Aspetti civilistici del contratto
Aspetti civilistici del contratto
di collaborazione coordinata e continuativa
La tipologia contrattuale
La causa del contratto dovrà
trovare giustificazione negli effetti funzionali ed economici dello
stesso, mentre non potrà essere volta a realizzare effetti vietati
dall'ordinamento giuridico contrari a norme imperative, all'ordine
pubblico e al buon costume.
Allo stesso modo risulta in frode
alla legge quel contratto stipulato per eludere una norma imperativa,
mentre rappresenta motivo illecito del contratto stesso il
comportamento dei contraenti volto a conseguire un fine illecito,
cioè vietato dall'ordinamento.
Pur essendo la stipula di un
contratto di collaborazione non vincolata ad una forma specifica, per
inquadrare il rapporto nel modo migliore è opportuno che sia
compenetrato dai seguenti elementi:
- Accordo fra le parti: deve
risultare chiara la proposta di disponibilità del collaboratore e la
conseguente accettazione del committente. Il contratto quindi ha
valore in quanto espressione di una coerente e comune volontà delle
parti nella realizzazione di quanto esso prevede;
- Causa:
le parti devono ben evidenziare lo scopo e le caratteristiche del
contratto ai fini delle sue conseguenze giuridiche;
-
Oggetto: deve essere indicato il tipo di prestazione che il
collaboratore pone a disposizione del committente senza vincolo di
subordinazione ed il luogo di lavoro;
- Corrispettivo:
occorre che sia quantificato preventivamente;
-
Scioglimento: occorre prevedere e inserire le possibili cause che
possono portare alla risoluzione anticipata del contratto;
-
Forma: il contratto si concretizza mediante l’offerta del
collaboratore e nella conseguente accettazione da parte del
committente; segue l’affidamento dell’incarico. E’ preferibile
formalizzare in modo certo la data d'inizio di tale procedimento.
In
sostanza è possibile identificare i seguenti requisiti per definire
un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa:
collaborazione senza vincolo di subordinazione
coordinazione con l'attività del committente
autonomia operativa del collaboratore
non occasionalità e unicità della prestazione
opera prevalentemente personale del collaboratore
onerosità dell'opera prestata.
Similitudini fra il contratto di xx.xx.xx. e quello di subordinazione.
LA COLLABORAZIONE
La collaborazione è intesa come disponibilità del commissionato a perseguire gli scopi prefissati dal committente con il proprio apporto lavorativo, senza vincolo di subordinazione.
Anche il rapporto di subordinazione è basato sull’impegno del dipendente a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie per la realizzazione dei fini aziendali. Quindi, nessuna differenza… a parte la “subordinazione”.
PRESTAZIONE
PREVALENTEMENTE PERSONALE…
Dalla definizione si evince che il
prestatore d'opera può avvalersi di propri collaboratori, ma solo
entro un certo limite. Tale limite è rappresentato dalla necessità
che il lavoro del soggetto che è parte del contratto di
collaborazione coordinata e continuativa sia prevalente, e non anche
esclusivo, rispetto alla partecipazione di terzi. Ciò è
giustificato dal carattere personale del contratto di collaborazione
coordinata e continuativa.
In linea, quindi con gli altri
caratteri sopra analizzati, anche quest'ultimo non può essere
assunto quale carattere fondamentale per la differenziazione del
rapporto di lavoro subordinato da quello di collaborazione
continuativa. La prestazione, infatti, deve essere personale sia
nelle ipotesi di lavoro subordinato sia nei casi di collaborazione.
Invero, per le fattispecie integranti il rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa la prestazione personale può essere
limitata dalla partecipazione all'opera di collaboratori del
prestatore d'opera, mentre nel rapporto di lavoro subordinato la
prestazione deve necessariamente essere esclusivamente personale.
LUOGO
DELLA PRESTAZIONE
Da più parti si è ritenuto che il luogo di
esecuzione della prestazione potesse rappresentare un fattore
distintivo tra lavoro subordinato e collaborazione coordinata e
continuativa. In alcuni casi, infatti, è stata sostenuta la
sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in quanto il
collaboratore operava presso il committente.
Invero, non è
possibile considerare tale elemento quale criterio distintivo in
quanto la prestazione del collaboratore può essere svolta nel luogo
stabilito per contratto (es.: presso la sede operativa dell’azienda
con l’inserimento del collaboratore nell’organizzazione
produttiva).
ORARIO
DI LAVORO
Nel rapporto subordinato l’orario viene generalmente stabilito dal datore di lavoro e può essere modificato a seconda dell’esigenze dell’azienda, mentre nel rapporto di xx.xx.xx. l’orario non viene imposto e può essere legato non solo alle scelte del lavoratore secondo le proprie necessità, ma anche alle eventuali condizioni contingenti derivanti dalla natura dell’attività (es.: nell’insegnamento presso una scuola l’orario delle lezioni non viene imposto dal gestore o da chi per lui, ma deriva da un’esigenza oggettiva e fisiologica di turnazione e di alternanza in classe delle varie discipline; per di più la sua definizione rientra fra le competenze del Collegio Docenti nell’approntamento del POF). Tuttavia, anche tale elemento non è di per sé distintivo della subordinazione.
CONTINUITÀ
La
normativa di riferimento si esprime indicando tra le caratteristiche
della collaborazione la continuità. Tale concetto si contrappone in
modo netto e preciso alla occasionalità che caratterizza comunque
altri tipi di collaborazioni, definite per ciò stesso occasionali.
Per quanto la contrapposizione concettuale sembri estremamente
evidente e ben definita, essa necessita di alcuni approfondimenti in
quanto risulta essere di fondamentale importanza per la definizione e
l'inquadramento del collaboratore coordinato e continuativo.
-
In primo luogo la continuità non deve essere intesa come somma di
singoli incarichi: una collaborazione che si sviluppi attraverso
l'assegnazione e la conseguente esecuzione di singoli incarichi o
singole opere, pur protraendosi nel tempo, non evidenzia alcun
carattere unitario e, pertanto, non può essere considerata un'unica
collaborazione ma il risultato di singole collaborazioni occasionali.
Così, ad esempio, se una ditta si avvale dell'opera di un artigiano
per l'esecuzione di singoli manufatti che vengono richiesti di volta
in volta, in relazione alle necessità estemporanee della ditta
stessa, con l'affidamento di diversi e successivi incarichi, il
rapporto non può e non deve essere qualificato di collaborazione
coordinata e continuativa, ma si tratterà di diversi rapporti di
collaborazione occasionale.
Diversamente, nel caso in cui la
medesima ditta stipuli con lo stesso artigiano un contratto di
fornitura dei medesimi manufatti, alle medesime condizioni, ma senza
necessità di dover ricorrere, di volta in volta, al conferimento di
uno specifico incarico, il rapporto acquisisce il carattere della
continuità e deve pertanto essere inquadrato come rapporto di
collaborazione coordinata e continuativa.
- Il secondo
punto fondamentale per poter individuare la continuità è
rappresentato dalla durata della collaborazione: il termine durata si
riferisce al tempo di effettuazione della prestazione. Detta
prestazione non deve essere istantanea ma deve protrarsi nel tempo.
Ciò non significa che il contratto sottostante debba necessariamente
essere un contratto a tempo indeterminato, esso può anche prevedere
un termine alla collaborazione perché tale termine sia
sufficientemente ampio da permettere la qualificazione della
collaborazione come continuativa.
Non è possibile
definire a priori quale debba essere la durata minima di un contratto
di collaborazione affinché questo presenti il carattere della
continuità, in quanto le caratteristiche specifiche di ogni incarico
affidato richiederanno sempre tempi di realizzo differenti.
Da
quanto esposto emerge con chiarezza che la continuità della
collaborazione deve essere programmata già in sede negoziale.
Infatti, solo inserendo nel contratto originario la previsione della
durata del rapporto di collaborazione, questo può assumere il
carattere della continuità. Se il contratto non prevedesse il
periodo entro il quale si svilupperà la collaborazione ci troveremmo
necessariamente di fronte ad un rapporto di collaborazione
occasionale, in quanto ogni futura prestazione dovrà essere oggetto
di una nuova pattuizione.
In definitiva, la prestazione è
continuativa se è svolta per un periodo di tempo determinato o
determinabile, ma apprezzabilmente lungo (comunque superiore a trenta
giorni).
Venendo ora al confronto tra rapporto di lavoro
subordinato e rapporto di lavoro autonomo sulla base di tale
caratteristica, non è possibile sostenere che essa rappresenti un
carattere distintivo delle due fattispecie, in quanto anche il
rapporto di lavoro subordinato deve necessariamente protrarsi nel
tempo, tanto più che il contratto di tale rapporto prevede sia
quello a tempo determinato che quello a tempo indeterminato.
…
NEL QUADRO DI UN RAPPORTO UNITARIO …
Tale assunto significa
che il rapporto di collaborazione non deve essere svolto in modo
frammentario e che sia il committente che il collaboratore
partecipano insieme alla realizzazione del medesimo scopo fissato dal
proponente.
La non frammentarietà del rapporto e il fine comune
caratterizzano anche il lavoro subordinato, pertanto, anche in questo
caso non sono ravvisabili differenze tra i due tipi di rapporto in
esame.
COORDINAZIONE …CON INSERIMENTO NELL’ ORGANIZZAZIONE AZIENDALE…
La
collaborazione è coordinata qualora non rappresenti un risultato
autonomo e non correlato agli obiettivi del committente, ma s’integri
con essi e li completi.
La Corte di Cassazione ha sempre
sostenuto che affinché possa ravvisarsi il carattere della
coordinazione è necessario che tra l'opera del collaboratore e
l'attività del committente esista un vincolo funzionale.
In
sostanza, per aversi il requisito della coordinazione (o anche
funzionalità) l'opera del collaboratore deve essere svolta in
stretta connessione con l'attività e le finalità del committente, e
può realizzarsi anche con l’eventuale inserimento del
collaboratore nell’organizzazione aziendale.
Il carattere
della coordinazione è naturalmente presente anche in caso di
contratto di lavoro subordinato. Non è possibile che si realizzi un
rapporto di lavoro subordinato in cui il lavoratore persegua, anche
solo parzialmente, obiettivi esclusivamente propri e slegati dalle
finalità dell'impresa o, in generale, del datore di lavoro. Anche
tale criterio non è quindi distintivo rispetto al rapporto di lavoro
subordinato.
...
SENZA IMPIEGO DI MEZZI ORGANIZZATI ...
Tale espressione fornisce
un elemento distintivo del reddito da lavoro autonomo rispetto al
reddito di impresa. Non ha pertanto rilevanza ai fini
dell'individuazione o meno di un rapporto di lavoro subordinato. E'
nella natura del rapporto di lavoro subordinato che il lavoratore
utilizzi i mezzi messi a disposizione dal datore di lavoro.
...
CON RETRIBUZIONE PERIODICA PRESTABILITA ...
Come per il rapporto
di lavoro subordinato anche per le collaborazioni coordinate e
continuative il compenso deve essere prestabilito e può essere
calcolato sia in base alle singole prestazioni sia in modo
forfetario, può avere carattere periodico o può essere corrisposto
in un’unica soluzione al termine del rapporto. Non è pertanto
ravvisabile alcuna differenziazione dei due tipi di rapporto in
relazione a tale caratteristica.
Ma molto spesso questi elementi
non sono facilmente individuabili e utilizzabili come indici
rivelatori della sussistenza o meno di un rapporto di lavoro
subordinato piuttosto che un rapporto di collaborazione coordinata e
continuativa, la vera e più profonda differenza consiste nella
totale assenza del vincolo di subordinazione.
Occorre tuttavia considerare che vi sono tipologie di lavoro in cui la subordinazione risulta molto attenuata, come nel caso delle professioni intellettuali, per le quali è possibile legittimamente realizzare sia rapporti di subordinazione che di collaborazione coordinata e continuativa; infatti, l’attenuazione della subordinazione non può essere considerata come indizio surrogatorio per l’identificazione di un rapporto subordinato in quanto tale circostanza può giustificare, in modo del tutto coerente, anche l’esistenza di un rapporto parasubordinato.
…NON ESCLUSIVITA’ …
In base ai criteri ermeneutici generalmente utilizzati, la prestazione resa a favore di un unico soggetto configurerebbe la fattispecie del rapporto di lavoro subordinato, mentre la prestazione resa a favore di una clientela integrerebbe la collaborazione coordinata e continuativa. Anche in questo caso tale criterio perde la sua funzione distintiva in quanto accade frequentemente che il lavoratore autonomo presti la propria opera in favore di un solo committente (es. agente monomandatario), non per questo perdendo la qualificazione di xx.xx.xx..
Aspetti civilistici - Considerazioni
In
base all'articolo 2094 c.c., la subordinazione è lo stato del
prestatore di lavoro che opera "alle dipendenze e sotto la
direzione di altri". Pertanto i primi criteri definitori della
subordinazione sono la "dipendenza" e la "direzione".
A rafforzare tale principio contribuisce anche il contenuto degli
articoli 2086 e 2104 c.c., secondo i quali rispettivamente:
"l'imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono
gerarchicamente i suoi collaboratori"; "il prestatore di
lavoro deve osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la
disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori
di questo dai quali gerarchicamente dipende".
Nelle
disposizioni del codice civile, che costituisce la normativa di base
per la qualificazione dei rapporti di lavoro, la dipendenza del
lavoratore subordinato dal proprio datore di lavoro assume un ruolo
di primo rilievo. La giurisprudenza fa espresso riferimento ad una
subordinazione gerarchica, che, per sua natura, rappresenta un
vincolo strettamente personale che si riflette, nella normalità dei
casi, in una limitazione della sfera d’azione del lavoratore.
Si
tratta, quindi, di una limitazione al potere decisionale,
organizzativo, di scelta, ecc. del lavoratore subordinato in ordine
all'attività dallo stesso svolta nell'ambito della realtà operativa
in cui è inserito. In altre parole si tratta di una limitazione
della libertà professionale del lavoratore (limitazione che appare
di per sé inconciliabile con l’attività d’insegnamento).
Tale
riduzione della sfera di libertà d'azione del lavoratore si
manifesta in definitiva attraverso le imposizioni fissate dal datore
di lavoro che riguardano diversi aspetti della prestazione
lavorativa:
- orario di lavoro (nell’insegnamento,
l’orario settimanale delle lezioni non costituisce elemento di
imposizione datoriale in quanto deriva da esigenze oggettive,
funzionali e fisiologiche di tale attività. Non può, infatti,
escludersi l’avvicendamento in classe per l’insegnamento delle
varie discipline di studio, che comporta una turnazione fra i
docenti, in ottemperanza a superiori disposizioni ministeriali.
Pertanto, l’orario non è valutabile come indice di subordinazione,
tanto più che è definito nel POF dal competente Collegio Docenti
(Cass., Sez. Lav. civ., 09.12.2002,
n. 17534: “La
previsione di un rigido orario per la prestazione lavorativa
costituisce sicura estrinsecazione del potere direttivo del creditore
del servizio - e quindi della natura subordinata del rapporto di
lavoro - solo quando sia espressione dell'autonomia decisionale
nell'organizzazione aziendale e non quando inerisca alla prestazione
richiesta, tale da dover essere espletata, per sua natura, in tempi
non modificabili che anche il lavoratore autonomo, debitore del
risultato, sia tenuto a rispettare”);
-
modalità e tempi di esecuzione della prestazione
(nell’insegnamento sono affidati alla libertà professionale del
docente, tenuto conto delle indicazioni contenute nel POF);
-
comminazione di sanzioni disciplinari (sono assenti nel
rapporto di xx.xx.xx, in cui i rilievi sono contestabili al
commissionato in modo più efficace come inadempienze contrattuali).
Come
sopra già evidenziato, sono rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa i rapporti che hanno per oggetto attività svolte:
-
senza vincolo di subordinazione (con autonomia operativa del
collaboratore nello svolgimento dell’incarico, a favore di un
determinato soggetto, nel quadro di un rapporto unitario,
continuativo e coordinato con l’organizzazione dell’azienda per
la realizzazione degli scopi da essa prefissati, mediante un
contratto che definisce preventivamente le reciproche
obbligazioni);
- senza impiego di mezzi propri (ma
eventualmente forniti dal committente in quanto necessari);
- senza assunzione di rischio d’azienda (ma con la responsabilità in proprio dell’attuazione puntuale - tempi e modi - del programma d’incarico e con prestazione lavorativa prevalentemente personale;
- con retribuzione periodica prestabilita (in modo forfettario o in relazione alle prestazioni singolarmente considerate);
- con rapporto lavorativo continuato e determinato nella durata (con prestazioni non isolate e con rapporto lavorativo superiore a trenta giorni, in modo da differenziarsi dal lavoro occasionale e saltuario);
- con possibilità per il collaboratore di svolgere la propria attività a favore di più committenti (condizione, questa, che spesso rappresenta una esigenza).
Come risulta evidente, non emergono significative differenze fra il rapporto di xx.xx.xx. e quello di subordinazione, se non per l’elemento sostanziale della subordinazione, che contraddistingue, appunto, il rapporto di dipendenza da quello dell’autonomia del lavoratore.
Tale differenza, ai fini pratici, può sintetizzarsi nella considerazione che segue.
Il contratto di xx.xx.xx. stabilisce fin dall’inizio del rapporto di lavoro tutte le condizioni che vincolano solidalmente le parti contraenti in relazione alle modalità, ai tempi ed alle caratteristiche di svolgimento dell’incarico in funzione degli scopi prefissati (che possono anche non riferirsi ad un determinato risultato), lasciando al commissionato l’autonomia funzionale durante la fase attuativa. Di conseguenza, ogni variazione alle clausole contrattuali richiede un nuovo accordo sottoscritto fra le parti (il committente non può disporre in modo unilaterale, ovvero senza l’assenso del collaboratore, alcuna variazione al programma). Il collaboratore, in definitiva, gode di una propria autonomia operativa e professionale, restando al committente soltanto la facoltà d’intervenire nel caso d’inadempienza contrattuale.
Il contratto di subordinazione, invece, presuppone il potere dato al datore di lavoro di intervenire in modo unilaterale nelle modalità della prestazione lavorativa; quindi d’impartire gerarchicamente ordini al dipendente, in relazione all’esecuzione dell’opera ed alle diverse esigenze aziendali che di volta in volta dovessero presentarsi.
Pertanto, il lavoratore subordinato è soggetto alle mutevoli ed estemporanee disposizioni del datore di lavoro. In caso d’inosservanza delle disposizioni ricevute, il dipendente è soggetto ai rilievi disciplinari ed, eventualmente, alle conseguenti sanzioni fino al licenziamento.
Però, le condizioni che possono condurre al licenziamento per giusta causa o giustificato motivo sono, in molti casi, difficili da dimostrarsi in giudizio (come ad esempio: lo scarso rendimento o la scarsa preparazione o la mancanza di comunicativa da parte di un docente).
In conclusione, appare più congeniale all’attività d’insegnamento il rapporto di xx.xx.xx., così detto “parasubordinato” che, da un lato, offre tutele meno assistenziali per il lavoratore, ma, dall’altro, premia la natura professionale del docente liberandolo da quell’aspetto impiegatizio e di sudditanza, da tutti ritenuto uno dei mali maggiori della scuola.
Occorre tener presente, inoltre, che la nuova legge Biagi (lg. n. 30/2003) non elimina il rapporto di xx.xx.xx., ma lo colloca nell’ambito di “un progetto o programma o fase di esso” conferendogli, finalmente, una precisa veste giuridica.
Tale legge, pur non modificando le norme del Codice Civile (che prevede due sole tipologie di rapporto lavorativo, autonomo e subordinato: art. 2222 e art. 2094) attribuisce tuttavia al rapporto di “lavoro a progetto” una propria e distinta fisionomia, con garanzie e tutele del tutto peculiari, che, per molti aspetti, lo assimilano al lavoro subordinato e lo differenziano maggiormente dal “contratto d’opera”: di fatto siamo in presenza di un terzium genus che coinvolge milioni di lavoratori.
Questa innovazione, infatti, non mancherà di suscitare ulteriori dubbi circa l’applicazione del “lavoro a progetto” nei vari settori lavorativi.
Per il settore della scuola paritaria, è stato registrato presso il Ministero del Lavoro, in data 28 giugno 2004, il CCNLP FILINS-FIINSEI-UGL-ANACCC che regolarizza a livello nazionale il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, anche per quanto concerne la legge 62/2000 (art.1 – comma 4/h).
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx