’art. 117 TUB; i precetti di chiarezza, imposti alla banca nella pubblicizzazione dei servizi e nella fase precontrattuale (cfr. artt. 116, 120 octies, 120 novies e 123 TUB) e riguardanti, in particolare, i costi e le con- dizioni economiche applicabili, restano invece estranei alla forma del con- tratto e alla relativa tutela invalidante.
A favore dell’interpretazione proposta depongono altresì le disposi- zioni in materia di trasparenza contenute nel TUF e nel Codice delle Assi- curazioni; quest’ultimo testo normativo, in particolare, inserisce – significa- tivamente – i precetti di chiarezza e trasparenza tra le “Regole di compor- tamento” dell’impresa di assicurazione (cfr. artt. 000 xxx, 000 xxx, 000 xxxxxx).
A livello regolamentare, la normativa del settore bancario e finanziario è completata dal Provvedimento della Banca d’Italia del 9 febbraio 2011, che integra il Provvedimento del 29 luglio 2009, in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra interme- diari e clienti” (89).
89 Il Provvedimento della Banca d’Italia è applicabile “a tutte le operazioni e a tutti i servizi disciplinati ai sensi del titolo VI del [TUB] aventi natura bancaria e finanziaria offerti dagli in- termediari, anche al di fuori delle dipendenze (‘fuori sede’) o mediante ‘tecniche di comunica- zione a distanza’ … Secondo quanto previsto dall’articolo 23, comma 4, del TUF, le disposi- zioni non si applicano ai servizi e alle attività di investimento né al collocamento di prodotti finanziari e alle operazioni e servizi che siano componenti di prodotti finanziari, sottoposti alla disciplina della trasparenza prevista dal medesimo TUF, salvo che si tratti di operazioni di credito ai consumatori disciplinate ai sensi del titolo VI, capo II, del TUB” (1.1).
“Le informazioni previste ai sensi delle presenti disposizioni sono rese alla clientela in modo corretto, chiaro ed esauriente nonché adeguato alla forma di comunicazione utilizzata e alle caratteristiche dei servizi e della clientela” (1.2).
“I documenti informativi disciplinati dal presente provvedimento sono redatti, almeno in lin- gua italiana, secondo criteri e presentati con modalità che garantiscano la correttezza, la com- pletezza e la comprensibilità delle informazioni, così da consentire al cliente di capire le carat- teristiche e i costi del servizio, confrontare con facilità i prodotti, adottare decisioni ponderate e consapevoli. A tal fine, gli intermediari prestano attenzione ai seguenti profili:
- criteri di impaginazione che assicurano elevati livelli di leggibilità;
- struttura dei documenti idonea a presentare le informazioni in un ordine logico e di priori- tà che assecondi le necessità informative del cliente e faciliti la comprensione e il confronto delle caratteristiche dei prodotti;
Il quadro normativo a livello primario e secondario non fa che con- fermare l’essenza stessa delle prescrizioni di trasparenza, chiarezza e com- prensibilità, quali regole di condotta imposte al soggetto professionale; re- gole che, in quanto tali, non attengono direttamente al contratto e non pos- sono pertanto condizionarne la validità (90). In tale prospettiva, la violazione dei precetti in discorso rileva solo ai fini di una possibile responsabilità del soggetto inadempiente (91).
L’approdo interpretativo che qui si propone non è, tuttavia, pacifico in dottrina. Non mancano infatti tesi che arrivano a considerare le regole di trasparenza – intesa nell’accezione “propria” e tecnica del termine – alla stregua di veri e propri requisiti formali, la cui mancanza, insufficienza o i- nidoneità può dar luogo alla sanzione di nullità del contratto (92).
- semplicità sintattica e chiarezza lessicale calibrate sul livello di alfabetizzazione finanziaria della clientela cui il prodotto è destinato, anche in relazione alle caratteristiche di quest’ultimo. I termini tecnici più importanti e ricorrenti, le sigle e le abbreviazioni sono spiegati, con un linguaggio preciso e semplice, in un glossario o in una legenda;
- coerenza tra presentazione delle informazioni e canale comunicativo, che tenga conto di criticità e vantaggi dei diversi canali” (1.3).
90 Cfr. X. XXXXXXX, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, p. 8 ss., il quale nega che le regole di comportamento (e, segnatamente, la clausola generale di buona fe- de) “possano decidere dell’esistenza di un rapporto obbligatorio”. In senso conforme G. VIL- LA, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1997.
91 Cfr. Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, cit.
92 Così X. XXXXX, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, cit., p. 98, secondo cui “Una volta che sia stata accolta una nozione di forma ampia, inclusiva delle mo- dalità espressive e degli interventi conformativi della dichiarazione negoziale, l’atto dovrebbe considerarsi nullo in tutto o in parte, per difetto di un requisito formale essenziale, alla stregua della nullità virtuale”. Cfr. inoltre E. TOSI, Forma informativa nei contratti asimmetrici, cit., p. 111 ss., secondo cui “Precetto formale, formalismo e trasparenza nella dichiarazione negoziale scritta – estrinsecandosi nell’obbligo di chiarezza, comprensibilità e completezza informativa
– non possono essere disgiunti”. Muovendo da tale assunto, l’Autore ritiene che le regole in tema di trasparenza entrino “a far parte della struttura con la forma informativa e non [siano] più mere regole di condotta attuative della buona fede”.
Tale soluzione non pare condivisibile, in quanto porta a “trasfigurare” in regole di validità precetti che attengono non già alla forma del contratto, bensì alle modalità di instaurazione e svolgimento del rapporto (93).
L’apertura alla sanzione della nullità per violazione dei doveri di tra- sparenza si porrebbe, poi, in contrasto con l’esigenza di certezza del diritto. Se si considera l’ampiezza di concetti quali “trasparenza”, “chiarezza” e “comprensibilità”, a loro volta declinati in una pluralità di ulteriori requisiti dalla normativa secondaria, ne deriverebbe l’assoluta indeterminatezza del concetto di “forma” e la difficoltà di stabilire, caso per caso, se il requisito formale risulti integrato o meno. In questa situazione, la sopravvivenza del vincolo contrattuale sarebbe in ultima analisi rimessa all’apprezzamento del giudice, con conseguenti e non irrilevanti profili di incertezza legati ai relati- vi margini di discrezionalità.
Non sorprende, dunque, che la prevalente giurisprudenza di merito pronunciatasi sulla questione abbia – correttamente – escluso la nullità del contratto in ipotesi di violazione di precetti di trasparenza (94).
93 In senso contrario all’inquadramento delle prescrizioni di trasparenza tra i requisiti formali del contratto, X. XXXXXXXXXXX, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, cit., p. 19 ss. Cfr.
F. DI MARZIO, Forme della nullità nel nuovo diritto dei contratti. Appunti sulla legislazione, sulla dottrina e sulla giurisprudenza dell’ultimo decennio, in Giust. civ., 2000, p. 465 ss.
94 Di particolare interesse la pronuncia di Trib. Bologna, 9 gennaio 2018, n. 34, in De Jure, se- condo cui “Il legislatore ha ritenuto di comminare espressamente la nullità del contratto o del- le singole clausole nei soli casi di non corretta indicazione del TAEG (indice di costo nel fi- nanziamento al consumo) ma non anche nei casi di violazione dell’ISC (Indicatore Sintetico di Calcolo), la cui non corretta indicazione può integrare, al più, una violazione della normativa in tema di trasparenza e quindi dare luogo ad una violazione del criterio di buona fede nella predisposizione e nell’esecuzione del contratto … comportante una mera obbligazione risarci- toria a titolo di responsabilità precontrattuale”. Cfr. inoltre, Trib. Siena, 22 maggio 2019, n. 554, in De Jure; Trib. Monza, 2 maggio 2019, n. 1004, ivi; Trib. Torino, 14 novembre 2018, n.
5233, ivi.
11. La forma nei progetti di armonizzazione del diritto contrattuale
In controtendenza, rispetto al dilagante formalismo di origine comuni- taria, si pongono i processi di armonizzazione del diritto dei contratti elabo- rati in ambito internazionale ed europeo.
Da sempre la lex mercatoria (95) – costituita dall’insieme di norme, di fonte per lo più consuetudinaria, volto a disciplinare i rapporti commerciali internazionali – si sottrae ai vincoli formali, reputati limitativi della speditez- za dei traffici.
Nel solco di tale consolidata tradizione, i Principles of International Com- mercial Contracts, elaborati dall’Unidroit (96), contengono una vera e propria codificazione del principio di libertà delle forme (97).
Nell’ambito dei progetti di armonizzazione del diritto europeo dei contratti, analoga tendenza liberale si rinviene nei Principles of European Con- tract Law (98) predisposti dalla Commissione Lando: anch’essi contemplano piena libertà in ordine alla conclusione e alla prova del contratto (99).
95 M.J. XXXXXX, Xxx xxxxxxxxxx, in Dig. disc. priv., sez. comm., IX, Torino, 1993, p. 11 ss.; X. XXXXXXX, Lex mercatoria, in Enc. dir., Aggiornamento, V, Milano, 2001, p. 721 ss.
96 G. DE NOVA, I principi Unidroit come guida nella stipulazione dei contratti internazionali, in Contratti, 1995, p. 5 ss.; X. XXXXXXXX, Lex mercatoria e principi Unidroit. Per una ricostruzione sistematica del diritto del commercio internazionale, in Contr. e impr., 2000, p. 73 ss.; ID., La nuova lex mercatoria. Prin- cipi Unidroit ed usi nei contratti del commercio internazionale, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da X. Xxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000; M.J. XXXXXX, Il diritto europeo dei contratti e gli sviluppi del diritto contrattuale a livello internazionale, in Eur. dir. priv., 2007, p. 599 ss.
97 L’art. 1.2 delle Disposizioni generali prevede che “nessuna disposizione di questi Principi richiede che un contratto, dichiarazione o qualunque altro atto sia fatto o provato in una for- ma particolare. Esso può essere provato con qualunque mezzo, inclusi i testimoni”. Ai sensi del successivo art. 3.2, “un contratto è concluso, modificato o sciolto con il semplice accordo delle parti, senza bisogno di ulteriori requisiti”, con l’esclusione, dunque, di qualsivoglia requi- sito formale ad substantiam.
98 X. XXXXX, Principles of European Contract Law: An Alternative to or a Precursor of European Legi- slation, in American Journal of Comparative Law, 40, 1992, p. 573 ss.; X. XXXXXXXXXX, I Principi di diritto europeo dei contratti e l’idea di codice, in Riv. dir. comm., 1995, p. 21 ss.; X. XXXX, La seconda
La libertà di forma è altresì codificata, come regola generale, nei Prin- ciples of the Existing EC Contract Law, redatti dall’Acquis Group (100), e nel Draft Common Frame of Reference (101).
L’opposto orientamento che si registra nei principi Unidroit e nei progetti di armonizzazione del diritto europeo dei contratti, da un lato, e nella legislazione di fonte comunitaria, dall’altro lato, non deve destare stu- pore. Come si è già avuto modo di evidenziare, la tendenza formalista che caratterizza la legislazione predetta – con i relativi costi transattivi – si giu- stifica in considerazione della nuova funzione assegnata al requisito di for- ma del contratto, a tutela del contraente debole nei rapporti asimmetrici e, indirettamente, del corretto funzionamento del mercato concorrenziale.
I suindicati progetti e strumenti di soft law, invece, presuppongono una concezione classica di contratto, quale strumento per lo scambio economi- co tra pari; essi mirano, perciò, alla ricerca di norme uniformi che favori-
versione dei Principles of European Contract Law, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, p. 121 ss.; M.J. BONELL, Il diritto europeo dei contratti e gli sviluppi del diritto contrattuale a livello internazionale, cit.
99 In base all’art. 2:101 dei PECL, “né la conclusione, né la prova del contratto necessita della forma scritta o di altro requisito di forma. La prova del contratto può essere data con qualsiasi mezzo, compresa la testimonianza”.
100 L’art. 1:304 dei Principi Acquis dispone che “se non è disposto diversamente, nel traffico giuridico non si rende necessaria l’adozione di forme particolari”.
Cfr. M.V. XX XXXXXX, Principi Acquis ed altro, in Eur. dir. priv., 2008, p. 649 ss.; C. CASTRONO- VO, Quadro comune di riferimento e acquis comunitario: conciliazione o incompatibilità?, in Eur. dir. priv., 2007, p. 275 ss.
101 In base all’art. XX-0.000 xxx XXXX, “A contract or other juridical act need not to be concluded, made or evidenced in writing nor is it subject to any other requirement as to form”.
Cfr. X. XXXXXXXXX, Common Frame of Reference and Unidroit Principles of International Commercial Contracts: coexistence, competition, or overkill of soft law?, in European Review of Contract Law, 2010, p. 143 ss.; X. XXXXXXXXXX, Quadro comune di riferimento e acquis comunitario: conciliazione o incompati- bilità?, cit.; ID., L’utopia della codificazione europea e l’oscura realpolitik di Bruxelles dal DCFR alla Pro- posta di regolamento di un diritto comune europeo, in Eur. dir. priv., 2011, x. 000 xx.
xxxxx i traffici economici internazionali, là dove la speditezza è esigenza primaria e il vincolo di forma inesorabile ostacolo alla libertà negoziale.
12. Il contratto asimmetrico quale efficace categoria descrittiva
Alla luce delle considerazioni svolte ai paragrafi che precedono, è evi- dente la ratio essenziale e primaria dei precetti neoformalistici: ridurre il di- vario e correggere le disparità di forza negoziale tra contraente forte e con- traente debole, con particolare riferimento alle asimmetrie informative (102). La peculiarità dei “nuovi” vincoli di forma – e, come vedremo, del rimedio della nullità protettiva spesso associato alle relative violazioni – dovrà per- tanto essere analizzata sotto la lente della precisa funzione cui tende la normativa speciale e di settore.
Al fine di garantire la piena coerenza metodologica dell’indagine giuri- dica che ci si accinge a condurre, non si può peraltro non considerare come le forme e le nullità protettive, ancorché lette alla luce della loro specifica funzione, siano figure la cui fisionomia è in parte divergente dalla disciplina generale del contratto di cui al codice civile. Per contro, detta fisionomia appare come costante e caratterizzante nella disciplina di un numero cre- scente di contratti in cui vi è asimmetria informativa e di potere negoziale.
102 Sull’asimmetria informativa e i doveri di informazione in ambito contrattuale si vedano X. XXXXXXX, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di responsabilità, cit.; X. XXXX- DMANN, L’autonomia privata nel mercato interno: le regole di informazione come strumento, in Eur. dir. priv., 2001, p. 257 ss.; M. DE POLI, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova, 2002; X. XXXXX, L’informazione precontrattuale: spunti di diritto italiano e prospettive di diritto europeo, in Riv. dir. priv., 2004, p. 747 ss.; X. XXXXX XXXXXX, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, in Riv. dir. priv., 2004, p. 349 ss.; X. XXXXXXX, Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv. dir. priv., 2004, p. 575 ss.; X. XXXXXX, I doveri di informazione, in Manuale di diritto privato europeo, a cura di X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, Milano, 2007, II, p. 391 ss.; X. XXXXX, Asimmetrie informative e doveri di informazione, in Riv. dir. civ., 2007, p. 641 ss.
Ecco allora che, anche ai fini del presente studio, quella del “contratto asimmetrico” (103) può risultare una categoria di una certa utilità, se non altro sul piano descrittivo (104).
Il paradigma del contratto asimmetrico costituisce “un modello di contratto governato da un insieme di regole che diverge in modo significa- tivo dalla disciplina del contratto ‘in genere’ consegnataci dagli artt. 1321 e segg. cod. civ., e che possiamo chiamare ‘contratto di diritto comune’” (105).
La caratteristica funzione “informativa” assegnata al requisito formale e la legittimazione relativa all’azione di nullità sono tipiche manifestazioni di tale divergenza dalla prospettiva codicistica. Altra evidente dissonanza ri- spetto al modello classico è costituita, ad esempio, dallo ius poenitendi larga- mente riconosciuto nell’ambito dei contratti con i consumatori, che si pone in contrasto con uno dei cardini del contratto di diritto comune, vale a dire l’irretrattabilità del consenso. Tali significative deroghe rispetto alla discipli- na di cui al codice civile, in cui il contratto è essenzialmente estrinsecazione del potere dei privati di regolare in autonomia i propri interessi, si giustifi-
103 Si vedano al riguardo X. XXXXX, Xx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx, Xxxxxx, 0000; ivi, segnatamente, i contributi Contratto di diritto comune, contratto del consumatore e contratto con asimmetria di potere con- trattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, p. 65 ss. e Parte generale del contratto, contratti del con- sumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul “terzo contratto”), p. 91 ss.; ID., Prospettive del diritto con- trattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., 2009, p. 267 ss.; ID., From Consumer Contracts to Asymmetric Contracts: a Trend in European Contract Law?, in Europe- an Review of Contract Law, 2009, p. 304 ss.; X. XXXXXXX, Abuso di autonomia negoziale e disciplina dei contratti fra imprese: verso una nuova clausola generale?, in Riv. dir. civ., 2005, p. 663 ss.; X. XXXXX- XX, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx.
000 In senso concorde E. TOSI, Forma informativa nei contratti asimmetrici, cit., p. 57 ss.; L. DI BO- NA, Spunti di riflessione in tema di obblighi informativi (e neoformalismo) nei contratti asimmetrici, cit., p. 238.
105 X. XXXXX, Il contratto del duemila, cit., p. 103.
xxxx in ragione dello stato di fisiologica debolezza in cui versa la parte tute- lata (106).
In questa prospettiva, il modello del contratto asimmetrico, pur inido- neo a integrare un sotto-sistema impermeabile rispetto alla categoria unitaria del contratto, assume un’indubbia valenza classificatoria e ordinante delle norme positive comunque derogatorie della disciplina generale. Al contem- po, essendo in grado di contenere in sé tutte le diverse “nuove” declinazioni di contratto – quello con i consumatori, gli utenti e i clienti in genere, e quello tra imprenditori di diseguale forza economica –, il modello de quo si pone quale argine a ulteriori suddivisioni concettuali in termini di “primo”, “secondo” e “terzo” contratto (107).
Il valore aggregante del paradigma del contratto con asimmetria in- formativa e di forza negoziale dovrebbe condurre, in particolare, al definiti- vo superamento della concezione, ancora invalsa in dottrina, del “contratto dei consumatori” quale autonoma sotto-categoria di contratto. Ciò in quan- to la medesima ratio protettiva, ispiratrice dell’innovativa disciplina di tutela stratificatasi nel tempo, interessa non soltanto la posizione del consumatore nei confronti del professionista, ma anche quelle del cliente nei confronti
106 X. XXXXX, Il contratto del duemila, cit., p. 139 ss., considera “fisiologiche” “le asimmetrie di potere contrattuale risultanti – in termini non individualizzati, bensì standardizzati per intere classi di contraenti – dalle obiettive posizioni di mercato occupate dall’una e dall’altra parte del contratto”, e, viceversa, “patologiche le asimmetrie di potere contrattuale (o, se si preferisce, le menomazioni della libertà negoziale) determinate da fattori che esplicano la loro rilevanza nel momento in cui incidono sulla sfera soggettiva del contraente … come i vizi della volontà
… o gli stati di pericolo o bisogno”.
107 Intendendosi per “primo contratto” quello compiutamente negoziato tra pari; per “secon- do contratto” il contratto con i consumatori (c.d. “B2C”, Business to Consumer); e per “terzo contratto” quello stipulato tra un imprenditore x.x. xxxxx e un imprenditore in posizione di debolezza rispetto al primo (c.d. “B2B”, Business to Business), e perciò comunque connotato da un’asimmetria di potere economico e contrattuale. Sul tema, si veda la raccolta di saggi in X. XXXXX - X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, Bologna, 2008.
della banca, dell’investitore nei confronti dell’intermediario, dell’imprenditore debole nei confronti dell’imprenditore forte e financo del professionista nei confronti di “grandi” clienti (108). Se allora un nuovo in- sieme deve essere concepito, esso non potrà che abbracciare tutte le mani- festazioni della disparità di forza negoziale che caratterizzano l’attuale con- testo socio-economico (109).
In conclusione, pur dovendo rifuggire, a prudente avviso dello scri- vente, dalla frammentarietà che un ricorso eccessivo a nuove categorie con- cettuali inevitabilmente comporta – e, segnatamente, dalla creazione di un pluriverso di innumerevoli contratti, insuscettibile d’essere ricondotto a uni- tà –, la categoria del contratto asimmetrico pare utile, quanto meno a fini descrittivi (anche nell’ambito del presente lavoro), a ricomprendere e aggre- gare le singole figure, peculiari rispetto alla disciplina del contratto di diritto comune, introdotte dalla legislazione nuova.
108 Ci si riferisce, in particolare, alla disciplina dell’equo compenso e delle clausole vessatorie introdotta all’art. 00 xxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxxxxxxxxxxx xxxxxxx (X. 31 dicembre 2012, n. 247), applicabile ai “rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, [di attività] in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese … con riferimento ai casi in cui le convenzioni sono unilateralmente predisposte dal- le predette imprese”.
Sul tema, si vedano X. XXXXXX XXXXXXXXXX, La “giusta Mercede”: il compenso dell’avvocato ai tempi della liquidità delle professioni, in Studium iuris, 2018, p. 187 ss.; X. XXXXXXX, La disciplina dell’equo compenso e delle clausole vessatorie a tutela del professionista (contraente debole), in Gazz. forense, 2018, p. 17 ss.; P.P. XXXXXXX, Professioni intellettuali e abuso di dipendenza economica, in Corr. giur., 2018, p. 218 ss.; X. XXXXXXXXX, Proporzione e ragionevolezza nella pattuizione del compenso dell’avvocato e nell’evoluzione delle norme di legge e deontologiche: dalle tariffe forensi alle “tariffe di mercato”, in xxxxxxxx.xx.
109 Cfr. X. XXXXX, Regolazione del mercato e interessi di riferimento: dalla protezione del consumatore alla protezione del cliente?, in Riv. Dir. Priv., 2010, p. 29, secondo cui “un regime giuridico che vale per i consumatori, non si vede perché non dovrebbe valere allo stesso modo per altre figure – anche imprenditoriali – analogamente vittime di asimmetrie informative o di altri fattori di fal- limento del mercato”.
13. La forma di protezione
Nel presente capitolo, si è cercato di porre in luce la parabola evoluti- va della forma del contratto: da mero vestimentum della dichiarazione nego- ziale a requisito complesso (110), finalizzato a veicolare informazioni in favo- re del contraente debole, perseguendo l’esigenza di adeguata protezione di quest’ultimo e, di riflesso, di tutela del mercato concorrenziale.
Detta evoluzione deve essere rettamente intesa. L’interprete non si trova dinnanzi a un requisito alieno a quello previsto dal codice civile. Così come i c.d. contratti asimmetrici non sono una categoria avulsa dal contrat- to di diritto comune e dalle regole che lo governano, ma presentano pecu- liarità comuni che giustificano deroghe alla disciplina generale, le “forme di protezione” sono intrinsecamente, essenzialmente forma; una forma carat- terizzata, tuttavia, da funzioni nuove e in parte diverse, volte a riequilibrare l’asimmetria informativa tra i contraenti (111).
110 Come rileva U. BRECCIA, La forma, cit., p. 481, “il passaggio dalla forma-manifestazione alle formalità quali comportamenti prefissati, riassumibili nell’ampia nozione del ‘documenta- re’, comporta per forza di cose un mutamento del piano di osservazione: che, nel primo caso, è assorbito quasi per intero da un accertamento generale in termini strutturali, ma che, nel se- condo, verte necessariamente sulla molteplicità e, con quella, sull’eterogeneità dei vincoli im- posti, ossia sulla razionale probabilità che talune peculiarità strutturali non possano prescinde- re da un confronto con il vario atteggiarsi degli effetti giuridici e dunque con le finalità di volta in volta perseguite dalla legge”.
111 Sull’analisi funzionale della forma si veda, per tutti, X. XXXXXXXXXXX, Forma dei negozi e forma- lismo degli interpreti, cit., ove si sono per la prima volta poste in luce – nella prospettiva assiolo- gica che connota il pensiero dell’Autore – le nuove finalità dei vincoli di forma e la loro inci- denza sulla disciplina formale stessa.
Più di recente, E. TOSI, Forma informativa nei contratti asimmetrici, cit., p. 123, giunge sino a rico- noscere alla “forma informativa del contratto asimmetrico” natura “autonoma e speciale ri- spetto alla tradizionale forma ad substantiam del contratto in generale del codice civile” in quanto “caratterizzata dai seguenti tratti distintivi: redazione per iscritto e predisposizione uni- laterale del documento contrattuale da parte del contraente forte; contenuto informativo mi- nimo del contratto conformato al modello legale; completezza, autosufficienza e omnicom- prensività del regolamento contrattuale; trasparenza contrattuale comprensiva dei corollari di chiarezza, comprensibilità e leggibilità; traditio del documento contrattuale predisposto al con- traente debole aderente”.
In un’ottica funzionale, le forme protettive rendono perciò, a loro vol- ta, legittime talune divergenze rispetto alle regole ordinarie. La più evidente è prevista dalla stessa normativa speciale e di settore, che ha segnato il pas- saggio dalla sanzione della nullità assoluta, che da sempre presidia la viola- zione dei requisiti formali, alla nullità relativa a vantaggio della parte tutelata. La specifica ratio delle forme di protezione è stata inoltre valorizzata dall’interpretazione evolutiva della giurisprudenza, sino a ritenere non indi- spensabile la sottoscrizione del contraente forte ai fini della validità del con- tratto, come si avrà modo di approfondire nel prosieguo.
Il tema della forma arriva ad assumere, nell’ambito della contrattazio- ne asimmetrica, un ruolo di primo piano, sino a interferire con gli altri ele- menti essenziali del contratto. Ciò, anzitutto, con riferimento alla formazio- ne dell’accordo, laddove scompare ogni trattativa, lasciando la fase precon- trattuale unicamente incentrata sull’assolvimento degli obblighi informativi, da trasporsi per iscritto nel documento contrattuale. La forma giunge, poi, sino a confondere i propri confini con quelli dell’oggetto, allorché le pre- scrizioni di forma-contenuto impongono la necessaria formalizzazione di determinati aspetti del regolamento contrattuale.
La nuova “centralità” dell’elemento formale si configura quale impre- scindibile chiave di lettura di un fenomeno di ampia portata, che interessa tutta la vastissima area dei rapporti caratterizzati da asimmetria di potere contrattuale. In tale contesto, lo studio della “forma di protezione” trova spazio tra le maggiori questioni interpretative e applicative sollevate dal moderno diritto dei contratti; ed è proprio la contrattazione del settore ban- cario e finanziario, che ci si accinge a investigare funditus, ad imporre la riso- luzione dei problemi più complessi, offrendo l’opportunità per un ripensa- mento delle classiche categorie concettuali di riferimento.
II – LA FORMA DI PROTEZIONE NEI CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI
Capitolo II
LA FORMA DI PROTEZIONE
NEI CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI
SOMMARIO: 1. I requisiti di forma dei contratti bancari e finanziari. – 2. Il contratto quadro e i singoli ordini di investimento. – 3. Oltre la forma di protezione: i doveri di condotta e di informazione degli intermediari. – 4. La tutela sostanziale dell’investitore: profilatura della clientela; valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza; governo del prodotto. – 5. Il contratto “monofirma”: inquadramento del problema. – 6. Il panorama giurisprudenziale e dottrinale. – 7. La lettura funzionale delle Sezioni Unite. – 8. Il dibattito in merito all’impostazione teleologica della Suprema Corte. – 9. Prospettiva funzionale e coerenza teorica. L’unità del concetto di forma nel prisma delle sue molteplici finalità. – 10. La forma del contratto nell’ottica di una giurisprudenza degli interessi. – 11. Forma, sanzione e proporzionalità.
1. I requisiti di forma dei contratti bancari e finanziari
Come noto, tanto i contratti bancari (1), quanto i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento (2) sono soggetti al requisito della
1 Sulla forma dei contratti bancari, ex multis, X. XXXXX, La nuova normativa sulla trasparenza ban- caria, in Dir. banca merc. fin., 1993, p. 572 ss.; X. XXXXXXXXX, La disciplina dei contratti nella nuova legge bancaria, in AA.VV., Il nuovo testo unico sulla normativa bancaria, Palermo, 1995; X. XXXXXXX- NI, Sulle nullità del contratto bancario, in Contr. impr., 1995, p. 485 ss.; X. XXXXXXX, Art. 117, in Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F. Belli - L. Contento - X. Xxxxxxx Xxxxxx - X. Xxxxxx - X. Xxxxxxx, Bologna, 2003, p. 1932 ss.; X. XXXXXX, Forme di tutela del cliente, in L’ordinamento finanziario italiano, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Padova, 2005, I, p. 312 ss.; X. XXXXXXX, Contratti bancari. Tutela del cliente, in Dig. disc. priv., sez. comm., agg. III, Torino, 2007, p. 161 ss.; A. SPENA, Art. 117, in Testo unico bancario, a cura di X. Xxxxxx - X. Belli - G. Losappio -
X. Xxxxxxx Farina - X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 970 ss.; X. XXXXXX, in Commento all’art. 117 TUB, in Commento al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 1308 ss.; X. XXXXXXXXX XXXXXXXXX, I contratti bancari: nozione e fonti, in Trattato dei con- tratti, diretto da X. Xxxxx, X, Xxxxxx, 0000, p. 649 ss.; X. XXXXX, Art. 117 - Contratti, in Codice dei contratti commentato, a cura di X. Xxxx e X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 3446 ss.
2 Per quanto attiene ai contratti finanziari, X. XXXXX, Dalla formazione alla forma dei contratti su valori mobiliari (prime note sul “neoformalismo” negoziale), cit.; ID., Forma contrattuale e tutela del contra- ente “non qualificato” nel mercato finanziario, cit.; X. XXXXXXXXX - X. XXXXX (a cura di), I contratti del mercato finanziario, Torino, 2011; X. XXXXX, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1993, p. 719 ss.; X. XXXXXXXXX, Il problema della forma nei contratti di interme- diazione mobiliare, in Contr. e xxxx., 1994, p. 40 ss.; X. XXXXXXXXX, La forma dei contratti relativi ad
forma scritta a pena di nullità, con l’obbligo aggiuntivo – posto a carico del- la banca o dell’intermediario finanziario – di materiale consegna al cliente di un esemplare del contratto.
Ai sensi dell’art. 117 TUB,
“1. I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti.
2. Il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma.
3. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo.
4. I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.
[omissis]
8. La Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti, individuati attra- verso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsa- bilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia”.
operazioni e servizi bancari e finanziari, in Riv. dir. comm., 1994, p. 422 ss.; X. XXXXXX, Forma “ad substantiam” per i contratti Sim, in Xxxxxxxxx, 1997, p. 392 ss.; A.A. DOLMETTA - X. XXXXXXX, Xxxxx (contratti di), in Enc. dir., Milano, 2001, p. 161 ss.; X. XXXXX, Commento all’art. 23 TUF, in
G.F. Campobasso, Testo unico della finanza. Commentario, I, Torino, 2002, p. 199 ss.; X. XXXXX- ROLI - X. XXXXX, Il formalismo nei contratti dell’intermediazione finanziaria ed il recepimento della Mi- FID, in Giur. comm., 2008, p. 151 ss.; G. DE NOVA, La forma dei contratti finanziari, in I servizi del mercato finanziario, Milano, 2009; X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, II, Padova, 2009, p. 246 ss.; X. XXXXX, Il problema della forma dei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Riv. trim. dir. economia, 2009, p. 39 ss.; ID., I contratti del risparmiatore, in Diritto dei consumatori, a cura di X. Xxxx e A. Catricalà, Bologna, 2016, p. 317 ss.; M.G. BARATELLA, La forma scritta e i
c.d. contratti di intermediazione finanziaria nella ricostruzione giurisprudenziale, in Resp. civ., 2010, p. 688 ss.; X. XXXXXXX, Tra regole di comportamento e regole di validità: servizi di investimento e disciplina della forma, in ID. (a cura di), I soldi degli altri. Servizi di investimento e regole di comportamento degli interme- diari, Milano, 2013; X. XXXXX DE MARINIS, L’invalidità formale nei contratti di investimento, in Ban- ca, borsa, tit. cred., 2013, p. 37 ss.; P. GIUDICI, I contratti per i servizi d’investimento e per la distribuzio- ne di prodotti finanziari: il quadro generale, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxx, V, cit., p. 1026 ss.; X. XXXXX, Forma del contratto bancario e dei mercati finanziari, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg., XI, Torino, 2018, p. 283 ss.; X. XXXXXXXXXX, Forma di protezione e nullità selettiva nei con- tratti del mercato finanziario, Torino, 2020.
Ai sensi dell’art. 127, comma 2, TUB, “Le nullità previste dal presente titolo [Titolo VI, in cui rientra anche l’art. 117 TUB, n.d.r.] operano soltanto a vantag- gio del cliente e possono essere rilevate d’ufficio dal giudice” (3).
Con riferimento ai contratti finanziari, il disposto art. 23 TUF è analo-
go:
“1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i
contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto, in confor- mità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE, e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particola- ri tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei con- fronti dei clienti al dettaglio appropriato livello di garanzia. Nei casi di inosservanza del- la forma prescritta, il contratto è nullo.
2. È nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispetti- vo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal clien- te. [omissis]”.
In un primo momento, la normativa secondaria adottata dalla Consob aveva dato attuazione alla norma di legge limitando l’obbligo di prestazione dei servizi di investimento “sulla base di un apposito contratto scritto” ai soli rapporti con clienti al dettaglio (cfr. regolamento n. 11522/1998, art. 30 e regolamento n. 16190/2007, art. 37). A seguito delle novità introdotte dal- la direttiva 2014/65/UE (XxXXX XX) e in attuazione del Regolamento (UE) 2017/565, il nuovo regolamento Consob adottato con delibera n. 20307 del
3 L’attuale formulazione dell’art. 127 TUB è stata introdotta dal D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, in attuazione della direttiva 2008/48/CE. Prima della modifica del comma 2, si registrava un’ampia discussione tra gli interpreti in merito alla possibilità o meno di un rilievo d’ufficio della nullità relativa dei contratti bancari.
15 febbraio 2018 (“Regolamento Intermediari”) ha esteso l’obbligo di stipu- lazione per iscritto anche ai contratti con clienti professionali (4).
Al vincolo di forma scritta si aggiungono i requisiti di forma- contenuto stabiliti dall’art. 37, comma 3 del Regolamento Intermediari (5).
Il raffronto tra la normativa di settore bancaria e quella finanziaria re- stituisce una disciplina del tutto affine quanto al requisito di forma e alle conseguenze invalidanti previste per la relativa inosservanza. Pertanto, le considerazioni che saranno svolte di seguito con riferimento alla forma di protezione nei contratti aventi ad oggetto la prestazione dei servizi di inve-
4 L’art. 37, comma 2 del Regolamento Intermediari richiama l’art. 58 del Regolamento (UE) 2017/565, che in relazione agli “Accordi con clienti al dettaglio e professionali” impone all’intermediario di stipulare “con il cliente un accordo di base per iscritto, su supporto carta- ceo o altro supporto durevole, che stabilisce i diritti e gli obblighi essenziali dell’impresa e del cliente”.
5 Ai sensi di detto articolo, “Il contratto con i clienti al dettaglio: a) specifica i servizi forniti e le loro caratteristiche, indicando il contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate; b) stabilisce il periodo di efficacia e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso; c) indica le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini e istruzioni; d) prevede la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire al cliente a rendiconto dell’attività svolta; e) indica i corrispettivi spettanti all’intermediario o i criteri oggettivi per la loro determinazione, specificando le relative modalità di percezione e, ove non diversamente comunicati, gli incentivi ricevuti in conformità al Titolo V; f) indica se e con quali modalità e contenuti in connessione con il servizio di investimento può essere prestata la consulenza in materia di investimenti; g) indica le altre condizioni contrattuali convenute con l’investitore per la prestazione del servizio; h) indica le procedure di risoluzione stragiudiziale di controver- sie, definite ai sensi dell’articolo 32-ter del Testo Unico”.
Il successivo art. 38 dispone che “In aggiunta a quanto stabilito dall’articolo 37, il contratto con i clienti al dettaglio relativo alla gestione di portafogli: a) indica i tipi di strumenti finanzia- ri che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono esse- re realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; b) indica gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità; c) indica se il portafoglio del cliente può essere caratterizzato da effetto leva; d) fornisce la descrizione del parametro di riferimento, ove significativo, al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; e) indica se l’intermediario de- lega a terzi l’esecuzione dell’incarico ricevuto, specificando i dettagli della delega; f) indica il metodo e la frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio del cliente”.
stimento – oggetto di specifico approfondimento nell’ambito del presente studio – risulteranno valide, in larga misura, anche in relazione ai contratti disciplinati dal TUB.
Come si vedrà nel prosieguo, la giurisprudenza di legittimità ha recen- temente riconosciuto la simmetria tra l’art. 117 TUB – in combinato dispo- sto con l’art. 127, comma 2, TUB – e l’art. 23 TUF, e la conseguente possi- bilità di seguire il medesimo iter logico nell’interpretazione dei requisiti for- mali previsti dalle due norme (6). Anche autorevole dottrina si è espressa a favore della praticabilità di un approccio comune (7).
Non si è peraltro mancato di porre in luce le finalità specifiche (e non perfettamente coincidenti) assolte dalla trasparenza informativa nei settori, rispettivamente, dei servizi bancari e dell’intermediazione finanziaria. La tra- sparenza riguarda principalmente, nel primo, i costi e i prezzi dei servizi prestati, e, nel secondo, i prodotti offerti dall’intermediario e i rischi con- nessi (8).
Questo rilievo non sembra però suggerire l’opportunità di seguire per- corsi interpretativi diversi nello studio dei problemi connessi alla “forma di protezione”, poiché a livello concettuale il dato decisivo rimane quello lega- to alla (comune) funzione protettiva del requisito di forma e alla sua ratio di riduzione dell’asimmetria informativa.
6 Cfr. in particolare Cass. 4 giugno 2018, n. 14243, in Guida al dir., 2018, 27, p. 34 ss., che ha rilevato la “corrispondenza degli elementi normativi” di cui all’art. 23 TUF e quelli di cui all’art. 117 TUB.
7 X. XXXXXX, Il contratto “adeguato”. La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione, Milano, 2012.
8 Così X. XXXXXX, Sistema e sottosistemi nella nuova disciplina della trasparenza bancaria, in Banca, bor- sa, tit. cred., 2014, p. 377 ss.
2. Il contratto quadro e i singoli ordini di investimento
Con specifico riferimento ai contratti disciplinati dal testo unico della finanza, l’ambito del requisito formale previsto dall’art. 23 TUF deve essere correttamente individuato, tenuto conto della “struttura contrattuale a dop- pio livello” che connota il rapporto di investimento (9).
Come noto, esso presuppone la previa stipulazione del c.d. “contratto quadro”, che regola i rapporti tra il cliente e l’intermediario, definendo – in particolare – la tipologia dei servizi di investimento e degli eventuali servizi accessori forniti, i termini e le condizioni di svolgimento dei servizi mede- simi e le modalità con le quali il cliente impartisce ordini o istruzioni all’intermediario (10). Alla sottoscrizione del contratto quadro segue il com- pimento delle singole operazioni di investimento e disinvestimento, sulla base delle specifiche istruzioni fornite dal cliente e della sottoscrizione, da parte di quest’ultimo, dell’apposita modulistica.
È particolarmente controversa in dottrina la questione della natura del contratto quadro e dei rapporti di quest’ultimo con le successive operazioni.
Secondo una prima tesi, il contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento avrebbe una natura assimilabile al contratto di mandato. In tale prospettiva, l’essenza del contratto andrebbe individuata nell’incarico conferito dal cliente all’intermediario, affinché quest’ultimo dia corso, volta
9 Così X. XXXXX, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Xxxxx xxxx & tango bond), in Danno e resp., 2005, p. 604 ss. Cfr. X. XXXXX DE MARINIS, La contrattazione bifasica nei contratti di investimento: fra vincoli imposti a tutela del cliente e rimedi invalidanti, in Resp. civ. prev., 2013, p. 1344 ss.
10 Secondo l’opinione più accreditata, il contratto relativo alla prestazione dei servizi di inve- stimento non rappresenta un autonomo tipo contrattuale. La disciplina – assai essenziale – di cui all’art. 23 TUF sarebbe semplicemente funzionale a garantire la salvaguardia degli obiettivi perseguiti dal legislatore, in primis la trasparenza informativa a tutela del cliente e l’integrità dei mercati (così X. XXXXXXXXX – X. XXXXX, Mercati, strumenti finanziari e contratti di investimento dopo la MiFID, in I contratti del mercato finanziario, cit., p. 40 ss.).
per volta, alle operazioni di investimento; conseguentemente, queste ultime non integrerebbero autonomi contratti, dovendo piuttosto essere considera- te alla stregua di istruzioni conferite dal mandante al mandatario (11).
Secondo altra interpretazione, il contratto quadro di investimento as- sumerebbe invece natura di contratto normativo (12), avente come tale ad oggetto la disciplina e la conformazione di futuri atti negoziali. Secondo tale ricostruzione, gli ordini di investimento impartiti dal cliente integrerebbero altrettante proposte contrattuali, cui seguirebbe – mediante l’inizio dell’esecuzione da parte dell’intermediario ex art. 1327 c.c., senza che occor- ra un’accettazione espressa – il perfezionamento di autonomi contratti in relazione alle singole operazioni di investimento (13).
11 X. XXXXXXX, I contratti di investimento e gli ordini dell’investitore all’intermediario, in Contr. e impr., 2005, p. 889 ss.; ID., Il contratto di intermediazione finanziaria davanti alle Sezioni Unite della Cassazio- ne, in Contr. e impr., 2008, p. 1 ss., secondo cui “Gli ordini del cliente alla banca sono, nel senso dell’art 1711, istruzioni del mandante al mandatario. La banca, quale mandatario, si obbliga ad eseguire le istruzioni del cliente, suo mandante, acquistando o vendendo a seconda degli ordi- ni ad essa impartiti. Si tratta, in particolare, di mandato senza rappresentanza: la banca acqui- sta per ordine del cliente, ma in nome proprio (art. 1705), a ciò autorizzata dal cliente; ed è tenuta a ritrasferire al cliente gli strumenti finanziari acquistati, salvo il diritto di quest’ultimo di rivendicarli (art. 1706)” (p. 3). Favorevole all’inquadramento nell’ambito del contratto di mandato anche X. XXXXX, Forma contrattuale e tutela del contraente “non qualificato” nel mercato finan- ziario, cit.
Diversa la posizione di X. XXXXXXXX, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx., xxx, pur riconoscendo il “legame abbastanza saldo” tra i contratti di interme- diazione finanziaria e “la cooperazione gestoria”, afferma la peculiarità di detti contratti rispet- to al mandato.
12 Per la nozione generale di contratto normativo, si veda, per tutti, X. XXXXXXXX, Contratto normativo, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 116 ss.
13 X. XXXXX, La tutela del risparmiatore tra nullità, risoluzione e risarcimento (ovvero l’ambaradan dei ri- medi contrattuali), in Contr. e impr., 2005, p. 896 ss., secondo cui ‘‘gli ordini via via impartiti dal cliente, accettati ed eseguiti dalla banca, danno vita ad altrettanti autonomi contratti di com- pravendita di strumenti finanziari”; cfr. ID., La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risar- cimento, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da X. Xxxxxxx, XLIII, Mercato finanziario e tutela del risparmio, a cura di X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, Padova, 2006,
p. 133 ss.; ID., Xxx contratti del mercato finanziario, prima e dopo la MiFID, in Riv. dir. priv., 2008, p.
499. In senso contrario alla configurazione dei singoli ordini di investimento come meri atti
Le Sezioni Unite della Cassazione, con le note “sentenze gemelle” del 2007 in tema di intermediazione finanziaria, non hanno assunto una posi- zione netta, affermando che il “contratto quadro, cui può darsi il nome di contratto d’intermediazione finanziaria … per alcuni aspetti può essere ac- costato alla figura del mandato”, e che “le successive operazioni che l’intermediario compie per conto del cliente, benché possano a loro volta consistere in atti di natura negoziale, costituiscono pur sempre il momento attuativo del precedente contratto d’intermediazione” (14).
L’adesione all’una o all’altra tesi in ordine alla natura del contratto di intermediazione finanziaria e delle singole operazioni di investimento po- trebbe influire sulla risposta alla questione se il requisito della forma scritta ex art. 23 TUF debba intendersi riferito unicamente al contratto quadro, ovvero si estenda anche agli ordini disposti dal cliente ed eseguiti per conto di quest’ultimo.
Accedendo alla prima tesi, la prescrizione formale non potrebbe che riferirsi al solo contratto di intermediazione, restando dunque libera la for- ma degli ordini di investimento; diversamente, se si qualifica il contratto quadro come un contratto normativo, le successive operazioni di investi- mento dovrebbero essere considerate quali autonomi atti negoziali, sicché potrebbe in astratto porsi il tema dell’assoggettamento degli stessi al requisi- to della forma scritta di cui all’art. 23 TUF (15).
esecutivi, anche X. XXXXXXX, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in Contratti, 2008, p. 393 ss.
14 Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, cit.
15 Si noti, tuttavia, che anche la dottrina favorevole alla qualificazione del contratto di inter- mediazione come contratto normativo esclude categoricamente che il requisito di forma possa estendersi alle singole operazioni di investimento: cfr. X. XXXXX, La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risarcimento, cit.
A ben vedere, aderendo alla tesi del contratto normativo, l’ordine di investimento integrereb- be una proposta contrattuale. Di conseguenza, se si ritenesse – in mera ipotesi – detto ordine
Una parte minoritaria della giurisprudenza ha optato per la soluzione affermativa, argomentando sulla natura contrattuale degli ordini che, con- cretizzando la prestazione del servizio di investimento previsto dal contrat- to quadro, sarebbero soggetti al medesimo vincolo formale (16); sulla neces- sità di attestare, in relazione ai singoli ordini, il rispetto degli obblighi di in- formazione e trasparenza che gravano sull’intermediario (17); sulla configu- razione delle operazioni come autonome attività di collocamento o di ese- cuzione di ordini per conto dei clienti, che, in quanto servizi di investimen- to, rientrerebbero nella previsione generale di cui all’art. 23 TUF (18).
Tuttavia, secondo l’orientamento maggioritario e ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, “in tema di intermediazione finanziaria, la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la loro validità ai sensi dell’art. 1352 c.c.” (19).
assoggettato al requisito di forma di cui all’art. 23 TUF, a rigore anche la relativa accettazione dovrebbe avvenire per iscritto, e resterebbe dunque esclusa la possibilità di perfezionamento dell’operazione di investimento mediante inizio dell’esecuzione (cfr. sul punto X. XXXXX DE MARINIS, La contrattazione bifasica nei contratti di investimento: fra vincoli imposti a tutela del cliente e rimedi invalidanti, cit., p. 1344 ss.).
16 Trib. Torino, 30 maggio 2005, in Giur. it., 2005, p. 1857 ss.; Trib. Ravenna, 29 maggio 2010, in xxxxxx.xx.
17 Trib. Genova, 26 giugno 2006, in xxxxxx.xx; Trib. Salerno, 15 aprile 2008, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, p. 108 ss.
18 Trib. Treviso, 13 febbraio 2006, in xxxxxx.xx; App. Venezia, 29 novembre 2007, ivi.
19 Cfr., ex multis, Xxxx. 14 giugno 2019, n. 16106, in Foro it., 2020, 1, I, 312; Cass. 9 agosto 2017, n. 19759, in Giust. civ. Mass., 2017; Cass. 2 agosto 2016, n. 16053, in Giust. civ. Mass., 2016; Cass. 30 gennaio 2013, n. 2185, in Società, 2013, p. 465 ss.; Cass. 13 gennaio 2012, n. 384, in Giur. comm., 2012, p. 791 ss.
La libertà di forma per il conferimento dei singoli ordini di investimento era già stata chiarita dalla Consob, rispondendo ad appositi quesiti, con comunicazione n. DIN/5055217 del 3 a- gosto 2005 e successiva comunicazione n. DIN/10047146 del 21 maggio 2010.
L’indice normativo a sostegno di detta interpretazione è individuato nell’art. 37, comma 3, del Regolamento Consob n. 20307/2018. La norma regolamentare, che deve coordinarsi con il precetto generale di cui all’art. 23 TUF, indica il contenuto del contratto tra l’intermediario e l’investitore: si tratta di una prescrizione che è diretta a correggere l’asimmetria informativa e che pone il cliente nella condizione di conoscere i precisi termini in cui il rapporto debba svolgersi, avendo riguardo ad alcuni aspetti considerati par- ticolarmente rilevanti. In base alla lett. c) del comma 3, il contratto quadro deve indicare “le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini e i- struzioni”, ammettendo così – implicitamente – che dette modalità possano essere anche orali. Qualora invece le parti prevedano, in attuazione della norma regolamentare, la forma scritta dei singoli ordini, la stessa si intende- rà imposta ai fini della loro validità ex art. 1352 c.c.
A ben vedere, in una prospettiva più generale, l’estensione dell’obbligo di forma scritta agli ordini di investimento dovrebbe essere e- sclusa in quanto l’art. 23 TUF disciplina soltanto i “contratti relativi alla presta- zione dei servizi di investimento”, locuzione che inequivocabilmente si riferisce al solo contratto quadro: un’eventuale applicazione del requisito formale contemplato da detta norma alle successive operazioni di acquisto si risolve- rebbe dunque in un’indebita estensione della forma vincolata al di fuori dell’ipotesi espressamente prevista, in violazione del generale principio di libertà delle forme.
Quale che sia l’orientamento accolto in merito ai rapporti tra il con- tratto quadro e i successivi ordini di investimento, occorre tenere a mente che la nullità, l’annullamento o la risoluzione del contratto quadro, così co- me la sua radicale mancanza ab origine, necessariamente si riverberano “a ca-
scata” sulle operazioni eseguite per conto del cliente, determinandone la ca- ducazione (20).
Da ultimo, in tema di rapporti tra contratto avente ad oggetto la pre- stazione di servizi di investimento e singoli ordini, è appena il caso di segna- lare che, secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, l’investitore ha facoltà di chiedere – a fronte dell’inadempimento, da parte dell’intermediario, di doveri di informazione nella fase successiva alla stipu- lazione del contratto quadro – la risoluzione delle singole operazioni di in- vestimento, senza intaccare il rapporto di intermediazione a monte (21).
3. Oltre la forma di protezione: i doveri di condotta e di informazione degli intermediari
La forma di protezione di cui all’art. 23 TUF, che pure consente all’investitore di entrare in possesso di un documento contrattuale nel quale sono incorporate le informazioni rilevanti in ordine ai contenuti del rappor- to di intermediazione, non è di per sé sufficiente a garantire un superamen- to dell’asimmetria informativa tra le parti nel successivo svolgimento del rapporto medesimo e – dunque – una tutela completa del cliente, anche considerata l’elevata complessità che caratterizza il settore finanziario.
20 Cass. 22 marzo 2013, n. 7283, in Giust. civ. Mass., 2013; Cass. 4 settembre 2009, n. 19226, in
De Jure.
21 Cass. 9 febbraio 2018, n. 3261, in Guida al dir., 2018, 17, 32, secondo cui “In tema di inter- mediazione finanziaria, l’investitore, a causa dell’inadempimento di non scarsa importanza dell’intermediario agli obblighi informativi previsti dalla legge e dai regolamenti Consob, può chiedere la risoluzione non solo del contratto quadro, ma anche dei singoli contratti di acqui- sto, cioè degli ordini di investimento, aventi natura negoziale nonché distinti e autonomi dal contratto quadro, indipendentemente dalla risoluzione di questo ultimo, atteso che il momen- to negoziale delle singole operazioni di investimento non può rinvenirsi nel contratto qua- dro”. In senso conforme, Cass. 31 agosto 2017, n. 20617; Cass. 23 maggio 2017, n. 12937;
Cass. 9 agosto 2016, n. 16820; Cass. 27 aprile 2016, n. 8394, tutte pubblicate su xxxxxx.xx.
È per tale motivo che il testo unico della finanza prevede specifici ob- blighi di condotta e di informazione che gravano sugli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento. Detta disciplina si pone in una pro- spettiva quanto mai distante dalle regole di diritto comune applicabili ai contratti inter pares, ove è rimessa all’autonomia e alla responsabilità di cia- scuna parte la valutazione circa la rispondenza delle scelte economiche ai propri interessi.
Il diritto dell’intermediazione finanziaria si connota per una dicotomia tra atto e attività (22): il primo è disciplinato dall’art. 23 TUF, che configura il contratto come strumento di trasparenza informativa; mentre le regole di condotta che devono essere osservate nella prestazione dei servizi sono previste, in termini generali, nell’art. 21 TUF, per poi essere declinate nei doveri specifici di cui si dirà nel successivo paragrafo, in primis quelli legati alle valutazioni di “adeguatezza” e “appropriatezza”.
L’art. 21 TUF, al primo comma, lett. a) prescrive agli intermediari di “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio
22 In generale, sui rapporti tra “atto” e “attività”, si veda X. XXXXXXXXXX, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in Trattato di diritto privato europeo, a cura di X. Xxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000; nonché X. XXXXXXX, Xxx “contratti delle imprese” al “terzo contrat- to”: nuove discipline e rielaborazione delle categorie, in Jus, 2009, p. 311 ss., ove si evidenzia la tenden- za del diritto privato europeo a disciplinare le tipologie contrattuali mediante la regolazione di una determinata attività economica.
Nella specifica materia dell’intermediazione finanziaria, X. XXXXXXX, Servizi di investimento in favore del cliente professionale: dal regime del rapporto al regime dell’attività, in Banca, borsa, tit. cred., 2012,
p. 568 ss., ove si evidenzia che i contratti aventi ad oggetto la prestazione dei servizi di inve- stimento, inquadrabili nell’ambito dei contratti di impresa, “si palesano, nella prospettiva dell’intermediario, come il ‘prodotto’ dell’attività imprenditoriale del medesimo: configuran- dosi, invero, come contratti di ‘erogazione della prestazione d’impresa’, ossia di esercizio dell’attività, per non dire qualificativi della stessa”. Cfr. al riguardo X. XXXXXXXX, Contratti di settore e struttura della contrattazione d’impresa, in An. giur. ec., 2018, p. 477 ss.
Si veda, inoltre, X. XXXXX, Profili del contratto nell’investimento finanziario, cit., p. 358, il quale, pur senza “svalutare l’importanza e l’utilità del ricorso ai principi generali del diritto delle obbliga- zioni e dei contratti per affrontare le problematiche relative al rapporto fra intermediari e clienti”, evidenzia, nell’ambito di detto rapporto, la “centralità della prestazione di un servizio, rispetto al quale il contratto ha un ruolo strumentale”.
l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. Vengono dunque richia- mate le clausole generali della diligenza professionale ex art. 1176, comma 2,
c.c. e della buona fede intesa in senso oggettivo ex artt. 1175 e 1375 c.c. Tali precetti trovano, nella disciplina dell’attività di intermediazione finanziaria, ulteriori specificazioni, e assolvono una precisa funzione tagliata “su misu- ra” all’attività in parola: i doveri di condotta degli intermediari assumono un significato più pregnante rispetto ai canoni generali della diligenza profes- sionale e della correttezza, intesa come salvaguardia degli interessi dell’altro contraente (23). In particolare, si è osservato che, in detto ambito, “la buona fede serve a garantire un equilibrio fra chi ha interesse a realizzare un buon affare proprio perché trattiene per sé certe informazioni e chi, invece, ha in- teresse a conoscere il più possibile le circostanze di rilievo per l’affare” (24).
La successiva lett. b) impone all’intermediario di “acquisire le informa- zioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adegua- tamente informati”. Si è rilevato come la norma possa essere agevolmente scomposta in due sezioni: la prima riguarda le informazioni trasmesse dall’investitore all’intermediario, la seconda le informazioni trasmesse dall’intermediario all’investitore (25). I due profili sono strettamente connes- si, poiché le notizie recepite dal cliente – funzionali, in particolare, all’applicazione delle menzionate regole di adeguatezza e di appropriatezza, di cui si dirà a breve – consentono all’intermediario di calibrare la quantità e
23 X. XXXX, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di investimento finanziario. Per l’armonizzazione dei modelli regolatori e per l’uniformazione delle regole del diritto comune, in Scritti in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Padova, 2010, p. 722 ss.; X. XXXXX, Tipicità dei contratti di investimento e disciplina codicistica, in I contratti del risparmiatore, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2013, p. 81 ss., nell’ambito di una più ampia analisi critica del coordinamento tra la disciplina speciale e quella del codice civile.
24 X. XXXXXXXX, La responsabilità nell’intermediazione finanziaria, in Xxxxx e resp., 2014, p. 786.
25 X. XXXXXXXXXX, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2014, p. 129.
la tipologia di informazioni di concreta e specifica utilità per l’investitore, da trasmettergli nel prosieguo del rapporto; tanto che ci si riferisce, comune- mente, al dovere dell’intermediario di “informarsi per informare”.
Gli intermediari devono inoltre “utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti” (lett. c) e “disporre di ri- sorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività” (lett. d) (cfr. sempre art. 21, comma 1, TUF).
Il Regolamento Intermediari contiene disposizioni di dettaglio riguar- danti i requisiti e il contenuto delle informazioni, con particolare riferimen- to alle comunicazioni pubblicitarie e promozionali. L’art. 36, dopo aver sta- bilito al primo comma i “requisiti generali delle informazioni” (che devono essere “corrette, chiare e non fuorvianti”), prevede che “Gli intermediari forniscono in tempo utile ai clienti o potenziali clienti, in una forma com- prensibile, informazioni appropriate affinché essi possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari che sono loro proposti, nonché i rischi a essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti con cognizione di causa” (secondo comma).
Le regole di condotta e gli obblighi informativi degli intermediari fi- nanziari sono diversamente graduati a seconda della tipologia di cliente (26). La Direttiva 2004/39/CE (“MiFID”) ha individuato tre diverse categorie di investitori: le “controparti qualificate” (la cui nozione si rinviene all’art. 6,
26 Sulla differenziazione delle regole in materia di prestazione di servizi di investimento in funzione della natura del cliente, si veda il lavoro monografico di X. XXXXXXX, Servizi di inve- stimento e gradazione dei clienti, Milano, 2013; nonché X. XXXXX, “Servizio” e “contratto” nel rapporto fra intermediario e cliente, in I contratti del mercato finanziario, a cura di X. Xxxxxxxxx - X. Xxxxx, cit., p. 181 ss.
comma 2-quater, lett. d) TUF); i “clienti professionali” (categoria in cui rien- trano i clienti professionali “di diritto”, su determinazione della Consob o del Ministero dell’economia e delle finanze, e i clienti professionali “su ri- chiesta”; cfr. Allegato n. 3 al Regolamento Intermediari); e, infine, i “clienti al dettaglio”, categoria residuale rispetto alle due precedenti (27).
Si è a lungo dibattuto se la violazione dei doveri di condotta e infor- mazione imposti agli intermediari dalla normativa di riferimento avesse conseguenze solo risarcitorie, come ritenuto dalla dottrina prevalente (28), ovvero potesse incidere sulla validità del contratto quadro e delle singole operazioni di investimento poste in essere sulla base di quest’ultimo.
Negli anni successivi ai grandi episodi di “risparmio tradito” (i noti de- fault Xxxxx, Parmalat e Argentina) si è assistito a un “vero e proprio diluvio giurisprudenziale” (29). La giurisprudenza dominante ha optato per la solu- zione della nullità del contratto, con conseguente condanna
27 Nella vigenza del regolamento intermediari n. 11522/1998, era previsto un vero e proprio regime ad hoc per gli “operatori qualificati”, che si sostanziava, in particolare, nella disapplica- zione dei principali obblighi informativi dell’intermediario. Quanto alla valenza della dichiara- zione, sottoscritta dall’investitore, di essere operatore qualificato, la giurisprudenza di legitti- mità ha affermato che “Nei contratti di intermediazione finanziaria, la dichiarazione formale di cui all’art. 31, comma 2, Reg. Consob n. 11522 del 1998 (applicabile ‘rationae temporis’), sot- toscritta dal legale rappresentante, in cui si affermi che la società amministrata dispone della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in strumenti finanziari, vale ad esonerare l’intermediario dall’obbligo di effettuare per suo conto ulteriori verifiche al riguardo, gravando sull’investitore l’onere di provare elementi contrari emergenti dalla documentazione già in possesso dell’intermediario” (così, da ultimo, Cass. 4 aprile 2018, n. 8343, in Giust. civ. Mass., 2018).
28 X. XXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legislazione nuova. La legge sulla intermediazione mobiliare, in Banca, borsa, tit. cred., 1993, I, p. 300 ss.; X. XXXXXXXXX, Doveri di informazione e responsabilità pre- contrattuale nell’attività di intermediazione mobiliare, ivi, 1994, p. 617 ss.; X. XXXXXXX, Dovere di infor- mazione e attività di intermediazione mobiliare, in Riv. dir. civ., 1994, p. 179 ss.; R. COSTI - L. ENRI- QUES, Il mercato mobiliare, in Trattato di diritto commerciale, diretto da X. Xxxxxxx, VIII, Padova, 2004, p. 367 ss.
29 X. XXXXXXXXXX, La disciplina del mercato mobiliare, cit., p. 162.
dell’intermediario alla restituzione delle somme investite, oltre agli interessi legali maturati medio tempore (30).
L’indirizzo seguito dalla giurisprudenza di merito ha suscitato reazioni contrastanti in dottrina (31).
Nel 2007 le Sezioni Unite della Cassazione, con una nota e rilevante decisione, hanno escluso che la violazione delle norme di comportamento degli intermediari possa determinare la nullità del contratto quadro o dei singoli ordini (32).
30 Tra le altre, Trib. Milano, 11 maggio 1995, in Giur. comm., 1996, p. 79 ss.; Trib. Torino, 10 aprile 1998, in Contratti, 1999, p. 45 ss.; Trib. Mantova, 18 marzo 2004, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, p. 440 ss., con nota di X. XXXXXXX, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investi- mento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine; Trib. Venezia, 22 no- vembre 2004, n. 2654, in Xxxxxxxxx, 2005, p. 5 ss., con nota di X. XXXXXXX, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l’estensione del modello al credito ai consumatori; Trib. Monza, 27 gennaio 2005, n. 218, in Resp. civ. prev., 2004, p. 134 ss.; Trib. Brindisi, 18 luglio 2007, in ilca- xx.xx. La Cassazione, peraltro, non si era mai pronunciata nel senso della nullità nelle ipotesi di violazione delle regole di condotta degli intermediari, tanto che la remissione alle Sezioni Uni- te – di cui si dirà subito di seguito – è stata giustificata non già da un contrasto giurispruden- ziale tra sezioni semplici, bensì dal fatto che si trattasse di questione di massima di particolare importanza.
31 In senso favorevole X. XXXXXXX, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, cit., p. 458; X. XXXXX, Difetto di accordo e nullità dell’intermediazione finanziaria, in Resp. civ. prev., 2006, p. 1087 ss.; X. XXXXXXX, Il mercato delle regole - La questione dei bonds argentini, in Giur. it., 2005, p. 55.
In senso critico, invece, X. XXXXX, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Xxxxx xxxx & tango bond), cit.; X. XXXXXXXX GUASTALLA, Obblighi informativi dell’intermediario fi- nanziario e responsabilità nei confronti dell’investitore, in Resp. civ. prev., 2007, p. 1678 ss.; A. DI MAJO, Prodotti finanziari e tutela del risparmiatore, in Corr. giur., 2005, p. 1282 ss.; X. XXXXXXX, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, p. 1012 ss.
32 Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, in Foro it., 2008, I, 779, con nota di E. SCODITTI, La violazione delle regole di comportamento dell’intermediario finanziario e le Sezioni Unite; in Danno e resp., 2008, p. 525 ss., con nota di X. XXXXX, La nullità del contratto dopo la sentenza Ror- dorf; in Obbl. e contr., 2008, p. 104 ss., con nota di X. XXXXXXX, Regole di validità e di responsabilità di fronte alle Sezioni Unite. La buona fede come rimedio risarcitorio; in Giur. it., 2008, p. 353 ss., con nota di X. XXXXXXX, La responsabilità degli intermediari finanziari e il verdetto delle Sezioni Unite: chio- se, considerazioni e un elogio dei giudici; in Giur. comm., 2008, p. 604 ss., con nota di X. XXXXX - X. XXXXX, Le Sezioni Unite sciolgono i dubbi sugli effetti della violazione degli obblighi di informazione; in Resp. civ. prev., 2008, p. 556 ss., con nota di X. XXXXX, Intermediazione finanziaria: violazione di re- gole comportamentali e tutela secondo le Sezioni Unite; in Società, 2008, p. 455 ss., con nota di V. SCO-
La tesi dalla nullità si fondava sulla natura imperativa delle norme del TUF e del Regolamento Intermediari pro tempore vigente, cui si faceva di- scendere una nullità “virtuale” ex art. 1418, comma 1, c.c., pur in assenza di un’espressa previsione legislativa della sanzione invalidante.
Tuttavia le Sezioni Unite, richiamando il principio affermato da una precedente pronuncia di legittimità (33), hanno precisato che la contrarietà a norme imperative di cui all’art. 1418, comma 1, c.c. postula una violazione relativa a elementi “intrinseci” della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura o il contenuto del contratto; i comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l’esecuzione del contratto rimango- no estranei alla fattispecie negoziale, e pertanto la loro illegittimità, quale che sia la natura delle norme violate, non può dar luogo alla nullità del con- tratto, salvo che questa sia espressamente prevista dal legislatore.
GNAMIGLIO, Regole di comportamento nell’intermediazione finanziaria: l’intervento delle S.U.; in Corr. giur., 2008, p. 223 ss., con nota di X. XXXXXXXXX, L’insegnamento delle Sezioni Unite sulla rilevan- za della distinzione tra norme di comportamento e norme di validità; in Xxxxxxxxx, 2008, p. 221 ss., con nota di X. XXXXXXXXXXX, Inosservanza delle norme di comportamento: la Cassazione esclude la nullità; e in Nuova giur. civ. comm., 2008, p. 432 ss., con nota di X. XXXXXXXXX, Violazione della disciplina dell’intermediazione finanziaria e conseguenze civilistiche: “ratio decidendi” e “obiter dicta” delle Sezioni Unite. Si veda inoltre il commento di X. XXXXXXXX, Regole di condotta e regole di validità nell’attività d’intermediazione finanziaria: quale tutela per gli investitori delusi?, in Corr. giur., 2008, p. 107 ss.
33 Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, in Foro it., 2006, 1105, con nota di X. XXXXXXXX, Regole di comportamento e regole di validità: i nuovi sviluppi della responsabilità precontrattuale; in Danno e resp., 2006, p. 25 ss., con nota di X. XXXXX e X. XXXXXXX, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale; in Resp. civ. prev., 2006, p. 1087 ss., con nota di X. XXXXX, Difetto di accordo e nullità nell’intermediazione finanziaria; in Resp. civ., 2006, p. 299 ss., con nota di X. XXXXXXXX, La responsabilità precontrattuale: una nuova stagio- ne; in Nuova giur. civ. comm., 2006, p. 902 ss., con nota di X. XXXXXXX, Intermediazione finanziaria e violazione degli obblighi informativi: validità dei contratti e natura della responsabilità risarcitoria; in Contr. e impr., 2006, p. 1616 ss., con nota di X. XXXXXXXX, Violazione degli obblighi di informazione e re- sponsabilità dell’intermediario finanziario; in Giur. comm., 2006, p. 626 ss., con nota di C.E. XXXX- XXXX, Obblighi informativi degli intermediari e risarcimento del danno: la Cassazione e l’interpretazione evo- lutiva della responsabilità precontrattuale; e in Corr. giur., 2006, p. 670 ss., con nota di X. XXXXXXXX, Limiti della “nullità virtuale” e contratti su strumenti finanziari.
Le Sezioni Unite hanno dunque richiamato la tradizionale distinzione
(34) tra regole di validità, la cui violazione, sostanziandosi in un vizio “gene- tico”, dà luogo a nullità del contratto, e regole di comportamento, la cui violazione – salva esplicita previsione di legge – comporta solo conseguenze risarcitorie. La presenza di singole norme settoriali che sanzionano con la nullità la violazione di regole di comportamento non giustifica dunque, se- condo l’interpretazione della Suprema Corte, l’individuazione di un princi- pio generale di apertura alla tutela invalidante nelle ipotesi di violazione di regole di condotta, espressione della buona fede intesa in senso oggettivo
(35).
In forza delle predette argomentazioni, le Sezioni Unite hanno enun- ciato il principio secondo cui “la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabi- lità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento
34 Per tutti, X. X’XXXXX, Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in
Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 00 xx.
00 Già autorevole dottrina aveva escluso la possibilità di far discendere dalla violazione dei do- veri di correttezza e buona fede l’invalidità del contratto stipulato: cfr. X. XXXXXXX PASSA- RELLI, Dottrine generali del diritto civile, cit., p. 171: “La contravvenzione al principio di buona fede esplica la sua influenza in altre maniere, obbligando al risarcimento dei danni, o rifletten- dosi sull’interpretazione o sull’esecuzione del negozio, ma non ne compromette la validità”; e
X. XXXXXXX, Autonomia privata e Costituzione, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, p. 9: “In nessun caso comunque, secondo la dogmatica del nostro codice civile, la violazione del dovere di buona fede è causa di invalidità del contratto, ma solo fonte di responsabilità per i danni”.
o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria in questione. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei suaccennati doveri di comportamento può pe- rò determinare la nullità del contratto d’intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell’art. 1418 cod. civ., comma 1” (36).
4. La tutela sostanziale dell’investitore: profilatura della clientela; valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza; governo del prodotto
Pur a fronte delle informazioni veicolate dalla forma protettiva del contratto ex art. 23 TUF e fornite dall’intermediario durante tutto il corso del rapporto, il cliente non sempre è in grado di assumere in piena autono- mia le scelte più consone al raggiungimento dei propri obiettivi di investi- mento, e ciò per la notevole complessità che connota i prodotti oggetto del- le operazioni sul mercato mobiliare. Mentre nel settore commerciale il con- sumatore, compiutamente informato, è posto – il più delle volte – perfet-
36 Parte della dottrina ha accolto con favore la decisione: su tutti X. XXXXXXXX GUASTALLA,
Violazione degli obblighi di condotta e responsabilità degli intermediari finanziari, in Resp. civ. prev., 2008,
p. 742 ss., che definisce “meritorio … l’intervento della Cassazione che frena [la] deprecabile tendenza ad un uso sconsiderato dell’istituto della nullità”, ritenendo apprezzabile l’attenzione dimostrata dalla giurisprudenza “nell’arginare un non trascurabile effetto di moral hazard degli investitori delusi da operazioni che avevano dato un risultato negativo”.
Fortemente critico, invece, X. XXXXXXX, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni Unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere, in Contratti, 2008, p. 402 ss. L’Autore rileva che, oltre agli obblighi di informazione degli intermediari, esistono – in relazione al principio di adeguatezza e al conflitto di interessi – anche obblighi di astensione, che manife- stano “la disapprovazione dell’ordinamento per le operazioni compiute in consimili situazioni di pericolo”. Tale disapprovazione dovrebbe comportare, si afferma, “la sicura nullità per illi- ceità in omaggio all’esigenza di ordine pubblico di garantire l’integrità dei mercati contro la diffusione di operazioni pericolose (e molto probabilmente dannose)”. Cfr., inoltre, A. GEN- TILI, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, cit., secondo cui i contratti dell’intermediazione finanziaria rappresenterebbero un’eccezione implicita alla regola secondo cui la violazione di norme di comportamento produce soltanto conseguenze risarci- torie.
tamente in grado di compiere scelte consapevoli, nella prestazione dei servi- zi di investimento l’informazione, ancorché esaustiva, difficilmente consen- te di approdare a un simile risultato, come è stato ben evidenziato anche dagli studi riguardanti la finanza comportamentale (37).
La crisi economico-finanziaria di inizio millennio ha posto in luce i limiti del paradigma economico neoclassico dell’“investitore razionale” che, ricevute le opportune informazioni, sarebbe sempre in grado di compiere scelte individuali coerenti ed efficienti. È divenuta dunque evidente la ne- cessità del superamento delle strategie normative improntate esclusivamente alla trasparenza, che, individuato nell’asimmetria informativa un fattore di fallimento del mercato, si limitano a contemplare obblighi di informazione e disclosure a carico del soggetto professionale e in favore del contraente debo- le (38).
37 Cfr. X. XXXXXXXX - X. XXXXXX, A Survey of Behavioral Finance, in Handbook of the Economics of Finance, vol. 0, Xxxxx Xxxxxxx, 0000, p. 1053 ss.; X. XXXXX, Behavioral Economics and Investors Protection: Reasonable Investors, Efficient Market, in Loyola University Chicago Law Journal, 44, 2013,
p. 1493 ss. Nella letteratura domestica, X. XXXXXXX, Mercato, razionalità degli agenti e disciplina dei contratti, in X. Xxxxx, M.R. Xxxxxxx, X. Xxxxxx (a cura di), I contratti per l’impresa, cit., p. 69 ss., nonché i saggi raccolti in X. XXXXXX – X. XXXXX (a cura di), Finanza comportamentale. Investitori a razionalità limitata, in AGE, 2012, 1.
38 Cfr. X. XXXXXXX, Servizi di investimento e tutela dell’investitore, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, p. 1 ss. L’Autore rileva che i limiti di detto impianto concettuale sono emersi con chiarezza a fron- te “degli scandali di inizio secolo e della crisi finanziaria globale”, a seguito della quale si sono manifestate in maniera evidente “la rilevanza sistemica dei limiti cognitivi dei partecipanti al mercato e la possibilità che le molteplici dinamiche della libertà morale conducano a scelte in- dividuali non coerenti con il modello dell’agente economico razionale”. Cfr. ID., Servizi d’investimento e regole di comportamento. Dalla trasparenza alla fiducia, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, 1, I, p. 23 ss.
Nel medesimo senso X. XXXXXXX, Servizi di investimento in favore del cliente professionale: dal regime del rapporto al regime dell’attività, cit., secondo il quale proprio l’analisi delle ragioni della crisi “ha dato una spinta fondamentale nella direzione di un superamento del modello culturale basato sull’informazione come principale strumento di correzione delle imperfezioni del mercato”; questa consapevolezza ha consentito la revisione critica della costruzione normativa che iden- tificava nella “trasparenza (informativa) l’asse centrale sul quale edificare un efficace sistema di tutele in favore del cliente comune”.
Secondo una direttrice da alcuni definita “paternalistica”, ha così ac- quisito centralità il ruolo “guida” del soggetto professionale, cui la normati- va di settore, attuativa dei principi di cui alle Direttive 2004/39/CE (“Mi- FID”) e 2014/65/UE (“MiFID II”), ha imposto sempre maggiori obblighi inerenti alla profilatura della clientela – volta ad acquisire, in particolare, le informazioni in ordine all’esperienza dell’investitore, alla sua conoscenza dei principali strumenti finanziari e ai suoi obiettivi di investimento –, nonché alla successiva valutazione di adeguatezza o appropriatezza delle operazioni da eseguire per conto del cliente.
L’art. 40 del nuovo Regolamento Intermediari, applicabile alla presta- zione dei servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli, individua le informazioni che l’intermediario deve ottenere “al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari che siano adeguati al cliente o potenziale cliente”, relative “a) alla [sua] cono- scenza ed esperienza in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di strumento o di servizio; b) alla [sua] situazione finanziaria, inclusa la capacità di sostenere perdite; c) [ai suoi] obiettivi di investimento, inclusa la tolleran- za al rischio”.
In attuazione della direttiva XxXXX XX, l’art. 41, primo comma, del nuovo Regolamento Intermediari dispone che l’intermediario consegni ai “clienti al dettaglio, su supporto durevole, prima che la transazione sia effet- tuata, una dichiarazione di adeguatezza che specifichi la consulenza prestata e indichi perché corrisponda alle preferenze, agli obiettivi e alle altre caratte- ristiche del cliente”.
La particolare tutela offerta dalla regola di adeguatezza deriva dal fatto che, ove l’intermediario non abbia ottenuto le informazioni necessarie, deve astenersi dal raccomandare i servizi di investimento o gli strumenti finanzia-
ri al cliente o al potenziale cliente. Parimenti, nella prestazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli, qualora, ri- cevute le informazioni ed effettuata la valutazione di adeguatezza, determi- nate operazioni risultino non idonee per il cliente, l’intermediario deve aste- nersi dal raccomandarle o negoziarle (39).
In questo modo, è possibile evitare che nell’ambito dei due menziona- ti servizi – nei quali si esplica, nelle scelte di investimento, il ruolo di “im- pulso” dell’intermediario – vengano consigliate o effettuate operazioni non in linea con il “profilo” del cliente. Si tratta di una regola inderogabile: per- tanto, qualora una certa operazione non risulti adeguata, essa non può esse- re eseguita, nemmeno ove il cliente la richieda o la autorizzi espressamente.
Ai servizi di investimento diversi dalla consulenza e dalla gestione di portafogli si applica, invece, la regola di appropriatezza, espressione di una tutela in parte “attenuata” rispetto a quella dell’adeguatezza. Le informazio- ni che l’intermediario deve ottenere dal cliente sono infatti limitate “alla sua conoscenza ed esperienza riguardo al tipo specifico di strumento o di servi- zio proposto o chiesto, al fine di determinare se il servizio o strumento in questione è appropriato per il cliente o potenziale cliente” (cfr. Regolamen- to Intermediari, art. 42, comma 1).
39 Nel testo del nuovo Regolamento Intermediari, tali regole si ricavano dal rinvio, operato dall’art. 41, comma 3 di detto Regolamento, alla disciplina di cui gli articoli 54, paragrafi da 1 a 11 e 13, e 55 del Regolamento (UE) 2017/565 (cfr. in particolare art. 54, paragrafi 8 e 10). Regole speciali sono previste per i clienti professionali: in base alla normativa europea richia- mata dal Regolamento Intermediari, “Quando presta un servizio di investimento ad un cliente professionale l’impresa di investimento può legittimamente presumere che, per quanto riguar- da i prodotti, le operazioni e i servizi per i quali è classificato nella categoria dei clienti profes- sionali, tale cliente abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze”; e “Quando il ser- vizio di investimento consiste nella fornitura di consulenza in materia di investimenti ad un cliente professionale … l’impresa di investimento può legittimamente presumere … che il cli- ente sia finanziariamente in grado di sopportare i connessi rischi di investimento compatibili con i suoi obiettivi di investimento” (cfr. art. 54, paragrafo 3 del Regolamento (UE) 2017/565).
Qualora lo strumento o il servizio non risulti appropriato, l’intermediario dovrà semplicemente avvertire il cliente di tale situazione, senza alcun obbligo di astensione, come invece previsto dalla regola di ade- guatezza (40).
La profilatura della clientela e le valutazioni di adeguatezza e appro- priatezza non si applicano – ricorrendo le condizioni di cui all’art. 43 del Regolamento Intermediari – ai servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione ordini (cc.dd. servizi “execution only”). La prestazione di tali servizi è subordinata alla sola regola della “best execution”, che impone agli intermediari di adottare tutte le misure ragionevoli per ot- tenere, nell’esecuzione degli ordini, il miglior risultato possibile per i loro clienti (cfr. art. 47 del Regolamento Intermediari).
È appena il caso di segnalare, da ultimo, che la direttiva XxXXX XX ha incrementato la tutela degli investitori mediante l’introduzione delle regole di c.d. “governo del prodotto” (product governance), che riguardano non solo la fase di distribuzione dei prodotti finanziari, ma anche il processo di idea- zione e strutturazione degli stessi (41).
40 L’art. 42, comma 4, del nuovo Regolamento Intermediari rinvia a sua volta alla disciplina di cui agli articoli 55 e 56 del Regolamento (UE) 2017/565, che vanno dunque a integrare la normativa interna.
Anche in questo caso, la normativa europea richiamata a livello regolamentare prevede un trattamento differenziato per i clienti professionali: “Un’impresa di investimento può legitti- mamente presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienze e conoscenze necessario per comprendere i rischi connessi ai determinati servizi di investimento od opera- zioni o ai tipi di operazioni o prodotti per i quali il cliente è classificato come cliente profes- sionale” (cfr. art. 56, paragrafo 1 del Regolamento (UE) 2017/565).
41 I riferimenti normativi in materia di product governance si rinvengono nell’art. 16, paragrafo 3, e nell’art. 24, paragrafo 2 della direttiva XxXXX XX (oltre che nel considerando 71). Il D. Lgs. 3 agosto 2017, n. 129, di attuazione della XxXXX XX, ha trasposto i medesimi principi nell’ordinamento nazionale, introducendo all’art. 21 TUF due nuovi commi, 2-bis e 2-ter, che si riferiscono rispettivamente all’intermediario “produttore” e all’intermediario “distributore”. In particolare, il comma 2-bis dispone che “Quando realizzano strumenti finanziari per la vendita alla clientela, i soggetti abilitati alla prestazione dei servizi e delle attività di investimen-
In particolare, gli intermediari finanziari sono tenuti a valutare appro- fonditamente le caratteristiche e gli obiettivi di investimento della clientela cui un determinato prodotto finanziario è destinato, ancor prima che lo stesso venga immesso nel mercato (c.d. individuazione del target market, “mercato di riferimento”). Ciò al fine di limitare i casi di “misselling”, vale a dire di totale inadeguatezza degli strumenti finanziari per i clienti che li han- no sottoscritti, salvaguardando, al contempo, l’integrità del mercato.
L’obbligo di individuare uno specifico target market è rivolto sia all’intermediario “produttore” (“manufacturer”), che provvede alla “creazio- ne” dei prodotti finanziari, sia all’intermediario “distributore” (“distributor”), che li offre in sottoscrizione alla clientela.
Le regole sul governo del prodotto sono presidiate dall’attribuzione, alle Autorità di vigilanza nazionali ed europee, di rilevanti poteri di interven- to, che consentono di limitare o vietare la commercializzazione, la distribu- zione o la vendita dei prodotti finanziari “non compliant” con la normativa (c.d. product intervention) (42).
to fanno sì che tali prodotti siano concepiti per soddisfare le esigenze di un determinato mer- cato di riferimento di clienti finali individuato all’interno della pertinente categoria di clienti e che la strategia di distribuzione degli strumenti finanziari sia compatibile con i clienti target. I soggetti di cui al presente comma adottano inoltre misure ragionevoli per assicurare che lo strumento finanziario sia distribuito ai clienti all’interno del mercato target”.
In base al successivo comma 2-ter “Il soggetto abilitato deve conoscere gli strumenti finanziari offerti o raccomandati, valutarne la compatibilità con le esigenze della clientela cui fornisce servizi di investimento tenendo conto del mercato di riferimento di clienti finali di cui al comma 2-bis, e fare in modo che gli strumenti finanziari siano offerti o raccomandati solo quando ciò sia nell’interesse del cliente”.
A livello di normativa secondaria, nel nuovo Regolamento Intermediari (n. 20307/2018) è sta- to introdotto, nel Libro III, un titolo interamente dedicato alle regole di product governance (Ti- tolo VIII: “Governo degli strumenti finanziari”, artt. 62-77).
Per una panoramica della nuova normativa, X. XXXXXXX, La product governance nel regime MiFID 2, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx. Si veda inoltre, in dottrina, X. XXXXXXX, Servizi di investimento e tu- tela dell’investitore, cit.
42 Segnatamente, il Regolamento (UE) n. 600/2014 (“MiFIR”) ha attribuito il potere di inter- vento all’ESMA (European Securities and Markets Authority), all’EBA (European Banking Authority)
Alla luce della disciplina appena illustrata, emerge chiaramente che la piena e sostanziale tutela del cliente al dettaglio nel settore dell’intermediazione finanziaria passa necessariamente per l’effettivo e cor- retto adempimento, da parte dell’intermediario, delle regole di condotta che ne governano l’attività, con particolare riferimento alle valutazioni di ade- guatezza e appropriatezza degli investimenti, che mirano a consentire una piena rispondenza degli investimenti medesimi ai reali obiettivi del cliente, alla sua propensione al rischio e alla sua situazione finanziaria e patrimoniale
(43).
Non è un caso che la prima fase del contenzioso del nuovo millennio in materia di intermediazione mobiliare, conseguente ai più eclatanti “scan- dali finanziari”, si sia concentrata sulla censura sostanziale della violazione dei doveri di comportamento degli intermediari; censura tesa, il più delle volte, a chiedere l’accertamento della pretesa nullità del contratto quadro, quale forma di tutela senz’altro più favorevole al cliente rispetto a quella ri- sarcitoria. La pronuncia di nullità del contratto di intermediazione comporta infatti la restituzione di tutte le somme investite dal cliente, senza che questi sia gravato da oneri di prova del danno e del nesso di causalità; inoltre, l’investitore non può vedersi opposta l’eccezione di concorso del proprio fatto colposo ex art. 1227 c.c.
in relazione ai depositi strutturati, nonché alle singole Autorità competenti degli Stati membri (cfr. artt. 40-43).
43 X. XXXXX, “Servizio” e “contratto” nel rapporto fra intermediario e cliente, cit., p. 199, il quale evi- denzia i rischi legati a una “moltiplicazione degli adempimenti formalistici”, che paradossal- mente non giovano alla certezza dei rapporti giuridici, “poiché si prestano a essere utilizzati in modo malizioso da ‘accorti’ (ma non diligenti) intermediari, al fine di precostituirsi la prova dello svolgimento del servizio in conformità con regole in realtà disattese nella sostanza, ovve- ro da clienti delusi per il risultato dell’investimento”.
Sennonché, dopo la pietra miliare delle Sezioni Unite del 2007 – che, come si è visto, hanno escluso la nullità per la violazione delle regole di condotta degli intermediari –, le azioni giudiziali si sono concentrate sul re- quisito di forma ex art. 23 TUF, quale unica strada rimasta per raggiungere l’ambita meta della tutela invalidante.
5. Il contratto “monofirma”: inquadramento del problema
Al fine di ottemperare alla prescrizione di cui all’art. 23 TUF, secondo cui il contratto deve essere redatto per iscritto e un esemplare consegnato al cliente, nella prassi la stipulazione del contratto quadro si sostanzia nor- malmente nella predisposizione, da parte dell’intermediario, di un modulo standard, che viene fatto sottoscrivere al cliente – solitamente in veste di “proposta contrattuale” – e che rimane in possesso della banca; un funzio- nario di quest’ultima sottoscrive quindi un documento identico al primo, che viene consegnato al cliente. In questo modo, ciascuna parte resta nella disponibilità dell’originale sottoscritto dall’altra (44).
Tale prassi risulta in linea con il consolidato orientamento giurispru- denziale secondo cui, al fine del rispetto del requisito della forma scritta, non occorre la contestuale sottoscrizione di un unico documento, essendo consentito il perfezionamento del contratto mediante lo scambio di docu- menti diversi, qualora il secondo documento risulti inscindibilmente colle- gato al primo, in modo tale da evidenziare inequivocabilmente la formazio- ne dell’accordo (45).
44 Solitamente, il testo del contratto quadro contiene una dichiarazione del cliente secondo la quale “una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta dai soggetti abilitati a rappresentarVi”, o altra analoga.
45 Ex multis, Cass. 29 gennaio 2014, n. 1980, in Guida al dir., 2014, 15, 82; sul punto, cfr. supra, cap. I, §4.
A causa della particolare modalità di perfezionamento del contratto quadro, nei giudizi in materia finanziaria accade peraltro sovente che sia versato in atti il solo esemplare sottoscritto dal cliente (prodotto in causa dall’intermediario), e non anche l’esemplare sottoscritto dal rappresentante della banca (che il cliente non può o, strategicamente, non vuole produrre); di qui l’eloquente espressione, invalsa nella prassi, di “contratto monofir- ma”.
In tale situazione, se si applicassero de plano i principi codicistici che governano la struttura dei contratti assoggettati alla forma scritta ad substan- tiam – scaturenti dal combinato disposto degli artt. 1325, n. 4, 1350 e 2702
c.c. –, sarebbe di xxxxxx xxxxxxxx che il contratto recante la sottoscrizione di una sola delle parti non potrebbe considerarsi validamente perfezionato nel- la forma prescritta dalla legge. Se la scrittura privata è, secondo l’impostazione tradizionale, il requisito minimo della “forma scritta”, come potrebbe aversi – ci si potrebbe chiedere – uno scritto privo della sottoscri- zione di uno dei contraenti?
Per superare l’impasse, la via più agevole parrebbe essere quella di an- dare alla ricerca, in atti successivi alla formazione del contratto, di equipol- lenti della sottoscrizione mancante. Un simile approccio, peraltro, non con- vince.
Da un lato, infatti, a voler considerare tale la produzione in giudizio, da parte della banca, di copia del contratto quadro, il perfezionamento dello stesso dovrebbe intendersi necessariamente con effetti ex nunc, con la con- seguenza che tutti gli ordini di investimento, precedentemente impartiti, re- sterebbero privi del necessario sostegno contrattuale. Inoltre, intendendo quella sottoscritta dal cliente alla stregua di una proposta, sarebbe assai in-
verosimile che l’accettazione della banca si manifesti a distanza di anni dall’inizio e dall’esecuzione del rapporto (46).
D’altro lato, non soddisfa l’opzione interpretativa che propone di rite- nere superato il tema della sottoscrizione della banca in virtù degli atti posti in essere nella fase esecutiva del rapporto. Trattandosi, comunque, di con- tratto soggetto a forma vincolata, sarebbe fuorviante andare a individuare la formazione del consenso in elementi esterni al contratto stesso, e – in parti- colare – nella documentazione contabile attestante l’esecuzione degli ordini di investimento.
Invero, secondo l’opzione interpretativa che pare preferibile, il perfe- zionamento del contratto quadro deve intendersi governato non già dall’art. 1326 (scambio di proposta e accettazione inter absentes), né dall’art. 1327 (i- nizio dell’esecuzione su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi), bensì dall’art. 1341 c.c. (47), la cui ratio essenziale – la cono- scibilità del testo contrattuale – è tra l’altro comune al vincolo di forma ex art. 23 TUF.
L’inquadramento nell’ambito dell’art. 1341 c.c., già suggerito da auto- revole dottrina (48), consente di far emergere un dato decisivo: la predisposi-
46 È questa la perplessità sollevata, in termini generali, da X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit. p. 279 xx. (xxx. xxxxx, xxx. X, §0); senza contare che la domanda di nullità del contratto qua- dro formulata dall’investitore potrebbe essere intesa alla stregua di una revoca implicita della proposta.
47 Non sembra potersi revocare in dubbio che l’art. 1341 c.c. costituisca, anzitutto, una norma sulla formazione del contratto, come evidenziato in X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit.,
p. 117: “Il legislatore del 1942 affronta il fenomeno delle condizioni generali sotto il profilo della formazione del contratto. Ne è prova la collocazione sistematica degli artt. 1341-1342, che chiudono la sezione dedicata all’accordo delle parti”. Contra X. XXXXXXX, Considerazioni in tema di condizioni generali di contratto, in Rass. dir. civ., 1986, p. 69, secondo il quale la norma do- vrebbe inquadrarsi sistematicamente tra le regole di integrazione del contratto.
48 X. XXXXXXXX, Servizi ed attività di investimento. Prestatori e prestazione, cit., p. 463 ss.: “la con- clusione del contratto di investimento, in quanto conclusione di un contratto per condizioni generali, è assoggettata … alla regola dell’art. 1341, comma 1°, c.c.” (p. 467).
zione unilaterale del testo del contratto quadro da parte dell’intermediario, che risulta sufficiente ai fini dell’imputabilità del testo medesimo – e della volontà negoziale – in capo al predisponente, senza che sia necessario ricer- care equipollenti della relativa sottoscrizione. Secondo questa impostazione, il testo negoziale è imputabile all’intermediario per averlo predisposto e sot- toposto all’aderente, e a quest’ultimo per aver sottoscritto le condizioni ge- nerali. In tale situazione, “la sottoscrizione del soggetto abilitato può dun- que mancare senza che l’assenza incida sul procedimento di conclusione del contratto” (49).
Tenendo distinto il piano della formazione del vincolo da quello della forma del contratto, questa dottrina rileva come la sottoscrizione del con- tratto quadro non riguardi la forma dello stesso ex art. 23 TUF; la sottoscri- zione è correttamente intesa quale (uno) strumento di imputazione della vo- lontà, manifestata in una determinata forma (la forma scritta). Pertanto, laddove la volontà sia manifestata per iscritto, e sia al contempo risolto il problema dell’imputazione della volontà medesima – mediante la sottoscri- zione, ovvero mediante un criterio diverso, quale quello legato alla predi- sposizione del testo contrattuale – il requisito della forma scritta deve rite- nersi soddisfatto.
Il tema delle modalità di perfezionamento del contratto quadro – ri- masto, per così dire, sullo sfondo del più recente dibattito, di cui diremo subito di seguito, relativo al “contratto monofirma” – deve dunque essere
Non reputa pertinente il richiamo all’art. 1341 c.c. X. XXXXX, Tipicità dei contratti di investimento e disciplina codicistica, cit., p. 103, ove si afferma che nei contratti relativi alla prestazione dei ser- vizi di investimento “la tendenziale standardizzazione dello schema contrattuale non implica una modalità di conclusione del contratto diversa da quella ‘classica’, incentrata sulla conver- genza delle manifestazioni di volontà di entrambe le parti su un medesimo testo e regolamen- to contrattuale”, con la conseguenza che non sarebbe possibile prescindere “dall’osservanza della disciplina contenuta nell’art. 1326 c.c.”.
49 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 472.
posto nella dovuta luce, quale passaggio logico-giuridico fondamentale per una soluzione coerente del problema (50). Da un lato, il dato relativo alla predisposizione unilaterale del testo del contratto quadro consente di supe- rare il problema dell’imputazione, portando a ritenere comunque riferibile alla banca il testo negoziale; dall’altro lato, la prospettiva funzionale consente di superare il problema della forma, che non dovrà necessariamente sostanziarsi in una scrittura privata ex art. 2702 c.c. (che richiede, strutturalmente, la sot- toscrizione di tutte le parti). Ciò in quanto l’art. 23 TUF, nell’imporre la re- dazione per iscritto di un contratto che – nel sistema codicistico – sarebbe a forma libera, persegue l’obiettivo primario della riduzione dell’asimmetria informativa che connota la posizione del cliente: se questo è lo scopo della norma, la sottoscrizione dell’intermediario non svolge, evidentemente, alcu- na specifica funzione.
Nell’ambito del presente studio non si intende, peraltro, il contratto quadro alla stregua di una semplice forma-modulo: esso è anche regolamen- tazione del rapporto di investimento e delle condizioni a questo applicabili, in vista della successiva esecuzione dei singoli ordini. Parimenti, non si può ignorare che, in base all’art. 23 TUF, il contratto quadro di investimento è pur sempre un contratto a forma vincolata (anche se non nella classica con- figurazione della forma ad substantiam), sicché il consenso di entrambe le parti deve comunque ricavarsi entro il perimetro del documento.
Ecco allora che la valorizzazione, da un lato, della formazione del contratto secondo il modello di cui all’art. 1341 c.c., e, d’altro lato, dello specifico scopo perseguito dalla “forma di protezione”, consente di perve- nire a una soluzione soddisfacente del problema. La ratio dell’art. 23 TUF permette di ritenere legittimamente superato, in subiecta materia, il tradiziona-
50 X. XXXXXXXX, Forma, firma, informazione (il contratto come stabile contenitore di istruzioni), cit.
le convincimento secondo cui il vincolo di forma debba necessariamente essere assolto mediante la sottoscrizione bilaterale di una scrittura privata; al contempo, la predisposizione unilaterale del testo del contratto consente comunque di attribuirne la paternità alla banca, senza dover ricercare il con- senso di quest’ultima in dati esterni al documento scritto (e sottoscritto dal cliente).
6. Il panorama giurisprudenziale e dottrinale
Così delineata l’impostazione che risulta, ad avviso dello scrivente, preferibile nell’approccio al tema in esame, occorre dare atto dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza e della discussione sviluppa- tasi in dottrina al riguardo.
Un primo indirizzo della Cassazione ha ritenuto sufficiente a perfe- zionare il contratto quadro, pur in assenza della sottoscrizione della banca, una condotta di quest’ultima tale da manifestare inequivocabilmente la vo- lontà di avvalersi del contratto medesimo, come l’esecuzione degli ordini e la comunicazione degli estratti conto; e, in ogni caso, la produzione in giu- dizio del documento sottoscritto dall’altra parte, quale equivalente della sot- toscrizione mancante (51).
Nel 2016, la Sezione I civile della Suprema Corte si è espressa in senso diametralmente opposto, ritenendo che i comportamenti concludenti della banca, ancorché documentati per iscritto, non possano determinare il per- fezionamento del contratto nel rispetto della forma scritta ad substantiam; quanto alla produzione in giudizio, da parte dell’intermediario, della copia sottoscritta dal cliente, i giudicanti della Sezione I hanno affermato che essa
51 Cass. 22 marzo 2012, n. 4564, in Giust. civ. Mass., 2012, 3, 380; Cass. 7 settembre 2015, n. 17740, in De Jure.
determina il perfezionamento del contratto non già ex tunc, ma solo ex nunc, risultando di conseguenza inidonea a giustificare i precedenti ordini di ac- quisto di titoli. Su tali presupposti, la Cassazione ha sancito la nullità, per mancanza della forma richiesta dall’art. 23 T.U.F., del contratto quadro di investimento di cui risulti prodotto in giudizio unicamente un esemplare sottoscritto dall’investitore (52).
Tale orientamento registrava diversi precedenti nella giurisprudenza di merito (53); non sono peraltro mancate numerose decisioni – sia precedenti, sia successive all’orientamento manifestato dalla Suprema Corte nel 2016 – secondo cui, stante l’esigenza di protezione sottesa al vincolo formale di cui all’art. 23 TUF, dovrebbe ritenersi che il requisito della forma scritta sia soddisfatto anche se il contratto risulta sottoscritto dal solo cliente (54).
52 Cass. 24 marzo 2016, n. 5919; Cass. 11 aprile 2016, n. 7068; Cass. 27 aprile 2016, n. 8395, tutte in Corr. Giur., 2016, p. 1110 ss., con nota di X. XXXXX, Conclusione del contratto e formalismo di protezione nei servizi di investimento; nonché in Contratti, 2016, p. 1089 ss., con nota di commen- to dello scrivente, Nullità del contratto quadro di investimento per difetto di sottoscrizione dell’intermediario e abuso del diritto, ove si è osservato come la rigorosa interpretazione della Su- prema Corte, sebbene coerente con i consolidati principi che regolano il perfezionamento dei contratti formali e perciò condivisibile – laddove ha escluso la conclusione “formale” del con- tratto quadro mediante comportamenti concludenti, così come il perfezionamento con effetti ex tunc per effetto della produzione in giudizio –, non abbia considerato il dato relativo alla predisposizione unilaterale del contratto, né la funzione essenzialmente informativa del requi- sito di forma, che potrebbero indurre a ritenere sufficiente la sottoscrizione apposta dal solo cliente.
53 Trib. Venezia, 8 novembre 2007, in Giur. it., 2008, p. 2235; Trib. Mantova, 22 gennaio 2009, in xxxxxx.xx; Trib. Torino, 29 settembre 2009, ivi; Trib. Verona, 17 aprile 2009, ivi; Trib. Rimini, 4 marzo 2010, ivi; Trib. Padova, 11 febbraio 2010, ivi; Trib. Torino, 5 gennaio 2010, ivi; Trib.
Trento, 22 gennaio 2010, ivi; Trib. Rimini, 12 ottobre 2010, in Corr. merito, 2011, 2, 19; App.
Torino, 23 dicembre 2011, ivi; Trib. Parma, 4 maggio 2011, in Giur. it., 2012, p. 515 ss.; Trib.
Rimini, 2 luglio 2012, in Contratti, 2012, p. 829 ss.; App. Bologna, 14 maggio 2015, in xxxxxx.xx;
Trib. Napoli, 24 febbraio 2015 e 22 gennaio 2015, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, p. 16 ss; Trib.
Milano, 29 aprile 2019, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, p. 282 ss.
54 Cfr., in particolare, Trib. Milano, 16 novembre 2011, in De Jure, secondo cui la necessità del- la sottoscrizione da parte del funzionario della banca “costituirebbe un formalismo vacuo ed inutile”; Trib. Torino, 23 novembre 2009, in Giur. it., 2010, p. 605 ss.; Trib. Roma, 4 febbraio 2001, in xxxxxx.xx; Trib. Milano, 21 febbraio 2012, ivi; App. Torino, 16 marzo 2012, ivi; Trib.
Con quattro distinte ordinanze (55), la Sezione I civile della Cassazione
– approcciando il problema da una prospettiva differente rispetto a quella adottata dalla medesima Sezione con le pronunce sopra ricordate – ha ri- messo le cause ad essa sottoposte al Primo Presidente della Suprema Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, con riferimento alla que- stione di massima di particolare importanza legata alla validità del contratto quadro sottoscritto dal solo cliente, e – in caso di mancanza della forma prescritta dalla legge – all’ammissibilità del c.d. uso selettivo della nullità, che si sostanzia nella contestazione delle sole operazioni di investimento dall’esito sfavorevole, al fine di lasciare fermi gli esiti degli investimenti da cui si è invece tratto un profitto (56).
La Sezione rimettente muove dal rilievo per cui “non tutte le prescri- zioni di forma sono uguali. Se la forma ad substantiam, nella sua solennità propria degli scambi immobiliari tipici dell’economia fondiaria, funge,
Venezia, 7 dicembre 2012, ivi; App. Torino, 3 aprile 2012, ivi; Trib. Milano, 12 novembre 2013, in Nuova giur. civ. comm., 2014, p. 854 ss.; Trib. Venezia, 8 luglio 2013, in Foro It., 2013, I, 3606; Trib. Catania, 27 gennaio 2015, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, p. 17 ss.; Trib. Torino, 20 gennaio 2016, in De Jure; Trib. Milano, 6 maggio 2016, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; Trib. Padova, 29 maggio 2016, in ivi; Trib. Parma, 27 giugno 2016, ivi; Trib. Torino, 5 luglio 2016, ivi; Xxx. Xx- xxxxx, 00 xxxxxx 0000, xx Xx Xxxx; App. Venezia, 3 novembre 2016, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; App. Napoli, 28 dicembre 2016, in xxxxxx.xx; Trib. Roma, 4 maggio 2017, ivi.
55 Cass., ord. 27 aprile 2017, n. 10447, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, p. 543 ss., con note di
X. XXXXX, Una pura formalità. Dalla struttura alla funzione del neo-formalismo contrattuale, e di M. GI- ROLAMI, Contratti di investimento non sottoscritti dall’intermediario: la parola alle Sezioni Unite; in Nuova giur. civ. comm., 2017, p. 1363 ss., con nota di X. XXXXXXXXX, La forma del contratto quadro di inve- stimento: la parola alle Sezioni Unite; in Contratti, 2017, p. 393 ss., con nota di X. XXXXXXX, La for- ma responsabile verso le Sezioni Unite: nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca; in Società, 2017, p. 1243 ss., con nota di X. XXXXXXX, Rimessa alle Sezioni Unite la questione della nullità del contratto di investimento firmato dal solo cliente.
Di poco successive sono le tre analoghe ordinanze di rimessione del 17 maggio 2017, n. 12388, n. 12389 e n. 12390, quest’ultima in Banca, borsa, tit. cred., 2017, p. 828 ss., con nota di
X. Xxxxxxxx, Nullità di protezione e nullità “selettive”. A proposito dell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite n. 12390/2017.
56 Sul punto ci si soffermerà ampiamente infra, nel capitolo III.
nell’ambito dei rapporti paritari, da criterio d’imputazione della dichiarazio- ne, oltre che servire a favorire – a tutela di entrambi i contraenti – i ‘beni’ della chiarezza nei contenuti, della ponderazione per l’impegno assunto e della serietà dell’accordo … laddove le parti non si trovino su di un piano di parità perché si ravvisa una ‘parte debole’ del rapporto, a scongiurare il ri- schio della insufficiente riflessione o dell’approfittamento ad opera dell’altro contraente interviene … la forma, o formalità ‘di protezione’: il cui fine pre- cipuo è proprio quello di proteggere lo specifico interesse del contraente ‘debole’ a comprendere ed essere puntualmente e compiutamente informa- to su tutti gli aspetti della vicenda contrattuale”.
In detta situazione, la prospettiva da valorizzare – ad avviso della Su- prema Corte – è quella della funzione del formalismo: se infatti la nullità ex art. 23 TUF “è funzionale in primis alla tutela della più ampia informazione dell’investitore … tanto da presentare rilevanti differenze di disciplina ri- spetto alla nullità del codice civile, tutte le prescrizioni da essa presidiate vanno intese in tale logica: la quale deve guidare, dunque, anche la valuta- zione sul punto se il cliente sarebbe pregiudicato, nella sua completa e con- sapevole autodeterminazione, dalla mancanza di firma della banca sul con- tratto-quadro”.
Da questo angolo visuale, “potrebbe reputarsi adempiere al requisito della forma scritta, prevista a pena di nullità dall’art. 23 cit., la sottoscrizio- ne, da parte del cliente, del modulo contrattuale contenente il contratto- quadro. La cd. forma informativa sarebbe quindi rispettata, perché soddi- sfatto è l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata. L’altra parte del rapporto, ovvero l’intermediario fi- nanziario, è il soggetto predisponente le condizioni generali di contratto, cui l’investitore aderisce: intermediario per il quale nessuna di dette esigenze si
rinviene. Di qui, il rilievo che la sottoscrizione della banca, a differenza di quella dell’investitore, non occorra, affinché il contratto sia perfetto: l’una volontà deve essere manifestata per iscritto ad substantiam, l’altra in ogni forma consentita dall’ordinamento … Il consenso della banca, pur necessa- rio trattandosi di un contratto, potrebbe dunque rivestire anche altre forme di manifestazione della volontà: di cui talune – quali la predisposizione del testo contrattuale, la raccolta della sottoscrizione del cliente, la consegna del documento negoziale o l’esecuzione del contratto medesimo ex art. 1327
c.c. – a valere quali comportamenti concludenti, idonei a rivelare, anche in via presuntiva, l’esistenza dell’originario consenso” (57).
A seguito dell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, si è acceso il dibattito nella dottrina, che – pur con le sfumature delle singole interpreta- zioni, di cui si darà atto nel prosieguo – si è divisa in due fronti contrappo- sti: quello conservatore, maggioritario, e quello più liberale e innovativo.
L’orientamento più tradizionale muove dall’assunto per cui il requisito della forma scritta potrebbe ritenersi soddisfatto unicamente mediante la sottoscrizione bilaterale di una scrittura privata ex art. 2702 c.c. Si sostiene così, con varietà di argomentazioni, che, in assenza di una deroga espressa, anche nell’ambito dei contratti bancari e finanziari – e, più in generale, dei contratti asimmetrici – la sottoscrizione di una sola parte, nella specie quella del contraente “debole”, non sia sufficiente al fine dell’assolvimento del vincolo di forma, con conseguente nullità del contratto per mancanza del relativo requisito strutturale (58).
57 Cass., ord. 27 aprile 2017, n. 10447, cit.
58 X. XXXXX, Una pura formalità. Dalla struttura alla funzione del neo-formalismo contrattuale, cit.; X. XXXXXXXX, Contratti di investimento non sottoscritti dall’intermediario: la parola alle Sezioni Unite, cit.;
X. XXXXXXXXX, La forma del contratto quadro di investimento: la parola alle Sezioni Unite, cit.; S. PA- GLIANTINI, Usi (ed abusi) di una concezione teleologica della forma: a proposito dei contratti bancari cc.dd. monofirma (tra legalità del caso e creatività giurisprudenziale), in Contratti, 2017, p. 679 ss.; D. MAF-
Secondo altra parte della dottrina, nei contratti connotati da asimme- tria informativa e di potere contrattuale il requisito di forma imposto dalla legge andrebbe letto in un’ottica funzionale, che consenta di valorizzare la ratio della forma, il cui fine precipuo è proteggere l’interesse del contraente debole a essere compiutamente informato; in tale prospettiva, la sottoscri- zione del contraente forte non assolverebbe alcuna specifica funzione, po- tendo perciò il consenso di detta parte risultare anche da altri elementi (59).
Ad accentuare un dibattito dottrinale già particolarmente intenso è in- tervenuta, con effetto dirompente, la decisione delle Sezioni Unite.
7. La lettura funzionale delle Sezioni Unite
Per un miglior inquadramento della questione di diritto oggetto della pronuncia delle Sezioni Unite (60), si rende anzitutto opportuna una – sep- pur sintetica – descrizione dei fatti di causa.
FEIS, La forma responsabile verso le Sezioni Unite: nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca, cit.; X. XXXXXXXXX, Un’ordinanza passatista (sulla forma dei contratti del comparto finanziario), in Riv. dir. banc., 2017, p. 51 ss.; X. XXXXXXX, Rimessa alle Sezioni Unite la questione della nullità del contratto di investimento firmato dal solo cliente, cit.; X. XXXXXXX, Neoformalismo negoziale di “protezione” e struttura della fattispecie contrattuale, in Contr. e impr., 2016, p. 1463 ss.; X. XX XXXXX, Sottoscrizione e “forma informativa” nei contratti del mercato finanziario, in Riv. dir. banc., 2017, p. 1 ss.; ID., La “forma informativa” ed “il potere dell’impresa di co- mandare il mercato”: a margine di Cass., ord., 27 aprile 2017 n. 10447 sul c.d. contratto monofirma, in xxxxxx.xx; X. XXXXXX, La nullità del contratto quadro d’investimento per difetto di sottoscrizione dell’intermediario tra vestimentum negotii, “forma informativa” e uso selettivo del rimedio di protezione. Aspettando le Sezioni Unite, in Riv. dir. banc. e merc. fin., 2017, p. 563 ss.
59 X. XXXXX DE MARINIS, La forma del contratto nel sistema di tutela del contraente debole, cit.; X. XXXXXX, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, cit.; ID., Il volto crudele, ma autentico, del “neoformalismo informativo”, cit.; X. XX XXXX, L’analisi funzionale della forma, Milano, 2011; E. TOSI, Forma informativa nei contratti asimmetrici, cit.
60 Cass. Sez. Un., 16 gennaio 2018, n. 898 (Pres. Rordorf, Rel. Di Xxxxxxxx), in Contratti, 2018,
p. 133 ss., con note di X. X’XXXXX, La “forma” del contratto-quadro ex art. 23 T.U.F. non è prescrit- ta ad substantiam actus; X. XXXXXXXXXXX, Forma o modalità di un’informazione materializzata? Le SS.UU. ed una interpretazione normalizzatrice dell’art. 23 T.U.F.; X. XXXXXXXXX, Nota breve a margi- ne di Sezioni Unite 16 gennaio 2018, n. 898; in Giur. it., 2018, p. 568 ss., con note di A. DI MAJO, Contratto di investimento mobiliare: il “balletto” delle forme; X. XXXXXXX, La forma dei contratti quadro
Nella fattispecie sottoposta all’esame della Suprema Corte, due inve- stitori avevano conferito mandato a una banca per la negoziazione di stru- menti finanziari, sottoscrivendo ordini di acquisto di obbligazioni della Re- pubblica Argentina, successivamente colpite dal default del Paese sudameri- xxxx. Gli investitori avevano quindi agito in giudizio chiedendo la dichiara- zione di nullità delle operazioni di investimento, in quanto il relativo con- tratto quadro non recava la sottoscrizione dell’intermediario e, pertanto, doveva ritenersi nullo per mancanza della forma prescritta dall’art. 23 TUF.
Il Tribunale di Milano aveva rigettato le domande degli attori, rilevan- do che la forma scritta prevista dalla predetta norma sarebbe unicamente volta a proteggere l’investitore, non ravvisandosi analoghe esigenze di tutela in capo alla banca, la cui sottoscrizione non sarebbe dunque necessaria.
La Corte d’Appello di Milano, in integrale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato la nullità del contratto quadro e delle opera- zioni di investimento, affermando che detto contratto non potrebbe rite- nersi un mero documento informativo destinato a rendere edotto il cliente delle condizioni che la banca intende applicare, ma costituirebbe un vero e proprio accordo, per il cui perfezionamento non sarebbe sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore. Né, secondo la Corte territoriale, il contratto
di investimento: il responso delle Sezioni Unite; X. XXXXXXX, Il contratto monofirma: forma del contratto e nullità di protezione; in Società, 2018, p. 481 ss., con nota di X. XXXXXX, Una decisione non formalisti- ca sulla forma: per le Sezioni Unite il contratto quadro scritto, ma non sottoscritto da entrambe le parti è vali- do; in Foro it., 2018, 3, I, 928, con note di C. MEDICI, Contratti di investimento monofirma: l’avallo delle Sezioni Unite; X. XXXXXX, Il volto crudele, ma autentico, del “neoformalismo informativo”, ivi, 2018, 4, I, 1283; in Nuova giur. civ. comm., 2018, p. 658 ss., con nota di X. XXXXXXXXXXX, La forma dei contratti di investimento nel canone delle Sezioni Unite: oltre il contratto “monofirma”; in Banca, borsa, tit. cred., 2018, p. 275 ss., con note di X. XXXXXX, Le Sezioni Unite e il contratto c.d. mono-firma; M.L. CHIARELLA, Le Sezioni Unite e l’essenza della forma nei contratti-quadro d’investimento; in Corr. giur., 2018, p. 929 ss., con nota di X. XXXXXXXX, Le Sezioni Unite sui contratti cc.dd. monofirma: la forma dei contratti asimmetrici.
Di qualche giorno successiva è l’identica decisione di Xxxx. Sez. Un., 23 gennaio 2018, n. 1653, (Pres. Rordorf, Rel. Di Xxxxxxxx), in De Jure.
quadro potrebbe ritenersi validamente concluso per adesione, o per facta con- cludentia in forza degli ordini impartiti dall’investitore e delle comunicazioni inviate dalla banca, restando irrilevanti le manifestazioni di volontà desumi- bili da comportamenti attuativi successivi.
Investita della questione a seguito del ricorso della banca, la Sezione I civile della Suprema Corte ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, trattandosi di questione di mas- sima di particolare importanza ex art. 374, comma 2, c.p.c.
Le Sezioni Unite hanno accolto il ricorso della banca, ritenendo valido il contratto quadro di investimento nonostante lo stesso risultasse sotto- scritto solo dai clienti.
La Suprema Corte muove dalla valorizzazione della ratio dell’art. 23 TUF, rilevando anzitutto che “la nullità per difetto di forma è posta nell’interesse del cliente, così come è a tutela di questi la previsione della consegna del contratto”; pertanto, “il vincolo di forma imposto dal legisla- tore … va inteso … secondo quella che è la funzione propria della norma”.
Se dunque “il requisito della forma ex art. 1325 x.x., x. 0, xx inteso nel- la specie non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità propria della normativa, ne consegue che il contratto-quadro deve essere redatto per iscritto, che per il suo perfezionamento deve essere sottoscritto dall’investitore, e che a questi deve essere consegnato un esemplare del con- tratto, potendo risultare il consenso della banca a mezzo dei comportamenti concludenti”.
Ciò in quanto “reso certo il raggiungimento dello scopo normativo con la sottoscrizione del cliente sul modulo contrattuale predisposto dall’intermediario e la consegna dell’esemplare della scrittura in oggetto”, la
sottoscrizione da parte del funzionario della banca “non verrebbe a svolgere alcuna specifica funzione”.
Secondo le Sezioni Unite, tali conclusioni risultano altresì coerenti con il principio di proporzionalità, consentendo di evitare una sanzione – quella della nullità del contratto quadro – “sproporzionat[a] rispetto alla funzione a cui la forma è qui preordinata”. Invero, mediante un opportuno bilancia- mento degli interessi in gioco, “ove venga istituita dal legislatore una nullità relativa, come tale intesa a proteggere in via diretta ed immediata non un in- teresse generale, ma anzitutto l’interesse particolare, l’interprete deve essere attento a circoscrivere l’ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui viene davvero coinvolto l’interesse protetto dalla nullità, determinandosi altrimen- ti conseguenze distorte o anche opportunistiche”.
All’esito del predetto iter argomentativo, le Sezioni Unite hanno enun- ciato il principio di diritto secondo cui “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per i- scritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di com- portamenti concludenti dallo stesso tenuti” (61).
61 Successivamente alla pronuncia delle Sezioni Unite, la Suprema Corte (Cass. 4 giugno 2018,
n. 14243, cit.), rilevata la “corrispondenza degli elementi normativi” di cui all’art. 23 TUF e quelli di cui all’art. 117 TUB, ha ritenuto che sia “possibile cogliere anche nei contratti bancari una scelta legislativa che è chiaramente orientata a favorire, attraverso la previsione del requi- sito formale, la più estesa ed approfondita conoscenza, da parte del cliente, del contenuto del regolamento contrattuale predisposto dalla controparte e a cui lo stesso si accinge ad aderire. Sicché pure in tema di contratti bancari pare spendibile la conclusione cui pervengono le Se- zioni Unite allorquando evidenziano come il dato della sottoscrizione dell’intermediario risulti ‘assorbito’, quindi privo di rilievo, una volta che lo scopo perseguito dalla legge sia raggiunto attraverso la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del cliente e la consegna, a quest’ultimo, di un esemplare del documento medesimo”. La Cassazione ha concluso che “il contratto bancario non esige, dunque, la sottoscrizione del cliente per il suo valido perfezio-