Osservatorio Retribuzione variabile e contrattazione decentrata
Dossier
A s s o c i a z i o n e p e r g l i S t u d i I n t e r n a z i o n a l i e C o m p a r a t i s u l D i r i t t o d e l l a v o r o e s u l l e R e l a z i o n i i n d u s t r i a l i
Osservatorio Retribuzione variabile e contrattazione decentrata
In collaborazione con il Centro Studi Internazionali e Comparati Xxxxx Xxxxx
In evidenza
L’innovazione dell’accor- do attuativo del 15 aprile 2009
di X. Xxxxx
pag. 2
I due livelli contrattuali: durata e procedure di rinnovo
di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxx
pag. 3
La competenza in mate- ria salariale
di X. Xxxx e X. Xxxxxxx
pag. 7
Aspetti applicativi dell’- accordo sulla contratta- zione di II livello
La riforma degli assetti contrattuali
a cura di Xxxxxxx Xxxxx
Un nuovo osservatorio sulla retribuzione variabile
di Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx
di X. Xxxxxxx e X. Xxxxxx
pag. 9
Brevi riflessioni sul tema della rappresentanza
di X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
pag. 15
Intese per il governo del- la crisi e per lo sviluppo economico ed occupazio- nale del territorio
di X. Xxxxxxx
pag. 18
Tra le ragioni del No e quelle del Sì: non manca l’accordo ma la Cgil
di X. Xxxxxxxx
pag. 20
Per saperne di più
Per maggiori approfondi- menti si rinvia al sito di Adapt: xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx
Comincia, con un primo Dossier dedi- cato alla recente riforma in via pattizia del sistema di contrattazione collettiva nel nostro Paese, l’attività di un Osser- vatorio su un tema che assume oggi un significato particolare.
Di retribuzione variabile, di salario in- centivante, si discute invero dalla fine degli anni Ottanta, quando due espe- rienze di contrattazione aziendale “storiche”, rispettivamente in Fiat e Olivetti, cercavano di cogliere talune suggestioni provenienti dal mondo de- gli economisti, da un lato; e dalla ne- cessità di spostare il baricentro delle relazioni sindacali verso i luoghi di lavoro, dall’altro. Una tendenza ben colta solo da una parte della dottrina internazionale e italiana. Basti in pro- posito ricordare i lavori di Xxxxxx Xxx- xxxxx e Xxxxx Xxxxx – precursori di molti dei ragionamenti attuali su un sistema di cooperazione/partecipazione
nelle imprese più che meramente con- flittuale; alcuni noti saggi e volumi pubblicati in Italia, che hanno trovato attenzione anche in sedi istituzionali quali il Cnel.
E tuttavia, come spesso accade, la mo- da del salario variabile, variamente de- clinata in termini giuridici, sindacali ed economici, veniva rapidamente abban- donata, quantomeno sino al Protocollo del 23 luglio 1993, che, per primo, at- tribuisce una vera e propria competen- za, pressoché esclusiva, alla contratta- zione collettiva aziendale e/o territoria- le in materia.
Quelle previsioni – affiancate a quanto disposto nel coevo decreto legislativo
n. 29/1993 sulla privatizzazione/con- trattualizzazione del lavoro alle dipen- denze delle amministrazioni pubbliche
– segnalavano come l’agire, in materia salariale, a livello decentrato costituis- se una delle strade per superare una
Dossier Adapt, numero 5 del 12 giugno 2009
crisi conseguente da un lato alle necessità finanziarie utili ad en- trare nel sistema monetario, dal- l’altro all’evidente stato di arre- tratezza del nostro sistema indu- striale, privo oramai in molti set- tori di elementi di competitività e totalmente assorbito in altri da strutture multinazionali.
La retribuzione variabile si pone- va dunque come chiavistello per recuperare produttività e compe- titività al sistema-impresa, e al
assetto contrattuale, da un lato, e una nuova struttura retributiva, dall’altro, possano contribuire a superare una crisi che si presenta solida e perdurante e a concedere al nostro Paese un clima politico- sindacale più cooperativo (ma non corporativo), maggiormente utile a consolidare nel mondo un
L’innovazione
modello imprenditoriale che, nei suoi diversi atteggiamenti e va- rianti, ci pare degno della massi- ma attenzione di tutti coloro che vogliono un futuro lavorativo anche per le nuove generazioni.
Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx
Università Ca’ Foscari Venezia
tempo stesso evitando spirali in- flazionistiche, in quanto mosso appunto solo laddove tali margini di produttività esistessero real- mente. Ma questo spiega facil- mente anche la forte resistenza da parte sindacale a tale orienta-
dell’accordo attuativo
del 15 aprile 2009
di Xxxxxxx Xxxxx
mento e altresì il frequente tra- sformarsi delle clausole dei con- tratti collettivi nazionali e soprat- tutto aziendali in proposito in mere affermazioni di principio, cui concretamente seguiva la pre- visione di elementi retributivi accessori legati fondamentalmen- te alla presenza al lavoro.
Il Dossier che si presenta oggi, cui ne seguirà a metà luglio un altro, più strettamente attinente ai modelli retributivi oggi praticati e praticabili, costituisce un’otti- ma premessa al tema dell’Osser- vatorio, affrontando, seppure brevemente e senza eccessivi ap- profondimenti, anche a ragione di validi ma ancor giovani esten- sori, la preliminare questione della riforma degli assetti con- trattuali, conseguente agli accor- di interconfederali di gennaio ed aprile.
Xxxx è che già tale riforma appa- re in bilico tra questioni di rap- presentatività e aspetti tecnici talora molto ambigui; tuttavia riteniamo – ed è per questo che abbiamo accolto la sfida di que- sto Osservatorio – che un nuovo
Il 15 aprile scorso Cisl e Uil, uni- tamente a Confindustria, sono giunte alla sottoscrizione di un accordo che dà seguito a quanto già deciso il 22 gennaio 2009, in tema di assetti contrattuali. Al tavolo delle trattative sedeva an- che Cgil, che si è poi sottratta alla firma conclusiva, come d’al- tronde già preannunciato.
L’intesa, ritenuta da più parti un punto di svolta nel sistema di re- lazioni industriali italiano, indivi- dua nella volontà di rilanciare la crescita economica del Paese la ragione giustificatrice. La pro- duttività e la competitività sono i punti focali su cui si muovono le numerose innovazioni contem- plate, che spaziano trasversal- mente su tutta la materia della contrattazione. L’accordo avrà inizialmente una durata speri- mentale di 4 anni e sostituirà in tale arco temporale il paragrafo Assetti contrattuali contenuto nel Protocollo del 23 luglio 1993.
Tra le novità contenute nell’inte- sa, spicca immediatamente la modifica della durata, divenuta triennale (tanto per la parte eco-
nomica che per quella normati- va), dei contratti nazionali di ca- tegoria; la stessa vigenza è poi prevista anche in tema di contrat- tazione di II livello, sia essa terri- toriale che aziendale. Da quanto detto discende una diversa moda- lità di verifica degli eventuali scostamenti tra inflazione previ- sta e inflazione programmata, non più a cadenza biennale bensì triennale, in linea quindi con la nuova durata dei contratti.
Ulteriore novità, proprio su tale ultimo punto, attiene all’indice previsionale utilizzato, che non sarà più il tasso di inflazione pro- grammata ma l’indice Ipca (In- dice dei prezzi al consumo armo- nizzato in ambito europeo per l’Italia) depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici im- portati, parametro sviluppato per assicurare una misurazione del- l’inflazione confrontabile a livel- lo europeo, adottato anche ai fini dell’accesso e della permanenza degli stati nell’Unione monetaria. In tema di bilateralità, se ne in- centiva l’utilizzo, così come si incoraggia l’uso di strumenti vol-
ti a stimolare, tramite riduzioni fiscali e contributive, strumenti di interconnessione degli aumen- ti salariali a obiettivi di produtti- vità, redditività, qualità, efficien- za e efficacia nonché l’incentivo all’utilizzo del II livello di con- trattazione.
L’accordo introduce poi il c.d. “elemento di garanzia retributi- va”, un importo che sarà previsto dai contratti nazionali e che avrà lo scopo di garantire un minimo salariale compensativo ai lavora- tori dipendenti, qualora le azien- de in cui essi siano assunti risul- tino prive di un II livello di con- trattazione, a condizione che non vi siano ulteriori somme elargite, sia a livello individuale o collet-
tivo, oltre quanto previsto dal contratto nazionale applicato.
In ossequio a quanto previsto al punto 5 dell’intesa, sono previste a livello decentrato possibili de- roghe a singoli istituti del con- tratto nazionale di categoria pre- via autorizzazione delle parti na- zionali stipulanti (principio del ne bis in idem tra diversi livelli di contrattazione) e nel rispetto di parametri fissati precauzional- mente in sede nazionale e conte- xxxx nel contratto sottoscritto a tale livello.
Si conferma poi, in linea con quanto già anticipato dall’accor- do del 22 gennaio 2009, la vo- lontà di razionalizzare il quadro di contratti collettivi esistente,
tramite procedure di razionaliz- zazione, semplificazione e ridu- zione del numero di accordi.
Ultimo punto su cui appare dove- roso soffermarsi è la creazione di un Comitato paritetico intercon- federale, composto da 6 rappre- sentanti per ciascuna delle due parti firmatarie dell’intesa, e che interverrà sia in tema di verifica sulle rilevazioni dell’inflazione, sia nelle procedure di rinnovo dei contratti.
Xxxxxxx Xxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro
Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
I due livelli contrattuali: durata e procedure di rinnovo
di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx
Con l’accordo interconfederale del 15 aprile 2009 si conferma una struttura contrattuale su due livelli: uno nazionale di catego- ria, l’altro, decentrato, alternati- vamente aziendale o territoriale, laddove previsto, secondo l’at- tuale prassi, nell’ambito di speci- fici settori.
L’elemento di novità rispetto al Protocollo del 23 luglio 1993 è rappresentato, invece, dalla dura- ta dei contratti, che diventa trien- nale. Precedentemente, infatti, la durata dei contratti era quadrien- nale, sia per il contratto di cate- goria, sia per quello di II livello, salvo che per la parte economica del contratto nazionale che aveva durata biennale. La riduzione della vigenza contrattuale e la coincidenza di durata tra parte
normativa e parte economica del contratto nazionale ha come o- biettivo quello di superare la pe- renne e strutturale conflittualità legata alla ciclica, biennale, ca- denza negoziale.
L’accordo contiene, inoltre, alcu- ne previsioni relative alle proce- dure negoziali di rinnovo dei contratti nazionali e decentrati e al raffreddamento dei conflitti.
È affidato al contratto collettivo nazionale di categoria il compito di definire i tempi e le procedure per la presentazione di proposte sindacali (c.d. piattaforma riven- dicativa) «relative alla modifica delle disposizioni economiche e normative previste dalla contrat- tazione nazionale, aziendale o territoriale», nonché i tempi di apertura e lo svolgimento dei ne-
goziati. L’accordo fornisce un’indicazione di massima per la presentazione delle proposte, che dovrà avvenire in tempo utile per consentire l’apertura della tratta- tiva: «sei mesi prima della sca- denza del contratto» nazionale di categoria, «due mesi prima della scadenza dell’accordo» di II li- vello. In quest’ultimo caso, le proposte di rinnovo, sottoscritte congiuntamente dalle RSU costi- tuite in azienda e dalle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto nazionale, dovranno essere pre- sentate all’azienda e contestual- mente all’associazione industria- le territoriale a cui l’azienda è iscritta o ha conferito mandato. Successivamente, la parte, nel caso di rinnovo del contratto col-
lettivo nazionale, e l’azienda, nel caso di rinnovo dell’accordo di II livello, ricevute le proposte, do-
qui è fatto divieto alle parti di assumere iniziative unilaterali ovvero procedere
chiedere la revoca o la sospen- sione dell’azione messa in atto».
Il Protocollo del
vranno dare riscontro entro 20 giorni dalla data di ricevimento delle stesse.
Al fine di favorire il proficuo svolgimento delle trattative di rinnovo, l’accordo in commento prevede una pausa di raffredda- mento dei conflitti, della durata massima di 7 mesi dalla data di presentazione delle proposte
ad azioni dirette per un periodo complessivo pari a 3 mesi («due mesi successivi alla data di pre- sentazione delle proposte di rin- novo e per il me- se successivo al-
L’elemento di novità
è la durata dei contratti,
che diventa triennale sia per la parte economica
che normativa
23 luglio 1993 prevedeva la san- zione, rivelatasi anch’essa in con- creto inefficace, dell’anticipazio- ne ovvero dello slittamento a ca- rico della parte inadempiente di
(«sei mesi antecedenti e nel mese successivo alla scadenza del con- tratto collettivo nazionale di cate- goria»), nel corso della quale le parti non potranno assumere ini- ziative unilaterali ovvero proce- dere ad azioni dirette.
Una pausa di tregua è prevista anche per l’ipotesi di rinnovo degli accordi decentrati. Anche
la scadenza dell’accordo»).
La violazione di tali regole com- porta una sanzione – a detta di chi scrive – del tutto inidonea a perseguire la sua finalità. Infatti, l’accordo contiene una previsio- ne – a dire il vero superflua – con la quale si riconosce alla parte non inadempiente la mera possi- bilità di esercitare «il diritto di
3 mesi del termine a partire dal quale iniziava a decorrere l’in- dennità di vacanza contrattuale. Qualora le trattative si prolungas- sero nel tempo, oltre i 6 mesi dal- la data di scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, senza che lo stesso sia stato rinnovato, è previsto un coinvolgimento del Comitato
Bollettino Adapt
Frutto della collaborazione con il Centro Studi internazionali e comparati Xxxxx Xxxxx, comprende due newsletter di aggiornamento sui temi del lavoro e delle relazioni industriali.
Bollettino Ordinario
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Bollettino Speciale
Attivo dal novembre 2005, è una newsletter di approfondimento, a carattere monografico, su singole tematiche di attualità in materia di diritto del lavoro, relazioni industriali, formazione. Segue il modello della struttura in sezioni del Bollettino ordinario.
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paritetico al fine di valutare le ragioni che non hanno consentito il raggiungimento dell’accordo di rinnovo. Analogamente, nel caso di mancato rinnovo del contratto di II livello decorsi 5 mesi dalla sua scadenza è previsto un coin- volgimento di organismi rappre- sentativi a livello territoriale. Il contratto collettivo nazionale può, infatti, prevedere che le par- ti possano consultare, attraverso un loro interessamento, l’associa- zione industriale e le strutture delle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto nazionale, al fine di valutare le ragioni che non hanno consentito il raggiun- gimento dell’accordo.
Scompare dal presente accordo qualsiasi riferimento all’indenni- tà di vacanza contrattuale. Tale indennità, contenuta nel Proto- collo del 1993 e definita come meccanismo unico per tutti i la- voratori, era finalizzata a disin-
centivare comportamenti dilatori delle parti tendenti a ritardare il rinnovo del contratto. Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di sca- denza del contratto collettivo na- zionale di categoria, ai lavoratori dipendenti ai quali si applicava il contratto medesimo non ancora rinnovato veniva corrisposto, a partire dal mese successivo ovve- ro dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione. L’importo di tale elemento era pari al 30% del tas- so di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa la ex indennità di contingenza. Dopo 6 mesi di vacanza contrattuale, det- to importo era pari al 50% del- l’inflazione programmata. L’in- dennità di vacanza contrattuale cessava di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinno-
vo del contratto.
Tale accordo, diversamente, re- gola un meccanismo di “coper- tura economica” la cui misura non è unica e quindi immodifica- bile per tutti i lavoratori, ma è
«stabilita nei singoli contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria, a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungi- mento dell’accordo». L’applica- zione di tale meccanismo inden- nitario è, naturalmente, condizio- nata al rispetto dei tempi e delle procedure di rinnovo del contrat- to collettivo nazionale di lavoro di categoria.
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx
Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Università degli Studi
di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Il coordinamento tra i due livelli di contrattazione: le competenze funzionali
di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx
Prima di affrontare il tema relati- vo alla distribuzione di compe- tenze tra i diversi livelli, è oppor- tuno soffermarsi brevemente sul- lo “spirito” dell’accordo in com- mento. Il tentativo è quello di definire un sistema di relazioni sindacali che consenta fattiva- mente la diffusione della contrat- tazione aziendale o territoriale, al fine di avviare il circolo virtuoso tra aumenti della produttività, incremento del reddito e della domanda e conseguente crescita economica e occupazionale. In tal senso vi è da dire che la valo-
rizzazione della contrattazione territoriale appare l’elemento de- cisivo, soprattutto avendo riguar- do al sistema produttivo italiano, caratterizzato da un universo di microimprese. L’incremento del- la contrattazione territoriale, qua- le sede decentrata, dovrà essere, dunque, la via per migliorare le condizioni salariali e normative di interi comparti produttivi.
Nello “spirito” dell’accordo, la valorizzazione della contrattazio- ne decentrata passa anche attra- verso la semplificazione e la ri- duzione del «numero dei contrat-
ti collettivi nazionali di lavoro nei diversi comparti». Infatti, un numero inferiore di contratti na- zionali, ed il conseguente am- pliamento del loro ambito appli- cativo, dovrebbe favorire il ricor- so al II livello di contrattazione per adattare le generali previsioni nazionali alle particolari specifi- cità settoriali e territoriali.
Venendo, ora, alla ripartizione delle competenze tra i due livelli negoziali, l’accordo attribuisce al contratto nazionale di categoria la duplice funzione di garantire
«la certezza dei trattamenti eco-
nomici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovun- que impiegati nel territorio na- zionale» e di regolare «il sistema di relazioni industriali a livello nazionale, territoriale e azienda- le». A tal fine, è compito del contratto collettivo nazionale quello di definire
fiscali ad incentivazione del fun- zionamento di servizi integrativi di welfare. La previsione di un rafforzamento di ulteriori forme di bilateralità è coerente con la necessità di un ripensamento del- le politiche di welfare, che, te- nendo conto della scarsità delle
risorse disponibi-
difetti dell’attuale modello di welfare, estendendo il livello complessivo di efficienza e di copertura anche in quei settori e a favore di quei lavoratori sino ad ora privati di qualsiasi forma di tutela.
Proseguendo nell’analisi delle competenze attribuite ai due li-
la disciplina dei diritti di infor- mazione e con- sultazione e di attuazione delle direttive europe- e, nonché di de- finire modelli, regole e proce- dure di funziona- mento di even-
Il tentativo
è quello di definire un sistema
di relazioni sindacali che consenta
la diffusione
della contrattazione aziendale o territoriale
li e delle condi- zioni nella nostra finanza pubblica, favoriscano un maggiore coin- volgimento di soggetti e gruppi intermedi nella individuazione di nuovi equilibri dell’attuale stato
velli di contrattazione, l’accordo riproduce una norma già conte- nuta nel Protocollo del 1993, che attribuisce al contratto collettivo nazionale il compito di definire le modalità e gli ambiti di appli- cazione della contrattazione a- ziendale o territoriale, nello spiri- to dell’attuale prassi negoziale con particolare riguardo alle pic- xxxx imprese. Il contratto nazio-
tuali organismi paritetici per ap- profondire i temi connessi agli andamenti economico-sociali ed alle politiche settoriali.
Compete, altresì, al contratto col- lettivo nazionale, secondo quanto già previsto dall’accordo-quadro del 22 gennaio 2009, il compito di definire ulteriori forme di bila- teralità, anche sulla base di speci- fici accordi interconfederali con- clusi in relazione ad un quadro normativo che assicuri benefici
sociale.
L’inadeguatezza e l’insostenibili- tà dell’attuale modello di welfare in materia di mercato del lavoro caratterizzato da inefficienze, squilibri e sprechi evidenziano la necessità di ripensare le linee di intervento attraverso un maggio- re coinvolgimento e quindi una maggiore responsabilizzazione delle parti sociali e, in particola- re, degli strumenti bilaterali. L’o- biettivo è quello di correggere i
nale di categoria stabilisce anche la tempistica, secondo il princi- pio dell’autonomia dei cicli ne- goziali, le materie e le voci nelle quali essa si articola. La contrat- tazione di II livello, recita l’ac- cordo, «si esercita per le materie delegate in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge e deve riguardare materie ed isti- tuti che non siano stati negoziati in altri livelli di contrattazione,
Introduce Xxxxxxxxx Xxxxxxx
Opinioni a confronto di Xxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
Modera Xxxxx Xxxxxxxxxxx
Conclude Xxxxxx Xxxxxxxxx
Per informazioni si veda xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, sezione Interventi e seminari
Contro la precarietà: Contratto unico, Flexicurity o Statuto dei lavori?
Incontro di studio per i quadri Ugl 18 giugno 2009, Roma
L’incontro, organizzato da Xxx, si svolgerà alle ore 14.30 presso la Sala Conferenze Ugl di Xxx Xxxxxxxx, x. 00, x Xxxx.
Eventi e seminari
secondo il principio del “ne bis in idem”». Si vuole così esclude- re qualunque sovrapposizione e duplicazione di discipline di di- verso livello, estendendo il prin- cipio della non ripetibilità a tutte le materie e a tutti gli istituti, non soltanto a quelli retributivi, co- m’era, invece, previsto nel Proto- collo del 1993.
Le materie e gli istituti attribuiti alla competenza del II livello di contrattazione potranno essere delegati dal contratto collettivo nazionale, ma anche, per espres- so richiamo, dalla legge e ciò per favorire un effettivo decentra- mento delle discipline. In argo- mento è da rilevare che uno degli
aspetti di maggior novità dell’ac- cordo in commento è rappresen- tato dall’introduzione delle c.d. “clausole d’uscita”.
L’accordo (punto 5) – specifican- do la previsione già contenuta nell’accordo-quadro del 22 gen- naio (punto 16) – prevede la pos- sibilità che, al fine di «governare direttamente nel territorio situa- zioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupa- zionale», gli accordi territoriali o aziendali possano derogare al contratto nazionale, sulla base di “intese” tra le associazioni indu- striali territoriali e le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali. Le deroghe possono
riguardare «in tutto o in parte» gli istituti normativi ed economi- ci disciplinati dai contratti nazio- nali di categoria, ed avere una durata che può essere definitiva, ovvero «sperimentale e tempora- nea». Tuttavia, per essere effica- ci, le deroghe previste dalle inte- se dovranno essere preventiva- mente approvate dalle parti fir- matarie del contratto collettivo nazionale di categoria.
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx
Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Università degli Studi di Modena
e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
La competenza in materia salariale
di Xxxxxxx Xxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx
In merito alla distribuzione delle competenze tra i due diversi li- velli contrattuali, un’attenzione particolare deve essere rivolta alla competenza in materia di salari.
Con il nuovo sistema definito dall’accordo in commento resta affidata al contratto nazionale di categoria la funzione fondamen- tale di sostegno e valorizzazione del potere d’acquisto, attribuendo al II livello di contrattazione la funzione di incrementare tale po- tere d’acquisto in ragione della crescita della produttività. L’ac- cordo, infatti, individua un nuovo indice previsionale, sostitutivo del tasso di inflazione program- mata, costruito sulla base dell’I- pca (Indice dei prezzi al consu- mo armonizzato in ambito euro- peo per l’Italia), depurato dell’in- flazione importata e cioè della
dinamica dei prezzi dei beni e- nergetici importati. Nell’accordo viene altresì indicata la base di computo sulla quale applicare il nuovo indice previsionale, rap- presentata da un valore retributi- vo medio composto «dai minimi tabellari, dal valore degli aumen- ti periodici di anzianità conside- rata l’anzianità media di settore e dalle altre eventuali indennità in cifra fissa stabilite dallo stesso contratto collettivo nazionale di categoria».
L’elaborazione di tale indicatore dei prezzi al consumo è affidata a un «soggetto terzo di riconosciu- ta autorevolezza ed affidabilità», il cui compito è anche quello di verificare eventuali gap tra l’in- flazione prevista e quella effetti- vamente osservata. Un’ulteriore verifica, ma questa volta solo per eventuali scostamenti che assu-
mono la dimensione della “signi- ficatività”, è prevista in sede pa- ritetica a livello interconfederale. Tale sistema di tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni pre- vede, infine, che il recupero degli eventuali scostamenti avvenga entro la vigenza di ciascun con- tratto collettivo, «in termini di variazione dei minimi».
Quanto alla competenza in mate- ria di retribuzione del II livello di contrattazione, le parti convergo- no nel convincimento che il II livello possa consentire di rilan- ciare la crescita della produttività e delle retribuzioni reali. Già nel- la premessa dell’accordo inter- confederale viene evidenziata la necessità di realizzare un sistema di relazioni sindacali che perse- gua condizioni di competitività e produttività che consentano un rafforzamento del sistema pro-
duttivo nel suo complesso, e con- temporaneamente un «migliora- mento delle retribuzioni reali di tutti i lavoratori».
L’incremento dei redditi di im- presa e lavoro, anche sulla scorta dell’esperienza nei principali Pa- esi europei, potrà essere conse- guito solo attraverso una progres- siva diffusione della contrattazio- ne decentrata. A
tamenti – contributivi e fiscali – previsti dalla legge. A supera- mento dei primi dubbi emersi sull’effettiva capacità delle parti di seguire a livello decentrato i parametri non particolarmente esplicativi e piuttosto generici forniti dall’accordo-quadro del 22 gennaio, è stato poi specifica- to che, con riferimento alle ipote-
si in cui la
tività e delle condizioni essenzia- li di redditività dell’azienda.
Inoltre, al fine di facilitare l’ef- fettiva diffusione della contratta- zione aziendale con contenuti economici nelle imprese di mino- ri dimensioni, si attribuisce alle parti stipulanti il contratto collet- tivo nazionale di categoria la fa- coltà di definire, concordandole,
«linee guida utili per individuare
tal fine la recente riforma degli as- setti contrattuali ha attribuito alla contrattazione di II livello il com- pito «di rilancia- re la crescita del- la produttività e
La funzione di sostegno e valorizzazione
del potere d’acquisto resta affidata
al contratto nazionale
contrattazione di II livello venga stipulata a livello terri- toriale (ipotesi che appare de- stinata a rea- lizzarsi allor- ché il sindaca-
i modelli di premio varabile» – con caratteristiche tali da poter beneficiare dei particolari e più favorevoli trattamenti contributi- vi e fiscali di legge – che peral- tro, nel corso delle trattative del contratto aziendale, potranno es- sere modellate sulle specifiche esigenze di ciascun contesto pro-
quindi delle retribuzioni reali», attraverso un collegamento degli aumenti salariali (“premio varia- bile”) ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi a- venti come obiettivo l’incremen- to «di produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitivi- tà, nonché ai risultati legati al- l’andamento economico delle imprese». Si riconosce, così, alle parti la facoltà di stabilire a livel- lo aziendale, o alternativamente territoriale, l’erogazione di voci di retribuzione variabile nella misura in cui vengano raggiunti i prefissati obiettivi di produttività, di efficienza e di competitività delle imprese.
L’accordo interconfederale ha confermato la sostanziale impo- stazione dell’accordo-quadro del
22 gennaio, introducendo, con riferimento ai premi variabili, alcuni elementi di chiarimento. Anzitutto è previsto che tale pre- mio di produttività debba avere caratteristiche tali da consentire l’applicazione di particolari trat-
to difetti di una adeguata forza/ capacità per contrattare, di volta in volta, a livello aziendale), «i criteri di misurazione e valuta- zione economica della produtti- vità, della qualità e degli altri elementi di competitività», al cui raggiungimento risulta condizio- nata l’erogazione dell’importo della retribuzione variabile costi- tuita dal premio di produttività, dovranno essere «determinati sulla base di indicatori assunti a livello territoriale con riferimen- to alla specificità delle imprese di settore».
L’obiettivo è quello di individua- re criteri e metodi efficaci e con- divisi di misurazione e ripartizio- ne della produttività a livello ter- ritoriale. Gli importi, così come i parametri e i meccanismi per la determinazione quantitativa del- l’erogazione della retribuzione legata al premio variabile, ver- ranno definiti in sede di contrat- tazione aziendale, coerentemente con le condizioni produttive e occupazionali e con le relative prospettive, tenendo conto, altre- sì, dell’andamento della competi-
duttivo.
Sempre in uno spirito di condivi- sione, al fine di favorire la valo- rizzazione di esperienze realizza- te e di risultati conseguiti in ter- mini di miglioramento degli indi- catori economici aziendali, è pre- vista la possibilità di costituire, in sede nazionale, specifiche commissioni paritetiche che vi- sioneranno l’andamento della contrattazione di II livello.
Inoltre, al fine di ottimizzare le esperienze di questo lavoro di monitoraggio, è prevista la suc- cessiva trasmissione dei risultati così raccolti al Comitato pariteti- co interconfederale, «per ogni conseguente decisione circa il funzionamento» dell’accordo in- terconfederale «ed ai fini delle verifiche richieste per legge allo scopo di ampliare, modificare o innovare gli strumenti di incenti- vazione della contrattazione di secondo livello».
In questa ottica, è di decisiva im- portanza – nella premessa del- l’accordo interconfederale – l’ul- teriore osservazione delle parti sociali in ordine alla necessità
che vengano resi certi, strutturali e facilmente accessibili, per lavo- ratori e imprese, gli incentivi fi- scali e contributivi alle erogazio- ni dei premi variabili stabiliti dalla contrattazione di II livello. Si richiede con ciò di superare le limitazioni temporali e finanzia- rie che caratterizzano l’accesso a tali incentivi nell’attuale quadro normativo, e che poterebbero compromettere l’acquisizione di una definitiva dimensione di so- stegno alle erogazioni di retribu- zione variabile fissate dalla con- trattazione di II livello, frustran-
do in tal modo una delle princi- pali finalità della riforma del mo- dello della contrattazione collet- tiva: la crescita delle retribuzioni reali.
In ultima analisi, la strada seguita dall’accordo interconfederale sembra proseguire nella direzio- ne già tracciata nel Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia, in tema di politica retributiva. Si è infatti cercato di potenziare il legame tra la retribuzione fissata con il contratto di II livello e le “performance d’impresa”, ed è stata così «rafforzata la contratta-
zione decentrata per rendere più flessibile la struttura della retri- buzione», senza peraltro che ciò comporti un risultato di cumulo sulla dinamica delle retribuzioni ed in termini che valgano a favo- rire il contenimento delle spinte inflazionistiche.
Xxxxxxx Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxx
Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Università degli Studi di Modena e
Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Aspetti applicativi
dell’accordo sulla contrattazione di II livello
L’elemento di garanzia retributiva
e le “deroghe” alla contrattazione nazionale
di Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxx
Tra i punti maggiormente dibattuti degli accordi del 22 gennaio e del 15 aprile 2009, si segnalano due a- spetti innovativi (punti 4 e 5 dell’accordo attuativo del 15 aprile 2009):
• l’elemento di garanzia retributiva a sostegno delle imprese;
• le procedure di derogabilità alla contrattazione nazionale di categoria.
Questi due istituti possono essere analizzati unitariamente poiché costituiscono due aspetti, quasi comple- mentari, volti a rendere sostenibile un sistema di regole, come il nuovo modello contrattuale, nel quale il contratto nazionale assume un ruolo di cornice delle relazioni industriali in piena sinergia con il II livello di contrattazione. In particolare, l’elemento di garanzia retributiva è una sorta di rete di protezione volta a tutelare i lavoratori in mancanza della copertura contrattuale di II livello, mentre le deroghe alla contratta- zione collettiva nazionale introducono elementi di flessibilità nel I livello di contrattazione necessari a ridefinire specifici istituti del Ccnl in particolari situazioni di crisi, start-up aziendali, o di specifici com- parti.
L’elemento di garanzia retributiva
di Xxxxxx Xxxxxxx
Una delle novità importanti della riforma della contrattazione col- lettiva è l’introduzione di un ele- mento perequativo a favore dei
lavoratori dipendenti. Infatti, ai fini della effettività della diffu- sione della contrattazione decen- trata, il punto 4 dell’accordo in-
terconfederale prevede che i con- tratti nazionali di categoria stabi- xxxxxxx un “elemento di garanzia retributiva” da riconoscere ai la-
voratori dipendenti da aziende prive della contrattazione di II livello. Questo meccanismo vie- ne riconosciuto nella misura e nelle condizioni concordate nei contratti collettivi nazionali di categoria con particolare riguar- do per le situazioni di difficoltà economico-produttive. Le parti firmatarie dell’accordo attuativo del 15 aprile 2009 hanno indivi- duato nell’elemento di garanzia retributiva una possibile soluzio- ne al problema della scarsa diffu- sione della contrattazione decen- trata.
Rispetto ai maggiori Paesi euro- pei, l’Italia presenta una struttura produttiva caratterizzata da im- prese di medie e piccole dimen- sioni. Dati particolarmente inte- ressanti sull’evoluzione della contrattazione decentrata sono stati forniti dal Cnel (Dati Archi- vio Nazionale CNEL della con- trattazione aziendale nel settore privato dell’economia al dicem- bre 2006), che ha evidenziato una generale flessione del ricorso alla contrattazione di II livello negli ultimi anni. Considerando solo le grandi imprese (nelle pic- xxxx e medie la diffusione della contrattazione decentrata è anco- ra inferiore) il Cnel fornisce dati sulla percentuale di imprese che praticano la contrattazione di II livello, che delineano una sorta di “eclissi” della negoziazione decentrata in Italia.
In particolare, nelle imprese con più di 1.000 dipendenti:
• per i metalmeccanici si va, per il periodo 1998-2004, da un mi- nimo intorno al 30% a due picchi massimi rispettivamente del 50% e del 37%; nel 2005 e 2006 le frequenze scendono rispettiva- mente al 22% e al 9%;
• il settore alimentare registra due picchi tra il 55% ed il 60%
nel 1998 e nel 2002, mentre nel resto degli anni oscilla tra il 30% ed il 40% per poi scendere sensi- bilmente dopo il 2003;
• nelle costruzioni si registra un unico picco del 60% nel 2001, per oscillare negli altri anni tra il 20% ed il 40% fino al 2003, per poi ridursi radicalmente negli anni successivi;
• nel settore chimico, gomma e plastica abbiamo dei massimi relativi tra il 35% ed il 40% nel 2000, 2001 e 2003, per poi oscil- lare tra il 15% ed il 30% almeno fino al 2004;
• nel sistema moda abbiamo un picco del 37% nel 1999, due altri massimi relativi nel 1998 e nel 2003 intorno al 25%, per poi o- scillare su frequenze inferiori al 20%;
• nel terziario, infine, oltre il massimo superiore al 40% nel 1999, fino al 2003 le frequenze si mantengono sempre superiori al 30%.
Nelle imprese con meno di 1.000 dipendenti le differenze interset- toriali sono un po’ più attenuate. Infatti, si va:
• dal sistema moda che oscilla intorno al 20% (fino al 2002), al terziario che varia tra il 20% ed il 30% (fino al 2003);
• ai metalmeccanici che registra- no due massimi di intensità abba- stanza elevati nel 2000 e nel 2004 (rispettivamente del 47% e del 22%), mentre registrano fre- quenze basse tra il 10% ed il 15% negli altri anni.
Nel periodo 1998-2006, quindi, si è passati da una frequenza del 40-60% del biennio 1999-2000 ad una frequenza del solo 10% nel 2006. Le ragioni di tale ten- denza, negli ultimi anni, sono da ricercare anche nella sfavorevole dinamica della produttività nel nostro Paese. In una recente au-
dizione alla Camera dei Deputati, in merito all’indagine conosciti- va sul sistema delle relazioni in- dustriali e sulla prospettiva di riforma degli assetti contrattuali, anche la Banca d’Italia ha sotto- lineato che la contrattazione de- centrata non si è diffusa e che gli aumenti medi corrisposti in a- zienda avrebbero contribuito solo per circa 0,5-0,8 punti in percen- tuale alla dinamica annua delle retribuzioni (Indagine conosciti- va sulle relazioni industriali, XI Commissione permanente, Sedu- ta del 25 novembre 2008).
Nell’attuale contesto, nel quale vengono previste e strutturate le misure relative alla defiscalizza- zione e alla decontribuzione de- gli aumenti salariali (si veda su tale ultimo punto anche il Proto- collo welfare del 23 luglio 2007) della contrattazione decentrata, l’applicazione di queste alla maggioranza dei lavoratori e del- le imprese non può che apparire un obiettivo di medio-lungo pe- riodo. Di qui l’importanza di uno strumento di equità e recupero salariale per i lavoratori esclusi dalla contrattazione aziendale e territoriale.
L’elemento di garanzia retributi- va è peraltro una misura già spe- rimentata ed introdotta nel Ccnl Metalmeccanici firmato da Fim- Fiom-Uilm e Federmeccanica il 19 gennaio 2006. Tale indennità è stata resa strutturale con il rin- novo contrattuale del 20 gennaio 2008.
In particolare, ci si riferisce al- l’art. 9-bis di tale contratto che recita: «A decorrere dal 2008, ai lavoratori in forza al 1 gennaio di ogni anno nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello riguardante il Premio di risultato o altri istituti retributivi comun- que soggetti a contribuzione e
che nel corso dell’anno prece- dente (1 gennaio-31 dicembre) abbiano percepito un trattamento retributivo composto esclusiva- mente da importi retributivi fis- sati dal CCNL (lavoratori privi di superminimi collettivi o indivi- duali, premi annui o altri importi retributivi comunque soggetti a contribuzione), è corrisposta, a titolo perequativo, con la retribu- zione del mese di giugno, una cifra pari a 260 euro, onnicom- prensiva e non incidente sul Tfr ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di retribuzioni aggiuntive a quel- le fissate dal CCNL, in funzione della durata, anche non consecu- tiva, del rapporto di lavoro nel corso dell’anno precedente. La frazione di mese superiore a 15 giorni sarà considerata, a questi effetti, come mese intero».
Si tratta certamente di un’innova- zione significativa che ha però riscontrato alcune distorsioni ap-
plicative legate alla delimitazio- ne della platea dei beneficiari soprattutto a causa di un’errata interpretazione della norma col- lettiva da parte di alcune impre- se, che portava ad escludere dai beneficiari dell’elemento di ga- ranzia retributiva i lavoratori che usufruivano di un qualsiasi bene- ficio, come ad esempio i buoni pasto.
Al di là di alcuni inevitabili pro- blemi di implementazione l’in- troduzione dell’elemento di ga- ranzia retributiva costituisce un passo decisamente positivo verso una condizione di maggiore equi- tà salariale. Vi sono però delle qualificazioni che meritano alcu- ne considerazioni.
La prima riguarda la clausola secondo cui il beneficio dei lavo- ratori esclusi dalla contrattazione decentrata sarà determinato al termine della vigenza di ciascun Ccnl e con riferimento alla situa- zione rilevata nell’ultimo qua-
driennio.
Secondo alcuni commentatori, infatti, sarebbe più opportuno fissare questo elemento perequa- tivo al momento della stipula del Ccnl, sulla base della situazione determinatasi nel quadriennio precedente.
La seconda qualificazione è rela- tiva alla clausola secondo cui si stabilisce che l’elemento di ga- ranzia retributiva, che si applica in assenza di contrattazione di II livello, assorba i trattamenti eco- nomici individuali. In questo ca- so vi è il rischio che questa clau- sola scoraggi la contrattazione aziendale, a favore di politiche retributive unilaterali ed indivi- duali.
Xxxxxx Xxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Università degli Studi
di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
La “derogabilità” del contratto nazionale
di Xxxxxxxxx Xxxxxx
Uno dei temi forse più controver- si della riforma della contratta- zione e che maggiormente ha fatto discutere le organizzazioni sindacali ed il mondo accademi- co è quello delle cosiddette “clausole di uscita” dal contratto nazionale.
Immediatamente dopo la firma dell’accordo-quadro del 22 gen- naio il segretario generale della Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx ha sotto- lineato come la scelta della sua organizzazione di non firmare l’intesa si basasse principalmente su due problemi: il primo relati- vo a quale saggio d’inflazione fare riferimento nella contratta-
zione nazionale e nella definizio- ne dei minimi retributivi; il se- condo riguardante la possibilità di negoziare deroghe in ragione di particolari situazioni settoriali e territoriali.
Il secondo motivo di dissenso riguardante la questione delle cosiddette deroghe al contratto nazionale (punto 16 dell’accordo del 22 gennaio) è certamente un tema delicato che potrebbe, se- condo alcuni commentatori, met- tere in discussione la caratteristi- ca della contrattazione di II livel- lo in Italia come “condizione ac- crescitiva”. Anche dopo l’accor- do applicativo del 15 aprile fir-
mato da Cisl, Uil e Confindu- stria, la Cgil ha diramato una no- ta che sottolineava come «le de- roghe determinerebbero l’incer- tezza delle regole, delle norme e delle tutele contrattuali, ma an- che espliciti rischi di competizio- ne sleale tra le imprese».
A differenza del sindacato di Corso d’Italia, Cisl e Uil hanno accettato la sfida delle “clausole d’apertura” del contratto nazio- nale di categoria pur inserendo alcuni paletti e circoscrivendo la sperimentazione. Al punto 5 del- l’accordo del 15 aprile, relativo alla derogabilità del contratto nazionale, intitolato Intese per il
governo delle situazioni di crisi e per lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio, le parti concordano che, «al fine di governare direttamente nel terri- torio situazioni di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo econo- mico ed occupazionale dell’area, i contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria possono con- sentire che in sede territoriale, fra le Associazioni industriali terri- toriali e le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto medesimo, siano raggiunte intese per modi- ficare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporane- a, singoli istituti economici o normativi disciplinati dal contrat- to collettivo nazionale di lavoro di categoria».
Il testo dell’accordo del 15 aprile enuclea i parametri oggettivi in- dividuati nel contratto nazionale attraverso i quali questa possibi- lità può essere esercitata, ad e- sempio «l’andamento del merca- to del lavoro, i livelli di compe- tenze e professionalità disponibi- li, il tasso di produttività, il tasso di avvio e di cessazione delle ini- ziative produttive, la necessità di determinare condizioni di attrat- tività per nuovi investimenti». Viene esplicitato il fatto che tutte le intese così raggiunte per essere efficaci devono essere preventi- vamente approvate dalle parti stipulanti i contratti collettivi na- zionali di lavoro della categoria interessata, mentre vengono fatte salve «le diverse soluzioni già definite in materia dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria».
Va ricordato che, nel 1997, la Commissione di valutazione del- l’accordo del 1993, presieduta da Xxxx Xxxxxx studiò – per incari- co del primo Governo Prodi – il
problema della riforma della con- trattazione (ne facevano parte sia Xxxxxxx X’Xxxxxx che Xxxxx Xxxxx) e arrivò a prefigurare l’i- potesi derogatoria incentrata sul- le “clausole d’uscita” rispetto a quanto definito dalla contratta- zione nazionale.
Per un primo commento di tale dispositivo dell’accordo può es- sere utile analizzare brevemente le esperienze principali dal punto di vista applicativo di questo principio: il caso tedesco e la contrattazione nazionale di cate- goria dell’industria agroalimenta- re e nel settore chimico.
In Germania, le “clausole di a- pertura” rispetto al contratto na- zionale sono applicate in circa 1/3 delle aziende manifatturiere ed in 1/5 degli uffici. A causa sia delle storiche diversità economi- co-sociali tra Länder dell’Est e dell’Ovest, che della consapevo- lezza dei diversi andamenti dei mercati di prodotti e servizi, la contrattazione collettiva di I li- vello (pur mantenendo un ruolo fondamentale nelle dinamiche delle relazioni industriali) è dive- nuta una cornice all’interno della quale si stabiliscono le variazioni e le “aperture” a livello di con- trattazione collettiva decentrata. Le c.d. Offnungsklausel (letteral- mente “clausole d’uscita”) stabi- liscono a livello di contrattazione collettiva nazionale di settore quali aperture possono essere apportate a livello aziendale te- nendo conto dell’andamento dei mercati, della produttività azien- dale, delle previsioni di sviluppo di settore, e anche della diversifi- cazione territoriale nel caso di aziende di grandi dimensioni che si trovano in diverse parti del ter- ritorio nazionale. L’obiettivo di- chiarato è quello di conciliare la necessità di ancorare alla produt-
tività aziendale le dinamiche sa- lariali e l’orario di orario di lavo- ro con una regolazione di tali ele- menti a livello nazionale di setto- re.
Va sottolineato che l’intero siste- ma tedesco è incentrato su una forte rete di relazioni industriali partecipative, per cui tutto l’in- sieme delle condizioni di lavoro (orari e inquadramento) è disci- plinato da commissioni e da enti bilaterali interni all’impresa. Il consiglio di sorveglianza, invece, è il luogo in cui il sindacato, co- noscendo la strategia e le politi- che di crescita dell’impresa, può anche decidere di avanzare una rivendicazione salariale specifi- ca. Ma, come sottolineato dal segretario confederale CES Wal- ter Cerfeda in una recente audi- zione presso la Camera dei De- putati (Indagine conoscitiva sulle relazioni industriali, XI Commis- sione permanente seduta del 19 novembre 2008) è «anche vero il contrario, come è successo nel 2005-2006, quando le grandi im- prese hanno avanzato piattafor- me al sindacato». Ci si riferisce, in questo caso, ai noti “accordi di concessione” per cui, per evitare la delocalizzazione nel 2005- 2006 di grandi imprese come la DaimlerChrysler, la Opel, la Bosch e la Siemens, è stato con- trattato l’aumento dell’orario di lavoro a 45 ore (pagate 35), per rafforzare la produttività.
La valvola di flessibilità dei con- tratti tedeschi è data essenzial- mente da due elementi: la clauso- la d’uscita dal contratto naziona- le di lavoro, che è disciplinata dai contratti di lavoro, e l’appli- cazione non erga omnes dei con- tratti.
La clausola d’uscita significa pertanto la possibilità di rinnova- re il contratto – concordato, ad
esempio, fra sindacato e associa- zione delle imprese metalmecca- niche, rimanendo in questo setto- re – ma di decidere, in sede di rinnovo del contratto, che in una certa Regione o azienda aumenti salariali o istituti normativi non sono sostenibili. Si stabilisce, dunque, che in quella Regione non sarà applicato questo con- tratto e si avvia una contrattazio- ne a livello regionale finalizzata alla stesura di un contratto speci- fico corrispondente alle possibili- tà di quelle imprese e alle condi- zioni di lavoro da applicare in quella specifica area territoriale. Si chiama clausola “di uscita” perché è previsto il rientro e, do- po un certo numero di anni, il ritorno all’applicazione integrale del contratto nazionale di lavoro. Il tasso di copertura contrattuale in Germania è molto variabile: con differenziazioni significative da un settore all’altro; a livello
to a fare da “battistrada” nell’uti- lizzo di tale strumento è stato quello alimentare, firmato il 5 giugno 1999, da Fat-Cisl, Flai- Cgil, Uila-Uil con le numerosis- sime parti datoriali del settore. In particolare ci si riferisce all’art. 30-bis di tale contratto che recita:
«Le Parti […] riconoscono che, per rispondere alle esigenze di flessibilità delle imprese attraver- so soluzioni che tengano in op- portuna considerazione anche le condizioni dei lavoratori, possa- no essere attivati negoziati per la definizione di intese, anche a ti- tolo sperimentale, riferite all’in- tera azienda o a parti di essa, che prevedano il ricorso a soluzioni di orario ulteriori e diverse ri- spetto a quanto previsto dagli articoli 30 e 31 del CCNL».
Come spiega Xxxxxx Xxxxxxxxx, esperto di contrattazione, all’epo- ca della firma Segretario genera- le della Fat-Cisl,
l’industria alimentare del 1999 fu tra l’altro commentato positiva- mente da Xxxxx Xxxxx che orga- nizzò presso l’Università di Mo- dena una lezione di illustrazione e confronto con gli studenti a- vente per oggetto il contratto stesso e per protagoniste le parti firmatarie. Nella valutazione di Stendardi il Ccnl deve avere la struttura di «una cornice contrat- tuale delle relazioni industriali nella quale lo strumento della deroga ha una funzione di modu- lazione e di riqualificazione del contratto nazionale e nel quale le opportunità prevalgono netta- mente sui rischi». Va tenuto pre- sente, inoltre, che l’istituto della deroga, in particolare in contesti di piccole e medie imprese con- centrate in distretto, potrebbe favorire, su singoli istituti, il de- collo della contrattazione territo- riale, laddove oggi non esiste.
Per quel che
generale esso è arrivato ad un picco del 91% ed è sceso ultima- mente al 57%. In questa dinami- ca incidono la libertà di disaffi- liazione e le clausole d’uscita che consentono al contratto di “mo- dularsi” attraverso la capacità di adeguamento all’effettiva realtà aziendale. Questo sistema, nella valutazione di Cerfeda, «spinge
tale soluzione fu adottata in consi- derazione del fat- to che «si tratta di un istituto flessi- bile che permette soluzioni legate alle esigenze pro- duttive, organiz- zative, tecnologi-
Intese territoriali possono modificare singoli istituti economici o normativi, disciplinati dal contratto collettivo nazionale di lavoro
di categoria
riguarda il set- tore chimico
va, invece, preso in consi- derazione l’Ac- cordo naziona- le in materia di Linee Guida su accordi azien- dali in deroga
alla ragionevolezza delle parti sociali, perché se viene redatto un contratto irragionevole dal punto di vista della condizione economica, si verifica la disaffi- liazione immediata e la conse- guenza è non solo la perdita dal- l’associato, ma anche la caduta del tasso di copertura».
A livello italiano le esperienze principali di settore di “derogabilità” della contrattazio- ne nazionale sono individuabili nel settore chimico e nell’indu- stria alimentare. Il primo contrat-
che e di mercato e che previene il rischio di contratti pirata e di de- strutturazione del contratto na- zionale». La deroga è quindi spesso strumento di uno “scam- bio” (ad es. maggiore flessibilità organizzativa e di orario e mag- giore salario) e, nel caso dell’in- dustria alimentare, si inseriva (e si inserisce) in un contesto che aveva reso più flessibile e adatto ai cambiamenti tecnologici e del- l’organizzazione del lavoro an- che l’inquadramento contrattuale dei lavoratori. Il contratto del-
alla normativa prevista dal ccnl (in Boll. Adapt, 6 luglio 2007, n. 27). Tale accordo applicativo risalente al 29 giugno 2007 è sta- to firmato unitariamente tra Fe- derchimica, Farmindustria e Fil- cem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem- Uil. Le parti sottolineano che
«nel sistema chimico di Relazio- ni Industriali il ruolo del CCNL non è solo quello della regolazio- ne di obblighi e diritti ma anche quello di strumento per cogliere esigenze, orientare scelte e com- portamenti, favorire lo sviluppo
di relazioni sindacali a livello aziendale adeguate a supportare il cambiamento e a sostenere e sviluppare la competitività delle imprese e l’oc-
c u p a z i o n e
per cui si opera sulla leva dero- gatoria». Nell’affrontare il tema della deroga quindi il tema fon- damentale è, per le parti naziona-
li, quello di co- noscere e di
degenerazioni. L’obiettivo, con- divisibile, che pare alla base del- la scelta delle parti sociali, ed in particolare sindacali, di codifica- re a livello generale la possibilità regolata e monitorata di “deroga-
complessiva». Le parti inoltre cons apev oli della portata di tale strumento sottolinea no che «la scelta contrattuale è
In Italia
le principali esperienze di “derogabilità”
sono individuabili nel settore chimico
e nell’industria alimentare
essere informa- ti su quanto avviene, onde evitare spiace- voli situazioni di manomissio- ne del Ccnl (o di sue norme)
bilità” del I livello di contratta- zione nasce anche dalla constata- zione della presenza di molte de- roghe silenziose e di fatto nella prassi, deroghe che, in questo caso, potranno essere ricondotte e regolate in maniera trasparente e condivisa collettivamente dai
stata condivisa dalle Parti nazio- nali nella piena consapevolezza di consegnare alle Parti aziendali uno strumento di particolare con- tenuto innovativo da utilizzare in situazioni nelle quali lo stesso risulti oggettivamente funzionale al raggiungimento degli obiettivi condivisi».
Al fine di vagliare gli accordi aziendali in deroga al contratto nazionale tali accordi dovranno ricevere unanime parere di con- formità da parte di una Commis- sione Nazionale Contrattazione costituita da rappresentanti delle parti stipulanti mentre sono pre- viste specifiche procedure di in- formazione e consultazione dei lavoratori interessati sulle finalità degli accordi. È previsto inoltre che gli accordi in deroga non possano comportare interventi sui minimi contrattuali e sui di- ritti individuali irrinunciabili.
Come sottolinea un protagonista della contrattazione nazionale nel settore chimico, Fiorenzo Co- lombo (Segretario nazionale Femca-Cisl), vi è «un aspetto assolutamente centrale che deve essere rilevato. Il concetto di de- roga deve essere inteso in modo neutro: è il contenuto che può essere valutato in pejus o in sen- so migliorativo e ciò dipende dalle circostanze e dalle ragioni
in situazioni di asimmetria nei rapporti tra le parti a livello a- ziendale. Preoccupazioni condi- vise da Federchimica che, nel- l’invitare le aziende associate ad utilizzare la derogabilità in stretta collaborazione con la struttura nazionale, ha salutato con soddi- sfazione l’accordo definendolo
«una nuova previsione contrat- tuale, unica nel panorama delle relazioni industriali non solo ita- liane, che in sostanza consente alle imprese, per superare mo- menti di difficoltà o per attrarre nuovi investimenti, di realizzare accordi che determinino vantaggi competitivi riducendo i costi e incrementando la produttivi- tà» (Federchimica, Circolare alle aziende associate, 12 luglio 0000, Xxxxxx).
Ad oggi, a confermare la natura di “scambio” della deroga e non di deregolamentazione/destruttu- razione del contratto nazionale si segnalano, ad esempio, nel setto- re delle fibre, scambi tra trasferte e indennità notturna per i turnisti a ciclo.
È chiaro che “deroghe silenzio- se” o imposte da datori di lavoro in cerca di dumping contrattuale non sono a prescindere escludibi- li ed è proprio il sistema di infor- mazione/validazione a costituire il migliore argine a tali possibili
lavoratori.
La derogabilità “neutra” costitui- sce, infine, un interessante stru- mento di sussidiarietà contrattua- le nel quale le parti si confronta- no con la realtà e, in maniera pa- ritetica, si dotano degli strumenti e dei livelli di governance più adatti per affrontarla.
Xxxxxxxxx Xxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro
Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Novità editoriali
Brevi riflessioni sul tema della rappresentanza
di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
28 gennaio 2009, n. 2
Le nuove relazioni industriali
dopo l’accordo del 22 gennaio
a cura di Xxxxxx Xx- xxxxx, Xxxxxxxxx Xxx- xxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Bollettino speciale Adapt
Il confronto tra le parti sociali per la revisione del modello con- trattuale sfociato negli accordi di gennaio e di aprile ha portato fin da subito a ritenere assolutamen- te necessario un intervento sul- l’annoso tema della rappresen- tanza al fine di rendere armonico e funzionante il sistema delle re- lazioni industriali scaturente dal- la riforma. Ben consapevoli in- fatti della necessità di accompa- gnare il nuovo modello contrat- tuale con l’individuazione di cri- xxxx certi ed effettivi di misura- zione del grado di rappresentati- vità sindacale, i soggetti firmatari hanno dichiarato in entrambe le intese il proprio intento in questo senso rimettendo ad un successi- vo accordo interconfederale l’in- dividuazione di nuove regole.
Va preliminarmente detto, come considerazione di fondo, che quanto disposto nei documenti firmati da Cisl, Uil e Confindu- stria sembra voler dirimere ogni dubbio sullo strumento atto a consentire l’individuazione dei criteri di rappresentanza. Coeren- temente con le impostazioni di politica sindacale dei soggetti firmatari il rinvio infatti è effet- tuato, come si è detto, ad un ac- cordo interconfederale. L’idea di una legge che intervenga con pa- rametri stringenti, tuttora comun- que portata avanti da alcuni sin- dacati, appare quindi ormai ac- cantonata. Si dovrà attendere per capire in che misura il dibattito sulla questione sia realmente su- perato, ma non è da escludere che emerga di nuovo la tendenza tipica degli ultimi anni volta a considerare in ogni caso opportu-
no un intervento legislativo di garanzia anche diretto al solo recepimento delle regole stabilite tramite accordo.
Al di là delle modalità con cui porre in essere le regole di accer- tamento della rappresentanza è anche sull’individuazione dei meccanismi di misurazione che è necessario riflettere. A questo proposito l’unica allusione degli accordi del 22 gennaio e del 15 aprile è ad una possibile certifi- cazione all’Inps dei dati di iscri- zione sindacale.
Scompare però qualsiasi riferi-
mento, contenuto nelle piattafor- me unitarie che nello scorso anno si sono succedute, al criterio mi- sto fra dato associativo e dato elettivo sulla falsariga di quanto previsto per il settore pubblico. Su tale meccanismo invece si era raggiunto un grado di consenso pressoché unanime fra le orga- nizzazioni sindacali e tuttora esso potrebbe costituire il punto di partenza per il dibattito relativo all’accordo. Riprendere tale im- postazione costituirebbe anche un forte segnale per la Cgil che su questo tema ha sempre posto
una attenzione particolare. Si ar- riverebbe infatti ad un sistema che, se dovesse realizzarsi nella pratica, potrebbe mettere la paro- la fine a tutte le questioni in ma- teria. Si tratterebbe secondo alcu- ni della effettiva e concreta intro- duzione della democrazia delega- ta e rappresentativa nei luoghi di lavoro e nelle relazioni sindacali. Nella fase di negoziazione è im-
portante che si tenga conto di tali istanze affinché almeno su di un tassello fondamentale delle rela- zioni industriali possa giungersi ad una visione comune di tutte le sigle sindacali.
Al di là di qualsiasi considerazio- ne però un fatto è certo. Le parti il 22 gennaio avevano fissato un termine di 3 mesi per l’accordo interconfederale sulla rappresen-
tanza. Alla scadenza hanno sem- plicemente rinnovato il proprio intento con generiche formula- zioni. La strada è quindi da con- siderarsi ancora lunga.
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro
Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Il Comitato paritetico interconfederale
di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
L’accordo interconfederale del
15 aprile del 2009 costituisce, come noto, il primo vero passo verso la concreta attuazione delle disposizioni programmatiche contenute nel documento sulla riforma degli assetti contrattuali stipulato il 22 gennaio di questo stesso anno da Cisl, Uil e Con- findustria. L’esigenza di specifi- care in maniera netta le linee di intervento individuate in que- st’ultimo era d’altronde stata più volte segnalata dalle stesse parti firmatarie ben consapevoli della necessità di regolamentare nel dettaglio il nuovo modello. Anche se la maggior parte dei
«il rilancio della crescita econo- mica, lo sviluppo occupazionale e l’aumento della produttività», garantire l’effettività di ogni sin- golo passaggio di esso costituisce la finalità primaria da realizzare. Nel delineare il nuovo modello contrattuale le parti hanno così deciso di controllare l’andamento del nuovo assetto ispirandosi alla filosofia partecipativa che perva- de l’intera intesa istituendo un Comitato paritetico interconfede- rale, composto da sei rappresen- tanti per ciascuna delle parti fir- matarie, quale organismo di ga- ranzia e chiusura dell’intero si- stema. La Pre-
best practices, linee di orienta- mento per i comportamenti dei rispettivi organismi e dei loro rappresentati ai vari livelli, se- condo quanto stabilito con appo- sito regolamento che forma parte integrante del presente accordo». Nell’analizzare i singoli capover- si è possibile comprendere la rea- le portata delle funzioni attribuite al Comitato paritetico.
Guardando innanzitutto ad una delle novità più significative del modello contrattuale scaturito dal nuovo accordo, cioè l’attribuzio- ne della verifica di eventuali sco- stamenti tra inflazione prevista e
reale ad un sog-
commentatori dell’accordo del 22 gennaio aveva iniziato a ra- gionare sulla reale incidenza del- la riforma della contrattazione senza attendere ulteriori sviluppi, appare ora logico invece riflette- re sugli aspetti più rilevanti di essa partendo dall’intesa attuati-
messa del docu- mento espressa- mente recita:
«Per la verifica del corretto fun- zionamento del- le regole qui definite, le parti
L’istituzione
di un Comitato
paritetico interconfederale controllerà l’andamento del nuovo
assetto contrattuale
getto terzo di riconosci uta autorevolezza (presumi bil- mente individu- ato nell’ISAE), è importante se- gnalare che il
va che oltre a contenere disposi- zioni precise sul tema contrattua- le delinea altresì nuovi ed impor- tanti istituiti necessari per la te- nuta dell’intero sistema. Se infat- ti obiettivo finale dell’accordo è
costituiscono a livello interconfe- derale un Comitato paritetico quale specifica sede di monito- raggio, analisi e raccordo costan- te anche con l’obiettivo di forni- re, in una logica di diffusione di
controllo finale circa la significa- tività degli scostamenti registrati- si spetta proprio al Comitato pa- ritetico interconfederale. Un compito di assoluto rilievo che porta all’attenzione delle parti
sociali con maggiore frequenza rispetto al passato le dinamiche retributive, vero fulcro attorno a cui ruota il possibile superamen- to della crisi economica.
Si ricorre altresì al Comitato nel caso in cui, dopo 6 mesi dalla naturale scadenza, il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria non sia stato ancora rinnovato, al fine di valutare le ragioni che non hanno consentito il raggiungimento dell’accordo. Su questo punto il regolamento per il funzionamento del Comita- to allegato all’accordo prevede l’adozione di eventuali delibera- zioni all’unanimità. Occorre at- tendere per verificare la reale portata di tale disposizione e quale potrà essere l’oggetto delle deliberazioni in una fase di empasse della procedura di rin- novo, ma è certo che l’operato del Comitato in tale momento può rappresentare un forte stimo- lo per il superamento delle diffi- coltà endemiche ad ogni proces- so di negoziazione. Un ruolo fon-
damentale a questo proposito sa- rà svolto anche dalle strutture territoriali e di categoria con le quali, attraverso continue attività di confronto, previste per regola- mento, il Comitato interagirà per conoscere le specificità dei sin- goli settori. Frutto di tale colla- borazione saranno poi anche le deliberazioni di approvazione di linee di orientamento per i com- portamenti degli organismi e dei rappresentanti sindacali e dato- riali dei vari livelli necessarie per garantire la conclusione dei con- tratti in tempi rapidi.
Al di là di tali specifici e fonda- mentali compiti il Comitato sarà chiamato periodicamente a valu- tare in termini generali la funzio- nalità delle regole definite con l’accordo interconfederale del 15 aprile riunendosi almeno quattro volte l’anno. In questa sede sarà oggetto di analisi e confronto l’andamento dei principali aspetti delle relazioni industriali nonché lo stato dello sviluppo della con- trattazione collettiva in sede di
categoria, di territorio e di azien- da. A questo proposito il Comita- to dovrà altresì verificare la pos- sibilità di semplificazione ovvero di razionalizzazione od anche riduzione del numero dei contrat- ti collettivi nazionali di lavoro stipulati fra le rispettive organiz- zazioni nazionali di categoria. Un compito di supervisione del- l’intero sistema che si potrebbe anche concretizzare in un esame delle condizioni dei tempi e delle modalità per la definizione di eventuali nuovi contratti colletti- vi per una adeguata e coerente gestione dei rapporti di lavoro in aree produttive prive di discipli- ne contrattuali specifiche.
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro
Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Sulla riforma degli assetti contrattuali scaturita dall’accordo 22 gennaio 2009, si segnala sul numero 2/2009 di Diritto delle Relazioni Industriali, in corso di pubblicazione, il contributo di Xxxxxxx Xxxxx, La riforma degli as- setti contrattuali.
Xxxxx stesso fascicolo si segnalano anche, in tema di contrattazione collettiva e armonizzazione tra settore pubblico e privato, gli interventi di Xxxxxxxx Xxxxxx, Risultati economici dell’azione pubblica e contrattazione collettiva. Un nesso necessario e Possibile, e Xxxxx Xxxx, Il rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione col- lettiva nella legge delega di riforma del lavoro pubblico (n. 15/2009) e nello schema di decreto legislativo di attuazione.
Il profilo degli incentivi di carattere retributivo alla produttività alla luce dei recenti interventi normativi è ogget- to, nell’Osservatorio di legislazione prassi e contrattazione collettiva del fascicolo n. 4/2008, del contributo di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Sgravio contributivo per incentivare la produttività di secondo livello: nuovo regime dal 1° gennaio 2008.
Diritto delle Relazioni Industriali, n. 2/2009
Intese per il governo della crisi
e per lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio
di Xxxxxx Xxxxxxx
Il V paragrafo dell’accordo inter- confederale espressamente rico- nosce un ruolo attivo della con- trattazione collettiva «Al fine di governare direttamente nel terri- torio situazioni di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo econo- mico ed occupazionale dell’area […]». La dimensione territoriale acquista così particolare rilievo, come del resto è possibile evin- cere dal recentissimo Libro Bian- co sul futuro del modello sociale presentato dal Ministero del la- voro, della salute e delle politi- che sociali nel maggio 2009, ove detta dimensione è considerata a tutto campo, quale «ambito più idoneo a realizzare risposte inte-
da gravi crisi occupazionali – di
«accordi tra le parti sociali volti all’obiettivo di concorrere a de- terminare condizioni vantaggiose per l’attuazione di nuovi investi- menti, o ampliamenti di attività produttive esistenti, e di massi- mizzare gli effetti sull’occupa- zione». Gli ambiti di intervento ipotizzati erano di diverso tipo (sino ad ipotizzare «l’adozione di politiche salariali finalizzate a favorire l’arrivo delle nuove atti- vità produttive massimizzandone gli effetti occupazionali») nel complesso comunque intesi a favorire, anche grazie a corri- spettivi impegni sottoscritti delle istituzioni locali
zione dei crescenti poteri trasferi- ti dallo Stato agli enti locali in materia di mercato del lavoro, lo strumento della concertazione anche a livello locale. In dottrina si sottolineava in proposito che era «disegnata per la prima volta in Europa una struttura della con- certazione articolata su due livel- li» (così X. Xxxxxxxx, Istituziona- lizzazione e (in)stabilità della concertazione sociale, in ADL, 2001, 1).
La dimensione territoriale, lette- ralmente le “aree geografiche”, ha assunto poi una particolare importanza nella disciplina di uno specifico istituto contrattua-
le, il contratto di
grate e quanto più preventive ai bisogni attuali e potenziali della persona, valorizzando i corpi in- termedi e gli altri attori della co- munità locale».
Nel tessuto normativo, sono am- piamente rintracciabili disposi- zioni che promuovono e ricono- scono detto ruolo, con una ten- denza più recente ad un certo at- tivismo regionale, anche sulla
coinvolte, «[…] velocità e cer- tezza dell’azio- ne amministrati- va, […] relazio- ni sindacali par- tic o la rm en te favorevoli, […] un livello di co- sto del denaro non penalizzan-
Nel tessuto normativo
sono rintracciabili disposizioni
che promuovono la dimensione territoriale
della contrattazione collettiva
lavoro a tempo determinato. Il richiamo di tale disciplina rive- ste particolare rilevanza, anche in virtù della funzione, per così dire, di “spartiacque” rispetto all’espe-
scorta della legislazione regiona- le adottata a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione e dell’appalesarsi, proprio sul terri- torio, degli effetti più immediati della recente crisi, prima finan- ziaria e poi produttiva.
Sin dal c.d. Patto del Lavoro del 1996 era ipotizzata, nell’ambito dei c.d. strumenti di programma- zione negoziata ed in particolare dei Contratti d’Area, la stipula – nelle aree industriali interessate
te». Insomma la contrattazione collettiva assumeva, in tale con- testo, quasi la funzione di misura di politica industriale per lo svi- luppo di un’area in declino.
Va, d’altro canto, sottolineato che con il c.d. Patto di Natale del 1998 – dotato di un “Protocollo” dedicato proprio alla «partecipa- zione delle Regioni, delle Pro- vince e dei Comuni» all’attuazio- ne dello stesso Patto – risultava istituzionalizzato, in considera-
rienza pregressa di legislazione della flessibilità, svoltasi nel cor- so degli anni Ottanta e Novanta, ed in particolare relativamente alla funzione riconosciuta al rin- vio operato dalla legge al con- tratto collettivo.
Il d.lgs. n. 368/2001 (art. 10, comma 7, lett. a), di attuazione della direttiva n. 1999/70/CE re- lativa all’accordo-quadro sul la- voro a tempo determinato, nel- l’affidare al Ccnl il compito di
regolare le c.d. clausole di con- tingentamento, e vale a dire i «li- miti quantitativi di utilizzazione dell’istituto», esenta da dette li- mitazioni i contratti a tempo de-
visto dal già ricordato Patto di Natale – alla “concertazione” il ruolo di “metodo” e di “governo” cui informare l’attività legislativa regionale in ma-
ne, ora anche più intensamente in virtù dell’attuale situazione eco- nomica. A partire dalle minimali funzioni procedurali attribuite
alle amministra-
terminato conclusi «nella fase di avvio di nuove attività per i pe- riodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uni- forme con riferimento ad aree geografiche». Il c.d. start-up, ed una sua, per così dire, valenza territoriale differenziata, può ri- cevere nel Ccnl autonoma consi-
teria, nonché
«l’importanza del ruolo svolto dagli enti bilate- rali per la rego- lazione del mer- cato del lavo- ro» (così l. n. 34/2008, art. 2,
lett. b). In tale
La spinta
proviene dall’interesse delle amministrazioni locali alla gestione delle crisi aziendali
e allo sviluppo di forme territoriali di welfare
zioni regionali dal citato d.lgs. n. 469/1997, in-
fatti, le stesse hanno realizzato, secondo la dot- trina (X. Xxxxx, Mercato del la- voro e licenzia- menti collettivi,
derazione, grazie al rinvio che la legge opera a favore della con- trattazione collettiva nel dosare l’utilizzo concreto della specifica tipologia contrattuale.
Del resto – sia detto solo per in- ciso, stante i limiti del presente scritto – il d.lgs. n. 276/2003, di attuazione della riforma Biagi, nel sistema di rinvio al contratto collettivo ivi previsto, abilita, in più punti, indistintamente tutti i livelli ai quali esso si può espri- mere (categoriale, territoriale ed, in alcuni casi, anche aziendale), ampliando notevolmente il ruolo, addirittura, potenzialmente con- correnziale degli stessi.
Come anticipato, di recente la legislazione adottata da alcune Regioni nel periodo 2005-2009 (al momento: Marche, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto), a seguito della attribu- zione alle stesse di una potestà legislativa concorrente in tema di “sicurezza e tutela del lavoro”, ha disciplinato appositi e privile- giati spazi locali, in cui possa esplicarsi il ruolo delle parti so- ciali e della contrattazione collet- tiva.
In primo luogo, diverse delle menzionate leggi riconoscono – sulla scorta anche di quanto pre-
contesto possono essere anche considerate le norme dirette a ri- vificare compiti e funzioni delle “commissioni permanenti tripar- tite” ereditate dal d.lgs. n. 469/1997, cui hanno provveduto la maggioranza delle Regioni sopra citate.
In alcuni testi legislativi poi nel disciplinare materie innovative, un ruolo particolare viene ricono- sciuto agli accordi collettivi, ma anche agli enti bilaterali da essi previsti. Apposite norme di ca- rattere promozionale della con- trattazione collettiva sono così previste in materia di “concilia- zione tra i tempi di lavoro e di cura”, “pari opportunità”, “rego- larità e qualità del lavoro”, “re- sponsabilità sociale delle impre- se”, “emersione dal lavoro non regolare”. Le Regioni, nell’ap- propriarsi di materie solo parzial- mente normate a livello naziona- le, veicolano l’interesse delle parti sociali verso le stesse, al- l’uopo cercando di promuovere – anche mediante la messa a dispo- sizione di appositi servizi o in- centivi economici – il raggiungi- mento di intese collettive in ma- teria.
Ma da ultimo è la materia della gestione delle crisi aziendali ad aver ricevuto notevole attenzio-
relazione svolta alle giornate di studio dell’Aidlass sul tema Di- sciplina dei licenziamenti e mer- cato del lavoro, 25-26 maggio 2007, Venezia), una sorta di “ribellione” nei confronti delle scelte, appunto, minimaliste del legislatore del 1997, «con una progressiva attrazione nella pro- pria area di azione anche della gestione delle eccedenze di per- sonale». In tale contesto può es- sere riletto l’accordo siglato tra la Regione Xxxxxx-Romagna, l’UPI e l’ANCI regionali, le as- sociazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali regiona- li dell’8 maggio 2009, in materia di provvedimenti di sostegno al reddito. Sono ivi ricostruite le procedure per l’attivazione, a livello regionale, degli interventi nelle situazioni di crisi e ristrut- turazione di impresa e di settore, con l’utilizzo di CIGO e CIGS, o di dichiarazione di mobilità del personale o con promozione di accordi finalizzati a contratti di solidarietà, così come degli inter- venti per l’attivazione degli am- mortizzatori sociali c.d. in dero- ga.
Peraltro accanto alla attrazione del momento procedurale, alcune Regioni, proprio in virtù delle competenze acquisite – non solo
dal punto di vista normativo, ma anche sul campo – in materia di politiche attive, hanno disciplina- to appositi servizi di ricollocazio- ne e promozione dell’occupabili- tà dei soggetti coinvolti nelle si- tuazioni di crisi, con il coinvolgi- mento diretto delle parti sociali. Di tale tendenza l’esempio più avanzato è rappresentato dal Xxx- xx xx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxx-Xxxxxxx Xxxxxx; si trat- ta di una «procedura di interven- to integrata» che si sostanzia in specifici programmi, anche fi- nanziati dagli enti locali, rivolti, da una parte, alla realizzazione di misure di accompagnamento dei lavoratori e, dall’altra, alla realiz- zazione di progetti per il rilancio o la riconversione del tessuto in-
dustriale e imprenditoriale, anche attraverso la promozione di nuo- ve attività.
Infine, un terzo elemento di inte- resse ricavabile dalla legislazione regionale è relativa alla previsio- ne (presente in alcune leggi) di forme di tutela del reddito inte- grative e/o alternative a quelle statali; ciò facendo leva sia sulla potestà legislativa concorrente, al fine di estendere la protezione economica a settori esclusi, sia sulla competenza esclusiva in materia di “assistenza socia- le” (X. Xxxxxxxx, La riforma de- gli ammortizzatori sociali: l’ipo- tesi “neocostituzionalista”, Working Paper Adapt, 2008, n. 63). Vale qui la pena sottolineare che tali forme di “ammortizzatori territorializzati”, nel disegno le-
gislativo regionale, vedono spes- so il coinvolgimento diretto degli enti bilaterali; ciò sulla scorta del sistema autonomamente svilup- pato dalla parti sociali nell’arti- gianato e, da ultimo, preso in considerazione dal legislatore (ci si riferisce al c.d. decreto anticri- si, l. n. 2/2009) per promuovere l’estensione di alcuni strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione della attività lavora- tiva.
Xxxxxx Xxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro Università degli Studi di Modena e
Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Tra le ragioni del No e quelle del Sì: non manca l’accordo ma la Cgil
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
E così è rinato il sindacato. Dopo un lungo declino degli iscritti, il trend cambia. Nuovi obiettivi e larghe intese per rilanciare la classe media e sostenere i redditi che sono in discesa da oltre due anni. Una dinamica del tutto pe- culiare che si differenzia per so- stanza e forma dalle dinamiche relazionali di tutti gli altri Paesi industriali. Una risposta forte alla crisi. Un’assunzione di responsa- bilità, che accredita i rappresen- tanti dei lavoratori ad un innova- tivo ruolo sociale: esplorare le nuove frontiere delle relazioni industriali. Il passaggio esempla- re, nel cambiamento delle pro- prie prerogative, è sigillato dal- l’ingresso nel capitale azionario
delle grandi aziende salvate con l’intervento dello Stato. Una se- rie di importanti concessioni sa- lariali, da cui non ci si poteva sottrarre, per riequilibrare le logi- che competitive sul costo del la- voro rispetto agli altri Paesi con- correnti. Un atto di coraggio ri- chiesto da tutto il sistema, per avviarsi in maniera del tutto uni- taria all’assunzione di nuove re- sponsabilità. Si abbandona il campo del disaccordo, per so- stanziare un clima politico – che ha bisogno ora più che mai – di unità e forti sinergie. Un ruolo non solo di salvaguardia e tutela dei diritti ma soprattutto di rinno- vamento e sviluppo della compe- titività e produttività aziendale.
Un ruolo ritrovato, che ha ridato fiducia alla più virtuosa logica della rappresentanza. Incremen- tato il potere di negoziazione dei rappresentanti grazie al numero crescente degli iscritti rappresen- tati. Il sistema delle relazioni in- dustriali registra, dunque, un’i- niezione di fiducia che abilita i soggetti al tavolo delle trattative “a provarci”. Si punta verso nuo- ve logiche di relazione, non solo per incrementare la coscienza comune sull’utilità delle organiz- zazioni di rappresentanza ma so- prattutto per condividere la pro- spettiva di sviluppo con cui con- tinuare ad affrontare la crisi e valorizzare al meglio la prossima ripresa. Ne è la migliore dimo-
strazione l’atto di coraggio con cui si è pensato di trasformare i crediti miliardari vantati dal sin- dacato per i fondi sanitari e pre- videnziali in pacchetti azionari delle case automobilistiche. Sia- mo a Detroit.
rappresentanza che invia segnali di discontinuità. Un contrasto tra ragioni, a quelle del No si con- trappongono quelle del Sì con diverse soluzioni di merito conte- nutistico e di metodo operativo.
Ampio spazio
na Camusso (Segretario confede- rale Cgil). Di contro le ragioni del Sì. Cisl nel suo comunicato stampa del 26 gennaio commenta l’attacco più forte sulla mancata tutela del salario: «Le valutazioni che fa la CGIL sulle presunte
Un luogo in cui il sindaca- to ha deciso di cambiare ruo- lo. Accreditato a livello go- vernativo co- me player fon- damentale per l’incremento della competi- tività e produt- tività del Pae-
Siamo a Detroit, luogo
in cui il sindacato ha deciso di cambiare ruolo:
non solo di salvaguardia e tutela dei diritti,
ma soprattutto
di rinnovamento e sviluppo della competitività
e produttività aziendale
ai misunder- standings di tipo politico. Di difficile definizione i
blocchi in campo: rifor- misti, radicali, conservatori, manipolatori, ribellistici?
La cronaca dei fatti riporta
perdite salariali dell’accordo quadro sulla Riforma sulla Con- trattazione, sono sbagliate. Non è vero che il nuovo indicatore di riferimento della contrattazione, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, depurato dei prezzi dell’energia importata, sia più svantaggioso rispetto alla situa- zione precedente». Nel mentre, chi quindici anni prima aveva sottoscritto l’accordo sui contrat- ti commentava: «per me, come
se. Sono queste le logiche che scandiscono l’unicum vissuto dall’altra parte dell’Oceano. Lo United Auto Workers (UAW, sindacato dei lavoratori dell’au- to) lancia chiari segnali di inno- vazione e cambiamento. La novi- tà non è tanto nel ruolo chiave assunto in termini politici nelle fasi di negoziazione, quanto nelle soluzioni praticate e negli effetti ottenuti. Non si tratta solo della sopravvivenza e della crescita del settore automobilistico ma di un vero e proprio cambiamento di rotta nella logica della rappresen- tanza. Abbandonare i toni politici per valorizzare i fattori di produt- tività, competitività ed innova- zione. Approfittare della crisi per cambiare, in meglio. Tutto que- sto accade in America.
In Italia?
L’accordo-quadro del 22 gennaio e l’intesa interconfederale del 15 aprile partono dalle stesse inten- zioni ma registrano visioni e pro- spettive diverse. Una logica di
con una scansione temporale chiara la successione degli even- ti. Cinque date con cui tracciare quanto accaduto, sicuramente, quattro da tenere sotto osserva- zione per capire nella sostanza che cosa accadrà.
Il 22 gennaio, a Roma, si firma l’accordo storico (cfr. Le nuove relazioni industriali dopo l’ac- cordo del 22 gennaio, Bollettino speciale Adapt, 2009, n. 2) sul nuovo assetto della contrattazio- ne collettiva. Le ragioni del No inducono la Cgil a colpevolizzare il merito «perché con il nuovo sistema contrattuale non c’è suf- ficiente tutela del salario, perché sul secondo livello non c’è altro che la possibilità di deroga, per- ché è passata una norma sugli scioperi nei servizi pubblici es- senziali che non si capisce che origine e finalità abbia» ed il me- todo: «un testo che non era modi- ficabile e che dovrebbe sanziona- re la fine del modello universale manifesta invece proprio l’uni- versalità espropriando le catego- rie del loro potere contrattuale». Queste le dichiarazioni di Xxxxx-
ragiono io, un accordo sui con- tratti deve essere totale. Ed è tale solo se lo firmano tutti. Se no, che intesa è? Nella mia mentalità questa è la concertazione», e così Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxx ricorda il
«miracolo del luglio del 1993». La Cgil dichiara, intanto, l’inten- zione di volersi comportare come allora, proprio perché questo ac- cordo sostituisce quello del 1993, dando avvio ad una consultazio- ne con cui ascoltare i lavoratori. Le altre sigle, invece, escludono a priori questa soluzione che a loro parere non farebbe altro che snaturare il ruolo e la credibilità unitaria del sindacato.
Il 24 marzo, a Pontedera, negli stabilimenti della Piaggio si veri- fica un evento che attira l’atten- zione sui risultati del referendum che ha coinvolto i 3 mila lavora- tori della fabbrica, in merito al- l’approvazione del contratto inte- grativo. Il 7 marzo si era conclu- sa la trattativa sul contratto inte- grativo d’azienda con un accordo tra Colaninno e tre sindacati: Fim-Cisl, Uilm-Uil e Ugl. La Fiom-Cgil (che non raggiunge la
maggioranza assoluta in azienda) non sottoscrive l’accordo, giudi- cando insufficiente il premio pre- visto ed indice un referendum tra i lavoratori impegnandosi a ri- spettare il risultato della consul- tazione. Votano 2.632 su 2.940 aventi diritto. I sì sono stati 1.490 pari al 56,6% mentre i no 1.096, cioè il 41,6%. La Fiom riconosce la sconfitta; si rispetterà così il risultato referendario e si sotto- scriverà l’accordo. Così Xxxxxxx- ra, pur essendo un caso isolato, evidenzia un’alternativa risoluti- va per determinate impasse rela- zionali ma non fornisce una solu- zione al clima antagonistico ed agli eccessi dei rapporti di forza politici tra le varie organizzazio- ni.
Il 30 marzo, a Roma, Xxxxxxxxx Xxxxxxx annuncia i risultati delle 4 settimane di consultazione re- ferendaria tenutasi tra i lavorato- ri: 59.337 assemblee di tutti i comparti. Votanti 3.643.836 per- sone, esclusi dal totale i pensio- nati. Su 2.827.561 sono stati
2.665.205 (pari al 97%) i lavora- xxxx e le lavoratrici che hanno dichiarato la propria contrarietà all’accordo-quadro sottoscritto il 22 gennaio. «È
settoriali che riducono gli spazi per la contrattazione». Segue il commento del Segretario genera- le della Cisl, Xxxxxxxx Xxxxxxx:
«Ci meraviglia che una organiz- zazione come la Cgil possa ricor- rere ad una panzana così clamo- rosa solo per fare propaganda alla vigilia di una propria mani- festazione. Ma in questo modo si mina la credibilità dell’intero sin- dacato confederale. In Italia esi- ste il pluralismo sindacale che al proprio interno esprime una mag- gioranza larga di consenso certi- ficato come l’ultimo caso della Piaggio ha dimostrato qualche giorno fa. Forse è proprio per coprire la debàcle nei posti di lavoro che si fa ricorso alla de- magogia e al populismo».
La manifestazione a cui si fa rife- rimento è quella organizzata in maniera unitaria dalla Cgil il 4 aprile, a Roma, Contrastare la crisi, progettare il futuro. La Cgil dichiara la partecipazione di 2 milioni e 700 mila partecipanti; il mondo politico riconosce la portata dell’iniziativa, Xxxxxxx xx Xxxxxxxxx prendono le distan- ze.
È questa la successione degli e-
venti in cui in-
separata senza precedenti. Una firma mancata a causa delle logi- che di contrattazione inserite in un modello che riduce la qualità e l’estensione della contrattazio- ne nazionale e di II livello. Il Ccnl riduce – sempre a parere della Cgil – gli spazi negoziali esclusivi delle categorie mentre la norma sul II livello conferma la prassi in atto dal 1993 che non ha favorito in alcun modo lo svi- luppo della contrattazione. Sul tema salari, l’aumento salariale dell’IPCA – depurato dai prodot- ti energetici – non consente di raggiungere la copertura dei sala- ri dall’inflazione reale e le dero- ghe previste sono funzionali ad un ulteriore irrigidimento del si- stema, vista l’incertezza introdot- ta ed il rischio di competizione sleale e dumping sociale. Confin- dustria e le altre sigle sindacali respingono le accuse nel modo più concreto e reale possibile, sottoscrivono l’accordo.
Il sindacato più rappresentativo in Italia rimane, dunque, escluso dalla definizione delle nuove re- gole sui contratti di lavoro che entreranno in vigore sia nel pub- blico che nel privato. Le inten- zioni di semplificazione, tutela,
un risultato cla- moroso – ha comm entato Epifani – per- ché dimostra che ha parteci- pato più gente di quella iscrit- ta alla Cgil, la-
Il sindacato
più rappresentativo
in Italia rimane escluso dalla definizione
delle nuove regole
sui contratti di lavoro
quadrare le ra- gioni del No indicate nella
lettera della Cgil consegna- ta, da Gugliel- mo Epifani al Presidente di Confindustria
innovazione, produttività e com- petitività sembrano subire un spinta in senso opposto, se non solo per il fatto che pur se si do- vesse superare questo stato di conflitto permanente si dovranno identificare, caso per caso, i sin- goli accordi con cui sciogliere il problema della firma separata.
voratori non iscritti o iscritti ad altre organizzazioni. Va oltre la nostra rappresentatività. Dietro le nostre parole ci sono milioni di lavoratori che condividono la nostra impostazione. Noi non condividiamo quell’accordo e diremo no a tutti gli altri accordi
Xxxx Xxxxxxxxxxx, contestual- mente alla sottoscrizione da parte di Cisl e Uil dell’accordo inter- confederale del 15 aprile, succes- sivamente sottoscritto anche da Ugl. Così si dà avvio all’ennesi- ma svolta nel campo delle rela- zioni industriali, con un’intesa
Ecco le quattro date da tenere sotto osservazione per capire in concreto cosa accadrà:
• rinnovo Alimentaristi (400 mila lavoratori, scadenza maggio 200- 9). La piattaforma raggiunta è unitaria. Le sigle confederali ri- sultano unite e tengono conto
delle nuove regole solo per la parte relativa alla durata del con- tratto;
• rinnovo Telecomunicazioni (150 mila lavoratori, contratto scaduto il 31 dicembre 2008). Quattro piattaforme diverse pre- sentate con una forte differenzia- zione. Cisl rivendica il calcolo dell’IPCA da parte dell’ISAE mentre Cgil e Uil restano allinea- te per il quantum dell’aumento retributivo calcolato sull’indice d’inflazione delle BCE;
• rinnovo Metalmeccanici (1,6 milioni di lavoratori, contratto in
scadenza per il 31 dicembre 2009). Alla luce delle nuove re- gole (6 mesi prima della scaden- za, quindi entro giugno) si pre- senteranno le piatteforme per il rinnovo. È il vero terreno di con- flitto, vista la forte contrapposi- zione della Fiom-Cgil – che ha dichiarato la volontà di presenta- re una piattaforma separata – ri- spetto a Fim-Cisl e Uilm-Uil;
• rinnovo Edili (un milione di lavoratori, contratto in scadenza per il 31 dicembre 2009) e Chi- mici (300 mila lavoratori). Con- testo in cui non si metteranno
alla prova solo le regole riguar- danti il calcolo dei prezzi e la regolamentazione del II livello ma anche le logiche con cui pon- derare la sostenibilità delle tre- gue sindacali.
Saranno pronti gli Americani ad interpretare la nostra risposta alla crisi in termini di produttività e competitività?
Xxxxxxxx Xxxxxxxx Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro
Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Approfondimenti e documentazione
a cura di Xxxxx
Per ulteriori approfondimenti si veda il sito xxx.xxx.xxxxxxx.xx, Indice A-Z, voce Contrattazione collet- tiva.
Contrattazione collettiva - relazioni industriali
12 settembre 2008 – Confindustria, Cgil, Cisl, Uil, Ipotesi di accordo sulle relazioni industriali per il ri- lancio della crescita del Paese attraverso la maggiore produttività, per il miglioramento della competiti- vità delle imprese e delle retribuzioni dei lavoratori e per lo sviluppo dell’occupazione.
Maggio 2008 – Cgil, Cisl, Uil, Linee di riforma della struttura della contrattazione.
2005 – Cgil, Riprogettare il paese. Lavoro, saperi, diritti, libertà, Tesi Congressuali del 15° Congresso Cgil.
1° luglio 2002 – Patto per l’Italia del luglio 2002. 2 maggio 2000 – Intesa Milano 2 maggio 2000.
2 febbraio 2000 – Patto Milano Lavoro 2 febbraio 2000.
22 dicembre 1998 – Patto di Natale 22 dicembre 1998.
23 luglio 1993 – Protocollo “Giugni” sul costo del lavoro 23 luglio 1993.
31 luglio 1992 – Protocollo 31 luglio 1992.
8 maggio 1986 – Accordo interconfederale sui contratti di formazione e lavoro, sottoscritto da Confindu- stria, Cgil, Cisl, Uil.
Il Dossier è realizzato in collaborazione con i soci di Adapt
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Dossier Adapt – Pubblicazione on-line della Collana Adapt
Approfondimento sui temi delle relazioni industriali e di lavoro – Numero 5 del 12 giugno 2009 Registrazione n. 1609, 11 novembre 2001 – Tribunale di Modena