COLLEGIO DI COORDINAMENTO
COLLEGIO DI COORDINAMENTO
composto dai signori:
(CO) LAPERTOSA Presidente
(CO) DE XXXXXXX Xxxxxxxxxx
(CO) XXXXXXXX XXXXXXXXX Presidente
(CO) RUPERTO Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario
(CO) XXXX Membro designato dal C.N.C.U.
Relatore LUCCHINI GUASTALLA
Nella seduta del 05/04/2017
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente ha stipulato tre contratti di finanziamento mediante delegazione di pagamento in data 3.10.2007, 22.1.2008 e 17.4.2008, in seguito anticipatamente estinti, rispettivamente, in data 7.3.2008, 11.3.2008 e 30.11.2014.
Insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario nella fase del reclamo, si è rivolto all’ABF per ottenere il rimborso degli oneri finanziari e assicurativi non maturati, secondo l’invalso criterio proporzionale pro rata temporis.
Il ricorrente ha sottolineato, inoltre, che il contratto più recente è stato stipulato in violazione dell’art. 39 D.P.R. 180/50, non essendo trascorsi quattro anni di decorrenza dalla stipulazione dei precedenti contratti di delegazione.
Il ricorrente ha formulato, dunque, le seguenti domande:
1) accertare e dichiarare la violazione, da parte dell’intermediario convenuto, del principio di trasparenza e buona fede contrattuale, per omessa informazione della possibilità di chiedere, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il rimborso dei costi e delle commissioni non godute, nonché per omessa distinzione nel contratto de quo dei costi ripetibili (recurring) rispetto agli oneri non ripetibili (up-front) in caso di estinzione anticipata, ed infine per aver artatamente indotto l’istante a sottoscrivere una clausola secondo cui, in caso di risoluzione anticipata del contratto di finanziamento, le spese
sostenute per commissioni e premi assicurativi non sono rimborsabili in violazione degli artt. 33 e 36 cod. cons., determinando un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dallo stesso contratto di finanziamento;
2) accertare e dichiarare l’inadempimento contrattuale dell’intermediario convenuto, consistente nel mancato rimborso in favore dell’istante dei costi ed oneri accessori al prestito non goduti per effetto dell’intervenuta estinzione anticipata, ignorando le disposizioni della Banca d’Italia contenute nelle comunicazioni del 29.7.2009 e del 10.11.2009 che esplicano generali principi di tutela del consumatore e richiamano gli intermediari ad una scrupolosa attenzione rispetto alla normativa di trasparenza;
3) accertare e dichiarare la violazione dell’art. 39 del d.P.R. 180/1950 da parte dell’intermediario convenuto per aver stipulato il contratto del 17.4.2008 allorquando il ricorrente estingueva due finanziamenti con delegazione di pagamento del 7.3.2008 e dell’11.3.2008 con la società capogruppo dell’odierna convenuta: delegazioni per le quali non erano trascorsi i due quinti del piano di ammortamento al momento dell’estinzione e dalla quale non era trascorso un anno al momento della stipula del contratto oggi oggetto di ricorso;
4) per l’effetto, condannare in via principale l’intermediario convenuto, in persona del suo legale rappresentante pro tempore a restituire all’istante la somma complessiva di euro 11.255,22 a titolo di rimborso degli oneri assicurativi e commissioni non goduti per effetto delle intervenute estinzioni anticipate dei contratti di finanziamento, oltre interessi legali, in adesione all’orientamento del Collegio di Milano dell’Arbitro (decisione n. 7216 del 31 ottobre 2014), inerente alla medesima fattispecie di controversia in special modo per la competenza temporale, poiché i tre contratti di finanziamento sono strettamente collegati, atteso che il n. 2008xxxx0 ha estinto i due contratti n. 2007xxxxx e n. 2008xxxx7. L’intermediario resistente ha precisato di aver in una prima fase riscontrato il reclamo adducendo che il contratto non risultava censito nei propri sistemi informativi per mero errore (imputabile alla diversa numerazione che il contratto ha assunto a seguito del conferimento del ramo d’azienda da parte di altro intermediario) e si è opposto alle pretese del ricorrente, eccependo:
1) con riferimento alla lamentata violazione dell’art. 39 del DPR 180/1950, l’infondatezza delle pretese avversarie, in quanto il contratto in questione (stipulato in data 17/04/2008) ha estinto unicamente il contratto stipulato in data 22/01/08 e, in ogni caso, l’inapplicabilità del disposto di cui al DPR 180/1950 ai contratti di delegazione di pagamento (come confermato dagli orientamenti dell’ABF);
2) quanto alla richiesta risarcitoria, l’assenza di prova degli asseriti danni patiti;
3) la propria carenza di legittimazione passiva in ordine al rimborso del premio assicurativo, alla luce del quadro normativo di riferimento;
4) in merito alle commissioni bancarie applicate al contratto, il pieno rispetto della normativa vigente ai tempi della stipula, dichiarandosi comunque disponibile al ristoro di euro 565,69, al netto della somma già rimborsata in sede di conteggio estintivo;
5) quanto alle commissioni finanziarie, pur trattandosi di costi di natura up-front, la propria disponibilità al rimborso di euro 1.579,99 al fine di allinearsi agli orientamenti ABF;
6) la non rimborsabilità delle spese di assistenza difensiva, atteso che il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario non necessita di rappresentanza professionale, che la questione sottoposta al Collegio non risulta “particolarmente complessa” e che i costi sostenuti dal ricorrente non sono comunque oggettivamente provati.
Pertanto, parte resistente, alla luce delle argomentazioni svolte, confida che il Collegio voglia ritenere congrua la propria offerta dell’ importo totale di euro 2.165,69 (comprensivo di euro 20,00 a titolo di rimborso delle spese di procedura), oltre interessi legali dal reclamo al saldo, respingendo ogni maggior pretesa contenuta nel ricorso.
Il ricorrente ha replicato alle controdeduzioni evidenziando che l’intermediario persiste nell’ignorare le richieste di rimborso attinenti ai precedenti contratti, per i quali sussisterebbe “uno stretto collegamento negoziale […] in quanto la mancata retrocessione delle commissioni e oneri assicurativi in sede di estinzione dei primi due ha cagionato una lievitazione del costo del finanziamento [stipulato da ultimo] atteso che nel sottoscriverlo - a causa delle necessarie estinzioni suddette - il ricorrente ha ricevuto un netto erogato di liquidazione pari a € 1.189,07, a fronte di un montante lordo pari a € 53.880,00”.
Il Collegio di Napoli, in sede di esame del ricorso, ha rilevato l’opportunità di rimettere al Collegio di Coordinamento l’esame della questione della effettiva sussistenza di un collegamento negoziale tra i contratti de quibus, per i motivi ampiamente esposti infra.
DIRITTO
Prima di esaminare la questione specifica rimessa al Collegio di Coordinamento, si rendono necessarie le seguenti osservazioni su altri profili giuridici rilevanti ai fini della decisione.
Il ricorrente deduce la sussistenza, nel caso di specie, della violazione dell’art. 39 del
D.P.R. n. 180/1950.
Ma al riguardo va opposto il noto l’orientamento di questo Arbitro che, considerando l’art.
39 D.P.R. 180/1950 norma speciale di stretta interpretazione, ne ritiene preclusa l’estensione analogica a differenti forme di finanziamento e, in particolare, alla delegazione di pagamento (cfr., in tal senso: ABF Napoli, nn. 1560/2016; 8638/2015; 5340/2015; 2176/2014; 3801/2012; ABF Roma, n. 7819/2014), sulla cui fruizione non sono peraltro mancate ragioni di perplessità (xxx.xx es. ABF Milano, n. 4214/2015, che pone l’attenzione sulla “particolare cautela” che devono adottare gli intermediari “ove ad un’intervenuta cessione del quinto dello stipendio, venga ad aggiungersi, a maggior ragione se nel medesimo periodo e con il medesimo intermediario, una delegazione di pagamento”; e, nella giurisprudenza di merito, v. la motivazione di Trib. Parma, ord. 27 novembre 2015, che ritiene l’art. 39 applicabile alla delegazione di pagamento).
Per quanto concerne poi la domanda di restituzione della quota parte degli oneri assicurativi non maturati a seguito della anticipata estinzione dei finanziamenti, va senz’altro disattesa, come già ritenuto dal Collegio rimettente, la eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla resistente ai sensi dell’art.22 l. n. 221/2012 (di conversione del d. l. n. 179/2012). Ciò in quanto gli obblighi ivi stabiliti in capo all’impresa di assicurazione non sembrano incidere sul profilo della legittimazione (non sottraendo il finanziatore alla concorrente responsabilità per la restituzione del dovuto a fronte di negozi collegati), quanto piuttosto sull’esercizio dell’eventuale azione di regresso. Deve quindi essere confermato e ribadito il consolidato orientamento Dell’Arbitro Bancario (fra le molte, ABF Napoli, nn. 5566/2015 e 6047/2014; Collegio di coordinamento, n. 6167/2014), in ordine alla sussistenza del collegamento negoziale tra contratto di finanziamento e polizza assicurativa, la quale – contrariamente alle deduzioni dell’intermediario resistente – trova nella legge n. 221/2012 il suo riconoscimento normativo.
Venendo ora all’esame della questione oggetto della rimessione al Collegio di
Coordinamento, giova riportare testualmente, per ragioni di completezza, le argomentazioni esposte dal Collegio di Napoli.
«Rileva poi il Collegio rimettente che “quanto al merito della domanda di rimborso degli oneri assicurativi e commissioni non goduti per effetto delle intervenute estinzioni anticipate di tre contratti di finanziamento, il Collegio deve anzitutto rilevare che due di essi risultano estinti prima del 1° gennaio 2009: data che segna, come è noto, il limite temporale di competenza di questo Arbitro.
Ad avviso del ricorrente, la competenza dell’Arbitro a pronunciarsi sui diritti riguardanti i due finanziamenti anticipatamente estinti prima del 2009 sussisterebbe in virtù dello “stretto collegamento negoziale” tra questi due contratti ed il terzo finanziamento stipulato in occasione dell’estinzione dei primi (più esattamente: circa un mese dopo) e successivamente estinto nel 2014.
L’istante invoca, a conforto della propria tesi difensiva, l’orientamento del Collegio di Milano dell’Arbitro, decisione n. 7216 del 31 ottobre 2014, in cui, con riguardo alla medesima fattispecie, il Collegio meneghino si è specificamente pronunciato sul profilo della competenza temporale, ritenendo “infondata l’eccezione di incompetenza temporale [sollevata dall’intermediario resistente] con riferimento al primo contratto stipulato dalla ricorrente; nel caso all’origine del presente procedimento, infatti, pur dovendosi prendere atto che il primo finanziamento – quanto a stipulazione ed estinzione – cade in un periodo antecedente il 1/1/2009, non può sottacersi il chiaro collegamento negoziale tra questo ed il secondo finanziamento, sicché deve concludersi per la piena competenza temporale di questo collegio con riferimento ad entrambi. Infatti, come già si è avuto modo di sottolineare in casi analoghi (cfr., ad esempio, la decisione n. 5061/14) la collocazione delle vicende relative a distinti contratti di finanziamento non preclude la cognizione dell’ABF quando sia palese il collegamento tra i contratti stessi, ovvero quando l’estinzione del primo contratto sia stata finanziata con il secondo contratto (ed eventualmente l’estinzione del secondo sia stata finanziata con la sottoscrizione di un terzo contratto); in casi siffatti è di cristallina evidenza che le condizioni del finanziamento successivo (o dei finanziamenti successivi, se ve n’è più d’uno) risente dei conteggi estintivi del contratto che lo precede, con la conseguenza che l’ABF può conoscere della complessiva questione con riferimento a tutti i contratti di finanziamento che abbiano formato oggetto del ricorso”. In tal senso si era già pronunciato il medesimo Collegio in altra occasione (decisione n. 5061/2014), ritenendo che “la collocazione delle vicende relative ai primi due contratti di finanziamento (conclusi nel novembre 2001 e nel febbraio 2005 ed estinti anticipatamente nel febbraio 2005 e, rispettivamente, nell’ottobre 2007) non preclude la cognizione dell’ABF. L’evidente collegamento tra tutti e tre i contratti conclusi dalla ricorrente, l’estinzione del primo contratto è stata, infatti, finanziata con il secondo contratto, così come l’estinzione del secondo è stata finanziata con la sottoscrizione del terzo contratto, con la conseguenza che le condizioni del terzo e ultimo contratto concluso nell’ottobre 2007 risentono dei conteggi estintivi del secondo contratto, che, a sua volta, risente dei conteggi estintivi del primo contratto, consente di conoscere la complessiva questione dedotta nel ricorso introduttiva della presente controversia”.
Peraltro, tale impostazione risultava condivisa già in un precedente del Collegio territoriale
xxxxxx, sia pure con motivazione assai stringata (cfr. decisione n. 491/2012: “Giova subito premettere che la collocazione delle vicende relative ai primi due contratti di finanziamento verso cessione del quinto dello stipendio in un periodo anteriore al 1° gennaio 2007 non preclude la cognizione dell’ABF. L’evidente collegamento tra di essi, di talché le condizioni dell’ultimo contratto (concluso nel maggio 2007) risentono dei conteggi di estinzione dei primi, consente di conoscere la complessiva questione dedotta nel ricorso introduttivo della presente controversia”).
Questo Xxxxxxxx ritiene unanimemente che la questione dell’attrazione alla competenza dell’ABF di pretese restitutorie riguardanti contratti anticipatamente estinti prima del 1° gennaio 2009 in virtù di un loro presunto collegamento negoziale con contratti estinti successivamente a tale data richieda ulteriore approfondimento ed un supplemento di riflessione da parte del Collegio di coordinamento di questo Arbitro.
Ed invero, l’impostazione accolta dai Collegi territoriali di Milano e Roma sembra collidere con il tradizionale insegnamento della migliore dottrina civilistica, risalente già alla metà
degli anni cinquanta del secolo scorso, secondo cui il c.d. collegamento negoziale presuppone necessariamente il concorso ovvero la coesistenza di due o più negozi autonomi e distinti (pluralità di negozi), sicché la ricorrenza di tale fenomeno va radicalmente esclusa in tutte le situazioni giuridiche in cui si riscontra “una esistenza successiva, in senso storico e logico di più negozi”.
È questo il caso dei negozi meramente abolitivi di precedenti, dei negozi ripetuti o rinnovativi che si sostituiscono al negozio precedente, sicché il negozio efficace resta unico. In quest’ultime fattispecie, fra cui è possibile senz’altro annoverare la consecuzione cronologica dei finanziamenti oggetto di esame, la volontà delle parti è diretta alla ripetizione, alla rinnovazione del negozio precedente, sicché la sussistenza di un concorso tra negozi collegati (ossia la pluralità di negozi contestualmente vigente tra le parti) è esclusa, per definizione, dalla circostanza che il nuovo negozio produce effetti uguali al precedente accordo rinnovato, onde si riscontra una palese incompatibilità in ordine alla situazione effettuale concernente i due negozi consecutivi. In termini più espliciti: se un accordo successivo interviene – come nel caso di specie – in un momento in cui tutti gli effetti del negozio precedente si sono già prodotti, il primo evidentemente pone in essere una modificazione del regolamento d’interessi tra i contraenti, generando effetti palesemente incompatibili con quelli (peraltro esauriti) sottesi all’originaria (ed estinta) stipulazione.
Certo, il contenuto ed i termini dell’accordo successivo ben possono essere – ed anzi
normalmente saranno – influenzati dagli effetti economici della precedente stipulazione; il nesso intercorrente tra il primo e la seconda si arresta, però, al solo piano meramente economico o più esattamente – come è stato efficacemente scritto – al “profilo dell’impulso alla stipulazione”, avendo perciò “come conseguenza esclusivamente un’incidenza di carattere economico del primo negozio sul secondo”.
È dubbio che tale xxxxx possa invece investire il piano giuridico e rendere pertanto possibile l’inquadramento della complessiva vicenda in termini di collegamento negoziale. Se, infatti, a tale locuzione si vuole attribuire una effettiva capacità individuante, la configurazione del fenomeno giuridico ad essa sotteso deve allora presupporre l’interdipendenza degli effetti giuridici della pluralità di negozi collegati: nel senso che l’interesse da regolare non può essere soddisfatto mediante una sola stipulazione (unico negozio), ma esige “il concorso e la cooperazione di più negozi …, ciascuno dei quali produttivo degli effetti ad esso peculiari ma tutti avvinti dalla comune destinazione alla realizzazione della funzione complessiva”. Altrimenti detto: posto che la caratteristica dei negozi collegati risiede nella loro autonomia causale in vista del comune scopo da perseguire nell’interesse delle parti, basta per definizione ad escludere la sussistenza di un collegamento negoziale funzionale la mera circostanza che uno dei negozi coinvolti sia stato consensualmente risolto e quindi non sia più esistente. In questa prospettiva, si è ritenuta ad esempio estranea al collegamento negoziale l’opzione, in quanto la dichiarazione di opzione esplica efficacia novativa del precedente contratto, determinando la trasformazione di quest’ultimo in compravendita; parimenti in termini novativi è stata ricostruita la funzione del contratto definitivo in relazione al preliminare.
Tornando alla fattispecie in esame, nella stessa occorre riscontrare l’assenza del duplice
presupposto oggettivo (nesso teleologico tra i negozi collegati) e soggettivo (intenzione delle parti rivolta ad uno scopo unitario) del collegamento negoziale funzionale, indispensabili per la comunicazione delle vicende patologiche da un contratto all’altro, poiché al momento della stipulazione del contratto di finanziamento più recente, gli accordi più antichi risultavano già tutti estinti da circa un mese. È del resto ben noto che il fulcro della rilevanza giuridica del collegamento negoziale è concordemente individuato nella clausola simul stabunt simul cadent, in virtù della quale il nesso comporta che le vicende
di un contratto vengono a ripercuotersi sull’altro condizionandone la validità e l’efficacia; onde, se un contratto non è più vigente, manca evidentemente il presupposto, logico prima ancora che giuridico, per la sussistenza di tale xxxxx e per l’operatività della clausola testé ricordata.
Questo Xxxxxxxx non ignora certo il richiamo proposto da dottrina assai autorevole, proprio con riguardo alla sequenza preliminare-definitivo ora cennata, della figura del c.d. collegamento negoziale genetico, caratterizzato dall’attinenza del nesso alla fase formativa negoziale, in quanto una stipulazione determina il sorgere di un altro accordo; deve rammentarsi, tuttavia, che quella stessa dottrina finisce poi per svuotare di ogni utilità questa categoria, là dove riconosce che il nesso tra i negozi cessa nel momento stesso in cui il negozio successivo viene ad esistenza, poiché il rapporto che nasce da quest’ultimo è insensibile alle vicende del primo.
Questa impostazione risulta poi confermata dagli studi successivi che hanno efficacemente e definitivamente chiarito che la categoria del collegamento negoziale c.d. genetico “è del tutto priva di contenuto …, giacché il fatto che si sia considerato un negozio nel processo formativo di un altro negozio è di per sé irrilevante se non si traduce in un particolare modo di essere del regolamento di interessi compiuto dalle parti. E, se ciò avviene, appare evidente che il collegamento non è genetico, ma funzionale”.
Non è allora un caso che l’interesse della giurisprudenza sia stato tradizionalmente rivolto al c.d. collegamento negoziale funzionale, caratterizzato da una connessione tra negozi, autonomi dal punto di vista causale, relativa al piano dei loro effetti giuridici, insita nel vincolo d’interdipendenza tra le vicende dell’uno e quelle dell’altro. Sennonché, è orientamento consolidato e pacifico nel diritto vivente che, ai fini della configurazione di un vincolo siffatto, è indispensabile che i negozi coinvolti siano efficaci, esistano: ciò in quanto tale vincolo in tanto rileva sul piano giuridico in quanto serve a giustificare, come si è detto sopra, la trasmissione delle cause di invalidità o di inefficacia di un negozio all’accordo connesso, impedendogli la realizzazione dei propri effetti tipici, per i quali è sopravvenuta l’inutilità stante la sopraggiunta impossibilità di conseguire il complessivo risultato voluto dalle parti (fenomeno custodito nel noto brocardo utile per inutile non vitiatur).
Tuttavia, a ben vedere, talune eccezioni a questo orientamento tradizionale si rinvengono in una recente giurisprudenza di merito, occupatasi della qualificazione giuridica di diversi contratti di swap conclusi con successive rinegoziazioni. In particolare, pur ammettendosi che quest’ultime costituiscono distinte entità, ciascuna delle quali dotata di una propria causa, si sostiene talora, sia pur con affermazioni pervero sempre apodittiche, che il nesso tra i diversi accordi di rinegoziazione “integrerebbe una ipotesi di collegamento negoziale” (in tal senso, nella giurisprudenza di merito: App. Trento, 5 marzo 2009, in Giur. Merito, 2009, 1512; Trib. Milano, 19 aprile 2011, in Banca, borsa e tit. cred., 2011, II, 748; Trib.
Milano, 23 marzo 2012, in Contratti, 2012, 900; Trib. Ravenna, 8 luglio 2013, in xxx.xxxxxx.xx). Questo fugace richiamo al collegamento negoziale è stato però oggetto di serrate e condivisibili critiche da parte di taluni annotatori delle sentenze citate, le cui obiezioni sono state poi sostanzialmente recepite dalla stessa giurisprudenza di merito più recente che, con riguardo alla medesima fattispecie, ha correttamente preferito “una diversa opzione interpretativa che riconduce la rinegoziazione dei derivati … all’istituto della novazione oggettiva” (in questi termini, Trib. Verona, 25 marzo 2013, in Riv. trim. dir. econ., 4/2013, II, 185 s.), replicando che l’impostazione del collegamento negoziale “risulta assai poco convincente poiché non si cura di spiegare per quale ragione tra i singoli contratti di swap non siano ravvisabili gli indici che la giurisprudenza ha individuato come tipici [della figura in questione], quali la contestualità e la correlazione delle pattuizioni, la corrispettività delle prestazioni oggetto dei diversi contratti, la circostanza che uno dei
negozi costituisce una modalità di esecuzione dell’altro o comunque è rivolto ad agevolare l’altro, la circostanza che uno dei negozi trovi la sua ragione o causa remota nell’altro”.
Ebbene, queste argomentazioni sono senz’altro replicabili nella fattispecie oggetto della presente controversia: qui, al pari del caso delle rinegoziazioni degli swap analizzate dalla giurisprudenza testé citata, l’evidenziata correlazione tra i finanziamenti anticipatamente estinti e quello costituito nel 2008, ammesso (e non concesso) che sia effettivamente sussistente, vale ad integrare, a tutto concedere, gli estremi della novazione oggettiva. A tale fine, occorre evidentemente appurare, dall’interpretazione dei contratti, la sussistenza dei tre requisiti dell’animus novandi (ossia della volontà risultante in modo non equivoco di estinguere l’obbligazione precedente), dell’aliquid novi (consistente nell’indicazione del nuovo titolo e del nuovo oggetto) e della causa novandi (i.e.: l’interesse delle parti alla sostituzione dei rapporti preesistenti con quello nuovo). Qualora tale verifica dia esito positivo e quindi l’estinzione dei precedenti finanziamenti possa effettivamente inquadrarsi quale fase di un’operazione unitaria culminata con la stipulazione del contratto di finanziamento più recente, siffatta complessiva operazione economica è qualificabile alla stregua di un negozio unitario di novazione che produce un duplice effetto giuridico: l’estinzione dei precedenti rapporti e la loro sostituzione con il nuovo accordo.
La configurazione della fattispecie in termini novativi ovvero di collegamento negoziale non
ha, xxxxxxx, valore squisitamente teorico e classificatorio.
Basti pensare che, sul piano effettuale, la vicenda novativa può porsi in termini antitetici rispetto al collegamento negoziale. Se quest’ultimo si caratterizza, infatti, per la divisata comunicazione delle vicende patologiche da un contratto all’altro sicché la sua configurazione presuppone, come si è visto, la sussistenza di una pluralità di negozi contestualmente efficaci; nella novazione oggettiva, invece, qualora l’obbligazione originaria derivi da un titolo annullabile, l’accordo novativo è valido se il debitore ha assunto validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario (art. 1234, 2° comma, c.c.).
In definitiva, questo Collegio riterrebbe più corretto qualificare in termini di novazione oggettiva l’eventuale nesso esistente tra l’estinzione (nel marzo 2008) dei precedenti finanziamenti e la costituzione del nuovo accordo stipulato dall’istante nell’aprile 2008 e successivamente estinto nel 2014, che rappresenta l’unico negozio efficace in seguito al 1° gennaio 2009. E tale nesso costituisce, invero, proprio l’essenza del fenomeno novativo definito dall’art. 1230 c.c.: norma la cui presenza nel nostro sistema vale dunque proprio ad impedire, per quanto specificamente interessa ai nostri fini, l’artificiosa configurazione di un collegamento negoziale tra i contratti di finanziamento estinti nel marzo 2008 e quello stipulato nell’aprile 2008 ed estinto nel 2014, che qui costituirebbe – come attesta proprio la fattispecie qui esaminata – comodo espediente per dilatare i limiti di competenza temporale dell’Arbitro nella conoscenza di pretese restitutorie derivanti da contratti estinti prima del 1° gennaio 2009.
Sulla base delle premesse considerazioni, e rilevato che l’impostazione qui preferita conduce a risultati opposti rispetto agli esiti cui sono pervenuti i Collegi territoriali di Milano e Roma di questo Arbitro con riguardo a fattispecie analoghe, il Collegio ritiene all’unanimità di sottoporre la controversia in esame al Collegio di coordinamento ai sensi dell’art. 8 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF».
Orbene, in merito all’ampia argomentazione fornita dal Collegio rimettente, si può osservare quanto segue.
Ai fini della determinazione della competenza temporale di questo Arbitro, si è in passato fatto riferimento alla figura del collegamento negoziale. Come già ricordato dal Collegio partenopeo, i Collegi territoriali di Milano e Roma (cfr. ABF Milano, nn. 5061/2014 e 7216/2014; ABF Roma, n. 491/2012) hanno affermato il principio per cui la collocazione
delle vicende relative a distinti contratti di finanziamento non preclude la cognizione dell’ABF quando sia palese il collegamento tra i contratti stessi.
La posizione del Collegio rimettente si fonda, invece, su una nozione restrittiva del collegamento negoziale, conforme alla lettura che ne è stata data da autorevole dottrina, la quale si è concentrata sul collegamento funzionale (volontario): la conclusione del Collegio territoriale di Napoli è, quindi, nel senso di ricostruire la fattispecie in termini di novazione, anziché di collegamento negoziale.
Senonchè, ad avviso di questo Collegio, la qualificazione giuridica del nesso tra i contratti di finanziamento di cui si discute (in termini di collegamento giuridico o invece di mero collegamento economico coerente con la nozione stessa di contratto ex art.1321 c.c.) non assume rilievo significativo ai fini che qui interessano, dal momento che l’accertamento dell’eventuale esistenza di un collegamento negoziale tra l’ultimo finanziamento e i precedenti (basato sull’assunto implicito che i contratti precedenti siano stati estinti con la provvista ottenuta dal finanziamento successivo) dovrebbe comunque correlarsi alla data di estinzione dei primi due finanziamenti e quindi riferirsi a data antecedente alla data del 01.01.2009 (i primi due contratti di finanziamento sono stati, infatti, estinti nell’anno 2008). Invero, ciò che determinerebbe il postulato collegamento negoziale valorizzato allo scopo di far ricadere nella competenza temporale dei collegi abf la estinzione di finanziamenti ormai intervenuta in epoca anteriore al 2009 non potrebbe essere la semplice conclusione (e tanto meno la estinzione), successiva al 2009, di un ulteriore finanziamento astrattamente funzionale alla estinzione dei precedenti, ma la conclusione effettiva di una operazione di estinzione di un finanziamento precedente con la provvista ricavata da un finanziamento successivo. Del resto l’art.39 D.P.R. 180/50, di cui si è infondatamente dedotta la violazione, quando si riferisce all’estinzione della cessione in corso, sottende proprio che il ricavato di un nuovo finanziamento sia utilizzato per estinguere il precedente sicchè l’estinzione del primo finanziamento dovrebbe essere successiva (e non anteriore) alla stipula del secondo.
Ne deriva che nel caso in cui la conclusione del nuovo finanziamento e l’estinzione del
precedente siano avvenute dopo il 01.01.2009, non sussiste, evidentemente, l’utilità di invocare il collegamento negoziale, poiché entrambi i finanziamenti risultano estinti successivamente a tale termine e sussiste, quindi, la competenza temporale dell’ABF. Laddove, invece, l’estinzione del precedente finanziamento si sia verificata in data anteriore al 01.01.2009, si rende pur sempre necessario - come sopra osservato - un accertamento in ordine a fatti avvenuti al di fuori del periodo di competenza dell’ABF (dovendosi in particolare verificare che quella estinzione sia avvenuta, in quel momento storico, in virtù di un collegamento con un finanziamento successivo).
Pertanto, in entrambe le ipotesi ed indipendentemente dal richiamo alla figura del collegamento negoziale, assume rilievo la data di estinzione del finanziamento antecedentemente concluso, dovendosi conclusivamente affermare il principio per cui l’eventuale configurabilità di un collegamento tra contratti di finanziamento non vale comunque a superare il limite della competenza temporale dell’ABF, giacchè la necessaria verifica di una circostanza ricadente in un periodo che si colloca al di fuori della competenza temporale dell’ABF si tradurrebbe altrimenti in una artificiosa e non consentita forzatura del limite imposto dalla regola stabilita dalle vigenti Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (Sezione I - 4. Ambito di applicazione oggettivo) secondo cui “Non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009”.
Ciò chiarito, e rilevato che sussiste l’incompetenza temporale con riferimento ai rapporti contrattuali estinti prima del 01.01.2009, questo Collegio, richiamato il costante indirizzo
interpretativo dei Collegi ABF in materia di rimborsabilità delle commissioni e degli oneri non goduti in sede di estinzione anticipata dei contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio per la quota parte non maturata, ovvero secondo il criterio proporzionale ratione temporis, tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 6167/2014); considerato che l’intermediario resistente non ha applicato detto criterio in sede di estinzione anticipata; considerato che l’applicazione di detto criterio impone di adottare i conteggi qui di seguito illustrati:
contratto n. **290 | |
rate totali | 120 |
rate maturate | 77 |
rate residue | 43 |
coefficiente rimborsabilità | 35,83% |
importo commissioni bancarie | 1.578,68 |
importo commissioni bancarie non maturato | 565,69 |
importo già restituito | 0,00 |
importo netto rimborsabile | 565,69 |
importo commissioni di intermediazione | 4.554,48 |
importo commissioni di intermediazione non maturato | 1.632,02 |
importo già restituito | 52,03 |
importo netto rimborsabile | 1.579,99 |
importo premio assicurativo | 1.564,57 |
importo premio assicurativo non maturato | 560,64 |
importo già restituito | 0,00 |
importo netto rimborsabile | 560,64 |
importo totale rimborsabile | 2.706,32 |
considerato, infine, che non sussistono i presupposti indicati dal Collegio di Coordinamento per il riconoscimento delle spese legali in favore di parte ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente la somma di euro 2.706,32, oltre interessi legali dalla data del reclamo al saldo.
Dichiara nel resto il ricorso inammissibile.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1