LA TUTELA RISARCITORIA IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI: TRA NOVITÀ NORMATIVE E ASSESTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
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LA TUTELA RISARCITORIA IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI: TRA NOVITÀ NORMATIVE E ASSESTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
SOMMARIO: 1. L’alternatività tra risarcimento del danno ed inefficacia del contratto. – 2. La tutela in forma specifica e la prova del danno. – 3. Il rapporto tra il rimedio caducatorio e quello risarcitorio: l’Adunanza Plenaria n. 3 del 2011 e il passaggio da una pregiudiziale di tipo processuale ad una pregiudiziale sostanziale. – 4. Per la Corte di giustizia la responsabilità per i danni da illegittima aggiudicazione è una responsabilità senza colpa. – 5. (Segue): è possibile una diversa lettura della sentenza Graz Stadt della Corte di giustizia? –
6. (Segue): l’ambito di applicazione della responsabilità oggettiva. – 7. La responsabilità per i danni da annullamento dell’illegittima aggiudicazione: le ordinanze della Cassazione del 23 marzo 2011, nn. 6594, 6595 e 6596. – 8. (Segue): osservazioni critiche sulle questioni di giurisdizione. – 9. Conclusioni.
1. L’alternatività tra risarcimento del danno ed inefficacia del contratto.
La responsabilità in materia di appalti pubblici trova oggi la sua disciplina essenziale nell’art. 124 del Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010), il quale – com’è noto – al primo comma recita che “se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”1.
Anzitutto va osservato come, molto opportunamente, nel testo versato nell’art. 124 del Codice del processo amministrativo (c.p.a.), è scomparsa la locuzione inizialmente contenuta nell’art. 245-quinquies del Codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006), che limitava il risarcimento del danno esclusivamente “a favore del solo ricorrente avente titolo all’aggiudicazione”. Limitazione che non trovava nessuna giustificazione e, anzi, si poneva in contrasto sia con la normativa costituzionale che con quella comunitaria2.
In secondo luogo, dall’art. 124 citato si ricava che il legislatore ha previsto una alternatività tra risarcimento del danno ed inefficacia del contratto, nel senso che il risarcimento del danno non è dovuto qualora il giudice dichiari il contratto inefficace. In tale ipotesi, la possibilità di ottenere l’aggiudicazione del contratto, ovvero l’opportunità di partecipare alla gara di cui viene disposta la totale o parziale rinnovazione, è
1 Il presente scritto trae origine da una relazione tenuta al Convegno di studi sul tema “Gli appalti pubblici: profili sostanziali e processuali”, organizzato nell’aprile 2011 dall’Ordine degli avvocati di Chieti presso la Xxxx xxx Xxxxxxxxx xxxxx Xxxxxxxxx xx Xxxxxx.
0 Come correttamente rilevato dai primi commenti in dottrina al d.lgs. n. 53 del 2010, il quale – com’è noto – ha aggiunto l’art. 245-quinquies al Codice dei contratti. Si vedano, indicativamente, i condivisibili rilievi critici di X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, in Urb. e appalti, 2010, 661; X. XXXXXX, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx, n. 7/2010, 66 e s.; X. XXXXX, Il risarcimento dei danni in materia di appalti pubblici dopo il recepimento della “direttiva ricorsi”, in xxx.xxxxxxxx.xx, 2010.
evidentemente ritenuta dal legislatore sufficiente a soddisfare l’interesse del ricorrente il quale non può così far valere alcun danno3.
Si realizza in tal modo una sorta di pregiudizialità tra la mancata dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto e l’ammissibilità della richiesta di risarcimento del danno. Infatti, unicamente se il contratto continua a dispiegare i suoi effetti è ammesso il risarcimento, oltretutto solo per equivalente. Il risarcimento in forma specifica non è consentito perché, se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto, l’interesse del ricorrente ad eseguire l’appalto non può essere soddisfatto.
Peraltro, il giudice amministrativo potrà dichiarare o meno inefficace il contratto sulla base di un bilanciamento dei vari interessi in gioco. Difatti, alla stregua dell’art. 122 c.p.a., fuori da alcuni casi (relativi alle violazioni gravi e alle sanzioni alternative), il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto “tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta”4. La privazione di efficacia del contratto, dunque, non è automatica, ma va accertata dal giudice caso per caso.
Il sistema di tutela risarcitoria tratteggiato dall’art. 124 c.p.a. non appare del tutto soddisfacente, in ragione del fatto che – come notato da attenta dottrina – esso comporta un regresso di tutela rispetto alla previsione generale, contenuta nell’art. 30 del medesimo codice, secondo cui il ricorrente può proporre azione di condanna per il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo esercizio del potere, sia in forma specifica che per equivalente5.
Non appare condivisibile, in particolare, la regola dell’alternatività, che esclude la possibilità per il ricorrente di ottenere il risarcimento del danno qualora il giudice dichiari l’inefficacia del contratto6.
Il ricorrente, infatti, ben potrebbe aver subito dei danni ulteriori (ad esempio, le spese di partecipazione alla gara) che – se sono conseguenza di un illecito – dovrebbero essere risarciti dall’Amministrazione aggiudicatrice.
È stato così puntualmente osservato in dottrina che la predetta regola dell’alternatività non può essere assolutizzata, pena altrimenti la sua irragionevolezza e la sua probabile illegittimità costituzionale per violazione degli art. 24 e 113 Cost.7. Sono da fare salve, ad esempio, le ipotesi di danno da ritardo. Si afferma, infatti, che
3 Sul punto si veda X. XXXXXXXX, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120–124 del Codice del processo amministrativo, in xxx.xxxxxxxx.xx, 48 (anche in Dir. proc. amm., 2010, 1067 e ss).
4 In argomento si rinvia alle puntuali osservazioni di F. XXXXXXXX, In difesa del processo di parti (Note a prima lettura del parere del Consiglio di Stato sul “nuovo” processo amministrativo sui contratti pubblici), in xxx.xxxxxxxx.xx.
5 Aspetto rimarcato da X. XXXXXXXX, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120–124 del Codice del processo amministrativo, cit., 49 e s.
6 Principio, peraltro, seguito da un largo orientamento della giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara d’appalto, implicando la riedizione dell’attività amministrativa e, quindi, il ripristino della chance di aggiudicazione, comporta l’inconfigurabilità di un profilo di danno risarcibile sia in forma specifica sia per equivalente. Si vedano, indicativamente, Cons. Stato, Sez. V, 28 agosto 2009, n. 5105; C.g.a., Sez. giur., 21 aprile 2010, n. 549.
7 X. XXXXX, Il risarcimento dei danni in materia di appalti pubblici dopo il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit., par. 2.
l’impresa risultata illegittimamente non aggiudicataria di un contratto ben potrebbe non accontentarsi della tardiva attribuzione dello stesso e chiedere il risarcimento del danno da ritardo subìto.
La possibilità di chiedere il risarcimento di tale tipologia di danno dovrebbe essere consentita anche perché, a ben vedere, non intacca la regola dell’alternatività, riguardando una fattispecie di danno diversa. Infatti, una cosa è chiedere il risarcimento del danno per il ritardo dell’aggiudicazione del contratto, altra cosa è chiedere il risarcimento del danno come equivalente della mancata aggiudicazione del contratto. Che si tratti di due voci di danno diverse è dimostrato dal fatto che mentre il risarcimento del danno per equivalente è possibile soltanto se il contratto rimane efficace, il risarcimento del danno da ritardo può configurarsi solo quando il contratto viene, al contrario, dichiarato inefficace, e successivamente aggiudicato al ricorrente.
La dottrina, poi, ritiene correttamente che nel caso di inefficacia solamente parziale del contratto, relativa cioè a una parte soltanto delle prestazioni in esso dedotte, il giudice possa disporre il risarcimento del danno con riguardo alla parte del contratto non dichiarata inefficace8.
Anche in questo caso la regola dell’alternatività non viene incisa, perché il contratto rimane di fatto efficace, sia pure parzialmente.
In conclusione, è ragionevole ritenere che la previsione di cui all’art. 124 c.p.a. non implichi l’inapplicabilità della regola generale dettata dal medesimo Codice all’art. 30, e che, di conseguenza, per garantire effettività di tutela al ricorrente, anche nelle ipotesi di dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, siano risarcibili gli ulteriori danni causati dall’illegittima procedura ad evidenza pubblica che non abbiano trovato ristoro con la misura di dichiarazione di inefficacia del contratto e la rinnovata possibilità per il ricorrente di aggiudicarselo9.
2. La tutela in forma specifica e la prova del danno.
L’art. 124, co. 1, del c.p.a., dispone, altresì, che l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è condizionata dalla dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto. Dunque, il ricorrente non può chiedere l’aggiudicazione del contratto se precedentemente non vi è stata una pronuncia di inefficacia dello stesso. Si tratta di un principio ovvio, posto che è di tutta evidenza che il ricorrente vittorioso non può ottenere l’affidamento dell’appalto se prima non viene eliminato dal mondo giuridico il contratto stipulato con l’originario aggiudicatario10. Secondo alcuni, questa regola pone un nesso di pregiudizialità tra pronuncia di inefficacia e tutela in forma specifica11. Secondo altri, invece, in questa ipotesi non si è in presenza di una vera pregiudiziale12.
8 Il riferimento è ancora a X. XXXXX, Il risarcimento dei danni in materia di appalti pubblici dopo il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit., par. 2.
9 Così come era previsto nel testo originario del decreto sottoposto all’esame della Commissione speciale incaricata di esprimere il parere del Consiglio di Stato.
10 Come notato da X. XXXXXX, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super- accelerato in materia di appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, cit., 65.
11 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, F. XXXXXXXXX, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, cit., 660, secondo cui la tutela in forma specifica è sottoposta ad una pregiudiziale “composta”: il primo livello è quello dell’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, il secondo livello è quello della distinta
Ad ogni modo, dalla lettura dell’art. 124 c.p.a., tenendo anche conto della sua rubrica, emerge che per il legislatore delegato il conseguimento del contratto è a tutti gli effetti una forma di risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica13. In dottrina è stato però criticamente rilevato che la logica che ha ispirato questa disposizione si fonda su di un equivoco, e cioè sull’equiparazione tra l’azione di adempimento, volta ad ottenere l’aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto, all’azione di risarcimento in forma specifica14. Questa impostazione viene giustamente criticata perché – si sottolinea – le due azioni sono diverse e non andrebbero pertanto confuse15. In effetti, come precisato anche dalla giurisprudenza, mentre l’azione di adempimento è diretta ad ottenere la condanna del debitore all’adempimento dell’obbligazione, il risarcimento in forma specifica è un rimedio che ha ad oggetto il danno, e tende alla rimozione delle conseguenze derivanti dall’evento lesivo tramite la produzione di una situazione materiale corrispondente a quella che si sarebbe realizzata se non fosse intervenuto il fatto illecito produttivo del danno. Nell’ottica civilistica, cioè, la reintegrazione in forma specifica rimane un rimedio risarcitorio, ossia una forma di reintegrazione dell’interesse del danneggiato mediante una prestazione diversa e
succedanea rispetto al contenuto del rapporto obbligatorio16.
pronuncia di inefficacia. Nella stessa direzione anche D. PONTE, Contratti, introdotta la pregiudiziale amministrativa, in Guida al dir., 2010, 31 e ss.
12 X. XXXXXXXX, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120–124 del Codice del processo amministrativo, in xxx.xxxxxxxx.xx, 23 (anche in Dir. proc. amm., 2010, 1067 e ss.), il quale osserva che “non si è in presenza di una pregiudiziale poiché il giudice amministrativo non ha cognizione della validità del contratto e della sua efficacia (in via diretta), ma può disporre l’inefficacia come conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione e rientra, quindi, nella cognizione degli effetti dell’annullamento”. Questo A. ulteriormente precisa che la “domanda di inefficacia del contratto non può che avere a base quella di annullamento dell’aggiudicazione e non può parlarsi allora di pregiudizialità poiché l’inefficacia del contratto qui considerata non può costituire un’autonoma domanda, essendo necessariamente collegata e conseguente agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione. Insomma, l’inefficacia del contratto può intervenire perché è venuto meno l’atto presupposto di aggiudicazione a seguito del suo annullamento”.
13 Come evidenziato da X. XXXXXX, Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: prime riflessioni sul decreto di recepimento della direttiva n. 2007/66/Ce, in xxx.xxxxxxxx.xx, par. 6.
14 X. XXXXXXXX, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120–124 del Codice del processo amministrativo, cit., 49.
15 Su questa linea – che qui si condivide – si collocano anche, ad esempio, X. XXXXX, La reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo fra azione di adempimento e azione risarcitoria, in Dir. proc. amm., 2003, 222 e ss.; ID., Processo amministrativo e azioni di risarcimento del danno: il risarcimento in forma specifica, in Dir. proc. amm. 2003, 994 e ss.; X. XXXXXXX, Pregiudizialità amministrativa nell’azione risarcitoria per responsabilità da provvedimento?, in Dir. proc. amm., 2007, 296, il quale puntualizza che non va confuso il piano dell’adempimento rispetto a pretese rimaste insoddisfatte, al quale appartiene l’adozione del provvedimento da parte dell’Amministrazione, e quello della tutela risarcitoria, connotata dal danno prodotto da un fatto illecito, le cui conseguenze occorre eliminare.
16 In questo senso la giurisprudenza prevalente: Cons. Stato, Sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3338; Id., 3 aprile 2003, n. 1716; Id., 23 ottobre 2007, n. 5562; Id., 21 maggio 2008, n. 2622. Sul punto, in dottrina, ci sono posizioni differenti: oltre agli Autori citati nella nota precedente, si vedano, a mero titolo indicativo,
X. XXXXX, Reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo tra tutela risarcitoria di tipo civilistico e azione di adempimento, in Foro amm.-Cons. Stato, 2008, 2185 e ss.; S.R. MASERA, Il risarcimento in forma specifica nel giudizio amministrativo, Padova, 2006; X. XXXXXXX, Tipicità delle azioni e azione di adempimento nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2005, 557 e ss.; X. XXXXXXX, La reintegrazione in forma specifica nel diritto amministrativo: tutela risarcitoria o azione di adempimento?, in Resp. civ., 2003, 3 e ss.; X. XXXXXXX, La reintegrazione in forma specifica nel processo
Certo, nel campo degli appalti pubblici gli effetti delle due azioni sono sostanzialmente coincidenti e si risolvono nella condanna della stazione appaltante ad aggiudicare il contratto al ricorrente o a disporre la rinnovazione della gara.
Tuttavia, residuano delle importanti differenze, dal momento che l’azione risarcitoria ha delle proprie condizioni, essendo comunque legata all’accertamento dei presupposti della responsabilità civile, vale a dire, l’illecito, la colpa, il nesso di causalità e il danno17. Condizioni che si aggiungono a quelle che le norme fissano per la domanda di aggiudicazione18.
Non si può quindi che criticare il disallineamento che esiste tra la rubrica e il contenuto dell’art. 124 c.p.a., giacché con l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione, la tutela in forma specifica (richiamata nella rubrica) “non ha niente a che fare, neppure sul piano descrittivo”19. Così come discutibile è la scelta del legislatore di non contemplare espressamente, nelle ipotesi di dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, almeno il risarcimento del danno per equivalente (v. supra, par. 1).
Il secondo comma dell’art. 124 c.p.a. dispone poi che se la parte, senza giustificato motivo, non propone la domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto ovvero non si rende disponibile a subentrare nel contratto, tale comportamento è valutabile ai fini dell’art. 1227 c.c., e quindi in sede di quantificazione del danno da risarcire.
La suddetta disposizione fa emergere il carattere subordinato e residuale del risarcimento del danno per equivalente rispetto alla domanda di conseguire l’aggiudicazione del contratto. Questa regola, pur essendo condivisibile (essendo diretta ad evitare un uso strumentale e distorto della tutela risarcitoria), può prestare il fianco alla possibilità che si reintroduca surrettiziamente la c.d. pregiudiziale amministrativa, formalmente superata ad opera dell’art. 30 c.p.a. (sul punto v. amplius infra, par. 3). Infatti, come notato in dottrina, l’eventualità di un giudizio risarcitorio autonomo è depotenziata, poiché chi non ha chiesto di conseguire l’aggiudicazione e il contratto (e
amministrativo, Napoli, 2002; X. XXXXXXXXX XXXXX, Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2001.
17 Come evidenziato da F.G. SCOCA, Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, in Foro amm.-T.a.r., 2007, 818 (anche in xxx.xxxxxxxx.xx). Aspetto rimarcato, tra gli altri, anche da X. XXXXXXXX, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120–124 del Codice del processo amministrativo, cit., 50; X. XXXXXXX, Appunti sulla tutela processuale e sui poteri del giudice nel decreto legislativo n. 53 del 2010, in xxx.xxxxxxxx.xx. Perspicuamente X. XXXXX, Illegittimo affidamento dell’appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel d. lgs. 53/2010, in xxx.xxxxxxxx.xx, par. 6, osserva che l’azione di adempimento, sub specie di “accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto”, è “svincolata dalla fattispecie dell’illecito (dunque, non è più un risarcimento in forma specifica, anche se, al pari di questo, è idonea ad eliminare il danno)”. Si veda inoltre X. XXXXXXXX, Il rito speciale sugli appalti e la sorte del contratto: un giudizio a geometria variabile e a oggetto necessario nel contesto della concorrenza, in xxx.xxxxxxxx.xx; ID., Ordinamento comunitario, mercato e contratti della pubblica Amministrazione. Profili sostanziali e processuali, Napoli, 2010, 156, il quale chiarisce che l’ordine di subentrare nel contratto è un’azione di adempimento che non si può accostare a una forma di risarcimento, pur in forma specifica, perché presupposto dell’ordine di subentrare non è il compimento di un illecito e la parte non deve provare i relativi elementi.
18 X. XXXXXXXXX, I poteri del giudice nel processo amministrativo sui contratti pubblici, in
Commentario al codice dei contratti pubblici, a cura di X. XXXXXXX, Torino, 2010, 1109.
19 Così X. XXXXXXXX, La caducazione del contratto fra cognizione ed esecuzione, in xxx.xxxxxxxxxx.xx, il quale precisa altresì che “il sub ingresso non è oggetto di risarcimento ma di domanda giudiziale, da proporre, anzi, prima di ogni altra”.
l’unico modo per farlo è impugnare tempestivamente il provvedimento che aggiudica ad altri) rischia di vedere esclusa la possibilità di ottenere un risarcimento in denaro, per via della prescritta valutazione della sua condotta processuale20.
Riassumendo, l’art. 124 c.p.a. ci restituisce un quadro che può essere sintetizzato nei seguenti termini: se il giudice dichiara l’inefficacia del contratto, il ricorrente può proporre domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto ma non può chiedere il risarcimento del danno per equivalente; se il giudice, al contrario, non dichiara l’inefficacia del contratto, il ricorrente può chiedere soltanto il risarcimento del danno per equivalente.
In ogni caso, comunque, qualora l’annullamento dell’aggiudicazione avvenga a contratto già in corso di esecuzione deve riconoscersi al ricorrente la possibilità di optare per il solo risarcimento del danno, rinunciando all’esecuzione, solo parziale, del giudicato. E ciò anche in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 1181 c.c., secondo cui il creditore può rifiutare l’offerta di un adempimento parziale dell’originario rapporto obbligatorio21.
Si deve ricordare, altresì, che nelle controversie relative alle infrastrutture strategiche, l’art. 125, co. 3, c.p.a. sancisce come possibile soltanto il risarcimento del danno per equivalente, essendo esclusa la tutela in forma specifica, dato che, fuori dai casi previsti di inefficacia del contratto per violazioni gravi e di applicazione delle sanzioni alternative, la sospensione o l’annullamento dell’aggiudicazione non porta alla caducazione del contratto già stipulato.
L’art. 124 del c.p.a. dispone infine che è risarcibile il danno “subìto e provato”.
Siffatta precisazione manifesta chiaramente la volontà del legislatore di mettere un argine sul versante oggettivo della responsabilità per evitare enormi esborsi a carico della finanza pubblica.
Il danno sembra costituire così una utile “rete di contenimento” al fine di limitare le ipotesi di responsabilità dell’Amministrazione22. Una rete che è diventata ancora più necessaria dopo che – come si dirà (v. infra, par. 4) – la Corte di giustizia con la sentenza Graz Stadt23 ha affermato che le violazioni in materia di appalti pubblici devono essere risarcite a prescindere dalla colpa della stazione appaltante.
A dire il vero, però, la suddetta previsione legislativa non appare poi così innovativa. La regola secondo cui il danno va provato con rigore è infatti una regola già esistente nel nostro ordinamento, e discende dal generale principio dell’onere della prova scolpito
20 In questi termini X. XXXXXXX, Appunti sulla tutela processuale e sui poteri del giudice nel decreto legislativo n. 53 del 2010, cit., par. 3. Anche secondo X. XXXXXX, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, cit., 68, la parte che decida di proporre direttamente una domanda risarcitoria per equivalente, senza impugnare tempestivamente l’aggiudicazione, corre il fortissimo rischio di una pronuncia di rigetto.
21 Come precisato da X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, 658.
22 Da tempo, peraltro, autorevole dottrina ha evidenziato il ruolo che il danno (e non la sua ingiustizia) può assumere come strumento di contenimento della responsabilità della p.A.: il riferimento è a F.G. SCOCA, Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl., 2000, 27 s.
23 Corte di giustizia, Sez. III, 30 settembre 2010, in causa X-000/00, Xxxx Xxxxx.
nell’art. 2697 c.c.24. È una regola oltretutto a cui già da tempo si richiama il giudice amministrativo25.
Ad ogni modo, con la predetta disposizione, pur non essendo preclusa per il giudice la possibilità di liquidare il danno in via equitativa (ex art. 1226 c.c.), il ricorso al noto criterio del 10% offerto in gara, sembra destinato a diventare un espediente in via di estinzione, in particolare se si considera che già prima di questa norma il giudice amministrativo escludeva talvolta tale possibilità esigendo dal ricorrente la prova rigorosa del danno26.
3. Il rapporto tra il rimedio caducatorio e quello risarcitorio: l’Adunanza Plenaria n. 3 del 2011 e il passaggio da una pregiudiziale di tipo processuale ad una pregiudiziale sostanziale.
Come si è già accennato nel paragrafo precedente, il richiamo effettuato dal c.p.a. al principio di cui all’art. 1227 c.c. è problematico, perché esso, se mal interpretato, può finire con il reintrodurre surrettiziamente la regola della pregiudiziale amministrativa.
Su tale annosa questione – formalmente superata con una soluzione di compromesso dall’art. 30 c.p.a.27 – è di recente intervenuta l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3 del 23 marzo 201128.
Tale Supremo Consesso ha osservato che nel c.p.a. il legislatore non ha condiviso né la tesi della pregiudizialità pura né quella della totale autonomia dei due rimedi, approdando ad una soluzione intermedia che, pur considerando non più necessaria l’impugnazione dell’atto per accedere al risarcimento, valuta detta condotta omissiva come fatto da apprezzare per escludere il risarcimento dei danni che si potevano evitare con il ricorso per l’annullamento.
24 Come notato da X. XXXXX, Il risarcimento dei danni in materia di appalti pubblici dopo il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit., par. 2.
25 Per questo orientamento si vedano, indicativamente, T.R.G.A., Sez. Trento, 27 luglio 2011, n. 215; Cons. Stato, Sez. IV, 4 aprile 2011, n. 2113; Id., Sez. V, 16 febbraio 2009, n. 842; Id., Sez. VI, 2 marzo
2004, n. 973.
26 Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2010, n. 2384; Id., Sez. V, n. 842/2009, cit.; Id., Sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967. In dottrina, X. XX XXXXXXXX, Il recepimento della direttiva ricorsi, in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx, 63, sottolinea che tale precisazione del legislatore “sembra fare definitiva giustizia di quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il mancato utile potrebbe essere quantificato in maniera forfettaria, utilizzando il criterio dettato dal legislatore a tutt’altri fini, del dieci per cento offerto in gara”.
27 Com’è ben noto, l’art. 30 c.p.a., dopo aver disposto che l’azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta anche in via autonoma, al comma terzo del medesimo articolo la subordina ad un termine di decadenza molto breve di centoventi giorni, disponendo altresì che nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.
28 Per un primo commento si vedano: M.A. XXXXXXXX, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni, in xxx.xxxxxxxx.xx (anche in xxx.xxxxxxxxxxx.xx, n. 7/2011); X. XXXXXXXXXXX, L’interesse legittimo come (nuovo) diritto soggettivo (in margine a Cons. Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3), in xxx.xxxxxxxx.xx; X. XXXXXXXXXX, Il giudice amministrativo nella modernità (Adunanza Plenaria n. 3 del 2011), in xxx.xxxxxxxx.xx; P. QUINTO, Le “convergenze parallele” nel processo amministrativo. Nota a margine dell’A.P. n. 3 del 2011, in xxx.xxxxxxxx.xx.
L’Adunanza plenaria, dopo aver sottolineato che l’obbligo di cooperazione di cui all’art. 1227, co. 2, c.c., ha fondamento nel canone di buona fede e, quindi, nel principio costituzionale di solidarietà (art. 2 Cost.), arriva alla conclusione che la mancata impugnazione di un provvedimento amministrativo può essere ritenuto un comportamento contrario a buona fede nell’ipotesi in cui si appuri, da un lato, che una tempestiva reazione avrebbe evitato o ridotto il danno e, dall’altro, che tale azione non avrebbe comportato un sacrificio significativo per il ricorrente.
In particolare, l’Adunanza Plenaria si pone in linea di continuità con le più recenti decisioni del Consiglio di Stato, che spostano l’indagine sulla pregiudizialità dal terreno processuale al piano sostanziale, pervenendo alla conclusione che la mancata promozione della domanda impugnatoria non pone un problema di ammissibilità dell’actio damni ma è idonea ad incidere sulla fondatezza della domanda risarcitoria29.
I massimi Giudici amministrativi sviluppano queste coordinate ermeneutiche alla luce dei principi ricavabili anche dal sopravvenuto codice del processo amministrativo, ritenendo che l’analisi dei rapporti sostanziali debba essere svolto, piuttosto che sul piano dell’ingiustizia del danno, su quello della causalità. Ad avviso della Plenaria, cioè, “il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa (secondo il criterio del ‘più probabilmente che non’: Cass., sezioni unite, 11 gennaio 1008, n. 577; sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045), recide, in tutto o in parte, il nesso casuale che, ai sensi dell’art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi”.
Dunque, la regola della pregiudiziale amministrativa non è stata affatto superata: si registra soltanto un mero passaggio da una pregiudizialità di tipo processuale ad una pregiudizialità sostanziale, che fa leva sul nesso causale. Ma per il ricorrente non cambia molto, giacché se egli non impugna l’atto si trova esposto al serio rischio di vedersi respinta la domanda nel merito, e, quindi, di non ottenere il risarcimento del danno, così come avveniva prima del c.p.a., quando i giudici amministrativi affermavano la pregiudizialità di rito30.
29 Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3059; Id., Sez. V, 3 febbraio 2009, n. 578; Id., Sez. VI, 21
aprile 2009, n. 24363; Id., Sez V, 3 novembre 2010, n. 7766.
30 Giustamente X. XXXXX, Che fine ha fatto la pregiudizialità amministrativa?, in xxx.xxxxxxxx.xx, si domanda “se la pregiudizialità amministrativa sia stata veramente eliminata, così come formalmente statuito dall’art. 30, co. 1, del Codice, o non sia piuttosto (sostanzialmente) rafforzata, per la circostanza che la necessità dell’esperimento dei mezzi di tutela (impugnatoria) è ora espressamente prevista dalla legge e non scaturisce soltanto da esigenze di sistema”. In pratica, come notato da M.A. XXXXXXXX, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni, cit., 3, anche dopo il c.p.a. la collaborazione che il sistema in fatto richiede agli amministrati, uscita dalla porta dell’azione pregiudiziale di annullamento (o di dichiarazione di illegittimità del silenzio) rientra in sostanza dalla finestra attraverso l’imputazione allo stesso danneggiato
La Plenaria precisa comunque che l’obbligo di attivarsi non si configura qualora l’interesse all’annullamento oggettivamente non esista o sia venuto meno o, più in generale, non sia adeguatamente suscettibile di soddisfazione31.
Ciò che lascia perplessi, però, è che nella richiamata sentenza del marzo 2011, a ben vedere, i massimi Giudici amministrativi continuano a puntare i riflettori prevalentemente sul ricorrente, mentre si sarebbe dovuto dare maggior peso alla circostanza che sia l’art. 243-bis del codice dei contratti (d.lgs. n. 163 del 2006), sia l’art. 30, co. 3, del c.p.a., impongono al giudice di valutare, in sede di quantificazione del danno, anche il comportamento della p.A., la quale anzi è la prima ad essere obbligata a comportarsi con diligenza, correttezza e buona fede.
Infatti, l’art. 243-bis del codice dei contratti, da un lato, afferma che l’omissione del
c.d. “preavviso di ricorso” è un comportamento valutabile ai fini dell’art. 1227 c.c. (oltre che per le spese di giudizio), ma, dall’altro, aggiunge che è valutabile anche il comportamento inerte della stazione appaltante, che entro quindici giorni dal ricevimento del preavviso di ricorso non comunichi agli interessati se intende intervenire o meno in autotutela (anche se va ricordato che per espressa previsione della stessa norma l’inerzia equivale a diniego di autotutela).
Sicché, se si considera che la p.A., a seguito delle illegittimità segnalate dai ricorrenti con il preavviso di ricorso ben potrebbe intervenire facilmente in via di autotutela per eliminarle, ne consegue che la presentazione di tale segnalazione configura una condotta corretta dell’impresa, sufficiente a far reputare assolti gli obblighi di cooperazione, di diligenza e di buona fede che su di essa gravano. Se, quindi, dopo il preavviso da parte del privato l’Amministrazione non si attiva per eliminare l’atto viziato, è quest’ultima a passare dalla parte del torto e non certo l’impresa che ha segnalato le illegittimità32.
E, d’altra parte, non si capisce perché un’impugnazione giurisdizionale dell’atto debba essere considerato un comportamento più leale rispetto a quello del ricorrente che con una richiesta di autotutela solleciti la p.A. a ritirarlo segnalando le illegittimità commesse33.
A dire il vero, la Plenaria, seppur timidamente, aggiunge che nel valutare il comportamento collaborativo del privato si dovrà tener conto che le forme di tutela attivabili non sono costituite soltanto da quella giurisdizionale ma anche dai ricorsi amministrativi o da istanze motivate volte ad ottenere l’autotutela.
della parte di pregiudizio da esso evitabile con un “diligente utilizzo dei mezzi di tutela posti a sua disposizione”.
31 Al riguardo X. XXXXXXXXXXX, L’interesse legittimo come (nuovo) diritto soggettivo (in margine a Cons. Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3), cit., par. 3, puntualizza che “la valutazione circa la ragionevolezza della scelta del creditore andrà ovviamente condotta di caso in caso, in relazione al grado di esecuzione del provvedimento, alla modificazione giuridica e materiale in concreto prodotta e ad una valutazione prognostica circa l’utilitas concreta che dall’annullamento (segnatamente in termini di anche solo parziale reversibilità della situazione concreta per effetto del travolgimento dell’atto illegittimo) l’interessato possa trarre”.
32 In tal senso X. XXXXX, Il risarcimento dei danni in materia di appalti pubblici dopo il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit., parr. 3 e 4.
33 Secondo X. XXXXXXXXXX, Il giudice amministrativo nella modernità (Adunanza Plenaria n. 3 del 2011), cit., par. 3, non par dubbio che l’invito all’autotutela o i ricorsi amministrativi, motivatamente e tempestivamente attivati possano costituire ampia dimostrazione di una collaborazione piena e leale, di talché una p.A. che ciononostante tenga fermo l’atto lesivo, poi non può in sede di giudizio risarcitorio pretendere riduzioni o persino azzeramenti del proprio obbligo risarcitorio quando il danneggiato l’aveva tempestivamente e motivatamente avvisata del danno ingiusto che stava provocando.
Tuttavia, se si considera che al privato deve essere chiesto il minor sacrificio possibile, sono le ultime forme di tutela testé richiamate che andrebbero prese in considerazione e non certo la prima, cioè quella del ricorso giurisdizionale.
Né si può condividere il ragionamento della Plenaria laddove sostiene che l’azione di annullamento, se rapportata all’azione di risarcimento, non è particolarmente costosa né aleatoria.
Il problema è che il raffronto non deve essere fatto con l’azione risarcitoria, ma semmai con gli altri rimedi che l’ordinamento mette a disposizione del ricorrente per avvisare la p.A. dell’illegittimità dell’atto (quindi, richiesta di autotutela e ricorsi amministrativi). Xx è chiaro che da questo raffronto il mezzo più esigibile, perché più economico e al contempo efficace, è la proposizione di una motivata istanza volta a sollecitare il potere di autotutela della p.A.
In conclusione, alla luce della sentenza della Plenaria, sembra sussistere ancora un onere di attivarsi per il privato, almeno per segnalare le illegittimità dell’atto, se il ricorrente non vuole correre il serio rischio di vedersi decurtato o negato il risarcimento del danno34.
Rispetto alla situazione precedente, quando a chi aveva intenzione di proporre un’azione risarcitoria si imponeva l’onere di impugnare in via pregiudiziale il provvedimento illegittimo di fronte al giudice amministrativo, un piccolo passo in avanti è stato fatto. Forse, però, si poteva fare di più, nonostante la (non condivisibile) soluzione di compromesso adottata dal legislatore. Non si comprende infatti perché debba continuare ad essere il privato ad accorgersi e a dover segnalare i vizi di legittimità dell’atto piuttosto che la stessa Amministrazione, che per definizione è esperta nel settore in cui opera.
4. Per la Corte di giustizia la responsabilità per i danni da illegittima aggiudicazione è una responsabilità senza colpa.
Un’altra importante novità in tema di tutela risarcitoria degli appalti pubblici si è avuta con la recente sentenza della Corte di giustizia del 30 settembre 2010, causa X- 000/00, Xxxx Xxxxx00.
Xx questa decisione il Giudice del Lussemburgo afferma a chiare lettere che il diritto comunitario osta ad una normativa nazionale che, nelle ipotesi di violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di una Amministrazione aggiudicatrice,
34 Anche ad avviso di P. QUINTO, Le “convergenze parallele” nel processo amministrativo. Nota a margine dell’A.P. n. 3 del 2011, cit., par. 4, “rimangono ben ristretti gli spazi nei quali il titolare di una situazione di interesse legittimo possa rivendicare un risarcimento danni avendo omesso di attivare nei termini e nei modi plurimi che l’ordinamento gli concede tutte quelle azioni (tipiche) ed iniziative (atipiche) per far caducare la fonte della sua situazione dannosa: il provvedimento amministrativo illegittimo”.
35 Per un commento della citata decisione si vedano: C. CONTESSA, Mancata aggiudicazione: risarcimento anche senza colpa, in Diritto e pratica amministrativa, Il sole 24 ore, 2011, 1, 52; X. XXXXXXX, Il risarcimento del danno da aggiudicazione illegittima prescinde dall'accertamento della colpa? Riflessioni alla luce della giurisprudenza europea e del codice del processo amministrativo, in Foro amm.-T.a.r., 2011, 679 e ss.; sia altresì consentito rinviare a X. XXXXXX, La colpa è ancora un elemento essenziale della responsabilità da attività provvedimentale della p.A.?, in Giur. it., 2011, 664 e ss., al quale si farà ampio richiamo.
subordini il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni al carattere colpevole di tale violazione.
Questa sentenza si inserisce in un solco già tracciato dalla Corte di giustizia, la quale da tempo esclude che si possa richiedere come condizione di risarcibilità la prova di un comportamento colposo o doloso dell’agente36.
Indirizzo giurisprudenziale ribadito con fermezza nel 2004, e più di recente nel 200837.
Com’è noto, i giudici italiani hanno ritenuto compatibile con tale orientamento giurisprudenziale l’utilizzo di presunzioni semplici di colpevolezza, che ammettono la prova contraria38.
Con la sentenza del settembre 2010, però, il Giudice del Lussemburgo è stato chiaro e perentorio nel precisare che si pone in contrasto con la normativa comunitaria anche l’utilizzo di presunzioni di colpevolezza in capo all’Amministrazione danneggiante. Non solo, nella predetta sentenza, la Corte di giustizia puntualizza che l’Amministrazione non può far valere nemmeno «la mancanza di proprie capacità individuali», come ad esempio difetti di organizzazione o mancanza di personale.
Dalla sentenza Graz Stadt emerge così in modo chiaro che per il giudice comunitario la responsabilità della p.A. per violazione delle norme sugli appalti è una responsabilità senza colpa, e quindi una responsabilità oggettiva.
In questa direzione si è subito orientato anche il nostro giudice amministrativo, il quale ha evidenziato come il requisito della colpa sia destinato a perdere consistenza proprio alla luce della sentenza della Corte di giustizia in esame39.
In alcune recenti decisioni, nondimeno, il giudice amministrativo continua, in materia di appalti, a far riferimento all’istituto dell’errore scusabile40.
Quest’ultimo orientamento giurisprudenziale non può essere condiviso, perché è la stessa sentenza Graz Stadt della Corte di giustizia, al punto 41, ad escludere il ricorso ad un meccanismo di presunzioni di colpevolezza che possa essere vinto invocando «il carattere scusabile dell’errore di diritto».
In pratica, per il giudice del Lussemburgo, il rimedio risarcitorio costituisce una mera alternativa alle altre procedure di ricorso e può considerarsi compatibile con il principio
36 Com’è noto, il giudice comunitario richiede per il risarcimento del danno la sussistenza di una violazione sufficientemente grave e manifesta di una norma del diritto comunitario preordinata a conferire diritti ai singoli, nonché un nesso causale tra tale violazione e il danno subìto dai singoli: in tal senso si vedano, ex multis, Xxxxx xxxxx. XX, 00 maggio 1996, causa C-5/1994, Xxxxxx Xxxxx ltd; Id., 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame.
37 Il riferimento è a Xxxxx xxxxx. XX, 00 ottobre 2004, causa C-275/03, Commissione c. Repubblica Portoghese; Id., 10 gennaio 2008, causa C-70/06, Commissione c. Repubblica Portoghese.
38 In giurisprudenza seguono questo indirizzo, ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 9 marzo 2007, n. 1114; Id., Sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607; T.a.r. Sardegna, Sez. I, 14 marzo 2005, n. 328. In dottrina si vedano, tra gli altri, M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, 37 e ss., spec. par. 5; X. XXXXXX, La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, Torino, 2008, 513 e ss.
39 Si vedano, ad esempio, T.a.r. Lombardia, Brescia, Sez. II, 4 novembre 2010, n. 4552; Id., 19 novembre 2010, n. 4660; Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1193. Si tratta evidentemente di un indirizzo non ancora consolidato, se si considera che la stessa Sezione del Consiglio di Stato che ha pubblicato la sentenza n. 1193/2011 cit., nello stesso giorno, con il medesimo Collegio giudicante, ha emanato una decisione che va in direzione opposta, ritenendo imprescindibile la dimostrazione dell’elemento psicologico della colpa in un’ipotesi di mancata aggiudicazione di un appalto di lavori: Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1184.
40 T.a.r. Lazio, Roma, Sez. III, 2 febbraio 2011, n. 974.
di effettività di tutela scolpito nelle direttive comunitarie soltanto se non sia subordinato
– così come non lo sono gli altri mezzi di ricorso – alla prova della colpa dell’Amministrazione aggiudicatrice. Non c’è spazio, quindi, per l’istituto dell’errore scusabile, che, oltretutto, così come viene interpretato dal nostro giudice amministrativo, limita fortemente la possibilità di tutela risarcitoria innalzando la soglia di punibilità alla colpa grave41.
È appena il caso di aggiungere che l’orientamento del giudice comunitario è importante per il nostro giudice nazionale, perché quest’ultimo, almeno nelle ipotesi di violazioni rilevanti per il diritto comunitario, è tenuto ad applicare direttamente il paradigma di illecito individuato dalla Corte di giustizia. L’autorità giurisdizionale domestica può applicare il diritto interno solo se la disciplina nazionale sulla responsabilità si pone al di sopra della soglia di tutela minima stabilita a livello comunitario. Ma, se lo standard richiesto dalla Corte di giustizia è quello della responsabilità oggettiva, cioè il massimo grado di responsabilità possibile, non si possono chiaramente individuare forme di tutela che si pongano al di sopra di tale soglia.
Nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, pertanto, il modello di responsabilità dovrà prescindere dal requisito della colpevolezza. E ciò dovrà avvenire sicuramente nelle ipotesi di appalti sopra soglia comunitaria, ma è auspicabile e opportuno che lo stesso accada anche nei casi di appalti sotto soglia, per evitare che si formi nello stesso settore un sistema duale di responsabilità.
Nel campo delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si potrebbe parlare di colpa probabilmente nelle ipotesi di responsabilità da atto legittimo, per violazione dei generali doveri di correttezza e buona fede nel corso delle trattative negoziali. Il giudice amministrativo, infatti, ha configurato una responsabilità precontrattuale ex art. 1337 x.x. xx xxxx xxxx x.X. xxx xxxx xx xxxxxx legittima dell’aggiudicazione, condannando l’Amministrazione per aver tenuto un comportamento contrario ai doveri di correttezza e buona fede (ad esempio, perché ha emanato l’atto di revoca in modo legittimo ma con colpevole ritardo)42. A ben vedere, però, in queste fattispecie non vi è una violazione della disciplina sulle procedure di
41 Certamente in linea di principio l’errore scusabile e la colpa grave costituiscono due aree che afferiscono a piani differenti, va però osservato che escludere la colpevolezza dell’Amministrazione nelle ipotesi di errore scusabile – dilatato in bonam partem dell’Amministrazione così come fa il giudice amministrativo, il quale ritiene scusabile l’errore quando l’Amministrazione è chiamata a risolvere questioni particolarmente difficili, quando si trova in presenza di una normativa equivoca, di contrasti giurisprudenziali, di novità delle questioni, o quando è stata indotta in errore dal comportamento del privato (si vedano, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 13 novembre 2001, n. 5829; Id., Sez. V, 13 aprile 2010, n. 2029; T.a.r. Lazio, Roma, Sez. III, 2 febbraio 2011, n. 974) – significa condannare la p.A. soltanto allorché il suo comportamento sia affetto da un vizio grave; solo quando, cioè, il soggetto pubblico emana un provvedimento illegittimo pur trovandosi in presenza di una normativa certa e chiara, di un’uniformità di indirizzo a livello giurisprudenziale, di una attività amministrativa routinaria e non complessa, e così via. Casi in cui – com’è evidente – l’errore poteva essere evitato attraverso l’applicazione di un minimo di diligenza. Per più ampie considerazioni sul punto sia consentito far rinvio a X. XXXXXX, La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, cit., 436 e ss. Nella stessa direzione si veda anche X. XXXXXXXX, Elemento soggettivo e illecito civile dell’Amministrazione pubblica, Napoli, 2009, 61.
42 T.a.r. Lazio, Sez. III, 10 gennaio 2007, n. 76; nello stesso senso anche: Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; Id., Sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457; Id., Sez. V, 30 novembre 2007, n. 6137; Id., 8 ottobre 2008, n. 4947; Id., Sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; Id., Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882; e, da ultimo, Id., Sez. VI, 2 settembre 2011, n. 4921.
aggiudicazione degli appalti pubblici, visto che il provvedimento dell’Amministrazione è legittimo. L’illegittimità è riferibile al comportamento, ossia all’attività della p.A., che con ingiustificato ritardo assume una legittima determinazione in via di autotutela. Xxxxxxxx, al di là di talune ipotesi di comportamento illecito e di attività illegittima, nei casi di danni provocati da atto legittimo, quando il danno non è ingiusto perché non vi è illegittimità, sembra che si debba far ricorso a forme di indennizzo, come previsto dall’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, piuttosto che al risarcimento del danno, almeno se si aderisce alla natura aquiliana della responsabilità da attività provvedimentale della p.A.43.
Ed ancora, il giudice amministrativo ha affermato la rilevanza della colpa dell’Amministrazione nella responsabilità per i danni derivanti dall’esecuzione di un appalto pubblico. Segnatamente, il Consiglio di Stato, facendo leva sulla c.d. culpa in eligendo (mancato controllo prima e nel corso dell’esecuzione dei lavori), ha ritenuto il committente (cioè l’Amministrazione pubblica) corresponsabile in via diretta con l’appaltatore per i danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’xxxxxxx00. Anche in questo caso, però, si tratta, com’è di tutta evidenza, di una fattispecie diversa rispetto a quella presa in considerazione dalle direttive ricorsi. L’ipotesi richiamata, infatti, non riguarda la fase dell’aggiudicazione bensì quella dell’esecuzione dell’appalto pubblico.
5. (Segue): è possibile una diversa lettura della sentenza Graz Stadt della Corte di giustizia?
L’interpretazione sopra prospettata della decisione della Corte di giustizia del settembre 2010 sembra essere quella più convincente ed intuitiva.
43 Che richiede, com’è noto, l’ingiustizia del danno e, quindi, l’illegittimità del provvedimento o dell’attività amministrativa. Secondo X. XXXXXX, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni «Trenta» all’«alternanza», Milano, 2001, 275, il provvedimento che legittimamente disattenda un affidamento è assimilabile ad un atto ablativo e può essere, perciò, indennizzabile. Osserva X. XXXXXXX, La responsabilità, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, a cura di X. Xxxxxxx, tomo II, Milano 2003, 1665, che di “responsabilità derivante da atti legittimi si parla con riguardo alla previsione di indennizzo a seguito di espropriazione: ma si tratta, per l’appunto, di un indennizzo e non di un risarcimento, secondo alcuni configurabile più come un onere per il legittimo esercizio del potere, che non come una misura riparatoria del danno provocato, qual è il risarcimento, in quanto viene a mancare, in questi casi, il carattere dell’ingiustizia del danno”. Anche X. XXXXXXXXX, Revoca degli atti amministrativi e tutela dell’affidamento, Torino 1999, 193 e passim, propone che nell’attività legittimità della p.A. (con particolare riferimento alla revoca) vi sia un indennizzo come tutela del danno da lesione del legittimo affidamento subito dal privato, non ritenendo possibile arrivare ad una soluzione, come quella adottata dall’ordinamento tedesco, ove si parla di risarcimento. Secondo questa Autrice il risarcimento “non avrebbe motivo di porsi in quanto il danno arrecato con la revoca non potrebbe mai qualificarsi come ingiusto a motivo del fatto che si tratta pur sempre di un’attività legittimamente posta in essere dalla pubblica Amministrazione” (ivi, 199). Di diverso avviso è X. XXXXX, Funzione amministrativa e obblighi di correttezza. Profili di tutela del privato, Napoli, 2005, 255 e ss., la quale ritiene che vi possa essere una tutela risarcitoria anche nelle ipotesi di attività legittima della p.A. In questa direzione si veda anche G.M. RACCA, Contratti pubblici e comportamenti contraddittori delle pubbliche amministrazioni: la responsabilità precontrattuale, in Riv. Neldiritto, 2009, 282; ID., Comportamento scorretto, atto legittimo e responsabilità della pubblica amministrazione, in Urb. e appalti, 2003, 943 e ss.
44 L’affermazione di questo principio si trova in Cons. Stato, 28 ottobre 2010, n. 7635.
Si potrebbe però avanzare una lettura diversa, per così dire, contro intuitiva, della sentenza Graz Stadt: e cioè che anche nelle ipotesi in cui l’Amministrazione pubblica ponga in essere una violazione della normativa sugli appalti, per configurare la responsabilità della p.A. sia necessario dimostrare la sussistenza del presupposto della violazione sufficientemente caratterizzata. Si potrebbe ritenere, in altre parole, che la violazione grave e manifesta non si realizzi in re ipsa con la mera inosservanza della disciplina sulla aggiudicazione dei contratti, ma debba essere dimostrata caso per caso alla stregua dei criteri fissati dallo stesso giudice comunitario.
Se si seguisse quest’ultima via interpretativa, nel nostro ordinamento non si avrebbero grossi cambiamenti rispetto alla situazione attuale, dal momento che è proprio dal parametro della violazione sufficientemente caratterizzata che ha preso spunto il nostro giudice amministrativo nell’individuare gli indici dell’errore scusabile che escludono la responsabilità della p.A.
A tal proposito, giova ricordare che per il giudice europeo i criteri che rendono la violazione «manifesta e grave» sono «il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali o comunitarie, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l’inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un’istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all’omissione, all’adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario»45. Nelle altre ipotesi di attività più complessa il giudice comunitario, invece, esclude la violazione grave e manifesta e quindi nega la responsabilità del soggetto pubblico. Così, ad esempio, la Corte di giustizia ha ritenuto che non integra gli estremi di una violazione grave e manifesta, l’erronea applicazione di una norma comunitaria ambigua46.
Analogamente, i giudici amministrativi nazionali escludono la responsabilità della p.A., considerando «scusabile» il suo errore, nelle ipotesi di formulazione incerta delle norme applicate, di oscillazioni interpretative della giurisprudenza, di rilevante complessità del fatto, di novità delle questioni, di errore causato dal comportamento del xxxxxxx00.
In alcune sentenze, anzi, il nostro giudice amministrativo si richiama espressamente agli indici elaborati dalla Corte di giustizia europea, assumendo come indispensabile
«accedere direttamente ad una nozione oggettiva di colpa, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento ed, in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall’Amministrazione, anche alla luce dell’ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all’organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell’apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento»48.
Dunque, accedendo all’interpretazione da ultimo prospettata, e cioè ritenendo che anche nel settore degli appalti sia necessaria la verifica del presupposto della violazione
45 Corte giust. CE, 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame, punto 56.
46 Xxxxx xxxxx. XX, 00 marzo 1996, in causa C-392/93, British Telecommunications.
47 Per maggiori approfondimenti sul punto sia consentito rinviare a X. XXXXXX, La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, cit., spec. 265 e ss., ivi numerosi riferimenti giurisprudenziali.
48 Così, tra le prime decisioni, Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169.
sufficientemente caratterizzata per affermare la responsabilità dell’Amministrazione, si arriva alla conclusione che il livello di responsabilità garantito attualmente dai giudici italiani attraverso l’utilizzo dell’istituto dell’errore scusabile sia già conforme allo standard richiesto dal giudice comunitario.
Questa linea interpretativa, però, non sembra che si possa seguire, perché, come visto, l’obiettivo dell’ordinamento comunitario, nel settore in esame, è chiaramente quello di garantire con certezza che il soggetto che ha subìto un danno dall’illegittima violazione delle norme sugli appalti venga risarcito in modo rapido ed efficace. Ed è proprio la lunghezza dei tempi che possono rendersi necessari per un procedimento civile inteso ad accertare l’elemento soggettivo che preoccupa il giudice europeo nella sentenza Graz Stadt. In altre parole, per la normativa comunitaria occorre evitare che dopo la conclusione del contratto successiva all’illegittima aggiudicazione dell’appalto pubblico ci sia una qualche limitazione alla concessione di un risarcimento. Per questo non è ammesso il ricorso a presunzioni, ma sembra che si debba escludere anche la possibilità che il risarcimento sia subordinato alla prova della sussistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata. Non è consentito, di conseguenza, come s’è già detto nel paragrafo precedente, nemmeno l’utilizzo dell’istituto dell’errore scusabile, come si ricava dalla lettura della sentenza in commento, la quale, al punto 41, esclude il ricorso ad un meccanismo di presunzioni di colpevolezza che possa essere vinto invocando «il carattere scusabile dell’errore di diritto».
In definitiva, per l’ordinamento comunitario, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, ogni violazione della normativa sulle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici è da considerare grave e manifesta. Siffatta violazione, pertanto, porta sempre alla condanna dell’Amministrazione aggiudicatrice, la quale può andare esente da responsabilità soltanto allorquando la decisione illegittima non sia dannosa, cioè non abbia arrecato un pregiudizio al soggetto ricorrente.
Peraltro, se si considera che alla stregua della normativa italiana49 e dell’orientamento del giudice comunitario50, in sede di quantificazione del danno si deve tener conto della diligenza del danneggiato, emerge un paradosso: nelle ipotesi di violazione della normativa sugli appalti pubblici rileva la colpa del privato danneggiato (pur se ai fini della quantificazione del danno), ma non la colpa dell’Amministrazione danneggiante51.
6. (Segue): l’ambito di applicazione della responsabilità oggettiva.
Dalla lettura della sentenza Graz Stadt si evince chiaramente che per il giudice comunitario la responsabilità della p.A. per violazione delle norme sugli appalti è una responsabilità senza colpa. Si tratta, invero, di un orientamento che lascia perplessi, anche perché il principale argomento portato a sostegno di questa tesi dalla Corte di giustizia, cioè il rischio che l’impresa ottenga un risarcimento tardivo se si subordina la responsabilità al carattere colpevole della violazione lamentata, può essere facilmente
49 Il riferimento è ai più volte richiamati artt. 30, co. 3, e 124, co. 2, del c.p.a.
50 Corte giust. CE, 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame.
51 Il che peraltro accade anche nelle ipotesi di responsabilità contrattuale, almeno se si aderisce alla tesi dottrinale che sostiene che in questo tipo di responsabilità non ha rilevanza l’elemento soggettivo.
superato con l’utilizzo di presunzioni semplici di colpevolezza52. Xxxxxxxxxxxx, è un orientamento che non può certo essere considerato ambiguo o poco chiaro, essendo indubbio che il giudice comunitario si sia orientato verso una ipotesi di responsabilità oggettiva.
Stando così le cose, conviene riflettere su quale possa essere l’ambito di applicazione del sopra richiamato indirizzo giurisprudenziale, per verificare se esso possa avere o meno una vis espansiva.
Ebbene, appare ragionevole ritenere che tale indirizzo debba trovare applicazione esclusivamente al settore disciplinato dalle direttive ricorsi (n. 89/665/CEE e n. 92/13/CEE), cioè alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
Solo in questo campo, infatti, sembra che si possa giustificare una responsabilità così aggravata in capo alla p.A., e questo perché, in detto settore, quello che viene tutelato dall’ordinamento comunitario è l’interesse oggettivo alla concorrenza53.
Come chiarito dal terzo considerando della Direttiva ricorsi (n. 89/665/CEE), infatti,
«l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie» e, quindi, «mezzi di ricorso efficaci e rapidi». Anche la recente Dir. 2007/66/CE si preoccupa di puntualizzare espressamente, al secondo considerando, che le direttive ricorsi (nn. 89/665/CEE e 92/13/CEE) – e di conseguenza le garanzie e i principi relativi ai mezzi di ricorso ivi disciplinati – si applicano
«unicamente alle procedure di aggiudicazione degli appalti».
Dunque, pur se invero l’interesse alla tutela della concorrenza si trova anche in altri settori, è l’importanza delle norme sulle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e il considerevole impatto che la loro violazione comporta su interessi generali e particolari a giustificare una responsabilità oggettiva dell’Amministrazione aggiudicatrice.
E, d’altra parte, anche in ambito comunitario non si può sempre parlare di responsabilità oggettiva, essendo anzi di regola la responsabilità comunitaria subordinata, com’è noto, alla dimostrazione della violazione grave e manifesta, la quale viene individuata attraverso indici non solo oggettivi, ma anche soggettivi, come il carattere intenzionale o involontario della trasgressione, l’errore scusabile, e così via.
Pertanto, non si può escludere la rilevanza della colpa, o di qualcosa di simile, anche nella responsabilità comunitaria.
Solo in alcune limitate fattispecie di illecito comunitario si può effettivamente parlare di responsabilità oggettiva: ad esempio, allorquando la violazione del diritto
52 Critica la sentenza Graz Stadt, mettendo in evidenza le contraddizioni fra premesse e conclusioni,
X. XXXXXXX, La tutela risarcitoria per equivalente nel contenzioso in materia di contratti pubblici e la pregiudiziale amministrativa, in Giur. merito, 2011, 1378 e ss.
53 In tema di concorrenza si vedano, indicativamente, R. CAVALLO PERIN, G.M. RACCA, La concorrenza nell’esecuzione dei contratti pubblici, in Dir. amm., 2010, 325 e ss.; F. CINTIOLI, Concorrenza, istituzioni e diritto pubblico, Milano, 2010; X. XXXXXXXX, Ordinamento comunitario, mercato e contratti della pubblica Amministrazione, Napoli, 2010; ID., Il rito speciale sugli appalti e la sorte del contratto: un giudizio a geometria variabile e a oggetto necessario nel contesto della concorrenza, in xxx.xxxxxxxx.xx; A. POLICE, Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, Torino, 2007; G. DELLA CANANEA, Dalla concorrenza per il mercato alla concorrenza nel mercato: gli appalti pubblici nei servizi di comunicazioni elettroniche, in Atti del Convegno su Il partenariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni, Firenze, gennaio 2005, in xxx.xxxx.xx, 135 e ss.; M. D’ALBERTI, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. amm., 2004, 705 e ss.
comunitario venga posta in essere nonostante ci sia una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia in materia54.
Oggi, dopo la recente sentenza del giudice europeo, di responsabilità oggettiva si può parlare anche nelle ipotesi di inosservanza della normativa sulla aggiudicazione degli appalti pubblici.
Ma, negli altri casi di danni conseguenti alla violazione di interessi legittimi, è ragionevole continuare a ritenere che ai fini del risarcimento del danno non si possa prescindere dalla colpevolezza del soggetto agente.
E ciò anche perché, nel nostro ordinamento, sebbene siano sempre più numerose ed autorevoli le voci in dottrina che affermano la natura oggettiva della responsabilità da attività provvedimentale della p.A.55, gli studiosi del diritto civile ci rammentano che lo schema generale di responsabilità vigente è quello della responsabilità per colpa56. Per cui, una nuova ipotesi di responsabilità oggettiva, pur non essendo impraticabile, sembra richiedere una espressa previsione legislativa57.
Ed attualmente, se si esclude il settore degli appalti, dove si può ipotizzare di trovare un riferimento normativo indiretto alla responsabilità oggettiva proprio nel diritto comunitario, non esiste alcun aggancio normativo idoneo a giustificare una responsabilità senza colpa della pubblica Amministrazione58.
54 Sul punto si veda X. XXXXXXXXX, Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La nuova tutela del c.d. interesse legittimo, Torino, 2005, 213.
55 In questa direzione, pur se con diverse ricostruzioni, si vedano: X. XXXX, Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dell’interesse legittimo, Napoli 2003; X. XXXXXXXX, Verso un modello autonomo di responsabilità dell’Amministrazione, in Urb. e appalti, 2005, 1060 e ss.; ID., La responsabilità dell’Amministrazione: per l’autonomia degli schemi ricostruttivi in Dir. amm. 2005, 1 ss.; X. XXXXXXXX, Il modello di responsabilità per lesione di interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico, in Dir. proc. amm., 2006, 18 e ss.; X. XXXXXXXXX, Percorsi verso una «responsabilità oggettiva» della pubblica Amministrazione, in Dir. proc. amm., 2009, 50 e ss.; G.D. COMPORTI, Il cittadino viandante tra insidie e xxxxxxxxxxxx: viaggio alla ricerca di una tutela risarcitoria praticabile, in Dir. amm., 2009, 663 e ss.; si avvicina ad un’ipotesi di responsabilità oggettiva della p.A. anche X. XXXXXX, Appunti per una lettura della responsabilità dell’Amministrazione tra realtà e uguaglianza, in Dir. amm., 2009, 580 e ss.
56 In tal senso, indicativamente, X. XXXXXXXXX XXXX-U. BRECCIA-F.D. BUSNELLI-X. XXXXXX, Diritto civile, vol. III, Obbligazioni e contratti, Torino, 1992, 684, secondo cui nel vigente sistema di responsabilità civile la «regola generale è imprescindibilmente fondata sul principio della colpa, assunta nel suo ruolo di criterio unico di imputazione della responsabilità per tutti i danni ingiusti derivanti da fatti che non trovano (né direttamente né indirettamente) la loro disciplina in una previsione normativa speciale».
57 Sottolineano la tipizzazione delle ipotesi di responsabilità oggettiva, tra gli altri, X. XXXXXXX, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, II, Torino 1949, 736; X. XXXXXXXX, Manuale del diritto privato italiano, Napoli 1992, 751; X. XXXXX, L’esercizio illecito della funzione pubblica Fondamento, presupposti e regime, Torino, 2005, 89 e ss., spec. 96.
58 In tal senso Cass., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2424. Ha ribadito la necessarietà della presenza della colpa anche Xxxx., Sez. III, 3 settembre 2007, n. 18511. Più di recente, riafferma la «necessità della prova specifica e dell’accertamento in concreto della colpa dell’agente in tema di risarcibilità del danno da interessi legittimi» Xxxx., Sez. III, 28 ottobre 2010, n. 22021. Pure il giudice amministrativo ha avuto modo di puntualizzare che nell’assetto attuale non è possibile far ricorso a forme di imputazione oggettiva, ma occorre restare ancorati all’interno del sistema di responsabilità civile: si veda, ad esempio, Cons. Stato, Sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239. E anche quando una giurisprudenza minoritaria ha aderito ad un modello di responsabilità di stampo pubblicistico, svincolandosi così dalle maglie del diritto privato, ha sempre ritenuto come indefettibile la presenza del requisito della colpevolezza: il riferimento è a Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 2005, n. 1047. Anche la Consulta, con riguardo all’illecito extracontrattuale
Xxxx, il recente legislatore ha previsto espressamente per la responsabilità della p.A. la necessità dell’elemento soggettivo, almeno nelle ipotesi di danno da ritardo (disciplinate dall’art. 2-bis della l. n. 241/1990 e dall’art. 30, c. 4, del c.p.a.).
Non ricorrono nemmeno i presupposti tipici di una responsabilità civile senza colpa, vale a dire lo svolgimento di un’attività pericolosa o di un’attività dalla quale si tragga una particolare utilità59.
Senza dire poi che diversi sono gli inconvenienti di una responsabilità oggettiva: primo fra tutti un insostenibile esborso per le finanze pubbliche e un certo effetto di overdeterrence, che rischierebbe di bloccare l’attività amministrativa.
Oltretutto, le difficoltà di applicare rigorosamente un sistema oggettivo di responsabilità per le Amministrazioni pubbliche emergono anche dall’esperienza spagnola, dove la colpa esclusa dal legislatore viene reintrodotta dai giudici attraverso l’elemento dell’antigiuridicità e talvolta del nesso causale60.
Dunque, al di fuori del campo contrattuale, non sembra che si possa prescindere dalla colpa per i danni conseguenti alla violazione degli interessi legittimi.
Ed in effetti, la prevalente giurisprudenza amministrativa, al di là del settore degli appalti, continua a richiedere il requisito della colpevolezza61.
In ambito contrattuale, invece, come s’è visto, dopo la recente sentenza della Corte di giustizia la colpa non rappresenta più un elemento essenziale della responsabilità della p.A.
Si potrebbe perfino dubitare, in questo settore, della possibilità di subordinare il danno da ritardo alla prova dell’elemento soggettivo, così come invece richiesto dal legislatore nazionale (art. 2-bis della l. n. 241/1990 e art. 30, co. 4, c.p.a.).
In materia di appalti pubblici, quindi, la responsabilità diventa quasi una sanzione, che scatta tutte le volte in cui c’è una illegittima aggiudicazione del contratto62.
delle p.A. da illegittima attività provvedimentale, ha affermato la necessità di accertare in concreto la sussistenza della colpa del soggetto pubblico: si veda Xxxxx xxxx., xxx., 0 aprile 2006, n. 149.
59 Come sottolineato da X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, Manuale di diritto amministrativo, cit., 658.
60 In argomento si veda X. XXXXXXX XXXXXX ESTEVE, La responsabilida de la Administración por actos administrativos, II ed., Madrid, 1985, 226 e ss. Fa rientrare la colpa in gioco per mezzo del nesso causale X. XXXXXXX XXXXX, Prólogo a X. XXXXXXXX ROJO, Responsabilidad e xxxxxxxxxx xx xxxxx xxx xx xxxxxxxxxxxxxx xx xxx xxxxxxxxx xxxxxxxx, Xxxxxx, 1997, secondo il quale se non vi è colpa non vi è, in definitiva, nesso causale. Su questi aspetti nonché per ulteriori indicazioni bibliografiche e giurisprudenziali si rinvia allo scritto di X. XXXXXX, Problemi, tendenze e prospettive della responsabilità extracontrattuale della pubblica Amministrazione in Spagna, in Dir. pubbl., 2006, 278 e ss., la quale conclude la sua indagine osservando che l’attenzione e gli sforzi dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in Spagna sono in larga parte tesi a ridimensionare od attenuare il carattere oggettivo della responsabilità pubblica (ivi, 285).
00 Xxxx. Xx., Xxx. XX, 00 xxxxx 0000, x. 0000; T.a.r. Lombardia, Milano, Sez. IV, 31 marzo 2011 n. 858; contra T.a.r. Xxxxxxx, Xxxxxxx, Xxx. XX, 00 gennaio 2011, n. 146, ove si ritiene che il principio enunciato in sede europea sia dotato di chiara vis espansiva. In quest’ultima direzione, in dottrina, anche
X. XXXXXX, La parabola della colpa nella responsabilità da provvedimento illegittimo: riflessioni a seguito del codice del processo e della recente giurisprudenza, in xxx.xxxxxxxxx.xx.
62 Più in generale, è stato notato che in ambito comunitario la tutela della situazione soggettiva non sempre rileva come tale, quanto come strumento per garantire l’effettiva applicazione del diritto comunitario negli Stati membri: così X. XXXXXXXXXX, Corte costituzionale e Corti europee: la tutela dei diritti (dal punto di vista della Corte del Lussemburgo), in xxx.xxxxxxxx.xx, 27 (anche in Dir. proc. amm., 2006, 285 e ss.), secondo cui «la responsabilità viene a configurarsi come una sanzione contro lo Stato che tiene un comportamento anticomunitario» (ivi, 28).
Una responsabilità oggettiva, pertanto, che può diventare preferibile alle altre procedure di risoluzione del contenzioso.
Xxxx, ci si potrebbe provocatoriamente chiedere se – dopo la sentenza Graz Stadt della Corte di giustizia – non sia più vantaggioso per l’impresa ricorrente chiedere il risarcimento del danno piuttosto che l’aggiudicazione del contratto. A questa domanda ha dato risposta lo stesso legislatore prevedendo – come s’è già visto – all’art. 124, co. 2, c.p.a., che la condotta della parte che non ha chiesto di conseguire l’aggiudicazione del contratto o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto è valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 1227 c.c. Di conseguenza, se il ricorrente, nelle ipotesi in cui sia intervenuta una dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, non chiede l’aggiudicazione ma promuove direttamente un’azione risarcitoria, corre il serio rischio di vedersi decurtato o azzerato il risarcimento del danno.
7. La responsabilità per i danni da annullamento dell’illegittima aggiudicazione: le ordinanze della Cassazione del 23 marzo 2011, nn. 6594, 6595 e 6596.
Infine, va richiamata la posizione dell’impresa che si vede legittimamente annullare l’aggiudicazione. Anche per essa si aprono spiragli di tutela.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte, infatti, con tre recenti ordinanze “parallele” del 23 marzo 2011 (nn. 6594, 6595 e 6596), hanno affrontato il tema della risarcibilità dei danni subiti dai soggetti destinatari di un provvedimento favorevole – ma illegittimo
– successivamente annullato dall’Amministrazione pubblica63.
In particolare, l’ordinanza n. 6596 del marzo 2011 riconosce all’impresa che si è vista giustamente annullare l’illegittima aggiudicazione la possibilità di invocare la tutela risarcitoria per violazione da parte della p.A. dei doveri generali di comportamento, quali la perizia, la prudenza, la diligenza e la correttezza. L’illegittima aggiudicazione configura infatti, per il Giudice della giurisdizione, un comportamento illecito della p.A., che integra una violazione del principio del neminem laedere, per aver leso l’affidamento del privato a dare esecuzione ad un provvedimento favorevole poi rivelatosi illegittimo.
Segnatamente, secondo la Suprema Corte, una volta annullato l’illegittimo provvedimento favorevole, esso continuerebbe a rilevare per il soggetto che ne aveva tratto vantaggio “esclusivamente quale mero comportamento degli organi che hanno provveduto al suo rilascio, integrando così, ex art. 2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazione del neminem laedere, imputabile alla pubblica Amministrazione in virtù del principio di immedesimazione organica, per avere tale atto, con la sua apparente legittimità, ingenerato nel suo destinatario l’incolpevole convincimento (fondato sull’affidamento in ordine alla legittimità dell’atto amministrativo e, quindi, sulla correttezza dell’azione amministrativa) di potere legittimamente” dare esecuzione al provvedimento64.
63 Per un commento delle suddette ordinanze si vedano: M.A. XXXXXXXX, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni, cit.; X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, in Dir. proc. amm., 2011, 896 e ss.
64 Così Cass., S.U., ord. 23 marzo 2011, n. 6595, cit.
Si tratta di pronunce importanti che hanno il merito di garantire effettività di tutela al legittimo affidamento riposto dal privato nell’operato dei pubblici poteri, collocandosi così sulla scia aperta, con riguardo a fattispecie assimilabili, dallo stesso giudice ordinario e dal giudice amministrativo65.
Le richiamate ordinanze, però, appaiono meno condivisibili allorquando risolvono la questione di giurisdizione sottoposta al loro esame individuando il giudice a cui spetta conoscere della domanda risarcitoria.
Su quest’ultimo punto la Cassazione, muovendo dall’assunto secondo cui la tutela risarcitoria fondata sull’affidamento è relativa ad un danno “che oggettivamente prescinde da valutazioni sull’esercizio del potere pubblico, fondandosi sui doveri di comportamento il cui contenuto certamente non dipende dalla natura privatistica o pubblicistica del soggetto che ne è responsabile, atteso che anche la pubblica Amministrazione, come qualsiasi privato, è tenuta a rispettare nell’esercizio dell’attività amministrativa principi generali di comportamento quali la perizia, la prudenza, la diligenza, la correttezza”, arriva alla conclusione che tali controversie, anche nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, non sono riconducibili alla sfera di giurisdizione del giudice amministrativo ma a quella del giudice ordinario66.
E ciò perché, sempre ad avviso della Suprema Corte, il presupposto affinché si possa predicare la sussistenza della giurisdizione amministrativa è che il danno di cui si chiede il risarcimento nei confronti della p.A. sia causalmente collegato alla illegittimità del provvedimento amministrativo. Nelle fattispecie in esame si ritiene, invece, che la lesione del diritto soggettivo e la relativa fonte di danno scaturiscano non dalla illegittimità dei provvedimenti, “ma dal fatto che tali atti siano intervenuti e che altri ne abbiano posto in discussione la legittimità provocandone l’annullamento in sede giurisdizionale, o che la pubblica Amministrazione, agendo in autotutela, li abbia annullati”. In mancanza di un atto impugnabile (che è stato annullato su iniziativa di altri) – prosegue la Suprema Corte – l’interessato ha l’unica possibilità di invocare la tutela risarcitoria per far valere l’affidamento riposto nel corretto agire della p.A.; tutela risarcitoria che non può essere attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo perché difetta la controversia in ordine alla legittimità del provvedimento amministrativo. Ad avviso delle Sezioni Unite, cioè, la giurisdizione amministrativa, a norma degli artt. 103 e 113 Cost., è ordinata ad apprestare tutela contro l’agire della pubblica Amministrazione, manifestazione di poteri pubblici, senza
65 In questa direzione si vedano: Cass., S.U., ord. 7 marzo 2005, n. 4805; Id., S.U., ord. 9 novembre 2009, n. 23679; Id., S.U., ord. 17 maggio 2010, n. 11932. Per la giurisprudenza amministrativa, riconoscono la responsabilità della p.A per violazione del legittimo affidamento del privato in ipotesi di revoca legittima dell’aggiudicazione: Cons. Stato, Sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457; Id., Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; T.a.r. Lazio, Sez. III, 10 gennaio 2007, n. 76; Cons. Stato, Sez. V, 30 novembre
2007, n. 6137; Id., 8 ottobre 2008, n. 4947; Id., Sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; Id., Sez. V, 11
maggio 2009, n. 2882; Id., Sez. VI, 2 settembre 2011, n. 4921.
66 Cass., S.U., ord. 23 marzo 2011, n. 6595, cit. Oltre alle sentenze del giudice ordinario richiamate nella nota precedente, in questa direzione sembra andare anche Xxxx., S.U., ord. 23 gennaio 2006, n. 1207, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice ordinario relativamente alle controversie risarcitorie in materia urbanistica ed edilizia nei casi in cui l’atto amministrativo sia stato annullato o revocato dall’amministrazione nell’esercizio del suo potere di autotutela, ovvero sia stato rimosso a seguito di pronuncia definitiva del giudice amministrativo, ovvero ancora abbia esaurito i suoi effetti per il decorso del termine di efficacia ad esso assegnato dalla legge, posto che in tali casi non viene in contestazione il legittimo esercizio dell’attività amministrativa.
potersi estendere alle ipotesi in cui la parte ricorrente non lamenta un esercizio illegittimo del potere.
La Cassazione aggiunge che vertendosi in materia di diritti soggettivi tali controversie devono rimanere riservate al giudice ordinario67.
8. (Segue): osservazioni critiche sulle questioni di giurisdizione.
La lettura offerta dalla Suprema Corte in punto di giurisdizione non appare persuasiva e genera perplessità, facendo riemergere un antico e mai sopito conflitto sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.
L’indirizzo sposato dalle Sezioni Unite nelle tre ordinanze in esame sembra anzitutto porsi in contrasto con un’esplicita scelta del legislatore: com’è noto, infatti, in applicazione del principio di concentrazione delle tutele, l’art. 30, co. 6, c.p.a. attribuisce in via generale al giudice amministrativo la giurisdizione in tema di risarcimento del danno, prevedendo espressamente che di “ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo” (v. anche art. 7, co. 4 e 5, c.p.a.).
Nelle materie di giurisdizione esclusiva, dunque, ogni controversia risarcitoria è legislativamente devoluta in via “esclusiva” al giudice amministrativo: sia essa relativa alla lesione di interessi legittimi che di diritti soggettivi, e quindi, sia quando il contenzioso ruota intorno a comportamenti illeciti connessi all’esercizio del potere pubblico, sia quando riguarda comportamenti violativi di obblighi di diritto comune.
L’art. 7, co. 1, c.p.a., inoltre, con una formula ampia riconduce “alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”.
Ebbene, come notato in dottrina, “si fa francamente fatica a ritenere che, in una vicenda contrassegnata, indiscutibilmente, dall’esercizio di poteri provvedimentali, possano ritagliarsi situazioni che fuoriescano dall’ampiezza della suddetta formula”68.
Con specifico riferimento al settore degli appalti pubblici, poi, l’art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a., riprendendo quanto già stabilito dall’art. 244, co. 1, del Codice dei contratti, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, ivi incluse quelle risarcitorie, aggiungendo che la giurisdizione esclusiva si estende anche alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione.
Per stabilire a chi spetta la giurisdizione nelle fattispecie in esame, dunque, si deve far ricorso al criterio oggettivo specificato dall’art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a., che,
67 Le frasi tra virgolette sono tratte da Cass., S.U., ord. n. 6595/2011, ma nello stesso senso vanno anche le altre ordinanze del 23 marzo 2011 cit.
68 X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 898. Questo Autore si è occupato del tema della giurisdizione anche nel lavoro monografico Il riparto di giurisdizione. Apologia del diritto amministrativo e del suo giudice, Napoli, 2008.
come s’è visto, traccia i confini della giurisdizione esclusiva in materia di appalti pubblici69.
Alla stregua di detto criterio, per individuare il giudice avente giurisdizione bisogna aver riguardo alla collocazione del comportamento scorretto tenuto della p.A., prescindendo dalla distinzione tra comportamenti costituenti esplicazione di un pubblico potere e comportamenti violativi di obblighi di diritto comune, anche perché in entrambi i casi, se c’è giurisdizione esclusiva, la cognizione sulla controversia è sempre devoluta al giudice amministrativo.
Xxxxxx, se si guarda alla collocazione del comportamento illecito, si arriva inevitabilmente alla conclusione che le controversie risarcitorie relative ai danni da annullamento dell’illegittima aggiudicazione rientrano a pieno titolo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché il comportamento scorretto della p.A. si colloca proprio nella sequenza procedimentale relativa all’affidamento del contratto. L’illecito, infatti, si compie nel momento in cui viene emanato l’atto di aggiudicazione illegittimo e non nel momento in cui questo viene annullato su sollecitazione di terzi o dalla stessa pubblica Amministrazione in autotutela, così come affermato dalla Suprema Corte70.
E, d’altra parte, in argomento, già con riferimento al previgente art. 6 della legge n. 205 del 2000, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che con questa ipotesi di giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo è stata “conferita – dopo la caducazione degli atti della fase pubblicistica che hanno costituito in capo all’interessato effetti vantaggiosi (dall’ammissione alla procedura all’aggiudicazione del contratto) – la cognizione, secondo il diritto comune, degli affidamenti suscitati nel privato da tali effetti vantaggiosi ormai venuti meno”71.
Questa linea interpretativa – opposta rispetto a quella del Giudice della giurisdizione
– è da ritenersi vieppiù confermata oggi, dopo che il legislatore ha arricchito la previsione normativa a cui faceva riferimento la Plenaria con un espresso richiamo anche ai profili risarcitori (mancante nell’art. 6 della l. n. 205/2000)72. Non può infatti essere revocato in dubbio che tale richiamo implichi che devono farsi rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie sui comportamenti scorretti della p.A. posti in essere nella fase di aggiudicazione del contratto.
69 Criterio che, com’è noto, concorre cumulativamente con il criterio soggettivo, secondo cui le procedure di affidamento devono essere “svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale” (art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a.).
70 Cass., S.U., ord. n. 6595/2011. Oltretutto, come evidenziato da X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 901 e ss., la Suprema Corte accomuna due fattispecie, annullamento in autotutela e annullamento giurisdizionale, che sono tra loro profondamente diverse. Così, nel primo caso (autotutela), vi è una ponderazione tra l’interesse pubblico e l’interesse di chi ha fatto affidamento sul provvedimento, che manca nel secondo (annullamento giurisdizionale), dove è sufficiente l’accertamento dei soli vizi di legittimità.
71 Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6. Orientamento condiviso da X. XX XXXXXXX, I nuovi confini tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa, in Il diritto privato della pubblica Amministrazione, a cura di X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXX, Padova, 2006, 1162.
72 Inciso, peraltro, pleonastico, dato che le controversie risarcitorie in tema di giurisdizione esclusiva sono attribuite al giudice amministrativo già in forza dell’art. 30 c.p.a. In questo senso, con riferimento alla normativa precedente, anche S.S. XXXXX, Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali, Milano, 2008, 199, nota 5.
Né può essere fatto valere come argomento che esclude la giurisdizione amministrativa la circostanza che non si controverte sulla legittimità di un provvedimento amministrativo.
Si deve infatti rimarcare che nell’azione risarcitoria, a differenza di quella demolitoria, il giudice amministrativo non è mai chiamato a verificare la legittimità dell’atto o le modalità di esercizio del potere, bensì se il comportamento tenuto dall’Amministrazione sia illecito e produttivo di danno73.
Quindi, oggetto della controversia risarcitoria è sempre un comportamento della p.A., e non l’illegittimità dell’atto, che può soltanto rilevare come mera figura sintomatica della illiceità della condotta74. Di conseguenza, se si esclude la giurisdizione del giudice amministrativo perché oggetto del ricorso è un comportamento (e non l’illegittimità di un atto), si dovrebbe arrivare giocoforza alla paradossale conclusione che tutte le controversie in tema di risarcimento del danno – avendo sempre come thema decidendum un comportamento illecito della p.A. – dovrebbero ricadere nella giurisdizione del giudice ordinario, andando così in palese contrasto con la scelta espressamente compiuta dal legislatore in più occasioni.
Oltretutto, la mancanza di un atto impugnabile non può essere ritenuta una circostanza decisiva per spostare la giurisdizione dal giudice amministrativo a quello ordinario perché il legislatore delegato, seppure con una discutibile soluzione di compromesso (v. supra, par. 3), all’art. 30 c.p.a. ha riconosciuto in via generale l’autonomia dell’azione risarcitoria. Per cui, di regola, è possibile chiedere unicamente il risarcimento del danno senza impugnare il provvedimento amministrativo con il rimedio caducatorio75.
Senza dire, poi, che anche la Corte costituzionale, nel suo inedito ruolo di giudice della giurisdizione76, a partire dalla nota sentenza n. 204 del 2004 (e, successivamente, con le sentenze n. 191 del 2006 e nn. 77 e 140 del 2007), dopo aver precisato che al fine di attribuire la controversia risarcitoria alla giurisdizione del giudice amministrativo occorre guardare all’esistenza di un potere pubblicistico, esclude che la giurisdizione
73 Come evidenziato da F.G. SCOCA, Divagazioni su giurisdizione e azione risarcitoria nei confronti della pubblica Amministrazione, in Dir. proc. amm., 2008, 1 e ss., il quale chiarisce inoltre che esercitando l’azione risarcitoria “non viene in giuoco alcun interesse legittimo, dato che non si contrasta l’esercizio del potere né si controverte circa la validità (e l'efficacia) del provvedimento, ma si discute solo sulla liceità del comportamento dell’Amministrazione e si chiede al giudice di conoscere del provvedimento solo in quanto frazione del comportamento illecito, e di conoscerne in via meramente incidentale, o, comunque, senza che l’accertamento della illiceità della condotta comporti conseguenze in ordine al (la sopravvivenza del) provvedimento e agli (degli) effetti che esso abbia prodotto. Il thema decidendum è diverso: si tratta di accertare l’illecita violazione del diritto e la sussistenza (e la misura) del danno che ne deriva. In questa prospettiva, nella controversia rientra la diretta ed esclusiva considerazione (e tutela) del diritto soggettivo e ne resta fuori qualsiasi riferimento, anche indiretto, ad interessi legittimi” (ivi, 11). Sulla distinzione tra illiceità e illegittimità sia anche consentito rinviare a X. XXXXXX, La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, cit., 177 e ss., ivi ulteriori indicazioni bibliografiche.
74 Come è stato chiarito in dottrina “non si è responsabili perché l’atto è invalido; si è responsabili perché l’atto è illecito”: così N. IRTI, Concetto giuridico di «comportamento» e invalidità dell’atto, in Foro amm.-Tar, 2004, 2770.
75 Anche se, invero, come si è già osservato (v. supra, par. 3), il superamento della pregiudizialità amministrativa sancito dal legislatore sembra essere più formale che reale.
76 Criticato da A POLICE, La giurisdizione del giudice amministrativo è piena, ma non è più esclusiva, in Giorn. dir. amm., 2004, 974 e ss., secondo cui la risoluzione dei problemi di giurisdizione non può essere utilmente cercata davanti al Giudice delle leggi.
possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno o sia fondata sulla lesione di diritti soggettivi77.
Va ricordato, inoltre, che la giurisdizione in tema di risarcimento del danno è attribuita dal legislatore al giudice amministrativo anche nelle ipotesi di danno da ritardo (art. 2-bis della l. n. 241/1990 e art. 30, co. 4, del c.p.a.), dove ugualmente il giudizio non ha ad oggetto la legittimità di un provvedimento amministrativo ma il comportamento inerte e scorretto della p.A., lesivo del legittimo affidamento riposto dal privato circa il rispetto dei termini procedimentali. Anche in questo caso non vi è alcun provvedimento da impugnare.
Ed ancora: non è affatto chiara la differenza che corre, ai fini che qui interessano, tra la situazione di chi invoca la tutela risarcitoria postulando un illegittimo esercizio del potere e la situazione di chi, invece, non sollecita alcuna esigenza di tutela contro un agire illegittimo della p.A., ma si duole solo del danno cagionato dall’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole (e illegittimo). In altre parole, non si capisce che differenza ci sia tra chi si lamenta dei danni conseguenti all’emanazione di un atto illegittimo e sfavorevole e quella di chi invoca la responsabilità della p.A. per avere quest’ultima emanato un atto favorevole, ma pur sempre illegittimo, poi ritirato. Distinzione che è alla base del ragionamento della Cassazione.
Com’è evidente, in entrambe le ipotesi l’atto è viziato e, perciò, c’è un esercizio illegittimo del potere.
Ne consegue che anche nelle controversie risarcitorie che riguardano un atto (illegittimo e) favorevole poi ritirato si verifica la condizione ritenuta necessaria dalle stesse Sezioni Unite nelle ordinanze in esame per devolvere la controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo: l’illegittimità dell’agire della pubblica Amministrazione78.
Infatti, contrariamente da quanto affermato dalla Suprema Corte, nelle ipotesi in questione la fonte di danno al privato è da rinvenirsi nell’illegittimità del provvedimento favorevole poi ritirato, o meglio, nell’illegittimo esercizio del potere della p.A. che ha emanato un provvedimento viziato in violazione delle regole di imparzialità, correttezza
77 La Consulta, com’è noto, afferma che è conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, mentre deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto. L’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria si fonda sull’esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica (Corte cost. n. 191/2006). Con la sentenza n. 140 del 2007, la Corte costituzionale ha ulteriormente precisato che il giudice amministrativo è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche quelli costituzionalmente garantiti, non essendovi “alcun principio o norma dl nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario escludendone il giudice amministrativo la tutela dei diritti costituzionalmente protetti”.
Un quadro delle posizioni dottrinali e giurisprudenzali sul punto si trova in X. XXXXXXXXX, Riflessioni su talune recenti tendenze in tema di riparto di giurisdizione e responsabilità civile dell’Amministrazione, in xxx.xxxxxxxx.xx.
78 Nello stesso senso X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 901, sottolinea che i casi in esame “non sono che una (se si vuole, particolare) figura del cattivo esercizio della funzione: l’Amministrazione ha malamente vagliato i presupposti pubblicistici del proprio agire ingenerando un incolpevole affidamento con un provvedimento favorevole. Tali questioni vanno dunque attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, e non solo in sede di giurisdizione esclusiva, ma già in sede di giurisdizione generale di legittimità”.
e buona amministrazione, per usare le parole della ben nota sentenza n. 500 del 1999 della Cassazione. È da lì che parte il danno, e non certo dal fatto che un terzo abbia successivamente impugnato l’atto illegittimo di aggiudicazione ovvero che la p.A. l’abbia ritirato in autotutela79. E, d’altronde, la stessa Cassazione riconosce che in detti casi la colpa che connota il comportamento della p.A. consiste “nella emissione di atti favorevoli, poi ritirati per pronunzia giudiziale o in autotutela, atti che hanno creato affidamento nella loro legittimità e orientato una corrispondente successiva condotta pratica, poi dovuta arrestare”80.
Semmai un’azione risarcitoria non connessa ad un illegittimo esercizio del potere si configura nelle ipotesi di responsabilità da atto legittimo. Com’è noto, infatti, la distinzione tra illegittimità dell’atto e illiceità della condotta comporta anche che si possa parlare di responsabilità da atto legittimo, quando la condotta è illecita (sui limiti di questa responsabilità v. supra, par. 4). Così, il giudice amministrativo ha configurato una responsabilità precontrattuale ex art. 1337 x.x. xx xxxx xxxx x.X. xxx xxxx xx xxxxxx legittima dell’aggiudicazione definitiva, condannando l’Amministrazione che ha emanato l’atto di revoca con inescusabile ritardo per aver tenuto un comportamento contrario ai doveri di correttezza e buona fede81. Com’è evidente, si tratta di una fattispecie simile a quella qui presa in esame, con l’importante differenza però che il provvedimento di aggiudicazione non è illegittimo, ma legittimo. Pertanto, in questo caso (e probabilmente solo in tale eventualità), il danno di cui si chiede il risarcimento non è causalmente collegato alla illegittimità del provvedimento amministrativo.
Vale osservare infine che, come puntualmente notato in dottrina, “il provvedimento favorevole giustamente annullato è comunque espressione del potere pubblico e coerentemente la lesione che esso arreca deve essere ricondotta, almeno nelle materie di giurisdizione esclusiva, alla cognizione del giudice amministrativo”82. In tali fattispecie, infatti, pur avendo la p.A. violato norme di correttezza prescritte dal diritto comune, è difficile negare che essa non operi, per dirla con Corte cost. n. 204/2004, come “Amministrazione-autorità”, anche perché tali controversie risarcitorie relative a diritti soggettivi traggono comunque origine dalla caducazione di provvedimenti della fase pubblicistica. Si rientra, quindi, nell’ampio raggio di azione delineato dall’art. 7, co. 1, c.p.a., il quale, come s’è già ricordato, devolve alla giurisdizione amministrativa le controversie “riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere amministrativo.
Sussiste, inoltre, con riferimento alla giurisdizione in esame, quella situazione di interferenza tra momenti di diritto comune e esplicazione del potere che si pongono
79 In altre parole, come notato da X. XXXXXXXX, La tutela risarcitoria innanzi al giudice amministrativo come giurisdizione su diritti, in Foro it., 2006, I, 1053 e ss, semplicemente non è vero che nei casi di annullamento dell’atto amministrativo in sede di autotutela o a seguito di giudizio amministrativo manchi un nesso fra esercizio del potere e responsabilità civile.
80 Cass., S.U., ord. n. 6595/2011.
81 T.a.r. Lazio, Sez. III, 10 gennaio 2007, n. 76, cit.; nello stesso senso anche Cons. Stato, Sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457, cit. (su una aggiudicazione provvisoria). Riconoscono una responsabilità precontrattuale della p.A. nel caso di revoca legittima degli atti della procedura di gara: Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; Id., Sez. V, 30 novembre 2007, n. 6137; Id., 8 ottobre 2008, n. 4947; Id.,
Sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; Id., Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882; e, da ultimo, Id., Sez. VI, 2
settembre 2011, n. 4921.
82 M.A. XXXXXXXX, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni, cit.
come conditio sine qua non – secondo la Consulta – per la legittimità costituzionale delle materie conferite alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo83.
L’indirizzo seguito dalla Cassazione comporta oltretutto una conseguenza paradossale: la giurisdizione finisce col dipendere dal soggetto che chiede il risarcimento del danno. Infatti, se l’azione risarcitoria è promossa dal “terzo” che ha impugnato l’atto illegittimo, essa dovrà essere esercitata innanzi al giudice amministrativo, mentre, se l’azione di risarcimento del danno viene promossa dal soggetto che intende tutelare l’affidamento leso dal provvedimento illegittimo a lui favorevole, la controversia risarcitoria dovrebbe svolgersi innanzi al giudice ordinario. Com’è evidente, in tali casi in cui la p.A. rischia un doppio risarcimento84, oltre alla violazione del principio costituzionalmente fondato di concentrazione delle tutele, è alto il rischio di pronunce discordanti sul medesimo fatto, con palese violazione del principio del ne bis in idem85.
In definitiva, alla luce delle considerazioni sopra svolte, sembra ragionevole ritenere che la giurisdizione sulla responsabilità per i danni causati dall’annullamento di un provvedimento illegittimo di aggiudicazione dovrebbe spettare al giudice amministrativo, e non al giudice ordinario, tanto più che in dette ipotesi si verte in materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Alla stregua dell’art. 30 c.p.a., dubbi sulla giurisdizione potrebbero eventualmente sorgere solo a proposito dell’azione risarcitoria fondata sulla lesione di diritti soggettivi, quando si è al di fuori delle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo86.
83 Così Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6, cit. Va segnalato, comunque, che di recente la Corte costituzionale, con la sentenza 5 febbraio 2010, n. 35, sembra aver attenuato la sua posizione inaugurata con la nota sentenza n. 204/2004, ritenendo che con riferimento alla giurisdizione esclusiva “se è pur vero, in linea con le ragioni storiche all’origine della configurazione di tale giurisdizione, che è normalmente necessaria la sussistenza di un intreccio di posizioni giuridiche nell’ambito del quale risulti difficile individuare i connotati identificativi delle singole situazioni soggettive, non può escludersi che la cognizione del giudice amministrativo possa avere ad oggetto, ricorrendo gli altri requisiti indicati di seguito, anche soltanto diritti soggettivi”. I requisiti richiesti sono i seguenti: “è necessario che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di ‘blocchi di materie’, ma di materie determinate. Infine, è richiesto che l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi sia mediante moduli consensuali ai sensi dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia infine mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio. In tale ultimo caso, infatti, la cognizione delle controversie nascenti da siffatti comportamenti spetta alla giurisdizione del giudice ordinario”. Per un commento di questa sentenza della Consulta si veda X. XXXXXX, La “204” al macero: il giudice amministrativo si riappropria (quasi) del tutto dei comportamenti; ma i “confini del potere” restano incerti, in Giur. it., 2010, 1931 e ss.
84 Come notato da X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 907, nelle fattispecie in esame la p.A. corre il rischio di essere “esposta, in via cumulativa, ad un doppio risarcimento, quello di chi aveva infine ragione, per il torto subito, e quello di chi aveva torto per aver fatto affidamento sul provvedimento illegittimo”.
85 Invero, il pericolo di una sovrapposizione di giudizi è più ampio e potrebbe moltiplicarsi, come dimostra con numerosi esempi X. XXXXXXXXX, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, cit., 906 e ss.
86 Solleva infatti perplessità sul punto M.A. XXXXXXXX, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni, cit.
Si tratta però di un profilo diverso da quello qui preso in esame e, pertanto, non può essere approfondito in questa sede. Va comunque osservato che anche in tale eventualità la giurisdizione sembra spettare al giudice amministrativo, almeno se si considera che l’indirizzo giurisprudenziale seguito dalla Corte costituzionale nelle sentenze sopra richiamate, come è stato autorevolmente evidenziato in dottrina, comporta in sostanza la creazione di un nuovo ambito di giurisdizione esclusiva, giustificato “dalla necessità costituzionalmente fondata ed apprezzabile della concentrazione della tutela” e quindi dall’esigenza “pratica della celerità e facilità della tutela giurisdizionale, in attuazione dei principi del giusto processo”87.
Per garantire effettività di tutela al cittadino è opportuno però che tale ragionevole soluzione sia accompagnata da un orientamento del giudice amministrativo meno restrittivo nel riconoscere la responsabilità dei soggetti pubblici88. Un orientamento che tenga conto, tra l’altro, non solo della colpa d’apparato, ma anche (e soprattutto) del comportamento dell’organo (e quindi dell’agente) che ha provveduto al rilascio del provvedimento illegittimo, così come si evince dalla lettura delle ordinanze in esame e da altre precedenti pronunce della Suprema Corte, ove si precisa altresì che il comportamento illecito degli agenti è imputabile alla p.A. in virtù del rapporto di immedesimazione organica89.
In definitiva, le tre ordinanze della Cassazione del marzo 2011, da un lato, hanno il pregio di assicurare una tutela effettiva all’affidamento riposto dal privato nell’operato dell’Amministrazione pubblica, ma, dall’altro, sembrano travalicare i confini del riparto di giurisdizione, e, sotto quest’ultimo aspetto, generano non poche perplessità.
9. Conclusioni
Dal quadro che si è tratteggiato emerge chiaramente come la pubblica Amministrazione debba prestare particolare attenzione all’osservanza delle norme in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, dal momento che eventuali errori possono costarle caro90.
87 Così F.G. SCOCA, Divagazioni su giurisdizione e azione risarcitoria nei confronti della pubblica Amministrazione, cit., 13, il quale sottolinea che tale soluzione non può fondarsi invece sull'idea “che il giudice amministrativo è il ‘giudice naturale della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica’ (Corte cost., da ultimo sent. n. 140 del 2007), perché: a) trattandosi di questioni relative a diritti soggettivi, il giudice naturale, secondo l'art. 103 Cost., è il giudice ordinario; b) l’azione risarcitoria involge questioni di liceità della condotta e non (o non solo) di legittimità dell'esercizio della funzione pubblica”.
88 Per uno spunto in tal senso si veda ancora F.G. SCOCA, Divagazioni su giurisdizione e azione risarcitoria nei confronti della pubblica Amministrazione, cit., 12.
89 Si vedano Cass., S.U., ord. 7 marzo 2005, n. 4805; Id., S.U., ord. 9 novembre 2009, n. 23679; Id.,
S.U., ord. 17 maggio 2010, n. 11932, nonché Id., S.U., ordd. n. 6594, 6595 e 6596 del 23 marzo 2011. Afferma la “necessità della prova specifica e dell’accertamento in concreto della colpa dell’agente in tema di risarcibilità del danno da interessi legittimi” Xxxx., Sez. III, 28 ottobre 2010, n. 22021. Sull’importanza di prendere in considerazione anche il comportamento dell’agente nella responsabilità delle organizzazione collettive come la p.A. sia consentito rinviare a X. XXXXXX, La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, cit., 299 e ss.
90 Anche se, a ben vedere, questo vale non solo per il settore degli appalti ma per l’intera attività amministrativa.
E ciò non solo perché dopo l’ultimo intervento del giudice comunitario la responsabilità per violazione delle norme di evidenza pubblica è ormai una responsabilità senza colpa. Ma anche perché quando non è possibile la tutela risarcitoria per equivalente, in quanto il contratto è stato dichiarato inefficace, si aprono le porte per il risarcimento del danno a favore del soggetto destinatario dell’illegittima aggiudicazione. A tacere poi delle sanzioni alternative che, giova ricordarlo, ai sensi dell’art. 123, co. 2, c.p.a., si cumulano con il risarcimento del danno.
In pratica, la regola dell’alternatività tra azione risarcitoria e inefficacia del contratto opera per il ricorrente, ma non per la p.A., la quale, in ogni caso, quando aggiudica illegittimamente un appalto, corre sempre il rischio di essere condannata a risarcire il danno, all’una o all’altra delle imprese concorrenti a seconda se il contratto venga dichiarato inefficace o meno.
Sussiste, anzi, anche la possibilità, non remota, che l’Amministrazione aggiudicatrice sia costretta a risarcire il danno ad entrambi i concorrenti, qualora, ad esempio, il soggetto a cui è stato tardivamente aggiudicato il contratto chieda il risarcimento del danno da ritardo subìto e l’altro concorrente, a cui è stata annullata l’illegittima aggiudicazione, chieda invece il risarcimento per la lesione dell’affidamento riposto nell’operato della pubblica Amministrazione.
La cosa che appare francamente non ragionevole è che di tali controversie debbano conoscere – almeno stando all’orientamento della Cassazione sopra riportato – due giudici diversi.