Contratti di manutenzione degli ascensori: vessatorie le clausole che prevedono recessi troppo lunghi. Parola di Antitrust
Contratti di manutenzione degli ascensori: vessatorie le clausole che prevedono recessi troppo lunghi. Parola di Antitrust
In
tema di degli ascensori installati in edifici in condominio, le
clausole del contratto di manutenzione degli impianti, sia esso
annuale o pluriennale, che prevedono tempi di recesso molto lunghi
sono da ritenersi vessatorie. Ciò anche in considerazione del fatto
che il condominio, nella misura in cui i suoi partecipanti agiscano
al di fuori della propria sfera professionale, dev’essere
considerato un consumatore.
Ad
affermarlo e ribadirlo in più provvedimenti, l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato (anche Antitrust o AGCM), che ha
rilevato la vessatorietà di simili clausole contenute in diversi
modelli di contratto predisposto da installatori e manutentori
d’impianti d’ascensore. I provvedimenti sono contenuti nel
bollettino n. 43 pubblicato sul sito dell’Autorità il 4 novembre
2013 ed hanno riguardato le seguenti imprese: Capozza, Monti servizi
ascensori, Schindler, M.I.A., Kone, Ceam, Thyssenkrupp, Otis servizi.
I provvedimenti a dire il vero riguardano anche altri profili di
vessatorietà dei contratti di installazione e manutenzione ma quello
del recesso, a nostro avviso merita un cenno particolare. Andiamo per
gradi.
Manutenzione
degli impianti di ascensore. La normativa di riferimento è
rappresentata dal d.p.r. n. 162/99; si tratta del decreto che ha
recepito le direttive comunitarie volte ad armonizzare il mercato
europeo in materia di produzione, messa in esercizio e funzionamento
degli impianti montacarichi e di ascensore.
Ai
sensi dell’art. 15 del succitato d.p.r., il proprietario
dell’impianto o il suo legale rappresentante, nel caso degli
edifici in condominiol’amministratore, è tenuto a far eseguire la
manutenzione, con cadenza almeno semestrale, da parte di imprese
abilitate ad eseguire questo genere di attività. E’ questo il
contesto normativo nel quale ci si muove: obbligo manutentivo
costante finalizzato al mantenimento in perfetto stato di
funzionamento.
Contratti
per la manutenzione. Per adempiere agli obblighi di legge, quindi, i
proprietari degli impianti (e gli amministratori) devono rivolgersi
ad un’impresa abilitata. Tali contratti possono avere durata
annuale o pluriennale. Secondo la giurisprudenza di merito,
l’amministratore di condominio può stipulare un contratto di
“durata lunga” anche senza autorizzazione assembleare (vedi
“Manutenzione degli ascensori, l’amministratore è legittimato a
sottoscrivere un contratto pluriennale senza apposita delibera
assembleare”). Si tratti di contratto annuale o pluriennale, è
bene tenere a mente due aspetti: natura giuridica del condominio
nell’ambito della contrattazione e vessatorietà delle clausole di
recesso.
Il
condominio è un consumatore. Quest’affermazione è stata fatta
propria da dottrina (cfr. Savasta, Il condominio inteso come
consumatore nuovi scenari di tutela e difficoltà applicative, in Il
Merito IL SOLE 24h n 6 del giugno 2005) e dalla giurisprudenza (vedi
Cass. 24 luglio 2001 n. 10086). L’Antitrust, nei provvedimenti in
esame, l’ha fatta propria. In particolare, praticamente in ognuno
dei provvedimenti resi al termine di tutti i procedimenti avviate
contro le imprese ascensoriste, si legge che: “il “condominio”
tra consumatori è riconducibile nella definizione di “consumatore”
di cui all’articolo 3 del Codice del Consumo, con conseguente
applicabilità della disciplina sulle clausole vessatorie (artt.1469
bis e seguenti del Codice civile, poi trasfusi negli articoli 33 e
seguenti del Codice del Consumo)” (AGCM Provvedimento n. 24542 in
Bollettino ufficiale del 4 novembre 2013).
Comunicazione
del recesso. Se il condominio è un consumatore, ai contratti che lo
riguardano si applicano le norme contenute nel codice del consumo e
quindi non è possibile inserire in quegli accordi delle clausole
vessatorie, ossia “clausole che, malgrado la buona fede,
determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” (art. 33, primo
comma d.lgs n. 206/05).
In
questo contesto, la clausola che prevede un largo anticipo rispetto
alla fine del contratto per poter esercitare il diritto di recesso è
da ritenersi vessatoria, ossia imposta a favore di una sola parte
(nel nostro caso le imprese ascensoriste) ed a danno del
condominio.
Così,
ad esempio (prendiamo due casi agli antipodi ossia impresa locale e
multinazionale), leggendo il provvedimento (n. 24540) riguardante la
ditta Capozza si scopre che la disdetta del contratto con questa
impresa poteva essere effettuata “a mezzo lettera raccomandata con
avviso di ricevimento spedita almeno 180 giorni prima della sua
scadenza stessa”. Ciò sia in presenza di contratto annuale che
pluriennale. Per l’Antitrust una clausola del genere è da
ritenersi vessatoria. Per la Schindler S.p.A., invece, (Provv. n.
24542), il termine di recesso era di “60 giorni prima della data di
scadenza per i contratti di durata fino a 24 mesi e di almeno 90
giorni per contratti di durata superiore a 24 mesi”. Anche qui
termini troppo lunghi da ritenersi vessatori.
Una
situazione in evoluzione. A leggere i provvedimenti dall’Agcm, la
situazione dovrebbe cambiare a breve. Tranne l’impresa Capozza,
infatti, tutte le società, le così dette multinazionali, hanno
preso l’impegno di modificare i contratti in corso e quelli futuri
nei contratti. Il problema è la lunghezza del periodo intercorrente
tra comunicazione del recesso e scadenza del contratto.
Qual
è il tempo giusto di disdetta? L’Antitrust, in ogni provvedimento
reso nell’ambito dei procedimenti in esame, ha richiamato un
modello contrattuale della Camera di commercio di Roma “la quale ha
elaborato e pubblicato sul proprio sito istituzionale un
contratto-tipo per l’erogazione di servizi di manutenzione degli
ascensori (“Contratto di manutenzione ordinaria impianto ascensore
di proprietà condominiale”) in cui, in relazione alla clausola sul
rinnovo tacito, è stato indicato il termine di trenta giorni come
congruo per la disdetta, assumendo che termini superiori possano
essere in contrasto con l’art. 33, comma 2, lettera i), del Codice
del Consumo” (così tra i vari Provv. n. 24544). Le varie imprese
hanno proposto termini differenti a seconda della durata annuale o
pluriennale. Quello più congruo, se così si può dire, secondo
l’Agcm è stato prospettato dalle imprese M.I.A. e Schindler che
prevedranno un termine di disdetta unico per contratti annuali o
pluriennali. Differente la situazione per le altre società. Così,
ad esempio, il termine di 60 giorni dalla scadenza del contratto
entro il quale effettuare la comunicazione di disdetta, tanto nei
contratti annuali, quanto in quelli pluriennali, proposto da Kone, è
stato considerato lecito per i secondi ma vessatorio rispetto ai
primi.
Che
cosa accadrà? La situazione dicevamo, è in evoluzione. I
provvedimenti dell’Agcm possono essere impugnati davanti al T.A.R.
Lazio, ma una considerazione svolta dall’Autorità garante sembra
colpire nel segno: imporre la comunicazione di recesso “troppo
presto” crea scompensi tra le parti, impedendo un normale sviluppo
del mercato. Sembra colpire nel segno s’è vero, com’è vero, che
quasi tutte le società si sono attivate per cambiare le clausole
contrattali.
Che
cosa fare adesso? Chi avesse sottoscritto degli accordi con le
società che abbiamo menzionato monitori la situazione per vedere se
agli impegni assunti con l’Agcm seguiranno i fatti. In caso
contrario le solleciti a non dimenticare le promesse e lo faccia
presente all’Antitrust. Per tutte le altre società: si contratti
una soluzione simile a quelle prospettate e, in caso di riluttanza
degli ascensoristi a cambiare, non si abbia remore a segnalare il
fatto all’Autorità
garante.
Fonte: CondominioWeb.com
http://www.condominioweb.com/condominio/articolo1806.ashx
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