DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
LIBERA UNIVERSITA’ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI
2017/2018
TESI IN DIRITTO DELLE SOCIETA’
TITOLO
Gli Obblighi di Informazione Societaria nelle Società Quotate Italiane: Comparazione con l’Ordinamento Inglese
RELATORE: CANDIDATO:
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Matr: 123963
CORRELATORE:
Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxx
“Datemi un microfono… vi solleverò il mondo” Xxxxxxx Xxxxxx
A mio nonno, educatore e maestro,
fonte inesauribile di saggezza, formante unico della mia personalità.
RINGRAZIAMENTI
Un lavoro di ricerca richiede concentrazione, impegno e dedizione quotidiani, in tale sede voglio, dunque, ringraziare tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito a supportarmi nel mio percorso di studi sia dal punto di vista accademico, sia dal punto di vista umano.
Un preliminare ringraziamento è d’obbligo nei confronti dei miei genitori, Xxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx, i quali hanno, in primo luogo, contribuito alla mia formazione consentendomi di frequentare, da fuori sede, una prestigiosa università come la LUISS. Mia madre, inoltre, è sempre stata particolarmente vicina al mio percorso di studi, stante la sua professione di avvocato. Pertanto, sono stati frequenti i momenti di confronto su svariate questioni giuridiche in questi anni. Fondamentale è stata, poi, la sua presenza a livello umano e materno, anche a distanza, nei momenti più importanti del mio percorso che in questa sede sta per concludersi. Sento, inoltre, la profonda necessità di ringraziare la mia compagna Xxxxxx Xxxxxx. Compagna di vita, di studi e “di casa”, donna al mio fianco sin dal primo anno di università che, con la sua estrema dolcezza e pazienza ha saputo consigliarmi, spronarmi e (in determinate circostanze) sopportarmi, in tutte le fondamentali fasi di vita e di studio di questi ultimi cinque anni.
Infine, un particolare ringraziamento è da riferire al mio relatore, il xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx. Egli ha sempre riposto particolare fiducia in me, assistendomi non solo per quanto concerne il lavoro di cui alla presente trattazione, bensì in numerose altre occasioni, in particolare connesse alle esperienze di studio internazionali. La Sua notevole precisione e tempestività nell’assistenza prestatami nell’attività di ricerca (anche con l’ausilio della collaboratrice dott.ssa Xxxxxxx Xxxxx che ringrazio), nonostante i suoi numerosi impegni accademici e lavorativi, è stata da me sommamente apprezzata, in quanto mi ha consentito di svolgere il presente lavoro in assoluta serenità e tranquillità.
INDICE
Note Introduttive 1
Capitolo 1
La Ratio della Disciplina Speciale
− | Introduzione; | 5 |
− | Parte 1: La Ratio di una Disciplina Speciale | 7 |
I. L’Investitore come “Contraente Debole” | 7 | |
II. La Tutela del Corretto funzionamento del Mercato in Generale | 10 | |
III. La Tutela dell’Ordine Pubblico | 13 | |
− | Parte 2: La Derivazione della Disciplina Speciale dal Diritto Comune | 15 |
I. L’offerta al Pubblico nel Diritto Comune | 15 | |
II. Confronto con le norme in materia di Prospetto, Art. 94 TUF | 17 | |
III. Gli Obblighi civilistici di Rendicontazione per gli | ||
amministratori di Società | 18 | |
IV. Confronto con le norme in materia di Comunicazioni al | ||
Pubblico, Art. 114 TUF | 21 | |
V. Informazione societaria e stakeholders | 25 | |
VI. (Segue) Confronto con la Disciplina Inglese | 26 | |
− | Conclusione. | 28 |
Capitolo 2
Le Norme del TUF sull’Informazione Societaria
− | Introduzione; | 31 |
− | Parte 1: L’Informazione Privilegiata | 33 |
I. La non-pubblicità dell’informazione | 35 | |
II. La precisione dell’informazione | 36 |
III. La price sensitivity dell’informazione 38
− | Parte 2: L’Informazione Continua, Art. 114 TUF | 40 |
I. Ambito Soggettivo di Applicazione | 41 | |
II. Ambito Oggettivo di Applicazione (rinvio) | 44 | |
III. La possibilità di ritardare la diffusione delle informazioni | 46 | |
IV. (segue) La Selective Disclosure | 48 | |
V. I poteri della CONSOB ex art. 114 comma 5 TUF | 51 | |
VI. (segue) Xxxxxxxxxx e coordinamento con gli obblighi ex art. | ||
114 comma 1 | 53 | |
− | Parte 3: Le Comunicazioni alla Consob. | 54 |
I. La Disciplina di cui all’art. 115 TUF | 54 | |
II. L’informazione sugli assetti proprietari, art. 120 TUF | 57 | |
− | Conclusione. | 59 |
Capitolo 3 | ||
La Tutela dell’Investitore e del Mercato | ||
Confronto con la Disciplina Inglese | ||
− | Introduzione; | 61 |
− | Parte 1: La Disciplina Nazionale | 62 |
I. I Poteri della CONSOB per la Vigilanza sugli Emittenti | 63 | |
II. (segue) La vigilanza informativa ed il controllo preventivo sui | ||
prospetti | 67 | |
III. (segue) La responsabilità della CONSOB per negligenza nella | ||
vigilanza | 70 | |
IV. La Responsabilità da Prospetto | 74 | |
V. (segue) La responsabilità degli amministratori non firmatari | 80 | |
VI. Le sanzioni amministrative | 81 | |
− | Parte 2: Un confronto con la Disciplina Inglese | 84 |
I. Il diritto comune inglese: Il “Leading Case” Caparo Industries | ||
plc x Xxxxxxx | 85 |
II. (segue) L’azione di risarcimento per diffusione di informazioni | ||
false o incomplete nel mercato | 88 | |
III. (segue) La responsabilità da prospetto e di rapporti con la | ||
common law | 90 | |
IV. La compensation via FCA action | 91 | |
V. Le sanzioni amministrative | 94 | |
− | Conclusione | 96 |
Capitolo 4
Limiti della disciplina e prospettive future
− Introduzione 99
I. Informazione Societaria e HFT, le criticità dell’innovazione tecnologica 99
II. Il rischio di information overload 101
III. Il piccolo investitore come destinatario del sistema: una
finalità utopistica 103
IV. Prospettive di sviluppo della disciplina 104
− Conclusione. 106
Note Conclusive 109
Bibliografia 115
Riferimenti Normativi 121
Giurisprudenza 125
NOTE INTRODUTTIVE
La trattazione si prefigge lo scopo di ricostruire, principalmente sotto il profilo logico e sistematico, la disciplina degli obblighi informativi gravanti sulle società quotate italiane.
L’analisi si concentra preminentemente sul diritto italiano e comunitario, con un confronto con l’ordinamento inglese limitatamente ad alcuni aspetti che, nell’opinione di chi scrive, sono maggiormente rappresentativi del diverso approccio approntato dall’ordinamento di common law rispetto all’ordinamento italiano. L’attività di ricerca relativa al diritto inglese ha avuto luogo principalmente in occasione dell’esperienza di studio all’estero (erasmus) svoltasi nel periodo tra settembre e dicembre 2018 presso l’University of East Anglia di Norwich in Inghilterra. In tale contesto è stato agevole confrontarsi direttamente con una tradizione giuridica, quella di common law, tanto diversa, sin dalle proprie premesse, con quella nazionale.
La scelta, tra gli ordinamenti di common law, dell’Inghilterra, piuttosto che dell’ordinamento statunitense, merita, tuttavia, una spiegazione. Infatti, operando una ricognizione della dottrina di settore, è evidente come il confronto venga normalmente operato con riguardo al diritto americano, particolarmente sviluppato e, spesso, preso a modello dallo stesso legislatore comunitario. La scelta, dunque, di operare un confronto con la cultura giuridica inglese, è in controtendenza, e principalmente deriva dalla volontà di analizzare un sistema giudico sì, molto distante dal nostro perché basato sulla common law, tuttavia, al tempo stesso, parte dell’Unione Europea, fonte da cui deriva la disciplina applicabile in tema di informazione societaria. La comparazione, dunque, si rivela particolarmente interessante considerando che, posti gli obbiettivi finali dal legislatore comunitario, l’ordinamento italiano e quello inglese, conformemente alle proprie tradizioni giuridiche e pur raggiungendo, di fatto, il medesimo obiettivo, percorrono vie differenti nell’integrare i comuni precetti di origine comunitaria. Ne deriva che,
come avremo modo compiutamente di vedere, i diversi formanti giuridici non possono che permanere e produrre effetti autonomi e caratterizzanti che, in particolare, si palesano evidenti nei profili di tutela degli investitori.
La trattazione si divide in tre macro-aree logiche corrispondenti con i tre principali capitoli. Nel primo viene svolta un’analisi circa la ratio del sistema di norme preposte all’informazione societaria. In particolare, il piccolo investitore- risparmiatore è al centro del sistema. Vengono, dunque, individuate tre principali finalità che il legislatore vuole perseguire, finalità che sono incredibilmente simili a tutte le normative tipicamente poste a protezione dei contraenti deboli. Mi riferisco, in particolare, al tentativo di ridurre l’asimmetria tra le parti (emittente e investitore), alla tutela del corretto funzionamento del mercato in generale ed alla tutela dell’ordine pubblico. Segue una disamina del processo evolutivo delle norme in esame prendendo a confronto i corrispettivi istituti di diritto comune, allo scopo di evidenziare, in applicazione delle finalità indicate, come il diritto comune venga plasmato in una disciplina speciale, comunque derivata.
Nel secondo capitolo, invece maggiormente compilativo, viene data contezza dell’attuale corpo di norme in tema di informazione societaria. Il primo riferimento sarà fatto alla complessa nozione di informazione privilegiata per poi proseguire nell’analisi delle norme in tema di informazione continua e delle comunicazioni alla CONSOB. In questa parte della tesi sono numerosi i richiami a considerazioni circa l’esigenza di bilanciare contrapposti interessi da parte del legislatore ed, in particolare, l’interesse dell’emittente alla riservatezza e dell’investitore alla più completa disclosure.
Nel terzo, nonché conclusivo, capitolo, infine, saranno analizzate tutte le forme di tutela previste dall’ordinamento per gli investitori lesi a seguito di informazioni false o incomplete diffuse sul mercato. L’analisi sarà svolta parallelamente con riguardo all’ordinamento italiano e all’ordinamento inglese che saranno opportunamente comparati evidenziando analogie e differenze tra i due sistemi. Con riguardo agli strumenti di tutela in ambito nazionale sarà data
particolare rilevanza ai poteri di vilanza della CONSOB e alle responsabilità derivanti dall’informativa di prospetto, nonché alle forme di tutela di natura pubblicistica connesse alla potestà sanzionatoria della CONSOB.
Quanto all’ordinamento inglese sarà svolta una ricognizione dei profili di responsabilità per negligenza derivanti dal diritto comune per violazione dei duties of care con analisi specifica del caso giurisprudenziale Caparo Industries PLC x. Xxxxxxx, la cui sentenza dell’House of Lords rappresenta, tuttora, legge applicabile nel Regno Unito.
Il diritto comune inglese, in verità non particolarmente di favore per l’investitore leso, sarà posto a confronto con la disciplina speciale di derivazione comunitaria. È in questo specifico ambito che il diritto inglese si è mostrato particolarmente innovativo con l’introduzione di strumenti di tutela ibridi (pubblico-privato) come la compensation via FCA action, estranei al nostro ordinamento. Particolarmente interessante sarà anche la comparazione riguardante le sanzioni amministrative le cui finalità differiscono notevolmente tra i due ordinamenti.
La parte conclusiva del terzo capitolo è, invece, dedicata agli aspetti di criticità di tutta la disciplina analizzata nella trattazione. In particolare, saranno oggetto di analisi alcune circostanze extra-giuridiche come gli effetti dell’avvento tecnologico sulle modalità di negoziazione dei titoli e la prassi in concreto seguita dagli operatori nel mercato.
La trattazione si concluderà con un breve commento circa l’effettivo raggiungimento, da parte del legislatore, delle finalità della stessa disciplina, nonché circa la necessità di innovare il settore con l’implementazione di alcune nuove soluzioni normative, anche alla luce dell’esperienza maturata in altri ordinamenti.
CAPITOLO 1
La Ratio della Disciplina Speciale
SOMMARIO: Introduzione; Parte 1: La Ratio di una Disciplina Speciale (I. L’Investitore come “Contraente Debole”; II. La Tutela del Corretto funzionamento del Mercato in Generale; III. La Tutela dell’Ordine Pubblico); Parte 2: La Derivazione della Disciplina Speciale dal Diritto Comune (I. L’offerta al Pubblico nel Diritto Comune; II. Confronto con le norme in materia di Prospetto, Art. 94 TUF; III. Gli Obblighi civilistici di Rendicontazione per gli amministratori di Società; IV. Confronto con le norme in materia di Comunicazioni al Pubblico, Art. 114 TUF; V. Informazione societaria e stakeholders; VI. (Segue) Confronto con la disciplina inglese); Conclusione.
Introduzione
Le scelte degli operatori sul mercato sono razionali e dunque sono necessariamente basate sulle informazioni di cui l’operatore medesimo dispone al momento del raggiungimento dell’accordo. Immaginando un’operazione economica particolarmente semplice, ad esempio un contratto di vendita al minuto, l’acquisizione delle informazioni rilevanti avviene mediante fisica ispezione di ciò che costituisce oggetto del contratto, nel nostro esempio, un qualunque prodotto. Partendo da queste premesse, si comprende il motivo per cui, in via generale, il diritto comune ed, in particolare, il diritto del contatti, presuppongono una parità di conoscenze tra i soggetti contraenti1. Questo approccio, che potremmo definire neo- classico, è immanente al codice civile e, contemporaneamente, essenza stessa del principio di autonomia contrattuale. Gli sviluppi successivi in dottrina, tuttavia, hanno confutato questo assioma, evidenziando come il principale elemento costituente il potere contrattuale in capo ad un soggetto, sia esattamente la sussistenza di un’asimmetria informativa tra le parti. Gli operatori, dunque, non si trovano in posizione di parità, ed il soggetto dotato di conoscenze inferiori
1 Xxxx Xxxxxxxxx X., “Profili di uno statuto dell’informazione economica e finanziaria” in Il diritto dell’informazione e dell’Informatica, 929-952, 2005.
razionalmente agirà con lo scopo di colmare la propria lacuna conoscitiva, acquisendo l’informazione da soggetti terzi. Tuttavia, il processo fisiologico di correzione dell’asimmetria, non sempre si attua spontaneamente. È in questo caso, dunque, che il legislatore interviene imponendo degli obblighi informativi volti a colmare il gap ed a ripristinare una parità che consenta al contraente di assumere una scelta razionale.
Il ragionamento esposto raggiunge il massimo grado di effettività qualora le attività economiche siano svolte nel contesto dei mercati finanziari. Il valore di un prodotto finanziario, infatti, dipende esclusivamente dalle informazioni disponibili presso il pubblico degli investitori. Oggetto del contratto è un’entità immateriale e futura di natura essenzialmente giuridica, riguardo la quale è radicalmente esclusa ogni possibilità di apprezzamento fisico e diretto2. Il mercato finanziario si potrebbe considerare come un agglomerato di ricchezza virtuale, e l’offerta di un prodotto finanziario, dunque, si inquadra come l’offerta di un’informazione di ricchezza futura, al momento inesistente3. È questa la ragione per cui l’aspetto dell’informazione diviene così rilevante: la sua assenza comporta l’impossibilità di una scelta razionale e l’invitabile trasformazione dell’investimento in attività di mera scommessa. In un contesto economico semplice, il mercato fisiologicamente è in grado di rimuovere tali asimmetrie. In ambito finanziario, invece, vi è la particolare circostanza che l’informazione si trovi nel possesso di soggetti diversi rispetto all’investitore e la complessità tecnica delle informazioni rende difficile per il risparmiatore l’effettiva cognizione del rischio. Conseguentemente il prodotto finanziario diviene uno strumento ontologicamente “rischioso” per il piccolo investitore che si trova in una posizione debole e sbilanciata rispetto all’emittente o all’intermediario professionale4.
2 Xxxxxxx X., “Informazione finanziaria, need for disclosure, efficienza del mercato mobiliare” in
XxxxxxxxXxxxxxx.xx, Pag. 2.
3 Bocchini E., “Introduzione al diritto commerciale nella New Economy”, p. 110, CEDAM, 2001
4 Xxxxxxx X., (Nr. 2).
Sono queste le ragioni per cui i mercati finanziari sono soggetti ad una disciplina speciale di settore con la supervisione di un’autorità di vigilanza, la CONSOB, deputata alla verifica della correttezza dei comportamenti degli operatori economici. Tale struttura normativa (disciplina di settore ed autorità di vigilanza) è rinvenibile sostanzialmente in ogni Paese del globo sufficientemente sviluppato dal punto di vista economico. Tuttavia, prima di proseguire nell’analisi degli istituti giuridici e delle norme deputate al corretto funzionamento del mercato sotto il profilo dell’informazione, è necessario soffermarsi sull’origine e sulla ratio del sistema.
Parte 1. La Ratio di una Disciplina Speciale
La tutela dell’investitore nel contesto del mercato mobiliare nasce da una triplice esigenza: la tutela dell’interesse individuale dell’investitore in quanto “contraente debole”; la tutela del corretto funzionamento del mercato in generale; la tutela dell’ordine pubblico. Questi elementi di specificità fanno sì che i tradizionali rimedi apprestati dal diritto comune siano insufficienti a rispondere alle problematiche proprie del contesto complesso, ed in continuo mutamento, tipico dei mercati finanziari.
I. L’investitore come “Contraente Debole”
Ai fini dell’analisi di questo specifico aspetto occorre guardare indietro alla nascita delle norme a tutela del contraente debole ed in particolare alle forme di tutela del Consumatore. Il legislatore, in questo settore, parte del presupposto che, in taluni settori economici, i contraenti appartengano a categorie omogenee differenti. Questo comporta una sostanziale disparità in termini di informazioni e conoscenze tecniche tra le parti e si rende, dunque, necessario l’intervento legislativo per rimuovere questa situazione di squilibrio. La soluzione è imporre degli obblighi di condotta, primariamente informativi, in capo agli operatori
“professionali”. Nasce una disciplina speciale distinta su base soggettiva5, che potremmo definire, parallela al diritto comune, applicabile solo qualora il contraente sia un “consumatore” cioè una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta6.
In verità, tuttavia, lo squilibrio di potere contrattuale derivante da asimmetria informativa, abilmente rinvenuto dal legislatore in capo al consumatore, non è estraneo ad altri soggetti. Infatti, colui che si appresta ad acquistare un prodotto, aderire ad un servizio, sottoscrivere un prodotto finanziario, qualunque sia la sua qualifica, è fisiologicamente in posizione “debole”. Egli è inevitabilmente è un outsider rispetto all’attività svolta dal preponente e, spesso, privo delle conoscenze specifiche di settore che consentano l’effettivo esercizio razionale della scelta nonché, il successivo controllo e monitoraggio della prestazione erogata7. Il legislatore comunitario, interpretando questa esigenza di sistema, ha progressivamente esteso la tutela del contraente debole in altri settori del mercato. Nel regolamento Roma I8 sulle leggi applicabili alle obbligazioni contrattuali, troviamo un’estensione della tutela a soggetti estranei alla qualifica di consumatore, in particolare per quanto concerne gli artt. 5 e 7 di predetto regolamento, ove l’ambito di applicazione della norma è definito esclusivamente sulla base dell’oggetto del contratto e non più in base alla qualifica soggettiva dei contraenti. La ratio è che per queste tipologie di contratti (nel caso di specie, trasporto ed assicurazione) il cliente è in ogni caso meritevole di tutela perché in posizione di svantaggio. Stessa propensione all’estensione della tutela del contraente debole, a prescindere dalla sua qualifica di consumatore, è rinvenibile in numerosi altri atti
5 Torrente A., Xxxxxxxxxxx P., “Manuale di Diritto Privato” p. 666 Ventunesima Edizione (a cura di) Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Editore, 2013.
6 Decreto Legislativo 23 ottobre 2005, Nr. 206 (Codice del Consumo), Art. 3, Lett. A.
7 Roppo V., “Regolazione del Mercato e Interessi di Riferimento: dalla protezione del consumatore alla protezione del cliente” in Rivista di Diritto Privato, p. 25, 3/2010.
8 Regolamento (CE) Nr. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla
legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I).
legislativi comunitari come la direttiva generale sui servizi9 e la direttiva sulle assicurazioni vita10. La tutela del consumatore, dunque, diviene solo una componente della disciplina in un più ampio contesto di tutela del cliente/utente del servizio11. Xxxxxxx espressione di questo orientamento, tuttavia, si raggiunge con la direttiva sui servizi di pagamento12, ove, al par. 20, viene espressamente indicato agli Stati Membri di estendere le tutele ivi previste alle micro imprese, e viene sottolineato come “in ogni caso alcune disposizioni centrali della presente direttiva dovrebbero essere sempre applicabili a prescindere dallo status dell’utente”.
Spostandoci in ambito nazionale, il legislatore compie l’ultimo passo verso l’estensione della tutela del consumatore all’investitore con l’introduzione13 dell’art 32-bis nel TUF14. La norma abilita le associazioni dei consumatori ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori nelle forme previste dal Codice del Consumo15. La disposizione, di fatto, equipara legislativamente due categorie di soggetti che a livello logico si trovano nella medesima posizione. L’oggettiva condizione di un piccolo investitore, infatti, non è dissimile da quella del consumatore: entrambi sono soggetti non professionali, dunque sprovvisti delle conoscenze specifiche di settore che consentono la corretta valutazione della scelta contrattuale; entrambi non dispongono autonomamente delle informazioni essenziali dello specifico contratto, che sono nell’esclusivo possesso dell’offerente. Non si comprende, dunque, il motivo per cui tali soggetti debbano essere sottoposti ad una disciplina differenziata.
9 Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai
servizi nel mercato interno.
10 Direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa
all'assicurazione sulla vita. Abrogata dalla Direttiva 2009/138/CE.
11 Roppo V., (Nr. 7).
12 Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai
servizi di pagamento nel mercato interno. Modificata dalla Direttiva (UE) 2015/2366.
13 Decreto Legislativo 17 settembre 2007, Nr. 164, Articolo 7.
14 Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, Nr. 58.
15 Decreto Legislativo. 6 settembre 2005, Nr. 206, Articoli 139 e 140.
II. La tutela del Corretto funzionamento del Mercato in Generale
Nel mercato finanziario l’asimmetria tra le parti dipende dal funzionamento del mercato medesimo: è fisiologica. Ne consegue che il mercato sia fisiologicamente esposto a distorsioni, poiché la differenza obiettiva di posizione contrattuale dei diversi operatori comporta un flusso informativo non perfetto. Come precedentemente sostenuto, il prodotto finanziario è valutabile esclusivamente sulla base delle informazioni disponibili in quanto si tratta di un’entità immateriale. In altri termini, le informazioni disponibili determinano il prezzo del prodotto finanziario e, viceversa, il valore di quest’ultimo non è altro che la sintesi delle informazioni di cui il mercato xxxxxxx00. Un mercato finanziario si può pertanto definire efficiente quando include un meccanismo atto a raccogliere e selezionare l’informazione in tempo reale, consentendone una rapida valutazione da parte degli operatori e la modifica delle scelte d’acquisto con diretto effetto sul prezzo dei titoli17. In particolare, il mercato è in condizione di efficienza informativa se i prezzi correnti sono basati sulla corretta valutazione delle informazioni disponibili. Il prezzo, dunque, diviene espressione delle aspettative che gli operatori hanno in merito al titolo in questione.
Questo stringente rapporto tra informazione, aspettativa e prezzo, esistente nel mercato finanziario, ci porta al secondo punto dell’analisi relativa alla ratio della normativa speciale. Gli obblighi informativi imposti dal legislatore non si pongono esclusivamente nell’ottica della tutela dell’interesse individuale del singolo investitore, ma sono a tutela del sistema, del mercato unitamente considerato. Tuttavia, se è vero che solo con la completa informazione, il mercato è efficiente e che tutti gli operatori hanno interesse a che questo funzioni
00 Xxxxxxx X., “Importanza e limiti dell’informazione nei mercati finanziari” in Giur. Comm. 2003, I, Nr. 29, Pag. 773.
17 Xxxxxxxxx G, in ASSOGESTIONI, “Trasparenza dell’informazione societaria per l’efficienza del mercato finanziario”, Atti della giornata di studio organizzata dall’Assogestioni, 1994 in Quaderni di Documentazione e Ricerca, 1995, Nr. 13, Pag. 7.
correttamente, perché gli emittenti non diffondono le informazioni rilevanti spontaneamente?
La cosiddetta volontary-disclosure, come tutte le scelte di management, richiede un’analisi costi-benefici, in quanto la produzione e la divulgazione della notizia comportano necessariamente dei costi. Tali costi non sono di natura esclusivamente diretta o quantificabili in senso meramente monetario. Vi è, infatti, un rischio di perdita di competitività dell’impresa sul mercato primario dei propri prodotti o servizi. È, inoltre, possibile che gli altri operatori non diffondano, a loro volta, le proprie informazioni, garantendo un simmetrico vantaggio per i soggetti coinvolti18. In sostanza, gli emettenti si trovano in una posizione di incertezza: non è possibile prevedere con precisione l’effettività e l’onestà delle politiche di disclosure degli altri operatori. Fisiologicamente si instaura il classico “dilemma del prigioniero”19 che porta gli operatori, impossibilitati a comunicare tra loro, ad effettuare scelte certamente non ottimali per il mercato in generale e per loro stessi, pur di non rischiare di informare soggetti che non attuano una politica con pari livello di trasparenza, conferendo loro un vantaggio competitivo20. L’informazione, infatti, una volta pubblicata va a vantaggio della generalità degli interessati ed è acquisibile ad un costo inferiore rispetto a quello sostenuto da chi l’ha pubblicata, costituisce, dunque, un’esternalità positiva21. Ecco il motivo per cui si rende necessario l’intervento legislativo: se è vero che l’informazione societaria è un bene
18 Xxxxxxxx X., “L’informativa volontaria nelle società quotate: alcune osservazioni” in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, 2000 Nr. 7-8 Pag. 33/47.
19 Il “dilemma del prigioniero” è una teoria sviluppata da Xxxxxx Xxxxxx come problema della “teoria dei giochi”. Si suppongano due complici di un reato che aspettano di essere interrogati dalla polizia, questi vengono divisi e interrogati separatamente. Xxxxxx, dunque, ignora se l’altro collaborerà. I soggetti vengono informati che chi confesserà avrà diritto ad una pena inferiore. La scelta ottimale per entrambi sarebbe il silenzio, ma entrambi confesseranno in quanto, ragionando individualmente, se l’altro dovesse confessare, colui che non ha confessato sarebbe punito più gravemente.
20 Xxxxxxx G. (Nr. 2).
21 Xxxxx X. X., “Efficient Capital Markets, Corporate Disclosure and Enron” in Giur. Comm. 2003, I, Nr. 29, Pag. 764 ss.
pubblico22 in quanto necessaria al corretto funzionamento del mercato, il legislatore non può esimersi del regolare positivamente la materia.
La valenza pubblicistica dell’informazione societaria trova anche una legittimazione costituzionale in due importanti sentenze inerenti i profili penali della materia. La prima23 riguarda una questione di legittimità costituzionale relativa al supposto contrasto tra l’art. 501 c.p. (aggiotaggio) e l’art. 21 della Costituzione24. La Corte, rigettando la questione, statuisce che il precetto di cui all’Art. 21 può ben essere oggetto di limitazioni volte alla necessità di proteggere altri beni costituzionalmente protetti. La tutela penale, in questo caso, vuole proteggere l’interesse pubblico che i prezzi del mercato siano legati alla naturale competizione degli operatori coinvolti senza che vi siano elementi atti a falsare questo naturale equilibrio. Tale interesse, secondo la Corte, non è ascrivibile ai singoli operatori, ma ha natura generale, e come tale rientra nei valori costituzionali della Repubblica anche nel contesto di cui all’Art. 47 della Costituzione. Emerge con forza il principio secondo cui l’informazione rappresenti per il mercato un bene pubblico costituzionalmente protetto nell’interesse del funzionamento di un sistema inadatto, in assenza di intervento, ad autoregolarsi.
La Corte Costituzione torna sull’argomento in una seconda pronuncia25, questa volta relativa alla supposta incostituzionalità della norma incriminatrice dell’aggiotaggio bancario26. Il giudice a quo sosteneva l’incostituzionalità della norma in contrasto con l’Art. 21 in quanto questa era volta a proteggere esclusivamente il buon nome delle aziende di credito e non si sarebbe potuta giustificare, in questa visione, una limitazione alla libertà d’espressione. Xx Xxxxx
00 Xxxxxxx X., (Xx. 16).
23 Corte Costituzionale, Sentenza del 20 maggio 1976, Nr. 123.
24 Secondo il giudice a quo, in particolare, l’interesse al buon andamento dell’economia nazionale non avrebbe avuto protezione costituzionale e, dunque, non sarebbe stato possibile giustificare dei limiti alla libera manifestazione del pensiero.
25 Corte Costituzionale, Sentenza del 8 marzo 1983, Nr. 73.
26 Legge 7 marzo 1938, nr.141, Art. 98.
rigetta la questione, richiamando la precedente sentenza in merito e statuendo che la norma tutela “l’interesse pubblico al normale e regolare esercizio del credito e quindi concerne quell’interesse espressamente indicato e tutelato dall’Art. 47 della Costituzione.” Per la seconda volta la Corte Costituzionale sottolinea come le norme a protezione del mercato, soprattutto quelle di natura penale, non abbiano come destinatari della tutela i singoli operatori, bensì il mercato in generale, inteso come sistema. Questo è un valore costituzionale da tutelare e bilanciare anche con alcuni sommi principi immanenti al nostro ordinamento.
III. La Tutela dell’Ordine Pubblico
Aspetto generalmente sottovalutato è la considerazione che le norme speciali poste a tutela della trasparenza dei mercati ed alla protezione del contraente debole nascondano, in realtà, importanti considerazioni in tema di ordine pubblico generale. Per comprendere questo passaggio logico è necessario soffermarsi, rapidamente, sull’origine storica dello stato liberale e sulla sua evoluzione. Lo stato liberale, infatti, nasce come naturale reazione all’Ancien Regime e si fonda su alcuni postulati fondamentali: libera concorrenza e liberà contrattuale. L’assioma è che, in presenza di queste condizioni, il mercato sarebbe in grado di regolarsi autonomamente garantendo, anche, la “felicità sociale”27. Constatando, tuttavia, anche a livello empirico, che il mercato non è suscettibile ad autoregolazione, il fallimento di mercato, a livello di sistema, incide strutturalmente sul benessere sociale dei consociati. Ne deriva che l’intervento dello stato a livello economico è strumento principe dell’intervento a livello sociale28 in quanto, attraverso forme di intervento economico, si influisce in misura determinate sulla società in generale. Assume, così, particolare rilevanza, quella dottrina di origine francese29 che
27 La connessione tra libertà economica e felicità sociale, esistente in teoria, si mostra inapplicabile nella pratica con l’insorgere di notevoli contrasti sociali e “fisiologici” fallimenti di mercato. La realtà è che non è possibile distinguere a livello giuridico tra un ordine pubblico “sociale” e un ordine pubblico “economico” in quanto aspetti strettamente connessi, reciprocamente.
28 Xxxxxx X., “L’ordre publique èconomique”, 1963 Pag. 35-36.
29 Xxxxx X., “L’ordine pubblico economico” in Riv. Dir. Comm, 1964, I, 464 ss.
sottolinea come si vada progressivamente sostituendo al concetto di ordine pubblico, una nozione più specifica, definita di “ordine pubblico economico”. Secondo questa teoria, la funzione delle norme a tutela del contraente debole, dunque, non risponderebbero più ad una logica meramente “interdittiva”30, bensì si articolerebbero in una molteplicità di misure distinguibili in interventi di direzione e di protezione31. Il nuovo ordine pubblico economico, dunque, introduce una forma di regolamentazione dei mercati volta a prevenire i conflitti derivanti dalle differenze di natura sociale che creano delle distorsioni nel mercato medesimo e che, in un rapporto ciclico, divengono primaria causa di movimenti insurrezionali.
Nasce, conseguentemente, un diritto moderno, che sostituisce all’uguaglianza formale, quella sostanziale; un diritto che opera sulla base della definizione di classi omogenee di soggetti affetti da posizioni giuridiche fisiologicamente differenziate che è compito del legislatore portare nuovamente in posizione di parità. L’ordine pubblico, dunque, è fondante ratio delle norme a protezione dei contraenti deboli, soprattutto in ambito finanziario, ove il potere contrattuale delle parti è particolarmente squilibrato, operando quale duplice limite33: negativo rispetto all’autonomia contrattuale delle parti; positivo rispetto alla protezione dei contraenti deboli34.
30 Xxxxx X., “Ordine pubblico, buon costume e teoria del contratto”, 1970.
31 Le prime forme di intervento, di natura prioritariamente economica, sono relative al diritto della concorrenza e, dunque, volte a garantire il corretto funzionamento del mercato; le seconde, più pertinentemente al nostro ambito di trattazione, sono di natura spiccatamente sociale essendo volte a proteggere il contraente debole da pratiche commerciali, sostanzialmente inique. Vedi Xxxxxxx J., “La Formation du Contrat” in Traitè de droit civil, III ed, 1993, Pag. 107 ss.
33 Xxxxxxxxx, “L’Ordine pubblico economico tra progresso economico e sviluppo sociale”, 2015. 34 La Teoria dell’Ordine Pubblico Economico non è stata esente da critiche da parte della dottrina italiana, in particolare Xxxxx in op. cit. (Nr. 30) afferma come gli interventi “di direzione” o “di protezione” si intreccino tra loro nella tecnica legislativa italiana, ne deriva che la nozione di diritto pubblico economico racchiude in se una serie di interventi non armonicamente individuabili con la conseguente inutilizzabilità di una formula astratta in quanto troppo generica. Xxxxx suggerisce di utilizzare l’espressione “ordinamento pubblicistico dell’economia” che non vuole costituire un nuovo concetto giuridico, bensì l’individuazione di una tendenza nella politica legislativa odierna. Nell’opinione di chi scrive, tuttavia, tralasciando l’inquadramento giuridico del fenomeno, è
Parte 2. La derivazione della Disciplina Speciale dal Diritto Comune
Abbiamo avuto modo di analizzare, nei precedenti paragrafi, quali siano le ragioni per cui l’informazione societaria necessita di una regolamentazione ad hoc. Conseguentemente, si rende necessario portare avanti la trattazione in merito ai legami con il diritto comune che la disciplina speciale incorpora e re-interpreta adattando il quadro normativo alle specifiche esigenze del settore. Inoltre, tale confronto è d’obbligo considerando l’esplicito rinvio al diritto comune operato dalla Direttiva sui prospetti all’art. 6 secondo comma. La norma prevede, infatti, che gli Stati Membri si adoperino affinché “le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile si applichino alle persone responsabili per le informazioni fornite in un prospetto”35. È di aiuto specificare come questa norma, nonostante sia di origine comunitaria e, dunque, applicabile in tutti gli Stati Membri, comporti una flessibilità ampia in sede di attuazione con il conseguente sviluppo di soluzioni, in concreto, variabili a seconda dello Stato Membro oggetto d’esame. Per tale ragione sarà utile analizzare, ad esempio, l’esperienza di Common Law inglese, il cui diritto nazionale si fonda su principi in larga parte differenti da quelli italiani.
I. L’offerta al Pubblico nel Diritto Comune
L’offerta al pubblico è una proposta di natura contrattuale rivolta ad una pluralità di soggetti indistinti. Questa, quando contiene gli estremi essenziali del contratto, alla cui conclusione è diretta, vale come proposta36. L’offerta è revocabile
innegabile empiricamente lo stretto legame sussistente tra interventismo in ambito economico e politiche sociali ed è questo il motivo che spinge il legislatore ad interventi eterogenei volti al raggiungimento di obiettivi ampi non limitati al mero settore oggetto di normazione.
35 Direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari.
36 Codice Civile, Art. 1336.
e se la revoca è effettuata con le stesse modalità dell’offerta, ha efficacia anche verso chi non ne abbia avuto notizia. Affinché sia possibile qualificare l’offerta come una proposta è, dunque, necessario che questa includa il prezzo del bene e l’identificabilità della controprestazione. Pertanto, chiunque si offra di eseguire la prestazione secondo le modalità indicate in offerta determina la conclusione del contratto. Le condizioni oggetto dell’offerta non possono essere oggetto di trattazione individuale (altrimenti sarebbe un mero invito ad offrire)37, dunque ricadono nello schema previsto dagli artt. 1341 e 1342 c.c.
Astrattamente la disciplina dell’offerta al pubblico è già sufficiente a regolare la raccolta di risparmio presso il pubblico degli investitori. Una volta concluso il contratto, in presenza di vizi, vi saranno i classici rimedi di diritto comune: nullità, annullabilità e risoluzione. Riguardo alla incompleta informativa precontrattuale, tuttavia, non è configurabile un’ipotesi di nullità in quanto la previsione di obblighi informativi non comporta un divieto assoluto di stipulare il contratto in violazione di quanto previsto dalla legge; di per sé, il contratto non è viziato per atto del preponente38 il vizio si colloca anteriormente. Ai fini dell’annullabilità del contratto sarà necessario, invece, provare l’errore essenziale39 o il dolo40. L’errore è essenziale qualora il contraente, non si sarebbe altrimenti determinato ad esprimere il consenso. Quanto al dolo, è necessario l’esercizio di artifizi e raggiri determinanti il consenso. Parallelamente all’annullabilità è sempre previsto, come rimedio autonomo, il risarcimento del danno41, sicuramente azionabile qualora l’offerente sia venuto meno ai corretti principi di buona fede in sede precontrattuale. In tal senso, come statuito dalla Cassazione a Sezioni Unite42, affinché la responsabilità si definisca contrattuale, è sufficiente che l’inesatta prestazione dell’offerente si collochi anche in un momento antecedente la
37 Visentini G., “L’amministrazione della società per Azioni”, DIKE, 2016, Pag. 000
00 Xxxxxxxxx X., (Xx. 37), pag. 295.
39 Codice Civile, Art. 1428 ss.
40 Codice Civile, Art. 1439.
41 Codice Civile, Art. 1440.
42 Cass. SU, Sentenza del 26 giugno 2007, Nr. 14712.
stipulazione del contratto medesimo. Secondo le norme civilistiche, il soggetto leso dovrà provare: inadempimento, danno e nesso causale; fermo restando la possibilità per l’offerente di provare la propria non imputabilità43. L’onere probatorio potrà essere agevolato per l’investitore applicando il principio di vicinanza della prova. Per quanto concerne il danno, questo sarà quantificato in base all’incidenza economica del comportamento illecito, determinabile nella minor redditività dell’operazione o dei maggiori costi subiti.
II. Confronto con le norme in materia di Prospetto: l’art. 94 TUF
L’Art. 94 TUF44 prevede che i responsabili delle informazioni contenute nel prospetto rispondano “dei danni subiti dall’investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle informazioni”. Tale norma consente all’investitore che abbia determinato le proprie scelte sulla base di informazioni false o incomplete contenute nel prospetto di ottenere una tutela di natura risarcitoria. È necessario, a tal fine, che l’investitore abbia sottoscritto un contratto d’investimento sulla base del prospetto che, in questo caso, si comporta come una tradizionale offerta al pubblico. La tutela di cui all’art. 94, tuttavia, risulta “semplificata” per l’investitore rispetto al diritto comune, attraverso un articolato sistema di presunzioni45 che incidono direttamente in un diverso riparto dell’onere probatorio.
Tale agevolazione, deriva esattamente dalla accertata circostanza della diversa posizione contrattuale del preponente e dell’investitore nella logica di protezione del contraente debole, come analizzato precedentemente. Conseguentemente, se viene accertato un vizio nel prospetto e l’investitore riesce a provare il danno, il nesso causale si presume. La presunzione è relativa, e dunque opera come strumento di inversione dell’onere della prova in capo all’emittente, che sarà tenuto a provare l’interruzione del nesso causale o la non imputabilità del
43 Codice Civile, Art. 1218.
44 Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, Nr. 58.
45 Visentini G. (Nr. 37), Pag. 298.
danno. In via esemplificativa l’errore, da parte del contraente, è sempre essenziale e sempre riconoscibile.
Questa soluzione normativa appare, alla luce del contesto dei mercati finanziari, perfettamente razionale. Per logica di sistema, infatti, il prospetto costituisce di fatto l’unica fonte di informazione in base alla quale l’investitore assume una decisione. È, dunque, ragionevole presumere che l’investitore abbia fatto affidamento sul prospetto e, probabilmente, si sia determinato esclusivamente sulla base delle informazioni ivi contenute46. Inoltre, anche le informazioni pervenute all’investitore da altre fonti, in concreto, sono sempre riconducibili al prospetto, che costituisce il fondamento delle informazioni diffuse dalla stampa specializzata e dagli intermediari finanziari. Ne deriva che l’eventuale pregiudizio è, nella maggioranza dei casi, causalmente ricollegabile al prospetto47.
III. Gli Obblighi civilistici di Rendicontazione per gli amministratori di Società
Abbiamo analizzato i legami tra la disciplina generale dell’offerta al pubblico con le specificazioni del TUF in materia di offerta di prodotti finanziari. Si rende, tuttavia, necessario, per ragioni di completezza espositiva, estendere l’analisi al più generale corpo di norme speciali in tema di informazione societaria per le entità quotate presenti nel TUF, individuandone i rapporti e la derivazione dal diritto comune. In particolare, mi riferisco alla diffusione obbligatoria delle informazioni price sensitive e delle informazioni privilegiate con il relativo sorgere di obblighi e responsabilità ulteriori per organi amministrativi societari.
46 Cass, Sentenza dell’11 giugno 2010, Nr. 14056. La Corte indica la delimitazione dell’operatività della presunzione, il cui unico limite è costituito dalla presenza di inesattezze limitate e marginali, la cui incidenza, in concreto, non risulti apprezzabile. Al tempo stesso, tuttavia, la Corte, sottolinea nuovamente come, in presenza di informazioni false o inesatte, non possa richiedersi all’investitore di fornire prova negativa di eventuali altri fattori che avrebbero contribuito a determinare le sue scelte. Ne deriva che la presunzione opera in via generale e senza limiti di particolare importanza. 47 Trib. Milano, Sentenza del 25 luglio 2008, Nr. 1645.
Obblighi informativi sono già presenti ampiamente nella disciplina di diritto comune in particolare in tutti quei casi in cui si configuri una gestione da parte di un soggetto terzo di affari altrui. Mi riferisco, in particolare alle norme civilistiche in tema di mandato49; condominio50; esecuzione testamentaria51; amministrazione52 e liquidazione53 di società. Queste norme ci consentono di affermare un’ovvia considerazione: la sussistenza di un principio generale del nostro ordinamento consistente nell’obbligo di rendicontare, in capo a soggetti che svolgano una qualsivoglia attività che comporti la gestione di affari e beni altrui. La ratio del principio è evidente. L’attività di rendicontazione è necessaria affinché l’interessato possa operare un controllo nei confronti del gestore e verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni da esso assunte.
In ambito societario, in particolare, questo sistema di scissione tra proprietà e gestione è la norma, soprattutto per le società di capitali. Per tale ragione il legislatore del codice civile ha imposto forme di rendicontazione particolarmente avanzate come la predisposizione del bilancio di esercizio, le relazioni degli amministratori e le procedure informative pre-assembleari54. Gli amministratori,
49 Codice Civile, Art. 1713.
50 Codice Civile, Art. 1130-bis.
51 Codice Civile, Art. 709.
52 Per società di persone si veda l’Art. 2261 CC, per società di capitali si rimanda alla disciplina del Bilancio di Esercizio, Art. 2214 ss.
53 Codice Civile, Art. 2311.
54 Interessante lo sforzo mostrato dalla legislazione comunitaria volto ad aumentare quantità e qualità dell’informazione degli azionisti in vista delle operazioni assembleari. Si veda il par. 6 della Direttiva 2007/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate che recita: “Gli azionisti dovrebbero poter votare con cognizione di causa nel corso dell’assemblea, o prima della sua tenuta, indipendentemente dal luogo in cui risiedono. Tutti gli azionisti dovrebbero disporre di tempo sufficiente per esaminare la documentazione che sarà sottoposta all’assemblea e decidere di come far uso dei diritti di voto conferiti dalle loro azioni. A tal fine, l’assemblea dovrebbe essere convocata per tempo e gli azionisti dovrebbero ricevere tutte le informazioni che saranno sottoposte all’assemblea. È opportuno sfruttare le possibilità offerte dalle moderne tecnologie al fine di
infatti, gestiscono gli affari sociali nell’interesse della società, la cui proprietà è dei soci che sono, in definitiva, i soggetti che sopportano il rischio dell’attività d’impresa, in concreto gestita da altri. La questione primariamente rilevante ai fini della nostra analisi è, tuttavia, a favore di quale soggetto il legislatore abbia predisposto questi adempimenti informativi. Nelle società ad azionariato ristretto o di natura familiare, le informazioni fornite dagli amministratori hanno come destinatari i soci e la ratio dell’obbligo è il controllo dell’operato dei gestori da parte dei soci medesimi55 e l’interesse a che questi assumano decisioni essendo sufficientemente informati. La predisposizione del bilancio di esercizio, tuttavia, ha anche una funzione informativa nei confronti di soggetti terzi come i creditori sociali e, comunque, di tutti coloro che intrattengono rapporti con la società ed hanno interesse a determinate la sua “affidabilità”, nonché per l’applicazione della normativa tributaria56. Il bilancio cessa di essere una scrittura contabile meramente interna e segreta, diventando la fronte informativa societaria per eccellenza, soggetta a pubblicazione. Il bilancio, inoltre, ha funzione organizzativa57 e l’ordinamento connette a tale forma di rendicontazione l’operare di alcuni istituti di tutela dei soci e dei creditori come la costituzione di apposite riserve58 di utili e di capitale, la riduzione obbligatoria del capitale per perdite59 e le norme in merito alla distribuibilità degli utili60.
Gli obblighi informativi delle società, tuttavia, variano a seconda delle dimensioni e della forma dell’ente in questione. Ciò deriva della diversa funzione
rendere immediatamente accessibili le informazioni. La presente direttiva presuppone che tutte le società quotate abbiano già un sito Internet”.
55 Xxxxxxxx X., Xxxxxxxx X., Xxxxxxxx R., “The basic governance Structure: The interest of Shareholders as a Class” in The Anatomy of Corporate Law, II Ed., Xxxxxx, 0000.
56 Campobasso G. F, “Diritto Commerciale, Volume 2, Diritto delle Società” VIII Ed, UTET, 2014, Pag. 462.
57 Zappa G, “Le valutazioni di Xxxxxxxx con particolare riguardo ai bilanci delle società per azioni”,
1927.
58 Si pensi alla Riserva Legale, Codice Civile, Art. 2430.
59 Codice Civile, Art. 2446.
60 Codice Civile, Art. 2433.
che l’informazione assume alla luce dei diversi rapporti tra amministratori, soci, creditori e mercato in generale e dalla loro capacità di acquisire informazioni presso altre fonti. Ad esempio, sono previsti dei regimi agevolativi per le piccole e medie imprese risultanti nella redazione del bilancio in forma semplificata e su minori oneri in tema di documentazione delle attività sociali. Nelle società di piccole dimensioni, infatti, è forte il rapporto tra gestori e proprietari, pensiamo alle SRL ove è prevista la facoltà per i soci di accedere direttamente alle scritture contabili e di chiedere informazioni agli amministratori61. Al crescere della dimensione dell’impresa, i rapporti diretti tra soci e amministratori, nonché la stessa partecipazione dei soci alle attività sociali si riducono, non solo per ragioni di diritto, ma soprattutto per ragioni di fatto. Vi saranno, infatti, una larga parte di azionisti (di minoranza), disinteressati alla gestione ordinaria della società, il cui unico scopo è di natura speculativa. Tali soggetti, inoltre, incontrano non poche difficoltà poste dalle stesse norme giuridiche ad acquisire autonomamente informazioni non essendovi, ad esempio nella disciplina delle SPA alcun potere di controllo diretto degli azionisti sulla gestione, controllo che è affidato ad appositi organi societari o a soggetti esterni. Nelle SPA con ampio azionariato, dunque, il socio (in particolare se di minoranza) si determina quasi esclusivamente sulla base delle informazioni che gli amministratori hanno l’obbligo di rendere pubbliche.
IV. Confronto con le norme in materia di Comunicazioni al Pubblico, Art. 114 TUF
Spostandoci nel settore dei mercati finanziari le considerazioni effettuate si estremizzano, come è stato sottolineato in dottrina, gli azionisti di una società quotata non dispongono di un diritto individuale all’informazione, nonostante la loro qualifica. L’assunto è dimostrato dall’impossibilità di questi di rivolgersi all’organo amministrativo per ricevere risposte ulteriori su questioni specifiche62.
61 Codice Civile, Art. 2476, co 2.
62 Stagno A. ed altri, “Informazione dei soci e tutela degli azionisti di minoranza nelle società quotate” in BBTC, I, 1999.
D’altronde diversamente non potrebbe essere per ragioni di governabilità63 e parità di trattamento degli azionisti medesimi64. I soci risparmiatori di minoranza dipendono, dunque, esclusivamente dalle informazioni fornite dagli amministratori nelle forme legali, e tali informazioni, nel contesto della negoziazione dei titoli, costituiscono l’unico parametro in base al quale il mercato forma i prezzi. L’informazione societaria diviene non solo uno strumento di controllo a favore dei soci, ma assume bensì il ruolo fondamentale di garantire il corretto funzionamento del mercato, nell’interesse generale di una pluralità di soggetti, come precedentemente analizzato. In questo contesto, l’informazione periodica di bilancio, prevista dalle norme civilistiche, non è più sufficiente in quanto la frenetica negoziazione dei titoli nei mercati regolamentati espone gli investitori al duplice rischio non solo che l’informazione sia incompleta e non attuale, con conseguente assunzione di decisioni errate, ma anche che l’informazione non sia equamente diffusa, con la conseguenza che vi possa essere un abuso di natura speculativa da parte di alcuni operatori. Possiamo, dunque, affermare che, se l’informativa di prospetto assurge al ruolo di consentire una corretta determinazione del rischio per l’investitore al momento dell’espressione del suo consenso, l’informazione continua ex Art. 114 TUF è lo strumento di valutazione dinamica di tale rischio ed incide sulla volontà di disinvestire.
Alla luce di queste considerazioni, il legislatore comunitario prima, e quello nazionale poi, hanno sviluppato una disciplina speciale dell’informazione al pubblico in grado di rispondere alle esigenze di celerità dell’informazione e parità di trattamento dei destinatari. La tecnica legislativa consiste nell’individuare un particolare segmento di informazioni, normalmente riservate, definite
63 Se fosse consentito individualmente agli azionisti di una SPA quotata di richiedere informazioni direttamente agli amministratori, questo comporterebbe un’eccessiva ingerenza nella gestione nonché un carico di lavoro non utile ed auspicabile per l’organo amministrativo. L’assenza di tale facoltà, a parere di chi scrive, condivide la ratio delle norme che subordinano determinate discipline assembleari al raggiungimento di una “minoranza qualificata” in ottica deflattiva.
64 Xxxxxxxxx A., Mosca C., “Flussi informativi tra amministratori e soci nella società quotata, tra ambiguità ed esigenze della disciplina”
“privilegiate”, ed imporre che queste siano oggetto di disclosure. Dalla definizione di informazione privilegiata possiamo comprendere la ratio della norma, infatti tali informazioni sono connotate da un carattere preciso e dall’idoneità, se rese pubbliche, a provocare un sensibile alterazione dei prezzi65. Il legislatore, dunque, seleziona un particolare segmento di informazioni caratterizzate dalla profonda utilità per il mercato e gli investitori perché in grado di modificare le scelte volitive degli stessi in merito alla negoziazione dei titoli cui si riferiscono66. Ne deriva che le norme di cui agli Artt. 114 e 181 TUF nascono con l’intento di promuovere la corretta formazione dei prezzi ed il funzionamento del mercato. Conseguentemente, dal combinato disposto delle norme in esame possiamo affermare che, qualora l’informazione privilegiata venga ad esistere, questa sia originariamente di dominio pubblico67 in virtù del suo fondamentale ruolo a livello di sistema e che il legislatore obblighi l’emittente solo al materiale processo di divulgazione allo scopo di equilibrare il patrimonio conoscitivo di insiders ed outsiders.
In ottica di prevenzione degli abusi, il legislatore si preoccupa non solo della divulgazione delle informazioni, bensì che vi sia parità di trattamento tra i beneficiari delle informazioni medesime. In questo senso gioca un ruolo fondamentale il comma 4 dell’Art. 114 il quale prevede l’immediata pubblicazione delle informazioni privilegiate la cui disclosure sia stata ritardata ai sensi del comma 3 qualora l’informazione in questione sia entrata nella disponibilità di un soggetto non obbligato alla riservatezza. L’esigenza di prevenire gli abusi comporta anche un parziale superamento della stessa nozione di informazione privilegiata ad opera della CONSOB per mezzo della propria potestà regolamentare. L’Art. 66 del Regolamento Emittenti, infatti, sancisce l’obbligo di divulgare l’informazione ex Art. 114 TUF anche al “verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non ancora formalizzati” quindi in una fase in cui l’informazione è lontana
65 Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, Nr. 58, Art. 181.
66 Seminara S., “Disclose or Abstein? La nozione di informazione privilegiata tra obblighi di comunicazione al pubblico e divieti di insider tranding: riflessioni sulla determinatezza delle fattispecie sanzionatorie” BBTC, 2008, I, 333.
67 Alvisi C., “Abusi di Mercato e Tutele Civili” in Contr. E Impr. 2007, 221 ss.
dall’essere riferita ad elementi certi ed in diretto contrasto con la nozione di “precisione” dell’informazione richiesta dall’Art. 181 TUF68. Lo scopo è quello di bilanciare l’esigenza di certezza ed affidabilità dell’informazione con la tutela dell’informazione privilegiata in ottica anti-abusiva69. Anche sotto il profilo giurisprudenziale vi è incertezza circa il carattere di precisione di cui l’informazione deve essere connotata ai fini della applicabilità dell’Art. 114 TUF. Vi sono, infatti, due pronunce difformi del Tribunale di Bologna e della Corte d’Appello di Torino. La prima pronuncia70 sancisce che l’informazione, per essere definita precisa, richiede che sia stata oggetto di una formale deliberazione del CdA. Tale posizione è condivisibile sotto il profilo dell’imputabilità dell’informazione all’emittente, infatti, in assenza di una formale deliberazione, non è possibile qualificare un mero fatto come decisione. L’asserzione è ancor più vera considerando lo status di persona giuridica di un ente e, come tale, soggetto a uno specifico iter normativo per la formazione della propria volontà. La seconda sentenza71, al contrario, statuisce come anche la mera esistenza di studi in corso da cui possono dipendere iniziative future, sebbene non si tratti di informazioni privilegiate, sono notizie rilevanti per il mercato ai fini dell’applicazione dell’Art. 114, 5° co. TUF. Gli aspetti interpretativi analizzati, dimostrano, dunque, una progressiva tendenza ad estendere le informazioni soggette a pubblicazione con conseguente erosione dell’area di riservatezza per gli emittenti quotati. La ratio deriva esattamente dall’esigenza di prevenzione dell’abuso, propria della negoziazione dei titoli in mercati regolamentati, per cui le esigenze di segretezza devono, necessariamente, essere bilanciate con l’interesse pubblico all’equilibrio di sistema.
68 La norma (al comma 3 lett. a) statuisce che l’informazione è precisa se: “si riferisce ad un complesso di circostanze esistente o che si possa ragionevolmente prevedere che verrà ad esistenza o ad un evento verificatosi o che si possa ragionevolmente prevedere che si verificherà”.
69 Xxxxxxxxx A., Mosca C., (Nr. 64).
70 Trib. Bologna, G.I.P., Sentenza 13 giugno 2011, Nr. 1436.
71 Corte App. Torino, Sentenza 21 febbraio 2013, Nr. 702.
V. Informazione societaria e stakeholders.
Abbiamo avuto modo di analizzare precedentemente che le società di grandi dimensioni assolvono una funzione anche di natura pubblicistico/strategica. Il legislatore, infatti, dispone delle norme speciali esattamente con lo scopo di assicurare tale interesse pubblico. L’informazione societaria, dunque, giova anche ad una molteplicità di soggetti non inquadrabili come investitori, ma più in generale a tutti coloro che intrattengono rapporti con la società e che hanno interesse a conoscere lo “stato di salute” dell’ente con cui si trovano ad operare. A titolo meramente esemplificativo possiamo considerare i creditori sociali, i lavoratori, e la comunità in generale che può essere influenzata dalle esternalità derivanti dall’attività d’impresa della società quotata. Nel nostro paese, almeno fino a pochi anni fa, non era previsto un obbligo informativo, di natura non finanziaria, direttamente indirizzato a tali soggetti72. Gli stakeholders potevano giovare esclusivamente delle informazioni pubblicate per generalità del pubblico secondo le norme del TUF nonché della tradizionale informativa di bilancio. Tali norme, tuttavia, sono pensate, come abbiamo avuto modo di vedere, prioritariamente per gli investitori in senso proprio. Ne deriva che l’informazione societaria poteva essere considerata incompleta sotto profili strategici diversi, di primario interesse per altre categorie di soggetti. Il legislatore nazionale è venuto incontro a tale esigenza attuando le norme comunitarie73 riguardanti l’informazione di carattere non finanziario con il D. Lgs. 254/201674. Tuttavia, prima di analizzare le norme nazionali e comunitarie, si ritiene opportuno volgere l’attenzione al diritto comune inglese che si è mostrato essere precursore delle esigenze successivamente accolte a livello europeo.
72 Ad eccezione di alcune informazioni relative ai rischi a cui la società è esposta, gli indicatori di risultato, l’ambiente e il personale da inserirsi nella relazione sulla gestione così come previsto dal
D. Lgs. 32/2007 in attuazione della Direttiva 2003/51/CE del 18 giugno 2003.
73 Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni.
74 Decreto Legislativo 30 dicembre 0000, Xx. 000.
XX. (Segue) Confronto con la disciplina inglese.
L’idea che la società (in generale, non necessariamente quotata) debba servire non solo gli interessi dei propri soci, bensì anche di una più ampia platea di soggetti non è recente nel diritto inglese75 e viene codificata dal legislatore con la riforma del diritto societario del 200676. Nel capo relativo agli obblighi degli amministratori è inserita la sec. 172 relativa al dovere di promuovere il successo della società contente una lista di elementi che gli amministratori sono obbligati a tenere in considerazione in esercizio del loro ufficio. La lista è solo esemplificativa, tuttavia ci consente di notare come il legislatore inglese si preoccupi di alcuni importati temi, ad esempio, i rapporti con i lavoratori, con i fornitori, le ricadute ambientali dell’attività d’impresa e la reputazione della società. Senza scendere nel merito della portata di questa rivoluzione77 che incide direttamente su ciò che gli amministratori siano tenuti a considerare l’interesse stesso della società, il legislatore inglese ha introdotto nel 2013, emendando il Companies Act, un ulteriore adempimento informativo riservato esclusivamente alle società di gradi
75 Ad esempio, il riferimento alla valutazione dell’impatto della gestione sugli interessi dei lavoratori era già presente nella precedente riforma del Companies Act, vedi Companies Xxx 0000, S. 309.
76 Companies Xxx 0000, S. 172.
77 La riforma ha sollevato notevoli problemi di inquadramento sistemico in quanto verrebbe apparentemente superato il classico principio che prevede l’operare degli amministratori per l’interesse dei soci presenti e futuri (members as a whole) chiamato Shareholder Value Approach, in favore di una maggiore apertura ad interessi eterogenei di soggetti che a vario titolo intrattengono rapporti con la società (Pluralist Approach). La dottrina inglese ha, tuttavia, individuato un compromesso tra le teorie citate elaborando il concetto di Enlishtened Shareholder Value Approach. Secondo questa teoria il legislatore richiederebbe il bilanciamento degli interessi dei soci con quelli della comunità in cui la società opera, rimanendo, comunque, intatto il principio che il fine ultimo degli amministratori è l’interesse dei soci presenti e futuri. Per un maggiore approfondimento della tematica: Cerioni L., “The Success of the Company in S. 172(1) of the UK Companies Xxx 0000: Towards an “Enlightened Directors” Primacy?” [2008] OLR Vol 4, No. 1 e Company Law Review, Modern Company Law for a Competitive Economy: Developing the Framework [2000] DTI London, URN 00/656.
dimensioni: la redazione di uno Strategic Report78 annuale riguardante l’informazione di natura non finanziaria. Lo scopo di questo documento informativo è di informare i soci circa le valutazioni degli amministratori inerentemente al loro dovere di promuovere il successo della società ai sensi della sec.17279, dunque considerando anche gli interessi degli stakeholders. Nel caso in cui la società sia quotata, il legislatore impone, inoltre, di indicare specificatamente informazioni in tema di lavoro, ambiente e diritti umani. Emerge chiaramente come questo tipo di informazione giovi, non sono agli investitori, ma ad un’ampissima platea di soggetti, incidendo direttamente sulla reputazione dell’ente e consentendo un più ampio monitoraggio, anche da parte delle autorità competenti, degli effetti della gestione d’impresa sulla comunità. Inoltre, tale obbligo copre un’area grigia dell’informazione societaria che per lungo tempo era rimasta estranea alla disclosure in quanto, non avendo carattere finanziario, non poteva essere desunta né dal bilancio né da altri documenti e relazioni di carattere economico/contabile.
La Commissione Europea a seguito di approfondita analisi degli obblighi in questione, adottati in particolare da Regno Unito e Francia, individuando una carente armonizzazione nel settore delle informazioni non finanziarie e, parallelamente, una notevole domanda di tali informazioni da parte degli investitori e degli stakeholders emette delle comunicazioni80 in cui espone la necessità di riformare, a livello comunitario, la disciplina di trasparenza delle informazioni societarie. Viene, dunque, avviato il procedimento legislativo che porterà all’emanazione della Direttiva 2014/95/UE che prevede, per le società di grandi dimensioni, l’obbligo di fornire nella relazione annuale di gestione una dichiarazione “contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell'andamento dell'impresa, dei
78 Companies Xxx 0000, S. 414A ss.
79 Companies Act. 2006, S. 414C.
80 Comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, “L’Atto per il mercato unico, Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia, Insieme per una nuova crescita”, 13 aprile 2011.
suoi risultati, della sua situazione e dell'impatto della sua attività”.81 In sede di attuazione per mezzo del D. Lgs. 254/2016 il legislatore italiano provvede a specificare alcuni aspetti inerenti al contenuto informativo della dichiarazione. Questa viene idealmente divisa in sezioni riguardanti: i rischi (generati o subiti), il modello organizzativo e gestionale dell’impresa e le politiche adottate per la gestione dell’impatto dell’attività sula comunità82. Le informazioni sono selezionate in base alla loro rilevanza alla luce delle attività e delle caratteristiche dell’impresa.
L’importanza di tali informazioni si apprezza sotto il profilo del miglioramento dell’immagine e della reputazione dell’impresa che consente il rafforzamento delle relazioni con i propri investitori, i dipendenti e le autorità pubbliche. L’utilità di questa forma di disclosure per l’impresa è dimostrata anche dalla sua volontaria adozione quando in passato non costituiva obbligo di legge83. La migliore valutazione delle strategie imprenditoriali della società e del suo impatto per la comunità, costituiscono, infatti un importante incentivo per gli stakeholders ad intrattenere rapporti duraturi con l’ente. Questo si traduce in un incremento di competitività, per l’impresa e di sicurezza dell’investimento, per gli azionisti.
Conclusione
In questa sede abbiamo avuto modo di analizzare come la ratio primaria degli obblighi informativi previsti per le società quotate risieda in esigenze molteplici. In primo luogo, è necessario proteggere l’investitore in quanto soggetto fisiologicamente posto in posizione svantaggiata rispetto l’emittente. Da questo punto di vista la ratio normativa non differisce dalle considerazioni che è possibile
81 Art. 19-bis introdotto nella direttiva 2013/31/UE.
82 Art. 3, co 1, D. Lgs. 254/2016.
83 Documento di Consultazione Consob, “Disposizioni attuative del decreto legislativo 30 dicembre 2016, Nr. 254 relativo alla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario” 21 luglio 2017.
effettuare in tema di norme a protezione del consumatore e del contraente debole in generale. In secondo luogo, la specificità del mercato finanziario, impone interventi normativi a tutela del corretto funzionamento del mercato medesimo che, in assenza di corretti flussi informativi, si trova nell’impossibilità di individuare i prezzi dei titoli efficientemente esponendo gli operatori ad abusi e distorsioni del normale operare delle contrattazioni. Questo comporta anche delle considerazioni in tema di ordine pubblico. Il legislatore, infatti, in virtù dello strenuo collegamento tra politiche economiche e sociali, disciplina specifici settori economici, ed in particolare il settore della grande impresa commerciale, per raggiungere dei traguardi di natura sociale e prevenire abusi.
L’analisi è proseguita operando un confronto tra alcune disposizioni analoghe presenti sia a livello di diritto comune, sia nel TUF o in altre norme speciali con lo scopo di individuare la ragione di alcune differenze, anche in comparazione con l’esperienza propria di altri ordinamenti. Anche in questo caso emerge la specificità del settore e l’impossibilità delle norme civilistiche di rispondere alle esigenze proprie dei mercati finanziari. Abbiamo, infatti, potuto rilevare come, ad esempio, l’informazione da prospetto è necessario che sia particolarmente precisa ed esaustiva, non avendo l’informatore accesso ad altre fonti informative e come l’informazione continua, ai sensi dell’Art. 114 TUF sia necessaria alle esigenze di celerità in un mercato in cui frenetiche negoziazioni hanno luogo. Infine, attraverso un confronto con la disciplina inglese, abbiamo indagato sull’origine e l’importanza dell’informazione di carattere non finanziario come strumento a vantaggio non solo degli stakeholders e dei relativi interessi, ma dell’impresa stessa, in quanto strumento di rafforzamento della propria reputazione con importanti ricadute sulla competitività.
CAPITOLO 2
Le Norme del TUF sull’Informazione Societaria
SOMMARIO: Introduzione; Parte 1: L’Informazione Privilegiata (I. La non-pubblicità dell’informazione; II. La precisione dell’informazione; III. La price sensitivity dell’informazione); Parte 2: L’informazione Continua, Art. 114 TUF (I. Ambito soggettivo di applicazione; II. Ambito oggettivo di applicazione, rinvio; III. La possibilità di ritardare la diffusione delle informazioni; IV. Segue - La selective disclosure; V. I poteri della CONSOB ex art. 114 comma 5 TUF; VI. Segue - Differenze e coordinamento con gli obblighi ex art. 114 comma 1.) Parte 3: Le comunicazioni alla CONSOB (I. La Disciplina di cui all’art. 115 TUF; II. L’informazione sugli assetti proprietari, art. 120 TUF) Conclusione.
Introduzione
Abbiamo avuto modo di analizzare, nella precedente parte della trattazione, quali siano state le fondamentali ragioni che hanno spinto il legislatore alla predisposizione di una normativa speciale in tema di informazione societaria per gli emittenti quotati. Si rende, dunque, necessario, volgere l’attenzione alle specifiche norme in oggetto ed al loro progressivo formarsi, originariamente in capo agli organismi comunitari, per poi confluire nella nostra disciplina nazionale. Un rapido cenno all’evoluzione storica della normativa sarà rilevante, infatti, attraverso questo breve excursus, sarà agevole notare come l’originario spirito di repressione dell’abuso da insider trading (in ottica patologica), che ha animato l’introduzione delle norme d’informazione societaria, si sia successivamente affiancato alla consapevolezza che una corretta informazione sia necessaria anche al fisiologico funzionamento del mercato, come analizzato precedentemente1.
1 Gilotta S., “Commento all’Art. 114 TUF” in”Commentario TUF” a cura di Xxxxx F., Giappichelli Editore, 2012, Pag. 1154.
Gli obblighi di informazione continua sono stati introdotti nel nostro ordinamento per la prima volta con la legge 157/19912 che attuava una direttiva in materia di repressione dell’insider trading3. La norma di riferimento, tuttavia, trovava sede a livello di regolamentazione della CONSOB4, almeno finché, con l’emanazione del TUF, la disposizione fu recepita dalla normativa primaria, in particolare all’art. 114. Anteriormente all’intervento comunitario, non era presente nel nostro ordinamento alcun obbligo per gli emettenti quotati di porre a disposizione del pubblico le informazioni privilegiate, se non in seguito ad una formale e specifica richiesta in tal senso proveniente dalla CONSOB5. Interventi successivi si avranno nel 20056 a seguito del recepimento della direttiva in materia di abusi di mercato7 che introduce una nozione unitaria di informazione privilegiata andando a rimuovere le discrepanze definitorie che in passato avevano generato non poche problematiche interpretative. Viene, inoltre, disposto, che le informazioni privilegiate debbano essere oggetto di comunicazione “senza indugio” da parte dell’emittente quale strumento di lotta all’abuso dell’informazione medesima e nel tentativo di ridurre al minimo l’intervallo temporale tra produzione dell’informazione e successiva divulgazione8. Ulteriori interventi di particolare rilevanza sono da ascriversi alla transparency directive9 che, attraverso la legge di
2 Legge 17 maggio 1991, Nr. 157.
3 Direttiva 89/592/CEE del Consiglio, del 13 novembre 1989, sul coordinamento delle normative concernenti le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading).
4 Consob, Regolamento 5553/1991, Art. 5.
5 Legge 7 giugno 1974, Nr. 216.
6 Legge 18 aprile 2005, Nr. 62.
7 Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa
all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato).
8 In tal senso Costi R., “Il Mercato Mobiliare”, V Xx. Xxxxxxxxxxxx Editore, 2008, Pag. 285. Maggiore è la quantità d’informazione che viene resa pubblica, minore è il tempo intercorrente tra la formazione dell’informazione ed il momento in cui questa diviene oggetto di obbligo di pubblicazione. Conseguentemente si riduce l’opportunità di sfruttamento individuale dell’informazione da parte di chi abbia accesso privilegiato.
9 Direttiva 2004/109/CE del parlamento europeo e del consiglio del 15 dicembre 2004
sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui
attuazione10, ha portato il legislatore ad emendare il TUF con l’inserimento, tra le altre modifiche, dell’art. 113-ter con rubrica, “disposizioni generali in materia di informazioni regolamentate”. La norma funge da framework generale di tutte le disposizioni in materia di informazione societaria disciplinando le modalità di diffusione e conservazione dei dati e demandando alla CONSOB l’ulteriore regolamentazione in materia. Tralasciando, in questa sede, la prolissa produzione normativa comunitaria attraverso le direttive di secondo livello, emerge con chiarezza ciò che è l’intento del legislatore comunitario: trasparenza e corretta informazione al mercato costituiscono valori da perseguire a prescindere dall’esigenza di reprimere fenomeni patologici come l’insider trading. Il progressivo incremento degli oneri informativi va, dunque, interpretato come strumento di rafforzamento della competitività delle imprese nel territorio comunitario attraverso la maggiore sicurezza che gli investitori hanno potendo giovare delle informazioni disponibili. Ecco come una disciplina nata con scopi specifici di lotta a comportamenti abusivi, oggi assume portata generale e, come tale, deve essere analizzata.
Parte 1. L’Informazione Privilegiata
Il concetto giuridico di informazione privilegiata costituisce il fulcro della normativa relativa all’informazione societaria. La classificazione, infatti, si pone come discrimine tra le informazioni che devono essere portate a conoscenza del pubblico e le notizie meramente interne, che possono rimanere riservate. La definizione legislativa è rinvenibile all’art. 181 TUF ove l’informazione privilegiata viene definita come: “un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari.”
valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE.
10 Decreto Legislativo 6 novembre 2007, Nr. 195.
Dalla formulazione della norma è agevole identificare tre essenziali caratteristiche di cui l’informazione privilegiata deve essere dotata: la precisione, la non-pubblicità, l’idoneità a produrre un’influenza sui prezzi (price sensitivity). La definizione è particolarmente fedele al testo della market abuse directive11 di cui il TUF costituisce attuazione. Tuttavia, prima di scendere nel merito dell’analisi specifica dei requisiti affinché l’informazione possa considerarsi privilegiata, è necessario sottolineare alcuni aspetti introduttivi. In primo luogo, è opportuno distinguere l’informazione privilegiata dai rumors, cioè dalle c.d. “voci di corridoio”. In questo caso l’elemento discriminante è l’identificazione e l’attendibilità del soggetto che produce l’informazione che, nel caso dei rumors, è sconosciuta. La sussistenza di “voci”, benché non certe e non attendibili riguardanti l’emittente, tuttavia, può suscitare incertezze nel mercato con conseguente repentina variazione dei prezzi. Questo è il motivo per cui la CONSOB impone, in tali circostanze, all’emittente di confermare o smentire i rumors mediante una comunicazione al pubblico12. Tale forma di disclosure, tuttavia, è differente rispetto alle forme di divulgazione ex art. 114 TUF in quanto, in questo caso, non si valuta ex ante l’idoneità dell’informazione ad influire sui prezzi, ma si constata l’effetto ex post. In secondo luogo, nonostante il notevole sforzo definitorio del legislatore comunitario, il concetto di informazione privilegiata è tendenzialmente difficile da definire in pratica. Basti confrontare il dato normativo con il significato comune del termine “informazione” definito come “ogni notizia, ogni elemento conoscitivo comunicato o acquisito”, per comprendere come l’informazione privilegiata, stante il suo carattere riservato, sia qualcosa di ontologicamente diverso. Sarà dunque, necessario soffermarsi sui singoli requisiti che l’art. 181 TUF richiede affinché l’informazione privilegiata sia tale.
11 Direttiva 2003/6/CE (Nr. 7), Par. 16.
12 Consob, Comunicazione DME/6027054, “Informazione al pubblico su eventi e circostanze rilevanti e adempimenti per la prevenzione degli abusi di mercato - Raccomandazioni e chiarimenti”, 2006, Par. 28 ss.
I. La non-pubblicità dell’informazione
Considerando il primo requisito della non-pubblicità dell’informazione privilegiata, è particolarmente utile, in primo luogo, confrontarsi con la disciplina di cui all’art. 114 TUF. Un’informazione, infatti, che sia stata pubblicata nelle forme di cui al predetto articolo non potrà essere considerata privilegiata in quanto pubblica. La pubblicità dell’informazione, tuttavia, può prescindere dall’applicazione dell’art. 114 TUF13, infatti la divulgazione della notizia può ben avvenire ad opera di soggetti che, legittimamente a conoscenza dell’informazione, volontariamente o meno, la diffondano. L’informazione, inoltre, può raggiungere il pubblico per mezzo delle procedure che disciplinano le comunicazioni alla CONSOB14. La notizia, poi, potrebbe comunque diffondersi per una molteplicità di canali non individuabili a priori, abbiamo, ad esempio, analizzato i rumors inerenti l’attività dell’emittente. In questi casi il legislatore risolve l’eventuale asimmetria formatasi disponendo che l’informazione venga comunque pubblicata nelle forme previste dall’Art. 114 TUF in modo tale da ricostruire la parità di trattamento tra gli investitori.
La questione è stata oggetto anche di una pronuncia della Cassazione penale nel 200815. La Corte si è soffermata sul carattere privilegiato dell’informazione sulla base della sua non accessibilità al pubblico nonostante questa fosse nota allo staff dell’intermediario finanziario nell’esercizio delle sue funzioni. L’interpretazione è corretta considerando la circostanza che, in virtù degli obblighi di riservatezza a carico dell’intermediario, l’informazione non possa raggiungere il pubblico degli investitori, non potendo, dunque, contribuire alla formazione delle loro scelte. Ciò, tuttavia, non significa che la disponibilità dell’informazione in capo a soggetti tenuti alla riservatezza sia sempre una garanzia a tutela della non- pubblicità della notizia che potrebbe, in verità, ben facilmente essere oggetto di
13 Annunziata F., “La Disciplina del Mercato Mobiliare”, VII Ed., Giappichelli Editore, 2014, Pag. 426.
14 Mi riferisco in particolare alle disposizioni di cui agli artt. 115 e 120 TUF.
15 Cassazione (Pen), Sentenza del 7 novembre 2008, Nr. 48005.
divulgazione e utilizzazione in spregio alle misure di riserbo previste. Per tale ragione il legislatore, in ottica preventiva, ha disposto all’art. 115-bis la predisposizione di appositi registri contenenti i nominativi dei soggetti che in ragione della loro attività lavorativa e professionale hanno accesso alle informazioni privilegiate. Infine, è opportuno un riferimento alle informazioni che potremmo definire derivate, infatti non può considerarsi informazione privilegiata la notizia frutto di ricerca e valutazione, derivante (o desumibile) da informazioni e dati già di dominio pubblico16.
II. La precisione dell’informazione
Altro requisito fondamentale affinché si possa qualificare l’informazione come privilegiata è la sua precisione. Nella normativa previgente le modalità di determinazione del livello di precisione dell’informazione erano di competenza dell’interprete, oggi, invece, a seguito dell’emanazione della direttiva 2003/124/CE17 il legislatore comunitario ha stabilito quando sussista la precisione. L’art. 181 comma 3 del TUF ricalca fedelmente il testo della direttiva e dispone che l’informazione ha carattere preciso se: “a) si riferisce ad un complesso di circostanze esistente o che si possa ragionevolmente prevedere che verrà ad esistenza o ad un evento verificatosi o che si possa ragionevolmente prevedere che si verificherà; b) è sufficientemente specifica da consentire di trarre conclusioni sul possibile effetto del complesso di circostanze o dell'evento di cui alla lettera a) sui prezzi degli strumenti finanziari”.
Operando un confronto con la versione precedente del TUF risulta chiaro come la nozione di precisione, oggi, tenda a ricomprendere un più ampio alveo di notizie, infatti non è più necessario che l’informazione si sia formalizzata attraverso
16 Direttiva 2003/6/CE (Nr. 7), Par. 31.
17 Direttiva 2003/124/CE della Commissione, del 22 dicembre 2003, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione del mercato.
le procedure previste, caso per caso, per l’assunzione delle decisioni in ambiente societario. La norma si riferisce ad un “complesso di circostanze”, nozione che, dunque, esclude il requisito della formalizzazione. Al contempo si esclude che sia necessaria una qualsivoglia forma di verificazione del fatto in sé, poiché la norma sposta l’attenzione sulla ragionevole previsione di fatti che verranno ad esistenza in futuro.
Il legislatore comunitario nel regolamento sugli abusi di mercato, è ancora più preciso contemplando l’ipotesi di processi lunghi ed articolati preposti ad un determinato obiettivo. In questo caso si dispone che anche una singola tappa del processo possa essere considerata informazione precisa purché sia connessa alla concretizzazione del risultato previsto18. Ne deriva che la valutazione dell’interprete inevitabilmente si sposti da una mera verificazione dei fatti alla base della notizia, ad un giudizio probabilistico sull’idoneità delle circostanze a produrre determinati fatti che, se dovessero venire ad esistenza, comporterebbero l’insorgere dell’informazione privilegiata. In altre parole, la definizione di informazione privilegiata, oggi, si presenta più aderente alla realtà, nella considerazione empirica che l'informazione si formi in modo dinamico in capo all’emittente attraverso un articolato susseguirsi di decisioni e fatti. Ne deriva che, lungi dal verificarsi l’evento o del fatto oggetto della notizia, nel momento in cui il processo dinamico di formazione dell’informazione è sufficientemente maturo da potersi ragionevolmente prevedere l’esito dell’operazione, l’informazione privilegiata venga ad esistere19. Attraverso questo approccio, si anticipa l’emersione dell’informazione privilegiata con l’immediato operare di tutti gli obblighi previsti in tema di pubblicazione e limitando l’intervallo temporale in cui può collocarsi un eventuale abuso.
18 Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione, Art. 7, Co 2.
19 Annunziata F., (Nr. 13), Pag. 431.
Il rischio di una nozione così ampia è che, tuttavia, la disposizione non funga da filtro efficace delle informazioni rilevanti per il pubblico generando, paradossalmente, maggiore incertezza presso gli investitori20. Per prevenire questo effetto, tuttavia, soccorre la seconda parte del comma 3 che richiede la specificità dell’informazione, nel senso che questa sia idonea alla valutazione degli effetti che derivano dai fatti oggetto dell’informazione stessa; effetti che devono possibilmente influire sui prezzi nel mercato degli strumenti finanziari.
III. La price sensitivity dell’informazione
Il terzo requisito che l’art. 181 TUF richiede per l’informazione privilegiata è la sua price sensitivity. In altre parole, l’idoneità ad influire in modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari. Tale valutazione, da effettuarsi ex ante21, comporta non poche difficoltà applicative in quanto è assolutamente irrilevante il verificarsi o meno dell’influenza sui prezzi in concreto, bensì la ragionevole prospettiva che ciò avvenga. È, dunque, il legislatore stesso a chiarire le modalità di determinazione del requisito della price sensitivity al comma 4 dell’art. 181 TUF disponendo il c.d. “test dell’investitore ragionevole”. La norma dispone che l’informazione può avere influenza sensibile sui prezzi se “presumibilmente un investitore ragionevole la utilizzerebbe come uno degli elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento”. La disposizione indica come il test si basi sulla significatività22 dell’informazione rimanendo escluso ogni parametro di natura quantitativa. In sostanza è irrilevante quanto l’informazione muti l’andamento dei prezzi, bensì se l’informazione influisca o meno sul momento volitivo, dunque, sulla volontà di investire o disinvestire. L’indagine relativa all’influenza
20 Annunziata F., (Nr. 13), Pag. 427.
21 Vedi Corte di Giustizia UE, C-45/08, Par. 69 “[…] questa idoneità ad incidere sensibilmente sui prezzi deve valutarsi, a priori, alla luce del contenuto dell’informazione di cui trattasi e del contesto nel quale essa s’inserisce. Per determinare se un’informazione sia privilegiata, non è quindi necessario esaminare se la sua divulgazione abbia effettivamente influito in modo sensibile sul prezzo degli strumenti finanziari cui essa si riferisce.”
22 Annunziata F., (Nr. 13), Pag. 428.
dell’informazione, dunque, si sposta ad un momento antecedente rispetto a quello della verificazione dell’effetto, in quanto l’influenza sul prezzo sarà il naturale risultato del mutamento della domanda di quel particolare strumento finanziario in seguito al realizzarsi delle mutate scelte degli investitori.
Nonostante le specificazioni di cui al comma 4, l’interpretazione della norma presenta alcuni profili di criticità ed incertezza in particolare per quanto concerne la nozione di investitore razionale. Ci si chiede in dottrina, infatti, quale livello di professionalità dovrebbe avere l’investitore razionale considerato come parametro della disposizione. Il testo della direttiva, xxxxxx, non offre una risposta a tale interrogativo. La questione è di importante rilevanza considerando che, ad esempio, un investitore professionale assume le proprie decisioni di investimento potendo contare su una notevole abilità nel selezionare e valutare le informazioni disponibili a differenza di ciò che potrebbe fare un comune risparmiatore. Per esigenze di coerenza di sistema, tuttavia, dovrebbe preferirsi un approccio intermedio che veda l’investitore razionale come un soggetto comunque capace di elaborare razionalmente e correttamente le informazioni disponibili nell’orientare le proprie scelte23.
Quanto al contenuto dell’informazione, ai fini del soddisfacimento del requisito della price sensitivity, sembra, dunque, che siano escluse le notizie relative alla gestione ordinaria dell’emittente dovendosi, invece, includere tutte quelle circostanze che comportano un mutamento della gestione economico/finanziaria dell’impresa. L’area di rilevanza è comunque ampia se consideriamo che possono rientrare nella definizione anche informazioni circa eventi il cui verificarsi non dipende da atti di impulso manageriale. Possiamo immaginare, ad esempio, eventuali azioni legali avviate contro l’emittente, sanzioni emanate da enti pubblici
23 Xxxx Xxxx, “Nuovi profili della disciplina sugli abusi di mercato”, Seminari della Cassa Nazionale Forense, 2004. La disciplina comunitaria in tema di abusi di mercato si sviluppa nell’ottica della costituzione di un modello di mercato efficiente. Ne deriva che tale impostazione presupponga operatori che siano preparati nella valutazione delle informazioni rilevanti per l’investimento.
o eventi che portino al materiale danneggiamento degli impianti produttivi24. Tutti questi fatti, avendo notevole influenza sulla fiducia che gli investitori ripongono sull’impresa, sono suscettibili di determinare importanti variazioni dei prezzi degli strumenti finanziari e, come tali, rientrano a pieno nella definizione di informazione privilegiata.
Parte 2. L’Informazione Continua, Art. 114 TUF
Come accennato precedentemente, l’Art. 114 del TUF costituisce il punto centrale della presente trattazione, trattandosi della norma, forse, più significativa in ambito di informazione societaria. La norma, infatti, dispone al comma 1 la comunicazione “senza indugio” delle informazioni privilegiate così come definite all’art. 181 TUF facendo sorgere, dunque, in capo all’emittente l’obbligo di disclosure. La disposizione, tuttavia, presenta delle criticità implicite che derivano dalla sua stessa formulazione. Infatti, se da un certo punto di vista, come analizzato precedentemente, vi è l’interesse a che l’informazione sia il più presto possibile a disposizione del pubblico, vi è la circostanza che, affinché ciò avvenga, sia necessario che la notizia abbia raggiunto gli organi di vertice della società. Questo può determinare una notevole dilazione della pubblicazione rispetto al momento in cui l’informazione privilegiata è venuta ad esistenza25. La norma non potrebbe, d’altronde, disporre diversamente, considerando che solo gli amministratori sono coloro che hanno la compiuta percezione degli affari sociali e gli unici che hanno l’effettiva possibilità di valutare le informazioni. Tuttavia, soprattutto nelle entità societarie di notevoli dimensioni, è frequente che l’informazione si formi ad un livello gerarchico inferiore, pensiamo ad un risultato di una ricerca o di uno studio determinante per l’attività tipica dell’ente. Queste attività sono svolte notoriamente da strutture inferiori e team specifici, nei cui confronti, il controllo degli amministratori avviene in forma indiretta. È in questo contesto che l’informazione potrebbe essere agevolmente occultata o sfruttata. Ecco dunque, che, si dimostra come un’efficiente sistema di informazione continua debba essere necessariamente
24 Gilotta S. (Nr. 1), Pag. 1158.
25 Gilotta S., (Nr. 1), Pag. 1158.
affiancato da una policy interna all’ente che disponga un articolato coordinamento tra le strutture societarie per la raccolta e la valutazione interna delle informazioni da portare all’attenzione dell’organo amministrativo. Un sistema che potremmo definire di “corporate information”26. Il prosieguo dell’analisi normativa, dovrà, dunque, necessariamente confrontarsi con tale circostanza.
I. Ambito Soggettivo di Applicazione
L’art. 114 TUF, al comma 1, identifica come soggetti destinatari della norma gli emittenti xxxxxxx00 e i soggetti che li controllano. Ad ogni modo, la stessa disposizione al comma 12, anticipa la soggezione all’obbligo di disclosure anche per i “soggetti italiani ed esteri che emettono strumenti finanziari per i quali sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni nei mercati regolamentati italiani”. La ratio dell’estensione è palese: ai fini della completa informativa di mercato anche coloro che stanno per quotarsi devono, a maggior ragione, diffondere informazioni complete circa i titoli che saranno immessi nel mercato. È irrilevante se, poi, la domanda di ammissione alla quotazione dovesse essere rigettata, l’obbligo permarrà per il periodo intercorrente tra la domanda e l’eventuale rigetto.
L’art. 114 TUF è una norma che non si applica esclusivamente alle società quotate. L’art. 116 TUF, infatti, opera un’estensione della sua operatività anche con riguardo agli emittenti non quotati che abbiano emesso strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in maniera rilevante28. La ragione alla base di questa scelta legislativa
26 Visentini B., “L’informazione societaria e gli azionisti”, in AA.VV., L’informazione societaria. Atti del Convegno internazionale degli studi, Venezia, Xxxxxxx, 1982, Pag. 93 ss.
27 La definizione di emittente quotato rilevante ai nostri fini è quella di cui all’art. 1, comma 1, lettera W del TUF: “i soggetti, italiani o esteri, inclusi i trust, che emettono strumenti finanziari quotati in un mercato regolamentato italiano […]”.
28 La definizione di emittenti non quotati con strumenti finanziari diffusi si rinviene, in virtù del rimando operato dall’art. 116 TUF, nel regolamento emittenti all’art. 2-bis. In caso di soggetti che emettono azioni, questi devono avere almeno 500 azionisti che detengano complessivamente il 5% del capitale e l’emittente non rientri tra quelli che possono redigere il bilancio in forma abbreviata.
si fonda sulla circostanza che non vi è sostanziale differenza, ai fini della tutela dell’investitore tra una società quotata e una società che, sebbene non sia quotata, diffonda i propri strumenti finanziari in misura rilevante. Nell’opinione di chi scrive, in verità, la domanda di informazioni in questo settore potrebbe essere anche superiore rispetto che in relazione agli emittenti quotati. Infatti, con riguardo alle società quotate vediamo, oggi, l’operare di sistemi automatizzati quali gli HFT29, il cui funzionamento avremo modo di approfondire in seguito, che effettuano transazioni, generalmente prescindendo delle informazioni diffuse ex art. 114 TUF. Al contrario con riguardo agli emittenti strumenti finanziari diffusi, avvenendo le transazioni in forma tradizionale, l’informazione societaria mantiene una notevole rilevanza. Con l’art. 116, dunque, il TUF finisce con l’equiparare gli emittenti quotati a quelli con strumenti finanziari diffusi, sottolineando come l’elemento discriminante, circa le necessità o meno di informare il pubblico, risieda non più nella qualifica o meno di emittente quotato, bensì nell’attitudine di uno strumento finanziario di circolare e di raggiungere un numero sufficientemente vasto di investitori30.
Nel caso di emissioni di obbligazioni devono esservi almeno 500 obbligazionisti e un patrimonio netto di almeno 5 milioni di euro. Nel caso di emissione di azioni vi sono anche dei requisiti di natura qualitativa ed in particolare: che le azioni siano state oggetto di sollecitazione al pubblico, di un collocamento, che siano state negoziate su sistemi di scambio organizzati con il consenso dell’emittente o del socio di controllo o che siano state emesse da banche e acquistate o sottoscritte presso le loro sedio dipendenze.
29 Si tratta dell’High Frequency Trading, una modalità di negoziazione dei titoli basata su algoritmi informatici che autonomamente e ad altissima velocità negozia titoli sfruttando anche le minime variazioni di prezzo per conseguire alti profitti. L’intervento umano è quasi escluso e generalmente gli algoritmi non tengono in considerazione le informazioni diffuse, bensì parametri di natura matematica e statistica. Per un maggiore approfondimento vedi: Strampelli G., “L’informazione Societaria a Quindici Anni dal TUF: profili evolutivi e problemi”, Rivista delle Società, fasc. 5, 2014, pag. 991.
30 Xxxxxx. F., “Informazione Societaria: Modifiche al Regolamento Emittenti”, relazione al convegno Synergia Formazione, “Le informazioni Price Senisitive”, Milano, 2009, Pag. 9.
Come accennato precedentemente, gli obblighi informativi ex art. 114 TUF gravano anche sui soggetti che controllano31 un emittente quotato. Ne deriva che gli obblighi di disclosure interessano tutti i gruppi al cui interno vi sia almeno un emittente quotato e qualora qualunque operazione effettuata dal gruppo sia in grado di determinare un effetto sui prezzi della società quotata32. L’art. 114, comma 2, poi contiene una norma di natura organizzativa dei rapporti tra le società del gruppo. Infatti, affinché la diffusione delle informazioni price sensitive possa avvenire efficientemente è necessario, in primo luogo, che le società del gruppo scambino informazioni tra loro. La norma, dunque, dispone che l’emittente debba impartire le disposizioni necessarie affinché le società controllate forniscano tempestivamente tutte le informazioni necessarie per adempiere agli obblighi informativi previsti dalla legge. La norma solleva, dei dubbi interpretativi, in quanto sembra che assuma come riferimento esclusivamente la situazione in cui sia la holding ad essere l’emittente quotato e non il caso in cui ad essere quotata sia una controllata. Alla luce di un approccio di sistema, interpretando estensivamente, si ritiene, tuttavia, che il potere di richiedere le informazioni price sensistive spetti anche alla società non quotata che detenga partecipazioni di controllo in una società quotata, altrimenti non sarebbe in nessun modo possibile per l’holding adempiere agli obblighi imposti dall’art. 114 TUF.
La disposizione solleva, inoltre, un ulteriore problema interpretativo circa la duplicazione degli obblighi informativi in capo all’emittente quotato ed il soggetto controllante. La questione si risolve individuando un soggetto tenuto primariamente alla diffusione dell’informazione e un soggetto che provvede,
31 La nozione di controllo ai fini della presente disposizione si mostra più ampia di quella civilistica. L’art. 93 TUF, infatti, prevede che sia considerato soggetto controllante la società che: rientri nella nozione di cui all’art. 2359 comma 1 e 2 Cod. Civ. (maggioranza dei voti in assemblea ordinaria o voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria) oppure che abbia un’influenza dominante in virtù di contratto o clausola statutaria o, ancora, qualora un socio, anche in virtù di sindacati di voto dispone da solo di voti sufficienti ad avere influenza dominante sull’assemblea ordinaria.
32 Secondo questo approccio sarebbero, dunque, rilevanti anche le operazioni effettuate da società sorelle rispetto all’emittente quotate che possano in qualche modo influenzare l’andamento dei titoli.
eventualmente, in via sussidiaria. Di norma, infatti, dalla stessa formulazione dell’art. 114 comma 1 che prevede la comunicazione senza indugio, deriva che debba provvedere in via primaria l’ente che per primo abbia contezza dell’informazione privilegiata, subentrando la controllante solo in caso di inerzia. Non è da ignorare, poi, lo stesso comma 2 dell’art. 114 TUF che, nel momento in cui impone un’organizzazione di gruppo delle informazioni, consente il coordinamento delle società in merito alla pubblicazione delle stesse33. Ad ogni modo, nel momento in cui uno dei soggetti obbligati provveda correttamente alla pubblicazione, l’informazione diventerebbe di pubblico dominio facendo venire meno il carattere privilegiato dell’informazione medesima e, dunque, sollevando gli altri soggetti dall’obbligo di disclosure.
II. Ambito Oggettivo di Applicazione (rinvio)
L’art. 114 TUF obbliga gli emittenti alla pubblicazione delle informazioni privilegiate. Abbiamo già avuto modo di discutere riguardo ai requisiti legali per la determinazione e l’individuazione delle informazioni privilegiate a cui rinviamo, tuttavia, in questa sede, può essere utile esporre qualche esempio pratico di informazioni che apparentemente non rientrerebbero nell’ambito di applicazione della norma e che, invece, generalmente, si ritiene debbano essere oggetto di disclosure.
Come è ovvio sarà certamente oggetto di diffusione la c.d. corporate information in quanto si tratta di informazioni direttamente generate in capo all’emittente riguardanti lo stato economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa. Si tratta di informazioni comunque destinate a confluire entro altri documenti obbligatori quali il bilancio e le relazioni periodiche, dunque l’art. 114 TUF opererà quale sistema di anticipazione della diffusione dei dati aziendali quando, per ragioni connesse alla notevole influenza sui prezzi, sarebbe pregiudizievole per il mercato una dilazione. Rientrano nella nozione di corporate
33 Annunziata F., (Nr. 13), Pag. 422.
information anche le modifiche che interessano il management ed eventuali accordi e partnership che l’emittente instaura con altri soggetti che assumono carattere strategico per le attività di impresa.
Considerando l’ampiezza della nozione di informazione privilegiata, sarà oggetto di disclosure anche la c.d. market information, almeno finché i relativi dati non siano di dominio pubblico. In questo caso, si tratta di informazioni che non sono prodotte in capo all’emittente, ma di cui l’emittente è a conoscenza nell’esercizio della sua attività. Le notizie riguardano, in particolare, il mercato primario ove l’impresa svolge la sua attività tipica. Variazioni nelle quote di mercato o nelle abitudini dei consumatori, infatti, possono ben influenzare l’andamento degli affari societari con effetto riflesso sui prezzi dei titoli in circolazione. Senza voler scendere nel dettaglio delle numerose categorie di informazioni che potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione oggettivo dell’art. 114 TUF, è di interesse un documento d’indirizzo34 prodotto dal forum sull’informazione societaria ed adottato anche da Borsa Italiana che individua, in una lista non esaustiva, le informazioni che potrebbero essere considerate privilegiate. Si tratta di ipotesi eterogenee che rendono difficoltoso un inquadramento sistematico e suggeriscono l’evidente circostanza che la valutazione
34 Forum sull’Informativa Societaria, “Guida per l’informazione al Mercato”, 2002, Principi 1 e 2. In particolare, sarebbero informazioni privilegiate: 1. ingresso in, o ritiro da, un settore di business;
2. dimissioni/nomina di consiglieri d’amministrazione/sindaci 3. acquisto/alienazione di partecipazioni, di altre attività o di rami d’azienda; 4. rinuncia all’incarico da parte della società di revisione; 5. operazioni sul capitale o emissione di warrant; 6. emissione di obbligazioni e altri titoli di debito; 7. modifiche dei diritti degli strumenti finanziari quotati; 8. perdite tali da intaccare rilevantemente il patrimonio netto; 9. operazioni di fusione o scissione; 10. conclusione/modifica/cessazione di contratti o accordi; 11. conclusione di processi relativi a beni immateriali quali invenzioni, brevetti o licenze; 12. controversie legali; 13. cambiamenti nel personale strategico della società; 14. operazioni sulle azioni proprie; 15. presentazione di istanze o emanazione di provvedimenti di assoggettamento a procedure concorsuali; 16. richiesta di ammissione a procedure concorsuali; 17. operazioni con parti correlate.
della price sensitivity debba sempre avvenire caso per caso, dovendosi, comunque, privilegiare, in caso di dubbio la scelta di procedere alla pubblicazione35.
III. La possibilità di ritardare la diffusione delle informazioni
Un tema tradizionalmente oggetto di discussione è il bilanciamento tra il contrastante interesse dell’emittente alla riservatezza con il naturale interesse del mercato alla diffusione delle notizie price sensitive. Nel sistema previgente il conflitto veniva risolto tendenzialmente (e quasi esclusivamente) a favore del mercato. Infatti, la possibilità unilaterale dell’emittente di ritardare la disclosure non era contemplata, vi era solo la possibilità di proporre alla CONSOB un reclamo motivato36 qualora dalla pubblicazione derivasse un grave danno. La decisione era della CONSOB che doveva verificare se dalla pubblicazione della notizia potesse derivare un errore per il pubblico su fatti e circostanze essenziali. In seguito al recepimento della direttiva in materia di abusi di mercato37, la disciplina attualmente in vigore, contenuta all’art. 114 comma 3 TUF, si mostra più articolata. L’emittente, infatti, può ritardare la diffusione delle informazioni quando dalla pubblicazione possa derivarne un pregiudizio ai propri interessi legittimi38, tuttavia al sussistere di due condizioni: che l’emittente sia in grado di garantire la riservatezza delle informazioni e che l’omessa pubblicazione non sia tale da fuorviare il pubblico. Dunque, è sempre l’interesse del mercato, in ogni caso, a prevalere.
Ad un’attenta analisi empirica, tuttavia, emerge come la norma non sia posta esclusivamente a garanzia dell’emittente, bensì del mercato in generale. Infatti, la
35 Consob, Delibera Nr. 6027054 (Nr. 12), Par. 6.
36 La possibilità di reclamo è disciplinata è, tuttora, in vigore con riferimento agli obblighi ex art. 114 comma 5 TUF al comma 6.
37 Direttiva 2003/6/CE, (Nr. 7), art. 6.
38 Troviamo un’elencazione, seppur esemplificativa, di interessi legittimi all’art. 3 della Direttiva 2003/124/CE (Nr. 17). Sono considerati interessi legittimi l’esistenza di trattative in corso, non ancor definite o la sussistenza di decisioni interne alla società che necessitano di approvazione di altro organo societario per acquisire effettività.
diffusione di una notizia non ancora propriamente matura, come abbiamo constatato parlando di informazioni privilegiate a formazione progressiva, oltre a danneggiare l’emittente, potrebbe comportare incertezze anche presso il pubblico degli investitori39. In particolare, con riguardo a notizie circa trattative in corso, studi e ricerche non definite, l’immediata pubblicazione potrebbe portare al fallimento dell’operazione stessa con pregiudizio riflesso degli azionisti. Alla luce di questo approccio sembra, dunque, che la stessa ratio alla base dell’art. 114 subisca una modifica: la norma, infatti, vorrebbe oggi tutelare una forma corretta e completa di informazione non più su base quantitativa, bensì qualitativa40. Il pregiudizio agli interessi legittimi, può, inoltre, essere dovuto ad elementi estranei all’andamento degli strumenti finanziari in circolazione, bensì essere connesso a ragioni di protezione della forza competitiva nel product market dell’emittente. La notizia oggetto dell’obbligo di pubblicazione, infatti, potrebbe ben riguardare elementi che potrebbero essere oggetto di sfruttamento dalle imprese concorrenti con conseguenza perdita di quote di xxxxxxx00. In questo caso, l’interesse dell’emittente e dell’investitore al ritardo dell’informazione presumibilmente coinciderà, in quanto la divulgazione della notizia sarebbe motivo di impoverimento dell’impresa con immediato riflesso sull’andamento dei titoli.
Al tempo stesso, comunque, deve essere sempre garantita la parità di trattamento degli investitori, per tale ragione la norma dispone che l’emittente deve essere in grado di garantire la riservatezza dell’informazione con l’immediata sanzione della pubblicazione, nel caso in cui la notizia giunga in conoscenza a soggetti non obbligati alla riservatezza. La citata disposizione affronta un momento patologico: se non è possibile, in concreto, compartimentare l’informazione, allora, in ottica di prevenzione dell’abuso, è necessario ripristinare la parità di trattamento portando il pubblico a conoscenza della notizia.
39 Xxxxxx X., (Nr. 30), Pag. 18.
40 Gilotta S., (Nr. 1), Pag. 1161.
41 Hopt H. J., “Company Law Modernization: Transatlantic Perspectives” Rivista delle Società, 2006, 906 ss.
Un altro aspetto di importante analisi è l’individuazione del momento a partire dal quale un’informazione possa definirsi diffusa in ritardo. Soccorre, in tal senso, la definizione stessa di informazione privilegiata: solo qualora tutti i requisiti per la formazione dell’informazione privilegiata saranno soddisfatti, sorgerà l’obbligo di pubblicazione e assumerà rilievo l’eventuale ritardo. Tuttavia, abbiamo visto come, sovente, l’informazione sia a formazione progressiva, ne deriva una notevole incertezza circa il momento esatto in cui l’eventuale ritardo decorra, in quanto la norma fa riferimento ad una notizia compiutamente formata. L’istituto, dunque, potrebbe essere usato con finalità dilatorie allo scopo di scongiurare la pubblicazione di un’informazione privilegiata, seppur parziale, con conseguente costituzione di un intervallo di tempo utile alla verificazione dell’informazione stessa.
La CONSOB vigila, comunque, sulla sussistenza dei requisiti per ritardare l’informazione in seguito ad obbligatoria comunicazione da parte dell’emittente che spieghi le modalità e le ragioni che giustificano la dilazione42 e può, verificata l’insussistenza delle ragioni a supporto, obbligare l’emittente alla pubblicazione della notizia in favore del mercato.
IV. (Segue) La Selective Disclosure
Leggendo a contrariis l’art. 114 comma 3 TUF, ne deriva che nel nostro sistema c’è poco spazio per la c.d. selective disclosure cioè la comunicazione a terzi nominalmente individuati di informazioni price sentitive. Infatti, questa è possibile solo in applicazione della norma sul ritardo della comunicazione al pubblico e solo qualora il destinatario dell’informazione sia tenuto alla riservatezza della stessa in virtù della sua attività lavorativa o professionale o in base ad un contratto43. In caso contrario, come abbiamo visto, è disposta l’immediata pubblicazione per ripristinare la parità di trattamento tra gli investitori. L’elemento che sembra estendere maggiormente la possibilità per l’emittente di operare scelte di selective
42 Regolamento 596/2014 (Nr. 18), art. 17.
43 Regolamento 596/2014, (Nr. 18), Par. 57.
disclosure è proprio la possibilità di comunicare le informazioni ad un soggetto tenuto alla riservatezza in base a contratto. Una clausola di riservatezza contrattuale, infatti, è possibile collocarla all’interno di qualunque rapporto con soggetti estranei all’emittente, ad esempio, consulenti, avvocati e singoli soci qualora sia necessario informarli circa operazioni che richiedano un consenso espresso44. La selective disclosure era anche un sistema, nella prassi utilizzato, soprattutto negli Stati Uniti per costruire un canale privilegiato di informazione periodica con gruppi di analisti anteriormente alla pubblicazione delle notizie. Questo fenomeno, dapprima contrastato negli USA, è stato oggetto di ferrea opposizione anche da parte della CONSOB45 che, in caso di divulgazione delle informazioni ad analisti o ad altri professionisti esterni, dispone un obbligo di informazione da indirizzarsi all’Autorità, contente i punti in programma, nonché data e luogo della riunione e la successiva pubblicazione di sommarie notizie circa i principali argomenti trattati.
L’utilizzo, talvolta, distorto della possibilità di distribuire selettivamente l’informazione, non deve, tuttavia, portare a considerare la pratica come pericolosa. Infatti, tale strumento si mostra particolarmente utile nei gruppi societari ove, a prescindere dai sistemi preposti allo scambio di informazioni ex art. 114 comma 2 TUF, sovente è necessaria la comunicazione ad hoc di informazioni ad organi ed esponenti di altre società appartenenti al gruppo46. La liceità della selective disclosure con riferimento a singoli soci merita, inoltre, ulteriore approfondimento. Infatti, da un punto di vista meramente pratico la comunicazione tra amministratori ed, in particolare, i soci di controllo è, spesso, funzionale alla stessa corretta gestione degli affari sociali, ma non solo. Il consenso, in sede assembleare, dei soci di controllo, è fondamentale per l’effettuazione di uno svariato numero di
44 Montalenti P., “Disclosure e riservatezza nei mercati finanziari: problemi aperti”, Atti del convegno organizzato da Associazione Disiano Preite e dall’Università di Pavia, “L’informazione societaria a quanrant’anni dalla legge n. 216/1974. Imprese ed investitori tra forma e sostanza”, 2013, Pag. 9.
45 Consob, Comunicazione DME/6027054, (Nr. 35), Xxx. 00 xx.
00 Xxxxxxxxxx X., (Xx. 44), Pag. 10.
operazioni di maggior rilievo. Il primo ostacolo ad una disclosure selettiva nei confronti del socio di controllo deriva, come abbiamo già affermato, del principio di parità di trattamento di cui all’art. 92 TUF. La norma in esame si compone di due distinte previsioni: al comma 1, viene definita la parità di trattamento informativa tra i portatori di strumenti finanziari quotati che si trovino in situazioni identiche; al comma 2, invece viene espresso il principio per cui i portatori di strumenti finanziari quotati abbiano diritto ad accedere alle informazioni necessarie per l’esercizio dei propri diritti. La finalità della norma di cui la comma 1 è chiaramente l’intento di evitare il formarsi di asimmetrie informative nella negoziazione degli strumenti finanziari, questa è una norma estranea al diritto societario comune47 che si rende necessaria solo in virtù della circostanza della quotazione, ne deriva che, in astratto, nessuna lesione del principio è ipotizzabile in caso di selective disclosure verso i soci di maggioranza se gli amministratori sono in grado di mantenere la confidenzialità dell’informazione (eventualmente con l’ausilio di una clausola contrattuale di riservatezza) e scongiurare un eventuale abuso48. Quanto alla norma di cui al comma 2, la disposizione apparentemente andrebbe contro la possibilità di una selective disclosure, in quanto i soci non paritariamente informati non avrebbero la possibilità di esercitare a pieno i propri diritti. Tuttavia, non tutte le informazioni selettivamente comunicate ai soci di maggioranza sono passibili di modificare le scelte della minoranza in sede assembleare. La protezione dell’interesse patrimoniale ed “amministrativo” di tali soggetti, non necessariamente si pone in conflitto con la maggiore informazione condivisa con alcuni soci. Conseguentemente è da preferire un approccio interpretativo che valorizzi l’efficienza della gestione societaria ed il funzionamento del mercato, approccio che, come abbiamo visto, non richiede una diffusione delle informazioni esattamente simmetrica49. Interpretare contrariamente le disposizioni in esame potrebbe ad un risultato inaccettabile sotto il profilo pratico: l’assoluta impossibilità
47 D’Attorre X., “Il principio di uguaglianza tra soci nelle società per azioni”, Xxxxxxx, 2007, Pag. 203.
48 Xxxxxxxxx A., Mosca C., “Flussi informativi tra amministratori e soci nella società quotata, tra ambigiutà ed esigenze della disciplina”, Pag. 35.
49 Xxxxx X., Xxxxxxxx X., “Il mercato mobiliare”, CEDAM, 2004, Pag. 925.
per gli amministratori di “parlare” con la proprietà, cioè con i soggetti da cui, più o meno direttamente, scaturisce il proprio mandato, con lesione dei principi di efficienza della gestione e di continuità aziendale. Ciò non significa negare, tuttavia, che le considerazioni appena effettuate non vadano conciliate con le preminenti esigenze di protezione del mercato e con la disciplina di cui all’art. 114 comma 3 TUF, precedentemente descritta.
V. I poteri della CONSOB ex art. 114 comma 5 TUF.
La CONSOB dispone del potere, ex art. 114 comma 5 TUF di imporre la pubblicazione di notizie e documenti necessari per l’informazione al pubblico. La particolarità della disposizione, tuttavia, si fonda sui destinatari della stessa. Infatti, la CONSOB può richiedere tali informazioni non solo ai destinatari degli obblighi di informazione continua, bensì ad una più ampia platea di soggetti che, in virtù della loro posizione, sono presumibilmente in possesso dell’informazione. La norma cita i componenti dell’organo di amministrazione o di controllo, i dirigenti, coloro che detengono una partecipazione rilevante e gli aderenti a patti parasociali. Il potere della CONSOB, inoltre, si mostra abbastanza intrusivo considerando che nel caso in cui l’ordine di pubblicazione venga disatteso, provvede direttamente l’Autorità a spese del soggetto inadempiente. Questa forma di comunicazione, essendo di natura episodica e, comunque, dipendente da una formale richiesta della CONSOB, ha una portata esclusivamente eventuale. La norma, difatti, assume la forma di una classica disposizione di chiusura50.
Problema non trascurabile che solleva la disposizione, in particolare alla luce della possibilità della CONSOB di agire unilateralmente, è l’interesse alla riservatezza che può avere l’emittente con riguardo all’informazione oggetto dell’obbligo di pubblicazione. Il comma 6 dispone, infatti, la possibilità per l’emittente di proporre reclamo qualora dalla pubblicazione possa derivare un grave danno. Il reclamo comporta l’automatica sospensione dell’obbligo di
50 Gilotta S., (Nr. 1), Pag. 1164.
pubblicazione. La CONSOB dispone di sette giorni per valutare le ragioni a sostegno del reclamo e può accoglierlo anche temporaneamente o parzialmente solo qualora l’omessa pubblicazione non possa indurre in errore il pubblico. In assenza di replica al reclamo, questo si intende accolto integralmente.
La norma va, tuttavia, integrata con alcune disposizioni del regolamento emittenti51. Infatti, la CONSOB esercita il potere conferito dal comma 5 nel momento in cui si fa riferimento ad una richiesta “in via generale” disponendo l’automatico obbligo di comunicazione di una serie di operazioni societarie. Di particolare rilievo è l’art. 70 del regolamento emittenti per quanto concerne le operazioni straordinarie52. La CONSOB è come se integrasse la normativa di diritto comune richiedendo, nel corso del procedimento preposto all’operazione, un corpo di informazioni aggiuntive per l’informazione al pubblico. Senza scendere nel dettaglio delle informazioni in concreto richieste, si registra comunque, la tendenza a includere notizie circa lo “stato di salute” dell’emittente che possono essere di notevole utilità in sede di valutazione degli effetti dell’operazione per il pubblico. Il problema di maggior rilievo che, tuttavia, si pone è connesso alle conseguenze sulla liceità del procedimento in caso di un’eventuale irregolarità degli obblighi imposti in sede regolamentare. Sotto questo profilo giova ricordare che il legislatore non dispone il potere della CONSOB di integrare la normativa civilistica in tema di fusioni, scissioni ed altre operazioni straordinarie. Ne deriva che il mancato rispetto degli obblighi informativi rilevi solo sotto il profilo delle sanzioni in materia di informazione societaria. Sono, poi, previsti ulteriori adempimenti informativi che scaturiscono dal potere attribuito alla CONSOB dall’art. 114 comma 5 TUF che concernono una pluralità di operazioni eterogenee che riguardano l’emittente53. La relativa disciplina è contenuta agli artt. 84 ss. sotto la rubrica “altre informazioni”.
51 Consob, Delibera del 14 maggio 1999 e successive modificazioni, c.d. Regolamento Emittenti.
52 Annunziata F., (Nr. 13), Pag. 440.
53 Tali obblighi (le c.d. altre informazioni) riguardano in particolare: l’esercizio dei diritti sociali (art. 84) le stock option (art. 84-bis), i verbali assembleari (art. 85), le modifiche al capitale (art. 85- bis), gli strumenti finanziari ex art. 2351 cc comma 5 (art. 85-ter), la composizione degli organi
VI. (segue) Xxxxxxxxxx e coordinamento con gli obblighi ex art. 114 comma 1
Come abbiamo già avuto modo di affermare la norma di cui all’art. 114 comma 5 TUF ha funzione di disposizione di chiusura del complesso sistema preposto all’informazione societaria. Gli obblighi che ne scaturiscono, tuttavia, si mostrano parzialmente differenti in comparazione con il comma 1. Infatti, in primo luogo, l’informazione di cui al comma 5 non è necessario che abbia carattere privilegiato. Questo si desume dall’ampia latitudine e indeterminatezza della disposizione che fa riferimento a “dati e notizie necessari per l’informazione del pubblico”. Ragionando in forma astratta, pressoché ogni informazione potrebbe unilateralmente essere considerata dalla CONSOB necessaria per l’informazione al pubblico. Ne deriva che il comma 5 finisce per conferire alla CONSOB una notevole potestà discrezionale.
Una seconda problematica si pone a livello di coordinamento. Infatti, non di rado, l’informazione ex art. 114 comma 5 TUF ha natura privilegiata, ne consegue un’evidente duplicazione con riguardo agli obblighi di informazione continua ex art. 114 comma 1 TUF54. In particolare, abbiamo analizzato i notevoli obblighi informativi in sede di operazioni straordinarie, in questo caso è evidente l’intento del legislatore: la precisione e la significatività propria della nozione di informazione privilegiata deve essere superata a favore di una più ampia informazione, forse eccessivamente prolissa, che garantisca un quadro generale che consenta all’investitore di comprendere più analiticamente la bontà del proprio investimento.
sociali (art. 85-quater), l’offerta di diritti d’opzione (art. 89) e l’adesione ai codici di comportamento (art. 89-bis e art. 89-ter).
54 Annunziata F., (Nr. 13), Pag. 440.
Parte 3. Le Comunicazioni alla CONSOB
Oggetto di questa parte della trattazione saranno in particolare tutti quegli obblighi informativi che non hanno come destinatario il mercato (almeno direttamente), bensì la CONSOB. A tal riguardo è opportuno preliminarmente sottolineare come la ratio normativa alla base di tali obblighi sia differente rispetto a quella che ispira la disciplina in generale. Il legislatore, infatti, dispone che talune informazioni siano trasmesse alla CONSOB in modo tale da garantire a tale organo una effettiva vigilanza55 sull’operato degli emittenti e, più in generale, di tutti coloro che sono, a vario titolo, in possesso di informazioni rilevanti per il mercato. Ragionando, in astratto, infatti, l’organo che vigila deve disporre di un corpo maggiore di informazioni rispetto a quelle che sono soggette a pubblicazione e quindi oggetto stesso del controllo. La diversa finalità della disposizione è anche affermata dal generale segreto d’ufficio che copre le informazioni comunicate alla CONSOB quando queste si trovino nella disponibilità dell’ente di vigilanza56. Il segreto opera anche nei confronti della pubblica amministrazione con eccezione del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ovviamente le disposizioni in tema di segreto sono da coordinarsi con le norme che dispongono la comunicazione al pubblico, ne deriva che se dovesse essere trasmessa alla CONSOB una notizia di cui la legge dispone la pubblicazione, le norme sul segreto d’ufficio non troveranno applicazione.
I. La Disciplina di cui all’art. 115 TUF
La norma in esame dispone che la CONSOB con finalità di vigilanza possa imporre, anche in via generale, la comunicazione di notizie e documenti agli emittenti quotati, nonché disporre l’audizione dei componenti degli organi sociali, dei direttori generali e di altre figure professionali a diverso titolo coinvolte nella gestione o nel controllo degli affari sociali. Infine, è definito un potere di ispezione
55 Zanardo A., “Commento all’Art. 115 TUF” in”Commentario TUF” a cura di Xxxxx F., Giappichelli Editore, 2012, Pag. 1179.
56 Art. 4, Comma 10 TUF.
diretta per il controllo dei documenti aziendali. I poteri appena indicati, sono, inoltre, esercitabili anche nei confronti di chi detiene una partecipazione rilevante o di chi è parte in un patto parasociale.
La norma ha una differente formulazione rispetto al passato57, mostrandosi più astratta e priva di un elenco delle informazioni oggetto di comunicazione. La determinazione delle informazioni oggetto di comunicazione è demandata alla potestà regolamentare della CONSOB che può provvedere alla creazione di obblighi sia di portata generale, sia di portata individuale. La tecnica legislativa, in questo caso, si mostra condivisibile, in quanto più elastica in un contesto socio- economico in costante mutamento58. Ne deriva, tuttavia, un potere particolarmente discrezionale ed intrusivo in capo all’organo di vigilanza.
Quanto alle informazioni oggetto di comunicazione alla CONSOB in via generale, queste in larga parte coincidono con le informazioni oggetto di comunicazione al pubblico ex art. 114 comma 5 TUF di cui abbiamo già avuto modo di discutere ed in particolare: operazioni straordinarie, informazione periodica59 e altre informazioni. Tuttavia, la norma si mostra ancor più peculiare per i poteri concernenti l’audizione personale di un’ampia platea di soggetti60 che si presume siano a conoscenza di informazioni rilevanti per l’attività di vigilanza.
57 Per un confronto si faccia riferimento all’art. 4, L. 216/1974.
58 La delega alla potestà regolamentare CONSOB della determinazione delle informazioni oggetto di comunicazione consente una maggiore adattamento all’evolversi delle esigenze di vigilanza, scelta preferibile rispetto alla cristallizzazione degli obblighi di comunicazione in una norma di legge. In senso conforme Annunziata F., “La nuova disciplina delle comunicazioni societarie al pubblico e alla CONSOB”, in Società, 1999, pag. 536.
59 L’informazione periodica include: la relazione finanziaria annuale, la relazione annuale semestrale, il resoconto intermedio di gestione, la relazione del revisore contabile e le relazioni degli organi di controllo.
60 In particolare: componenti degli organi sociali, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, altri dirigenti, revisori legali, società di revisione legale, soggetti che controllano la società quotata o che ne sono controllati. Nonché con estensione operata dal comma 2, coloro che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’art. 120 TUF o che partecipano ad un patto parasociale ai sensi dell’art. 122 TUF.
Xxxxxx, tuttavia, che per interpretazione consolidata non si possa negare che la CONSOB detenga un potere generale di audizione anche al di fuori dei soggetti positivamente indicati dalla norma a condizione che il destinatario della richiesta sia in possesso di informazioni rilevanti61. L’interpretazione è confermata anche dal richiamo operato dall’art 115 comma 1, lett. c-bis TUF ai poteri di cui all’art. 187- octies disposti in materia di repressione degli abusi di mercato.
Il comma 3 dell’art. 115 TUF, chiude la norma fungendo da disposizione residuale che costituisce specificazione del generale riferimento alle informazioni di cui al comma 1 lett. a. Questa volta, tuttavia, il legislatore si occupa della trasparenza degli assetti proprietari degli emittenti quotati, disponendo il potere in capo alla CONSOB di richiedere l’indicazione nominativa dei soci o, nel caso di società fiduciarie, dei fiducianti. Gioverà specificare come, in questo modo, la CONSOB sia in grado di reperire informazioni anche sui soggetti che non superano le quote minime di partecipazione richieste dalle disposizioni in tema di partecipazioni rilevanti oltre a poter operare un controllo più generalizzato e trasparente.
Come precedentemente, accennato, infine, l’art. 115 TUF va coordinato con le disposizioni di cui all’art. 114 comma 5 TUF, ne deriva che, qualora la CONSOB dovesse entrare nella disponibilità di un’informazione soggetta a pubblicazione nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 115, possa ordinarne la divulgazione o procedere autonomamente in caso di inottemperanza. Dubbi sorgono, tuttavia, nel caso in cui l’informazione da pubblicare sia acquisita da un soggetto non rientrante tra quelli di cui all’art. 114 comma 5 e che l’informazione medesima non sia nel possesso dell’emittente. Si ritiene che in questo caso, interpretando sistematicamente la normativa, la notizia debba comunque raggiungere il pubblico, la tutela del cui interessa è sempre preminente62.
61 Assonime, “Le nuove disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari: il commento dell’Assonime”, Circolare Nr. 12/2006, in Riv. Società, 2006, Pag. 499.
62 Zanardo A., (Nr. 55), Pag. 1188.
II. L’informazione sugli assetti proprietari, art. 120 TUF
Come abbiamo avuto modo di affermare, la CONSOB è destinataria di informazioni da un’ampia platea di soggetti. Tuttavia, l’interlocutore per definizione rimane sempre, di norma, l’emittente. Ne deriva che l’informazione proveniente da altri soggetti rappresenta un’eccezione e ha funzione di verifica, in un certo senso, sussidiaria. Xxxxxx affermato non può dirsi per l’informativa sugli assetti proprietari ex art. 120 TUF. La norma, infatti, dispone che sia lo stesso socio, in possesso di una partecipazione rilevante, a dover comunicare alla CONSOB (e all’emittente) la sussistenza di tale status. La disposizione, tuttavia, ai fini di una completa analisi, va divisa in due parti che rispondono a principi e finalità differenti63. Al comma 2, infatti, troviamo la disposizione appena indicata che obbliga i possessori di una quota di capitale superiore al 3% di darne immediata comunicazione alla CONSOB. Al comma 3, è presente un’altra norma che si rivolge agli emittenti quotati che abbiano una partecipazione superiore al 10% in società non quotata italiana o estera. Anche per tali soggetti è disposta la comunicazione alla CONSOB.
Se in generale, la ratio degli obblighi informativi ex art. 120 TUF è rinvenibile nel favorire la più ampia trasparenza sulle posizioni di potere e sulla gestione della società64, la norma di cui al comma 2 è spiccatamente idonea a fornire informazioni circa l’assetto di potere della società stessa determinando quali siano gli equilibri, anche alla luce dell’individuazione di eventuali problemi di agency, tra “proprietari” e “gestori”; mentre la norma di cui al comma 3 si caratterizza per una capacità definitoria relativa all’attività stessa dell’emittente quotato esercitata per mezzo di altre società di cui possiede una partecipazione rilevante. In altre parole, solo la prima norma riguarda propriamente la definizione dell’assetto proprietario dell’emittente, la seconda, più in linea con le norme di cui agli artt. 114
63 Corradi M. C., “Commento all’art. 120 TUF” in”Commentario TUF” a cura di Xxxxx X., Giappichelli Editore, 2012, Pag. 1244.
64 Direttiva 2004/109/CE (Nr. 9), Par. 18
e ss., definisce l’esercizio concreto dell’attività d’impresa “delegato” ad altre società su cui l’emittente quotato può avere notevole influenza.
La norma di cui all’art. 120 TUF non ha carattere assoluto, il comma 6 dispone, infatti, che la comunicazione alla CONSOB non si applica nel caso di partecipazioni detenute dal Ministero dell’Economia per mezzo di società controllate in quanto i relativi obblighi sono adempiuti da tali società. Altre esenzioni sono rinvenibili nel Regolamento Emittenti65. Si tratta di ipotesi scarsamente definitorie che potrebbero portare ad “oneri inutili a carico di taluni partecipanti al mercato”66. Le eccezioni, infatti, sono ispirate al comune scopo di agevolare determinati settori di attività ove, comunque, l’informazione sarebbe scarsamente utile, di evitare inutili duplicazioni67 o allo scopo di non gravare eccessivamente investitori esteri scoraggiandoli dall’investire nel nostro paese68. Al contempo, tuttavia, il Regolamento Emittenti dispone ulteriori obblighi di comunicazione al superamento di determinate soglie significative di possesso azionario69.
Infine, ai fini del calcolo delle relative soglie oggetto di comunicazione, il comma 1 indica come rilevanti esclusivamente le azioni con diritto di voto. Tale specificazione si mostra in linea con la ratio di sistema, in quanto, per quanto ovvio, solo le azioni con diritto di voto consentono ai relativi portatori di esercitare una influenza sulle decisioni sociali. Rimangono, dunque, escluse le azioni di risparmio e di godimento, dovendo invece, includersi, le azioni a voto, a vario titolo condizionato.
65 Art. 119 bis, Regolamento Emittenti (Nr. 51).
66 Direttiva 2004/109/CE (Nr. 17), Par. 20.
67 Vedi Art. 119-bis, Comma 2, Regolamento emittenti (Nr. 51).
68 Vedi Art. 119-bis, Comma 7, Regolamento emittenti (Nr. 51).
69 Le soglie sono del 5%, 10%, 15%, 20%, 25%, 30%, 50%, 66,6%, 90%, vedi art. 117, Comma 1, Lett. b, Regolamento emittenti (Nr. 51).
Conclusione
Abbiamo avviato la nostra analisi a partire dalla fondamentale definizione di informazione privilegiata, evidenziando come la nozione si sia progressivamente evoluta nel tempo nel senso di dare sempre maggiore rilevanza alla significatività di un’informazione che, in concreto, si forma progressivamente. La trattazione è proseguita ponendo l’accento sula disposizione cardine dell’intero sistema: l’art. 114 TUF. La norma è stata analizzata con particolare riguardo al suo ambito soggettivo di applicazione, oggi esteso ad opera dell’art. 116 TUF anche agli emittenti strumenti finanziari diffusi in maniera rilevante. Per la ratio della norma, infatti, risulta particolarmente saggia la scelta del legislatore di estendere l’applicazione a società che, sebbene non quotate, pongono le stesse esigenze di protezione del mercato rinvenibili per le società quotate. Parte di importante rilevanza è, poi, il difficile bilanciamento tra le esigenze di pubblicità del mercato e quelle di riservatezza degli emittenti. Bilanciamento che trova una risposta nel comma 3 dell’art. 114 con l’istituto del ritardo nella diffusione delle informazioni. Abbiamo visto come, sebbene siano talvolta meritevoli di tutela gli interessi che spingono gli emittenti a non divulgare le informazioni, le norme del TUF sono sempre improntate ad un favore verso l’investitore ed il mercato. Questo, anche alla luce delle considerazioni effettuate nel precedente capitolo, si spiega nell’intento di evitare effetti distorsivi in un sistema economico che forma i prezzi esclusivamente sulla base delle informazioni disponibili.
La nostra analisi si è spinta anche oltre la pubblicazione delle informazioni privilegiate con riguardo particolare al comma 5 dell’art. 114, analizzando le problematiche nel coordinamento con le disposizioni di cui al comma 1 ed evidenziando come, relativamente ad alcune operazioni portate avanti dagli emittenti, il legislatore torni a preferire una discosure particolarmente ampia, anche con sacrificio al principio di significatività e qualità dell’informazione.
Infine, abbiamo avuto modo di confrontarci con alcuni istituti relativi alle comunicazioni da effettuarsi non al pubblico, bensì alla CONSOB. In questi casi
abbiamo visto come la primaria finalità sia quella di consentire la vigilanza effettiva dell’Autorità sull’esatto adempimento degli emittenti in tema di informazione societaria. Questa forma di controllo è agevolata dei poteri particolarmente intrusivi di cui all’art. 115 TUF che, come abbiamo visto, prevedono una certa ridondanza con gli obblighi di disclosure. Questa forma di duplicazione degli obblighi si spiega proprio alla luce della funzione di verifica assolta dall’istituto. Con finalità di confronto, poi, abbiamo esteso la trattazione agli obblighi di comunicazione sugli assetti proprietari di cui all’art. 120 TUF evidenziando un ulteriore aspetto della trasparenza societaria: quella che riguarda non la gestione, bensì la proprietà.
CAPITOLO 3
La Tutela dell’Investitore e del Mercato
Confronto con la Disciplina Inglese
SOMMARIO: Introduzione; Parte 1: La Disciplina Nazionale (I. I poteri della Consob per la Vigilanza sugli Emittenti; II. Segue - La vigilanza informativa ed il controllo preventivo sui prospetti; III. Segue - La responsabilità della Consob per negligenza nella vigilanza; IV. La responsabilità da prospetto. X. Xxxxx – La responsabilità degli amministratori non firmatari; VI. Le sanzioni amministrative.) Parte 2: Un confronto con la disciplina Inglese (I. Il diritto comune inglese: il leading case Caparo Industries PLC x. Xxxxxxx; II. Segue – L’azione di risarcimento per diffusione di informazioni false o incomplete nel mercato;
III. Segue – La Responsabilità da Prospetto ed i rapporti con la Common Law; IV. La Compensation via FCA action; V. Le Sanzioni Amministrative) Conclusione.
Introduzione
Questa parte della trattazione si profila l’obiettivo di analizzare quello che, forse, costituisce l’elemento più interessante della disciplina in esame e, certamente, il più pratico: la tutela dell’investitore dalle pratiche scorrette degli emittenti strumenti finanziari. È proprio in questo capitolo che opereremo una serrata comparazione con un ordimento giuridico notevolmente differente dal nostro, quello inglese, che si basa sulle logiche della common law. Il confronto sarà di notevole utilità considerando, in particolare, quanto dispone il legislatore comunitario. Nella c.d. direttiva prospetti1, infatti, viene esplicitato il fondamentale principio per cui la responsabilità (e quindi le forme di tutela) derivante dalle attività di emissione di strumenti finanziari si conforma alle norme di natura civile di ciascun stato membro. Ne deriva che, nonostante la disciplina sull’informazione societaria sia, sostanzialmente, fortemente armonizzata, sotto il profilo della tutela
1 Direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE, Art. 6, Comma 2.
effettiva delle posizioni soggettive degli investitori, gli stati membri sono liberi di individuare le migliori forme di protezione, sanzione ed intervento conformemente ai principi generali di ciascun ordinamento. Xxxx, dunque, spiegato come, in questo specifico settore, una comparazione tra ordinamenti con frameworks molto differenti, si profila particolarmente utile in quanto consentirà di evidenziare come, da punti di partenza lontani, si possa giungere a tutelare similmente un identico interesse.
La trattazione partirà dall’analisi delle prerogative di vigilanza e controllo della CONSOB per poi scendere nello specifico delle responsabilità per emittenti, intermediari e la CONSOB medesima per l’omesso controllo. Si prenderà ad esempio, la disciplina in merito di prospetto d’offerta in quanto, nell’opinione di chi scrive, è la più significativa. Lo scritto proseguirà con la comparazione con l’ordinamento inglese ponendo l’attenzione sulle specifiche azioni a tutela degli investitori previste e sul caso giurisprudenziale che, tutt’ora, è massima guida nelle controversie che riguardano le carenze informative dei contratti di investimento: il caso Caparo2. Infine, alla luce delle considerazioni effettuate, il presente scritto si soffermerà sugli aspetti evolutivi e sui limiti della disciplina con particolare riguardo agli effetti dell’innovazione tecnologica sulle odierne tecniche di trading con il conseguente e progressivo mutamento delle esigenze che dovrebbero porsi alla base delle norme a tutela del mercato.
Parte 1. La Disciplina Nazionale
L’analisi degli strumenti di tutela per gli investitori non può, in alcun modo, prescindere dalla comprensione del fondamentale ruolo assegnato alle autorità di vigilanza dei singoli stati membri. Per quanto concerne la CONSOB l’art. 91 TUF, rubricato “Poteri della Consob” dispone come l’Autorità sia tenuta ad esercitare i propri poteri a “tutela degli investitori” ed avendo riguardo della “efficienza e trasparenza del mercato, del controllo societario e del mercato dei capitali”. La
2 Caparo Industries PLC x Xxxxxxx, 1990, UKHL 2
xxxxx, chiaramente, scarsamente definitoria, necessita di ulteriore approfondimento. In primo luogo, la salvaguardia degli interessi degli investitori è un principio cardine che ispira l’attività di vigilanza della CONSOB, espresso in forma abbastanza ridondante a partire dall’art. 5 comma 1 TUF. Tuttavia, la disposizione non deve essere interpretata restrittivamente. Infatti, l’Autorità protegge anche interessi diversi, sebbene non menzionati programmaticamente nell’art. 91 quali, ad esempio, la protezione delle minoranze azionarie3 ed i diritti degli azionisti4. In secondo luogo, la norma, nel riferirsi alla trasparenza e all’efficienza del mercato sembra, più che definire un obiettivo, indicare un mezzo attraverso il quale perseguire il fine ultimo della tutela dell’investitore5.
Sotto questo profilo, la CONSOB, nell’esercizio dei poteri di cui dispone, opera con scopo volto a prevenire l’eventuale insorgenza di abusi a danno dell’investitore, a tale fine sono volte le norme già analizzate sull’informazione societaria e la potestà sanzionatoria di cui dispone l’Autorità. Questa forma di tutela e controllo, tuttavia, è da coordinare con le azioni previste dal diritto comune (sebbene con qualche modificazione), che operano ex post, successivamente al verificarsi dell’evento lesivo, nonché con l’eventuale responsabilità civile della CONSOB stessa per l’omesso controllo o per l’omesso esercizio delle sue prerogative di vigilanza.
I. I poteri della Consob per la Vigilanza sugli Emittenti
La CONSOB riveste, oggi, essenzialmente lo scopo di monitorare il corretto funzionamento dei mercati operando una rilevazione ex ante di eventuali criticità
3 Basti il riferimento alle norme in materia di OPA, Artt. 102 ss. TUF.
4 Direttiva 2007/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativa
all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate.
5 Cotterli S., “Commento all’art. 91 TUF” in “Commentario TUF”, a cura di Xxxxx F., Giappichelli Editore, 2012, Pag. 862.
attraverso un’ordinaria attività di continuo monitoraggio e controllo6. Per quanto concerne il nostro ambito di trattazione, cioè la vigilanza sugli emittenti, gli strumenti di cui dispone l’Autorità possono essere concettualmente raggruppati in tre macro-categorie: la vigilanza regolamentare, la vigilanza informativa, e la vigilanza ispettiva7.
Tuttavia, prima di analizzare specificatamente le singole prerogative ed i poteri dell’Autorità, occorre un breve cenno storico. A differenza di altre Autorità di xxxxxxxxx, la CONSOB nasce con scopi e poteri molto circoscritti8. Viene istituita con decreto legge9 nel 1974 con funzioni di controllo sulle informazioni diffuse dagli emittenti quotati, in seguito ad alcuni scandali finanziari che portarono l’attenzione del legislatore verso la necessità di una riforma in materia. La riforma viene sottovalutata dalla dottrina, tuttavia, nel 1996 si ha una nuova svolta con il recepimento delle direttive in materia di servizi di investimento10 e la successiva emanazione nel 1998 del TUF11. L’obiettivo è quello di riformare completamente il mercato mobiliare italiano coordinando, per la prima volta, la disciplina dei mercati finanziari con le riforme di natura societaria. Infine, è con la legge sulla tutela del risparmio12 che la CONSOB acquisisce l’odierno assetto di poteri con
6 Rabitti Bedogni C., “Le nuove funzioni ed i poteri di vigilanza della CONSOB” in “Tutela del risparmio, authorities, governo societario” a cura di Xxxxxxxx X., Xxxxxxx G. C., Xxxxxxx, 2008, Pag. 33 ss.
7 Prescindendo dalle elaborazioni dottrinali sul tema, è lo stesso sito web della CONSOB ad operare questa classificazione di cui si condivide la logicità. Le informazioni sono reperibili all’indirizzo: xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxx/xxxxxxxx-xxxxxxxxx/xx-xxxxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxxx, accesso effettuato il 15/04/2018.
8 Annunziata F., “La Consob e gli emittenti quotati, 40 anni dopo”, 2014.
9 Decreto Legge 8 aprile 1974, Nr. 95, convertito con legge del 7 giugno 1974.
10 Direttiva 93/6/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi; Direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari.
11 Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, Nr. 54.
12 Legge 28 dicembre 2015, Nr. 262, "Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari".
pervasive capacità di intervento ed enforcement e l’attribuzione dei pregnanti poteri che saranno oggetto di trattazione.
Tornando agli strumenti di cui la CONSOB dispone per l’esercizio delle proprie prerogative di vigilanza, occorre analizzare in primis, il potere regolamentare13, punto cardine della normativa attualmente in vigore. A partire dal 1975 la CONSOB acquisisce pienamente il potere di “deliberare in via generale […] i requisiti per l’ammissione” al mercato nonché potestà nel definire i contenuti informativi del prospetto per l’ammissione a quotazione14. Con atti normativi successivi, la CONSOB progressivamente acquisisce un potere generale di regolamentazione di tutta materia delle negoziazioni nei mercati mobiliari arrivando allo schema odierno che prevede, come abbiamo avuto modo di notare alla luce delle considerazioni finora esposte, una normativa primaria (ad esempio contenuta nel TUF) che disciplina principi, finalità e strumenti basilari, delegando, poi, alla CONSOB la compiuta regolamentazione della materia in sede attuativa. Xxxxxxx, tuttavia, soffermarsi sulla ratio di questa particolare attribuzione di potere regolamentare in capo alla CONSOB per comprenderne le sue ultime finalità. In primo luogo, la materia oggetto di regolamentazione si caratterizza per un elevatissimo livello di complessità tecnica che rende, nei fatti, impraticabile l’ossequio delle comuni procedure richieste per l’emanazione della normativa primaria. A questa considerazione si aggiunge la circostanza del costante divenire delle esigenze sociali ed economiche poste dal settore finanziario che renderebbero tardivo ogni intervento operato a livello parlamentare. In altre parole, in questo settore, l’effettività della produzione normativa dipende direttamente della capacità del sistema di assecondare la naturale evoluzione tecnica ed economica del
13 Sotto il profilo storico, la CONSOB, sin dalla sua costituzione nel 1974 ha sempre avuto poteri di natura regolamentare a rilevanza interna, è nel 1975 con il DPR 138/1975 che la CONSOB acquisisce la possibilità di dettare norme anche con efficacia vincolante per i terzi.
14 Art. 8 DPR n. 138/1975.
mercato15. Come sottolineato dalla dottrina francese16, infatti, l’elemento tecnico- economico, in questo particolare settore fa sì che lo stesso mercato rifugga da condizionamenti esterni (anche del legislatore) per preferire forme di autoregolamentazione che siano estranee al gioco politico e che possano portare all’effettivo bilanciamento degli interessi sociali coinvolti17. Solo un’autorità amministrativa indipendente può assolvere a questo compito essendo, in principio, soggetta solo alla legge. Inoltre, la CONSOB ha la capacità di operare a stretto contatto con i fenomeni che intende regolare potendo contare su un’alta qualificazione del personale addetto18.
Per quanto concerne i poteri ispettivi abbiamo avuto già modo di discuterne con riferimento all’art. 115 TUF. Gli strumenti investigativi dell’Autorità, tuttavia, in virtù del richiamo all’art. 187-octies TUF, operato dall’art. 115, comma 1, lett. c-bis del TUF, sono particolarmente ampi e intrusivi. In passato la CONSOB poteva svolgere atti di indagine solo nei confronti di coloro che fossero soggetti alla sua vigilanza, con l’art. 187-octies TUF, norma nata con lo scopo di reprimere gli abusi di mercato, l’Autorità acquisisce la possibilità di “richiedere notizie dati o documenti sotto qualsiasi forma”19 nei confronti di chiunque possa essere informato circa i fatti oggetti d’indagine. In realtà i poteri sono particolarmente ampi se consideriamo la facoltà della CONSOB di richiedere registrazioni
15 De Minico G., “Lineamenti del Potere Regolamentare della Consob” in U. De Siervo, Osservatorio sulle fonti 1996, Xxxxxxxxxxxx, 1996.
16 Si veda, in particolare, Xxxxxxxxxx, “Les autorités administratives indépendantes et la régulation des marchés”, in Justices et économie, 1995, janv.-juin, 81, in part. 86.
17 Maisl, “Les Autorités administratives indépendantes: protection de libertés ou régulation sociale?”, in Colliard-Xxxxxx, “Les Autorités administratives indépendantes”, P.U.F., 1988, 75.
18 La soluzione testé descritta, tuttavia, non è esente da criticità in particolare considerando la circostanza che i regolamenti hanno come destinatari sia i privati, sia l’autorità medesima. Dunque, si crea una sovrapposizione in capo alla CONSOB della potestà regolamentare e di vigilanza sul medesimo regolamento che coinvolge anche norme relative al proprio operato. Per un approfondimento in merito alla questione si veda: Xxxxxxxx, “Consob”, in Flick, “Consob. L’istituzione e la legge penale”, Xxxxxxx, 1987, in part. 55.
19 Art. 187-octies, comma 3, lett. a TUF.
telefoniche esistenti, procedere ad audizione personale, procedere al sequestro, ad ispezioni, a perquisizioni e così via. Inoltre, l’eventuale rifiuto di collaborare da parte dei destinatari delle attività dell’Autorità costituisce condotta punibile a titolo di reato20, oltre a costituire un illecito amministrativo21. La CONSOB, poi collabora con le altre Amministrazioni dello Stato ed ha pieno accesso alle banche dati pubbliche, in particolare, l’anagrafe tributaria e la centrale dei rischi. Nell’esercizio delle predette facoltà, la CONSOB può avvalersi dell’ausilio della Guardia di Finanza con cui sussiste, a partire dal 2009, un apposito protocollo d’intesa volto a regolare i rapporti di collaborazione reciproca. Infine, come sarà meglio analizzato nel prosieguo, la CONSOB può irrogare sanzioni che sono immediatamente esecutive e riscuotibili mediante ruolo. È evidente, come l’Autorità, oggi, abbia assunto una posizione, estremamente intrusiva, da un lato analoga a quello di una “Polizia Giudiziaria” speciale del settore finanziario, dall’altro assolutamente complementare a quella dell’organo giudiziario22.
II. (Segue…) La vigilanza informativa ed il controllo preventivo sui Prospetti
Abbiamo già avuto, ampiamente, modo di analizzare, nel capitolo 2 della presente trattazione quali sono gli strumenti di vilanza informativa di cui dispone la Consob, basti, a tal fine, richiamare le disposizioni, tra le altre, di cui agli artt. 114, 115, 120 e 122 TUF. Aspetto che, invece, merita, specifico approfondimento, in questa sede, è il controllo preventivo che l’Autorità effettua sul prospetto in sede di emissione, da parte di società quotate, di strumenti finanziari. Tale forma di controllo è particolarmente significativa in quanto specifica sul singolo prospetto e condizione essenziale affinché il prospetto medesimo raggiunga il pubblico degli investitori23. In assenza dell’approvazione della Consob nei termini, che non può
20 Art. 170-bis TUF “Ostacolo alle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia e della CONSOB”.
21 Art. 187-quinquiesdecies TUF.
22 Xxxxx X., “Commento all’art. 187-octies” in “Commentario TUF”, a cura di Xxxxx X., Giappichelli Editore, 2012, Pag. 1831.
23 Art. 94, Comma 1 TUF.
essere tacita24, non è possibile pubblicare il prospetto e, dunque, è inibita ogni forma di collocamento dei titoli presso il pubblico degli investitori. Questa è la prima forma di tutela, preventiva, offerta dall’ordinamento, a protezione degli investitori che, dunque, necessita di specifico commento.
La disposizione di riferimento è contenuta all’art. 94-bis TUF25 “Ai fini dell’approvazione, la Consob verifica la completezza del prospetto ivi incluse la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite”. Ne derivano tre elementi fondamentali su cui deve basarsi il controllo della CONSOB: completezza, coerenza e comprensibilità. Per completezza si intende, in primo luogo, l’osservanza delle disposizioni in tema di contenuto obbligatorio dell’informazione di prospetto. In secondo luogo, l’Autorità verifica che tutti i documenti richiesti siano inclusi ed, eventualmente, richiede informazione supplementari, altrimenti il controllo, contrariamente alle intenzioni del legislatore, avrebbe valenza esclusivamente formale26. Per coerenza, invece, si intende la non-contraddittorietà del prospetto con le stesse informazioni ivi contenute, con i documenti allegati unitamente alla comunicazione iniziale, nonché con tutti gli ulteriori dati acquisiti dalla CONSOB nell’esercizio delle sue richieste di natura istruttoria. L’Autorità, tuttavia, esclude esplicitamente che possa formare oggetto di verifica la rispondenza delle informazioni di prospetto ai bilanci ed alle risultanze contabili
24 Art. 94-bis, Comma 2 TUF, per quanto concerne i termini di approvazione del prospetto, questi sono individuati dall’art. 8, comma 2 del regolamento emittenti in 10 giorni (per valori mobiliari emessi da un soggetto che ha già valori mobiliari quotati, altrimenti 20 giorni). Il decorso del termine si interrompe qualora la CONSOB necessiti di ulteriori informazioni, il termine decorre nuovamente dalla data in cui le informazioni sono comunicate. Il termine ultimo per la conclusione del procedimento è fissato in 40 giorni (oppure 70 giorni nel caso di prima quotazione) come previsto dal comma 5.
25 La norma ha origine comunitaria ed, in particolare, deriva dalla Direttiva 2003/71/CE, (Nr. 1), Art. 2, comma 1, lett. q. l’approvazione del prospetto è definita come “l'atto positivo al termine del controllo della completezza del prospetto da parte dell'autorità competente dello Stato membro d'origine, comprendente la verifica della coerenza dell'informazione fornita e della sua comprensibilità”.
26 Russo C., “Commento all’art. 94-bis TUF” in “Commentario TUF”, a cura di Xxxxx F., Giappichelli Editore, 2012, Pag. 904.
dell’emittente, nonché l’eventuale legittimità dell’operazione con riguardo a norme diverse da quelle in tema di offerta pubblica27. Infine, per comprensibilità si fa riferimento a quello che è esattamente lo scopo del prospetto, ossia la sua intellegibilità da parte dei destinatari al fine di orientarne le scelte d’investimento28. La relativa valutazione dovrà, dunque, differenziarsi a seconda se oggetto di analisi sia il prospetto nel suo complesso o la nota di sintesi. La nota di sintesi deve essere comprensibile anche per l’investitore non professionale ed indicare in modo chiaro i principali fattori di rischio che è poi la funzione propria del documento. Il resto del prospetto, invece, può contenere informazioni più specifiche e tecniche purché siano comunque comprensibili all’investitore professionale, non vi siano evidenti duplicazioni e, comunque, qualora vi siano espressi concetti particolarmente complessi, il documento sia corredato di apposito glossario che ne faciliti la comprensione.
L’aspetto più controverso della normativa in esame è se, tuttavia, la CONSOB sia tenuta ad effettuare un controllo di veridicità circa il contenuto del prospetto. Gli argomenti a favore di questa tesi si sostanziano nella basilare constatazione che l’art. 115 TUF dispone l’obbligo della CONSOB di “vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico” e che non è possibile stabilire la correttezza di un’informazione senza vagliarne la sua veridicità. Chi sostiene il contrario, invece, si basa sulla materiale impossibilità di compiere
27 Consob, Comunicazione del 24 marzo 2009, Nr. 9025420, Pag. 6. La questione sulla eventuale necessità di un controllo sulla legittimità dell’operazione di cui in prospetto con le norme di diritto societario è stata in passato oggetto di discussione da ritenersi, comunque, superata alla luce del nuovo art. 99 TUF. La norma dispone, infatti, l’esercizio dei poteri sospensivi ed inibitori solo per violazioni in tema di offerta pubblica, ne deriva che la vigilanza della CONSOB è circoscritta sul punto. In tal senso Rordorf R., “Sollecitazione all’investimento: poteri della Consob e tutela degli investitori”, Il Foro Italiano, 2001, Pag. 270.
28 Art. 94, comma 2 TUF: “Il prospetto contiene, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che […] sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti”.
un’accurata verifica del contenuto del documento nello scarso intervallo temporale di cui dispone l’Autorità per il relativo procedimento29. L’Autorità stessa esclude che il proprio controllo possa in qualche modo estendersi alla veridicità delle informazioni riportate nel prospetto30, ad ogni modo, è pacifico in dottrina31, e, come avremo modo di vedere, anche in giurisprudenza, che la CONSOB non possa omettere un controllo di veridicità in caso di violazioni macroscopiche ed errori palesi.
III. (Segue…) La responsabilità della Consob per negligenza nella vigilanza
Le considerazioni appena esposte circa l’estensione del controllo operato dalla CONSOB sui prospetti, introducono un tema cardine della disciplina: l’eventuale responsabilità civile astrattamente imputabile all’Autorità in caso di negligente omissione nell’esercizio delle funzioni attribuite. Sotto il profilo giuridico la questione si risolve individuando in capo all’investitore la titolarità di un diritto soggettivo o meno nella prestazione consistente nel controllo operato dalla CONSOB. Qualora l’investitore sia titolare di un diritto soggettivo azionabile contro l’Autorità nulla osterebbe all’esercizio della tutela di cui all’art. 2043 CC32.
La questione è stata oggetto di pronuncia della Corte di Cassazione in un giudizio relativo ad un collocamento pubblico di capitale della HVST SPA nel 198333. La CONSOB, come da prassi per l’epoca, approvava il prospetto senza
29 Annunziata F., “La Disciplina del Mercato Mobiliare”, VII Ed., Giappichelli Editore, 2014, Pag. 426., Pag. 359.
30 Consob, Comunicazione Nr. 9025420 (Nr. 27), Pag. 3.
31 Annunziata F., (Nr. 29), Pag. 359.
32 La compiuta ricostruzione della vicenda è tratta da: Xxxxxxxxx G., Xxxxxxxx X, “La responsabilità della Consob per negligenza nell’esercizio dell’attività di vigilanza”, 2001, CERADI.
33 Si tratta del collocamento di capitale della HVST SPA che a sua volta controllava la Grandi Alberghi Spa proprietaria di un villaggio turistico. Nel caso di specie, le informazioni di prospetto circa principali aspetti dell’operazione (come la titolarità delle azioni e la disponibilità dei canoni di locazione) risultarono essere false. Infatti, alla data di pubblicazione del prospetto HVST SPA non
effettuare alcun un controllo di veridicità, inserendo la clausola di limitazione di responsabilità così come stabilito dal regolamento emittenti34. Il collocamento andava a buon fine, ma ben presto emergevano gravi irregolarità, per cui numerosi investitori proponevano azione presso il tribunale di Milano per il risarcimento del danno contro la CONSOB ed alcuni suoi funzionari. I ricorrenti lamentavano una negligenza da parte dell’Autorità di vigilanza che avrebbe consentito la diffusione di informazioni poi accertate come false35. I convenuti, invece, eccepivano un conflitto di giurisdizione ritenendo che non fosse individuabile alcuna lesione di un diritto soggettivo, operando la CONSOB nell’interesse generale del mercato e non nel diretto interesse del singolo investitore. Il regolamento di giurisdizione veniva dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte (ed implicitamente rigettato) in quanto investiva direttamente il merito della causa e non prospettava propriamente un reale conflitto di giurisdizione. Tuttavia, la Cassazione sottolinea come l’investitore che fa affidamento nel controllo operato dalla CONSOB sia titolare solo di un interesse qualificato a che l’Autorità svolga correttamente le funzioni attribuitale. Il giudice di primo grado, dunque, accoglie l’interpretazione della Suprema Corte rigettando le domande di parte attrice. Anche in appello le domande sono rigettate, ma con diversa motivazione, infatti, viene riconosciuto alla parte attrice la titolarità di un diritto soggettivo, tuttavia, in concreto non viene ravvisata alcuna responsabilità in capo alla CONSOB. Secondo la Corte, infatti, l’Autorità non avrebbe alcun obbligo di verificare la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto. Al tempo stesso però, il diritto soggettivo esisterebbe in applicazione del principio del neminem xxxxxxx00.
aveva ancora acquisito il pacchetto di controllo della SGA SPA ed il capitale era inferiore a quanto dichiarato.
34 La clausola così indicava: “la pubblicazione del prospetto non comporta alcun giudizio della CONSOB sull’opportunità dell’investimento o sul merito dei dati e delle notizie ad esso relative” e continuava indicando che “la responsabilità delle informazioni contenute nel prospetto appartiene in via esclusiva ai redattori dello stesso che l’hanno sottoscritto”. Allegato 1C RE.
35 Tribunale di Milano, Sentenza dell’11/03/1996 in Foro padoano 1997, I, 233.
36 La responsabilità della PA per fatti commissivi o omissivi nell’esercizio delle proprie funzioni che vadano a diretto detrimento dei diritti dei privati, possono essere oggetto di sindacato del giudice ordinario. Per consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, la PA è responsabile in
La Corte di Cassazione viene, dunque, nuovamente investita della questione37. La sentenza di appello viene cassata sulla base della considerazione che la negligenza dell’Autorità nel verificare le informazioni del prospetto costituisca fatto illecito in quanto viene direttamente leso il diritto soggettivo alla libertà negoziale. A nulla, dunque, valgono le clausole di limitazione di responsabilità previste dal regolamento emittenti, in quanto contrarie a norma di legge. La CONSOB, in questa accezione, ha dunque, una discrezionalità nell’autorizzare la pubblicazione del prospetto, ma tale discrezionalità è vincolata all’esercizio della vigilanza da esercitare nell’interesse del pubblico, è dunque, una discrezionalità tecnica.
La pronuncia in commento ha, dunque, una portata notevole, non solo perché sancisce la responsabilità civile della CONSOB, bensì perché consente di determinare in concreto quale sia il ruolo attribuito all’Autorità. La CONSOB, infatti, è chiamata ad effettuare un effettivo controllo sulla qualità dell’informazione diffusa dagli emittenti per consentire un concreto affidamento del pubblico sulla bontà dell’informazione. La scelta se investire o meno, invece, rimarrà ovviamente nella disponibilità (ed a rischio) dei singoli che avranno strumenti idonei per effettuare le loro scelte. Se è questa la funzione attribuita all’Autorità dal legislatore, la Cassazione non avrebbe potuto decidere diversamente dal dichiarare meritevole della tutela di cui all’art. 2043 CC, l’interesse dell’investitore. Altrimenti l’intera disciplina, chiaramente orientata alla protezione degli investitori, sarebbe rimasta senza alcuna tutela.
La responsabilità civile della CONSOB è stata oggetto di ulteriori sviluppi fino ad oggi, fermo restando i principi appena descritti. Dal punto di vista della produzione normativa, nel 2006, il legislatore ha specificato come la responsabilità del personale della CONSOB sia limitata ai casi di dolo o colpa grave e che questa
caso di violazione di norme che impongano limiti al proprio potere, o in caso di inosservanza dei più basilari principi di prudenza e diligenza. Vedi Cassazione Civile, Sentenza 1422/1963.
37 Cassazione Civile, Sentenza Nr. 3132/2001.
vada considerata con specifico riferimento a ciascuna parte convenuta38. Nel 2009, la Suprema Corte specifica la propria posizione in tema di nesso causale indicando come l’omesso controllo di veridicità delle informazioni di prospetto possa ben essere oggetto del danno per l’investitore che abbia fatto affidamento sul controllo operato dall’Autorità. Controllo che, se fosse avvenuto, avrebbe impedito la verificazione del danno lamentato dall’investitore39. Nel 2011, invece, la Corte di Cassazione torna sull’argomento ribadendo la responsabilità ex art. 2043 CC della CONSOB come limite esterno all’esercizio della propria discrezionalità amministrativa e, dunque, soggetto al sindacato del giudice ordinario40.
Infine, per quanto, la scelta del legislatore e l’interpretazione della Corte di Cassazione in merito alla responsabilità civile della CONSOB sia pienamente condivisibile per le considerazioni appena descritte, merita di essere menzionata l’opinione di chi è contrario a tale approccio. Infatti, l’inasprirsi delle forme di responsabilità in capo all’Autorità può avere, come risultanza negativa di sistema, l’instaurarsi di una situazione di c.d. overdeterrence. Questo comporterebbe un drastico aumento di rigidità proprio di quei soggetti che sono destinati all’attività di vigilanza. Il rischio risiede nella circostanza che i controlli diventino a tal punto scrupolosi dal dilatare eccessivamente i tempi di approvazione del prospetto o da comportare, anche in caso di labili irregolarità, il rifiuto di approvazione con riguardo a operazioni meritevoli di raggiungere il xxxxxxx00. Tale situazione non sarebbe auspicabile per l’interesse del mercato e vanificherebbe lo stesso spirito della disciplina.
38 Decreto Legislativo Nr. 303/2006 che introduce nella Legge 262/2005 l’art. 6-bis.
39 Cassazione Civile, Sentenza del 25 febbraio 2009, Nr. 4587, in merito ai principi di cui agli artt. 40 e 41 CP.
40 Cassazione Civile, Sentenza del 23 marzo 2011, Nr. 6681.
41 Russo C., (Nr. 26), Pag. 908.
IV. La responsabilità da prospetto
Abbiamo già avuto modo, nel primo capitolo, di analizzare i profili di derivazione della responsabilità da prospetto di cui alle norme del TUF dal diritto comune. In questa sede ci occuperemo di ampliare quelle considerazioni in modo tale da offrire una compiuta panoramica circa le responsabilità per i soggetti coinvolti e le azioni esperibili per gli investitori lesi. In primo luogo, giova sottolineare preliminarmente che la relativa disciplina è rinvenibile ai commi 8 e 9 dell’art. 94 TUF. Le norme ivi enunciate hanno derivazione comunitaria42, anche se il legislatore italiano ha optato per un regime più severo rispetto a quello individuabile dalla direttiva43. Infatti, l’art. 6 della direttiva indica come la responsabilità vada attribuita “almeno all’emittente o ai suoi organi di amministrazione o controllo […]”44. Troviamo, dunque, un’alternatività che non è presente nel nostro diritto nazionale. All’art. 94 comma 8 TUF, infatti, troviamo al posto della congiunzione “o”, la locuzione “nonché”. Ne deriva che la responsabilità tra i soggetti indicati e dell’emittente è, in linea di principio, solidale. D’altronde diversamente non potrebbe essere considerando l’esplicito rinvio della direttiva45 alle disposizioni di responsabilità civile degli stati membri ed essendo il regime di solidarietà principio generale quando più soggetti concorrano a produrre un danno per il diritto italiano46. In secondo luogo, il legislatore nazionale, sempre nell’ottica di agevolare l’investitore, dispone una presunzione semplice di
42 Direttiva 2003/71/CE (Nr. 1)
43 Anche precedentemente all’attuazione della direttiva in commento, una forma di responsabilità era comunque ravvisabile in base al diritto comune ed ai regolamenti della Consob.
44 Stando alla lettera della direttiva, la responsabilità potrebbe essere attribuita anche solo all’amministratore firmatario del prospetto, lasciando libero da responsabilità l’emittente, ciò potrebbe essere estremamente lesivo dei diritti degli investitori che potrebbero trovare il patrimonio dell’amministratore non capiente rispetto ai più ampi beni aggredibili di cui si presume disponga l’emittente. La disposizione di cui all’art. 94 TUF, dunque, si mostra, di maggior favore verso l’investitore, come d’altronde lo è la disciplina delle informazioni al pubblico nel suo complesso. 45 Direttiva 2003/71/CE, (Nr. 1), Art. 6.
46 Stirpe A., “La responsabilità da prospetto d’offerta al pubblico di strumenti finanziari (art. 94 TUF)” in Visentini G., “L’amministrazione della società per Azioni”, DIKE, 2016, Pag. 305.
colpevolezza prevista per gli emittenti, gli offerenti, i responsabili per le informazioni contenute nel prospetto e gli intermediari che non è prevista a livello comunitario agevolando un onere della prova, altrimenti, diabolica47. Si viene, dunque, ad innestare un sistema che risulta porsi in una via di mezzo tra la responsabilità per colpa oggettiva ed una responsabilità tradizionale, infatti, la colpa si presume al verificarsi del danno, ma è ammessa prova contraria da parte del responsabile, dunque l’elemento soggettivo non è completamente irrilevante48. Tuttavia, tale agevolazione nella prova opererà solo nei confronti dei soggetti che risultano espressamente dal prospetto, e non nei confronti di altri soggetti comunque, nei fatti, responsabili per cui si seguiranno le norme di diritto comune. Certamente, dunque, la responsabilità andrà a ricadere sull’emittente che è il soggetto che in definitiva ha la paternità dell’atto, nonché dell’amministratore che, firmandolo, se ne assuma la responsabilità. Saranno responsabili anche l’offerente, il garante e l’intermediario responsabile per il collocamento che sono individuati dalla norma. Per il resto la legge non impone ad altri soggetti di firmare il prospetto, per quanto, comunque, un prospetto che sia garantito da più soggetti qualificati sia, in genere, più affidabile per il pubblico degli investitori.
Abbiamo appena indicato la presunzione di colpevolezza in merito alla responsabilità da prospetto come una presunzione semplice che, dunque, ammette la prova contraria. La prova in questione consiste nel dimostrare “di aver adottato ogni diligenza allo scopo di mostrare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne la portata”49. Si tratta della c.d. due diligence defence, ampiamente sviluppata dall’ordinamento statunitense50. È, dunque, necessario che i soggetti responsabili dimostrino di aver
47 Sangiovanni V., “La responsabilità per il prospetto fra diritto comunitario, legge nazionale e regolamento CONSOB” in Marcati Finanziari, Le Xxxxxxxx, 0000, Dicembre, Pag. 857.
48 Xxxxx X., “La (nuova?) responsabilità da prospetto verso il pubblico”, 2008, CERADI, Pag. 4.
49 Art. 94, Comma 8 TUF.
50 Vedi Securities Xxx 0000, Sec. 11(b)(3)(A). Il diritto americano prevede due diversi standard di diligenza dei soggetti responsabili per il prospetto, quello per i soggetti esperti e quello per i soggetti non esperti. Per gli esperti è necessario che il convenuto in giudizio abbia svolto autonome e complete indagini circa i fatti indicati in prospetto, per i non esperti è sufficiente dimostrare di non
effettuato specifiche (ed indipendenti) indagini volte alla verifica dei dati pubblicati e che da queste indagini non sia scaturito alcun elemento di sospetto. Per quanto concerne, in particolare, la responsabilità degli amministratori firmatari del prospetto, se questi riescono ad integrare i requisiti della due diligence defence, ne deriva un’automatica esclusione di responsabilità anche per l’emittente che rappresentano, in virtù dello stesso principio della personalità giuridica che vede l’imputazione all’ente dello stato mentale dei propri amministratori51. Per quanto concerne, invece, i soggetti esterni all’emittente (offerente, intermediario, eventuali garanti o società di revisione che si assumano la responsabilità) è da ritenersi necessaria (operando un confronto con la più evoluta disciplina americana) almeno una parziale verifica delle informazioni trasmesse dall’emittente. Per tutti gli altri soggetti, come abbiamo avuto modo di vedere, la colpevolezza non si presume, dunque, sarà onere di parte attrice, dimostrarla.
La norma in esame fa riferimento all’affidamento che l’investitore ha sul contenuto del prospetto. Infatti, i soggetti responsabili rispondono “dei danni subiti dall’investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle informazioni”. Il principale problema interpretativo risiede, dunque, sull’individuazione di chi debba subire l’onere della prova dell’affidamento. La questione è fondamentale perché l’affidamento costituisce il nesso causale: è l’aver fatto affidamento sulle informazioni false o incomplete del prospetto ad aver prodotto l’effetto dannoso. Per l’investitore questo sarebbe il classico caso di una probatio diabolica, in quanto dovrebbe provare di essersi determinato all’investimento esclusivamente sulla base del prospetto e non di altre fonti indipendenti. È una prova, anche in parte negativa, assolutamente difficoltosa52. La questione può essere risolta interpretativamente a livello di
aver avuto basi ragionevoli per ritenere che le informazioni non fossero veritiere. La differenziazione del livello di diligenza ha senso nel diritto americano in quanto vi è l’obbligo che la maggioranza del CdA si assuma la responsabilità del prospetto affinché questo venga pubblicato. Obbligo non presente nel nostro paese.
51 Campobasso M., “L’imputazione di conoscenza nelle società”, 2002.
52 Cassazione Civile, Sentenza dell’11 giugno 2010, Nr. 14056.
sistema53. Il mercato, infatti, come abbiamo avuto modo di vedere in precedenza, si basa sull’affidamento generato intorno all’informazione societaria diffusa dall’emittente che costituisce la base valutativa non solo del singolo investitore, ma soprattutto della stampa specializzata e degli investitori professionali. L’affidamento, dunque, si presume, perché qualunque informazione abbia il singolo posto a fondamento della sua scelta, sarebbe comunque riconducibile al prospetto e all’informazione continua sempre di paternità dell’emittente. Se così non fosse, non vi sarebbe alcuna fiducia da parte del mercato e lo stesso fallirebbe. Al tempo stesso, tale agevolazione non può durare in eterno, proprio perché le informazioni sono in continuo divenire e possono essere rapidamente superate da nuove circostanze. Ecco perché è la stessa direttiva54 a prevedere un limite massimo di validità del prospetto, stabilito in 12 mesi. Come è ovvio, dunque, la presunzione di affidamento non può riporsi su un prospetto non più valido, ne deriva che anche l’operare della presunzione debba essere circoscritto a 12 mesi.
Sotto il profilo del danno risarcibile possiamo ipotizzare tre diversi casi: il danno da investimento e da mancato disinvestimento (danno emergente) ed il danno da perdita di chance ossia il mancato investimento o il disinvestimento (lucro cessante). Per la prima ipotesi non vi sono dubbi a livello giurisprudenziale sia per la negoziazione nel mercato primario che secondario55. Il danno è da quantificare nella differenza di prezzo tra quanto effettivamente pagato e quanto sarebbe stato il prezzo equo (quindi il reale valore dei titoli) se le informazioni fossero state complete e veritiere. Xxxxx che assume ingente rilevanza nel caso particolare in cui l’investitore non si sarebbe neppure determinato all’acquisto se avesse avuto accesso all’informazione corretta. Lo stesso ragionamento si può estendere al danno
53 Tribunale di Milano, Sentenza del 25 luglio 2008.
54 Direttiva 2003/71/CE, (Nr. 1), Par. 26.
55 Cassazione Civile, Sentenza del 3 dicembre 1984, Nr. 6300 e Corte d’Appello di Milano, Sentenza dell’8 luglio 1997, in Giur.comm., 1998, II, 532. La determinazione del prezzo di un titolo scambiato nel mercato secondario ingloba, in ogni caso, le informazioni disponibili al momento dello scambio. Ne deriva che la situazione è assolutamente assimilabile all’investimento nel mercato primario.
da mancato disinvestimento56, nel caso di specie l’investitore non avrebbe mantenuto in portafoglio i titoli se le informazioni diffuse fossero state veritiere. Anche in questo caso, la quantificazione del danno sia da calcolare con riguardo alla differenza tra il minor prezzo di realizzo al momento del disinvestimento ed il prezzo che sarebbe stato conseguito al momento in cui l’investitore avrebbe disinvestito potendo contare su corrette informazioni. Gli altri due casi di danno (mancato investimento e disinvestimento), invece, sono ipotesi di scuola che difficilmente potrebbero verificarsi nella realtà in quanto presupporrebbero una divulgazione di informazioni che mostrino una situazione dell’emittente peggiore rispetto a quella reale, da qui scaturirebbe un lucro cessante derivante dal non aver investito o dall’aver erroneamente disinvestito che, tuttavia, risulta estremamente difficile da provare. Ne deriva che per azionare nella pratica lo speciale regime di responsabilità di cui all’art. 94 TUF sia comunque necessario che il soggetto leso abbia sottoscritto un contratto d’investimento di cui il prospetto rappresenti, simultaneamente l’offerta contrattuale e la relativa regolamentazione57.
L’azione si prescrive entro cinque anni dalla pubblicazione del prospetto o due anni dalla scoperta del vizio58, in questo caso sarà l’investitore a dover provare il momento della scoperta. L’azione, dunque, è esercitabile anche dopo la scadenza dei cinque anni, ciò esclude che si possa parlare di decadenza dell’azione.
Infine, altro aspetto di notevole rilevanza interpretativa si fonda nella corretta qualificazione della natura giuridica di tale forma di responsabilità. La dottrina, in passato, oscillava tra una qualificazione come responsabilità precontrattuale, contrattuale o extracontrattuale. Oggi non sembra ci siano dubbi si tratti di responsabilità extracontrattuale, infatti, ragionando per assurdo, se la responsabilità fosse di tipo contrattuale non vi sarebbe ragione di disporre un’agevolazione per quanto concerne l’individuazione della colpevolezza, basterebbe solo la prova dell’inadempimento, inoltre il termine di prescrizione
56 Tribunale di Milano, Sentenza del 21 ottobre 1999 in Xxxx.xx, 2000, I, 554.
57 Stirpe A., (Nr. 46), Pag. 298.
58 Art. 94, Comma 11 TUF.
quinquennale coincide con quello della responsabilità aquiliana. Altra particolare circostanza è che le informazioni da prospetto sono diffuse indistintamente verso il mercato, il che non consente di individuare un destinatario specifico. Vi è, dunque, l’impossibilità di individuare le parti del rapporto (almeno finché non si verifichi il danno) con conseguente impossibilita di definire degli obblighi specifici. Tale considerazione osta anche alla qualificazione della responsabilità come precontrattuale59.
In conclusione, di questo tema è doveroso un breve cenno sulla responsabilità per la nota di sintesi. Questo documento che funge da introduzione e riepilogo dei più complessi dati che risultano dal prospetto è di notevole rilevanza per l’investitore non professionale e, nella prassi, l’unico documento da questi letto. Il comma 10 dell’art. 94 TUF dispone che “nessuno possa essere ritenuto civilmente responsabile esclusivamente in base alla nota di sintesi”. La nota di sintesi tuttavia, può far sorgere responsabilità qualora il suo contenuto sia fuorviante, impreciso o incoerente se letto con il resto del prospetto o qualora non contenga le informazioni chiave che aiutino gli investitori nella valutazione dell’offerta. Ne deriva che la nota di sintesi è fonte di responsabilità solo se posta a paragone con il resto del prospetto e qualora non assolva alla funzione attribuita dal legislatore cioè di chiarificazione ed estrapolazione delle informazioni fondamentali (informazioni chiave) relative all’offerta di prodotti finanziari.
59 Xxxxx X., (Nr. 48), Pag. 6. Giova ricordare, a tal proposito, che la giurisprudenza italiana in tema di responsabilità per falsità in bilancio ed altre informazioni diffuse ha sempre ricostruito la fattispecie come responsabilità extracontrattuale attribuendo ai soggetti lesi la tutela di cui all’art. 2043 CC rispetto alla società e dell’art. 2395 rispetto agli amministratori responsabili (Cass., Sentenza del 3 dicembre 1984, Nr. 6300). Tale giurisprudenza è analogicamente applicabile alla responsabilità da prospetto in virtù dell’equiparazione operata dalla stessa direttiva 2004/109/CE per quanto concerne i profili di responsabilità.
V. (Segue…) La responsabilità degli amministratori non firmatari
Abbiamo avuto già modo di analizzare come si possa parlare propriamente di responsabilità da prospetto solo per coloro che siano firmatari dello stesso. L’emittente, dunque, sarà sempre responsabile in quanto il prospetto è di sua paternità, questo firma per mezzo di un amministratore delegato a tale funzione che sarà solidalmente responsabile con l’emittente medesimo. L’offerta al pubblico di strumenti finanziari è tuttavia un’operazione complessa per l’emittente che necessariamente coinvolge l’intero CdA oltre agli organi di controllo e numerosi altri soggetti esterni che non figurano nel prospetto, ma che, tuttavia, dovrebbero rispondere della propria attività. In altri ordinamenti la questione è risolta dal legislatore che obbliga la maggioranza del consiglio di amministrazione alla firma del prospetto affinché questo possa essere pubblicato60, tuttavia, nel nostro sistema nessuna previsione di tale spessore è stata mai introdotta, sarà, dunque, necessario ricorrere all’applicazione della disciplina di diritto comune e del diritto societario.
Per quanto concerne gli amministratori e nel caso di offerta pubblica di sottoscrizione al capitale sociale, è istintiva l’applicazione della norma di cui all’art. 2395 CC che fa salvo “il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori”. Affinché l’azione sia esperibile è necessario che il danno ricada direttamente sul patrimonio socio o del terzo61, circostanza rara in verità, che tuttavia si realizza proprio nell’ipotesi in commento: la diffusione di informazioni false che spinga un investitore ad una scelta erronea ben può inquadrarsi come danno diretto al patrimonio individuale del soggetto leso62. I soci hanno un vero e proprio diritto ad essere informati in maniera ampia e completa sulla situazione patrimoniale e finanziaria della società, diritto che è immanente a tutta la disciplina societaria nazionale. Ecco come la responsabilità degli amministratori verso i soci ed i terzi si aggiunge a quella dell’emittente per i medesimi atti dolosi e colposi dei
60 Il riferimento è alla disciplina statunitense, già commentata in nota (Nr. 50).
61 Visentini G., “L’amministrazione della società per Azioni”, DIKE, 2016, Pag. 238.
62 Tribunale di Milano, Sentenza del 21 ottobre 1999 (Nr. 56).
propri gestori anche in deroga al principio dell’immedesimazione organica63. Da sottolineare, inoltre, con riguardo ai soci, che non vi è duplicazione del risarcimento danno in quanto l’amministratore con la sua condotta ha leso sì il patrimonio sociale, ma contestualmente anche il patrimonio individuale del socio64. Il socio, dunque, non agisce surrogandosi alla società, il relativo risarcimento sarà di sua esclusiva spettanza. Per questi motivi, è pienamente ammissibile il concorso dell’azione di cui all’art. 2395 CC con quella di cui all’art. 2392 CC in quanto volte a porre rimedio a due diverse fattispecie: la diminuzione del patrimonio del socio, la prima e la depauperazione del patrimonio sociale, la seconda.
VI. Le sanzioni amministrative
Il sistema di tutela c.d. “privata” ad opera degli stessi investitori eventualmente lesi, si completa con una forma di tutela “pubblica” che consiste nel complesso apparato sanzionatorio cui è preposta la CONSOB. La tutela, in verità, è, poi, ulteriormente estesa dalla previsione di condotte sanzionate penalmente che, tuttavia, non saranno oggetto della presente trattazione. Il sistema delle sanzioni amministrative, dunque, si può considerare come una misura di public enforcement ex post, in quanto, il relativo esercizio si colloca logicamente nel momento in cui le misure di specificazione della normativa (primaria e secondaria) e le forme di controllo, vale a dire le forme di prevenzione (enforcement ex ante), operate dalla Consob, falliscano non riuscendo a inibire la verificazione della condotta illecita. Il sistema sanzionatorio, dunque, si affianca, senza sostituirsi all’enforcement privato descritto nei paragrafi precedenti e segue logiche autonome, in parte indipendenti dai principi generali in tema di sanzioni amministrative. Le relative norme trovano posto nella parte V del TUF ed in particolare al titolo II rubricato “Sanzioni
63 Cassazione Civile, Sentenza del 24 settembre 2008, Nr. 23988.
64 Cassazione Civile, Sentenza dell’8 gennaio 1999, Nr. 97. La Corte sottolinea, in un caso di falsità della prospettata situazione patrimoniale della società nell’ambito dell’approvazione del progetto di fusione come la distorta percezione della realtà in capo ai soci, spingendoli ad accettare un rapporto di cambio più svantaggioso, abbia direttamente danneggiato il loro patrimonio. Danno autonomo rispetto alla situazione del patrimonio sociale.
Amministrative”. In questa sede analizzeremo i principi generali, la ratio e le peculiari finalità del sistema sanzionatorio “finanziario”, senza tuttavia scendere nel dettaglio delle singole sanzioni.
Nel sistema sanzionatorio regolato dal TUF, la principale forma di sanzione è quella pecuniaria. Il legislatore generalmente specifica in misura abbastanza rigida i parametri edittali lasciando alla CONSOB scarso margine di apprezzamento e discrezionalità circa la commisurazione della pena65. Questa scelta si pone in controtendenza rispetto alla tecnica legislativa tipica del TUF che predilige, come abbiamo più volte avuto modo di constatare, l’inquadramento di principi generali, lasciando poi l’Autorità libera di emanare norme di dettaglio. La scelta tuttavia si giustifica nell’ottica dell’effetto di deterrenza della sanzione, potendo in questo modo il trasgressore quantificare con sufficiente precisione ed in anticipo le conseguenze della propria condotta66. Quanto alla commisurazione della pena all’interno dei parametri edittali soccorrono i principi generali in tema di sanzioni amministrative67. Si terrà, dunque, conto della gravità della violazione sia sotto il punto di vista oggettivo (considerando l’interesse protetto che viene leso, il vantaggio illecito conseguito e le modalità della condotta), sia dal punto di vista soggettivo, ossia il carattere doloso o colposo dell’aggressione al bene giuridico protetto. Sarà rilevante, poi, il c.d. “ravvedimento operoso” cioè tutte quelle azioni compiute dal trasgressore per rimediare alle conseguenze della violazione. Infine, sarà considerata la personalità dell’agente (eventuali condotte illecite reiterate e generale tendenza a compiere illeciti della stessa indole) e le condizioni
65 Carbonetti F., “Le sanzioni amministrative pecuniarie nella disciplina bancaria, finanziaria e assicurativa” in Bancaria, 2006, 9, Pag. 29.
66 Talvolta il TUF non esplicita dei riferimenti edittali precisi, ma opera con riferimento ad altri parametri (es. il fatturato). Questa ipotesi è ravvisabile, ad esempio, nelle sanzioni di cui agli artt. 191 comma 4 TUF e 192. Questa tecnica è stata oggetto di critiche stante l’indeterminatezza della norma che commina la pena e, dunque, l’impossibilità di determinare con certezza a priori le conseguenze della condotta illecita. Vedi, in tal senso, Assonime, “La sollecitazione all’investimento nel testo unico della finanza: il commento dell’Assonime” in Riv. Sov., 2001, 1, Pag. 211.
67 Art. 11, Legge 689/1981.
economiche dell’agente (adattando, dunque, il grado di afflittività della sanzione alle effettive disponibilità economiche del trasgressore).
Altra importante tipologia di sanzione è quella di natura interdittiva. La sanzione interdittiva può essere applicata in forma accessoria ad una pecuniaria o in via principale. Nel primo caso consegue automaticamente all’irrogazione della sanzione pecuniaria68, nel secondo caso, invece, l’irrogazione è rimessa ad un giudizio valutativo da parte della CONSOB. Tali sanzioni aggiungono un carattere di affilittività ulteriore69 (costituendo causa di perdita di elementi reddituali per il soggetto che ne è colpito) oltre ad avere diretta funzione di protezione dell’interesse generale inibendo che il soggetto sanzionato possa ricoprire posizioni che consentano la reiterazione dell’illecito. L’interdizione ha, inoltre, per il soggetto sanzionato, importanti ricadute reputazionali che consentono agli investitori di riconsiderare le proprie scelte d’investimento andando a riequilibrare quella correttezza informativa che è stata lesa.
Il quadro sanzionatorio si completa con la confisca dei beni provenienti dall’illecito. Misura sempre accessoria che non prevede alcuna discrezionalità applicativa da parte della CONSOB70. A differenza della confisca di natura penale, l’istituto de quo si caratterizza per una maggiore connotazione punitiva, assolutamente da giustificarsi nel contesto dell’insider trading e della manipolazione del mercato. Infatti, qualora non sia possibile confiscare propriamente il frutto dell’illecito è possibile procedere a confisca di beni
68 Un esempio è riscontrabile, tra gli altri, all’art. 187-quater: “L’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie […] importa la perdita temporanea dei requisiti di onorabilità […], l’incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell’ambito di società quotate […]”.
69Seminara S., “Disposizioni comuni agli illeciti di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato” in Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato: le norme della comunitaria 2004, in Dir. Pen. Proc., 2006, 1, Pag. 9.
70 Art. 187-sexies TUF.
equivalenti, questo connota l’istituto di una caratteristica propriamente sanzionatoria e non preventivo-inibitoria71.
La funzione punitiva delle sanzioni amministrative comminate dalla CONSOB appena descritte, deve, tuttavia, conciliarsi con le esigenze di ripristino del corretto funzionamento del mercato. Mercato che è stato, in qualche modo, danneggiato dal trasgressore con la pubblicazione di informazioni non veritiere con conseguente influenza sui prezzi. La soluzione individuata dal legislatore consiste nella pubblicazione del provvedimento che commina le sanzioni72 sul sito internet dell’Autorità. L’istituto, se da un lato, amplifica il carattere punitivo della sanzione comportando detrimento della reputazione dell’autore dell’illecito, ha, invece, essenzialmente finalità informative verso il mercato volte alla prevenzione di futuri illeciti compiuti dallo stesso autore. Il pubblico, infatti, informato del carattere contra legem dell’operazione in questione potrà compiere opportune valutazioni alla luce di informazioni corrette e complete, mutando anche opinione circa l’affidabilità del proprio investimento. La norma di cui all’art. 195-bis TUF dispone, inoltre, che la pubblicazione possa avvenire per mezzo di “modalità ulteriori” operando una valutazione comparata della natura della violazione e degli interessi coinvolti. Ciò si traduce in un bilanciamento tra l’interesse reputazionale del trasgressore ed il preminente interesse del mercato. In questo modo si riequilibra ex post, la distorsione informativa generata dell’illecito.
Parte 2. Un confronto con la disciplina Inglese
Abbiamo constatato che le molteplici forme di tutela degli investitori approntate dal nostro ordinamento possono avere natura preventiva o risarcitoria ed essere di carattere pubblico o privato. In particolare, per la tutela “privatistica” è evidente la derivazione dal diritto comune, si tratta di responsabilità civile, tuttavia i cui profili processuali sono semplificati mediante l’utilizzo di presunzioni volte a riequilibrare una posizione tra le parti in causa particolarmente sbilanciata. Questa
71 Cassazione Penale, Sentenza del 14 giugno 2006, Nr. 31988.
72 Art. 195-bis TUF.
è la soluzione ideata dal nostro legislatore: una normativa speciale che “potenzia”, senza distaccarsene particolarmente, un istituto generale del diritto comune. Soluzione molto diversa è stata, invece, ideata dall’ordinamento di common law inglese. Anche in questo caso è stato per primo il diritto comune ad approntare un rimedio ai danni subiti dagli investitori per le informazioni false o incomplete diffuse sul mercato degli emittenti, tuttavia, a questa azione civile, certamente difficoltosa per l’investitore dal punto di vista probatorio, si affianca un rimedio che potremmo definire autonomo, non derivato, di natura ibrida pubblicistico/privata che è la class action curata dall’FCA (Financial Conduct Autority)73. Ecco come due diversi approcci (quello italiano e quello inglese) raggiungono lo stesso scopo che è la protezione dell’investitore, tuttavia attraverso strategie legislative completamente differenti frutto di tradizioni giuridiche distanti. Per tale ragione è particolarmente interessante una comparazione volta all’individuazione del miglior strumento, nella pratica, di tutela dell’investitore e del mercato. La trattazione della disciplina inglese sarà svolta come effettuato per la disciplina nazionale, partendo dai principi generali di diritto comune per giungere all’analisi della disciplina speciale evidenziandone analogie e differenze.
I. Il diritto comune inglese: il leading case Caparo Industries PLC x. Xxxxxxx
Il diritto comune inglese sviluppatosi intorno alla responsabilità degli amministratori per false o insufficienti informazioni diffuse nel mercato o verso i soci, si fonda su un caso giurisprudenziale fondamentale: Caparo Industries plc v. Dickman74. Stante l’importanza della decisione pronunciata dalla House of Lords a risoluzione di tale caso, pronuncia divenuta diritto applicabile in ossequio al sistema di produzione legislativa tipico degli ordinamenti di common law, si ritiene
73 La Financial Conduct Autority (FCA) è un’autorità amministrativa indipendente dal governo inglese che ha funzioni di regolazione e controllo dei mercati finanziari inglesi. L’autorità ha, inoltre, potere sanzionatorio e possibilità di rappresentare, anche sotto il profilo processuale, gli interessi diffusi degli investitori. L’FCA opera in regime di autofinanziamento con i contributi versati dalle imprese che operano sui mercati finanziari.
74 Caparo industries PLC x. Xxxxxxx (Nr. 2).
opportuno uno specifico commento e descrizione della vicenda sia in punto di fatto sia in punto di diritto.
La vicenda riguardava l’acquisizione del controllo di una società, la Fidelity PLC da parte della Caparo Industries PLC. La Fidelity, azienda nel settore della manifattura di componenti elettriche, non versava in buone condizioni economiche, questo emergeva anche dalle comunicazioni periodiche che, in particolare, nel 1984 comportarono un drastico crollo del valore azionario dei titoli emessi. Approfittando di tali condizioni favorevoli, la Caparo Industries PLC acquisiva in un primo momento un pacchetto del 29,9% delle azioni per poi procedere all’offerta pubblica di acquisto dei rimanenti titoli in circolazione, acquisendo, così, il controllo di diritto della Fidelity PLC. Tuttavia, a seguito dell’acquisizione emergeva che la situazione economica della Fidelity PLC era molto più precaria di quanto fosse evidenziato nei bilanci e nelle comunicazioni effettuate al pubblico, con conseguente influenza sul prezzo di acquisto, troppo elevato per le reali condizioni della società. Per queste ragioni, la Caparo Industries PLC addiveniva in giudizio con il sig. Xxxxxxx, membro dell’organo di controllo della Fidelity PLC e, in particolare, responsabile della revisione dei bilanci, per il risarcimento del danno conseguente alle imprecisioni ed alla falsità dei documenti resi pubblici negli anni precedenti.
La principale questione giuridica che la House of Lords fu chiamata a risolvere era, dunque, se nel caso di specie, fosse sussistente un duty of care da parte di un membro dell’organo di controllo, Xxxxxxx, nei confronti dei singoli soci presenti e futuri considerati uti singuli. Le pronunce in primo e secondo grado furono sul punto discordanti, infatti, mentre la High Court rigettava le domande di parte attrice sostenendo che non vi fosse alcun obbligo di diligenza a favore della Caparo, la Court of Appeal accoglieva le doglianze di Caparo applicando quello che sarebbe passato alla storia come il three-fold test75. Secondo questo approccio affinché possa essere dichiarato sussistente un obbligo di diligenza a carico di un
75 Caparo Industries PLC x. Xxxxxxx, 1989, Q.B. 653. Il test veniva elaborato dal giudice Xxxxxxx estrapolando tale principio generale da numerose precedenti pronunce giurisprudenziali discordanti.
soggetto76 devono essere soddisfatte tre condizioni: (1) il danno deve essere ragionevolmente prevedibile come conseguenza della condotta del convenuto; (2) le parti devono trovarsi in una relazione di reciproca prossimità77; (3) la responsabilità che deriva dell’imposizione dell’obbligo di diligenza deve essere equa, giusta e ragionevole alla luce dei principi dell’ordinamento.
La Court of Appeal, applicando il citato test confermava le ragioni della Caparo, tuttavia sottolineando per mano dello stesso giudice Xxxxxxx come, nel caso si tratti di individuare un diritto di un investitore esterno (non socio) al risarcimento danni per la negligenza dell’organo di controllo, i requisiti, in particolare della prossimità (nesso causale) e della ragionevolezza della norma sarebbero solo astrattamente configurabili e, dunque, particolarmente difficoltosi da provare. Il giudice X’ Xxxxxx, invece, dissentiva ritendo che non vi fosse alcun obbligo di diligenza nei confronti di un investitore che non fosse socio al momento dell’operazione mancando completamente il nesso causale. È su questa opinione discordante che si fonderà il giudizio della House of Lords che giungerà a negare il diritto della Caparo Industries PLC. La Suprema Corte, infatti, pur riaffermando la validità e la correttezza del three-fold test, rilevava la sua erronea applicazione al caso concreto. Infatti, secondo l’interpretazione della Corte, il Companies Act78 prevedeva l’esigenza che il bilancio fosse revisionato da un organo di controllo ad esclusivo vantaggio dei soci e dell’esercizio dei loro diritti in sede assembleare. Lo scopo della norma non è quello di offrire agli investitori un documento su cui far affidamento per le proprie scelte di investimento. Xxxx, dunque, che viene a mancare la relazione di prossimità tra la Caparo ed il sig. Xxxxxxx: la Caparo ha fatto affidamento per il proprio investimento su un documento che non aveva lo
76 Il principio ha portata generale non confinata al diritto societario o finanziario.
77 Per relazione di prossimità si intende una relazione giuridica che faccia sì che il danno derivante dalla negligenza di un soggetto si ripercuota direttamente sul soggetto leso che faccia affidamento sull’operato del soggetto negligente. In altre parole, per usare una categoria giuridica tipica del nostro ordinamento, il nesso causale. Vedi Xxxxxxxx x. Xxxxxxxxx, 1932, A.C. 562.
78 Lo statute applicabile pro tempore è il Companies Xxx 0000.
scopo di agevolarla in tale scelta, manca il nesso causale e conseguentemente non vi è azione di risarcimento del danno.
Nonostante la pronuncia sia contraria al diritto dell’investitore leso nel caso de quo, la decisione, letta a contrariis, esprime un principio fondamentale del diritto comune inglese: vi è responsabilità per negligenza per la diffusione di informazioni false o incomplete nel mercato se lo scopo di tale pubblicità sia quello di agevolare l’investitore nella valutazione del proprio investimento. In altre parole, se lo scopo del documento pubblicato è l’affidamento che l’investitore deve fare sul suo contenuto.
II. (Segue…) L’azione di Risarcimento per diffusione di informazioni false o incomplete nel mercato.
Come più volte sottolineato, la transparency directive79 impone che gli stati membri offrano i rimedi propri delle norme interne in tema di responsabilità civile per gli investitori che abbiano subito un danno a seguito di informazioni diffuse dagli emittenti. Tuttavia, come appena commentato, la negligenza degli organi societari dell’emittente è particolarmente difficile da provare secondo il diritto comune inglese e la direttiva di per sé non richiede alcuna modifica alle norme di responsabilità civile degli stati membri80. Ne deriva che prima dell’intervento legislativo del 2006 che introdurrà uno specifico regime di responsabilità, applicando i principi di Xxxxxx, l’azione in negligenza era poco utilizzata considerando la probatio diabolica necessaria per integrare i principi della prevedibilità del danno e della ragionevolezza. Anche la prova necessaria per un’azione che avesse come presupposto la frode (tort of deceit) risultava difficoltosa, considerando che l’attore deve provare la conoscenza della falsità delle
79 Directive 2004/109/EC of the european Parliament and of the Council of 15 december 2004 on the harmonisation of transparency requirements in relation to information about issuers whose securities are admitted to trading on a regulated, Art. 7.
80 Xxxxx, Xxxxxx, “Principles of Modern Company Law”, 2016, Sweet & Xxxxxxx, Pag. 884.
informazioni da parte del convenuto e l’intenzione del convenuto che l’attore facesse affidamento sulle informazioni venendone, così, ingannato81.
L’intervento del legislatore si è, dunque, concentrato solo per il caso della frode e del fraudolento ritardo nella diffusione delle informazioni, lasciando per i casi di negligenza l’applicazione dei principi di cui in Caparo. Le relative disposizioni speciali sono contenute nel FSMA (Financial Services and Markets Act)82 e dispongono la responsabilità esclusivamente dell’emittente in caso di fraudolenta diffusione di informazioni false o rilevante ritardo o omissione della pubblicazione. L’agevolazione sotto il profilo probatorio consiste in una presunzione dell’affidamento da parte dell’investitore sull’informazione falsa diffusa, per il resto dovranno essere integrati i presupposti previsti per il tort of deceit con relativo onere probatorio. È evidente l’analogia con il regime di responsabilità da prospetto proprio del nostro ordinamento, la disciplina speciale pur basandosi sul diritto comune, semplifica l’onere probatorio dell’investitore per mezzo di presunzioni volte a riequilibrare la situazione di disparità tra i soggetti coinvolti.
La posizione del legislatore per quanto concerne l’ipotesi della negligenza è, invece, quella di mantenere vivo il principio espresso nella vicenda Caparo. La ragione probabilmente è individuabile nella volontà, almeno qualora sia responsabile l’emittente, di evitare che i soci dello stesso risultino ulteriormente impoveriti dal trasferimento di ricchezza a favore di un gruppo più ristretto di soci- investitori vittoriosi in sede giurisdizionale. In sostanza non sarebbe mai possibile integrare il terzo requisito del three-fold test. La situazione diviene differente, tuttavia, nel caso in cui la società si sia impegnata contrattualmente con l’investitore garantendo la genuinità delle informazioni contenute nelle comunicazioni successivamente oggetto di giudizio. In questo caso i tre requisiti sarebbero soddisfatti senza che possano esservi dubbi interpretativi83.
81 Pasley x. Xxxxxxx, 1789, 3 TR 51.
82 Financial Services and Xxxxxxx Xxx 0000, Sch 10A, Part 2, Par. 3.
83 Xxxxx, Xxxxxx, (Nr. 80), Pag. 886.