La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari
La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
1.- La ristrutturazione dell’autonomia privata ed il mercato
Sul piano generale il contratto, espressione del principio di autonomia privata, ha subìto non poche rivisitazioni ed adattamenti in funzione della sua conformazione per la realizzazione degli interessi in gioco. Nel corso del tempo gli interessi emergenti, e meritevoli di specifica tutela, delle parti (affittuari, coltivatori diretti, imprenditori agricoli, consumatori) hanno provocato una frammentazione delle tipologie contrattuali in relazione alla specificità dei contraenti e degli interessi protetti.
Nel quadro più recente delle problematiche in questione è venuto emergendo un protagonista ritenuto ancora più importante perché rivolto a tutelare non solo interessi di classi di soggetti, ma un interesse generale (e forse anche sovranazionale): il mercato2, costituito dalla interazione tra domanda ed offerta e considerato nella sua prospettiva dinamica e complessiva come “un insieme di ipotesi sulle modalità con cui gli agenti economici possono modificare i loro rapporti giuridico – patrimoniali”3.
(1) Sulla trasformazione della categoria del contratto si veda, in particolare, Roppo, Il contratto del duemila, III ediz., Torino, 2011, passim.
(2) Xxxxxxxxxxxxx, Il mercato in senso giuridico, in Giur. comm., 1979, 501 ss.; Perlingieri, Mercato, solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995, 95 ss.; Lipari, Il mercato: attività privata e regole giuridiche, in AA.VV., Il diritto della transizione, Milano, 1998, 42 ss.; Xxxx, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998, passim; AA. VV., Il dibattito sull’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1999, passim; Tolone, L’ordine della legge ed il mercato. La congruità dello scambio contrattuale, Torino, 2003, passim.
(3) Così Xxxxx, Il mercato nell’analisi economica contemporanea, in Il pensiero economico, a cura di Xxxxxxxxxx, Torino, 1989, 1.
Ed occorre precisare che nell’era del pensiero del molteplice4 e della frammentazione non è possibile considerare il mercato, ma i mercati5.
In questa ottica va articolata la problematica della c.d. filiera: dalla fase della produzione alla distribuzione finale mutano i soggetti, le strategie, le regole; non mercati in senso generale, ma mercati della produzione, intermedi, finali. I mercati della contrattazione tra imprese manifestano specificità ed esigenze diverse rispetto ai mercati della contrattazione tra imprese e consumatori.
L’intervento normativo nel segmento dei consumi prospetta documenti contrattuali particolarmente formalizzati nel contenuto con la evidenziazione di tutti (o quasi tutti) gli aspetti giuridico-economici del rapporto: il legislatore impone che siano indicate – ma è una mera esemplificazione – le caratteristiche del bene, le modalità di pagamento, il prezzo, le caratteristiche del diritto di recesso, e nello stesso tempo impone il divieto di inserire clausole o regole che possano alterare la posizione delle parti.
Il contenuto del contratto “dipende ovviamente dai diversi pacchetti di clausole previste”6 e questi pacchetti qualificano la qualità e l’appetibilità del contratto con una valutazione in cui il prezzo e gli altri elementi “tipici “ non sono certamente decisivi nella valutazione del rapporto costi-benefici.
Il legislatore congegna sovente tecniche, scelte normative e rimedi che tendono ad inserire l’atto contrattuale all’interno di un’attività7 economica organizzata, rimodulando così la formazione del consenso negoziale e le manifestazioni dell’autonomia privata.
(4) Scrive l’illustre Maestro Xxxxxxxxx, Continuo e discontinuo nel diritto, in Id., Grammatica e diritto, Milano, 1978, 93, che il diritto altro non è che la «sintesi del molteplice nell’uno».
Sul pensiero del molteplice cfr., specialmente, Xxxxxxx, Teoria e metodo in Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx. Attualità di un insegnamento, in Id., Categorie e istituti del diritto civile nella transizione al postmoderno, Milano, 2005, 34 ss.; Xxxxxxxxxxx, Unità e molteplicità nel diritto. Ricordi e ringraziamenti, in Riv. Dir. Civ., 2005, 239 ss.
(5) Per una ricostruzione del mercato nella prospettiva del molteplice cfr. Xxxx, Regole giuridiche e mercati concorrenziali del consumo. Sguardi civilistici su una relazione controversa, in Autonomia privata e strumenti di controllo nel sistema dei contratti, a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 2007, spec. 9 ss.
(6) Così Xxxxxxxxxx, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in AA. VV., Trattato di diritto privato europeo, a cura di Lipari, Vol. III, L’attività e il contratto, Padova, 2003, 27.
(7) Sul rapporto tra atto e attività si veda, specialmente: Auletta, voce Attività, in Enc. dir., III, Milano, 1958, 981 ss.; Xxxxxx, L’attività. Profili ricostruttivi e prospettive applicative, Napoli, 1999, passim.
Si tende a superare la tecnica di tipo contrattuale per approdare al tipo di operazione economica8. La rubrica dell’art. 62 è indicativa al riguardo: si parla di
«relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti» (agricoli ed agroalimentari9), superando così le specifiche tipologie contrattuali.
Non vi rientrano le cessioni di prodotti agricoli ed alimentari “istantanee”, vale a dire con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito10; sembrano esclusi11, altresì, con soluzione almeno discutibile, i conferimenti alle cooperative di prodotti agricoli ed alimentari, operati dagli imprenditori soci delle cooperative stesse12.
I mercati concorrenziali implicano una costante conflittualità, e, dunque, la predisposizione di regole per mediare i diversi interessi a tutela non solo delle parti del singolo rapporto ma in un quadro più esteso che coinvolge i rapporti tra i soggetti operanti in quello specifico settore.
2.- (segue) Mercato e regole giuridiche
La relazione tra mercato e regole giuridiche è a dir poco controversa.
(8) X’xxxxxx, Contratto e operazione economica, Torino, 1992, passim; Xxxxxxxxx, Il contratto e l’operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, 93 ss.; ID., Mercato, contratto e operazione economica, in Rass. dir. civ., 2004, 1044 ss.
(9) La circostanza che la rubrica dell’art. 62 faccia riferimento, accanto ai prodotti agricoli, a quelli
«agroalimentari», laddove il primo comma dello stesso articolo menziona i prodotti «alimentari», genera, alla stregua della normativa di settore vigente, incertezze interpretative ed applicative la cui analisi esula dagli specifici confini del presente contributo. Si rinvia, sul punto, a Albisinni, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, in q. Riv., xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2-2012, spec. 2-5.
(10) Più precisamente, l’art. 1, co. IV, del D.M. attuativo 19 ottobre 2012 esclude le cessioni c.d. “istantanee” dal campo di applicazione «di cui al comma 1 e comma 3 dell’art. 62»; sembra lecito ritenere, pertanto, che anche per le suddette cessioni valgano ed operino i divieti previsti dal comma 2 per la generalità delle «relazioni commerciali tra operatori economici».
(11) Dal momento che «non costituiscono cessioni ai sensi dell’articolo 62» (così l’art. 1, co. III, del
D.M. attuativo 19 ottobre 2012).
(12) Le successive lettere b) e c) della stessa disposizione appena richiamata escludono, altresì, rispettivamente, «i conferimenti di prodotti agricoli e alimentari operati dagli imprenditori alle organizzazioni di produttori di cui al decreto legislativo 27 maggio 2005 n. 102, se gli imprenditori risultano soci delle organizzazioni di produttori stesse», e «i conferimenti di prodotti ittici operati tra imprenditori ittici di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4».
I contributi di Xxxxxxxx Xxxx00 hanno suscitato un interessante dibattito; ad oggi rimane irrisolto il tema di fondo se il mercato sia locus artificialis o naturalis. Non potrei escludere che si tratti di un falso problema, considerato che sarebbe possibile accogliere entrambe le prospettive a seconda del segmento considerato. Non vi è dubbio che nella sua prospettiva il giurista tende a dare al mercato regolarità e prevedibilità dell’azione, rendendolo locus artificialis, ma le vicende degli ultimi anni hanno dimostrato e dimostrano che il mercato come locus naturalis talora impone il suo sistema disarticolato. Seguendo le incisive formulazioni di Xxxxxxxxxx, a partire dall’Atto Unico Europeo si è prevista non già la formazione di un mercato comune, ma la progressiva sostituzione di un mercato unico ai vari mercati nazionali14. E’ evidente che il mercato unico ha bisogno di un complesso di regole di funzionamento dei mercati finali e concorrenziali.
Nei mercati reali il rischio principale è l’asimmetria di sistema o di massa, che in una visione prospettica occorre superare.
Proprio nello scarto tra essere del mercato e dover essere dei mercati si inserisce il diritto. L’ordine giuridico generalizzato impone per i mercati concorrenziali: azioni leali, azioni informate, azioni razionali.
I meccanismi applicativi sono informati alle logiche del neoformalismo15.
E si tratta di un neoformalismo con contenuti obbligatori e predeterminati, con l’obbligo di inserire elementi ritenuti indispensabili e di non inserire clausole che possono provocare una disparità di trattamento tra le parti o un aggravamento non giustificato degli obblighi di uno dei contraenti o un rafforzamento dei diritti di uno di
(13) Xxxx, Concetto giuridico di mercato e dovere di solidarietà, in Riv. dir. civ., 1997, 185 ss.; Id., L’ordine giuridico del mercato, cit., passim; Id., Teoria generale del diritto e problema del mercato, in Riv. dir. civ., 1999, 1 ss.
(14) Xxxxxxxxxx, La disciplina dell’atto e dell’attività, cit., 3 ss.
(15) Sul c.d. “neoformalismo” cfr., tra gli altri: Xxxxxxxxx, Profili della forma nella nuova legislazione sui contratti, Napoli, 1999, passim; Xxxxxxx, La forma del contratto, in AA. VV., Trattato di diritto privato europeo, a cura di Lipari, Vol. III, L’attività e il contratto, cit., 196 ss.; Breccia, La forma, in Trattato del contratto, diretto da Xxxxx, Vol. I, Formazione, Milano, 2006, 535 ss.; Modica, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, Milano, 2008, 119 ss.; Xxxxxxxxxxx, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, Pisa, 2009, passim.
Da ultimo, cfr. Xxxxxxx, Forma solenne e regolamento conformato: un ossimoro del nuovo diritto dei contratti?, in Riv. dir. civ., 2011, 3, 415 ss. ed ivi per ulteriori indicazioni bibliografiche; vedi, anche, Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, Milano, 2011, passim.
essi. In questi termini deve intendersi il concetto di giustizia sostanziale del contratto16.
Gli strumenti realizzativi sono diversi in relazione al peculiare atteggiarsi dei mercati di consumo, e questi ultimi a loro volta sono diversi dai mercati delle imprese; per tale ragione le regole sono talora differenziate.
Il contenuto da attribuire all’autonomia privata, decisamente procedimentalizzata e conformata, potrebbe dirsi efficiente, perché si esercita nell’ambito di un mercato nel quale conserva valore la libertà contrattuale, ma correttamente esercitata. Anche in questa direzione occorre una nuova interpretazione dell’art. 41 Cost. e la necessità di apprezzare, anche seguendo recenti orientamenti giurisprudenziali17, la applicazione dell’abuso del diritto come clausola generale18.
Il regolatore tende a garantire la corretta competizione, la concorrenza, la possibilità di selezione e, dietro la formula della giustizia del contratto, si intravede il benessere collettivo che il mercato concorrenziale deve o dovrebbe garantire.
(16) In ordine al complesso e controverso concetto di «giustizia» del contratto, vedi, in particolare, Volpe, voce Contratto giusto, in Dig. (Disc. Priv.), Agg. I, Torino, 2007, 384 ss.; Xxxxxxx, Giustizia contrattuale e rimedi: fondamento e limiti di un controverso principio, in Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, a cura di Navarretta, Milano, 2008, 253 ss.; Barcellona, Clausole generali e giustizia contrattuale, Torino, 2006; Moscarini, Riflessioni sul tema del «contratto giusto», in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, 3, Milano, 2006, 617 ss.; Xxxxxxxx, L’ingiustizia del contratto, Milano, 2005, passim.
(17) Emblematica, nella direzione tracciata, Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, in Giust. civ., 2009, 12, I, 2671. In dottrina, cfr., ex multis, le riflessioni in proposito di Xxxxx, Xxxx'excursus giurisprudenziale del "caso Renault", in Obblig. e contr., 2012, 4, 245 ss.; Barcellona, Recesso ad nutum fra principio di buona fede e abuso del diritto: 'solidarietà sociale' o inderogabilità del 'mercato'? (Note a proposito di Cass. n. 20106/2009), in Riv. dir. comm. e del dir. gen. obbl., 2011, 165 ss.
(18) La letteratura in tema di abuso del diritto è vastissima. Si rinvia, indicativamente e senza alcuna pretesa di esaustività, a Xxxxx, voce Abuso del diritto, in Dig. (Disc. Priv.), Agg. VII, Torino, 2012, 5 ss.; Romano, voce Abuso del diritto, in Enc. dir., I, Milano, 1958, 166 ss.; Gentili, L'abuso del diritto come argomento, in Riv. dir. civ., 2012, 3, 297 ss.; Xxxxxxx, Trattato di diritto civile, II, Padova, 2010, 563 ss.; D'Amico, Ancora su buona fede e abuso del diritto. Una replica a Xxxxxxx, in I contratti, 2011, 653 ss.; Id., Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto, in I contratti, 2010, 5 ss.; ID., L'abuso della libertà contrattuale: nozione e rimedi, in AA.VV., Abuso del diritto e buona fede nei contratti, Torino, 2010, 3-18; Xxxxx, La buona fede e l’abuso del diritto, Milano, 2010; Xxxxxxx, Contributo ad una teoria dell’abuso del diritto, Milano, 2007; D'amico, L’abuso di autonomia negoziale nei contratti dei consumatori, in Riv. dir. civ., 2005, 625 ss.; Xxxx, L’abuso del diritto, Milano, 1993. Per un’analisi in prospettiva europea, cfr. Xxxxxxxx, La nozione di "abuso di diritto" nell'ordinamento dell'Unione europea, in Riv. dir. int., 2012, 2, 329 ss.; Xxxxxxx, L'abuso di diritto nella giurisprudenza comunitaria, in Corr. tribut., 2012, 14, 1025 ss.; Xxxxxxx, Il divieto dell’abuso del diritto nell’ordinamento europeo, Torino, 2011.
Gli strumenti civilistici utilizzati per combattere la elusione delle regole – come detto
– variano nei diversi mercati (mercato dei consumatori e mercato delle imprese) proprio in funzione delle tutele e dei rimedi che l’ordinamento intende apprestare.
Nel primo l’interesse prevalente del consumatore e la rimozione della situazione di asimmetria informativa è garantita attraverso l’istituto della nullità di protezione a legittimazione riservata e capace di incidere su singole clausole (nullità parziale); viceversa nel mercato delle imprese sembra ancora operare anche la nullità codicistica.
3.- I limiti dell’autonomia privata - Il parametro generale dell’asimmetria informativa
La prospettiva di indagine sui contratti di impresa consente di verificare che l’obiettivo è quello di predisporre un apparato normativo volto a contrastare non solo le asimmetrie informative, ma anche gli squilibri di potere negoziale che minacciano la giustizia e l’efficienza delle relazioni fra imprese: la finalità primaria, dunque, è quella di realizzare la protezione dell’impresa debole contro l’impresa forte. Obiettivo messo in evidenza dalla politica di sostegno delle piccole-medie imprese attuata dalla Commissione europea con lo Small Business Act per l’Europa19, e che ha trovato concreti riscontri nella recente normativa sullo statuto delle xxxxxxx00. La
(19) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 25 giugno 2008 intitolata: “Una corsia preferenziale per la piccola impresa”. Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno “Small Business Act” per l’Europa) [COM(2008) 394 def. - Non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale].
Lo "Small Business Act" per l'Europa (SBA) definisce le grandi linee della politica europea a favore delle piccole e medie imprese (PMI), promuove lo spirito imprenditoriale e àncora il principio "Think small first" nell'azione legislativa e politica per rafforzare la competitività delle PMI. Basato su dieci principi e articolato in diverse azioni politiche e legislative, attuative di tali principi, lo SBA è uno strumento che intende dar modo alla Commissione ed agli Stati di superare gli ostacoli che frenano il potenziale di sviluppo e di creazione di posti di lavoro delle PMI. Vedi xxxx://xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx_xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxx_xxxxxxxxxxx/ et0001_it.htm .
(20) Legge 11 novembre 2011, n. 180, recante «Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese». Tra le finalità del provvedimento vi è quella di «valorizzare il potenziale di crescita, di
produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese» (art. 1, co. V, lett. f); tra i principi generali, inoltre, figura «il riconoscimento e la valorizzazione degli statuti delle imprese ispirati a principi di equità, solidarietà e socialità» (art. 2, co. I, lett. p). Per un primo, generale, commento alla legge n. 180/2011 v., in particolare: Costagliola- Laperuta, Lo Statuto delle imprese. Commento alla l. 11 novembre 2011, n. 180, recante ‘‘Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese’’, Rimini, 2012; Tanzarella, Lo statuto delle imprese, in Urbanistica e appalti, 2012, 2, 161 ss. In chiave critica, ed anche alla luce delle ultime correzioni normative apportate alla legge, v. Xx Xxxxxxxx, Lo statuto delle imprese: una tutela disorganica, in Giorn. dir. amm., 2012, 4, 355 ss.
Alcuni autori hanno elaborato la figura del terzo contratto22, anche se - a mio parere
- non sembra sussistano i presupposti per una ricostruzione unitaria della categoria23, risultando sufficiente ricorrere al già consolidato schema del contratto asimmetrico24 che, cogliendo il trade d’union della più attuale normativa, teorizza una figura di contraente dai più ampi contorni, in cui trovano convergenza per presupposti, obiettivi e tecniche di tutela sia i consumatori che le imprese deboli e, più in generale, i clienti, i quali richiedono protezione per finalità inerenti alla stessa configurazione del mercato europeo. In una logica unitaria la nuova riflessione teorica postula, così, la elaborazione della categoria del “contratto asimmetrico”, riferibile ad ogni soggetto che, a prescindere dalla sua specifica qualità, si trovi ad operare nel mercato in condizione di asimmetria o di differente potere economico25. Indicative linee di tendenza verso la uniformazione, imperniate su criteri di reciproca convergenza, possono cogliersi nei recenti interventi normativi volti ad estendere alla piccola-media impresa profili di disciplina in precedenza riservati solo al consumatore.
(21) Cfr. Xxxxxxxxx-Xxxxxxxxx, I contratti d’impresa, in Giur. comm., 2007, 509.
(22) Tra gli autori si segnalano, in particolare, Xxxxxxxxx, Prefazione, in Colangelo, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti. Un’analisi economica e comparata, Torino, 2004, XII ss.; Xxxxxx, L’ipotesi del terzo contratto, in AA. VV., Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, cit., 329 ss.; Franco, Il terzo contratto: da ipotesi di studio a formula problematica. Profili ermeneutici e prospettive assiologiche, Padova, 2010, passim; significativi contributi anche in AA. VV., Il terzo contratto (L'abuso di potere contrattuale nei rapporti tra imprese), a cura di Gitti-Villa, Bologna, 2008. Cfr., infine, le acute riflessioni di Xxxxxxxxx, Il «terzo contratto», in I contratti, 2009, 493 ss.
(23) In generale, sui contratti di impresa come «autentica categoria dogmatica» si vedano le riflessioni, svolte con la consueta raffinatezza, di Falzea, Il diritto europeo dei contratti di impresa, in Riv. dir. civ., 2005, 1 ss.
(24) Si veda, specialmente, Roppo, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul “terzo contratto”), in Riv. dir. priv., 2007, 669 ss.; più di recente, i contorni della figura e le sottese ricostruzioni sono efficacemente riassunte, dallo stesso autore, in ID., Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corriere giuridico, 2009, 2, 267 ss.
(25) Cfr., da ultimo, Xxxxxxxxx, voce Contratto asimmetrico, in Enc. dir., Xxxxxx, V, Milano, 2012, 370 ss., spec. 384 ss.
Più specificamente, il nuovo statuto delle imprese prevede l’applicazione della disciplina in tema di pratiche commerciali abusive26, estende la nozione di abuso di dipendenza economica ad ogni altra forma di dipendenza scaturente dalla posizione di disparità di forza contrattuale e di debolezza della piccola impresa27, riconosce la legittimazione ad agire delle associazioni rappresentative della categoria28.
Con particolare riferimento alla piccola impresa agricola, è stato introdotto un peculiare regime della cessione dei prodotti che impone doveri informativi ed assoggetta i contratti al modello della nullità e della nullità di protezione, alla regolamentazione delle clausole abusive, delle pratiche commerciali abusive, delle transazioni commerciali, dell’abuso di posizione dominate, dell’abuso di dipendenza anche non economica, aggregando in una armonica composizione profili di disciplina caratterizzanti la tutela del consumatore e la tutela dell’impresa debole. Non può sottacersi che le ragioni di queste nuove tendenze sono anche dovute all’esigenza di ridare vitalità al mercato, al cui fallimento ha indubbiamente contributo l’eccessiva settorialità e diversità di discipline.
Non sembra più utile ricostruire statuti giuridici differenziati ed apprestare un autonomo sistema di rimedi sostanziali e processuali che prescinda dalla individuazione della fattispecie e dall’interesse sostanziale giuridicamente protetto.
La via da seguire poterebbe essere quella di rivalutare l’esigenza di una disciplina comune dei contratti, individuando se a fondamento delle molteplici normative siano ricavabili princìpi e criteri ordinanti per i quali approntare adeguate ed efficienti tecniche attuative sulla scia degli orientamenti comunitari.
Gli statuti differenziati in funzione delle posizioni soggettive (consumatore, risparmiatore, utente) e la coniugazione al plurale dei modelli contrattuali appaiono essenzialmente basati sulla circostanza che una delle parti sia potenziale vittima di abusi.
Contratto e mercato interferiscono e si influenzano a vicenda: gli interessi che presiedono al contratto non sono autonomi e distinti dagli interessi che fondano
(26) Si veda, infatti, l’art. 7 d.l. n. 1/2012 che, novellando gli artt. 18-19 cod. cons., ha esteso il regime delle pratiche commerciali scorrette anche alle c.d. “microimprese”. Si rinvia infra, paragrafo 6.
(27) In particolare, l’art. 10, co. II, della legge n. 180/2011 - novellando l’art. 9 della legge n. 192/1998 (recante disciplina della subfornitura) - così dispone: «In caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, l'abuso si configura a prescindere dall'accertamento della dipendenza economica». Vedi infra, paragrafo 9.
(28) Ai sensi dell’art. 4, co. I, della legge n. 180/2011 le associazioni di categoria «sono legittimate a proporre azioni in giudizio sia a tutela di interessi relativi alla generalità dei soggetti appartenenti alla categoria professionale, sia a tutela di interessi omogenei relativi solo ad alcuni soggetti».
l’ordine del mercato. Nella disciplina non può prescindersi dalla considerazione delle situazioni che devono contrassegnare la fisiologia del mercato, anche al fine di rendere funzionali ai valori del sistema non solo i diritti soggettivi, ma, in una contestualizzazione più ampia, anche i poteri, le libertà e le semplici prerogative.
In questa articolata prospettiva occorre collocare ed interpretare l’art. 62 del Decreto Legge n. 1 del 2012 (il c.d. “Decreto liberalizzazioni”), convertito in Legge n. 27 del 2012, nel quale trovano applicazione, nello specifico settore, regole e princìpi già consolidati negli altri ambiti dei rapporti commerciali.
4.- Ratio e finalità della nuova disciplina - Il rapporto squilibrato tra produttori agricoli e imprese di commercializzazione nell'agroalimentare
Rientrano in questa disciplina, inoltre, anche i contratti di vendita di prodotti agricoli ed agroalimentari fra imprese di distribuzione (per esempio, fra grossisti e dettaglianti) e fra queste ed imprese industriali che trasformano il prodotto acquistato.
Il provvedimento si propone di riequilibrare i rapporti di forza all’interno del sistema agroalimentare – in cui i produttori agricoli (quindi le imprese agricole e i coltivatori diretti), soprattutto, ma anche le piccole e medie imprese agroalimentari, sono
(29) "Il primo obiettivo di questa norma non è quello di demonizzare la grande distribuzione, ma quello di dare alla Filiera Italia un assetto nuovo e diverso, per arrivare a una situazione in cui il nostro sistema agroalimentare non abbia bisogno di altri articoli 62". In questi termini il ministro dell’Agricoltura, Xxxxx Xxxxxxx, ha sintetizzato lo spirito che ha guidato il governo al varo di una norma che si propone di riequilibrare i rapporti di forza all’interno del sistema agroalimentare, riavviando un processo evolutivo arrestatosi negli anni ’50.
(30) In questa relazione commerciale, pertanto, le imprese agroalimentari possono rivestire il ruolo sia di venditore che di compratore. Fra i soggetti che acquistano prodotti agricoli ed agroalimentari trasformati vi possono essere anche le organizzazioni no-profit (associazioni, fondazioni, comitati) che poi li rivendono, anche trasformati, a scopo di autofinanziamento o li utilizzano in qualche modo a favore degli associati o dei soggetti assistiti o beneficiati dall’ente.
schiacciati dal forte potere contrattuale dei loro clienti intermedi (il c.d. trade)31 – ed introduce importanti elementi di innovazione per il settore. La norma si inserisce, dunque, in un contesto caratterizzato da un equilibrio instabile dove i rapporti tra le controparti si giocano sulla forza, sulla deriva commerciale, su accordi che spesso non vengono formalizzati e dove la leva finanziaria gioca un ruolo rilevante soprattutto a favore della grande distribuzione organizzata (c.d. GDO).
A partire dai primi anni novanta del secolo scorso, infatti, si è assistito all’affermazione in Italia della grande distribuzione organizzata come canale distributivo prevalente dei prodotti, e le piccole e medie imprese sono state sempre più schiacciate dal potere contrattuale di queste catene distributive in termini di compressione dei prezzi di vendita, dei margini di guadagno ottenibili e di accettazione di pratiche commerciali gravose come, per esempio, i “contributi di inserimento” o “di esposizione”. Tali contributi sono somme che le società della grande distribuzione richiedono alle imprese fornitrici per inserire i loro prodotti negli assortimenti dei punti vendita o per esporle nei punti migliori di questi ultimi o degli scaffali (per esempio, all’altezza degli occhi o delle mani); altre volte, invece, si assiste all’imposizione di tutta una serie di sconti sul prezzo di vendita dei prodotti, legata alle motivazioni più varie (quantità, fine anno, pagamento a pronti, e così via). Tali pratiche commerciali sovente non appaiono giustificate da una contropartita reale, ma rappresentano solo una imposizione di una impresa più grande, o che comunque occupa una posizione strategica in un canale commerciale, nei confronti di una impresa più piccola, che spesso, peraltro, non ha alternative per raggiungere un numero ampio di consumatori finali a cui vendere i propri prodotti.
L’art. 62 del d.l. 1/2012, inoltre, tenta di incidere sul grave problema costituito dalle lunghe dilazioni di pagamento (a cui possono aggiungersi i ritardi di pagamento) con cui vengono pagati i produttori, soprattutto (ma non solo) quelli di beni agroalimentari trasformati. In particolare, le catene della grande distribuzione organizzata e le loro centrali di acquisto – che incassano “a pronti” i ricavi delle loro
(31) I dati ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente pubblico economico istituito con l'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina) relativi all’anno 2010, ad esempio, dimostrano che la percentuale del prezzo finale pagata al dettagliante dall’acquirente – consumatore finale, che serve a remunerare l’agricoltore che ha prodotto il bene acquistato, varia fra il 7 ed il 14%, e spesso non riesce a rappresentare un compenso che copra i costi sostenuti e generi un guadagno apprezzabile. Ciò vale soprattutto per i prodotti agricoli acquistati dal consumatore nei punti vendita della grande distribuzione organizzata e per quelli acquistati da dettaglianti che si riforniscono da grossisti, mentre vale di meno per i piccoli dettaglianti che acquistano i prodotti da rivendere presso gli agricoltori (in questo caso la parte del prezzo finale che va all’agricoltore è più alta e può arrivare al 50% circa).
vendite – di solito pagano i fornitori con dilazioni fino a dodici mesi ed anche oltre, così ottenendo grossi vantaggi finanziari a spese dei fornitori.
Il cuore del provvedimento - che intende scardinare le attuali, consolidate, rendite di posizione - è costituito, essenzialmente, dai primi due commi, le cui previsioni dovrebbero consentire di riallineare i rapporti tra i protagonisti della produzione e della distribuzione, orientandoli verso una effettiva interdipendenza degli attori a scapito dell’attuale rapporto di dipendenza dei primi dai secondi.
5.- L’analisi del 1° comma – I contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari. Forma, contenuto e nullità
La normativa in esame, nelle sue diverse articolazioni, rappresenta la sintesi degli interventi legislativi degli ultimi venti anni e delle nuove problematiche poco sopra prospettate.
Si rinvengono, infatti, profili di disciplina - tipici tanto dei contratti dei consumatori quanto dei contratti d’impresa - chiaramente ispirati alle diverse normative a tutela del c.d. “contraente debole”; per tale ragione appare indispensabile un costante raffronto con tali normative, anche al fine di comprendere gli specifici rimedi approntati.
Il primo comma dell’art. 62 così dispone: «I contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano a pena di nullità la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. I contratti devono essere informati
(32) Elemento sottolineato anche dai vertici di ISMEA, che hanno evidenziato come l’Istituto sia già operativo in questo settore e quale ruolo esso potrebbe svolgere nell’indispensabile monitoraggio di costi e valori che la nuova norma richiederà.
Nell'ambito delle sue funzioni istituzionali l'ISMEA, anche attraverso società controllate, realizza servizi informativi, assicurativi e finanziari e costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per le imprese agricole e le loro forme associate, al fine di favorire l'informazione e la trasparenza dei mercati, agevolare il rapporto con il sistema bancario e assicurativo, favorire la competitività aziendale e ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato. L'ISMEA affianca le Regioni nelle attività di riordino fondiario, attraverso la formazione e l'ampliamento della proprietà agricola, e favorisce il ricambio generazionale in agricoltura in base ad uno specifico regime di aiuto approvato dalla Commissione europea.
a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti. La nullità del contratto può anche essere rilevata d'ufficio dal giudice».
Il primo profilo da analizzare è quello relativo alle prescrizioni di forma del contratto. Con l’entrata in vigore della nuova disciplina33, tutti i contratti aventi ad oggetto la cessione all’ingrosso di prodotti agricoli ed alimentari dovranno essere redatti in forma scritta a pena di nullità, e ciò a prescindere dalla presenza di un’intesa di filiera e del correlativo contratto quadro ai sensi della normativa di settore vigente34. Xxxxxxx chiedersi se sia possibile parlare di un (neo)formalismo “di protezione”35 anche in ipotesi di contratti tra imprese che operano nel settore dei prodotti agricoli ed alimentari.
Il nuovo formalismo è caratterizzato da un preciso collegamento con prescrizioni di contenuto obbligatorio (di elementi ed informazioni) che il contratto deve presentare. Invero, la disposizione in commento esprime sia la regola sulla “forma negoziale” (la stipulazione del contratto deve avvenire per iscritto), sia la regola sulla “forma- contenuto” (determinati elementi del contratto devono risultare per iscritto)36; tali prescrizioni di forma-contenuto garantiscono la conoscenza di elementi del contratto ritenuti essenziali in materia di concorrenza e competitività, conferendo certezza ed
(33) Prevista, ai sensi del comma 11 bis, «decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto». La legge 24 marzo 2012, n. 27 – di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 – è stata pubblicata nel Suppl. ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2012, n. 71 (entrando in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione).
(34) Il d. lgs. 27 maggio 2005, n. 102, recante «Regolazioni dei mercati agroalimentari», prevede che gli organismi maggiormente rappresentativi nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari presenti nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro stipulano, nell’ambito del Tavolo agroalimentare istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le c.d. “intese di filiera” (con le quali, tra le altre cose, si prevede la formulazione di schemi contrattuali) sulla base delle quali le contrapposte organizzazioni rappresentative concludono i “contratti quadro”, nell’ambito dei quali i singoli agricoltori ed i singoli industriali e/o commercianti stipulano per iscritto i singoli contratti individuali. Cfr., sull’argomento, Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, in Dir. giur. agr. alim. amb., 2012, 6, 381; si rinvia, anche, a Xxxxxxxxxx, I contratti nel sistema agroalimentare, in Trattato di diritto agrario, diretto da Xxxxxxx, Germanò, Rook Xxxxxx, Vol. III, Il diritto agroalimentare, Torino, 2011, 423 ss.
(35) L’espressione è di Breccia, La forma, cit., 535.
(36) Di “forma-contenuto” e “forma negoziale” parla D’Amico, Formazione del contratto, in Enc. dir., Annali, II, tomo II, Milano, 2008, 582.
Invero, secondo un orientamento diffuso, la più recente legislazione, segnatamente quella di derivazione comunitaria, denota un significativo ampliamento delle funzioni perseguite dalla previsione di una forma vincolata, la quale non rappresenterebbe più una mera “cornice” di un atto che rimane espressione di autonomia privata ma implicherebbe anche una decisa «eterodeterminazione del contenuto contrattuale e si estenderebbe alle formalità della contrattazione, perseguendo finalità protettive che incidono sulle conseguenze rimediali della sua eventuale inosservanza, modificando i connotati caratterizzanti la nullità strutturale del contratto»38. L’obiettivo conformativo di questo “nuovo” tipo di nullità implica una serie di caratteri, tra cui la relatività e parzialità, attraverso i quali è possibile evitare il rischio che il contraente “forte” possa non rispettare il vincolo formale allo scopo di precostituirsi la facoltà di liberarsi dal contratto a scapito della controparte.
E’ necessario, in particolare, verificare se, nonostante dal tenore letterale del primo comma dell’art. 62 non sembra sia possibile trarre alcun dato espresso ed univoco in ordine alla relatività e parzialità della nullità quale conseguenza del difetto di forma, si possa ritenere di estendere i caratteri della nullità consumeristica sulla base di una sorta di generalizzabilità di tecniche rimediali legate alle finalità protettive della previsione formale.
Appare utile richiamare, in questa direzione, alcuni specifici profili di disciplina di qualche significativa figura di contratti tra imprese.
(37) Cfr. Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, cit., 382.
(38) In questi termini, efficacemente, Addis, «Neoformalismo» e tutela dell’imprenditore debole, in
Obblig. e contr., 2012, 6, ai cui ampi richiami bibliografici si rinvia.
(39) Addis, op. ult. cit., 9.
Nella disciplina sull’affiliazione commerciale (c.d. franchising)40, mediante la forma vincolata si introduce una serie di obblighi informativi che mirano ad assicurare la protezione dell’aspirante affiliato. Secondo una certa lettura della norma, tuttavia, la suddetta finalità assumerebbe connotati sensibilmente diversi da quelli riscontrabili in ambito consumeristico41. L’informazione, infatti, ha ad oggetto il contenuto complessivo del contratto e la sua refluenza sull’esercizio dell’attività d’impresa da parte dell’aspirante affiliato, al quale, secondo tale chiave di lettura, mediante l’adempimento dell’obbligo informativo non sarebbe garantito una sorta di «statuto minimo essenziale»42 di diritti indisponibili che consentano di riequilibrare la sua posizione rispetto a quella dell’affiliante (che predispone unilateralmente il contratto) bensì, più semplicemente, verrebbe assicurata la possibilità di assumere una decisione maggiormente consapevole.
Nondimeno, si è anche sostenuta la natura relativa della nullità determinata dall’inosservanza del requisito formale, equiparando la norma in commento a quelle previste per la tutela dei consumatori e lasciando chiaramente intendere che, in caso di sua violazione, la nullità del contratto dovrebbe essere rilevata dal solo contraente debole43. Ma altra parte della dottrina si è espressa in senso contrario a
(40) Legge 6 maggio 2004, n. 129, al cui art. 3 (Forma e contenuto del contratto), si legge: «1. Il contratto di affiliazione commerciale deve essere redatto per iscritto a pena di nullità. (.…) 4. Il contratto deve inoltre espressamente indicare: a) l'ammontare degli investimenti e delle eventuali spese di ingresso che l'affiliato deve sostenere prima dell'inizio dell'attività; b) le modalità di calcolo e di pagamento delle royalties, e l'eventuale indicazione di un incasso minimo da realizzare da parte dell'affiliato; c) l'àmbito di eventuale esclusiva territoriale sia in relazione ad altri affiliati, sia in relazione a canali ed unità di vendita direttamente gestiti dall'affiliante; d) la specifica del know-how fornito dall'affiliante all'affiliato; e) le eventuali modalità di riconoscimento dell'apporto di know-how da parte dell'affiliato; f) le caratteristiche dei servizi offerti dall'affiliante in termini di assistenza tecnica e commerciale, progettazione ed allestimento, formazione; g) le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione del contratto stesso». Per un dettagliato commento, vedi, da ultimo, Xxxxxxxx, Il contratto di franchising. Orientamenti giurisprudenziali prima e dopo la legge 129 del 2004, Milano, 2012, spec. 61 ss.
(41) Cfr. Cian, La nuova legge sull’affiliazione commerciale, in Leggi civ. comm., 2004, 1163 ss.; Xxxxxxx, I contratti di distribuzione fra legge di protezione e regole di concorrenza, in Obblig. e xxxxx., 2005, 9 ss.; ID., I contratti di distribuzione, in Il diritto europeo dei contratti d’impresa, a cura di Sirena, Milano, 2006, 486 ss.; Xxxxxxxx, Sulla violazione degli obblighi di informazione in materia di affiliazione commerciale, in Contr. e impresa, 2005, 1263 ss.; Xxxxxxxx, Nuovi requisiti di forma nel contratto. Trasparenza contrattuale e neoformalismo, Padova, 2006, 80 ss. e 168; Xxxxxxxxxxx, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, cit., spec. 26 ss., 34 ss. e 94 ss.
(42) L’espressione è di Addis, op. ult. cit., 15.
(43) Xx Xxxx, L’analisi funzionale della forma, Milano, 2011, 121; Modica, Vincoli di forma e disciplina del contratto, cit., spec. 179 e 240.
La formula della prima parte dell’art. 62, I co., evoca anche la disciplina della subfornitura nelle attività produttive45, secondo la quale, in ipotesi di violazione della prescrizione formale, la nullità del contratto non preclude il diritto del subfornitore alla controprestazione ed al ristoro delle spese sostenute in buona fede. Si è sostenuto, al riguardo, che tale previsione è riconducibile all’intento del legislatore di rendere – sia pure con evidenti finalità protettive – sconveniente sul piano economico per il committente l’abuso della sua posizione di forza per imporre al subfornitore un contratto orale; non si assisterebbe, pertanto, alla prosecuzione della relazione contrattuale46 ed all’eliminazione di una porzione del contratto o alla sua sostituzione con norme imperative, secondo il modello rimediale proprio della nullità parziale47.
Si osserva, inoltre, che se il legislatore avesse inteso, in ragione della finalità protettiva assunta dalla previsione formale, attribuire al solo subfornitore la
legittimazione a far valere la nullità (in tal caso qualificabile come relativa), la
(44) Cfr. De Nova, La nuova legge sul Franchising, in I contratti, 2004, 763; nonché D’Amico, La formazione del contratto, in AA. VV., Il terzo contratto, cit., 55 ss., il quale pone altresì l’accento sul fatto che, mentre nei contratti dei consumatori l’informazione è rivolta alla concessione di uno jus poenitendi destinato ad intervenire a contratto già concluso, qui è finalizzata a permettere di evitare il perfezionamento del contratto.
(45) L’art. 2 (Contratto di subfornitura: forma e contenuto) della legge 18 giugno 1998, n. 192, prevede al comma I che: «Il rapporto di subfornitura si instaura con il contratto, che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. (…) In caso di nullità ai sensi del presente comma, il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell'esecuzione del contratto». Il IV comma aggiunge che: «Il prezzo dei beni o servizi oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso, tale da non ingenerare incertezze nell'interpretazione dell'entità delle reciproche prestazioni e nell'esecuzione del contratto»; il V comma conclude stabilendo che: «Nel contratto di subfornitura devono essere specificati: a) i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il subfornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia; b) il prezzo pattuito; c) i termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento».
(46) Cfr. De Xxxxxx-Xxxxxxx, La subfornitura nelle attività produttive. Il nuovo contratto di subfornitura ex lege 18.6.1998, n. 192. Disciplina civilistica e fiscale, Milano, 1998, 24; Bortolotti, I contratti di subfornitura. La nuova legge sulla subfornitura nei rapporti interni ed internazionali, Padova, 1999, 74 ss.
(47) Sul punto, in particolare, cfr. Albanese, Abuso di dipendenza economica: nullità del contratto e riequilibrio del rapporto, in Europa e dir. priv., 1999, 1194.
garanzia del diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate risulterebbe del tutto superflua e sovrabbondante, dal momento che sarebbe comunque rimessa alla discrezionalità del subfornitore la scelta in ordine all’attivazione o meno del rimedio. In questa logica, dunque, il riconoscimento del diritto alla controprestazione si comprende proprio ipotizzando che la nullità sia rilevabile da chiunque vi ha interesse e d’ufficio dal giudice (ex art. 1421 cod. civ.)48.
6.- (segue) La «debolezza» del consumatore e quella dell’imprenditore
Nel percorso ricostruttivo che in questa sede si sta tracciando, va certamente attribuita decisiva importanza ad un’attenta ricostruzione degli elementi caratterizzanti la «debolezza» del consumatore e quella di un imprenditore o di un professionista, al fine di poter correttamente valutare l’estendibilità dei rimedi caratterizzanti il c.d. “neoformalismo” consumeristico ai contratti tra imprese.
Nel rapporto consumatore-professionista si presume un’asimmetria che fonda lo squilibrio sulla mancanza di adeguata informazione e sull’ignoranza dei termini dello scambio49. Pur potendo ipotizzare che talvolta anche un imprenditore non possegga un adeguato quadro informativo nonostante la sua qualità, nelle relazioni commerciali tra imprese ciò che rileva è essenzialmente una debolezza di natura
(48) Cfr. Xxxxxx, La subfornitura industriale: considerazioni in merito all’ambito di applicazione della l. n. 192 del 1998 e alla forma del contratto di subfornitura, in Giust. civ., 1999, II, 275 ss.; Xxxxxxxx, Subfornitura e attività produttive. Commento alla l. 18.6.1998, n. 192, Milano, 1999, 31 ss.; Xxxxx, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, in I contratti, 1999, 297; Xxxxxxxxxx, Il contratto di subfornitura, Torino, 2000, 62 ss.; Quadri, Nullità e tutela del contraente debole, in Contr. e impresa, 2001, 1183; Xxxxxxxx, Discipline della nullità e interessi protetti, Napoli, 2001, 119 ss.
Contra, nel senso del carattere relativo della nullità determinata dall’inosservanza della forma scritta, Gioia, Nuove nullità relative e tutela del contraente debole, in Contr. e impresa, 1999, 1362; Longu, Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra le imprese, in Riv. dir. civ., 2000, 373; Prosperi, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e sistematici, Napoli, 2002, 118 ss.; Xxxxxxxxxx, Nullità, legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 697.
(49) Cfr. Vettori, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di responsabilità, in Riv. dir. priv., 2003, 241 ss.; Id., Asimmetrie e rimedi fra disciplina generale e norme di settore, in Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, cit., 393 ss.; Ciraolo, L’informazione nel diritto europeo dei contratti, Messina, 2004, 50 ss.; Xxxxxxx, Dalla tutela del contraente debole alla nozione giuridica di consumatore nella giurisprudenza comune, europea e costituzionale, in Obblig. e contr., 2006, 872 ss. Significativi spunti offre, altresì, D’Amico, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 348; Id., L’abuso di autonomia negoziale nei contratti dei consumatori, in Riv. dir. civ., 2005, I, 657 ss.
La “debolezza” dell’imprenditore, pertanto, a differenza di quella del consumatore, non potrebbe predicarsi a priori ed in astratto, ma solo eventualmente accertarsi a posteriori ed in concreto; di tale circostanza occorre tener conto allorché si tenti di dare una lettura – in chiave sistematica – delle disposizioni inerenti la forma degli atti che vedono come parti necessarie ed esclusive gli imprenditori.
L’idea di fondo di una simile impostazione è quella che – nonostante sia dato registrare qualche segnale in senso contrario51 – la protezione della parte debole nelle relazioni commerciali (i c.d. rapporti “B2B”) tra imprese con diverso grado di forza di mercato implichi presupposti, obiettivi e tecniche di regolazione non assimilabili a quelli operanti per la protezione dei consumatori verso i professionisti (rapporti c.d. “B2C”)52.
Le relazioni commerciali in materia di cessione dei prodotti agricoli ed agroalimentari rientrano, in particolare, in quella categoria di relazioni contrattuali (caratterizzate, sul piano soggettivo, come esclusivamente B2B) in cui la parte penalizzata dalle asimmetrie di mercato, e dunque destinataria della protezione legislativa, è quella che esegue la “prestazione caratteristica”, quella che fornisce, cioè, il bene o il
(50) Così Addis, op. cit., 12. Sul tema cfr., anche, Xxxxxxx, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti «reticolari», in Riv. critica dir. priv., 2005, 564 ss.; Xxxxxxx, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, in Riv. dir. civ., 2008, 515 ss.; Xxxxxxxxx, Il contratto
«incompleto», in Riv. dir. priv., 2008, 509 ss.; Xxxxx, Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, «terzo contratto», in Contr. e impresa, 2009, 120 ss.
(51) Si fa riferimento, in particolare, alla recente estensione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette, di cui al titolo III del codice del consumo, alle c.d. “microimprese”. Specificamente, l’art. 7 co. I-II, del d.l. n. 1/2012 ha aggiunto all’art. 18 del codice del consumo la lettera d bis, definendo le “microimprese”, destinatarie della specifica tutela ivi prevista, come «entità, società o associazioni che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un'attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3, dell'allegato alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003», ed ha esteso l’ambito di applicazione della disciplina «alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese» (art. 19, I comma, codice del consumo).
(52) Secondo una diversa chiave di lettura, viceversa, è stata prospettata in dottrina la più generale categoria del “contratto asimmetrico”, implicante un’ampia convergenza (di presupposti, obiettivi e tecniche di tutela della parte debole) fra contratti del consumatore e contratti asimmetrici tra imprese: cfr. Roppo, Prospettive del diritto contrattuale europeo, cit., spec. 279 ss.; Id., Il contratto del duemila, cit., spec. 65 ss.
7.- La c.d. nullità di protezione - Caratteri ed ambito applicativo
La legislazione di matrice europea, e segnatamente quella a tutela dei consumatori, prospetta la figura della c.d. “nullità di protezione” (il cui prototipo è rappresentato dall’art. 36 cod. consumo). Malgrado sia possibile pervenire ad una ricostruzione in chiave unitaria nell’evoluzione del sistema55, la nuova figura è stata prevalentemente ritenuta un modello alternativo a quello della tradizionale nullità codicistica (il cui regime è dettato dagli art. 1418-1424 cod. civ.).
Specifiche peculiarità del rimedio, infatti, sono quelle della “relatività” (che consiste nella legittimazione a far valere la nullità in capo al solo contraente protetto ovvero – ove tale nullità sia oggetto di rilievo officioso da parte del giudice – nel fatto che la
(53) In una seconda tipologia di relazioni contrattuali, invece, la parte protetta è quella che acquista beni o servizi sul mercato, cioè la parte destinataria della prestazione caratteristica: in una parola, il cliente. Si tratta, in questo caso, di rapporti soggettivamente “neutri”, nel senso che possono essere sia B2B, sia B2C: una parte è necessariamente un’impresa, ma la controparte può essere sia un’impresa, sia un consumatore, sia un soggetto che non rientra in nessuna di queste categorie. Cfr. Roppo, Prospettive del diritto contrattuale europeo, cit., 271.
(54) Nella stessa direzione i primi commenti sulla previsione di nullità di cui al I comma dell’art. 62 in esame, i quali propendono per una configurazione, in assenza di espressa diversa disposizione , ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., in termini di nullità assoluta, secondo un regime in tutto e per tutto contrapposto a quello tipico della nullità di protezione: «la dichiarazione di nullità del contratto nelle ipotesi [sopra] indicate colpisce il contratto in sé e per sé, indipendentemente se a giovarsi del venir meno del contratto sia il contraente debole o colui che, approfittando del suo potere economico, abbia imposto un contratto verbale o abbia redatto un contratto privo delle indicazioni della durata, della quantità e delle caratteristiche del prodotto, del prezzo, delle modalità di consegna e di pagamento», così Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, cit., 385.
(55) Sia consentito rinviare a Xxxxxxxxx, L’azione di annullamento ed i suoi presupposti (Annullabilità e invalidità. Premesse teoriche e ricostruzione del sistema), in Commentario del Codice Civile, diretto da Xxxxxxxxxxx, Milano, 2009, spec. 7 ss.
nullità non possa essere pronunciata se non a suo vantaggio)56 e della “parzialità necessaria” (la sanzione della nullità è limitata a singole clausole, non estendendosi all’intero contratto).
L’analisi della nuova disciplina di cui all’art. 62 d.l. n. 1/2012 involge il dibattito in ordine alla possibilità di configurare la nullità di protezione, oltre che come testuale, anche come virtuale57. In particolare, il I comma della norma, prevedendo espressamente la nullità, ma non la relativa “disciplina”, prospetta l’interrogativo in ordine all’applicabilità del regime generale del codice civile (segnatamente, in punto di legittimazione) ovvero di quello della c.d. nullità di protezione.
Si tratta, dunque, di stabilire se sia ravvisabile o meno nella previsione di nullità in esame (attraverso l’individuazione della ratio legis) una disciplina derogatoria (la “diversa disposizione di legge” di cui all’art. 1421 cod. civ.), implicita nello scopo di tutela cui è preordinata la previsione stessa58.
Come si è già messo in evidenza, rispetto, ad esempio, alla nullità per vizio di forma prevista dall’art. 2 comma 1 l. n. 192 del 1998, alla tesi che la configura come una nullità «relativa» si è obiettato che l’attribuzione al subfornitore del diritto al pagamento delle prestazioni effettuate lascia semmai intendere che la legittimazione a far valere la nullità debba considerarsi «assoluta», secondo la regola generale.
Più in generale, invero, è diffusa l’idea che la disciplina dei contratti tra imprese, specificamente finalizzata alla tutela degli interessi del mercato nel quale le iniziative imprenditoriali operano, si caratterizzi rispetto alla disciplina dei contratti del consumatore per una spiccata configurazione del contratto come tecnica per attuare il sistema concorrenziale, ritenuto in quanto tale il più idoneo ad assicurare il progresso collettivo, con conseguente perdita della centralità del paradigma contrattuale della libera autodeterminazione; ne consegue che, per un verso, alla negoziazione individuale non è riconosciuto alcun rilievo dirimente, essendo lo squilibrio derivante dall’abuso sindacabile per la sua sola oggettiva sussistenza e
(56) Ciò costituirebbe il naturale corollario del fatto che, con le parole di D’Amico, Nullità virtuale – Nullità di protezione (Variazioni sulla nullità), in I contratti, 2009, 738 «il rimedio invalidatorio è utilizzato allo scopo di fornire “protezione” in via diretta e immediata all’interesse di uno dei contraenti, prima ancora e a parte la tutela assicurata anche a interessi di carattere generale».
(57) Di «nodi ancora da sciogliere con riferimento a questa forma di nullità» parla D’Amico, op. ult. cit., 738.
(58) In questa ipotesi si è parlato di nullità di protezione virtuale: ciò che è «virtuale» non è la nullità (che, anzi, è testualmente prevista dal legislatore), bensì il suo carattere «di protezione» (che non è palesato dal legislatore, ma ricavato dall’interprete alla luce della ratio della previsione legislativa); cfr., ancora, D’Amico, op. ult. cit., 739.
che, per altro verso, la nullità - rilevabile ex officio dal giudice - non è di tipo “protettivo” ma generale ed assoluta.
In altri termini, le norme in parola non lascerebbero spazio alla manifestazione di autonomia privata dell’imprenditore debole, nel senso di “condividere” la (o quantomeno “consentire” alla) clausola “abusiva”. La disciplina delle clausole vessatorie nei contratti tra professionista e consumatore, viceversa, esclude la vessatorietà delle clausole che hanno formato oggetto di trattativa individuale (ad eccezione delle clausole inserite nella c.d. black list di cui all’art. 36, comma II); coerentemente, la nullità opera solo a vantaggio del consumatore, il quale può opporsi al rilievo officioso del giudice.
8.- I princìpi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni
Il secondo inciso del primo comma dell’art. 62 prevede che «I contratti devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti».
Il richiamo ai principi di trasparenza, correttezza e proporzionalità evoca l’art. 2, co. II, lett. e) del codice del consumo (a mente del quale a consumatori ed utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali)60.
(59) Xxxxxxxxx, L’azione di annullamento ed i suoi presupposti (Annullabilità e invalidità. Premesse teoriche e ricostruzione del sistema), cit., 25. Cfr., altresì, Xxxxxxx, Contratto e regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, in Id., Categorie e istituti del diritto civile, cit., 715, il quale evidenzia che la costruzione del regolamento contrattuale compie un evidente salto di qualità, passando dal piano analitico del singolo atto in sé a quello più generale sistematico e globale del rapporto dell’atto con l’intero ordinamento.
(60) Per uno specifico commento sui diritti riconosciuti dall’art. 2, co. II, lett. e) del codice del consumo, v., in particolare, Xxxxxxxxxx, L’art. 2 del Codice del consumo e i diritti fondamentali del
La proporzionalità può essere definita come un criterio relazionale fra le prestazioni, che si specifica attraverso valutazioni soggettive dei contraenti che tale relazione instaurano, o attraverso constatazioni oggettive che presuppongono un valore “minimo” di proporzionalità, al di là del quale viene meno la stessa relazione. La proporzionalità non è quindi equivalenza, ma relazione fra due prestazioni o fra le complessive posizioni contrattuali.
L’equità richiama parametri sociali di equivalenza e giustizia contrattuale che intervengono a colmare lacune contrattuali o pongono un limite all’autonomia negoziale; essa è dunque sia un criterio di integrazione del contratto (che, a norma dell’articolo 1374 cod. civ., obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità), sia un criterio di correzione degli effetti del contratto che, predisposti dalle parti, risultino tuttavia concretamente ingiusti.
Nei contratti c.d. di diritto comune, ossia non disciplinati da norme speciali ispirate a specifiche esigenze di tutela, il giudice può operare un sindacato di proporzionalità nei ristretti limiti previsti dalle norme codicistiche (sopravvenienze o stati soggettivi particolarmente qualificati), salvaguardando l’originaria relazione di proporzionalità instaurata dalle parti (o dalle stesse instaurabile in condizioni di piena libertà volitiva); può verificare l’equità alla luce di parametri socialmente giusti solo in funzione integrativa ed interpretativa del carente o equivoco regolamento contrattuale, essendo l’intervento correttivo limitato alla sola ipotesi di riduzione della clausola penale (art. 1384 cod. civ.).
Non è invece configurabile un controllo oggettivo della proporzionalità, né generalizzato dell’equità, poiché ciò contrasterebbe con l’autonomia negoziale delle parti - libere e sovrane di stabilire le soglie di convenienza o di equilibrio della contrattazione - oltre che con i principi di affidamento sulla stabilità dei contratti e di certezza dei traffici giuridici.
La prospettiva muta sensibilmente quando vengono in rilievo i contratti dei consumatori o fra imprese. Qui l’assunto secondo il quale l’autonomia delle parti sia di per sé sola sufficiente a realizzare un’equa composizione degli interessi cede il passo di fronte alla sussistenza di strutturali asimmetrie di posizioni fra le parti medesime, sicché il sistema prevede strumenti di etero determinazione legale o giudiziale del contenuto del contratto.
Resta da chiedersi quali possano essere i parametri, i margini e gli esiti del sindacato del giudice sui profili di proporzionalità ed equità del regolamento negoziale.
consumatore nei rapporti contrattuali, in I contratti, 2007, 907 ss. Più di recente, v. AA. VV., Codice del consumo, a cura di Xxxxxxx, III ed., Milano, 2012, 10 ss.
In particolare, potrà il giudice intervenire sul contenuto del contratto che, in ipotesi, contenga espressamente tutte le indicazioni previste dal primo comma dell’art. 62 (quantità, caratteristiche, prezzo, modalità di consegna e pagamento dei beni), ove tali indicazioni comportino, concretamente, una violazione dei principi ivi richiamati? Si pensi alle ipotesi di un prezzo palesemente non congruo o di modalità di consegna e pagamento particolarmente gravose per l’imprenditore agricolo/produttore (creditore del pagamento).
Il riferimento, chiaramente, è alle disposizioni del d. lgs. n. 231/2002, relativo alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Più precisamente, nella formulazione vigente al momento dell’emanazione e dell’entrata in vigore dell’art. 62 in commento61, l’ultimo comma dell’art. 7 del suddetto decreto delegato prevedeva che «il giudice, anche d'ufficio, dichiara la nullità dell'accordo» (sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento che risulti gravemente iniquo, ai sensi del I e II comma della stessa norma, in danno del creditore) e, avuto riguardo all'interesse del creditore, alla corretta prassi commerciale ed alle altre circostanze di cui al comma I, «applica i termini legali ovvero riconduce ad equità il contenuto dell'accordo medesimo». La norma appena richiamata, così formulata, riconosceva al giudice un penetrante potere di intervento sul contratto, laddove prevede che egli (una volta dichiarata la nullità della clausola) possa, in alternativa alla applicazione dei termini legalmente predeterminati, ricondurre ad equità il contenuto dell’accordo secondo il proprio prudente apprezzamento62.
Va precisato, tuttavia, che siffatto potere ha ad oggetto solo l’accordo sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento; su elementi, cioè, che il III comma dell’art. 62 d.l. n. 1/2012 predetermina in modo inderogabile: «Per i contratti di cui al comma 1, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato per le merci
(61) Va segnalato, infatti, che, in attuazione della delega contenuta all’art. 10 della legge n. 180/2011, è stato recentemente emanato il d. lgs. 9 novembre 2012 n. 192, recante «Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180».
(62) La nuova formulazione dell’art. 7, risultante dalle modifiche apportate dal d. lgs. n. 192/2012, viceversa, sembra escludere un così penetrante potere di intervento, poiché prevede unicamente che
«1. Le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore. Si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. 2. Il giudice dichiara, anche d'ufficio, la nullità della clausola avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza, la natura della merce o del servizio oggetto del contratto, l'esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o all'importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero».
deteriorabili63 entro il termine legale di trenta giorni e per tutte le altre merci entro il termine di sessanta giorni. In entrambi i casi il termine decorre dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. Gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli interessi è maggiorato di ulteriori due punti percentuali ed è inderogabile»64.
Scompare, dunque, nel settore della cessione dei prodotti agricoli ed agroalimentari, la possibilità che le parti stabiliscano un termine superiore rispetto a quello legale.
9.- I divieti nelle relazioni commerciali tra operatori economici - Sanzioni e rimedi
I divieti di cui al 2° comma dell’art. 62 hanno un ampio spettro applicativo, riguardando essi tutte le «relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni di cui al comma 1». Le condotte vietate, in particolare, sono quelle volte a: «a) imporre direttamente o indirettamente condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extracontrattuali e retroattive; b) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; c)
(63) L’elenco dei «prodotti alimentari deteriorabili», ai fini della specifica normativa, è contenuto nel successivo IV comma, che sostituisce il D.M. 13 maggio 2003 (il quale, peraltro, si esprimeva negli stessi termini), abrogato dal comma 11 dell’art. 62 in commento.
(64) Comma così sostituito dalla legge di conversione n. 27/2012.
(65) Il 3° comma così disponeva: «Per i contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti alimentari deteriorabili, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato entro il termine legale di sessanta giorni dalla consegna o dal ritiro dei prodotti medesimi e gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli interessi di cui all'articolo 5, comma 1, è maggiorato di ulteriori due punti percentuali ed è inderogabile»; il 4° comma prevedeva, poi, che «Le parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati nell'ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle attività produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale della produzione, della trasformazione e della distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici».
I suddetti commi oggi risultano abrogati dal comma 11 dell’art. 62, con la decorrenza prevista dal comma 11 bis dell’articolo stesso.
subordinare la conclusione, l'esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto degli uni e delle altre; d) conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali;
e) adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento».
In ipotesi di violazione dei superiori divieti, la norma prevede espressamente solo le sanzioni amministrative pecuniarie (comma VI, VIII, IX ) ed il risarcimento del danno, oltre l’inibitoria (comma X).
Per tentare di rispondere al superiore quesito è utile richiamare la legislazione, di derivazione comunitaria, cui la nuova normativa è palesemente ispirata.
Viene in rilievo, anzitutto, l’articolo 102 TFUE (ex articolo 82 TCE), inserito nel capo relativo alle regole di concorrenza applicabili alle imprese, che vieta lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo, fornendo un elenco, esemplificativo67, di condotte abusive68 che, anche alla stregua del tenore letterale, ricalcano sostanzialmente quelle indicate dall’art. 62.
(66) Si tratta, in definitiva, del dubbio relativo alla configurabilità di ipotesi di nullità virtuale di protezione, che ricorre laddove il legislatore ha previsto una norma «imperativa» senza indicare espressamente la nullità quale rimedio per la sua violazione. È, questo, un ulteriore «nodo da sciogliere» in tema di nullità di protezione secondo D’Amico, Nullità virtuale – nullità di protezione, cit., 739 (vedi supra, paragrafo 7).
(67) La norma prevede, infatti, che «Tali pratiche abusive possono consistere in particolare (…)».
(68) Consistenti nel «a) imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; b) limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; c) applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; d) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi».
Il successivo art. 103 TFUE (ex art. 83 TCE) rinvia al diritto europeo c.d. “derivato” (Regolamenti e Direttive) per l’introduzione delle disposizioni finalizzate a garantire l’osservanza dei divieti, precisando la necessità di comminare ammende e penalità di mora; l’art. 104 TFUE (ex art. 84 TCE) autorizza, fino all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 103 TFUE, le autorità degli Stati membri a decidere in merito allo sfruttamento abusivo di una posizione dominante in conformità al diritto nazionale interno.
Non deve sorprendere che il legislatore europeo si limiti a prevedere la fattispecie e che non si pronunci espressamente sull’introduzione di specifici rimedi (in particolare sotto il profilo dell’invalidità), rimettendone l’individuazione ai singoli legislatori nazionali in conformità alla tradizione ed al sistema proprio di ciascun ordinamento.
Il nostro legislatore ha recepito la normativa comunitaria con la legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), il cui art. 3, rubricato «Abuso di posizione dominante», riprende pressoché letteralmente l’art. 102 TFUE69. La stessa legge, poi, istituisce l’ Autorità garante della concorrenza e del mercato e ne disciplina i poteri di indagine e di istruttoria (artt. 12 e 14), di adozione di eventuali misure cautelari (14 bis), e prevede un apparato di sanzioni amministrative pecuniarie (art. 15).
ed anche sulla scorta di quanto previsto dall’art. 33, comma II, l. n. 287/1990 (il quale, come modificato proprio dal d.l. n. 1/2012, prevede che «Le azioni di nullità e
(69) Così disponendo: «È vietato l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato: a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori; c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi».
(70) Si veda, emblematicamente, Xxxxx Xxx. Xxxx, 00 gennaio 2001, in Giur. comm., 2002, II, 362, secondo cui «I comportamenti aventi carattere negoziale che concretano un abuso di posizione dominante si pongono in contrasto con il divieto sancito dall'art. 3 della legge antitrust. Trattandosi di violazione di norma imperativa, la conseguenza è la nullità».
di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti al tribunale competente per territorio […] ») ha affermato che «[…] l'art. 33, che determina la competenza della Corte d'Appello (n.b. oggi Tribunale delle imprese), prevede le sole ipotesi in cui nel caso di abuso di posizione dominante si agisca per ottenere la dichiarazione di nullità del contratto o il risarcimento del danno […]»71.
Il legislatore si esprime, invece, chiaramente nell’ipotesi di cui all’art. 9 (abuso di dipendenza economica)72 della l. n. 192/1998 (disciplina della subfornitura nelle attività produttive), secondo cui «Il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo. Il giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni».
La nullità del patto “abusivo” è ricostruita, prevalentemente, in termini di nullità di protezione, necessariamente parziale74 (sottratta, come tale, al giudizio di cui all’art. 1419, I comma, cod. civ.) ed a legittimazione relativa75.
(71) In questi termini, di recente, Cass. Civ., 23 febbraio 2012, n. 2777, in Giust. civ. Mass., 2012, 2, 213.
(72) «1. È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subìto l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. 2. L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto […]»
(73) Così, di recente, Trib. Torino 11 marzo 2010, in Giur. comm., 2011, 6, II, 1471. In dottrina, cfr., in particolare, Xxxxxxx, Abuso di autonomia negoziale e disciplina dei contratti fra imprese: verso una nuova clausola generale?, in Riv. dir. civ., 2005, 684; Agrifoglio, L’abuso di dipendenza economica nelle prime applicazioni giurisprudenziali: tra tutela della parte debole e regolazione del mercato, in Europa e dir. priv., 2005, 253 ss.
(74) Cfr., specialmente, Albanese, Abuso di dipendenza economica, cit., 1179 ss.
10.- Note minime sulle ulteriori disposizioni dell’art. 62: sanzioni pecuniarie, azione risarcitoria e inibitoria
A) Le sanzioni amministrative pecuniarie - Poteri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
I commi 5°-7° dell’art. 62 prevedono sanzioni amministrative pecuniarie, di importo non sempre significativo76, in relazione alla violazione delle precedenti disposizioni in tema di requisiti di forma-contenuto del contratto di cessione di prodotti agricoli ed alimentari77 (comma I), divieti nelle relazioni commerciali (comma II) e termini di pagamento (comma III).
La vigilanza sull'applicazione delle predette disposizioni, oltre che la competenza all'irrogazione delle sanzioni ivi previste, spetta all’Autorità garante della
(75) Vedi, per tutti, le acute osservazioni di Xxxxx, Invalidità e contratto tra imprenditori in situazione asimmetrica, in Il terzo contratto, cit., 134, secondo cui «la legittimazione relativa risulta quella più conforme al complessivo dettato normativo» poiché in caso contrario al contraente «dominante» verrebbe offerta la possibilità di sottrarsi all’impegno contrattuale. In ogni caso, sulle diverse ricostruzioni in ordine alla disciplina della nullità del patto di cui all’art. 9 l. n. 192/1998, cfr. Xxxxxxx, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, Milano, 2003, 158 ss.
(76) I suddetti commi così dispongono: «5. Salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 1 è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a euro 20.000,00. L'entità della sanzione è determinata facendo riferimento al valore dei beni oggetto di cessione.
6. Salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a euro 3.000,00. La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti di cui al comma 2.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento stabiliti al comma 3 è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a euro
500.000. L'entità della sanzione viene determinata in ragione del fatturato dell'azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi». Qualche osservazione sul punto in Albisinni, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, cit., 15-17.
(77) È interessante rilevare che, ai sensi del comma V, è sottoposto alle sanzioni amministrative pecuniarie «il contraente» che contravviene agli obblighi di cui al comma I, e cioè l’obbligo di redazione per iscritto del contratto di cessione di prodotti agricoli ed alimentari. In questa ipotesi, infatti, entrambi i contraenti (anche il cedente/contraente debole, e non solo il cessionario/contraente forte) si rendono responsabili della violazione dell’obbligo e dunque entrambi dovrebbero sopportare le relative sanzioni. Cfr. Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, cit., 384.
Merita segnalare, peraltro, che lo stesso d.l. n. 1/2012 ha ulteriormente esteso le competenze dell’Autorità medesima. L’art. 5 del provvedimento, infatti, ha introdotto la «tutela amministrativa contro le clausole vessatorie», inserendo l’art. 00 xxx xxx xxxxxx xxx xxxxxxx (xx sensi del quale «L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentite le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale e le camere di commercio interessate o loro unioni, d'ufficio o su denuncia, ai soli fini di cui ai commi successivi, dichiara la vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori che si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari»), e prevedendo, inoltre, l’applicazione di alcuni poteri istruttori di cui all’art. 14 l. n. 287/1990 e la comminatoria di sanzioni amministrative pecuniarie79.
B) L’azione risarcitoria e l’azione inibitoria
È xxxxxx chiedersi se il legislatore abbia inteso estendere, ai rapporti commerciali di cui si discute, il meccanismo della class action, tipicamente prevista per la tutela dei
(78) Ai sensi del comma 8° dell’art. 62. Il comma 9° prevede, poi, che «Gli introiti derivanti dall'irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 5, 6 e 7 sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati e ripartiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e iscritti nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, al Fondo derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità Garante Concorrenza e Mercato da destinare a vantaggio dei consumatori per finanziare iniziative di informazione in materia alimentare a vantaggio dei consumatori e per finanziare attività di ricerca, studio e analisi in materia alimentare nell'ambito dell'Osservatorio unico delle Attività produttive, nonché nello stato di previsione del Ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali per il finanziamento di iniziative in materia agroalimentare».
(79) Per un approfondimento sul punto si rinvia a Rossi Xxxxxx, La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie, in Obblig. e contr., 2012, 492 ss.; Rumi, Il controllo amministrativo delle clausole vessatorie, in I contratti, 2012, 638 ss.; Pandolfini, La tutela amministrativa dei consumatori contro le clausole vessatorie, in Il corriere giuridico (speciale n. 2), 2012, 47 ss.
(80) La norma così recita: «Sono fatte salve le azioni in giudizio per il risarcimento del danno derivante dalle violazioni della presente disposizione, anche ove promosse dalle associazioni dei consumatori aderenti al CNCU e delle categorie imprenditoriali presenti nel Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro o comunque rappresentative a livello nazionale».
diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti nonché degli interessi collettivi, ai sensi dell’art. 140 bis del codice del consumo.
Va precisato, peraltro, che l’inciso «nonché gli interessi collettivi», come oggetto di tutela della class action, è stato introdotto, in sede di conversione del d.l. n. 1/2012, dalla legge n. 27/2012, sicché l’odierna formulazione del primo comma del suddetto art. 140 bis è la seguente: «I diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 nonché gli interessi collettivi sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni». Per un verso, quindi, viene ampliato l’oggetto della tutela (che ricomprende anche gli interessi collettivi)81, ma per altro verso viene mantenuta la formula secondo cui la legittimazione ad agire spetta a ciascun componente della classe anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa; associazioni o comitati che, quindi, possono rappresentare la classe solo in presenza di apposito mandato conferito da almeno un danneggiato (che le “coinvolga”), e non già agire ex sè.
Diversamente, il comma 10 dell’art. 62 in commento prevede che le associazioni dei consumatori aderenti al CNCU e delle categorie imprenditoriali presenti nel Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro o comunque rappresentative a livello nazionale possono promuovere le azioni in giudizio per il risarcimento del danno82.
Trattasi di strumento del tutto analogo a quello previsto dall’art. 37 del codice del consumo84, al quale è sovrapponibile sotto il profilo della legittimazione ad agire (collettiva) e dell’organo competente a disporre l’inibitoria (il giudice).
(81) Per un breve commento sotto tale profilo, che tenga conto delle ultime modifiche, x. Xxxxxxxxxx,
Azione di classe: profili sostanziali, in I contratti, 2012, 515 ss.
(82) Cfr. Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, cit., 384-385.
(83) Il tenore letterale della norma è il seguente: «Le stesse associazioni sono altresì legittimate ad agire, a tutela degli interessi collettivi, richiedendo l'inibitoria ai comportamenti in violazione della presente disposizione ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile» (Comma così modificato dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27).
(84) A mente del quale «1.Le associazioni rappresentative dei consumatori, di cui all'articolo 137, le associazioni rappresentative dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e
Oggetto dell’inibitoria di cui all’art. 37 del codice del consumo è l’utilizzo di condizioni generali di contratto di cui sia accertata l’abusività (ai sensi degli artt. 33 e 34 del codice stesso); oggetto dell’inibitoria di cui all’art. 62 d.l. n. 1/2012 sono invece tutti i
«comportamenti in violazione della presente disposizione», che esprimono, in sostanza, un abuso della posizione di mercato e del connesso potere negoziale da parte dell’impresa “forte”.
11.- La previsione della entrata in vigore della nuova normativa - Brevi osservazioni (anche di metodo) sul decreto applicativo dell’art. 62
Ai sensi del comma 11 bis, aggiunto in sede di conversione dalla legge n. 27/2012, l’art. 62 acquista efficacia decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della medesima legge85.
La definizione delle modalità applicative delle nuove disposizioni è, poi, demandata ad un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi «entro tre mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione».
In attuazione della suddetta previsione, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha adottato il D.M. 19 ottobre 2012, il cui testo ha reso disponibile (in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) sul proprio sito internet istituzionale 86.
agricoltura, possono convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano, o che raccomandano l'utilizzo, di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività ai sensi del presente titolo. 2.L'inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile».
(85) Si rammenti che la legge 24 marzo 2012 , n. 27 – di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 – è stata pubblicata nel Suppl. ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2012, n. 71 (entrando in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione).
(86) Il documento, ed il relativo Allegato contenente l’ “Elenco delle pratiche commerciali sleali”, è reperibile, a seguito di comunicato stampa del 24 ottobre 2012, al seguente indirizzo internet: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxx/xx/xxxxx/XxxxxXXXX.xxx/X/XX/XXXxxxxx/0000 .
Dopo aver delimitato il proprio ambito di applicazione87 e fornito alcune definizioni rilevanti ai fini della nuova disciplina88, il decreto attuativo prevede, all’art. 3, co. I, che per “forma scritta” – ai fini dell’art. 62 co. I, del d.l. n. 1/2012 – «si intende qualsiasi forma di comunicazione scritta, anche trasmessa in forma elettronica o a mezzo telefax avente la funzione di manifestare la volontà delle parti di costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale avente ad oggetto la cessione dei prodotti» agricoli e alimentari. Si precisa, al co. V, che «La superfluità della sottoscrizione può affermarsi solo in presenza di situazioni qualificabili equipollenti all’apposizione della firma, idonee a dimostrare in modo inequivoco la riferibilità del documento scritto ad un determinato soggetto».
La previsione de qua corregge l’infelice formulazione del progetto preliminare del decreto, ai sensi del quale costituiva forma scritta qualsiasi forma di comunicazione scritta, anche trasmessa in forma elettronica, a mezzo fax, «anche priva di sottoscrizione». Evidentemente si è preso atto, anche alla luce della ratio della previsione normativa, che una simile interpretazione della possibile formalizzazione delle relazioni commerciali in oggetto avrebbe precluso la certezza e la piena trasparenza degli accordi – con inevitabili ricadute sotto il profilo del contenzioso – ed avrebbe altresì compromesso qualsiasi rapporto con gli istituti di credito, i quali assai difficilmente avrebbero accettato uno scambio di fax e/o e-mail privi di sottoscrizione, come tali non riferibili con certezza alle parti contraenti89.
Appare altresì discutibile la indicazione - di cui all’art. 4, co. I, del D.M. ed al relativo allegato A – nell’ambito delle “condotte commerciali sleali”, del “mancato rispetto dei principi di buone prassi” e delle “pratiche sleali” identificate dalla Commissione europea e dai rappresentanti della filiera agro-alimentare a livello comunitario
(87) Riferito, ai sensi dell’art. 1, alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari «la cui consegna avviene nel territorio della Repubblica italiana, con particolare riferimento alle relazioni economiche tra gli operatori della filiera connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale». Può, pertanto, ritenersi che saranno soggetti alla disciplina in oggetto gli operatori che importano prodotti dall’estero, se la merce viene consegnata in Italia, mentre rimangono escluse le esportazioni se la consegna della merce avviene in uno Stato terzo.
(88) V. art. 2 D.M. 19 ottobre 2012.
(89) In definitiva, la forma prescritta ad essentiam, per essere tale, non può che constare di tutti i suoi elementi, ivi inclusa la sottoscrizione. Giova osservare, in proposito, che le attuali innovazioni tecnologiche (si pensi alla posta elettronica certificata [c.d. PEC], ma, soprattutto, al sistema di firma digitale/elettronica) offrono agli operatori strumenti che sollevano non poche questioni problematiche, esorbitanti i limiti del presente contributo ed in ordine alle quali vedi, di recente, Navone, Il documento informatico con firma elettronica autenticata, in I contratti, 2012, 839 ss.
nell’ambito del Forum di Alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare90.
Xxxxxx, i divieti di cui al secondo comma dell’art. 62 consentono di individuare (anche sulla scorta dei principi di cui al primo comma) sul piano interpretativo ed applicativo le buone prassi e le pratiche sleali; peraltro, anche il decreto attuativo contiene, all’art. 4, co. II-III, esplicazione sufficiente dei criteri generali.
12.- Una prima valutazione generale
L’art. 62, pur riguardando un settore specifico (i prodotti agricoli ed alimentari) nel quadro dei rapporti tra imprese, prevede regole che – a mio parere – possono costituire un criterio interpretativo generale per consentire di chiarire definitivamente le peculiarità esistenti nei rapporti tra imprese e soprattutto per cogliere l’importanza che i legislatori (interno ed europeo) attribuiscono alla regolamentazione dei mercati concorrenziali nella prospettiva complessiva della tutela dei contraenti, di tutti i contraenti, operatori economici e non.
La regolamentazione dei contratti costituisce un momento ineliminabile nella prospettiva dei ragionevoli limiti che l’autonomia privata deve subire per scontare un
(90) Approvate in data 29 novembre 2011, e riportate in allegato A al decreto stesso.
(91) Sebbene possa rilevarsi, sul piano dell’esegesi letterale del disposto normativo, che, ai sensi dell’art. 4, co. I, del D.M. in parola, rientrano nella definizione di “condotta commerciale sleale” - di cui alla lett. e) del comma secondo dell’art. 62 - «anche il mancato rispetto dei principi di buone prassi e le pratiche sleali identificate dalla Commissione europea e dai rappresentanti della filiera agro- alimentare a livello comunitario nell’ambito del Forum di Alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare (High level Forum for a better functioning of the food supply chain), approvate in data 29 novembre 2011, di cui in allegato al presente decreto». Si vuol dire che l’utilizzo del termine “anche” potrebbe comunque indurre a ritenere l’elencazione prospettata come una mera esemplificazione non esaustiva.
giudizio di meritevolezza del contratto in quanto tale e/o di singole clausole nello stesso inserite.
Postilla
Nella legge 17 dicembre 2012 n.221 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 ottobre 2012 n.179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese con l’art.36 bis (Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari ) è stato modificato il comma 1 dell’art.62 commentato nel presente saggio nei termini seguenti: a) al primo periodo le parole “a pena di nullità “sono soppresse”; b) “l’ultimo periodo è soppresso”.
Ovviamente l’intervento del legislatore non può non avere incidenza sulla interpretazione del primo comma dell’art.62 in commento. Le valutazioni e gli interventi ondivaghi e scoordinati del legislatore non consentono di fornire soluzioni ricostruttive certe e definitive.
Tuttavia, in prima approssimazione e fatti salvi ulteriori approfondimenti, ritengo che stante la previsione della obbligatorietà della forma scritta trovi conferma la nullità radicale per difetto di un requisito essenziale.
Viceversa, la mancata indicazione dei requisiti di contenuto (durata, quantità, caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento) non comporta la nullità radicale del contratto, ma è soggetta alla disciplina generale operante in materia contrattuale, con possibilità di integrare la carenza della indicazione con i normali mezzi di prova o mediante l’applicazione delle regole vincolanti stabilite dal legislatore. Per esempio, in ordine alle modalità di pagamento troverebbe applicazione la recente disciplina in tema di transazioni commerciali con la possibilità della nullità parziale delle clausole difformi con la sostituzione delle regole previste dalla legge.
I principi generali troverebbero anche applicazione ove i contratti non fossero informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni. Con la possibilità per la parte che si ritenga danneggiata di agire per l’annullamento, la risoluzione e/o il risarcimento dei danni per il comportamento della controparte non ispirato ai principi sopra richiamati. Dunque ad iniziativa di parte e per questo la nullità non potrebbe essere fatta valere ex ufficio dal giudice (eliminazione ex art.36 bis dell’ultimo periodo).
Dal punto di vista sistematico – come già rilevato – occorrono certamente ulteriori approfondimenti.
ABSTRACT
L’art. 62 del D.L. n.1/2012 (c.d. Decreto liberalizzazioni), convertito in L..n. 27/2012, detta per i contratti aventi ad oggetto i prodotti agricoli e alimentari una nuova incisiva disciplina che giova a colmare il rapporto squilibrato tra produttori agricoli ed imprese di commercializzazione.
La asimmetria informativa – che già caratterizza altri settori del mercato – viene superata attraverso stringenti requisiti di forma e di contenuto degli atti, nel rispetto dei principi di trasparenza, correttezza e proporzionalità delle prestazioni.
Ancor più significativi sono i rimedi previsti (nullità codicistica, nullità di protezione, azione inibitoria, sanzioni pecuniarie ed azioni collettive).
La complessiva tutela, almeno in astratto, costituisce garanzia di regolazione del mercato di settore da tempo auspicata.
ABSTRACT
Article 62 of Law Decree n. 1/2012 (Decreto liberalizzazioni), converted into Law n. 27/2012, establishes for the contracts related to agricultural and food products a new effective discipline which helps to bridge the unbalanced relationship between agricultural producers and marketing companies.
The information asymmetry - which already characterizes other sectors of the market - is overcome through stringent form and content requirements of documents, in accordance with the principles of transparency, fairness and proportionality of performances.
Even more significant are the remedies provided (nullity provided by Civil Code, protection invalidity, injunction, fines and collective actions).
The overall protection, at least theoretically, represents a market regulation guarantee in this sector desired for a long time.