COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) DE XXXXXXX Xxxxxxxxxx
(RM) SIRENA Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) LEPROUX Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CORAPI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) XXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore Avv. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx
Nella seduta del 06/12/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso pervenuto il giorno 26/04/13 preceduto da reclamo in data 12/03/13, la ricorrente, assistita dal legale di fiducia, titolare presso l’intermediario di un conto corrente sul quale venivano addebitate e pagate a mezzo RID le rate di un mutuo con questi intrattenuto, deduce di aver prestato fideiussione a garanzia del credito accordato dallo stesso intermediario a suo marito e censura la condotta della banca che, previo blocco del conto e della connessa carta bancomat, in data 12/03/13 ne ha incamerato, senza alcun preavviso e/o autorizzazione, l’intero saldo di € 14.3292,03 a titolo di compensazione con la maggior somma a proprio dire dovuta dalla stessa ricorrente quale fidejubente del coniuge.
Deduce a tal fine che la compensazione non poteva operare per difetto dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità dei reciproci crediti, né poteva darsi applicazione della disposizione di cui all’art. 1853 cod. civ. che postula l’identità dei soggetti dei relativi rapporti, diversamente da quanto verificatosi nel caso di specie.
La ricorrente censura anche il difetto di previa comunicazione di revoca delle linee di credito concesse al garantito, nonché la violazione del dovere di buona fede da parte dell’intermediario con particolare riferimento alla comunicazione 11/04/13 di risoluzione del mutuo con contestuale richiesta di versamento dell’intero residuo capitale.
Per tali ragioni chiede il rimborso della somma di € 14.392,03, già oggetto di compensazione, e il risarcimento del danno quantificato in € 81.234,49, in misura “pari alla somma che la stessa si trova a dover pagare per il recesso del contratto di mutuo cui faceva affidamento” o quella diversa somma ritenuta di giustizia.
Con controdeduzioni pervenute il 25/06/13, l’intermediario deduce che alla data del 20/12/12 il conto corrente intestato al coniuge della ricorrente, sul quale era stato a suo tempo concesso un affidamento di € 30.000,00 da quest’ultima garantito sino a concorrenza di € 195.000,00 (v. all.1 di parte resistente), presentava un saldo dare di € 64.298,33, che il coniuge era inoltre debitore di € 105.070,00 per n. 7 fatture insolute, di € 10.150,00 per 17 rate impagate di un mutuo chirografario e di € 10.114,00 per n. 19 rate insolute di altro prestito chirografario, esposizioni anch’esse garantite dalla odierna ricorrente, e che l’intimazione di pagamento dei detti importi era stata regolarmente comunicata a mezzo racc. ar. in data 08/01/12 (v. xxx.xx 2 di parte resistente) sia al debitore principale che alla garante, per cui del tutto legittima deve ritenersi la compensazione di cui si duole la controparte, ritualmente comunicatale con nota 12/03/13 (v. xxx.xx n. 3 di parte resistente).
Il resistente ha poi specificamente contestato la sussistenza di alcun blocco del conto corrente e della connessa carta di debito (v. all. 5 di parte resistente) ed ha contestato la domanda risarcitoria rilevando che il contratto di xxxxx è stato stipulato solo dal marito, mentre l’odierna ricorrente è mera garante (quale fidejubente e datrice di ipoteca) del relativo adempimento e dunque non titolata ad agire per i danni pretesamente conseguenti alla risoluzione del rapporto comunicata con nota 11/04/13 (v. all. 4 di parte ricorrente) a tutti gli interessati.
In ragione di quanto sopra, il resistente ha chiesto il rigetto del ricorso sul rilievo della correttezza della propria condotta.
E’ utile aggiungere che dalla documentazione acquisita agli atti risulta che l’intimazione dell’intermediario in data 08/01/12, sopra richiamata, indicava, quali crediti portati in parziale compensazione, gli importi di € 11.000,00 per insoluto relativo alla fattura n. 16 del 15/06/11 e di € 39.513,93 quale sconfinamento del c/c affidato, senza che la debenza di tali importi sia stata specificamente contestata dal debitore principale e/o dalla garante.
Tanto premesso, si rileva quanto segue in
DIRITTO
Si deve preliminarmente rilevare, ai fini della composizione del Collegio oltre che della normativa sostanziale applicabile ai rapporti di cui si verte, che la ricorrente deve qualificarsi come “consumatore”, e non come c.d. “professionista di riflesso”, pur avendo prestato fideiussione in favore di soggetto verosimilmente imprenditore (come è legittimo desumere dalla natura di parte del credito nei suoi confronti vantato dall’intermediario, segnatamente quello avente ad oggetto i titoli tornati insoluti) dovendosi ritenere, in difetto di prova contraria, che la detta garanzia sia stata rilasciata esclusivamente in ragione del vincolo coniugale con il debitore principale, come deciso con pronuncia resa da questo Collegio in analoga
vertenza, alla cui motivazione sul punto si rinvia anche ai sensi dell’art. 118, Disp. att. c.p.c.. (v. ABF dec. 4109/13 del 26/07/2013).
Ciò posto, deve preliminarmente dichiarasi irricevibile la domanda risarcitoria riferita alla risoluzione del contratto di mutuo del quale la ricorrente non è parte, stante il conseguente difetto di legittimazione ad agire.
Venendo al merito della controversia, come sopra rilevato, la ricorrente censura la compensazione operata dall’intermediario tra l’importo di € 14.392,03, costituente il saldo del suo conto corrente, e parte dell’esposizione maturata dal coniuge nei confronti dello stesso intermediario, da lei garantita sino a concorrenza di € 195.000,00 con fideiussione rilasciata il 25/01/01, da ultimo rinnovata in data 30/09/10 (v. all. 1 di parte resistente).
Al riguardo è bene precisare che le condizioni generali che disciplinano il rapporto di conto corrente di cui si tratta - nel riprodurre in modo pressoché pedissequo l’art. 11 della Circolare ABI LG/000906 del 25/02/05 a sua volta estensivamente modellato sulla scorta dell’art. 1853 cod. civ. – alla clausola 5, III° e IV° co., dispongono: “Quando esistono tra l’Azienda di credito ed il correntista più rapporti o più conti di qualsiasi genere o natura, anche di deposito, ancorchè intrattenuti presso altre Dipendenze italiane o estere, ha luogo in ogni caso la compensazione di legge ad ogni suo effetto. L’Azienda di credito ha altresì il diritto di valersi della compensazione ancorchè i crediti, seppure in monete differenti, non siano liquidi ed esigibili e ciò in qualunque momento senza obbligo di preavviso e/o formalità, fermo restando che dell’intervenuta compensazione – contro cui non potrà in ogni caso eccepirsi la convenzione di assegno – l’Azienda di credito darà prontamente comunicazione al correntista.” (v. all.4 di parte resistente).
Come è reso evidente dalla sua formulazione letterale, la disciplina negoziale adottata dalle parti rimanda inizialmente a quella della compensazione legale, ammettendo però, in deroga a quanto disposto dall’art. 1243, I° co., cod. civ. e così introducendo la disciplina propria della compensazione volontaria, la possibilità di operare in tal senso anche in presenza di crediti “non liquidi ed esigibili”.
E’ dunque con riferimento alla disciplina di cui all’art. 1252 cod. civ. e a quella del
c.d. Codice del consumo, stante la qualificazione soggettiva della ricorrente sopra rilevata, che occorre indagare in ordine alla validità della clausola sopra citata e alla contestata legittimità della condotta tenuta nella specie dall’intermediario. Prima di ciò, e al fine di delimitare l’ambito dell’indagine, è opportuno evidenziare l’infondatezza della censura svolta dalla ricorrente con riferimento al dedotto difetto di identità soggettiva tra i titolari dei rapporti resi oggetto di compensazione. A suo avviso, infatti, l’esposizione parzialmente estinta con utilizzo del saldo del conto corrente, in quanto debito di spettanza del coniuge e non della stessa ricorrente, avrebbe importato la violazione dell’art. 1853 cod. civ. secondo la cui previsione i rapporti contrapposti devono riguardare il medesimo soggetto; ma è agevole obiettare che il credito azionato dalla banca non era costituito direttamente dall’esposizione maturata dal debitore principale, quanto piuttosto dall’obbligazione fideiussoria assunta dalla correntista, con perfetta coincidenza soggettiva della titolare dei rapporti resi oggetto di compensazione, ancorchè, sotto il profilo funzionale, l’obbligazione fideiussoria rivesta natura accessoria di quella garantita e all’entità di questa debba necessariamente riferirsi.
Ugualmente infondata deve ritenersi la doglianza concernente il difetto di preavviso (e, a fortiori, di autorizzazione) dell’operazione di compensazione atteso
che, come ritenuto dal Supremo Collegio, la banca, una volta annotata l’operazione di compensazione, ha soltanto l’onere di “darne immediata comunicazione al cliente, in applicazione del principio di buona fede contrattuale” (Cass. 28/09/05 n. 18947), come fatto nella specie con comunicazione 12/03/13, inviata dall’intermediario il giorno dell’operazione stessa e debitamente pervenuta nella sfera di conoscibilità della odierna ricorrente (v. all. 3 di parte resistente), con correlata applicabilità della presunzione di cui all’art. 1335 cod. civ., stante il difetto di prova contraria.
Rilevato quanto sopra, occorre ora esaminare se la deroga ai requisiti di liquidità ed esigibilità dei reciproci crediti posta dalla disciplina pattizia inter partes (art. 5 sopra citato) sia conforme al dettato dell’art. 1252 cod. civ. e, nella specie, se sia valida ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 33 e ss. D. Lgs. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo), in ciò sostanziandosi la censura della ricorrente riferita alla circostanza che i rapporti oggetto di compensazione erano ancora “in essere ed attivi”, non avendo esaurito i rispettivi “cicli vitali”(cfr. ricorso, pag. 1), con conseguente violazione dei requisiti posti dall’art. 1243 cod. civ..
A tal proposito può essere utile rilevare, quanto al requisito di “liquidità”, che, come noto, la giurisprudenza del Supremo Collegio formatasi con riferimento alla compensazione legale di cui all’art. 1853 cod. civ. è orientata nel senso che il requisito in considerazione è escluso dalla contestazione del credito opposta dal debitore (x. Xxxx. 18/10/02 n. 14818), pur dovendosi ritenere, in linea con autorevole opinione dottrinale ripresa da precedente pronuncia di questo Arbitro (v. ABF dec. n. 323 del 2012), che non qualsiasi contestazione sia a ciò idonea, non potendosi far coincidere, per ovvie esigenze di rispetto dei generali principi di buona fede e di meritevolezza di tutela sottese anche alla disciplina di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., il termine di “credito liquido” con quello di “credito incontestato”, potendosene perciò escludere la rilevanza ogni qual volta la contestazione stessa appaia ictu oculi infondata e strumentale.
Quanto al requisito di “esigibilità”, è ugualmente noto come la più recente giurisprudenza del Supremo Collegio sia dell’avviso che tale requisito - inizialmente considerato compatibile con il permanere in essere dei rapporti resi oggetto di compensazione ex art. 1853 cod. civ. (x. Xxxx. 17/07/97 n. 6558) e successivamente orientata in senso opposto (x. Xxxx. 3/05/07 n. 10208) – sia soddisfatto con la chiusura di un conto e la mera annotazione su altro conto dell’avvenuta compensazione, purchè l’esigibilità del credito vantato verso il debitore non sia esclusa dalla natura del rapporto, come accade in presenza di un saldo negativo rientrante in affidamento non ancora revocato (x. Xxxx. 5/02/09 n. 2801), o di una moratoria assunta nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito, ovvero consegua all’applicabilità di disposizioni legali, ad esempio in tema di crisi aziendali e/o procedure concorsuali, aventi analogo effetto.
Peraltro, ai fini della soluzione della presente controversia non sembra doversi fare riferimento tanto all’elaborazione giurisprudenziale delle nozioni di tali requisiti riferita alla compensazione legale, quanto alla natura giuridica dei requisiti stessi, la cui derogabilità nell’ambito della compensazione volontaria non sembra potersi revocare in dubbio alla luce della previsione dell’art. 1252 cod. civ. e della lettura datane dalla Suprema Xxxxx (x. Xxxx. 00000/00 xxx.).
Resta pertanto da valutare, ai fini che qui interessano, la validità della clausola di cui all’art. 5 delle condizioni generali di contratto alla luce della speciale disciplina di tutela dei consumatori di cui al D. Lgs. 206 del 2005.
A tale riguardo questo Xxxxxxxx ritiene che la clausola in parola sia nulla per contrasto con l’art. 33, I° co., e 36 I° co., D. Lgs. 206/05 nella parte in cui non esclude, come è invece significativamente previsto nel relativo schema contrattuale predisposto dall’ABI, la possibilità di compensazione in presenza di crediti non liquidi e non esigibili anche nei confronti di soggetti consumatori quali la ricorrente, così dando luogo ad un “significativo squilibrio” contrattuale in suo danno.
Ne segue l’obbligo dell’intermediario di provvedere al riaccredito sul conto della ricorrente, con valuta alla data dell’operazione di compensazione di cui si verte, dell’importo di € 14.3292,03.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto dispone che l’intermediario corrisponda alla ricorrente l’importo di euro 14.392,03 con valuta dalla data della contestata compensazione. Rigetta la domanda risarcitoria.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1