RELATORE CORRELATORE
Dipartimento
Cattedra
I CONTRATTI TRA IMPRENDITORI ALL'INTERNO DELLA FILIERA PRODUTTIVO-DISTRIBUTIVA:
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx
RELATORE CORRELATORE
CANDIDATO
Anno Accademico 2019/2020
Indice
Introduzione 5
Capitolo I - I contratti d’impresa strumentali all’attività produttiva e distributiva all’interno della filiera.
1. La categoria giuridica dei contratti d’impresa 15
1.1. La formulazione dei contratti di impresa 19
2. Il contratto di somministrazione 22
2.1. Elementi essenziali: forma, obbligazioni delle parti e causa del contratto 24
2.1.1. La somministrazione tra tempo e mercato 26
2.2. Determinazione delle prestazioni 28
2.2.1. Modalità alternative per determinare l’entità della prestazione 30
2.3. Lo scioglimento del contratto 31
2.3.1. La risoluzione 33
2.3.2. La sospensione della somministrazione 34
2.3.3. Il recesso 35
3. Il contratto di subfornitura 38
3.1. L’ambito di applicazione della l. n. 192/1998 40
3.2. Forma e contenuto del contratto 42
3.3. Il sub affidamento e la responsabilità del subfornitore 45
4. I contratti di distribuzione 49
4.1. La concessione di vendita 53
4.2. Il contratto di affiliazione commerciale 57
4.3. I contratti di distribuzione telematica 62
Capitolo II - Le clausole a tutela degli imprenditori nei contratti commerciali.
1. L’autonomia negoziale d’impresa e la libertà d’iniziativa economica 65
2. Il patto di preferenza nella somministrazione 70
2.1. Natura e forma del patto di preferenza 72
2.2. I limiti temporali di validità del patto 75
2.3. Le fasi attuative della prelazione 76
3. La clausola di esclusiva 79
3.1. L’esclusiva nella somministrazione 80
3.1.1. Violazione dell’esclusiva e dell’obbligo di promuovere le vendite 83
3.2. L’esclusiva nella concessione di vendita 85
3.3. La clausola di esclusiva e il patto di non concorrenza 86
4. La clausola di non concorrenza 89
4.1. Il rapporto tra le clausole di non concorrenza e l’art. 2596 cod. civ 90
4.1.1. I limiti giuridici disciplinati dall’art. 2596 cod. civ 91
5. La clausola sul cliente più favorito 93
6. La clausola di riservatezza 96
6.1. Le obbligazioni della parte ricevente 98
7. La clausola di rinegoziazione 99
8. La clausola penale 102
8.1. La clausola take or pay 105
9. La clausola di limitazione della responsabilità 108
Capitolo III - Le clausole abusive nei contratti d’impresa.
1. I limiti posti all’autonomia negoziale d’impresa a tutela del contraente debole e della libera concorrenza nel mercato 111
2. L’abuso di dipendenza economica 116
2.1. La disciplina dell’abuso di dipendenza economica 119
2.1.1. Ambito di applicazione del divieto 120
2.2. I presupposti di applicazione della disciplina 123
2.2.1. Il rifiuto di vendere o di comprare 126
2.2.2. Condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie 127
2.2.3. Interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto 129
2.3. I rimedi previsti dall'art.9 l. n. 192/1998 131
3. I ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali 133
3.1. L’ambito d’applicazione del d. lgs. 231/2002 136
3.2. La disciplina legale del ritardo 138
3.2.1. La determinazione del saggio d’interesse 140
3.3. I rimedi a favore del creditore. La tutela risarcitoria 141
3.3.1. La tutela invalidatoria 143
4. Le intese fra imprese restrittive della concorrenza 145
4.1. La deroga al divieto: l’art. 101, 3˚§, TFUE 149
4.2. Esenzioni individuali e per categoria 152
4.2.1. Regolamento 330/2010 sulle intese verticali 153
Capitolo IV - Gli International Commercial Terms nei contratti di vendita internazionale tra imprenditori.
1. Natura e funzione degli INCOTERMS 158
1.1. L’efficacia delle regole e le obbligazioni delle parti 161
2. L’evoluzione storica degli INCOTERMS 164
2.1. Le innovazioni previste dagli INCOTERMS 2020 169
3. Le undici regole INCOTERMS 2020 172
3.1. EXW – Xxxxxx Xxxxxxxx (Ex Works) 175
3.2. FCA – Xxxxxx Xxxxxxx (Free Carrier) 176
3.3. CPT – Trasporto pagato fino a (Carriage paid to) 178
3.4. CIP – Trasporto e Assicurazione Pagati fino a (Carriage and Insurance paid to) 180
3.5. DAP – Reso al Luogo di Destinazione (Delivered at Place)
……………………………………………………………..181
3.6. DPU – Reso al Luogo di Destinazione Scaricato (Delivered at Place Unloaded) 182
3.7. DDP – Reso Sdoganato (Delivered Duty Paid) 183
3.8. FAS – Xxxxxx Xxxxx Xxxxx (Free Alongside Ship) 184
3.9. FOB – Xxxxxx X Xxxxx (Free On Board) 186
3.10. CFR – Costo e Nolo (Cost and Freight) 187
3.11. CIF – Costo Assicurazione e Nolo (Cost Insurance and Freight) 188
4. Le regole INCOTERMS e la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci 190
4.1. Il rapporto tra INCOTERMS e CISG 1980 192
4.1.1. La complementarietà tra INCOTERMS e CISG 195
Conclusioni 199
Bibliografia 206
Introduzione
Alla base del presente lavoro di ricerca vi è l’intento di analizzare e approfondire le più rilevanti figure contrattuali e le clausole adoperate nei rapporti di scambio e di distribuzione tra imprenditori, nazionali e internazionali, all’interno della filiera produttivo-distributiva.
In particolare, all’interno del primo capitolo, si osserveranno i principali atti negoziali funzionali all’acquisizione dei fattori produttivi, all’organizzazione interna dell’impresa e alla circolazione e distribuzione di beni e servizi nel mercato di riferimento.
Nella trattazione della suddetta tematica si è ritenuto necessario effettuare una premessa concernente la natura e le caratteristiche dei cosiddetti contratti d’impresa, nei quali rileva la centralità della stabile, duratura e plurisoggettiva struttura organizzativa dei soggetti coinvolti. Nello specifico, analizzando le caratteristiche comuni delle figure negoziali coinvolte nel commercio b2b, si tenterà di ricostruire una disciplina uniforme e speciale dei contratti d’impresa, differenziata da quella del contratto individuale, in cui assumono grande rilievo le dichiarazioni incomplete delle parti, valutabili quali assunzioni d’impegni o comportamenti concludenti, la mera determinabilità dell’oggetto e specifiche ipotesi di risoluzione del rapporto.
Pertanto, alla luce della necessarietà di tali strumenti per l’esplicarsi dell’attività economica, si registrano numerosi interventi del legislatore volti a introdurre nuovi modelli negoziali, che non trovano espressa disciplina all’interno del codice civile.1 Altri contratti
1 Costituiscono esempi, a tal riguardo, la legge 18 giugno 1998, n. 192, che disciplina il rapporto di subfornitura nelle attività produttive, la legge 6 maggio 2004, n. 129, in materia di affiliazione commerciale.
d’impresa invece, in assenza di un’espressa regolamentazione legislativa in materia, sono detti innominati o socialmente tipici, e la loro disciplina consegue allo stratificarsi della prassi negoziale nel tempo e all’attività suppletiva della giurisprudenza.2
All’interno dell’elaborato si cercherà di dare rilievo alle varie figure negoziali, tipiche e atipiche, utilizzate nella prassi per disciplinare i rapporti commerciali tra imprenditori nella stessa catena del valore, strumentali all’esercizio della libertà dell’iniziativa economica, previsto dall’art 41 Cost.
Procedendo con ordine, sarà approfondita la disciplina del contratto di somministrazione, funzionale al reperimento e all’acquisizione dei fattori produttivi, quali materie prime e semilavorati, indispensabili allo svolgimento dell’attività economica di produzione. È definito dall’art. 1559 cod. civ. come il contratto attraverso cui il somministrante si obbliga a eseguire la fornitura periodica o continuativa di cose al somministrato in cambio di un corrispettivo.
Tale fattispecie contrattuale presenta specifiche caratteristiche, non riscontrabili nei contratti individuali, riferibili alla determinazione dell’ammontare delle prestazioni e alle ipotesi di scioglimento del contratto. In particolare, il codice civile, negli articoli 1564, 1565 e 1569 disciplina ipotesi di scioglimento ulteriori rispetto a quelle previste dalla ordinaria disciplina dei negozi giuridici, quali la risoluzione, la sospensione e il recesso della somministrazione. Tali norme prendono atto della particolare natura del rapporto di durata della somministrazione, in cui, in particolare, rilevano la fiducia reciproca dei contraenti nell’esattezza delle prestazioni future e la
2 Ci si riferisce, in particolare, al contratto di concessione di vendita, che pur in assenza di una specifica regolamentazione legislativa, si presenta nella prassi come strumento privilegiato per la costruzione di una struttura distributiva integrata.
necessità di garantire alle parti un congruo lasso di tempo per instaurare nuovi rapporti di fornitura con soggetti terzi.
In secondo luogo, sarà oggetto di studio il contratto di subfornitura, disciplinato dal legislatore nella legge 18 giugno 1998, n. 192, la cui rilevanza attiene alla constatazione che sempre più spesso le imprese, all’interno della filiera, sogliono ricorrere a forme di decentramento produttivo, affidando a imprese terze la lavorazione di beni o componenti ancillari al prodotto finale.
L’art.1, 1˚ co. della suddetta legge prevede che attraverso il contratto di subfornitura «un imprenditore si impegna a effettuare, per conto di una impresa committente, lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime, forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso […]». La disciplina è caratterizzata da una forte impronta protezionistica nei confronti del subfornitore, il quale non produce per il mercato ma solo per conto del committente.
L’ultima categoria inclusa all’interno dei contratti d’impresa che è stata oggetto di approfondimento all’interno del presente lavoro di ricerca concerne i contratti di distribuzione, funzionali alla crescita dimensionale e geografica delle imprese, attraverso la costruzione di un’organizzazione distributiva idonea a favorire la massima diffusione e commercializzazione dei prodotti. In particolare, i contratti di distribuzione permettono di colmare le distanze tra produzione e consumo attraverso il ricorso a imprese terze, che agiscono quali intermediari tra mercato e consumatori.
Partendo con l’analisi delle singole figure negoziali, la concessione di vendita, pur in assenza di una specifica disciplina normativa, si presenta nella prassi come uno degli strumenti
privilegiati per la definizione di un’organizzazione distributiva integrata, attraverso cui due imprenditori, che operano rispettivamente nell’ambito della produzione e della distribuzione all’ingrosso o al dettaglio, programmano lo svolgimento di un’attività indirizzata alla commercializzazione di beni.
Tale contatto atipico presenta una notevole rilevanza strategica, in quanto comporta vantaggi economici e commerciali per entrambi i contraenti. Infatti, a una più ampia e penetrante incidenza del produttore nel mercato, corrisponde una posizione privilegiata dell’impresa concessionaria all’interno della catena distributiva, poiché quest’ultima potrà servirsi dei marchi e segni distintivi del concedente e ottenere condizioni di fornitura più favorevoli rispetto a un acquirente non verticalmente integrato.
In ultimo, all’interno della categoria dei contratti di distribuzione, merita di essere approfondita la figura dell’affiliazione commerciale disciplinata dalla legge del 6 maggio 2004, n. 129, nota anche come franchising. Attraverso tale atto negoziale, l’affiliante concede all’affiliato, in cambio del pagamento di royalties, la disponibilità di diritti industriali e intellettuali, conoscenze e assistenza; da tale rapporto consegue una forte integrazione verticale tra imprese, funzionale all’espansione dell’impresa produttrice tramite l’ingresso in nuovi mercati.
Ogni sopraindicata fattispecie negoziale permette alle parti di perseguire diversi obiettivi di politica economica e di tutelare la loro posizione nel mercato rilevante; a tal fine l’autonomia negoziale dei contraenti diviene il primario mezzo d’espressione della libertà d’iniziativa economica, con la possibilità di inserire nel contratto qualsivoglia pattuizione funzionale al raggiungimento dei target delle imprese stesse. Attraverso siffatta analisi si enfatizzerà il rapporto di strumentalità esistente tra il “principio di libertà negoziale” ex art.
1322 cod. civ. e la “libertà di iniziativa economica”, riconosciuta dall’art. 41 Cost., che tutela l’interesse economico alla base dell’attività d’impresa.
Pertanto, all’interno del secondo capitolo, l’analisi verterà sulle clausole contrattuali che nella prassi ricorrono più assiduamente nei contratti tra imprenditori, al fine di gestire nella maniera ottimale le relazioni e le rispettive attività economiche all’interno della filiera produttivo-distributiva.
La disamina delle pattuizioni contrattuali commerciali si apre con il patto di preferenza disciplinato dall’art. 1566 cod. civ., attraverso cui il somministrato si impegna anticipatamente a preferire il somministrante nell’eventualità in cui voglia concludere un nuovo contratto di somministrazione per lo stesso oggetto, entro i successivi cinque anni. Nonostante la clausola sia disciplinata solo in relazione al contratto di somministrazione, è spesso inserita anche nei contratti di concessione di vendita , e persegue lo specifico obiettivo di cristallizzare i rapporti commerciali tra gli imprenditori, per garantire al produttore un flusso costante di clientela.
Di medesima rilevanza strategica è la clausola di esclusiva disciplinata, anche in questo caso, solo in riferimento al contratto di somministrazione negli artt. 1567 e 1568 cod. civ.
Dalla trattazione si evince come il principale obiettivo perseguito dalla clausola sia quello di rendere più stretta e incisiva la cooperazione tra imprenditori posti su livelli diversi della catena produttiva, attraverso la limitazione della libertà di iniziativa economica di una parte; da ciò deriva il vantaggio, a favore dell’esclusivista, di non avere concorrenti diretti in un dato mercato territoriale e la garanzia di poter godere di un flusso continuo di richieste e offerte provenienti dall’imprenditore obbligato.
Proseguendo, l’elaborato include l’esame delle clausole di non concorrenza e dei limiti previsti dall’art. 2596 cod. civ. di natura merceologica, temporale e territoriale, volti ad evitare che tali patti possano ostacolare «l’iniziativa economica privata altrui, fino a precludere in assoluto ad una parte la possibilità di impiegare la propria capacità professionale nel settore di riferimento».3
La trattazione proseguirà con l’approfondimento della clausola sul cliente più favorito, attraverso cui una parte s’impegna a garantire al beneficiario del patto lo stesso trattamento economico di favore offerto a un suo diretto concorrente, sul medesimo livello della filiera; pertanto trova ambiente fertile nei contratti conclusi tra soggetti operanti in diversi piani della catena produttiva e distributiva.
Altra clausola, il cui rilievo è stato esaminato e analizzato all’interno dell’elaborato, è quella di riservatezza, la quale nega a una o entrambe le parti la possibilità di divulgare le informazioni confidenziali acquisite durante la contrattazione o esecuzione del contratto. Persegue lo scopo di inibire che la comunicazione a soggetti terzi possa ledere i vantaggi competitivi propri di ogni impresa e frutto di specifiche attività d’investimento in ricerca e sviluppo.
Altra pattuizione spesso rinvenibile nei contratti d’impresa è quella di rinegoziazione, che permette alle parti, in presenza di particolari e specifiche circostanze, di riconsiderare e modificare parzialmente il contenuto del contratto originario, attraverso un riequilibrio dei rischi originariamente assunti dalle parti, per adeguarlo alle sopravvenute contingenze economiche, politiche o giuridiche.
In ultimo, la ricerca portata avanti all’interno del capitolo secondo, volta ad analizzare le varie declinazioni della libertà contrattuale degli imprenditori nell’esercizio della loro attività
3 Cass. 19 dicembre 2001, n. 16026.
economica d’impresa, si conclude con l’esame della clausola penale e di quella di limitazione della responsabilità. La prima di queste, disciplinata dall’art. 1384 cod. civ., ha l’obiettivo di salvaguardare la parte che ne beneficia dall’eventualità che la controparte non esegua o ritardi l’adempimento della prestazione che gli compete, attraverso la fissazione di una somma prestabilita che gli spetterà a prescindere dalla prova giudiziale del danno che ha subito. Infine, l’art. 1229 cod. civ. prevede la nullità di qualsiasi pattuizione che abbia l’obiettivo di limitare la responsabilità per dolo o colpa grave del soggetto obbligato ad adempiere la prestazione, mentre la autonomia negoziale delle parti non è ristretta nella possibilità di esentare un contraente dalla responsabilità per colpa lieve, purché tali accordi siano espressamente approvati dalla parte che non ne beneficia. Nella prassi, l’inclusione di pattuizioni di esonero o limitazione della responsabilità è assai frequente nell’ambito dei traffici commerciali transnazionali.
Il lavoro di ricerca prosegue all’interno del terzo capitolo con la trattazione, speculare alla sezione precedente, delle clausole abusive il cui inserimento è ricorrente nei contratti commerciali conclusi tra imprenditori. A tal proposito il legislatore, nazionale e comunitario, è intervenuto negli ultimi anni per porre dei limiti alle molteplici manifestazioni della libertà contrattuale delle parti, talvolta capaci di alterare l’equilibrio concorrenziale nel mercato e di pregiudicare gli interessi delle piccole e medie imprese
L'iniziativa economica, infatti, è tutelata dalle norme nazionali nel limite in cui sia funzionale a perseguire un’utilità sociale. Tale visione ha trovato riscontro in una nota sentenza della Corte Costituzionale, nella quale si è affermato che «l’art. 41 contiene una generica dichiarazione della libertà nell’iniziativa economica privata; ma a tale libertà necessariamente corrispondono le limitazioni rese indispensabili dalle superiori esigenze della comunità statale. È lo
stesso art. 41, nei commi secondo e terzo, che sancisce le limitazioni alla libertà d’iniziativa dichiarata nel primo comma».4 Di conseguenza trova giustificazione «l'imposizione di condizioni restrittive per lo svolgimento dell'autonomia contrattuale, mediante la modifica o l'eliminazione di clausole di contratti in corso, quando esse si rivelino contrastanti con l'utilità sociale».5
La disamina in materia s’inaugura con l’analisi delle clausole da cui emerge una fattispecie di abuso della dipendenza economica ai danni di imprese poste in una condizione di soggezione contrattuale; tale situazione giuridica è disciplinata dall’art. 9 della legge sulla subfornitura nelle attività produttive.
La normativa in materia di abuso di dipendenza economica si applica ogniqualvolta, da una pattuizione contrattuale, emerga un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi a danno delle imprese dipendenti, a prescindere dal nomen iuris del contratto cui accedono.
Ulteriore dimostrazione della volontà del legislatore di reprimere le situazioni di abuso contrattuale è contenuta nel d. lgs. del 9 ottobre 2002, n. 231, relativo alla lotta contro i ritardi di pagamento, in attuazione della direttiva 2000/35/CE contro il differimento delle controprestazioni pecuniarie, da cui derivi un ostacolo all’espansione dimensionale e commerciale delle imprese beneficiarie.
Suddetta normativa prevede un regime legale sanzionatorio delle clausole, incluse nei contratti d'impresa, che determinino un’eccessiva dilazione dei termini di adempimento della controprestazione pecuniaria e la limitazione della maturazione degli interessi moratori in caso di ritardo.
In ultimo, a conclusione del capitolo terzo, si analizzerà l’ulteriore limite posto alla libertà contrattuale delle parti dall’art. 101
4 Xxxxx Xxxx., 00 aprile 1957, n. 50.
5 Xxxxx Xxxx., 00 febbraio 1962, n. 7.
TFUE, in materia di diritto antitrust, il quale sanziona con la nullità le pattuizioni contrattuali volte a costituire intese restrittive della concorrenza, che abbiano l’esclusivo obiettivo di ostacolare l’esplicarsi della libera competizione delle imprese nel mercato unico europeo.
Per concludere, il quarto e ultimo capitolo metterà in luce come, alla crescita esponenziale dell’economia globale, sia conseguita una più ampia concorrenza e interrelazione tra le imprese agenti nei mercati di tutto il mondo. Suddetto fenomeno, oltre a comportare un incremento del volume dei traffici commerciali globali, ha determinato un’amplificazione delle incomprensioni e dispute concernenti i contratti tra imprenditori di diverse nazionalità, poiché spesso non adeguatamente redatti.
Per porre rimedio a tali problematiche e abbattere le barriere linguistiche e giuridico-commerciali, che si frappongono all’incremento dei traffici transfrontalieri, esistono norme e strumenti di diritto internazionale a disposizione delle parti.
In particolare, la trattazione verterà sulle undici clausole uniformi organizzate dalla Camera di Commercio Internazionale di Parigi all’interno della raccolta INCOTERMS.
I termini in questione hanno carattere pattizio e la loro efficacia è subordinata all'incontro della chiara volontà degli imprenditori contraenti e all’espresso richiamo della specifica sigla di tre lettere all’interno del contratto cui accedono.
Le undici regole sono, quindi, idonee a trovare applicazione in ogni contratto b2b di scambio di beni, prevedendo un equilibrio ogni volta diverso di diritti e obblighi delle parti, a seconda della sigla prescelta. I termini in questioni rivestono, inoltre, una considerevole rilevanza in merito alla loro idoneità a favorire l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, per loro natura
dotate di minor potere contrattuale e solitamente relegate in un mercato prettamente nazionale.
Per concludere, l’obiettivo da me perseguito con la trattazione del presente elaborato consta nella volontà di analizzare con occhio critico le molteplici politiche di redazione degli atti negoziali commerciali tra imprenditori operanti nella stessa catena del valore, al fine di fornire spunti utili al corretto, legittimo e proficuo esercizio dell’autonomia contrattuale da parte delle imprese italiane per raggiungere gli ambiti target di crescita geografica e dimensionale.
I CAPITOLO
I contratti di impresa strumentali all’attività produttiva e distributiva all’interno della filiera
SOMMARIO: 1. La categoria giuridica dei contratti di impresa.
– 1.1. La formulazione dei contratti di impresa. – 2. Il contratto di somministrazione. – 2.1. Elementi essenziali: forma, obbligazioni delle parti e causa del contratto. – 2.1.1. La somministrazione tra tempo e mercato. – 2.2. Determinazione delle prestazioni. – 2.2.1. Modalità alternative per determinare l’entità della prestazione. – 2.3. Lo scioglimento del contratto. – 2.3.1. La risoluzione. – 2.3.2 La sospensione della somministrazione. – 2.3.3 Il recesso. – 3. Il contratto di subfornitura. – 3.1. L’ambito di applicazione della l. n. 192/1998. – 3.2. Forma e contenuto del contratto. – 3.3. Il sub affidamento e la responsabilità del subfornitore. – 4. I contratti di distribuzione. – 4.1 La concessione di vendita. – 4.2. Il contratto di affiliazione commerciale. – 4.3. I contratti di distribuzione telematica.
1. La categoria giuridica dei contratti di impresa
La locuzione “contratti di impresa” fa perno sul fatto che tali negozi giuridici sono caratterizzati da due elementi essenziali, quali la partecipazione ad essi di imprenditori e la capacità di realizzare, attraverso gli stessi, una specifica attività di impresa.6
La possibilità di costruire la categoria giuridica dei “contratti di impresa” è sottesa all’identificazione di norme specifiche riferibili solo ai contratti che presentano le suddette caratteristiche.7
La ricerca di uno schema generale del contratto d’impresa, sottoposto a una propria e differenziata disciplina, trova fondamento sul presupposto che ai contratti di impresa sia applicabile il diritto
6 X. XXXXXXXXXXX , Studi di diritto commerciale, II ed., Milano, 2009, pp.287 ss.
A.A. DOLMETTA – G. B. PORTALE (a cura di), un maestro del diritto commerciale, Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, a cento anni dalla nascita, Milano, 2010.
7 X. XXXXXX , Il diritto europeo dei contratti di impresa, in Riv. dir. civ., 2005, p.1.
italiano.8 Tale supposizione incontra un possibile limite costituito dall’utilizzo, nella presente prassi contrattuale, di “contratti alieni” al fine dello svolgimento dell’attività di impresa.9
Il contratto alieno fonda le sue radici in un modello giuridico difforme dal diritto italiano, essendo un atto negoziale redatto e ispirato al modello di common law inglese e americano, nel quale la legge italiana è espressamente indicata come legge applicabile.10
I contratti stipulati tra imprese sono oggigiorno conformi ad un modello, ad uno standard uniforme e, oltre a produrre gli effetti voluti dalle parti, regolano il rapporto, le sopravvenienze e i rimedi che prima erano invece affidati alla legge applicabile.11
Le ragioni alla base della consistente diffusione, in Italia, di contratti di impresa alieni discende dall’influsso della globalizzazione di capitali e beni12 e dall’abitudine dei consulenti delle imprese italiane di predisporre il testo contrattuale prima di conoscere la nazionalità della controparte.13
In questa prospettiva, alcuni Autori giungono, quindi, alla conclusione che i “contratti di impresa” non abbiano un valore dogmatico con caratteristiche di portata generale, tali da costruire uno schema giuridico unitario, ma una natura meramente descrittiva.14
8 X. XXXXXXX, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, in Riv.dir. civ., 2008, pp.515 ss.
9 X. XXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di) , I contratti per l’impresa,
Bologna, 2012, p. 24.
00 X. XX XXXX, The Law which governs this Agreement is the Law of the Republic of Italy: il contratto alieno, in Riv. diritto privato, 2007, pp.7 ss. – in Riv. diritto commerciale internazionale, 2007, pp.3 ss.
11 X. XXXXXXXX, Il contratto dell’impresa, Milano, 2002, p. 17.
X. XX XXXX, Il contratto, Torino, 2016, pp.25 ss
12 M. J. BONELL – X. XXXXXXXX – M. R. FERRARESE – X. XXXXXXX , un dialogo
su globalizzazione e diritto, contratto e impresa, in Contratto e impresa, 2007, pp.1345 ss.
13 X. XXXX, L’evoluzione del commercio tra innovazione e tradizione, Padova, 2004, p.249
14 X. XXXXXXX, Xxx contratti delle imprese al terzo contratto. Nuove discipline e rielaborazione delle categorie, Milano, 2009, pp. 311 ss.
In realtà esistono alcune proposte dottrinali15, seppur discusse, che individuano macro categorie di contratti in virtù di parametri distintivi di portata generale.
Esemplificazioni a tal proposito sono offerte dalla teoria del “terzo contratto”16 e dalla dottrina della quadripartizione proposta da Monateri17. La prima, che ha riscontrato enorme successo, prevede una tripartizione dei negozi giuridici in contratti di diritto comune, asimmetrici tra imprese e consumatori, e tra imprese; la seconda teoria distingue quattro categorie contrattuali, quali il contratto civilistico, quello fra imprese, il contratto tra imprese professionalmente ineguali e il contratto con il consumatore.
Permane in dottrina, rispetto a tali ricostruzioni classificatorie, un senso di insoddisfazione che affonda le sue radici nella inidoneità delle ripartizioni a coprire e organizzare l’intero campo d’azione dell’autonomia privata.18 Appare, dunque, motivata e fortemente condivisa in dottrina economica, l’idea che una categoria di contratti per l’impresa non possa essere definita dogmaticamente, ma che riunisca meramente al suo interno interessi e problematiche espressione dell’autonomia privata nello svolgimento dell’attività d’impresa.19
Secondo altri Autori il punto di riferimento nello studio e nella classificazione dei contratti di impresa deve rimanere, pur sempre,
2000.
15 X. XXXXXX, La théorie générale du contract: mythe ou realité?, Parigi,
16 X. XXXXX – X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, Bologna, 2008, p. 122.
X. XXXXX, Contratti asimmetrici, codici di settore e tutela del contraente
debole, in Obbligazioni e contratti, 2012, pp. 440 ss.
17 P. G. XXXXXXXX, I contratti d’impresa e il diritto comunitario, in Riv. diritto civile, 2005, pp.489 ss.
18 X. XXXXXXXXX, Autonomia individuale e autonomia d’impresa, in I contratti per l’impresa, a cura di X.Xxxxx - X.Xxxxxxx - X.Xxxxxx, Bologna, 2012, p. 44.
19 X. XX XXXXXX, I contratti tra imprese, in Diritto civile diretto da X. Xxxxxx e
X. Xxxxxxxx, Milano, 2017
X. XXXXXXX, I contratti d’impresa e il diritto comune europeo, in Sirena, 2006, pp. 95 ss.
l’impresa stessa, come luogo in cui si svolge un’attività economica organizzata, stabile, duratura e plurisoggettiva20. Evidenziando la centralità dell’elemento organizzativo, diviene agevole individuare talune figure contrattuali necessarie all’acquisizione dei fattori produttivi, altre funzionali all’organizzazione interna dell’impresa, altre ancora che attengono alla circolazione e distribuzione dei beni e servizi, prodotti dall’impresa, all’interno del mercato.
Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, in un suo importante tentativo classificatorio, definì tali contratti come «contratti per l’esplicazione dell’attività economica o qualificativi»21, evidenziando la connessione tra i contratti B2B, conclusi all’interno della filiera, e l’attività economica d’impresa22. Quest’ultimo riteneva che «può meritare una considerazione d’insieme, volta a porre in luce aspetti comuni ed esigenze di coerenza normativa, il raggruppamento dei contratti d’impresa, senza che in questa considerazione d’insieme possa ravvisarsi una presa di posizione in contrasto con il principio della uniformità normativa di base della materia dei contratti»23.
Pertanto, mettendo in luce gli interventi legislativi degli ultimi decenni, non può non notarsi il ricorrente diffondersi di nuovi modelli negoziali i quali, pur non trovando espressa disciplina all’interno del codice civile, rappresentano una realtà normativa di estrema rilevanza e attualità.24 È proprio con riguardo a questi contratti, c.d. innominati,
20 X. XXXXX XXXXX, I contratti associativi, Milano, 1971.
X. XXXXXXXXX, Impresa, proprietà intellettuale e Costituzione, in AIDA, 2005, pp. 63ss.
X. XXX, Paradigmi interpretativi dell’impresa contemporanea. Teorie istituzionali e logiche contrattuali, Milano, 2004.
21 X. XXXXXXXXXXX, Contratti di impresa, in Enc. Giur. Treccani, vo. IX, Roma, 1988, p.1.
22 A. A. DOLMETTA, Xxx contratti d’impresa: ipoteticità di una categoria(Ricordo di Xxxxxx Xxxxxxxxxxx), in Jus, Milano, 2009, pp.291 ss.
23 X. XXXXXXXXXXX, Contratti di impresa, cit., pag.2.
24 X. X’XXXXX - X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 82.
X. XXXXX – X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, cit., p.110.
che diviene plausibile ricostruire una disciplina del contratto d’impresa uniforme e differenziata da quella del contratto individuale, sulla base di diversi elementi25, che saranno affrontati nei paragrafi e capitoli successivi, quali:
o la rilevanza dei comportamenti concludenti e la conclusione “di fatto” del contratto;
o l’imposizione di stringenti obblighi d’informazione precontrattuale in capo alle imprese;
o l’accertamento dell’avvenuta conclusione del contratto in virtù della mera “determinabilità” dell’oggetto;
o il divieto di abuso di posizione dominante nei rapporti tra imprese;
o la previsione di una disciplina particolare per quanto riguarda la risoluzione del rapporto;
o la rilevanza della causa in senso oggettivo.
1.1. La formulazione dei contratti d’impresa.
La disciplina del contratto individuale, volta a finalità garantistiche, nega l’esistenza di una proposta contrattuale qualora non sia accompagnata da una dichiarazione di volontà espressa e completa26, e ritiene che non vi sia accettazione senza una controdichiarazione, dal contenuto identico alla proposta, proveniente dall’altra parte27.
Tali criteri garantistici trovano piena giustificazione rispetto ai contratti conclusi tra individui, mentre nella contrattazione ordinaria tra imprese si suole attribuire grande rilievo a dichiarazioni incomplete ma valutabili come assunzioni di impegni. Ci si riferisce in
25 X. XXXXXXXXX, I contratti, cit., pp. 67 ss.
26 Cass. Civ., Sez. II, 7 luglio 2009, n.15964.
27 Cass. Civ., Sez II, 14 luglio 2011, n.15510.
tal senso a comportamenti concludenti, rappresentati dall’esecuzione di prestazioni di valore economico, che si eseguono in via anticipata o in proroga rispetto agli impegni sanciti nei contratti formali28.
In sostanza, nel diritto applicato, emerge l’orientamento che considera già instaurato un rapporto contrattuale tra soggetti esercenti un’attività d’impresa qualora i comportamenti assunti siano socialmente tipici e idonei ad instaurare il rapporto stesso.29
Sempre in riferimento alla formulazione del contratto, una peculiarità dei contratti d’impresa risiede nella determinazione dell’oggetto30, rispetto alla quale è prevista un’applicazione estensiva della “determinabilità” ex art.1346 cod. civ.31 L’oggetto del contratto si dice, infatti, determinato quando sia compiutamente identificato nella sua qualità o quantità, già nel momento della conclusione del contratto. L’oggetto è, invece, determinabile quando i contraenti non lo individuano prontamente, ma predispongono i criteri per la sua successiva determinazione.32
In caso di contrattazione tra agenti economici, che acquistano o vendono beni e servizi, appare corretto affermare che il rapporto obbligatorio si reputi instaurato già con la semplice manifestazione di una richiesta di fornitura da parte di un’impresa, cui poi consegue una contrattazione formale a carattere determinativo.33 Di contro nei contratti individuali, l’impossibilità di determinare il prezzo e
28 X. XXXXXXXX, La contrattazione d’impresa, in L’impresa, 1988, pp.190 ss.
29 Trib. Bari 16 aprile 2012.
Trib. Salerno 21 ottobre 2010.
30 X. XXXXX (a cura di), L’oggetto, in Sirena, pp. 203 ss.
31 Art. 1346 cod. civ.: «L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile».
32 X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXXX, Obbligo a contrarre, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XII ed., Torino, 1996, pp.495 ss.
33 X. XXXXXXXXX, Obbligo a contrarre, in Enc. Dir., vo. XXIX, Milano, 1979, pp. 518 ss.
l’oggetto del contratto dal momento della stipulazione rende nullo lo stesso.34
In conclusione merita di essere evidenziata la rilevanza della causa nei contratti d’impresa.35 Infatti, solo rispetto agli atti di autonomia privata, inseriti in una più ampia attività imprenditoriale, può essere consentito un giudizio sulla meritevolezza della causa in generale, e non del singolo atto.36 Merita di essere confermata la teoria sull’importanza rivestita dal controllo oggettivo della causa nei contratti d’impresa, ormai superata con riferimento ai contratti individuali.37 È importante valutare la concreta funzionalità economica di ogni singola clausola presente nei contratti d’impresa, rifuggendo l’idea di un esame meramente formale e strutturale delle clausole stesse.38
34 Trib. Ivrea 5 luglio 2011.
35 G. MEO, Impresa e contratto nella valutazione dell’atipicità negoziale, Milano, 1991.
36 Z. XXXXXXX, Osservazioni sulla commerciabilità dei diritti della personalità, in Contratto e impresa, 2010, pp.650 ss.
37 X. XXXXXXXXX, Il ruolo della causa negoziale nei contratti d’impresa, in
Jus, 2009, pp.273 ss.
X. XXXXXXXXX, Tramonto della causa del contratto, in Contratto e impresa, 2003, p. 100.
X. XXXXXXXXX, Autonomia individuale e autonomia d’impresa, cit., pp. 58-60.
X. XXXXX, Il contratto, Torino, 2004, pp. 792 ss.
Analizzare la causa di un contratto consiste nell’indagare le ragioni e i limiti dell'autonomia privata, per individuare quali negozi giuridici sono ammessi e tutelati dalla legge. La causa corrisponde, dunque, alla giustificazione giuridica del contratto, la cui esistenza risiede nella meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti.
L’indagine sulla presenza di una giustificazione giuridica è espressamente prevista solo rispetto ai contratti atipici, ex art. 1322, 2˚ co., cod. civ., ma è, nella pratica, necessaria anche per i contratti tipici, dove è necessario che lo scopo che le parti perseguono sia coincidente con quello del legislatore.
Ritornando ai contratti d’impresa, il controllo oggettivo della causa, in rapporto all’attività nel suo complesso, conserva una sua fondamentale importanza, al fine di valutare la funzione economico-sociale del contratto, che le parti si prefiggono di perseguire.
Di contro, per quanto riguarda i contratti individuali, il controllo della causa in senso oggettivo appare superato, poiché gli stessi hanno una causa tipica, già giudicata meritevole di tutela dal legislatore.
38 X. XXXXXXXXX, I contratti, cit., p.64.
2. Il contratto di somministrazione
Una fase essenziale nello svolgimento dell’attività d’impresa, da parte di aziende produttrici di beni e servizi, consiste nel continuo reperimento e acquisizione di materie prime e fattori produttivi. Il contratto di somministrazione è l’atto negoziale tipicamente utilizzato a tal fine. L’articolo 1559 cod. civ.39 lo definisce come il contratto attraverso cui il somministrante si obbliga, in cambio di un corrispettivo, a eseguire, a favore del somministrato, prestazioni periodiche o continuative di cose.40 Tale norma è il frutto degli interventi di dottrina e giurisprudenza, che hanno progressivamente chiarito la natura e la struttura di siffatta figura negoziale.41 Uno dei tratti distintivi del contratto di somministrazione è identificato nelle molteplici prestazioni che si susseguono nel tempo con la finalità di soddisfare un bisogno periodico o continuativo del somministrato e che talvolta sono riconducibili a diverse figure negoziali tipiche, come la vendita e l’appalto.42 L’art. 1570 cod. civ. chiarisce, attraverso un esplicito rinvio, che alla somministrazione si applicano anche le norme che disciplinano il contratto a cui le singole prestazioni corrispondono.43
La pluralità di prestazioni ha portato alcuni Autori a riconoscere nella somministrazione una fattispecie complessa, una combinazione
39 Art. 1559 cod. civ.: «La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose».
40 X. XXXXXXXX, Degli atti di commercio, in Il codice di commercio commentato, I ed., Verona, 1902.
41 X. XXXXXXX, La somministrazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX ed., vo. VII, Torino, 1902, pp. 144 ss.
X. XXXXXXXXX, Il diritto commerciale italiano esposto sinteticamente, vo. II, Napoli, 1887, pp.1286 ss.
42 X. XXXXX, Il contratto di somministrazione, Xxxxxxx, 0000, p. 121.
43 Art. 1570 cod. civ.: «Si applicano alla somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni».
di contratti di vario tipo.44 Tali teorie precodicistiche ravvisavano nella somministrazione un iniziale accordo quadro, finalizzato a coordinare e unificare successivi contratti, tutti indirizzati al compimento di una specifica operazione economica.45
Con l’entrata in vigore del nuovo codice civile, che definisce la somministrazione come un contratto tipico e autonomo, si consolida la concezione unitaria di tale figura46, nonostante la possibile eterogeneità delle prestazioni riduca la distanza da figure contrattuali affini come l’appalto o la vendita, a seconda che sia una somministrazione di beni o di servizi.47
La struttura unitaria del contratto di somministrazione consegue alla disponibilità del somministrante a garantire la soddisfazione del durevole e ripetuto bisogno del somministrato, ogniqualvolta si manifesti, attraverso prestazioni di cose o servizi. Ogni prestazione è autonoma dalle successive, poiché determina un effetto solutorio e satisfattivo del bisogno del somministrato, senza necessità di completamento mediante future prestazioni.48
44 X. XXXXXX, L’obbligazione a esecuzione continuata, Padova, 1943, p. 85.
45 Secondo tale teoria non ci si troverebbe in presenza di un contratto tipico ma di una categoria economica.
X. XXXXXXXX, Contratti preparatori e contratti di coordinamento, in Riv. dir. Comm., 1940, pp. 24 ss.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 17 ss.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta. Il contratto estimatorio. La somministrazione, in Tratt. Dir. Civ. comm., Milano, 1974, pp. 211 ss.
X. XXXXX, Le contrat de forniture, Université de Montpellier, 1970, p.190.
46 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, Torino, 2011, p.553.
47 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, in Comm.
Scialoja-Branca, Bologna, 1970, pp. 85 ss.
48 X. XXXXXXX (a cura di), La somministrazione, in Contratti commerciali, diretto da X. Xxxxxxx, Padova, 1991, p. 238.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 85
ss.
X. XXXXXXXXX, Profili civilistici del contratto di diritto pubblico, Milano,
1988, pp. 3 ss.
X. XXXXXXXX, La somministrazione di servizi, Padova, 1999.
Le suddette caratteristiche costituiscono l’elemento qualificante del contratto di somministrazione49, non rilevando, ai fini della classificazione del tipo negoziale, la natura delle prestazioni stesse.50
2.1. Elementi essenziali: forma, obbligazioni delle parti e causa del contratto
Il contratto di somministrazione si caratterizza come atto negoziale autonomo, consensuale, sinallagmatico e non formale. Rispetto a quest’ultimo elemento è bene specificare che il legislatore non ha imposto particolari requisiti formali, non essendo la forma scritta richiesta né ad substantiam, né ad probationem.51 Tuttavia, l’assoggettamento alla forma scritta può derivare dalla stipulazione di un patto di preferenza o di esclusiva, o dall’apposizione di clausole onerose a carico della parte che non le ha predisposte;52 in tali casi la forma scritta è richiesta ad probationem, e non ai fini di validità dell’accordo53.
49 X. XXXXXXXX, Contratto di somministrazione, in Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, pp.1206 ss.
50 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 22-30.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 212.
X. XXXXXX, Somministrazione, concessione di vendita, franchising, in Tratt. Dir. Comm., diretto da Xxxxxxxxx, Torino, 2004, p. 48.
51 X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, Padova, 2009, pp. 178
ss.
ss.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 189 ss.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 125
X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, in Il diritto privato oggi,
Milano, 2010, pp. 35 ss.
Cass. Civ., Sez. II, 13 dicembre 1979, n.6511. Cass. Civ., Sez. II, 30 giugno 1982, n.3936.
52 X. XXXXXXXXX, Somministrazione (Contratto di somministrazione), in EG Treccani, vo. XXIX, 1993, pp. 1-7.
X. XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione: uno strumento sempre più attuale, in GI, vo. IV, 1994, pp. 68-71.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 44.
53 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 189.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p.268.
La somministrazione di cose può essere di consumo, quando il somministrato acquista la proprietà dei beni, o d’uso, quando ne è concesso esclusivamente il godimento e gli stessi dovranno essere restituiti quando ne sarà cessato l’utilizzo.54 Nella somministrazione di consumo possono essere fornite esclusivamente cose generiche, mentre in quella d’uso possono essere conferite anche cose di specie, qualora sia convenuta la loro reiterata dazione.55
La somministrazione d’uso è un “contratto consensuale ad effetti obbligatori”, mentre quella di consumo ha “efficacia reale differita” poiché il contratto è perfettamente efficace sin dal momento in cui avviene lo scambio dei consensi, mentre la proprietà delle cose, oggetto di fornitura, passa al somministrato solo con la consegna.56
Il rapporto sinallagmatico, che s’instaura tra somministrante e somministrato, comprende l’obbligazione di durata del primo di fornire beni al secondo, il quale avrà l’obbligo di pagare il corrispettivo.57
Tale rapporto ricomprende una pluralità di prestazioni ripetute periodicamente o continuativamente, a seconda che il fabbisogno da soddisfare del somministrato si presenti in modo continuato e ininterrotto, o con intervalli fissi.58
54 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp.115 ss.
X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p. 3.
55 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 140-148
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p. 110. 56 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.112. 57 X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 824.
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., p. 176.
X. XXXXXXXX, La somministrazione, in I contratti tipici e atipici, 1991, pp.636-643.
58 X. XXXXX, La somministrazione, in Tratt. Dir. Comm. E dir. Pubb. Econ., a cura di Xxxxxxx, vo. XVI, 1991, p. 268.
Proprio nella particolare natura del bisogno del somministrato risiede la causa del contratto di somministrazione, quale elemento che uniforma e lega le varie prestazioni59.
L’obbligazione del somministrante consegue alla stipulazione del contratto e troverà attuazione in una serie successiva di prestazioni tutte satisfattive di un bisogno che tornerà a manifestarsi lungo un periodo dalla durata indefinita.60
2.1.1. La somministrazione tra tempo e mercato
L’obbligazione di consegnare beni a scadenze periodiche o continuative implica la capacità del somministrante di produrre gli stessi svolgendo un’attività imprenditoriale commerciale, il che giustifica l’inserimento di tale negozio all’interno della categoria dei contratti d’impresa.61
In questa prospettiva appare meritevole di considerazione critica il ruolo attribuito all’elemento temporale, in virtù della sua diretta incidenza sul posizionamento di mercato delle imprese coinvolte. I legami contrattuali realizzati attraverso la somministrazione, infatti, determinano relazioni giuridicamente stabili di fornitura e distribuzione tra il somministrante/produttore e il somministrato, che entrerà così in possesso di materie prime e semilavorati funzionali alla sua attività d’impresa. Tale contratto disegna dunque una posizione
59 X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 266.
X. XXXXX, Somministrazione (contratto di), in ED, vo. XLII, 1990, p. 1275.
X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p.4.
60 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.
113.
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., p. 179.
61 X. XXXXXXX, Dei singoli contratti, Compravendita. Riporto. Permuta.
Contratto estimatorio. Somministrazione. Locazione, Milano, 1988, pp.275 ss.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 266.
stabile di filiera delle stesse imprese, che rimarrà inalterata per tutta la durata del rapporto giuridico.62
Proprio lo stretto legame tra la durata del bisogno da soddisfare e il posizionamento dell’impresa nel mercato giustifica la presenza di disposizioni rare nell’architettura del codice civile, che legano la disciplina del contratto alla prospettiva del mercato.63 Ci si riferisce in tal senso al patto di preferenza (art. 1566 cod. civ.)64 e al patto di esclusiva (art. 1567-1568 cod. civ.),65 la cui trattazione sarà approfondita nel secondo capitolo. La prima clausola tende a garantire un flusso stabile di clientela per l’azienda fornitrice attraverso l’analisi dei livelli dei prezzi offerti sul mercato, mentre la seconda assicura all’esclusivista di poter fare affidamento su un flusso continuo di richieste e offerte senza incontrare una concorrenza diretta nello stesso mercato. Tali clausole incontrano un limite nelle regole concorrenziali nazionali e comunitarie.66
62 V.P. XXXXXXXX – J.R. XXXXXXXX, Xxxxxxxx and price adjustment in Long- term Contracts: a case study of petroleum coke, in Journal of law and Economics, 1987, pp.369-398.
63 X. XXXXXXX, Il project financing nella prassi del commercio internazionale, in Diritto del commercio internazionale, 1994, p. 500.
X. XXXXXXXXX, Concorrenza e consorzi, in Trattato di diritto civile, diretto da
X. Xxxxxx e X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1964, p. 64.
X. XXXXXXXXXXXX, I limiti negoziali alla concorrenza, Padova, 1961, p. 150.
X. XXXXXXXXX, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, p. 89.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p. 193.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 238.
64 Art. 1566 cod. civ.: «Il patto con cui l'avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto […]».
Infra Cap. II, § 2.
65 Art. 1567 cod. civ.: «Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante, l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto».
Infra Cap. II, § 3.
66 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 305.
X. XXXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 415 ss.
X. XXXXX, I contratti per l’impresa, Bologna, 2012, pp. 310-315.
2.2. Determinazione delle prestazioni
Il valore della prestazione del somministrante trova espressa regolamentazione positiva nell’art. 1560 cod. civ., il quale, nel comma uno, attribuisce rilevanza primaria alla volontà delle parti.
Di particolare importanza è la previsione operante nel caso in cui le parti non abbiano espressamente stabilito l’entità della prestazione in sede contrattuale, né direttamente né per relationem.
Il principio stabilito dal legislatore prevede che, in tale circostanza, dovrà intendersi pattuita l’entità della somministrazione corrispondente al “normale fabbisogno del somministrato”, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto.67
L’indeterminatezza o indeterminabilità di un elemento essenziale del contratto, come l’oggetto, dovrebbe determinare la nullità dello stesso in ossequio al dettato dell’art. 1346 cod. civ.. Nel caso del contratto di somministrazione, invece, la mancanza di suddetto elemento degrada da ipotesi di nullità a mera lacuna contrattuale, sanabile attraverso i criteri stabiliti dalla legge in deroga ai consueti criteri ermeneutici.68 La Corte di Cassazione, a tal riguardo, ha affermato che: «In tema di somministrazione, l’art. 1560 cod. civ., il quale, al fine della determinazione dell’entità della
X. XXXXXXXX, Diritto di prelazione e patto di preferenza nella somministrazione, in Riv. Trim. dir. e proc. Civ., 1980, pp. 71 ss.
67 Art. 1560, 1˚ co., cod. civ.: «Qualora non sia determinata l'entità della somministrazione, s'intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto».
68 Supra §. 1.1.
Cass. Civ., sez. II, 12 dicembre 1988, n. 6744.
F. BANDIERA, La determinazione dell’oggetto del contratto di somministrazione, in Contratti e impresa, a cura di Xxxxxxx, Torino, 1996, pp. 690 ss.
ss.
X. XXXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 413 ss.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 126
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, I contratti commerciali, cit., pp. 188 ss.
somministrazione stessa, detta criteri per il caso in cui l’oggetto del contratto non sia espressamente fissato dalle parti […], pone regole ed indirizzi interpretativi che prevalgono su quelli comuni di ermeneutica negoziale ».69
Tale previsione si pone come conseguenza del principio di conservazione del contratto, in relazione alla particolare natura del contrato di somministrazione quale contratto di durata, funzionale al soddisfacimento di un bisogno durevole e alla stabilità dell’intera filiera commerciale.70
Il naturale fabbisogno del somministrato, da un punto di vista economico-aziendale, può essere apprezzato valutando le dimensioni dell’impresa beneficiaria e le sue strategie commerciali nel mercato di riferimento71, in rapporto al momento della stipulazione del contratto. Il somministrante dovrà eseguire un ragionevole giudizio di prevedibilità fondato su elementi oggettivi, per quanto elastici, al fine di definire il programma negoziale ed il suo svolgimento.72
Il contratto di somministrazione potrà considerarsi nullo solo qualora l’entità della somministrazione non appaia determinabile oggettivamente, né ai sensi dell’art. 1560 cod. civ., né attraverso le norme d’interpretazione contrattuale.73
p. 69.
69 Cass. Civ., sez. II, 9 maggio 1980, n. 3049.
70 X. XXXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 413.
X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p.3.
X. XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit.,
71 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.127.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 271 ss.
X. XXX, Alcuni spunti sulla determinabilità delle singole partite di un
contratto di somministrazione, in Giur. Di Merito, 1987, vo. I, pp. 623 ss.
72 F. BANDIERA, La determinazione dell’oggett, cit., p. 694.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 257.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.128.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 271 ss.
73 Cass. Civ., Sez. II, 20 ottobre 1975, n. 3450.
Trib. Pavia, 22 febbraio 1986: «Ed ecco perché, in questo particolare quadro di riferimento normativo, viene ad assumere rilievo il cennato problema di
2.2.1. Modalità alternative per determinare l’entità della prestazione
In tre ipotesi il criterio del «normale fabbisogno del somministrato» non trova applicazione, quali i casi in cui le parti abbiano stabilito un massimo e un minimo, quando la fornitura avvenga “a piacere” o, ancora, con impegno di potenza.74
Nel primo caso, disciplinato dal secondo comma dell’art. 1560 cod. civ., le parti stabiliscono un limite minimo e massimo per l’intera somministrazione o per le singole prestazioni, e spetterà al soggetto il cui bisogno deve essere soddisfatto specificare il quantitativo dovuto, entro i limiti definiti.75 La giurisprudenza riduce la portata di detta disposizione al solo caso in cui le parti abbiano stabilito entrambi i limiti; in caso contrario troverebbe applicazione il primo comma dell’art. 1560 cod. civ.76
determinabilità o meno delle singole prestazioni cui da un lato è tenuto il somministrante a dare e, dall’altro, il somministrando a ricevere, atteso che l’assoluto difetto di una previsione contrattuale sulla loro entità, ove per ipotesi restasse insuperabile sulla scorta dello specifico canone ermeneutico dettato dal comma 1 dell’art. 1560 cod. civ., non potrebbe che condurre ugualmente ad una declaratoria di nullità del contratto per inosservanza dell’art. 1346 stesso codice».
74 Cass. Civ., Sez. II, 27 luglio 1964, n.2109. Cass. Civ., Sez. II, 13 settembre 1969, n.3107.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 60 ss.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 129
ss.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 37.
75 Art. 1560, 2˚ co., cod. civ.: «Se le parti hanno stabilito soltanto il limite
massimo e quello minimo per l'intera somministrazione o per le singole prestazioni, spetta all'avente diritto alla somministrazione di stabilire, entro i limiti suddetti, il quantitativo dovuto».
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., pp. 35-36.
76 Cass. Civ., Sez. II, 22 dicembre 1986, n. 7841, secondo cui «il 2˚ comma, art. 1560 cod. civ., attribuisce all’avente diritto alla somministrazione la facoltà di stabilire il quantitativo dovutogli, ma solo nell’ipotesi in cui siano stati pattuiti tra le parti entrambi i limiti e non già nella diversa ipotesi in cui sia stato pattuito soltanto il limite massimo; quest’ultima ipotesi va assimilata a quella prevista nel primo comma stesso art. 1560 cod. civ., in cui l’entità della somministrazione non sia determinata […]».
Nella seconda ipotesi, “a piacere”, la somministrazione è rimessa alla richiesta del somministrato sia rispetto all’an che al quantum, e sarà quindi proporzionata al suo effettivo fabbisogno. Tale regola di ponderazione troverà applicazione solo qualora sia stata espressamente stipulata o sia deducibile dalle clausole concordate.77
L’ultima modalità attraverso cui è possibile determinare l’entità della fornitura prende il nome di somministrazione con impegno di potenza, ed è particolarmente ricorrente nei contratti di somministrazione di energia elettrica. Prevede che, in mancanza di qualsiasi pattuizione sul quantum, il somministrante si impegni a mettere sempre a disposizione del beneficiario un certo quantitativo di beni, salvo poi l’effettivo uso della potenza interessata.78
2.3. Lo scioglimento del contratto
Le cause di scioglimento del contratto di somministrazione sono riconducibili a due gruppi: il primo, connesso alla disciplina generale dei contratti, che include la risoluzione per impossibilità ed eccessiva onerosità sopravvenute; il secondo che prevede regole specifiche in materia di risoluzione per inadempimento, sospensione della somministrazione e recesso.79
77 Cass. Civ, Sez. II, 20 ottobre 1975, n.3450, secondo cui «fuori dalla forma detta “a piacere”[…]- forma che deve essere stipulata espressamente o che può desumersi dalle clausole convenute- il silenzio del contratto sul quantitativo della somministrazione importa che la determinazione legale di tale quantitativo è da intendersi commisurato al fabbisogno del somministrato».
78 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp.131-132.
X. XXXXXXXX, La somministrazione di energia elettrica, in Cendon, il diritto privato oggi, Milano, 2002, pp. 57-60.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., pp. 39-40. Trib. Pordenone, 14 marzo 1984.
79 X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 324-329.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p. 141.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 307.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 893.
X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p.6.
Il rapporto tra queste norme deve essere risolto attraverso il principio di specialità, che impone la prevalenza del secondo gruppo di norme e, per quanto in esse non specificato, l’applicazione della disciplina generale collegata al contratto cui si riconducono le singole prestazioni, ex. art. 1570 cod. civ..80
L’impossibilità sopravvenuta è prevista dall’art. 1256 cod. civ., e trova applicazione solo quando la prestazione non fosse impossibile ab initio81e quando sia dovuta a causa non imputabile al debitore.82
Le ipotesi in cui le parti del contratto di somministrazione possono invocare tale causa di scioglimento sono piuttosto limitate, poiché l’obbligazione del somministrato, di pagare il corrispettivo monetario, non può diventare impossibile così come quella del somministrante, di fornire cose generiche, salvo il caso in cui appartengano ad un genus limitatum divenuto irreperibile.83
Nel diverso caso in cui la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa, a causa di eventi straordinari e imprevedibili in fase di stipulazione, la parte obbligata può chiedere la risoluzione del contratto ex. art. 1467 cod. civ., operante esclusivamente con riguardo a rapporti ad esecuzione differita, continuata o periodica, come nel caso della somministrazione.84
80 X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., pp. 200 ss..
81 In tal caso il contratto sarebbe nullo ex. art. 1418 cod. civ.
82 Cass. Civ., Sez. II, 16 febbraio 1994, n.1500. Cass. Civ., Sez. II, 5 aprile 1975, n.1221.
83 X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 326.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p. 141.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 324 ss.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 142.
X. XXXXXXXXX, Artt. 1559-1570, in Comm. breve c.c. a cura di Cendon, Torino, 1991, p. 1074.
84 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.
145.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 327.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 328 ss.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 143.
X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., 2010, pp. 85-86.
2.3.1. La risoluzione
Tra le norme, concernenti specifici profili per lo scioglimento del contratto di somministrazione, emerge l’art. 1564 cod. civ.85 in tema di risoluzione per inadempimento delle parti.
La causa della risoluzione può concretarsi nell’inadempimento di una o più singole prestazioni, qualora ricorrano due requisiti specifici, quali la “notevole importanza” dell’inadempimento e la sua capacità di menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti.86 La “notevole importanza” richiesta dal legislatore persegue lo scopo di dare stabilità al rapporto tra le parti e di proteggere gli interessi degli stessi.87
Il secondo presupposto richiede una connessione tra il singolo inadempimento e il rapporto contrattuale nella sua integrità. Infatti, l’inadempimento di una o più prestazioni, giustifica la risoluzione del contratto quando sia talmente grave da incidere sulla fiducia e sull’interesse a ottenere la soddisfazione successiva del fabbisogno, così da pregiudicare la funzione del contratto stesso.88 Dottrina e
85 Art. 1564 cod. civ.: «In caso d'inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, l'altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l'inadempimento ha una notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell'esattezza dei successivi adempimenti».
86 X. XXXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 1423 ss.
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., p. 204.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 330 ss.
87 X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 331 ss.
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., p. 202.
X. XXXXXX, L’obbligazione a esecuzione continuata, cit., p.306.
X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p. 24. Cass. Civ, Sez. II, 9 aprile 1963, n. 905. Cass. Civ., Sez. II, 17 marzo 1998, n. 2842.
88 X. XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 70.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 895 ss.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 154
ss.
X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 432.
giurisprudenza richiedono che tale valutazione sia condotta in conformità a criteri oggettivi.89
La disciplina della risoluzione, prevista dall’art. 1564 cod. civ., va combinata con quella prevista dall’art. 1458, 1˚ co., cod. civ.90, secondo cui la risoluzione non ha effetto retroattivo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, in quanto non si estende alle prestazioni già realizzate, che hanno già conseguito la loro finalità solutoria.91
2.3.2. La sospensione della somministrazione
Nella somministrazione, al somministrante è riconosciuta la facoltà di sospendere l’adempimento della propria obbligazione se l’altra parte è inadempiente; se l’inadempienza è di lieve entità, è necessario un congruo preavviso. L’art. 1565 cod. civ.92 è norma applicativa del principio inadimplenti non est adimplendum.93
La norma non fa espresso riferimento alla buona fede quale requisito per la legittimità della sospensione, invece previsto dall’art 1460, 2˚ co., cod. civ. rispetto ai contratti con prestazioni corrispettive.
89Trib. Pistoia, 5 maggio 1955.
App. Genova, 8 maggio 1963.
App. Milano, 15 settembre 1970.
Trib. Cagliari, 18 maggio 1998.
90 Art. 1458, 1˚ co., cod. civ.: «La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite».
91 G. G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942, p. 288.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 380, 895 ss.
X. XXXXXXXXXXX, Risoluzione del contratto, in Noviss. Dig. It., Torino, 1969, p. 148.
X. XXXXXX, L’obbligazione a esecuzione continuata,cit., pp. 325 ss.
G. B. FERRI, La vendita in generale, in Tratt. Xxxxxxxx, Torino, 1999, p. 505.
92 Art. 1565 cod. civ.: «Se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l'inadempimento è di lieve entità, il somministrante non può sospendere l'esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso».
93 X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 105.
Alcuni Autori interpretano tale silenzio come un tacito rinvio alla generale disciplina prevista dall’art 1460 cod. civ., ritenendo comunque necessario valutare la legittimità e buona fede della sospensione.94
Secondo la dottrina prevalente, invece, la buona fede non costituirebbe un requisito necessario, con la conseguenza che, ogni inadempimento del somministrato sarebbe rilevante per la sospensione del contratto, purché preceduta da congruo preavviso in caso di inadempimento di lieve entità.95 Per tali Autori l’art. 1565 cod. civ. estenderebbe l’ambito di applicazione dell’eccezione di inadempimento, a vantaggio del somministrante quale imprenditore, impegnato nello svolgimento di un’attività d’impresa con esigenze organizzative ed economico-produttive. Il preavviso, disposto a tutela del somministrato, servirebbe, invece, a compensare la supremazia economica riconosciuta al somministrante imprenditore.96
2.3.3. Il recesso
ss.
94 Cass. Civ., Sez. II, 1 marzo 1976, n. 672.
Cass. Civ., Sez. II, 11 maggio 1998, n. 4743.
Cass. Civ., Sez. II, 18 maggio 1993, n. 5642.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 894 ss
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 149
X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 421.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 315.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 335 ss.
95 App. Firenze, 2 agosto 1956.
App. Milano, 5 gennaio 1969.
X. XXXXXXXXX, Artt. 1559-1570, cit., p. 1076.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 134.
X. XXXXXX, Art. 1559-1570, in Comm. cod. Civ. a cura di Cendon, Milano,
2009, pp. 274-276.
96 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp.
134 ss.
X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 425.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 343 ss.
Se la durata della somministrazione non è determinata o determinabile, ciascuna parte può recedere dal contratto, comunicandolo con un preavviso nel termine pattuito o stabilito dagli usi, o, in mancanza, con uno congruo rispetto alla natura della somministrazione.97
L’art. 1569 cod. civ. è espressione del principio generale tendente ad escludere la perpetuità dei rapporti contrattuali in caso di durata indeterminata,98 e del principio contenuto nell’art. 1373, 2˚ co., cod. civ., in virtù del quale, nei contratti ad esecuzione continuata, il recesso può essere esercitato anche dopo l’inizio dell’esecuzione del contratto, in deroga al primo comma del medesimo articolo.99
Il preavviso, richiesto per il legittimo esercizio del recesso, costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio, che acquista cioè efficacia nel momento in cui giunge a conoscenza del suo destinatario. Tale atto non è soggetto ad alcun vincolo di forma, potendo essere scritto, orale o desunto per facta concludentia100.
97 Art. 1569 cod. civ.: «Se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione».
98R. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 174 ss
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp. 200
ss.
X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 475.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 326.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 351 ss.
99 Art. 1373, 1˚ e 2˚ co., cod. civ.: «Se a una delle parti è attribuita la facoltà
di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione».
100 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.201.
X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 475.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 355 ss.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 70.
Spetterà al giudice stabilire, in base alla natura della somministrazione, alle clausole contrattuali e agli usi, il congruo termine di preavviso affinché il recesso sia efficace.101
La finalità del preavviso è di tutelare gli interessi della parte cui è destinato, quali, da un lato, l’interesse del somministrato a reperire altrove le medesime prestazioni, e dall’altro, quello del somministrante di collocare presso altri beneficiari i beni, senza creare un danno all’impresa.
La brusca interruzione del rapporto, senza preavviso, impone l’obbligo di risarcimento a favore della parte lesa. Si ritiene applicabile l’art. 1518 cod. civ., relativo alla quantificazione dei danni da risarcire in materia di vendita, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 1570 cod. civ..102
È controversa in dottrina l’ammissibilità del recesso ad nutum in presenza di una giusta causa. Secondo alcuni Autori, al termine “giusta causa” dovrebbe riconoscersi il significato d’inadempimento previsto dall’art. 1564 cod. cit., tale da consentire sempre il recesso alla parte adempiente in presenza di un contratto a tempo indeterminato, e senza necessità di preavviso in caso di grave inadempimento.103
Cass. Civ., Sez. II, 4 ottobre 1971, n. 2701, secondo cui «Il recesso dal contratto di somministrazione non richiede speciali formalità, ma può risultare anche da fatti concludenti relativi all’intenzione di non dare più corso al contratto».
101 Cass. Civ., Sez II, 22 aprile 1977, n. 1496, secondo cui «Ciascuna parte può dimostrare la volontà di recedere [...] salvo per il giudice il potere di stabilire, in base alle clausole contrattuali, alla natura della somministrazione, il termine congruo entro il quale il recesso debba avere efficacia».
102 X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 286.
103 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.203, secondo cui «un recesso ai sensi dell’articolo in esame sarebbe rimedio insufficiente e inadeguato, in quanto previsto per una situazione che non è necessariamente di inadempienza; il rimedio dell’art. 1564, ossia la richiesta di risoluzione del contratto, parrebbe per altro verso non sproporzionato alla disciplina del recesso incolpevole».
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 181 ss
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 353 ss.
Altro orientamento è favorevole ad escludere l’ammissibilità del recesso senza preavviso, pur in presenza di giusta causa, riconoscendo un difficile coordinamento tra gli artt. 1569 e 1564 cod. cit., in quanto:
«il diritto di recesso in tronco è previsto dal legislatore quando si verifica una situazione fortuita e non in caso di inadempimento o di violazione della fiducia, limitando il recesso per giusta causa solo ai contratti a tempo determinato».104
Dall’analisi degli effetti del recesso, emerge che questo produce i suoi effetti ex nunc, in coerenza con quanto affermato nel già citato art. 1373, 2˚ co., cod. cit.; vanno quindi adempiute comunque le prestazioni in scadenza durante il decorso del tempo di preavviso.105
3. Il contratto di subfornitura
Le imprese di grandi dimensioni sovente ricorrono a forme di decentramento produttivo, affidando ad altre imprese la lavorazioni di prodotti o singoli componenti del bene finale attraverso specifici contratti.106 Con il termine “subfornitura industriale” ci si riferisce alla mera esternalizzazione di una fase del ciclo produttivo, attraverso cui un’impresa decentra la sua attività, affidando ad altra impresa una realizzazione ancillare al prodotto finito.107
Il contratto di subfornitura propriamente detto, invece, è caratterizzato dall’accordo, tra committente e subfornitore, attraverso cui il secondo si obbliga ad adempiere un obbligo nei confronti di un terzo, derivante da un contratto concluso in precedenza tra il
X. XXXXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 475.
104 X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 74.
105 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.205.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 353.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 71.
106 M. P. SUPPA, Subfornitura (contratto di), in Enc. Giur., 2001, pp. 8 ss.
107 X. XXXXXXX, Subfornitura (contratto di), in Digesto comm., vo. XV,
Torino, 1998, p. 245.
committente e il terzo. Tale figura negoziale rappresenta un modello organizzativo e strategico d’impresa ormai ampiamente diffuso in tutte le economie industrializzate.108
La definizione fornita dalla Commissione europea, durante la comunicazione del 18 dicembre 1978, identifica come contratti di subfornitura quelli «conclusi in seguito ad un ordine di un terzo, in base ai quali un’impresa committente incarica un’altra impresa, il subfornitore, di fabbricare prodotti, fornire servizi destinati al committente o eseguiti per conto di questi».109
Nel 1998 il legislatore italiano ha disciplinato il fenomeno, emanando la l. n. 192, a regolamentare la subfornitura nelle attività produttive, prevedendo norme imperative in materia di forma, contenuto del contratto, responsabilità del fornitore e interposizione.110 La legge prevede anche due norme, negli artt. 3 e 9, che limitano l’autonomia del committente, in materia di termini di pagamento e abuso di dipendenza economica, la cui trattazione verrà approfondita nel capitolo III.111
Nonostante l’intervento operato dalla l. n. 192/1998, la dottrina prevalente continua a ritenere la subfornitura un contratto atipico, per questo riconducibile, a seconda dei casi, ai contratti di appalto, somministrazione e vendita.112 Le ragioni per cui si ritiene che la
108 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., p. 736.
109 Comunicazione della Commissione del 18 dicembre 1978 relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura alla luce dell’art.85 del trattato che istituisce la CEE, Gazzetta Ufficiale CE.
110 X. XXXXXXX – X. XXXXXXXX, Diritto del commercio internazionale, III ed., Padova, 2011, p.702
111 Infra Cap. III, §§ 2 e 4.
112 X. XXXXXX, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in I Contratti, 1998, pp. 411 ss.
G. DE NOVA, Introduzione, in La subfornitura, a cura di De Nova, Milano, 1998, p. 5.
X. XXXX – X. XXXXXXX, Il contratto di subfornitura, in Tratt. Xxxxxxxx, vo.
XI, Torino, 2000, pp. 215-216.
suddetta legge non disciplini un nuovo tipo contrattuale sono molteplici, tra le quali, il fatto che non sia stata introdotta una disciplina completa e dettagliata, e che solo alcune ipotesi di subfornitura siano state regolamentate.113
3.1. L’ambito di applicazione della l. n. 192/1998
L’art.1, 1˚ co. della l. n. 192/1998 definisce il contratto di subfornitura come quello attraverso cui «un imprenditore si impegna a effettuare, per conto di una impresa committente, lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime, forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente». Tale definizione non abbraccia tutte le diverse ipotesi di subfornitura, ma limita l’ambito di applicazione ai rapporti intercorrenti tra imprenditori.114 La disciplina è caratterizzata da una forte azione protezionistica nei confronti del subfornitore, che assume una posizione di sudditanza, giacché non produce per il mercato ma solo per il committente. I prodotti o servizi che progetta confluiscono
Tesi opposta sostenuta da:
A. G. XXXXX, Il subcontratto, Torino, 2003, pp. 230-231.
X. XXXXX, Subcontratto, subfornitura e decentramento attività produttive tra imprese, Milano, 2000, pp.79 ss.
X. XXXXXXXXXXXXX, Subfornitura, un nuovo contratto commerciale, in La subfornitura, a cura di Xxxxxxxxxxxxx, Milano, 1999, pp. 2 ss.
113 X. XXXX – X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura: scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv. dir. priv., 1998, p. 712.
114 G. DE NOVA, Introduzione, in La subfornitura, cit., p. 7.
X. XXXXXXXX, Subfornitura industriale e attività produttive. Commento alla l. 18 giugno 1998 n.192, Milano, 1999, p. 211.
X. XXXXXXX, Osservazioni sulla l. 18 giugno 1998 n.192 con particolare riferimento al suo ambito di applicazione, in Contratto e impresa, 1998, vo. III, p. 1313.
nel ciclo produttivo del committente e diventano parte della sua attività d’impresa.115
Si discute rispetto a come debba interpretarsi l’ultimo inciso del 1˚ comma del suddetto articolo, nella parte in cui richiede la conformità a progetti, conoscenze e modelli forniti dall’impresa committente. La diversa interpretazione determina se la disciplina prevista dall’art 1 sia applicabile ai soli casi in cui il committente trasmetta conoscenze e standard al subfornitore, il quale non abbia competenze tecniche proprie, o, se sia invece applicabile anche a quei casi in cui il subfornitore abbia competenze uniche non trasmesse dal committente.116
La dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono la disciplina prevista dalla l. n. 192/1998 applicabile solo nell’ipotesi in cui vi sia una dipendenza tecnologica del subfornitore, poiché l’art. 1 sembra richiedere necessariamente una trasmissione di know-how da parte dell’impresa committente, che vada oltre mere indicazioni produttive.117
115 A. MUSSO, La subfornitura, in Commentario del codice civile Scialoja Branca, Bologna-Roma, 2003, p.17.
X. XXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di) , I contratti per l’impresa,
cit., pp. 209 ss.
116 G. DE NOVA, sub Art.1. Definizione, in AA. VV., La subfornitura, Milano, 1998, p. 8.
X. XXXX – X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale), cit., p.728.
X. XXXXX, La subfornitura, cit., p.44.
117 X. XXXX – X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale), cit., p. 727.
X. XXXXXXX, Osservazioni sulla l. 18 giugno 1998 n.19, cit., p.1310. Trib. Prato 5 ottobre 2010.
Trib. Catania, sez. distaccata di Bronte, ord. 9 luglio 2009.
Trib. Catania 2 settembre 2009, in Giur. it., 2010, p. 2560, con nota di Xxxxxxxxxx.
Trib. Bassano del Grappa 14 dicembre 2010.
Trib. Civitavecchia 5 aprile 2006, in Giur. comm., 2007, vo. II, p. 1269. Tesi opposta sostenuta da:
X. XXXXXX, La subfornitura industriale, voce Contratti di somministrazione e di distribuzione, in Tratt. Contr. Xxxxxxxx, I ed., vo. XVII, pp.731 ss.
Il comma 2 dell’art.1, l. n. 192/1998, esclude espressamente i contratti aventi ad oggetto la fornitura di materie prime, servizi di pubblica utilità e beni strumentali non riconducibili ad attrezzature dai contratti di subfornitura.118 Si definiscono beni di pubblica utilità quelli erogati e necessari al pubblico in generale, mentre nell’ultima categoria rientrano gli investimenti in capitale fisso e gli immobili.119
3.2. Forma e contenuto del contratto
Anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 192/1998, il contratto di subfornitura poteva essere concluso anche «mediante telefono, stratta di mano, e qualsiasi altro modo in grado di generare confusione»120.
In reazione a ciò l’art. 2, 1˚ comma121 introduce delle prescrizioni cogenti di forma, in deroga ai principi generali, prevedendo la sanzione della nullità per i contratti di subfornitura che
X. XXXXXXX, La nozione legislativa di subfornitura e il mancato esperimento del tentativo di conciliazione, in Giur. Comm., 2007, vo. II, p. 1277.
118 Art. 1, 2˚ co, l. N. 192/1998: «Sono esclusi dalla definizione di cui al comma 1 i contratti aventi ad oggetto la fornitura di materie prime, di servizi di pubblica utilità e di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature».
119 R. CASO – X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale), cit., p.3.
G. DE NOVA, sub Art.1. Definizione, cit., p. 9.
X. XXXXXX, La subfornitura industriale: considerazioni in merito all’ambito di applicazione della l. n. 192 del 1998 e alla forma del contratto di subfornitura, in Giust. Civ., 1999, vo. II, p. 277.
X. XX XXXXXX – X. XXXXXXX, La subfornitura nelle attività produttive, Milano, 1998, pp. 13 ss.
120 X. XXXXXXX, Nuovi contratti di partenariato, in X. Xxxxxxx e X. Xxxxx (a cura di), Contratti di subfornitura: qualità e responsabilità, Milano, 1993, pp.98 ss.
121 Art. 2, 1˚ co., l. n. 192/1998: «Il rapporto di subfornitura si instaura con il contratto, che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. Costituiscono forma scritta le comunicazioni degli atti di consenso alla conclusione o alla modificazione dei contratti effettuate per telefax o altra via telematica. In caso di nullità ai sensi del presente comma, il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell'esecuzione del contratto».
non siano stati conclusi in forma scritta.122 D’accordo con le finalità della stessa legge, la norma è posta a tutela del subfornitore, per rendere chiaro e non alterabile il contenuto del contratto da parte del committente, e per favorire la conservazione dei dati.123
In caso di proposta scritta del committente, il contratto si considera concluso regolarmente anche senza sottoscrizione del subfornitore, qualora quest’ultimo inizi ad eseguire le lavorazioni e forniture.124 La deviazione dal modello, che nega la possibilità di concludere contratti formali mediante esecuzione, si spiega in virtù della ratio della prescrizione della forma scritta, quale quella di evitare manipolazioni del committente a suo vantaggio.125 Qualora il contratto sia stato concluso mediante esecuzione, si applicheranno le condizioni previste nella proposta, salva l’applicazione dell’art. 1341 cod. cit., nella parte in cui impone l’obbligo della doppia sottoscrizione nei contratti per adesione che presentino clausole vessatorie. Questa parte della disciplina è stata soggetta a critiche, in quanto, nei contratti di subfornitura conclusi mediante esecuzione, non sarebbero mai valide le clausole vessatorie contenute nella proposta,
122 F. XXXXXXX, Commento all’art. 2 l. 192/1998, in La subfornitura, a cura di De Nova, Milano, 1998, pp. 14-15.
X. XX XXXXXX – X. XXXXXXX, La subfornitura nelle attività produttive, cit.,
p. 14.
X. XXXXXXX, Il contratto di subfornitura: nozioni e distinzioni, in La
disciplina del contratto di subfornitura nella l. 192/1998, Torino, 1998, pp. 15 ss.
X. XXXXXXXX, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Milano, 2003, pp. 3-17.
123 X. XXXXXXXXX, Le regole di trasparenza nel contratto di subfornitura, in
Giur. comm., 2000, p. 219.
R. CASO - F. DE ROSE, Modello di contratto di subfornitura commentato e coordinato con la nuova legge sulla subfornitura nelle attività produttive, Xxxx, 0000, p. 17.
124 Art 2, 2˚ co., l. n. 192/1998: «Nel caso di proposta inviata dal committente secondo le modalità indicate nel comma 1, non seguita da accettazione scritta del subfornitore che tuttavia inizia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge e ad esso si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma restando l'applicazione dell'articolo 1341 del codice civile».
125 X. XXXXX, La subfornitura, cit., p.107.
eluse dal subfornitore attraverso la mancata sottoscrizione.126 Al fine di evitare tale coartazione della volontà del proponente, appare consigliabile inserire una clausola contrattuale che imponga al subfornitore l’accettazione scritta della proposta, cui si subordina la conclusione del contratto.127
Con la declaratoria di nullità del contratto, il subfornitore non perde il diritto al pagamento che gli compete, ma, in virtù della divisibilità del contenuto contrattuale, è legittimato a richiedere il compenso delle prestazioni già effettuate.128
Ai sensi del’art. 2, 4˚ e 5˚ comma, sono previsti doveri di informazione, che impongono alle parti di specificare con precisione i requisiti del bene o del servizio oggetto di fornitura, le caratteristiche funzionali, il prezzo pattuito, i tempi e le modalità di consegna, collaudo e pagamento.129 Dalla lettura del quinto comma, si evince che la determinazione dei requisiti dei beni o servizi può anche avvenire per relationem, rinviando a dati contenuti in documenti non scritti ma oggettivi. Il rimando a dati esterni al contratto, in contrasto con la communis opinio in tema di contratti formali, si spiega con la
126 X. XXXXXXXXXX, I contratti di subfornitura, Padova, 1999, p. 82.
M. DELL’UTRI, La conclusione del contratto, in La subfornitura nelle attività produttive, Napoli, 1998, p. 72.
127 X. XXXXXX, La subfornitura industriale: considerazioni in merito all’ambito di applicazione della legge n.192 del 1998 e alla forma del contratto di subfornitura, in Giust. civ., 1999, vo. II, pp. 287 ss.
128 E. XXXXXXXXX, Le regole di trasparenza, cit., p. 222.
X. XXXXXXXX, La disciplina della subfornitura, cit., pp. 63-64.
F. XXXXXXX, Commento all’art. 2, cit., p. 16.
P. M. PUTTI, Sub. Art. 2, in La subfornitura. Commento alla legge 18 giugno 1998 n.192, a cura di Xxxx e Clarizia, Milano, 1999, p.87.
129 Art. 2, 4˚ e 5˚ comma, l. n. 192/1998: «Il prezzo dei beni o servizi oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso […]. Nel contratto di subfornitura devono essere specificati: a) i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il subfornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia; b) il prezzo pattuito; c) i termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento».
volontà del legislatore di dare certezza e stabilità ai dati contenuti nel contratto di subfornitura, per evitare manipolazioni.130 Non vi è ragione per sostenere che quanto prescritto con riferimento ai beni o servizi non debba valere anche per la determinazione del prezzo.131
Rispetto al contenuto del contratto, l’art 6 impone limiti alla autonomia dei privati, dichiarando nulli i patti che riservano, per una delle parti, la facoltà di modificare unilateralmente il contratto di subfornitura, e la facoltà di recesso senza congruo preavviso, il quale risponde all’esigenza di garantire un lasso di tempo sufficiente a riorganizzare la produzione132. Nella prassi si ritiene congruo il tempo di preavviso di un anno.133 Sembrerebbe ammissibile il recesso ad nutum, non essendo richiesta una giusta causa dall’art. 6., ma la Suprema Corte si è espressa invocando la buona fede e l’abuso di diritto come limiti all’esercizio del recesso.134
3.3. Il sub affidamento e la responsabilità del subfornitore
Ai sensi dell’art. 4 della l. n. 192/1998, la fornitura di beni e servizi non può essere affidata dal subfornitore ad una o più imprese
130 F. XXXXXXX, Commento all’art. 2, cit., pp. 20-22.
X. XXXXXX, Disparità di potere contrattuale, apparati di protezione e autonomia collettiva. Il caso della subfornitura nelle attività produttive, Bologna, 2000, p.8.
X. XXXX – X. XXXXXXX, La subfornitura, cit., pp. 240 ss.
131 X. XXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di subfornitura, in Riv. giur. sarda, 1999, p. 603.
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., p. 369.
132 Art. 6, 1˚ e 2˚ co., l. n. 192/1998: «È nullo il patto tra subfornitore e committente che riservi ad uno di essi la facoltà di modificare unilateralmente una o più clausole del contratto di subfornitura. Sono tuttavia validi gli accordi contrattuali che consentano al committente di precisare, con preavviso ed entro termini e limiti contrattualmente prefissati, le quantità da produrre ed i tempi di esecuzione della fornitura. È nullo il patto che attribuisca ad una delle parti di un contratto di subfornitura ad esecuzione continuata o periodica la facoltà di recesso senza congruo preavviso».
133 R. CASO – X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale), cit., p. 715.
134 Cass. Civ., 18 settembre 2009, n. 20106, in Nova giur. civ. comm., 2010, vo. I, p.231.
terze senza l’autorizzazione del committente, se supera la quota del 50% del valore della fornitura.135 L’art. 4 prevede una deroga alla disciplina codicistica dell’appalto, prevista dall’art. 1656 cod. civ., in base alla quale il subappalto è sempre vietato in mancanza di autorizzazione del committente.
La ratio della norma risiede nelle rilevanti modifiche intervenute nel processo produttivo e nella tendenza delle imprese a esternalizzare fasi della produzione, garantendo così, anche al subfornitore, la possibilità di organizzare la sua attività produttiva in modo flessibile e decentralizzato.136 Finalità secondaria è quella di assicurare la tutela dell’interesse del committente, limitando la possibilità che il contratto sia integralmente affidato a terzi in mancanza del suo consenso.137
Il 2˚ comma dell’art. 4138 prevede che l’accordo tra subfornitore e sub-subfornitore sia dichiarato nullo, qualora l’interposizione superi il 50% del valore delle attività, o la percentuale convenzionalmente stabilita, in mancanza di autorizzazione, mentre resterà valido il contratto tra il primo e il committente.139
135 Art. 4, 1˚ co., l. n. 192/1998: «La fornitura di beni e servizi oggetto del contratto di subfornitura non può, a sua volta, essere ulteriormente affidata in subfornitura senza l'autorizzazione del committente per una quota superiore al 50 per cento del valore della fornitura, salvo che le parti nel contratto non abbiano indicato una misura maggiore».
136 X. XXXXX – X. XXXXXXX, I rapporti di subfornitura, Milano, 1999, p. 94.
X. XXXXXXX, Divieto di interposizione, in AA. VV., La Subfornitura, Milano, 1998, p. 5.
000 X. XX XXXX, Xx cessione del contratto, in Tratt. Xxxxxxxx, II ed., vo. X, Torino, 1995, p.666.
X. XXXXXXX, Sub. Art. 4, in La subfornitura, a cura di De Nova, Milano, 1998, p. 31.
138 Art. 4, 2˚ co., l. n. 192/1998: «Gli accordi con cui il subfornitore affidi ad altra impresa l'esecuzione delle proprie prestazioni in violazione di quanto stabilito al comma 1 sono nulli».
139 X. XXXXXXX, Divieto di interposizione, cit., p.37.
L’art. 5 disciplina la responsabilità del subfornitore rispetto al funzionamento e alla qualità della parte o dell’assemblaggio da lui prodotti o al servizio da lui fornito, in coerenza con le prescrizioni contrattuali e a regola d’arte.140 Nonostante si parli solo di funzionamento e qualità, devono essere ricondotti sotto la medesima disciplina, attraverso un’interpretazione estensiva, anche i vizi e le mere difformità.141
L’obbligo di attenersi alle prescrizioni riveste una particolare importanza nel contratto di subfornitura, e il regime di responsabilità sarà tanto più gravoso quanto più le richieste del committente saranno chiare e precise.142
Il committente può contestare vizi di qualità e di cattivo funzionamento dei beni forniti entro i termini stabiliti dal contratto, che non potranno comunque eccedere quelli di decadenza previsti dai contratti tipici cui la subfornitura è assimilabile.143
Il secondo comma dell’art.5144, ricalcando parzialmente la disciplina prevista dall’art. 1663 cod. civ. in materia d’appalto, prescrive l’assenza di responsabilità del subfornitore, che abbia tempestivamente segnalato al committente i difetti di materiali o
X. XXXXX, La sub contrattazione, in La subfornitura nelle attività produttive, a cura di Xxxxxxx, Napoli, 1998, p. 241.
140 Art. 5, 1˚ co., l. n. 192/1998: «Il subfornitore ha la responsabilità del funzionamento e della qualità della parte o dell'assemblaggio da lui prodotti o del servizio fornito secondo le prescrizioni contrattuali e a regola d'arte».
141 X. XXXXX, X. XXXXXXXX, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Milano, 2005, p.132.
142 X. XX XXXXXX – X. XXXXXXX, La subfornitura, cit., p. 48.
143 X. XXXXXXX, Sub art.5, in La subfornitura. Commento alla legge 18 giugno 1998, n.192, a cura di Xxxx e Clarizia, Milano, 1999, p. 176.
Art. 5, 4˚ co., l. n. 192/1998: «Eventuali contestazioni in merito all'esecuzione della subfornitura debbono essere sollevate dal committente entro i termini stabiliti nel contratto che non potranno tuttavia derogare ai più generali termini di legge».
144 Art. 5, 2˚ co., l. n. 192/1998: «Il subfornitore non può essere ritenuto responsabile per difetti di materiali o attrezzi fornitigli dal committente per l'esecuzione del contratto, purché li abbia tempestivamente segnalati al committente».
attrezzi da lui fornitigli per l’esecuzione del contratto, per i vizi degli stessi. La medesima disciplina può estendersi anche nel caso di errori di progettazione imputabili al committente e a tutte le ipotesi in cui il subfornitore agisca come mero esecutore.145 La giurisprudenza si è espressa negando la responsabilità del subfornitore che non abbia comunicato, nei termini previsti, i vizi della materia prima fornitagli dal committente, qualora fosse difficile rilevare gli stessi.146
Ultimo elemento che importa approfondire, è la previsione di nullità delle clausole contrattuali che introducono un regime di responsabilità del subfornitore differente da quello disciplinato dai primi due commi dell’art. 5147. La dottrina prevalente si è espressa per estendere tale principio anche ai casi in cui le pattuizioni introducano un regime più favorevole per il subfornitore.148
Tutte le controversie concernenti il contratto di subfornitura, ex. art. 10, 1˚ comma, devono essere sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Camera di Commercio in cui ha sede il subfornitore, per assicurare una rapida risoluzione.149
Sempre in tema di responsabilità del subfornitore, si rileva l’applicabilità della disciplina prevista dal codice del consumo rispetto ai danni procurati da prodotti difettosi. L’art. 103 c. cons. definisce come produttore sia il “fabbricante” sia qualsiasi persona che apponga
145 X. XXXX– X. XXXXXXX, Il contratto di subfornitura, cit., p.265.
146 Trib. Prato, 5 ottobre 2010, secondo cui «i difetti non erano facilmente riscontrabili perché richiedenti agli esecutori un’attenzione non comune, sia per la necessaria velocità del procedimento lavorativo».
147 Art. 5, 3˚ co., l. n. 192/1998: « Ogni pattuizione contraria ai commi 1 e 2 è da ritenersi nulla».
148 X. XXXXX, X. XXXXXXXX, La disciplina della subfornitura, cit., p.144.
X. XXXXXXX, Sub art.5, cit., p. 174.
149 Art. 10, 1˚ co., l. n. 192/1998: «Entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo 5, comma 4, le controversie relative ai contratti di subfornitura di cui alla presente legge sono sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui territorio ha sede il subfornitore, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580».
sul bene un proprio marchio o segno distintivo. Pertanto, in caso di prodotti difettosi, il danneggiato potrà agire per il risarcimento indistintamente contro il subfornitore, produttore del componente difettoso, o contro il fabbricante del prodotto che incorpora il bene viziato.150 Entrambi saranno responsabili in solido, salvo che il subfornitore riesca a dimostrare l’inesistenza del difetto connesso alla sua sfera produttiva, e ricercabile invece nel modo in cui il prodotto sia stato assemblato dal fabbricante (art.118, lett. f, c. cons.)151.
4. I contratti di distribuzione
Con l’espansione dei mercati è andata intensificandosi la concorrenza tra le imprese, con la conseguente necessità delle aziende produttrici di aumentare i traffici e il volume di produzione.152 L’incremento dell’offerta nel mercato presuppone l’esistenza di un’organizzazione distributiva accuratamente delineata e idonea a favorire la massima diffusione, all’interno dei vari mercati, dei beni ovunque prodotti.153
In tale contesto emerge la necessità del produttore di costituire un apparato distributivo idoneo a mettere in relazione produzione e consumo; di conseguenza la fase di distribuzione assume una vitale
150 X. XXXXXXXXX, Responsabilità da prodotto del subfornitore industriale, in
Riv. dir. impr., 1989, p. 33.
X. XXXX – X. XXXXXXX, La subfornitura, cit., p. 209.
151 Art. 118 lett. f, c. cons.: « La responsabilità è esclusa nel caso del produttore o fornitore di una parte componente o di una materia prima, se il difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o materia prima o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore che la ha utilizzata».
152 X. XXXXX, Il diritto della distribuzione commerciale nell’Europa comunitaria, Padova, 1984, p. 48.
X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, Napoli, 1979, p. 3.
X. XXXXXXXXX, Contratti di distribuzione, in EG Treccani, vo. IX, 1988, p.
15.
153 X. XXXXXXX, Il commercio, Bologna, 1979, pp. 117 ss.
importanza per le imprese produttrici, in quanto rappresenta lo sbocco principale per raggiungere l’obiettivo dell’aumento dei profitti.154
Autorevole dottrina si esprime nel senso di definire i contratti di distribuzione come tutti quei «complessi meccanismi che colmano le distanze tra produzione e consumo»155.
La prospettazione dottrinale ora richiamata, trova conferma anche in giurisprudenza, secondo cui «il contratto di distribuzione non sarebbe una nuova figura contrattuale, ma piuttosto un genus sotto cui andrebbero riunite le fattispecie negoziali attinenti in qualche modo al processo di distribuzione commerciale, cioè ai meccanismi che colmano la distanza tra produzione e consumo»156.
Le principali forme di organizzazione della distribuzione di beni e servizi sono principalmente due, quali la distribuzione diretta e indiretta. Nel primo caso la merce passa dall’impresa produttrice direttamente nelle mani dell’acquirente consumatore, senza coinvolgimento di intermediari. Tale politica distributiva è percorribile attraverso una strategia d’integrazione verticale, che permette al produttore stesso di curare tutte le fasi di lavorazione e di avere un controllo diretto sugli addetti coinvolti nella commercializzazione.157
Invece, si realizza una distribuzione indiretta quando il produttore rinuncia alla creazione di un proprio canale distributivo e si
154 X. XXXXXXXX, I contratti tipici e atipici, in Trattato dir. priv., diretto da Xxxxxx X. e Zatti P., Milano, 1995, p. 255.
X. XXXXXXXXXX, I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, Torino, 2004, p. 23.
155 X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 2.
156 Trib. Catania, 29 febbraio 1988, in Nuova giur. civ. comm., 1988, p. 14, con nota di X. XXXX, Contratto di distribuzione. Concessione di vendita in esclusiva.
157 X. XXXXXXXX, Le nuove forme speciali di vendita e franchising, Padova, 1999, p.25.
X. XXXXX, Il diritto della distribuzione commerciale, cit., p.65.
affida ad operatori commerciali autonomi, attraverso una serie di accordi con grossisti e dettaglianti.158
La dottrina ha però messo in luce una terza via percorribile per l’imprenditore/produttore, detta “distribuzione coordinata”, attraverso la quale è possibile armonizzare produzione e distribuzione mediante contratti tra operatori indipendenti.159
Il produttore, attraverso la distribuzione coordinata, «si garantisce uno sbocco fisso per la sua produzione ed una migliore programmazione delle vendite e delle altre attività di marketing»160.
Tutti questi elementi hanno portato la dottrina ad elaborare la categoria dei contratti di distribuzione, all’interno dei quali intermediari professionisti collaborano stabilmente e continuativamente con l’impresa produttrice, creando un «anello di congiunzione» tra mercato e consumatori.161
I contratti di distribuzione sono definiti da Pardolesi come contratti quadro, in forza dei quali un operatore economico, in cambio di un guadagno, si obbliga a promuovere la vendita dei prodotti fornitigli dall’impresa produttrice; a questi contratti seguono poi i singoli contratti di acquisto dei prodotti da rivendere.162 In tal modo il produttore addossa i rischi e gli oneri connessi alla vendita al distributore, il quale riceve, come contropartita, una particolare posizione di privilegio nel mercato dei distributori.163
158 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, Milano, 2006, p. 8.
159 X. XXXXXXXXX, Contratti di distribuzione, cit., pp. 1-2, secondo cui «è possibile concepire tutta una sfumata gamma di pattuizioni che permettono, in qualche misura, di coordinare la fase produttiva con quella distributiva, senza per questo elidere l’autonomia dei partners; si arriva cioè a definire, in negativo un’area contrassegnata dall’integrazione verticale convenzionale».
160 X. XXXXXXX, voce Commercio (Disciplina privatistica), in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1988, p. 160.
161 X. XXXXX, I contratti di distribuzione, in GSDCC, 1998, p. 233.
162 X. XXXXXXXXX, Contratti di distribuzione, cit., pp. 297 ss.
163 X. XXXXXXXX, I contratti tipici e atipici, cit., p. 258.
Infatti il grado di integrazione può essere rafforzato dalla previsione contrattuale di una clausola di esclusiva per la distribuzione dei beni in una ristretta area territoriale, attraverso la quale il fornitore si obbliga a servire esclusivamente il distributore, al quale può però essere inibito il commercio di prodotti concorrenti.164
Tutti i contratti di distribuzione commerciale rispondono all’esigenza delle imprese produttrici di poter penetrare nella sfera decisionale dei propri distributori, e presentano elementi comuni e ricorrenti da ricercare nell’autonomia giuridica dei soggetti coinvolti, seppur economicamente dipendenti, nell’obbligo del distributore di promuovere la vendita e nella stabilità dei rapporti nel tempo.165
La funzionalità della categoria dei contratti di distribuzione è ostacolata dalla mancanza di una espressa regolamentazione legislativa in materia. Tale lacuna viene colmata dall’attività suppletiva della giurisprudenza,166 che estende ai contratti di distribuzione l’applicazione delle norme dei contratti tipici cui gli stessi sono assimilabili, in particolar modo le norme relative al contratto di somministrazione.167
Da questi contratti devono distinguersi i contratti “in materia di distribuzione”, quali l’agenzia e la commissione, che pur avendo ad oggetto la commercializzazione dei beni, non prevedono una cooperazione tra imprenditori che si assumono rischi propri, ma solo un rapporto di dipendenza dal produttore, nel quale l’agente non si assume alcun rischio economico.168
164 Clausola di esclusiva approfondita nel capitolo II. 165 X. XXXXXXXXX, Contratti di distribuzione, cit., p. 2. 166 Trib. Palermo, 3 giugno 2010.
X. XXXXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, in I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, Padova, 1989, p. 5.
167 Rispetto alla durata e cessazione del rapporto nel contratto di distribuzione
Supra §. 2.3.
168 X. XXXXXXX, Anomalie e tutela nei rapporti di distribuzione tra imprese, Milano, 1983, p. 89.
4.1. La concessione di vendita
La concessione di vendita si colloca nella categoria dei contratti di distribuzione indiretta e, pur in assenza di una specifica regolamentazione legislativa, si presenta nella prassi come uno degli strumenti privilegiati per la definizione di un’organizzazione distributiva integrata.169
Si tratta, dunque, di un contratto d’impresa, attraverso il quale due imprenditori commerciali, che operano rispettivamente nell’ambito della produzione e distribuzione all’ingrosso o al dettaglio, programmano lo svolgimento di un’attività economica indirizzata alla commercializzazione di beni.170
La ricca prassi negoziale, negli anni, è riuscita a chiarire e tracciare le principali caratteristiche del fenomeno contrattuale, attraverso cui i due imprenditori perseguono interessi autonomi ma convergenti.171
X. XXXXXXX, Premesse allo studio delle concessioni nei rapporti tra imprese, in Scritti in onore di Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 57.
X. XXXXXXXX, Mandato, commissione, spedizione, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 1984, p. 123.
X. XXXXXXXXXXX, Il contratto di agenzia, in Collana diretta da Xxxxx Xxxxxx, Milano, 2003, p.139.
169 Il Belgio è l’unica nazione europea in cui la concessione di vendita ha ricevuto un’apposita qualificazione normativa attraverso la l. 27 luglio 1961, modificata con la l. 13 aprile 1971.
X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., p. 640.
170 C. BELLOMUNNO, Concessione di vendita e appropriazione di pregi, in DI, 2003, p. 184.
X. X’XXXXXXXXXX, Concessione di vendita: descrizione del fenomeno e profili sistematici, in GC, vo. II, 2002, p. 71.
E. M. XXXXXXX, Il contratto di concessione di vendita, in DisC, vo. I, 2000, p.
177.
X. XXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di) , I contratti per l’impresa,
cit., p. 469.
171 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 504.
D. SEGA, Franchising e concessione di vendita a confronto, in AC, 2001,
p.145.
L’integrazione nella catena distributiva comporta l’apposizione di una serie di limiti all’autonomia del concessionario-distributore, il quale dovrà commercializzare i prodotti del concedente in un determinato territorio, fungere da collettore di clientela, adempiere stringenti obblighi di promozione e assistenza post vendita ai clienti.172 Come contropartita, all’assunzione di rischi e costi, il concessionario assume, però, una posizione privilegiata all’interno della catena distributiva, consistente, a seconda del livello di integrazione, in un rapporto di fornitura più favorevole dal punto di vista del costo dei prodotti, con un conseguente maggior margine di guadagno, nel diritto di utilizzare marchi e segni distintivi del concedente, o nella possibilità di porsi, in uno specifico mercato territoriale, come un monopolista del prodotto, attraverso una clausola di esclusiva.173
Il concedente, dal canto suo, mira a creare una capillare rete distributiva, per assicurarsi un’ampia presenza sul mercato e un costante quantitativo di vendite verso gli stessi concessionari, imponendo loro un livello minimo di acquisti. Contemporaneamente il concedente si garantisce una penetrante pubblicizzazione del suo
172 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., p. 640.
X. XXXXXXXX, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, Milano, 1983, p. 17.
Cass., 13 ottobre 2007, n. 20775, in Guida dir., 2008, p.45.
173 X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 4.
L. DI NELLA – X. XXXXXXXXX – X. XXXXX (a cura di), Il diritto della distribuzione commerciale, Napoli, 2008, p. 143.
X. XXXXXXXXXX, Manuale di diritto della distribuzione, vo. II, Padova, 2007,
p. 209.
App. Milano, 5 marzo 2005, in Contratti, 2006, p.1101. con nota di E.
CALZOLAIO, Contratto di concessione di vendita in esclusiva e luogo di esecuzione dell’obbligazione.
marchio grazie all’attività svolta dai concessionari sui diversi mercati.174
Rispetto alla qualificazione giuridica di questo contratto, la dottrina afferma che «mentre allo stato attuale la descrizione e la definizione del fenomeno sono giunte ad uno stadio in un certo senso conclusivo, la qualificazione di esso da ancora adito a complesse questioni drammatiche su cui regnano non poche perplessità tra i giuristi».175
La giurisprudenza, fino a pochi decenni addietro, soleva ricondurre la concessione di vendita alla figura del contratto di somministrazione176, fino a quando la Suprema Corte, con la sentenza
n. 1469 del 1999, non ha definito il fenomeno in questione un contratto innominato.177
Perciò, non esistendo una definizione normativa del contratto di concessione di vendita, deve optarsi per la qualificazione della fattispecie come contratto atipico, o socialmente tipico.178 Le variabili riconducibili a questo schema contrattuale sono molteplici e tutte contraddistinte dal rilievo di due elementi centrali, quali il
174 X. X’XXXXXXXXXX, Concessione di vendita: descrizione del fenomeno e profili sistematici, cit., p. 72.
X. XXXXXXX, Il commercio, cit., p. 68.
175 X. X’XXXXXXXXXX, Concessione di vendita: descrizione del fenomeno e profili sistematici, cit., p. 71.
176 Cass., 21 luglio 1994, n. 6819, in Giur. it., 1995, c. 381, secondo cui «il contratto di concessione di vendita è un contratto di scambio che si colloca in un’area di affinità con i contratti di somministrazione».
177 Cass., 22 febbraio 1999, n.1469, in Giur. it., 1999, p. 1653, con nota di X. Xxxxxxxx.
Nello stesso senso, Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 231, secondo cui «il contratto di concessione di vendita presenta aspetti che lo avvicinano al contratto di somministrazione, ma non può, però essere inquadrato in nessuno schema contrattuale tipico, trattandosi, invece, di un contratto innominato».
178 X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 7.
X. X’XXXXXXXXXX, Concessione di vendita, cit., p. 147.
X. XXXXXXXXXX, Manuale di diritto della distribuzione, cit., p.227.
X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 1992, p. 1233.
trasferimento di prodotti dal concedente al concessionario e l’impegno di quest’ultimo a promuoverne la commercializzazione.179
La giurisprudenza più recente ha ricondotto il fenomeno nella categoria del contratto-quadro, elaborata dalla dottrina del primo novecento180, in virtù della quale le parti si servirebbero di tale negozio per predisporre il contenuto di futuri contratti di compravendita, senza definire in anticipo le condizioni.181 La dottrina rileva l’esistenza di un collegamento funzionale ed oggettivo, risultante dall’unitarietà della funzione perseguita attraverso i vari negozi stipulati in successione, legati da un nesso di reciproca interdipendenza.182
Rispetto al problema della disciplina applicabile, come per ogni contratto atipico, si deve fare riferimento, innanzitutto, alla disciplina dettata per il contratto in generale,183 e in particolare per i contratti di durata poiché è pacifico che la connessione di vendita origini un rapporto ad esecuzione periodica.184
Si ritengono applicabili anche le norme che disciplinano i contratti traslativi, negli artt. 1376 e 1378 cod. civ., poiché la concessione di vendita può essere, in parte, assimilata al contratto di compravendita.185
179 X. XXXXX, Il contratto di concessione di vendita: responsabilità per obbligazioni non dedotte in contratto, in RCeP, 1998, p. 365.
180 X. XXXXXXXX, Contratti preparatori e contratti di coordinamento, cit., p.
24.
181 X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 297.
L. DELLI PRISCOLI, Atipicità della concessione di vendita e disciplina
applicabile, in Riv. dir. comm., vo. I, 2003, p. 477.
182 X. XXXXXXXXX, Collegamento e connessione tra negozi, Milano, 1975, p.
45.
X. XXXXXXXXXXXX, Collegamento negoziale, in Enc. Dir., vo. VII, Milano,
1960, p. 375.
183 X. XXXXXXXX, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, cit.,
p. 227.
184 Da ciò deriva l’applicazione degli artt. 1373, 2˚ co., 1458, 1˚ co., 1360, 2˚
co., e 1564 cod. civ.
185 X. XXXXXXXX, I contratti tipici e atipici, cit., p. 267.
La giurisprudenza, riconoscendo nella concessione un contratto di durata a prestazioni periodiche, ha inoltre ritenuto applicabile a tale fenomeno anche la disciplina della somministrazione186, rispetto alle modalità di determinazione delle prestazioni (art. 1560 cod. civ.)187, alla risoluzione del contratto (1564 e 1565 cod. civ.)188 e al recesso ad nutum (1569 cod. civ.).189
4.2. L’affiliazione commerciale
All’interno dei contratti di distribuzione, un posto particolare è occupato dall’affiliazione commerciale, forma distributiva di common law nota anche come franchising, cui consegue una forte integrazione verticale tra imprese, funzionale non solo alla commercializzazione dei beni, ma anche all’espansione dell’impresa produttrice.190
In questo contesto interagiscono tra loro diversi imprenditori, giuridicamente ed economicamente indipendenti191.
Al rilevante sviluppo del contratto di franchising, ha fatto seguito, nell’ordinamento italiano, un’apposita disciplina normativa, prevista dalla l. 6 maggio 2004, n. 129, che definisce l’affiliazione commerciale come il contratto tra imprenditori192, attraverso cui il
186 Cass., 21 luglio 1994, n. 6819.
Cass., 22 gennaio 2002, n. 14891, in Fall., 2003, p. 1255.
Cass., 19 febbraio 2010, n. 3990, in Foro it., 2010, c.2095. Trib. Roma, 25 maggio 2011, in Leggi d’Italia.
187 Supra § 2.2.
188 Supra § 2.3.
189 G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, V ed., vo. III, Torino, 2016, p.
33.
000 X. XXXXXXX, Xx franchising nella tipologia delle concessioni tra imprese, in
Nuovi tipi contrattuali e tecniche di redazione nella pratica commerciale, a cura di Verrucoli, Milano, 1979, pp. 22 ss.
X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 237.
191 G. DE NOVA, La nuova legge sul franchising, in Xxxxxxxxx, 2004, pp. 761-
762.
192 «”Soggetti giuridici”: come dire non persone fisiche». «”economicamente
e giuridicamente indipendenti” come dire che il rapporto di franchising non può essere di lavoro subordinato».
X. XX XXXX, La nuova legge sul franchising, cit., p. 761.
produttore-affiliante concede, in cambio di un corrispettivo, la disponibilità di diritti industriali, conoscenze e assistenza all’affiliato, che entra in un sistema composto da diversi distributori, con la finalità di commercializzare i beni prodotti dal primo.193 Gli evidenti vantaggi reciproci di questa forma di integrazione commerciale consistono, dunque, nella possibilità, per il franchisor-produttore, di accedere a nuovi mercati senza dover effettuare investimenti diretti, e, per il franchisee-distributore, di realizzare un’attività d’impresa autonoma, servendosi di un canale distributivo già solido e avviato, cui conseguono inferiori rischi economici.194
Il franchising è quindi “tipizzato” come contratto bilaterale, oneroso, giacché prevede il pagamento di royalties in capo all’affiliato, e di durata, poiché instaura una collaborazione continuativa195 tra le imprese contraenti.196
X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 30.
193 G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., p. 33.
Art. 1, 1˚ co., l. n. 129/2004: « L'affiliazione commerciale è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all'altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l'affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi».
194 X. XXXXXXXXX, Contratti di distribuzione, cit., pp. 3 ss.
G. M. ROBERTI, Contratto di franchising ed accordi di distribuzione commerciale nel diritto comunitario della concorrenza, in Giur. comm., 1987, vo. II, pp. 36 ss.
App. Napoli, 3 marzo 2005, in Contratti, 2005, pp. 1133 ss., con nota di A. VENEZIA, Responsabilità del franchisor nei confronti dei terzi per comportamenti del franchisee, e in Nuova giur. civ. comm., 2006, pp. 571 ss, con nota di X. XXXXXXX, Responsabilità del franchisor per omesso controllo sull’aspirante franchisee in apparenza affidabile.
Trib. Milano, 28 febbraio 2002, in CGCE, 2002, p. 273, secondo cui «il contratto di franchising risulta meritevole di tutela giacché le reciproche prestazioni permettono all’affiliante di aumentare le proprie capacità di penetrazione sul mercato e all’affiliato di giovarsi della posizione di affidabilità e di prestigio che acquista dall’affiliante».
195 Il profilo collaborativo è stato rimarcato dalla Suprema Corte, la quale, nella sentenza del 20 giugno 2000, n 8376, ha affermato che «il contratto di franchising o di affiliazione commerciale tra due società costituisce espressione del
Le royalties sono richieste, dalla legge, come corrispettivo della concessione delle conoscenze, dei diritti industriali e intellettuali propri dell’affiliante, inclusi nel c.d. package197, indispensabile all’affiliato per la vendita, la gestione e l’organizzazione dei beni.198
Nell’art. 3 l. n. 129/2004 sono previsti requisiti di forma e contenuto, che si pongono a tutela del franchisee, quali la forma scritta a pena di nullità del contratto199 e l’obbligo di disclosure imposto al franchisor200, relativo all’ammontare degli investimenti richiesti, alle modalità di pagamento delle royalties201, all’entità del package e dei servizi che verranno forniti, e che costituiscono l’oggetto dell’affiliazione.202 La mancanza di uno dei suddetti
principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’art. 1322 cod. civ. e ancor prima dall’art. 41 Cost.».
000 X. XX XXXX, Xx nuova legge sul franchising, cit., p. 762.
197 X. XXXXXXX, Il franchising, la tipologia del contratto di franchisee con concessione aggregativi, in Ann. Genova, 1977, p. 1123, secondo cui « il package è un fascio di rapporti ed il trasferimento di un fascio di diritti necessari all’esercizio dell’impresa del concessionario, o necessari all’identificazione di questo come impresa aggregata».
198Cass., 20 gennaio 1992, n.659, in GI, 1992, p. 1021.
X. XXXXXXXX, Franchising. La nuova legge, Torino, 2004, p. 82.
199 Art. 3, 1˚ co., l. n. 129/2004: «Il contratto di affiliazione commerciale deve essere redatto per iscritto a pena di nullità».
200 Art. 3, 4˚ co., l. n. 129/2004: « Il contratto deve inoltre espressamente indicare:
a) l'ammontare degli investimenti e delle eventuali spese di ingresso che l'affiliato deve sostenere prima dell'inizio dell'attività;
b) le modalità di calcolo e di pagamento delle royalties, e l'eventuale indicazione di un incasso minimo da realizzare da parte dell'affiliato;
c) l'ambito di eventuale esclusiva territoriale sia in relazione ad altri affiliati, sia in relazione a canali ed unità di vendita direttamente gestiti dall'affiliante;
d) la specifica del know-how fornito dall'affiliante all'affiliato;
e) le eventuali modalità di riconoscimento dell'apporto di know-how da parte dell'affiliato;
f) le caratteristiche dei servizi offerti dall'affiliante in termini di assistenza tecnica e commerciale, progettazione ed allestimento, formazione;
g) le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione del contratto stesso».
X. XXXXXXXXX, Il controllo del franchising, in Quadrimestre, 1987, p. 157.
201 L’affiliato è obbligato a versare le royalties in proporzione al suo giro d’affari, in quota fissa o in quote fisse periodiche, ex art. 1, 3˚ co., lett. c.
202 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 580.
elementi essenziali potrà determinare la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto.203
Sempre a tutela dell’affiliato, l’art.3, 2˚ co., prevede che l’affiliante debba aver già sperimentato la formula contrattuale sul mercato, prima di poter stipulare contratti di affiliazione.204 La legge richiede, tuttavia, un generico obbligo di previa sperimentazione della formula del franchising, senza fissare dei parametri spazio-temporali precisi. Più accurata è l’indicazione contenuta nel codice deontologico dell’associazione italiana franchising (AIF), il cui art. 2205 richiede una sperimentazione sul mercato di almeno un anno.206
Inoltre, sull’affiliante, grava l’obbligo di trasmettere all’affiliato il contratto, comprensivo di tutti gli elementi indicati nel primo comma dell’articolo 4, almeno trenta giorni prima della stipula.207 Tale lasso temporale serve a mettere il franchisee in condizione di ricontrollare e verificare gli elementi e i termini oggetto
203 Cass., 24 aprile 2003, n. 6516, secondo cui «nei contratti per i quali è prevista la forma scritta ad substantiam, l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in base agli elementi contenuti nel relativo atto scritto». 204 Art. 3, 2˚ co., l. n. 129/2004: «Per la costituzione di una rete di affiliazione commerciale l'affiliante deve aver sperimentato sul mercato la propria formula
commerciale».
Si ritiene che la mancata sperimentazione della formula commerciale non dia luogo a nullità, ma solo ad annullabilità per dolo e a risarcimento del danno, così X. XXXX, in Le nuove leggi, p. 1164.
205 Art. 2, codice deontologico AIF: «Prima di costituire la propria rete di Franchising, l'Affiliante dovrà aver sperimentato sul mercato, con successo, la propria formula, per un periodo minimo di 1 anno, con almeno un'unità pilota, qualora applicabile».
206 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 594.
207 Art. 4, 1˚ co., l. n. 129/2004: «Almeno trenta giorni prima della sottoscrizione di un contratto di affiliazione commerciale l'affiliante deve consegnare all'aspirante affiliato copia completa del contratto da sottoscrivere».
X. XXXXXXXXX, Prime note di commento alla normativa in materia di franchising, in CG, 2004, p. 851, secondo cui «tali allegati sono i principali dati dell’affiliante, i marchi utilizzati nel sistema, e gli elementi caratterizzanti l’attività oggetto dell’affiliazione commerciale».
dell’accordo208, non restando comunque esclusa l’eventualità che l’affiliato sottoscriva prima che lo spatium deliberandi sia decorso.209
La l. n. 129/2004 prevede anche norme a tutela degli interessi del franchisor, imponendo al franchisee, anche dopo lo scioglimento del contratto, di mantenere la massima riservatezza rispetto all’oggetto dell’attività commerciale e alle conoscenze di cui è entrato in possesso.210
La durata del rapporto può essere a tempo indeterminato o determinato; in quest’ultimo caso l’affiliante dovrà garantire al distributore una durata minima, non inferiore tre anni, utile a recuperare gli investimenti sostenuti, ex. art. 3, co. 3.211
Nonostante la legge 129 del 2004 non preveda un’esplicita disciplina a riguardo, ulteriore elemento essenziale ai fini della qualificazione di un contratto come franchising è il potere dell’affiliante di fornire direttive in merito all’organizzazione commerciale, strutturale e finanziaria dell’affiliato.212 Il potere di
208 X. X’XXXXX, Il procedimento di formazione del contratto di franchising secondo l’art. 4 della l. n. 129/2004, in Riv. dir. priv., 2005, pp. 12 ss.
X. XXXXXX, La formazione del contratto di franchising tra obblighi informativi e vizi del consenso, in Obbl. e contr., 2011, pp. 408 ss.
209 X. XXXX, Il contratto di franchising, Napoli, 2012, pp. 346 ss.
210 Art. 5, 2˚ co., l. n. 129/2004: « L'affiliato si impegna ad osservare e a far osservare ai propri collaboratori e dipendenti, anche dopo lo scioglimento del contratto, la massima riservatezza in ordine al contenuto dell'attività oggetto dell'affiliazione commerciale».
X. XXXXXXXXX, Prime note di commento alla normativa, cit., p. 851, secondo cui l’altro obbligo dell’affiliante, consistente nel divieto di trasferire la sede indicata nel contratto senza il consenso dell’affiliante, «risponde, come affermato nella famosa sentenza della Corte di Giustizia nel caso Pronuptia, all’interesse del franchisor di mantenere sotto controllo la reputazione della rete distributiva».
211 X. XXXXXXXXX, Contratti di distribuzione, cit., pp. 323 ss.
Art. 3, 3˚ co., l. n. 129/2004: « Qualora il contratto sia a tempo determinato, l'affiliante dovrà comunque garantire all'affiliato una durata minima sufficiente all'ammortamento dell'investimento e comunque non inferiore a tre anni. È fatta salva l'ipotesi di risoluzione anticipata per inadempienza di una delle parti».
212A. BALDASSARRI, I contratti di distribuzione, agenzia, mediazione, concessione di vendita, franchising, in Trattato Xxxxxxx, I contratti di commercio, dell’industria e del mercato finanziario, 1995, vo. III, p. 2169.
“conformazione” è funzionale alla creazione di una struttura organizzativa uniforme e omogenea.213
La lacuna potrebbe spiegarsi analizzando la ratio della normativa, diretta più a tutelare il contraente debole che a fornire una regolamentazione organica in materia.214
4.3. I contratti di distribuzione telematica
La globalizzazione, l’evoluzione tecnologica e lo sviluppo telematico hanno stravolto la dimensione e la struttura del sistema organizzativo e distributivo delle imprese215.
L’avvento di Internet, che trascende ogni limite geo-politico, ha abbattuto le barriere erette dalle norme nazionali, costringendo il diritto degli Stati a «inseguire la dilatazione spaziale degli scambi».216 Con la caduta delle suddette barriere, lo sviluppo del commercio elettronico irrompe nello scenario globale, nei mercati internazionali, interessando sia i contratti business to consumer sia, soprattutto, quelli
business to business.217
Il commercio elettronico è caratterizzato da un inedito modo di organizzare l’attività produttiva e distributiva a livello internazionale, servendosi dei più moderni strumenti telematici al fine di ampliare il mercato e contrastare i competitors.218
X. XXXXXXXX – X. XXXXXXXXXX, Disciplina della concorrenza nella CE, Torino, 1996, p. 311.
213 Trib. Crema, 23 novembre 1994.
214 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 598.
E. GIACOSA – X. XXXXXX, Il commercio elettronico, in Le aziende della Net Economy, Torino, 2003, p. 45.
215 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., p. 317.
216 N. IRTI, Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Roma-Bari, 2001, p. 10.
217 X. XXXXXXX (a cura di), Internet, Milano, 2001, p.23.
X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., pp. 621 ss.
218 X. XXXXXXX, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati, Milano, 2001, p. 89.
Analizzando i modelli di distribuzione caratteristici ed esclusivi della commercializzazione elettronica, emerge la rilevanza dei c.d. portali, o portal provider, la cui funzione principale è di ridurre la distanza tra gli imprenditori, che offrono i loro prodotti sul web, e i consumatori, che navigando in internet si imbattono in una sovrabbondanza di informazioni.219 Un sito internet è tanto più efficace e appetibile quanto più facilmente è raggiungibile e conoscibile;220 in questo contesto, il compito del portale diviene quello di «indurre il navigatore a sceglierlo come sito iniziale di tutte le esplorazioni»221.
Il portal provider opera quale distributore ufficiale sul web, che si differenzia da quello tradizionale sia da un punto di vista organizzativo, siccome il gestore del portale non si fa carico della materiale ricezione e movimentazione della merce, sia economico, poiché la sua remunerazione consiste in una c.d e-commerce commission222, corrispondente a una percentuale sulle vendite online del produttore, e non nella differenza tra prezzo di acquisto e di vendita della merce, come avviene, invece, nella distribuzione classica.223
Ulteriore differenza tra i sistemi distributivi risiede nel ribilanciamento del potere contrattuale di cui le parti dispongono.224 Il produttore, che nella distribuzione tradizionale vincola alla sua volontà la controparte, si trova a dover sottostare alle condizioni imposte dal portal provider, al fine di raggiungere il grande pubblico
219 I. XXXXXXXX, è il momento dei portali, in Xxxx, 1999, p. 441.
220 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 651.
221 Aa, Vv (a cura di) Istituto Indis e Ministero dell’Industria, 2000, p.124.
222 X. XXXXXXX (a cura di), Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’INTERNET, Milano, 2002, p. 221.
223 L. M. DE GRAZIA, I portali: come si configura il rapporto con la legge?, in Internet al sito: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xx00.xxxx, 1999.
224 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 653,
della rete. I gestori dei portali vantano, in relazione alla commercializzazione di beni online, una forza negoziale e un’influenza sconosciute ai distributori tradizionali.225
Lo strumento mediante il quale trova regolazione questo complesso d’interessi è il “contratto di inclusione nel portale”, attraverso cui il provider si vincola, in cambio del pagamento di una e-commerce commission, ad inserire nel proprio portale uno o più links correlati al sito dell’impresa produttrice, utili ai consumatori per raggiungere facilmente l’offerta.226
La prestazione contrattuale del provider si esaurisce col mero inserimento del link, corrispondente all’indirizzo telematico dell’imprenditore online, sul suo portale.227
Il contratto di inclusione non è analogicamente assimilabile ad alcun tipo contrattuale codificato ed è , quindi, applicabile la sola disciplina prevista per i contratti in generale, ai sensi dell’art. 1323 cod. civ..228
In conclusione, sembra possibile affermare che il contratto di inclusione nel portale identifichi un contratto atipico di pubblicità tra il portal provider e un’azienda commerciale titolare di una pagina web, e che, da ciò, derivi l’applicabilità di tutti quei criteri ermeneutici, elaborati da dottrina e giurisprudenza, in rapporto al c.d. contratto di pubblicità.229
225 F. SARZANA DI X. XXXXXXXX, I contratti di internet e del commercio elettronico, Milano, 2001, p. 211.
226 X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXX, Quale disciplina giuridica per i portali?,
in Interlex, 2000, p. 343.
227 X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXX, Gli approvvigionamenti, in Innovazione, produzione e logistica nell’era dell’economia digitale, a cura di Grando, Milano, 2001, p. 105.
228 X. XXXXXXXXX, Il commercio elettronico e l’impresa, Milano, 2002, p. 287. Art. 1323 cod. civ.: «Tutti i contratti, ancorché non appartengano ai tipi che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo».
229 A. M. XXXXXXX, La pubblicità telematica, in CM, 1994, p. 403.
II CAPITOLO
Le clausole a tutela degli imprenditori nei contratti commerciali
SOMMARIO: 1. L’autonomia negoziale d’impresa e la libertà d’iniziativa economica. – 2. Il patto di preferenza nella somministrazione. – 2.1. Natura e forma del patto di preferenza. – 2.2. I limiti temporali di validità del patto. – 2.3. Le fasi attuative della prelazione. – 3. La clausola di esclusiva. – 3.1. L’esclusiva nella somministrazione. – 3.1.1. Violazione dell’esclusiva e dell’obbligo di promuovere le vendite. – 3.2. L’esclusiva nella concessione di vendita. – 3.3. La clausola di esclusiva e il patto di non concorrenza. -
4. La clausola di non concorrenza. – 4.1. Il rapporto tra le clausole di non concorrenza e l’art. 2596 cod. civ. – 4.1.1. I limiti giuridici disciplinati dall’art. 2596 cod. civ. – 5. La clausola sul cliente più favorito. – 6. La clausola di riservatezza. – 6.1 Le obbligazioni della parte ricevente. – 7. La clausola di rinegoziazione. – 8. La clausola penale. – 8.1. La clausola take or pay. – 9. La clausola di limitazione della responsabilità.
1. L’autonomia negoziale d’impresa e la libertà di iniziativa economica
Il principio di autonomia contrattuale consiste nella facoltà, riconosciuta dall’ordinamento ad ogni soggetto privato, di poter regolare i propri interessi attraverso manifestazioni di volontà contenute in appositi atti negoziali.230
Tale concetto ha trovato un’espressa disciplina normativa all’interno del codice civile del 1942, il cui articolo 1322 afferma che le parti sono libere di determinare a loro piacimento il contenuto contrattuale, rispettando i limiti imposti dalla legge.231
230 X. XXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di), I contratti per l’impresa,
cit., p. 47.
231 Art. 1322 cod. civ.: «Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico».
L’autonomia negoziale, pur non trovando espressa trattazione all’interno della Carta Costituzionale232, emerge quale strumento essenziale al servizio dell’economia capitalistica, caratterizzata dalla produzione di massa di beni e servizi.233 In questo senso, l’impresa si erge come elemento indispensabile per il funzionamento del sistema economico a base capitalistica, quale anello di congiunzione tra il mercato e i contratti di scambio, poiché determina la riduzione dei costi di transazione tramite l’organizzazione e la gerarchia dei rapporti.234
L’interrelazione tra impresa, mercato e contratto è talmente forte da determinare un condizionamento reciproco, tale che non può esservi mercato senza soggetti che producono beni e servizi destinati allo scambio e viceversa, mentre l’elemento contrattuale si configura come il mezzo essenziale attraverso cui l’impresa agisce nel mercato stesso.235
Da tale trattazione emerge il rapporto di strumentalità esistente tra il principio di libertà negoziale ex art. 1322 cod. civ. e la libertà di iniziativa economica, riconosciuta dalla Costituzione nell’art. 41236, che tutela l’interesse economico alla base dell’attività d’impresa.237
p. 33.
232 X. XXXX, L’iniziativa economica, in Scritti giuridici, vo. I, Padova, 1992,
233 X. XXXXXXXX, L’autonomia dei privati, in Persona e comunità – Scritti
giuridici, vol. II, Padova, 1988, pp. 422 ss.
X. XXXXXXXX, Estrastatualità del diritto civile, in Scritti giuridici, vol. III, Milano, 1960.
234 X. XXXXXX, voce “Impresa”, in Enc. dir., Annali, vol. I, 2007, p. 735.
P. BARCELLONA, Diritto privato e società moderna, Napoli, 1996, p. 320.
235 X. XXXXXXXXX, Le fonti private del diritto commerciale. Appunti per una discussione, in Riv. dir. comm., 2008, vo. I, pp. 599 ss.
236 Art. 41 Cost.: « L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
237 X. XXXXXXXXX, Contratto e mercato, in Giur. comm., 2007, I, p. 379 ss.
X. XXXXXXX, Il diritto commerciale italiano alle soglie del XXI secolo, in Riv. società, 2008, pp. 1 ss.
Il fondamento costituzionale del principio di autonomia contrattuale viene, dunque, individuato, almeno rispetto ai contratti d’impresa, all’interno del suddetto articolo, come si evince dalla giurisprudenza costituzionale238.
Pertanto l’impresa si colloca nell’ambito del dettato costituzionale di cui all’art. 41, comma 1, Cost. come espressione dell’esercizio della libertà di iniziativa economica.
Tuttavia, data la non esatta coincidenza tra il concetto espresso dall’art.41 Cost. e la definizione di imprenditore ex art. 2082 cod. civ.239, alcuni Autori rilevano che tale iniziativa economica può concretizzarsi non esclusivamente nell’esercizio di attività in forma d’impresa.240
238 Corte Cost. 30 giugno 1994, n. 268, in G.U., 1994, secondo cui:
«L'autonomia contrattuale dei singoli è tutelata a livello di Costituzione solo indirettamente, in quanto strumento di esercizio di libertà costituzionalmente garantite».
239 Art. 2082 cod. civ.: « È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi».
240 La dottrina riconosce il ruolo centrale dell’impresa nell’attività d’iniziativa economica di cui all’art. 41, Cost., ma vi ricomprende anche altre attività economiche. In tal senso, X. XXXX, L’iniziativa economica, cit., pp. 24 ss., dove afferma che «nell’art. 41 l’economicità è colta in termini di iniziativa e non solo di impresa. Malgrado i noti dissensi, l’identificazione tra i due termini è da rifiutare, anche nella prospettiva costituzionale ed il punto interessa non solo il rapporto tra le diverse forme dell’iniziativa privata ma il rapporto tra iniziativa privata e pubblica». Aggiunge che «l’iniziativa può avere carattere non professionale»; «l’economicità dell’impresa […] non è fatta solo di economicità del risultato ma anche di economicità del modo, o metodo o "criterio” di produzione».
Anche il lavoro autonomo e le professioni intellettuali sono espressione della libertà di iniziativa economica, pur non rientrando nel concetto di impresa; in tal senso, X. XXXXXXXXX, voce Impresa, in Enc. dir., Xxxxxx, vol. I, 2007, p.763ss., secondo cui «se è vero che, a stretto rigore, l’art. 41, Cost. non è riferibile alla sola impresa, nel senso che indica i caratteri e le finalità non dell’attività imprenditoriale tout court, bensì dell’attività economica, è anche vero che dal contesto della norma, e segnatamente dal limite dell’ “utilità sociale” posto all’esercizio dell’attività economica, e dai “fini sociali” indicati al legislatore ordinario come criterio ispiratore dei programmi e dei controlli, si desume con tranquillità che l’attività economica cui il costituente ha voluto conferire rango costituzionale è quella organizzata ad impresa, che è poi ciò che si verifica nella quasi totalità dei casi».
Secondo tale autorevole dottrina, l’iniziativa economica potrebbe concretarsi in una qualsiasi attività di carattere economico241, ma troverebbe la sua forma di espressione giuridica maggiormente rilevante nel concetto di impresa, quale attività economica organizzata che opera sul mercato.242
L’esercizio della libertà di iniziativa economica, e con essa l’attività organizzata in forma d’impresa243, incontra un limite nell’utilità sociale e negli altri valori costituzionalmente tutelati, come stabilito dall’articolo 41, 2˚ e 3˚ co., Cost.244
Per quanto l’impresa sia tutelata, quale forma tipica di esercizio della libertà d’iniziativa economica, è necessario un bilanciamento in rapporto ai doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale245 e a quelli imposti dalla Repubblica al fine di rimuovere gli ostacoli alla libertà e all’uguaglianza in senso sostanziale, ex art. 3, 2˚co.246, Cost.247
241 X. XXXXXXX, voce Attività, in Enc. dir., Xxxxxx, vo. III, 1958, pp. 983 ss., secondo cui Il termine attività si deve intendere nel senso di atti tra loro coordinati al fine di realizzare uno scopo comune.
242 X. XXXXXXXXX, La contrattazione d’impresa tra autonomia contrattuale e libertà di iniziativa economica (Profili ricostruttivi), Torino, 2006, pp. 39 ss.
X. XXXXXXXXX, Xx xxxxx xxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
243 Xxxxx Xxxx., 0 aprile 1965, n. 30, in G.U., 1965, n. 109, secondo cui:
«l'autonomia contrattuale in materia commerciale è strumentale rispetto all'iniziativa economica, ogni limite posto alla prima si risolve in un limite della seconda, ed è legittimo, perciò, solo se preordinato al raggiungimento degli scopi previsti o consentiti dalla Costituzione».
244 X. XXX - X. XXXXXXXXXXX, Diritto costituzionale, Torino, 2009, pp. 479 ss.
245 Xxxxx Xxxx., 00 aprile 1957, n. 50, in G.U., 1957, n. 104, secondo cui
«l’art. 41 contiene una generica dichiarazione della libertà nella iniziativa economica privata; ma a tale libertà necessariamente corrispondono le limitazioni rese indispensabili dalle superiori esigenze della comunità statale. È lo stesso art. 41, nei commi secondo e terzo, che sancisce le limitazioni alla libertà d’iniziativa dichiarata nel primo comma. L’iniziativa privata, infatti, in virtù del secondo comma, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale né in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana; ma è soprattutto da considerare il terzo comma, il quale affida al legislatore ordinario la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni affinché l’iniziativa privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali».
246 Art. 3, 2˚ co., Cost.: « È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
In conclusione, si evidenzia che la libertà contrattuale d’impresa è forma primaria di espressione della libertà d’iniziativa economica, preordinata «alla produzione di ricchezza e alla circolazione di questa, quale strumento di crescita economica che deve coesistere con altre libertà, come ad esempio le libertà dei consumatori e delle altre imprese».248
È importante che le imprese coinvolte nel rapporto contrattuale si servano della libertà negoziale, loro riconosciuta, al fine di dare stabilità al contratto e alla loro posizione nel mercato, includendo nell’atto negoziale, con ragionevole precisione, tutte le regole e i rimedi adeguati al caso concreto e ai tempi, bilanciando eguaglianza, singolarità e adeguatezza all’interno delle diverse clausole contrattuali.249
Ci si servirà dei prossimi paragrafi per approfondire la trattazione di quelle clausole, tipiche e atipiche, che più spesso ricorrono nei contratti tra imprenditori al fine di regolarne i rapporti e gli interessi.250
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
247 X. XXXX, L’iniziativa economica, cit., p.34, secondo cui: «i valori con i quali anche la libertà di iniziativa deve confrontarsi […] si riassumono nella solidarietà che fonda il dovere “generale” […], un dovere non solo nell’ordine dei valori umani».
248 X. XXXXXXXXX, Iniziativa economica privata e impresa, in Cinquanta anni della Corte Costituzionale, vo. XVI, Napoli, 2006, p. 5.
249 X. XXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di) , I contratti per l’impresa,
cit., pp. 102-103.
X. XX XXXX, voce Contratti di impresa, in Enc. Dir., Xxxxxx, vo. IV, Milano, 2011, pp. 243 ss.
X. XXXXXXXX, Meritevolezza degli interessi ed equilibrio contrattuale, in
Contr. e impr., 1987, p. 433 ss.
X. XXXXXXXXXX, Clausole generali e giustizia contrattuale: equità e buona fede tra Codice civile e diritto europeo, Torino, 2006.
250 X. XXXXXXXXXX, Clausole negoziali, vo. I, Torino, 2017, p. 6
2. Il patto di preferenza nella somministrazione
Una clausola sovente inserita nei contratti di somministrazione è quella contenente un patto di preferenza, la cui ratio è di tutelare l’interesse dell’impresa fornitrice a fidelizzare e cristallizzare un flusso costante di clientela.251
Infatti, attraverso il patto di preferenza, disciplinato dall’art. 1566 cod. civ.252, il somministrato si impegna anticipatamente a preferire il somministrante qualora in futuro voglia concludere un nuovo contratto di somministrazione per lo stesso oggetto.253
Sempre nel primo comma del medesimo articolo è stabilito il limite temporale di validità massima del patto, fissato in cinque anni. Qualunque pattuizione che, in deroga a tale limite, preveda un termine di validità superiore, si ridurrà ex lege alla durata di cinque anni.254
Il secondo comma impone, invece, al somministrato l’obbligo di comunicare al somministrante le condizioni contrattuali contenute nelle offerte provenienti dai terzi, e quest’ultimo dovrà dichiarare nel
251 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 295.
X. XXXXXXXX, Diritto di prelazione e patto di preferenza nella somministrazione, cit., p. 65.
252 Art. 1566, 1˚ co., cod. civ.: «Il patto con cui l'avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell'obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni.».
253Rispetto alla valutazione dell’identità dell’oggetto, sarà compito dell’interprete valutare, di volta in volta, se l’oggetto del successivo contratto presenti caratteristiche funzionali e strutturali analoghe a quelle concordate nel precedente contratto. L’oggetto dei contratti deve essere qualitativamente identico, mentre non rileva una variazione in senso quantitativo.
X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 141.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 265 ss.
X. XXXXXXXX, Sub. Art. 1566, in Commentario al codice civile, diretto da Xxxxxxxxx, Torino, 2011, p. 241.
254 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., p. 581.
termine stabilito, a pena di decadenza, la volontà o meno di avvalersi della preferenza.255
Da subito si evince che l’efficacia della clausola contenente il patto di preferenza ha due sfere d’incidenza, poiché, da un lato, limita la libertà di contrarre del somministrato e, dall’altro, ostacola la libera concorrenza delle imprese sul mercato,256 potendo, a tal proposito, verificarsi un contrasto con la disciplina, nazionale e comunitaria, delle intese e dell’abuso di posizione dominante.257
Di certo il patto di preferenza non paralizza la concorrenza e il libero mercato, ma li condiziona e inibisce in favore del preferito, creando disparità di trattamento tra i competitors.258
La clausola contenente un patto di preferenza è frequentemente inserita anche nei contratti di concessione di vendita, nonostante l’unica disciplina codicistica sul funzionamento della prelazione convenzionale sia prevista solo in rapporto al contratto di somministrazione, ex art. 1566 cod. civ.259 Starà alle parti, in virtù della libertà negoziale di cui dispongono, decidere se predisporre una particolare regolamentazione convenzionale della preferenza o se troverà applicazione la disciplina prevista per la somministrazione.260
255 Art. 1566, 2˚ co., cod. civ.: «L'avente diritto alla somministrazione deve comunicare al somministrante le condizioni propostegli da terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine stabilito o, in mancanza, in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi, se intende valersi del diritto di preferenza».
256 M. F. CAMPAGNA, Patto di preferenza nella somministrazione, in Clausole negoziali, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, vo. I, Torino, 2017, pp. 621 ss.
257 Infra Cap. III, § 2.
258 X. XXXXXXXX, Sub. Art. 1566, cit., pp. 1431 ss.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 292.
X. XXXXXXXX, Diritto di prelazione e patto di preferenza nella somministrazione, cit., pp. 415 ss.
259 X. XXXXXXXX, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, cit.,
p. 95.
X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di
distribuzione, cit., pp. 661-662.
260 X. XXXXXXXX, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, cit.,
p. 112.
2.1. Natura e forma del patto di preferenza
In dottrina è discussa la natura del patto di preferenza. Una considerevole parte degli studiosi fa corrispondere tale patto a un contratto preliminare261, e da tale interpretazione deriverebbe l’applicazione dell’art. 2932 cod. civ.262, cui consegue la possibilità di ricorrere ad esecuzione forzata in forma specifica in caso di inadempimento.263
Di medesimo avviso appare la giurisprudenza, secondo la quale l’art. 1566 cod. civ. imporrebbe due obblighi in capo al somministrato, quali quello di dare la preferenza al somministrante nell’eventuale stipulazione di un nuovo contratto e quello di comunicare allo stesso le condizioni proposte da terzi. Data la natura di preliminare della preferenza, la Suprema Corte ha affermato che la notificazione di accettazione preveniente dal preferito, nel termine stabilito, determina la stipulazione del contratto alle condizioni comunicate dal somministrato.264
261 X. X’XXXXX, Della prelazione legale e volontaria, Milano, 1950, p. 301.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 272.
X. XXXXXX, La compravendita, in Tratt. Cicu-Messineo, vo. XXIII, Milano, 1971, pp. 55 ss.
262 Art. 2932, 1˚co., cod. civ.: «Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso».
263 X. XXXXXX, La compravendita, Milano, 1971, p. 618.
X. XXXXXX, Somministrazione preferenziale e tutela giurisdizionale del somministrato, in RaDC, vo. III, 1995, pp. 674-681.
X. XXXXXXXX, La prelazione, in Contratti in generale, a cura di Xxxx x Xxxxxxx, 1991, p. 394.
264 Cass. Civ., 26 luglio 1974, n. 2269, in RGI, 1974, vo. II, secondo cui
«dalla norma dell’art. 1566, cod. civ., derivano al soggetto passivo della prelazione due obblighi: l’uno, principale, consistente nel dare la preferenza al soggetto attivo nella stipulazione di un contratto avente un determinato oggetto […]; l’altro, complementare, consistente nel comunicare al titolare della prelazione le condizioni proposte da terzi, per dargli modo di dichiarare se accetta di concludere il contratto a quelle condizioni». Conclude affermando che: «Nel caso in cui il titolare della prelazione dichiari di accettarle, con la notificazione dell’accettazione nel termine
Secondo altri Autori, invece, qualificando la prelazione come un contratto preliminare, si convertirebbe l’oggetto del patto, trasformandolo da mero obbligo di “informare e preferire” in “impegno a contrarre”.265 Il preferire, infatti, non pregiudica la scelta del promittente rispetto alla volontà di concludere o meno il contratto con il preferito, e pertanto «l’obbligo che deriva dal patto è soltanto l’obbligo di preferire e tale viene adempiuto solo astenendosi dal contrarre con altri finché il titolare della preferenza non abbia dichiarato di non esercitarla, e che sia la denuntiatio sia la dichiarazione di volersi valere della preferenza sono oggetto soltanto di un onere e non di un potere negoziale».266
Aderendo a questa seconda tesi, favorevole a valutare il patto di preferenza quale semplice impegno a preferire il somministrato nella conclusione di un nuovo contratto di somministrazione, in caso di inosservanza, non potrebbe ammettersi il ricorso all’art. 2932, 1˚ co., cod. civ., ma il somministrato potrebbe esclusivamente essere sanzionato attraverso il pagamento del risarcimento del danno.267
L’art. 1566 cod. civ. non specifica quale sia la forma richiesta per il patto di preferenza. Il dibattito si è sviluppato, in particolare, in
stabilito il contatto resta concluso tra proponente e accettante alle condizioni comunicate, per l’avvenuto incontro dei consensi».
Cass. 28 giugno 1986, n. 4311, in Giur. it, 1987, c. 1454, con nota di XXXXXXX, Ancora sulla natura del patto di prelazione.
265R. XXXXXXXXXXXX, Contratti in generale, in Tratt. Grosso-Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, vo. IV, Milano, 1961, p. 109.
X. XXXXXXXXXX, Considerazioni sul patto di prelazione nel diritto italiano,
in Riv. dir. civ., 1966, vo. II, pp. 629-630.
A. CATRICALÀ, Funzioni e tecniche della prelazione convenzionale, in Xxx. xxx. xxx., 0000, xx. XX, x. 000.
X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Struttura e funzione della prelazione convenzionale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, p. 704.
266 X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., pp. 1-7.
X. XXXXXXX, La prelazione e il preliminare, in Riv. notariato, 1981, p. 803.
267 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 893.
riferimento all’art. 2596 cod. civ.268, il quale richiede il requisito della forma scritta ad probationem per i patti tra imprenditori limitativi della concorrenza.269
A tal proposito, la giurisprudenza ha negato la necessità di dover dare prova del patto di preferenza in forma scritta, ritenendo la norma dell’art. 2596 cod. civ. eccezionale rispetto alla regola generale di libertà delle forme vigente nel nostro ordinamento, e quindi non estensibile tramite interpretazione analogica.270
L’art. 2596 cod. civ., infatti, riguarda esclusivamente i patti orizzontali tra imprenditori, cioè operanti sullo stesso piano,271 mentre il patto di preferenza nella somministrazione incide su soggetti solo
268 Art. 2596 cod. civ.: «Il patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto. Esso è valido se circoscritto ad una determinata zona o ad una determinata attività, e non può eccedere la durata di cinque anni.
Se la durata del patto non è determinata o è stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il patto è valido per la durata di un quinquennio».
269 X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, Milano, 1988, p. 114.
270 Cass., Sez. III, 23 settembre 2013, n.21729, in Giust. Civ. mass., 2013: «in virtù del principio generale di libertà delle forme negoziali, deve avere la medesima forma prevista per il contratto cui accede e non soggiace all’operatività dell’art. 2596 cod. civ. che impone tale forma, “ad probationem”, per il patto che limita la concorrenza».
Cass., sez. I, 18 dicembre 1991, n. 13623, in Giust. Civ. mass., 1991.
271 X. XXXXXXXXX, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali. Istituzioni di diritto industriale, III ed., Milano, 1960, p. 82.
X. XXXXXXXXX, Concorrenza e consorzi, in Tratt. Grosso-Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, II ed., vol. VI, 1965, p. 70.
X. XXXXXXXX, Diritto di prelazione e patto di preferenza nella somministrazione, cit., p. 67.
Cass. 20 dicembre 1972, n. 3564, in Foro it., 1973, c. 1464.
Cass. 25 gennaio 1975, n. 284, in Rep. Giur. comm., 1975, p.3.
Cass., sez. II, 23 maggio 1994, n. 5024, in Giur. it., 1995, p. 1322, secondo cui: «Il patto tra produttore e rivenditore con il quale è fatto divieto a quest’ultimo di vendere i prodotti ad un prezzo inferiore a quello prefissato non può ricondursi nell’ambito della normativa sulla restrizione convenzionale della concorrenza, operando la normativa di cui all’art. 2596 cod. civ. di norma tra soggetti che svolgono attività economiche contrapposte sullo stesso piano in senso orizzontale, mentre tra fabbricante e rivenditore può sorgere un rapporto di concorrenza solo in via mediata ed indiretta, poiché i due operatori economici non sono sullo stesso piano».
indirettamente concorrenti e costituisce, quindi, un patto di tipo verticale.272
Si può, dunque, concludere nel senso di affermare che il patto di preferenza debba esclusivamente rispettare la forma richiesta per il contratto di somministrazione, nei confronti del quale, inoltre, sono rari i casi in cui è imposta la forma scritta.273
2.2. I limiti temporali di validità del patto
Quanto alla durata, la disposizione di cui all’art. 1566, 1˚co., cod. civ. afferma che la clausola contenente la preferenza è valida se non supera il periodo di cinque anni, per non pregiudicare, quindi, in maniera eccessiva la libertà contrattuale del promittente.274
Se è convenuto un termine maggiore, si riduce ex lege alla durata quinquennale, in attuazione del principio di conservazione che non comporta l’invalidità dell’intero patto, ma solo la sua riduzione entro il limite temporale di validità del patto.275
Invece, qualora le parti non fissino alcun termine, secondo alcuni Autori, il patto dovrebbe ritenersi nullo in quanto la disposizione stabilisce che «il patto “è valido” purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni»; a contrario
272 A. CATRICALÀ, Funzioni e tecniche della prelazione, cit., p. 560.
273 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994, pp. 244 e
291.
274 Nella relazione al codice civile §685 è specificato che: «non si è negata
validità al patto di preferenza perché ogni vincolo alla libera attività giuridica propria non è illecito in sé e per sé, ma in quanto è configurato in modo da costituire un legame intollerabilmente esorbitante: si è circoscritto così a un quinquennio il termine di durata massima dell’obbligo e si sono precisate le modalità di esercizio del corrispondente diritto di somministrazione».
275 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.179.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 60.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 281.
dovrebbe derivarne che un patto, ove manchi un qualsiasi termine, sia invalido. 276
Rispetto alla possibile rinnovabilità del patto in scadenza, non sembrano esservi ragioni sufficienti per ritenere improrogabili gli effetti della preferenza per i successivi cinque anni.277
La dottrina prevalente ritiene, infatti, che non vi siano impedimenti, derivanti dai principi generali sui vincoli negoziali o dagli interessi delle parti coinvolte, tali da negare la possibilità che i soggetti coinvolti rinnovino ogni cinque anni il patto di preferenza nel libero esercizio dell’autonomia privata.278
2.3. Le fasi attuative della prelazione
La prima fase del rapporto di preferenza risulta rappresentata dal concreto conferimento, al somministrante, della posizione soggettiva attiva di preferenza.279
276 M. F. CAMPAGNA, Patto di preferenza, cit., p.632, secondo cui patti infraquinquennali e ultraquinquennali rimangono comunque validi come fissato dal legislatore, mentre l’unica ipotesi di invalidità dovrebbe essere quella in cui un termine al patto non vi sia. L’autore rileva che in altre circostanze il legislatore ha espressamente preso in considerazione le ipotesi di patto senza durata, come è avvenuto, per modo d’esempio, nell’art. 2596 cod. civ., che ponendo un limite quinquennale di validità per i patti limitativi della concorrenza, precisa nel secondo comma che «se la durata del patto non è determinata o è stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il patto è valido per la durata di un quinquennio»; allo stesso modo l’art. 2557, comma 3, cod. civ.: «se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento».
277 X. XXXXXXXX, La somministrazione di servizi, cit., p. 399.
Importa precisare che la rinnovazione del patto non deve essere stabilita sin dall’inizio della validità del primo accordo, altrimenti si violerebbe la ratio della disposizione in tema dei limiti di durata. Rispetto all’illiceità del meccanismo di rinnovazione, si veda X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p. 176.
278 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 294.
X. XXXXXXXX, Sub. Art. 1566, cit., pp. 1437 ss.
X. XXXXXXX, La concorrenza. I consorzi, in Tratt. Xxxxxxx, vo. IV, Padova, 1981, pp. 26 ss.
279 X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p. 148.
Il secondo momento attuativo della prelazione si sostanzia nella denuntiatio, atto attraverso il quale il somministrato comunica al preferito le condizioni propostegli da terzi;280 tale atto non è soggetto ad alcun requisito di forma, salvo che non lo abbiano espressamente stabilito le parti.281
Inoltre, secondo la dottrina prevalente, non deve obbligatoriamente contenere i nominativi dei soggetti terzi da cui l’offerta proviene282, in quanto «l’art. 1566 cod. civ. impone al soggetto passivo l’obbligo di comunicare al soggetto attivo “le condizioni” contrattuali propostegli da terzi, ma non anche di rivelargli i nomi dei proponenti né di metterlo in grado di controllare la provenienza delle proposte. Siffatte indicazioni non sono prescritte dalla legge, e neppure possono ritenersi richieste dalle finalità del patto di prelazione».283
La terza fase si sostanzia nella dichiarazione di volontà del somministrante, nel termine di decadenza convenuto, attraverso cui afferma di volersi valere o meno della preferenza.284 Una dichiarazione del somministrante formulata oltre tale termine sarà irrilevante e il somministrato sarà libero di contrarre con il terzo proponente.285
In relazione a tale dichiarazione, si discute in dottrina se sia richiesto il requisito della parità di condizioni, menzionato nel Progetto preliminare al codice di commercio.
280 X. XXXXXXXX, La prelazione volontaria, Milano, 1984, p. 41.
281 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., pp. 587-588.
282 X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Struttura e funzione della prelazione, cit., pp. 707-709, secondo cui un obbligo di individuazione del terzo sussisterebbe ogni qualvolta assuma valore l’intuitus personae.
283 Cass., 26 luglio 1974, n. 2269, in RGI, 197, p. 6.
284 C. SARASSO, In tema di prelazione negoziale, in Giur. it., 1968, c. 719 ss.
285 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 303.
X. XXXXXXXX, Sub. Art. 1566, cit., p. 1438.
Secondo taluni Autori un patto di preferenza non implica, per l’esercizio del diritto del preferito, che questo adegui le sue condizioni a quelle del terzo proponente.286
La dottrina prevalente assume, invece, una posizione contraria, ritenendo la parità di condizioni implicita nell’obbligo di dover comunicare al preferito le “condizioni proposte” da terzi.287
Infatti, se così non fosse, com’è stato rilevato in giurisprudenza, sarebbe stato sufficiente richiedere al somministrato la comunicazione della mera esistenza di altre proposte, senza che ne dovesse specificare le condizioni.288
Appare, dunque, evidente che solo in presenza di medesime condizioni contrattuali il somministrato avrà interesse a dare la sua preferenza al somministrante rispetto a terzi, nell’eventualità in cui voglia stipulare un nuovo contratto.289
Successivamente alla denuntiatio, il promittente dovrà adempiere la sua obbligazione di preferire il soggetto attivo del patto, a meno che quest’ultimo non neghi di volersene avvalere.290 Nel caso contrario, in cui il contratto sia concluso con il terzo proponente, ci
000 X. XXXXXXX, Xx somministrazione, cit., pp. 279 ss, secondo cui: «La concessione di preferire non implica necessariamente che la preferenza debba avvenire alle stesse condizioni. La prima riguarda un fenomeno giuridico, la scelta della controparte; la parità di condizioni riguarda un aspetto economico del contenuto del contratto da stipulare, che può sussistere o mancare, senza che la natura della clausola possa risentirne». Continua affermando che: «L’imposizione al promettente di comunicare le condizioni offerte dal terzo non contraddice a quanto si afferma, poiché essa ha sempre la funzione di dimostrare la reale esistenza di una proposta da parte di un terzo».
287 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 302.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 286.
288 Cass. 12 aprile 1999, n.3571.
Cass. 1 aprile 1987, n. 3124, in Rep. Foro it., 1987, c. 255.
Cass. 23 gennaio 1975, n. 265, in Foro it., 1975, c. 836.
289 X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p. 5.
X. XXXXXX, La prelazione volontaria (rassegna di giurisprudenza), in Vita notarile, 1983, pp. 844 ss.
290 X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit., pp. 72
ss.
X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., p.151.
sarà inadempimento, sanzionabile attraverso il pagamento di un risarcimento del danno ex art. 1218 cod. civ.291, poiché il patto instaura solo un rapporto obbligatorio inter partes.292
3. La clausola di esclusiva
Attraverso la clausola di esclusiva un soggetto si obbliga, nei confronti di un'altra parte, a non stipulare contratti aventi ad oggetto determinati beni o servizi con terze parti.
Tale patto determina una flessione dell’autonomia negoziale della parte passiva dell’accordo, con conseguente limitazione della concorrenza verticale293, che può incidere o sul versante dell’offerta, quando il fornitore si obbliga a cedere il bene o servizio a un solo acquirente, o come riduzione della domanda, quando il somministrato/distributore si impegna a comprare o distribuire solo i beni prodotti dal fornitore.294
La funzione cui la clausola assolve è quella di rendere più stretta la cooperazione tra imprenditori di gradi diversi attraverso una limitazione della libertà di iniziativa economica a carico di una parte; a ciò consegue il vantaggio, per l’esclusivista, di non avere concorrenti in un determinato mercato territoriale e la garanzia di
291 Art. 1218 cod. civ.: «Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».
292 X. XXXXXXXX, La formazione progressiva del contratto, in I contratti in generale, a cura di Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Torino, 1999, pp. 210 ss.
293 Si parla di concorrenza verticale poiché i soggetti sono posti a livelli diversi della filiera e non si trovano in diretta concorrenza fra loro.
294 X. XXXXXX XXXXXXX, Esclusiva (clausola di), in Enc. Dir., vo. XV, Milano, 1966, p. 378.
X. XXXXXXXX, Esclusiva (clausola di), in Digesto comm., vo. V, Torino, 1963, pp. 207-208.
poter godere di un flusso continuo di richieste o offerte provenienti dall’obbligato.295
Appare chiaro che qualsiasi variante del patto di esclusiva costituisca un’ipotesi di limitazione della concorrenza296, la cui validità soggiace, quindi, alla disciplina concorrenziale nazionale e comunitaria.297
3.1. L’esclusiva nella somministrazione
Il legislatore ha disciplinato espressamente la clausola di esclusiva nella somministrazione, negli artt. 1567 e 1568 cod. civ., a seconda che il diritto di esclusiva sia previsto rispettivamente in favore del somministrante o del somministrato.298
Nel primo caso, il somministrato si obbliga a non ricevere da terzi prestazioni identiche a quelle che fornisce il somministrante, né a
295 X. XXXXXXXX, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, cit.,
p.p. 39 ss.
X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 229.
296 X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 310 ss.
X. XXXXXXX (a cura di), La somministrazione, cit., pp. 187 ss.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 212 ss.
X. XXXXX – X. XXXXXXXXX, Il patto di esclusiva, in CENDON P. (a cura di), Il diritto privato oggi, Milano, 2002, p. 30.
Cass. 2 novembre 2000, n. 14330, in Arch. civ., 2001, p. 33, con nota esplicativa di COTTINO, Contratti misti, collegati e meritevolezza degli interessi, secondo cui il divieto previsto dall’art. 85 del Trattato della Comunità Europea si applica a tutte le intese tra imprese capaci di «impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza» nel mercato europeo.
297 Infra Cap. III.
298 Art. 1567 cod. civ.: «Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante, l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto».
Art. 1568 cod. civ.: «Se la clausola di esclusiva è pattuita a favore dell'avente diritto alla somministrazione, il somministrante non può compiere nella zona per cui l'esclusiva è concessa e per la durata del contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto.
L'avente diritto alla somministrazione, che assume l'obbligo di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui ha l'esclusiva, risponde dei danni in caso di inadempimento a tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo che sia stato fissato».
provvedervi direttamente tramite mezzi propri, a meno che quest’ultimo divieto non sia contrattualmente escluso.299 Secondo la giurisprudenza, l’esclusiva a favore del somministrante rappresenta un
«mezzo di lotta all’altrui concorrenza e di assicurazione di una riserva di mercato»300.
Di contro, se l’esclusiva è prevista in favore del somministrato, il somministrante non potrà compiere le medesime prestazioni, fornite al primo, in una specifica zona e per uno specifico periodo, nei confronti di soggetti terzi.
La giurisprudenza evidenzia che, mentre l’esclusiva a favore del somministrante è funzionale a limitare l’altrui concorrenza, quella a favore del somministrato rappresenta un «mezzo di incremento patrimoniale».301
Sul somministrato può anche gravare l’obbligo di farsi carico della promozione dei prodotti o servizi, ricevuti dal somministrante, all’interno della zona in cui gode dell’esclusiva, divenendo in tal modo parte di un processo di integrazione verticale tra produttore/somministrante e distributore/somministrato.302
Il primo elemento che rileva evidenziare è la durata dell’esclusiva, espressamente prevista dal primo comma dell’art. 1568 cod. civ., ma applicabile anche nel caso in cui l’esclusiva sia pattuita a
299 X. XXXXX – X. XXXXXXXXX, Il patto di esclusiva, cit., p. 29.
300 Cass. 2 febbraio 1980, n. 742, in RGI, 1980, p. 2, secondo cui «nel contratto di somministrazione, caratterizzato dal fatto che il somministrante è tenuto ad effettuare diverse prestazioni, tra loro connesse ma autonome, la pluralità di dette prestazioni incide sulla formazione di esso, e non già, sull’esecuzione; nello stesso contratto, la clausola di esclusiva a favore del somministrante ha un fondamento economico e giuridico diverso da quello della stessa clausola a favore del somministrato».
Cass. 29 maggio 1978, n. 2717, in RGI, 1978, vo. II, p. 1.
301 Cass., Sez. Un. 13 dicembre 1993, n. 17263, in FP, 1996, p. 3, con nota di Xxxxxxxx.
302 X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., p. 292.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 319.
X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 54.
favore del somministrante, secondo cui il periodo di validità della clausola risulta legato alla durata del contratto in cui è inclusa.303
Il limite temporale si ritiene il medesimo per i due tipi di rapporto d’esclusiva giacché la ratio delle due norme è la medesima, quale quella di evitare che le limitazioni di concorrenza e libertà contrattuale si prolunghino oltre il periodo di validità del contratto di somministrazione.304
La disciplina dell’esclusiva nella somministrazione prevede anche dei limiti territoriali, espressamente disciplinati dal solo articolo 1568 cod. civ., ma riferibili anche alla fattispecie descritta dall’art. 1567 cod. civ.305 La più autorevole dottrina ritiene che, nell’eventualità in cui le parti non abbiano fissato la zona in cui avrà efficacia l’esclusiva, questa vada considerata valida per tutto il territorio in cui il somministrante esercita la sua attività d’impresa.306
303 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 216-219.
X. XXXXX – X. XXXXXXXXX, Il patto di esclusiva, cit., p. 49.
X. XXXXXXXXX, Somministrazione, cit., p. 5, secondo cui «l’esclusiva a favore del somministrante, costituendo un mezzo di lotta concorrenziale, ha fondamento economico e giuridico diverso da quello a favore del somministrato, per il quale costituisce soltanto un mezzo d’incremento patrimoniale, tuttavia in entrambi i casi il patto trova la sua giustificazione nel contratto e non può che coesistere con questo».
304 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.190, secondo cui «teoricamente anzi la funzione limitatrice della concorrenza sembra più spiccata nella seconda fattispecie» poiché «concedendo l’esclusiva all’avente diritto alla somministrazione, lo pone al sicuro da ogni altro concorrente nella zona in cui opera: mentre comprime in modo particolarmente pesante la libertà di iniziativa sul mercato dell’impresa produttrice o venditrice delle cose». Dunque
«l’art. 1568 finisce col contenere una specificazione in più rispetto a quanto già si desume dall’art. 1567 cod. civ.».
305 X. XXXXXX, Somministrazione, cit., p. 54, secondo cui «benchè l’art. 1567 cod. civ. non faccia alcun riferimento a elementi territoriali, la clausola è necessariamente riferita ad una determinata zona che potrebbe essere, in linea teorica, l’intero Stato o la strada di una città. Più ragionevolmente, in mancanza di una determinazione convenzionale, la zona di esclusiva dovrebbe corrispondere alla sfera di attività del somministrante al momento della conclusione del contratto».
306 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.197.
In tal senso sarebbe concesso, dunque, al somministrato rifornirsi da soggetti terzi posti in aree diverse da quelle in cui agisce e opera l’esclusivista, per attività che andrà a svolgere all’estero.307
In quanto ai limiti di validità, gli artt. 1567 e 1568 cod. civ. specificano che oggetto di esclusiva sono «le prestazioni della stessa natura» di quelle incluse nel contratto di somministrazione, dovendosi con ciò intendere anche i succedanei e le sostanze affini che soddisfano i medesimi bisogni del mercato.308 Dunque, è necessaria un’interpretazione in senso sostanziale e non giuridico, correlata al caso concreto.309
3.1.1. Violazione dell’esclusiva e dell’obbligo di promuovere le vendite
In caso di violazione del patto di esclusiva, è discusso se in aggiunta al risarcimento del danno310 l’esclusivista possa richiedere anche la risoluzione del contratto ex art. 1564 cod. civ.311 Affinché gli effetti dell’inadempimento della clausola in esame si estendano al contratto nella sua totalità, è necessario che l’esclusiva rappresenti un parte essenziale dell’atto, legata all’assolvimento della sua stessa funzione.312
307 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.195.
X. XXXXXXXX, Eccezioni dilatorie e risoluzione per inadempimento nel
contratto di somministrazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, p.420.
308 O. CAGNASSO – X. XXXXXXX, Contratti commerciali, cit., p. 196.
X. XXXXXXXXXXXX, Limiti negoziali della concorrenza, Padova, 1961, p. 116.
X. XXXXXXXXX, Dei singoli contratti, Torino, 1962, pp. 236 ss.
309 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.194.
310 X. XXXXXXXXXXXX, Xx xxxxxxx, xxx., x. 000, xxxxxxxxx i criteri di
valutazione dei danni conseguenti alla violazione dell’esclusiva.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 237.
311 Supra Cap. I § 2.3.1.
312 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.193.
X. XXXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 420 ss.
Tuttavia, è ammissibile che un singolo atto di inadempimento in merito al rapporto d’esclusiva giustifichi la risoluzione dell’intero contratto, qualora causi un’insoddisfazione del beneficiario talmente forte da ledere o azzerare l’interesse o l’utilità al cui raggiungimento il contratto era finalizzato.313
Appare evidente che, a differenza dei criteri richiesti dall’art. 1564 cod. civ. in materia di risoluzione del contratto di somministrazione314, nella configurazione della violazione dell’esclusiva non è richiesta la perdita di fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti per giungere alla risoluzione del contratto315, ma è sufficiente un solo atto di violazione di “notevole importanza” che pregiudichi l’interesse globale dell’esclusivista.316 La valutazione della gravità dell’inadempimento dovrà condursi caso per caso, avendo riguardo allo scopo che le parti intendevano raggiungere attraverso la clausola di esclusiva.317
Sempre in tema di inadempimento, il secondo comma dell’art. 1568 cod. civ. prevede che, nel caso in cui il somministrato si assuma l’obbligo di promuovere le vendite nel territorio assegnatogli, lo stesso risponda anche dei danni legati alla violazione di tale specifica
313 Trib. Cagliari 21 gennaio 1991, n. 58, in RGSarda, 1991, p.628, con nota di Xxxxxxxx, secondo cui «Nelle ipotesi di fornitura di merci, con esclusiva a favore del somministrante, il fatto che il somministrato si rifornisca presso altri fornitori di prodotti del tipo di quello che forma oggetto del contratto, costituisce inadempimento grave e palese del contratto che giustifica la sua risoluzione».
314 Supra Cap. I § 2.3.1.
315 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.193.
X. XXXXX, La somministrazione, cit., pp. 322-323.
316 X. XXXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 643, secondo cui «in tema di
somministrazione, oltre al risarcimento del danno, si riconosce la risoluzione del contratto, stante l’intima compenetrazione funzionale in esso del patto di esclusiva. […] per la risoluzione sarà sufficiente che esso rivesta “notevole importanza” e non anche che sia “tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti”, a norma dell’art. 1564 cod. civ.».
317 X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., p. 236.
obbligazione, pur nell’ipotesi in cui abbia effettuato il numero minimo di acquisti fissato in contratto.318
La dottrina prevalente ritiene che detto impegno debba qualificarsi come un’obbligazione di mezzi319, nel senso che,
«l’obbligazione del somministrato […] consiste nello svolgimento di tutte quelle attività che siano idonee ad incrementare le vendite nella zona assegnata».320 Pertanto, per evitare la responsabilità, il somministrato dovrebbe esclusivamente dimostrare di essersi comportato con diligenza e di essersi adoperato per favorire l’incremento delle vendite.321
L’entità del danno risarcibile sarà commisurata, oltre al danno emergente, anche al lucro cessante derivante dalla minor incidenza dell’impresa somministrante ottenuta nel mercato, per colpa del somministrato.322
3.2. L’esclusiva nella concessione di vendita
Nei contratti di concessione di vendita è frequente che il concessionario si impegni, nei confronti del concedente, a rifornirsi in via esclusiva dei beni e servizi prodotti dall’esclusivista e a commercializzarli attraverso la propria impresa.323 In tal modo, la clausola garantisce una maggiore diligenza del concessionario, in
318 Cass. 15 ottobre 1960, n. 2270.
319 X. XXXXX – X. XXXXXXXXX, Il patto di esclusiva, cit., p. 69, secondo cui «lo strumento per circoscrivere l’impegno di promozione delle vendite ex art. 1568, 2˚ co., cod. civ., […], si ricollega nel caso di specie alla generale distinzione tra obbligazioni di mezzo e obbligazioni di risultato».
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p.197.
X. XXXXXXXXXXXX, Limiti negoziali, cit., p. 301. 320 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 320. 321 X. XXXXXXXX, Sub. Art. 1566, cit., p. 1444.
X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., p. 198.
322 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit.,
p.200.
p. 23.
323 X. XXXXXXX, Forniture di merci col patti di esclusiva, in DC, vo. II, 1918,
quanto le sue prospettive di guadagno dipenderanno esclusivamente dal volume di vendita dei prodotti oggetto di concessione.324
È anche possibile che il concessionario si obblighi unicamente a commercializzare un tipo determinato di beni in esclusiva, potendo però approvvigionarsi da differenti fornitori.325
Egualmente diffusa nella pratica è la clausola di esclusiva a favore del concessionario, mediante la quale il concedente si impegna a rifornire in esclusiva il beneficiario del patto dei beni e servizi oggetto del contratto di concessione; il concessionario assume in tal caso una posizione di privilegio in un certo mercato.326
Analizzando il problema della disciplina giuridica, nel silenzio del legislatore, si discute su quale sia la normativa applicabile quando le parti non abbiano previsto nulla in materia.327
Dottrina e giurisprudenza maggioritarie prediligono l’ipotesi che valorizza i punti di contatto esistenti tra la disciplina del contratto di concessione di vendita e quella della somministrazione, in virtù dei quali si ritengono applicabili gli artt. 1567 e 1568 cod. civ. in tema di esclusiva.328
3.3. La clausola di esclusiva e il patto di non concorrenza
324 X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, I contratti di somministrazione e di distribuzione, cit., p. 663.
325 X. X’XXXXXXXXXX, Concessione di vendita: descrizione del fenomeno e profili sistematici, cit., p. 83.
E. M. XXXXXXX, Il contratto di concessione di vendita, cit., p. 211. 326 X. XXXXX, Il contratto di concessione di vendita, cit., p. 401. 327 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 538.
328 X. XXXXXX, Concessione di vendita, in Studium Iuris, 1999, p. 694.
X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 540.
328 X. XXXXX, I contratti di distribuzione, cit., p. 256.
X. XXXXXXXX, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, cit., p. 112, il quale ritiene applicabile la disciplina della somministrazione per il suo carattere trans-tipico.
In dottrina e giurisprudenza si discute sulla possibilità di far rifluire la clausola di esclusiva nella categoria dei patti di non concorrenza disciplinati dall’art. 2596 cod. civ.329
I sostenitori in senso positivo di questa tesi ritengono che la clausola in questione limiti in concreto la concorrenza, poiché l’imprenditore che ne beneficia impedisce ai competitors di stipulare contratti con il soggetto vincolato in una determinata zona e per un determinato periodo.330
Secondo la dottrina maggioritaria, invece, l’art. 2596 cod. civ. disciplinerebbe esclusivamente i patti conclusi tra imprenditori posti allo stesso livello, in un rapporto di concorrenza diretta e orizzontale, nel medesimo mercato.331 Resterebbero, quindi, esclusi dalla suddetta disciplina tutti i rapporti incidenti sulla concorrenza verticale tra imprenditori che agiscono a livelli diversi della filiera, come nel caso del rapporto di esclusiva.332
Infatti, nonostante il patto di esclusiva restringa la concorrenza nel libero mercato, ha natura accessoria al contratto cui accede, in quanto ha semplicemente lo scopo di favorire il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalle parti con il contratto e di rafforzare la collaborazione instaurata tra le stesse.333
329 X. XXXXXX, Il contratto di somministrazione, cit., pp. 170-175.
330 X. XXXXXX, La compravendita, in Tratt. Cicu-Messineo, vo. XXIII, Milano, 1971, p. 599.
X. XXXXXX – X. XXXXXX, Dell’appalto, Bologna, 2007, p. 499.
X. XXXXXXXXX, Dei singoli contratti, cit., p. 256.
X. XXXXXXX, La somministrazione, cit., pp. 217 ss., secondo cui l’art. 2596 cod. civ. troverebbe applicazione ogniqualvolta la clausola di esclusiva insista tra due imprenditori.
331 X. XXXXXXXXX, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, cit., p. 82.
X. XXXXXXXXX, Limiti contrattuali della concorrenza, in Nuova giur. comm., 1989, vo. II, p. 326.
X. XXXXXXXXXXXX, Limiti negoziali della concorrenza, cit., pp. 150 ss.
332 Cass. 20 dicembre 1972, n. 3654, in Foro it., 1973, c. 1474.
333G. FERRI, Esclusiva (clausola di), in Noviss. Dig. It., vo. VI, Torino, 1960,
p. 691.
La giurisprudenza di legittimità ha aderito a quest’orientamento, negando la soggezione dell’esclusiva al limite temporale quinquennale prescritto dall’art. 2596 cod. civ. per gli accordi limitativi della concorrenza, purché l’esclusiva non sia qualificabile come “patto autonomo”.334
In altri termini, qualora la clausola assuma una «posizione prevalente nell’economia del negozio, sino a staccarsi casualmente da esso», incidendo direttamente sulla regolazione della concorrenza, troverà applicazione l’art. 2596 cod. civ.335
Questo indirizzo giurisprudenziale trova origine in un lodo arbitrale del 1954336, ove si specificò lo scopo dell’articolo concernente i patti di non concorrenza, quale quello di limitare l’eccessivo sacrificio della liberta d’iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.337
Da ciò deriva che, ogniqualvolta il patto d’esclusiva incida direttamente sulla limitazione della concorrenza, poiché fornito di autonomia rispetto al contratto cui accede, troveranno applicazione il limite temporale di validità di cinque anni e l’obbligo della forma scritta ad probationem, come richiesto dall’art. 2596 cod. civ.338
334 Cass. 23 settembre 2013, n. 21729, in CED, 2013.
Cass. 12 maggio 1973, n. 1327, in RGI, 1973, p. 1, secondo cui il limite di validità temporale opererà soltanto quando l’esclusiva sia una pattuizione a se stante, autonoma e distinta dal rapporto contrattuale tra le parti.
335 Cass. 4 febbraio 2000, n. 1238, in Giur. it., 2000, p.6222.
336 Lodo 9 ottobre 1954, in Riv. dir. industriale, 1958, vo. II, p. 50.
337 X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, cit., pp 188-189.
338 X. XXXXXX XXXXXXX, Esclusiva (clausola di), cit., p. 381.
X. XXXXXXXXXXXX, La permuta, cit., pp. 302 ss.
Trib. Torino 24 novembre 1953, in Giur. it., 1954, c. 2.
C. XXXXX, Proroga del contrato di somministrazione e proroga della clausola di esclusiva (nota a Xxxx. 4 febbraio 2000, n. 1238), in Contr., p. 900, secondo cui «al fine di distinguere se la causa dell’esclusiva sia distinta o unica rispetto a quella del negozio, risulta innanzitutto indispensabile l’indagine sull’intenzione dei contraenti, per appurare se il patto limitativo della concorrenza ha una causa idonea a giustificarlo e a sottrarlo alla disciplina dell’art. 2569 cod. civ. Solo a seguito di tale analisi sarà possibile distinguere tra esclusiva la cui funzione
4. La clausola di non concorrenza
Il patto contenente una clausola di non concorrenza determina l’obbligo, assunto da una parte, a non svolgere attività economiche in concorrenza rispetto alla controparte.339
Le c.n.c. hanno la facoltà di incidere su qualsiasi attività economico-produttiva di beni e servizi340, potendo riguardare non solo attività imprenditoriali in senso stretto, ma anche di diversa natura, come le professioni intellettuali ed altre attività lavorative autonome.341
L’obbligo di non facere impone il dovere di astenersi dal compiere l’attività concorrenziale in tutte le sue possibili forme, non solo direttamente, da parte dell’obbligato, ma anche per conto e attraverso l’ausilio di terzi.342 Inoltre, l’obbligo di non concorrenza può determinare un divieto assoluto o relativo di compiere le attività economiche in questione, vincolando in toto o in parte il soggetto passivo del patto.343
In ultimo, è bene specificare che i patti di non concorrenza possono avere carattere unilaterale o reciproco, imponendo obblighi di
economico-giuridica sia quella di regolare la concorrenza tra i contraenti, e quella che, viceversa, si limita a perseguire il miglior soddisfacimento del fine proprio del contratto, assicurando ulteriori vantaggi al somministrante o al somministrato o ad entrambi».
339 X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxx di non concorrenza, in Clausole negoziali, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, vo. I, Torino, 2017, pp. 521 ss.
000 X. XXXXXXX, Xx concorrenza. Sezione I. Le disposizioni generali, in
Impresa e Lavoro, vo. IV, Torino, 1983, p. 320.
341 App. Roma 30 luglio 1959, in Dir. Autore, 1961, p. 54, confermata da Xxxx. 8 agosto 1962, n. 2465, in Foro it., 1962, c. 2081.
342 X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXX, Della disciplina della concorrenza e dei consorzi, in Commentario del codice civile, diretto da X. Xxxxxxxxx, Torino, 2014, p. 459.
343 X. XXXXXXXXX, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, cit., p. 104, secondo cui i vincoli possono insistere esclusivamente «in relazione a prezzi, o alla quantità, o alle condizioni di consegna e di pagamento, e via dicendo».
non concorrenza per una sola parte o in capo a tutte le parti del rapporto contrattuale.344
4.1. Il rapporto tra le clausole di non concorrenza e l’art. 2596 cod. civ.
Tali clausole sono oggetto della disciplina prevista dell’art. 2596 cod. civ.345, il quale subordina la validità dei patti limitativi della concorrenza “sul piano orizzontale”346 al rispetto di una serie di condizioni, quali i limiti spaziale, merceologico, cronologico e di forma.347
I patti di non concorrenza hanno la facoltà di incidere sulla libertà di iniziativa economica privata,348 tutelata dall’art. 41 Cost.349 In virtù di tale effetto restrittivo, il legislatore subordina la validità dei patti in questione ad espressi e tassativi limiti, oltre i quali non è possibile comprimere la libertà costituzionalmente garantita.350
La tutela della libertà di iniziativa economica emerge, dunque, quale fondamento logico dell’art. 2596 cod. civ, come affermato dalla Corte Costituzionale che ne rileva la conformità all’art. 41 Cost.351
86 ss.
344 X. XXXXXXXXX, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, cit., pp.
X. XXXXXXXXX, Clausola di non concorrenza, cit., p. 531.
345 Supra nota 268.
346 Supra § 2.1.
347 GIA. XXXXXXXXXXXX – GIO. XXXXXXXXXXXX, Concorrenza, in Digesto
comm., vo. III, Torino, 1988, pp. 301 ss.
348 X. XXXXXXXXX, Clausola di non concorrenza, cit., p. 524.
349 Supra nota 236.
350 X. XXXXX, Patto di non concorrenza, in Enc. Dir., vo. XXXIII, Milano, 1982, p. 508.
La Relazione al codice civile n. 1045, specifica che l’art. 2596 cod. civ.
«fissa i limiti al di là dei quali l’ordinamento giuridico non può ammettere questa anomala compressione della libertà individuale nel perseguimento di un’attività economica».
351 Corte Cost. 16 dicembre 1982, n. 223, in Foro it., 1983, c. 12. Esame critico della sentenza a cura di X. XXXXXXXX, I patti di non concorrenza davanti alla Corte Costituzionale, in Giur. comm., 1983, pp. 811 ss.
Rispetto all’ambito applicativo della norma, parte della dottrina ritiene che l’art. 2596 cod. civ. avrebbe un’applicazione generalizzata, a prescindere dalla natura delle clausole, sia che si presentino come contratti autonomi che come clausole accessorie.352
La tesi maggioritaria, invece, ritiene che l’applicabilità dell’art. 2596 cod. civ. sia riservata ai soli casi in cui le clausole «pur essendo poste in essere in occasione di un altro contratto, tuttavia esplichino una funzione autonoma e distinta», mentre esulano dall’ambito operativo della disposizione quei patti «che instaurano un collegamento causale con il contratto, rientrando nella causa di quel contratto».353
Diviene, dunque, di fondamentale importanza analizzare la causa negoziale dei patti per valutare l’efficacia dei limiti prescritti dalla norma.354
Rientrano nella disciplina dell’art. 2596 cod. civ. solo le c.n.c. dotate di autonomia funzionale rispetto alla causa del contratto, nelle ipotesi in cui la limitazione della concorrenza trascenda i fini perseguiti dalle parti attraverso l’atto negoziale.355
4.1.1. I limiti giuridici disciplinati dall’art. 2596 cod. civ.
Nei casi in cui trova applicazione, la norma in questione propone un triplice ordine di limiti cui le c.n.c. devono uniformarsi, al
352 X. XXXXXXXXX, Concorrenza e consorzi, cit., pp. 68-69. 353 X. XXXXX, Patto di non concorrenza, cit., pp. 568-569. Cass. 4 febbraio 2000, n. 1238, in Foro it., 2000, c. 1595.
Cass. 18 dicembre 1991, n. 13623, in Giust. civ. mass., 1991, p. 12.
354 App. Catania 14 febbraio 1991, in Giur. annotata dir. ind., 1991, p. 2655.
355G. XXXXXXXXX, Xxxxxxxx di non concorrenza, cit., pp. 528-529.
Cass. 23 settembre 2013, n. 21729, in Giust. civ. mass., 2013, secondo cui, in presenza di un collegamento funzionale tra il contratto e la c.n.c., è esclusa l’applicazione dell’art. 2596 c.c.
fine di non pregiudicare eccessivamente la libertà di iniziativa economica della parte obbligata.356
Il primo limite attiene al contenuto sostanziale delle clausole, nella parte in cui l’art. 2596 cod. civ. dispone che i patti, “a pena di nullità”, debbano essere circoscritti ad uno specifico ambito spaziale o merceologico.357
Seppur correlate ad una specifica zona o attività, le c.n.c. non devono limitare «l’iniziativa economica privata altrui, fino a precludere in assoluto ad una parte la possibilità di impiegare la propria capacità professionale nel settore di riferimento», attraverso disposizioni generiche dall’effetto paralizzante.358
Il secondo limite incide sul versante cronologico, poiché l’art. 2596 cod. civ. stabilisce, a pena di nullità, che i patti di non concorrenza non possono superare la soglia di un quinquennio.359
Nell’eventualità in cui le parti abbiano fissato un termine eccedente i cinque anni o abbiano omesso tale specifica previsione, troverà applicazione il secondo comma della norma, che attua un
356 X. XXXXXXXXX, Clausola di non concorrenza, cit., p. 534.
357 X. XXXXXXXXXX, I patti di non concorrenza, in I contratti in generale,
diretto da Xxxx e Xxxxxxx, Torino, 1991, p. 130-131.
La particella disgiuntiva «o» usata dal legislatore sembra unicamente richiedere che il divieto di concorrenza sia limitato a uno o l’altro tra i criteri spaziale e merceologico.
In senso conforme, Cass. 5 dicembre 1981, n. 6456, in Giur. comm., 1982, p.1597;
Trib. Torino, 8 giugno 1987, in Giur. annotata dir. ind., 1987, p.604, dove è stata giudicata nulla una c.n.c. priva di qualsivoglia limite spaziale o merceologico.
358 Cass. 19 dicembre 2001, n. 16026, in Giust. civ. mass., 2001, p. 2182.
Trib. Milano 6 maggio 2015, in Dejure, 2015
Cass. 12 novembre 2014, n. 24159, in Foro it., 2014, c. 852.
Trib. Monza 3 settembre 2004, in Giur. comm., 2005, p. 289, secondo cui «è nullo, in quanto tale da […] precludere in assoluto ad una parte di impiegare la propria capacità professionale, il patto di non concorrenza che sia privo di limitazione territoriale ed utilizzi per l’individuazione dell’attività un’espressione generica come “fornire prodotti analoghi”, laddove il riferimento ai prodotti “analoghi” finisce per impedire ad una parte l’esercizio su tutto il territorio nazionale dell’attività per cui la stessa società era stata costituita, di fatto, ponendola nella impossibilità di operare».
359 Art. 2596 c.c., 1˚ co., cod. civ.
meccanismo automatico di sostituzione delle clausole, imponendo loro una validità ex lege di cinque anni. 360
Ulteriore limite previsto dall’art. 2596 cod. civ., che si aggiunge ai due sopra citati, è quello secondo cui «il patto deve essere provato per iscritto» ai fini di prova.
La ragione di tale requisito risiede nella necessità di richiamare l’attenzione dei contraenti sulla natura restrittiva delle clausole di non concorrenza,361 poiché la «confezione della prova assicura una maggiore consapevolezza da parte degli stipulanti dell’impegno che vanno ad assumere».362
Il vincolo della forma ad probationem, a differenza degli altri limiti normativi, non incide sulla validità dei patti, ma assume rilevanza solo ai fini della prova degli stessi.363 Tale requisito formale si spiega, dunque, in chiave probatoria, richiedendo che la prova delle
c.n.c. debba essere data attraverso un documento scritto.364
5. La clausola sul cliente più favorito
Mediante la clausola del cliente più favorito (most favoured customer clause), una parte si impegna a garantire al beneficiario del
360 X. XXXXXXX, Art. 2596 (Limiti contrattuale della concorrenza), in Auletta
– Xxxxxxx, Della Concorrenza, Bologna – Roma, 1987, p. 325.
Nell’ipotesi in cui trovi applicazione l’art. 2596 cod. civ., 2˚ comma, e venga ridotta la durata di un patto originariamente concordato per un termine eccedente i cinque anni, si discute se vi siano conseguenze sul corrispettivo, ove sia previsto in cambio all’obbligo di non concorrenza per molti anni. Secondo una parte della dottrina (X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXX, Della disciplina della concorrenza e dei consorzi, cit., p. 457) il corrispettivo dovrebbe essere ridotto in proporzione al tempo diminuito; secondo altri autori (X. XXXXXXX, Art. 2596 (Limiti contrattuale della concorrenza), cit., p.186) il corrispettivo non dovrebbe subire alcuna diminuzione.
361 X. XXXXXXXXX, Clausola di non concorrenza, cit., p. 536.
362 Relazione al codice civile n. 1045.
363 X. XXXXXXXXX, Clausola di non concorrenza, cit., p. 537.
364 X. XXXXXXXXX, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, cit., p.
101.
Trib. Milano 1 giugno 2011, in Dejure, 2011.
Cass. 29 marzo 1977, n. 1214, in Giur. comm., 1977, p. 1399.
patto le condizioni più vantaggiose concesse in passato o in futuro a terzi contraenti in un contratto analogo.365 In aggiunta, al beneficiario è attribuito il diritto di esigere l’allineamento del proprio contratto alle più vantaggiose condizioni altrui.366
Tale clausola è sovente inserita nei contratti tra imprenditori operanti a diversi livelli della catena distributiva e produttiva, per assicurare a un contraente il trattamento più vantaggioso concesso ad altro soggetto in analoga posizione nella filiera.367
L’applicazione delle migliori condizioni può essere automatica368, quando la rideterminazione delle prestazioni avviene senza la necessaria rinegoziazione dell’accordo, o successiva ad una specifica negoziazione tra le parti, il che avviene soprattutto nei contratti di impresa di rilevante complessità e ampiezza.369
Affinché il beneficiario possa esaminare se siano state concesse condizioni migliori a terzi, nelle clausole possono essere inclusi specifici obblighi, in capo al predisponente, di informare o di provare, su richiesta del soggetto a favore del quale è disposta la clausola, che nessun terzo contraente goda di condizioni contrattuali più favorevoli.370
365 V. D’XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx del cliente più favorito, in Clausole negoziali, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, vo. II, Torino, 2017, p. 702.
366 X. XXXXXXXX – F. DE LY, La redazione dei contratti internazionali. A partire dall’analisi delle clausole, testo italiano a cura di Xxxxxxx, Milano, 2008, pp. 645 ss.
Serva come esempio di clausola del cliente più favorito: «Nel caso in cui il fornitore sia portato ad accettare con altri clienti condizioni che, nel loro complesso, sarebbero più favorevoli di quelle previste nel presente contratto per quantità e qualità comparabili, il fornitore si impegna a far beneficiare delle stesse condizioni il cliente a decorrere dal giorno della loro applicazione a un terzo».
367 V. D’XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx del cliente più favorito, cit., p. 704.
368 . XXXXXXXX – F. DE LY, La redazione dei contratti internazionali, cit., p.
650.
369 V. D’XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx del cliente più favorito, cit., p. 704.
370 X. XXXXX XXX XXX XXXX, Antitrust Security of Most-Favoured Customer
Clauses: An Economic Analysis, in Journal of European Competition Law & Practice, 2013, ed. IV, vo. VI, p. 501.
La clausola inserita nel contratto può essere contemporanea o retroattiva, a seconda del periodo temporale preso in considerazione per valutare le condizioni di prezzo più vantaggiose offerte a terzi.371 La clausola del cliente più favorito “contemporanea” impone al predisponente di offrire al beneficiario le condizioni più vantaggiose tra quelle già offerte ad altri contraenti fino a quel momento, mentre la variante “retroattiva” prende come parametro anche i prezzi praticati nelle transazioni future, concluse entro un preciso arto temporale.372
In tal secondo caso, dunque, il beneficiario potrà richiedere che gli vengano applicate le condizioni migliori offerte nelle transazioni successive.373
Lo scopo perseguito attraverso questa clausola, di poter adattare un contratto ormai concluso alle variabili condizioni del mercato, può alterare la libera concorrenza nel settore,374 a seconda del potere contrattuale delle parti, dell’oggetto, dell’estensione dell’accordo e del mercato in cui si opera.375
La clausola del cliente più favorito può, infatti, portare ad una fossilizzazione dei prezzi imposti dal predisponente e ad un mantenimento degli stessi più elevati,376 poiché ad una politica dei
371 M. T. XXXXXXX, Economics upside-down: low-price guarantees as mechanism for facilitating tacit collusion, in University of Pennsylvania law review, 1993, p. 2068.
372 V. D’XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx del cliente più favorito, cit., p. 707.
373 V. D’XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx del cliente più favorito, cit., p. 708.
La clausola del cliente più favorito retroattiva produce l’effetto di aumentare il costo dell’adozione di politiche di price cutting per l’impresa predisponente. Il costo della concessione aumenterà a seconda del numero dei beneficiari del patto, dovendo il predisponente offrire loro le migliori condizioni praticate nelle transazioni successive concluse in un lasso di tempo definito.
374 V. D’XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx del cliente più favorito, cit., p. 709.
375 X. XXXXX – X. XXXXX, A most-favoured-customer clause with a twist, in
European Competition Journal, 2006, pp. 59 ss.
376 A. S. XXXXX, Do guaranteed low-price polices guarantee high prices, and can antitrust rise the challenge?, in Harvard law review, 1997, pp. 528 ss.
X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXX, Gli accordi di distribuzione commerciale nel diritto della concorrenza, Padova, 2013, p. 178, secondo cui il predisponente che abbia pattuito una clausola del cliente più favorito, sarebbe meno
prezzi in abbassamento conseguirebbe un necessario adeguamento migliorativo delle condizioni di tutti i beneficiari, in presenza di una clausola retroattiva.377
La valutazione antitrust di codeste clausole deve essere condotta caso per caso378, potendo le stesse dar luogo a un’intesa verticale tra imprenditori, disciplinata a livello europeo dall’art. 101 TFUE379, o ad un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE380, la cui disciplina verrà approfondita all’interno del terzo capitolo.
6. La clausola di riservatezza
Una clausola atipica che sovente è inserita nei contratti di impresa, al fine di tutelare la posizione di vantaggio competitivo ottenuta, è quella di riservatezza.381
Tali clausole sono volte a tutelare le informazioni acquisite da una o entrambe le parti durante le fasi di trattativa e formazione del contratto, o le informazioni riguardanti il contenuto del contratto stesso e la sua esecuzione.382
La parte divulgante è portatrice dell’interesse che le informazioni non siano utilizzate per scopi estranei alla loro
intenzionato a praticare una politica di prezzo aggressiva, poiché sarebbe esposto all’eventualità di dover applicare il trattamento più vantaggioso offerto ai nuovi contraenti anche ai beneficiari della clausola.
377 X. XXXXX – M. POLO, Antitrust, Economia e politica della concorrenza,
Bologna, 2005, pp. 135 ss.
378 X. XXXXX, A competition law assessment of platform most-favoured- customer clauses, in Journal of competition law and economics, 2016, pp. 823 ss.
379 Art. 101 TFUE, secondo cui «sono vietati tutti gli accordi tra imprese […] che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza […] ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni di transazione».
380 Art. 102 TFUE, secondo cui «è incompatibile con il mercato interno e vietato […] lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parta sostanziale di questo […]».
381 X. XXXXXXXX, Segreti d’impresa, in Digesto comm., XIII ed., Torino, 1987, pp. 334 ss.
382 X. XXXXXXXXX, Clausola di riservatezza, in Clausole negoziali, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, vo. I, Torino, 2017, p. 1481.
comunicazione, che non siano divulgate a terzi e che i documenti e i supporti che le contengono siano distrutti o restituiti, nel momento in cui venga meno la ragione della loro trasmissione.383
Oggetto delle clausole sono le c.d. “informazioni confidenziali”, il cui contenuto è spesso individuato dalle parti all’interno del contratto, per ricomprendervi tutti i dati, scritti e orali, messi a disposizione della parte ricevente nella fase prenegoziale o in quella di esecuzione del contratto.384 Dunque, la confidenzialità non costituisce un connotato ontologico delle informazioni trasmesse, ma discende dalla stipulazione del patto di riservatezza e dalla messa a disposizione delle stesse a favore della parte ricevente.385
Volgendo l’attenzione ai vari tipi di segreto, emerge la rilevanza del c.d. “segreto di impresa”, che ha ad oggetto ogni informazione relativa all’organizzazione produttiva e distributiva dell’impresa, alle tecnologie coinvolte e brevettate.386 Le suddette informazioni sono accomunate dall’essere, tutte, il risultato di una specifica attività d’investimento e parte essenziale del patrimonio aziendale.387
La scelta dell’imprenditore di secretare e inibire la diffusione delle conoscenze aziendali costituisce, quindi, uno dei modi di sfruttamento economico dei risultati delle attività di ricerca e d’investimento economico.388
p. 594
383 X. XXXXXXX, Confidentiality agreements, in Digesto comm., Torino, 1995,
X. XXXXXXXXXXXX, La tutela del segreto, in Le nuove frontiere del diritto dei
brevetti, a cura di Xxxxx, Torino, 2013, p. 127.
384 X. XXXXXXXXXXX, L’informazione come bene giuridico, in Rass. dir. civ., 1990, p. 326.
X. XXXXXXXXXX, Circolazione dei dati personali e dispositivi di regolazione dei poteri individuali, in Riv. critica dir. priv., 1998, pp. 339 ss.
385 V. Z. XXXXXXXXX, Sull’informazione come “bene” (e sul metodo del dibattito giuridico), in Riv. critica dir. priv., 1999, pp. 485 ss.
X. XXXXXXX, Le informazioni, Padova, 2012, p. 233.
386 X. XXXXXXXX, Segreti d’impresa, cit., pp. 334 ss.
387 X. XXXXXXXXX, Clausola di riservatezza, cit., pp. 1489-1490.
388 X. XXXXXX, Democrazia e segreto, in Quaderni cost., 1987, pp. 29 ss.
6.1. Le obbligazioni della parte ricevente
Alla classificazione delle informazioni come “private e confidenziali”, consegue il primario obbligo del ricevente di «adottare tutte le ragionevoli misure finalizzate a mantenere riservate le informazioni confidenziali».389
In aggiunta, è fatto espresso divieto di utilizzo delle informazioni per fini esterni all’esecuzione del contratto.390
Tale limite è da intendersi ritenendo precluse, alla parte ricevente, tutte e solo le attività dannose per il soggetto titolare delle notizie.391 Le informazioni ricevute, perciò, potranno essere utilizzate, oltre che per le trattative e l’esecuzione del contratto, anche per finalità diverse che non causino danni al divulgante,392 quali l’uso delle stesse per fini statistici, di analisi del mercato, per arricchire le competenze strategiche del ricevente e così via.393
Tra le obbligazioni principali che scaturiscono dalla stipulazione del contratto, rileva il divieto di divulgazione a terzi delle informazioni confidenziali.394 La condotta inibita di divulgazione deve essere intesa sia come mera “diffusione” a soggetti indeterminati, sia come “comunicazione” delle notizie a terzi determinati, che abbiano
389 X. XXXXXXXXX, Clausola di riservatezza, cit., p. 1495.
390 X. XXXXXXXXX, Clausola di riservatezza, cit., p. 1500.
391 X. XXXXXX, Diritto alla riservatezza e diritto al segreto nel rapporto di lavoro. La disciplina giuridica della circolazione delle informazioni nell’impresa, Milano, 1979, p. 227, secondo cui è legittimo l’uso, purché non esplicitamente incluso nel divieto, di notizie aziendali dalle quali non possa derivare un dano ingiusto per l’impresa.
392 X. XXXXXXXXX, Clausola di riservatezza, cit., p. 1502.
393 X. XXXX, Il contratto di acquisizione delle partecipazioni straordinarie, Milano, 2007, pp. 107-108, secondo cui sarebbe opportuno inserire nel testo della clausola l’espressa esclusione dell’inadempimento della parte ricevente ogniqualvolta violi gli obblighi di confidenzialità per ricorrere all’autorità giudiziaria, contro la condotta illegittima della parte divulgante.
X. XXXXXXX – D’XXXXXX – X. XXXXX, La disciplina giuridica del riserbo, in
Seminari itineranti, Trento, 2012, pp. 23 ss.
394 X. XXXXXXXXX, Clausola di riservatezza, cit., p. 1503.