COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) STELLA Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) DENOZZA Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) FERRARI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(MI) GRIPPO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) GRIPPO
Seduta del 11/05/2021
FATTO
Parte ricorrente afferma che: nel dicembre 2019 chiedeva la rinegoziazione del proprio mutuo ipotecario a tasso variabile, in essere con l’Intermediario resistente dal 2008, ma la richiesta non veniva accettata; nel giugno 2020 chiedeva un appuntamento alla filiale per riparlare di una possibile rinegoziazione, ma il referente era irreperibile; in data 10/6/2020 avanzava un primo reclamo; in data 16/6/2020 insisteva per l’appuntamento, chiedendo di stabilire una rata mensile pari a circa € 700,00, con un tasso fisso; l’intermediario, quindi, richiedeva tutti i documenti del mutuo ed ulteriori varie informazioni e documenti nel tempo; in data 23/07/2020 il referente della filiale proponeva un allungamento del mutuo al 2043 ed un tasso fisso del 1%, con rata “finita” pari a € 778,00; accettava tale proposta, ma da quel momento non aveva più notizie nonostante numerosi solleciti; nell’agosto 2020 avanzava un secondo reclamo e a settembre 2020 un terzo reclamo; in data 4/9/2020 il referente della filiale comunicava che la rinegoziazione era stata deliberata al tasso dell'1% con l'allungamento al 2043 e gli faceva firmare unitamente alla garante n. 2 richieste formali, che venivano rimandate firmate il giorno stesso; il 9/09/2020 veniva nuovamente confermata la delibera e veniva comunicato che la minuta contrattuale sarebbe stata firmata a breve; in data 6/10/2020 veniva richiesta dall’intermediario la nota di iscrizione ipotecaria, pena il mancato buon fine del perfezionamento della pratica, nota che veniva inviata il giorno stesso; seguivano ulteriori solleciti per la definizione della pratica, mai riscontrati; in data 26/11/2020 viene inoltrato un quarto reclamo, riscontrato il 9/12/2020 in modo generico; in data 30/12/2020 il referente di filiale informa di avere
finalmente la minuta contrattuale e la invita ad andare a firmare, comunicando la delibera del tasso, ma emergeva che in realtà l’allungamento al 2043 non era stato deliberato dall’intermediario e che quindi la rata mensile era più alta (€ 973,98); sull'home banking del conto corrente, alla voce finanziamenti in corso risulta pubblicato un nuovo piano di ammortamento con tasso fisso all'1% e scadenza nel 2038 e non 2043, condizioni quindi diverse da quelle concordate e comunicate a settembre 2020; il tasso fisso all'1% risulta invece attivo dal novembre 2020.
Parte ricorrente – esperita senza successo la fase del reclamo – chiede: a) l’applicazione al rapporto di mutuo ipotecario delle condizioni deliberate dall’intermediario a settembre 2020 e cioè tasso fisso all’1% e allungamento al 2043; b) il rimborso della differenza fra le rate effettivamente addebitate da luglio 2020 a febbraio 2021 e l’importo della rata deliberata per € 778,00 e così per un totale di € 1.685,73; c) il risarcimento del danno patito pari ad € 50.000,00, oltre rimborso delle spese mediche pari ad € 635,00.
L’intermediario, con le controdeduzioni, precisa che: non è stato possibile concedere alla ricorrente l’allungamento del mutuo fino al 2043, in quanto il termine di durata massimo dei mutui fondiari è 30 anni, essendo il mutuo originario stipulato per anni 25; è vero che l’agenzia aveva inoltrato all’organo deliberante, con parere favorevole, una proposta di rinegoziazione che prevedeva un allungamento della durata superiore, ma non era vincolante; le nuove condizioni sono state applicate al mutuo fin dal novembre 2020, sebbene la ricorrente non si sia ancora presentata per firmare l’accordo di rinegoziazione; in generale, non esiste un diritto del cliente ad ottenere la rinegoziazione del rapporto di credito e la gestione di queste richieste nel periodo COVID si è rivelata particolarmente complessa e possono essersi verificati ritardi ed inconvenienti procedurali anche nella comunicazione con la clientela; nel caso di specie, una parte del ritardo nel perfezionamento dell’operazione è dovuta alla difficoltà nel reperire la documentazione necessaria, come la nota di iscrizione ipotecaria e la dichiarazione di adesione da parte della garante; non è provato che la ricorrente abbia subito danni a causa del ritardo nella rinegoziazione ovvero, se fosse ravvisata la responsabilità da parte della banca, il danno non dovrebbe eccedere i maggiori interessi per i mesi di settembre e ottobre 2020; la domanda di risarcimento del danno comunque è irricevibile in quanto non contenuta nel reclamo e comunque il danno non è provato; quanto alle spese mediche, non vi è evidenza che i disagi della ricorrente sino connessi con le vicende relative al mutuo.
L’intermediario, pertanto, chiede in via principale di rigettare il ricorso perché infondato; in subordine disporre il rimborso della sola differenza di interessi pagati dalla ricorrente per le rate di settembre 2020 e ottobre 2020, corrisposti al tasso originario del mutuo anziché a quello oggetto di rinegoziazione.
Parte ricorrente, in sede di repliche, afferma che: la richiesta di rinegoziazione è di giugno 2020 e non settembre 2020, come erroneamente indicato dall’intermediario; a luglio 2020, dopo aver mostrato la proposta di surroga ricevuta da altro istituto, il referente della filiale avanzava la proposta di rinegoziazione poi accettata, che prevedeva un tasso dell’1%, l’allungamento al 2043 ed un rata di € 778,00; l’avvenuta delibera era confermata anche in sede di riscontro al reclamo del settembre 2020 e poi ancora via e-mail dal referente di filiale; l’intermediario ha reso esecutive a novembre 2020 condizioni diverse da quelle deliberate, senza alcuna comunicazione preventiva; nel frattempo, la proposta di surroga alternativa è scaduta; in ogni caso, i documenti richiesti dall’intermediario sono stati sempre inviati entro al massimo 3 giorni dalla richiesta; l’intermediario, anziché rispondere subito in maniera positiva o negativa alla richiesta di rinegoziazione, ha finto di fare una proposta vantaggiosa, per poi procrastinare il tutto, concedere condizioni meno vantaggiose e facendo anche scadere la proposta di un banca concorrente; il comportamento tenuto dall’intermediario è da ritenersi profondamente scorretto, per il
mancato riscontro alle numerose e-mail e telefonate, e per aver dato esecuzione ad una rinegoziazione del debito secondo condizioni economiche mai richieste.
L’intermediario, in sede di controrepliche, precisa che: la domanda di rinegoziazione è del 4/09/2020; la documentazione non è stata smarrita, ma richiedere la documentazione stessa direttamente alla ricorrente avrebbe reso più celere l’istruttoria; nessun ostacolo è stato frapposto all’eventuale surroga del mutuo presso altro intermediario.
DIRITTO
Nel presente ricorso, parte ricorrente contesta il comportamento tenuto dall’intermediario resistente nel corso delle trattative finalizzate alla rinegoziazione del mutuo ipotecario a suo tempo contratto, sollevando quindi profili di responsabilità precontrattuale a carico dell’intermediario stesso, ai sensi dell’art. 1337 c.c., per la violazione del legittimo affidamento della cliente sulla concessione del credito o sulle condizioni dello stesso. Come già indicato, la ricorrente ha richiesto: A) l’applicazione al rapporto di mutuo ipotecario delle condizioni che sarebbero state deliberate dall’intermediario a settembre 2020; B) il rimborso della differenza fra le rate effettivamente addebitate da luglio 2020 a febbraio 2021 e l’importo della rata deliberata; C) il risarcimento del danno.
Il Collegio rileva che la domanda sub A), nei termini formulata dalla ricorrente, non appare esaminabile, consistendo in una richiesta di modifica delle condizioni economiche del mutuo, che parrebbe quindi di natura costitutiva. Si ha presente che le “Disposizioni” procedurali ABF, in particolare alla Sez. I, § 4, restringono la competenza dell’ABF alle questioni “aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà”, mentre non contemplano decisioni di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto sulla falsariga dell’art. 2932 c.c. Sul punto è invero ormai costante l’orientamento dei Collegi ABF, i quali, in applicazione delle richiamate Disposizioni, non ritengono che una pronuncia costitutiva – volta cioè a modificare il rapporto giuridico intercorrente tra le parti, o comunque ad emettere una condanna ad un facere infungibile - rientri nella propria competenza (cfr., tra le tante, Collegio Milano, decisione n. 14224/20 e Collegio Bologna, decisione n. 14087/20).
Nel merito della vicenda, questo Collegio richiama preliminarmente l’orientamento granitico dell’Arbitro secondo il quale non può dirsi esistente nei confronti dell’intermediario alcun obbligo di erogazione del credito, né tanto meno l’ABF può interferire con l’autonomia negoziale dello stesso imponendogli la concessione di un finanziamento, dal momento che la valutazione del merito creditizio rimane prerogativa esclusiva dell’istituto erogante (per tutte, Collegio di Coordinamento, decisione n. 6182/2013).
Non di meno, questo orientamento non preclude affatto all’Arbitro di riscontrare se la condotta dell’intermediario, nella fase delle trattative e dell’istruttoria, sia stata ispirata al rispetto dei canoni di correttezza, buona fede e diligenza professionale ai sensi degli articoli 1337 e 1375 cod. civ. e alle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari.
In particolare sulla tempistica nella risposta ad una richiesta di finanziamento, la Banca d’Italia, già nella Comunicazione del 22.10.2007 (cfr. Bollettino di Vigilanza n. 10 di ottobre 2007), ha fornito indicazioni al sistema in merito alla gestione dei rapporti con la clientela, sottolineando l’importanza di rapporti corretti e trasparenti con la clientela.
Del resto, è noto che la condotta degli intermediari debba informarsi (ex art. 127 TUB) ai generali principi di trasparenza, buona fede e correttezza, non solo in sede di “esecuzione e conclusione del rapporto ma, prima ancora, [nella fase del]le trattative”, con la conseguenza che a quei principi dovrà essere, coerentemente, improntata anche
“l’istruttoria di prefattibilità di un credito, anche laddove conduca ad un esito negativo”( Collegio di Roma, decisione n. 2851 del 27 dicembre 2011).
La buona fede rappresenta sostanzialmente la misura, il metro di comportamento delle parti che nell'agire devono sempre rimanere entro i confini della corretta prassi commerciale tanto che un comportamento contrario alla buona fede può generare, quale scorrettezza, conseguenze risarcitorie: le parti, infatti, debbono sempre operare con occhio di riguardo ai reciproci interessi e la Corte di Cassazione lo specifica richiamando espressamente la Carta costituzionale, art. 2, ovvero il dovere inderogabile di solidarietà. La buona fede, quindi, si sostanzia in un obbligo generale di solidarietà che impone a tutte le parti del contratto di preservare gli interessi dell’altra, essendo tenuti i soggetti al compimento di tutti quegli atti materiali o giuridici che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte, nel limite, comunque, in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico.
Con la sentenza n. 6181 del 2015 la Corte di Cassazione ha affermato che: “in riferimento all’esecuzione di un contratto, ciascuna delle parti del rapporto contrattuale ha l’obbligo di agire in buona fede cooperando con l’altra parte in vista della realizzazione del comune intento perseguito con la conclusione del contratto, per cui, sotto tale profilo, anche la mera inerzia può costituire inadempimento degli obblighi di correttezza e buona fede. Ciò in quanto correttezza e buona fede, che operano con criterio di reciprocità costituiscono doveri giuridici autonomi a carico delle parti contrattuali, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o da quanto espressamente stabilito dalle norme”.
Nel caso specifico, deve osservarsi che, quanto alla tempistica oggetto di lagnanza da parte del ricorrente, ciò che risulta agli atti è che fra la domanda di rinegoziazione del mutuo e la comunicazione della decisione di non accoglimento alle condizioni concordate, sono decorsi circa sei mesi (la prima richiesta di rinegoziazione è del giugno 2020 e il diniego delle condizioni richieste veniva comunicato solo nel dicembre 2020) e peraltro risulta che lo stesso intermediario abbia dato corso ad un nuovo piano di ammortamento non concordato tra le parti; per questi aspetti, il Collegio rileva da parte dell’intermediario una palese violazione dell’obbligo di comportarsi nei confronti del ricorrente secondo buona fede e correttezza ex art. 1175 e 1375 c.c., obbligo che, tra gli altri, impone di garantire alla clientela informazioni tempestive, chiare ed esaurienti (in particolare, il lasso di tempo di circa sei mesi non permette di affermare che l’intermediario abbia reso al ricorrente un sollecito riscontro, come richiesto dal dettato normativo sopra richiamato).
Secondo la costante linea ABF, infatti, la diligenza professionale impone alla banca di soddisfare con la massima sollecitudine le richieste della clientela, indicando peraltro gli eventuali motivi ostativi all’accoglimento e dimostrando in modo appropriato la fondatezza della valutazione effettuata.
Nel caso di specie, dalla documentazione in atti, i contatti tra le parti sono iniziati già nel giugno 2020 e il ricorrente si è dimostrato collaborativo e sempre disponibile durante la fase dell’istruttoria, contattando periodicamente l’intermediario e sollecitandogli una risposta; durante il lungo -e a quanto sembra ingiustificato- protrarsi dell’istruttoria, l’intermediario, invero, risulta aver fornito comunque riscontri positivi: “La presente per comunicarle che ci hanno deliberato il tasso come da lei richiesto, la variazione dello stesso e la variazione della durata con scadenza 2043” (comunicazione del 4/09/2020); “Buongiorno signora xxx, le volevo confermare che l’operazione di rinegoziazione e modifica della durata del mutuo è stata deliberata dagli organi competenti” (comunicazione via e-mail del 9/09/2020).
L’intermediario ha fatto trascorre colpevolmente un lasso di tempo da ritenersi non giustificato in ordine alla documentazione prodotta e ai controlli da espletare secondo la
xxxxxx, dando una risposta colpevolmente tardiva e contraddittoria rispetto alle precedenti comunicazioni, come sopra specificate.
I rilievi che precedono inducono dunque questo Collegio a ravvisare, nel caso di specie, una responsabilità della banca per violazione dei doveri di correttezza e buona fede precontrattuale, oltre che del principio di trasparenza, in ragione: (i) del lungo e ingiustificato protrarsi dell’istruttoria, (ii) della lesione del legittimo affidamento del cliente circa la conclusione della rinegoziazione alle condizioni economiche pattuite nel corso delle trattative.
Posta la configurabilità di una responsabilità (precontrattuale) dell’intermediario, il Collegio dispone a favore di parte ricorrente il risarcimento, in via equitativa, della somma di € 2.000,00, presupponendo che sia provata l'esistenza di danni risarcibili anche sulla base di presunzioni semplici e che risulti, però, obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare.
L’intermediario afferma la inammissibilità della domanda di risarcimento del danno, in quanto non sollevata in sede di reclamo; al riguardo le Disposizioni ABF (Sez. VI, art. 1) permettono di richiedere nel ricorso il risarcimento del danno, anche se tale richiesta non è formulata nel reclamo, a condizione che il danno sia conseguenza immediata e diretta della condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo stesso (come nel caso di specie).
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente la somma di € 2.000,00 a titolo di risarcimento del danno. Dichiara inammissibili le ulteriori pretese.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1