COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia (MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SPENNACCHIO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) XXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) LUCCHINI GUASTALLA
Nella seduta del 24/02/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia origina dall’inadempimento parziale del fornitore di cure mediche finanziate con contratto di credito al consumo stipulato dal ricorrente con l’intermediario convenuto.
Più precisamente, in data 27/06/2013, il ricorrente stipulava con l’odierna convenuta un contratto di credito al consumo, finalizzato al finanziamento di cure dentistiche, per l’importo di € 14.000,00.
Nell’aprile 2014, inoltrava al centro medico fornitore della prestazione una raccomandata in cui segnalava l’inadempienza alle cure preventivate, sollecitando una soluzione tempestiva; la raccomandata tornava al mittente per compiuta giacenza.
Il ricorrente ha rappresentato che:
- il centro medico non ha ultimato le cure dentistiche preventivate, causandogli problemi alla salute;
- si tratta di “palese inadempimento del fornitore”, quale previsto dall’art. 10 delle condizioni generali del contratto di prestito.
Il ricorrente ha chiesto all’ABF “la restituzione di quanto […] versato e l’annullamento del contratto di finanziamento come previsto dal TUB […] e dall’articolo 1455 del Codice Civile”.
Nelle proprie controdeduzioni, l’intermediario ha riepilogato i fatti all’origine della controversia ed ha successivamente eccepito l’inammissibilità del ricorso, in quanto fondato sull’inadempimento di un soggetto, il fornitore del servizio finanziato, che non è parte dell’odierno procedimento.
Nel merito, la parte resistente ha osservato quanto segue:
- non è provato né l’inadempimento del fornitore, né la sua gravità ai sensi dell’art. 1455 C.C.;
- dall’esposto inviato alla Procura della Repubblica risulta, invece, che una parte delle cure dentistiche sono state prestate;
- si tratta, dunque, di un inadempimento parziale, non “così grave da portare alla risoluzione del contratto di finanziamento ed alla restituzione delle rate pagate dal [cliente]”;
- la resistente stessa conserva, pertanto, il proprio diritto di credito fino a quando l’istante non avrà ottenuto, in contraddittorio con il centro medico, una pronuncia risolutiva del contratto di fornitura delle cure dentistiche e del contratto di prestito in questione, essendo comunque “disponibile a ridurre l’ammontare del finanziamento in misura pari al valore delle cure di cui il [ricorrente] ha beneficiato, previa [sua] quantificazione”.
La convenuta ha chiesto all’ABF, in via preliminare, di dichiarare l’inammissibilità del ricorso per le ragioni dedotte in narrativa; in subordine, di rigettare il ricorso, ribadendo la propria disponibilità alla riduzione proporzionale dell’ammontare del finanziamento.
Il ricorrente ha replicato che:
- pur avendo ricevuto parzialmente le cure dentistiche preventivate, “per mancanza di assistenza successiva e conseguentemente per il deteriorarsi dei materiali provvisori [è] stato costretto […] a rivolger[si] ad altro specialista” con i conseguenti oneri economici;
- non gli è stata fornita la protesi dentaria definitiva del valore di € 6.000,00 al netto dell’IVA.
DIRITTO
La questione che questo Collegio deve affrontare per la soluzione del caso in esame riguarda gli effetti dell’inadempimento dell’obbligo di consegna del bene/esecuzione del servizio da parte del fornitore, quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di finanziamento tra l’intermediario resistente e il ricorrente, in qualità di consumatore, finalizzato all’acquisto del bene o del servizio medesimo.
In merito alla vicenda all’origine della presente vertenza, pare utile, ai fini della decisione, rammentare i seguenti aspetti.
Il ricorso verte su un contratto di credito finalizzato a finanziare la prestazione di cure mediche (nello specifico, dentistiche).
Dalla documentazione acclusa al ricorso risulta che:
- in data 25/06/2013, l’istante ha presentato alla finanziaria convenuta, per il tramite del fornitore convenzionato, una richiesta di prestito finalizzato dell’importo di € 14.000,00.
Nel modulo, a mani dell’istante, è indicato l’importo totale dovuto dal cliente, pari ad € 15.413,06, da rimborsare in numero 48 rate mensili dell’importo di € 319,25 ciascuna (oltre ad € 1,30 per spese di incasso).
Nello stesso modulo, contenente le “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori” non constano i dati del fornitore, né l’apposizione del timbro e della firma di tale soggetto. La finanziaria ha accettato la richiesta di finanziamento con missiva del 27/06/2013, ove sono riportati il nominativo del fornitore convenzionato e la decorrenza della prima rata (15/07/2013);
- l’art. 10 delle condizioni generali del contratto regola come segue il caso di inadempimento del fornitore:
Il ricorrente lamenta il parziale inadempimento del centro medico. In sede di replica, precisa di non aver ricevuto una protesi dentaria del costo di € 6.000,00 al netto dell’IVA, essendo stato costretto a rivolgersi ad altro specialista per completare le cure.
La sua domanda di “annullamento del contratto come previsto dal TUB”, con restituzione di quanto versato, è formulata espressamente ai sensi della clausola 10 sopra richiamata e, quindi, va più esattamente qualificata come domanda di risoluzione del contratto di credito ex art. 125 quinquies T.U.B.
Xxxx atti consta la missiva di messa in mora del fornitore, tale potendo essere intesa la lettera del 04/03/2014, tornata al mittente per compiuta giacenza.
L’intermediario eccepisce, nel merito, che l’inadempimento contestato, essendo parziale, non rivestirebbe la gravità richiesta dall’art. 1455 C.C., per dare luogo alla risoluzione del contratto di finanziamento di cui in controversia. Richiama, al riguardo, l’esposto alla Procura della Repubblica avanzato dal ricorrente, non versato agli atti.
La parte resistente si dichiara, comunque, disponibile alla riduzione dell’ammontare del finanziamento in misura pari al valore delle cure mediche fornite all’istante, “previa quantificazione da parte del cliente” medesimo.
Tanto premesso, e prima di esaminare nel merito la decisione, va preliminarmente sottolineato che l’eccezione in rito sollevata dalla parte resistente si rivela totalmente infondata. Infatti, come già si è avuto occasione di rilevare (cfr. pronuncia n. 6317/2014), “non è chiaro [...] quale sia la causa che renderebbe inammissibile il ricorso. Né essa potrebbe – come sembra adombrarsi – essere connessa alla mancata chiamata in giudizio del [prestatore del servizio], il quale, non soltanto non si configura quale litisconsorte necessario, ma è anche estraneo al rapporto bancario il quale segna il perimetro della competenza ratione materiae di questo Collegio”.
Ciò chiarito, deve ora essere richiamata la normativa applicabile ratione temporis al caso all’origine della presente vertenza, ovvero l’art. 125-quinquies (Inadempimento del fornitore) del TUB, introdotto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 141, attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993), in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, pubblicato sulla G.U. n. 207 del 04/09/2010 ed in vigore dal 19/09/2010.
Secondo quanto dispone il menzionato art. 125-quinquies del TUB, infatti, “Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso […]”.
Premesso che, nel caso di specie, l’inadempimento del fornitore può sicuramente dirsi conclamato e irreversibile, deve, in questa sede, unicamente valutarsi se tale inadempimento rivesta o meno gli estremi della “non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse” della parte non inadempiente cui fa espresso riferimento l’art. 1455 cod. civ. E’ noto che l’orientamento prevalente della giurisprudenza insegna che tale valutazione debba essere operata applicando contestualmente sia un parametro soggettivo, sia un parametro oggettivo; infatti, come ancora piuttosto recentemente è stato sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, “in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, lo scioglimento dell’accordo contrattuale, quando non opera di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva che presuppone da parte del giudicante la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte; tale valutazione viene operata alla stregua di un duplice criterio: in primo luogo, il giudice, applicando un parametro oggettivo, deve verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; nell’applicare il criterio soggettivo, invece, il giudicante deve considerare il comportamento di entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (così, testualmente, Xxxx., 18/02/2008, n. 3954).
Ebbene, considerando nel suo complesso l’oggetto del contratto stipulato tra il fornitore e
l’odierno ricorrente, sia sotto il profilo della composizione dei servizi oggetto del contratto, sia sotto il profilo del loro valore, deve concludersi che l’adempimento parziale del fornitore non è, comunque, idoneo a far assumere all’inadempimento quella “scarsa importanza”, idonea ad impedire la realizzazione dell’effetto risolutorio.
Nel caso che ne occupa, tuttavia, la parte ricorrente risulta aver usufruito regolarmente di parte delle cure odontoiatriche programmate, lamentandosi unicamente di non aver ricevuto una protesi dentaria del valore di € 6.000,00.
Da ciò discende che, con riferimento alla prestazione rimasta ancora ineseguita, le rate (eventualmente) pagate e quella ancora da corrispondere all’intermediario, essendo collegate ad una prestazione (seppure parzialmente) non eseguita da parte del fornitore
del bene o del servizio, risultano (per la corrispondente parte) non dovute per difetto funzionale del sinallagma contrattuale.
Ora, come anche in altre occasioni, si è avuto modo di sottolineare, nel caso di adempimento parziale dei beni o del servizio da parte del fornitore, può ammettersi una pronuncia di risoluzione parziale del contratto di fornitura e del relativo contratto di finanziamento.
Ciò premesso, in applicazione dell’art. 125-quinquies T.U.B., il Collegio riconosce che la parziale risoluzione del contratto di fornitura comporta la parziale risoluzione del contratto di finanziamento (per la parte eccedente la somma capitale di € 8.000,00).
La parziale risoluzione del contratto di finanziamento comporta che la società resistente debba procedere a riformulare il piano di rimborso, detraendo dall’ammontare del credito complessivo l’importo corrispondente al valore del servizio per il quale è accertato l’inadempimento (Euro 6.000,00), tenendo conto, altresì, della conseguente diversa imputazione delle rate eventualmente già pagate.
La relativa istanza merita, dunque, di essere accolta nei limiti appena illustrati.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e accerta che il ricorrente non deve versare all’intermediario la somma eccedente € 8.000,00, disponendo che quest’ultimo provveda a riformulare di conseguenza il piano di rimborso.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1